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1 MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURA FONDATORE e Direttore (1971-2012): sac. dott. Luigi Villa Direttore responsabile: dott. Franco Adessa Direzione - Redazione - Amministrazione: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà Via G. Galilei, 121 - 25123 Brescia - Tel. e Fax 030 3700003 www.chiesaviva.com Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990 Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com&Print srl (BS) contiene I. R. - e-mail: [email protected] «La Verità vi farà liberi» (Jo. 8, 32) Chiesa viva ANNO XLVII - N° 508 OTTOBRE 2017 Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia Abbonamento annuo: ordinario Euro 40, sostenitore Euro 65 - una copia Euro 3,5 - arretrata Euro 4 (inviare francobolli). Per l’estero: Euro 65 + sovrattassa postale Le richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà - 25123 Brescia - Via G. Galilei, 12 - C.C.P. n. 11193257 I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti Ogni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità

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MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURAFONDATORE e Direttore (1971-2012): sac. dott. Luigi VillaDirettore responsabile: dott. Franco AdessaDirezione - Redazione - Amministrazione:Operaie di Maria Immacolata e Editrice CiviltàVia G. Galilei, 121 - 25123 Brescia - Tel. e Fax 030 3700003www.chiesaviva.comAutor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com&Print srl (BS)contiene I. R. - e-mail: [email protected]

«La Verità vi farà liberi» (Jo. 8, 32)

Chiesaviva ANNO XLVII - N° 508OTTOBRE 2017

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Ogni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità

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«TRA BREVE TEMPO, IL PAESE NEL QUALE TU VIVI

CESSERÀ DI ESSERE UNA COLONIA E DIVENTERÀ UNA REPUBBLICA LIBERA.ALLORA, L’ECUADOR AVRÀ BISOGNO DI ANIME EROICHE PER AFFRONTARE LE TANTE CALAMITÀ PUBBLICHE

E PRIVATE...

NEL SECOLO XIX, VERRÀ UN VERO PRESIDENTE CRISTIANO,

UN UOMO DI CARATTERE CUI DIO NOSTRO SIGNOREDARÀ LA PALMA DEL MARTIRIO

SULLA PIAZZA ADIACENTE A QUESTO MIO CONVENTO.

EGLI CONSACRERÀ LA REPUBBLICA DELL’ECUADOR

AL SACRO CUORE DEL MIO SANTISSIMO FIGLIO E QUESTA CONSACRAZIONE

SOSTERRÀ LA RELIGIONE CATTOLICA

NEGLI ANNI CHE SEGUIRANNO; ANNI CHE SARANNO INFAUSTI

PER LA CHIESA».2 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

Una profeziaIl 16 gennaio 1599, Madre Mariana, badessa del Convento Reale dell’Immacola-ta Concezione di Quito, ricevette da Maria del Buon Successo questa profezia:

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Gabriel Garcia MorenoCapo di Stato, Statista cattolico,

– Assassinato dalla Massoneria –

A ttraverso episodi di vi-ta sociale, politica, re-ligiosa, si riscopre la

figura di questo grande Capo diStato, nato nel 1821, a Guaya-quil, e morto nel 1875, dopoaver combattuto una santa bat-taglia per l’elevazione morale emateriale del suo popolo, costi-tuendo un valido esempio peri politici di tutti i tempi chevogliono essere veri cattolici.Garcia Moreno ha impersonatoun ideale di vita, di virtù moralie sociali, in una Fede vissuta eproclamata, ispiratrice di corag-gio nel bene e di generosa dedi-zione nella carità cristiana, cheha tracciato un solco indelebi-le anche nella storia dellaChiesa!Garcia Moreno, purtroppo, non ebbe il tempo necessarioper consolidare la sua opera che più tardi verrà denomina-ta “la dottrina sociale della Chiesa”.Egli morirà, infatti, assassinato il 6 agosto 1875, quindiancora prima che uscisse l’enciclica “Rerum Novarum”di Leone XIII, nel 1891. Ciononostante, Garcia Moreno siandò preparando, durante il suo soggiorno a Parigi, nel1854, con la lettura dei 29 volumi de “L’Histoire univer-selle de l’Eglise catholique” dell’abate Rohrbacher, ap-passionandosi anche coi lavori dei dottrinari francesi legit-timisti che erano in relazione, da una parte, con la SantaSede, mediante Mons. Mermillod, e, dall’altra parte, con

Enrico V, conte di Chambord,in esilio.Questo significa che GarciaMoreno, nel suo paese, avrebbedovuto, come Carlo Magno,tutto conquistare, e, come SanLuigi, avrebbe dovuto tutto co-struire e consolidare sulla lineadi un ordine sociale cristiano.Ma durante i suoi studi univer-sitari, Garcia Moreno si reseconto che l’insegnamento deisuoi tempi tendeva, in generale,a separare dalla vita la Moraleevangelica. Ne fu imbevuto luistesso. Più tardi, infatti, ebbe asostenere un processo a favoredella Repubblica contro il ve-scovo di Quito. Fu un errore,ma che gli aprì gli occhi sull’e-sistenza e il contenuto del “Di-

ritto Ecclesiastico” e sulle usurpazioni palesi dello Statosulla Chiesa.E, questo gli fece comprendere che, se voleva rovesciarela dittatura, bisognava che assicurasse nel suo Paese lalibertà della Chiesa e che adottasse la sua dottrina.Garcia Moreno vi metterà tutto se stesso, tutta la sua ope-ra, incominciando subito a criticare i sistemi rivoluzionari,i princìpi che li animavano, i dittatori che ne erano il frut-to, le rivalità sanguinose che sconvolgevano il Paese, incontinua alternativa tra oppressione e anarchia, non esitan-do di attaccare, anche a pericolo della sua vita, le forze piùo meno occulte che seminavano l’errore.

del sac. dott. Luigi Villa

Il testo è tratto dal libro di P. Agostino Berthe C.SS.R., Garcia Moreno –vindice e martire del diritto cristiano, Alba, Roma, Pia Società San Paolo,

Catania, tradotto dal francese dal sac. E. Velasco e dal libro: García More-no – Catholic Leader of Latin America – di Francisco Salazar Alvarado.

Gabriel Garcia Moreno poco prima di essere assassinato (6 agosto 1875).

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Egli non accetterà mai alcun compromesso. Il suo lavorosarà sempre disinteressato, rifiutando ogni onore e ricom-pensa in qualsiasi occasione egli avesse operato per il benedella Patria. È con questo spirito di Fede e di amor di Pa-tria che Garcia Moreno lavorerà alla costruzione del suoPaese, creando le condizioni che gli permettevano di essereCapo di uno Stato cattolico.

Nel 1861, Garcia Moreno ha40 anni. Vince le elezioni, magli sconfitti della dittatura pre-cedente tentano di assassinar-lo, ma fallito il complotto, i de-linquenti ritornano nell’ombraper ricomparire, poi, solo im-pugnando l’arma dei vinti: ilpugnale!Egli iniziò con la riforma del-l’Istruzione pubblica, che af-fidò a dei Religiosi, al fine dipacificare gli animi e vivificarele nuove strutture. Poi, per va-nificare gli sforzi dei Religiosi“modernisti” egli si appellò alPapa, richiedendogli con fer-mezza una rigida riforma delClero.Imparò, così, che la ricerca del“Regno di Dio”, fondato sulleleggi evangeliche, non è unaquestione di “tecniche”, per-ché queste, da sole, non posso-no sbarrare la strada alla corru-zione, agli inganni, alle speseinaudite dello Stato, a frenarel’aumento della pressione fi-scale... e imparò anche che leopere governative devono es-sere fondate sulle leggi evan-geliche, se si vuole ottenere an-che quell’altra parte “materiale” di cui parla il Vangelo. Fu così che Garcia Moreno fece dell’Ecuador un paese in-vidiato per il suo prodigioso sviluppo agricolo e commer-ciale.E le sue idee di “modernità” verranno, poco dopo, codifi-cate nel “Syllabus”, mentre il “modernismo” verrà con-dannato, più tardi, da San Pio X. E questo perché se la“modernità” è un progresso permanente che ha bisognod’ordine per espandersi, il “modernismo”, al contrario,non è che una deviazione intellettuale che porta all’uto-pia, all’anarchia e al settarismo.Ecco perché ogni Stato che vuole essere cattolico, deve da-re il primo posto alla Chiesa fondata da Gesù Cristo, laquale, se pur tollerante verso le altre religioni, le tiene tut-tavia in margine, mentre, al contrario, i nemici di Cristocercano di equipararla alle altre religioni e, quindi, di-struggerla, come lo sta facendo, oggi, quel “nuovo ecu-menismo” massonico che ha aperto le porte ai falsi culti eha appoggiato le democrazie liberali.

Ecco perché i nemici di Garcia Moreno cercavano di osta-colare, in tutti i modi, quel suo promuover l’unità del Pae-se e quelle sue riforme cattoliche, impedendogli di eserci-tare quei poteri che gli avrebbero permesso di riforma-re soprattutto la Giustizia, interamente in mano allelogge massoniche. Ecco perché cercavano di indebolire lasua autorità e di incoraggiare i complotti contro di lui, di

emarginarlo e di offuscarnel’immagine, sia con calunniesia col silenzio stampa, finchésarebbero arrivati all’assas-sinio!Tuttavia, Garcia Moreno lotta-va, si difendeva, attaccava, la-vorava per un altro Stato con-tro-rivoluzionario, liberandolodai debiti e fondandolo sull’e-ducazione, sulla cultura e sullavoro. Così, le entrate dello Stato au-mentarono, fiorirono le scuoleinferiori e superiori, gli Istitutiscientifici, le opere ospedalieree di carità, a fianco delle gi-gantesche infrastrutture desti-nate a far decollare l’agricoltu-ra, l’industria e il commerciocome base sicura che prelude-va la costruzione di un solido efiorente Stato cattolico. Egli riformò, per ben due vol-te, la Costituzione e contribuìall’evangelizzazione del suopopolo, creando, soprattutto, lestrutture necessarie alla libertàdella Chiesa.Garcia Moreno sapeva di esse-re ucciso, per questo chiese alPapa la grazia necessaria... peril martirio!

Ma l’èra in cui viviamo oggi, è un’èra in cui la Chiesa diRoma ha abbassato la guardia di fronte ai suoi nemici;un’èra in cui le Logge massoniche trionfano all’internodella Chiesa stessa e in tutti gli Stati e le Moschee diMaometto si stanno moltiplicando sulle rovine dei templicristiani, sempre più deserti! Si voglia o no, oggi stiamo assistendo all’abominazionedella desolazione nei Luoghi Santi e nella società! E seDio non susciterà un nuovo Capo cristiano che sappiaorganizzare ancora una Crociata generale contro imoderni Saraceni, per liberare la Terra Santa, ossia leNazioni cristiane, noi potremo dire che stiamo vivendo lafine dei tempi!Ma noi non cessiamo di sperare, anche “contra spem”,nella venuta di quel nuovo Capo, un novello Gabriel Gar-cia Moreno, memori di quel profetico detto di Sant’Ago-stino: «Dio, che ci ha creati senza il nostro concorso,non ci salverà senza il nostro concorso!».

Vessillo presidenziale, simbolo del potere politico della Repubblica dell’Ecuador.

