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MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO adottato dalla Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” Versione aggiornata e deliberata dal Consiglio Direttivo in data 31 gennaio 2018

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MODELLO DI ORGANIZZAZIONE,

GESTIONE E CONTROLLO

adottato dalla Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA

ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,

delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”

Versione aggiornata e deliberata dal Consiglio Direttivo in data 31 gennaio 2018

SOMMARIO

PARTE GENERALE

1. IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231

1.1 Regime di responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001

1.2 Apparato sanzionatorio

1.3 Modello di organizzazione, gestione e controllo ai fini dell’esonero della responsabilità

1.4 Linee guida di Confindustria

1.5 Normativa Anticorruzione

2. LA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA

2.1 Profilo aziendale

2.2 Mission statement

2.3 Governance e assetto istituzionale

2.4 Struttura organizzativa

3. L’ADOZIONE DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO

DA PARTE DELLA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA

3.1 Obiettivi perseguiti con l’adozione del Modello

3.2 Scopo e principi base del Modello

3.3 Struttura del Modello

3.4 Destinatari del Modello

3.5 Adozione del Modello e successive modifiche

4. REATI RILEVANTI E AREE/ATTIVITÀ SENSIBILI DELLA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA AI SENSI DEL D.LGS. 231/2001

4.1 Elenco dei reati‐presupposto ex D.Lgs. 231/2001

4.2 Individuazione dei reati rilevanti nella Fondazione Teatro Stabile Torino

ai fini dell’applicazione del D.Lgs.231/2001

4.3 Aree e attività sensibili ai sensi del D.Lgs. 231/2001

5. ORGANISMO DI VIGILANZA

5.1 Individuazione e nomina dell’Organismo di vigilanza

5.2 Funzioni e poteri dell’Organismo di vigilanza

5.3 Flussi informativi e whistleblowing

6. SISTEMA DISCIPLINARE

6.1 Principi generali

6.2 Criteri di irrogazione delle sanzioni

6.3 Campo di applicazione

6.4 Sanzioni per i lavoratori dipendenti

6.5 Misure nei confronti degli amministratori e dei dirigenti

6.6 Misure nei confronti di collaboratori, professionisti esterni e fornitori

7. LA FORMAZIONE E COMUNICAZIONE INTERNA

7.1 La comunicazione

7.2 La formazione

7.3 Informativa a collaboratori, professionisti esterni e fornitori

PARTE SPECIALE

1. STATUTO DELLA FONDAZIONE  

2. CODICE ETICO 

3.CATALOGO DEI REATI PRESUPPOSTO DELLA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI  DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N.231 

4. STRUTTURA ORGANIZZATIVA  

 5. Protocollo Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione

6. REGOLAMENTO PER GLI AFFIDAMENTI DI LAVORI, FORNITURE E SERVIZI MEDIANTE PROCEDURE SEMPLIFICATE

7. Gestione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro

8. DOCUMENTO PER LA SICUREZZA DEI TRATTAMENTI DI DATI PERSONALI E sistemi informativi

9. Gestione dei rischi in materia ambientale

10. REGOLAMENTO PER IL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE  

11. PIANO DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE    

Allegato – Modulo standard per le segnalazione all’OdV

PARTE GENERALE

1) IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231

1.1 REGIME DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA EX D.LGS. 231/2001

Con il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (di seguito anche “Decreto”), emanato in attuazione della delega conferita al Governo con l’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300 è stata dettata la disciplina della “responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”.

Tale disciplina si applica agli enti dotati di personalità giuridica, nonché alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

Il D.Lgs. 231/01 trova la sua genesi in alcune convenzioni internazionali e comunitarie ratificate dall’Italia che impongono di prevedere forme di responsabilità degli enti collettivi per talune fattispecie di reato.

Quanto poi al profilo soggettivo, il Legislatore, all’articolo 5 del Decreto, prevede la responsabilità dell’ente qualora il reato sia commesso da:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (c.d. “apicali”);

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a) (c.d. "sottoposti”).

Costoro devono aver agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.

Per quanto attiene alla nozione di “interesse”, esso si concretizza ogniqualvolta la condotta illecita sia posta in essere con l’intento di far conseguire un beneficio alla società o all’ente, indipendentemente dalla circostanza che tale obiettivo sia stato conseguito.

Alternativamente la responsabilità può ricadere sulla persona giuridica ogniqualvolta l’autore dell’illecito, pur non avendo agito al fine di beneficiare quest’ultima, le abbia comunque fatto conseguire un “vantaggio” economico o di altra natura.

La responsabilità amministrativa dell’ente è invece esclusa, per espressa previsione legislativa (art. 5, comma 2, del D.Lgs. 231/01), se i soggetti apicali e/o i loro sottoposti hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è comunque autonoma rispetto alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato. Ai sensi dell’art. 8, comma 1, la responsabilità dell'ente sussiste anche quando:

a) l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;

b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.

La responsabilità amministrativa dell’ente è collegata alla commissione – da parte dei soggetti di cui sopra – degli specifici “reati presupposto” previsti dal Decreto.

La responsabilità amministrativa dell’ente può essere tuttavia esclusa ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Decreto se:

a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

1.2 APPARATO SANZIONATORIO

Qualora venga accertata la responsabilità dell’ente, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, sono comminabili ai sensi dell’art. 9 del Decreto, le seguenti sanzioni:

sanzione pecuniaria, calcolata tramite un sistema basato su quote, che vengono determinate dal giudice nel numero e nell’ammontare, entro limiti definiti per legge. La sanzione può variare da un minimo di € 25.822,84 a un massimo € 1.549.370,70 (aumentabile fino a 10 volte nel caso di abusi di mercato);

sanzioni interdittive (applicabili anche in via cautelare) di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni (con la precisazione che, ai sensi dell’art. 14, comma 1, D.Lgs. 231/01, “Le sanzioni interdittive hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l’illecito dell’ente”) che, a loro volta, possono consistere in:

- interdizione dall’esercizio dell’attività;

- sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

- divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

- esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi;

- divieto di pubblicizzare beni o servizi;

- confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare);

- pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva).

1.3 MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO AI FINI DELL’ESONERO DELLA RESPONSABILITÀ

Il D.Lgs. 231/01, in caso di reato commesso da un soggetto in posizione apicale, attribuisce “valore esimente” al Modello di organizzazione, gestione e controllo, escludendo la responsabilità dell’ente, nel caso in cui l’ente medesimo provi che (art. 6, comma 1):

• l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un Modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

• il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

• le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il Modello;

• non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo preposto al controllo.

In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Il Modello dovrà rispondere a diverse esigenze:

• individuare le “aree a rischio” ovvero le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;

• prevedere misure e procedure specifiche volte alla prevenzione dei reati rilevanti;

• individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati;

• prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello;

• introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

In relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, il Modello deve prevedere misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

L’efficace attuazione del Modello richiede una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando siano scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengano mutamenti normativi ovvero nell’organizzazione o nell’attività dell’ente.

Nel caso in cui venga contestato all’ente uno dei reati ‐ presupposto ai sensi del D.Lgs. 231/2001, l’’ente potrà dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati al soggetto apicale, provando la sussistenza dei sopra elencati requisiti tra loro concorrenti e, di riflesso, la circostanza che la commissione del reato non deriva da una propria “colpa organizzativa.”

Invece, nel caso di un reato commesso da soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, l’ente risponde se la commissione del reato è stata resa possibile dalla violazione degli obblighi di direzione o vigilanza alla cui osservanza l’ente stesso è tenuto.

1.4 LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA

L’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 231/2001 stabilisce che i modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della Giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.

Confindustria ha definito le Linee guida per la costruzione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo fornendo, tra l’altro, indicazioni metodologiche per l’individuazione delle aree di rischio (settore/attività nel cui ambito possono essere commessi reati), la progettazione di un sistema di controllo (i c.d. protocolli per la programmazione della formazione ed attuazione delle decisioni dell’ente) e i contenuti del Modello di organizzazione, gestione e controllo. La versione più recente delle Linee guida è stata aggiornata nel marzo 2014.

In particolare, tali Linee guida prevedono per la definizione del modello, le seguenti fasi:

• identificazione dei rischi e stesura dei protocolli;

• adozione di alcuni strumenti generali tra cui: Codice Etico riferito alla realtà aziendale e ai reati ex D.Lgs. 231/2001; sistema sanzionatorio creato ad hoc; individuazione dei criteri per la scelta dell’Organismo di vigilanza, indicazione dei suoi compiti e poteri e degli obblighi di informazione.

1.5 NORMATIVA ANTICORRUZIONE

Alla luce della L. 190/2012 e delle varie delibere, circolari e determine dell’ANAC (con particolare riguardo alla Determina 8/2015), i modelli di organizzazione gestione e controllo adottati dagli enti controllati o partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni sono, altresì, funzionali agli adempimenti legati alla prevenzione della corruzione.

