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Carlo Carbone, Alessandro Coppellotti, Scilla Cuccaro I luoghi delle battaglie in Toscana Toscana Beni Culturali 6 6

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Toscana Beni CulturaliI luoghi delle battaglie in Toscana

Carlo Carbone, Alessandro Coppellotti, Scilla Cuccaro

I luoghi delle battagliein Toscana

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I luoghi delle battagliein Toscana

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Collana “Toscana Beni culturali”Volume 6 - I luoghi delle battaglie in Toscanadi Carlo Carbone, Alessandro Coppellotti, Scilla Cuccaro

Regione Toscana, Giunta regionaleDirezione Generale delle Politiche formative e dei Beni culturaliSettore Musei e Valorizzazione Beni CulturaliGian Bruno Ravenni, Claudio Rosati, Maurizio Martinelli

Gi autori ringraziano il Comune di Firenze (direzione Cultura), la Soprintendenza speciale per il polo Museale Fiorentino, il Touring CLub Italiano,Sovintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e gli uffici competenti per i permessi concessi relativi all'utilizzo di immagini di opere d'arte nella trattazione.

Le foto relative alla descrizione dei luoghi sono state eseguite dagli stessi autori.Gli autori si dichiarano disponibili per quanto riguarda la paternità delle immagini di cui non è stato possibile reperire la fonte.Le foto a pag.94 sono state eseguite, previa autorizzazione, da Salvatore Bellia.

Coordinamento generale: Carlo Carbone.

Testi di: Carlo Carbone (La formazione del paesaggio toscano fra innovazione e conflittualità), Alessandro Coppellotti (introduzioni storiche).Per i brani relativi alle battaglie: Carlo Carbone (Colle Val d'Elsa, La Linea Gotica. Descrizione dei luoghi delle battaglie di: Montaperti, Anghiari,San Vincenzo, Scannagallo). Alessandro Coppellotti (Episodio della guerra Catilinaria, Montaperti, Meloria, Campaldino, San Romano, Anghiari,San Vincenzo, Scannagallo, Gavinana). Scilla Cuccaro (Talamone, Montereggi, Episodio della guerra goto-bizantina, Montecatini, Altopascio,Cascina e la descrizione dei luoghi di San Romano).I testi delle didascalie sono state curate da: Scilla Cuccaro e Carlo Carbone.

Catalogazione nella pubblicazione (CIP) a curadella Biblioteca della Giunta regionale toscana:

I luoghi delle battaglie. - (Toscana Beni culturali ; 6)

I. Toscana. Direzione generale delle politiche formativee dei beni culturali II. Carbone, CarloIII. Coppellotti, Alessandro IV. Cuccaro, Scilla1. Battaglie - Toscana - Aspetti territoriali355.47455

Realizzazione editoriale, grafica e stampaCentro stampa Regione ToscanaVia di Novoli 73/a - 50127 FirenzeMaggio 2004

Tiratura copie 2000Distribuzione gratuita

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I luoghi delle battaglie

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Indice5 Presentazione

7 IntroduzioneI luoghi e la memoriaStruttura della ricerca

11 La formazione del paesaggio toscanofra innovazione e conflittualitàLa formazione della campagna toscanaIl quadro ambientaleIl sistema stradale e i percorsi militari

29 L’Etruria

32 La battaglia di Talamone (225 a.C.)

36 Episodio della guerra Catilinaria (62 a.C.)

39 La battaglia di Montereggi (405 d.C.)

43 Episodio della guerra goto-bizantina (542 d.C.)

47 Dai Comuni alle Signorie

51 La battaglia di Montaperti (1260)

56 La battaglia di Colle Val d’Elsa (1269)

59 La battaglia della Meloria (1284)

62 La battaglia di Campaldino (1289)

68 La battaglia di Montecatini (1315)

72 La battaglia di Altopascio (1325)

76 La battaglia di Cascina (1364)

80 Dalla Signoria al Principato

84 La battaglia di San Romano (1432)

88 La battaglia di Anghiari (1440)

93 La battaglia di San Vincenzo (1505)

97 La battaglia di Gavinana (1530)

100 La battaglia di Scannagallo (1554)

105 Dal Principato al Regno d’Italia

109 La seconda guerra mondiale e la Linea Gotica

117 Bibliografia

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Il paesaggio raramente conserva lamemoria di antiche battaglie o di scon-tri sanguinosi: talvolta un cippo, unalapide, un cartello turistico indicano iluoghi, ma il tempo sembra aver can-cellato ogni traccia, ogni ricordo di quelsangue versato.Un mare d'erba ricopre, quasi a pacifi-care, ogni crudeltà degli uomini. Water-loo è oggi, una grande pianura con unmonumento sulla collinetta artificiale ele sette fattorie, scenari di scontri san-guinosi, accolgono gli agricoltori chehanno da due secoli ripreso il loro ciclodi vita e di lavoro. Non diversamente,una piramide di pietra ricorda la Batta-glia di Montaperti, epico scontro fraFiorentini e Senesi, o una colonna eret-ta circa 80 anni fa segna il luogo dellaBattaglia di Campaldino.La natura invade gli antichi luoghi, liplaca da secolari dolori e, tuttavia, ilricordo permane, permane nelle popo-lazioni che ritrovano in quelle antiche

gesta la fiera nobiltà delle proprie origi-ni ed il senso di appartenenza prende ilsopravvento riproponendosi in rievoca-zioni storiche, corteggi, in piccoli pre-ziosi musei, in tradizioni e ricordi sacrie profani.Per testimoniare la forza di questo sensodi appartenenza la Regione Toscana hapensato di pubblicare un libro doveluoghi, gesta, personaggi ritrovino laloro collocazione storica e la lorodimensione geografica e topografica.La Toscana, per la sua posizione centra-le fra Roma ed il nord Italia ha cono-sciuto battaglie fin dall'antichità. Laconquista - se così si può chiamare - del-l'Etruria da parte di Roma è segnata piùdalla politica e dall'economia che davere e proprie guerre. Il territorio restain pace praticamente fino alle sogliedell'Impero quando i seguaci di Catili-na, che viene ferito proprio qui inToscana, si scontrano e cedono all'eser-cito consolare sulla montagna pistoiese.

Poi una lunga pace, fino alle invasionidei popoli del Nord: nel 405 d.C. gliOstrogoti guidati da Radagaiso si impa-droniscono di Fiesole, Firenze è presad'assedio, e Stilicone (un vandalo devo-to all'Imperatore romano Onorio) con3000 uomini libera la città: Zanobi, poiSanto, Vescovo della città annuncia laliberazione e la lega al culto di SantaReparata. Sono ancora gli Ostrogoti chevicino a Scarperia (località i Crocioni) siscontrano e questa volta battono iBizantini di Giustiniano che presidiava-no Firenze. I Longobardi assumono in seguito ilcontrollo del territorio e a loro succedo-no i Franchi che spostano l'interesse ter-ritoriale da Lucca-Pisa verso la direttriceche attraverso Siena raggiunge Roma(Via Francigena o Romea). Siamo allasoglia del Mille. Si apre un periodo disviluppo sociale ed economico retto daMatilde di Canossa, alla cui morte vasostituendosi la formazione di poteri

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Presentazione

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distinti: le città vescovili e le roccafortifeudali.Le città si fortificano, le strade sono pro-tette e guardate da torri e presidi mili-tari: la pace sarà sempre, in Toscana,guardata da solide architetture e posta-zioni militari.Dalla seconda metà del secolo XIII, tre-cento anni di guerra segnano il passag-gio dai Comuni alla Signoria e dallaSignoria al Principato: Guelfi e Ghibel-lini si scontrano a Montaperti (1260), aColle Val d'Elsa e a Campaldino (1289).La vittoria è alterna: a Montecatini(1315) Pisa e i Ghibellini sono i vincito-ri, i Guelfi fiorentini sono battuti diecianni dopo ad Altopascio, ma con la Bat-taglia di Cascina prevalgono i fiorentinicomandati da Giovanni Acuto, immor-talato da Paolo Uccello nello splendidomonumento funebre in Santa Maria delFiore.Firenze ha una cinta fortificata di mura,le Terre Nuove sono fortificate, gli anti-chi castelli distrutti, nuove fortezze ven-gono edificate. Ma nel territorio dellaTuscia esistono ancora due repubbliche:Siena e Lucca. I secoli XV e XVI sonoteatro di nuove e numerose battaglie edin Toscana si scontrano eserciti imperia-li, francesi, papalini: la fine della storiadella Repubblica fiorentina, il consolida-mento dei Medici si corona con la vitto-ria di Scannagallo che apre la via allaconquista di Siena e, nel 1559, di Chiusi. La Toscana è Granducato Mediceo.Cosimo I, figlio di quel Giovanni dalleBande Nere, celebrato nel film di

Ermanno Olmi, Il mestiere delle armi,pervaso di uno spirito pacifista di rifiu-to degli orrori della guerra, dominatutta la Toscana e celebra la sua conqui-sta nel salone dei 500 in Palazzo Vec-chio: Vasari affresca la vittoria sui pisania Torre di San Vincenzo, il tentativo daparte di Massimiliano di prendereLivorno e l'attacco a Pisa, mentre PaoloUccello celebra la battaglia di SanRomano, a Leonardo è affidata la batta-glia di Anghiari (splendido cartone agliUffizi) e Michelangelo prepara un car-tone (purtroppo perduto) per quella diCascina. Di Michelangelo tuttavia resta,sempre nel Salone dei 500, in posizionedominante, il gruppo scultoreo delGenio della vittoria, simbolo della grandeconquista.Il territorio è unificato, ma non perquesto si cessa di costruire architetturedifensive e fortezze che controllano iconfini, ma anche le terre e le città sot-tomesse. Una pace in armi, che vedràscontri armati di minore importanza inperiodo napoleonico fino alla II guerramondiale. Allora il territorio toscano sitroverà a fare i conti con una lotta dipopolo nel corso della II guerra mon-diale, quando tutto l'arco appenninico ele Alpi Apuane diventano, dal settem-bre del 1944 alla primavera del 1945, inavanzata verso il nord dell' Italia, l'ulti-ma grande linea difensiva delle truppetedesche contro le forze alleate ed iribelli partigiani. Il lungo fronte è notocome "Linea Gotica" ed il suo ricordo èvivo dopo 60 anni nei numerosi cippi,

lapidi e monumenti che indicano luo-ghi di stragi di cittadini inermi.Questa è l'atroce differenza tra le batta-glie del passato dove uomini in armi siscontravano fra loro, combattenti dimestiere e/o generosi idealisti, ai quali siriconoscono episodi eroici come quellodi Francesco Ferrucci a Gavinana cheper tutto il Risorgimento è stato vistocome il simbolo del coraggio italiano edella difesa del paese contro lo stranie-ro invasore. La guerra sulla Linea Gotica fu unaguerra diversa dove uomini in armiuccisero popolazioni inermi per rappre-saglia, per ingiustificato odio, per cru-dele sadismo: come tutte le altre batta-glie è ricordata in questo libro, non soloper amore di una testimonianza storica,ma per il dovere civile, morale, demo-cratico di non dimenticare quegli orroriche hanno straziato, in un passato anco-ra vivo e palpitante, la Toscana e la suagente.

Prof. arch. Mariella ZoppiAssessore alla Cultura e Sportdella Regione Toscana

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I luoghi delle battaglie

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La Toscana oggi, universalmente, èsinonimo di identità unitaria all’internodella quale le singole emergenze artisti-che, i numerosi centri storici, il paesag-gio, i quadri ambientali, sono espressio-ne di una configurazione ambientaleterritoriale complessa ma unitaria.La memoria storica risale al passato,riconduce all’Etruria, in parte l’antena-ta della Toscana moderna, con la suacultura, le sue tradizioni, la sua lingua aconferma di una originalità specificanei confronti dell’esterno.Un percorso storico di lunga durata cheè riuscito a produrre un paesaggioumano in cui elemento naturale e lavo-ro umano si mostrano in una fusionearmonica ed equilibrata. Ancora oggi,pur alla presenza di innovazioni e tra-sformazioni, il paesaggio tradizionaleevoca il passato infondendo armonia etranquillità. Sembrerebbe che l’argo-mento “guerra” fosse estraneo alla cul-tura e alla istintività toscana.

Ma il ripercorrere la storia significaindagare su un processo che si sviluppaanche a salti, con continui strappi trafase precedente e quella successiva,abbracciando episodi feroci, competi-zione economica sociale, scontri armati.In questa rilettura appare evidentecome la guerra e lo scontro per lasupremazia economica-politica accom-pagnata da sopraffazione siano parteintegrante della cultura della regionetoscana e alla base della formazionepolitica unitaria.La formazione del Granducato dellaToscana non era un episodio indolorema un evento drammatico con continuitentativi di sopraffazione gli uni controgli altri, ogni comunità tentava quasi didistruggere la parte avversa con demo-lizione di mura, di abitazioni, di interecittà e con la dispersione degli abitanti.Guerre condotte per un lungo periodoricco di lotte, alleanze, rovesciamenti difronti, tradimenti. Prima lo scontro tra

città e nobiltà feudale, poi l’affermazio-ne dei grandi comuni: Pisa, Lucca,Firenze, Arezzo, Siena, fino al predomi-nio delle repubbliche di Firenze e diSiena per giungere alla leadership fio-rentina in un Granducato fatto di com-promessi e connivenze.Ma la lunga storia dell’affermazione diFirenze quale polo a livello regionale èanche il periodo dello sviluppo econo-mico delle realtà comunali accompagna-to da elementi di forte innovazione, tec-nica culturale che permea tutti i settori edi cui quello artistico è rivelatore dellagrande capacità di cambiamento. Infondo, il ricco patrimonio artistico e cul-turale, lo stesso paesaggio, frutto di uncontado incastellato e contrassegnato dacentri abitati, sono la conseguenza diret-ta di una perenne competizione fra lediverse città-stato, contrassegnata da unconfronto economico-politico che pote-va essere risolto solo con le armi. Farriemergere o rilevare alcuni luoghi o

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Introduzione

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comprendere alcune parti come territo-rio di grandi scontri armati, è il compitoillustrato in questa ricerca che vuoleporsi come una “guida” a ritrovare ele-menti e luoghi che in qualche modohanno fatto la storia e hanno formato laToscana in un organismo unitario.

I luoghi e la memoriaI luoghi, che sono stati teatro di eventiguerreschi, spesso non presentano trac-ce di questa memoria. Là dove era statoil clangore delle armi, le urla degli assal-ti o i lamenti dei feriti, il colore dellebandiere, il rosso del sangue, sembraspesso che la natura abbia voluto ricon-quistare il campo o che il divenire stori-co, più o meno accelerato, abbia potutotrasformare l’intorno al punto tale cheriesce difficile immaginare che quelpezzo di periferia urbana, o quell’areafolta di capannoni industriali, sia potu-ta essere luogo adatto ad una battagliain campo aperto o anche ad una sem-plice imboscata.Duemila anni di storia della Toscana,dall’espansionismo romano ai dolorosieventi della seconda guerra mondiale,hanno costellato il territorio di memoriedi eventi bellici, talvolta testimoniate dadovizie di cronache e documenti, talvoltaaffidati a memorie più vaghe, ammanta-te dal mito e strumentalizzate dagli inte-ressi dei vincitori o dalla voglia posterio-re dei vinti di correggere l’accaduto.Nel contempo, il superamento deimotivi propri degli eventi bellici, adesempio nel progressivo assoggetta-

mento dei piccoli stati della Toscanamedioevale sotto l’egida fiorentina, finoal completamento sotto Cosimo I deiMedici dello stato regionale, rendespesso sfuggente o incomprensibile l’a-cribia e l’efferratezza di quegli scontri,difficili a comprendere la complessitàdelle alleanze e i repentini cambi di par-tito, di armate e capitani.Lontane sembrano la trepidazioni e ilutti, l’esultanze e le paure di quelli cheda una parte e dall’altra attendevanol’esito degli scontri, talvolta cercando dicapirlo dall’alto di un poggio o di unacinta muraria.Molto spesso quei poggi e quelle muraancora esistono, forse mutati nella vege-tazione, forse un po’ in rovina, o ogget-to di un restauro per turisti.Quello che ambiziosamente questa pic-cola guida si propone è l’invito asovrapporre e mettere a fuoco duepunti di vista diversi. Da un lato spingea conoscere e visitare luoghi dellaToscana, non necessariamente celebratidalle normali guide turistiche, forseperché talvolta privi di quell’eccellenzaestetica che ne privilegia altri, ma chequi trovano una diversa ragion d’essereproprio perché sono stati, in una dellefasi della storia della Toscana, luoghi dieventi bellici in qualche modo epocali,battaglie che segnano la fine di momen-ti politici ma anche di periodi culturaliartistici di rilevanza mondiale, dall’altroè il tentativo di evocare quella sorta divista interiore che è il piacere di imma-ginare eventi di un altro tempo, azioni

di altri uomini, forse diversi da noi, chedi quelle battaglie sono stati attori, neimodi, negli abiti e nei gesti di allora, mache ci piace immaginare, come gliuomini di qualsiasi tempo, capaci diintelligenza e sentimento, di gioia edolore, di coraggio e, perché no, di viltàe tradimento. Il sovrapporre queste dueviste, che abbiamo cercato di evocarenei limiti di un’agile lettura e talvoltacontro i limiti nella scarsità di fonti, sispera possa dare ai diversi paesaggi unaluce nuova e alla storia un luogo fisiconel quale immaginarla.

Struttura della ricercaQuesta “rilettura” dei luoghi che nelpassato furono teatro di eventi bellicivuol evidenziare e in molti casi faremergere l’importanza e il ruolo in rela-zione al loro processo insediativo, valo-rizzando le tracce che si sono sedimen-tate nel tempo attraverso lo studio delterritorio grazie alla testimonianza sto-rica locale.Le battaglie, gli scontri e gli assedi, chenumerosi si sono succeduti nel corsodella storia, spesso hanno lasciato trac-ce profonde nell’uso e nella considera-zione del territorio, ma soprattuttonella tradizione orale, e in molti casi neltoponimo stesso che evoca il fatto piùche il luogo. Queste sono aree residualio terre di confine in gran parte checomunque assumono valore perchétestimonianza di una Toscana “passata”e remota nel tempo. Sono siti o monu-menti “eletti’ nell’immaginario degli

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abitanti o creati apposta per un “turi-smo culturale”, oppure luoghi dove sisono svolte battaglie che, come dice lostorico F. Cardini per “Montaperti(…)non sono «La» Storia (…) ma sono«nella» Storia” cioè “ne fanno parte e necostituiscono dei segni qualificanti (…)è un passato che è vicino e ci è irrinun-ziabilmente caro perché concorre aspiegare quel che siamo nel presente”.

Questo itinerario sui luoghi delle batta-glie si sviluppa secondo un’ideale per-corso temporale partendo dalla storia“antica” fino a quella “moderna”con l’o-biettivo di sottolineare l’effettiva “conti-nuità” tra la figura arcaica della regionee la figura “recente” di Toscana.La “scansione” storica divide cronologi-camente le battaglie in quattro periodi:“L’Etruria”, “Dai comuni alle signorie”,“Dalla Signoria al Principato”, “Dal

Principato al Regno d’Italia” fino allastoria più recente della Toscana in rela-zione alle vicende della II guerra mon-diale, di cui l’episodio più significativo è“la Linea Gotica”. Ogni periodo “storico” viene corredatoda una cartografia storica-geografica eda una breve introduzione storica delperiodo considerato.Ogni avvenimento bellico è trattato sin-golarmente ed è composto da una car-tografia, dove è evidenziato il sito delloscontro, da una breve trattazione storicacon la descrizione della battaglia illu-strata attraverso immagini (pitture, inci-sioni, affreschi), testimonianze dell’e-vento, ed infine dalla descrizione del-l’ambiente fisico attuale.Per quanto riguarda la storia degli avve-nimenti ci si è avvalsi di opere storichedi carattere generale, scritti di caratterebiografico, cronachistico, narrazioni

pseudostoriche di vario genere edinformazioni disponibili, come di con-sueto, presso la copiosa produzione distudi locali che, nel complesso, hannocontribuito a creare quel legame orien-tativo tra il fatto storico e i luoghi realidella vicenda bellica.La ricerca sui luoghi delle battaglie nonvuole essere solo un momento di cono-scenza del territorio legato ai soli aspettistorici-geografici dei luoghi, ma vuolessere un momento importante in cuiesaltare le specificità locali come puntofondativo di un processo di rivisitazione eriqualificazione di certe realtà territoriali.Un lavoro quindi di “progettazione delricordo” attraverso il quale riscoprire un’i-dentità comune e trovare al suo internol’energia necessaria per elaborare proget-ti di valorizzazione e stabilire quindi unrapporto di “continuità” tra episodio sto-rico e territorio.

Introduzione

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Il quadro storicoLa Toscana oggi è sinonimo di regioneunitaria, un insieme di paesaggi e diquadri ambientali in cui natura e pre-senza umana si sono fuse in un sistemaarmonico. Ha contribuito a questo lacondizione geografica della regionedelimitata ad ovest dal mare, a nord edad est dall’arco montuoso dell’Appennino,a sud dall’Amiata e dai dolci rilievi dellecolline metallifere, confini fisici nettiche racchiudono bacini idrograficiomogenei ed autonomi. Una storia mil-lenaria fatta di popoli città e campagneha addomesticato il territorio in formeadatte a creare le condizioni per lo svi-luppo dell’insediamento umano.La base di queste caratteristiche di iden-tità unitaria ascende allo sviluppo dellaciviltà etrusca che in questa vasta areageografica, dall’Appennino al Tevere,dette luogo ad un sistema etnico-politi-co contraddistinto da cultura, lingua,metodi di produzione, religione e costu-

mi unitari. La civiltà etrusca produsseun sistema insediativo articolato ed effi-ciente basato su numerose città e centrie su un vasto territorio agricolo, sapien-temente coltivato grazie ad una rete diregimazione idrica. Sistemi agrari tipiciche si sono protratti nei secoli segnandoin modo inconfondibile il paesaggiotoscano. Specificità dell’antica Etruriaera la grande capacità commerciale checonsentiva lo scambio di merci in tuttoil Mediterraneo, ma anche quello delleconoscenze tecniche e culturali necessa-rie per lo sviluppo dell’intero sistema.Parlando di guerre, occorre annotareche la bellicosità non fu una delle pecu-liarità degli Etruschi, per la loro stessaorganizzazione territoriale fondata suconfederazioni di città basate su unacomplementarietà economico-politica.Gli episodi di guerre e battaglie sonorari e per lo più causati dall’esigenza dimantenere la propria supremazia com-merciale. Uno dei rari episodi bellici ci

mostra un esercito etrusco in guerracontro Cuma, nel 524 a.C., ma lo scon-tro termina con la sconfitta degli Etru-schi che videro ridurre la loro area diinfluenza. Ebbero maggiore fortunacontro i Greci nel tentativo di allontana-re la loro presenza dalla Corsica per ilmantenimento delle rotte commerciali,la vera risorsa del popolo etrusco1.Analizzando l’organizzazione territorialedell’Etruria riferita all’ambito della Tosca-na, si rileva la sua profonda diversità daquella della struttura insediativa successi-va. I grandi centri abitati dalla civiltà etru-sca popolano l’area meridionale dellaregione, dalla costa alla Maremma, finoall’Amiata. Massa Marittima, Populonia,Vetulonia, Roselle, Talamone, Orbetello,Saturnia, Sorano, Pitigliano, Sovana,associate ad altre città oggi scomparse,testimoniano una forte presenza umanain un’area che, per la sua complessitàidrogeologica, successivamente, saràoggetto di abbandono ed emarginazione.

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La formazione del paesaggio toscanofra innovazione e conflittualità

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La sapiente capacità di pianificazione e dicontrollo del territorio, acquisita dagliEtruschi, è ancor più evidente se prendia-mo in esame i centri fondati in un’areacomplessa come la Valdichiana. Chiusi,Chianciano, Asciano, Montepulciano, Cor-tona, Arezzo sono fra le più grandi città del-l’era antica e il patrimonio artistico prodot-to ne è una testimonianza. E’ da rilevareche la sola Arezzo, degli attuali capoluoghidi provincia, risale al periodo etrusco, men-tre la Toscana delle colline centrali, epicen-tro della Toscana rinascimentale, era ingran parte deserta. Solo le città di Volterra

e Fiesole ed alcuni borghi (Quinto, Artimi-no, Castellina in Chianti) sono i centri dirilievo in questa parte di regione.La caratteristica della Toscana comeregione definita “terra di città” nasce dalontano e si rafforza e sviluppa con ilperiodo romano, la cui organizzazioneterritoriale risponde alle necessità mili-tari dell’Impero. Le grandi arterie stra-dali, che attraversano il territorio, spo-stano i baricentri politici per il controllodella viabilità e città di nuova fondazio-ne come Pisa, Lucca, Firenze, diventanoi nuovi poli amministrativi. La regionenel periodo di Augusto, secondo gliantichi confini degli Etruschi, dagliAppennini al Tevere, diviene una delleregioni amministrative dell’impero che,sotto Diocleziano, con l’appellativo diTuscia, viene estesa all’Umbria.Le prime invasioni barbariche lascianoimmutato il sistema territoriale romanoche continua con i Bizantini a sopravvi-vere per convenienza e per inerzia.La conquista dei Longobardi, scesi dalpasso della Cisa (Mons Bardone), pro-voca le prime suddivisioni sospingendoi bizantini nel Mugello e nelle Marem-me e modifica il sistema territoriale pri-vilegiando Lucca, come sede centraledel potere politico, e Pisa definitaTusciae provinciae caput.La conquista dei Franchi e il processounitario intrapreso da Carlomagno raf-forzano l’asse viario che dalla Cisa attra-versava il territorio fino a Siena e Buon-convento e, passando per Radicofani, siindirizzava verso il territorio laziale. È la

consacrazione della via Francigena oRomea, un asse stradale a carattere inter-nazionale che attraversa tutta la Toscana.In questo periodo, con la donazione alpapa da parte di Carlo Magno dellaTuscia romana (l’area dell’Etruria fino alTevere), la regione assume gli attuali con-fini divenendo il Marchesato di Toscanacon sede a Lucca, in questa fase storica,città dominante a scala regionale. Anchenel periodo post Carlo Magno, attornoal X secolo, la Toscana, ancora chiamataTuscia, vive una stagione di crescita e svi-luppo, pur con grandi differenze inter-ne, e mantiene un’unità territoriale sottol’abile politica di Matilde di Canossa.In realtà questa visione di unità e qua-dro paesaggistico unico è il frutto di unlungo processo politico culturale che,nel corso della storia, ha visto periodi digrandi conflittualità e contrasti, accom-pagnati da diversi modi di gestione delterritorio circostante.Alla morte di Matilde (1115), la Marcatoscana è soggetta ad una fase di dissol-vimento del sistema unitario con la cre-scita di poteri politici distinti: le cittàvescovili e le roccaforti delle signorie feu-dali. Tale suddivisione di competenze siriflette sul territorio a macchia di leopar-do e il suo controllo diventa occasione diaspra conflittualità che, pur ricondottaall’interno di un sistema unitario, restacome specificità di un campanilismoacceso che permane fino ai giorni nostri. Una suddivisione sociale e culturale cosìprofonda che non è stata ricomposta nelsuccessivo stato mediceo, che lungi da

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I luoghi delle battaglie

Indicazione dei comuni della Toscana nella primametà del XII sec. con indicazione della via Franci-gena nei suoi tratti rilevanti.

