Finanziare l'innovazione in Italia

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ANTONIO MISSIERI NovaRev2008-02-sez1:NovaReview 4-04-2008 11:49 Pagina 32

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il capitale di rischio in Italia, venture capital, seed capital, business angel, finanziarie regionali (tratto da Nova Review aprile 2008)

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Finanziare ideefin da piccoleQualcosa si sta muovendonel sistema che fa nascere le imprese

Se ci si chiede quanto possaessere facile trovare soldi nelnostro Paese per finanziareuna nuova impresa che nasceattorno a un’idea innovativa,d’istinto la risposta tende acoincidere con un certo scet-

ticismo. Per esempio può venire in mentequanto può risultare complesso per un’im-presa neonata ottenere un prestito da unabanca o quanto inefficienti si sono dimo-strati fino a oggi i finanziamenti pubblici.Lo scenario sarebbe quindi assai triste senon ci fosse il cosiddetto capitale di rischiorappresentato da una serie di figure finan-ziarie il cui scopo è proprio quello di soste-nere l’innovazione con strumenti di diversanatura e capaci di rispondere alle diverse fasi

di maturazione di una start-up. In Italia il capitale di rischio c’è. Gli investi-menti disponibili sono ancora lontani, pervalore complessivo, da quelli di altri Paesieuropei ma negli ultimi anni si sta assistendoa una crescita significativa e a un proliferaredi attori oltre che di operazioni di investi-mento, il cosiddetto deal flow. “Dopo quanto è accaduto negli anni dellacosiddetta bolla internet, il 2000 e il 2001– dice Giampio Bracchi, presidente di Aifi,l’Associazione italiana del private equity edel venture capital – quando il venture capi-tal che si era affacciato nel nostro Paese haagito con una certa superficialità, ma acca-deva così in tutto il mondo, e quindi la granparte delle operazioni si sono rivelate delledelusioni, c’è stato un periodo di buio fino

Emil Abirascid, giornalista, si occupa di innovazione e nuove tecnologie. Collabora con Il Sole 24 Ore, con il Master in Comunicazione, marketing e nuove tecnologie de Il Sole24 Ore. È consulente di Promotor international per l’innovazione e in tale veste organizza l’evento IPercorsi dell’innovazione che si svolge in seno a Smau. È autore del blog Innov’azione (www.abirascid.com) dedicato all’innovazione italiana. Fa parte dell’asso-

ciazione Adit per la divulgazione della cultura dell’innovazione.

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a che a partire dalla fine del 2004 si è svi-luppata una nuova presa di coscienza versola necessità di finanziare imprese tecnologi-che e innovative”. Tale presa di coscienza siconcretizza oggi con i primi risultati positi-vi e soprattutto con la fiducia da parte degliinvestitori che consentono ai venture capitaldi costruire fondi di investimento semprepiù consistenti: “E’ questa la vera cartina ditornasole – sottolinea Bracchi – se si raccol-gono capitali significa che c’è fiducia e cheè possibile realizzare operazioni di investi-mento promettenti, quindi vuol dire che cisono buone idee da finanziare”. Fiducia chesi manifesta sia con il moltiplicarsi di fondidi venture capital ma anche con la nascita diiniziative pubbliche, benché ancora larga-mente insufficienti, che utilizzano il model-lo finanziario della gestione del capitale dirischio. È per esempio il caso del fondo da86 milioni di euro voluto dal ministroLucio Stanca e attuato dal suo successoreLuigi Nicolais per finanziare progetti diinnovazione digitale nel Mezzogiorno chesarà gestito da Sgr (società di gestione delrisparmio) specializzate in innovazione tec-nologica. A tale fenomeno non sono immu-ni nemmeno le banche e le fondazioni ban-carie. Le prime hanno già varato o stannoper dare vita a fondi di venture capital, leseconde esplorano la finanza in capitale dirischio affidandosi a Sgr come è per esem-pio il caso del fondo TTventure voluto dalleFondazioni Cariplo, Cuneo, Forlì, Modena,Parma e Teramo, dalla Camera di Com mer -cio di Milano e gestito da State StreetGlobal Investment.Il venture capital cerca aziende che oltre aessere cresciute attorno a una idea nuova einteressante in termini di business potenzia-le, sono anche in una fase di crescita non piùembrionale. Ciò perché il venture capital,pur consapevole che i suoi investimenti sonoad alto rischio e che molti non garantirannoi ritorni attesi, va alla ricerca di deal promet-tenti dove il disinvestimento non è troppolontano nel tempo (ciò dipende anche dallanatura della start-up, se per esempioun’azienda si occupa di biotecnologie i tem -

pi di maturazione del business saranno piùlunghi rispetto a quelli di una che opera nelsettore dell’It). Il disinvestimento, notoanche con il termine way-out, può avvenirese la società si quota in Borsa, se viene acqui-stata da un’altra azienda più grande o sediventa profittevole. Solo in questo modo iventure capital possono garantire i ritorniagli investitori che partecipano al fondo.Inoltre le aziende in fase di accelerazione,quindi che hanno superato la fase di incuba-zione, sono destinatarie di investimenti chehanno valore medio nell’ordine di alcunimilioni di euro, quelli appunto che fanno iventure capital e che hanno poco senso se lastart-up è in una fase più acerba, detta diearly-stage, quando invece necessita di fondidi seed capital. “Oggi i venture capital guar-dano soprattutto a imprese che operano neisettori dell’Ict, delle biotecnologie e dell’am-biente – aggiunge Bracchi – che hanno inno-vazioni sia di tipo radicale sia incrementaleovvero nuovi modi di applicare tecnologieche già esistono”.Al fine di disporre di start-up potenzialmen-te interessanti agli occhi dei venture capitalbisogna però sostenere anche la fase dell’ear-ly-stage. Alcuni neo-imprenditori trovano dasoli i capitali per partire mettendoci soldipropri, altri si appoggiano alle strutture diincubazione, altri ancora li scovano nelle pie-ghe di qualche programma pubblico magariregionale, altri si rivolgono ai business angel. Finanziare l’innovazione quando sboccia èattività assai diversa da quella del venturecapital, ciò perché i singoli investimentisono mediamente più piccoli, 200-300 milaeuro, e soprattutto perché il supporto finan-ziario va accompagnato con una serie di atti-vità che aiutano il ricercatore a trasformarsiin imprenditore: serve che impari a scrivereun business plan, a costruire il team di col-laboratori, a gestire gli aspetti amministrati-vi della nascente società. “Purtroppo inItalia sono poche le aziende che nasconosotto forma di spin-off industriali – illustraBracchi – che avrebbero già tutta la dotazio-ne necessaria per affrontare il mercato; quin-di bisogna pescare nelle Università e nei