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I n un’epoca assai triste per la storia della Chiesa catto-lica, epoca nella quale regnavano lo scetticismo politi-co, il materialismo in fatto di morale, l’ateismo nel

campo filosofico e il liberalismo in quello religioso, in taletriste condizione sociale, alla divina Provvidenza piacquemostrare al mondo quella che può essere la direttiva di unGoverno veramente cristiano, saggio e prudente. A tale scopo, Essa scelse una piccola repubblica dell’A-merica meridionale, l’Ecuador, per porre a capo di questaun uomo di acuta intelligenza e di carattere adamanti-no, profondamente convinto delle supreme verità dellaFede cattolica e della necessità dell’accordo tra le isti-tuzioni politiche e civili con le leggi della Chiesa. E Dio, il quale volle che tutto questo accadesse non in unoStato monarchico, retto da antiche tradizioni legislative,bensì in una Repubblica, volle dimostrare, in tal modo, chenessuna forma di governo può essere incompatibile conil diritto cristiano! Fu così che Gabriel Garcia Morenodivenne presidente della Repubblica dell’Ecuador!A soli trent’anni di distanza da Simone Bolivar, senza al-cun riguardo per i tanto osannati “immortali” princìpidella Rivoluzione francese, Garcia Moreno, spazzati i

miserabili che ingrassavano da tempo a spese del “popolosovrano” dell’Ecuador, creò un Governo cattolico per trar-re la sua nazione dal caos in cui stava per spirare. Nel1862, a dispetto dei suoi nemici, “liberali” e “democrati-ci”, egli firmava un Concordato che restituiva alla Chiesala sua piena libertà; nel 1869 approvava una Costituzionedestinata a fare del suo popolo, in mezzo a intere Nazionisenza Dio, il vero popolo di Cristo, e, nel 1873, consacra-va la Repubblica dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù!In un paese povero e in rovina, egli trovò modo di realiz-zare, sotto il punto di vista materiale e intellettuale, prodi-gi tali che la più audace fantasia non avrebbe osato conce-pire. Naturalmente, i “democratici”, che egli aveva caccia-to dal Governo e gli stessi teorici della “libera Chiesa inlibero Stato” si scagliarono contro di lui con accanito fu-rore, ma egli li schiacciò ogni qualvolta allungavano i loroartigli per afferrare la loro preda. Alla fine, quando il popolo, riconoscente verso il suo be-nefattore, gli affidava, per la terza volta, il mandato dellaPresidenza della Repubblica, la sua morte fu decretatanel segreto delle logge massoniche e il suo assassinio fuportato a compimento da sicari prezzolati.

«NEL SECOLO XIX VERRÀ UN VERO PRESIDENTE CRISTIANO»

La Repubblica dell’Ecuador era nata dallo smembramento della Gran Colombia, la brillante ed effimera creatura di Simon Bolivar.

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ASSOLUTISMO E REGICIDIO

D imenticato Cristo e l’anti-co Diritto, che da Luiprende il nome, un gior-

no, i Prìncipi misero la corona aldi sopra della tiara e si proclama-rono esenti, quaggiù, da ogni con-trollo di natura divina. La Germania, la Svizzera, l’Inghil-terra, la Svezia, la Danimarca, sierano staccate dal Papa per fonda-re delle “chiese nazionali”, sottola giurisdizione del re, ridiventatol’imperator et pontifex dell’anti-co paganesimo. I capricci del monarca diventavanoleggi per lo Stato, secondo la for-mula del diritto assolutista: “Ciòche piace al re, è legge”! In nomedei diritti di Dio, i Pontefici prote-starono contro l’invasione di que-sto dispotismo, creduto morto persempre. Luigi XIV, rispondendo aqueste proteste, nei famosi quattroarticoli del 1682, dichiarò: «I Papi non possono vantare alcun potere, né diretto néindiretto, sul potere temporale dei re»! Era la confiscadell’autorità del Papa a profitto dell’assolutismo del Re.Da veri discendenti di Luigi XIV, i Prìncipi di Spagnaadottarono queste stesse massime pagane. Abusando deldiritto di Patronato ecclesiastico, che i Pontefici avevanoloro benignamente concesso per semplificare l’ammini-strazione dello Stato, si credettero troppo spesso i padroniassoluti delle persone e dei beni ecclesiastici. Questa ti-rannìa assolutista, raddoppiata dall’empietà dei filosofi, sirivelò, in modo particolarmente rivoltante, nella condottadel re Carlo III nei confronti dell’Ordine dei Gesuiti.La Compagnia di Gesù era la gloria della Spagna e dellecolonie spagnole. L’America del Sud possedeva oltre cen-to collegi, diretti da duemilacinquecento gesuiti. Nei de-serti, cinquecentomila indiani, convertiti da questi missio-nari, degni di ogni ammirazione, godevano sotto di essi diuna civiltà patriarcale che ricordava i più bei tempi dellaChiesa. Eppure, senza alcuna forma di processo, senzanemmeno consultare il Sommo Pontefice, ecco l’edittoche il re Carlo III spedì, scritto di suo pugno, a tutti i Go-vernatori di Provincia di Spagna e delle colonie:

«Io vi investo di tutta la mia au-torità e potere reale affinché,scortati da guardie, vi portiate,immediatamente, al collegio deiGesuiti. Farete arrestare tutti iReligiosi e, nel termine di venti-quattro ore, li farete condurre alporto più vicino, dove sarannoimbarcati sopra navi a ciò desti-nate. Al momento dell’esecuzio-ne, farete apporre i sigilli sopragli archivi della casa e sulle cartedegli individui, senza permetteread alcuno di essi di portare consé niente altro che i loro libri dipreghiere e la biancheria stretta-mente necessaria per la traver-sata. Se, dopo l’imbarco, nel vo-stro distretto si trovasse un sologesuita, sia pure ammalato o an-che moribondo, sarete puniti conla morte.

Carlo III, Re di Spagna».

Frattanto il Papa, venuto a conoscenza di questo editto cri-minale, scrisse a Carlo III: «Tu quoque, fili! Così, il recattolico, sempre caro al nostro cuore, riempie il calicedei nostri dolori, piomba la nostra vecchiaia nelle lacri-me e ci precipita nella tomba!». Per tutta risposta, il de-spota, senza cuore, gettò seimila gesuiti sulle coste delloStato Pontificio. Il Papa lanciò contro di lui la scomunica.Il re pose al Papa l’alternativa: o di ritirare il suo “Breve”,o di vedersi i suoi Stati invasi. «Fate – rispose l’intrepidoClemente XIII – trattate pure il Papa come l’ultimo deimortali; egli non ha a sua disposizione né armi, né can-noni; tutto gli si può togliere; ma non è in potere degliuomini il farlo agire contro coscienza»! I congiurati, allora, lo privarono del Contado Venosino.Clemente XIII morì di dolore! Quei despoti miserabiliesigettero dal suo successore, Clemente XIV, la sop-pressione della Compagnia di Gesù, sotto pena di trasci-nare, sull’esempio di Enrico VIII, i loro sudditi nello sci-sma. Dinanzi a questa minaccia, il Papa firmò il “Breve”di soppressione e morì, sei mesi dopo, gridando, in mezzoalle angosce dell’agonia: «Mi hanno costretto! Compul-sus feci!».

Carlo III re di Spagna (1735-1759)

del dott. Franco Adessa

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Fu l’ultima vittima del dispotismo assolutista!«Temete – aveva detto Clemente XIII a Luigi XV – teme-te che Gesù Cristo non abbia a vendicare Egli stesso lasua Chiesa oltraggiata!». Lo strumento della vendetta sichiamerà “Rivoluzione francese”, e, così, l’assolutismopartorì un figlio altrettanto deforme: il liberalismo, chesarà regicida!La monarchia, quale Dio l’aveva voluta sottomessa allaChiesa e sotto il controllo di essa, era la garanzia di ognibuon diritto. Con tutta facilità si obbediva ad un re cheubbidiva ai comandamenti di Dio. La monarchia, senzala Chiesa, invece, voleva dire la volontà dell’uomo, l’ar-bitrio e l’ingiustizia “divinizzati”.I teorici della Rivoluzione francese, Rousseau e soci, fortidell’imperdonabile errore compiuto dal re cattolico, all’as-solutismo regio contrapposero l’assolutismo popolare, oliberalismo, non facendo altro che sostituire i “Diritti delRe” ai “Diritti dell’Uomo”, e opponendo ai quattro arti-coli di Luigi XIV, circa la sovranità assoluta dei monar-chi, altri quattro articoli sulla sovranità del popolo; arti-coli che si possono così riassumere:

1. Avendo i re ripudiata la sovranità di Dio, che vieneesercitata per mezzo della Chiesa, non resta altra so-vranità all’infuori di quella del popolo: dunque, tuttele monarchie sono, in origine, abolite.

2. La volontà del popolo sarà l’unica legge delle Re-pubbliche. Noi dichiariamo il popolo sovrano assolu-to e, di conseguenza, superiore a Dio, alla religione,alla giustizia e alla ragione stessa.

3. Dato che la moltitudine non può governare da se stessa,il popolo si farà rappresentare da un certo numero dipersone che egli stesso eleggerà mediante il plebiscitouniversale. I suoi rappresentanti faranno le leggi a mag-gioranza di voti e questa legalità sarà imposta comesuprema giustizia, fosse pure contraria alle leggi diDio, della Chiesa e della natura.

4. Questi princìpi del nuovo Diritto, sovvertitori diogni ordine morale, civile e religioso, sono affidatialla custodia di una società segreta: la Massoneria.Le logge li faranno trionfare per mezzo delle associa-zioni, dei giornali, delle assemblee popolari e di quellelegislative. Per disarmare l’opposizione, la Massone-ria metterà in campo ogni mezzo, non escluso l’as-sassinio!

SIMON BOLIVAR

Sul finire del secolo XVIII, la fondazione della Repubbli-ca degli Stati Uniti, sovreccitò con incredibile violenza lecolonie spagnole e la Rivoluzione francese accelerò, inmodo singolare, il fermento degli animi. All’inizio del secolo XIX, le Americhe sotto la dominazio-ne spagnuola, dopo diversi tentativi d’insurrezione, viderosorgere la figura di Simon Bolivar. Nato a Caracas, da fa-miglia ricca e cristiana, egli ebbe un precettore fanatico diVoltaire e di Rousseau, che fece di lui un rivoluzionariorepubblicano e acerrimo nemico della Spagna.

Non appena Napoleone detronizzò re Ferdinando VII diSpagna, i rivoluzionari del Vicereame di Santa Fè, compo-sto da Venezuela, Nuova Granata ed Ecuador, insorserocontro le autorità spagnole. Era il 1810, l’inizio della lun-ga guerra di liberazione che ebbe termine nel 1825.Grande guerriero e grande oratore, ma politico dalle cortevedute, Bolivar, come tutti gli uomini usciti dal 1789,identificava la monarchia col dispotismo, e la repubbli-ca con la libertà. La sua filosofia era il “Contratto So-ciale”; il suo Vangelo, la famosa “Dichiarazione dei di-ritti dell’uomo e del cittadino”; il suo princìpio di gover-no, la “Sovranità del popolo” davanti alla quale tutto sideve piegare mentre, sotto la legalità da essa imposta, tuttosi deve inchinare!Ecco la teoria liberale e parlamentare, vera risurrezione,sotto diversa forma, del dispotismo assolutista.La legge del monarca (il Sovrano) ha per principio la vo-lontà dell’uomo. Un parlamento sovrano, organo rappre-sentativo del “popolo sovrano”, non è forse composto diuomini? E la legge del Parlamento non ha per principio la

«“Madre spirituale della Rivoluzione” è la Massoneria, movimento d’ori-gine illuministica. Fondate dal venezuelano Francisco De Miranda (1754-1816), le Logge massoniche si diffondono in tutto il continente».Nel 1811, il Congresso di Caracas proclama l’indipendenza del Venezuela.Francisco De Miranda ottiene il comando supremo, ma è battuto dalle truppespagnole e costretto a capitolare (1812). Bolivar, nominato dittatore nel 1813,è dapprima battuto, ma organizza ad Haiti un nuovo esercito di gauchos e dilegionari inglesi e tedeschi con cui libera definitivamente il Venezuela e laColombia, tra il 1817 e il 1820 (cfr. “Atlante Storico Garzanti-Cronologia del-la storia universale” IX edizione 1979, p. 347).