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essere uno stato unitario, costituisce lafusione di due stati: lo Stato Vecchio, laparte fiorentina, e lo Stato Novo, Siena. Ilduca mediceo è anche duca di Siena, undoppio titolo che resta anche quando èelevato a Granduca nel 1569 dal papa PioV. La differenziazione rimane anche nellagestione amministrativa, condotta da entie uffici diversi in piena autonomia dalpotere centrale. Solo secoli più tardi, conle grandi riforme istituzionali del periodolorenese, dopo il 1737, inizia la formazio-ne di un vero stato unitario autonomoche consolida il sistema politico-culturale.“Per quanto la fusione fra le sue varieparti fosse stata faticosa e dilatata neltempo e persino come nel caso dello«stato senese» più giuridico formale chedi sostanza, il quadro politico-istituziona-le finì per costituire a lungo andare unaforza coibente del massimo rilievo e dievidente tenuta” (Mori, 1986).

La formazione della campagnatoscanaRipercorrere i momenti di grande con-flittualità e di battaglie sul territoriotoscano, sottolineando alcuni episodi disignificato storico locale ma anche euro-peo, significa risalire alle fasi formativedel territorio e del paesaggio, attraver-so i principali momenti politico-cultura-li che hanno influenzato il popolamen-to del territorio agricolo e la fondazionedelle città.Le differenze delle aree geografichesono per lo più riconducibili a tempo-ralità e tecniche riferite a modelli

instaurati in un preciso periodo. Lamessa a coltura di nuove terre e l’inse-diamento in borghi, o sparso nel terri-torio aperto ad esempio, è stato diretta-mente dipendente dalla lontananza dalcentro di potere e dalla presenza omeno di una rete di collegamento. Ladistanza dal centro economico e milita-re poneva grosse incertezze per i nuoviinsediamenti e la messa a coltura dinuove terre. Il sistema agricolo costitui-va, in un generale clima di insicurezza,una facile preda per gli eserciti di pas-saggio, per le compagnie di ventura otruppe sbandate, spesso impegnate inun saccheggio continuo del territorio.Ad esempio tutte le piccole zone valliveinterne, poste ai margini delle aree diinfluenza delle potenze comunali,erano attraversate dagli eserciti nemiciin modo indisturbato.La struttura stessa della Toscana chevede un sistema insediativo squilibrato,con zone di forte densità abitativa e altrescarsamente popolate, è un diretto rife-rimento all’organizzazione economico-politica che nel corso dei secoli ha dise-gnato il territorio della regione. Non acaso, da una lettura complessiva dellebattaglie più significative, emerge unalocalizzazione in ambiti geografici mar-ginali o di transizione fra i grandi siste-mi politici. Così teatro di battaglie e diguerre sono il Casentino, il Mugello, laValdichiana, la Valtiberina, la Valdinievo-le, tutti territori periferici o corridoi ditransito fra le aree di influenza delle cittàdominanti. Questa collocazione geogra-

fica, a cui corrisponde spesso una nonchiara scelta di campo politico, rendevulnerabili tali terre ai tentativi di allar-gare la propria area di influenza daparte di ciascun contendente. Una mar-ginalità che, fin dall’antichità, si riversain molte delle zone interne della regio-ne, dando luogo anche a differenti tipidi paesaggio. Un paesaggio che nel corso della storia ècontinuamente mutato. Ad esempio ilChianti, sinonimo oggi del “bel paesag-gio toscano”, durante il medioevo costi-tuiva un’area all’interno della quale cor-revano i confini fra i domini di Firenze eSiena. Confini incerti sui quali imperver-savano gli eserciti guelfi e ghibellini e lecompagnie di ventura, influenzando ilpassaggio delle comunità insediate dal-l’uno all’altro campo, non per scelta ideo-logica, ma semplicemente per la presen-za di solide mura di protezione o di cibo.A causa di queste condizioni politiche ilChianti si presentava con un’agricolturaestensiva con ampi spazi a pascolo ecampi a cereali, molto distante da quelpaesaggio punteggiato dalla fitta tramadelle colture arboree a vite e olivo, esoprattutto privo di quel sistema di caseisolate e poderi, che l’iconografia degliultimi secoli ci tramanda. Il paesaggio toscano ricco di trame èsolo il risultato di un lungo processo diconquista di nuove terre per l’agricoltu-ra, con disboscamenti, dissodamenti esoprattutto di numerose opere di siste-mazione dei pendii e di regimazionedelle acque.

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L’epoca più fervida per le inovazioni èquella comunale che vede la Toscanapassare da un “paesaggio naturaleappena segnato dall’iniziativa di un sin-golo o di pochi a un quadro più com-plesso, nel quale il moltiplicarsi delleiniziative dei singoli già le porta adincontrarsi ed a scontrarsi, intrecciandosulle pendici collinari il reticolo irrego-lare dei campi e dei vigneti, segnato dai

confini e dalle siepi che dividono gliappezzamenti” (E. Sereni) Si pongonole fondamenta per la definizione deltipico paesaggio toscano, costituito dauna fitta trama di segni, che avrà il suosviluppo con l’estendersi dell’appodera-mento stabile sul territorio agricolo; ilreticolo geometrico e regolare si accen-tua nel contado suburbano dove fa lasua presenza il “magolato” che, con i

suoi solchi per lo sgrondo delle acquerigorosamente paralleli, suddivide ilsistema dei campi chiusi.Il “bel paesaggio” è dovuto allo svilup-po di due processi economici: l’espan-sione demografica e l’innovazione tec-nologica nella campagna, e l’esplosionedi abitanti e la crescita della ricchezzacommerciale nella città. Tutti i Comunidella Toscana, in un primo momento,stabiliscono precise relazioni fra conta-do e città, con scambi vicendevoli e conrapporti di forza, non esclusivamente avantaggio della città.La crescita urbana, che porta la regionea soglie demografiche pari alla popola-zione di interi stati dell’Europa, è possi-bile grazie allo sviluppo agricolo capacedi produrre l’alimentazione necessariaper un numero di cittadini sempre mag-giore. Sotto questo rapporto la politicaagricola è basata su un processo di pia-nificazione attento e misurato che hacome riferimento organizzativo il polourbano divenuto nello stesso tempo, l’u-nico centro politico e militare. Castelli,borghi, ville, fortilizi e case torri sono glielementi fisici su cui si struttura edimensiona il sistema agrario toscano.L’aumento della produttività ha bisognodi braccia e di lavoro. La popolazionedei laboratores terrarum, che risiede stabil-mente nei centri e nelle ville fortificate,deve essere in grado di stabilirsi neipoderi e di essere protetta in qualchemodo. La sicurezza delle campagnediventa uno dei problemi pressanti perla potenza fiorentina impegnata, a più

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Beato Angelico, Deposizione, Museo di San Marco. Firenze.Il paesaggio raffigurato nella tavola descrive un territorio contrassegnato da numerose rocche e castelli,risultato del progressivo "incastellamento" del contado fiorentino.

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riprese, in grandi lavori pubblici finaliz-zati alla realizzazione di centri fortificatie di rifugi protetti che hanno il duplicecompito di controllo sul territorio e didifesa della popolazione.Il quadro insediativo cambia radical-mente. I castelli delle signorie feudali,inaccessibili e isolati, fino ad allora i vericentri del potere, vengono via via assor-biti all’interno del nuovo sistema terri-toriale e la rete viene infittita con lacostruzione di castrum e di case forti o,meglio case torre, al cui interno la popo-lazione cittadina e rurale si poteva rifu-giare in tempo di guerra o di scorrerie.È il paesaggio raffigurato nei fondalidelle deposizioni del Beato Angelico, incui viene rappresentata una campagnapunteggiata di edifici turriti a variaaltezza e di differente importanza, quasiuna gerarchia difensiva sul territorioche vede accanto alle vere e proprie roc-che, dove soggiornava la guarnigione,un folto gruppo di borghi e torri indiretto contatto visivo. La protezionedel popolamento impone un salto diqualità nel sistema difensivo fondato suuna rete di difesa ordinata ed efficiente,nella quale le nuove forme di insedia-mento non si discostano ancora daquelle tradizionali feudali2. Torri emura rappresentano i mezzi miglioriper la sicurezza degli abitanti tanto cheda una presenza di 52 “rocche”, postenel territorio di Firenze e Fiesole, nel XIsec. si passa a 130 nel sec. XII e 205 nelXIII. Tali aumenti si spiegano sia con ilrinnovamento produttivo che fa conver-

gere verso la campagna i massicci capi-tali accumulati in città dai commerci, siacon le pressanti esigenze di sicurezza. La protezione della popolazione inse-diata, specie di quella collocata nellearee di margine dello Stato, impone unapolitica attenta al Comune di Firenze.Da una parte occorre rafforzare il pro-prio potere e la capacità economica asse-condando la promozione esercitata daisingoli investitori verso un popolamentosparso che lega il contadino ad unadimora stabile sul podere coltivato grazieai nuovi contratti di mezzadria, dall’altragarantire la difesa di tutta la popolazionenei momenti critici e nei momenti belli-

ci. La mancata difesa arrecava un gravecolpo alla autorità delle nascenti potenzee un limite alla subordinazione dellaforza lavoro. I cambiamenti di forza nellearee di margine ai confini dei diversi statihanno determinato spesso la fuga dellapopolazione locale, pronta a dirigersiverso i centri “nemici” in cerca di unlavoro e di viveri.I potenti Comuni toscani concedevanoalle comunità locali di munirsi di difeseo “castelletti” a protezione della popola-zione. Firenze, ad esempio, garantiva aproprie spese la costruzione, all’internodei centri abitati, di una struttura fortifi-cata. Ogni paese fu dotato di un cassero

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Sistema di attacco alle mura della città assediata secondo una raffigurazione del XV secolo. ("Croniche" di G.Sercambi, Lucca, Archivio di Stato).

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o torre del popolo, sede di guarnigionee di difesa per i cittadini in caso di attac-co. Questa “struttura, oltre a costituireun’ulteriore opera di fortificazione nelcomplesso formato da mura e porte, erasede della guarnigione fiorentina cheesercitava anche funzioni di controllosulla popolazione di ogni centro. Noncasualmente, ad esempio, il palatiumpopuli, simbolo materiale della presenzafiorentina nei centri di nuova fondazio-ne comunale, veniva impostato spessocon la stessa forma e le stesse caratteri-stiche di un cassero, sede del massimorappresentante dell’autorità cittadinasul posto ma anche punto di riferimen-to amministrativo, giudiziario e fiscaledel centro e del territorio circostante”.Alla necessità della messa a coltura dinuove terre, associata ad un popolamen-

to sparso, e a quella politico militare didotare il contado di punti nodali di dife-sa e rifugio per la popolazione, si deve laformazione del paesaggio toscano.Le lotte fra i Comuni toscani, al di làdegli schieramenti di campo fra guelfi eghibellini, discendono da interessi eco-nomici contrapposti, lo sviluppo di uncentro avveniva spesso per salti cruenticon la resa del nemico e la distruzionedella città avversa. Numerosi sono gliepisodi feroci e spietati contro i castrum ele “ville” nemiche. A volte il saccheggioterminava con la distruzione delle torri edelle mura esponendo gli abitanti adogni ritorsione, altre volte si è arrivati alladistruzione totale dell’edificato e deicampi. La scomparsa di città è un fattodocumentato dalla storia, fra tutte, Semi-fonte distrutta nei conflitti fra fiorentini esenesi; gran parte dei castrum sonodemoliti o ridotti a singole dimore dalleincursioni belliche. Bisogna sottolineareche, dal lato militare, l’interesse deglieserciti nel periodo comunale era quellodi penetrare a fondo nel territorio nemi-co, facendo terra bruciata per infliggere imaggiori danni economici alla comuni-tà. In queste operazioni belliche, i centriminori erano le prede migliori, la cuidistruzione, pur non eliminando l’avver-sario imponeva un indebolimento delfronte e una labilità nelle alleanze frasignori e comunità3.La situazione in termini di sicurezza siaggrava ulteriormente con la frequentepresenza di eserciti comunali e di leghealleate, e con l’attraversamento dei

grandi eserciti imperiali e le scorreriedelle nascenti compagnie di venturache provocano danni e incendi nel con-tado. Tali episodi sono più frequenticon l’innalzamento dei Comuni diFirenze e Siena a Repubblica. La forma-zione dei piccoli stati impone l’ingressonell’area dei conflitti extra-regionali afianco delle varie potenze italiane edeuropee, con un’intensificazione degliepisodi bellici sul proprio territorio. “Leconseguenze sono avvertibili quando ilcontado venne attraversato dalla primadelle numerose compagnie di venturache vi si sarebbero succedute, apparvechiaro che ognuno di quei centri svilup-patisi lungo le grandi direttrici stradaliavrebbe pagato molto cara l’assenza diopere di difesa mettendo in crisi la sicu-rezza della stessa città”4.Questa insicurezza impose alla dirigen-za politica di Firenze e degli altri Comu-ni la necessità di fortificare con interigiri di mura le città, specie quelle posteai confini dello stato, ampliatosi, nelfrattempo, per il popolamento e l’e-spansione del sistema agricolo. La fasestorica è importante e sottolinea lacapacità amministrativa di impegnareproficuamente ingenti risorse finanzia-rie e di gestire nuove realtà territorialiconfluite sotto la protezione dellaRepubblica Fiorentina.Fra questi il castello di Moggiona inCasentino, un villaggio fortificato che ilmonastero di Camaldoli cede al comu-ne di Firenze in cambio di protezione.La causa sono le incessanti pretese dei

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Corso Donati libera i suoi seguaci guelfi di partenera rinchiusi dentro le carceri.Il continuo conflitto tra guelfi e ghibellini, al di làdi un vero schieramento ideologico, rifletteva laconflittualità interna fra i diversi casati per il pre-dominio economico sulla città.

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signori feudali e dei malviventi di pas-saggio, che “recavano offesa ai laici chepassavano di là e impedivano ai mona-ci il tranquillo esercizio del loro sacroministero. Più da temere c’era ancoraper l’avvenire, per la tranquillità deifedeli di Moggiona, per i servizi chequesti prestavano al monastero”5. L’e-sempio evidenzia il processo di moltecomunità che, per affrancarsi dalle ser-vitù dei feudatari locali e ricevere prote-zione dai “forestieri”, si pongono sottola giurisdizione dei grandi Comuni. Inquesto modo entrano a far parte delsistema economico di Firenze ricavan-done benefici. La sottomissione com-portava riconoscere l’egemonia e i dirit-ti dei soli flussi commerciali fiorentinigarantendo il transito ai suoi mercanti. Ne deriva un’articolazione territorialesempre più complessa e nuova dalpunto di vista militare. In un quadro diconflittualità interna, i rapporti di vici-nato, i grossi centri e i poderosi castelli,in lotta fra loro, sono un sistema milita-re basato sulla dissuasione o sul bilancia-mento delle forze in campo. Con l’en-trata in scena di elementi esterni tuttoquesto non è più valido per mantenereil controllo generale del territorio.Occorre passare da strutture difensive,basate su casseri e palizzate di tronchid’albero, a cortine murate fornite dirobuste torri. Le ricerche sull’ampiadocumentazione esistente, relazionanodi un gran numero di richieste formula-te da parte delle comunità alle città-stato, per il completamento o restauro

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La Grancia di Cuna dello Spedale di Santa Maria della Scala di Siena costituisce ilcentro di controllo produttivo dei vasti possedimenti terrieri dell'Ente. La Fattoria, luogodi granai e di deposito degli annessi, vitale per il sostentamento della città senese, appa-re come una struttura fortificata, quasi una fortezza. La raffigurazione rappresenta,indirettamente, una testimonianza dello stato della campagna senese soggetta a saccheg-gi e devastazioni da parte degli eserciti in occasione di invasioni militari.

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delle opere di difesa dei borghi, riferibi-li sia al mancato completamento dellecostruzioni ma anche alle distruzionisistematiche operate in occasione diepisodi bellici incontrollabili6. La militarizzazione del territorio diven-ta sempre più onerosa per l’amministra-zione fiorentina che cerca di coinvolgerele comunità a partecipare anche finan-ziariamente ai lavori pubblici di difesa.La bella campagna toscana appare cosìun grande sistema produttivo militare,la cui statica fisicità contrasta con lavariabile capacità di cambiare schiera-mento ed alleanze.

Quello che conta è la salvaguardia dellaforza lavoro del contado e della città. Icastrum e le terre fondate rappresentano,nello scenario bellico, tante linee difen-sive che l’esercito nemico deve conqui-stare con grande dispendio di forze e ditempo. La tattica di attardare il nemicoe vincere per stanchezza presenta note-voli vantaggi nella guerra dei secc. XII eXIII, poiché gli eserciti comunali, costi-tuiti in prevalenza da milizie cittadine,potevano restare in campagna solo perqualche settimana e non potevano attar-darsi in lunghi assedi7.Particolare rilievo assume la struttura

territoriale delle zone periferiche alsistema centrale. La politica di annes-sione è stata condotta dalle città-stato,in alcuni casi in modo poco impegnati-vo, evitando di assumere gravosi impe-gni di difesa della popolazione. Spessosi è lasciata l’iniziativa ai grandi capitaliche con l’accorpamento delle proprietàhanno dato luogo a vaste proprietà fon-diarie, per le quali occorreva il mante-nimento dei contadini sui poderi. Le guerre e le scorrerie fanno una gran-de vittima: determinano la scomparsatotale della piccola proprietà, costretta achiedere protezione e oberata di debitiper le difficoltà del mercato interno.Tale uscita di scena lascia spazio all’in-tervento dei capitali mercantili cheriutilizzano tutto il sistema fortificato,presente nelle campagne, riadattando ilcastrum a centro poderale ed estenden-do il sistema della mezzadria su granparte del territorio toscano. L’acquisto di beni rurali da parte dei capi-tali cittadini, è condotto con grande caute-la per il livello d’insicurezza e il timore didanni dovuti ad eventi bellici ed è rivoltosolo a beni immobili collocati all’interno dicentri muniti di mura. La casa isolata signi-ficava la razzia dei raccolti e la perdita delbestiame, fino alla distruzione dell’immo-bile. “Ne sapeva qualcosa Tommaso di serGiovanni da Vico, un intraprendente fat-tore e socio della compagnia Datini diPrato, che nel 1391 aveva subito gravidanni dalla «...giente del Chonte ch’entròin questo paese di Valdelsa a dì 17 (set-tembre)»: i «maschalzoni» gli avevano

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Assedio ad una città. Miniatura XVI secolo. (Parigi, Bibliotheque Nationale).

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rubato un paio di buoi e bruciato due casecon una torre nel piano di Vico, causando-gli danni valutati più di ottanta fiorini”8.Per questi motivi la casa isolata su un pog-gio in mezzo al podere, tipica delle illu-strazioni della campagna toscana, èassente nell’area collinare fino ai primidecenni del 1400. Infatti dalle fonti docu-mentarie del Trecento, (libri di notai o diamministrazione di enti o casati) mancaqualsiasi notizia relativa a nuove costru-zioni in campagna. Sono invece presentilavori di restauro e di riparazione di casee immobili. Queste informazioni rivelanocome “l’insediamento sparso, ovvero lacasa poderale, non sorge ex-novo, maattraverso la trasformazione dei piccoliinsediamenti preesistenti, villaggi apertio castelli che fossero”9; la mezzadria all’i-nizio si afferma nelle zone già coltivateintensamente, solo al tempo del Grandu-cato si impianta nelle zone caratterizzateda un insediamento rado e distanziato. In questo processo di grosse modificazio-ni, il quadro insediativo del contadotoscano assume forme multiple ed artico-late, ad es., nell’area della Valdelsa, il ter-ritorio sottoposto al castello di Linari,appartenente alla lega di S.Donato, pre-senta il centro urbano cinto da mura eformato da “quaranta case di cui 33erano abitate dai Linaresi, tre servivanocome residenza temporanea dei loro pro-prietari cittadini, altre tre erano le casedove abitavano le famiglie di mezzadri dicittadini fiorentini, le cui terre si estende-vano negli immediati dintorni del castel-lo, una era disabitata. Cinque poderi con

dimora mezzadrile, fra cui Casa Nuovache testimonia il nascere del fenomenodell’appoderamento, con ubicazioniattorno al castello. Completava l’insedia-mento sparso un mulino sul torrenteDrove, corredato di terra, gestito e abita-to da mugnai piccoli coltivatori. Infinealtri villaggetti costellavano la «curia» delcastello: Giungano formato da sei case,quattro di coltivatori diretti e due abitateda mezzadri; Selva formata da due casepoderali e una di un piccolo proprietario,la villa più consistente era Sant’Appiano,contava sedici abitazioni, di cui sette diproprietari locali, sei affidate a mezzadrie due affittate a lavoratori di terre spezza-te. Infine l’ultima apparteneva a unafamiglia benestante fiorentina, che se lariservava per i soggiorni in «villa» ”10. Unquadro di tipologie abitative completo incui compaiono il castello, cioè il villaggiofortificato, i borghi rurali, il mulino, lavilla per i soggiorni estivi, le case mezza-drili isolate. Ma la descrizione è significa-tiva perché illustra, al 1427, in pieno XVsecolo, la presenza dei mezzadri ancoranegli agglomerati e nei centri murati,accanto alle residenze e i depositi dei pro-prietari cittadini all’interno delle mura.Solo alla fine del Quattrocento, quandole vicende belliche interne andavanodiminuendo e la potenza fiorentina sirafforzava sempre più, il modello di pae-saggio agrario tipico della mezzadria siestende sul territorio. La coltura promi-scua, basata su una fitta trama di campi,filari di alberi, piantate di olivi e vitimaritate, che caratterizza l’agricoltura

toscana con unità produttive autosuffi-cienti e un connubio fra coltivazionidiverse che si riassume nel detto “i tosca-ni tengono i loro prati sugli alberi”11,disegna in maniera ordinata il territorio.In questo processo accompagnato dauna forte crisi demografica che dimezzala popolazione, castelli e strutture mili-tari sono reimpiegate nel sistema pro-duttivo imperante. I numerosi studi sulpatrimonio edilizio rurale della Toscanadocumentano la presenza di strutturefortificate e torri mozzate, spesso tra-sformate in “colombaie”, nelle struttureedilizie delle coloniche.

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Il Marzocco, simbolo araldico del Dominio Fioren-tino che, nel corso del Quattrocento, figurò spessonelle contrade e in molte città della Regione.

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Il quadro ambientaleÈ interessante delineare i tratti del qua-dro ambientale presente nel periododelle grandi guerre, e il paesaggio cheha accompagnato e spesso condizionatoi luoghi delle battaglie. Il sistema terri-toriale della regione si presentava conforme e tipi molto diversi da quelliattuali. Possiamo intuire e descriverecon buona approssimazione alcuni sce-nari rappresentativi dello stato ambien-tale della Toscana del passato, ricorren-

do alla ricca documentazione disponibi-le ed ai numerosi studi sulla formazionedel paesaggio toscano.Alla fine del periodo romano nell’eradelle invasioni barbariche, di generaleinsicurezza sul territorio, tutto il sapien-te sistema di regimazione delle acque edi bonifica, che ha caratterizzato il terri-torio agricolo nel periodo etrusco-roma-no, si è dissolto per la progressiva incu-ria e l’abbandono dei campi. Taleabbandono determina una delle caratte-

ristiche più appariscenti del paesaggiotoscano dal X al XIII sec.: la presenza divasti specchi d’acqua all’interno del ter-ritorio. Infatti, l’acqua ricopriva quasitutta la costa arrivando a lambire i primirilievi collinari e gran parte del sistemadelle pianure. Queste, pur essendo lezone più fertili per l’agricoltura, nonvenivano coltivate perché occupate dastagni o soggette a ricorrenti fenomenialluvionali. “Di conseguenza, i terreni dicollina e di montagna, sottoposti a unaforte pressione demografica, dovevanosopportare colture spesso in contrastocon la vocazione naturale dei suoli erotazioni intense, giustificate dalla mas-siccia richiesta di prodotti agricoli, che sirisolvevano alla lunga in uno sfrutta-mento eccessivo e irrazionale. Lo squili-brio tra l’intenso popolamento, cheforse non aveva eguali nell’Europa deltempo, e l’esiguità e la povertà dellaterra, era, pur tenendo conto di diffe-renziazioni locali spesso assai forti, l’ele-mento caratterizzante della Toscana diallora”12. Tali condizioni forniscono inparte una spiegazione ai frequenti epi-sodi bellici e ai continui contrasti fra lepotenze comunali che si formano nelbasso Medioevo. La necessità di sosten-tamento per soddisfare lo sviluppodemografico e, in particolare, l’inurba-mento, che vede crescere a dismisura lecittà toscane, comporta l’allargamentodel sistema agricolo e il controllo politi-co sul circondario. Lo sviluppo agricolotoscano è anche un fatto militare, unaconquista di un territorio da sottomette-

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I luoghi delle battaglie

Pianta della Piana costiera di Pietrasanta (A.S.F. Capitani di parte)L'illustrazione descrive sapientemente le condizioni del quadro territoriale caratterizzante la Versilia a cavallodel XVI secolo. E' visibile lo stato precario del sistema idrografico le cui acque, incapaci di raggiungere ilmare, confluiscono nelle ampie paludi alle spalle del sistema dunale, fra cui il lago di Porto Beltrame. Tuttoil territorio è strutturato su un sistema militare basato sulla città fortificata di Pietrasanta, sul forte di Cer-via, posto a difesa della strada romana Aurelia e sulle torri di avvistamento di Motrone e del Cinquale, ubi-cate alle estremità della macchia. La pianura è ancora priva di ogni tipo di insediamento, l'unico edificio esi-stente sulla costa è quello del Magazzino dei Marmi della Magona.

