CLX Te n d i - Vatican News...E se la Giornata mondiale dei poveri nel tempo del co-vid-19 ha il suo...

12
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 14-15 novembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 264 (48.588) sabato 14 novembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +"!#!#!=!\ In vendita nelle principali librerie http://rivista.vitaepensiero.it abbonamenti 02 72342310 5 2020 In questo numero: Sergio Givone Quale filosofia possibile dopo la crisi del virus E articoli di: G. Milanese|P. Manent P. Pombeni|V.E. Parsi A. Pabst|G. Albanese A. Cicchetti|A. Boitani M. Faioli|D. Antiseri D. Collin|P. Triani M. Colombo|M. Crippa A. Zaccuri|L. Scaraffia M. Cadioli|A. Garfinkle La tecnologia come luogo di sogni e paure Il cardinale Parolin Fa re dell’Europa la casa di ogni persona di GABRIELLA CERASO I l cinquantesimo anni- versario della presenza della Santa Sede come Osservatore Permanente presso il Consiglio d’Europa. Questa l’occasione del discor- so pronunciato il 12 novembre dal cardinale Pietro Parolin nel quale ripercorre la storia del sodalizio iniziata nel 1962, «storia di interesse e sforzo in tutela dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di di- ritto in tutto il continente». Il Papa, ricorda il segretario di Stato, lo ha tante volte ribadi- to durante visite alle istituzio- ni europee e discorsi: «Il so- gno dei fondatori era quello di ALLINTERNO Punti di resistenza Il Rinascimento a Pietrelcina LUIGI FERRAIUOLO A PA G I N A 6 Il pensiero di Dostoevskij sulla felicità Prima viene la sofferenza LUCIO CO CO A PA G I N A 8 Dopo l’appello del Papa Il diritto all’acqua TEBALD O VINCIGUERRA A PA G I N A 12 NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 11 In tempo di pandemia La tratta delle donne viaggia in rete di ANNA LISA ANTONUCCI L a pandemia ce l’ha con le donne. Ha esa- cerbato le vulnerabili- tà preesistenti di ra- gazze, bambine, migranti e ri- fugiate. Le misure di conteni- mento della mobilità, il loc- kdown, l’isolamento hanno au- mentato la violenza domestica di cui sono vittime. Sono mi- lioni le bambine che nel mon- do post covid rischiano di non tornare mai più a scuola an- Te n d i la tua mano SEGUE A PAGINA 5 di PAOLO BENANTI A bbiamo visto già di come la tecnologia mediante l’interfac- cia dell’informazione stia en- trando sotto- pelle dando luogo, nel- l’immaginario dei nostri contemporanei, al cyborg, un ibrido tra uo- mo e macchina. Sebbene questa sia una posizione ideologica di alcuni nei confronti della natura umana e della tecnolo- gia, dobbiamo rilevare come la tecnolo- gia è la modalità con cui qualcuno ritiene realizzabile il cyborg, non si può parlare di organismo cibernetico senza parlare di sviluppo e possibilità tecnologiche. L’idea del cyborg e il suo sviluppo è nata dalle ricerche tecnologiche più avanzate della seconda metà del secolo scorso. Per poter comprendere cosa si voglia realizzare con l’organismo ciber- netico bisogna esaminare lo sviluppo di tre campi tecnologici tra loro correlati: la cibernetica con la sua applicazione nella nanotecnologia, la ri- voluzione digitale dell’informatica e, in- fine, lo sviluppo della cosiddetta Intelligen- za artificiale (AI). Parlare di tecnolo- gia, cioè dell’elemen- to cibernetico che do- vrebbe partecipare al- la costituzione del cyborg richiede allora il soffermarsi su tre ambiti che si relazio- nano all’uomo in modo diverso, sfrut- tando cioè diverse interfacce: le nanotec- nologie come sviluppo meccanico della cibernetica, la rivoluzione digitale con i suoi problemi di linguaggio e di interfac- cia tra uomo e macchina e di Intelligenza artificiale. Dobbiamo però, con Caronia, notare che lo sviluppo tecnologico da so- lo non basta a chiarire il fenomeno del- l’organismo cibernetico poiché il cyborg non è solo l’esponente di una svolta nel- l’industria destinata a incrociare e maci- nare meglio nel suo sistema i consumato- ri. È anche il simbolo di un raggiungi- mento dell’immortalità attraverso la ma- nipolazione della realtà e del tempo, un ritorno del sacro nell’unica dimensione in cui esso è possibile, l’eternità e la per- suasività del ciclo della merce. Il cyborg, come le tecnologie, è espressione della cultura, dei desideri e delle paure dell’uomo che lo pensa e realizza. Proprio per questo il cyborg diviene il medium ideale per contenere l’antropologia postumana. Per com- prendere interamente cosa significhi cyborg bisogna analizzare il contesto culturale in cui esso si genera, si tra- sforma e viene valutato. SERVIZI NELLE PA G I N E 2 E 3 SEGUE A PAGINA 4 Domenica la Chiesa celebra la Giornata mondiale dei poveri

Transcript of CLX Te n d i - Vatican News...E se la Giornata mondiale dei poveri nel tempo del co-vid-19 ha il suo...

  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 14-15 novembre 2020)

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLX n. 264 (48.588) sabato 14 novembre 2020Città del Vaticano

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

    +"!#!#!=

    !\

    In vendita nelle principali libreriehttp://rivista.vitaepensiero.itabbonamenti 02 72342310

    5 2020

    In questo numero:Sergio GivoneQuale filosofia possibiledopo la crisi del virus

    E articoli di: G. Milanese|P. ManentP. Pombeni|V.E. ParsiA. Pabst|G. AlbaneseA. Cicchetti|A. BoitaniM. Faioli|D. AntiseriD. Collin|P. TrianiM. Colombo|M. CrippaA. Zaccuri|L. ScaraffiaM. Cadioli|A. Garfinkle

    La tecnologia come luogo di sogni e paure

    Il cardinale Parolin

    Fa redell’E u ro p a

    la casa di ognip ersona

    di GABRIELLA CERASO

    I l cinquantesimo anni-versario della presenzadella Santa Sede comeOsservatore Permanentepresso il Consiglio d’E u ro p a .Questa l’occasione del discor-so pronunciato il 12 novembredal cardinale Pietro Parolinnel quale ripercorre la storiadel sodalizio iniziata nel 1962,«storia di interesse e sforzo intutela dei diritti umani, dellademocrazia e dello Stato di di-ritto in tutto il continente». IlPapa, ricorda il segretario diStato, lo ha tante volte ribadi-to durante visite alle istituzio-ni europee e discorsi: «Il so-gno dei fondatori era quello di

    ALL’INTERNO

    Punti di resistenza

    Il Rinascimento a Pietrelcina

    LUIGI FERRAIUOLO A PA G I N A 6

    Il pensiero di Dostoevskij sulla felicità

    Prima viene la sofferenza

    LUCIO CO CO A PA G I N A 8

    Dopo l’appello del Papa

    Il diritto all’acqua

    TEBALD O VINCIGUERRA APA G I N A 12

    NOSTREINFORMAZIONI

    PAGINA 11

    In tempo di pandemia

    La trattadelle donne

    viaggia in retedi ANNA LISA ANTONUCCI

    La pandemia ce l’hacon le donne. Ha esa-cerbato le vulnerabili-tà preesistenti di ra-gazze, bambine, migranti e ri-fugiate. Le misure di conteni-mento della mobilità, il loc-kdown, l’isolamento hanno au-mentato la violenza domesticadi cui sono vittime. Sono mi-lioni le bambine che nel mon-do post covid rischiano di nontornare mai più a scuola an-

    Te n d ila tua mano

    SEGUE A PAGINA 5

    di PAOLO BENANTI

    Abbiamo visto già di come latecnologia mediante l’interfac-cia dell’informazione stia en-trando sotto-pelle dando luogo, nel-l’immaginario dei nostricontemporanei, alcyborg, un ibrido tra uo-mo e macchina. Sebbenequesta sia una posizioneideologica di alcuni neiconfronti della naturaumana e della tecnolo-gia, dobbiamo rilevare come la tecnolo-gia è la modalità con cui qualcuno ritienerealizzabile il cyborg, non si può parlaredi organismo cibernetico senza parlaredi sviluppo e possibilità tecnologiche.

    L’idea del cyborg e il suo sviluppo ènata dalle ricerche tecnologiche piùavanzate della seconda metà del secolo

    scorso. Per poter comprendere cosa sivoglia realizzare con l’organismo ciber-netico bisogna esaminare lo sviluppo ditre campi tecnologici tra loro correlati: lacibernetica con la sua applicazione nella

    nanotecnologia, la ri-voluzione digitaledell’informatica e, in-fine, lo sviluppo dellacosiddetta Intelligen-za artificiale (AI).

    Parlare di tecnolo-gia, cioè dell’elemen-to cibernetico che do-vrebbe partecipare al-

    la costituzione del cyborg richiede allorail soffermarsi su tre ambiti che si relazio-nano all’uomo in modo diverso, sfrut-tando cioè diverse interfacce: le nanotec-nologie come sviluppo meccanico dellacibernetica, la rivoluzione digitale con isuoi problemi di linguaggio e di interfac-cia tra uomo e macchina e di Intelligenza

    artificiale. Dobbiamo però, con Caronia,notare che lo sviluppo tecnologico da so-lo non basta a chiarire il fenomeno del-l’organismo cibernetico poiché il cyborgnon è solo l’esponente di una svolta nel-l’industria destinata a incrociare e maci-nare meglio nel suo sistema i consumato-ri. È anche il simbolo di un raggiungi-mento dell’immortalità attraverso la ma-nipolazione della realtà e del tempo, unritorno del sacro nell’unica dimensionein cui esso è possibile, l’eternità e la per-suasività del ciclo della merce.

    Il cyborg, come le tecnologie, èespressione della cultura, dei desideri edelle paure dell’uomo che lo pensa erealizza. Proprio per questo il cyborgdiviene il medium ideale per contenerel’antropologia postumana. Per com-prendere interamente cosa significhicyborg bisogna analizzare il contestoculturale in cui esso si genera, si tra-sforma e viene valutato.

    SERVIZI NELLE PA G I N E 2 E 3

    SEGUE A PAGINA 4

    Domenica la Chiesa celebra la Giornata mondiale dei poveri

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 14 novembre 2020

    Oggi in primo piano - Domenica 15 novembre, quarta Giornata mondiale dei poveri

    di GI A M PA O L O MAT T E I

    Sotto il colonnato del Berninisabato mattina non si parlad’altro: «Domani, che è dome-nica, alle 10 il Papa celebra lamessa e ci ha invitato dentro inbasilica» dice, con il piglio da“p ortavo ce”, Anna, 72 anni,che in zona San Pietro cono-scono tutti.«Purtroppo per la pande-mia non si può fare il pranzotutti insieme come l’anno scor-so» fa presente la donna, che aFrancesco vorrebbe regalareuna rosa. Nelle parole di Annac’è tutta la consapevolezza chel’invito rivolto dal Papa ai più

    poveri per la messa, nellaGiornata a loro dedicata, è unariaffermazione della dignità diogni persona indipendente-mente dal suo conto in banca,dal fatto che non ha una casa oun cambio di vestiti e fatica ametter su pranzo e cena.

    Le “braccia” del colonnatodel Bernini sono sempre lì,spalancate per accogliere ognidonna e ogni uomo. Ma laconstatazione che una delle“braccia” è resa “viva” p ro p r i odalle persone emarginate, ren-de l’immagine suggerita dalcolonnato ancora più forte echiara. Perché proprio il “pun-to di riferimento” che PapaFrancesco ha voluto sotto ilcolonnato per assicurare ai piùpoveri docce, servizi di acco-glienza e anche un ambulato-rio — dove da 2 settimane sifanno 50 tamponi al giorno —sta a ricordare, senza retorica,che qui davvero la Giornatadel povero si celebra ogni gior-no, con i fatti.

    Domenica 15 novembre allamessa per la quarta edizionedella Giornata mondiale — or-ganizzata dal Pontificio Con-siglio per la promozione dellanuova evangelizzazione — sa-ranno simbolicamente presen-ti “solamente” cento persone,in rappresentanza di tutti i po-veri del mondo. Accompagna-te da volontari e benefattori. E

    a proclamare le letture sarannoproprio coloro che ogni giornovengono assistiti dalle associa-zioni caritative.