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volontà di più uomini? Il dispotismo del numero, quindi,aveva semplicemente sostituito il dispotismo del singolo!Per fondare un Governo veramente libero, bisogna tro-vare, invece, un efficace freno morale che impediscache la “volontà umana” imperiale, reale o parlamenta-re che sia, si trasformi in tirannia, ogniqualvolta vengatravolta dalle passioni. Questo freno di giustizia altro nonpuò essere che la legge di Dio, il cui custode e interprete èla Chiesa cattolica, sua istituzione ufficiale.Ad insegnare a Bolivar questo princìpio basilare di politicaci pensarono gli stessi liberali del nascente Stato della Co-lombia!Mentre egli combatteva per l’indipendenza, un uomo, chegli era debitore dei suoi titoli militari e civili, amministra-va la Colombia in qualità di vicepresidente della repubbli-ca. Quest’uomo, il generale Santander, era un accanitoassertore della supremazia dello Stato sulla Chiesa; cosalogica, comunque, poiché la Rivoluzione, basata sul prin-cipio diabolico della sovranità assoluta dell’uomo, deve,fatalmente, perseguitare la Chiesa, la quale non può maiabdicare la sua sovranità che le viene da Dio.Ma come è possibile, in mezzo a popolazioni essenzial-mente cattoliche, la formazione di Parlamenti e di Governicomposti da una maggioranza avversa e ostile alla Chiesa? Ecco come ciò accadde: da principio, Santander istituì, aBogotà, una loggia massonica, che egli, per non allarmareil popolo, decorò del bel nome di “Società dei lumi”.Agli ingenui si impartivano lezioni di inglese e di france-se; poi, venivano irregimentati nella sètta, che non tardò a

diventare di moda per chi voleva intraprendere una rapidacarriera. A fianco di Santander, dichiarato Venerabile, edei Ministri del Governo, Grandi Dignitari della loggia, fi-guravano nomi di generali, di commercianti, di avvocati, eanche di sacerdoti e di religiosi più o meno indottrinatinelle teorie anti-cattoliche del liberalismo. Allo scopo di spargere nel popolo il veleno elaborato nellelogge, i giornali della sètta si misero a scalzare ogni prin-cipio morale e sociale, a travisare la storia e a vilipendere,quotidianamente, le persone per bene e i membri più ri-spettabili del clero. Quei discepoli di Voltaire avevano im-parato dal loro maestro che a furia di mentire si riesce conl’insinuare la menzogna negli spiriti.Maturate le condizioni per scagliare il formidabile ordignodella “sovranità del popolo” contro la Chiesa, Santanderfece approvare l’abolizione dell’articolo che dichiaravala Religione cattolica l’unica religione di Stato ad esclu-sione di ogni altra.Il Congresso votò, in seguito, l’abolizione dell’Inquisizio-ne, dell’Indice ecclesiastico e affidò al Governo la censuradei libri e dei giornali. Santander, poi, autorizzò la pubbli-cazione delle opere di Voltaire, Rousseau, Diderot eBentham, senza contare una miriade di libelli immorali edempii. Con la minaccia dello scisma, si appropriò del dirit-to di “Patronato ecclesiastico”, e, per compiere l’opera didistruzione, l’insegnamento tradizionale cattolico fu sosti-tuito da uno ateo ed empio. Questi furono i fondamentidella nuova Costituzione, voluta da Santander, e che passòalla storia col nome di “Costituzione di Cuenta”!

Nel 1820, la Giunta Suprema del governo di Guayaquil (in fotografia) fu eretta a massima autorità della Gran Colombia. Quito, futura capitale dell’Ecuador, e inte-grata in questo Stato, non conquisterà la piena indipendenza fino alla primavera del 1822, con la vittoria di Sucre, a Pinchincha.

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Avessero almeno, i persecutori della Chiesa, in compensodelle loro bestemmie ed empietà, reso prospera material-mente la nazione! Bastarono, invece, cinque anni di untale regime per esasperare il popolo. La Colombia eradiventata un inferno! Ogni ordine era bandito; non piùleggi per proteggere la famiglia, le persone, le pro-prietà; il brigantaggio militare praticato sotto tutte leforme, le case saccheggiate, i conventi trasformati incaserme, le chiese profanate. L’industria e il commer-cio erano in declino; non più lavoro, ma servizi gravosi,opprimenti, contributi forzati; la miseria, la bancarottaincombente, la rovina ovunque. Agricoltori, commer-cianti, sacerdoti, magistrati e il popolo maledicevano ilnuovo regime e cercavano qualcuno che li potesse sal-vare. Ròso anima e corpo da questa banda di avvoltoi, il “popo-lo sovrano” gettò un grido che raggiunse le orecchie di Si-mon Bolivar. Tra Bolivar e Santander si ingaggiò una lottafuribonda e la situazione politica si fece gravissima. I libe-rali pensarono di esiliare e persino di strangolare SimonBolivar. Venne, allora, immediatamente convocata unaGiunta popolare che sciolse il Congresso; il Consiglio diStato e le autorità civili e militari si allearono alla Giunta,e Bolivar rientrò nella capitale, in mezzo ad un popologiubilante, per assumere il potere fino alla data fissata perla convocazione del nuovo Congresso. Un mese dopo, i liberali tentarono di assassinare il loro ne-mico: il 25 settembre 1828, verso la mezzanotte, una ban-da di insorti, forzata la porta, avanzò col pugnale allamano verso la camera di Bolivar. Svegliato dal rumore,egli se ne fuggì da un’uscita segreta. Fucilati i congiuratied esiliato Santander, Bolivar, compresa la tirannide rivo-luzionaria e la triste condizione del popolo senza alcunadifesa, emise due decreti: col primo, assunse il potere af-fidatogli dal popolo; col secondo, ordinò lo scioglimentodi tutte le “società segrete” e la chiusura delle loggemassoniche e, per ristabilire l’unione tra lo Stato e laChiesa, esortò vivamente il clero a predicare incessante-mente la morale cristiana, la concordia e la pace.Bolivar era nel giusto, ma non era logico! Figlio delle idee del 1789, troppo aveva accarezzato, van-tato e divinizzato la Rivoluzione perché questa si lasciassemettere la museruola da uno dei suoi figli! Il liberalismo, di cui egli si dichiarava seguace e strenuodifensore, lo avrebbe, inesorabilmente, schiacciato alleelezioni del 1830. Durante tutto l’anno, i suoi nemici ave-vano messo in atto i mezzi più ignobili per screditarlopresso gli elettori e, così, i Sanderisti trionfarono su tuttala linea! Irritato per l’ingratitudine, spossato dalla fatica eammalato, Bolivar soccombette sotto il peso dello scorag-giamento e del dispiacere. Mancandogli ogni mezzo legaleper opporsi agli oppressori della sua patria, egli fu costret-to a lasciar dire e fare. Con una frase, che riassumeva lastoria degli ultimi vent’anni, Bolivar mise a nudo il triste efatale bilancio della tirannide rivoluzionaria:

«Concittadini, ve lo dico col rossore alla fronte:abbiamo conquistato l’indipendenza, ma a spesedi tutti gli altri beni»!

Poco dopo, egli vide crollare l’edificio da lui fondato: ilVenezuela si separava e si organizzava in repubblica indi-pendente, sotto la presidenza del generale Paez, e i tre di-partimenti dell’Ecuador, Quito, Cuenca e Guayaquil, spez-zando a loro volta la catena che le teneva unite alla Co-lombia, proclamarono la loro autonomia sotto il comandodel generale Florès.

«Non vi è più salvezza per la patria – disse Boli-var – ne sono convinto, ed è ciò che causa la miadisperazione. Tutto è perduto e perduto per sem-pre. Cosa può fare un uomo contro un mondo?Non c’è più patria per me: i tiranni mi hannocacciato da essa!».

Lo avevano cacciato dalla patria e lo uccisero! Alcuni me-si di questa agonia morale bastarono per condurlo allatomba: il 17 dicembre 1830, esalò l’ultimo respiro. Col ti-tolo di Liberatore, e a soli 47 anni, scese nella tomba, spin-tovi dai suoi stessi miserabili seguaci. Del resto, figlio della Rivoluzione, doveva aspettarsi di es-sere dalla medesima divorato!

Simon Bolivar vide il fallimento e il crollo della rivoluzione liberale e mise anudo il triste e fatale bilancio della tirannide rivoluzionaria con queste parole:«Concittadini, ve lo dico col rossore alla fronte: abbiamo conquistato l’indi-pendenza, ma a spese di tutti gli altri beni!». E ancora: «Non vi è più sal-vezza per la patria e ne sono convinto, e questo causa la mia disperazione.Tutto è perduto e perduto per sempre. Cosa può fare un uomo contro unmondo? Non c’è più patria per me: i tiranni mi hanno cacciato da essa!».

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Per salvare l’America, civoleva un altro Bolivar,abbastanza forte da cac-

ciare i rivoluzionari, e tanto cri-stiano da sostituire alla “Sovra-nità del popolo” la “Sovranitàdi Gesù Cristo” e ai “Dirittidell’uomo” i “Diritti di Dio”! A Bolivar questo non passavaneppur per la mente, anche seegli stesso aveva predetto il ca-taclisma in cui sarebbero piom-bate le Repubbliche nate dallosmembramento della Colombia:«L’America è ingovernabile –andava dicendo poco prima del-la sua morte – lavorare su que-sti popoli è come lavorare sul-le onde del mare. Non resta al-l’americano che fare una solacosa: emigrare!».Il continente americano, dal Pacifico all’Atlantico, dal Sudal Nord era tutto un osanna alla Rivoluzione. Gli Stati in-dipendenti: Venezuela, Nuova Granata, Ecuador, Perù, Ci-le, Argentina avevano adottato la “Costituzione di Cuen-ta”, basata sulla sovranità del popolo e sulla subordi-nazione della Chiesa allo Stato.L’Europa, infatuata anch’essa delle “conquiste del 1789”,tendeva la mano ai rivoluzionari d’oltre mare. Sotto i nomidi “secolarizzazione” e di “laicizzazione”, eufemismiche significano “ripudio”, tutti i popoli d’Europa, al pari diquelli delle Americhe, avevano spezzato i vincoli che li te-nevano uniti a Cristo e alla sua Chiesa. Al Dio Uno e Trino, si era sostituito questa nuova divi-nità dalle sette-ottocento teste che si chiama Parlamen-to, e si era abrogata la legge divina per sostituirla con il“Bollettino delle leggi”.La prima autorità del mondo, la Chiesa, non mancò di op-porsi a questa funesta dottrina, chiamata “liberalismo”.Pio VI, nel 1791, bolla d’infamia «I pretesi diritti del-l’uomo, la libertà assoluta, il diritto di professare qua-lunque opinione in materia religiosa, il potere di pensa-re, di scrivere e di stampare nella stessa materia reli-giosa a proprio talento».Pio VII rimproverò Napoleone di aver sottomesso la Chie-

sa allo Stato con i famosi “arti-coli organici”. Nel 1814, all’au-rora della Restaurazione, lostesso Pontefice condanna seve-ramente il progetto di costitu-zione, nel quale, a proposito deiculti, si mettevano sullo stessopiano le sètte ereticali con laReligione di Cristo. Leone XII affermava: «I princì-pi ed i poteri sono stabiliti daDio per difendere la Fede, pro-teggere la Chiesa e procurarecon tutti i mezzi convenienti lasottomissione alle CostituzioniApostoliche». Gregorio XVII condanna so-lennemente l’indifferentismo inmateria religiosa e non esita achiamare “delirio” «la massi-ma falsa e perniciosa che si

debba procurare e garantire a chiunque la libertà dicoscienza e la libertà assoluta di opinione».Pio IX e Leone XIII hanno additato l’errore liberale finnelle sue profonde ramificazioni. Il “Sillabo” ha sfolgora-to quel maledetto naturalismo che pretende di governare lasocietà umana senza tenere più conto alcuno della Religio-ne, come se la medesima non esistesse. «Oggi, come neisecoli passati – si legge in questo documento – è necessa-rio dichiarare la Religione cattolica la Religione delloStato, ad esclusione degli altri culti. La libertà civile ditutti i culti e la facoltà accordata a ciascuno di manifestarepubblicamente le proprie idee ed opinioni corrompe i co-stumi, perverte lo spirito e propaga il flagello dell’indiffe-renza. Per questo, il Romano Pontefice non può e nondeve riconciliarsi o transigere con il liberalismo ...».Leone XIII, riassumendo le posizioni dei suoi predecesso-ri, le armonizza e le fa risplendere nella sua magistrale En-ciclica sulla “Costituzione cristiana degli Stati”, in cui lafilosofia, il diritto canonico e la storia si danno la manoper dimostrare la necessità di ristabilire l’unione tra ilSacerdozio e lo Stato, l’unione che ha formato l’Europa,e senza la quale non si può che precipitare in indicibili ca-tastrofi. Ecco, dunque: il liberalismo di Stato riprovato econdannato dai Papi!

LA CONDANNA DEL LIBERALISMO

Papa Pio IX.

