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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 15-16 dicembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 289 (48.613) martedì 15 dicembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +z!#!$!=!. LA BUONA NOTIZIA Il Vangelo della IV domenica di Avvento (Luca 1, 26-38) Arrendiamoci all’Amore Un’arte dimenticata di ANDREA MONDA L a Chiesa è un popolo che cammina lungo le strade degli uomi- ni annunciando loro il Vangelo di Gesù “nell’attesa della sua venuta” come la li- turgia invita a proclamare nel rito della messa. Questa attesa diventa ancora più intensa nel periodo dell’Avvento cioè ap- punto della venuta nel mondo del Verbo di Dio fatto carne. Ci sembra giusto allora dare spazio a questa attesa e quin- di il lettore troverà nel giorna- le di oggi un “Primo Piano” dedicato a questo tema così centrale nel mondo biblico e così inattuale nella nostra contemporaneità. La Bibbia vede al centro un popolo che vive di attesa, che dipana l’in- tera sua vicenda muovendosi tra due poli: l’elezione (la promessa) originale e la festa (il banchetto) finale. L’O cci- dente figlio della modernità sembra invece aver perso il contatto con il senso dell’atte- sa e muoversi in un’altra dire- zione: l’uomo moderno è l’uo- mo della ricerca. Quest’uomo è artefice della sua fortuna e avverte l’attesa come un’iner- zia, una insopportabile passi- vità; ha dimenticato la lezione biblica per cui è Dio che si è messo alla ricerca dell’uomo (“Adamo, dove sei?”) e a lui è rimasto il compito opposto dell’attesa, di quella “tensio- ne”, del resto “attesa” viene da ad-tesa, che si trasforma in “attenzione”, che nasce dal- l’atteggiamento della vigilan- za e conduce all’esperienza dello “stupore che solo cono- sce” come ricordava san Gre- gorio di Nissa. Lo dice bene Dietrich Bonhoeffer nel brano che si può leggere nel “Primo Piano”: «Festeggiare l’Avven- to significa saper attendere: attendere è un’arte che il no- stro tempo impaziente ha di- menticato. Chi non conosce la beatitudine acerba dell’atten- dere, cioè il mancare di qual- cosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione in- tera dell’adempimento. Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della vita, della sua vita e nell’attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rive- la, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui ri- splenderà la chiarezza». Un brano che ricorda molto da vicino alcuni temi cari al pen- siero di Papa Francesco, dal pensiero incompiuto all’im- portanza della domanda, e in- vita il lettore a prepararsi ad essere sorpreso perché, come intuisce il poeta argentino Borges nel racconto L’attesa, anch’esso citato nel “Primo Piano”: «Non c’è un giorno, neppure di carcere o d’ospe- dale, che non porti una sor- presa, che non sia, controluce, una rete di minime sorpre- se». di FRANCESCO PESCE L a vita in Cristo inizia e si svolge come puro dono di Grazia; è una vita spesso non facile, ma che sempre può es- sere felice perché non sale dalla terra ma viene dal cielo. Il Signore ci sorprende con il Suo Amore, come la mamma quando sve- glia il suo bambino e gli dice, svegliati che è giunta l’ora, sono venuta a chia- marti. È molto triste una vita cristiana che non sa più sorprendersi, che vive di abitudini, di precetti da compiere, una vita dove anche le cose di Dio so- no programmate e previste. Quando Dio irrompe nelle nostre vite spesso anche noi rimaniamo tur- bati e non comprendiamo. È un tur- bamento benedetto; in quel momento se la ragione diventa umile e chiede aiuto alla fede, si aprono orizzonti sconfinati. Se invece la ragione divie- ne superba, impazzisce e si turba co- me Erode e tutta Gerusalemme, ri- schiando di uccidere il bambino, la fe- de che vuole nascere dentro di noi. Maria rimane in silenzio. Quando preghiamo bene, sentiamo che è bene rimanere in silenzio. La Parola è Dio stesso che si dona a noi senza nulla chiedere in cambio. I doni non si meritano, non si com- prendono e soprattutto non si com- prano; i doni si accolgono e li sanno accogliere solo i poveri. I poveri sono quelli che hanno bi- sogno, e non ne provano vergogna. Hanno bisogno di ricominciare un cammino nuovo, di qualcuno che ten- da una mano e sveli il grande valore di ogni vita che non è un progetto da realizzare ma una vocazione da gode- re. Il mistero che Dio ha rivelato in Gesù, ribalta i nostri schemi e fa delle nostre vite una cosa grande; sarà gran- de il bambino che nascerà, e lo saremo anche noi ogni giorno della nostra vi- ta se avremo fatto onore alla nostra vocazione, arrendendoci all’Amore. Possiamo e dobbiamo sentire rivol- ta anche a noi la prima parola dell’An- gelo, la gioia. Come sarebbero miglio- ri e più evangeliche le nostre case, le nostre chiese se avessero sempre al centro questa gioia da annunciare, or- mai entrata nella storia dalla notte di Natale. Mentre ci avviciniamo al Natale, però, non teniamo lo sguardo basso, proviamo come Maria ad alzare gli occhi in alto, vediamo fin dove riu- sciamo a vedere, fino a contemplare il Padre che dona il Figlio, perché ognu- no di noi si possa rendere conto di es- sere figlio amato Alzando lo sguardo al Padre rico- noscendoci anche noi a volte tra i cro- cifissori del bambino che sta per na- scere; oggi però potremo sentirci cer- cati e amati dal Padre che ci viene in- contro, per donarci una via nuova. Una vita piena di Grazia, dove il peccato rompe ma non interrompe il rapporto con Dio. Nessun ostacolo, nessuna difficoltà, nessuna legge può fermare la Grazia. Una vita dove il Signore è sempre con noi e ci chiede di guardare l’espe- rienza di Elisabetta che era detta steri- le. Ecco un grande compito per il no- stro tempo. Saper vedere il bene che esiste e resiste, indicare agli uomini i segni dei tempi, il lievito nella pasta, i piccoli semi gettati nel campo, in una parola il vangelo che vive ogni giorno; dire parole buone e di speranza, dare qualche carezza, smetterla una volta per tutte di dire al mondo la sua steri- lità. Il mondo in parte ha smarrito Dio, ma non è contro Dio e senza ren- dersene pienamente conto, lo deside- ra. Noi dobbiamo facilitare l’incontro tra Dio e l’uomo, togliere ogni ostaco- lo, accompagnare il cammino verso il Signore che si lascia trovare. Eccomi, come hanno detto tutti co- loro che hanno ascoltato la voce di Dio; sono la serva del Signore. Sono disposto cioè non ad essere uno schia- vo o un servo di un padrone, ma vo- glio vivere la mia vita come collabora- tore di una grande gioia che sarà di tutto il popolo. Nessuno è escluso, nessuno è abbandonato. L’attesa «Adesso siamo in tempo di Avvento, un tempo tipicamente di attesa; di attesa per il Natale. Noi siamo in attesa. Questo si vede bene. Ma anche tutta la nostra vita è in attesa. E la preghiera è in attesa sempre, perché sappiamo che il Signore risponderà». (Papa Francesco, udienza generale del 9 dicembre) «PRIMO PIANO» NELLE PA G I N E 2 E 3 Sergio Massironi, Cristiano Governa e brani di Dietrich Bonhoeffer e Jorge Luis Borges

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  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 15-16 dicembre 2020)

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLX n. 289 (48.613) martedì 15 dicembre 2020Città del Vaticano

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

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    !.

    LA BUONA NOTIZIA • Il Vangelo della IV domenica di Avvento (Luca 1, 26-38)

    Arrendiamoci all’A m o re

    Un’artedimenticata

    di ANDREA MONDA

    La Chiesa è un popoloche cammina lungole strade degli uomi-ni annunciando loroil Vangelo di Gesù “nell’attesadella sua venuta” come la li-turgia invita a proclamare nelrito della messa. Questa attesadiventa ancora più intensa nelperiodo dell’Avvento cioè ap-punto della venuta nel mondodel Verbo di Dio fatto carne.Ci sembra giusto allora darespazio a questa attesa e quin-di il lettore troverà nel giorna-le di oggi un “Primo Piano”dedicato a questo tema cosìcentrale nel mondo biblico ecosì inattuale nella nostracontemporaneità. La Bibbiavede al centro un popolo chevive di attesa, che dipana l’in-tera sua vicenda muovendositra due poli: l’elezione (lapromessa) originale e la festa(il banchetto) finale. L’O cci-dente figlio della modernitàsembra invece aver perso ilcontatto con il senso dell’atte-sa e muoversi in un’altra dire-zione: l’uomo moderno è l’uo-mo della ricerca. Quest’uomoè artefice della sua fortuna eavverte l’attesa come un’iner-zia, una insopportabile passi-vità; ha dimenticato la lezionebiblica per cui è Dio che si èmesso alla ricerca dell’uomo(“Adamo, dove sei?”) e a lui èrimasto il compito oppostodell’attesa, di quella “tensio-ne”, del resto “attesa” vieneda ad-tesa, che si trasforma in“attenzione”, che nasce dal-l’atteggiamento della vigilan-za e conduce all’esp erienzadello “stupore che solo cono-sce” come ricordava san Gre-gorio di Nissa. Lo dice beneDietrich Bonhoeffer nel branoche si può leggere nel “PrimoPiano”: «Festeggiare l’Avven-to significa saper attendere:attendere è un’arte che il no-stro tempo impaziente ha di-menticato. Chi non conosce labeatitudine acerba dell’atten-dere, cioè il mancare di qual-cosa nella speranza, non potràmai gustare la benedizione in-tera dell’adempimento. Chinon conosce la necessità dilottare con le domande piùprofonde della vita, della suavita e nell’attesa non tieneaperti gli occhi con desideriofinché la verità non gli si rive-la, costui non può figurarsinulla della magnificenza diquesto momento in cui ri-splenderà la chiarezza». Unbrano che ricorda molto davicino alcuni temi cari al pen-siero di Papa Francesco, dalpensiero incompiuto all’im-portanza della domanda, e in-vita il lettore a prepararsi adessere sorpreso perché, comeintuisce il poeta argentinoBorges nel racconto L’attesa,anch’esso citato nel “PrimoPiano”: «Non c’è un giorno,neppure di carcere o d’osp e-dale, che non porti una sor-presa, che non sia, controluce,una rete di minime sorpre-se».

    di FRANCESCO PESCE

    La vita in Cristo inizia e sisvolge come puro dono diGrazia; è una vita spesso nonfacile, ma che sempre può es-sere felice perché non sale dalla terrama viene dal cielo.

    Il Signore ci sorprende con il SuoAmore, come la mamma quando sve-glia il suo bambino e gli dice, svegliatiche è giunta l’ora, sono venuta a chia-marti. È molto triste una vita cristianache non sa più sorprendersi, che vivedi abitudini, di precetti da compiere,una vita dove anche le cose di Dio so-no programmate e previste.

    Quando Dio irrompe nelle nostrevite spesso anche noi rimaniamo tur-bati e non comprendiamo. È un tur-bamento benedetto; in quel momentose la ragione diventa umile e chiedeaiuto alla fede, si aprono orizzontisconfinati. Se invece la ragione divie-ne superba, impazzisce e si turba co-me Erode e tutta Gerusalemme, ri-schiando di uccidere il bambino, la fe-

    de che vuole nascere dentro di noi.Maria rimane in silenzio. Quandopreghiamo bene, sentiamo che è benerimanere in silenzio. La Parola è Diostesso che si dona a noi senza nullachiedere in cambio.

    I doni non si meritano, non si com-prendono e soprattutto non si com-prano; i doni si accolgono e li sannoaccogliere solo i poveri.

    I poveri sono quelli che hanno bi-sogno, e non ne provano vergogna.Hanno bisogno di ricominciare uncammino nuovo, di qualcuno che ten-da una mano e sveli il grande valore diogni vita che non è un progetto darealizzare ma una vocazione da gode-re .

    Il mistero che Dio ha rivelato inGesù, ribalta i nostri schemi e fa dellenostre vite una cosa grande; sarà gran-de il bambino che nascerà, e lo saremoanche noi ogni giorno della nostra vi-ta se avremo fatto onore alla nostravocazione, arrendendoci all’A m o re .

    Possiamo e dobbiamo sentire rivol-ta anche a noi la prima parola dell’An-

    gelo, la gioia. Come sarebbero miglio-ri e più evangeliche le nostre case, lenostre chiese se avessero sempre alcentro questa gioia da annunciare, or-mai entrata nella storia dalla notte diNatale.