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laboratori pubblici dove i ricercatori parto-no con pochissime conoscenze imprendito-riali”. Sono quindi per esempio gli incuba-tori universitari a giocare un ruolo impor-tante con la loro associazione, il Pni Cube, econ l’annuale Premio nazionale dell’innova-zione che si articola in concorsi regionali perpoi premiare le tre migliori idee a livellonazionale (la finale nazionale 2008 si svolge-rà a Milano il prossimo 28 novembre). Ibusiness angel non mancano all’appello,anche loro negli ultimi tempi sono animatida rinnovata vitalità, si tratta tipicamente diimprenditori o ex manager che dispongonodi una certa capacità di investimento e chesanno come gestire un’azienda oltre adavere una ricca rete di contatti e conoscenzein diversi settori industriali.I business angel italiani si raccolgononell’Iban, l’Italian business angel network,che recentemente ha contribuito a organiz-zare la tappa italiana dell’Easy InvestmentForum, evento europeo itinerante che ha loscopo di fare incontrare neo-imprenditoricon finanziatori e gli stessi finanziatori traloro dando vita a un’azione di respiro conti-nentale, e organizza la Business AngelAcademy, altro progetto europeo, che ha loscopo di aiutare i business angel nelle loroattività di sostegno ai giovani ricercatori einnovatori che desiderano trasformare le ideein imprese. I business angel, diversamentedai venture capital, usano fondi di loro pro-prietà e quindi la scelta dell’investimento èspesso motivata non solo dalla bontà o dallepotenzialità di business dell’idea, ma anche

Confronto hi-tech (in Euro x 1.000)

2006 2007Ammontare % Ammontare % Variaz %

Seed/Start up 11.027 4,5% 45.489 25,5% 312,5%Expansion 54.448 22,1% 80.871 45,4% 48,5%Replacement capital 61.789 25,1% 12.961 7,3% -79,0%Buy out 119.273 48,4% 39.000 21,9% -67,3%Totale 246.537 100,0% 178.321 100,0% -27,7%

Fonte: AIFI - PricewaterhouseCoopers

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dalla qualità del rapporto personale che sistabilisce con l’innovatore. “Sostenere losbocciare di nuove imprese deve essere ini-ziativa permanente – continua Bracchi – ser-vono fondi pubblico-privati capaci di opera-re in un ambito dove i singoli investimentihanno piccole dimensioni e il livello dirischio è molto elevato. Purtroppo manca unprogramma nazionale per sostenere i fondidi seed capital anche se qualcosa si muove:

per esempio la riqualificazione in tal sensodei parchi tecnologici e dei Business innova-tion center, e il fondo di seed a sostegnodegli spin-off universitari del Miur che rendedisponibili circa 500mila euro l’anno, suffi-cienti per circa quindici iniziative. Troppopoche, ma meglio di nulla”.Ci sono in alcune regioni programmi specifi-ci per lo scouting tecnologico e il sostegnodelle start-up in fase iniziale ma è mancatauna politica nazionale per il seed capital e iltrasferimento tecnologico, anche i pochiprogetti che erano stati programmati, contanto di destinazione delle risorse, si sonoarenati. “È per esempio il caso dei fondi diSviluppo Italia che non sono mai partiti –ricorda Bracchi – il problema è che a livellogovernativo si è sempre in ritardo nel conce-pire le misure necessarie e anche quando ci siriesce sono sempre insufficienti e richiedonotempi biblici per essere attivate”. A confer-mare come le risorse pubbliche, salvo alcuneeccezioni, sono in affanno ci sono i dati Aifirelativi al 2007 che indicano come sul totaledelle operazioni di early stage i fondi privatie quelli pubblici hanno ormai raggiunto la

42 per cento

Le operazioni di early stage finanziate

dai fondi privati, una quota ormai uguale

a quella dei fondi pubblici[ ]