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re per usufruire delle sue risorse, mate-rie prime e forza lavoro.Se stagni e lagune dominano sullacosta, dalla Versilia alla Maremma,all’interno ampie zone sono occupateda laghi la cui estensione è oggi quasiimpensabile, anche se i segni della pas-sata situazione ambientale sono rimastiimpressi sul territorio13. Tra Seravezza eMassa, esisteva il lago di Porta sul cuiconfine passava la via Francigena, men-tre a sud l’intera Versilia era occupata dastagni che rendevano possibili gli inse-diamenti solo sulle creste delle colline.L’attuale lago di Massaciuccoli eramolto più vasto e arrivava fino alle pen-dici di Pietrasanta. Queste condizioniimponevano processi di sostentamentolegati ad un’economia profondamentediversa da quella moderna.A sud le paludi di Vada, del Cecina, ilpadule delle Saline, la palude di Bol-gheri, lo stagno di Scarlino attestano itratti caratteristici di una costa intera-mente invasa dalle acque dolci e salma-stre. La stessa pianura grossetana è inte-ressata da una situazione palustre, ulte-riormente accentuata dal sistema idro-grafico dei corsi d’acqua interni, cheper la difficoltà a sfociare a mare origi-nano, a monte del sistema dunale, sta-gni e paludi. Una situazione che rende-va precaria la coltivazione agricola, oltrea rappresentare un costante pericolosanitario per le popolazioni insediate14.Un territorio da sempre difficile, mache le regimazioni idrauliche degliEtruschi avevano reso fertile, diventa,

nel Medioevo, quasi invivibile comedimostra del resto la scarsità dei centriabitati e l’abbandono di quelli antichimentre, nel resto della Toscana, l’inca-stellamento, con la conseguente crescitademografica, è ormai avanzato.All’interno la situazione appare altrettan-to complessa con il lago di Sesto o padu-le di Bientina, oggi totalmente scompar-so ma che rappresentava nel Medioevo illago di maggiore estensione nella regio-ne, con una superficie di circa 16 Kmq.Direttamente in contatto con l’adiacente

padule di Fucecchio, formava, al centrodella regione, una cospicua area copertadalle acque. Un’altra valle interessata dalaghi, era, fin dall’antico, la Valdichiana,a causa di una piatta pianura a lieve pen-denza, che ostacolava il deflusso delleacque della Chiana nel Tevere. Solo inepoca recente la situazione è stata risolta,invertendo la direzione delle acquedirottate verso il sistema dell’Arno15. Lapresenza dell’acqua formava, in quelcaso, un vero e proprio bacino fluviale sulquale la navigazione favorì il nascere di

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La formazione del paesaggio toscano fra innovazione e conflittualità

La Val di Chiana al tempo di Leonardo da Vinci. (Windsor Castle, Royal Library)La carta illustra lo stato fisico del territorio contraddistinto da un totale disordine della rete idrica. La pia-nura è interamente occupata dal lago, mentre l'insediamento dei numerosi centri è sospinto sui poggi circo-stanti.

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una intensa rete di traffici commerciali.Sulla Chiana i collegamenti erano possi-bili da Arezzo a Chiusi fino a Roma; Pli-nio il Vecchio cita l’arrivo sui mercati diRoma di merci trasportate da imbarca-zioni sulla Chiana resa navigabile graziea chiuse e pescaie. La presenza dell’ac-qua fino al XVIII sec. ha consentito lanavigazione attraverso la regione, assicu-rando una rete di viabilità alternativa piùsicura di quella stradale. Per secoli “navi-celli”, piccole imbarcazioni a fondo piat-to, carichi di merci, collegavano Firenze ela Valdinievole con Pisa.All’interno di questo quadro ambientale

complessivo, l’economia agricola ha potu-to svilupparsi solo a prezzo di notevolisacrifici e il relativo sistema insediativo si èaffermato solo dopo accesi contrasti enumerosi conflitti determinati dallanecessità di conquista di territori produtti-vi sempre più ampi e, soprattutto, sicuri.La storia geologica si intreccia con lastoria politico-sociale della Toscana,dando luogo ad un’organizzazione ter-ritoriale, prodotto di equilibri precari,di periodi di pace e di aspri conflitti;all’interno di questo quadro un conti-nuo interscambio favorisce lo sviluppoeconomico e culturale.

Le stesse zone pianeggianti esistenti,limitate alla valle dell’Arno e dell’Om-brone, non hanno offerto alla coltivazio-ne agricola spazi sicuri. I fiumi scorreva-no nelle pianure con un andamentolento e sinuoso, caratterizzato da anse emeandri che, in periodi di piena, traci-mavano nelle campagne adiacenti. Lefrequenti e ripetute alluvioni rendevanoimpraticabile la coltura dei campi o,peggio ancora, implicavano la perditadei raccolti con danni economici enormied effetti tragici per popolazioni legateesclusivamente alle risorse alimentariprodotte in loco per l’autoconsumo. Aifenomeni naturali si aggiungeva unapianificazione di protezione delle cittàdalle piene dei fiumi a danno delle cam-pagne. Infatti, in periodo di piena, l’u-nico strumento di salvaguardia dei cen-tri urbani dalle alluvioni era rappresen-tato dalla rottura artificiale degli arginiin determinati punti del corso del fiume,per far defluire le acque nelle campagnecircostanti. Ad es. la stessa Pisa, per seco-li minacciata dalle alluvioni dell’Arno,aveva, come difesa dalle acque una seriedi opere come il trabocco di Fornacet-te16 che, se impediva alla furia delleacque di irrompere nella città, determi-nava la rovina dei territori agricoli edella popolazione insediata, costretta atremendi periodi di carestia.A fronte di tale situazione, il sistemainterno collinare, costituito da dolcirilievi e poggi, ha rappresentato il terri-torio più protetto dalle acque e quindipiù sicuro per l’agricoltura. Qui si svi-

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I luoghi delle battaglie

La situazione idrografica della Valdichiana in tre epoche storiche.Quella romana si riferisce ad una ipotesi di G. Canestrelli, mentre quella del XVI secolo è ripresa dalla descrizio-ne di Leonardo da Vinci, quella ottocentesca deriva dallo Zuccagni Orlandini. Nel periodo medioevale la pianu-ra della Valdichiana è complessivamente un lago che da Arezzo si spinge fino a Chiusi con un generale stato diimpaludamento dei torrenti affluenti nella Chiana. Si spiega facilmente l'esistenza di centri abitati solo sulla isoip-sa dei 300 metri. (Da S. Piccardi, La Valdichiana toscana, in Rivista Geografica italiana, LXXXI).

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luppa il sistema agricolo medievale e siinsedia la maggior parte della popola-zione, con conseguente sfruttamentodei suoli che portò a gravi conseguenze.Infatti la presenza di terreni magri e losgrondo delle acque, solitamente trac-ciato secondo la massima pendenza,esaurì la capacità produttiva imponen-do grandi, e ingegnose, opere di siste-mazione del terreno.Tutto il sistema di valli e vallette interne,pur generando un insieme di luoghiomogenei, ha formato una struttura inse-diativa composta da tante comunità auto-nome, basate su risorse economiche pro-prie. “La Toscana centrale è una regionevasta e differenziata; omogenea nel suocomplesso solo se la si consideri dalpunto di vista un po’ superficiale dellalimitata escursione altimetrica, essa pre-senta invece un quadro molto compositodi varietà e di contrasti morfologici, acui-ti o modificati, dagli usi del suolo eserci-tati dall’uomo nel corso dei secoli. Taglioe coltivazione dei boschi, introduzione dicolture diverse secondo la varietà dellezone, opere idrauliche imponenti hannoforzato i caratteri fisici dei territori, ope-rando una globale selezione antropicadelle forme del paesaggio”17. Dalle colli-ne del Chianti al Cetona fino alle pendicidell’Amiata, il paesaggio offre una gran-de varietà di elementi, tutti riuniti peròdalla trama delle colture dalla rete dellealberate e dalle sistemazioni idraulicheche disegnano tutto il territorio, confe-rendo quelle geometrie proprie del pae-saggio toscano che omologano il disordi-

ne dei “campi a pigola”, tali forme dovu-te al processo di appoderamento descrit-to in precedenza, evidenziano il notevolefrazionamento delle proprietà e delle sin-gole unità produttive (poderi). La colturadei seminativi alberati, e la coltura spe-cializzata di viti e olivi e di orti consenteun intenso sfruttamento del suolo, neces-sario per garantire la pressione demogra-fica presente sull’area collinare. Qui, giàprima del Mille, la maglia degli insedia-menti è fitta e l’esistenza attraverso il ter-ritorio collinare della via Francigena, l’u-nica grande strada internazionale delMedioevo, porta alla nascita di grossecittà e grandi centri politici. Il resto del territorio è quello montanodegli Appennini, l’arco montuoso cheracchiude tutta la regione e che rappre-senta un confine geografico e culturaledefinito.In antico la montagna può essere defi-nita il territorio naturale per eccellenza,caratterizzato da boschi e ricoperto dafitte foreste all’interno delle quali trova-va rifugio una ricca fauna con presenzadi orsi e lupi. I sistemi vallivi interni,formando delle conche isolate con scar-se relazioni con le altre zone, sono staticaratterizzati da una storia di autono-mia e indipendenza, sia verso i Signorifeudali che verso la Città, dando luogoad ambienti culturali specifici e diffe-renziati. Forme di sostentamento pro-prie, come l’introduzione del castagne-to da frutto, vero e proprio “albero delpane”, hanno garantito la sopravviven-za delle popolazioni insediate, pur con

esigui rapporti e scarsi scambi con lerealtà urbane e di pianura. L’espansionedel dominio dei Comuni ha lentamenteproiettato la regione appenninica versol’influenza urbana, legando l’interopaesaggio forestale all’uso delle risorseutili all’economia cittadina: risorse fore-stali, alimentari ed energetiche. Nelpassato una grande caratteristica diquesto ambiente è l’allevamento, facili-tato dalle ampie distese dei prati-pasco-lo: un uso del suolo sconosciuto nelmondo collinare della mezzadria.

Il sistema stradale e i percorsimilitariIl sistema ambientale e geomorfologico,oltre ad influenzare la struttura insedia-tiva della regione, ha pesantementecondizionato la rete della viabilità inter-na ed esterna. Le grandi arterie romaneattraversavano la regione dirette al nordvero la pianura padana. L’Aurelia lungola costa, la Flaminia minor, all’interno,lungo la direttrice Chiusi-Arezzo, laClaudia, sull’asse Chiusi-Firenze, costi-tuivano i principali collegamenti inter-regionali. Ulteriori direttrici erano for-mate dell’antica via Faentina o dallastrada da Barberino di Mugello, per ilpasso dello Stale, verso Bologna. Nel periodo medioevale, scomparsa lamaglia dei grandi tracciati delle vie con-solari romane, la viabilità ha utilizzatopercorrenze che privilegiavano esclusiva-mente i tragitti di crinale, sia perché piùfacilmente difendibili, sia per la miglioremanutenzione della sede viaria. Infatti,

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nei fondovalle, le frequenti alluvioni e gliimpaludamenti danneggiavano i percor-si fino a farli scomparire. Nell’alto Medioevo la viabilità principaleè rappresentata dalla via Francigena, pro-veniente da nord attraverso il passo dellaCisa, così chiamata se consideriamo lasua provenienza, o detta anche Romea,per la destinazione finale. L’arteria sorgesull’itinerario dei grandi pellegrinaggireligiosi del periodo medioevale, che ave-vano come meta S.Iacopo di Compostelae Roma. Tale strada assume, nella regio-ne toscana, il compito di costituire l’assedi riferimento per la nuova struttura inse-diativa del territorio ed è occasione difondazione di importanti città. Per lunghisecoli il transito per la Toscana si muovelungo tale direttrice e da essa si diparte laviabilità minore.All’interno, viceversa, l’arco appennini-co pone pesanti problemi al passaggioverso l’Emilia Romagna. La posizionestessa delle distese vallive appennini-che, disposte parallelamente alle rughemontuose, produce una netta separa-zione fra la Toscana e l’Italia settentrio-nale, una chiusura evidente nei collega-menti verso il nord.Direttrici note fin dall’antichità sonoquelle lungo le valli del Bisenzio e delSetta con il passo di Montepiano (il vali-co più basso dell’intero Appennino) conprovenienza da Prato, Vaiano, Vernio;dal passo dello Stale verso Barberino; laPistoia-valle del Reno tramite il passo diPorretta. Da Firenze la viabilità si raffor-za sulla direttrice lungo la val di Sieve

verso il passo del Giogo, fortificato dallaRepubblica Fiorentina. Ad occidente ilpasso dell’Abetone e delle Radici con-sente il collegamento con il territoriomodenese, mentre dalla Garfagnana eLunigiana, attraverso i passi del Cerre-to e della Cisa, ci si immette nell’area diParma e Reggio, verso la pianura pada-na. Ad oriente esistevano direttricicome la Faentina da Borgo S.Lorenzo, ilpasso della Colla di Casaglia a Marradi;sempre da Borgo S.Lorenzo per il passodel Muraglione verso Forlì; dal Casenti-no attraverso il passo dei Mandrioliverso Cesena. Ogni bacino idrograficosi connette con i corrispondenti in ter-ritorio emiliano romagnolo. L’assetto della rete stradale, relativo aicollegamenti regionali, è fondamentaleper comprendere ragioni e significatidegli avvenimenti bellici e dei perenniconflitti, in particolare in alcune areedella Toscana. La viabilità, sulla qualetransitavano mercanti, pellegrini, vian-danti, artigiani, artisti, religiosi ed eserci-ti, da una parte ha costituito lo strumen-to per l’introduzione delle innovazioniattraverso lo scambio di conoscenze escoperte scientifiche, dall’altro il mezzodi controllo militare del territorio. Uncontrollo duplice che era rivolto versol’esterno ma anche verso l’interno colle-gando i centri fortificati, sedi di guarni-gioni. La viabilità, all’inverso, ha consen-tito l’ingresso agli eserciti nemici e costi-tuito le direttrici per le invasioni militariche si sono succedute nel corso dei seco-li, fino alla seconda guerra mondiale.

Da ricordare come però, nella storiadella regione, le strade siano stateanche l’occasione di formazione di luo-ghi di mercato, ove scambiare merci,materie prime ed attrezzi provenientidai vari territori. Tutto è relativamente tranquillo fino ache il periodo romano prima, e quellofino all’alto Medioevo poi, generano unsistema di controllo generale, all’internodel quale la specificità locale, dei singolipoteri, non veniva direttamente toccatanei suoi interessi, in genere limitati all’in-torno territoriale del centro di insedia-mento. La situazione si modifica con ilprogressivo cambiamento del sistemapolitico e del sistema economico. Il raf-forzamento delle città provoca una rior-ganizzazione dell’assetto viario che vedela città affermarsi come centro polariz-zante, a cui viene riferita una viabilità chemuovendosi in parte in pianura, sostitui-sce quella antica, posta esclusivamente suicrinali. È esemplare il caso fiorentino, conuna rete stradale fondata su collegamen-ti radiali, riferibili ad una politica espan-sionistica che vede un contado semprepiù subordinato al potere cittadino. Unsistema stradale difficilmente riferibileper tecniche, materiali e misure, a quellomoderno; la viabilità medioevale, cosìcome nei periodi successivi, è compostada strade strette, anguste, al massimo conuna larghezza di 3,5/4m. per la Francige-na, in prevalenza sterrate e soprattuttocon gravi carenze nelle opere accessoriecome muri a retta e ponti. Quelli esisten-ti sono solo opere provvisorie o semplici

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passerelle soggette a gravi danni neiperiodi di inondazione. Una rete strada-le, quindi, su cui transitava il commercioe i pellegrini, ma che rendeva difficoltosoil transito agli eserciti. La viabilità acquista un ruolo sempremaggiore con il crescere dell’economia,all’interno del sistema urbano toscano,che rappresenta un vero e proprio cen-tro a carattere internazionale in un pre-ciso momento storico. Firenze con i suoicirca 100.000 abitanti è una delle cittàpiù abitate a livello mondiale, ma tuttala regione centrale, con Siena, Lucca,Pistoia, Volterra, S.Gimignano, ecc. haun peso demografico e politico-econo-mico che influenza le vicende storiche alivello europeo.La necessità di espandere i propri domi-ni, ma soprattutto di avere strade sicureper il passaggio dei mercanti e dellemerci, pone il territorio e il controllodella viabilità come oggetto di conquistae di guerra. Il predominio sui valichi el’esigenza di avere l’accesso al mare spin-ge Firenze ad una strenua guerra conPisa, per aprirsi nuovi varchi verso il Tir-reno. Il controllo militare della rete stra-dale appare evidente nella politica infra-strutturale della Repubblica Fiorentina.Di fronte alla difficoltà di controllare inumerosi e difficilissimi valichi appenni-nici verso le regioni della pianura pada-na, dove erano in pieno sviluppo i mer-cati con le regioni europee, Firenze deci-de la realizzazione di una nuova stradapassante per il Giogo, un valico già pre-sente nel panorama di quelli conosciuti

fin dall’antico, ma che ora viene difesoda due nuove “terre murate” Scarperia eFirenzuola. Queste saranno costruitecome vere cittadelle fortificate a guardiadella viabilità e dell’intero Mugello. Leopere di difesa, anche nel periodo medi-ceo, sono potenziate con la costruzionesopra S.Piero a Sieve della fortezza diS.Martino, sovrastante il passaggio obbli-gato della Sieve. Non a caso nel corso deisecoli tale tragitto, caratterizzato comeasse militare, sarà evitato dagli esercitiprovenienti in Toscana da nord. Strade enuove “terre fondate” sono episodiriconducibili ad una politica di egemoniamilitare finalizzata al controllo articolatoe gerarchico sul territorio conquistato.Tale ruolo militare della viabilità rimaneimpresso anche in epoca medicea, all’in-terno del Granducato tutta la viabilitàviene mantenuta in pessime condizioni.La mancanza di ponti impone numerosiguadi che nel periodo invernale diventa-vano veri e propri ostacoli, in particolaretutti i transiti appenninici hanno il carat-tere di semplici tratturi o di mulattiere,interessate, in alcuni periodi dell’anno,da frane e smottamenti o da pantani cherendevano di fatto il Granducato impe-netrabile. La descrizione che vede “lestrade dalla parte della Lombardia tuttedifficili e quasi inaccessibili da eserciti eda arteglierie” individua una linea difen-siva naturale contro le possibili invasioni.Nonostante queste strade “scabrose”18

nel corso del XV e XVI secolo, in unperiodo storico in cui la Toscana è inseri-ta in conflitti a carattere nazionale, un

lungo elenco di eserciti riesce a passarenel territorio toscano. Le cronache parla-no di eserciti “che a partire da Carlo VIIInel 1494 per la via della Cisa, dal Valenti-no per la Bolognese e lo Stale nel 1501,dal Cardinale Leone e da Papa Clementede’ Medici nel 1512 per la via del Sasso edi Barberino, dal Duca d’Albania nel1524 per la via della Garfagnana, dalDuca di Urbino e dai Veneziani per la viadel Sasso e Barberino, dal duca di Borbo-ne e dall’esercito spagnolo per la via delBagno e dall’esercito francese per la via diMarradi nel 1527, dalle truppe di papaClemente VIII nel 1529 che calarono inMugello per partecipare all’assedio diFirenze, contemporaneamente dal conta-do di Bologna attraverso la Bolognesedel Giogo, quella di Bruscoli e Barberinoe le altre diverse Bolognesi discesero inToscana tra la fine del Quattrocento e iprimi decenni del secolo successivo taloraportando l’artiglieria pesante, come fecel’esercito papalino magari tra mille diffi-coltà integrando le pariglie dei «cavallitedeschi» con i buoi del paese”19.È da rilevare che le necessità militari nonmutano sotto i diversi periodi politici, lapolitica stradale medicea si muove, sullestesse linee della Repubblica Fiorentina,esercitando solo un controllo generalesullo stato del sistema viario tramite l’Uf-ficio dei Fiumi, Strade e Ponti con ilquale fu centralizzata la politica dei lavo-ri pubblici. Le opere di manutenzioneresteranno, invece, affidate alle singoleentità locali territoriali come i Popoli, leVille e le stesse Podesterie.

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L’interesse militare del sistema delle viedi comunicazione viene anteposto aquello economico-commerciale e giusti-fica le condizioni materiali in cui vienemantenuta la rete stradale. Non a caso,ancora nel Seicento, l’unica vera carroz-zabile, che consentiva il transito dellecarrozze e dei carri in tutte le stagioni, èla via Pisana. Il suo tragitto si snodalungo la valle dell’Arno in un ambitocompletamente pianeggiante, maanche qui non mancano le difficoltà dipercorso nell’attraversare fiumi e tor-renti che, in periodo di piena, tracima-vano facilmente, allagando la strada e icampi circostanti, tanto che venivanoapprontate opere e manufatti adatti aconsentire il percorso anche durante leesondazioni. Sempre a Fornacette, ilTrabocco era un ponte in aperta cam-pagna sul quale passava la strada regiapisana mentre le acque dell’Arno traci-mavano nei campi circostanti. La stessa cronaca, nel XVIII secolo, delviaggio di ingresso dei Lorena, scesi aprendere possesso del nuovo Stato,descrive la condizione disastrosa dellastrada bolognese, che costringe il corteoa mille peripezie e accorgimenti e a cam-biare i mezzi di trasporto, prime fra tuttele ampie e comode carrozze ducali, perpassare a piccoli e traballanti calessi.A ben guardare la funzione militare è unacaratteristica portante nella gestione stra-dale, la stessa rivoluzione stradale del Tre-cento attuata a Firenze con un sistemaaccentrato sul capoluogo, si spiega con il

bisogno di controllo politico e militare sulterritorio sottomesso. Rispetto a questo,tutta la politica di formazione dello statofiorentino non trova elementi di cesura frail periodo della Repubblica e quello delGranducato. L’attenzione militare alla arti-colazione amministrativa del territorio èpuntuale. Le acquisizioni territoriali cheFirenze porta avanti, nel settore nordocci-dentale, in Lunigiana e Garfagnana, doveinstaura la propria sovranità fiscale e giuri-dica, mirano al controllo militare a difesadegli interessi strategici militari e del com-mercio mercantile. A tali fini risponde l’in-tegrazione nello stato fiorentino, di unaserie di enclave in un’area strategica con-trollata da altri poteri politici: Barga, alconfine con lo stato degli Este, come con-trollo della via di San Pellegrino sull’in-gresso per la valle del Serchio; Pietrasantacittà murata a controllo e difesa dell’Aure-lia; Fivizzano nella Lunigiana a guardia delpasso di Cerreto; Caprigliola sulla stradadella Cisa. Inoltre nuove fortificazionidifendevano gli altri passaggi, la fortezzadi San Martino a San Piero a Sieve a dife-sa dei transiti appenninici da Bologna; adest la munita Sansepolcro come avampo-sto del Granducato sulle strade della Valti-berina; in Valdichiana Cortona, Montepul-ciano e Lucignano, centri muniti di nuovefortezze a controllo delle vie dallo StatoPontificio; nella zona meridionale Radico-fani, munita anch’essa di una fortezza,chiudeva il passo sulla Cassia. Una rete dicentri fortificati che, oltre a estendere ildominio politico sulla regione, cercava di

garantire la sicurezza del territorio. Così lapolitica del Granducato Mediceo, supera-te le differenze e venuta meno la necessitàdi conflitti commerciali o militari, impostail sistema bellico verso la difesa, con la crea-zione di una linea di protezione, capace direndere difficile e contrastato il percorso apossibili invasori o comunque al passaggiodi eserciti o compagnie di ventura.L’unità del nuovo stato territoriale, hacome principale obiettivo politico-mili-tare la difesa degli interessi economicidei settori produttivi della classe mer-cantile, impegnata sempre più ad inve-stire capitali e risorse nelle campagne. Ilterritorio della regione diventa un benecomplessivo da salvaguardare da ognipossibile attacco, o semplicemente darazzie e distruzioni che potrebbero met-tere in crisi il settore produttivo agrico-lo che diventa fonte primaria per l’ac-cumulo di ricchezze. L’equilibrio inter-no, fra città e comunità, fra nobili e anti-che signorie, fra mercanti e mezzadri,produce un periodo di tranquillità checolloca la regione toscana, pur in unquadro di alleanze e schieramenti, al difuori dei grandi conflitti. È un periododi pace nel quale la Toscana consolidala sua specificità e la sua vocazione agri-cola. La tranquillità viene rotta solo, e inmaniera drammatica, con l’arrivo dellaseconda guerra mondiale che vedecome nell’antico, il territorio attraversa-to in lungo e in largo da armate in guer-ra con la distruzione del sistema infra-strutturale e produttivo della regione.

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NOTE

1 La fondazione di una colonia greca sulla costaorientale della Corsica presso Alalia, oggi Aleria,fu vista come una minaccia sia dagli Etruschipadroni del Tirreno settentrionale sia dai Carta-ginesi che erano insediati in Sardegna. Lo scontronavale fra 120 navi etrusco-cartaginesi e 60 navigreche terminò forse con la vittoria di questi ulti-mi che per le perdite furono costretti ad abban-donare l’isola, determinando fra i vincitori laspartizione del Tirreno in due zone di influenza.La potenza marinara etrusca ebbe fine nel 474a.C. nelle acque davanti a Cuma quando la flottafu sconfitta dai Siracusani, episodio che pose fineall’egemonia etrusca sul Tirreno delineando lafine della potenza etrusca, destinata a confluire inquella romana.

2 Sereni richiamando il paesaggio cantato da Fol-gore da San Gimignano “…con trenta ville e dodi-ci castelli che sia intorno ad una cittadetta” rilevache “i castelli e le rocche feudali non restano piùlontani nel loro minaccioso isolamento, ma sonoravvicinati, sicché «l’una terra all’altra sia vicina,ch’un miglio sia la vostra giornatella» “ crf. E.Sereni, Storia del paesaggio toscano, Laterza 1961.

3 Le operazioni militari si svolgevano nel periodoprimaverile estivo anche per colpire i raccolti delnemico e determinare una fase di carestia nellapopolazione chiamata a presiedere il territorio.Occorre richiamare anche la temporalità dellecampagne militari condotte da eserciti formati daindividui che avevano altre occupazioni in città onel territorio rurale per cui ai primi obiettivi rag-giunti il ritorno a casa era immediato. Cfr. F. Car-dini in Guerre e assoldati in Toscana 1260-1364,Firenze 1982.

4 Vedi P. Pirillo, Costruzione di un contado. I fiorenti-ni e il loro territorio nel Basso Medioevo, Le Lettere,2001.

5 Cfr G. Cherubini, Fra Tevere, Arno e Appennino.Valli, comunità, signori, Editoriale Tosca 1992.

6 Le compagnie di ventura sono delle variabili sulterritorio agendo sotto immediate necessità disostentamento o per conferire maggior timore.M. Villani racconta di una compagnia di venturache imperversava nel territorio di S.Casciano“facendo preda e ardendo ove lioro piacea sanzaprovare contasto”. M. Villani, Cronica, cfr. P .Piril-lo, cit.

7 Tale strategia risulta efficace nelle vicende lega-te a Campaldino la cui vittoria non viene sfruttatadai Fiorentini attardati o meglio ostacolati neldover assediare e distruggere alcuni castelli collo-cati sulla strada per Arezzo. La conseguenza è lasalvezza della città aretina. Cfr. U. Barlozzetti, Laprassi guerresca in Toscana, in Guerre e assoldati inToscana 1260-1364, Firenze 1982.

8 Vedi O. Muzzi, Statuti della lega di San Donato inPoggio, 1406.

9 Cfr. G. Pinto, La Toscana nell’alto medioevo, cit.

10 Cfr. O. Muzzi, Statuti della lega di San Donato inPoggio, cit. e O. Muzzi, Aspetti dell’evoluzione demo-grafica della Valdelsa fiorentina nel tardo Medioevo(1350-1427), in Strutture familiari, epidemie, migra-zioni nell’Italia medievale, a cura di R. Comba, G.Piccinni, G. Pinto, Napoli 1984.

11 L’alberatura di sostegno alle viti è una fonteindispensabile di legna per usi domestici masoprattutto di foraggio per gli animali il cuisostentamento rappresentava un problema per lamancanza di prati a pascolo. Cfr. Sereni, cit.

12 vedi G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo,ambiente, economia rurale, società, Sansoni 1982. Iltesto appare come uno degli studi più completinel delineare le condizioni della regione fra ilXIII e XIV sec.

13 In molti casi lo sviluppo insediativo moderno,si è tenuto nelle aree di margine degli antichispecchi d’acqua. Ad es. nel bientinese l’urbanizza-zione moderna si è addensata sui bordi dell’anti-co lago, oggi interamente prosciugato, così dinotte, l’oscurità si sovrappone all’antico “vuoto”della palude.