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D i antica e illustrefamiglia spagnola,ultimo di otto fi-

gli, Garcia Moreno nacquea Guayaquil il 24 dicembre1821, ricevendo, al battesi-mo, il nome di Gabriel. A causa delle interminabilirivoluzioni, che marcaronoil periodo della guerra diindipendenza, la sua fami-glia, già facoltosa, caddenella mediocrità, poi nelleristrettezze, per finire nellapovertà col suo seguito dicontinue e penose priva-zioni. Allevato al crepitìodella fucileria, al rombodel cannone ed ai continuibombardamenti cui erasoggetta la città, il fanciul-lo familiarizzò, ben presto,con le rivoluzioni, coi col-pi di mano, coi pericoli di ogni genere, temprando la suaanima con quella stoica insensibilità al dolore e al pericoloche sempre mostrò di avere anche nelle situazioni piùdrammatiche e gravi.Venuto a mancare il padre, proprio al tempo dell’iniziodella scuola, Gabriel ricevette lezioni di grammatica da unreligioso di un convento vicino, che, in seguito, lo aiutò afrequentare l’Università di Quito.Compiuti gli studi letterari, e convinto che Dio lo chiamas-se allo stato ecclesiastico, prese la decisione di ricevere latonsura e gli Ordini minori, ma il suo carattere, le sue atti-tudini, i suoi presentimenti, lo spinsero ad una vita più mi-litante. Orientò i suoi studi di specializzazione verso il Di-ritto.

Quando Garcia Moreno siiscrisse all’Università diQuito, la facoltà di Dirit-to insegnava la suprema-zia assoluta dello Statonei confronti della Chie-sa e, seppur dotato di spi-rito acuto e investigatore,Gabriel, non sentendosi ingrado di sciogliere que-stioni così ardue, fecequello che tutti fanno: ac-cettò i testi ufficiali senzadarsi troppo pensiero dimetterli a confronto con leleggi della giustizia divi-na. Servendosi della sua in-comparabile memoria,Garcia Moreno avanzòbrillantemente negli studi;ma quello che più carat-terizzò questo periodo

della sua vita fu lo sviluppo progressivo dell’energiamorale di cui già aveva dato tante prove.Lo studente comprendeva che, per essere un vero giudice,egli doveva diventare un cavaliere senza macchia e senzapaura, deciso ad affrontare qualsiasi opposizione ed af-frontare ogni avversità con fermezza, per far trionfare ildiritto. «Ma se è bello il non temere gli uomini – egli di-ceva spesso – era una follìa il non temere Dio!».Dopo aver conseguito, nel 1845, una laurea lusinghiera epiena di lodi, Gabriel esercitò ben poco l’avvocatura: aquel tempo, gli affari pubblici assorbivano già tutta la suaattività. Ai suoi amici che lo sollecitavano, per le sue dotiletterarie e la sua vasta cultura, a scrivere la storia dell’E-cuador, egli rispondeva sorridendo: «È meglio farla!».

GABRIEL GARCIA MORENO

Gabriel Garcia Moreno.

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L’OPPRESSIONE LIBERALE

I n nome del “popolo sovrano”,l’Assemblea nazionale ap-provò una Costituzione ultra-

liberale, i cui punti più deleteri fu-rono l’assenza di alcun poterestraordinario al presidente e la na-turalizzazione di tutti gli stranie-ri, militari o civili.Divenne presidente il generalestraniero Florés, uno tra i più bril-lanti ufficiali di Bolivar, ma in bre-ve tempo, l’Ecuador si trovò inbalìa della soldatesca che, senzapatria, senza famiglia, veri vaga-bondi delle guerre dell’Indipen-denza e come guardia del corpo diFlores, vagavano da una provinciaall’altra, rubando, uccidendo ecommettendo, impunemente, ognisorta di scelleratezza. Poco sarebbe bastato per dar fuocoalle polveri! Una fallita sollevazione popolarecontro Florés fu seguita da un pe-riodo di lotte intestine e da unanuova Costituzione che instauròl’assolutismo presidenziale, ma la goccia che fece traboc-care il vaso furono gli attentati contro la Religione del pae-se!Fallito il tentativo di trascinare i cattolici nelle logge mas-soniche, Florés decise di smantellare, a colpi di decreti, la“cittadella cattolica”.Venne decretata la tolleranza di tutti i culti insiemeall’intolleranza nei confronti della Religione di Cristo edel clero cattolico! Questo scatenò la guerra civile in tuttoil paese, che si concluse, dopo due mesi, con la completasconfitta di Florés. Era il 1845. Al generale Florés fu con-cesso l’esilio, mentre iniziò ad emergere la figura di Gar-cia Moreno, uno tra i principali attori della sollevazionepopolare. La nuova Costituzione, che fu approvata, perònon impedì alla corruzione di rimanere come regola baseper il nuovo presidente Roca e per i nuovi governanti. Fu per questa ragione che, nell’aprile del 1846, nacque ilsettimanale umoristico “La frusta”, fondato e diretto daGarcia Moreno. La satira, armata di prosa e di poesia, siattirò, ben presto, la rabbia dei governanti, dati in pasto,ogni settimana, alle risate e alla collera del pubblico.

Il Governo ruggiva contro questeterribili esecuzioni, mentre “Lafrusta” stracciava le bende e ina-spriva le ferite. Il potere prese l’of-fensiva, accusando e minacciandodi processo l’autore delle satire.La lotta accanita che seguì, e chedurò tre mesi, finì col discreditareil presidente Roca. Dopo questapolemica, intorno al lui si feceaddirittura il vuoto! Ma a salvare Roca sopraggiunse iltentativo del generale Florés di ri-conquistare il potere con la forza.Si doveva agire con prontezza e ri-soluzione! Messo da parte ogni ri-sentimento, Garcia Moreno offrìgenerosamente i suoi servigi alpresidente Roca e fondò un nuovogiornale, il “Vendicatore”, il cuiprogramma fu un colpo di campa-na a martello. Mentre il popolocorreva alle armi, Garcia Morenolanciò il progetto di coalizione de-gli Stati americani e di interdizio-ne dei rapporti commerciali con le

nazioni europee che avessero sostenuto il tentativo di inva-sione di Florés. Sopraggiunsero allora i nemici interni, itraditori che erano ingrassati ai tempi della presidenza“Florés”, ma il loro complotto fu sventato e finorno in car-cere, mentre toccò a Garcia Moreno il riportare, nella tota-le anarchia che regnava in quella città, il rispetto della leg-ge!Cessato il pericolo, l’esercizio del potere tornò alle vec-chie abitudini, inoltre fu decretata l’amnistia per i traditoridi “Florès” e così “ministeriali” e “Floreani” si abbraccia-rono come “fratelli in liberalismo”! Allora, apparve il nuo-vo giornale di Garcia Moreno, “El diablo”, che turbò laquiete del presidente Roca, dei suoi ministri e dei suoi fun-zionari, senza tuttavia impedire le loro soperchierie e spe-culazioni. Ma Garcia Moreno non aveva perduto ogni spe-ranza! «A fianco dei traditori – egli diceva – cresce unpopolo coraggioso, pronto a versare il suo sangue equello dei suoi figli, piuttosto che sacrificare l’esisten-za, l’onore e la libertà della patria!».Ma egli ignorava l’esistenza di una razza ancor peggiore eancor più perversa di quella dei “Florés” e dei “Roca”!

Il generale Florés, massone della Nuova Granata e primo presidente della Repubblica dell’Ecuador.

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D urante i primi vent’an-ni di esistenza, l’Ecua-dor era vissuto sotto il

dominio “liberalismo conser-vatore”. Florés e Roca nonavevano la minima idea dei di-ritti della Chiesa e dei princìpinaturali sui quali si reggono lesocietà. Tutto il loro “liberali-smo” consisteva nel vantare il“popolo sovrano”, ed il loro“conservatorismo” nel mante-nersi al potere contro tutti e contutti i mezzi possibili! Ma que-sto liberalismo è da temersi, soprattutto perché può parto-rire un figlio ancor più mostruoso e degenere di lui: il “ra-dicalismo”, che oggi si chiama “comunismo”.Al popolo spremuto e sfruttato oratori e giornali fanno agara nel ripetergli che per raggiungere il “progresso so-ciale”, per eliminare la miseria e la povertà, basta rifor-mare la Chiesa, la famiglia e la proprietà; questi tremezzi di oppressione inventati dai tiranni! Ricevuto ilmandato di mettere in esecuzione le necessarie distruzioni,con tutta naturalezza e con tutta legalità, i “radicali” (os-sia i “comunisti”) succedono ai loro padri, i liberali!L’Ecuador era ormai maturo per questa ignominia, così, ilgenerale Urbina, ne approfittò per inalberare il vessillodel radicalismo e gettare il paese in balìa dei suoi settàri.“Protegé” dei presidenti Florés e Roca, Urbina attese il suomomento, sotto il nuovo presidente Noboa, quando ungruppo di gesuiti, cacciati dalla Nuova Granata, si stabilìin Ecuador su invito di Garcia Moreno e con autorizzazio-ne di Noboa. Fu il trionfo di Garcia Moreno, ma i fratellimassoni, furenti fino all’esasperazione, architettarono unpiano: abbattere Noboa e cacciare i Gesuiti dall’Ecuador. Incoraggiato dalle calunnie sui Gesuiti e sul presidenteNoboa, lanciate dai giornali di Urbina, il Governo dellaNuova Granata reclamò il bando dei Gesuiti in nome delleteorie massoniche. Gli fu risposto inviando alla frontierauna divisione di fanteria!I radicali, allora, non conobbero più limiti! Furioso dellosmacco ricevuto, il diplomatico della Nuova Granata pub-blicò, contro i Gesuiti, un odioso libello al quale GarciaMoreno oppose la sua “Defensa de los Jesuitas”, una del-le più belle difese che siano mai state composte a favoredella Compagnia di Gesù. Ecco come terminava questo scritto: «Noi sappiamo che

la guerra è dichiarata noncontro i Gesuiti, ma contro ilsacerdozio e contro la fedecattolica. Si esilieranno i Ge-suiti, poi il clero e, in ultimo,tutti i figli della Chiesa. Cosìsi scaverà l’abisso che in-ghiottirà la Nuova Granata,l’Ecuador e tutte le repubbli-che cattoliche, se noi spingia-mo la nostra viltà fino al pun-to di sottometterci alle infer-nali esigenze della banda ros-sa. No! ciò non sarà mai! (...).

Noi marceremo compatti alla battaglia sotto la guidadella Provvidenza Eterna»!Questo scritto, gettato nel mezzo di passioni ardenti, com-mentato da un capo all’altro dell’Ecuador e accolto favore-volmente dagli stessi liberali, ebbe, sui nemici, l’effetto diun colpo di fulmine a ciel sereno. I loro complotti furonosventati; le pretese della Nuova Granata messe in ridicolo;il Governo dell’Ecuador rafforzato e sostenuto dall’interapopolazione. E così Urbina dovette attendere un’altra occasione. Agli inizi del 1851, d’improvviso, nell’Ecuador, si sparsela voce che la città di Guayaquil era minacciata da unanuova invasione di Florés, aiutato da ricchi capitalisti diLima e con la complicità del Governo massonico del Perù. Urbina fece balenare agli occhi di tutti lo spettro di Florés,denunciò sui giornali del suo partito tutti i conservatori diNoboa, come “Floreani”, e insinuò che essi avevano ri-chiamato i gesuiti per spianare la via al ritorno di Florés.La città di Guayaquil fu sovreccitata dalla mano nascostadi Urbina; Noboa fu invitato per placare gli animi ma,comprati i soldati e gli ufficiali della guarnigione dellacittà, Urbina fece arrestare Noboa e si fece proclamare ca-po supremo della Repubblica. Pacificate le province del-l’interno, la nuova Convenzione, composta da creaturedi Urbina, inaugurò il REGNO DEL TERRORE.Per soddisfare il suo odio, Urbina si accanì contro i Gesui-ti e, in seduta segreta, al pari dei criminali che assassinanonell’ombra, la Convenzione votò la deportazione deiGesuiti, nonostante le grida di protesta di un popolo ormaiall’esasperazione. Da quel momento, l’Ecuador fu trattatocome paese di conquista. Il furto, il saccheggio, l’assassi-nio, il sacrilegio furono all’ordine del giorno, come pu-re i contributi forzati e le deportazioni.

LA TIRANNÌA RADICALE

Il presidente radicale Urbina fece votare la deportazione dei Gesuiti dall’Ecuador.