    Mentre ci avviciniamo al Natale,però, non teniamo lo sguardo basso,proviamo come Maria ad alzare gliocchi in alto, vediamo fin dove riu-sciamo a vedere, fino a contemplare ilPadre che dona il Figlio, perché ognu-no di noi si possa rendere conto di es-sere figlio amato

    Alzando lo sguardo al Padre rico-noscendoci anche noi a volte tra i cro-cifissori del bambino che sta per na-scere; oggi però potremo sentirci cer-cati e amati dal Padre che ci viene in-contro, per donarci una via nuova.

    Una vita piena di Grazia, dove ilpeccato rompe ma non interrompe ilrapporto con Dio. Nessun ostacolo,nessuna difficoltà, nessuna legge puòfermare la Grazia.

    Una vita dove il Signore è semprecon noi e ci chiede di guardare l’esp e-

    rienza di Elisabetta che era detta steri-le. Ecco un grande compito per il no-stro tempo. Saper vedere il bene cheesiste e resiste, indicare agli uomini isegni dei tempi, il lievito nella pasta, ipiccoli semi gettati nel campo, in unaparola il vangelo che vive ogni giorno;dire parole buone e di speranza, darequalche carezza, smetterla una voltaper tutte di dire al mondo la sua steri-lità. Il mondo in parte ha smarritoDio, ma non è contro Dio e senza ren-dersene pienamente conto, lo deside-ra.

    Noi dobbiamo facilitare l’i n c o n t rotra Dio e l’uomo, togliere ogni ostaco-lo, accompagnare il cammino verso ilSignore che si lascia trovare.

    Eccomi, come hanno detto tutti co-loro che hanno ascoltato la voce diDio; sono la serva del Signore. Sonodisposto cioè non ad essere uno schia-vo o un servo di un padrone, ma vo-glio vivere la mia vita come collabora-tore di una grande gioia che sarà ditutto il popolo. Nessuno è escluso,nessuno è abbandonato.

    L’attesa«Adesso siamo in tempo

    di Avvento, un tempotipicamente di attesa;

    di attesa per il Natale.Noi siamo in attesa.

    Questo si vede bene.Ma anche tutta la nostra vita

    è in attesa.E la preghiera è in attesasempre, perché sappiamo

    che il Signore risponderà».(Papa Francesco, udienza generale del 9 dicembre)

    «PRIMO PIANO» NELLE PA G I N E 2 E 3Sergio Massironi, Cristiano Governa

    e brani di Dietrich Bonhoeffer e Jorge Luis Borges

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 martedì 15 dicembre 2020

    Oggi in primo piano - L’attesa

    L’inizio del tempo

    Un’idea sobria di compimento

    Felice Casorati, «L’attesa» (1918-1919)

    L’Avvento e quel sì a Dio

    Quando la poesiatrasmette grandezza

    di SERGIO MASSIRONI

    No, avvento non significa attesa. L’equivo coin cui cadono i bambini, quando si dialogacon loro preparando il Natale, è però signifi-cativo. All’avvento, infatti, può — ci spingia-mo a dire “deve” — corrispondere un’attesa,ma questo non è automatico. Ci sono attesecui non corrisponde alcuna venuta e ci sonovenute assai poco attese. Non si tratta di gio-chi di parole, specie dall’interno dell’oscuri-tà in cui il mondo è avvolto. Collettivi, oltreche personali, sono i drammi e le tensioniche invocherebbero una venuta, unasvolta. L’arrivo di un vaccino, il ritor-no di una persona cara, un sistema sa-nitario accessibile ai poveri, il ritorno ascuola dei nostri ragazzi, la liberazio-ne da violenze domestiche e abusi diogni sorta, la guarigione: di questo edi molto altro c’è attesa. Di contatto fi-sico, di muoversi liberamente, di cam-biamento, di sposarsi, di un figlio, dinuove vie, di modelli alternativi di svi-luppo, di giustizia, della stessa morte.

    Può tuttavia spegnersi l’attesa ed èpiù comune e drammatico di quantosolitamente confessiamo. Accadequando vince la sensazione che nullaavverrà, che niente di decisivo arrive-rà, che cioè non esista avvento. La Bib-bia ospita questo sospetto, fa spazioalla disillusione: «L’uomo si affatica etribola per tutta una vita. Ma che cosaci guadagna? Passa una generazione e ne vie-ne un’altra, ma il mondo resta sempre lo stes-so. (…) Tutto ciò che è già avvenuto accadràancora; tutto ciò che è successo in passatosuccederà anche in futuro. Non c'è niente dinuovo sotto il sole» (Qoelet 1, 3-4.9). Moltibattezzati sembrano aver smesso di attende-re, quasi non avvertendone lo scandalo. Alcontrario, ostentano rassegnazione e cini-smo come forme legittime di resistenza,espressione di realismo e di un saper vivere.

    Nel «non c’è nulla da fare», se non da aggre-dire o difendersi, si manifesta l’affievolirsidella fede, la negazione dell’avvento. Traquesti battezzati siamo certo anche noi. Nonsempre, forse, ma il necessario per non pen-sar subito a qualcun altro. Che cosa ci è capi-tato? Sembra una malattia più diffusa tra iricchi che tra i poveri, una malinconia cheavvolge Chiese dalla grande storia e societàcostellate di testimonianze cristiane.

    Un aiuto a interpretare ci verrà ancora alungo dalle più lucide voci del secolo scorso,a conferma della coscienza biblica che i veri

    profeti si riconoscano solo ex post, quandola loro parola anticipatrice è confermata dal-la storia. Se ciò avviene — questo è decisivo —non è troppo tardi per ascoltarli. Al contra-rio, il loro carattere di precursori ne imponeora l’ascolto, non avendo più la loro voce al-cuna traccia di ambiguità, non potendo esserpiù tacciata di secondi fini. Dalla statura dichi ci ha preceduto in vicende che solo ora sidipanano dipende molto della possibilità diessere all’altezza del presente. C’è un avven-

    to che meriti attesa? L’anno liturgico può an-cora intervenire sulla vita, ridisegnarne i con-torni? C’è legame reale tra ciò in cui potrem-mo — e a volte non vogliamo — sperare e lacelebrazione del Natale?

    Il grande Karl Barth, ad esempio, colsecome problematico un modo diffuso di te-matizzare nella Chiesa il compimento. In unsermone del Natale 1930 indicava il proble-ma teologico dell’affievolirsi dell’attesa: «Iresponsabili della proclamazione cristianadel compimento, in buona parte dei casi,hanno parlato del compimento come se, con

    la comparsa di Cristo, lapromessa avesse cessato diesser promessa, come senon ci fossero più né tempo,né attesa. “La promessaadempiuta” è stato inteso:ciò che la promessa sempli-cemente prometteva, ore c’èe può venire posseduto egoduto dall’uomo o almenoda certi uomini, cioè dai cri-stiani». Barth vide qui losvuotarsi borghese del Na-tale, coincidente con il di-sinnescarsi della tensioneescatologica. Il punto, pe-rò, è la smentita storica — ol-tre che teologica — di un si-mile approccio: «Controquel modo più recente diintendere il concetto di

    compimento lotta una concezione onestadella realtà delle cose umane, come pureun’efficace conoscenza del contenuto origi-nale e proprio di questo concetto. Non è ve-ro, appunto, che la comparsa di Cristo siastata in qualche senso l’eliminazione dellapromessa e che abbia imposto la fermata allacorrente del tempo, in qualsiasi tempo e inqualsivoglia essere umano. Affermare che,con la comparsa di Cristo, il regno di Dio siainiziato e che abbia proprio nella Chiesa o

    nella cristianità la sua piena sussistenza pre-sente è un’esaltata fantasticheria retrospetti-va. La storia del mondo, sia prima sia dopoCristo, fu una storia oscura, in cui non c’èneanche un momento nel quale l’uomo ab-bia trovato realmente una patria».

    Sono affermazioni che non possono nonprovocarci a verificare se lo iato tra fede e vitae il silenzioso esodo — prima mentale, poi fi-sico — di tanti fedeli, non siano esito di un’u-briacatura, come ogni ebbrezza finita in ma-lessere e disillusione. Esito di una storia au-tointerpretatasi e autopropostasi come glo-riosa, nel muscolare confronto con potenzemondane cui resistere come con le stesse ar-mi e forze proprie. Il Novecento è la fine diogni pretesa societas perfecta, di ogni escatolo-gia realizzata: possiamo stupirci oggi delladisillusione, se siamo tanto lenti a spogliarcidelle vesti di gloria? Il re è nudo. «Della fon-dazione di un’isola di beati in mezzo al flus-so del tempo, di un modo di comprendere lacomparsa del Cristo diverso da quello esca-tologico, non si trovano tracce nel NuovoTestamento, ma se ne troveranno moltissimedel fatto che coloro cui dobbiamo questa te-stimonianza normativa sul Cristo abbianoavuto consapevolezza d’essere solidali con lefigure dell’Antico Testamento, da Abramo aDavide, fino ai profeti, dunque con gli ini-ziatori della promessa che si vuol pretenderesup erata».

    Alla speranza della Chiesa antica, caratte-rizzata per Barth «da un concetto sobrio dicompimento», Romano Guardini, neglistessi drammatici anni della vicenda euro-pea, già coglieva una diffusa obiezione.«Ognuno di noi deve sperimentare l’attesa,ognuno l’arrivo, perché gliene nasca salvez-za. Quando udiamo così tale notizia, forse civiene il pensiero: quel che è importante nellavita devo essere io a trovarlo! Deve scaturiredal mio stesso impegnarmi e lottare. Così an-che la salvezza deve essere necessariamentecosa della mia serietà e del mio sforzo. Che

    Ci sono attese cui non corrisponde alcuna venutae ci sono venute assai poco atteseNon si tratta di giochi di parole, specie dall’internodell’oscurità in cui il mondo è avvoltoOltre che personali, sono collettivi i drammiche invocherebbero una venuta, una svoltaL’arrivo di un vaccino, il ritorno di una persona cara,un sistema sanitario accessibile ai poveri,la liberazione da violenze e abusi di ogni sortail ritorno a scuola dei ragazzi, la guarigione

    D all’immagine tesavigilo l’istantecon imminenza di attesa —e non aspetto nessuno:nell’ombra accesaspio il campanelloche impercettibile spandeun polline di suono —e non aspetto nessuno:fra quattro murastupefatte di spaziopiù che un desertonon aspetto nessuno.Ma deve venire,verrà, se resistoa sbocciare non visto,verrà d’i m p ro v v i s o ,quando meno l’avverto.Verrà quasi perdonodi quanto fa morire,verrà a farmi certodel suo e mio tesoro,verrà come ristorodelle mie e sue pene,verrà, forse già vieneil suo bisbiglio.

    (Dall’immagine tesa, ClementeReb ora)

    di CRISTIANO GOVERNA

    C adere nell’errore dicommentare le poesieè un rischio sempre inagguato. Faccio vo-lentieri due passi fuori dall’uffi-cio oggetti smarriti, per unirmiagli amici che, nella stanza ac-canto ragioneranno di avvento eattesa. Davvero è un oggettosmarrito la poesia di ClementeRebora dal titolo Dall’immaginetesa? Verrebbe da sperare di no.Intanto vi chiedo di leggerla e dilasciarle fare il suo lavoro. Chenon è poco.

    Fin da quando sedevamo suibanchi di scuola infatti si è fattoil possibile per farci odiare ciòche avevamo davanti. Le poesieper esempio. Il bello è che la“colpa” non era di nessuno.Non era di noi bambini chesfuggivamo per “mestiere d’in-fanzia” a ogni cosa insegnataperché sperimentare era più ur-gente di apprendere. Non lo eraspesso nemmeno degli inse-gnanti, onestamente indaffaratinell’introdurci a qualcosa di

    grande in un tempo nel quale,di grandezza, ancora non ave-vamo sete o non sapevamo rico-noscerla.

    Trasmettere la grandezza è ilmestiere più difficile, fatica Ge-sù Cristo a inchiodarci in testa ildono dell’esser qua, su questaTerra. Perché non dovrebbe fa-ticare un comune essere uma-no? Sono rimaste così le poesie,sole quanto noi e chi ce le inse-gnava. Anche loro, come tuttinoi, in attesa. Un avvento in-consapevole conosciuto in cal-zoni corti.

    Quello che sta accadendo alpianeta rende questo Natale di-verso dagli altri. Lo si dice ogniNatale, lo si è detto così tantevolte per motivi così futili cheadesso che è vero fatichiamo adammetterlo. E se non ci girassi-mo intorno? La morte. Attornoa noi la morte sta prendendositantissime di persone. Questo èil motivo per il quale questoNatale è diverso, questo è il mo-tivo per il quale al suo argomen-to, quello della morte, manca ilnostro. Cosa risponderle?