14 Il pericolo dalla malaria caratterizza tutte learee paludose della Toscana per lunghi secoli.Una situazione conosciuta se Dante ricorda:“Qual dolor fora, se de li spedali/di Valdichiana,tra ‘l luglio e ‘l settembre,/e di Maremma e di Sar-digna i mali…” cfr. l’Inferno canto XXIX.

15 I problemi idraulici della Valdichiana sono giàrilevanti anche in epoca romana. Tacito raccontala richiesta di una delegazione fiorentina presso ilSenato romano, ad accantonare il progetto dideviare le acque del Clanis in Arno, pensato nel17 d.C. per ridurre il pericolo degli allagamenti aRoma.

16 Tale trabocco insieme a quello di Putignanoserviva per incanalare le acque delle piene del-l’Arno in canali ausiliari o direttamente nellecampagne. I ricorrenti allagamenti nell’area diFornacette, non a caso il toponimo di Pozzale,imposero la costruzione di un ponte per evitarel’interruzione della strada da Firenze a Pisa.

17 Cfr. F. Pardi, L’Appennino sommerso, l’interpretazio-ne geologica delle colline, in Paesaggi delle colline, acura di C. Greppi, Marsilio 1991.

18 Così definite dagli ambasciatori venezianiFoscari e Contarini, cfr. L. Rombai, Strade e politicain Toscana tra medioevo ed età moderna, in G. Ciam-pi, Il libro vecchio di Strade, Firenze 1987.

19 Vedi L. Calzolai, L. Rombai, La viabilità transap-penninica della Toscana moderna, in La viabilità traBologna e Firenze nel tempo, (atti convegno), Firen-zuola- S.Benedetto 1989, Costa 1992.

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L’identità del territorio toscano comin-cia a porsi nel periodo etrusco con lanascita sui rilievi di numerosi insedia-menti, collegati da una rete viaria chefavorì lo sviluppo di un commercio fio-rente. Grazie a questo sviluppo econo-mico i centri si trasformarono ben pre-sto in città-stato indipendenti, di voltain volta in lotta o alleate per vari motivid’interesse o supremazia territoriale.Tra il IV e III secolo a.C. vi fu la pro-gressiva conquista dell’Etruria da partedei Romani che nel corso di tre secoli,non senza tensioni e scontri aperti, tra-sformarono l’assetto etrusco nellanuova VII regio, istituita da Augusto.Questa fu organizzata secondo la tipicastruttura gerarchica romana, che, sullabase di una nuova viabilità di pianura,collegava centri urbani, per lo più dinuova formazione, come Pisa, Lucca,Firenze, che garantivano l’amministra-zione del territorio ordinato dalla cen-turiazione e controllavano i principali

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L’Etruria

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collegamenti con l’esterno attraverso ivalichi appenninici e i porti tirrenici.Pisa, quindi, era un’importante portocommerciale e militare e controllava icollegamenti nord-sud favoriti dalla viaAurelia e quelli in direzione est-ovest siadi terra che fluviali lungo il bacino del-l’Arno.Lucca controllava la valle del Serchio el’area di valico dell’Abetone, mentrel’attenzione di Pistoia si concentravasull’area di Porretta, importante passoverso Bologna.Oltre alle principali città, e soprattutto acontrollo di aree per vari motivi consi-derate più a rischio o di interesse strate-gico, si distribuirono anche presidi mili-tari.

Un episodio guerresco legato agli inizidella dominazione romana, si ebbenella sconfitta inferta a Talamone all’ar-mata celto-gallica che premeva allavolta di Roma (225 a.C.).Per lungo tempo la “pacifica” Etruriasotto la dominazione romana fu coin-volta in eventi bellici legati alle vicendepolitiche della capitale a partire dalle“guerre Catilinarie”.Alla fine del III secolo d.C. l’Etruria, cheaveva assunto il nome di Tuscia, pervolere dell’imperatore Dioclezianovenne unita all’Umbria e affidata algoverno di un Corrector che aveva la pro-pria sede principale a Florentia.Alla fine dell’Impero si diffuse e si radi-cò in Toscana il Cristianesimo che era

divenuto, dopo l’editto di Costantinodel 313, la religione di stato.La Toscana ospitò figure illustri di reli-giosi che non mancarono di avere parteattiva nella storia anche degli eventi bel-lici legati alle invasioni barbariche. Casoesemplare è rappresentato da SanZanobi, vescovo di Firenze e personaleamico di Sant’Ambrogio, che ebbe unruolo determinante nella vittoria controgli Ostrogoti di Radagaiso (405 d.C.).Nel VI secolo gran parte della Tusciapassò sotto il dominio bizantino, secolinei quali il calo demografico interessòtutte le città toscane e Florentia vide lamaggior contrazione del proprio centrourbano. Ancorché meno martoriata dialtre aree dalla guerra fra Bizantini e

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Elmo in bronzo da Populonia, conservato al Museo Archeologico Nazionaledi Firenze.

Elemento di Tripode in bronzocon un guerriero a cavallo,dal Circolo di Bes a Vetulonia,conservato al Museo Archeolo-gico Nazionale di Firenze.

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Ostrogoti fu comunque teatro di alcuniscontri come quello detto dei Crocioni(542 d.C.) che si concluse con la vittoriaostrogota.Una radicale trasformazione dellaregione sia dal punto di vista ammini-strativo che territoriale, si ebbe con laconquista ed il dominio dei Longobardi(568-774) che vi crearono un ducatoautonomo collegato con il regno di

Pavia a nord e i ducati di Spoleto eBenevento a sud. Il loro ingresso inToscana da nord, attraverso il “Monsbardone” (il passo della Cisa), dette ori-gine ad un percorso stradale che attra-verso i territori di Lucca, della Val d’El-sa e di Siena, arrivava a Roma. Tale via-bilità, nel periodo successivo, diventò lacelebre via Francigena, detta anche“Francesca”, considerando la sua origi-ne, o “Romea”, relativamente alla meta,che fu l’itinerario maggiormente battu-to dai pellegrini per tutto il Medioevo. La conquista dei possedimenti longo-bardi del nord e centro Italia da partedei Franchi, a partire dal 770, portò nel-l’VIII e IX secolo ad una fase pacificache fece partecipe anche la Toscanadella cosiddetta “rinascenza carolingia”sia dal punto di vista economico checulturale, anche se non mancarono ten-sioni fra città vicine, come quella, diradice antica, fra Firenze e Fiesole.La crisi dell’impero carolingio nell’888causò nella marca toscana una serie diconflitti che portarono ad una forma dianarchia fra feudatari a cui pose fine,solamente nel 961, la restaurazione del-l’impero da parte di Ottone I. Durantel’impero ottoniano, soprattutto sotto ilreggimento “canossiano”, verso l’annoMille, la potenza fiorentina cominciò ademergere e il risveglio economico simaturò dopo l’anno Mille, attraverso lastruttura organizzativa territorialefacente capo alla pieve. Parallelamentecrebbe l’importanza dei centri urbanicome luoghi di trasformazione manifat-

turiera e di commercializzazione deiprodotti del territorio e ha inizio unlento ma graduale aumento demografi-co. Si rafforzò quindi il ruolo politico dialcune città, ed in particolare Firenzesotto la gestione politica del “gran baro-ne” Ugo di Toscana il quale estese il suodominio su tutta la marca. Agli inizi delXII secolo si concluse il periodo del“marchesato” con la figura della contes-sa Matilde che di fatto aprirà la stradaalla formazione ed al riconoscimentodelle realtà comunali.

l’Etruria

Legionario dell'epoca di Augusto (I sec. a.C.).Matilde di Canossa.(Miniatura dalla "Vita Matildis")

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LUOGO: Talamone (frazione del comunedi Orbetello)DATA: 225 a.C. (episodio della guerragallica combattuta dai Romani tra la I ela II guerra Punica).FORZE IN CAMPO: Galli (Celti dellacisalpina) contro Romani (in questaoccasione insieme ad Etruschi e Umbri).VITTORIA: RomaniCOMANDANTI: Romani: L. EmilioPapo e C. Attilio RegoloGalli: Aneroesto e Concolitano

I Galli, scesi nella penisola, avevanocombattuto vittoriosamente contro glieserciti romani nell’Italia centrale eavevano continuato la loro avanzataverso Roma ottenenendo sempre risul-tati positivi negli scontri con i contin-genti di stanza nei territori. Oramai sistavano spingendo fino alle porte diRoma, ma, nei dintorni di Chiusi, allanotizia dell’avanzata di un potenteesercito proveniente da Roma, decisero

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La battaglia di Talamone (225 a.C.)"(…) molto arditi [i Celti] e bramosi di gloria, gettato ogni altro indumento, si disposero primi dell'esercito, nudi con le soli armi, ritenendo di poter essere così liberi nei movimenti (…)terribili erano inoltre l'aspetto e i movimenti degli uomini nudi schierati innanzi agli altri, tutti nel pieno vigore delle forze…adorni di collane e braccialetti d'oro".(Polibio, Storie, 2.28; 2.29)

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la ritirata in direzione della costa dadove era possibile raggiungere la GalliaCisalpina attraverso i più facili valichidelle Alpi Apuane. I Galli attraversaro-no quindi il territorio etrusco e giunse-ro nei pressi di Talamone. Intanto unaltro esercito romano, proveniente danord al comando di Attilio Regolo,aveva raggiunto la città e appostato lacavalleria su un’altura ad est da dove sipoteva controllare la zona costiera e ilpercorso dei Galli verso la litoranea.Questi si resero conto dell’importanzastrategica di quel colle e, prontamente,ordinarono alle loro truppe di conqui-stare il presidio nemico, ma la cavalleriaromana riuscì a contrastarne l’attacco.Intanto l’esercito romano, inviato daRoma, al comando del console Emilio,li stava inseguendo da est con la possi-bilità di raggiungerli in poco tempo.I Galli si resero conto subito del perico-loso accerchiamento e decisero pronta-mente di schierarsi in formazione dibattaglia e di aspettare l’inevitabileattacco delle legioni romane.Si schierarono nei pressi della foce delfiume Osa, con un fronte verso il colledove stanziava l’esercito di Attilio e l’altrorivolto contro l’esercito di Emilio cheavanzava da sud. Lo scontro fu inevitabil-mente cruento (piu di 40.000 perdite solodalla parte gallica) e la vittoria arrise aiRomani anche se persero in battaglia illoro valoroso comandante Attilio Regolo.In onore delle vittime furono offertinumerosi ex-voto nel Tempio sul colledell’odierna Talamonaccio.

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La battglia di Talamone (225 a.C.)

Litorale di Camporegio.

Il colle di Bengodi e il golfo di Talamone visto da Talamonaccio.

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Il luogo della battaglia

Molta letteratura storica si è impegnatanell’individuare il luogo preciso dellabattaglia, ma tuttavia, secondo alcunistudiosi, non si sono mai raggiunti risul-tati convincenti. La maggioranza delleipotesi individua l’area intorno a Tala-mone come il luogo dello storico avve-nimento. La fonte più accreditata è l’o-pera dello storico greco Polibio, il qualedescrive la battaglia in questi luoghi,anche se la sua trattazione presentaalcune inesattezze geografiche.

Prima di tutto non è conosciuto l’itine-rario intrapreso dai Galli in ritirata versoil mare, ma si ipotizza che il campo dibattaglia corrisponda alla zona vicinoall’antico lago costiero di Camporegio, ilcui toponimo, secondo alcuni studosi,richiamerebbe l’evento storico e doverecenti scavi archeologici hanno messoin luce una fossa comune contenentescheletri di uomini e cavalli, ricoperti dicalce viva, riferibile allo scontro bellico.Altri ipotizzano il luogo spostato più anord, a sud-est di Talamone più vicino alcolle (odierno Ospedaletto) da dove

probabilmente l’esercito romano con-trollava la pianura.L'attuale località di Talamone, sulla cuidenominazione si narrano numeroseleggende fra cui quella dell'eroe greco-Télamon che vi approdò con gli Argo-nauti nella mitica ricerca del vello d'oro,è situata sul promontorio a sud deiMonti dell'uccellina, in una posizioneche fronteggia la zona costiera dove sor-geva l'antico porto di Télamon. Infattiin età arcaica (VII-VI secolo a. C.) laTélamon etrusca sorgeva sul colle diBengodi e nel IV secolo fu rifondata sulcolle di Talamonaccio. Dal I secolo al IVd.C. il colle venne abbandonato per poiessere rioccupato dall'abitato fortificatodetto "Marta". Dell'antico porto etrusco,approdo importante della città etruscadi Hebe, l'attuale Magliano in Toscana edi altri centri della valle dell'Albegna,non è visibile alcuna traccia in superfi-cie. Il centro di Talamonaccio per lungotempo assunse una certa importanzaper la posizione strategica di controllodei confini e delle coste, ma anche perla presenza di un edificio sacro che perlungo tempo è stato punto di riferi-mento per tutta la costa e la valle del-l'Albegna. L'antico tempio, costruitonelle seconda metà del IV se. a. C., siinnalzava sulle pendice sud-est di Tala-monaccio, con il fronte rivolto verso ilmare e ben visibile dalle navi prove-nienti da sud. Il tempio fu distrutto inun incendio verso il I secolo a. C. eattualmente è possibile visitare, sullasommità del colle, il sito con i pochi

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I luoghi delle battaglie

La baia di Talamone nelle diverse epoche storiche. (Da Carandini A., La romanizzazione dell'Etruria: ilterritorio di Vulci, Milano 1985).

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resti dell'antico edificio. Del tempioetrusco abbiamo solo pochi reperti, traquesti il famoso frontone il cui grandealtorilievo in terracotta che lo decoravariassumeva gli episodi del ciclo eroicogreco dei Sette contro Tebe. Il centro diTalamonaccio fu in seguito abbandona-to come tanti altri centri etruschi e delnuovo abitato, l'attuale Talamone postaesattamente dalla parte opposta dellabaia, se ne ha notizia documentata solonel XIII secolo quando il comune di

Firenze decise di riadattarla fortificandoil porto sulla Marina.Nel XIV secolo Talamone “fortificata”venne venduta ai Senesi che vi intrapre-sero dei lavori di ristrutturazione edammodernamento del centro urbano.In seguito, sotto i Medici, decaddecome piazzaforte e fu devastata dai Tur-chi. Nel 1557 entrò a far parte delloStato dei Presidi, ma dopo un secoloebbe un’altro periodo di decadenza.Talamone è ricordata per lo sbarco di

Garibaldi (7 maggio 1860) che qui fecerifornimento di armi, munizioni e vive-ri e imbarcò 13 giovani volontari per lasua mitica impresa.L’attuale Talamone è un piccolo centroturistico adagiato su di un promontorio apicco sul mare con la sua rocca quattro-centesca che domina il piccolo porticcio-lo, ottimo approdo per pescatori e turisti.All’interno della rocca è stato ricavato ilMuseo storico-naturalistico con un cen-tro di documentazione sul territorio.

La battglia di Talamone (225 a.C.)

Frontone del Tempio di Talamone; collocato sul colle di Talamonaccio che incombe sul mare, il tempio fu eretto nella seconda metà del IV sec.a. C.A commemorazione della vittoria nella battaglia svoltasi nei pressi nel 225 a.C., furono offerti nel Tempio di Talamonaccio numerosi ex-voto, tornati alla luce nelcosiddetto "ripostiglio Vivarelli-Strozzi".Il tempio ebbe un ampio rifacimento del portico attorno al 150 a. C., quando fu messo in opera il frontone -di cui l'immagine riporta anche due particolari- colmito dei "Sette a Tebe", tematica che appare comunque slegata dall'evento bellico del 225 a.C.

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LUOGO: Campo Tizzoro (Montagnapistoiese)DATA: gennaio 62 a.C.FORZE IN CAMPO: Seguaci di Catilinacontro Esercito ConsolareVITTORIA: Esercito ConsolareCOMANDANTI: Insorti: Lucio SergioCatilina, Caio ManlioEsercito governativo: Legato Marco Petreio

L’Etruria, ormai da tempo pacificatadall’egida romana, fu teatro di scontriderivanti proprio dalle lotte interne alpotere di Roma. Nel 62 a.C., negli anni caratterizzati daltramonto delle istituzioni repubblicanee dell’ascesa di Giulio Cesare, la congiu-ra ordita da Catilina contro il Senatorepubblicano fu scoperta e denunciatada Cicerone nelle famose orazioni dette“Catilinarie”. Molti congiurati furonoarrestati e direttamente giustiziati daisoldati dell’esercito consolare nellesegrete del carcere Mamertino a Roma.

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Episodio della guerra Catilinaria (62 a.C.)Giunta la milizia da Roma la congiura era stata scoperta. Catilina conduce il suo esercito verso il territorio di Pistoia per “sentieri traversi” verso la Gallia (nell’o-dierna Provenza). Dopo breve induigio Catilina fa suonare le trombe e schiera l’esercito in un luogo pianeggiante:“Catilina con questo proposito condusse [l'esercito] verso il territorio di Pistoia attraverso aspre montagne, per fuggire con sentieri traversi verso la Gallia Transalpina. (…) dopo unbreve indugio fece suonare le trombe [per l'attacco] e fece scendere le linee schierate in un luogo pianeggiante.”(C. Sallustio Crispo, Bellum Catilinae, cap. LVII, LIX)

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Catilina e i suoi fedelissimi riuscirono afuggire da Roma prima che la situazio-ne precipitasse ripararono in terre d’E-truria dove vennero inseguiti dalle mili-zie consolari.Catilina sapeva che per potersi difende-re era necessario avere un esercito suffi-cientemente armato ma soprattuttomotivato e alla fine egli riuscì a formar-ne uno, in terra di Etruria, forte di5.000 soldati, a cavallo e a piedi, dispo-sti a seguirlo fino alla morte.

Il luogo dello scontro finale si situa nellevalli della montagna pistoiese che Cati-lina stava attraversando nel tentativo difuggire verso la Gallia Cisalpina.Le armate consolari, guidate da MarcoPetreio, il quale aveva sostituito il consoleCaio Antonio che si era sottratto all’inevi-tabile scontro con coloro che gli erano statiin precedenza amici, raggiunsero l’esercitodi Catilina in una stretta valle, in quella cheda molti storici è stata identificata con l’at-tuale località di Campo Tizzoro.

Tutta la vicenda di Catilina, compresolo scontro finale, è dettagliatamentedescritta dall’opera di C. Sallustio DeConiuratione catilinae.Grazie ad essa possiamo immaginarloin una fredda mattina del gennaio del62 a.C., nell’estremo della difesa quan-do, conscio delle caratteristiche avversedel campo di battaglia e che l’unica sal-vezza possibile sarebbe stata la vittoria,allineati i suoi uomini e sceso da caval-lo, ordinò ai propri ufficiali di fare lostesso e di far fuggire i cavalli, in unaparola o vittoria o morte.Lo scontro fu cruento e vide alla fine la vit-toria delle milizie governative. Lo stessoCatilina fu gravemente ferito in battaglia ecatturato dai nemici: “(…) Catilina verolonge a suis inter hostium cadavera repertus est.”(Sallustio, Bellum Catilinae). Il generaleAntonio preferì ordinarne l’eliminazionesul campo anziché farlo curare per nonesporlo ad un doloroso processo che loavrebbe comunque condotto ad una ese-cuzione capitale.Sallustio, che non nasconde una certastima per il suo disperato coraggio,nota che dopo la battaglia si potè con-statare “quanta audacia e quanta ener-gia regnassero tra i soldati di Catilina:ognuno di essi copriva dopo morto, conil proprio corpo, il posto che vivo avevatenuto in battaglia”.Di fatto, a Roma, la sconfitta di Catilinaebbe insieme ad altri fatti di politica inter-na, la conseguenza di aprire la strada allasvolta autocratica di Giulio Cersare e altermine della lunga età repubblicana.

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Episodio della guerra Catilinaria (62 a.C.)

Cesare Maccari (1840-1919), Cicerone e Catilina, sala Maccari, Palazzo Madama, Roma.L'affresco rappresenta Cicerone mentre pronuncia la sua requisitoria contro Catilina che ascolta dal proprio seggio.Cicerone, l'autore delle famose "Catilinarie", documenta l'arroventato clima politico in cui si consuma laRepubblica romana. Nell'anno 63 a.C. la città di Roma viene turbata dalla minaccia di un colpo di statotramato dal patrizio Catilina contro il monopolio oligarchico senatoriale, a favore di un nuovo programmapolitico di riforme sociali. Cicerone, allora console in carica, pronuncia contro Catilina la famosa requisito-ria, celebrata nelle famose quattro orazioni.

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Il luogo della battaglia

L’ubicazione del luogo di scontro diCatilina con le truppe consolari è tutt’o-ra oggetto di discussione: la maggiorparte delle fonti antiche e recenti laidentifica con la località di Campo Tiz-zoro, nella montagna pistoiese, altrisuggeriscono la località di Pian diMalarme, sopra Cutigliano. Inoltresono state fatte ulteriori ipotesi semprenell’ambito delle valli della Montagnapistoiese. Di fatto la scelta di CampoTizzoro come luogo dello storico scon-tro, sembra essere quella più sostenibiledata la sua collocazione rispetto al siste-

ma stradale tra Pistoia e Modena cheera già esistente al primo secolo a. C.. Campo Tizzoro, provenendo da Pistoia,si incontra tra Pontepetri e Bardalone,ai lati della strada progettata alla metàdel Settecento dall’abate Antonio Xime-nes e che ha poi assunto il ruolo di stra-da statale.Il paese in realtà nasce ai primi del seco-lo scorso, in una zona fino ad allora uti-lizzata per il pascolo del bestiame e perle coltivazioni di grano e patate. In que-sto pianoro compreso tra i torrenti Bar-dalone e Maresca, dove sin dal tardoMedioevo si ritovavano piccoli insedia-menti artigianali per la lavorazione del

ferro, si concentrò lo sviluppo degli sta-bilimenti della Società Metallurgica Ita-liana in seguito alle esigenze bellichedella guerra di Libia del 1911.Agli insediamenti produttivi feceroseguito quelli volti a risolvere le esigenzeabitative dei lavoratori presso le fabbri-che con tutto il corollario di funzioninecessarie. Questo ha configuratoCampo Tizzoro in una struttura organicadal punto di vista urbanistico-architetto-nico secondo l’impostazione maturatadopo la rivoluzione industriale che ne dàoggi un’immagine ben diversa da quellaaspra e boschiva, in cui si può immagi-nare lo scontro fatale per Catilina.

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I luoghi delle battaglie

Fabbrica degli stabilimenti della SMI, lungo la provinciale 66, con un portaled'entrata d'epoca (1921). L'insediamento industriale ha dato l'opportunità diuno sviluppo insediativo all'originario nucleo montano.

Veduta di Campo Tizzoro. L'insediamento nell'angusta valle del Reno, sorge addos-sato alla montagna. L'acclività dei versanti ha impedito lo sviluppo dell'agricolturalasciando spazio solo a fitte formazioni di bosco, luoghi impervi dove combattimentied imboscate hanno segnato la storia in questa parte di Toscana. Così Sallustiodescriveva il luogo dove era appostato l'esercito di Catilina: “(...) planities eratinter sinistros montis et ab dextra rupe aspera”.

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LUOGO: Montereggi (Fiesole)DATA: 405 d.C. FORZE IN CAMPO: Esercito dell’impera-tore d’Occidente Onorio contro gli OstrogotiVITTORIA: Esercito dell’imperatore d’Oc-cidenteCOMANDANTI: Esercito dell’imperatored’Occidente: StiliconeOstrogoti: Radagaiso

Alla fine dell’Impero Romano le popo-lazioni barbare nomadi scendevanolentamente dal nord verso Roma river-sandosi sulle città e sulle campagnedella penisola portando ovunquemorte e desolazione. Le avanguardieminacciose del re Radagaiso, alla guidadegli Ostrogoti, oltrepassarono le mon-tagne del Mugello, si impadronirono diFiesole che, allora, era ridotta ad unasemplice roccaforte detta castrum Faesu-le, e si diressero verso Firenze, cheintanto si era “munita” per far fronteall’assedio.

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La battaglia di Montereggi (405 d.C.)"(…) il prode Stilicone con poco più di 30.000 soldati mosse in soccorso della fedele città e con mirabile prudenza strategica chiuse i nemici tra i monti di Fiesole e Firenze (…) Rada-gaiso stesso fu preso ed ebbe mozza la testa e molti de' barbari ebbero tomba nel pian di Mugnone, molti altri venduti schiavi per il vil prezzo d'uno scudo d'oro a testa". (Giovanni Villani, Cronica, libro IX, cap. LXXII)

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I Fiorentini resistettero per lungotempo al duro assedio opponendovianche diverse “sortite” che cercavano difiaccare la solidità delle truppe barbari-che appostate sotto le mura, già prova-te dal caldo estivo. Radagaiso avevadiviso in tre schiere il suo esercitolasciandone una a continuare l’assedio,mentre con le altre due si era portatosulle colline più fresche dietro Fiesole.Intanto l’esercito dell’imperatore Ono-rio, al comando del generale Stilicone(un Vandalo devoto a Roma), si mossecon il suo esercito di trentamila soldatiin soccorso della città.

Solo una parte dell’esercito romanoattaccò gli Ostrogoti, già stremati dallungo assedio e dal caldo estivo, mentreil grosso della cavalleria e della fanteriasi nascondeva sulle colline.L’esercito di Radagaiso, che era stanziatosulle colline nei dintorni di Fiesole, sidiresse in aiuto degli assedianti scenden-do per la valle del Mugnone, ma vennesorpreso dalla cavalleria romana e massa-crato. Quelli che sfuggirono al massacronella valle, vennero inseguiti e raggiuntisu un colle dietro Fiesole, e qui in parteuccisi ed in parte fatti prigionieri “per ilvil prezzo d’uno scudo d’oro a testa”.Radagaiso stesso fu fatto prigioniero efinito sul campo con la testa mozzata. Vuole la tradizione che il vescovoZanobi avesse annunciato la liberazio-ne di Firenze dall’assedio per inter-cessione del santo vescovo milaneseAmbrogio che nella città di Firenzeaveva trovato rifugio (dal 393 al 394)dalle persecuzioni del Re Teodosio.In seguito, però, quando venne intro-dotto a Firenze il culto di Santa Repara-ta (la martire adorata da molti cristianidi origine orientale che si erano stabilitifuori dalle mura della città attorno allechiese di Santa Felicita e San Lorenzo) fuattribuito ad essa questa insperata libe-razione. La tradizione dice che la Santasarebbe apparsa sulla città sventolandouna bandiera. La città, quindi, decise diricordare la liberazione non nel giornoin cui si svolse la battaglia (23 agosto 405d.C.), bensì l’8 ottobre, giorno dedicatoal martirio di Santa Reparata.

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I luoghi delle battaglie

Mosaico del busto di San Zanobi. Firenze, Museodell'Opera del Duomo.San Zanobi fu eletto vescovo da Sant’Ambrogiointorno al 402. Di origine orientale abitava fuoridelle mura urbane presso la torre dei Girolami fraPor Santa Maria e via Lambertesca.

Raffigurazione del comandante romano Stilicone(valva di dittico d'avorio del V secolo).