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I ncapace di rimanere indiffe-rente tra la vittima e il carne-fice, Garcia Moreno, in mez-

zo ad un popolo terrorizzato,quando la stampa era proibita e latribuna se ne stava muta, non esitòad inchiodare alla gogna l’onnipo-tente dittatore. Lo sdegno che gliinondava il cuore esplose in unasatira di una virulenza senza pari.Dopo aver messo a nudo le infa-mie del tiranno, così concludeva lasua ode “A Fabio”: «Io so la sor-te che mi attende. (...). Io vedol’avvenire che mi si apre dinan-zi; sento le pungenti spine cheferiranno la mia fronte. Acco-sterò alle mie labbra il calice deidolori... la palla di uno scelleratomi trapasserà il cuore! Ma se lapatria, liberata dall’oppressione che la soffoca, potràfinalmente respirare liberamente, discenderò con gioianel sepolcro»!Urbina fremette di rabbia e giurò un odio implacabile al-l’uomo che lo aveva fustigato davanti a tutta la nazione.Un mese dopo, Garcia Moreno fondò il giornale “La Na-cion”, col quale inalberava, intrepidamente, in faccia alnemico, il vessillo della civiltà cattolica. Urbina comprese che “La Nacion” stava per diventareuna macchina da guerra contro il suo Governo. In virtù delsuo potere dispotico sulla stampa, egli minacciò di depor-tazione gli autori dell’eventuale secondo numero del nuo-vo giornale. Ma il giorno stabilito, comparve il secondonumero; più deciso del primo e ancor più aggressivo. Gar-cia Moreno non si faceva alcuna illusione sull’epilogo diquesto scontro. La persecuzione che lo attendeva avrebbereso ancor più odioso il persecutore e avrebbe risvegliatonei cuori della popolazione la nobile passione del dovere.Pubblicato questo numero, egli attese il carnefice. Avverti-to che la polizia aveva ricevuto l’ordine di arrestarlo, Gar-cia Moreno uscì di casa e si recò nella pubblica piazza percostringere gli sbirri a mettergli le mani addosso in pienastrada e sotto gli occhi di tutti. E così fu! Al silenzio di morte che accolse questa nuova infamia, alcupo sdegno dipinto su tutti i volti, alle lacrime che scen-

devano dagli occhi di tutti, Urbinapoté comprendere quanto egli fos-se temuto, ma anche quanto fosseodiato. Il cuore del popolo accompagnòl’esiliato, e tutti rimasero in atte-sa del suo ritorno come quello diun liberatore.Il presidente Urbina decise di affi-dare l’esule Garcia Moreno ai suoiamici massoni di Bogotà, ma Mo-reno, fuggito dal carcere, tornò inEcuador dove, scelto dai conserva-tori come candidato, fu eletto alSenato. Arrestato, all’apertura del-le Camere, Garcia Moreno venneimbarcato a forza su una nave escaricato nel piccolo porto di Pay-ta, sulle coste del Perù.Questo il risultato della tanto de-

clamata “sovranità del popolo”!Alle accuse basse e insensate, lanciategli dalla stampa diUrbina, nel tentativo di fargli perdere la stima del pubbli-co, Garcia Moreno rispose con un libretto dal titolo: “Laverità ai miei calunniatori”. Egli terminava lo scritto conquesti accenti profetici:

«Io perdonerei ai miei nemici tutto il male che essi hannovoluto farmi, se avessero lavorato per il benessere del miopaese, invece di aumentare ogni giorno le sue sventure e(...) abusare di un popolo, giunto agli estremi, per ingras-sarsi delle sue carni come uccelli da preda. Essi hannoscambiato il letargo per la morte e, simili a sciacalli affa-mati, si sono slanciati sul povero tormentato come sopraun cadavere. (...). Ma quanto s’ingannano! Il pungolodel dolore sta per togliere il popolo dal suo torpore, e,allora, un grido di furore sfuggirà da tutti i petti (...).Suonerà, in quel momento, l’ora della giustizia, e noigetteremo alla spiaggia l’orda dei tiranni!».

In attesa della riscossa, lasciando ad Urbina il tempo dicolmare la misura delle sue iniquità, Garcia Moreno, perprepararsi al suo futuro ruolo di liberatore, nel dicembre1854, dopo diciotto mesi passati a Payta, s’imbarcò perPanama. Un mese dopo, raggiungeva Parigi.

L’ESILIO

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sugli anni trascorsi, dal giorno in cui si era consacrato aDio ai piedi del Vescovo di Guayaquil. Dio non lo avevachiamato al servizio degli altari, ma l’aveva, forse, di-spensato dall’amarlo con tutto il cuore? Con profondo dolore, cadde in ginocchio e, il giorno dopo,andò a confessarsi e riprese la pratica religiosa per non ab-bandonarla mai più!

L’esilio a Parigi non aveva ancora, però, esaurito il suo in-flusso fecondo su Garcia Moreno, anzi, fu proprio in que-gli anni che egli ebbe la magnifica rivelazione del dirittocristiano. Indotto in errore dall’insegnamento universita-rio di Quito, che predicava la supremazia dello Stato sullaChiesa, egli fu costretto a studiare più attentamente irapporti del diritto canonico col diritto civile. Ma per

studiare occorrevano dei libri. Nel caos di dottrine, nel quale leuniversità francesi avevanopiombato il mondo, per accresce-re l’onnipotenza dello Stato, Diosuscitò un vero missionario deidiritti della Chiesa e del Papato.Questo missionario, l’abateRohrbacher, con la sua opera:“La Storia Universale dellaChiesa Cattolica”, spense, defi-nitivamente, il gallicanesimo intutti gli spiriti seri. In questa Enciclopedia dottrinale,la teologia, la politica e la sto-ria, armoniosamente fuse insie-me, si appoggiano alla tradizionedei secoli come sui misteri piùprofondi della natura umana, perarrivare alla conclusione che nes-suno riuscirà mai a distruggere:la Chiesa cattolica è la reginadel mondo, alla quale devonoobbedire tanto i re quanto i po-poli; essa è il capo del grandecorpo sociale di cui lo Statonon è che il braccio; dunque,nessuna lotta tra lo Stato e laChiesa; non separazione tra lo-ro, ma più intima armonia per

mezzo della subordinazione dello Stato alla Chiesa! Lacaduta degli imperi nell’antichità e le rivoluzioni incessan-ti del mondo moderno servono di controprova a questaesposizione acuta. Alla lettura di quest’opera, Garcia Moreno comprese che ilpopolo cristiano ha il diritto di essere governato cristia-namente, e che non lo si può privare della Chiesa senzarapirgli la libertà, il progresso, la civiltà. L’esilio, così, lo aveva reso grande e maturo. Forte abba-stanza per misurarsi con la Rivoluzione, ed umile, tanto dainginocchiarsi davanti alla Chiesa, pronto per la sua mis-sione di vero liberatore, attendeva solo che Dio gli riapris-se le porte del suo paese.

(continua)

Per gli stranieri di ogni provenienza e di ogni condizione,Parigi era la città, per eccellenza, dei piaceri e del dolcefar niente. Era la moderna Babilonia!Per la rigenerazione di un popolo, però, si deve salire enon discendere! Garcia Moreno comprese questo a talpunto che il suo esilio parigino vide il completo sviluppodelle sue più nobili doti e dei suoi più profondi interes-si. Si legò, ben presto, ai più celebri studiosi del tempo e,confinato in un modestissimo appartamento, lontano daicorsi rumorosi, dai frequentati teatri e dalla folla oziosa,lavorava tutto il giorno e gran parte della notte. Grande eral’ammirazione di quanti lo conoscevano e profondo era ilrispetto per questo straniero, il quale, per la sua vita e lesue abitudini, contrastava così stranamente con l’immoralevagabondaggio di chi popolava il troppo famoso “quartie-re latino”. Parigi, per Garcia Moreno, nonfu solo una scuola di alta scienza,ma, per grazia di Dio, che volevafare di quest’uomo uno strumen-to di salvezza per tutto un popo-lo, questa città divenne per luianche il focolare della vera vitacristiana. Già da diversi anni la sua federeligiosa si era sensibilmente raf-freddata. Le lotte politiche e lepreoccupazioni della scienzaavevano troppo assorbito la suaanima, e questa sovreccitazionedelle facoltà intellettuali avevafinito, disseccando il cuore, percompromettere la vita sopranna-turale. Quando egli scriveva, nel-la sua splendida difesa dei Gesui-ti: «Io sono cattolico, e sono fie-ro di esserlo, sebbene non pos-sa mettermi nel numero deicristiani ferventi», era la puraverità che usciva dal suo sinceroe nobile cuore. Un incidente, abbastanza curio-so, venne a dare a questa animaintorpidita il colpo di sprone dicui aveva bisogno. A passeggio,un giorno, con altri esiliati come lui, ma atei, il discorsocadde su di un infelice che, in punto di morte, aveva rifiu-tato i Sacramenti. La sua logica implacabile aveva già at-terrato le argomentazioni atee che tentavano di giustificarela condotta del povero infelice, quando uno dei suoi inter-locutori, per sfuggire alla logica conclusione, si rivolse alui con una franchezza brutale: «Voi parlate magnifica-mente, ma, se non sbaglio, voi trascurate un poco lapratica di questa religione che dite essere così bella. Di-temi, da quanto tempo non vi confessate?». Questa osservazione, che colpiva nel giusto, d’improvvisofermò l’eloquente polemista. Sconcertato, abbassò il capoe troncò bruscamente la passeggiata. Rientrato nella suacamera, in preda ad una viva agitazione, meditò a lungo

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16 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

Il segretodella “tomba vuota”

di Padre Pio

Il segretodella “tomba vuota”

di Padre Pio

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a cura del dott. F. A.

L’ORDINE DEGLI ASSASSINI

Dunque, per l’annichilimento del Cat-tolicesimo e perfino dell’idea cristiana,si doveva partire dall’Italia, si dove-va cercare un “Papa” capace di farcamminare il clero sotto la bandieradella Massoneria; un “Papa” che do-veva colpire il morale del popolo cat-tolico, che doveva ferire il suo cuoree che doveva risparmiarne il corpoma ucciderne lo spirito!Quest’uomo, però, doveva essere con-sapevole del ruolo supremo che assu-meva in questo piano satanico; que-st’uomo non poteva essere un vero Pa-pa, un Vicario di Cristo, ma solo unAnti-papa, un uomo corrotto, untraditore, che non si sarebbe ferma-to di fronte all’assassinio; un uomodisposto a corrompere il clero, a diri-gere l’auto-distruzione della Chiesa, atradire i popoli cristiani; un uomo chedoveva conoscere il segreto piùprofondo e gelosamente custodito daivertici della Massoneria, che dovevasapere di essere l’iniziatore del Settimo Sigillo, ossia delRegno dell’Anticristo; un uomo che doveva soprattuttoconoscere lo scopo supremo ed ultimo di Lucifero: l’eli-minazione totale del Sacrificio di Cristo sulla Crocedalla faccia della terra!Un simile personaggio, non poteva essere regolarmenteeletto Papa in un conclave, ma doveva essere imposto conla forza e sotto terribili minacce, fatte dai vertici dellaMassoneria; lo stesso tipo di minacce usate per imporreGiovanni XXIII e la svolta del Concilio Vaticano II.

Quest’uomo era il card. GiambattistaMontini, l’“Anti-papa” Paolo VI che,dopo la regolare elezione del Card. Siria Papa, sotto terribili minacce fu impo-sto, nel modo che abbiamo descritto, il21 giugno 1963!Dopo solo 8 giorni, il 29 giugno 1963,con una doppia messa nera a Roma e aCharleston (USA), con la quale Satanafu intronizzato nella Cappella Paolina,ebbe inizio il regno dell’Anticristo!Paolo VI era la “seconda bestia, ve-nuta dalla terra, che portava duecorna simili a quelle di un agnello,ma che parlava la stessa lingua delDrago!E cioé, Paolo VI, seduto sul trono diPietro come Anti-papa, segretamente,ricopriva un’altra carica suprema, l’u-nica che gli consentisse di fa partedell’Anticristo: Paolo VI, era anche ilCapo Supremo del satanico Ordine de-gli Illuminati di Baviera; era, cioé, ilCapo dell’Ordine degli assassini!

La “cattolica” passione politica di si-nistra della famiglia Montini, fino al punto di alloggiare,nutrire e costruire bombe a terroristi comunisti che uccide-vano persone in atti terroristici, è stata documentata da unoscritto dell’Avvocato Salvatore Macca, ex Presidente delTribunale di Brescia, in cui si legge che uno di questi as-sassini, un certo Leonardo Speziale, nella sua prima sua“eroica impresa” del 31 ottobre 1943, collocava un ordi-gno che causò la morte del direttore del carcere giudiziariodi Brescia, padre di quattro figli, e un milite che lo accom-pagnava; entrambi furono dilaniati dall’esplosione.

Padre Pio con le stigmate.