    La risposta è già in atto, inciascuno di noi. La pena cheproviamo per gli altri, per ildramma degli sconosciuti, è lalancetta che indica il limite divelocità della morte, il puntooltre il quale i suoi argomentinon reggono. Vuol farci crederedi esistere e usa la carta più forteche ha: “sei solo” dice. Non c’ènessuno a raccogliere la penatua e di chi ami, niente vi salve-rà. Natale è la confutazioneperfetta di questa ipotesi. Lapiù bella perché trasforma l’ap-parente inerzia dell’attesa inuna corsa invisibile, tutta pernoi. Lo sentiamo arrivare quelqualcuno che vince la morte(con imminenza di attesa diceRebora). Quando senti qualco-sa prima di averla davanti, lastai toccando con una parte dite che è più affidabile delle ditadi san Tommaso, che infila leproprie convinzioni nelle feritegiuste, quelle che nascono aper-te per restare aperte.

    La ferita è la vita che reclamiper chi ami. Una vita che vincala morte ogni giorno, non soloquando essa reclama biologica-mente il malloppo. Oltre allamorte che abbiamo davanti, ne-gli ospedali e ovunque essa reci-da un’esistenza ce n’è un’altra,più subdola. La morte nelle ca-se, quella del vedere chi amia-mo sfinito dai nostri limiti, dal-le nostre incapacità o magari

    lontani da ciò che volevano fareper vivere. Quante case si svuo-tano, quante coppie rinuncia-no, quanti bambini non nasco-no? Questa è l’altra morte. Letue mani sceme e senza forzanon riescono a contenere e a da-re direzione al tuo amore perchi hai davanti, perché la vitaha mareggiate che anneganoquando ormai credi di aver rag-giunto la “secca”. “Si tocca?”chiede un bambino nello spin-gersi al largo. “Si tocca?” do-mandano gli innamorati per fi-darsi di chi hanno davanti. Sitocca per sempre, dice il Natale.Il bambino si fida, e inizia anuotare arrivando dove in real-tà non si tocca più. Lo fa perché

    sa che dietro di lui un padre vi-gila, più forte del mare. Più cal-mo della calma del mare.

    Le coppie, le famiglie e tuttigli altri esseri umani, crescendo,continuano a domandarsi se sitocchi, ma ad avere meno forzadi accettare l’attesa di quella ri-sposta. Benché sia un sì. So-prattutto non hanno la forza divedere quanta vita, quanti gestiabbiamo attorno a noi durantequella che sembra un’attesa.L’avvento non è un’attesa iner-te bensì il predisporsi, nella sel-va dei dubbi, dei dolori e delleingiustizie, non solo a trovare inquel “sì” ma soprattutto la forzadi raggiungerlo. Di attenderlo,che non vuol dire sedersi, ma

    Clemente Rebora

  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 15 dicembre 2020 pagina 3

    Oggi in primo piano - L’attesa

    La beatitudine acerbadell’a t t e n d e re

    La casa vuotadel signor Villari

    Pubblichiamo uno stralcio dal libro «Voglio viverequesti giorni con voi» a cura di Manfred Weber(Queriniana, 2007).

    di DIETRICH BONHOEFFER

    F esteggiare l’Avvento significa sa-per attendere: attendere è un’arteche il nostro tempo impaziente hadimenticato. Esso vuole staccare ilfrutto maturo non appena germoglia; magli occhi ingordi vengono soltanto illusi,perché un frutto apparentemente così pre-zioso è dentro ancora verde, e mani prive dirispetto gettano via senza gratitudine ciòche li ha delusi.

    Chi non conosce la beatitudine acerbadell’attendere, cioè il mancare di qualcosanella speranza, non potrà mai gustare labenedizione intera dell’adempimento.Chi non conosce la necessità di lottarecon le domande più profonde della vita,della sua vita e nell’attesa non tiene apertigli occhi con desiderio finché la veritànon gli si rivela, costui non può figurarsinulla della magnificenza di questo mo-mento in cui risplenderà la chiarezza; echi vuole ambire all’amicizia e all’a m o redi altro, senza attendere che la sua animasi apra all’altra fino ad averne accesso, acostui rimarrà eternamente nascosta la

    profonda benedizione di una vita che sisvolge tra due anime. Nel mondo dobbia-mo attendere le cose più grandi, più pro-fonde, più delicate, e questo non avvienein modo tempestoso, ma secondo la leggedivina della germinazione, della crescita edello sviluppo.

    Comprendete l’ora della tempesta edel naufragio, è l’ora della inaudita pros-simità di Dio, non della sua lontananza.Là dove tutte le altre sicurezze si infran-gono e crollano e tutti i puntelli che reg-gevano la nostra esistenza sono rovinatiuno dopo altro, là dove abbiamo dovutoimparare a rinunciare, proprio là si realiz-za questa prossimità di Dio, perché Diosta per intervenire, vuol essere per noi so-stegno e certezza. Egli distrugge, lasciache abbia luogo il naufragio, nel destino enella colpa; ma in ogni naufragio ci ribut-ta su di Lui. Questo ci vuole mostrare:quando tu lasci andare tutto, quando per-di e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco,allora sei libero per Dio e totalmente sicu-ro in Lui.

    Che solo ci sia dato di comprenderecon retto discernimento le tempeste dellatribolazione e della tentazione, le tempe-ste d’alto mare della nostra vita! In esseDio è vicino, non lontano, il nostro Dio èin croce.

    Pubblichiamo uno stralcio da «L’attesa» (Laespera – 1950) di Jorge Luis Borges, trattodalla raccolta di racconti «L’Al e p h » .

    di JORGE LUIS BORGES

    L a vettura lo lasciò al numeroquattromilaquattro di quellavia del nordovest. Non eranoancora le nove della mattina;l’uomo notò approvando i platani ma-culati, il quadrato di terra ai piedi diciascuno di essi, le decorose case conbalconcino, la vicina farmacia, le scrit-te scolorite dei negozi di colori e corni-ci e di ferramenta. Un lungo e ciecomuro d’ospedale chiudeva la strada difronte; il sole riverberava, più lontano,in una serra. L’uomo pensò che quellecose (allora arbitrarie e casuali e in unordine qualunque, come quelle che sivedono nei sogni) sarebbero divenutecol tempo, se a Dio fosse piaciuto, in-variabili, necessarie e familiari. Sullaporta a vetri della farmacia si leggeva agrandi lettere: Breslauer; gli ebrei sta-vano prendendo il posto degli italiani,i quali avevano preso il posto dei natinel paese. Meglio così; preferiva nontrattare con gente del suo sangue.

    L’autista l’aiutò a calare il baule;una donna dall’aria distratta o stancaapri la porta. Dal sedile, l’autista gli re-stituì una delle monete, un ventinouruguayano che gli era rimasto in tascada quella notte nell’albergo di Melo.

    L’uomo gli dette quaranta centesimie subito pensò: «Ho l’obbligo d’a g i rein modo che tutti mi dimentichino. Hocommesso due errori: ho dato una mo-neta d’un altro paese, ho fatto vedereche lo sbaglio m’importa». Precedutodalla donna, attraversò l’ingresso e ilprimo cortile. La stanza che gli aveva-no riservata dava, fortunatamente, sulsecondo. Il letto era di ferro, che l’arte-fice aveva deformato in curve fantasti-che, in figure di rami e di pampini; c’e-ra inoltre un alto armadio di pino, untavolino, una scansia con libri al livellodel suolo, due sedie spaiate e un lava-

    bo col catino, la brocca, la saponiera eun bottiglione di vetro opaco. Unamappa della provincia di Buenos Airese un crocifisso adornavano le pareti; lacarta era paonazza, con grandi pavonia coda spiegata che si ripetevano. L’u-nica porta dava sul cortile. Bisognò va-riare la collocazione delle sedie per fa-re entrare il baule.

    L’inquilino approvò tutto; quandola donna gli chiese come si chiamasse,disse Villari, non come una sfida segre-ta, né per mitigare un’umiliazione chein realtà non sentiva, ma perché quelnome l’ossessionava, perché gli fu im-possibile pensare a un altro. Non lo se-dusse, certamente, l’immaginazioneletteraria che assumere il nome del ne-mico potesse essere un’astuzia.

    Il signor Villari, al principio, non la-sciava la casa; passate alcune settimaneprese ad uscire per un poco, all’annot-tare. Qualche sera entrò nel cinemato-grafo che si trovava tre isolati più avan-ti. Restò sempre nell’ultima fila, e s’al-zava un po’ prima della fine dello spet-tacolo. Vide tragiche storie della mala-vita, che racchiudevano errori, ma an-che immagini che erano appartenutealla sua vita anteriore; ma Villari nonse ne accorse, perché l’idea d’una coin-cidenza tra l’arte e la realtà gli eraestranea. Docilmente cercava di far sìche le cose gli piacessero; voleva preve-nire l’intenzione con cui gliele mostra-vano. A differenza di coloro che hannoletto romanzi, non si vedeva mai comepersonaggio artistico. Non gli giunsemai una lettera né un foglietto pubbli-citario, ma leggeva con imprecisa spe-ranza una delle sezioni del giornale. Lasera, accostava alla porta una delle se-die e sorbiva con gravità il male, gli oc-chi sulla pianta rampicante del murodella casa di fronte. Anni di solitudinegli avevano insegnato che i giorni, nel-la memoria, tendono a uguagliarsi, mache non c’è un giorno, neppure di car-cere o d’ospedale, che non porti unasorpresa, che non sia, controluce, unarete di minime sorprese.

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    oFelice Casorati, «L’attesa» (1918-1919)

    aprire gli occhi ai suoni, le orecchieai gesti. Scompigliare i sensi.

    «Nell’ombra accesa spio il cam-panello» dice Rebora. La debolez-za dell’ombra è la sensibilità alla lu-ce, essa — la luce — nasce per il buio.E chi di noi ha notizie dal campa-nello attraverso gli occhi? Dio è ilsuono che i nostri occhi possonov e d e re .

    Il suo è un suono comune e uni-co allo stesso tempo, a lui capitanole sventure nostre. Perde un figliosulla croce. Così come noi perdia-mo chi amiamo. Eppure, nel contodella morte, qualcosa non torna.Natale è quel qualcosa che non tor-na. Per quello che ci dice e per ilmodo in cui lo fa. Natale non parladel futuro ma di ieri e da ieri arrivafino a stasera. E da lì a domattina.Dice che per una volta nella vita, inmare comanda un bambino e unpadre manda suo figlio a dirci chesi tocca.

    E che si tocca già adesso mentrecrediamo che non succeda nulla escambiamo l’attesa con l’inerzia.Che non solo i morti ma anche i vi-vi non moriranno ed il loro limiteumano avrà ciò che in vita nonsempre riesce a raggiungere; unperdono che vale per sempre.Qualcuno che ti vede mentre aspet-ti. E resisti, a sbocciare non visto.

    … verrà, se resistoa sbocciare non visto…(…)… verrà quasi perdonodi quanto fa morire…

    significato deve avervi l’attendere Uno cheviene da altrove?». Quasi un secolo dopo,sembra non esserci pedagogia che non parliquesto linguaggio, caricando ciascuno delproprio destino. Vorrebbe funzionare comeincentivo all’assunzione di responsabilità,alla fiducia nel proprio talento, ma la corsaalla riuscita, che le diseguaglianze rendonolotta per la sopravvivenza, si fa principio didiscriminazione e di inimicizia, guerra fra ipoveri, sconforto nei giovani. Guardini sma-scherò l’illusione, cogliendone l’aspetto diverità solo parziale e descrivendo una strut-tura della realtà dove l’impegno è semprecorrispondenza a ciò che dalla vita viene anoi: «Molte cose, importanti, decisive, pog-giano su combinazioni e incontri che non hodisposti io stesso, che non ho potuto faremergere con l’energia mia propria. Sono ve-nuti, mi si sono offerti. Anche la nostra sal-vezza poggia su una venuta. Gli umani nonhanno potuto escogitare né produrre da séColui che la opera; Egli è venuto presso diloro dal mistero della libertà divina». Per

    Guardini tale legge dell’incontro apre lo spa-zio dell’intimità, quello più propriamenteumano, che non esiste senza reciproco av-vento e quindi senza attesa.

    Dietrich Bonhoeffer, nelle lettere dal car-cere rilanciò e approfondì tutto questo conuna metafora potente: «Attendere è un’arteche il nostro tempo impaziente ha dimenti-cato. Esso vuol staccare il frutto maturo nonappena germoglia, ma gli occhi ingordi ven-gono soltanto illusi, perché un frutto appa-rentemente così prezioso è dentro ancoraverde e mani prive di rispetto gettano viasenza gratitudine ciò che li ha delusi. (…)Nel mondo dobbiamo attendere le cose piùgrandi, più profonde, più delicate, e questonon avviene in modo tempestoso, ma secon-do la legge divina della germinazione, dellacrescita e dello sviluppo».