Figura di cavaliere barbaro in lamina dorata(sec.VII. Berna, Historiches Museum)

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Il luogo della battaglia

Alcuni studiosi fanno derivare iltoponimo Montereggi dal latinoMons regis in ricordo dello scontrobellico dove perse la vita il re Rada-gaiso, che fu catturato e fatto decapi-tare sul posto.Il luogo è situato sul versante setten-trionale di Fiesole, la collina chedomina la valle dell’Arno in unasplendida posizione panoramica. Lasua posizione geografica è da sempreun punto strategicamente importan-te per il controllo delle vie di comu-nicazione, specialmente la via dorsaleper l’Olmo che collega Firenze allapiana del Mugello. Esattamentelungo la strada dell’Olmo viene iden-tificato il luogo del cruento scontrotra l’esercito ostrogoto e le trupperomane comandate da Stilicone. L’e-sercito rimasto in pianura fu massa-crato dalla cavalleria nei pressi diPian del Mugnone, mentre gli altrisoldati che si erano rifugiati versoMontereggi dietro la collina di Fieso-le furono in parte sterminati in luogoed in parte fatti prigionieri. Nei din-torni del luogo, lungo la strada cheda Fiesole conduce fino all’Olmo, sitrovano la Pieve di Sant’Ilario a Mon-tereggi, ricordata fin dal X secolo, ela Chiesa di Santa Margherita a Salet-ta di antichissima origine.Alcuni studiosi rendono importantiquesti poggi per le copiose fonticonosciute fin dai tempi antichi:

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La battaglia di Montereggi (405 d.C.)

Vista panoramica della valle del Mugnone da Montereggi versoFirenze.

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"…fonti copiose e perenni che peracquedotto sino dai tempi romanidentro Fiesole pervenivano, e che aitempi nostri in varie piazze di Firen-ze a pubbliche fontane somministra-no costantemente acqua potabile."(Repetti).

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I luoghi delle battaglie

Pieve di S. Ilario da Montereggi.La chiesa è ricordata fin dal X secolo. Si trova in una località della collinaricca di sorgenti d'acqua note fin dall'antichità.

L'illustrazione rappresenta il generale Stilicone cheuccide e sconfigge l'esercito del re Radagasio, (DaGiovanni Villani, Cronache dal codice Chigi,Roma, Biblioteca Vaticana).

Chiesa di Santa Margherita a Saletta.

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LUOGO: I Crocioni, località presso Scarpe-ria (Firenze)DATA: 542 d.C.FORZE IN CAMPO: Goti e BizantiniVITTORIA: GotiCOMANDANTI: Goti: TotilaBizantini: Bessa, Cipriano e Giovanni diVitaliano

I Goti nella loro discesa in Italia, dopoaver sbaragliato gli eserciti bizantini nellepianure di Faenza, nell’“ebbrezza” dellavittoria, si accingevano a proseguire laloro avanzata verso la Toscana mandan-do un’armata contro Firenze presidiatadai bizantini di Giustino. Scesero nellavalle mugellana facendo “ruberie educcisioni” e passando per le vie delleSalaiole arrivarono a mettere sotto asse-dio Firenze. Giustino non aveva prepara-to la città all’assedio e in quel frangentedovette spedire un messo a Belisario cheallora era stanziato a Ravenna. Belisario

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Episodio della guerra goto-bizantina (542 d.C.)"I barbari, accortisi della venuta degli avversari, molto impauriti decisero di abbandonare il piano dov'eransi accampati, e con gran ressa corser via, ritirandosi su certo colle che colàsorge molto alto." (Procopio di Cesarea, De bello Gothorum)

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spedì subito una considerevole armatacon a capo i luogotenenti Bessa, Cipria-no e Giovanni di Vitaliano. I Goti furonoinformati dell’arrivo dell’esercito nemicoe levarono subito l’assedio ritirandosi inun luogo detto “Mucelle” distante circaun giorno di cammino da Firenze. L’e-sercito Bizantino arrivato a Firenze,lasciò un presidio di pochi uomini a dife-sa della città e, cacciati via i pochi Gotirimasti, proseguì l’inseguimento deinemici. Gli inseguitori erano comandatidal luogotenente Giovanni che era con-siderato uno dei condottieri più valorosidell’esercito bizantino. I Goti si accorserodella venuta degli avversari e, moltoimpauriti, decisero di abbandonare ilpiano ove si erano accampati e pronta-mente si ritirarono su un colle da cuipotevano controllare i movimenti deinemici. Dall’alto videro “un esercito diventimila romani (ndr. I bizantini) in sul-l’ordine di battaglia (…) vedutolo lo sbef-fano con alte grida e sonoro schiamazzo”(da Brocchi). Lo scontro fu inevitabile“fra gli urli barbareschi e il nitrir de’cavalli”. Ad un certo punto si diffuse perle fila dell’esercito bizantino la falsa noti-zia della morte di Giovanni e i soldati,presi dal panico, si sparpagliarono. Anulla valsero i continui richiami all’ordi-ne dei capitani minori e a nulla la pre-senza dello stesso Giovanni. La battagliaera ormai perduta e i Goti inneggiaronoalla vittoria. I comandanti bizantini ritirarono i pro-pri uomini cercando scampo nella cittàfortificata. I Goti non li inseguirono e

Giustino potè rientrare a Firenze.Il conflitto aveva risparmiato la città macontinuò ad imperversare duramentenel contado obbligando tutto il territorioa predisporre misure di difesa: tutta laToscana fu trasformata, durante il con-flitto Goto-Bizantino (535-553), in un

“campo armato” per una guerra di resi-stenza, e le città della fascia settentriona-le costrette a mutarsi in centri fortificati.Ha così inizio il processo di un popola-mento che privilegia i punti difesi earroccati sui rilievi con l’abbandono deicentri di pianura.

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I luoghi delle battaglie

La cerchia muraria bizantina. (Tratta da Lopes Pegna M., Firenze: dalle origini al Medioevo, Firenze1962).In quel periodo molte città italiane "si ridussero ad un nucleo centrale, cinto di nuove mura", come nel caso dellacittà di Florentia che si trasforma in un "castrum", cioè in una "città-fortificata" in cui le nuove mura hanno comecapisaldi angolari, i vecchi edifici monumentali. Per l'urgenza di completare l'opera vennero impiegati materialieterogenei e fu deciso, con una legge apposita, che tutti i cittadini partecipassero ai lavori.

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Il luogo della battaglia

Il Mugello per millenni ha svolto ilruolo fondamentale di collegamentotra la Toscana e la Romagna secondodirettrici stradali nord-sud che si snoda-no naturalmente lungo le valli e i crina-li delle montagne. Sono percorsi chenel tempo hanno mantenuto più omeno un identico tracciato e lo dimo-strano i vari e significativi ritrovamentiarcheologici appartenenti al periodoantico fino al MedioevoQuando intorno al V secolo d. C. lepopolazioni barbare nomadi scesero

lentamente verso Roma, la rete viariatoscana fu soggetta al passaggio conti-nuo di masse imponenti di uomini emezzi e fu luogo di frequenti scontri fraforze contrapposte.La battaglia, secondo il racconto dellostorico Procopio contemporaneo diBelisario, si sarebbe svolta in un luogodetto “Mucelle”, parola che secondo ilBrocchi ha grande affinità col vocabolo“Mugello”. Sicuramente la “regione”definita dalla cronache antiche e daimolti documenti d’epoca longobarda,doveva corrispondere alla parte piùaperta, più pianeggiante e più fertile

della vallata della Sieve. Il Brocchi ipo-tizza anche il luogo preciso della batta-glia che si troverebbe nelle vicinanzedell’attuale abitato di Scarperia in loca-lità detta “I Crocioni”.Secondo uno studio dello Sterpos, questofatto d’arme può essere ricostruito pen-sando alla topografia e soprattutto allaviabilità all’epoca dello scontro bellico.I Goti, vincitori a Faenza, volevano arri-vare subito a Firenze ed avevano percor-so una via sicura identificabile con lastrada “romana” Faentina. Intanto iGoti, che avevano levato l’assedio aFirenze, consci dell’arrivo imminentedell’esercito bizantino, si ritirarono versonord per un’altra strada, e cioè da Tre-spiano calando per Vaglia e San Piero aSieve. “Solo in questo modo” afferma loSterpos “ ci troviamo d’accordo con lasituazione presentata da Procopio”.Dal testo di Procopio sappiamo che iGoti, sorpresi dall’esercito di Giovanni,levarono i loro accampamenti dallapiana (allo sbocco della strada bologne-se sulla Sieve c’è una delle poche zonepianeggianti) e si rifugiarono su uncolle, identificabile con i poggi dei Cro-cioni che la tradizione popolare anticaindica da sempre come il luogo delloscontro tra i due eserciti, perché lì “(...)ove si sono sempre trovate da i contadi-ni nel lavorare quelle terre gran quanti-tà d’ossa di morti, e molte sorte d’arma-tura, come ancora spesse volte dellemonete avendone avuta io una d’oro,con l’impronta di Livio Severo...” (Broc-chi, pag. 301).

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Episodio della guerra goto-bizantina (542 d.C.)

Scarperia, "terra murata" fondata dalla Repubblica fiorentina a baluardo del passo del Giogo, ingresso danord verso il capoluogo toscano.

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La località detta “Crocioni” si può rag-giungere dalla strada che da San Piero aSieve conduce verso Scarperia e daBorgo San Lorenzo per la strada cheporta alla località Senni.Il colle, presunto luogo della battaglia, èattualmente ben visibile dal poggiodella chiesa di San Giovanni Battista aSenni e dalla pieve di Santa Maria aFagna. Al colle, su cui è stata posta unacroce in legno, si arriva comodamenteprendendo la “via dei Crocioni” postaappena fuori dall’abitato di Scarperia.

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I luoghi delle battaglie

La pieve di Santa Maria a Fagna.La pieve, la cui fondazione risale al 1000, è una delle pievi "storiche" del Mugel-lo: si scorge distintamente dalla strada che da Firenze porta a Scarperia ed è postain prossimità del "poggio dei Crocioni", luogo reputato della storica battaglia.

Non lontano dalla pieve di Fagna si scorge, lungo la strada per Senni, la chie-sa di San Giovanni Battista a Senni.

Poggio detto "dei Crocioni", località nei pressi diScarperia, probabile luogo dove si svolse il sangui-noso combattimento.

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La morte della marchesa Matilde e lacontesa fra Impero e Papato in meritoalla sua eredità, aprì la strada al conso-lidamento istituzionale delle autonomiecomunali e nel contempo alle tensionitra le città e le dinastie feudali, cheancora controllavano gran parte del ter-ritorio toscano e con esso i possibili col-legamenti commerciali. Peraltro moltedi queste famiglie, nel corso dell’XI eXII secolo subirono un processo di inur-bamento, ora volontario, ora forzato,che le fece partecipi del governo dellecittà.Questa situazione portò, nel corso delXII secolo, sia a lotte interne nelle variecittà per la supremazia di questo o quelgruppo, sia ad alterne alleanze e ostilità.Un inizio delle tensioni fra Comuni puòessere visto nella guerra tra Firenze eFiesole combattuta tra il 1120 e il 1125con la sconfitta dell’antica città etrusca,ancor prima della nascita istituzionaledel comune fiorentino da far risalire al

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Dai Comuni alle Signorie

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1138 dalla documentazione disponibile.Solo nel 1186 l’Imperatore FedericoBarbarossa riuscì a imporre nella regio-ne una pace, per quanto precaria, fra idiversi Comuni.Per tutto il secolo successivo la supre-mazia imperiale fu per lo più stabileanche grazie al riconoscimento formaledelle autonomie locali esistenti. Di fatto i Comuni toscani videro il con-solidarsi di governi oligarchici anche secon un richiamo al motivo “popolare”,quel popolo “grasso” o “minuto” che inpiù casi si trovò a promuovere con forzae talora con violenza il proprio effettivo

inserimento nel governo della città.Tra i numerosi Comuni alcuni manten-nero la funzione egemone che avevanoavuto in precedenza, come Firenze,Siena ed Arezzo, con accentuate pres-sioni espansionistiche ai danni deipotentati feudali ormai divenuti eredi-tari, come quello dei conti Guidi inCasentino, degli Aldobrandeschi inarea volterrana o degli Alberti sulla Valdi Sieve e sul Bisenzio.Emblematica è sullo scorcio del XIIsecolo l’espansione territoriale fiorenti-na con la conquista di Figline, Empoli eCertaldo, seguite da Capraia e Monte-

murlo e suggellata nel 1202 dalla con-quista e distruzione di Semifonte nellaVal d’Elsa, mentre Montepulciano, inValdichiana, sentendosi minacciata dal-l’ingerenza senese, si poneva volonta-riamente sotto la protezione di Firenze.Tali controversie familiari e territorialiebbero modo di sposarsi con una formadi contesa instauratasi a livello interna-zionale, quella tra guelfi e ghibellini nataper la successione al trono imperiale trala casa di Svevia e quella di Baviera. Taledivisione era divenuta di fatto nelle cittàtoscane poco più che pretestuosa nellelotte per la supremazia di questo o quel

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I luoghi delle battaglie

Viene qui raffigurato un "palio" corso attorno alle mura di una città assediata. Questo era una delle tanteforme di guerra pscologica tesa ad indebolire l'avversario. Queste forme di denigrazione si inserivano inuna strategia militare il cui obiettivo era ormai quello di annullare e distruggere il nemico.(da Giovanni Villani, cronache dal codice “Chigiano”. Roma, Biblioteca Vaticana).

Scena di assedio ad una città: la città è stretta d'assedioe minacciata da cavalieri, i difensori compiono unasortita rompendo il cerchio dei nemici.

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gruppo di potere e nel contempo unavolta assunto il predominio all’internodella città, nella lotta con le città-statovicine soprattutto per l’espansione terri-toriale o il controllo su valichi o assi viariparticolarmente appetibili.In sintesi si può tracciare un breve pro-filo cronologico delle alterne vicendetra i guelfi e i ghibellini.Fino al 1241 si ebbe in Toscana unanetta prevalenza guelfa che suscitò unareazione ghibellina dal 1241 al 1248,alla quale fece seguito una nuova pre-dominanza guelfa dal 1251 al 1259.Già alla fine del secolo precedente letensioni interne alle città avevano por-tato a chiamare podestà forestieri pergarantire una governabilità, altrimentiinsostenibile. Di fatto il ricorso a perso-naggi non legati alla città da motivi dinascita, che talora assunsero veri e pro-pri ruoli dittatoriali unitamente al ricor-so ad uomini d’arme per lo più egual-mente forestieri, contribuì a creare l’hu-mus utile alla trasformazione deiComuni in Signorie, variamente oligar-chiche e talvolta autocratiche.La Toscana del Duecento e soprattuttodalla metà del secolo, vide un continuumdi lotte fra le potenze emergenti nellaregione e i loro alleati. Nel 1259 Sienaconquistando Campagnatico risolse inmodo radicale la contesa con la potentecasata degli Aldobrandeschi che domi-nava la Maremma settentrionale. L’an-no successivo a Montaperti si ebbe lasconfitta della guelfa Firenze da partedella coalizione dei ghibellini con a

capo Siena. Firenze nel 1269 ebbe larivincita mettendo Siena in scacco, econ essa il fronte ghibellino, a Colle Vald’Elsa e permettendo così la definitivaprevalenza del guelfismo. Arezzo ebbegrazie allo scontro della Pieve al Toppo( 1287) una ancor che breve prevalenzasu Siena, mentre dovette cedere a Firen-ze, solo due anni dopo, nella battagliadi Campaldino. In questo modo, nelcorso di cinquanta anni, Firenze assun-se un ruolo di evidente preminenza intutta la regione anche quando nel 1289,grazie all’alleanza lucchese, con la con-quista del castello di Caprona, riuscì a

mettere le basi per il progressivo esau-toramento e futura conquista di Pisa.L’importanza di Pisa come potenzamarinara, subì negli stessi anni un gravesmacco da parte della sempre nemicaGenova nella battaglia navale dellaMeloria nel 1284.L’inizio del Trecento non presentasostanziali mutamenti nell’assetto dellaToscana stabilitosi nel secolo preceden-te e sia la diminuita potenza imperialeche l’esilio avignonese del papato per-misero un allentamento della pressioneinternazionale sul contesto regionale.Le città variamente egemoni nel perio-

Enrico VII giunge a San Casciano. (Dal "Codex Balduini trevirensis" Koblenz, Landeshauptarchiv).

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I luoghi delle battaglie

do, in particolare Firenze e Siena segui-te da Lucca e Pisa, consolidano le pro-prie istituzioni e la loro immagine pub-blica. Di fatto negli anni ’20 del secoloalcune di queste città vedono un incre-mento di potere, come Firenze, Siena eLucca, grazie anche all’indebolimentodi altre come Arezzo, Pistoia e Pisa. Altricentri e città come Prato, San Gimigna-no, Colle, San Miniato, Volterra, MassaMarittima, Cortona, di grande vivacitàeconomica, perdono la loro autonomiae confluiscono nelle aree di influenzapolitica dei grandi Comuni. Al tentativo di var prevalere il propriodominio sono riconducibili le vicendelegate alle tensioni fra Lucca e Firenze

prima con la vittoria di quest’ultima poicon la reazione lucchese incentrata sullafigura di Castruccio Castracani ad Alto-pascio nel 1325, e infine l’acquisizionedella città da parte fiorentina nel 1341.Nel corso di tutto il Trecento, all’internodelle città toscane, si assiste ad una fortedialettica di potere tra la borghesia mer-cantile, cioè il popolo grasso, e tendenzea ritorni di potere signorile, ad esempiocon Uguccione della Faggiola, i Gamba-corti e gli Appiani a Pisa, a Lucca gliAntelminelli e i Guinigi, i Piccolomini,Saracini, Tolomei e Salimbeni a Siena el’episodio del Duca d’Atene a Firenze.Tali tentativi trovarono spesso l’appog-gio del popolo minuto in opposizione al

popolo grasso, il tutto complicato datentativi di ingerenza extra regionali, inparticolare l’imperatore Arrigo VII, gliangioini di Napoli e la potente casatadei Visconti signori di Milano che arri-varono all’acquisto di Siena e di Pisa allafine degli anni Novanta. A tali ingeren-ze resisteva Firenze dotatasi nel 1393del governo democratico basato sugliordinamenti di giustizia di Giano dellaBella e dove sempre più forte emergevail potere dell’oligarchia mercantile ban-caria comprendente la famiglia de’Medici.

Sigillo della Parte Ghibellina dove è raffigurato Ercole che lotta con il Leone. Stemma della parte guelfa con l'Aquila gigliata sopra il drago.

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LUOGO: Montaperti (o Monteaperti),località in provincia di SienaDATA: 4 Settembre 1260FORZE IN CAMPO: Guelfi (Firenze ealleati), Ghibellini (Siena e alleati)VITTORIA: GhibelliniCOMANDANTI: Guelfi: Pazzi, AbatiGhibellini: Manente degli Uberti detto Fari-nata (fuoriuscito di Firenze)

Alla morte di Federico II, nel 1250, latemporanea vacanza del potere impe-riale aveva sotenuto le ambizioni ege-moniche di Manfredi, figlio naturale diFederico II, vicario nel governo delmeridione italiano del fratellastro Impe-ratore Corrado IV, morto nel 1254. Alla notizia, falsa, della morte dell’eredediretto, l’ infante Corrado V, Manfredi siera proclamato Re di Sicilia, cosa che gliaveva procurato la scomunica papale.La situazione aveva favorito a Firenze lapresa di potere guelfa, lasciando a Sienala fedeltà ghibellina.

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La battaglia di Montaperti (1260)" (…) E raunata la detta gente in Firenze, si partì l'oste all'uscita d'agosto, e menarono per pompa e grandigia il carroccio, e una campana che si chiamava Martinella in su uno carrocon uno castello di legname a ruote, e andarvi quasi tutto il popolo colle insegne delle compagnie, e non rimase casa né famiglia di Firenze, che non v'andasse pedone a piè o a caval-lo…E quando si trovaro in sul contado di Siena al luogo ordinato in sul fiume d'Arbia, nel luogo detto Monte Aperti, con Perugini e Orbitani che là s'aggiunsono co' Fiorentini, si ritro-varo più di IIIm cavalieri e più di XXXm pedoni."(Giovanni Villani, Cronica, libro VII, cap.LXXVIII)

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Manfredi nella tensione fra Siena eFirenze diede quindi l’appoggio allacoalizione ghibellina, capeggiata daSiena e comprendente i fuoriusciti fio-rentini di quella parte, guidati daManente degli Uberti, soprannominatoFarinata.L’ apporto di Manfredi fu reso tangibiledall’invio di un migliaio di cavalieritedeschi provenienti dalla Puglia, insie-me a contingenti di arceri saraceni egreci, addestrati in Sicilia e nei suoicastelli pugliesi. L’ esercito fiorentino constava di circaventimila uomini provenienti dallaFirenze guelfa e dai suoi alleati toscani,tra cui Pistoia e Lucca. Si trattava diun’armata di “cittadini” tutt’affattodiversa per provenienza e preparazioneda quella ghibellina. Lo scontro fra i due schieramenti siebbe il 4 settembre del 1260, in unazona ad est di Siena in prossimità deltorrente Arbia, in località Montaperti.Le fonti documentarie coeve sono relati-vamente lacunose, anche se ci è giuntoun interessante documento sulle caratte-ristiche dello schieramento fiorentino esugli avvenimenti sino al giorno prece-dente allo scontro. Di fondamentaleinteresse è il cosiddetto Libro di Monta-perti, una cronaca registrata, probabil-mente da uno dei “notari” apposita-mente inviati dalla Repubblica fiorenti-na, che documenta la composizione del-l’esercito guelfo, i suoi spostamenti, ilvettovagliamento e gli armamenti, solofino al 3 settembre, forse perché la pre-

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I luoghi delle battaglie

Salimbene Salimbeni trasporta i fiorini per pagarele truppe mercenarie prima della battaglia di Mon-taperti, (Da Niccolò di Giovanni Ventura, "Larotta di Montaperti", Biblioteca Comunale diSiena).

Il luogo della battaglia era in parte visibile dalle altemura della città di Siena, come si può ricavare dal-l'immagine che illustra il tamburino Cerreto Ceccolinimentre descrive le fasi della battaglia dall'alto dellatorre dei Marescotti a Siena. (Da Niccolò di GiovanniVentura, "La rotta di Montaperti" , Biblioteca Comu-nale di Siena).

Andrea del Castagno (1421-1457). Farinata degliUberti, chiesa di San Piero a Scheraggio, Uffizi,Firenze.Farinata è l'appellativo di Manente degli Uberti,di antica famiglia fiorentina di parte ghibellina.Visse a Firenze nei primi decenni del XIII secolo enel 1239 era già a capo della consorteria di parteghibellina ed ebbe un ruolo di rilievo nella cacciatadei guelfi nel 1248. Quando rientrarono i guelfi aFirenze, dopo la morte dell'Imperatore Federico II,ripresero i contrasti tra le parti e i ghibellini furonocacciati. Farinata si stabilì a Siena e fu uno deiprincipali artefici della vittoria ghibellina a Mon-taperti. Nello stesso tempo, però, riuscì a salvareFirenze dalla distruzione decretata dai senesi con ilfamoso discorso tenuto al convegno di Empoli dopola sconfitta di Montaperti, in cui, alla presenza delconte Giordano, mandato dal re Manfredi inToscana, fu l'unico che difese "a viso aperto"Firenze al momento della decisione "di torre viaFirenze" (cioè di distruggerla).

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cipitazione degli eventi impedì all’auto-re di continuare l’opera. Lo svolgimentodella battaglia è quindi in gran parteaffidato ad ipotesi, molte delle qualiderivanti da cronache posteriori dialmeno un secolo ed in gran parte ten-denziose.Una voce in proposito si deve anche aDante che trattando di Farinata degliUberti, (Inferno X, 22), così cita la gra-vità dello scontro: “Lo strazio e il gran-de scempio che fece l’ Arbia colorata inrosso”.Le sorti dello scontro furono segnate

dal ruolo professionale dell’armatatedesca che integrò la capacità d’assaltosenese con l’agilità della propria caval-leria.Già al primo assalto ad opera di undrappello di cavalieri tedeschi, l’avan-guardia fiorentina, costituita da sole“cento lance”, fu costretta a ripiegare. Ilpiù cruento scontro avvenne quando isenesi e le armate di Manfredi si abbat-terono sul grosso dei Fiorentini, salme-rie e reparti armati disordinatamentemischiati e ancora stanchi dalla marcianotturna, e fondamentalmente impre-

parati allo scontro. Fu una vera e pro-pria carneficina.La sconfitta guelfa sul campo riporta inFirenze i fuoriusciti ghibellini, ma laparticolare situazione interna alla città,nel momento della massima ascesadella borghesia industriale guelfa, radi-cata nel potere economico della nuovamoneta, il fiorino, non cambia total-mente gli equilibri di potere; nel con-tempo, nello scacchiere internazionale,si accrescono i legami fra il papato e ilfrancese Carlo d’ Angiò favorendone ladiscesa nella penisola nel 1265.

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La battaglia di Montaperti (1260)

Scena della battaglia di Montaperti. (Da Niccolò di Giovanni Ventura, La rotta di Montaperti, BibliotecaComunale di Siena).

Incontro di Dante con Farinata Degli Uberti, da LaDivina Commedia illustrata da G. Doré. (canto Xdell'Inferno).

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Il luogo della battaglia

L’ampia valle attraversata dall’Arbiascende verso la valle dell’Ombrone everso Siena.Al contado di questa, la Val d’Arbia hada sempre fatto riferimento in terminipolitici ed economici. Il sistema vallivoorientato da nord a sud, rappresentaun corridoio naturale verso l’area sene-se. Gli insediamenti posti sui crinaliformano una rete di raccordo fra ilcapoluogo e il territorio del Chianti edella Valdelsa. Non a caso fu un’area di

contese fra la Repubblica fiorentina equella senese. Nell’occasione della bat-taglia, la viabilità che univa le pievi e icentri collinari da Pianella a Pievascia-ta, a Vagliagli, a Fonterutoli fino aCastellina in Chianti, viene a costituireuna strada veloce verso Siena. La zonadi Montaperti, una splendida pianurapunteggiata da lievi coni sabbiosi, èun’area strategica dal lato militare,essendo immediatamente adiacentealla città senese. Dai poggi i coman-danti degli eserciti potevano distingue-re con nitidezza le torri cittadine.

Grazie al cosiddetto “libro di Monta-perti”, cronaca diretta della spedizionemilitare fiorentina, è possibile formula-re ipotesi sul percorso intrapreso dalletruppe alla volta di Siena. Le ipotesidegli storici sono formulate in base allenotazioni relative alle soste effettuatedall’esercito in marcia. Si narra di unaprima sosta a San Casciano, di unaseconda a San Donato in Poggio, suc-cessivamente il campo fu posto presso ilcastello di Ricavo e la successiva sosta aMonsanese, che è oggetto di studio perla “scomparsa” del toponimo dalle carte

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I luoghi delle battaglie

Montaperti. La piana dell'Arbia, luogo dello scontro bellico.In lontananza si intravede il profilo turrito della città di Siena. Da qui era possibile vedere direttamente loscontro e capire dalla dislocazione delle insegne, l'andamento della battaglia. Si può anche constatare quan-to l'esercito fiorentino si fosse spinto fino alle porte della città nemica e solo la vittoria dei ghibellini evitò alcapoluogo senese la capitolazione.