    La celebrazione sarà in di-retta su Rai 1, Tv2000, Telepa-ce e sulle emittenti cattolichedel mondo collegate al Dica-stero per la comunicazione esarà trasmessa in streaming suVatican News.

    «Tendi la mano al povero» èl’espressione del libro del Sira-cide (7, 32) scelta dal Papa per“f o t o g r a f a re ” la grande pover-tà che oggi abbraccia il mon-do. La pandemia sta rendendoovunque evidente una povertàdimenticata: la fragilità. E ilpovero è fragile per definizio-ne, perché manca del necessa-rio per vivere e la sua stessaesistenza dipende dalla gene-rosità e della solidarietà deglialtri.

    Quest’anno la Giornata haun valore forse ancora più“provo catorio” perché la pan-demia sta facendo toccare conmano che ogni donna e ogniuomo è debole, dipende daglialtri: vale per i potenti e perchi vive sotto un ponte.

    Il messaggio suggerito daquesto evento è che «non ci sisalva da soli ma insieme». Ec-co che l’immagine della “manotesa”, scelta dal Papa per laGiornata, rammenta che nonpuò mai essere “a senso uni-

    co”: chi la tende deve avere lacertezza che viene raggiuntada un’altra mano, senza stare acalcolare chi l’ha tesa per pri-mo.

    E se la Giornata mondialedei poveri nel tempo del co-vid-19 ha il suo “c u o re ” nellacelebrazione che Francescopresiederà domenica mattinaall’altare della cattedra in SanPietro e il suo “segno” nel quo-tidiano e non episodico servi-zio di accoglienza sotto il co-lonnato del Bernini, davveroogni casa — meglio, ogni per-sona — è “sede” della celebra-zione. Oggi più che mai inogni dimora e in ogni luogo —soprattutto negli ospedali — lepersone si tendono reciproca-

    mente le mani. Perché nessunosia solo nei problemi, nellamalattia, nella morte.

    Lo “racconta” efficacemen-te il logo della Giornata: sullasoglia di una porta apertas’incontrano due persone chesi tendono la mano. Una chie-de aiuto, l’altra vuole offrirlo.

    Ma non si com-prende chi tra ledue sia “il pove-ro ”. Poveri, inrealtà, siamo tut-ti. Ci sono duebraccia tese, co-me quelle del co-lonnato berni-niano. E soprat-tutto la porta re-sta spalancata.

    Sotto il colonnatoalla vigilia della festa

    IL MESSAGGIO DEL PA PA

    «Tendi la tua mano al povero»

    • Queste parole (Sir 7, 32) risuonano oggi contutta la loro carica di significato per superarele barriere dell’i n d i f f e re n z a .

    • La povertà assume volti diversi, che richie-dono attenzione ad ogni condizione: inognuna possiamo incontrare Gesù.

    • Tendere la mano è un segno che richiama al-la prossimità, alla solidarietà, all’a m o re .

    • In questi mesi, nei quali il mondo è stato so-praffatto da un virus che ha portato dolore emorte, sconforto e smarrimento, quante ma-ni tese abbiamo potuto vedere!

    • [Quella] del medico, dell’infermiera e del-l’infermiere, del farmacista, del sacerdote,del volontario che soccorre chi vive per stra-da e quanti, pur avendo un tetto, non hannoda mangiare.

    • La mano di uomini e donne che lavoranoper offrire servizi essenziali e sicurezza.

    • Tutte hanno sfidato il contagio e la paurapur di dare sostegno e consolazione.

    • Questo è un tempo favorevole per sentirenuovamente che abbiamo bisogno gli unidegli altri e una responsabilità verso il mon-do.

    • “Tendi la mano al povero” fa risaltare, percontrasto, l’atteggiamento di quanti tengonole mani in tasca e non si lasciano commuove-re dalla povertà, di cui spesso sono complici.

    • Mani tese per sfiorare la tastiera di un com-puter e spostare somme di denaro, decretan-do la ricchezza di ristrette oligarchie e la mi-seria di moltitudini.

    • Mani tese ad accumulare denaro con la ven-dita di armi che altre mani, anche di bambi-ni, useranno.

    • Mani che nell’ombra scambiano dosi dimorte per arricchirsi e vivere nel lusso.

    • Mani che sottobanco scambiano favori ille-gali per un guadagno facile e corrotto.

    • Mani che nel perbenismo ipocrita stabilisco-no leggi che loro stessi non osservano.

    La “Settimana” promossa dalla Chiesa molisana di Termoli-Larino

    Testimoni di solidarietà verso chi ha più bisognodi MARINA TOMARRO

    Raccontare in che modoogni giorno si sceglie ditendere la mano al fratel-lo meno fortunato e anon voltarsi dall’altra parte. È l’ini-ziativa promossa dalla Caritas diTermoli-Larino in occasione dellaterza edizione della Settimana dio-cesana del povero, che si chiudedomenica in concomitanza con laquarta Giornata mondiale celebra-ta da Papa Francesco.

    Da lunedì 9, ogni giorno, sullepagine social della Chiesa localemolisana vengono pubblicate vi-deo-testimonianze di chi quotidia-namente cerca di dare una mano aquanti vivono situazioni di indi-genza e disagio: medici, insegnan-ti, infermieri, operatori del sociale,suore della Carità che svolgonocon responsabilità il loro lavoro.

    La pandemia in corso ha porta-to a ripensare le iniziative di questaterza edizione, lasciandone peròinvariato il senso, che è quello dipromuovere nella comunità una ri-flessione sul tema delle fragilità. Ele testimonianze sui social mediahanno il compito di tenere vival’attenzione sulla necessità dell’im-pegno personale di ciascuno peraccogliere quanti vivono situazionidi bisogno. «Questa settimana —spiega suor Lidia Gatti, che dirigela Caritas diocesana — vuole perprima cosa lasciarci interrogaredalle tante marginalità che esisto-

    no anche nel nostro territorio moli-sano e sensibilizzare l’opinionepubblica su questo grave proble-ma. In prima linea abbiamo coin-volto le parrocchie, perché sono unluogo di inclusione in cui il poveroviene accolto e accompagnato. Quipuò trovare un momento di sereni-tà, visto che non è più solo ma haqualcuno che lo affianca nel risol-vere i problemi».

    Inoltre l’emergenza sanitaria ha

    peggiorato le condizioni delle fa-miglie del territorio. Secondo gliultimi dati della Caritas diocesana,tra gennaio e ottobre 2020, il 14 percento di chi si è rivolto al Centro diascolto lo ha fatto a causa o in con-seguenza del covid-19; una percen-tuale che sale al 22 per cento se siconsiderano solo i cittadini italia-ni. Un terzo di queste persone hafigli minori. L’età media degliutenti è aumentata e vi è stato un

    preoccupante incremento di richie-ste da parte di anziani con più di65 anni.

    «Quanti si rivolgono ai nostriCentri di ascolto — continua la reli-giosa — hanno situazioni di pover-tà assoluta, dovuta molto spessoalla perdita di lavoro precario, acausa della crisi provocata dal co-vid. Noi li aiutiamo in quelle chepossono essere le prime emergen-ze, pagamenti di bollette, buonispesa, far seguire ai bambini la di-dattica a distanza, ma in molti casimanca la speranza di riprendersi. Eallora, oltre l’aiuto materiale, il no-stro compito è restituire la dignità,aiutare a credere che un domanimigliore è possibile».

    Proprio per coinvolgere al me-glio le famiglie della diocesi, nelcorso della Settimana sono statediffuse schede di preghiera peraprirsi all’ascolto, incontri e gestidi solidarietà, per rendere partecipitutti sia nella vita personale sia co-munitaria. Raggiunti anche i gio-vani attraverso il contest «Tendi latua mano al povero», che prendespunto dal messaggio del Papa perla Giornata mondiale dei poveri diquest’anno. A loro è stato chiestodi raccontarne il testo realizzandoun monologo, un dipinto, scriven-do un racconto, danzando o prepa-rando un video. Il progetto miglio-re verrà premiato con la possibilitàdi partecipare a un’esperienza divolontariato presso le opere delladiocesi di Reggio Calabria - Bova.

    Intesa Sanpaolo e Caritas per le diocesi italiane

    Aiutare chi aiutaROMA, 14. Si chiama «Aiutare chi aiuta: un sostegno alle nuove fragili-tà» ed è un progetto che vede coinvolte Intesa Sanpaolo e Caritas Ita-liana. Una partnership strategica a supporto di quelle diocesi che svol-gono un’importante funzione di contenimento dei bisogni sociali neiterritori, soprattutto nell’attuale contesto. I fondi messi a disposizionedalla banca (un milione e mezzo di euro) saranno assegnati per fornire:beni e aiuti materiali ai bisognosi, con particolare riguardo all’offerta dipasti, indumenti e farmaci; casa e accoglienza per chi si trova in difficol-tà abitativa; sostegno nella ricerca di lavoro e avviamento di nuove im-prese per persone in difficoltà. «La pandemia — ha dichiarato il diretto-re di Caritas Italiana, monsignor Francesco Soddu — ci sta mettendo adura prova. Iniziative come questa sono segni di solidarietà concretache attiva processi di cambiamento, mobilita risorse, combatte l’indiffe -renza». Soddisfazione per l’accordo raggiunto è stato espresso da Ele-na Jacobs, responsabile valorizzazione del sociale e relazioni con le uni-versità di Intesa Sanpaolo: «Dopo le esperienze di collaborazione giàavviate con Caritas Italiana — ha detto — siamo molto contenti di lavo-rare ancora insieme a un grande progetto di supporto sui territori allepersone e alle famiglie fragili».

    Inquadra il codice Qrper leggereil testo integrale del messaggiodi Papa Francescoper la Giornata mondiale dei poveri2020

    Un momentodella visita

    del Papaal presidio

    sanitarioin piazza SanPietro (2019)

    e il logodella giornata

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 14 novembre 2020 pagina 3

    Oggi in primo piano - Domenica 15 novembre, quarta Giornata mondiale dei poveri

    A colloquio con un missionario scalabriniano sull’iniziativa a favore dei senza fissa dimora

    Una sola casa

    Rapporto della Caritas Italiana sul diritto alla casa in Europa

    Pochi gli alloggi per tutti

    VAT I C A N NEWS

    Storie dall’osp edaleda campo

    Nonostante la grave si-tuazione di emergenzasanitaria che c’è in Lom-bardia, la mensa dei po-veri Padre Alberto Beret-ta a Bergamo continua apreparare pasti caldi pertutti coloro che vivono indifficoltà. È questa unadelle storie di attenzioneagli ultimi raccontate daVatican News in occasio-ne della Giornata mon-

    diale dei poveri. Unacarrellata tra le tante ini-ziative di solidarietà at-traverso le quali la Chie-sa si dimostra, comechiede Papa Fracesco,«ospedale da campo»,chinata a curare le feritedegli “scartati” dalla so-cietà. Al servizio da Ber-gamo, curato da MarinaTomarro, si affiancaquello di Francesca Sa-batinelli che dà contodell’inaugurazione a Ma-zara del Vallo di unastruttura che darà soste-gno abitativo, e non so-lo, ai padri che, a causadella separazione, nonhanno i mezzi di sussi-stenza. Infine l’esp erien-za della Villetta della mi-sericordia nel campus delPoliclinico Gemelli a Ro-ma — dove la comunitàdi Sant’Egidio accogliepoveri e senza tetto — eun servizio di MicheleRaviart sulla drammaticasituazione in Sahel, dove24 milioni di personehanno bisogno di tutto.

    di CHARLES DE PECHPEYROU

    In Europa, pur nell’ambito di unquadro giuridico di spessore, la casaresta per molte persone una metadifficile da raggiungere e da mante-nere. Oltre ventitré milioni di fami-glie, circa il 10 per cento della popo-lazione totale dell’Unione europea,spendono più del 40 per cento delreddito per mantenere la propriaabitazione, e quasi nove milioni difamiglie vivono in alloggi inade-guati. C’è poi chi un tetto non l’hamai avuto: solo in Europa settecen-tomila persone sono senza dimora eil fenomeno è aumentato del 70 percento in dieci anni. Sono i dati prin-cipali presentati nel dossier «Casa,bene comune. Il diritto all’a b i t a renel contesto europeo», pubblicato

    dalla Caritas Italiana in questo an-no nel quale si celebrano i settan-t’anni dalla Dichiarazione Schu-man, che ha dato il via al processodi integrazione europea.