    È il segreto di un martire, che solo in que-st’orizzonte escatologico può esporre la pro-pria vita alla morte, come si pone un semenella terra. E con Bonhoeffer cogliamo chequi si tratta — oggi si direbbe — di qualità del-la vita, non di astratte verità: «Chi non cono-sce la necessità di lottare con le domande piùprofonde della vita, della sua vita, e nell’atte-sa non tiene aperti gli occhi con desideriofinché la verità non gli si riveli, costui nonpuò figurarsi nulla della magnificenza diquel momento in cui risplenderà la chiarezzae chi vuole ambire all’amicizia e all’amore diun altro, senza attendere che la sua anima siapra all’altra fino ad averne accesso, a costuirimarrà eternamente nascosta la profondabenedizione della vita che si svolge tra dueanime».

    Si chiama “p erdizione” un mondo senzaattesa. Ci siamo passati, forse lo sperimentia-mo ancora, ma ci è possibile combattere letenebre e attendere il Salvatore. Un ascoltoonesto della contemporaneità e delle sue vo-ci profetiche non può non chiedere allaChiesa una maggiore sobrietà, che rappre-senti il contrario di una rinuncia: il ritrova-mento, piuttosto, del suo orientamento ori-ginario e strutturale al futuro di Dio. Fratellitutti: più che mai ci è dato di avvertire le con-nessioni di ognuno con l’intero, l’apparte-nenza reciproca di Chiesa e umanità, il gridocomune di chi non ha smesso di attendere el’inferno di chi non spera più. «Questo è ilsenso per noi dell’Antico Testamento, in for-za del quale esso è una cosa sola con il Nuo-vo. Ciò che distingue quest’ultimo dall’Anti-co è la comparsa del Cristo, cioè il compiersi,il chiarirsi, il perfezionarsi e perciò anche l’a-dempiersi della promessa. (…) Nella fede inCristo come “promessa adempiuta” non co-mincia l’eternità, ma, per chiunque obbedi-sca a questa fede, inizia il tempo, infinita-mente prezioso in ogni suo minuto, perchéin ogni minuto viene presa una decisione invista dell’ultimo futuro. (…) Non vi è nessuncompimento più serio e più genuino del no-stro tempo che quando noi lasceremo che laforza della vita futura, al di là di ogni tempo,sia la forza della vita terrena, nel tempo».Potrebbe predicare oggi Karl Barth. E noiaverne un sussulto.

    Clemente Rebora

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    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 martedì 15 dicembre 2020

    Non si fermano i combattimenti

    Nessuna via d’uscitaper lo Yemen

    Per fronteggiare l’aumento dei contagi di covid-19

    Londra richiude

    DAL MOND O

    Brexit: possibile il no dealma si continua a trattare

    Il no deal come esito dei negoziati con l’Ue sul dopo Bre-xit resta «possibile», ma la decisione di ieri del premierbritannico Boris Johnson e del presidente della Commis-sione Ue Ursula von der Leyen di proseguire la trattativasenza nuove date di scadenza significa che «si spera in unaccordo. «Ovviamente un no deal è possibile», ha afferma-to un portavoce di Downing Street; «ma è chiaro che stia-mo continuando a lavorare e che «speriamo di raggiungereun accordo di libero scambio» con Bruxelles.

    Turchia: gli Usa impongono sanzionidopo l’acquisto di sistemi missilistici russi

    Gli Stati Uniti hanno annunciato l’imposizione di sanzionicontro la Turchia dopo l’acquisto del sistema di difesa mis-silistico S-400 dalla Russia. Lo ha reso noto il dipartimen-to di Stato. Ankara è entrata in possesso del sistema di di-fesa l’anno scorso, malgrado i ripetuti avvertimenti di Wa-shington sul rischio di sanzioni. Le sanzioni comprendonoil bando di tutte le licenze americane di esportazione neiconfronti dell’agenzia delle industrie di difesa turche (Sbb)e il divieto di visto per il suo capo, Ismail Demir. Ankara«condanna e respinge» le misure di Washington. Mosca,dal canto suo, ha definito le sanzioni «illegali».

    Lavrov in Bosnia ed Erzegovinaper i 25 anni dell’accordo di Dayton

    La Russia rispetta i principi fondamentali dell’accordo dipace di Dayton, che nel 1995 pose fine alla guerra in Bo-snia, «e ritiene che tutti debbano rispettarlo». Lo ha dettoil ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, in visita ierinel Paese balcanico, proprio nel giorno in cui ricorreva il25/mo anniversario dalla firma a Parigi di quell’a c c o rd oche sancì il nuovo assetto istituzionale della Bosnia ed Er-zegovina. «Tutti i problemi in Bosnia ed Erzegovina vannorisolti con un dialogo politico interno, senza ingerenzeesterne», ha detto Lavrov nel corso di una conferenzastampa.

    Macron: rispettodell’ambiente

    nellaCostituzione

    PARIGI, 15. Il presidente france-se, Emmanuel Macron, ha an-nunciato ieri la convocazione diun referendum sull'introduzionedella difesa dell’ambiente nellaCostituzione. Macron ha preci-sato che la riforma dovrà primaessere adottata dall’Assembleanazionale e dal Senato, e poi ver-rà sottoposta al voto popolare.«Sarà una riforma costituzionalein un solo articolo» ha detto ilpresidente. «Questo articolo do-vrà passare prima dall’Assem -blea nazionale e poi dal Senato ein seguito, nella stessa formula-zione, sarà fatto passare al refe-re n d u m » .

    Il referendum — secondoquanto riferisce la stampa — do -vrebbe «introdurre le nozioni dibiodiversità, ambiente, lottacontro il riscaldamento climati-co» nell’articolo 1 della Costitu-zione. Macron ha fatto questoannuncio nella ricorrezna deicinque anni dalla firma dell’ac -cordo di Parigi. L’opp osizioneha criticato immediatamente l’i-niziativa, parlando di semplice«colpo a sensazione». Macron —hanno detto fonti dell’opp osi-zione — «ha un bilancio negativoin campo ecologico».

    L’incontro dopo un appello affidato ai social

    Il soldato americanoe i tre bambini

    ritrovati dopo 76 anni

    COMUNE DI BOSCOREALE (NA)Bando di gara - CUP J15I17000010002

    - CIG 8519902D89È indetta procedura aperta per i lavori di effi-cientamento energetico del municipio del Co-mune di Boscoreale (NA). Importo: €1.608.073,76.Termine ricezione offerte: 11/01/2021 ore12:00. Documentazione su https://www.comune.boscoreale.na.it/ easmecomm.it.

    Il Caposettoregeom. Sergio de Prisco

    ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEAREDivisione Affari Contrattuali

    Estratto Esito di garaCIG: 8479127CF1 - Atto GE n. 12615/2020Oggetto: Fornitura di cristalli di molibdato di litio, Li2Mo04, arricchiti in Mo100, nell’ambito del progetto PRINT-2017FJZMC per la Sezione di Roma. Aggiudica-tario: JOINT STOCK COMPANY ISOTOPE (JSC Isotope) - 22, Pogodinskaya str. - 119435 Moscow Russia. Importo finale dell’appalto: € 252.104,00 di cui oneri per rischi da interferenze pari a zero, oltre IVA al 22%. Pubblicato sul sito internet: https://servizi-dac.infn.it/.

    IL DIRETTORE Ing. Dino Franciotti

    SANITASERVICE A.S.L. FG S.R.L.Esito di gara – Lotto 1: CIG [Z1E2F6ED07] – Lotto 2: CIG [Z932F6ED30] - Lotto 3: CIG [Z182F6ED5F]È stata aggiudicata procedura di selezione per titoli, suddivisa in tre lotti, per il conferimen-to di n.3 incarichi di Medico Competente della Sanitaservice ASL FG srl - Aggiudicatari: Lot-to 1: dott. Vito di Corcia - Lotto 2: dott. Mauro Galantino – Lotto 3: dott. Antonio Raffaele D’An-drea – Atti di gara su: www.sanitaservicefg.it

    Il R.U.P. Geom. Giuseppe Liscio

    AVVISO PUBBLICO PER FORNITURA

    DI N. 2 AUTOCARRI MTT 26,00 TON, DOTATI

    DI IMPIANTO SCARRABILE

    COSMO spa, Casale M. (AL) - Tel. 0142/451094 - Fax 0142/451149 - e-mail [email protected]; www.cosmocasale.it; Avviso per affidamento fornitura di due autocarri MTT 26,00 ton, dotati di impianto scarrabile per raccolta rifiuti, con adde-stramento del personale; Lot-to 1 CIG 8512885EEC (im-porto € 130.000 e ritiro di un veicolo aziendale il cui prez-zo minimo di vendita a base di gara è di € 11.000), Lotto 2 CIG 8512893589 (importo € 160.000); Data presentazio-ne buste tramite piattaforma telematica: 30/12/2020 ore 18:00; Documenti consultabili sul sito internet di Cosmo spa - sezione gare telematiche; Data trasmissione bando alla GUCE: 30/11/2020. Casale Monferrato 30/11/2020

    RUP Ing. Giovanni Maione

    SANA’A, 15. Non si fermano icombattimenti nello Yemen,dove una nuova ondata discontri a fuoco sta colpendo,in particolare, la zona a suddello strategico porto di Ho-deydah, sul Mar Rosso, unadelle aree più intense del con-flitto in corso ormai dal 2015.

    Lo ha denunciato l’o rg a n i z -zazione umanitaria Medicisenza frontiere (Msf), parlan-do di un pesante bilancio tracivili uccisi e feriti. L'ospedaletraumatologico di Msf a Mo-kha ha trattato nelle ultimesettimane 122 feriti di guerra,soprattutto donne e bambini.Nei giorni scorsi, a Taiz, ilcampo da calcio cittadino èstato colpito da una granata,che ha ucciso un allenatore esuo figlio, mentre due bambi-ni con meno di 10 anni sonorimasti gravemente feriti.

    A due anni dagli accordi dipace di Stoccolma, firmati il 13dicembre 2018, che avrebberodovuto alleviare la grave situa-zione in un Paese duramentecolpito dalla guerra, le soffe-renze della popolazione civilenon conoscono, quindi, sosta.

    Nonostante qualche timidoprogresso nel dialogo tra leparti in conflitto, ossia gli hu-thi e il Governo internazional-mente riconosciuto sostenutodalla coalizione a guida saudi-ta, è ancora molto lontana unasoluzione che porti alla pace.

    Una situazione drammatica dicui fa le spese per prima unapopolazione stremata da unconflitto che ha già causato ol-tre 100.000 vittime — di cui12.000 civili —, con le organiz-zazioni umanitarie che devonoaffrontare enormi difficoltàper portare aiuti.

    Dal porto di Hodeydah,bloccato da mesi, entravanomolte delle merci che arrivava-no nello Yemen via mare.

    Le organizzazioni umanita-rie hanno lanciato un appellourgente alla comunità interna-zionale per un immediato ces-sate il fuoco, che consenta disoccorrere la popolazione stre-mata da carestia, colera e, ora,dalla pandemia di covid-19,del tutto fuori controllo con lametà delle strutture sanitariedistrutte da quasi 6 anni disanguinoso conflitto.LONDRA, 15. È durato meno di

    due settimane l’alleggerimen-to delle misure contro la pan-demia di covid-19 a Londra.

    Il ministro britannico dellaSanità, Matt Hancock, ha in-fatti annunciato che da merco-ledì la capitale del Regno Uni-to ritornerà in quasi lockdown,per fare fronte all’aumento deicontagi. La stretta prevede chela metropoli passi dall’allertaarancione a quella rossa con

    una nuova chiusura di risto-ranti, pub, teatri e alcuni nego-zi. Il giro di vite, esteso sempreda mercoledì pure alla vicinacontea dell’Hertfordshire, re-sterà in vigore fino al 23 dicem-bre, quando in tutta la GranBretagna — Londra compresa— scatterà un alleggerimentodi 5 giorni delle restrizioni inoccasione del Natale.

    Intanto, spaventa tutto ilRegno, non solo la capitale, la

    scoperta di una variante delcovid-19, sulla quale sia l’O msche Hancock si sono affrettatia rassicurare che al momentonon ci sono prove che il coro-navirus si comporti in mododiverso, rendendo quindi inef-ficace il vaccino.