Montaperti. La piramide, eretta a ricordo dell'epi-co scontro fra Senesi e Fiorentini, è raggiungibileattraverso un percorso fra i campi.

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La battaglia di Montaperti (1260)

moderne. Dalla sosta a Pievasciata, dovel’esercito fiorentino s’accampò in attesadella battaglia, è possibile ipotizzare unpercorso di crinale da Fonterutoli versoValgliagli, lungo la val d’Arbia. Taledescrizione è utile per rintracciare laviabilità principale sul territorio in quelparticolare periodo storico. Il libro, lacui cronaca si interrompe al momentodella battaglia, diventò “bottino diguerra” e custodito gelosamente daisenesi negli archivi della città. Dopo lacaduta della Repubblica senese il pre-zioso libro fu riportato a Firenze. Nel1872 Cesare Guasti che era il Soprin-tendente all’Archivio di Stato di Firenze,affidò a Cesare Paoli il compito di tra-scrivere le pergamene.La zona mantiene ancora intatto il fasci-no millenario del luogo. Il sistemaambientale contrassegnato da un’agri-coltura ancora attiva, rimane integrosenza inserimenti industriali. Il sapienterecupero del patrimonio storico ediliziofavorisce l’uso turistico di questo territo-rio.

(Da uno studio di Stopani R., 1992). Ricostruzione della marcia delle miliziefiorentine secondo le annotazioni contenute nel "Libro di Montaperti". Da questo importante documento, testimonianza della spedizione fiorentina pergiungere a Montaperti, si possono attingere dati e notizie sino al giorno prece-dente la famosa battaglia. Il prezioso "libro" fu recuperato dai Senesi e custoditocome "trofeo di vittoria". Dopo la caduta della Repubblica senese il documentoritornò a Firenze.

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LUOGO: Colle di Val d’ElsaDATA: 11 giugno 1269FORZE IN CAMPO: Guelfi (Firenze) eGhibellini (Siena)VITTORIA: GuelfiCOMANDANTI: Guelfi: Jean Britaud de’Nangis Ghibellini: Provenzano Salvani, GuidoNovello

Nella complessa contesa fra guelfi e ghi-bellini nella Toscana del XIII secolo, sitrova lo scontro a Colle (uno dei tantitra loro) che apre la lunghissima inimi-cizia fra Firenze e Siena, già allora i piùpotenti stati nello scacchiere toscano.La Valdelsa era una delle aree di confi-ne fra i due stati con maggiori tensionie con insediamenti già importanti perposizione geografica e dimensione. Fraquesti Colle Val d’ Elsa, destinata adiventare per lungo tempo avampostofiorentino verso il dominio senese.In prossimità della cittadina, nella

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La battaglia di Colle Val d’Elsa (1269)" (…) ruppono [i Fiorentini]e sconfissono i Sanesi (…) Il conte Guido Novello si fuggì, e messer Provenzano Salvani signore e guidatore dell'oste de' Sanesi fu preso, e tagliatogli ilcapo, e per tutto il campo portato fitto in su una lancia. E bene s'adempié la profezia e revelazione che gli avea fatta il diavolo per via d'incantesimo (…): «Anderai e combatterai, vin-cerai non, morrai alla battaglia, e la tua testa fia la più alta del campo»; e egli credendo avere la vittoria per quelle parole, e credendo rimanere signore sopra tutti, non fece il puntoalla fallace, ove disse: «Vincerai no, morrai etc.»; e però è grande follia a credere a sì fatto consiglio come quello del diavolo."(Giovanni Villani, Cronica, libro VIII, cap. XXXI)

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piana sottostante si affrontarono l’ 11giugno 1269 i guelfi del blocco fiorenti-no e i ghibellini della parte senese.I primi erano comandati dal francese JeanBritaud de’ Nangis, soprannominatoGiambertoldo di Francia, dal 1268 arriva-to in Toscana come vicario di Carlo d’An-giò con la scorta di numerosi cavalierifrancesi, mentre i ghibellini erano sotto il

comando congiunto del capitano Proven-zano Salvani e del conte Guido Novello.La battaglia fu estremamente cruenta e lostesso Provenzano Salvani venne decapi-tato sul campo dal nobile senese Cavoli-no dei Tolomei che, con altri rappresen-tanti della nobiltà bancaria di Siena, si eraschierato soprattutto per salvaguardare ipropri interessi economici, dalla parte deiguelfi. La testa del Provenzano fu issata suuna picca a dimostrazione della vittoriaed a monito per gli irriducibili avversari.A proposito della morte del Salvani fu dif-fusa la diceria che si trattasse di una ven-detta amorosa, mandante una nobildon-na di nome Sapia dei Salvani, vedova diGhinibaldo di Seracino signore di Casti-glioncello. Ella, zia di Provenzano e inna-morata respinta, ne richiese l’uccisione,portando Cavolino ad una condizione

estrema dello spirito cavalleresco di ven-detta dei torti apportati ad una dama.La sciagurata nobildonna s’incontra nelPurgatorio dantesco con la frase “Savianon fui, avvenga che Sapia / fossi chia-mata...” (Purgatorio XXXIII, 109-110)La stessa battaglia di Colle viene evocatadallo stesso Provenzano, posto nel Purga-torio per peccato di superbia, coi versi “Eran li cittadin miei presso a Colle / incampo giunti co’ loro avversari, ... / Rottifuor quivi e vòlti ne li amari passi di fuga...”Questa vittoria, considerata “la rivincita”di Firenze su Siena dopo Montaperti, èsolo l’inizio di un lento cammino di ripre-sa di Firenze e dell’avanzata del guelfismoin Toscana, e nello specifico servì a garan-tire a Firenze un miglior collegamentocon Roma a tutto vantaggio dell’econo-mia fiorentina.

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La battaglia di Colle Val d’Elsa (1269)

Incontro di Dante con la Sapia, da La Divina Com-media illustrata da G. Doré.Girone degli invidiosi. Dante s'avvicina a Sapia Sal-vani ."Eran li cittadin miei presso a Colle / in campogiunti coi loro avversari / ed io pregava Dio di quelchei volle. / Rotti fur quivi, e volti negli amari / passidi fuga, e veggendo la caccia / letizia presi a tutt'altredispari: (…) (Purg. Canto XIII, 115-121).

Vista del poggio di Colle Val d'Elsa.Il sistema insediativo è basato sul doppio sistema “castello sul colle” e “borgo sul fiume”. Lo sviluppomoderno ha saturato la base del poggio.

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Il luogo della battaglia

La Valdelsa rappresenta il bacino fluvia-le di uno degli affluenti di sinistra del-l’Arno, che con un orientamento dasud-est a nord-ovest, incide l’interno delterritorio centrale della regione. Essocon le adiacenti valli parallele della Pesae della Greve forma, paesaggisticamen-te, un sistema omogeneo tipico dell’a-rea delle colline. Gli elementi formatividi questo territorio sono, in parte,riconducibili alle vicende che hannocaratterizzato il Chianti e la Valdipesa,l’incastellamento, i centri fortificati, lepievi, le fattorie e le case coloniche dellamezzadria, hanno contraddistinto lefasi dell’insediamento dell’area. La Val-delsa appartiene al sistema collinarecentrale che, proprio con il periodomedioevale e le guerre fra Comuni,viene ad assumere il ruolo produttivoagricolo di “contado”, in funzione delsistema cittadino dei grandi Comuni.Gli insediamenti si dispongono preva-lentemente sui crinali o sulle fasce colli-nari, sono assenti i centri sul piano.L’importanza della Valdelsa nella storiadella Toscana è dovuta alla presenza, finprima del Mille, della strada Francigenache nello scenario medioevale rappre-senta l’unica grande arteria internazio-nale che interessa l’Italia e la Toscana.La strada si snoda sui pendi delle colli-ne in direzione di Siena e costituisce unasse infrastrutturale, di grande impor-tanza, sul quale transitano, nello scorre-re del tempo, pellegrini, religiosi, mer-

canti, compagnie di ventura ed interieserciti, che facilmente attraversano taleterritorio.Il paesaggio agricolo si caratterizzacome paesaggio aperto presentando,all’interno delle coltivazioni arborate,ampi spazi a seminativo nudo con foltemacchie di bosco. È un sistema di transi-zione, dal quadro ambientale minutodel paesaggio fiorentino, ad anticipazio-ne di quello vasto delle Crete senesi.La particolarità di essere un corridoioinfrastrutturale rende, nel Medioevo, laValdelsa un’area di frontiera e nello stes-so tempo di scambio fra il sistema inter-no della regione e l’area occidentale,un’area nevralgica nella quale si forma-no centri di grande importanza comePoggibonsi, Colle, Certaldo, Barberino,San Gimignano. Si spiega così, cometale territorio fosse lungamente contesofra Firenze e Siena nel tentativo ognunadi imporre la propria egemonia e i cen-tri, tutti potentemente fortificati fosseropassaggi obbligati nei quali incontrarsio scontrarsi. Colle quasi a metà stradadiventa facilmente occasione di scontro.La presenza continua delle guerre e lafacilità per le truppe di ventura di scen-dere nella valle attraverso la Francige-na, resero insicuro tutto il territorio chesi struttura su grossi centri abitati, conuna maglia urbana molto più densa dialtre parti della Toscana.Oggi la Valdelsa resta una delle regioniagricole più importanti, con un sistemainsediativo di grande valore che elencacastelli, città, ville, borghi fortificati,

coloniche, testimonianza diretta dellagrandezza passata. Lo sviluppo delsistema stradale nel corso degli ultimidecenni ha favorito lo sviluppo indu-striale e terziario dei centri che si evi-denzia con la crescita edilizia dei tessutiurbani. Crescita che, in gran parte, nonha alterato i valori ambientali del terri-torio.

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I luoghi delle battaglie

Colle Val d'Elsa nel XV secolo, da "La resa di Vald'Elsa", Tavoletta di Biccherna del 1479 (Siena,Archivio di Stato).L'immagine, che rappresenta un altro episodio dellastoria di Colle (l'entrata in città di Alfonso di Cala-bria) illustra il potente borgo fortificato in mezzo adun territorio "desertificato" circondato dagli accampa-menti del nemico.

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LUOGO: Scogli della Meloria (Livorno)DATA: 6 Agosto 1284FORZE IN CAMPO: Genova contro PisaVITTORIA: Flotta genoveseCOMANDANTI: Genovesi: Oberto DoriaPisani: Alberto Morosini

La Toscana del XIII secolo aveva vistoun sostanziale sviluppo dell’importanzadi Firenze, economicamente in primaistanza e con un’attività d’espansionedel suo territorio in continua tensionecon Siena che si sentiva direttamenteminacciata.Gli altri stati comunali allora importan-ti, per motivi diversi si erano parzial-mente disinteressati di questa spintaespansionistica, se non per motivi dimera concorrenza economica, in parti-colare per Lucca.Pisa in quanto potenza marinara, con-centrava le sue forze contro la ormaiplurisecolare Genova, nel difendere il

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La battaglia della Meloria (1284)" (…) e del mese d'agosto vegnente vennero colla detta armata [i genovesi] nel mare di Pisa. I Pisani sentendo ciò, a grido e a romore entrarono in galee, chi a Porto Pisano, e la pode-stà, e il loro amiraglio, e tutta la buona gente montarono in galee tra' due ponti di Pisa in Arno. E levando il loro istendale con grande festa, e essendo l'arcivescovo di Pisa in sul ponteparato con tutta la chericia per fare all'armata la sua benedizione, la mela e la croce ch'era in su l'antenna dello stendale cadde; onde per molti savi si recòe per mala agura del futurodanno. Ma però non lasciarono, ma con grande orgoglio, gridando: «Battaglia, battaglia!», uscirono della foce d'Arno, e accozzarsi colle galee del porto, e furono da LXXX tra galee elegni armati; e' Genovesi colla loro armata aspettando in alto mare, s'affrontarono alla battaglia co' Pisani all'isoletta, overo scoglio, il quale è sopra Porto Pisano, che si chiama la Melo-ria, e ivi fu grande e aspra battaglia, e morìvi molta buona gente d'una parte e d'altra di fedite, e d'anegati in mare."(Giovanni Villani, Cronica, libro V, cap. XCII)

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potere sulla Sardegna e la rete commer-ciale con i porti del Mediterraneo meri-dionale, soprattutto quelli dell’imperobizantino, che dalla creazione dell’Im-pero latino d’Oriente nel 1262, con pre-dominanza Genovese e veneziana,erano diventati inaccessibili ai pisani eteatro di parecchi scontri.Nel 1241 vi fu la sconfitta dei Genovesi,da parte dell’esercito pisano e di quelloimperiale sotto il comando di FedericoII, presso l’Isola del Giglio, con 2000morti e feriti e 4000 prigionieri condot-ti poi in catene a Napoli.Di nuovo, negli anni ‘80 dopo un fittoscambio di tensioni e provocazionidiplomatiche e scaramucce di varia por-tata, il grande scontro militare eradiventato inevitabile. Pisa preparòsegretamente una grande flotta daguerra sotto la guida del podestà, ilveneziano Alberto Morosini. Si imbar-carono quasi tutti gli uomini abili e lamaggior parte della nobiltà pisana,compreso il conte Ugolino della Ghe-rardesca e il nipote Anselmuccio.L’ attacco di sorpresa a Genova fu impe-dito da una burrasca che indusse la flot-ta pisana a rifugiarsi a Bocca d’Arno.Quando poté arrivare davanti alla cittàligure il 31 luglio si evitò lo scontro el’arrivo di rinforzi per i genovesi lacostrinse a rifare rotta su Pisa.Il 5 agosto la flotta genovese giunse allaMeloria, un isolotto sabbioso circondatoda scogli lungo nove chilometri e largodue, proprio di fronte all’antico PortoPisano, che già a quel tempo era sogget-

to al progressivo ma lento insabbiamentodella costa tra la foce dell’Arno e il mare.Il 6 agosto 1284, le navi genovesi si dis-posero in due ordini. Il primo, a velespiegate era al comando di ObertoDoria, il secondo, senza vele al vento fufatto sembrare una flottiglia di navi disostegno logistico, com’erano spessopresenti all’epoca, ma in realtà eranoegualmente armate e pronte all’attacco,sotto il comando di Benedetto Zaccaria.I Pisani caddero nell’inganno, no-nostan-te il cospicuo armamento, e la sconfittapisana fu schiacciante.Furono usati tutti i più moderni ritrovatibellici, dal lancio di vasi pieni di unamistura saponosa che rendesse i ponti sci-volosi, a quelli di polvere di calce asciuttaper offendere gli occhi e impedire lavisuale ad infine, ma non da tutti testi-moniato, al lancio di proiettili infuocati.

Vi fu inoltre una serie di scontri indivi-duali, come quello che vide la lottasenza quartiere fra la galera del Doria equella del Morosini.La flotta fu completamente distrutta,sette galere affondate, ventinove cattu-rate, cinquemila prigionieri sul campo,rimasti anche per molti anni nelle car-ceri genovesi o riscattati a costi altissimi.Peraltro anche i vincitori erano così stre-mati da rinunciare alla facile conquistadi Pisa, rimasta praticamente indifesaLa conseguenza della battaglia fu dalpunto di vista politico una pesante ridu-zione dell’egemonia marinara di Pisache si vide costretta ad operare unamaggiore attenzione all’entroterra equindi a creare un’opposizione allemire espansionistiche fiorentine, cheormai parevano inarrestabili.

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I luoghi delle battaglie

La rappresentazione della battaglia della Meloria fra le galee pisane e genovesi tratta da un codice medievale.

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La battaglia della Meloria (1284)

Il Repetti, nel suo Dizionario, descrive loscoglio della Meloria come una secca “acinque miglia di libeccio da Livorno”. Lacelebrità dello scoglio, che si deve algrande episodio storico, è posto davanti

all’antico porto pisano e rappresentavaper l’antica repubblica marinara unavamposto a difesa dello scalo portualee nello stesso tempo punto di riferimen-to per i piloti delle navi dirette a Pisa.

L’episodio bellico che si concluse con lasconfitta e la distruzione della flottapisana decretò in maniera definitiva iltramonto della repubblica marinara.

"Ugolino della Gherardesca era uno delle persona-lità politiche più importanti nella Toscana altempo di Dante. Nato a Pisa da antica e nobilefamiglia partecipò fra i comandanti della flottapisana alla tragica battaglia del 6 agosto 1284.L'anno successivo fu nominato capitano del popoloinsieme con il nipote Nino Visconti, con il favoredella parte guelfa, ma nel 1288, a causa dei suoinon chiari rapporti con la fazione nemica, fuaccusato di alto tradimento dall'arcivescovo Rug-gieri degli Ubaldini, e destituito. I nuovi signoridi Pisa, guidati dal Ruggeri, capo del partitonobiliare e ghibellino, ordinarono ai suoi danniuna terribile vendetta: lo fecero arrestare e rin-chiudere nella torre dei Gualandi insieme ai duefigli e ai due nipoti, condannandoli a morire difame e di sete. Dante Alighieri, nella Divina Com-media, colloca il Conte, simbolo degli orrori cuiconducono gli odii tra fazioni cittadine, nel gironeinfernale dei traditori della patria, perché perdesiderio di potere, aveva tradito la parte ghibelli-na associandosi ipocritamente con il nemico. Lacelebre raffigurazione di G. Doré rappresenta ilConte Ugolino, in prigionia con i figli Gaddo edUguccione ed i due nipoti, Ugolino detto "il briga-ta", e Anselmuccio".

Antica raffigurazione di Pisa, cittàmedievale ricca di torri e cinta dapossenti mura.

Resti della fortificazione sugli scogli della Meloria che facevano parte del sistema difensivo dell’antico portodella Repubblica Marinara di Pisa.

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LUOGO: Campaldino (località del Casentino)DATA: 11 Giugno 1289FORZE IN CAMPO: Coalizione ghibelli-na con a capo ArezzoCoalizione guelfa con a capo FirenzeVITTORIA: GuelfiCOMANDANTI: Ghibellini: Conte GuidoNovello Guidi, Vescovo Guglielmino degliUbertini, Buonconte da MontefeltroGuelfi: Amerigo di Narbona, Corso Donati,Vieri de’ Cerchi

La contesa tra la formazione guelfa eghibellina, formalmente legate la primaalla figura del Papa, la seconda a quelladell’Imperatore, incarna nella Toscanadegli anni ‘80 del Duecento le tensionitra la nuova borghesia emergente neiComuni toscani, aderenti alla parteguelfa, e le famiglie di origine feudaleresidenti nel contado e nelle città schie-rate coi ghibellini.Tali contrasti assumevano di fatto lasostanza di faide e lotte fra città vicine e

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La battaglia di Campaldino (1289)“Mossono le insegne al giorno ordinato i fiorentini per andare in terra di nimici: e passorono per il Casentino per nelle vie; ove, se avessero trovato i nimici, avrebbono ricevuto assaidanno: ma non volle Dio.(…). E giunsero presso a Bibbiena, a uno luogo si chiama Campaldino, dove erano i nimici: e quivi si fermorono, e feciono una schiera. I capitani della guer-ra misono i feditori alla fronte della schiera: e i palvesi, col campo bianco e giglio vermiglio, furono attelati dinanzi. Allora il Vescovo che avea corta vista, domandò: «Quelle, che murasono?». Fugli risposto: «I palvesi de' nimici»”.(Dino Compagni, Cronica, libro I, cap. X)

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tra famiglie interne ad esse, indipenden-temente dai remoti riferimenti politici.A Campaldino le forze in campo eranoper i ghibellini, facenti capo ad Arezzo,di 8000 fanti e 800 cavalieri, provenien-ti per lo più da località dell’Italia cen-trale (Toscana, Marche, Romagna,Umbria) caratterizzate da forti radicifeudali.La coalizione guelfa, capeggiata daFirenze, era di 10000 fanti e 1600 cava-lieri provenienti da Firenze, Prato,Lucca, Pistoia, Volterra e altre città lega-te in varia forma a istituzioni di tipocomunale e borghese.I comandanti ghibellini appartenevanoal fior fiore delle famiglie feudali con ilVescovo Guglielmino degli Ubertini,signore di Arezzo, Guido Novello dellafamiglia Guidi, e da Bonconte da Mon-tefeltro.Tra i capitani guelfi, con il francese Ame-rigo di Narbona, si trovano due figureappartenenti a famiglie fiorentine, CorsoDonati e Vieri de’ Cerchi. Le truppe guelfe giunsero nella pianatra Bibbiena e Poppi, in località Cam-paldino, dove si schierarono dietro laprotezione degli alti scudi col giglio ver-miglio in campo bianco, allora chiama-ti “palvesi”, attuando una tattica nuovarispetto alle tradizioni toscane che pre-ferivano l’assalto alla difesa.Furono quindi i ghibellini, che avevanotra l’altro in campo una forza minore, adare l’assalto con molta irruenza e con-tro il parere di Buonconte che si eraavveduto di tale disparità di forze.

L’attacco ghibellino, fondamentalmentebasato sulla forza d’urto dei cavalieri,venne fiaccato da forme di rispostacome una pioggia di frecce (le “qua-drelle”), che venivano scagliate da die-tro il muro dei palvesi. D’altra parte,quando lo scontro si era fatto più aper-to, la fanteria fiorentina con una tatticada combattimento moderno, si lanciavafra le zampe dei cavalli ghibellini “sbu-dellandoli dal di sotto” e provocando lacaduta del cavaliere. “L’aria era copertadi nuvoli, la polvere era grandissima”(Dino Compagni, Cronica delle cose occor-renti ne’ tempi suoi).La battaglia fu cruentissima sottolinean-do di fatto il tramonto del guerreggiarecavalleresco e l’affermazione di unanuova brutalità nel combattere.Due dei tre comandanti aretini, ilVescovo Guglielmino e Bonconte,morirono sul campo, Guido Novellodiede prova di codardia fuggendosenza colpo ferire.I capitani “borghesi” fiorentini, standoalle cronache, si comportarono da“veri” cavalieri.Meno cavallereschi furono gli esiti suc-cessivi, con i villani delle truppe guelfeche inseguivano e fecero strage deglisconfitti. A sera il campo cosparso dimorti e feriti, fu lavato da un memora-bile acquazzone nel quale, secondoDante che fu tra i combattenti fiorenti-ni, il corpo del defunto Buonconte futravolto dal fiume Archiano così da nonessere più trovato (Purgatorio, canto V).I guelfi, peraltro, non approfittarono

subito della vittoria, ponendo solo dopoqualche giorno l’assedio ad Arezzo, cheaveva avuto modo di organizzare ladifesa.

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I luoghi delle battaglie

Il corpo di Buonconte da Montefeltro nelle acquedel fiume Archiano.(Da la Divina Commedia illu-strata da G. Doré)Bonconte combattè contro le armate fiorentine nellabattaglia di Campaldino, cui partecipò ancheDante, e qui venne ucciso. Al termine della batta-glia il corpo di Bonconte non fu più ritrovato.Dante vuole svelare il mistero della sua morte;“Qual forza, o qual ventura / ti traviò si’ fuor diCampaldino” (Purgatorio, canto V, 92-93) ed eglirispose "Lo corpo mio gelato in su la foce / trovòl'Archian rubesto; e quel sospinse / nell'Arno, esciolse al mio petto la croce, / ch'io fei di me quandoil dolor mi vinse”. (Purgatorio, canto V, 124-127).

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I luoghi delle battaglie

Il luogo della battaglia

La battaglia prende il nome dalla pianaai piedi del colle di Poppi, posta lungol’antica viabilità che univa Arezzo a Fie-sole e Firenze attraverso il Passo dellaConsuma. Quest’area è collocata all’in-terno del Casentino, in una stretta val-lata dominata ad est dall’Alpe di Cate-naia e ad ovest dai contrafforti del Pra-tomagno. Collocata al centro dell’Ap-pennino tosco-romagnolo dove nascel’Arno, che per la sua posizione protet-ta dallo “stretto abbraccio” dei contraf-forti montani, mantiene una identità di

paesaggio che ha lasciato inalterato letracce “antropiche” definite dal proces-so di incastellamento di cui fu protago-nista tra l’XI ed il XII secolo.L’antico clusentinum (dal latino clausum,chiuso, serrato) apparteneva alla MarcaTuscia ed era area di confine tra i comi-tati di Arezzo e Fiesole.Nella prima metà dell’XI secolo i contiGuidi, che già erano signori di vastezone sul crinale dell’Appennino e sulversante romagnolo, consolidarono iloro possedimenti in Casentino impa-dronendosi dei principali raccordi stra-dali. I conti definirono il loro dominio

territoriale con la costruzione di fortifi-cazioni che controllavano le principaliarterie stradali della valle, come le roc-che di San Niccolò, Montemignaio ePoppi, e con fondazioni monastiche chene rivelano la funzionalità quali stru-menti di potere per l’aristocrazia fon-diaria.Questo sistema di fondazioni si inserivanell’antico reticolo di collegamento trale pievi che rimase per lungo tempo laprincipale viabilità interna della zona.Queste vie, dominate dalle roccafortidei conti Guidi (Romena, Stia, Papiano,Porciano) e dai Monasteri di famiglia,

Lastra tombale di Guglielmo di Berardo di Durfort, "balius Domini Amerighi deNarbona" posta nel Chiostro dei Morti della SS. Annunziata.Il cavaliere, al servizio del suo signore Aimeric di Narbona, capitano dell'esercito

guelfo, morì eroicamente nell'aspra battaglia. Prima della battaglia, spinto da untriste presentimento, si era recato al santuario della SS. Annunziata e dai fratiServi di Maria, da sempre sostenitori della parte guelfa, e consegnò a loro tutti isuoi beni affinché si provvedesse ai suoi funerali e a un po' di beneficenza in suf-fragio della sua anima.

Il castello di Romena dei conti Guidi.L'imponente castello faceva parte del sistema feudale di controllo del territoriocasentinese.

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consentivano di controllare i collega-menti tra i domini casentinesi e quellidella Romagna e risultare padroniincontrastati di tutto l’Appennino tosco-romagnolo. In seguito questa aristocrazia, che erastata la causa del processo di incastella-mento del territorio casentinese, dovet-te soccombere a fronte delle ingerenzegerminate nelle nuove realtà istituzio-nali delle città mercantili.La vallata casentinese, teatro dellavicenda bellica di dantesca memoria,mantiene in parte “l’armatura urbana”medioevale caratterizzata dalle abbazie,dai santuari e dalle rocche e castellicome Poppi, la “capitale storica” delCasentino, sede del potere feudale deiconti Guidi che esprime ancora “con ilsuo impianto urbano di insediamentomedievale esemplare la netta contrap-posizione funzionale(...) tra il nucleooriginario, sede del potere politico,arroccato nel punto emergente del collee il sistema residenziale omogeneo chesi sviluppa linearmente” (da A. Brezzi).Lo scontro avvenne nella piana di Cam-paldino, a circa un chilometro del per-corso che porta al passo della Consuma,dove i Fiorentini vi giunsero prendendola strada che passava da Pontassieve.Nelle cronache si racconta che “(…) nelbattistero di San Giovanni, si discussequale via prendere per attaccare gli Are-tini. Faticosamente scartata la più age-vole ma più lunga via del Valdarno, sioptò per quella più scomoda ma piùrapida e strategicamente favorevole che

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La battaglia di Campaldino (1289)

Esterno del Castello di Poppi dei conti Guidi.Gli storici attribuiscono la costruzione, o la ricostruzione nel 1274, a Simone, Conte di Battifolle, del ramodei Conti Guidi ai quali rimase fino al 1440. Quando passò alla Repubblica Fiorentina divenne sede delVicariato del Casentino.