La legge 190/2012 disciplina un complesso sistema di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, nell’ambito del quale è previsto che gli enti controllati dalla P.A adottino un apposito Piano di prevenzione della corruzione (art. 1, commi 5, 8, 9, 10, 12).

A tale proposito, l’ANAC ha precisato l’esigenza di tenere conto della necessità di coordinamento tra quanto previsto nella legge 190/2012 con le disposizioni del D.Lgs. 231/2001, prevedendo che i Piani di prevenzione della corruzione possano “fare perno” sul Modello 231 eventualmente adottato dall’ente.

2) LA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA

2.1 PROFILO AZIENDALE

La CASCINA ROCCAFRANCA, realizzata grazie all'impiego dei fondi del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2, è stata inaugurata il 18 maggio 2007.

La gestione della struttura e del relativo progetto è stata affidata alla Fondazione Cascina Roccafranca, frutto di una partnership tra Città di Torino e il raggruppamento di 44 associazioni ed enti.

Un centro culturale e di animazione sociale, che fin dalla sua apertura, ha suscitato nei cittadini un diffuso apprezzamento sia per l’intervento di recupero fisico, di grande qualità architettonica, sia per le scelte funzionali e gestionali caratterizzate dall’accoglienza, dall’ascolto e da una programmazione ricca di iniziative ed opportunità per partecipare attivamente alla vita sociale e culturale della comunità.

Con la fine del 2010 si è chiusa la fase di sperimentazione del progetto Cascina Roccafranca, che aveva come obiettivo la verifica della attuabilità del progetto, con particolare riferimento:

- al modello gestionale-organizzativo

- ai contenuti delle attività

- alla ricerca della maggiore auto-sostenibilità possibile

Con il prolungamento dell’attività della Fondazione Cascina Roccafranca fino al 2015 e successivamente fino al 2025, deliberato a dicembre 2015 dal Comune di Torino, si è reso necessario avviare un serio lavoro di riflessione sul funzionamento complessivo del progetto e sul raggiungimento degli obiettivi che ci si era dati nel 2006 all’interno del Programma pluriennale di attività.

Attraverso il bilancio sociale 2010-2015 si è avviato un nuovo percorso di valutazione e di riprogettazione, che oltre a fotografare quello che è successo e a descrivere i meccanismi ed i processi che stanno alla base di tutto il lavoro di questi anni, ma anche per continuare a fare della Cascina un progetto “in movimento”, in grado di ascoltare i bisogni degli abitanti del quartiere, capace di cambiare ed evolversi, in accordo con le esigenze sempre nuove del contesto sociale e territoriale in cui si inserisce, capace di apprendere dall’esperienza attraverso percorsi di verifica e riprogettazione sia dei contenuti che delle iniziative attivate.

Il progetto della Cascina Roccafranca, così come si è venuto via via definendo in questi anni, presenta alcuni punti fondamentali e irrinunciabili che abbiamo tentato di sintetizzare in alcuni obiettivi che descriviamo qui di seguito. Declinare questi obiettivi in attività quotidiane, insieme ad uno stile di lavoro innovativo che sia fatto proprio da tutti gli operatori coinvolti nelle diverse attività, e anche da coloro che sono chiamati ad amministrare e a gestire la struttura, è la sfida che abbiamo davanti, e che ha come fine il permettere alla Cascina Roccafranca di consolidare la propria identità. Di diventare sempre più un luogo simbolico sul territorio, riconosciuto dai cittadini come centro promotore di socialità, di appartenenza alla comunità locale, in cui costruire beni per la collettività. Un luogo nel quale i cittadini, i gruppi informali e le associazioni possono trovare uno spazio per incontrare altre persone ed altre realtà, ed essere così meglio protagonisti delle proprie scelte. Un luogo che consenta di riscoprire l’impegno non come fatica, ma come piacere di condividere con altri progetti, idee, speranze.

2.2 MISSION STATEMENT

La Fondazione “Cascina Roccafranca” (nel seguito definita anche semplicemente “Fondazione”), così come definito nell’articolo 2 del suo Statuto, ha lo scopo di gestire lo spazio definito “Cascina Roccafranca” nella prospettiva di promuovere azioni in materia di gestione urbana che colleghino il quartiere Mirafiori ad altre istituzioni e lo rendano luogo di sperimentazione di forme di promozione e di aggregazione sociale. La gestione della Cascina Roccafranca dovrà porre particolare attenzione alla sperimentazione di soluzioni integrate che tengano conto delle potenzialità e delle esigenze specifiche della popolazione residente nell’area.

La Fondazione ha inoltre lo scopo di migliorare le condizioni di vita quotidiana degli abitanti in particolare attraverso:

-   la costruzione ed il miglioramento delle relazioni e modalità di aggregazione dei cittadini, di diverse fasce d’età ed estrazioni sociale;

-   la garanzia d’accesso ai diritti di cittadinanza a tutti gli abitanti del territorio;

-   la creazione di un luogo capace di accogliere non solo esigenze e bisogni, ma anche capacità, idee, proposte emergenti dalla popolazione, le risorse informali presenti sul territorio.

-   La promozione della creazione, all’interno dei servizi sociali, sanitari, culturali, educativi presenti sul territorio, di una modalità di lavoro comune per rispondere sempre efficacemente alle richieste dei cittadini.

La Fondazione opera attraverso una co-programmazione ed una gestione dell’attività che garantisca l’interazione tra amministrazione pubblica nelle sue articolazioni centrali e decentrate e privato sociale.

2.3 GOVERNANCE E ASSETTO ISTITUZIONALE

La Fondazione ha sede in Torino e opera in Torino concentrando i suoi interventi sul territorio della Circoscrizione 2 S.Rita- Mirafiori.

Fondatore dell’Ente è Il Comune di Torino. Sono Soci Partecipanti 44 tra associazioni ed Enti che operano nel erritorio torinese.

Il patrimonio della Fondazione è costituito dal fondo di dotazione iniziale indisponibile determinato in sede di atto costitutivo, dai beni immobili, dai valori mobiliari e dalle somme conferite dagli Aderenti e dai Sostenitori, espressamente destinati ad incremento del patrimonio, dai beni immobili e mobili e dalle altre contribuzioni che perverranno alla Fondazione a qualsiasi titolo da parte di soggetti pubblici e/o privati, espressamente destinati ad incremento del patrimonio, dalle somme derivanti dalle rendite non utilizzate, dai crediti relativi alle voci che precedono. Le entrate della Fondazione, tutte disponibili per il raggiungimento degli scopi statutari, dalle rendite e dai proventi derivanti dal patrimonio, dalle attività istituzionali e dalle attività commerciali accessorie, da eventuali largizioni, erogazioni e contributi da parte di soggetti pubblici e privati.

Sono Organi della Fondazione:

a) il Presidente;

b) il Consiglio Direttivo;

c) il collegio dei Partecipanti

Il Presidente del Consiglio Direttivo ha la legale rappresentanza dell’Ente, anche di fronte ai terzi e in giudizio, e ne promuove l’attività. In particolare, spetta al Presidente della Fondazione:

• la convocazione, la presidenza e la predisposizione dell’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio Direttivo;

• l’esecuzione delle deliberazioni del Consiglio Direttivo;

• l’adozione, nei casi di necessità e urgenza, degli atti di competenza del Consiglio Direttivo, che sottopone alla ratifica di tale Organo nella prima riunione utile;

• il compimento, nei limiti del bilancio preventivo approvato, di tutti gli atti di gestione ordinaria e straordinaria rientranti negli scopi di cui al precedente art. 2, ivi incluso il potere di assumere impegni, contrarre obbligazioni, stipulare contratti, disporre pagamenti, riscossioni, apertura e chiusura di conti correnti bancari e/o postali, nonché compiere ogni altro atto attuativo degli scopi istituzionali o comunque attinente alla gestione dell’Ente.

 Il Consiglio Direttivo provvede all'amministrazione generale della Fondazione, con criteri di economicità ed efficienza, nel pieno rispetto del presente Statuto e dell’Atto Costitutivo della Fondazione.

Il Consiglio Direttivo della Fondazione è costituito da cinque membri. Tre membri sono nominati dal Fondatore, i restanti due membri dai Partecipanti.

Il Consiglio Direttivo è convocato dal Presidente di propria iniziativa o quando ne facciano richiesta almeno la metà più uno dei membri. L'avviso di convocazione deve contenere l'ordine del giorno della seduta, il luogo e l'ora e deve essere portato a conoscenza dei membri del Consiglio Direttivo, con i mezzi ritenuti idonei dal Presidente.

Salvo che non sia diversamente previsto nel presente Statuto, il Consiglio Direttivo è validamente costituito con la presenza della metà più uno dei suoi membri e delibera a maggioranza semplice dei presenti. Nel caso di parità di voti, il voto del Presidente vale doppio.