    Nella cornice giuridica europea,sottolinea l’organizzazione cattoli-ca, il diritto alla casa è di pertinenzaesclusiva dei singoli stati. La condi-zione abitativa nel vecchio conti-nente risulta pertanto eterogenea ediversificata a seconda della situa-zione reddituale delle famiglie edelle politiche abitative attive, tra lequali l’offerta di edilizia residenzia-le pubblica svolge uno dei ruoliprioritari. Nonostante alcuni paesisiano maggiormente strutturati ri-spetto alla dotazione di abitazionisociali, le difficoltà economichedella crisi del 2008 e la crisi sanitaria

    dovuta al coronavirus, i cui esiti so-no ancora difficili da prevedere,«hanno generato nuove fragilitàabitative con differenti intensità».A fianco delle categorie socialistrutturalmente in difficoltà rispet-to al tema dell’abitare — aggiunge laCaritas — come immigrati, senza di-mora, famiglie con disabili o disoc-cupati cronici, «si sono aggiunti an-ziani con pensioni basse, famigliecon figli a carico oppure i cosiddettiworking poor, che rischiano semprepiù lo scivolamento in povertà conla conseguente possibilità di perde-re la casa». Dinanzi a tali problema-tiche le politiche abitative “classi-che” non riescono più a fornire unarisposta, soprattutto nei paesi del-l’Europa meridionale. Sono co-munque presenti nel continente

    molte esperienze innovative, preci-sa la Caritas, «da cui trarre utili pi-ste di lavoro per favorire una mi-gliore esigibilità del fondamentalediritto a un degno abitare».

    Fra gli Stati europei più svilup-pati, l’Italia si distingue, oltre cheper una delle più basse quote di edi-lizia pubblica, anche per una mino-re dimensione del patrimonio in af-fitto privato, pilastro dell’offerta inmolte altre nazioni e, più in genera-le, per una scarsa disponibilità di al-loggi con costi commisurati ai red-diti. Lo Stato italiano, pur detenen-do la responsabilità del settore del-l’edilizia pubblica in concorrenzacon le regioni, non eroga finanzia-menti dal 1998. Le poche risorsenon consentono una programma-zione degli interventi tale da fornireuna risposta socialmente significa-tiva. Dal canto loro, le regioni nonhanno adeguatamente sostenuto ilsettore abitativo destinando per lopiù le risorse ottenute dallo Stato asituazioni emergenziali o per ambiticircoscritti. «Il modello italiano diprivatizzazione del problema abita-tivo da tempo dimostra profondestrutturali debolezze — denuncia ildossier della Caritas — rivelando unarretramento rispetto a paesi euro-pei dove la maggior parte del parcoabitativo è pubblico o sociale, conaffitti accessibili». In Italia, denun-cia l’organizzazione, «da qualchedecennio si spende troppo poco emale per l’emergenza abitativa: nonsi costruiscono più alloggi sociali ocon canoni di locazione sostenibili,non si agisce sull’enorme patrimo-nio di abitazioni vuote e invendute.La costruzione di case popolari haspesso marginalizzato le persone incasermoni edificati in periferie lon-tane e insane».

    Secondo il recente «Rapportosulla povertà ed esclusione socialein Italia» della Caritas, nel paese ol-tre 1.800.000 famiglie sono in con-dizioni di povertà assoluta e chi vivein affitto ha una situazione più criti-ca: sono circa 850.000 le famigliepovere in locazione, quasi la metàdi tutte le famiglie povere. I senzadimora sono 51.000 e la loro condi-zione è stata aggravata dall’arrivodella pandemia. Ogni anno inoltrearriva l’assalto del gelo che crea si-tuazioni ad alto rischio per chi nonha una casa o una sistemazione alcoperto e riscaldata. La cosa chebalza subito agli occhi in Italia, af-ferma in conclusione la Caritas, «èche la gran parte delle abitazioni,circa sette su dieci, sono case di pro-prietà. Siamo tra i paesi europei incui questa quota è più alta. È unproblema? Sì, perché questa situa-zione crea un mercato poco dinami-co, in cui le abitazioni in affitto so-no poche e, generalmente, care».

    Il dossier si chiude con le parolepronunciate da Papa Francesco inoccasione della sua visita alla Casadell’accoglienza Dono di Maria , il21 maggio 2013. La “casa”, disse il ilPontefice davanti alle missionariedella Carità, ai poveri assistiti e aivolontari che operano nel centro,«rappresenta la ricchezza umanapiù preziosa, quella dell’i n c o n t ro ,quella delle relazioni tra le persone,diverse per età, per cultura e perstoria, ma che vivono insieme e cheinsieme si aiutano a crescere. Pro-prio per questo, la “casa” è un luogodecisivo nella vita, dove la vita cre-sce e si può realizzare, perché è unluogo in cui ogni persona impara aricevere amore e a donare amore».

    di GIORDANO CONTU

    La carità rende solida la comu-nità che costruisce ponti. Lotestimonia la campagna degliscalabriniani «Una sola casa»,nata durante il primo lo ckdown per ri-spondere all’appello lanciato a maggioda Papa Francesco con il messaggio perla Giornata mondiale del migrante edel rifugiato (27 settembre). «L’atten-zione del Pontefice per gli sfollati in-tercettava la questione casa», dichiara a«L’Osservatore Romano» padre Gae-tano Saracino, missionario scalabrinia-no referente per la comunicazione del-l’iniziativa. «Le misure per contenere lapandemia imponevano alle persone distare nelle loro abitazioni, ma metteva-no in evidenza una domanda: e chi unacasa non ce l’ha?». Da allora la campa-gna è cresciuta lungo le “frontiere geo-grafiche e spirituali” del mondo: daRoma al Sud Africa, dal Portogallo aBrescia e a Parigi.

    Il carisma scalabriniano guida i mis-sionari e i volontari lungo «le pieghe ele piaghe di un’umanità che si è scoper-ta tale nell’incontro tra persone chesembrano appartenere a mondi diver-si», racconta il religioso. A Roma sonotre i centri di intervento. Il primo è laparrocchia del Santissimo Redentore aVal Melaina, collocata nel quadrantenord della città. Qui c’è una mensa cheopera da oltre trent’anni. Durante ilprimo lo ckdown il servizio è raddop-piato ed è rimasto attivo tutta l’estate.Attualmente non si mangia più all’in-terno della struttura e il sacchetto di ci-bo è più sostanzioso perché destinatoanche ai familiari. Oltre a poveri, sen-zatetto e migranti provenienti da varieparti dell’Urbe, infatti, per la primavolta hanno chiesto aiuto anche alcunefamiglie del quartiere di Monte Sacro.

    Il secondo polo coincide con la chie-sa di Santa Maria della Luce, in via del-la Lungaretta a Trastevere, centro di ri-ferimento della comunità latinoameri-cana. La rettoria ha una lunga tradizio-ne caritatevole e anche questa ha vistoun netto aumento delle richieste di aiu-to in quanto molti hanno perso il lavo-ro, come le numerose badanti e colf na-te oltreoceano. Qui è stata inauguratada poco una filiale romana del progettoWasi, lo sportello psicologico per don-ne migranti. La terza realtà è quella diCasa Scalabrini 634, sulla via Casilina,una struttura che ospita trenta rifugiati

    in semiautonomia. Per via del covidmolti di loro hanno perso il lavoro e co-sì una recente partnership con CaritasRoma e Opera nazionale per le Cittàdei ragazzi ne favorisce il reinserimentolavorativo. Inoltre, questo luogo è di-ventato una calamita delle urgenze delquartiere: per i migranti con o senzapermesso di soggiorno, per chi abitanelle baracche del Quadraro, per le co-munità africana, bangladese e filippinache chiedono aiuto nella compilazionedi pratiche e di documenti.

    L’iniziativa vede gli scalabriniani im-pegnati anche a Reggio Calabria, Ber-

    gamo e Brescia, dove nella parrocchiadi San Giovanni Battista in Stocchettac’è una rapporto solido con la comuni-tà filippina. Ai centri di ascolto lì pre-senti è stato aggiunto il servizio di di-stribuzione di cibo. Altre importantirealtà caritatevoli sono a Parigi e in unaparrocchia di Amora, alla periferia diLisbona. In Francia la chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, situata nelXVIII a r ro n d i s s e m e n t , ha esteso il pianoper l’emergenza freddo e a oggi è giàun anno che sta assicurando un pasto eun letto ai bisognosi. Poi c’è il SudAfrica, dove al culmine della pandemiala parrocchia di Saint Patrick a Johan-nesburg ha sfamato e aiuta fino a cin-quecento persone al giorno. Anche nel-la più ricca Ginevra le persone sole o indifficoltà hanno ricevuto assistenza.L’impegno scalabriniano profuso du-rante la fase emergenziale non ha subi-to cali di attenzione. «La prospettiva èquella di rimettere le persone in piedisulle loro gambe in questa nuova fase»

    della crisi sanitaria che si sta aprendo,afferma padre Saracino. Per questo, inalcuni video il missionario ha dato vocealle riflessioni del Papa sulla condivi-sione, la fiducia, gli affetti, la pienaumanità. Tutte parti delle fondamentasu cui costruire una nuova casa. Pen-sando al tempo nuovo e non al tempop erso. «L’epoca odierna è schiacciatasul presente — spiega — viviamo unmondo in cui non si vede un futuro ose c’è fa paura. Il narcisismo ci fa spec-chiare per darci conferma di chi siamo,tralasciando il fatto che la nostra iden-tità la scopriamo solo nel confrontocon gli altri». Le esigenze delle personebisognose, invece, «aiutano a leggere lenostre vite e a sentirci corresponsabilidella sorte altrui». La sacra Scrittura«descrive la persona come un pellegri-no sulla terra che troverà patria in cie-lo», prosegue. «Quindi un certo movi-mento ci deve pure essere, ma c’è anchel’esigenza di fermarsi per coltivare l’a-nima». Una necessità verso cui gli abi-tanti dei paesi più avanzati talvolta sifanno sordi, abituati a muoversi e viag-giare per lavoro o per piacere. «Allafrenesia perpetua dell’Occidente — ri-flette Saracino — si contrappone unmovimento originato dalle ingiustizie.Mettendo a raffronto queste due realtà,ci accorgiamo che ridurre il movimentofrenetico per farsi carico delle necessitàdi un fratello è già un primo modo dicreare una dimora».

    Il 27 marzo 2020 è stato un giornoemblematico. Durante la celebrazioneil Pontefice ha detto che ci troviamotutti sulla stessa barca. «Viviamo ildramma del mare agitato — rimarca ilmissionario — ma se tutti abbiamo bi-sogno di salvezza è anche vero che lasalvezza è per tutti. Nessuno escluso.Questo è l’annuncio più grande dellaprossimità di Dio. Nella campagna“Una sola casa” questo è entrato a pie-ne mani». La crisi sanitaria ha fattoemergere anche le contraddizioni delsistema di accoglienza dei migranti sal-vati nel Mediterraneo che vivono tut-t’oggi situazioni sanitarie rischiose. Lasperanza è che la crisi esistenziale ali-mentata dal primo lo ckdown non sitrasformi questa volta in crisi sociale.Tante famiglie costrette a domandareaiuto hanno insegnato che c’è unagrande dignità nel chiedere. La campa-gna scalabriniana fa sì che tale doman-da non resti inespressa, per cui occorreuna volontà politica di dare risposte.