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I luoghi delle battaglie

da Pontassieve sale attraverso la Consu-ma ed entra in Casentino direttamentetra i castelli dei conti Guidi e quellodegli Ubertini” (da F. Cardini).I circa dodicimila guelfo-fiorentini e inovemila ghibellino-aretini si schieraro-no nella piana tra Bibbiena, Poppi e ilcorso dell’Arno, non lontano dalla con-trada di Certomondo. La chiesa diSanta Maria Assunta di Certomondoraccoglie le spoglie del vescovo aretinoGuglielmino degli Ubertini, come vienericordato ancora oggi dall’insegna lapi-dea sulla facciata della chiesa. Nonmolto distante dalla chiesa, lungo lastrada che porta alla Consuma, vicinoad un bivio, si trova una colonna in pie-tra che ricorda il luogo della famosabattaglia dell’11 giugno 1289.

Chiesa e convento della SS. Annunziata e San Giovanni Battista di Certomondo.Verso monte, sotto il colle di Poppi, lungo la strada che porta al passo della Consuma, troviamo l'anticoconvento di Certomondo.L'antico convento francescano, costruito per volere del conte Guido Novello nel1262, si compone della chiesa, intitolata alla Santissima Annunziata e a San Giovanni Battista, eretta in"parrocchia" nel 1783, e da altri annessi adiacenti che probabilmente appartenevano all'antico complessomonastico. La tradizione vuole che all'interno delle sue mura, dopo la sconfitta aretina, sia stato sepolto ilcorpo di Guglielmino degli Ubertini, vescovo di Arezzo, caduto in combattimento.Una lapide posta sullafacciata della chiesa lo ricorda così: "Negli onori a Dante in Campaldino, torni a mente che ivi fu morto ein questa chiesa sepolto il Vescovo Guglielmo Ubertini che per il suo popolo in arme unì al pastorale laspada."

Panorama dal Castello di Poppi verso la piana di Campaldino.

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Attualmente la storica piana è attraver-sata da una strada di traffico intenso,soprattutto commerciale, ed è in parteoccupata da insediamenti industrialiintervallati da campi regolari, coltivatiper lo più a colture irrigue e delimitatida filari di viti o di alberi da frutto.

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La battaglia di Campaldino (1289)

Nella piana di Campaldino (2 Km da Poppi) una colonna ricorda il luogo dellabattaglia.La colonna fu eretta nel 1921 per il sesto centenario della morte di Dante che par-tecipò ventiquattrenne alla battaglia dove "ebbe temenza molta e nella fine allegrez-za grandissima" (Villani).

Foto d'epoca (1921) degli operai che costruirono la Stele di Campaldino.(Biblioteca Rilliana, Poppi).

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LUOGO: Montecatini DATA: 29 agosto 1315FORZE IN CAMPO: Guelfi (Firenze ealleati napoletani)Ghibellini (Pisa e di altre città toscane e fuo-riusciti fiorentini)VITTORIA: GhibelliniCOMANDANTI: Guelfi: il Principe Filip-po d’AngiòGhibellini: Uguccione della Faggiola

Nei primi decenni del XIV secolo l’ege-monia della Repubblica fiorentina nellaregione venne minacciata di nuovo dauna coalizione di forze ghibelline toscaneche tornarono a farsi sentire in manieravigorosa grazie all’appoggio dell’impera-tore Arrigo VII di Lussemburgo, venutoin Italia a ritentare la restaurazione delpotere imperiale. Firenze, come rispostapolitica, organizzò una lega di città guel-fe con l’appoggio dei d’Angiò, in gradodi resistere validamente all’assedio delleforze di Arrigo, ma, dopo la morte del-

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La battaglia di Montecatini (1315)"(…) alla perfine furono sconfitti… e di Firenze vi rimarono quasi di tutte le grandi case e di grandi popolari, in numero di centoquattordici tra morti e presi cavalieri…Il prenze [Prin-cipe] con tutta l'altra gente si fuggì chi verso Pistoia, e chi verso Fucecchio, e chi per la Cerbaia, onde molti capitando a' pantani della Guisciana, …sanza colpi, annegarono assai."(Giovanni Villani, Cronica, libro IX, cap. LXXII)

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l’imperatore a Buonconvento nel 1313,la città guelfa dovette resistere ad unanuova minaccia da parte dei ghibellinitoscani guidati dal condottiero Uguccio-ne della Faggiola, signore di Pisa.

Uguccione aveva occupato le piùimportanti terre della Valdinievole e siaccingeva ad impossessarsi anche diMontecatini. I guelfi, invece, avevanooccupato Borgo a Buggiano, castelloposto alle spalle di Montecatini postosulla via per Lucca, chiudendo così adUguccione un’importante via per irifornimenti.Per “più dì stettero affrontati” (da G.Villani), ma nella notte tra il 28 e il 29Agosto Uguccione ordinò ai suoi uomi-ni di levare l’assedio. I Fiorentini venne-ro informati della “ritirata” del nemicoe decisero di inseguirli. Uguccione alleprime luci dell’alba, con mossa fulmi-nea, accortosi di essere inseguito, ordi-

nò alle sue truppe di assalire il nemiconei pressi del torrente Borra.Le truppe fiorentine resistettero a lungoingaggiando un cruento combattimen-to. Nella battaglia, fra numerosi morticaddero sul campo anche Pietro e Carlod’Angiò ed un figlio di Uguccione,Francesco.La battaglia ormai si era volta contro iguelfi che dovettero darsi alla fuga inmezzo alle paludi della piana. Ancorauna volta si affermò sul campo il nuovomodo di combattere con l’eliminazionediretta dei nemici. Molti vennero inse-guiti e trucidati, altri caddero per le feri-te riportate in battaglia e le difficoltàderivanti dall’impraticabilità del terreno.

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La battaglia di Montecatini (1315)

Ritratto di Uguccione della Faggiola (Casteldelci1250-Vicenza 1319).Le numerose guerre che si intensificavano fra le partiavverse, provocano in questo periodo una fortedomanda di capi, di condottieri valorosi che avesserola competenza per guidare truppe. A questi si offrìl'occasione, non solo di carpire un comando, ma,qualche volta di ottenere anche una "signoria". E' ilcaso del condottiero aretino Uguccione della Faggio-la che fu ingaggiato dalla città di Pisa per difender-si da Firenze che aveva l'aiuto angioino. Uguccione,che al tempo di Arrigo VII era stato vicario imperia-le a Genova, battè i fiorentini a Montecatini (1315)e poi divenne signore di Pisa, estendendo il suo domi-nio a Lucca. Fu una breve signoria, perché già nel-l'aprile del 1316 egli venne spodestato. Si rifugeràpresso Cangrande della Scala che lo aiuterà piùtardi in un tentativo, fallito, di riconquista della cittàdi Pisa. Scena della battaglia di Montecatini da una illustrazione del codice "chigiano" della "Cronica" del Villani.

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Il luogo della battaglia

La vicenda bellica della “battaglia diMontecatini” ci offre la possibilità dirileggere una realtà territoriale moltodiversa da quella odierna: Montecatiniera un castello di origine romanicaposto su un colle a circa 300 m di altitu-dine e le terme della Montecatini attua-le si trovavano nella palude sottostanteil castello.Montecatini si trova nella parte centraledella Val di Nievole che si estende a semi-cerchio sui confini estremi delle provincedi Firenze, Lucca e Pistoia. La valle èdelimitata a nord dalle falde dell’Appen-

nino, ad est dai monti del Montalbano ead ovest dalle alture di Montecarlo e daicolli delle Cerbaie. Le dorsali dei rilievihanno generato nel tempo una concanaturale dove per il difficile deflusso leacque tendevano a impaludarsi nel fon-dovalle, creando depressioni palustricome quella di Bientina e di Fucecchio. Ilterritorio fu soggetto nei secoli a variinterventi di bonifica che iniziarono findal Medioevo e dopo un lungo periododi trascuratezza venne gestito dalla fami-glia dei Medici che lo utilizzò anchecome luogo di riserva di caccia. In segui-to alla costruzione di argini e al deflussonaturale delle acque i terreni si erano tra-sformati in luoghi acquitrinosi non certo

salubri e solo nel Settecento grazie agliinterventi di bonifica di Pietro Leopoldo,vaste zone della valle furono recuperate e“restituite alla comunità”.Le acque termali, che sgorgano sponta-neamente dal terreno, erano conosciuteper le loro capacità curative fin dall’an-tichità. Infatti la piana paludosa sotto icolli di Montecatini era conosciuta findal Medioevo per il potere medicamen-toso dato dalle sue acque, tanto cheFirenze favorì lo sviluppo termale diqueste “paludi” sui suoi possedimenti.Questa attività, dopo la chiusura aseguito dell’ampliamento del padule diFucecchio, riprese nel 1530, con l’aper-tura di nuovi “bagni”, ma solo dopo le

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I luoghi delle battaglie

Montecatini Alto.Dall'immagine si possono riconoscere i resti delle torri dell'antico sistema difensivo, come la torre campana-ria della chiesa (ex torre difensiva) e la torre della Rocca.

Resti di una delle porte dell'antica cinta muraria delperiodo della Repubblica fiorentina.L'annessione a Firenze, infatti, nel 1339, portò le auto-rità alla realizzazione di nuove opere di fortificazione.

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bonifiche leopoldine si aprì definitiva-mente il capitolo delle famose acquetermali. Anche l’evoluzione delle vie ditrasporto ebbe uno stretto legame conle condizioni della valle e, per moltotempo, i collegamenti tra Lucca e Firen-ze si svilupparono lungo le pendici delladorsale o nella media Valdinievole. Lavalle infatti è delimitata da una coronadi colline dove si trovano i segni di real-tà urbane sviluppatesi in borghi e castel-li che, per il loro ruolo nel controllodelle principali vie di comunicazione,furono coinvolti intorno al XIV sec.nelle lotte di egemonia territoriale sullaregione e, in particolare, teatro dell’in-

cessante contesa tra Pistoia e Lucca finoall’imporsi del dominio di Firenze sututta la valle. Tra essi ricordiamo il Castello di Buggia-no, dove nell’occasione si erano stanziati iguelfi per chiudere le vie di rifornimentoai ghibellini di Uguccione, che facevaparte della rete di collegamento viario traLucca e Firenze.Nel XIV secolo il Castello di Montecatinifu luogo di stazionamento di una guarni-gione dell’esercito fiorentino durante lelotte contro Uguccione della Faggiola chelo espugnò nella battaglia del 1315.Dopo alterne vicende politico-militariritornò allo stato fiorentino nel 1330.

Secondo una leggenda tramandata daicronisti comunali come il Villani, lemura del castello avrebbero conservatole reliquie dell’eroe “antirepubblicano”Catilina, il quale, dopo la sconfitta diFiesole, avrebbe trovato rifugio tra que-ste mura “ereditando dal suo genionefasto un destino di guerre e distruzio-ni. (…) in realtà sarebbe stata la suanatura di «forte terra di frontiera», perdirla col Villani, a segnarne la comples-sa storia militare e politica tra medioevoed età moderna” (da A. Benvenuti). Il Castello fu distrutto dai Medici nel1554 e le torri che merlavano le antichemura sono state incorporate nell’abitato.

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La battaglia di Montecatini (1315)

La Valdinievole da un disegno di Leonardo.Da una mappa disegnata da Leonardo da Vinci nel 1503, facente parte deglistudi preliminari per la canalizzazione dell'Arno nel tratto tortuoso e non naviga-bile del fiume tra Firenze ed Empoli. Il nuovo tracciato semicircolare avrebbe com-portato grandi opere, come l'attraversamento in galleria della collina di Serraval-le, vicino a Pistoia. Dalla mappa si distinguono chiaramente il Padule di Fucec-chio, il lago di Bientina e il sistema di acque e di fiumi che li alimentano. "Mancosono evidenti né siti lontani le cose che sono d'intorno a li fiumi, che quelle, che datali fiumi o paduli sono remote" (Leonardo da Vinci).

Veduta del castello di Buggiano.Il Castello di Buggiano è posto a monte della via consolare Cassia, una delledirettrici principali tra Firenze e Lucca posta sulle pendici collinari ad evitarele zone paludose del piano. Nel periodo longobardo il castello ebbe un ruoloparticolare dato dalla sua posizione strategica ai confini del Ducato di Lucca eil territorio (limes) bizantino. Il castello, che risale al secolo XI, venne acquisitonel XIII secolo dal comune di Buggiano sotto il dominio di Lucca. Dopo lamorte di Castruccio Castracani (1328), passò sotto il controllo della repubblicafiorentina.

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LUOGO: Altopascio (provincia di Lucca)DATA: 23 settembre 1325FORZE IN CAMPO: Lucchesi contro iguelfi fiorentiniVITTORIA: LucchesiCOMANDANTI: Lucchesi: CastruccioCastracani, Azzo Visconti e il Vescovo GuidoTarlatiGuelfi: Ramon di Cardona

Dopo la sconfitta militare subita a Mon-tecatini dai Fiorentini nel 1315 e il crol-lo della fortuna politica di Uguccione,una nuova minaccia si stava preparandocontro Firenze: Castruccio Castracanidegli Altelminelli, uomo “d’arme e d’in-gegno” che già si era distinto a Monte-catini come principale artefice della vit-toria sulla Lega Guelfa.Fra il 1320 ed il 1322 ci furono nel Vald’Arno inferiore e nella Valdinievolesporadici scontri tra le forze guelfe eghibelline che non portarono a nessunodei contendenti successi di qualche

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La battaglia di Altopascio (1325)"Castruccio…con sua hoste armata, ch'era 1400 cavalieri, cominciò a scendere il poggio e tenere a badalucco i fiorentini tanto che Azzo con sua hoste venisse, e così li venne fatto…L'ho-ste dei fiorentini, non molto bene ordinata in ischiere, saffrontò con l'hoste di Castruccio… prima furo da' nemici assaliti che dessero colpo, ma parvero storditi e ammaliati… e così inpoco d'hora che durò l'assalto furono rotti e sconfitti."(GiovanniVillani, Cronica, libro IX, cap. CCCVI)

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rilievo. Lucca, Pisa e Arezzo riconobbe-ro l’autorità imperiale, ma la maggiorparte dei Comuni, specie quelli di parteghibellina, tendevano a dare maggioreimportanza alla realizzazione di signo-rie che “soffocando i conflitti tra leparti, potevano dare maggiore unità aigoverni” (M. Luzzati).Nel 1320 a Lucca Castruccio fu procla-mato capitano a vita. Nel frattempoPistoia, sentendosi minacciata dall’e-spansionismo lucchese, accettò di pagareun contributo a Castruccio. Nel 1323Castruccio effettuò ripetuti attacchi allemura di Firenze e contemporaneamentecercava di “insignorirsi” a Pisa. IntantoFirenze cercava accordi con Pisa a dannodi Castruccio. In questa situazione confu-sa di trattative di alleanze Castruccioriuscì ad ottenere dall’imperatore Ludo-vico il Bavaro la nomina di Vicario diLucca e di tutte le terre che controllava ein seguito ottenne anche il vicariato diPistoia. Nel 1325 Castruccio, grazieall’aiuto di Filippo de’ Tedici successoredell’abate Ermanno signore della città,riuscì ad occupare Pistoia. Il Castruccioassunse la carica di Vicario e affidò alTedici il governo della città e diede allostesso in sposa sua figlia Dialta. La reazione fiorentina fu immediata: ilgiorno successivo all’impresa della con-quista da parte di Castruccio a Pistoia,giunse a Firenze lo spagnolo Ramon deCardona, celebre condottiero, che erastato ingaggiato come comandante del-l’esercito fiorentino dopo mesi di lun-ghe trattative. L’esercito fiorentino così

riorganizzato si mosse verso Pistoia e,poiché il Castracani non reagì subito,continuando invece a rimanere sulladifensiva, potè occupare Altopasciosenza difficoltà (25 agosto). Ben presto,però, a causa dell’insalubrità della pianapaludosa dove l’esercito fiorentino siera appostato e grazie a i rinforzi venu-ti dai Ghibellini di Genova e da AzzoVisconti, che giunse con 800 cavalieritedeschi e francesi, la situazione cambiòa favore di Castruccio. L’esercito fioren-tino mandò “il guanto di sfida” aCastruccio Castracani, e, nei pressi delCastello di Altopascio ebbe luogo loscontro. Il primo attacco, da parte dellacavalleria dei Ghibellini, travolse lalinea dei feditori al comando di DeBorne: la fanteria guelfa si ritrovò "stu-pita e ammaliata" da tanto vigore, macontinuò a battersi valorosamenteprima di disperdersi sul campo. Alle tredel pomeriggio la battaglia si conclusein "poco d'ora" con 5.000 fra morti eprigionieri guelfi. A causa dell'imprati-cabilità del terreno, molti di coloro chesi erano dispersi sulla piana perirono ocaddero in mano al nemico.A dieci anni dalla battaglia di Monteca-tini i Guelfi avevano subito ancora unavolta una nuova, terribile sconfitta inuna battaglia che "più che uno scontrofra i Guelfi e i Ghibellini toscani, si con-figura in uno scontro tra una signoria ditipo inedito per la Toscana ed un comu-ne, Firenze, che rappresenta la tradizio-ne dello Stato-città, guelfe o ghibellineche fossero" (M. Luzzati).

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La battaglia di Altopascio (1325)

Tarda raffigurazione di Castruccio Castracanidegli Altelminelli (Lucca 1281-1328) in una inci-sione del XIX secolo.Castruccio proveniva da una facoltosa famiglia dicommercianti e finanziatori lucchesi operanti a livelloeuropeo. Tra il 1301-02 soggiornò in Inghilterra, maa causa di un episodio di violenza fu costretto a fuggi-re in Francia dove si mise al servizio di Filippo ilBello. Rientrò in Italia nel 1304 e combattè insiemealle truppe ghibelline di Uguccione della Faggiolaassieme al quale prese parte alla presa di Lucca. Sidistinse valorosamente nella battaglia di Montecatini(1315) contro la Lega Guelfa dove fu il principaleartefice della vittoria.Uguccione, forse vedendo in luiun probabile concorrente per la signoria, lo feceimprigionare, ma a seguito di una rivolta di popoloCastruccio fu liberato ed acclamato Capitano generalee Console a vita e quindi Signore della città. IlCastruccio divenne ben presto il punto di riferimentodi tutti i ghibellini toscani. Sottomise molte città ghi-belline, minacciò più volte Firenze contro la qualeottenne la vittoria ad Altopascio (1325). Quandotornò, subito dopo fu chiamato a Roma per partecipa-re all'incoronazione di Ludovico il Bavaro, dove funominato Legato Imperiale per l'Italia. Durante lacampagna contro Pistoia, fu colpito da febbri malari-che che in pochi giorni lo portarono alla morte.

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Il luogo della battaglia

Il territorio di Altopascio dove si svolsela storica battaglia, si trova tra la Valdi-nievole e la pianura ad est di Lucca ed èposta su una delle più importanti diret-trici di traffico, l’antica via che da Lucca,attraversando la Valdelsa giungeva finoa Roma. Su questa strada, che si chia-mava “Romea”, se si considera la meta,o Francigena, se si guarda alla prove-nienza, confluivano tutte le transappen-niniche che facevano capo a Lucca, aPistoia e a Firenze. La Francigena colle-gava i due grandi centri devozionali esacrali di Santiago de Compostela e diRoma e la Contessa Matilde, grandeprotettrice dei pellegrini, favorì il sorge-re di ospizi e chiese lungo l’arteria stra-dale, fra cui quello famoso di Altopa-scio. L’ospizio dei pellegrini di Altopa-scio nasce nel 1084 ad opera dellafamosa regola dei Cavalieri Ospitalierio del Tau, i quali assunsero la sorve-glianza della strada sulla regione e laresero agevole con ponti e chiatte per ilpassaggio sui fiumi.Si dice nella tradizione antica della Val-dinievole che la campana di Altopascio,“la Smarrita”, dirigesse con i suoi rin-tocchi i passi dei pellegrini che percor-revano la strada a tratti invasa dagliacquitrini.In realtà la Francigena “non si trattavadi una arteria razionale, comoda, prov-vista di regolare manutenzione, macostituì una traccia continua e stabile,seguendo la quale il viandante era certo

di giungere alla meta (...) i viaggiatorimedievali, andandosene a piedi o acavallo, in fatto di strade non avevanotante pretese perché l’importante eratrovare un luogo dove alloggiare, il vittoe anche una relativa sicurezza” (D. Ster-pos).Durante la battaglia del 1325, le crona-che del tempo lo ricordano, intorno adAltopascio il terreno era molto difficilee malsano e le zone paludose non favo-rirono affatto i Fiorentini, tanto che “(...)il caldo, nella vicinanza del padule, fecela parte sua”.

Nel tardo Medioevo Altopascio diventòcentro importante dei traffici mercanti-li di Pistoia e fu in seguito porto fluvialegrazie al canale, ormai scomparso, checollegava la Valdinievole direttamentecon il lago di Bientina e da qui con l’Ar-no lungo il quale si scendeva fino alporto di Pisa.Attualmente Altopascio è ancora luogodi incrocio delle arterie più importantidella regione e le “malsane paludi”hanno lasciato il posto agli insediamen-ti industriali (panifici industriali, confe-zioni, calzature, materie plastiche) che

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I luoghi delle battaglie

La torre campanaria detta "la Smarrita" che, nella sede del famoso "ospitale", suonava tutte le sere per un'o-ra a rassicurare il cammino dei pellegrini medioevali lungo la via Francigena, sulla sinistra, la facciatadella pieve romanica attualmente ridotta a transetto della chiesa parrocchiale costruita nel 1827.

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sono il settore trainante dell’economiadella città.A pochi chilometri dall’uscita di Altopa-scio della A11 “Firenze-mare”, si rag-giunge facilmente l’abitato medievale diMontecarlo. La tradizione vuole chedall’alto dell’antica Rocca detta delCeruglio, dal nome dell’originaria forti-ficazione che anticamente sorgeva sullasommità del colle, Castruccio Castraca-ni dirigesse i movimenti delle sue trup-pe contro l’esercito fiorentino.Per la sua posizione strategica, al confi-ne fra la pianura di Lucca e la Valdinie-vole, Montecarlo svolse un ruolo impor-tante durante le numerose guerre traPisa, Lucca e Firenze. Fu una fortezzadifficile da conquistare e solo nel 1437Francesco Sforza riuscì ad espugnarla efarla passare sotto il dominio fiorentino.

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La battaglia di Altopascio (1325)

Veduta di Montecarlo.Il centro si sviluppa in alto sulle ultime propaggini prospicenti l'ampia valle in antico occupata dal lago diSesto (Bientina). Nel periodo medioevale la posizione dominante sulla piana e sul percorso della via Franci-gena gli conferiva un ruolo strategico rilevante. I resti dell'antica rocca sono probabilmente individuabili nellaparte nord ovest del perimetro difensivo. Qui trovò la collocazione di un castello fortificato intorno al quale sisviluppò il centro murato.

Panorama della piana di Altopascio dalle mura di Montecarlo.La tradizione vuole che dalla rocca del Cerruglio Castruccio Castracani avesse diretto i movimenti delle suetruppe nella battaglia contro i Fiorentini.

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LUOGO: Cascina (Pisa)DATA: 28 luglio 1364 FORZE IN CAMPO: Pisani e FirentiniVITTORIA: FiorentiniCOMANDANTI: Pisani : Giovanni AcutoFiorentini: Galeotto Malatesta

Nell’attuazione del suo programmapolitico, la Repubblica fiorentinadovette affrontare, intorno alla metàdel Trecento, molte aspre situazioni siasul piano diplomatico che su quellomilitare.Tra il 1362 e il 1364 infatti ci furonoforti attriti tra Pisa e Firenze che si con-clusero con in conflitto “che apparvesecondario nell’infuriare di lotte ditanta maggiore eco nell’Italia settentrio-nale e nelle terre pontifice, ma che perla storia Toscana fu probabilmente deci-sivo” (M. Luzzati).Fin dal 1356 Pisa attuò nei confronti diFirenze una politica doganale moltodura che limitava lo sviluppo dei traffici

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La battaglia di Cascina (1364)" (…) Messer Galeotto Malatesta capitano de' Fiorentini, movendo la notte dinanzi campo Peccioli, la mattina s'accampò ne' borghi di Cascina presso Pisa… e infra il giorno per lo smi-surato caldo le tre parti e più dell'oste… si bagnava in Arno, quale si sciorinava al meriggio, e chi disarmandosi e in altro modo prendea rinfrescamento."(Filippo Villani, Cronica, libro XI, cap. XCVII)

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La battaglia di Cascina (1364)

commerciali tanto da portare Firenze adover utilizzare il porto senese di Tala-mone come alternativa a quello pisano.La tensione creatasi tra le due città sfo-ciò in una guerra che si protrasse conalterne vicende per circa due anni e chesi concluse con la sconfitta dei Pisani aCascina, da cui il nome “battaglia diCascina”.Gia l’anno prima della battaglia i Pisani,grazie a fortunate incursioni, si eranospinti fin sotto le mura della città diFirenze ed avevano “impiccato asini”alle porte della città, ma anche i Fioren-tini avevano fatto incursioni sul territo-rio pisano “lasciando con un palmo dinaso l’esercito nemico” (G. Salvagnini).L’episodio più noto della battaglia, secon-

do gli storici e i cronachisti, è quel bagnoin Arno che si sarebbero presi i Fiorentinial momento dell’attacco pisano e che ispi-rò Michelangelo per il suo celeberrimodisegno: “si sciorinavano al sole e dis-guazzavano nell’acqua” (F. Villani).Manno Donati, uno dei capitanidella parte guelfa, si preoccupò diallestire intorno al campo fiorentinouna serie di rinforzi all’accampamen-to facendo “molti serragli dinanzi etdirietro”.Intanto Giovanni Acuto, alloracomandante dei Pisani, che avevaposto il suo campo nei pressi di SanSavino, venne a sapere che il campofiorentino non era adeguatamentedifeso. Egli non dette molta impor-

tanza alla “spiata”, anzi, decise diattuare una serie di piccoli attacchiper cercare di innervosire e confon-dere il nemico, tanto che lo stessoGaleotto Malatesta minacciò il cam-panaro addetto alle segnalazioni dipericolo perché veniva disturbatocontinuamente nel suo riposo.L’Acuto intraprese il vero attacco cercan-do di cogliere di sorpresa i Fiorentini nonorganizzati grazie all’impiego di unmigliaio di soldati inglesi a piedi. Secon-do alcuni storici l’attacco si sarebbe svol-to nel primo pomeriggio, secondo altri“in sul vespro” per costringere i Fiorenti-ni a combattere con il sole negli occhi econ la polvere che il vento marino“avrebbe spinto contro i fiorentini” (S.