I membri riferiti al Fondatore, sono nominati secondo quanto previsto dall’art. 42 dello Statuto della Città di Torino. Sono membri di diritto l’Assessore pro-tempore di riferimento indicato dal Sindaco di Torino ed il Presidente pro-tempore della Circoscrizione competente territorialmente. Il Collegio dei Partecipanti nomina i membri di sua competenza con il voto favorevole della maggioranza semplice dei presenti secondo quanto previsto dal proprio Regolamento.

I membri del Consiglio Direttivo restano in carica 3 (tre) anni, salvo revoca motivata, e comunque fino alla nomina dei loro successori. I membri del Consiglio Direttivo sono riconfermabili.

Il Consiglio Direttivo può stabilire il riconoscimento di un gettone di presenza ai propri membri, secondo quanto stabilito dalla normativa vigente.

Il Consiglio Direttivo ha tutti i poteri per l’Amministrazione ordinaria e straordinaria della Fondazione.

In particolare provvede a:

a) deliberare il conto consuntivo annuale, il bilancio preventivo annuale e la relazione accompagnatoria e finanziaria;

b) deliberare sull’accettazione di elargizioni, donazioni, legati, eredità e lasciti ;

c) individuare le aree di attività della Fondazione:

d) eleggere, nel proprio seno, il Presidente della Fondazione;

e) deliberare, con il voto favorevole della maggioranza di tre quinti dei membri, le modifiche dallo Statuto;

f) deliberare, con il voto favorevole della maggioranza di tre quinti dei membri, lo scioglimento dell’Ente e la devoluzione del patrimonio ai sensi del presente Statuto;

g) svolgere ogni ulteriore compito ad esso affidato dal presente Statuto.

Le deliberazioni riguardanti la nomina del Presidente della Fondazione, l’approvazione del bilancio, le modificazioni, statutarie nonché lo scioglimento della Fondazione e la devoluzione del suo patrimonio potranno essere adottate validamente con il voto favorevole della maggioranza dei membri di nomina del Fondatore.

 Il Collegio dei Partecipanti è composto da tutti i Partecipanti alla Fondazione.

Fanno parte dei Partecipanti tutte le singole associazioni e gruppi regolarmente iscritti al Collegio dei Partecipanti.

Possono ottenere la qualifica di Partecipanti le Istituzioni, le persone giuridiche (pubbliche o private) e i gruppi spontanei organizzati che contribuiscono alla vita della Fondazione e alla realizzazione dei suoi scopi mediante apporti di natura ideale od intellettuale e/o contributi in denaro, annuali o pluriennali, con le modalità e in misura non inferiore a quella stabilita dal Consiglio Direttivo ovvero con un'attività, anche professionale, di particolare rilievo o con l'attribuzione di beni materiali o immateriali alla Fondazione.

I soggetti di cui al comma 2 che desiderano acquisire la qualifica di partecipanti dovranno presentare apposita domanda al Presidente della Fondazione. Ricevuta la domanda, il Presidente la esaminerà nella prima riunione utile del Consiglio Direttivo, che delibererà sull’ammissione. Il Consiglio Direttivo comunicherà al candidato l’esito della domanda nella forma ritenuta più opportuna.

I Partecipanti possono destinare il proprio contributo a specifici progetti rientranti nell'ambito delle attività della Fondazione.

Le persone giuridiche o gli Enti sono rappresentati nel Collegio dei Partecipanti da un loro incaricato, nominato in conformità dei rispettivi statuti.

Il Collegio dei Partecipanti nomina i membri del Consiglio Direttivo di sua competenza con il voto favorevole della maggioranza semplice dei presenti.

Il Collegio dei Partecipanti è convocato dal Presidente della Fondazione, almeno una volta l'anno ovvero quando ne facciano richiesta almeno 5 membri.

Il Direttore della Fondazione è responsabile della direzione e della corretta esecuzione delle attività della Fondazione.

Il Direttore:

-   dà esecuzione alle delibere del Consiglio Direttivo, con discrezionalità tecnica;

-   ha il compito della gestione amministrativa e della tenuta dei libri sociali della Fondazione;

- redige come segretario i verbali delle riunioni del Consiglio Direttivo;

- predispone il bilancio preventivo ed il conto consuntivo che vengono presentati al Consiglio Direttivo per l’approvazione;

-   coordina la struttura tecnica, il personale della Fondazione, nonché i professionisti esterni di cui la Fondazione può avvalersi per lo svolgimento della propria attività; ha il potere di eseguire tutte le operazioni bancarie della Fondazione con firma congiunta al Presidente;

- promuove la costituzione di un gruppo di lavoro, composto da funzionari dei settori Cultura, Politiche per l’Integrazione, Risorse Educative, Lavoro, della Circoscrizione 2 e della Fondazione Cascina Roccafranca, per favorire il coordinamento e l’integrazione delle attività svolte dalla Cascina Roccafranca con le politiche e i progetti dell’Amministrazione Comunale

Il Revisore dei Conti è scelto e nominato dal Fondatore tra persone iscritte nel Registro dei Revisori Contabili.

Il Revisore, organo consultivo contabile della Fondazione, vigila sulla gestione finanziaria della Fondazione, accerta la regolare tenuta delle scritture contabili, esamina le proposte di bilancio preventivo e di conto consuntivo, redigendo apposite relazioni, ed effettua verifiche di cassa.

Il Revisore resta in carica 3 anni e può essere riconfermato.

2.4 STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Non soltanto l’assetto istituzionale e di governo della Fondazione Cascina Roccafranca ma, in generale, tutto il suo

sistema organizzativo è interamente strutturato in modo da assicurare alla Fondazione l’attuazione delle strategie e il raggiungimento degli obiettivi definiti. La struttura della Fondazione, infatti, è stata creata e sviluppata tenendo conto della necessità di dotare la Fondazione di un’organizzazione tale da garantirle la massima efficienza ed efficacia operativa. Essa descrive la rete dei rapporti di gerarchia, funzione e responsabilità con cui il Consiglio Direttivo e la Direzione implementano l’organizzazione del lavoro ed è sintetizzata dallo schema dell’organigramma funzionale.

L’organigramma descrive l’organizzazione aziendale e insieme costituisce uno strumento di gestione, basato sulla chiarezza della distribuzione delle responsabilità, del lavoro e della interdipendenza dei ruoli.

Proprio perché revisionabile, esso è specificamente collegato alle effettive necessità aziendali e alle disponibilità di bilancio.

Nella struttura organizzativa (Parte Speciale) sono descritti dettagliatamente, la denominazione dei vari aree, l’attribuzione dei compiti specifici, le principali mansioni.

3) L’ADOZIONE DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE,

GESTIONE E CONTROLLO

DELLA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA

3.1 OBIETTIVI PERSEGUITI CON L’ADOZIONE DEL MODELLO

Al fine di assicurare la correttezza nella conduzione delle attività della Fondazione e con l’ottica di diffondere e promuovere l’integrità e la trasparenza, la Fondazione ha ritenuto opportuno recepire le indicazioni del D.Lgs. 231/01 e dotarsi di un Modello di organizzazione, gestione e controllo atto a prevenire il rischio di commissione di reati contemplati dal Decreto stesso.

La decisione di adozione del Modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito anche “Modello”) è stata attuata nell’intento di tutelare la propria immagine, gli interessi e le aspettative dei dipendenti, degli associati, dei committenti e del pubblico, nonché di sensibilizzare tutti i collaboratori e tutti coloro che operano in nome e per conto della Fondazione secondo i dettami del D.Lgs. 231/01.

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo è stato adottato dal Consiglio Direttivo, conformemente alle previsioni dell’art. 6 del Decreto stesso, che prevede il Modello come espressione dell’organo dirigente dell’ente.

3.2 SCOPO E PRINCIPI BASE DEL MODELLO

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo risponde all’esigenza di perfezionare il proprio sistema di controlli interni e di evitare il rischio di commissione di reati.

Tale obiettivo è conseguito mediante l’individuazione delle attività sensibili e dei reati rilevanti, la predisposizione di un sistema organico e strutturato di procedure e l’adozione di un adeguato sistema di controllo dei rischi.

I principi base del Modello consistono nel:

• rendere consapevole il potenziale autore del reato di commettere un illecito contrario ai principi e agli interessi della Fondazione anche quando apparentemente l’illecito stesso procurerebbe un vantaggio all’Ente;

• permettere di monitorare le attività sensibili e intervenire per prevenire la commissione del reato ed eventualmente rinforzare il sistema di controllo interno modificando le procedure, i livelli autorizzativi o i sistemi di supporto.

Il presente Modello di organizzazione, gestione e controllo è stato realizzato tenendo presenti le prescrizioni del D.Lgs. 231/01 e le linee guida elaborate dalle principali associazioni rappresentative di categoria (tra cui Confindustria).