    Chiusura in vista delle feste,sulla scia della Germania, an-che nei Paesi Bassi, dove il pre-mier, Mark Rutte, ha annun-ciato un lockdown duro per al-meno cinque settimane, dopoaver constatato che le misurepiù soft non sono servite ad ar-ginare i contagi di covid-19.

    Stop a scuole, negozi nonessenziali, musei, teatri e par-rucchieri. Bar e ristoranti sonochiusi da metà ottobre e cosìresteranno. L’annuncio, in di-retta televisiva, ha scatenatoqualche protesta sotto il palaz-zo del Governo.

    Per un Paese che chiude unaltro, la Spagna, che guarda alfuturo. Madrid ha annunciatoche inizierà la somministrazio-ne del vaccino dal 4 o 5 gen-naio, cioè pochi giorni dopo ilvia libera dell’Agenzia euro-pea per i medicinali, atteso peril 29 dicembre.

    ROMA, 15. Autunno del 1944,l’Italia è divisa dalla Linea Go-tica. Due soldati statunitensiin azione sull’Appennino to-sco-emiliano entrano in unacasa. Da una grande cesta pro-vengono alcuni rumori, i mili-tari sono pronti a fare fuoco,ma vengono fermati da unadonna che urla: «Bambini!».Subito dopo dalla cesta esco-no tre piccoli, tre fratelli: duefemmine e un maschio. I sol-dati si sciolgono, si fanno unafoto con i bambini e danno lo-ro cioccolata. Una piccola tre-gua nell’inferno della guerra

    Ieri, lunedì, circa 76 annidopo, uno dei due soldati,Martin Adler, ha potuto in-contrare di nuovo — anche sesolo virtualmente — i tre bam-bini che aveva salvato e di cui

    aveva ancora una foto. Adler,oggi 96 anni, aveva lanciato unappello in rete per ritrovarli.Non conosceva i loro nomi enon sapeva nemmeno il nomedel paese in cui si trovava(Monterenzio). Ma col suo ap-pello social, che ha raccoltomigliaia di condivisioni e com-menti, è entrato in contatto an-che con Matteo Incerti, gior-nalista e scrittore reggiano, chelo ha aiutato.

    Le indagini sono state rapi-de. È stato Bruno Naldi, il piùanziano dei tre fratelli, a senti-re la notizia della ricerca: ricor-dava di soldati americani chepresero lui e i fratellini in brac-cio, donandogli anche dei dol-ci. E sua sorella Mafalda, inquella foto, si era riconosciutasubito.

  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 15 dicembre 2020 pagina I

    Qquattro pagineA P P R O F O N D I M E N T I D I C U L T U R A S O C I E T À S C I E N Z E E A R T ETradurre in concretezza

    un immaginario narrativoA colloquio con lo scenografo Giancarlo Basili

    Vis

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    vic

    ino

    di FRANCESCA ROMANADE’ ANGELIS

    Discreto, schivo, innamorato del suo la-voro di cui parla con semplicità, macon l’intensità di una passione rimastaintatta negli anni, Giancarlo Basili èun grande artista prima di essere ungrande scenografo, realista e visiona-rio allo stesso tempo. Un’arte dialo-gante la sua che ha bisogno di mente,di cuore, di mani e dalla forte compo-nente poetica, perché realizzare unascenografia vuol dire mettere insiemepaesaggi, architetture, arredi cioè in-ventare mondi dove far vivere unastoria. Un’arte raffinatissima quella diBasili cresciuta nello studio e nell’a-more per la tradizione pittorica italia-na e dove convivono in armonia crea-tività e concretezza.

    Generoso nel trasmettere ciò chesa ai più giovani, Basili è un maestroche al suo gruppo di artigiani sceno-grafi — pittori, falegnami, decorato-ri, muratori, stuccatori e così via —chiede di partecipare non solo dieseguire. La capacità di fare squa-dra, una visione totale dell’arte sce-nica, un grandissimo talento e unastraordinaria sensibilità artistica glihanno permesso di realizzare tantimondi interpretando con compiu-tezza i progetti di registi diversi, ipiù grandi nomi del teatro e del ci-nema italiano.

    Il primo ricordo della tua vita?È un rumore, quello che facevano i

    miei scarponcini. Quando iniziai afrequentare la prima media, dallacampagna della Val d’Aso dove vive-vo percorrevo la salita per arrivare allascuola che si trovava nel paese diMontefiore. Eravamo un gruppettoche veniva dalla campagna e i nostriscarponcini con le bullette, quei pic-coli chiodi a testa larga che protegge-vano le suole dall’usura, facevano ru-more. «Arrivano i contadini» era lafrase che ogni mattina accoglieva ilnostro arrivo. Ricordo che a quelleparole attraversavamo in fretta l’aulae prendevamo posto ai nostri banchi,in ultima fila. Quel rumore fu la sco-perta della disuguaglianza e dell’arro -ganza. C’era allora una rigida distin-zione sociale e non toccava solo noibambini. Ho negli occhi un’immagi -ne: la domenica mattina — io e mia so-rella Vera ancora molto piccoli — miopadre Patrizio e mia madre Nanninache sulla Vespa andavano alla messa.Quella delle 9.30 destinata ai campa-gnoli perché quella delle 11.30 era ri-servata ai paesani. Una distinzionenon detta, ma rigida e rispettata.

    Quel rumore era una sofferenza?Direi un piccolo, quotidiano di-

    spiacere, ma soprattutto mi risuona-va dentro come il segno di una di-stanza inconcepibile tra compagnidi scuola, destinati a condividerenon solo tante ore della giornata, magli anni dell’infanzia. Sofferenza no,perché potevano dire quello che vo-levano ma io credevo alle parole chemio padre serenamente mi ripetevae che nella mia vita avrebbero avutola sacralità di un imperativo morale:«Figlio, ricordati che siamo tuttiuguali». Sono cresciuto in questaconvinzione e nello spirito di acco-glienza, di solidarietà, di fratellanzache ne deriva. Oggi è una grandesofferenza, a cui mi ribello con tuttele mie forze, sentir parlare di razzi-smo, sopraffazioni, ingiustizie, diviolenza dell’uomo sull’uomo.

    Quanto sono stati importanti i tuoi genito-ri?

    Tanto. Il rumore delle suole chio-

    date, di cui ti parlavo prima, è forseil simbolo della durezza di vivere dichi lavorava la terra, ma anche dellagrande dignità e moralità con cui siaffrontava la vita. Ero bravo a scuolae, prima che finissero le medie, l’in -segnante di disegno parlò ai miei ge-nitori di «sensibilità artistica» e ag-giunse «vostro figlio deve continua-re a studiare», perché si era accortadella mia passione. «Chi starà dietroalla terra?» disse mio padre mentreeravamo seduti a tavola, ma la do-manda la rivolgeva più che altro a sé

    fermarmi troppo a pensare. Preso ildiploma dovetti lasciare il Convittoe l’alloggio più economico che tro-vai fu una stanza con l’uso di cucina.Ricordo che consumavo i pasti suun tavolino di formica poggiato almuro e in dotazione avevo un piattopiano, uno fondo, un bicchiere e unpaio di pentole. Appena uscito dal-l’Accademia il nostro insegnante diScenografia Enrico Manelli mi scel-se come assistente mentre PaoloBassi, direttore degli allestimentiscenici del Teatro Comunale, mi

    gli cittadini, quasi costruito attornoallo splendido trittico di Carlo Cri-velli, e accanto alla mia c’era unamostra dedicata ad Adolfo De Caro-lis che Cinzia teneva aperta. In atte-sa di visitatori era seduta in un cantoe lavorava all’uncinetto. Mi colpìquel gesto antico delle sue mani. Fuun amore ostacolato da suo padre:io ero artista e squattrinato, uno sba-gliato insomma. Per quattro anni civedemmo di nascosto, tornavo a ca-sa due fine settimana al mese. Quasiquarant’anni di matrimonio e due

    splendidi figli, Francescoe Giulia. Mio suocerocambiò idea su di me ed èstato una delle persone acui più ho voluto benenella vita.

    Nei tuoi dipinti c’è la stessa ma-gia di colori delle tue scenogra-fie: una tavolozza dove si affac-ciano toni forti, squillanti, madove prevalgono le tinte tenui,

    pastellate, rarefatte. Penso ai tuoi grigistruggenti, capaci come sono di creare quelleatmosfere polverose e malinconiche di una vi-ta quotidiana povera, difficile.

    Ho una regola, vado per sottra-zione. Non mi piace la ridondanzané marcare per far emergere la manodello scenografo. Amo l’essenzialitàe il rigore. Il mio è quasi un dialogocon i luoghi e con gli oggetti; ascoltoquello che hanno da dire e cerco ditradurre in concretezza un immagi-nario narrativo.

    La scenografia è una componente fondamen-tale del cinema che è una grande impresa digruppo, anche se questo aspetto viene messoin ombra dal “primato” del regista. OsservaGianni Canova, che nel 2001 ha curato unabella mostra a te dedicata, che si tratta diun’arte che vive su una contraddizione: men-tre l’architetto costruisce per far durare, loscenografo costruisce qualcosa che dureràappena il tempo di lasciare traccia su unapellicola.

    Sì, è vero, ma forse è proprio qui ilsuo fascino. Noi costruiamo mondi,diamo spazio alle emozioni e agli in-canti delle parole. Ma le storie sonoil racconto della vita e i libri hanno

    sempre un’ultima pagina.

    Come si scelgono nel cinema gli spazi di que-sto universo virtuale?

    In due modi; o si costruisconospazi o si utilizzano luoghi realiadattandoli alle necessità e al tempodella storia. In questo caso proce-diamo con i sopralluoghi, cioè si gi-ra l’Italia fino a che si trova quelloche si ha in mente. Ricordo le ricer-che per la piscina di Palombella rossadi Moretti — ne vedemmo e ne scar-tammo una cinquantina — o ancora iviaggi in macchina per trovare l’im -menso campo di grano di Io non hop a u ra di Salvatores. La cosa che amodi più è far rivivere gli spazi abban-donati per creare un mondo che nonesiste. È accaduto in molti miei lavo-ri, l’ultimo è il set de L’amica genialedove abbiamo costruito un quartieredella Napoli anni Cinquanta in unavecchia fabbrica dismessa.

    Usi spesso il verbo “r i c o rd a re ” e in modo ca-rezzevole, gentile. Quanto è importante per tela memoria?

    Non ho lavorato la terra come fa-ceva mio padre, ma la terra me la so-no sempre portata dentro, nel miomondo di affetti, di luoghi, di espe-rienze. Quando aprii il Laboratoriodecidemmo con mia moglie di ac-quistare una casa. Avevamo pochis-simi soldi e scegliemmo una casa di-roccata circondata però da una bellacampagna. I miei genitori rimaserocosì sconcertati che per la delusionequasi si misero a piangere. Loro vi-dero quello che era, una casa in rovi-na, noi vedevamo la casa dei nostrisogni, quella che con il tempo sareb-be diventata. Quando accendo ilfuoco penso a mia madre, quandomi occupo dell’orto penso a mio pa-dre. E la memoria è presente semprenel mio lavoro. Ti faccio un esem-pio: nel padiglione italiano dellaExpo di Shangai del 2010, nella saladedicata alla nostra eccellenzaagroalimentare, un olivo si alza ver-so un cielo rovesciato, fatto non diazzurro e di nuvole, ma di un grandecampo di grano e papaveri. E poi hocreato il festival Sinfonie di Cinema,che si svolge ogni anno nel mese diagosto con proiezioni di film, incon-tri, dibattiti per portare un po’ di ci-nema nella mia Montefiore.

    Hai un sogno, un progetto a cui tieni parti-colarmente?

    Sì e anche questo fa parte della me-moria. Torno più spesso che posso aMontefiore dove ho la fortuna di ave-re ancora mia madre. Sono legatissi-mo a questo che è uno dei tanti mera-vigliosi borghi marchigiani nati tra«lieti colli e spaziosi campi» come di-rebbe Leopardi. Vorrei ridare vita alvecchio cinema parrocchiale dove hotrascorso tanta parte dell’infanzia. Lesedie di legno, le noccioline e i brusco-lini, il fumo che riempiva la sala e gliocchi incollati allo schermo. Entrava-mo all’apertura e uscivamo a sera tardisenza stancarci di rivedere lo stessofilm. Il mio sogno è restituire ai bam-bini e ai ragazzi di oggi quella magia.