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parità (42% ciascuno), mentre in passato erail pubblico a fare la parte del leone (nelprimo semestre 2007 il pubblico pesava peril 43,6%, i fondi di early stage per il 36,4%).Ciò è conseguenza della crescita di fiducia daparte degli investitori privati ed è certamen-te un bene, ma parallelamente non c’è stato,fino a ora, un rilancio degli investimenti dicarattere pubblico, cosa che invece sarebbeauspicabile non solo per rendere disponibilimaggiori risorse ma anche per consolidarequesto clima di fiducia e dare ulteriore slan-cio al finanziamento all’innovazione. “Se sivuole accelerare questo trend positivo biso-gna che le istituzioni pubbliche agiscanosubito, non tra tre anni”, conclude Bracchi.Lo scenario è quindi nella più delicata dellefasi dove i primi segnali di ritorno della fidu-cia da parte degli investitori hanno bisognodi continue conferme per potersi consolida-re e trovare nuove strade di sviluppo.Perdere questa occasione sarebbe grave peril Paese, mancare di cogliere le opportunitàe lo sbocciare di una stagione che ha lapotenzialità di portare linfa vitale all’ecosi-stema dell’innovazione italiana non soloannullerebbe il lavoro fatto fino a oggi, mametterebbe fuori gioco l’economia naziona-le che proprio sull’innovazione gioca il suo

futuro. Otto protagonisti del mondo dellafinanza di rischio illustrano cosa ancorabisogna fare, quali azioni e attenzioni com-petono alle istituzioni, ai diversi attori delmondo finanziario e a coloro che hanno lebuone idee e sono alla ricerca di finanzia-menti: Tomaso Marzotto Caotorta segreta-rio generale dell’Italian business angel net-work, Giuseppe Campanella, amministrato-re delegato di State street global investmentSgr che gestisce il fondo TTventure,Gianluca Dettori fondatore di Dpixel che sidedica agli investimenti di seed capital por-tando ai neo-imprenditori finanziamenti ecapacità imprenditoriale, Claudio Giulianoamministratore delegato di Innogest e presi-dente del Polo del venture capital, MarcoNicolai direttore generale di Finlombarda lafinanziaria della Regione Lombardia cheagisce con il fondo Next al quale a breve neaffiancherà uno specifico per il seed capital.E poi, Stefano Peroncini partner diQuantica Sgr che con il fondo Principia èspecializzata in investimenti in alta tecnolo-gia, Elserino Piol presidente di Pino parteci-pazioni di fatto il decano dei venture capita-list italiani, e Diana Saraceni, partner di 360Capital partner venture capital che opera inItalia e Francia.

Perché il clima di fiducia si consolidi e ilcapitale di rischio possa giocare un ruolosempre più importante nell’ecosistema

dell’innovazione e a sostegno al tessuto econo-mico del Paese, serve che si realizzino alcunecondizioni che Elserino Piol indica come vitali.“C’è la possibilità di una ripartenza dell’innova-zione e perfino dell’Ict in Italia. Possiamo farecose importanti, e affrontare il gap tecnologi-co con approccio sistemico. Quello che mancaoggi in Italia è la creazione di un sistema, di unsoggetto pubblico capace di creare una piatta-

forma su cui appoggiare i componenti del siste-ma per l’innovazione. Occorre considerare chequesto è un processo di management, in quan-to deve essere orientato all’approccio al merca-to, ai processi industriali, ai prodotti e alla lorodistribuzione, e porta al successo se accompa-gnato da un corretto modello strategico e ope-rativo, che deve tenere conto di molti fattori,quali tecnologie, risorse umane, risorse finan-ziarie. Il tutto deve essere supportato all’inter-no dell’impresa, o in una nuova impresa, daun’organizzazione idonea e che favorisca lo svi-

Sistema in dieci punti

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“Da fonti della European venturecapital association, l’Italia è aldodicesimo posto nell’Europa

dei quindici per investimenti in venture capi-tal. Siamo ben dietro Spagna, Belgio,Danimarca in senso assoluto. Siamo dietroanche al Portogallo per investimenti in per-centuale del Pil. Eppure l’Italia è ricchissimadi imprenditori e di tecnologia. La spinta delsettore pubblico è praticamente assente conl’eccezione di alcune regioni come Pie mon -te, Lombardia e Friuli - spiega Claudio Giu -lia no - . Negli ultimi due anni si registra tut-

tavia un cambiamento di tendenza. Nonsolo sono nati nuovi operatori, ma attraversoil Polo del venture capital, gli operatori delcapitale di rischio si stanno strutturando inuna industria: si confrontano regolarmenteper favorire co-investimenti”.La nascita di iniziative ad alto potenziale chevede la partecipazione di un insieme di ope-ratori porta maggiori risorse e capacità disostenere l’impresa nei momenti più difficilie l’accesso a una rete più vasta di clienti,manager e fornitori per agevolare i primipassi dell’impresa. Il fondo Innogest capital,

Chi fa il venture

luppo di una cultura orientata alla creatività.Desidero quindi sottolineare che cosa bisognaconcretamente fare per creare un sistema favo-revole all’innovazione indicando dieci azioniconcrete da perseguire senza compromessi: 1. Meritocrazia: assente non solo nel settorepubblico, oltre che nelle scuole e Università.Favorire il merito e non le rendite di posizio-ne induce il ricambio generazionale.2. Scuola: la capacità di formare la materiaprima del nostro Paese. Privilegiare il consoli-damento e lo sviluppo della infrastruttura crea-tiva, di talenti, nuove idee, tecnologie e conte-nuti, favorendo anche l’acquisizione di talentiall’estero. Chiudere il gap tra ricerca universita-ria e ricerca applicata allo sviluppo innovativonelle imprese. Favorire una cultura che rilancil’interesse e la motivazione verso un’imprendi-torialità innovativa e che operi in un ambiented’impresa sempre più multiculturale.3. Ricerca pubblica: con maggiori risorse, maorientata all’eccellenza e all’eliminazione dellearee d’inefficienza e marginalità.4. Liberalizzazioni come strumento per ilrecupero della competitività e per abbatterele logiche corporative e non meritocraticheriducendo le rendite di posizione. Favorire la“distruzione creativa”cioè l’entrata e l’uscita