L’attività di redazione è stata accompagnata dalle seguenti azioni:

• è stato adottato un Codice Etico;

• sono stati verificati i poteri autorizzativi e di firma nonché le procedure manuali e informatiche atte a regolare lo svolgimento dell’attività, prevedendo gli opportuni punti di controllo;

• sono state identificate le aree a rischio di commissione di reati ai sensi del D.Lgs. 231/01 attraverso l’analisi delle attività svolte, delle procedure esistenti, delle prassi, dei livelli autorizzativi, con particolare riferimento ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro. L’Ente, in particolare, ha proceduto a una attenta analisi finalizzata alla individuazione delle aree potenzialmente interessare;

• per le aree a rischio sono stati definiti adeguati sistemi di controllo interno al fine di prevenire la commissione di reati e sono state adeguate le relative procedure organizzative;

• è stato identificato un Organismo di vigilanza, al quale è stato attribuito il compito di vigilare sulla corretta applicazione del Modello attraverso il monitoraggio delle attività e la definizione di flussi informativi dalle aree sensibili;

• sono stati attribuiti a tale Organismo di vigilanza e ai vertici aziendali compiti e poteri tali da garantire l’effettiva vigilanza sull’applicazione e l’adeguatezza del Modello anche ai fini della configurazione dell’esimente;

• è stato previsto, in conformità alla normativa esistente in materia, un sistema disciplinare da applicare in caso di violazione del Modello;

• è stata avviata un’operazione di sensibilizzazione e formazione a tutti i livelli aziendali sul Modello, sulle procedure aziendali e sull’adesione alle regole comportamentali previste dal Codice Etico.

I sistemi di controllo interno in atto si basano sui principi base di:

• adeguata tenuta documentale e tracciabilità delle operazioni rilevanti (es. verbali, note, istruttorie, delibere di accesso a finanziamenti);

• adesione al Codice Etico (ad esempio, regole di comportamento con le Pubbliche Amministrazioni);

• idonei requisiti di indipendenza, autonomia, professionalità e continuità d’azione dell’Organismo di vigilanza;

• obbligo di comunicazione periodica di informazioni rilevanti dalle singole funzioni aziendali all’Organismo di vigilanza al fine di assicurare un sistema di controllo di gestione in grado di fornire tempestiva segnalazione dell’esistenza di situazioni di criticità generale o particolare;

• obbligo di documentazione dei controlli effettuati (eventualmente attraverso la redazione di verbali);

• applicazione di sanzioni per la violazione delle norme previste dal Codice Etico e delle regole previste dal Modello di organizzazione, gestione e controllo.

Pertanto, scopo del Modello è la predisposizione di un sistema organizzativo formalizzato e chiaro per quanto attiene all’attribuzione di responsabilità, alle linee di dipendenza gerarchica e alla descrizione dei compiti, con la specifica previsione dei momenti di controllo e delle sanzioni derivanti da violazioni delle regole adottate.

3.3 STRUTTURA DEL MODELLO

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dalla Fondazione si compone di una Parte Generale e di una Parte Speciale.

La Parte Generale descrive i contenuti e gli impatti del D.Lgs. 231/2001, i principi base e gli obiettivi del Modello, i reati rilevanti nell’attività della Fondazione e le relative aree/attività sensibili, i compiti dell’Organismo di vigilanza, le modalità di adozione, diffusione, aggiornamento e applicazione dei contenuti del Modello, nonché la previsione del sistema disciplinare.

La Parte Speciale, oggetto di progressivo aggiornamento, è costituita dai protocolli organizzativi elaborate e adottati sulla base della mappatura delle aree di rischio e delle attività sensibili, dall’elenco dei reati‐presupposto ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e da una serie di altri regolamenti che normano ogni aspetto dell’attività istituzionale della Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA.

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo si integra sia con i principi e le disposizioni contenuti nel Codice Etico, sia con l’insieme delle regole e dei meccanismi di controllo già applicati all’interno della Fondazione.

A seguito degli adempimenti dettati dalla L. 190/2012, dal D.Lgs. 33/2013 e dai provvedimenti dell’ANAC, nella Parte Speciale è stato inserito anche il Piano di Prevenzione della Corruzione (al cui interno è a sua volta inserito il Programma Triennale per la Trasparenza).

3.4 DESTINATARI DEL MODELLO

Le regole e le disposizioni contenute nel Modello si applicano e devono essere rispettate da coloro che svolgono, anche di fatto, funzioni di gestione, amministrazione, direzione o controllo della Fondazione, dai dipendenti, nonché da coloro i quali, pur non appartenendo alla Fondazione, operano su mandato della medesima.

Sono quindi “Destinatari” del presente Modello:

‐ i titolari di qualifiche formali riconducibili alla definizione di “soggetti apicali” (amministratori, direttore );

‐ i lavoratori subordinati, in forza di qualsiasi tipo di rapporto contrattuale (stagisti; collaboratori legati da contratti a termine; collaboratori a progetto);

‐ chiunque agisca in nome e per conto della Fondazione sotto la sua direzione e vigilanza a prescindere dal vincolo di subordinazione.

Ai collaboratori, consulenti, fornitori, partners commerciali e altre controparti contrattuali in genere, pur non riconducibili alla definizione di Destinatari del Modello (pertanto non assoggettabili alle sanzioni disciplinari in caso di violazioni al Modello), la Fondazione richiede il rispetto delle prescrizioni dettate dal Decreto e dei principi etici adottati dalla Fondazione, tramite la sottoscrizione di specifiche clausole contrattuali che assicurino l’impegno al rispetto delle norme di cui al D.Lgs. 231/01, dei principi etici e delle linee di condotta adottati dalla Fondazione stessa.

3.5 ADOZIONE DEL MODELLO E SUCCESSIVE MODIFICHE

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo viene adottato dal Consiglio Direttivo della Fondazione nel corso di apposita seduta.

Essendo il Modello un atto di emanazione dell’organo di vertice della Fondazione, le successive modifiche e integrazioni sono rimesse esclusivamente al Consiglio Direttivo della Fondazione.

4) REATI RILEVANTI E AREE/ATTIVITÀ SENSIBILI

DELLA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA

AI SENSI DEL D.LGS. 231/2001

4.1. REATI‐PRESUPPOSTO EX D.LGS. 231/2001

Attualmente i reati per i quali è prevista la responsabilità diretta degli enti1 sono:

1) Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (art. 24 e 25 D.Lgs.231/01):

malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316‐bis c.p.);

indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art. 316‐ter c.p.);

truffa (art. 640 c.p.);

truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640‐bis c.p.);

frode informatica (art. 640‐ter c.p.).

concussione (art. 317 c.p. );

corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.);

corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.);

circostanze aggravanti (art. 319‐bis c.p.);

corruzione in atti giudiziari (art. 319‐ter c.p.);

induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319‐quater);

corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)

pene per il corruttore (art. 321 c.p.);

istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.);

peculato, concussione, induzione a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione dei membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.

2) Delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24‐bis D.Lgs. 231/01):

falsità in un documento informatico pubblico o avente efficacia probatoria (art. 491‐bis c.p.);

accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (art. 615‐ter c.p.);

detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615‐ quater c.p.);

diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615‐quinquies c.p.);

intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617‐quater c.p.);

Installazione di apparecchiature atte a intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617‐quinquies c.p.);

danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635‐bis c.p.);

danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635‐ter c.p.);

danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635‐quater c.p.);

danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635‐ quinquies c.p.);

frode informatica del certificatore di firma elettronica (art. 640‐quinquies c.p.)

3) Delitti di criminalità organizzata (art. 24‐ter, D.Lgs. 231/01):

associazione per delinquere (art. 416 c.p.)

associazione di tipo mafioso anche straniere (art. 416‐bis c.p.

scambio elettorale politico‐mafioso (art. 416‐ter c.p.);

sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.);

associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 DPR 9 ottobre 1990, n. 309);

illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo (art. 407, co.2, lett. a), numero 5), c.p.p.).

4) Reati di falso nummario (art. 25‐bis D.Lgs. 231/01):

falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.);

alterazione di monete (art. 454 c.p.);

spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.);

spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.);

falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.);

contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.);

fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.);

uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 c.p.);

contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.);

introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

5) Delitti contro l’industria e il commercio (art. 25‐bis D.Lgs. 231/01):

turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.);

illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513‐bis c.p.);

frodi contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.);

frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.);

vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.);

vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.);

fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517‐terc.p.);

contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517‐quater c.p.);

6) Reati societari (art. 25‐ter D.Lgs. 231/01):

false comunicazioni sociali (art. 2621, 2621‐bis e 2622 c.c.);

impedito controllo (art. 2625, comma 2, c.c.);

indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.);

illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.);

illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.);

operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.);

omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2629‐bis c.c.)

formazione fittizia di capitale (art. 2632 c.c.)

indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.);

corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)

illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.);

aggiotaggio (art. 2637 c.c.);

ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, commi 1 e 2, c.c.);

7) Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e

dalle leggi speciali (art. 25‐quater D.Lgs. 231/01)

Diversamente da quanto accade per gli altri reati previsti dal D.Lgs. 231/01, l’art. 25‐quater opera un rinvio generale “aperto” a tutte le ipotesi attuali e future di reati per:

delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale;

associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico (art. 270‐bis c.p.);

assistenza agli associati (art. 270‐ter c.p.);

arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270‐quater c.p.);

organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270‐quater.1 c.p.);

addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270‐ quinquies c.p.);

condotte con finalità di terrorismo (art. 270‐sexies c.p.);

attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.);

atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (art. 280‐bis c.p.);

sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289‐bis c.p.);

istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo (art. 302c.p.).

finanziamento al terrorismo (art. 2, Convenzione New York del 9 dicembre 1999);

misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica (art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modifiche nella Legge 6 febbraio 1980, n. 15).

8) Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25‐quater D.Lgs. 231/01):

pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583‐bis c.p.).

9) Delitti contro la personalità individuale (art. 25‐quinquies, D.Lgs. 231/01):

riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.);

prostituzione minorile (art. 600‐bis c.p.);

pornografia minorile (art. 600‐ter c.p.);

detenzione di materiale pornografico (art. 600‐quater);

pornografia virtuale (art. 600‐quater.1 c.p.);

iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600‐quinquies c.p.);

tratta di persone (art. 601 c.p.);

acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);

adescamento di minori (art. 609 –undecies c.p.);

violenza sessuale (art. 609‐ bis c.p.);

atti sessuali con minorenne (art. 609‐quater c.p.);

corruzione di minorenne (art. 609‐ quinquies c.p.);

violenza sessuale di gruppo (art. 609‐octies c.p.).

10) Reati di abuso di mercato (art. 25‐sexies, D.Lgs. 231/01):

abuso di informazioni privilegiate (D.Lgs. 24.02.1998, n. 58, art. 184);

manipolazione del mercato (D.Lgs. 24.02.1998, n. 58, art. 185).

11) Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25‐ septies, D.Lgs. 231/01) :

omicidio colposo (art. 589 c.p.);

lesioni personali colpose gravi o gravissime (art. 590 c.p.).

12) Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25‐ octies,

D.Lgs. 231/01) :

ricettazione (art. 648 c.p.)

riciclaggio (art. 648‐bis c.p.);

impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648‐ter c.p.);

autoriciclaggio (art. 648‐ter.1 c.p.)

13) Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25‐novies, D.Lgs. 231/01)

messa a disposizione del pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un’opera dell’ingegno protetta, o di parte di essa (art. 171, L. 633/1941 comma 1 lett. a) bis);

reati di cui al punto precedente commessi su opere altrui non destinate alla pubblicazione qualora ne risulti offeso l’onore o la reputazione (art. 171, L. 633/1941 comma 3);

abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaborazione, importazione, distribuzione, vendita o detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE; predisposizione di mezzi per rimuovere o eludere i dispositivi di protezione di programmi per elaboratori (art. 171‐ bis L. 633/1941 comma 1);

riproduzione, trasferimento su altro supporto, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati; estrazione o reimpiego della banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di dati (art. 171‐bis L. 633/1941 comma 2);

abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, di opere dell’ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio di dischi, nastri o supporti analoghi o ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; opere letterarie, drammatiche,

scientifiche o didattiche, musicali o drammatico‐musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva, vendita o commercio, cessione a qualsiasi titolo o importazione abusiva di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi; immissione in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa (art. 171‐ter L. 633/1941);

mancata comunicazione alla SIAE dei dati di identificazione dei supporti non soggetti al contrassegno o falsa dichiarazione (art. 171‐septies L. 633/1941);

fraudolenta produzione, vendita, importazione, promozione, installazione, modifica, utilizzo per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale (art. 171‐octies L. 633/1941).

14) Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria

(art. 25‐novies decies, D.Lgs. 231/01):

induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 377‐bis c.p.).

15) Reati ambientali (art. 25‐undecies, D.Lgs. 231/01):

Codice penale

inquinamento ambientale (art. 452‐bis c.p.)

disastro ambientale ( art. 452‐quater c.p.)

delitti colposi contro l’ambiente ( art. 452‐quinquies c.p.)

traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività ( art. 452‐sexies c.p.)

circostanze aggravanti ( art. 452 – octies c.p.)

uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette ( art. 727‐bis c.p.)

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152: Reati previsti dal Testo Unico sull’Ambiente

norme in materia ambientale ‐ sanzioni penali ( art. 137):

scarichi sul suolo (art. 103);

scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee (art. 104)

scarichi in reti fognarie (art. 107));

scarichi di sostanze pericolose (art. 108);

divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi (art. 187);

attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256):

bonifica dei siti ( art. 257)

violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari) (art.258)

traffico illecito di rifiuti (art. 259)

attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260)

sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti ( art. 260‐bis)

sanzioni (art. 279, in relazione all’art. 271).

Legge 7 febbraio 1992, n. 150: Reati in materia di commercio internazionale di animali in via di estinzione

commercio di esemplari di specie dell'allegato A, appendice I, ed allegato C, parte 1 ( art. 1 legge 7 febbraio 1992, n. 150)

commercio degli esemplari di specie dell'allegato A, appendice I e III, ed allegato C, parte 2 ( art. 2 legge 7 febbraio 1992, n. 150)

altre fattispecie ( art. 3‐bis legge 7 febbraio 1992, n. 150)

divieto di detenzione di esemplari costituenti pericolo per la salute e l'incolumità pubblica ( art. 6 legge 7 febbraio 1992, n. 150).

Legge del 28 dicembre 1993, n. 549: Misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente

Cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive (art. 3 legge 549/1993)

Decreto legislativo del 6 novembre 2007, n. 202: Attuazione della Direttiva 2005/35/CE relativa

all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni

inquinamento doloso ( art 8 D.Lgs. 202/2007)

inquinamento colposo ( art. 9 D.Lgs. 202/2007)

16) Impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25‐duodecies, D.Lgs. 231/01):

lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato (art. 22 decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)

17) Reati transnazionali (Legge 16 marzo 2006, n. 146, artt. 3 e 10).

L’art. 3 della legge definisce “reato transnazionale” il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché (i) sia commesso in più di uno Stato, (ii) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; (iii) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; (iv) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

18) Delitti di cui alla Parte III, Titolo III, Capo II del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 relativo agli illeciti

penali in tema di trattamento dei dati personali (trattamento illecito di dati, falsità nelle dichiarazioni

e notificazioni al Garante, ecc.):

trattamento illecito di dati (art. 167 Parte III, Titolo III, Capo II del D.Lgs. 196.);

falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante (art. 168 Parte III, Titolo III, Capo II del D.Lgs. 196);

inosservanza di provvedimenti del Garante (art. 170 Parte III, Titolo III, Capo II del D.Lgs. 196) distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto ( art. 733‐bis c.p.)

4.2 INDIVIDUAZIONE DEI REATI RILEVANTI PER LA FONDAZIONE CASCINA ROCCAFRANCA AI FINI DELL’APPLICAZIONE

DEL D.LGS.231/2001

Nel presente paragrafo si trova un’elencazione delle fattispecie di reato rilevanti in relazione all’attività specifica della Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA.

REATI RILEVANTI

Reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 25)

Delitti informatici e trattamento illecito dei dati (art. 24‐bis)

Reati societari (art. 25‐ter)

Reati di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazioni delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25‐septies)

Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25‐octies)

Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25‐nonies)

Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 25‐ decies)

Reati ambientali (art. 25‐undecies)

Impiego di cittadini di paesi terzi con soggiorno irregolare (art. 25‐duodecies)

Inoltre ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e della Legge 146/2006 è sempre rilevante per gli enti il rischio di commissione del reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e di reato transnazionale (Legge 146/2006) i cui processi sensibili sono mutuati da quelli individuati per i reati rilevanti sopra descritti.

Si segnala in particolare che, in relazione ai reati societari previsti nel Codice Civile (come da ultimo modificato dalla Legge 69/2015), pur essendo dibattuta l’effettiva applicabilità degli stessi alla Fondazione, sono state comunque previste apposite regole di controllo interno volte a prevenire la commissione di reati.

I reati previsti dal D.Lgs. 231/2001, sono presidiati, oltre che dai sistemi di controllo previsti per i reati contro la Pubblica Amministrazione, anche dall’applicazione delle regole contenute nel Codice Etico e, laddove necessario, dalle singole procedure organizzative.

Non risultano invece poter interessare concretamente la Fondazione i seguenti reati presupposto:

Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art.25‐bis);

Delitti contro l'industria e il commercio (art. 25‐bis.1);

Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico (art. 25‐quater);

Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25‐quater.1);

Delitti contro la personalità individuale (art. 25‐quinquies);

Abusi di mercato (art. 25‐sexies).