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“Chiesa viva” *** Ottobre 2017 17

Lo Speziale candidamente scrive-va: «Mamma e papà Montini sa-pevano che io ero uno di quelliche mettevano le bombe nelle ca-serme dei nazifascisti – io stessone confezionai parecchie proprioa casa loro...». Dopo il massacrodel 31 ottobre, e sapendo che il re-sponsabile era lo Speziale «... ep-pure, nonostante la “bolla” del Ve-scovo di Brescia, mamma e papà-Montini mi tennero con lorocontinuando ad offrirmi ospita-lità, ma soprattutto solidarietà eaffetto. Cattolici erano anche icomponenti della famiglia nellacui officina, come ho già ricorda-to, si confezionavano gli ordigniche usavamo negli attentati»1.Una delle fonti sui rapporti oscuri,clandestini e l’agir da assassini dimons. Montini è l’archivio delcard. Tisserand, in cui si trovanoanche i “rapporti segreti” che fu-rono consegnati a Pio XII dal co-lonnello Arnaud. Il dossier è co-stituito soprattutto di lettere diMontini che segnalavano alK.G.B. anche nomi e movimentisacerdotali, in modo particolare gesuiti, che esercitava-no clandestinamente il ministero sacerdotale tra le gen-ti oppresse e perseguitate nei Paesi comunisti.Montini si serviva anche di un suo consigliere speciale, ilgesuita Alighiero Tondi, identificato poi come un agen-te del K.G.B., che inviava ai suoi superiori sovietici anchela lista dei Vescovi e dei Sacerdoti clandestini, colà in-viati da Pio XII, i quali, per questa delazione, venivanoarrestati, uccisi o fatti morire nei lager sovietici! È unfatto, questo, di gravità estrema, forse unica! Certo unagire da assassini! Il 1° novembre 1954, Pio XII disposesubito per un’immediata espulsione di Mons. Montinidall’ufficio che aveva equiparato a “Segretario di Stato”.Un’altro evento che ha portato alla luce l’agir da assassi-ni di Paolo VI fu l’incontro del 14 dicembre 1971, a Vien-na, di don Lugi Villa col card. Joseph Mindszenty, ilquale, dopo essere stato umiliato e degradato da Paolo VI,per non aver voluto tendere la mano al Comuismo, si erarifugiato in quella città. Dopo due ore e mezzo di un suoappassionato e illuminante colloquio, e dopo aver letto efirmato, per approvazione, il primo numero di “Chiesa vi-va”, il Card. Mindszenty disse a don Villa: «Mi creda:Paolo VI ha consengnato interi Paesi cristiani in manoal Comunismo!».Ma l’assassinio, predicato dal Capo degli Illuminati di Ba-viera, non doveva riguardare solo i corpi: doveva colpireil morale, ferire il cuore, uccidere lo spirito!L’Ordine degli assassini poteva raggiungere questo scoposolo estendendo la pratica dell’assassinio ad un intero po-polo; ma doveva essere il peggiore degli assassini, quello

che più di ogni altro poteva colpi-re il morale, ferire il cuore, ucci-dere lo spirito!L’assassinio dei propri figli!La legge 194 è l’unica legge sul-l’aborto al mondo che porta la fir-ma esclusivamente di uomini poli-tici cattolici, che appartenevano alPartito della Democrazia Cristiana,il Partito della famiglia Montini! I cinque nomi erano: Presidentedel Consiglio Giulio Andreotti,Tina Anselmi, Francesco Bonifa-cio, Tommaso Morlino, FilippoMaria Pandolfi. Avrebbero potu-to dimettersi, per non firmare que-sta legge assassina, ma invece fir-marono “per il bene del Paese”!E qual era per loro il bene del Pae-se? Andreotti scrisse: «.. metterein crisi in quel momento, il Go-verno significava compiere qual-cosa di veramente rischioso...»,aggiungendo: «Furono momentinei quali il Papa (Paolo VI) nonperse mai la fiducia nei confrontidi quella che era una certa linea,chiamiamola pure di “democra-zia pluralista” che doveva essere

mantenuta... (Paolo VI) aveva un enorme rispetto pertutti i suoi interlocutori. Considerava che, certamente,la verità non era un qualcosa di opinabile, però biso-gnava fare in modo che chiunque avesse la possibilitàdi esprimere la sua verità e il suo concetto di verità...».Dunque, il braccio destro di Paolo VI, l’on. Giulio An-dreotti, pur strisciando come un serpente, chiamava incausa direttamente Paolo VI e lo indicava come il veroresponsabile delle loro firme sulla legge dell’aborto! A commento di questo orrore rimangono solo le parolescritte da Don Luigi Villa all’on. Giulio Andreotti:

«Impostori! Razza di vipere, chi vi ha detto

che sfuggirete all’ira imminente? Il sangue innocente grida vendetta

al cospetto di Dio! E Dio vi distruggerà!Che l’Italia riceva, in un prossimo futuro, un castigo molto severo da parte di Dio,

oggi non mi fa più meraviglia, perché ormai, non solo non si è più cristiani,

ma neppure più uomini, degradati infatti

sotto il livello delle stesse bestie, LE QUALI NON ABORTISCONO!».

Eletto Anti-papa, nel 1963, Paolo VI segretamente ricopriva un’altra carica suprema:

quella di Capo dell’Ordine degli Illuminati di Baviera, e cioé, Capo supremo dell’Ordine degli assassini!

1 Cfr. “Chiesa viva”, n. 410, pp.18-19 e n. 411, pp.18-19.

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18 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

C arissimi, è veramente cambiatotutto e niente è più come pri-ma! Questo è un dato di fatto

che nessuno può negare! Nulla è più come prima. Da cosa… sivede? Dal rifiuto della Croce! Questonon cambia solo un aspetto del cristia-nesimo, ma cambia tutto. Chi ha vis-suto la vita delle parrocchie negli ulti-mi anni ha visto che l’accento è tuttosulla resurrezione, perché noi siamogià stati salvati da Cristo e dobbia-mo diventare coscienti di questa sal-vezza. Credo che nessuno possa nega-re di aver udito questo. Anche chi vuole rimanere in continuitàcon il passato della Chiesa, di fatto,legge il passato alla luce di questa ac-centuazione spropositata sulla resur-rezione e con una negazione di fattodella Croce e della sofferenza.Non sopportiamo più la croce, nonsopportiamo più la nostra croce eperciò non sopportiamo più la Crocedi Cristo. Non credo ci siano degliideologizzati contro la Croce di Cristo ma, di fatto, abbia-mo paura della nostra sofferenza e, quindi, rifiutiamo laCroce di Cristo e accettiamo la scomparsa della Passio-ne come fatto reale!Ricordate, alcuni anni fa, lo scandalo per il film di MelGibson “The Passion”?.. Non si può più parlare dellaPassione come fatto reale! Oggi, la sottolineatura non èpiù sulla sofferenza del Signore, reale, morale, fisica, masull’insegnamento che questa sofferenza può dare. Nondico che questo sia sbagliato, ma l’ultimo recupero, nel-l’annullamento della Passione e della Croce del Signore, èche ha un insegnamento morale, che ci insegna come cideve voler bene… ma non ci insegna la sofferenza reale,

questo mai! Questo è il grande tabù!Cosa ha fatto il Signore? Nella storiadella Chiesa, nel suo momento piùtragico, Egli ha suscitato un Santoche ha fisicamente vissuto la Passio-ne per tutta la sua vita sacerdotale.La Messa di Padre Pio la si com-prende solo col sangue di Padre Pio!Una ferita che non si chiude dà fasti-dio, immaginate tutta una vita con lestigmate! Cosa c’è di meno proponibi-le per la Chiesa di oggi di un sangueche non si ferma mai? Questo scanda-lizza: ha scandalizzato la Chiesa perdecenni ed è un giudizio terribile pernoi oggi, perché c’è il rischio di an-nullare Padre Pio, facendone unsanto di qualcosa d’“altro”, ma nondella Passione di Cristo!Noi abbiamo una grazia in più rispettoai fedeli che affollavano la chiesa di S.Giovanni Rotondo, quando era in vitaPadre Pio: essi non potevano valutaretutta la gravità della crisi che era inatto; noi oggi, invece, con un minimo

di sincerità di cuore e d’intelligenza, lo possiamo fare. Padre Pio, di fatto, ha vissuto ininterrottamente la Pas-sione di Nostro Signore Gesù Cristo nella sua carne!E questo ha anche risvolti morali: cosa ci dice questo? Che la Passione di N.S. Gesù Cristo non è terminata, per-ché, di fatto, Nostro Signore vuole associare alla sua Pas-sione le anime, per associarle anche alla sua redenzione.N.S. Gesù Cristo vuole essere aiutato nella redenzionedel mondo dalle sue creature, da poveri peccatori che de-vono sentire la vocazione di partecipare alla Sua Passione,come l’ha sentita e vissuta, in modo reale e mistico, PadrePio. QUESTO È IL CUORE DELLA MESSA DI SEM-PRE, IL CUORE DELLA MESSA CATTOLICA.

Ieri è stato l’anniversario dell’ordina-zione sacerdotale di San Pio da

Pietrelcina, avvenuta nella cattedrale di Benevento il 10 agosto del 1910.

Ecco un estratto della bellissima omelia di don Alberto Secci,Sacerdote del clero di Novara

che celebra in Rito Romano Antico.

IL RIFIUTO DELLA CROCEIL RIFIUTO DELLA CROCEdi don Alberto Secci

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“Chiesa viva” *** Ottobre 2017 19

Ma oggi, tutto è cambiato! Non si vuole più questo: N.S.Gesù Cristo – si dice – ci ha salvati con la sua morte inCroce e noi applichiamo i frutti della sua salvezza:questo è il “nuovo vangelo”, non il Vangelo Cattolico,ma il “vangelo protestante”: il “vangelo” di Lutero!Ma per questa sostituzione, hanno dovuto cambiare laMessa, perché la Messa di sempre non poteva consentireun cambiamento del cristianesimo di questa portata. Ed ora, noi siamo imbarazzati di fronte al fatto che Diochieda sofferenza, che Dio chieda la sofferenza ad un uo-mo: Padre Pio da Pietrelcina! Perché? Perché è necessa-rio che ci sia qualcuno che venga immolato con GesùCristo Nostro Signore per la redenzione delle anime.A Fatima, la Madonna chiese aitre bambini il sacrificio per fer-mare la guerra, per cambiare lesorti dell’umanità! Chiede il sa-crificio!!! Ma questo, oggi, è in-sopportabile! Vi parleranno di Fa-tima, ma non vi parleranno maidel Cuore di Fatima: la RIPA-RAZIONE!Avete mai visto, nel nuovo Messa-le, la Messa del S. Cuore? Hannolasciato l’orazione tradizionale,che dice di compiere una giusta ri-parazione, ma ne hanno messa afianco un’altra, a libera scelta. Per-ché? Perché la riparazione e la sof-ferenza sono insopportabili! E noinon sopportiamo più tutto questo. Bisogna reagire! Non si può piùaccettare un camuffamento del cri-stianesimo di questo tipo, perché siè toccato il cuore della Fede. Amici cari, è questione di vita odi morte: se non si accetta laCroce si diventa atei; non si per-de un aspetto del cristianesimo, masi perde Dio! Si perde Dio stesso,perché Dio ha deciso di soffrireper la nostra salvezza. La piùgrave bestemmia che possa esi-stere è il rifiuto della Croce; ilSacrificio di Cristo e il nostro sa-crificio. L’imbarazzo della Chiesa di oggi, nei confronti di Pa-dre Pio, sta nel fatto che tutta la sua vita non avrebbealcun senso se non immersa nel Cuore della Messa disempre e del Cristianesimo della Tradizione.Vi dico con sincerità: o la Messa è un’azione reale, o laMessa si identifica con la stessa Passione, oppure laMessa diviene una preghiera che può suscitare solo unaserie di sentimenti, di impegni tra i quali la carità. E pen-sare che saremo persino giudicati sulla carità! Ma non è questa la Messa!Io insisto: non è questa la Messa! La Messa è la Passio-ne di Nostro Signore perché «senza la sua Passione lacarità per me non è possibile!» (Rosmini).