dal mercato delle imprese.5. Ambiente, clima, energia: le sfide del futuroda cui dipenderà la crescita e la qualità dellavita. Trasformare le emergenze in opportunitàsviluppando investimenti in nuove tecnologie.6. “Leading edge project”: per focalizzare lemigliori capacità innovative alle risoluzionedi principali problemi del Paese, attraversoprocessi non burocratici, che favorisconocreatività ed efficacia. Costruire il futuroattraverso le infrastrutture: per trasportareinformazioni (network di nuova generazionea banda larga), persone e merci (strade,ponti, ferrovie) ed energia. Progetti in alter-nativa al capitalismo di Stato: lo Stato padro-ne è un pessimo regolatore.7. Diritto di impresa, che renda più facile lasperimentazione e più difficili le speculazioni8. Politiche fiscali e contributive che favori-scono l’innovazione9. Mercato del lavoro, privilegiando i giova-ni, favorendo il ricambio, e non le rendite diposizione10. Venture capital, alimentato da fondi difondi pubblici-privati, per perseguire obietti-vi di avanzamento delle frontiere tecnologi-che, tali da stimolare la nascita e lo sviluppodi giovani imprese innovative”.

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che ha una dotazione di 80 milioni di euro esei investimenti attivi, ha recentemente rea-lizzato un primo disinvestimento che ha pro-dotto un ritorno prossimo al 200%. Il caso èsignificativo perché contribuisce a rafforzareil clima di fiducia degli investitori. Nel parti-colare si tratta della società Singular Id dellaquale il fondo deteneva il 20% dal luglio del2007, che è stata acquistata da BiliareSingapore.“Quantica Sgr si occupa in veste di venturecapital di iniziative collegate con il mondodella ricerca scientifica, ha attualmente inve-stito, tramite il fondo Principia I, quasi 12milioni in sette società spin-off e start-up, insettori che spaziano dai medical device, albiotech, Ict, clean tech e nuovi materiali –illustra Stefano Peroncini -. Altre due inizia-tive si aggiungeranno nei prossimi tre mesinel biotech, un settore che mostra tassi dicrescita e opportunità di rendimento decisa-mente superiori alla media, sebbene eviden-temente più rischiosi”. Dalla fondazione aoggi, Quantica Sgr ha consolidato la sua pre-senza sull’intero territorio nazionale,ampliando di recente la compagine azionariaa un partner bancario, la Fondazione Bnc(Banco nazionale delle comunicazioni) e lan-ciando un secondo fondo di investimento.La società affianca così le competenze scien-tifiche del suo socio di riferimento, il Cnr,con la solidità di un partner bancario, in

Dove vanno i fondi (in Euro x 1.000)

Ammontare % Numero %Aerospaziale 13.854 7,8% 3 3,4%Biotech 4.241 2,4% 14 15,7%Computer 35.507 19,9% 29 32,6%Elettronica 3.580 2,0% 7 7,9%Energia & Utilities 10.500 5,9% 4 4,5%Media & Ent. 62.457 35,0% 5 5,6%Medicale 40.753 22,9% 17 19,1%Prod. e servizi industriali 1.000 0,6% 2 2,2%Altro 6.429 3,6% 8 9,0%Totale 178.321 100,0% 89 100,0%

Fonte: AIFI - PricewaterhouseCoopers

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grado anche di supportare la raccolta deicapitali avviata dai due manager (PierluigiParacchi e Stefano Peroncini) per il nuovofondo, Principia II. Quantica Sgr ha infattipresentato domanda al bando indetto dalministero dell’Innovazione, per acquisireparte degli 86 milioni che il fondo di fondidel ministero attribuirà a operatori specializ-zati, le società di gestione del risparmioappunto, intenzionati a lanciare fondi diinvestimento per interventi di early stage edexpansion in imprese che utilizzino l’innova-zione nel digitale e che siano localizzate nelleregioni del Sud Italia. “Quantica Sgr saràquindi una delle Sgr in grado di acquisireuna fetta importante di capitali pubblici che,nella migliore tradizione dei Paesi piùall’avanguardia nell’utilizzo di queste misu-re, verranno affiancati da analoghi capitaliraccolti da investitori privati, quali fondazio-ni bancarie e banche attive sui territori diriferimento dei nuovi investimenti - aggiun-ge Peroncini – Ciò è ulteriore testimonianzadi una nuova fase importante che il venturecapital sta vivendo finalmente nel nostroPaese: nuovi capitali importanti sono statiraccolti e altri arriveranno, gestiti da operato-ri specializzati”.“Nei Paesi più industrializzati come StatiUniti, Gran Bretagna, Francia e Germania ilventure capital è uno stimolo alla crescitaeconomica e un fattore di innovazione –afferma Diana Saraceni -. In Italia è ancoraper molti associato allo scoppio della bolla diinternet nel 2000. Proprio quella crisi provo-cò nel nostro Paese una fuga generale dagliinvestimenti in venture capital, con il risulta-to di affondare un settore appena decollato eche necessitava di ben altre tempistiche. Lapeggiore interpretazione del venture capital,infatti, è quella a breve termine. Se l’investi-tore non vede tutto il ciclo di vita di unfondo ovvero non ha la pazienza di attende-re cinque o dieci anni rischia di vanificarel’investimento. Aspettare significa averemodo di selezionare ed eventualmente fareanche morire le iniziative in portafoglio persostenere invece quelle buone”.“Oggi per fortuna lo scenario sta cambiando