    Inquadrail codice Qrper leggere iservizi diVatican News

  • L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Città del Vaticano

    w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

    ANDREA MONDAdirettore responsabile

    Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

    Piero Di Domenicantoniocap oredattore

    Gaetano Vallinisegretario di redazione

    Servizio vaticano:redazione.vaticano.or@sp c.va

    Servizio internazionale:redazione.internazionale.or@sp c.va

    Servizio culturale:redazione.cultura.or@sp c.va

    Servizio religioso:redazione.religione.or@sp c.va

    Segreteria di redazionetelefono 06 698 45800segreteria.or@sp c.va

    Servizio fotografico:telefono 06 698 45793/45794,

    fax 06 698 84998pubblicazioni.photo@sp c.va

    w w w. p h o t o v a t . c o m

    Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

    Stampato presso srlw w w. p re s s u p . i t

    via Cassia km. 36,300 – 01036 Nepi (Vt)

    Aziende promotricidella diffusione

    Intesa San Paolo

    Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740

    Abbonamenti e diffusione (dalle 9 alle 15):telefono 06 698 45450/45451/45454fax 06 698 [email protected] diffusione.or@sp c.va

    Necrologie: telefono 06 698 45800segreteria.or@sp c.va

    Concessionaria di pubblicitàIl Sole 24 Ore S.p.A.

    system Comunicazione PubblicitariaSede legale: Via Monte Rosa 91, 20149 Milano

    telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 14 novembre 2020

    Vertice nel quinto anniversario degli attentati di Parigi

    L’Ue rafforza la difesadell’area Schengen

    Raggiunto un accordo per il monitoraggio del cessate il fuoco

    Sud Sudan verso la tregua

    DAL MOND O

    N a g o r n o - Ka r a b a k h :scambio dei corpi dei caduti

    È iniziato lo scambio dei corpi deicaduti nel conflitto tra azeri e ar-meni che si è combattuto per seisettimane nel Nagorno-Karabakh.Lo ha riferito Arayik Harutyu-nyan, il presidente dell’autopro -clamata repubblica del Nagorno-Karabakh appoggiata dall’Arme -nia. Secondo Harutyunyan, loscambio dei corpi è in corso con ilsostegno della missione militarerussa e della Croce Rossa.

    Anche la Polonia prontaal veto sul Recovery fund

    Dopo l’Ungheria di Viktor Or-bán, anche la Polonia del premierMateusz Morawiecki si è dettapronta a porre il veto sul Recoveryfund (o piano Next GenerationEu) e sugli accordi sul bilancio Ue2021-2027. Lo ha reso noto lo stes-so Morawiecki. Polonia e Unghe-ria sono da tempo nel mirino dellaCommissione Ue per avere porta-to avanti iniziative legislative rite-nute contrarie ai principi dell’Ue.

    Desecretati i documentiUsa sul golpe in Cile

    Cinquant'anni dopo l'elezione apresidente di Salvador Allende (5novembre 1970), sono stati dese-cretati e messi a disposizione delpubblico migliaia di documenti,trascrizioni e appunti sulla strate-gia dell’Amministrazione Nixonin relazione al golpe che portò alladittatura del generale Augusto Pi-nochet. Dai documenti emergonole mosse con cui Washington cercòdi indebolire il governo di Allen-de, democraticamente eletto (dalsostegno all’opposizione al boicot-taggio). Mosse che senza dubbiofavorirono l’ascesa dei militari.

    Mozambico: l’Unhcr chiededi proteggere i civili dalle violenze

    La tratta delle donne viaggia in rete

    dando incontro a matrimoni e gravi-danze precoci. L’emergenza sanitariaha inoltre reso più difficile l’accessoda parte delle donne migranti e rifu-giate ai sistemi di protezione. Infine, èsulle donne in tempi di pandemia chepesa l’aumento del lavoro di accudi-mento, da sempre ambito più femmi-nile che maschile. Ma non è finita quiperché l’Onu denuncia ora che per ledonne sono anche aumentati i rischidi cadere vittime della tratta in rete. Itrafficanti di esseri umani si sono adat-tati immediatamente alla nuova realtàdisegnata dalla pandemia e hannosfruttato a loro favore il crescente uti-lizzo dei social media e di internet. Larete, cui siamo sempre più connessiper lavoro o, nei casi delle più giovani,per l’istruzione a distanza, è diventataun terreno utile ai reclutatori di vitti-me da avviare alla prostituzione. Un

    BRUXELLES, 14. Cinque anni dopo gliattacchi di Parigi — quando alcuni at-tentatori suicida colpirono sei volte inpoco più di mezz’ora sparando sullafolla e uccidendo 130 persone, 89 dellequali nel teatro del Bataclan — i mini-stri dell’Interno dell’Unione europeasi sono riuniti ieri per mettere a puntoun piano di fronte agli attentati chenell’ultimo mese hanno scosso il Vec-chio continente.

    La nuova ondata terroristica ha inte-ressato soprattutto la Francia con ladecapitazione di un insegnante, congli attentati davanti agli ex locali delsettimanale satirico «Charlie Hebdo»e nella basilica di Nizza. Episodi chehanno fatto riportato indietro al 13 no-vembre 2015 e per i quali il presidenteMacron ha chiesto una risposta con-giunta dell’Ue all’estremismo fanaticoviolento.

    A conclusione del vertice è statoadottato un testo comune in cui i mini-stri dell’Interno dell’Ue hanno ribadi-to la loro «incrollabile unità e solida-rietà nella lotta contro tutte le forme diterrorismo». Dall’incontro è emersaanche la necessità di rafforzare le fron-tiere esterne per difendere l’a re aSchengen, una delle più grandi con-quiste dell’Europa unita. L’idea è quel-la di salvaguardare l’area di libera cir-colazione attraverso «una strategia eu-ropea articolata e onnicomprensiva,che deve prendere in considerazionenon soltanto la dimensione della sicu-rezza esterna del nostro spazio euro-peo ma anche la dimensione interna,investigativa, di condivisione delle in-formazioni rilevanti e di contrasto del-le cause della radicalizzazione» comeha detto il ministro dell’Interno italia-no, Luciana Lamorgese.

    ROMA, 14. Nuove speranze per lapace in Sud Sudan. I militari mem-bri dell’Alleanza di opposizione delSud Sudan (Ssoma), non firmatariadell’accordo di pace del settembre2018, aderiranno all’organismo Igaddi monitoraggio del cessate il fuoco(Ceasefire and Transitional SecurityArrangements, Monitoring and Ve-rification Mechanism — Ctsamvm)nel Paese a partire dal 1 gennaio.

    L’intesa per l’adesione dell’opp o-sizione armata al cessate il fuoco èstata annunciata, oggi, dalla Comu-nità di Sant’Egidio, che ha mediatoil secondo round di negoziati — co-minciati lunedì e terminati ieri —che si sono svolti a Roma. Le dele-gazioni dell’opposizione armata e ilgoverno di unità nazionale dellaRepubblica del Sud Sudan si sonoincontrate per discutere e trattare lecondizioni concrete dell’adesione alcessate il fuoco ed eventuali verifi-che delle violazioni.

    I dettagli dell’accordo sono statiillustrati, alla presenza delle parti,dal segretario generale della Comu-nità di Sant’Egidio, Paolo Impa-gliazzo, e dal generale sudanese Ha-mid Mohamed Dafaalla, vicepresi-dente del Ctsamvm. L’accordo, sot-tolinea Dafalla, è importante su al-

    meno tre fronti: cessazione delleostilità; tutela dei civili; accessoumanitario.

    Dopo ampie discussioni — haspiegato Impagliazzo — il Ssoma hadeciso di aderire al meccanismo mi-litare internazionale. Questo glipermetterà di avere i propri rappre-sentanti nella direzione e nelle variestrutture a livello regionale e localedel Ctsamvm. A partire da inizioanno saranno pertanto selezionati,addestrati e dispiegati gli ufficialimilitari del Ssoma nelle varie strut-ture del meccanismo di monitorag-gio dove già siedono i rappresentan-ti del governo, secondo un crono-gramma stabilito dalla organizza-zione regionale del Corno d’Africa(Igad). Da quel momento i militaridelle due parti lavoreranno insie-me.

    Si tratta di un passo importanteper garantire la fine delle violenze,la protezione della popolazione ci-vile, il libero accesso per le organiz-zazioni umanitarie e il prosegui-mento del dialogo politico fra leparti, hanno sottolineato i parteci-panti. L’esercito italiano, come rife-rito in conferenza stampa, aiuterànelle procedure di addestramento edi consulenza militare.

    I negoziati che si sono svolti inquesti giorni erano stati definiti nel-l’ambito di una precedente fase dimediazioni, che si era tenuta il mesescorso a Roma sempre con la me-diazione di Sant’Egidio.

    CO N T I N UA DA PAGINA 1

    MA P U T O, 14. L’Unhcr, l’Alto com-missariato delle Nazioni Unite per irifugiati, ha espresso preoccupazioneper il peggioramento della sicurezzanella provincia di Cabo Delgado, nelMozambico settentrionale, chieden-do misure urgenti per proteggere i ci-vili. Dalla settimana scorsa, migliaiadi persone sono fuggite dal distretto

    di Muidumbe a causa dei ripetuti at-tacchi perpetrati da estremisti armaticontro numerosi villaggi, si legge inuna nota dell’Unhcr. Secondo l’agen-zia delle Nazioni Unite, sono soprat-tutto donne e bambini a soffrire leconseguenze più gravi delle violazio-ni di massa di diritti umani, compresiaggressioni brutali e rapimenti.

    allarme arriva dal Comitato per l’eli-minazione della discriminazione digenere delle Nazioni Unite che avver-te come i criminali che sfruttano ledonne hanno adattato i loro metodi diadescamento facendo ricorso alla tec-nologia. Gli esperti Onu hanno rile-vato una forte crescita di quella chepotrebbe essere definita cybertratta.In un mondo che si confronta con lestrategie di riduzione del contagio dacovid e dunque con il distanziamentosociale e l’isolamento «gli Stati mem-bri delle Nazioni Unite stanno affron-tando un aumento del traffico di esse-ri umani nel cyberspazio». «La cresci-ta del reclutamento per lo sfruttamen-to sessuale online è ormai una realtà»dichiarano gli esperti. In un momentoin cui i tradizionali mezzi per reclutaregiovani donne e ragazze per lo sfrutta-mento sessuale non possono più esse-re utilizzati, i trafficanti si sono river-sati sui social, utilizzando app e chat

    per avvicinare le potenziali vittime. «Icanali di domanda attraverso i socialmedia, il “black web” e le piattaformedi messaggistica forniscono un facileaccesso alle potenziali vittime, au-mentando la loro vulnerabilità», dico-no gli esperti Onu. Inoltre, insistono,l’uso di valute elettroniche forniscestrumenti per nascondere informazio-ni personali quali l’identificazionedelle parti coinvolte e la loro indivi-duazione. Consente inoltre di effet-tuare pagamenti anonimi senza rivela-re lo scopo della transazione. Tuttociò rende più facile la vita ai traffican-ti. Dunque, il Comitato delle NazioniUnite per correre ai ripari e contrasta-re questo fenomeno che rischia di di-lagare ha invitato le società che gesti-scono i social media e la messaggisticaonline a mettere in atto «controlli per-tinenti per mitigare il rischio di espor-re donne e ragazze alla tratta e allosfruttamento sessuale». Ha anche

    chiesto a queste società di utilizzare iloro dati per identificare i trafficanti ele parti coinvolte nella domanda. Lalotta contro la tratta di esseri umani,dicono gli esperti, si fa anche scorag-giando la domanda; così come, ag-giungono, rimuovendo le cause pro-fonde che spingono le donne in situa-zioni di grave vulnerabilità. Problemifondamentali che vanno dalla discri-minazione di genere, alle ingiustiziesocioeconomiche che vedono i salaridelle donne sempre inferiori a quellidegli uomini, alle politiche migratoriee di asilo sessiste messe in atto in moltiPaesi, fino alle situazioni di conflitto edi emergenza sanitaria.

    «La tratta, strettamente legata allosfruttamento sessuale, è un criminesessista» stigmatizzano dall’Onu, in-vitando dunque gli Stati «a crearecondizioni adeguate per garantire chele donne e le ragazze siano al sicuro daquesto pericolo».

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 14 novembre 2020 pagina 5

    ricostruire l’Europa in unospirito di servizio reciprocoche anche oggi, in un mondopiù incline a fare richieste chea servire, deve essere la pietraangolare della missione delConsiglio d’Europa in nomedella pace, della libertà e delladignità umana». Altrettantesono state le occasioni recentiche il cardinale Parolin citaper sottolineare quanto la curadella persona sia la base su cui«continuare a costruire l’E u ro -pa dei Padri Fondatori»: curae dignità che la Santa Sedeconsidera la sua principalepriorità e un desiderio che Pa-pa Francesco ha chiaramenteespresso nell’ultima lettera en-ciclica Fratelli tutti sulla frater-nità e l’amicizia sociale. «Suquesta comune preoccupazio-ne — ha affermato dunque ilporporato — la Santa Sede e ilConsiglio d’Europa hanno la-vorato insieme con successo e

    proseguiranno a farlo nel ri-spetto dei diversi ruoli e le va-rie Convenzioni e gli Accordiratificati dalla Santa Sede, co-sì come il suo sostegno aglistrumenti giuridici — che nonpuò firmare in virtù della suaparticolare natura e delle suespecifiche finalità religiose,ma di cui non manca di pro-muovere i valori universali —sono la prova di questo conti-nuo interesse alla collabora-zione».