Se la Messa non è la Passione di Gesù Cristo, pian piano,si trasforma in una semplice presenza morale del Signoreche può destare delle buone intenzioni, ma che porta alladistruzione della vita cristiana.Ora voglio spezzare una lancia a favore dei preti. Voi do-vete avere una grande carità nei confronti dei Sacerdo-ti, perché non sono stati loro a cambiare la Messa. UnSacerdote dà la vita per la Messa e se gli cambiano laMessa gli hanno distrutto la vita.Io ho una grande stima verso i Sacerdoti, perché è un mi-racolo se riescono a vivere ancora in questa situazione.Hanno tolto loro tutto! Ora vi chiedo di fare uno sforzo percomprendere fino in fondo questo dramma. Hanno trasfor-

mato il Sacerdote in un presidented’assemblea, in azione di preghie-ra, che dice: “Gesù è presente, Ge-sù ci vuol bene, ora dobbiamo vo-ler bene agli altri...”.Ma questa non è la Messa! LaMessa è la Messa Cattolica, è laMessa di Padre Pio, al quale il Si-gnore ha impresso la Sua Passionenella carne per 50 anni, per dirci:«Attenti! Non è con dei morali-smi che si vive il Cristianesimo».E loro cos’han fatto della Messa?Una continua meditazione! Avetemai visto il video dell’ultima Mes-sa di Padre Pio? È un uomo che èGesù, in quel momento! La gentepartecipa, unendosi moralmente ecantando, ma la Messa non la fan-no quelli che assistono! La Messa la fa Padre Pio!La “nuova” Messa è basata nonpiù sull’azione reale, ma sullameditazione personale. Questa èla fine del Cristianesimo! Immaginatevi ora, noi poveri preti:ci hanno tolto la Messa. Di cosaviviamo? Di cosa vivremo?Ma la Messa l’hanno tolta anchealle anime: come si fa a rimanerefedeli al matrimonio, come si fa adaccettare le gioie e le sofferenze diuna vita, ad accettare la malattia e

la morte, se non dentro l’azione di Cristo della MessaCattolica? Padre Pio disse: «Il mio compito finirà quan-do finirà la S. Messa nel mondo». Ora, mi vengono i bri-vidi, pensando che Padre Pio muore alla vigilia (1968)!..So che sono gravi le cose che dico. S. Alfonso Maria de Liguori, il grande santo della Mise-ricordia di Dio e del “Tu scendi dalle stelle”, disse:

«L’ANTICRISTO CERCHERÀ IL MODO

DI POR FINE ALLA MESSA… E CI RIUSCIRÀ!».

Padre Pio che celebra la sua ultima Messa.

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20 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

ORBÀN:IL DISCORSO DI UN PATRIOTA

UN DISCORSO PER NOI

Abbiate la pazienza di leggere questo ultimo discorso delPremier ungherese Viktor Orbán, tenuto come tradizio-ne all’annuale Summer University di Bálványos.Fatelo senza fanatismo entusiasta o esaltazioni inutili, per-ché è un grandioso discorso carico di lucido realismo ebuon senso; è un discorso senza filtri diplomatici, lin-guaggi istituzionali, conformismo ideologico. Per questomerita di essere analizzato in profondità.Più che un discorso è una visione dell’Europa, un’aspi-razione, un progetto di difesa e salvezza di una civiltàminacciata da una globalizzazione selvaggia, impietosae senza scrupoli.Il leader di una piccola nazione si erge a guida perchiunque oggi rivendichi il valore di un patriottismoeroico, spregiudicato, capace di difendere ciò che siama e ciò che ancora si è, da chi odia e vuole distrugge-re ciò che noi siamo.Le parole di Orbán non riguardano l’Ungheria, ma l’es-senza stessa della nostra identità europea dilaniata dal-la dissoluzione globalista imposta dalle élite tecnocrati-che e apolidi.Buona lettura.

OMAGGIO A TRUMP

Orbán ritiene l’elezione di Trump il sintomo  di un conflit-to che può emergere nel mondo occidentale «tra l’élite

transnazionale globale e leader nazionali patriottici».«Nel 2009, Obama tenne il suo primo discorso internazio-nale in un’importante città chiamata “Il Cairo”. L’attualepresidente degli Stati Uniti ha tenuto il suo primo discorsointernazionale in un’importante città chiamata “Varsavia”».E per misurare l’importanza di questo cambiamento,Orbán cita un passaggio del discorso di Trump: «La no-stra lotta per l’Occidente non inizia sul campo di batta-glia. Inizia nelle nostre menti, nelle nostre volontà enelle nostre anime. (…) La nostra libertà, la nostra ci-viltà e la nostra sopravvivenza dipendono da questi le-gami di storia, cultura e memoria».

LIBERTÀ ECONOMICA

«Una nazione forte non vive con i soldi di qualcun al-tro. Ringrazia istituzioni come il FMI per il loro aiuto ele saluta: rispedisce indietro i loro pacchi e spera dinon doverle più incontrare. Questo è ciò che hafatto l’Ungheria. Prima del 2010, i governi socialisti ave-vano agganciato la sopravvivenza della nazione alFMI; il problema è che una macchina può supportare lavita di un paziente aiutando la sua sopravvivenza, ma allafine, il paziente rimane fisicamente legato ad essa».

LA TRAPPOLA DEL DEBITO

«Un paese è forte se le sue finanze sono in ordine. Nessunpaese è forte se il suo deficit di bilancio è eccessivo; se le

di Maurizio Blondet - BLONDET & FRIENDS

Il Premier ungherese Viktor Orbán.

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“Chiesa viva” *** Ottobre 2017 21

sue imprese sono alla mercé dei creditori; se la sua po-polazione è stata attirata nella trappola del debito comefu quella ungherese con i prestiti in valuta estera».«Passo dopo passo, l’Ungheria è riuscita ad affrontare tut-te queste questioni (…) e oggi cresciamo quasi il doppiodella media dell’Unione Europea (…) e siamo in gradodi fornire posti di lavoro per tutti coloro che voglionolavorare. Pochi paesi del mondo sono in grado di farlo.Noi siamo uno di questi. Nel 2010, su una popolazione di10 milioni di abitanti, solo 3,6 milioni di ungheresi aveva-no un lavoro e solo 1,8 milioni pagava le tasse (…). Oggiin Ungheria 4,4 milioni di ungheresi lavorano e 4,4 mi-lioni pagano le tasse».

ASSET STRATEGICI

«Un piccola nazionecome l’Ungheria (chenon è grande come laGermania o gli Usa), èforte solo se possiede leindustrie strategiche chedeterminano il suo de-stino. Oggi lo Stato un-gherese possiede lamaggioranza nel setto-re energetico, in quellobancario e nel settoredei media. L’Ungheriaha speso circa 1000 mi-liardi di forini per riac-quistare la proprietà neisettori strategici e nellesocietà prima sciocca-mente privatizzate».

DEMOGRAFIA

«Per una nazione chevuole essere forte, il declino demografico dev’essere fuoriquestione. Una nazione che non è in grado di sostenersidemograficamente è destinata a scomparire».«Molti di voi hanno notato che in Ungheria spendiamouna grande quantità di soldi sulle politiche per la fami-glia. Volete sapere da dove prendiamo questi soldi? Liprendiamo dalle multinazionali sotto forma di tassespeciali».In tutto, spiega Orbán circa 500 miliardi di fiorini (quasi2 miliardi di euro) prelevati da banche, assicurazioni,società energetiche e telecomunicazioni e poi indirizza-te a politiche demografiche e di supporto familiare.

IMMIGRAZIONE

Il tema dell’immigrazione per Orbán si lega al temadella dissoluzione dell’Europa e dei suoi popoli:«La domanda principale per il prossimo decennio è sel’Europa resterà quella degli europei; se l’Ungheria ri-marrà il paese degli ungheresi, la Germania dei tede-schi, la Francia dei francesi, l’Italia degli italiani. Chisaranno i cittadini europei?».

«Qualcuno sostiene che l’integrazione risolverà il proble-ma. Ma non siamo a conoscenza di alcun processo di in-tegrazione riuscito. (…) Dobbiamo ricordare ai difen-sori della “integrazione riuscita”, che se persone porta-trici di visioni contrastanti  vengono a trovarsi nellostesso paese, non ci sarà integrazione, ma caos».«È del tutto evidente che la cultura dei migranti è inopposizione radicale alla cultura europea; e idee e valo-ri in conflitto si escludono a vicenda. Pensiamo al rapportouomo-donna nella cultura islamica: per gli europei hannogli stessi diritti mentre per i musulmani ciò è inaccettabile.Questi due approcci non possono coesistere, ed è solo unaquestione di tempo che uno o l’altro prenda il soprav-vento».«L’Immigrazione non può essere una risposta ai pro-

blemi economici. È co-me se dei naufraghi inmezzo all’Oceano ini-ziasseno a bere l’acquadel mare: non smorze-ranno il problema del-la loro sete, ma l’au-menteranno».

SOLIDARIETÀ

Orbán colpisce e affon-da la deformazioneideologica e ipocritadell’Europa:«C’è una parola cheemerge spesso nellapolitica europea: soli-darietà. Ma la solida-rietà non è un fine insé, ma solo un mezzo.Il fine dell’Europa èfare in modo «che i po-

poli nati qui vivano in pace, sicurezza, libertà e prospe-rità, in linea con i propri valori. Questo dovrebbe essereil fine, l’obiettivo dell’Europa. La solidarietà è solo unmezzo per ottenerlo».E poi un passaggio che servirebbe da lezione ai timidi epaurosi governanti italiani:«L’Ungheria si è difesa – e ha difeso l’Europa allo stes-so tempo – contro il flusso migratorio e l’invasione; eper farlo ha speso 260-270 miliardi di fiorini. L’UE harimborsato solo una piccola parte di tale somma. L’Unio-ne europea non dovrebbe parlare di solidarietà fino aquando non rimborserà all’Ungheria quanto deve. Fi-no ad allora, suggerisco di esercitare più modestia».

L’IMPERO SOROS

«A Bruxelles è stata forgiata un’alleanza. I membri diquesta alleanza sono i burocrati di Bruxelles, la loroélite politica e un sistema che può essere descritto come“Impero di Soros”. Quest’alleanza è stata forgiata controi popoli europei. E dobbiamo riconoscere che oggi Geor-ge Soros può perseguire più facilmente gli interessi del

Il Premier ungherese Viktor Orbán.

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22 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

suo impero a Bruxelles di quanto non possa farlo a Wa-shington o a Tel Aviv».

«Come al solito, quando l’élite si rivolge contro il propriopopolo, c’è sempre la necessità che gli inquisitori lancinoprocedimenti contro chi esprime il parere della gente» (…)Per questo non dobbiamo pensare alla lotta di fronte anoi come una cospirazione globale, ma dobbiamo de-scriverla e considerarla nel modo più ragionevole pos-sibile (…) esiste un PIANO SOROS che lui stesso hadescritto. Il piano si compone di quattro punti:

1. Ogni anno centinaia di migliaia di immigrati – sepossibile un milione – devono essere trasferiti nelterritorio dell’Unione Europea dal mondo musulma-no».

2. Ciascuno di essi deve ricevere un importo di 15.000euro (…) in modo da mantenere un flusso continuo(…) ciò che nella terminologia politica europea èchiamato “fattore di attrazione” (…) un importo su-periore al salario medio annuo ungherese».

3. I migranti devono essere distribuiti tra i paesi euro-pei nell’ambito di un meccanismo obbligatorio epermanente».

4. Deve essere istituita un’Agenzia europea per l’immi-grazione che prenda tutti i poteri decisionali svuo-tando di ruolo gli stati nazionali».

Questo è il PIANO SOROS.

L’ISLAMIZZAZIONE DELL’EUROPA

«Noi europei possiamo sopravvivere solo se riacquistia-mo la nostra sovranità dall’Impero di Soros. (…) Unavolta riconquistata la sovranità, dobbiamo riformare l’U-nione Europea. Nell’ambito di un programma comune i

migranti che sono giunti in Europa illegalmente devonoessere trasportati in un luogo diverso dal territorio del-l’Unione europea anche se questo può sembrare duro».«I partiti democristiani in Europa non sono più cristia-ni: cercano di soddisfare i valori e le aspettative cultu-rali dei media liberal e dell’intellighenzia. I partiti so-cialdemocratici non sono più socialdemocratici: hannoperso il proletariato e ormai sono i difensori della glo-balizzazione di una politica economica neo-liberale».«L’Europa, attualmente, si sta preparando a consegnare ilproprio territorio ad una nuova Europa, meticcia e isla-mizzata (…). Perché questo accada è necessario conti-nuare la de-cristianizzazione dell’Europa. La prioritàdeve essere data alle identità di gruppo piuttosto chealle identità nazionali e la governance politica deve es-sere sostituita con la burocrazia».