– aggiunge la manager -. Il settore privato ciaiuta a creare operatori di venture capital.Resta l’immobilismo della gran parte degliinvestitori istituzionali italiani e una norma-tiva italiana che svolge un ruolo più di frenoche di stimolo agli investimenti”.La differenza principale tra l’Italia e gli altriPaesi non è certo nell’imprenditorialità inquanto la qualità del deal flow in Italia èparagonabile a quella di qualsiasi altroPaese. In Francia, Germania, Israele, GranBretagna e Usa ci sono però gli investitoriche sono quelli che mancano in maniera dif-fusa Italia. I fondi di venture capital e quel-li che investono nei fondi di venture capitalsono i due elementi ancora carenti nelnostro sistema . Dal 1996 al 1998 in tuttaEuropa c’è stato grande entusiasmo e gran-de nascita di fondi. “Noi quell’onda l’abbia-mo presa con un po’ di ritardo – continuaSaraceni -. Tanti attori più o meno improv-visati si sono messi a fare venture tra il 2000e il 2001. Più di tutti gli altri Paesi siamoentrati nel venture capital e ci siamo messi ainvestire nel momento in cui le valutazionierano altissime. Due anni dopo non c’erapiù nessuno, quasi tutti si leccavano le feri-te. La stessa identica situazione si era verifi-cata in Francia, Germania e Gran Bretagna.Con però alcune differenze. Accanto ai casidi fallimento del 2000 c’era anche chi avevaqualcosa in più come storico e potevacomunque dimostrare una buona perfor-mance. Ma soprattutto c’erano degli investi-tori nei fondi che avevano la cultura e cono-scevano quello che per noi del settore sem-bra una banalità ma per gli investitori èancora una novità e cioè che le aziende inportafoglio che vanno male si vendono subi-to, quelle che avranno successo e farannomultipli, come abbiamo visto nel nostroportafoglio, 25 volte, 30 volte l’investimen-to, richiedono pazienza; occorre infattiaspettare perché crescano e diventino pro-fittevoli. Se uno misura il valore di un por-tafoglio di venture capital dopo due o treanni può vedere purtroppo solo tutti i‘write off ’ delle società fallite, che hannotradito le aspettative e quelle che genereran-

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no davvero il ritorno di un fondo si intrave-dono appena”.360 Capital partner con il suo osservatoriosul venture capital attivo dal 1997 e connumerosi investimenti realizzati in Europa ein Italia attraverso i fondi Net Partners primae con 360 Capital Partners ora, rileva chel’Italia ha un buon livello di innovazione eimprenditorialità. “Benché ancora timida-mente, anche da noi le cose stanno iniziandoa cambiare. Nel 2007 si sono presentati unaserie di segnali che potrebbero suggerire uncambiamento di rotta: la creazione con ilnostro contributo del Polo del venture capi-tal con undici fondi che hanno la capacità dicoprire tutte le fasi di sviluppo di un’aziendae risorse finanziarie complessivamente gesti-te per circa un miliardo di euro interessati acooperare per sviluppare anche in Italia unnetwork di venture capital, l’incremento dispin-off universitari pubblici (circa 500),l’aumento del numero di imprenditori inte-ressati a operare con venture capitalist, alcu-ne Ipo (Initial public offering) di successoche aiutano a creare il ‘role model’ dell’im-prenditore. Infine la “maturità” e la stabilitàdi aziende finanziate da venture capital cheoperano nel commercio elettronico, nei con-tenuti, nel turismo, nell’intermediazioneimmobiliare, nei servizi assicurativi (da Yooxa Mr.Price, da Buongiorno Vitaminic aVenere a Mutuionline )”. Un capitale “paziente” che sta iniziando adare risultati positivi anche in Italia. Il caso

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“Considerate le rigidità del sistemacreditizio tradizionale il ricorso alcapitale proprio è una via quasi

obbligata nelle prime fasi di vita di un’impre-sa. Se il progetto d'impresa ha un elevatocontenuto di innovazione però, oltre al capi-tale proprio che è notoriamente scarso, sipuò pensare di coinvolgere anche il capitaledi rischio (formale o informale che sia) - illu-stra Tomaso Marzotto Caotorta - Il proble-ma è quindi conoscere come ragiona l'opera-tore di capitale di rischio; come devo prepa-rarmi per essere apprezzato dal potenzialeinvestitore e quali valutazioni aziendali devofare preliminarmente per sapere se possosuscitare interesse nel mio interlocutore”.La questione è piuttosto complessa: si trattadi affrontare temi di cultura d'impresa chespesso sono assenti sia nel portatore di pro-getto, sia nel possibile investitore di capitaledi rischio. “A questo proposito, da qualcheanno si parla sempre di più di ‘asimmetriainformativa’ tra domanda e offerta e di

‘equity gap’ nelle fasce basse di capitale d'im-presa. Per dare un contributo a tale carenza– continua Marzotto Caotorta -, è natal'Associazione Iban (Italian business angelnetwork) che dal 1999 svolge in Italia unruolo di individuazione e selezione delladomanda e dell'offerta su tutto il territorioper facilitare poi l'incontro fra le idee e ipotenziali finanziatori”. Il business angelinterviene nel capitale di una impresa conimporti che, tipicamente, vanno da 50mila a500mila euro, assume anche una responsabi-lità di gestione a fianco dell'imprenditore eassieme programmano come e quando pre-vedere il disinvestimento del business angel.“Iban svolge attività specifiche: crea ‘anten-ne’ operative sul territorio, tiene corsi di for-mazione per gli imprenditori innovativi eper gli investitori, cura studi sulla realtà ita-liana e si adopera con le autorità competen-ti per creare strumenti societari e fiscali piùfavorevoli per lo svolgimento di questo stru-mento finanziario di sostegno alle piccole