    Nato a Montefiore dell’Aso (Ascoli Piceno), dopo il diploma in Sce-nografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, Giancarlo Basili la-vora come aiuto scenografo presso il Teatro Comunale di Bolognacollaborando con Pier Luigi Pizzi e Luca Ronconi, e intanto si dedica

    a un’intensa attività pittorica. Nel 1979crea il Laboratorio di Scenografia e rea-lizza tra l’altro le scene per il ballettoMiss Jolie di Rudolph Nurejev. Nellostesso anno inizia la sua attività nel cine-ma lavorando con i più importanti regi-sti italiani tra i quali, Avati, Ferreri, Bel-locchio, Mazzacurati, Luchetti, Moretti,Salvatores, Amelio, Giordana, Kiarosta-mi, Diritti, Costanzo. Nel 2001 crea a

    Montefiore il festival Sinfonie di cinema di cui è direttore artistico.Nello stesso anno la Regione Marche gli dedica la grande mostra cu-rata da Gianni Canova Spazio e architettura nel cinema italiano. Ha proget-tato l’allestimento per il padiglione italiano all’Expo 2010 di Shangaie per il padiglione Zero all’Expo 2015 di Milano.

    portava in palcoscenico.Nascosto dietro le quinte,mentre osservavo ogni par-ticolare di quel meraviglio-so spazio scenico, comin-ciai a capire davvero il miolavoro. Furono anni di tan-to teatro, il cinema arrivòsolo più tardi. Nel 1979 in-sieme a un amico avevo

    aperto un laboratorio per la proget-tazione e la realizzazione di sceno-grafie in un capannone di mille me-tri quadri. Un giorno bussò alla por-ta Marco Ferreri. La mia vita profes-sionale nel cinema iniziò così.

    Intanto ti dedicavi anche a dipingere.«Quadro nel quadro» chiamavo i

    miei dipinti dove partivo sempre daun frammento di un’opera storicache amavo. E proprio una mostradelle mie opere che si tenne a Mon-tefiore fu l’occasione per conosceremia moglie. Eravamo nel Polo Mu-seale San Francesco, uno degli orgo-

    stesso. Allora c’era una grande rela-zione tra il mondo della scuola e lafamiglia e i miei seguirono l’indica -zione e mi iscrissero all’Istituto d’ar -te di Fermo. Poi a 17 anni mi trasferiia Bologna per studiare all’Accade -mia di Belle Arti. Non mi ero mai al-lontanato dal paese, non avevo maipreso un treno e alla stazione vidi imiei genitori per la prima voltapiangere. Ci sarebbe stata una se-conda volta, che poi ti racconterò.

    Come fu l’esperienza di Bologna e dell’Acca -demia?

    Ricordo che appena arrivato mi sistrinse il cuore. Lontano dalla miafamiglia, dalla mia casa, dal miopaese. Ad accogliermi una strutturache ospitava studenti, Villa Pallavi-cini, fondata da don Giulio Salmi,un sacerdote che durante la guerraera riuscito, a rischio della vita, a sal-vare molti prigionieri rastrellati daitedeschi e destinati ai campi di con-centramento. Quel senso iniziale dispaesamento passò non appena ini-ziai a frequentare i corsi all’Accade -mia, quel futuro che tanto avevo so-gnato. E poi mi ambientai subito:Bologna allora era allegra, ricca divita e di fervore politico, con tantasperimentazione artistica, una cittàottimamente amministrata dove erabello vivere.

    Furono difficili gli inizi?A ripensarci oggi ti rispondo sì,

    molto, ma l’entusiasmo e la voglia difare mi facevano andare avanti senza

    Arte e intelligenza artificiale in un volume a cura di Alice Barale

    Alle 5.29 del 16 luglio 1945

    PAOLO BENANTI ALLE PA G I N E II E III

    «Ore disperate. L’ultimo processo di Harper Lee» di Casey Cep

    Il reverendo, l’avvocato e la scrittrice

    ENRICA RIERA A PA G I N A III

    Un esempiodi «Quadro nel quadro»

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II martedì 15 dicembre 2020 martedì 15 dicembre 2020 pagina III

    Q Qquattro pagine quattro pagine

    Quanta creativitànel sentirsi diversiLe vite di Kipling e Margaret Wise Brown

    Alle 5.29 del 16 luglio 1945Inizia una nuova epoca per l’uomo e per il pianeta

    Il li

    bro Capire un Paese complesso e complicato come

    gli Stati Uniti non è affatto facile. Serve studiare,ascoltare, indagare... Oppure si può prendere inmano un piccolo libro e perdercisi dentro.Finora inedito in Italia, Otto uomini (Raccontiedizioni 2020, traduzione di EmanueleGiammarco) di Richard Wright offre — con la

    cura, la precisione e la profondità propriadell’ottima letteratura — un panorama preziososulla questione razziale. Otto racconti e ottouomini neri, molto diversi tra loro, che sannoperfettamente che «i neri perdono sempre»,uomini che hanno (quasi) finito perinteriorizzare quel «golfo fra me e loro».Giovani e adulti, disperati, fiduciosi, colpevoli einnocenti, con senno e privi di senno — perché ilrazzismo ha, tra i suoi effetti di lungo periodo,anche quello di minare irreparabilmente la salutecon forme gravissime di disagio mentale. Dopo

    sette voci, tasselli comunque indispensabili perfornire il quadro d’insieme, è però l’ottavo uomoa tirare le fila, per dir così, nell’ultimo racconto.Quello in cui è lo stesso Wright (1908-1960) aprendere la parola in pagine autobiografiche:«Cominciai a pormi delle domande».Domande su «la nostra America troppogiovane e troppo nuova, vigorosa perchésola, aggressiva perché spaventata, [che]insiste nel vedere il mondo in termini dibuono e cattivo, santo e dannato, alto ebasso, bianco e nero; la nostra America

    spaventata dai fatti, dalla storia, dai processi,dalle necessità. [Che] accoglie la scorciatoia percui si condanna chi non si riesce a comprendere,si emargina chi ha un aspetto diverso; e [che]ripulisce la propria coscienza ammantandosi di

    una giustizia che si è cucita addosso dasé». Soprattutto quel che Wright cerca difare è saltare il fossato («il golfo», lochiama lui) tra noi e loro. «Sto forsecondannando la mia terra natia? No;perché io, pure, condivido questi difetticaratteriali». (giulia galeotti)

    L’ottavo uomo

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    ledi SI LV I A GUSMANO

    Chi si nasconde dietro le storie amatedai bambini? Che infanzia hannoavuto scrittrici e scrittori che nutronola curiosità dei piccoli? Due libri re-centi rispondono a queste domande, presentan-do ai giovanissimi lettori le biografie di duescrittori molto amati — Rudyard Kipling e Mar-garet Wise Brown — che, come in tutte le fiabeche si rispettino, nonsempre ebbero vita faci-le.

    Certamente non fu fa-cile l’infanzia dell’a u t o redel Libro della Giungla. Na-to a Bombay nel 1865 dagenitori inglesi, Kiplingviene mandato da picco-lo in Inghilterra a studia-re, esperienza che lo segna per sempre, gene-rando in lui quel senso di abbandono e di ma-linconia che attraverserà molte delle sue opere.Nel 1882 torna finalmente in India. Divenutogiornalista, da inviato gira il mondo ed è du-

    rante il soggiorno americano che scrive i suoicapolavori. L’infanzia di Kipling è ora raccon-tata ai piccoli da Cinzia Ghigliano in Rudyard. Ilbambino con gli occhiali (Roma, Orecchio Acerbo2020, pagine 44, euro 16), bel libro sulla diffi-coltà di crescere. Rudyard, nome del lago da-vanti al quale i suoi genitori si giurano amoreeterno, cresce felice finché, come per tutti ibambini inglesi “di buona famiglia”, anche perlui e per la sorellina giunge il tempo dellostrappo: addio alla famiglia e al suo mondo dianimali esotici, profumi e magici colori indiani,è arrivato il momento dellascuola nella fredda e grigiaInghilterra. I bambini appro-dano in casa di una donna se-vera, e del suo poco simpaticofiglio: soprusi, castighi e di-vieti diventano la quotidiani-tà di Rudyard che trova nellalettura gli unici sprazzi di feli-cità.

    Solo il Natale concede bre-vi momenti spensierati a casadegli zii, ed è qui che qualcu-no — vedendolo davvero — siaccorge che Rudyard sta per-dendo la vista. Ritrovata lamadre e con un buon paio diocchiali, è di nuovo felice quel

    bambino che da adulto diventerà uno dei piùgrandi scrittori di tutti i tempi, e che nel 1907vincerà il Nobel per la letteratura, il premiatopiù giovane di sempre con i suoi 41 anni. È unlibro sulla difficoltà di crescere che invita a nonavere paura di sentirsi diversi, unici, Rudyard. Ilbambino con gli occhiali, in una storia di grande tri-stezza, ma contemporaneamente di grandec re a t i v i t à .

    Tutti elementi che caratterizzano anche la vi-ta di Margaret WiseBrown, notissima inarea anglosassone, au-trice di oltre cento libri,alcuni dei quali recen-temente tradotti in ita-liano, come Buonanotteluna (Nord-Sud, 2017),La cosa più importante(Orecchio Acerbo,

    2018) e Dove scappi, coniglietto? (Milano, Harper-Collins, 2020, pagine 32, euro 12).

    Accompagnato dalle illustrazioni di SarahJacoby, in La cosa più importante di Margaret WiseBrown (Milano, HarperCollins 2020, tradu-zione di Beatrice Masini) Mac Barnett raccon-ta la biografia della scrittrice americana (1910-1952). È una biografia di 42 pagine — come glianni di vita della Wise Brown — genialmentenarrata con una prosa che ricorda molto quelladella stessa scrittrice, tra andamenti ripetuti edomande dirette al lettore che, al tempo stesso,interrompono e danno ritmo alla narrazione.Nata in una famiglia benestante di Brooklyn,Wise Brown — la cui cosa importante è l’aver«scritto dei libri» — si accosta alla scrittura perbambini durante gli anni di insegnamento allaBank Street Experimental School di NewYork. Non avrà subito fortuna con le sue storie:era strana, veniva percepita come una personaeccentrica, difficile; e strani suonano da princi-pio i suoi libri («c’è gente a cui non piacciono lestorie strane, soprattutto nei libri per bambi-ni») che nessuno vuole pubblicare. In realtàWise Brown è una donna travolgente con unagrande capacità di vedere i dettagli, di ascoltaree di parlare ai piccoli, come le sue storie chiara-mente dimostrano. Sono “libri importanti” isuoi, racconta Mac Barnett «e li scriveva per ibambini perché secondo lei i bambini si merita-no libri importanti».

    Ne è un esempio Dove scappi, coniglietto? (Har-perCollins 2020, traduzione di Beatrice Masi-ni), storia di un coniglietto che continua a scap-pare dalla sua mamma. Ma la mamma lo ritro-va ogni volta perché se il suo cucciolo è fanta-sioso lei lo è ancora di più: se il piccolo si tra-sforma in uccello per dileguarsi, lei diventa l’al-bero su cui riposarsi; quando lui assume le sem-

    bianze di una barchetta a ve-la, lei è il vento. Una storia ca-pace di rassicurare il bambinosenza però bloccargli la fan-tasia. Pubblicato per la primavolta nel 1942, il libro aveva lestesse illustrazioni, firmateHurd (1908-1988), che oggiaccompagnano il testo. Lau-reato a Yale, negli anni TrentaHurd studiò pittura con Lé-ger a Parigi, dove sviluppò ilsuo stile caratterizzato dall’u-so di tinte piatte e vibranti.Dalla sua collaborazione conMargaret Wise Brown sononati alcuni dei libri per bam-bini più longevi di sempre.

    Che infanzia hanno avutoscrittrici e scrittoriche nutrono la curiosità dei piccoli?

    Particolari tratti da «Rudyard. Il bambino con gliocchiali» (sopra) e «La cosa più importante» (sotto)

    di PAOLO BENANTI

    Con un sottotitolo molto provocatorio«Be My Gan» che crea un implicitogioco di parole con Be My Baby la ce-lebre canzone delle Ronettes, si aprel’opera di Alice Barale sull’incontro traarte e intelligenza artificiale (Arte e intel-ligenza artificiale, Milano, Jaca Book,2020, pagine 270, euro 50). Proviamo aguardare all’interessante testo lascian-doci guidare dal testo e dalle note diBe My Baby.La sera che ci siamo incontrati ho capito che

    avevo / tanto bisogno di te

    A fine 2018 il gruppo Obvisus havenduto in un’asta da Christie’s un’o-pera d’arte realizzata grazie all’a s s i s t e n-za dell’intelligenza artificiale. Le rea-zioni furono grandi e diverse: sorpresa,costernazione, allarme o sdegno. Assie-me a una grande disinformazione sullastampa. Quanto successo ha rivelatoquanto sia difficile comunicare e tra-smettere il ruolo e la funzione dell’i n-telligenza artificiale per il pubblico eper il mondo dell’arte.