    Ma assieme alla riflessionesulla dignità umana e sullacentralità della persona, intempo di pandemia — fa nota-re il cardinale Parolin — o ccor-re soffermarsi anche sul rispet-to della democrazia e delloStato di diritto, come asseritoanche nelle linee guida del Se-gretario generale, inviate a tut-ti i 47 Stati membri del Consi-glio d’Europa il 7 aprile 2020.A questo proposito, il segreta-rio di Stato specifica come allaSanta Sede — che ha lo statutodi “Osservatore permanentepresso il Consiglio” — non ba-sti “o s s e r v a re ” la realtà, quan-to piuttosto interessi lavorare«a costruire strutture di soli-darietà a beneficio di tutti»,attraverso l’influenza moraleche esprime nelle sue valuta-zioni, come «esperta in uma-nità» e nella collaborazioneattiva che svolge a vari livellidecisionali.

    Da qui, il cardinale Parolinsi sofferma uno dopo l’altra suquelle che definisce verità spe-cifiche, che riguardano nonuna persona, ma la personaumana, non solo poche perso-ne, ma tutte le persone. Veritàche non sono a beneficio di al-cuni ma di tutti, dell’amataEuropa come del mondo. «Èmio sincero auspicio — affer-ma — che l’Europa diventi lacasa della persona umana eche il Consiglio d’Europa, nelrispetto del suo mandato, basedella sua fondazione, continuia far risplendere con sempremaggiore luce la verità dellapersona umana».

    La prima verità universaledell’uomoè la sua magnificenza

    La nobiltà dell’essere uma-no, «signore della creazione»e come tale libero da ognischiavitù sia materiale che spi-rituale, è la prima verità su cuiriflettere e sulla quale porsi

    delle domande. Oggi, osservail segretario di Stato, sonotante le forme di schiavitù cheaffliggono l’uomo, problema-tiche centrali nel lavoro delConsiglio d’Europa. Esse, so-stiene il porporato, richiedo-no, per non restare questionisenza risoluzione, domande erisposte ponderate, ma soprat-tutto richiedono di porre l’uo-mo, ancora una volta, al «cen-tro di tutti i nostri interessi perfare del servizio all’uomo lo

    scopo più importante del no-stro lavoro».

    La seconda verità universale:la Terra, casa dell’uomo

    A questa prima verità uni-versale segue una seconda. IlCreatore dell’uomo ha fattoanche della Terra la casa del-l’uomo. L’ha fatta diventarecasa di tutti. Perciò ognuno,insieme alle istituzioni, do-vrebbe prendersene cura. An-che rispondendo all’app ellolanciato dal Papa nell’encicli-ca Laudato si’, il Consigliod’Europa — nota il cardinaleParolin — sta lavorando inquesta direzione e la pande-mia di covid-19, è la sua racco-mandazione, «non deve com-promettere questo impegno».

    Terza verità universale:il servizio alla persona umana

    Illustrando poi il punto delservizio alla persona umana, eriferendosi alla questione deimigranti, il segretario di Stato

    parte da un presupposto an-tropologico fondamentale,cioè riconsiderare la personaumana nella sua interezza,«non solo corpo da nutrire,ma anche un’anima, un cuore,un’intelligenza, una mente,una vocazione alla comunio-ne, alla fratellanza universale,all’amore che non conosce li-miti». Se — riflette — appli-chiamo questo principio allaquestione della migrazione,riusciremo a sfidare le coscien-

    Il cardinale Parolin in un intervento al Consiglio d’Europa di Strasburgo

    Fare dell’E u ro p ala casa di ogni persona

    ze, sia a livello personale checomunitario. Persone migrantidunque non come strumentida usare e sottopagare, mapersone da “a c c o g l i e re ” condiritti e doveri. «A volte, però,questo — spiega — implica an-che creare le condizioni per-ché una persona che ha vissu-to situazioni di grande disagiopossa anche recuperare tuttala sua dignità. Ed è questo cheè difficile; eppure è questo cheè in gioco: restituire dignità aqueste persone». Da qui l’ap-poggio e il favore espresso dalcardinale Parolin alle tanteazioni incisive e attente del se-gretario generale per una mi-grazione sicura, ordinata e re-golare. Un apprezzamento vaal Commissario per i dirittiumani del Consiglio d’E u ro -pa, la signora Dunja Mijato-vić, e analogo sostegno il car-dinale Parolin lo esprime ai di-versi programmi centrati sul-l’educazione e sull’i s t ru z i o n eche non è solo — chiarisce —«alfabetizzazione e accesso al-l’istruzione, ma anche, comeproposto dal Consiglio d’Eu-ropa, la non discriminazione,la cultura della pace, la prote-zione delle lingue e delle cul-ture minoritarie, la promozio-ne di percorsi culturali».

    Quarta verità universale:la valorizzazionedella persona umana

    La quarta verità universaleriguarda la rivalità, la compe-tizione che salverà la personaumana, quella che si gioca —spiega il segretario di Stato —sulla stima reciproca, dandodimostrazione che Stati, orga-nizzazioni internazionali, reli-gioni, associazioni a scopoumanitario siano mossi da unaverità superiore, o dalla caritàe dall’amore perfetto per l’u-manità. «E se ognuno di noi,rappresentanti di diversi Paesi— sostiene il porporato — di-ventasse ambasciatore di pacepresso il proprio governo, al-lora sarebbe possibile compe-tere creando quanta più pacepossibile, per noi stessi e pergli altri Paesi vicini. In questomodo — prosegue — tuttal’Europa, unita e solidale, po-trebbe mostrare questo segnodi giustizia al resto del mon-do». Questo è anche nel cuoredel Papa, ma è un traguardo

    che resta purtroppo ancoralontano dall’essere raggiunto.Tuttavia, assicura il cardinaleParolin, la Santa Sede, consa-pevole della sua natura reli-giosa e della sua missione uni-versale, vuole dare un contri-buto alla causa della pace, nel-la convinzione che «solo unimpegno unitario e mondiale,che ponga al centro la prote-zione della persona umana, inparticolare delle donne, deibambini e di tutte le popola-zioni civili indifese, nonché latutela dei loro diritti fonda-mentali, può rendere possibilela ricerca della vera pace e ilprogresso dei popoli». «Lapace deve essere ricercata sem-pre e ovunque»: lo Statuto delConsiglio d’Europa, rammen-ta il segretario di Stato, affer-ma con chiarezza che «la paceè l’obiettivo ultimo della suaazione».

    Azione e solidarietàRuotano intorno a due pa-

    role — azione e solidarietà — laquinta e sesta verità sulle qualiil cardinale Parolin riflette perconcludere il suo intervento inseno al Consiglio d’Europa. Ènecessario, dice, dare concre-tezza alle parole con i fatti e ri-conoscersi, come il virus glo-bale sta mettendo in risalto,bisognosi gli uni degli altri, incondivisione della stessa situa-zione umana: «Il flagello dellapandemia di covid-19 ha mo-strato al mondo la sua fragilitàcostitutiva e la sua imprepara-zione ad affrontare un futuro

    che può rivelarsi tumultuoso edistruttivo anche nelle viteumane», è il pensiero del se-gretario di Stato. «Tutti sullastessa barca» e tutti insiemeincamminati verso l’uscita dal-la crisi. «Non facciamoci illu-sioni», afferma il porporato,questa è una verità incontesta-bile che anche il Consigliod’Europa ha riconosciuto.Dunque, afferma il cardinaleParolin, questa “verità” deveessere vissuta «con grande ca-rità, misericordia, perdono,sostegno e aiuto reciproco.Solo l’amore, solo lo spirito disolidarietà che da sempre con-traddistingue l’Europa salveràchi è nella stessa barca, nellastessa casa, sulla stessa terra».

    Europa, modello di veraumanità

    L’intervento del segretariodi Stato si conclude con unaugurio a quanti sono impe-gnati a livello istituzionaleperché continuino, dice, nella«costruzione di un’E u ro p agiusta, unita, aperta e inclusi-va», lavoro per il quale la San-ta Sede rinnova il suo pienosostegno come avvenuto dacinquant’anni in qua. «Fatedell’Europa la casa di ognipersona umana, fate in modoche ogni persona si senta a ca-sa sua in un clima di fratellan-za», è l’auspicio finale del car-dinale Parolin. «Ogni personaattende di vedere un vero mo-dello di umanità, per potersiimpegnare in prima perso-na».

    CO N T I N UA DA PAGINA 1

    Allarme per un altro barcone in difficoltà con ottanta persone a bordo

    Venti migranti morti in un naufragio a largo della LibiaROMA, 14. Resta altissima l’allerta nelMediterraneo. Venti migranti sonomorti nell’ennesimo naufragio avve-nuto a largo della Libia. Ne dà notiziaoggi Medici senza frontiere, aggiun-gendo che lo staff dell’o rg a n i z z a z i o n ea Sorman, in Libia, sta assistendo tredonne che risultano essere le sole su-perstiti. Le tre donne — scrive in untweet Medici senza frontiere — «sonostate tratte in salvo da pescatori localie sono attualmente in stato di shock eterrorizzate dopo avere visto i loro ca-ri scomparire tra le onde e morire sot-to i loro occhi».

    Un altro allarme è stato lanciatosempre questa mattina. Circa 80 per-

    sone, a bordo di un barcone, sarebbe-ro in pericolo nel Mediterraneo cen-trale, sempre a largo della Libia. A ri-ferirlo è l’organizzazione Alarm Pho-ne. «Abbiamo provato a informare leautorità: l’Italia nega responsabilità ela cosiddetta guardia costiera libicanon risponde più» afferma l’o rg a n i z -zazione.

    Notizie che arrivano proprio men-tre dalla Libia giunge un segnale po-litico di disgelo. Il rappresentantespeciale del segretario generale del-l’Onu e capo ad interim dell’Unsmil,Stephanie Williams, ha annunciatonel corso di una conferenza stampache i partecipanti al Forum del dialo-

    go politico libico riuniti a Tunisi han-no concordato di fissare la data del 24dicembre 2021 per le elezioni libiche.Pochi giorni fa la stessa Williams ave-

    va annunciato il raggiungimento diun «accordo preliminare per porre fi-ne all’attuale fase di transizione e in-dire elezioni presidenziali»

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 14 novembre 2020

    Un secolo fa la prima pubblicazione

    Carne e spiritoFogazzaro nella biografia di Gallarati Scotti

    Il Rinascimento a Pietrelcina

    di FELICE ACCRO CCA

    La biografia che Tommaso Gal-larati Scotti (1878-1966) dedicòal Fogazzaro (La vita di AntonioFo g a z z a ro ) era già pronta nel1914: lo scoppio del primo con-flitto mondiale, poi l’entrata inguerra dell’Italia (una guerraalla quale Gallarati Scotti preseparte attiva) e altri problemi an-cora ne differirono ulterior-mente la pubblicazione, che vi-de infine la luce nel 1920. La no-torietà del soggetto biografato,il rilievo del suo biografo(membro di una delle famigliepatrizie milanesi più in vistadell’epoca), la piaga ancoraaperta di quella difficile paginadi storia che erano stati il mo-dernismo e la reazione antimo-dernista fecero sì che sull’op erasi catalizzasse l’attenzione ge-nerale, tanto che nell’anno stes-so della pubblicazione, il volu-me vendette quasi ventimila co-pie.

    Gallarati Scotti poté giovar-si, per la sua opera, di materialeinedito di prima mano trasmes-sogli in buona parte dallo stes-so Fogazzaro, il quale l’avevadesignato suo biografo. Graziea tali fonti e a una spiccata pro-pensione che lo spingeva a

    guardare il fondo intimo dellecose, a coglierne l’interioritàprofonda al di là dei fatui fuo-chi esteriori, mirò a cogliere ilpiù intimo dramma dello scrit-tore vicentino, caratterizzato daquell’incessante lotta della car-ne contro lo spirito che, a sta-

    A fianco,To m m a s o

    Gallarati ScottiIn alto: AlidaValli, Massimo

    Serato, la piccolaMariù Pascoli

    ed AnnibaleBetrone in una

    scenadi «Piccolo mondo

    antico» direttoda Mario Soldati

    nel 1941

    di LUIGI FERRAIUOLO

    È possibile far rivivere l’ani-ma del Rinascimento in Ita-lia e nel mondo? Far rein-contrare arte contempora-nea, spazio publico, spiritualità? Efarlo non dalle capitali riconosciutedell’arte e dell’economia italiana, madal cuore del Paese: quello più sper-duto, che si sta spopolando, l’Ap-pennino d’Italia.