di Mutuionline, operatore nel mercato italia-no della distribuzioni di prodotti di creditovia internet, è significativo. La società è statafinanziata da uno dei fondi di NetPartnersquando ancora il progetto era solo sullacarta: “Abbiamo continuato a sostenerefinanziariamente la società anche neimomenti critici di internet, negli anni in cuimolti venture capitalist in difficoltà avevanoabbandonato il settore e lasciato morire leaziende inizialmente finanziate”.Mutuionline che oltre a ottenere risultatistraordinari in termini di crescita e redditivi-tà, in sei anni ha creato oltre 250 posi dilavoro, la maggior parte dei quali inSardegna. La società ai primi di giugno 2007è stata quotata al segmento Star di BorsaItaliana con una domanda di nove voltesuperiore rispetto all’offerta. Nestor 2000 il

fondo di Net Partners che ha investito inMutuionline ha potuto realizzare con l’Ipoun multiplo pari a 23 volte l’investimentoiniziale.“Cito questo caso – dice Saraceni - per sot-tolineare alcuni punti: il venture capital stainiziando a dimostrare di avere al proprioattivo casi di successo anche in Italia; il ven-ture capital è uno strumento finanziario chenecessita di tempo per poter dare dei ritorni;questi ritorni, infine, possono essere moltoalti con vantaggi per gli investitori, per l’im-prenditore, per i ricercatori laddove vienefinanziato un progetto tecnologico innovati-vo collegato a incubatori, poli tecnologici,Università, per il Paese nel suo complessograzie alla nascita e allo sviluppo di nuoveimprese capaci di contribuire allo sviluppoeconomico, tecnologico e competitivo”.

Il germe dell’idea

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Sostegno ai primi passiDistribuzione % del numero di investimenti di Early stage per tipologia di operatore N

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imprese innovative”. La rete Iban attual-mente comprende nove Ban territoriali, dueBan tematici (life science ed economia digi-tale) e tre club di angel investor. Nel 2007 ilcircuito Iban ha ricevuto circa 250 propostedi progetto; di queste circa la metà sonostate ritenute idonee e quindi veicolateall’interno del circuito per essere finanziate.I settori più attivi sono quelli dell’Ict, delmanifatturiero, dell’energia rinnovabile edei servizi commerciali. Nell’ultimo annosono stati dichiarate a Iban oltre 100 opera-zioni, per un totale investito di oltre 20milioni di euro con un incremento, rispettoal 2006, di oltre il 70% in valore.“L’innovazione non manca nel nostro Paese– afferma Gianluca Dettori – il deal flow èmolto positivo ma ci sono pochissimi inve-stitori istituzionali e quasi nessuno si occupadel settore del digital media che per noi è ilprincipale”. Dpixel intende aiutare le impre-se in fase di early stage agendo sia con stru-menti finanziari, sia con azioni volte a soste-nere le attività industriali, così facendoimpegna proprie risorse in progetti che havalutato e in cui crede, cosa che potenzial-mente è in grado di attirare l’interesse anchedei altri investitori.

2% Country fund

7% Banche italiane

7% SGR

42% Fondi di early stage

42% Operatori Reg./Pub.

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Il pubblico non sta a guardare

“I l 2007 mostra un mercato delventure capital in fase di timidaripresa secondo quanto rilevato

dai dati Aifi (si veda lae tabella 1) e si regi-stra una crescita continua anche degli ope-ratori di capitale di rischio. Se però esami-niamo il fenomeno su un arco di tempomaggiore, salta all’occhio che stiamo tut-t’ora cercando di recuperare il trendregressivo del post bolla internet, siamoancora lontani dai 540 milioni di euro per339 operazioni del 2000, investiamo quasila metà di 10 anni fa (46 milioni di euronel 1996) a valori medi che sono rispetti-vamente un terzo e un quinto rispetto al2000 (1,59 milioni di euro) e quasi lametà o poco meno del 1996 (0,82 milio-ni). Rimane quindi ancora molto da fare,soprattutto nel segmento dedicato alfinanziamento delle start up”, illustraMarco Nicolai.Una significativa ripresa in questo sensonon può prescindere da un intervento delpubblico che aiuti il mercato ad acquisiremaggiore stabilità e a svilupparsi. Sulmodello delle migliori esperienze interna-zionali che hanno ampiamente diffusol’impiego dei fondi di fondi per promuo-vere sia fondi di venture capital sia start-upinnovative, anche l’Italia, pur con qualcheanno di ritardo rispetto all’estero, ha sana-to il gap lanciando nel 2005, con l’alloraministro Lucio Stanca, il Fondo HighTech per il Mezzogiorno con una dotazio-

ne di 86 milioni. Elemento incoraggiante èstato il fatto che il governo successivo hamantenuto l’impegno e ha garantito conti-nuità nel rendere operativo lo strumento:proprio in questi giorni infatti è in fase diselezione la società di gestione del rispar-mio che andrà a gestire il fondo.“L’iniziativa statale riproduce a livellonazionale la medesima tipologia di inter-vento che la Lombardia attuò nel 2001con la costituzione di FinlombardaGestioni Sgr e il successivo lancio delfondo di fondi Next – spiega Nicolai -.Con 37 milioni di euro, Next ha fatto daapripista in Italia all’esperienza pubblica inquesto settore: costituisce infatti uno stru-mento sussidiario al mercato e non alter-nativo rimanendo oggi l’unico fondo difondi istituzionale già operativo e l’unicocoinvestment fund (investendo diretta-mente in una start-up solo in partnershipcon un operatore privato)”. Next ha investito in diversi fondi(Principia di Quantica Sgr, InnogestCapital di Innogest Sgr, TL Com e ha inperfezionamento altri due investimenti) ein quattro start-up tecnologiche impiegan-do complessivamente i due terzi del fondo.“Il ciclo di generazione di una start-up èmolto sofisticato e richiede un portafogliodi strumenti complesso. Secondo lamodellistica dei sistemi internazionali piùevoluti, stiamo arricchendo il panel deglistrumenti di finanza innovativa per andare