4.3. AREE E ATTIVITÀ SENSIBILI AI SENSI DEL D.LGS.231/2001

Alla luce dei reati rilevanti elencati nel paragrafo 4.2, la Fondazione è giunta all’individuazione delle aree a rischio ai fini del D.Lgs. 231/2001 a seguito di una dettagliata analisi dei processi e dell’operatività aziendali. In tal senso si è proceduto alla rilevazione e alla mappatura dei rischi riscontrati con specifico riferimento alle attività effettivamente svolte e alle funzioni di fatto esercitate dagli addetti.

Si riportano di seguito le principali attività sensibili individuate nel corso dell’analisi condotta:

Reati contro la Pubblica Amministrazione e reato di corruzione tra privati

- gestione dei rapporti con soggetti aventi rilevanza esterna per la Fondazione;

- gestione dei pagamenti per forniture di beni e servizi/per consulenze e prestazioni professionali;

- selezione e gestione di fornitori e consulenti/professionisti esterni;

- selezione e assunzione del personale;

- gestione di omaggi e spese di rappresentanza;

- gestione delle richieste di contributi pubblici per l’erogazione di formazione a dipendenti;

- gestione dei rimborsi spese dipendenti;

- gestione dei rapporti con gli Enti Pubblici Previdenziali e Assistenziali;

- processo di gestione delle erogazioni di contributi nell’ambito dell’attività istituzionale della Fondazione;

- attività di gestione dei rapporti e delle richieste avanzate dal Revisore dei Conti;

- partecipazioni a bandi per l’ottenimento di contributi pubblici;

Reati Societari

- gestione dei rapporti con le Autorità di Vigilanza;

- attività di gestione dei rapporti con il Revisore;

- gestione dei conflitti di interesse;

- attività di investimento;

Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro

- gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;

Reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita nonché autoriciclaggio

- processo di gestione delle erogazioni di contributi nell’ambito dell’attività istituzionale della Fondazione;

Reati di criminalità informatica

- Utilizzo, gestione e monitoraggio dei sistemi informativi;

- gestione documentazione avente finalità probatoria;

Reati ambientali

- gestione dei rifiuti e di prevenzione delle fughe di sostanze ozono lesive in atmosfera;

Reato di impiego di cittadini di paesi terzi con soggiorno irregolare

- attività di selezione e assunzione di personale strutturato;

- attività di selezione e affidamento di incarichi a società di consulenza e/o a professionisti;

- attività di selezione dei fornitori di manodopera, ivi comprese le imprese appaltatrici.

Reati di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità di vigilanza

- gestione dei rapporti con soggetti aventi rilevanza esterna per la Fondazione.

In riferimento a ciascuna delle suddette aree di rischio, sono stati definiti all’interno di specifici Protocolli i principi procedurali atti a mitigare i fattori di rischio di commissione dei reati .

5) ORGANISMO DI VIGILANZA

5.1 INDIVIDUAZIONE E NOMINA DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

Essendo la Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA un ente di piccole dimensioni, sia per numero di dipendenti che per il valore del proprio bilancio economico, per l’individuazione e nomina dell’organismo di vigilanza si avvarrà della possibilità che il Legislatore ha previsto nella norma della Legge n.231/01 art.6 comma 4 “Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente”

Pur avvalendosi di tale facoltà la Fondazione ritiene opportuno che l’Organo Dirigente svolga direttamente i compiti indicati avvalendosi però della consulenza di professionisti esterni, ai quali affidare l’incarico di effettuare  periodiche verifiche sul rispetto e l’efficacia del Modello.

5.2 FUNZIONI E POTERI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

All’Organismo di vigilanza della Fondazione è affidato sul piano generale il compito di vigilare:

• sull’osservanza del presente Modello da parte dei destinatari (come elencati nel paragrafo 3.4);

• sull’efficacia e adeguatezza del Modello in relazione alla struttura aziendale e alla capacità di prevenire la commissione dei reati di cui al D.Lgs. 231/2001;

• sull’opportunità di aggiornamento del Modello, sollecitando a tal fine gli organi competenti, laddove si riscontrino esigenze di adeguamento dello stesso in relazione a mutate condizioni aziendali e/o normative ovvero a segnalazioni di gravi violazioni dello stesso.

Su un piano più operativo, all’Organismo di vigilanza della Fondazione è affidato il compito di:

• suggerire le valutazioni sull’implementazione del sistema di controllo fermo restando che la responsabilità primaria sul controllo delle attività di gestione, anche quelle riconducibili ad aree di attività individuate come sensibili, con riferimento alle prescrizioni di cui al D.Lgs. 231/2001, resta comunque demandata al management operativo e forma parte integrante dei processi aziendali;

• condurre ricognizioni sull’attività aziendale ai fini di un aggiornamento della mappatura delle attività sensibili, tenendo conto del contesto aziendale con riferimento alle informazioni acquisite dai soggetti responsabili delle aree della Fondazione;

• effettuare periodicamente verifiche mirate su determinate operazioni o specifici atti posti in essere dalla Fondazione, soprattutto nell’ambito delle attività sensibili, i cui risultati devono essere riassunti in un’apposita relazione da esporsi in sede di reporting agli organi deputati;

• promuovere iniziative finalizzate alla diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi di cui al presente Modello, predisponendo, a tale scopo, idonea documentazione organizzativa interna ‐necessaria ai fini del funzionamento del Modello stesso ‐ che illustri in maniera compiuta le istruzioni nonché eventuali chiarimenti o aggiornamenti;

• raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del Modello, nonché aggiornare la lista di informazioni che devono essergli trasmesse o tenute a sua disposizione;

• coordinarsi con le funzioni aziendali (anche attraverso eventuali apposite riunioni) per il miglior monitoraggio delle attività nelle aree sensibili. A tal fine, l’Organismo di vigilanza viene tenuto costantemente informato sull’evoluzione delle attività nelle suddette aree a rischio ed ha libero accesso a tutta la documentazione aziendale rilevante. All’Organismo di vigilanza devono essere inoltre segnalate da parte del management eventuali situazioni dell’attività aziendale che possano esporre l’azienda al rischio di reato;

• condurre eventuali indagini interne per l’accertamento di presunte violazioni delle prescrizioni di cui al

presente Modello;

• coordinarsi con i Responsabili delle Funzioni aziendali per i diversi aspetti attinenti all’attuazione del presente Modello (definizione delle clausole standard, formazione del personale, provvedimenti disciplinari);

• valutare le esigenze di aggiornamento del Modello, anche attraverso apposite riunioni con le varie funzioni aziendali interessate.

5.3 FLUSSI INFORMATIVI E WHISTLEBLOWING

L’Organismo di Vigilanza deve essere tempestivamente informato, mediante apposito sistema di comunicazione interna, in merito ad atti, comportamenti od eventi che possano determinare una violazione del Modello e del Codice Etico o che, più in generale, siano rilevanti ai fini del D.Lgs. 231/01.

I flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza si suddividono nelle seguenti categorie:

AD EVENTO

Ciascun destinatario del presente Modello è tenuto a segnalare eventuali violazioni o sospetti di violazione del Codice Etico o dei principi di controllo previsti nel Modello stesso (c.d. “segnalazioni”).

In particolare, devono essere raccolte eventuali segnalazioni relative:

i) alla commissione, o al ragionevole pericolo di commissione, dei reati richiamati dal D.lgs. 231/01;

ii) a “pratiche” non in linea con le norme di comportamento emanate dalla Fondazione;

iii) minacce, pressioni, offerte o promesse di danaro o altra utilità, ricevute al fine di indurre a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci una persona chiamata a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando tale persona ha facoltà di non rispondere;

iv) comportamenti che, in ogni caso, possono determinare una violazione del Modello;

Oltre alle segnalazioni di cui sopra, devono essere obbligatoriamente trasmesse all’Organismo di Vigilanza le informazioni concernenti (c.d. “informazioni”):

- i provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati contemplati dal D.Lgs. 231/01 e che possano coinvolgere la Fondazione;

- ogni atto o citazione a testimoniare che veda coinvolti soggetti della Fondazione o che collaborano con essa, quando la persona chiamata a testimoniare ha facoltà di non rispondere secondo le disposizioni del codice di procedura penale;

- le richieste di assistenza legale inoltrate dai dipendenti in caso di avvio di procedimento giudiziario nei loro confronti ed in relazione ai reati di cui al D.Lgs. 231/01;

- le notizie relative ai procedimenti disciplinari svolti e alle eventuali sanzioni irrogate ovvero ai provvedimenti di deviazione di tali procedimenti con le relative motivazioni;

- le comunicazioni inerenti modifiche organizzative e societarie;

- anomalie o criticità riscontrate dai responsabili nello svolgimento delle attività sensibili per l’applicazione del D.Lgs. 231/01.

REPORT PERIODICI

In capo a ciascun Responsabile di area, in qualità di soggetto preposto alla completa e corretta adozione delle regole aziendali a presidio dei rischi individuati nei settori di sua competenza, è altresì previsto l’obbligo di:

- trasmettere all’Organismo di Vigilanza, su base periodica, i dati e le informazioni da questi richieste o previste dal presente Modello;

- trasmettere i rapporti di audit inerenti aree e/o processi sensibili ai sensi del Decreto;

Di particolare importanza risultano inoltre essere i flussi informativi tra il Responsabile per la prevenzione della corruzione e l’Organismo di vigilanza.