    Sono una serie di interrogativicomplessi a cui si trovano di fronteda anni la classe politica italiana cheamministra le aree interne ma ancheil mondo dell’arte più avvertito. Unasfida da far tremare i polsi a chiun-que. E che ha lanciato nei mesi scorsiproprio il vescovo di Benevento,monsignor Felice Accrocca. Ma èuna sfida che è stata raccolta a Pie-

    trelcina, il paesino natale di PadrePio, nel cuore più genuino del San-nio e d’Italia, con il progetto ArtSoul, che punta a offrire ai giovanidella Campania interna una ragionenuova per rimanere a casa e farla ri-nascere. Il progetto è semplice: unacommissione d’arte contemporaneacomposta dai maggiori esperti italia-ni, sceglierà ogni anno un artista cherealizzerà un’opera da installare aP i e t re l c i n a .

    Ogni anno le opere si depositeran-no nel paesino di san Pio, come stratidi varie ere geologiche, diventandoun museo all’aperto da visitare, maanche una sfida a coniugare lo spaziopubblico con la spiritualità e l’artecontemporanea. La commissione,presieduta da Vincenzo Trione, pro-fessore ordinario di Arte e media al-l’Università Iulm di Milano, tra i

    maggiori critici d’arte italiani, è com-posta da Gianfranco Maraniello, exdirettore del Mart; Margherita Guc-cione, direttore generale per la creati-vità del Mibact; Laura Valente, presi-dente del museo Madre di Napoli;Massimo Donà, professore ordinariodi Filosofia Teoretica all’universitàSan Raffaele di Milano; Gianluca Pe-luffo, architetto fondatore dello Stu-dio Peluffo & Partners ricercatore al-l’università Kore di Enna; e AnnaLuigi De Simone, professore associa-to di Cinema, fotografia e televisioneall’università Iulm di Milano, segre-tario della Commissione.

    «Spiritualità, arte contemporaneae spazio pubblico. Questo triangolonegli ultimi cinquanta anni è venuto-meno. Cominciare a parlarne e discu-terne partendo da un luogo di gran-de importanza religiosa e visibilità

    non solo nazionale, come Pietrelcina,incontaminato luogo natale di sanPio — spiega Vincenzo Trione, che at-tualmente ricopre le cariche di presi-de della Facoltà di Arti e turismo allaIulm e di presidente della Scuola deibeni e delle attività culturali del Mi-nistero dei Beni culturali — ma anchecuore dell’Italia interna, non è soloun’occasione, è un’opp ortunitàp erriannodare i fili di questa fruttuosarelazione che nei secoli passati ha da-to tanto al nostro Paese e al mondoin termini di bellezza e arte e culturain generale. La nostra commissione eil progetto di arte che porta avantisono proprio il primo momento di undiscorso concreto che prova a riparti-re dall’Italia che non ti aspetti».

    Il progetto prevede che dal 2022l’opera d’arte sia accompagnata daresidenze per artisti nel borgo antico

    di Pietrelcina, dove artisti, videoma-ker, creatori digitali abiteranno nellevecchie abitazioni in pietra, in mododa incentivare l’area anche come in-cubatore culturale.

    Il tema scelto è quello dei «Mi-granti», individuato per legare ideal-mente Lampedusa, porta d’E u ro p a ,con Pietrelcina, porta dell’Anima.L’installazione della prima opera èprevista per Natale o i primi del2021.

    «Il nostro tentativo — spiega il pri-mo cittadino dell’ameno borgo san-nita, un vero e proprio P i e t re l c i n a s h i re— è quello di offrire una nuova spe-ranza ai nostri giovani. Una gara perla Bellezza e il rinascimento dell’Ita-lia interna». Tra i partner del proget-to Soul, ci sarà anche la Bper, dasempre vicina all’arte e ai progetti dirinascita dell’Italia interna.

    PUNTI DI RESISTENZA • Al via il progetto «Art Soul»

    gioni alterne, si rinnovava im-placabilmente nelle sue mem-bra. E con una forza e una luci-dità che convincono il lettore,Gallarati Scotti sostiene che ilvertice letterario dell’opera fo-gazzariana si raggiunge — comein Piccolo mondo antico — p ro p r i oquando lo scrittore ritrae questalotta interiore nei suoi perso-naggi.

    Punti forti di confronto e an-che — lo si può dire, pur se conqualche esitazione — di riferi-mento, furono per Fogazzarograndi figure di vescovi, qualiGeremia Bonomelli e AlfonsoCapecelatro, cardinale arcive-scovo di Capua, che lo scrittoreavrebbe voluto veder uscire dalConclave del 1903 come succes-sore di Leone XIII: pertanto, se-condo quanto rivela la letterache scrisse ad Antonietta Gia-comelli già nell’agosto del 1903e che Gallarati Scotti pubblicainsieme a tante altre inedite,non esultò alla notizia dell’ele-zione del cardinale Sarto.

    L’autore ripercorre le variefasi dell’opera letteraria di Fo-gazzaro conducendo un’analisiattenta a coglierne più i movi-menti reconditi che le esteriori-tà letterarie, o meglio, volta amettere in risalto come fosserole palpitazioni interiori delloscrittore vicentino a dare allasua prosa e ai suoi versi una for-za di volta in volta diversa. Gal-

    larati Scotti si rivela onesto nelricostruire un itinerario che do-vette essere certo complesso: diFogazzaro fu discepolo, colla-boratore, amico e confidente,nonché compartecipe di moltebattaglie; eppure, nella sua bio-grafia riesce a mantenere il di-stacco necessario a non inficiar-ne l’oggettività, dimostrandosicapace di evidenziare luci e om-bre, grandezza e limiti del pro-prio maestro e sodale.

    Anche nella ricostruzionedell’ultima fase della vita delFogazzaro — grosso modo ilprimo decennio del Novecento,gli anni più tormentati della vi-cenda modernista — GallaratiScotti sa mostrarsi appassiona-tamente coinvolto e distaccatoal tempo stesso. Alcune sue«dichiarazioni preliminari» ap-paiono, a mio avviso, significa-tive a riguardo: «Per poter esse-re indifferente io non dovreisentirmi in alcun modo parteci-pe alla lotta religiosa di quel pe-riodo. Dovrei aver rinnegato ilmio passato o sentirlo morto inme. Ora questo non è. Sento vi-ve le radici che mi legano aquell’ora di lotta. Non rifiutonessuna delle mie responsabili-tà né delle mie azioni. Non sa-prei scrivere queste pagine conla fredda curiosità con cui fareil’analisi di un episodio religiosodel secolo XVI. Ma d’altra partese il mio passato non è spento in

    me, io non mi sento nemmenolegato ad esso come ad una cosamorta. Esso vive in me che sonovivo e cammino. La fedeltà nonè arresto a un momento della vi-ta, ma dev’essere progresso.Chi pensa e giudica si rinnovain sé ad ogni alba, senza rifiutarnulla della eredità della vigilia.Perciò nessuno si attenda l’ap o-logia intransigente di quelleche furono le posizioni di ieri.Oggi guardo con occhi nuovi eda un piano più elevato le posi-zioni superate e perciò non sa-prei ripetere le parole d’ieri.Nessuno interpreti come ab-bandono la sincerità piena, nes-suno sia offeso dal giudiziofranco. Sono un libero che giu-dica liberamente delle cose cheha amato».

    Poste tali premesse, Gallara-ti Scotti restituisce l’atmosferadi quegli anni potendosi giova-re di molta documentazione diprima mano. Riconosce senzatitubanze che Fogazzaro preseparte alla battaglia condottadal modernismo tra le file deisuoi elementi più moderati edequilibrati; tuttavia, ascrive loscrittore vicentino piuttosto al-la tradizione del cattolicesimoliberale, impersonata da pensa-tori e scrittori quali Gioberti,Manzoni, Rosmini, che certa-mente impressero su di luiun’orma ben netta e visibile. Ecerto — aggiungo — Fo g a z z a ro

    non può essere sospettabile disimpatie per gli elementi piùturbolenti di quella difficile sta-gione, quali furono in ItaliaSalvatore Minocchi e il giova-nissimo (allora) Ernesto Buo-naiuti. Più cordiali e solidi si ri-velano invece i suoi rapporticon figure di rilievo internazio-nale, quali Sabatier, Tyrrell e lostesso Loisy, dal quale però siallontanò progressivamente,man mano che questi finì perdissolvere la sua fede.

    Fogazzaro, in definitiva, purpartecipe delle tesi evoluzioni-ste di Darwin, pur desideroso diun cattolicesimo illuminato, fuinteressato più a una riforma in-terna che a sottili discussioniteologico-filosofiche (per lequali mancava anche degli stru-menti necessari), si dimostròpiù attento alla vita del clero ealla possibilità che i laici parte-cipassero attivamente alla vitadella Chiesa di quanto non fos-se attratto da sottili questioniesegetiche.

    Com’è noto, la biografia diFogazzaro fu messa all’Indicenel 1921, perché ritenuta fautri-ce delle tesi moderniste. Unanuova edizione del testo — rive-duta con i suggerimenti del do-menicano padre Cordovani, masenza apportare mutamenti so-stanziali — si poté pubblicarenel 1934, sotto il pontificato diPio XI (un Papa che l’autore co-nobbe di persona fin dalla suainfanzia); una terza, infine, nel1963, nella cui prefazione Gal-larati Scotti non mancò di rea-gire al giudizio fortemente ne-gativo che del modernismo ita-liano aveva dato don GiuseppeDe Luca (un giudizio, sia dettoper onestà, eccessivamente se-vero). Riprendere in mano Lavita di Antonio Fogazzaro a un seco-lo esatto dalla sua pubblicazio-ne, in un tempo nel quale è pos-sibile guardare in modo più di-steso a quell’epoca e ai suoi pro-tagonisti, consente di coglierele forti idealità che mossero tan-to l’autore del libro quanto ilsuo biografato, spingendo per-ciò a idealità più alte.

    E ciò non è davvero di pococonto, in un tempo nel qualesiamo sovente bersagliati da ba-nalità, quand’è la paura l’armaprediletta per guadagnare ilconsenso.

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 14 novembre 2020 pagina 7

    Roberto Rossellini nel ricordo del figlio Renzo

    Cantore dell’epicadi un’era antiepica

    «Il Dio dei senza Dio» di Franz Coriasco

    Alla ricercadell’Abbandonato

    di MAU R I Z I O SCHOEPFLIN

    P iuttosto che di essererecensito, il libro diFranz Coriasco, Il Diodei senza Dio. Riflessioniagnostiche sul più paradossale degli dèi(Cinisello Balsamo, San Paolo,2020, pagine 224, euro 18) chie-de di essere raccontato, perchéle vicende di un animo e le espe-rienze interiori non possono es-sere passate al vaglio della criti-ca, come accade nel caso di unsaggio o di un romanzo. Tantopiù se ciò deve avvenire nellospazio, necessariamente limita-to, di una recensione. Certo, nelvolume sono presenti non po-che argomentazioni e afferma-zioni di carattere teologico e fi-losofico, ma tutto questo vienefiltrato dal protagonista e riela-borato all’interno di un raccon-to autobiografico, una specie dioriginale diario intimo. E undiario non è recensibile.

    La prima fondamentale in-formazione che l’autore dà allettore riguarda il suo ateismo:da trent’anni Franz Coriasco haperso la fede; non crede più inDio, ma nello stesso tempo ri-tiene che il suo confronto conl’Altissimo non sia concluso:per questo motivo si presentacome un agnostico che, pur noncredendo, non esclude che Diopossa esistere e, dunque, conti-nua a domandare di Lui, perchéquesto enigmatico Signore glisi propone come una presenza(o una assenza) problematica.A quale Dio si riferisce Coria-sco? A quello, ricordato neiVangeli di Matteo e di Marco, acui si rivolge il Crocifisso gri-dando «Dio mio, Dio mio, per-ché mi hai abbandonato?». FuChiara Lubich a far riflettere afondo Franz su quell’urlo stra-ziante: anche lei aveva incon-trato Gesù abbandonato e neaveva fatto il centro della pro-pria vita, identificandolo congli ultimi, i poveri, i senza spe-ranza, con tutto il dolore delmondo; un Gesù da amare,amando gli abbandonati.

