CESARE PAVESE

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CESARE PAVESE , citazioni e commenti. A cura della Prof.ssa Celeste Sebastiani A. Dal diario “Il mestiere di vivere” : “La poesia nasce dagli istanti in cui leviamo il capo e scopriamo con stupore la vita.  Anche la normalità diventa poesia quando si fa contemplazione, cioè cessa di essere normalità e diventa prodigio...” “I miei racco nti sono - in quanto riescono - sto rie di un contempla tor e che osser va accader e cose più grandi di lui”. Credo valga la pena di proporsi questo grandioso esercizio di rendere la normalità stupore. Questo rende in qualche modo l’uomo nella sua dignità, mette a frutto i talenti che abbiamo e non sfruttiamo e permette in modo specialissimo di “gustare” la vita. In realt à, noi siamo sempre parchi di gesti “poetici”, che abbiano in tutta la ricchezza del nostro cuore, perché forse non siamo educati a questo. L’immagine che mi viene è la tenerezza con cui un padre può abbracciare il proprio figlio o andargli incontro o dargli af fetto; ma se non diamo “affetto” in questa vi ta, quando? Seguendo l’esempio di pr ima, qua nti padri fanno così? Quanti si vergognano di manifestare il proprio cuore? Nella poesia epica latina il vero eroe era il “pius”, il debole a volte, ma che si scuoteva per il dolore di un amico o per la nostalgia della casa... Ora crediamo, invece, che l’uomo (in senso lato, l’adulto) sia l’imperturbabile, il forte che predomina e comanda. B. Marzo 1950 : “Non ci si uccide per amor e di una donna, ma pe rché un amor e, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”. Un “amore”, di qualunque tipo, interpella sempre, non ti fa stare comodo. E’ vero che mette a nudo il nostro cuore, nelle sue domande fondamentali, nella sua sete di cercare una corrispondenza, nel suo bisogno di trovarla, possederla. Non ci si può strappare questa impronta interiore: siamo fatti per cercare e trovare la felicità, non di meno. Questo “grida” la poesia di tutti i tempi e di tutti gli uomini; c’è soltanto chi, per quieto vivere o per mediocrità, pensa ad altro, ma tutti condividiamo un’uguale condizione esistenziale, che è fatta per il bene. Trovato il bene, il positivo della vita - quando accade - resta poi da concludere che non ci si uccide affatto… C. Cos’è il “mito” per Pavese ? E’ ciò che sta “in fondo alla coscienza”. Dal saggio “Del mito, del simbolo ed altro” : “A un luogo, tra tutti, si dà un significato assoluto, isolandolo nel mondo. Così sono nati i sant uar i. Così a cias cuno i luoghi dell’infa nzia ritornano alla memoria ; in essi accaddero cose che li han fatti unici e li trascelgono sul resto del mondo con questo suggello mitico”. Una preferenza non è un fatto di organizzazione o di percentuali di tempi o spazi ; è ciò che “trasceglie” una persona, o dei luoghi, rispetto al resto, come luce anche per il resto, non come eliminazione d’altro. Pavese ha col to nel segno su cosa sono si mboli camente i “santua ri” : c’è una presenza, un faro sul mondo circostante, non sono solo oggetti d’arte...Notevole pure il pa ragone del santuario con un fa tt o naturale; anche la fede è qualcosa di

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CESARE PAVESE, citazioni e commenti.

A cura della Prof.ssa Celeste Sebastiani

A.Dal diario “Il mestiere di vivere” :

“La poesia nasce dagli istanti in cui leviamo il capo e scopriamo con stupore la vita. Anche la normalità diventa poesia quando si fa contemplazione, cioè cessa di esserenormalità e diventa prodigio...” “I miei racconti sono - in quanto riescono - storie di un contemplatore che osservaaccadere cose più grandi di lui”.

Credo valga la pena di proporsi questo grandioso esercizio di rendere la normalitàstupore. Questo rende in qualche modo l’uomo nella sua dignità, mette a frutto italenti che abbiamo e non sfruttiamo e permette in modo specialissimo di “gustare”la vita.In realtà, noi siamo sempre parchi di gesti “poetici”, che abbiano in sé tutta laricchezza del nostro cuore, perché forse non siamo educati a questo. L’immagine chemi viene è la tenerezza con cui un padre può abbracciare il proprio figlio o andargliincontro o dargli affetto; ma se non diamo “affetto” in questa vita, quando?Seguendo l’esempio di prima, quanti padri fanno così? Quanti si vergognano dimanifestare il proprio cuore?Nella poesia epica latina il vero eroe era il “pius”, il debole a volte, ma che siscuoteva per il dolore di un amico o per la nostalgia della casa... Ora crediamo,invece, che l’uomo (in senso lato, l’adulto) sia l’imperturbabile, il forte che predominae comanda.