NOI, IL FUTURO

«Oggi l’Ungheria è l’ostacolo primario all’attuazionedel piano Soros (…) Per questo ci sono forze in Europache vogliono vedere un nuovo governo in Ungheria, co-sì da indebolire il blocco dell’Europa centrale che sioppone al progetto di islamizzazione».Poco prima Orbán aveva rivendicato l’importanza di Vise-grád Four, l’accordo tra Varsavia, Praga, Bratislava eBudapest, facendo parlare con una sola voce «gli entusia-sti polacchi, i sempre cauti cechi, i sobri slovacchi e i ro-mantici ungheresi». «Venticinque anni fa qui in Europacentrale credevamo che l’Europa fosse il nostro futuro;oggi ci sentiamo di essere il futuro dell’Europa».

… Lontani anni luce dalla pavida politica italiana,

non tutto è perduto… e la lotta è appena iniziata.

George Soros.

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“Chiesa viva” *** Ottobre 2017 23

GABRIEL GARCIA MORENOCapo di Stato - Statista cattolico -Assassinato dalla MassoneriaFranco Adessa

Nel secolo scorso, che vide l’Europain mano alle forze liberali e un Papaprigioniero, vide anche, in quel tor-mentato contesto storico, la gigante-sca figura di uno Statista cattolico,Gabriel Garcia Moreno, che seppecontrapporsi a quell’ondata laico-massonica sovversiva, riuscendo adapplicare, attraverso lotte eroiche, ladottrina sociale della Chiesa nel suoEcuador, già cristiano, ma che i sa-tanici Governi massonici avevanoprecipitato in una nuova barbarie!Ma nonostante le Logge massoni-che non gli dessero tregua, concontinui agguati e complotti, atten-tando alla sua vita, Garcia Morenocontinuò a combatterle, rifiutandopersino ogni protezione umana. Ealle sincere raccomandazioni deisuoi amici, egli rispondeva: «Diosarà il nostro scudo contro i dar-di del nemico. Se, però, cadremo,il premio sarà più glorioso, saràeterno!». E quel giorno venne. Fu il 6 agosto1875, a Quito. Uscendo dalla catte-drale, fu colpito dai sicari della Mas-soneria a coltellate e a revolverate.Crivellato di colpi, al loro grido:«Muori, carnefice della libertà!»,egli ebbe ancora la forza di rispon-dere: «Dio non muore!».

SEGNALIAMO:

«Guardati dall’uomo che ha letto un solo libro».

(S. Tommaso d’Aquino)

In Libreria

Oggetto: Papa FrancescoSe non si converte, ma forse ha già ven-duto l’anima, se non ritorna nel solco del-la Sacra Tradizione Apostolica, Dio lo pu-nirà terribilmente, poiché sta calpestandoil Sangue del Suo Figlio diletto, portandole anime alla dannazione eterna. Buona serata domenicale.

(Ornella)

***

Caro nel Signore, sto leggendo con molto dolore l'ultimo ar-ticolo che mi ha inviato circa la Sibilla ealtri, è incredibile ... vorrei fare alcune do-mande: in un momento in cui parlare delsegno è nel Logo dell'Anno Santo e inquello della Misericordia e della MedagliaMiracolosa.Mi può inviare queste pubblicazioni, co-me pure quelle sulla Massoneria.Da queste parti si vive questa realtà, nelcentro storico di San Nicola è l’azionedello stesso. Grato e fiducioso nella vostra preghieraraccomando sia la protezione dolce e po-tente della Madonna del Rosario di SanNicolas.

(Nelson Jose Calderon, cappellano)

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Grazie dell’invio della vostra rivista.(Vittorio Cristinelli)

***

Grazie. Scrivete della fine della tradizionemillenaria dell’Ordine di Malta ...Gli antichi cavalieri veri difensori dellaFede a Rodi e a Malta mai avrebbero im-maginato una fine dell’Ordine così inglo-riosa...

(Emilio Villa Castiglioni)

RAGAZZE e SIGNORINEin cerca vocazionale, se desiderate diventare

Religiose-Missionarie” – sia in terra di missione, sia restando in Italia –

per opere apostoliche, con la preghiera e il sacrificio,potete mettervi in contatto, scrivendo o telefonando a:

“ISTITUTO RELIGIOSO MISSIONARIO”Via Galileo Galilei, 121 - 25123 Brescia - Tel. e Fax: 030 3700003

Auguri di Natale, tutte le benedizioni a tee a “Chiesa viva”. Ti prego di tradurrequesto numero in Inglese e in Spagnolo.Tutto in Gesù e Maria

(Luis)

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Grazie mille!!!Forse però, visto che non tutti sono ad-dentro... è forse il caso di aggiungerequalche passaggio esplicativo in più (io ela matematica siamo due cose agli anti-podi!).Dio la benedica!

(Massimo Pietrangeli)

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Cari fratelli, sorelle e amici,apprezzo tantissimo ciò che leggo su“Chiesa viva”.Con voi mi sento davvero Cattolico.Vi scrivo per dirvi di spedirmi al più presto3 copie del libretto di Don Luigi Villa: “Ilgesuita, massone ed eretico Teilhard deChardin”. Ho sempre desiderato leggerequalcosa su questo eretico, ma non sonomai riuscito. Attendo i libretti.Dio vi aiuti e vi Benedica.

(Gesualdo Reale)

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Vi ringraziamo per la vostra cortesia e di-sponibilità nella spedizione del vostronuovo numero di “Chiesa viva” n° 500.Come per tutti i vostri precedenti, lo rileg-geremo più volte con moltissimo interes-se.Grazie ancora di tutto quello che fate persalvaguardare la Cristianità.Rinnoviamo i nostri più affettuosi auguridi Buon Natale e di un Buon anno.

(Alberto e Carlo Pitaffi)

Lettere alla Direzione

Per richieste:Editrice CiviltàVia G. Galilei 121 - 25123 BresciaE-mail: [email protected]

Su richiesta, pubblichiamo i codici IBAN delle Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà. IBAN IT16Q0760111200000011193257 (Italia) IBAN IT16Q0760111200000011193257 Codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXX (Europa) IBAN IT16Q0760111200000011193257 Codice BIC/SWIFT POSOIT22XXX (Resto del mondo)

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24 “Chiesa viva” *** Ottobre 2017

2 Gabriel Garcia Moreno (1) Capo di Stato, Statista cattolico – assassinato dalla Massoneria – del sac. L. Villa e F. Adessa16 Il segreto della tomba vuota (63) di F. Adessa18 Il rifiuto della Croce del sac. A. Secci 20 Orbán – il discorso di un patriota – di M. Blondet23 Lettere alla Direzione – In Libreria24 Conoscere il Comunismo

OTTOBRE 2017

SOMMARIO N. 508

GABRIEL GARCIAMORENO

SCHEMI DI PREDICAZIONEEpistole e Vangeli

Anno Adi mons. Nicolino Sarale

(Dalla XXVIII Domenica dur. l’annoalla XXXIII Domenica durante l’anno)

ITALIA IN GUERRA

Ma i disastri navali erano solo all’inizio!

– Il 1° giugno, il sommergibile tedescoUB 15 (U 11 per gli austriaci), nel cor-so di prove in mare, affondò il sommer-gibile italiano “Medusa”.

– Il 7 luglio, durante un’uscita offensivadalla base di Venezia, fu silurato eaffondato l’incrociatore corazzato“Amalfi”, che non era sufficientementescortato, secondo le accuse del Capo diStato Maggiore della Marina, Amm.Thaon di Revel, all’ Amm. Cagni, re-sponsabile dell’operazione. Il sommopoeta D’Annunzio indirizzò, “ai super-stiti dell’Amalfi”, un vibrante peana in-vitandoli a continuare la lotta come“gruppo armato terrestre Amalfi”, pervendicare i compagni affogati!..

– Il 18 luglio, durante un’azione di can-noneggiamento contro la costa dalmata(Cattaro), l’U4 austriaco, affondòl’in-crociatore “Garibaldi”.

– Il sommergibile “Nereide”, posto a pro-tezione dell’isola di Pelagosa, (occupatadal mese di giugno e con un presidio di90 uomini), da colpi di mano nemici, il4 agosto, veniva sorpreso e affondato.

– Il 16 agosto, al largo di Grado, per l’urtocontro una mina, affondò il sommergibi-le “Jalea”, (vi fu un solo superstite)!

– Il 27 settembre, nel primo mattino,

un’enorme esplosione scosse tutta lacittà di Brindisi: l’incrociatore corazza-to “Benedetto Brin”, alla fonda nelporto, fu distrutto dall’esplosione deldeposito munizioni (la “Santa Barba-ra”) sprofondando immediatamente nelbasso fondale!.. Perirono 456 uomini,tra i quali il comandante della nave el’Amm. Div. Rubin de Cervin coman-dante della 3a Divisione Navale.

Il governo italiano fece credere che il di-sastro dell’incrociatore Benedetto Brinnon fosse dovuto a un sabotaggio nemi-co; la commissione d’inchiesta, a novem-bre, presentò una stupefacente conclusio-ne (ancora sostenuta, dopo oltre 100 anni,dalla Marina Militare - n.d.r.): «Esclusetra le cause del disastro quelle che pote-vano riferirsi ad agente esterno, quellederivanti da dolo, quelle dovute a cattivaorganizzazione dei servizi interni, quelledipendenti da incuria del personale, ri-mangono quelle di una spontaneaesplosione e quella di un’imprudenza, maquest’ultima non si può concepire perchéil personale è sempre perfettamente con-scio»!26

Ma il Capo della Polizia, Vigliani, ebbeforti sospetti che si trattasse di un’azionedi sabotaggio austriaca e, pertanto, or-dinò l’infiltrazione di collaboratori nel-le reti di spionaggio nemiche direttedai centri di Zurigo e Lucerna. Il Capo di Stato Maggiore della Marina,l’Amm. Thaon di Revel rassegnò le di-missioni per le profonde divergenzecon il comandante dell’Armata NavaleLuigi Amedeo di Savoia Duca degliAbruzzi, circa la concezione e la condot-ta della guerra navale così disastrosa.Non è possibile conoscere, neppure ap-prossimativamente, il numero dei caduti edispersi in mare!.. Le informazioni del-l’epoca, sottoposte a stretta censura, era-no poche e inattendibili. Gli organi distampa, con i loro inviati, contribuivanocon un’informazione opportunista, pa-triottarda, servile, che nascondeva l’entitàdei disastri, le enormi perdite soprattuttoin vite umane e, particolarmente, gli uo-mini migliori, tra i quali gli entusiasti vo-lontari, che nelle radiose giornate dellemanifestazioni interventiste, si eranoprontamente arruolati.Lo testimonia un documento del coman-dante del II Corpo d’Armata, Gen. Rei-soli: «Il comando dell’Armata vuole chesia bene impresso nella mente di tutti, chele perdite che s’incontrano nel corsodell’azione siano rese note alle autoritàsuperiori solo se strettamente necessa-rio durante l’azione stessa, sempre in

a cura del Gen. Enrico Borgenni

Il generale Luigi Cadorna.

Conoscere il Comunismomodo riservatissimo e mai per telegram-ma che non sia cifrato».Gli enormi cumuli di morti davanti aireticolati delle trincee austriache dove-vano essere nascosti il più possibile,perché l’ordine era: «Avanti ad ogni co-sto»!.. Non a caso il comandante di que-sta II Armata, il Gen. Frugoni, in un or-dine riservatissimo ai suoi dipendenti,stabiliva che «un reparto deve essere ri-tenuto non più idoneo a proseguire nelcombattimento, SOLO QUANDO HAPERDUTO ALMENO I TRE QUAR-TI DELLA FORZA»!27

26 A. Paloscia, “Benedetto XV tra le spie”. Edito-ri Riuniti, 2007, pp. 53-54. All’epoca, si ipotizzavaun’instabilità dei nuovi esplosivi di lancio, alla ni-trocellulosa, delle artiglierie navali analoga a quel-la delle dinamiti e delle gelatine esplosive. Pertan-to, nei depositi, in questi esplosivi, si potevano ve-rificare parziali separazioni dei componenti (la cel-lulosa dalla nitroglicerina), che determinavano,quindi, una pericolosa sensibilità, causa di esplo-sioni accidentali. Nei decenni successivi tutte leesperienze anche di guerra, dimostreranno la com-pleta infondatezza di tale ipotesi.27 G. Rocca, “Cadorna, Le scie”, Mondadori Edi-tore, 1985, pp. 91-92.

(continua)