    Fu, per Coriasco, allora ado-lescente, una testimonianza de-cisiva. Ma verso la fine degli an-ni ’80 del Novecento, la fedesvanisce. In quel periodo tantocomplicato un evento si impo-ne: l’incontro con Chiara “Lu-ce” Badano, che morirà giova-nissima e che nel 2010 è stataelevata agli onori degli altari.Coriasco ha una certezza: «Ge-sù Abbandonato è stato indub-biamente il Dio di Chiara Lu-ce». Ma la fede non torna. Im-provvisamente, nell’oscurità diuna vita sempre più cupa e in-tristita, irrompe l’amore. Franzsi sposa, ma dopo poco il matri-monio fallisce e si conclude con

    il divorzio, che lo lascia nellosmarrimento, incapace di trova-re alcuna consolazione, neppu-re in quel “Gesù Abbandonato”che una volta gli era sembrato ilrifugio più rassicurante. D’altraparte, in quale altro modo porsidi fronte a un Dio il cui Figliomuore inchiodato a una Croce,sperimentando l’abisso dellasolitudine e del nulla? Potrebbeessere questo Dio «azzerato» —si chiede ancora Coriasco — aoffrire la risposta decisiva?

    Ad aiutare Franz nell’ a p p ro -fondimento di questi temi dav-vero brucianti fu GiuseppeZanghì, anima eletta e amico diuna vita, che il nostro autore ri-corda costantemente con grati-tudine: insieme discutono deldolore e dell’amore, dell’uomoe di Dio, della Trinità e del de-monio, della fede e dell’atei-smo, di tutto ciò che, insomma,interessa drammaticamenteCoriasco e che poi è rifluito nellibro, soprattutto nella secondaparte, occupata da quelle «ri-flessioni agnostiche» che ne ca-ratterizzano il contenuto.

    In questo contesto, l’a u t o recolloca varie considerazioni sulruolo della fede cristiana e dellaChiesa, che ai suoi occhi sem-brano aver perso lo smalto sa-namente provocatorio che do-vrebbero contraddistinguerle.La crisi religiosa appare unaparte della più generale crisiche sconquassa il mondo e, inparticolare, l’Occidente unavolta cristiano. Soltanto l’Ab-bandonato mostra la capacitàdi non finire travolto dallo sfa-celo, che Coriasco giudica im-minente.

    Su tutto, incombe la tragediadel male che da sempre interro-ga e angoscia l’umanità e trafig-ge il cuore dei credenti. Ancorauna volta per l’autore la solapresenza plausibile apparequella del Crocifisso, dell’Ab-bandonato: l’unico cristianesi-mo in grado di resistere allatempesta della contemporanei-tà è quello che ha al centro ilDio che per amore si spoglia diogni sua prerogativa, quello cheChiara Lubich definiva il Diodegli atei e, dunque, anche ilDio di Franz Coriasco.

    Il libro non si conclude conun colpo di scena e l’a u t o reconferma fino all’ultima paginail proprio agnosticismo. La suastoria e le sue riflessioni, che hocercato di sintetizzare, offronoinfiniti spunti per pensare e me-ditare. Spero che a Coriasconon dispiacerà se, per conclu-dere questa mia “n o n - re c e n s i o -ne”, mi affido al celebre pensie-ro di Blaise Pascal in cui Gesùdice all’uomo: «Consolati, tunon mi cercheresti, se non miavessi già trovato».

    di GABRIELE NICOLÒ

    «Tutto quello che sono, tuttoquello che so, lo devo amio padre»: non potevaessere più aperto e peren-torio Renzo Rossellini neltributare un omaggiogrondante devozione egratitudine al papà Ro-berto, tra i registi più ge-niali e innovativi del No-vecento italiano conside-rato, con giudizio unani-me, il padre del neoreali-smo cinematografico. Taleomaggio è contenuto nellibro di Gabriella Izzi Be-nedetti Oltre il Neorealismo.Arte e vita di Roberto Rosselliniin un dialogo con il figlio Renzo(Firenze, Mauro PagliaiEditore, 2020, pagine 250,euro 12). Un dialogo in-tessuto di riflessioni illu-minanti volte a penetrareanche negli aspetti menoconosciuti di «un registamai dimenticato». Presi-dente della Società Vaste-se di Storia Patrese LuigiMarchesani e membro delcomitato scientifico delCentro Unesco di Firenze,l’autrice sottolinea comeRossellini sia un perso-naggio rimasto «nel cuoredi tutti». Ha elaborato —ricorda — «un nuovo lin-guaggio cinematografico,ha qualificato la stagioneneorealista, superandola

    ma anche acquisendolacome base espressiva noncontrattabile sul piano eti-co». E, fattore importan-te, la sua narrazione haevitato di cedere a ovvietàche l’espressione realistapuò produrre. Non a casoil regista austriaco OttoPreminger diceva: «Il ci-nema si divide in due ere:una prima e una dopo Ro-ma città aperta».

    «Rossellini — evidenziaIzzi Benedetti — è stato ilprimo a trasformare il cli-ma di una ritrovata libertàin un racconto dove latensione antifascista rag-

    giunge una formula alta ecompleta. Roma città apertaè un film scritto giratosotto la spinta di un’ade-sione interiore totale e chediviene una delle miglioriespressioni rivoluzionariedel film come arte». Allastessa stregua si collocaPaisà, realizzato con mag-giore distacco emotivo: lapellicola si configura qua-le testimonianza civile ric-ca di un senso poeticoche, come in Roma cittàaperta, unisce storia edemozione. «Rossellini —scrive l’autrice — ha avutola percettibilità massimanell’assorbire il clima ditragedia e di riscossa, di-venendo una sorta di“c a n t o re ” dell’epica di untempo antiepico”. In luiniente risulta mediocre,anche quando si addentranella mediocrità, poiché«qualunque situazioneproposta è filtrata attra-verso una verifica cultura-le, un ritmo, un’armonia eil rifiuto di sentimentali-smi».

    «Mio padre — r i c o rd aRenzo — sapeva essere di-vertente, aveva senso del-l’umorismo, che lo aiutavaa sopravvivere nel mondocomplesso e difficile dellacinematografia». Vedevail cinema come “un micro-scopio” che riesce a offrireallo spettatore le pieghe

    più segrete dell’e s s e reumano e dell’ambienteche lo circonda. «Ciò cheoggi può sembrare prassiacquisita, in quel tempoera una novità assoluta»,tiene a precisare Renzo,che non ricorda di avermai visto il padre parteci-pare a una retrospettivadei suoi film neorealisti.Roberto diceva: «Nel1945, quandocon SergioAmidei ci sia-mo messi ascrivere il pro-getto di Romacittà aperta, ap-pena uscitidalla secondaguerra mon-diale e da unaguerra civile,ci sentivamo come duesartine che dovevano ram-mendare un’Italia tutta la-cerata e strappata. Anchedecidere di mettere comeprotagonisti e martiri unpartigiano e un parroco si-gnificava mostrare almondo che l’Italia non erastata solo fascista e pro-nazista, ma che l’antifasci-smo era stato trasversalenell’anima popolare italia-na, anche nei bambini enelle donne».

    Significative le afferma-zioni di Renzo riguardo alsentimento religioso diRoberto: «Mio padre —

    rileva — non era credente,ma avrebbe voluto esser-lo. Riteneva la fede un do-no dal qual era statoescluso. Criticava altricontesti, la grande ric-chezza di alcuni, l’ingiu-stizia sociale, ma avevastima di chi aveva fede».È accaduto che i suoi filmnon siano stati compresi.In seguito buona partedella critica ha fatto meaculpa. È indicativa, in me-rito, la valutazione datadal regista a proposito delcaso legato al film S t ro m b o -li. «Il boicottaggio effet-tuato contro il mio filmpenso sia dovuto innanzi-tutto ad un’assoluta in-comprensione di ciò cheesso significa e del lin-guaggio cinematograficocon cui le mie idee sonostate espresse». Stromboli— evidenzia l’autrice — èuna proposta molto inte-riorizzata, e racconta lalotta impari contro la soli-tudine senza speranza,dovuta alla stupidità degliuomini e alla ostilità dellanatura. La pellicola pre-senta un Dio che la prota-gonista si ostina a ignora-re e che accetterà, o me-glio in cui cercherà di rifu-giarsi al culmine della di-sperazione. Così imposta-to non fu facile accettare ilfilm, «ma a molti piac-

    que», osserva Izzi Bene-detti.

    Nel testo Quasi un’auto-b i o g ra f i a , il regista, inun’intervista del 1977, po-chi mesi prima della suamorte, formula riflessioniamare sulla aspettative di-sattese ma, al contempo,avanza proposte lungimi-ranti. A proposito dellatelevisione, afferma: «Perla prima volta nella storiadell’uomo possediamo unmezzo di comunicazioneuniversale e immediato. Ecosa ne abbiamo fatto?Una specie di gioco dacirco che corrompe tutto etutti. Alla televisione gliuomini politici non comu-nicano: recitano, trasfor-mati da attori». RobertoRossellini auspica dunqueche i mezzi di comunica-zione di massa contribui-scano a un cambiamentoculturale che passi, neces-sariamente, attraverso lapromozione dei valori eti-ci e della dimensione mo-rale. «Purtroppo — de-nuncia il regista — finora imezzi di comunicazionedi massa non sono statiimpiegati a questo scopo.Al contrario, sono statiutilizzati per fare dell’opi-nione pubblica una ban-chisa interamente pietrifi-cata».

    Nel libro di Gabriella Izzi Benedettisi sottolinea che il regista vedevail cinema come un «microscopio»capace di scrutare l’animo umano

    «Mio padre non era credentema avrebbe voluto esserloe aveva stima di chi aveva fede»sottolinea Renzo

    Ingrid Bergman nel film «Stromboli» (1950)

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 14 novembre 2020

    I «fuoriclasse della sconfitta» portati in scena da Andrea Muzzi

    All’albap erderò

    Il pensiero di Dostoevskij sulla felicità

    Primaviene la sofferenza

    Andrea Muzzi

    di SI LV I A GUIDI

    Un Guinness dei primati al contrario,un’epopea tutta da ridere, fatta distorie vere trasformate in figurine Pa-nini di fuoriclasse della sconfitta; èun piccolo gioiello Al l ’alba perderò, lospettacolo teatrale scritto da AndreaMuzzi e Marco Vicari che presto di-venterà anche un film. «Che cosa haspinto il pugile Eric Crumble a saliresul ring trentuno volte e a subiretrentuno ko di fila? — si legge nellenote di regia — E perché il samoanoTrevor Misapeka, centotrenta chili dipesantezza, ha accettato di correrecontro la sua volontà (e la sua stazza)

    i cento metri alle Olimpiadi del2001?». C’è un motivo per questascelta illogica, ovviamente, ma un te-sto teatrale così frizzante non si me-rita spoiler guastafeste. L’elenco deinoti loro malgrado e degli antieroi acui l’insuccesso ha dato alla testa, co-me diceva Flaiano, è lungo: l’a t t o retoscano, cresciuto alla scuola del“Giancattivo” Alessandro Benvenuti,attinge a piene mani dalle cronachesportive e dal recente passato dellamusica leggera.

    «Perché il giovane bassista StuartSutcliffe — infierisce il comico concandida crudeltà — ha abbandonatodopo soli due anni un complessino diLiverpool che riteneva senza futuro(dal nome strano e anche piuttosto ri-pugnante di S c a ra f a g g i )? E perchéGiancarlo Alessandrelli, portiere di ri-serva della Juventus negli anni Set-tanta, dopo dieci anni di onoratapanchina, scende finalmente in cam-po e in soli venti minuti riesce aprendere tre gol?».

    Grazie a una comicità surreale, chepunta a far ridere con le capriole delpensiero, evitando la battuta facile,davanti agli occhi degli spettatoriprende vita una galleria di perdentiillustri che hanno fatto la storia. An-che perché in fondo, lo stesso succes-so non è altro che «l’abilità di passareda un fallimento a un altro senza per-dere l’entusiasmo» (Winston Chur-chill dixit).