FLUSSI PROVENIENTI DA CHIUNQUE VI ABBIA INTERESSE

Oltre alle segnalazioni obbligatorie e ai report periodici, qualunque soggetto, interessato o altrimenti coinvolto nell’attività della Fondazione, può informare l’Organismo di Vigilanza di fatti o di atti che ritenga debbano essere portati all’attenzione di quest’ultimo.

Tutti i dipendenti e i portatori d’interesse che vengano a conoscenza di notizie relative a comportamenti non in linea con quanto previsto dal Modello di organizzazione, gestione e controllo e dal Codice Etico emanati dall’Ente, hanno l’obbligo di informare l’Organismo di vigilanza.

La segnalazione di eventuali illeciti dovrà avvenire in forma scritta e potrà essere inoltrata all’Organismo di vigilanza mediante trasmissione a mezzo posta interna o posta elettronica ([email protected]).

Tale obbligo, peraltro, rientra nel più ampio potere di diligenza e fedeltà del prestatore di lavoro; il suo adempimento non potrà dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari e dovrà essere garantita la riservatezza a chi segnala eventuali violazioni al fine di eliminare la possibilità di ritorsione.

Le informazioni pervenute all’Organismo di vigilanza saranno utilizzate ai fini di un miglioramento della pianificazione dell’attività di controllo e non impongono una verifica sistematica di tutti i fatti segnalati, essendo rimessa alla discrezionalità e responsabilità dell’Organismo di vigilanza la decisione di attivarsi a seguito di un’eventuale segnalazione.

6) SISTEMA DISCIPLINARE

6.1. PRINCIPI GENERALI

Ai sensi degli artt. 6, comma 2, lettera e) e 7, comma 4, lettera b) del D.Lgs. 231 è prevista la predisposizione di un adeguato sistema sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni del Modello.

Tali violazioni ledono, infatti, il rapporto improntato in termini di trasparenza, correttezza, lealtà, integrità e credibilità tra l’Ente e i “portatori di interessi” e possono determinare quale conseguenza, azioni disciplinari a carico dei soggetti interessati, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale nel caso in cui il comportamento determini o meno una fattispecie di reato. Tale valutazione potrebbe, infatti, non coincidere con l’eventuale giudizio espresso in sede penale.

Le regole di condotta imposte dal presente Modello sono assunte dalla Fondazione in piena autonomia e indipendentemente dalla tipologia di illecito che le violazioni del Modello medesimo possono determinare.

6.2. CRITERI DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI

Le tipologie e l’entità delle sanzioni applicate in ciascun caso di violazione rilevato saranno proporzionate alla gravità delle mancanze e, comunque, definite in base ai seguenti criteri generali:

• valutazione soggettiva della condotta a seconda del dolo, colpa, negligenza e imperizia;

• rilevanza degli obblighi violati;

• livello di responsabilità gerarchica e/o tecnica del soggetto coinvolto;

• eventuale condivisione della responsabilità con altri soggetti che abbiano concorso nel determinare il reato;

• presenza di circostanze aggravanti o attenuanti con particolare riguardo alla professionalità, alle precedenti prestazioni lavorative, ai precedenti disciplinari, alle circostanze in cui è stato commesso il fatto.

L’eventuale irrogazione della sanzione disciplinare, prescindendo dall’instaurazione del procedimento e/o dall’esito del giudizio penale, dovrà essere per quanto possibile, ispirata ai principi di tempestività, immediatezza e di equità. Le sanzioni saranno applicate nel rispetto di quanto previsto dalla legge, dalla contrattazione collettiva e dal regolamento disciplinare vigente nella Fondazione.

6.3. CAMPO DI APPLICAZIONE

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 5, lettera b) e 7 del D.Lgs. 231/2001, le sanzioni previste nei successivi paragrafi potranno essere applicate, a seconda della gravità, nei confronti del personale della Fondazione, che ponga in essere illeciti disciplinari derivanti da:

• mancato rispetto delle disposizioni previste dal Modello;

• mancata o non veritiera evidenza dell’attività svolta relativamente alle modalità di documentazione, di conservazione e controllo degli atti previsti dalle procedure e normative aziendali e dai protocolli in modo da impedire la trasparenza e la verificabilità della stessa;

• omessa vigilanza dei superiori gerarchici sul comportamento dei propri sottoposti al fine di verificare la corretta ed effettiva applicazione delle disposizioni delle procedure aziendali;

• violazione e/o elusione del sistema di controllo, posto in essere mediante la sottrazione, la distruzione o l’alterazione della documentazione prevista dalle procedure ovvero impedendo il controllo o l’accesso alle informazioni e alla documentazione ai soggetti preposti, ivi incluso l’Organismo di vigilanza.

6.4. SANZIONI PER I LAVORATORI DIPENDENTI

La violazione delle disposizioni del Modello di organizzazione potrà costituire inadempimento delle obbligazioni contrattuali, con ogni conseguenza di legge, anche in ordine all’eventuale risarcimento del danno, nel rispetto, in particolare, degli artt. 2104, 2106 e 2118 del Codice Civile, dell’art. 7 della legge n. 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”), della legge n. 604/1966 e s.m.i. sui licenziamenti individuali, nonché dei contratti collettivi di lavoro sino all’applicabilità dell’art. 2119 del codice civile che dispone la possibilità di licenziamento per giusta causa e del regolamento disciplinare vigente nella Fondazione.

I provvedimenti disciplinari e sanzionatori sono assunti dal Consiglio Direttivo o da altra funzione delegata, nel rispetto delle procedure previste dall’art. 7 della Legge n. 300 del 1970, da eventuali normative speciali applicabili e dalla contrattazione collettiva applicabile.

Ciò posto, le sanzioni individuate sono le seguenti:

a) rimprovero verbale: riguarda la violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione, nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, dovendosi ravvisare in tali comportamenti una non osservanza delle disposizioni portate a conoscenza del personale con ordini di servizio, circolari, istruzioni o altro mezzo idoneo in uso presso la Fondazione;

b) rimprovero scritto: riguarda la reiterata violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione, nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento più volte non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, prima ancora che dette mancanze siano state singolarmente accertate e contestate.

c) sospensione dal servizio e dal trattamento economico: riguarda la violazione di grave entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione, nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, nonché il compimento di atti contrari all’interesse della Fondazione, e comporta la sospensione dal servizio e dal trattamento economico per un periodo, comunque, non superiore ai limiti stabiliti dalle nonne in vigore e dalla contrattazione collettiva applicabile e vigente al momento del fatto.

d) licenziamento senza preavviso per una mancanza così grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (giusta causa): concerne l’adozione nell’espletamento delle attività nelle aree a rischio di un comportamento palesemente in violazione alle prescrizioni del presente Modello e tale da determinare la concreta applicazione a carico dell’Ente di misure previste dal D.Lgs. 231, dovendosi ravvisare in tale comportamento il compimento di “atti tali da far venire meno radicalmente la fiducia dell’azienda nei suoi confronti e da non consentire comunque la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro”, ovvero il verificarsi delle mancanze richiamate ai punti precedenti con la determinazione di un grave pregiudizio per la fondazione.

Più specificamente, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sopra richiamate, saranno applicate secondo le norme in vigore e ai sensi della contrattazione collettiva applicabile e vigente al momento del fatto.

6.5 MISURE NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI E DEI DIRIGENTI

Ai fini del D.Lgs. 231, nell’attuale organizzazione della Fondazione sono considerati amministratori e dirigenti il Presidente e i membri del Consiglio Direttivo e il direttore esecutivo.

In caso di violazione delle disposizioni da parte degli amministratori e dei dirigenti, l’Organismo di vigilanza provvede ad assumere le opportune iniziative previste dalla vigente normativa e nei casi più gravi potrà procedere anche alla revoca della carica e/o dell’incarico attribuito al soggetto apicale nonché, per i dirigenti, all’applicazione delle sanzioni più idonee conformemente a quanto previsto per legge e dalla contrattazione collettiva applicabile, sino alla misura del licenziamento, nel caso in cui venga meno il rapporto di fiducia.

6.6 MISURE NEI CONFRONTI DI COLLABORATORI, PROFESSIONISTI ESTERNI E FORNITORI

Nei confronti di tutti coloro che operano in qualità di collaboratori, professionisti esterni e fornitori della Fondazione valgono le seguenti disposizioni: ogni comportamento posto in essere in contrasto con le linee di condotta indicate dal presente Modello, e tale da comportare il rischio di commissione di un reato sanzionato dal D.Lgs. 231/2001, potrà determinare, secondo quanto previsto dalle specifiche clausole contrattuali inserite nelle lettere di incarico o negli accordi contrattuali, la risoluzione del rapporto

contrattuale (rispettando le clausole inserite ad hoc nei relativi contratti), fatta salva l’eventuale richiesta di risarcimento qualora da tale comportamento derivino danni concreti alla Fondazione, come nel caso di applicazione da parte del giudice delle misure previste dal citato decreto.