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a coprire la fascia di fabbisogni connessialla fase seed, quindi precedente all’inter-vento di Next. A breve – anticipa Nicolai -partirà, infatti, un fondo pubblico di seedfinancing pensato proprio per colmare ilgap finanziario relativo allo sviluppoimprenditoriale di un’idea ancora embrio-nale e di un progetto o prodotto in fase disperimentazione, la cui validità tecnica ecommerciale è spesso ancora da dimostra-re”. Il fondo Seed presidia un segmentonon supportato dal mercato, proponendo-si quale strumento sussidiario rispetto aglioperatori finanziari istituzionali che, noto-riamente, intervengono in fasi più avanza-te del ciclo di vita dell’impresa (venturecapital, private equity, sistema bancario,mercato finanziario). Il fondo, il cui bandosarà pubblicato a breve, ha una dotazionedi 10 milioni di euro e l’importo massimodel finanziamento è di 150 mila euro da18 a 36 mesi da erogarsi a nuove impresenell’ambito dell’energia, salute, ambiente,food. Il modello prevede l’erogazione diprestiti senza garanzie, da restituire inun’unica tranche a scadenza del prestito(tre anni) e che, in caso di dimostratainsolvenza, si trasformano in contributo‘perduto’.Il ruolo del pubblico è cruciale oltre cheper promuovere strumenti finanziari per lestart-up, anche in relazione all’offerta diidee tecnologiche da immettere sul merca-to imprenditoriale. Con Next, per esem-pio, sono state visionate e valutate circamille business idea, questo è un processoselettivo assolutamente nella norma per iventure capitalist che mediamente finan-ziano due idee su 100 valutate. Anzi quel-lo che è necessario, è ampliare ancora dipiù, sia quantitativamente sia qualitativa-mente il deal flow. Nessun programma di supporto allo start-up tecnologico è efficace in assenza di unlivello adeguato della ricerca scientifica etecnologica e soprattutto in assenza delladisponibilità degli operatori che la origina-no a condividerla con gli operatori di mer-cato, per rispondere a questa esigenza,

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sono stati lanciate in Lombardia diverseiniziative: i voucher tecnologici, confluitiin una successiva misura più ampia conIngenio, e i programmi di scouting di ideedi business tecnologiche. I voucher sonodei “buoni ricerca” rilasciati dall’ammini-strazione nella forma di assegni pre-deter-minati e nominali che il beneficiario utiliz-za per acquisitare specifici servizi innovati-vi da fornitori specializzati accreditati. Inuna prima fase, i voucher tecnologici lom-bardi hanno consentito di sostenere i costi

di due diligence tecnologica e di businessplanning; coprire i costi sostenuti dalleimprese nella selezione di risorse umanequalificate e specialistiche; sostenere i costidi tutela e protezione dell’innovazione(assistenza alla brevettazione). “Il successodei voucher è stato incredibile- raccontaNicolai -, tanto da portarci a varare unprogramma nel gennaio del 2006 da 30milioni di euro denominato Ingenio, afavore di giovani ricercatori e potenzialineoimprenditori interessati a valorizzare laloro attività di ricerca”. I programmi discouting sono invece finalizzati a indivi-duare nuove idee tecnologiche suscettibilidi applicazione industriale, nate inUniversità, centri di ricerca e aziende, alfine di sostenere i ricercatori nel percorsoverso l’impresa o nell’avvio di collabora-zioni con partner industriali e finanziariper lo sviluppo dell’idea. Gli scouting lom-bardi sono stati attivati nei settori dellebiotecnologie, dei materiali avanzati edell’Ict. Finlombarda collabora con altri

Bisogna rischiare e far partire qualche progetto

anche se inizialmente non rispetta tutti i canoni

di rito dandogli comunque una chance.

Per poi, in caso negativo, bloccarlo.

Alfonso Fuggetta{ }

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Giuseppe Campanella racconta i cinquepunti più delicati del rapporto tra chiha un’idea da finanziare e chi ha i

soldi e cerca nuove idee. “Io sto dalla partedel tavolo che distribuisce le fiches, dalla partedel banco. Un banco che vince spesso, manon sempre. Dall’altra parte del tavolo ci sietevoi, giovani scienziati aspiranti imprenditori(g-sai), alla ricerca di fondi, ansiosi di abban-donare le ristrettezze di una carriera accade-mica che vi sta stretta, orgogliosi padroni di“proprietà intellettuali” e un po’ incavolaticon il mondo perché avete finito quella “com-modity” che chiamano denaro e che a voiserve per realizzare un sogno. Io, quasi sem-pre appena in grado di intuire ciò che voletespiegarmi, ho, almeno apparentemente, lachiave di un forziere, chiamato “fondo”, lecui risorse potrebbero consentirvi di realizza-re il sogno, di completare una ricerca, dicostruire un prototipo, di registrare un bre-vetto, di costituire la “Io & Associati spa”, icui prodotti cambieranno il mondo e vi faran-no ricchi. Di solito, io e voi ce le diamo disanta ragione, a volte diventiamo amici, rara-mente soci. Ecco alcuni suggerimenti per ren-dere più efficace il confronto tra il ‘lavorointellettuale’ e il ‘capitale finanziario’”. Non vestite i soliti panni, travestitevi!Il g-sai raramente rinuncia al suo abbiglia-mento. Varca gli usci delle seriose “case d’in-vestimento”, avvolto nei suoi morbidi maglio-ni, rigorosamente senza cravatta e di trova difronte al “pinguino” con vestito sartoriale ecravatta firmata. Questa differenza di abbiglia-mento non è solo un fatto di gusto, riflette imondi di origine: ecco, quindi, il consiglionumero uno: quando andate al primo incon-