    Uno spettacolo molto più anticon-formista di quello che sembra, Al l ’alba

    p e rd e r ò , capace di rovistarecon allegria e leggerezza ne-gli scantinati più bui dell’ulti-mo, vero, innominabile tabùdella società occidentale, ilfallimento. Portando l’esem-pio paradossale di chi è sem-pre stato maglia nera in clas-sifica, è un inno alla vita, achi non ha mai smesso diprovarci, a quelli che non sisono mai arresi. Perché il se-greto della vittoria è, primadi tutto, accettare la propriapaura di perdere e saperla ge-stire. Questo vale per gli at-tori («per fare il nostro lavo-ro — ama ripete Muzzi — ilminimo sindacale è il corag-gio») ma vale anche perchiunque accetti di esporsi algiudizio degli altri, qualsiasicosa faccia, a qualunque età.

    Non a caso, in una faseprecoce della gestazione deltesto, al titolo pucciniano, pa-rodia del Nessun dorma, seguiva«Nino non aver paura di sba-gliare un calcio di rigore» ver-so tratto dalla struggente Laleva calcistica della classe ‘68 diFrancesco De Gregori. «Chipassa per il laboratorio dellasconfitta tocca la carne vivadella realtà, diventa più atten-to», scriveva qualche giornofa sul nostro giornale Alessan-dro Rivali, in un articolo de-dicato alla poesia di AdamZagajewski: «Davvero sappia-mo vivere solo dopo la scon-fitta, / le amicizie si fanno piùprofonde, / l’amore solleva at-tento il capo. / Perfino le cosediventano pure». Non disto-gliere lo sguardo dai nostri er-rori e fallimenti ci aiuta a es-sere più umani. In questosenso non suona affatto ironi-ca la celeberrima battuta diAndrè Agassi «a chi mi chie-de se mi dispiace di aver bat-tuto il mio avversario in quelmodo rispondo: non privereimai nessuno dell’esp erienzaistruttiva di perdere».

    IL FILM

    Ospiti dell’Opera di don Facibeni a Firenze

    Ciascuno di noi cerca di nascondere il momento in cui fallisce, epiù grande è il fallimento tanto più forte è la frustrazione che nederiva. Ma un’ottica nuova fa ora capolino nell’opera cinemato-grafica Al l ’alba perderò di Andrea Muzzi, prodotta da Daniele Mu-scariello di Henea Production e con il manager Luigi Scavone co-me produttore associato. Il film vuole infatti sdoganare il falli-mento, vedendolo come possibilità di risurrezione. «Ho volutoprodurre questo film — dice Luigi Scavone — proprio per dare for-za a chi vuole arrendersi ai fallimenti e ai problemi che la vita ognigiorno ci riserva».La storia narra di un regista di circa cinquant’anni, che crede, no-nostante l’età, di essere ancora un emergente. Tutte le sue operefilmiche, in realtà, non sono mai andate in porto e così, i tanti fal-limenti lo fanno scivolare pian piano in uno stato depressivo. Maun giorno un ricordo di infanzia gli riporta alla mente un suocompagno di scuola (un ragazzino che in una sola parola era riu-scito a sbagliare tutte le lettere) e da lì prende spunto per rifletteresulle gesta dei campioni della perdita, che nel fallimento trovanouna preziosa, paradossale opportunità di emergere. L’opera cine-matografica è una commedia e, come tale, ha un tono leggero, maha anche un retrogusto introspettivo e spirituale. In una delle sce-ne, viene affidato ad un sacerdote un pensiero che sta molto a cuo-re alla produzione: «Lo stesso cristianesimo nasce in qualche mo-do dal “fallimento” di Cristo, che non è stato capito dagli uominie che per questo è morto sulla Croce. Ma da questo fallimento èpoi venuta la Risurrezione». Un messaggio che Daniele Musca-riello vuole ribadire con il film, convinto com’è che «ogni uomo,che è figlio di Dio, può cadere nel fallimento; è importante rac-contare che questo si può vivere in maniera diversa. Quando unapersona fallisce — spiega ancora Muscariello — spesso va in Chie-sa, come prima cosa, e si rifugia nella preghiera. Si aggrappa aDio e al sacerdote. Il primo, di solito, ad avere la forza e la capaci-tà di recuperare chi è disperato, tirandolo traendolo dal baratro».La pellicola vuole trattare un argomento scomodo e difficile conleggerezza e al contempo con profondità ,con evidenti riferimentialla fede. Seppure infatti, non si mostrano scene che immediata-mente richiamano alla religiosità, sulla questione lo spettatore èportato ad interrogarsi e viene condotto per mano, seguendo lastoria, nella ricerca di una risposta.Il film è girato nei locali dell’Opera della Divina ProvvidenzaMadonnina del Grappa nei pressi di Firenze, Opera che accogliechi “fallisce” per dare una nuova speranza di vita. Un ambientequanto mai consono a una pellicola che tratta di questa tematica,a cui hanno partecipato anche volti noti dello spettacolo comeEnzo Ghinazzi (in arte Pupo), Paolo Calabresi e Angela Finoc-chiaro. Un film ricco di speranza, dal titolo semplice e geniale Al -l’alba perderò, in arrivo entro il prossimo anno. (Martina Luise)

    di LUCIO CO CO

    Tra le note di carattere autobiograficopubblicate in coda al tomo 27 delle ope-re complete di Fedor Dostoesvskij ce n’èuna del 1872 nella quale il grande scritto-re russo sorprende il lettore perché affer-ma che «la felicità non è vantaggiosa perlui», aggiungendo «di non sopportare lafelicità» (pagina 89; cito da Polnoe sobraniesočinenij, 30 tomi, 1972-1990; la traduzionedal russo è mia). A quale idea di felicitàsi riferisce e da quale sua immagine, inun certo qual modo degradata e corrot-ta, egli sta prendendo le distanze? Daquesto appunto di diario non è possibilesaperlo, ma diversi riferimenti nella suaopera sono capaci di chiarire meglio taleaffermazione che a prima vista risulta in-comprensibile e anche un po’ sconcer-tante.

    Nel terzo taccuino dei materiali pre-paratori a Delitto e castigo c'è un passaggioilluminante per definire la questione.Qui infatti Dostoevskij annota che «nonvi è felicità nel comfort» e che «la felicitàla si compra con la sofferenza» (ibidem, 7,154). «Non vi è felicità nel comfort»: laprima parte dell’affermazione, spiegabene quale modello di felicità egli avver-sa. La felicità propagandata dal mercatoe dalle merci, quella che fa corrisponde-re il benessere e lo star bene al possessodi un prodotto o di un bene materiale,«il comfort» per dirla con lo scrittorerusso. La Pietroburgo in cui egli vivedella seconda metà del XIX secolo è quel-la del Passage, del grande centro com-merciale tra la Prospettiva Nevskij e laItalianskaja ulica, un modello non soloarchitettonico ma anche culturale, dovele merci e il commercio sembravano (esembrano ancora oggi) poter venire in-contro a tutti i bisogni dell’uomo, nonsolo quelli materiali ma anche dello spi-rito.

    Contro questa cultura “c o m m e rc i a l e ”della felicità si leva la protesta di Do-stoevskij il quale subito si affretta ad ag-giungere che la moneta con cui si paga lafelicità non è quella delle valute e dellebanconote, che la felicità non la si ottie-ne come se fosse un bene come tutti glialtri e che anzi la felicità «la si compracon la sofferenza».

    Sempre con riferimento a questa no-ta, ma stavolta ai margini della stessa pa-gina, come se fosse una spiegazione cheegli ritiene necessaria, egli scrive con lasua grafia minuta e nervosa: «Tale è lalegge del nostro pianeta, ma questa co-scienza spontanea, percettibile attraver-so il processo della vita, è una gioia cosìgrande che può essere pagata con annidi sofferenza».

    Tramite questa glossa è possibile ap-prendere che per Dostoevskij il fatto chela felicità passi attraverso il soffrire è una

    legge universale e il suo raggiungimen-to, a prezzo del dolore, rappresenta unagioia tale che, quando se ne prende co-scienza, si è disposti a mettere sull’a l t ropiatto della bilancia anche «anni di sof-ferenza». Poco più avanti nella stessapagina di appunti lo scrittore puntualiz-za ancora meglio questo sui pensiero, in-fatti annota: «L’uomo non nasce per lafelicità. L’uomo si guadagna la sua feli-cità e sempre con la sofferenza» (ibidem 7,155). Ciò che in questo modo vuole met-tere in evidenza Dostoevskij è la relazio-ne tra felicità e dolore. Questo nesso èmesso molto bene tratteggiato in unalettera alla nipote Sof'ja AleksandrovnaIvanova (cui è dedicato il romanzo L’i-diota) dell’agosto del 1870, nella qualeDostoevskij dà alla donna questa istru-zione: «Senza la sofferenza non capiraineanche la felicità. L’ideale passa attra-verso la sofferenza come l’oro attraversoil fuoco. Il regno dei cieli si ottiene conlo sforzo». In tal senso non si tratta tantodi «un tentativo di sacralizzare il dolo-re» (Vassena), quanto piuttosto dell’in-tenzione di rendere un’immagine dellafelicità a cui sono sempre sottesi l’imp e-gno, il lavoro, la fatica, il cui riferimentospirituale è assai prossimo all'esempioevangelico della «porta stretta» (Ma t t e o7, 13), quando dice chiaramente che «ilregno dei cieli si ottiene con lo sforzo».

    Per Dostoevskij dunque la felicitànon arriva mai gratuitamente, oppurecasualmente — non è mai una fortuna —ma essa è sempre da costruire, da fare:c’è da soffrire per essa. Nel Diario di unos c r i t t o re , proprio per sottolineare questoelemento dinamico, fattivo che la inner-va, scrive con chiarezza che «la felicitànon consiste in se stessa ma nel suo otte-nimento», cioè nell'impegno, nella ricer-ca dell'uomo per superare le avversità,per migliorarsi e migliorare il mondo incui gli è toccato vivere.

    E sarà ancora lo s t a re c Zosima a sotto-lineare il fatto che nella prova l’uomo faesperienza del positivo di se stesso,quando, rivolgendosi ad Aleša, il minoredei tre fratelli Karamazov, lo invita a«cercare nel dolore cerca la felicità».Perciò, animato da queste certezze Fe-dor Dostoevskij, può rivolgere al fratelloMichail, in una lettera indirizzatagli po-co prima di partire per la Siberia nel di-cembre del 1849, queste intense parole:«Essere uomo tra gli uomini e restarlosempre, in nessuna sventura avvilirsi operdersi d’animo — ecco in che consistela vita, ecco il suo compito».

    Questa l’idea di felicità che il grandescrittore russo propone come esempio,come «l’ideale», che per Dostoevskijrappresenta il modello a cui tendere eche egli assimila a Cristo, perché, comescrive nel Diario di uno scrittore, «non c’èfelicità più grande della fede».

    Lo scrittore russo criticala cultura« c o m m e rc i a l e »della soddisfazioneaffermandoche la monetacon cui la si paganon è quelladelle banconote

    Marc Chagall«La passeggiata»(1917-1918)

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 14 novembre 2020 pagina 9

    Il potere della parola nell’ultimo libro di Luigi Maria Epicoco

    La lucein fondo

    La figura del beato Duns Scoto nella giornata accademica all’Antonianum

    Pienamente umanisolo rivolti a Dio

    In Germania una serie web su vocazioni e seminario

    Sentire la chiamata

    di FRANCESCO COSENTINO

    Non sempre usiamo le parole in modopreciso. Pensiamo siano solo funzionalia “nominare le cose” e, talvolta, le uti-lizziamo accostandole alla rinfusa e co-stringendole a essere lo specchio degliumori caotici che ci portiamo dentro.Eppure, la parola ha il potere di libera-re la vita che ci abita, di evocare le im-magini con cui interpretiamo noi stessie il mondo, di proiettare scenari e indi-care orizzonti che ci superano. Con leparole leggiamo la vita o la neghiamo,facciamo emergere il nostro io dal buioin cui si è ricacciato o lo mortifichiamo,salviamo gli altri oppure li uccidiamo.

    Ci sono momenti nella vita in cui“mancano le parole”. Non sappiamocome declinare l’amore ma, ancor più,non sappiamo come parlare di queipassaggi traumatici che, per l’appunto,ci lasciano a b