B.Marzo 1950 : “Non ci si uccide per amore di una donna, ma perché un amore,

qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”.

Un “amore”, di qualunque tipo, interpella sempre, non ti fa stare comodo. E’ vero chemette a nudo il nostro cuore, nelle sue domande fondamentali, nella sua sete dicercare una corrispondenza, nel suo bisogno di trovarla, possederla. Non ci si puòstrappare questa impronta interiore: siamo fatti per cercare e trovare la felicità, nondi meno. Questo “grida” la poesia di tutti i tempi e di tutti gli uomini; c’è soltanto chi,per quieto vivere o per mediocrità, pensa ad altro, ma tutti condividiamo un’ugualecondizione esistenziale, che è fatta per il bene. Trovato il bene, il positivo della vita -quando accade - resta poi da concludere che non ci si uccide affatto…

C.Cos’è il “mito” per Pavese ? E’ ciò che sta “in fondo alla coscienza”.Dal saggio “Del mito, del simbolo ed altro” :

“A un luogo, tra tutti, si dà un significato assoluto, isolandolo nel mondo. Così sononati i santuari. Così a ciascuno i luoghi dell’infanzia ritornano alla memoria ; in essiaccaddero cose che li han fatti unici e li trascelgono sul resto del mondo con questosuggello mitico”.

Una preferenza non è un fatto di organizzazione o di percentuali di tempi o spazi ; èciò che “trasceglie” una persona, o dei luoghi, rispetto al resto, come luce anche peril resto, non come eliminazione d’altro.

Pavese ha colto nel segno su cosa sono simbolicamente i “santuari” : lì c’è unapresenza, un faro sul mondo circostante, non sono solo oggetti d’arte...Notevole pureil paragone del santuario con un fatto naturale; anche la fede è qualcosa di

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corrispondente alla normalità, per questo si può imparare tanto la fede, quanto adamare le cose. Tutto sta ad allenarsi a vedere in cose concrete un significatoassoluto. La cosa più incredibile è, tuttavia, spiegare che nella semplicità della vitaquotidiana delle persone si intrecci un fatto assoluto, simbolico; ma cosa c’è che puòavere più valore di questo? Era quello che rese immortale la poesia antica (quello

che incarnavano gli eroi e i miti: la straordinarietà nella normalità; l’amore oltre lamorte; la vittoria nonostante la sconfitta; la stima e il valore riconosciuti anchenell’avversario di guerra; la dignità dell’uomo affermata anche di fronte alla violenzapiù estrema, ecc.).

D.Da “Il mito”, saggio del 1950 :“Il mito è ciò che accade-riaccade infinite volte nel mondo sublunare, eppure è unico,fuori del tempo, così come una festa ricorrente si svolge ogni volta come fosse la

 prima, in un tempo che è il tempo della festa, del non-temporale...” 

Interessante questo “ideale di vita”: costruire realtà, rapporti, che abbiano questa

qualità di “festa”, genuina, come l’inizio. E’ un mito o può essere davvero realtà?

E.Da “Il mestiere di vivere” :“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno. Ricordare una cosa significavederla - ora soltanto - per la prima volta”.

F.Dal primo numero del giornale “Unità”, 20 maggio 1945, dal suo articolo dal titolo“Ritorno all’uomo”, nel quale presenta qual è il compito della nuova letteratura (ilneorealismo) : (ed era appena finita la II guerra mondiale, immedesimiamoci in quel

putiferio che poteva vedere un uomo allora davanti ai suoi occhi...)“Noi non andremo verso il popolo. Perché siamo già popolo. Andremo se mai versol’uomo. Perché questo è l’ostacolo, la crosta da rompere : la solitudine dell’uomo, dinoi e degli altri. Il nuovo stile sta tutto qui. E, con questo, la nostra felicità. Sapevamoe sappiamo che dappertutto, dentro gli occhi più ignari e più torvi, cova una carità,un’innocenza che sta in noi condividere. (...) Parlare. Le parole sono il nostromestiere. Sentiamo tutti di vivere in un tempo in cui bisogna riportare le parole allasolida e nuda nettezza di quando l’uomo le creava per servirsene. Il nostro compito èdifficile ma vivo. E’ anche il solo che abbia un senso e una speranza. Sono uominiquelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noialtri quando scordiamoche la vita è comunione”.

No comment. Prova tu ora a dire la tua reazione a queste parole.

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