tro con il vostro “venture capitalist” sorpren-detelo vestendovi da “uomini d’affari” edimostrando di conoscere i pochi sempliciconcetti attorno ai quali ruotano le decisionidi investimento: cash flow, capitale circolanteIrr (Internal rate of return, è l’indice per defi-nire l’efficienza dell’investimento, ndr).Non supponete di essere più intelligenti,dimostratelo!Sono sempre sorpreso quando vedo uominidi scienza abituati a indagare i segreti del-l’universo assumere aria spaurita di frontealla necessità di redigere un business plan. Ilg–sai raramente si preoccupa di apprendere illinguaggio del venture capitalist. Il consiglionumero due è, quindi, studiate il linguaggio,le logiche e gli obiettivi di chi dovrebbe inve-stire su di voi. Se sapete risolvere un integra-le, calcolare un flusso di cassa sarà uno scher-zo. Il venture capitalist quasi mai è uno spe-cialista, tocca a voi presentargli il vostro pro-getto in un linguaggio comprensibile. Selezionate!Quando decidete di cercare capitale dirischio tra i fondi di venture capital, non par-tite a caso. Ogni volta che andate a presenta-re il vostro mirabolante progetto a un ventu-re capitalist investite tempo (prezioso, per-ché è il vostro), denaro se c’è da viaggiare,ma soprattutto disperdete informazione. Ilconsiglio numero tre è: selezionare. Occorrefare un’attenta analisi, una vera e propria duediligence. Per ciascun potenziale fondo diventure capital bisogna sapere: chi sono igestori; qual è la strategia di investimento;che cosa hanno fatto in passato; cosa diconodi loro gli altri operatori, i manager e gliimprenditori di aziende partecipate dal

Consigli da g–sai

soggetti istituzionali: Regione Lombardia,Fondazione Cariplo, Assolombarda, Anie,Alintec (nato dalal fusione tra Assotec ePolitecnico innovazione), Federchimica,

Camera di Commercio di Milano. A oggisono state censite più di 600 idee inLombardia che fanno di questi programmidelle esperienze di successo.

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“Iventure capital devono fare partireprogetti che considerano vincenti,ma anche saper offrire una possibilità

a quelli apparentemente meno promettenti.Bisogna rischiare e far partire qualche pro-getto in più anche se inizialmente non rispet-ta tutti i canoni di rito dandogli comunqueuna chance per poi, in caso negativo, bloc-carlo”. Così Alfonso Fuggetta, amministra-tore delegato del Cefriel enfatizza il concet-to di rischio nel sostenere finanziariamente

l’innovazione. Rischio che i venture capital ei seed capital, alcuni più altri meno, colgonopienamente ma che potrebbe essere ulterior-mente elevato se vi fosse un più deciso emirato intervento da parte di risorse pubbli-che. Così anche idee giudicate meno pro-mettenti potrebbero avere una possibilità edè magari proprio tra loro che si nascondonole future aziende innovative di grande suc-cesso che darebbero nuova energia, impulsoe fiducia all’intero sistema.

Il rischio del capitale

fondo; chi sono i sottoscrittori del fondo.Poi bisogna analizzare queste informazioniincrociandole con le caratteristiche delvostro progetto e con i vostri obiettivi: se viserve un milione, perché andare a raccontarei fatti vostri a un fondo che non ha mai fattoinvestimenti inferiori ai cinque milioni? Senon volete cedere la maggioranza, andateprima a trovare quei fondi che amano leminoranze. E così via.Non sopravvalutatevi, siate imprenditori!Qualcuno ricorda sicuramente gli eccessi dellanew economy dei primi anni 2000. Aziendeche erano poco più di idee valutate milioni dieuro. Il consiglio numero quattro è quello dinon avviare una trattativa sul valore del vostroprogetto. Le prime cose da definire sono ciòche si vuole fare, in quanto tempo e con qualirisorse umane e finanziarie. Subito dopo c’è dadefinire le regole per il rapporto tra i soci g–saie il venture capitalist. Solo dopo che avetechiarito questi aspetti senza rompere il nego-ziato iniziate a parlare di valutazione. Unavalutazione che non può essere basata solo suquello che accadrà, perché il futuro sarà anchefiglio del capitale finanziario. Una valutazioneche non può neppure essere basata su aziendesimili, ma avviate da tempo. Cercate di ottene-re un valore che sia riconducibile ai costi soste-nuti effettivamente, includendo anche il vostro

lavoro e, per migliorare tale valore, accettate lasfida del futuro, ovvero negoziate premi inrelazione ai risultati effettivi che saranno realiz-zati in futuro. Ricordatevi che il venture capi-talist è abituato a ragionare su performancefee, è pronto a concedere stock option, priceadjustment, carried interest e tante altre dia-volerie che servono ad accrescere la valutazio-ne iniziale, ma solo dopo il raggiungimento diobiettivi concordati.Non fermatevi al primo no, siate perseve-ranti!Se la vostra proposta è bocciata da un certofondo, non vuol dire che debba essere abban-donata. Ci sono tanti operatori sul mercato e,spesso, essi differiscono significativamenteper stili di investimento e per obiettivi.Continuate quindi a cercare. Ovviamente,fate tesoro delle considerazioni e delle opi-nioni espresse da chi ha detto di no, ma con-tinuate a proporvi a tutti quei soggetti chepotrebbero potenzialmente essere interessati.Se poi, tra il primo contatto e l’ultimo passas-sero più di sei mesi, allora può valere la penariprovare ancora un secondo giro anche concoloro che hanno già detto no, in questocaso, però, bisogna essere in grado di presen-tare elementi di progressione nel vostro pro-getto, qualche fatto nuovo che dimostri lafattibilità della vostra proposta.

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