    Il testo riproduce e analizza un di-battito sfaccettato e di enorme interes-se sulla validità della creatività dellamacchina, sull’identità del vero artistae sulla qualità dei risultati estetici. Fi-losofi, informatici, storici dell’arte stu-diosi e artisti si confrontano con do-mande di fondo: cos’è la creatività? El’arte? Qual è l’artefice e chi è lo spet-tatore? Le macchine possono esserecreative o la creatività è solo una carat-teristica umana? Il processo generativodi un sistema di intelligenza artificialepuò essere qualificato come creativo eoriginale? Come giudichiamo le opered’arte realizzate con la mediazione del-l’Ai? Possiamo chiamare estetici gli al-

    goritmi che discriminano fra milioni di«opere»? Queste e altre domande po-polano i dieci saggi che compongonoil volume.

    E se avessi avuto l’opportunità non ti avreimai lasciato / andare via

    La questione di fondo che emergedal testo è che non basta l’uomo o lasola intelligenza artificiale per com-prendere cosa accade quando uomo emacchina si affiancano nel processo ar-tistico. Emerge una nuova radicale ca-tegoria: l’esperienza sintetica che è fi-glia della cultura pop e che ora ne tra-sforma le coordinate.

    Il fenomeno pop non segue una di-rettiva di propagazione che va dalle

    élite culturali fino al grande pubblicoma diventa rilevante e significativoperché conquista le masse, i consuma-tori che di questi artefatti si nutrono econ cui simbolicamente esprimono tut-ti i contenuti spirituali della culturastessa. Nella società post-bellica, lacultura pop passa dalle nostre tasche:vive e si realizza in ciò che acquistia-mo, consumiamo e rendiamo “c e l e b re ”facendolo diventare ambito alle masse

    stesse.La cultura pop abbandona, se

    così si può dire, le aule e i circoliaccademici e diviene commercia-le. Lo stesso fenomeno culturaleè un’industria — libri, cinema,musica e videogiochi — che siqualifica e interpreta secondo «lalegge hegeliana della quantitàche diventa qualità» come para-dossalmente annota e intuisceAntonio Gramsci nei suoi Q u a d e r-ni del carcere.

    Come accade in ogni processo cultu-rale, è difficile indicare dei momentiprecisi in cui tali processi iniziano eprendono il via. Tuttavia, visto il lega-me indiscusso con i nuovi artefatti chesostengono e accompagnano questanuova stagione culturale, possiamo az-zardare l’indicazione di un momento

    Sono tante le domandeche popolano i dieci saggiraccolti nel libroa cura di Alice Baraleedito da Jaca Book

    Un viaggiodi grande fascinoper il viandante contemporaneoche si interroga sul sensodi quanto vive

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II martedì 15 dicembre 2020 martedì 15 dicembre 2020 pagina III

    Q Qquattro pagine quattro pagine«Ore disperate. L’ultimo processo di Harper Lee» di Casey Cep

    Il reverendo, l’avvo catoe la scrittrice

    Alle 5.29 del 16 luglio 1945Inizia una nuova epoca per l’uomo e per il pianeta

    Un dibattito sfaccettatoe di enorme interessesulla validitàdella creativitàdella macchinasull’identitàdel vero artistae sulla qualitàdei risultati

    «Lotus du Matin - Butterflowerscollection», Obvious, 2018

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    La pandemia ha posto restrizioni dolorose achi già vive recluso: da mesi, nel carcereromano di Rebibbia, i colloqui fra detenuti efamiliari sono quasi interrotti, sostituiti dallevideochiamate. Anche il teatro delpenitenziario è inaccessibile da marzo;eppure vive, nonostante tutto. Nei mesi piùdifficili dell’isolamento è stata attivata la

    didattica a distanza. Poi sono tornati registi eoperatori per ascoltare le voci e catturare leimmagini di un momento drammatico, ancheper quel mondo parallelo che è il carcere. Daanni Laura Andreini Salerno e Fabio Cavallicoordinano le prove teatrali dal grandepalcoscenico di Rebibbia, che dal 2003 haaccolto decine di migliaia di spettatoriproponendo Shakespeare e Cechov, Brecht eTolstoj. Un lavoro che nel 2016 è sbarcato sulweb, «quando le dirette live streaming — silegge nel comunicato stampa di Maya

    Amenduni — sembravano un bizzarroesperimento: mostrare l’invisibile di unpalcoscenico nascosto». Oggi che,purtroppo, la voce dei teatranti è soffocatadalla paura del contagio, in molti siorganizzano con le nuove tecnologie, comeponte verso il teatro “vissuto” fra scena eplatea. I laboratori d’arte teatrale a Rebibbianon si fermano: se il pubblico ancora nonpuò tornare ad affollare l’Auditorium delcarcere, si mostrano all’esterno con due livesu Facebook, il 16 e il 18 dicembre alle 17. I

    detenuti-attori di Rebibbia, protagonisti ditante avventure teatrali e cinematografiche (sipensi a Cesare deve morire, dei fratelli Taviani,Orso d’Oro al Festival di Berlino qualcheanno fa), si presentano di nuovo al pubblico:il 16 dicembre è la volta della prova aperta diIcaro e altre Meraviglie. Il 18 dicembre idetenuti-attori dell’Alta sicurezzamostreranno il loro progetto su Dante, asette secoli dalla morte del poeta. (silvia guidi)

    Rebibbia in scena

    di ENRICA RIERA

    È sorprendente Ore disperate. L’ultimo pro-cesso di Harper Lee (Roma, minimum fax,2020, traduzione di Sara Bilotti, pagi-ne 393, euro 19) di Casey Cep, giornali-sta del «The New Yorker», con una laurea a Har-vard e un dottorato in teologia a Oxford. Lo èperché racconta la storia (vera) dello spietato re-verendo afroamericano Willie Maxwell, accusa-to di aver ucciso cinque membri della sua fami-glia per incassare i soldi delle polizze assicurati-ve. E, nel farlo, nel raccontarlo appunto, getta losguardo sui pregiudizi razziali dell’Alabama de-gli anni Settanta, insieme a certe forme di«primitivismo», come la fede nel sovranna-turale e nella giustizia privata: Maxwell, piùvolte processato non verrà mai incriminato,anzi, da presunto assassino, diventa vittima,quando, Robert Burns — esasperato, al paridi tutta la comunità di Alexander City, dalsusseguirsi di crimini e dalle voci sui riti vu-dù praticati dal reverendo — gli spara in fron-te davanti a trecento testimoni.

    La seconda ragione per cui Ore disperate èsorprendente riguarda proprio i colpi discena, dovuti al fatto che l’avvocato liberale pro diritti civili Tom Radney fa assolvere,da una giuria rigorosamente bianca, l’assas -sino del reverendo, pur avendo in prece-denza assunto la difesa dello stesso Maxwell.

    Infine, c’è un terzo motivo per cui non sipuò fare a meno dell’opera di Cep, ed è il piùimportante: il libro non ricostruisce semplice-mente un caso di cronaca, ma porta a galla lavicenda processuale e criminale che la scrittricepremio Pulitzer Harper Lee aveva scoperto esu cui, a circa vent’anni da Il buio oltre la siepe(1960), stava, invano, progettando di scrivere.Ore disperate rivela, dunque, tutto il lavoro in-compiuto di Lee,che, rintanatasi inun assordante si-lenzio, avrebbevoluto dar vita alsuo personale ro-manzo di non fic-tion, a un’op eradi true crime, dopol’aiuto prestatoall’amico d’infan -zia Truman Ca-pote nella ricercadel materiale peril romanzo-veritàA sangue freddo(1965).

    Sono tre, inparticolare, le sezioni in cui il recente volumeviene suddiviso (non a caso: «Il reverendo»,«L’avvocato» e «La scrittrice»); tre parti cheben dialogano tra loro e che mostrano quantoCep sia brava nel mettere insieme molteplicifonti ufficiali, documenti, interviste e articoli,dando vita a un’opera prima a cui va il titolo dibestseller da parte del «New York Times».

    Tuttavia, a tale perfezione stilistica fa dacontraltare l’imperfezione del mondo narrato:ci sono le già citate storture della società, attra-versata da radicate discriminazioni (c’era il KuKlux Klan e «l’Alabama aveva visto il martiriodi così tanta gente») e ci sono, soprattutto, itormenti di Harper Lee, la solitudine di unadonna di fronte al mondo e al foglio bianco.Nell’opera, quindi, affiancato all’inedita cro-naca, c’è l’umanissimo privato dell’autrice, ri-cordata per Atticus Finch, Scout e una storia«universale» sull’innocenza perduta. A dimo-strarlo, le avvincenti pagine in cui si passano inrassegna la vita di Lee, l’amicizia con Capote

    che, «verde d’invidia più di tutti gli alberi di pi-no dello Stato», per un certo tempo s’allonta -na, gli aneddoti sulle telefonate con GregoryPeck (interprete da Oscar della trasposizionecinematografica de Il buio oltre la siepe) e, ancora,i suoi ultimi anni, preceduti, nel 2015, dallapubblicazione di Va ’, metti una sentinella (primabozza del Buio) e dalla decisione di non portarea termine il libro da intitolare Il reverendo. Sceltadovuta, molto probabilmente, alle pressionisubite, alla paura di fallire e alla ricerca sfrenatadella perfezione.

    Ore disperate, oggi, diventa l’anello di con-giunzione tra Il buio oltre la siepe e A sangue freddo.

    Il motivo? Partendo dalla storia su cui Lee sta-va lavorando prima di accantonarla, si affron-tano gli stessi temi del Buio (razzismo, pregiu-dizi verso il diverso, idea personale di giusti-zia); mentre, come A sangue freddo, che narra l’o-micidio della famiglia Clutter per mano di duemalviventi nel Kansas del 1959, ha lo stile delro m a n z o - i n c h i e s t a .

    Poi, leggendo il volume di Cep, non solo leopere di Harper Lee e Truman Capote rivivo-

    no, ma rivivepure quel fuo-co sacro cheha accomuna-to i due autori,insieme al so-gno di diven-tare scrittori atutti i costi(Lee, a sei set-timane dallalaurea, lasciagiurispruden -za e il Sud perManhattan;Capote, che ilSud pure luiben presto ab-

    bandona, s’impiega come fattorino al «NewYorker», dove «camminava tra le stanze (…)portando matite e indossando un mantello: laprima volta che il caporedattore, Harold Ross,[lo] vide, chiese: «E questo chi è?». La risposta[…] fu: «Un cronista»). Ecco che Ore disperate,come si diceva, oltre a incentrarsi sui fatti a og-getto del libro mancato della scrittrice, restitui-sce, persino, la magia: il lettore, con Lee e Ca-pote, può entrare nella loro vecchia casa sull’al -bero, lì dove nacque «la gioia (…) di comincia-re a scrivere, di volerlo fare per sempre».

    In ultimo, sullo sfondo di Ore disperate, emer-ge tutta la vastità del profondo Sud americano.C’è la provincia, Monroeville, da cui Capote eLee provengono, dove quest’ultima trascorre lafine della sua vita ed è, non lontano da tutti isuoi personaggi, sepolta. Il Sud diventa prota-gonista, terreno d’ispirazione per la letteratura.Quella zona, per parafrasare Capote, piena dicontraddizioni, che nel resto del mondo «vienedefinita laggiù».

    Alla perfezione stilistica del librofa da contraltare l’imp erfezionedel mondo narrato:ci sono le storture della societàattraversata da radicate discriminazionie i tormenti di una donnadi fronte al mondo e al foglio bianco

    preciso in cui poter porre l’inizio dellanuova era.

    È stato alle 5.29 del 16 luglio 1945che è iniziata una nuova epoca perl’uomo e per il pianeta. Questa nuovastagione è così puntualmente identifi-cabile per la comparsa sulla terra diuna nuova forma di entità: la realtàsintetica. Si pensi al diamante sinteti-co, indistinguibile da un diamante verose non per due dettagli: possiede perlegge un numero seriale al proprio in-terno, inciso al laser e non visibile aocchio nudo, ed è privo di qualsiasiimp erfezione.

    Sorge un interrogativo inelu-dibile per la filosofia, per lescienze umane e per la teologia:ci stiamo avviando verso unarealtà in cui la distinzione tranaturale e artificiale è destinataa scomparire? Se è così, quali sa-ranno le conseguenze di questanuova comprensione della real-tà? E quali prospettive si apri-ranno?

    Il sintetico nasce all’incro ciodi diversi fenomeni: la chimicaindustriale, l’economia capitali-sta di fine Ottocento, gli interes-si bellici e di Stato che hannosegnato i conflitti del Novecentoe la cultura di massa. Ora, conle intelligenze artificiali, il sinte-tico ci provoca nel profondo del-la nostra percezione estetica.