7) LA FORMAZIONE E COMUNICAZIONE INTERNA

Il regime della responsabilità amministrativa previsto dalla normativa di legge e l’adozione del Modello di organizzazione, gestione e controllo da parte della Fondazione formano un sistema che deve trovare nei comportamenti operativi del Personale e dei membri componenti gli Organi una coerente ed efficace risposta. Al riguardo è fondamentale un’attività di comunicazione e di formazione finalizzata a favorire la diffusione di quanto stabilito dal Decreto Legislativo e dal Modello organizzativo adottato nelle sue diverse componenti (es. le finalità del Modello, la sua struttura e i suoi elementi fondamentali, il sistema dei poteri e delle deleghe, l’individuazione dell’Organismo di Vigilanza, i flussi informativi verso quest’ultimo). Ciò affinché la conoscenza della materia e il rispetto delle regole che dalla stessa discendono costituiscano parte integrante della cultura professionale del personale. Con questa consapevolezza è stato strutturato il piano di comunicazione interna e formazione, rivolto a tutto il Personale, che ha l’obiettivo, anche in funzione delle specifiche attività svolte, di creare una conoscenza diffusa e una cultura aziendale adeguata alle tematiche in questione, mitigando così il rischio della commissione di illeciti.

7.1 LA COMUNICAZIONE INTERNA

L’adozione del presente Modello è comunicata dalla Fondazione a tutto il rispettivo personale con allegata copia del Modello di organizzazione, gestione e controllo. I neo assunti ricevono, all’atto dell’assunzione, unitamente alla prevista restante documentazione, copia del Modello di organizzazione, gestione e controllo. La sottoscrizione di un’apposita dichiarazione attesta la consegna dei documenti, l’integrale conoscenza dei medesimi e l’impegno ad osservare le relative prescrizioni.

7.2 LA FORMAZIONE

Ai fini dell’efficace attuazione del Modello, è obiettivo generale della Fondazione garantire a tutti i Destinatari del Modello medesimo la conoscenza e divulgazione delle regole di condotta ivi contenute. Tutti i Destinatari sono tenuti ad avere piena conoscenza sia degli obiettivi di correttezza e trasparenza che si intendono perseguire con il Modello, sia delle modalità attraverso le quali la Fondazione hanno inteso perseguirli. Obiettivo di carattere particolare è poi rappresentato dalla necessità di garantire l’effettiva conoscenza delle prescrizioni del Modello e le ragioni sottese a un’efficace attuazione nei confronti di risorse le cui attività sono state riscontrate, o potrebbero essere, a rischio.

In forza di ciò, la Fondazione ha previsto interventi tesi alla più ampia diffusione delle prescrizioni del Modello e alla conseguente sensibilizzazione di tutto il personale. Sono pertanto previsti interventi formativi indirizzati a tutto il personale della Fondazione. La partecipazione ai processi formativi sopra descritti è obbligatoria e documentata attraverso la richiesta della firma di presenza e la comunicazione all’OdV dei nominativi dei presenti. Per quanto concerne i neoassunti ovvero i soggetti che non potessero partecipare ai predetti corsi per comprovate ragioni, dovranno essere organizzati corsi specifici, previo accordo con il responsabile. Periodicamente si procederà alla reiterazione dei corsi, al fine di verificare l’effettiva applicazione del Modello da parte dei Destinatari nonché la loro sensibilizzazione ai temi e alle prescrizioni di cui al Modello medesimo.

7.3 Informazione a enti beneficiari, fornitori, consulenti, collaboratori e partner

Gli enti beneficiari, i fornitori, i collaboratori, i consulenti ed i partner sono rispettivamente informati dell’adozione, da parte della Fondazione, del presente Modello e dell’esigenza che il loro comportamento sia conforme alle prescrizioni di cui al D.Lgs. 231/2001 nonché alle predette norme.

PARTE SPECIALE

In questa parte sono contenuti tutti i protocolli, regolamenti ed altri documenti di cui la Fondazione CASCINA ROCCAFRANCA si è dotata per dettare i principi etici e di condotta dei portatori di interesse, per disciplinare 

l’organizzazione aziendale e definire le strutture operative, per garantire un efficiente ed efficace controllo di gestione per adeguarsi alle normative vigenti in materia di sicurezza e salute, tutela della privacy e anticorruzione. Nel loro combinato disposto tutti  strumenti costituiscono la Parte Speciale del Modello di organizzazione, 

gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità  giuridica) e inoltre garantiscono il rispetto della Legge 6

 novembre 2012 n. 190.   

Il Regolamento interno è soggetto a modifiche e aggiornamenti di volta in volta deliberati dal Consiglio di 

Amministrazione per rispondere a necessità emergenti o adeguamenti di legge. 

1. STATUTO

Articolo 1 - costituzione, denominazione e sede

È costituita dal Comune di Torino una Fondazione denominata "Fondazione Cascina Roccafranca”.

Essa potrà far uso della denominazione in forma abbreviata "Cascina Roccafranca ".

La Fondazione non ha scopo di lucro e non può distribuire utili.

La sede della Fondazione è stabilita in via Gaidano n. 76, Torino.

La durata della Fondazione è stabilita sino al 31.12.2025.

Articolo 2 - scopo ed ambito di attività

La Fondazione "Cascina Roccafranca" (nel seguito definita "Fondazione") è un ente di promozione sociale e culturale che ha lo scopo di favorire percorsi di benessere e di coesione sociale tra i cittadini del territorio, di promuovere aggregazione sociale, di contribuire allo sviluppo delle reti formali e informali e alla costruzione di quei beni comuni che fondano la convivenza civile, di consolidare forme di collaborazione tra pubblico e privato sociale.

Per perseguire i propri obiettivi la “Fondazione “ gestisce l’immobile “Cascina Roccafranca”, promuove progettualità che permettano alle realtà del territorio, formali e informali, di esprimere al meglio le proprie potenzialità, disponibilità e solidarietà verso gli altri. La Cascina può svolgere attività commerciale accessoria non prevalente.

Articolo 3 - Patrimonio

La Fondazione è dotata di un patrimonio costituito:

1.   dal fondo di dotazione costituito dai conferimenti iniziali in denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento delle finalità, effettuati dai Fondatori, in sede di atto costitutivo, e successivamente dai Fondatori e dai Partecipanti.

2.   dai beni mobili e immobili che pervengano o perverranno a qualsiasi titolo alla Fondazione, compresi quelli dalla stessa acquistati secondo le norme del presente Statuto.

3.   dalle elargizioni fatte da enti o da privati con espressa destinazione a incremento del patrimonio;

4.   da quota parte di eventuali rendite non utilizzate che venga destinata a incrementare il patrimonio.

5.   dal contratto di comodato gratuito dell’immobile “Cascina Roccafranca”, di proprietà del Comune di Torino, sito in Via Gaidano 76 e delle relative attrezzature.

Articolo 4 - Fondo di Gestione

Il fondo di gestione della Fondazione è costituito:

1.   dalle eventuali rendite e dai proventi derivanti dal patrimonio e dalle attività della Fondazione medesima;

2.   da eventuali donazioni o disposizioni testamentarie, che non siano espressamente destinate al fondo di dotazione.

3.   da eventuali altri contributi attribuiti dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici o persone giuridiche private, in qualsiasi forma.

4.   dai contributi, in qualsiasi forma concessi, dei Fondatori e dei Partecipanti.

Le rendite e le risorse della Fondazione sono impiegate per il funzionamento della Fondazione stessa e per la realizzazione dei fini di cui all’articolo 2.

Articolo 5 - Attività strumentali, accessorie e connesse

Per il raggiungimento dei suoi scopi, la Fondazione può:

1.   stipulare ogni opportuno atto o contratto, anche per il finanziamento delle operazioni deliberate, tra cui, a titolo esemplificativo, la stipula di convenzioni o protocolli di intesa di qualsiasi genere anche trascrivibili nei pubblici registri, con enti pubblici o privati.

2.   amministrare e gestire i beni di cui sia proprietaria, locatrice, concessionaria, comodataria o da essa comunque posseduti o detenuti;

3.   stipulare convenzioni per l'affidamento a terzi di parte delle attività di cui al punto 2.

4.   svolgere ogni altra attività idonea ovvero di supporto al perseguimento delle finalità istituzionali.

5.   sviluppare sinergie e collaborazioni con altri organismi, pubblici o privati, italiani od esteri, che operino nei settori d'interesse della Fondazione o che ne condividano lo spirito e le finalità.

Articolo 6 - Membri della Fondazione

I membri della Fondazione si dividono in:

1.   Fondatori;