    Oh, è sino dal giorno che ti vidi / cheti aspetto / sai che ti adorerò per

    l’eternità

    Dalle pagine dell’opera curatada Barale il lettore è guidato at-

    traverso un panorama ricchissimo cheattraversa tecnologia, filosofia, esteticae sensibilità artistica. Decisamente untesto importante e suggestivo per tutticoloro che si interrogano su come equanto l’intelligenza artificiale stiacambiando la nostra società e la per-cezione che come specie abbiamo dinoi stesso. Sfogliando le pagine sicompone un viaggio di grande fascinoper chi ama percorrere le strade dell’a r-te o per il viandante contemporaneoche si interroga sul senso di quanto vi-viamo.

    Particolare dalla copertina

    «Edmond de Belamy», Obvious 2018. Algoritmi GAN,stampa inkjet su tela, 70x70 cm

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina IV martedì 15 dicembre 2020

    CREDIAMO NEGLI STESSI VALORI

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  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 15 dicembre 2020 pagina 5

    ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEAREEstratto proroga bando di gara

    In riferimento al bando di gara atto G.E. n. 12483 del 24.07.2020 per la procedura aperta relativa alla fornitura di un sistema di calcolo scientifico per il potenziamento dei nodi di calcolo HTC/HPC e relativi servizi connessi, nell’ambito del Progetto di potenziamento dell’Infrastruttura di ricerca “DHTCS (ora IPCEI-HPCBDA)” dal titolo IBISCO, PIR01_00011, PON “Ricerca e Innovazione 2014-2020” Avviso D. D. n. 424 del 28.02.2018 per la concessione di finanziamenti finalizzati al potenziamento di infrastrutture di ricerca, in attuazione dell’Azione II.1, suddiviso in due Lotti. CIG Lotto 1: 83527771A3; CIG Lotto 2: 835282486A - CUP: I66C18000100006 (avviso pubblicato in G.U.U.E. n. 2020/S 212-515881 del 30.10.2020 e in Gazzetta Ufficiale Italiana - V Serie speciale “contratti pubblici” - n. 128 del 02.11.2020) si comunica il nuovo termine per la presentazione delle offerte: 23.12.2020 Ore: 12:00. Pubblicato sul sito internet: https://servizi-dac.infn.it/.

    IL DIRETTORE Ing. Dino Franciotti

    ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEAREDivisione Affari Contrattuali

    Estratto Esito di gara Atto GE n. 12420/2020CIG Lotto 1: 83464192D9 - CIG Lotto 2: 8346422552 - CUP: I66C18000100006

    Oggetto: Fornitura di n. 106 nodi di calcolo per applicazioni HTC e n. 38 nodi di applicazioni Cloud per la Sezione di Napoli, suddivisa in due lotti. Aggiudicatario Lotto 1 e 2: ITD SOLUTIONS S.p.A. - Via Galileo Galilei, 7 - 20124 Milano.Importo finale dell’appalto: Lotto 1: € 751.712,05 - Lotto 2: € 314.050,47. Oneri relativi a rischi da interferenze pari a zero. Importi esclusa IVA al 22%. Pubblicato sul sito internet: https://servizi-dac.infn.it/.

    IL DIRETTORE Ing. Dino Franciotti

    Arrivano anche le congratulazioni ufficiali del presidente russo Putin

    Il collegio elettorale degli Usaconferma la vittoria di Biden

    Ancora nessuna notizia degli studenti rapiti

    Boko Haram rivendical’attacco in Nigeria

    ABUJa, 15. Boko Haram harivendicato ieri il rapimentodi centinaia di studenti nige-riani durante l’attacco arma-to a una scuola secondaria diKankara, nello Stato di Kat-sina, nel nordovest della Ni-geria. Un numero imprecisa-to di ragazzi si trova da ve-nerdì scorso nelle mani delgruppo jihadista. Almeno333, degli 800 alunni dellascuola maschile, risultanoinoltre scomparsi dopo l’as-salto che li ha costretti a fug-gire nella boscaglia. Lo rife-riscono fonti locali.

    Inizialmente era stataavanzata anche l’ipotesi diun attacco da parte bandecriminali per chiedere riscat-ti. Nelle ultime ore, il gior-nale online The Daily Nige-rian ha scritto però di averricevuto un messaggio audio— la cui autenticità deve an-cora essere verificata in mo-do indipendente — dal lea-der di Boko Haram, Abuba-kar Shekau, che rivendica ilsequestro. «I nostri fratellisono dietro al rapimento aKatsina», ha annunciato illeader, responsabile anchedel sequestro di 276 ragazzedelle scuole superiori a Chi-bok nel 2014, che scatenòun’ondata di indignazioneglobale. Alcune non feceropiù ritorno alle loro case.«Quello che è accaduto aKatsina è stato fatto per sco-raggiare pratiche contrarieall’Islam dal momento chel’educazione occidentale nonè il genere di istruzione per-messa da Allah e dal suo

    profeta», riporta ancora ilgiornale, citando le parole diShekau.

    L’attacco avvenuto nelloStato di origine del presiden-te Muhammadu Buhari siinserisce nel quadro dellecrescenti critiche nei con-fronti del suo governo per lagestione della sicurezza. Ieriil portavoce della presiden-za, aveva fatto sapere di«contatti da parte dei rapito-ri» e di «colloqui in corsoper la sicurezza e il ritorno»degli studenti, senza peròfornire dettagli sui sequestra-tori.

    Nei giorni scorsi, il segre-tario generale dell’Onu, An-tónio Guterres, ha condan-nato fortemente l’attacco echiesto «il rilascio immediatoe incondizionato dei bambi-ni rapiti». Ha inoltre ribaditoche «gli attacchi alle scuole ead altre strutture educativecostituiscono una grave vio-lazione dei diritti umani».

    Ancora un massacro in ColombiaÈ l’ottantatreesimo compiuto nel 2020

    BO GOTÁ, 15. Un commando armato ha uccisoquattro uomini all’alba di domenica, duranteun’incursione avvenuta nel distretto di Cuturú, aun’ora e mezza dal comune di Caucasia, nel dipar-timento di Antioquia. Secondo il rapporto delleautorità, presenti nella zona, ci sarebbero anchecinque feriti, tra cui due donne, colpiti con armi dafuoco e con oggetti contundenti. Per la polizia, iresponsabili della sparatoria sarebbero membri delClan del Golfo, organizzazione paramilitare attivanel narcotraffico. Secondo la ricostruzione le vitti-me stavano chiacchierando intorno all’1.30 delmattino quando sono state attaccate da un gruppodi almeno 50 uomini, arrivati dal fiume Nechí, chehanno sparato indiscriminatamente.

    Secondo i dati forniti dall’Istituto di studi per losviluppo e la pace (Indepaz), si tratta dell’83° mas-sacro registrato nel 2020 per un totale di quasi 350vittime.

    WASHINGTON, 15. Ora è uffi-ciale: Joe Biden dal 20 gennaio2021 sarà il 46° presidente degliStati Uniti. Il collegio elettora-le del Paese ieri, senza sorpre-se, ha ratificato la vittoria delleader democratico alle elezio-ni presidenziali del 3 novembrescorso. Solitamente il responsodel collegio elettorale è semprestata una mera formalità, unpassaggio burocratico. In que-st’occasione però ha ricopertoun ruolo di conferma ufficialequasi insolito, a causa del fer-mo rifiuto da parte del rivale diBiden, il presidente uscente eleader repubblicano DonaldTrump, di ammettere la pro-pria sconfitta.

    Il responso del collegio elet-torale — dopo il verdetto dellaCorte Suprema di venerdìscorso che non ha accolto il ri-corso del Texas per invalidare irisultati elettorali negli statichiave che hanno dato la vitto-ria a Biden — è il colpo di gra-zia alle ultime speranze diTrump di rovesciare l’esito delvoto.

    I delegati del Collegio elet-torale, nelle loro riunioni inogni Stato, hanno confermatoquanto espresso alle urne damilioni di americani alle ele-zioni oltre quaranta giorni fa.E come previsto dagli analistiBiden ha totalizzato 306 voticontro i 232 ricevuti da Trump.Con il voto dei numerosi dele-gati della California, intornoalle 17.30 di ieri, il democraticoha superato di gran lunga lasoglia necessaria per arrivarealla Casa Bianca, fissata a 270voti dei Grandi elettori.

    Joe Biden, in serata dal De-laware, dopo che lo stato piùoccidentale del paese, le Ha-waii, aveva chiuso il voto delCollegio elettorale, è interve-nuto sulla conferma della suavittoria. L’ha definita «netta»,condannando così i tentativi diribaltare la volontà popolaredel presidente uscente. ATrump ha poi chiesto di rico-noscere la sconfitta. «Il rispet-to della volontà delle persone èuna parte essenziale della no-stra democrazia. Anche quan-do troviamo questi risultati dif-ficili da accettare. Ma questo èl'obbligo di coloro che hannogiurato di tutelare la Costitu-zione» ha dichiarato Biden

    sottolineando inoltre come, in-sieme alla vicepresidente elettaKamala Harris, «abbiamoguadagnato 306 voti», volen-do ricordare in questo modo diaver vinto con lo stesso margi-ne ottenuto nel 2016 da Do-nald Trump, che lo stesso defi-nì una «vittoria schiacciante».

    In seguito al voto del colle-gio elettorale sono arrivate lecongratulazioni ufficiali daMosca. In un telegrammapubblicato sul sito del Cremli-no il presidente Vladimir Pu-tin, dicendosi pronto da subitoa interagire con Biden, ha au-gurato al presidente eletto ogni

    successo, auspicando con fidu-cia che Russia e Stati Uniti,«che hanno una responsabilitàspeciale per la sicurezza e lastabilità globale», possano,«nonostante le loro differen-ze», aiutare realmente «a risol-vere molti problemi e sfide cheil mondo sta affrontando ora».

    Etiopia: il premier Abiyvisita Macallè

    ADDIS ABEBA, 15. Il primoministro dell’Etiopia, AbiyAhmed, ha visitato il capo-luogo del Tigray, Macallè,per la prima volta dall’iniziodell’offensiva militare lancia-ta il 4 novembre contro ilFronte di liberazione del po-polo del Tigray (Tplf), expartito di governo locale. Loha annunciato via Twitter ilpremier, che ha partecipatoalla prima riunione del nuo-vo Consiglio regionale, in-contrando i comandanti del-l’Endf (Forza di difesa nazio-nale etiope) e l’amministra-zione provvisoria del Tigray.

    In precedenza, il primoministro etiope ha avuto col-

    loqui con il premier del Su-dan, Paese che ha accolto 50mila etiopi fuggiti dalle vio-lenze. Sono state affrontatequestioni politiche, umanita-rie e di sicurezza di interessecomune. Abiy ha smentito lanotizia circolata su alcunimedia secondo cui il Sudansarebbe pronto a mediarenella crisi. Ha poi fatto sape-re che nella regione si stannoripristinando le telecomuni-cazioni e l’elettricità, e che ilgoverno federale continueràa perseguire la «cricca crimi-nale» del Tplf. Secondo Abiyè cominciata inoltre la forni-tura di aiuti umanitari allap op olazione.

    Si sospetta un attacco hacker

    Bloccati per ore tutti i servizi di GoogleWASHINGTON, 15. Un downmondiale di poche ore che hainteressato il gigantesco ecosi-stema Google, dalla postaGmail a YouTube, dalla di-dattica a distanza di Clas-sroom alle riunioni online diMeet, ma anche l’acquisto diapp dal Play Store, i videoga-me di Stadia e la casa smart diNest. Tutti servizi già moltoutilizzati, resi indispensabilida questi mesi di pandemia.«Un problema di autentica-zione, risolto», spiega la so-cietà. Il malfunzionamentosenza precedenti nella storiadi Google non si esclude pos-sa essere legato in qualchemodo agli attacchi hacker chehanno preso di mira alcunerealtà mondiali, come quello

    sferrato nelle ultime ore a di-verse agenzie federali Usa.

    I mafunzionamenti sonoiniziati in mattinata. Decinedi migliaia di persone hannodenunciato problemi da Eu-ropa, Stati Uniti, Canada,Australia, Sud Africa, India,America Centrale e del Sud.Agli utenti che provavano adentrare nelle diverse piattafor-me dell’azienda di MountainView, compariva un avviso dierrore. Diversi anche i post la-sciati dagli utenti su Twittercon l’hashtag #googledown.E messaggi goliardici sonocomparsi per qualche minutosui principali sistemi informa-tic