Da Michelangelo, Disegno parziale della Battaglia di Cascina. Firenze, Uffizi.La battaglia di Cascina è rappresentata nel famoso dipinto del Vasari attualmente esposto in Palazzo Vecchio aFirenze, ma la sua fama è legata soprattutto all'opera di Michelangelo al quale fu commissionato il lavoro nel1504. L'affresco, che doveva occupare una parete della sala del Consiglio in Palazzo Vecchio, purtroppo non fu maieseguito anche se il cartone era già pronto dal 1505. Il disegno di Michelangelo sollevò un tale interesse che tutti igiovani artisti venivano ad ammirarlo e a studiarlo finché fu fatto a pezzi e molti pezzi dispersi. Per alcune figureci resta la testimonianza di disegni di contemporanei, come quello del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, dovesi vede un gruppo di nudi in atteggiamento agitato vicino al fiume perché colti di sorpresa dall'esercito nemico. Lascelta della figurazione è singolare dal momento che non fa certo pensare ad una scena di battaglia. Sicuramente ilsoggetto è giustificato dall'episodio tratto dalla cronaca di Filippo Villani, in cui si narra che il giorno della batta-glia, il 28 luglio del 1364, i fiorentini fecero il bagno in Arno per ripararsi dal forte caldo. Uno dei capitaniManno Donati, accortosi della "leggerezza" dei suoi soldati, li richiamò prontamente affinchè fossero più "accorti",ma dalle cronache non esiste nessun episodio di un attacco improvviso contro la soldatesca fiorentina durante ilbagno in Arno. Il fatto marginale diventa comunque centrale per l'opera del Michelangelo, che reinterpreta e nemodifica la storia per farla aderire a questa sua visione che sottolinea un'energia e un'indipendenza intellettualetipiche di un'artista del Cinquecento.

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I luoghi delle battaglie

Ammirato).In realtà sembra che fu proprio la pol-vere, alzata dal vento marino e daimovimenti di avvicinamento del nemi-co, che fece allertare i Fiorentini appo-stati nel campo. Le “difese” del Donatisi rilevarono salde e l’attacco pisano fuintrapeso nel settore dove facevanoguardia i genovesi spalleggiati dagliaretini.In questo frangente fu molto utile il

sostegno dell’esercito “straniero” diparte guelfa che combattè molto valoro-samente, tanto che l’Acuto, resosi contodell’insuccesso dell’attacco, ordinò subi-to la ritirata. L’esercito pisano fu peròraggiunto nei pressi di Settimo e fu tra-volto dalle truppe fiorentine. Le perditepisane furono molte, specialmente tragli “stranieri” (ricordiamo che le miliziestraniere mercenarie iniziano a farparte integrante degli eserciti comuna-

li) che furono in parte catturati e poiriscattati in denaro.Si dice che quando giunsero in città iprigionieri subirono molte umiliazionie pene tanto che da Pisa chiesero diporre fine a tutte queste sofferenze: “e’mandarono raccomandazioni a’ fioren-tini col giglio bianco”. Secondo il Villa-ni, invece, i prigionieri che stavanoalloggiati alle Stinche furono accuditidalle gentili donne fiorentine.

Paolo Uccello, Monumento equestre a Giovanni Acuto (Firenze, Santa Maria del Fiore).John Hawkwood (ca. 1320-1394), in italiano Giovanni Acuto, era un valoroso condottiero inglese chedopo aver combattuto la guerra dei Cent'anni, venne in Italia e lavorò come capitano di ventura. Fuprima al servizio dei Pisani, poi dei Visconti e infine dei Fiorentini. Dopo la battaglia di Cascina, i Pisanigli rimproverarono di aver ordinato ai soldati di partire all'assalto a piedi "avendo così fatto ordine, per lagravezza dell'arme e per la noia del caldo, … scemato molto delle forze a' soldati"(F. Villani). GiovanniAcuto passò al servizio dei Fiorentini dopo il 1370 e per la sua fedeltà alla signoria, l'Opera del Duomo,per sollecitudine di Cosimo de' Medici, fece commissionare a Paolo Uccello l'affresco di commemorazione chesi può ammirare nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.

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Il luogo della battaglia

Secondo gli storici, l’esercito fiorentinosi accampò nella notte tra il 27 ed il 28luglio “intorno a Cascina”, anticoborgo fortificato e l’unica “terra mura-ta” importante in un raggio di moltichilometri.Nei secoli Cascina acquistò sempre piùrilevanza come centro agricolo e com-merciale data la sua posizione lungo laprincipale arteria di collegamento traFirenze e il porto di Pisa e fu spessoluogo di battaglia negli scontri tra que-ste due città, come quello avvenuto il 29luglio del 1364. Il Repetti identifica allavoce “Gello di Lavajano” il luogo “ovefecero il campo” i Fiorentini comandatida Galeotto Malatesta.Secondo il Salvagnini, che pure in defi-nitiva avalla tale ipotesi, si tratta, però,più di una voce popolare che di unaaffermazione basata su documenti sto-rici. Infatti, se è vero che l’Arno (in cuisi narra che i soldati fiorentini feceroun bagno) dista attualmente ben duechilometri da Gello, è anche vero cheallora il fiume non aveva un percorsoregolare e distava anche di più cheadesso da Gello, allargandosi in piùbracci secondari di cui uno avrebbe benpotuto giungere fin sotto l’accampa-mento fiorentino (a quel tempo “l’Arnopassava sotto Vico Pisano e Calcinaiarimaneva sulla riva sinistra” anziché,come è ora, sulla destra). Ad avvalorareulteriormente l’ipotesi del Repetti, ilSalvagnini nota come la località fosse

stata scelta spesso dall’esercito fiorenti-no anche perché tra Gello e Fornacettescorreva il fosso Rinonico che era statofortificato dai Pisani con steccati e face-

va da “limite” all’area pisana. Sicura-mente, quindi, Galeotto Malatestaavrebbe posto il campo al di qua di talefosso.

La battaglia di Cascina (1364)

Veduta di Gello, il probabile luogo di sosta dell'esercito fiorentino.

Cascina. All'interno delborgo: Pieve di S. MariaAssunta e San GiovanniEvangelista dell’XI-XII sec.

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Gli inizi del XV secolo vedono uncostante allargamento del dominio fio-rentino che si avvia ad estendersi all’in-tero territorio della regione geografica.Resta ancora fuori dell’influenza fioren-tina la Repubblica di Lucca che conser-vava la sua indipendenza grazie ad unruolo secondario e in fondo “cuscinet-to” fra il dominio fiorentino e la orgo-gliosa Repubblica senese che mantene-va la propria sovranità sulla Toscanameridionale. A nord della Repubblicalucchese sopravviveva lo stato feudaledei Malaspina rafforzato nel ruolo diarea di cerniera, e a sud della Repubbli-ca di Siena quello che restava del gran-de feudo aldobrandesco.Pisa nel 1406 perse la propria autono-mia diventando satellite di Firenze egradatamente cedendo ad essa i propriinteressi marinari.A Firenze dalla fine del Trecento siimpose la figura di Coluccio Salutati,cancelliere della Repubblica fino alla

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Dalla Signoria al Principato

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morte nel 1410, che definì una linea digestione umanistica della cosa pubblicarimasta in qualche modo operante finoall’avvento del potere mediceo.In realtà l’effettivo potere della Repub-blica fiorentina era nelle mani dellegrandi casate aristocrato-economichecome gli Albizzi, gli Strozzi. Fra il 1400e il 1430 un ruolo egemone nell’ambitodell’oligarchia fiorentina fu svolto dallafamiglia degli Albizzi in una fase in cuisi dovette prima far fronte alle minaccedi espansione viscontea e poi circa diecianni dopo alle rivendicazioni del regnodi Napoli di una eredità dovuta ai tra-scorsi degli Angiò in Toscana.

Nel corso degli anni Venti si venne amaturare una sempre più aperta tensio-ne fra gli Albizzi e il gruppo Medici por-tando nel 1433 addirittura all’esilio delprincipale rappresentante della fami-glia medicea, Cosimo, che tornerà dal-l’esilio padovano nel 1434, data fattacoincidere con l’effettivo inizio dellaSignoria medicea e con la progressivaeliminazione di gruppi oligarchiciavversi.Indicativi della vivacità legata all’effetti-va presa di potere della dinastia medi-cea, sono due eventi bellici, uno nel1432 e l’altro nel 1440. Il primo, la bat-taglia di S. Romano, rese definitiva l’e-

spansione fiorentina nel Valdarno infe-riore domando le ultime resistenze ereazioni di Lucca e di Pisa e il secondo,la battaglia di Anghiari, permise diestendere il dominio fiorentino lungo laVal di Chiana vincendo un ennesimotentativo di ingerenza da parte viscon-tea.Tutta l’Italia alla metà del secolo avevaassistito a pesanti conflitti fra quelli chesi avviavano ad essere gli stati regionalidell’età moderna. Da una parte si schie-rarono la Repubblica di Venezia insiemeal Regno di Napoli e dall’altra Milanodivenuta repubblicana con la dinastiaviscontea e, questa volta, alleata a Firen-ze a difesa dalle mire veneziane.Le battaglie, che si svolsero per lo più anord, e soprattutto il calo di pressioneda parte di Venezia in seguito alla noti-zia della caduta di Costantinopoli(1453), portarono nel 1454 alla pace diLodi con la quale venne stabilizzata lasituazione italiana, anche se, solo pocotempo dopo, Firenze ebbe modo diannettersi il volterrano e parte dellaMaremma settentrionale.Il consolidamento del potere mediceosoprattutto con Cosimo il Vecchio ed ilnipote Lorenzo permise a Firenze - chepure aveva al suo interno non sopitelotte intestine come quella che avevaportato alla congiura antimedicea deiPazzi nel 1478 -, e con cospicui appoggiesterni come il Papa ed il re di Napoli,di svolgere un ruolo diplomatico asostegno dell’ancorché labile equilibrioraggiunto.

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Dalla Signoria al Principato

Presa della città di Pisa. (G. Vasari, B. Naldini e J. Zucchi, Palazzo Vecchio, Salone dei 500, Firenze).

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La crisi della dinastia medicea allamorte di Lorenzo nel 1492, feceriemergere le tensioni mai sopite all’in-terno della Signoria fiorentina dimo-strandone l’intima fragilità e favorendoil tentativo di invasione da parte diCarlo VIII di Francia. Il regno oltrealpi-no aveva da poco raggiunto l’unitànazionale e egli ritenne, data la genera-le situazione italiana ed in particolaretoscana, di poter aggredire una facilepreda calando nella penisola nel 1493ed entrando a Firenze nell’ottobre del1494 con la resa quasi senza resistenza

del figlio di Lorenzo, Piero detto “ilfatuo”. Sono questi gli anni che vedono oltrealla cacciata dei Medici l’indicativo epi-sodio di Fra’ Girolamo Savonarola etutte le sue conseguenze.Gli eventi dal 1500 al 1530 vedono unacomplessa dialettica fra lo spirito repub-blicano e il dominio mediceo sia nelladesignazione di Pier Soderini nel 1503a gonfaloniere a vita, sia dopo la dispo-sizione della successione di personaggidella dinastia medicea in un continuumfino al 1527 sostenuto a Roma da pon-

tefici medicei, come Leone X e Cle-mente VII o filomedicei.Le istanze repubblicane, mai sopite,ebbero modo di prendere il poteredopo la caduta di Roma nelle manidelle truppe imperiali; ciò permise labreve ed intensa stagione della secondarepubblica, che si concluse con l’assediodella città da parte delle truppe impe-riali a sostegno della coalizione antire-pubblicana.In questa fase si inserisce l’episodiodella battaglia di Gavinana, eroica scon-fitta dell’esercito fiorentino assurta

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I luoghi delle battaglie

Ingresso di Carlo VIII a Firenze, il 17 novembre 1494. (Francesco Granacci, Uffizi, Firenze).Lorenzo il Magnifico giovinetto. (Benozzo Gozzoli, "Ilviaggio dei Magi", Palazzo Medici-Riccardi, Firenze)

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Dalla Signoria al Principato

nell’800 a simbolo della difesa dell’indi-pendenza nazionale.La restaurazione medicea avvenne nellafigura di Alessandro investito ufficial-mente del titolo di Duca da parte del-l’imperatore nel 1532 e assassinato dauna congiura di palazzo per mano delcugino Lorenzino. La continuità deldominio mediceo venne prontamentegarantita da Cosimo, del ramo cadettodella famiglia, figlio del valoroso Gio-vanni dalle bande nere, che ottennel’anno successivo il titolo ducale e solonel 1569 quello di Granduca.

Il principato di Cosimo, che pose le basidi uno stato monarchico assolutista tra-sformato nelle strutture istituzionali enelle mani di una dinastia ereditaria, daun lato portò ad una progressiva eman-cipazione dall’ingerenza imperiale, edall’altra si concentrò sulla impegnativaguerra nei confronti della Repubblica diSiena, ultimo ostacolo alla effettiva rea-lizzazione dello stato regionale toscano. Dopo numerose e cruenti battaglie l’an-tica Repubblica capitolò nel 1556, dive-nendo a tutti gli effetti parte dello statomediceo, da cui, ancora alla fine del

secolo, restavano formalmente esclusi laLunigiana, la Repubblica di Lucca e lapiccola area da Orbetello all’Argentario,chiamato Stato dei Presidi come baluar-do del controllo da parte della Spagnaasburgica sul nuovo stato Toscano.Da allora la Toscana medicea purdotandosi di una flotta militare e parte-cipando ad eventi bellici internazionali,come la battaglia di Lepanto contro iTurchi, non si trovò per lungo tempo avedere eventi bellici sul proprio territo-rio.

Epilogo della guerra di Siena.(G.Vasari, B. Naldini e G. Strada-no?, Palazzo Vecchio, Salone dei500, Firenze).

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LUOGO: San Romano (Pisa)DATA: 1432FORZE IN CAMPO: Repubblica Fiorenti-na contro: Repubblica di SienaVITTORIA: FirenzeCOMANDANTI: Firenze: Niccolò daTolentinoSiena: Bernardino della Ciarda

La plurisecolare contesa tra Firenze eSiena vide nel 1432 uno scontro nelcuore della valle dell’ Arno, in quellazona, dominata da Montopoli definitodal Boccaccio “castello insigne”, che erastata sin dalla fine del XII secolo teatro discontri fra Fiorentini, Lucchesi e Pisani.Proprio in conseguenza di questi ed aconferma della acquisita supremaziafiorentina, dovuta non soltanto allearmi ma anche ad una volontaria sot-tomissione della popolazione di Mon-topoli e del contado avvenuta il 12Luglio 1349, alla fine del secolo il con-dottiero Giovanni Acuto, passato al

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La battaglia di San Romano (1432)" (…) Combattesi tra l'una e l'altra per spazio d'otto ore senza che alcuno scrittore faccia menzione che vi si fosse sparsa una gocciola di sangue, da che si può veramente discernere,quanto quelli combattimenti e dagli antichi e dai presenti fosser diversi, e avessero più simiglianza di torniamenti, e di giuochi militari, che di vere e giuste battaglie." (Scipione Ammirato, Istorie fiorentine, libro XX)

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servizio di Firenze, il cui ritratto eque-stre opera di Polo Uccello è visibilenella Cattedrale di Santa Maria delFiore, aveva migliorato le difese delmedievale castello di San Romano,facendo scavare un profondo fossato ecostruire nuove torri, data la posizioneutile per la difesa di tutta l’area e ilcontrollo delle vie di transito.L’ efficacia di questa iniziativa ebbe a veri-ficarsi qualche decennio più tardi quan-do, ormai sedate le contese fra le città

della bassa valle dell’Arno, ormai in unmodo o nell’ altro rese suddite di Firen-ze, rimaneva aperta, e lo sarebbe stataancora per più di un secolo, la lotta conl’orgogliosa Repubblica di Siena chedominava sulla Toscana meridionale.Davanti a San Romano, per l’esattezzanella spazio tra la torre Giulia, partedegli interventi di fortificazione pro-mosse da Giovanni Acuto, e Montopoli,l’esercito fiorentino, sotto la guida diNicolò da Tolentino, si scontrò con le

truppe del Duca di Milano, alleato deisenesi, comandate da Bernardino dellaCiarda un tempo al soldo di Firenze epoi passato al nemico.Lo scontro fu intenso e cruento, soprat-tutto dal momento in cui arrivarono irinforzi fiorentini guidati da Michelettoda Cotignola. Alla fine dopo situazionialterne, le truppe viscontee decisero laritirata permessa dalle truppe delTolentino dopo ben tre ore di combatti-mento serrato.

La battaglia di San Romano (1432)

Paolo Uccello: La battaglia di San Romano, Uffizi, Firenze.La battaglia ci viene rappresentata dai tre dipinti di Paolo Uccello, commissionati da Cosimo il vecchio nel 1435-40 e poi collocate nel nuovo palazzo dei Medici in via Larga, nelmomento in cui egli stava consolidando il proprio potere sulla signoria fiorentina. Le tre tavole sono oggi disperse fra gli Uffizi, il Louvre e la National Gallery di Londra. Esse rappresen-tano una battaglia sublimata, nella quale l'attenzione viene attratta dai cavalli dai colori impossibili e dalle fastose bardature, dai cavalieri dalle lunghe "picche" ora erte come pennoni,ora in resta, ora spezzate al suolo, dai balestrieri e dai fanti dagli abiti policromi con gli stendardi multicolori che garriscono al vento. Tutto, meglio di una cronaca, ne rende un'atmosferada autunno del Medioevo, come le figure che campeggiano nel dipinto oggi agli Uffizi in cui è rappresentato l'episodio culminante di Niccolò da Tolentino che disarciona Bernardino dellaCiarda, l'uno di fronte all'altro come in un torneo cavalleresco, aspetto che l'artista sembra esaltare rispetto alle innovazioni tecniche e guerresche che si stavano diffondendo.

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Il luogo della battaglia

San Romano, da cui prende il nome labattaglia, è un’abitato che sorge su unaltipiano posto sulla riva sinistra delfiume Arno. Castello di origine medie-vale fu oggetto di contesa fra Lucca, Pisae Firenze e conserva ancora oggi, restidi fortificazioni che testimoniano ilruolo di importante avamposto milita-re. La Torre Giulia, di cui è sopravvisu-to solo il basamento, che troviamolungo la strada statale 67, faceva partedi un sistema difensivo preesistente, e fuproprio nella valle tra la Torre Giulia eMontopoli che si svolse la celebre batta-glia immortalata da Paolo Uccello.Dalla Torre Giulia è ben visibile il borgomedievale di Montopoli. Città di confine, posta sul crinale di uncolle tufaceo da cui si domina tutta lavalle dell’Arno, fu anch’essa a lungocontesa dalle città di Pisa, Lucca e Firen-ze e le vestigia del suo passato sonotestimonianza del ruolo di “castello insi-gne” celebrato dal Boccaccio.Facilmente visitabile a piedi, Montopoli haconservato la sua tipica configurazionemedioevale: la sua struttura urbanistica ècostituito da un unico asse viario che sisnoda lungo il crinale tufaceo e le sue torri,testimonianza del suo passato di avampo-sto militare, sono diventate interessantipunti di osservazione sulla valle. Prova nesia il “Poggio della Rocca”, da dove sidomina un’incatevole e suggestivo pano-rama che spazia dai Monti Pisani alle AlpiApuane, fino all’Appennino pistoiese.

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I luoghi delle battaglie

San Romano visto da Montopoli.

San Romano. I resti della Torre Giulia.Si racconta che la celebre battaglia si svolse proprio nella valle posta fra la torre della cerchia difensiva diSan Romano e il Castello di Montopoli.

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Sotto alla rocca troviamo il complesso archi-tettonico della Torre e dell’Arco di Castruc-cio, così chiamato perchè si racconta che vifu ferito Castruccio Castracani quandotentò di conquistare il castello nel 1328.Attualmente i due centri, facilmente rag-giungibili grazie all’asse di scorrimentoveloce tra Firenze, Pisa e Livorno, sonoinseriti in un tessuto urbanistico conti-nuo, dovuto alla congiunzione tra unnucleo e l’altro (vedi San Romano conSan Miniato), e il costituirsi di un pae-saggio nuovo dove l’industria si è facil-mente integrata nei settori tipici dell’a-gricoltura (olio, vino) o si è sostituitacome nel caso dell’industria calzaturiera.

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La battaglia di San Romano (1432)

Montopoli, panorama dal Poggio della Rocca.

Montopoli. Torre e Arco di Castruccio.Sul poggio, poco sopra l'arco, troviamo il Parco Archeologico del Poggio della Rocca. I resti appartengono alle antichefortificazioni medioevali e alla Torre della Rocca che fu costruita dai Fiorentini nel XVI sec. Fu distrutta dai tedeschidurante la seconda guerra mondiale. Anticamente l’“arco di Castruccio” era unito alle mura del Poggio della Rocca.

Montopoli.La Torre di San Matteo, struttura imponente, sitrova sulla piazza che domina l'incantevole panora-ma sulla valle verso Pisa.

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LUOGO: Anghiari (Arezzo)DATA: 29 giugno 1440FORZE IN CAMPO: Fiorentini (conRoma e Venezia) contro i Milanesi.VITTORIA: Fiorentini (con Roma e Venezia)COMANDANTI: Fiorentini: MichelottoAttendolo e Giampaolo OrsiniMilanesi: Niccolò Piccinino

Nel complesso scacchiere politico dellametà del xv secolo vi fu la temporaneaalleanza di Firenze con Roma e Venezia,la cosiddetta Lega Santa, contro le mireespansionistiche del Duca di MilanoFilippo Maria Visconti.Il capitano Niccolò Piccinino, al soldodel Visconti, dopo la sconfitta di questipresso Brescia, era stato sollecitato arisalire dall’Italia centrale alla fine delgiugno 1440 per dare manforte aglisconfitti. Il Piccinino aveva quindi deliberato dirisalire al nord passando per la via piùdiretta attraverso la Val Tiberina e San-

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La battaglia di Anghiari (1440)"Drizzatosi dunque Niccolò con le sue genti verso Anghiari. Era già loro propinquo a meno di due miglia, quando da Micheletto Attendolo fu veduto un gran polverio; ed accortosicome gli erano i nimici, gridò all'arme…E come Micheletto fu il primo a scoprir il nemico, così fu il primo a incontrrlo armato; e corse con le sue genti sopra il ponte del fiume che attra-versa la strada, non molto lontano da Anghiari."(N. Machiavelli, Istorie Fiorentine, libroV, cap.XXXIII)

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sepolcro e da qui in Romagna. Nel contempo si era creata nella vicinaAnghiari, controllata dalla Repubblicafiorentina, una concentrazione di forzeavversarie. Le truppe fiorentine consta-vano di 4000 uomini, sotto la guida diNeri Strozzi e Bernardetto de’ Medici,commissari generali dell’esercito pernomina della Repubblica Fiorentina; adesse si aggiungevano quelle del PapaEugenio IV, altri 4000 uomini riorganiz-zati dal Cardinale Ludovico Trevisan,detto Scarampo Mezzarota.A questi due ampi nuclei si aggiunserotrecento cavalieri della Repubblica diVenezia comandati da Michelotto Atten-dolo Sforza. A quella prima compagine siunirono alcune compagnie di Capitani diAnghiari come Agnolo Taglia, Gregoriodi Vanni e Leale di Anghiari.Informato di quanto accadeva il Piccini-no, convinto della propria superioritàdi forze, decise di attaccare le truppedella Lega, non prima di aver assoldatoad ulteriore sostegno del proprio eserci-to altri 2000 uomini di Sansepolcro.Non era allora consuetudine combatte-re nei giorni di festa, secondo le usanzecavalleresche, se non per speciali emer-genze, e il 29 Giugno, dedicato a SanPietro e Paolo, in cui il Piccinino scelsedi attaccare, poteva contribuire a sor-prendere impreparato il nemico.Questa era l’intenzione del capitanoquando si mosse nelle prime ore delpomeriggio.Di fatto la sorpresa non riuscì perché ilcapitano dei Veneziani, acquartieratisi

presso Monteloro vide nel centro dellavallata sollevarsi la polvere dallo strado-ne rettilineo creato nel Trecento daiTaglieschi tra Sansepolcro e Anghiari, eche data la stagione doveva essere par-ticolarmente polveroso.Lo Sforza intuendo l’attacco dette l’allar-me e mobilitò i cavalieri veneziani peruna prima difesa che permettesse al restodell’ armata di schierarsi alla battaglia. In breve tempo anche gli altri capitani

della Lega raggiunsero lo Sforza alponte sul canale prima di Anghiari, checostituiva una strozzatura per il nemico.Essi deliberarono rapidamente la tatticadi combattimento, con una tripartizio-ne degli schieramenti.Il Simonetta, uno dei capitani fiorentini,avrebbe coperto il lato destro, i fiorentinicon gli anghiaresi il centro e il lato sini-stro, i cavalieri veneti sarebbero rimasti apresidio del ponte, coadiuvati dalle fan-

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La battaglia di Anghiari (1440)

Da Leonardo: battaglia con cavalli.Nel maggio del 1503 Leonardo da Vinci fu incaricato dai Magistrati di Firenze di eseguire un grandeaffresco nella sala del consiglio del Palazzo della Signoria raffigurante la celebre battaglia dove i Fiorentiniottennero la vittoria sui Milanesi. Leonardo si dedica a questo lavoro fino al 1505-1506, riuscendo a rea-lizzare oltre al cartone anche una parte del dipinto definitivo, ma non si sono conservati né l'uno, né l'al-tro: della grande opera rimangono solo alcuni disegni preparatori e copie come quella del Rubens, oggi alLouvre a Parigi, o quella attribuita al pittore Biagio d'Antonio che si trova oggi alla National Gallery ofIreland di Dublino.

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terie che, distribuite sul ciglio dei canali,avrebbero colpito ai fianchi il nemico.Il combattimento fu lungo e cruento e sinoall’ ultimo, a notte alta, dalle incerte sorti.Anzi quando sembrava che la vittoriaarridesse ai Milanesi, con i capitani dellaLega fatti prigionieri e l’indebolimentodi alcune postazioni, il Simonetta el‘Orsini, serrate le file scesero dal collefra Palazzolo e Maravalle e con un’ope-razione a tenaglia riuscirono a dividerein due l’esercito del Piccinino, tagliando-ne una parte fra il ponte e la città.Questo decise l’esito della battaglia, aiu-tata ancora una volta dalla polvere che,levatasi quasi miracolosamente graziead un vento impetuoso, impedì la vista

e il comando ai milanesi che furonocostretti a battere in ritirata verso San-sepolcro.Molti furono i morti e i feriti in entram-bi gli schieramenti, con ben 600 cavallirimasti sul campo. Alto fu il numero dei prigionieri milanesi,1540 uomini con 300 cavalieri e soprat-tutto ben 22 capi squadra sui 26 scesi incampo e sei capitani di grande fama.Anche allora fu notato che tale sconfittadei Milanesi, pur non risultando feraleper il destino del Visconti, fu la salvezzadell’indipendenza degli stati toscani,frenando l’espansione viscontea, edando nuova spinta e vigore alla politi-ca ed all’economia fiorentina.

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I luoghi delle battaglie

Particolare de "La leggenda della Vera Croce" diPiero della Francesca.La celebre battaglia fu fonte d'ispirazione pernumerosi artisti toscani, e ad essa si riconduceanche Piero della Francesca negli affreschi di SanFrancesco ad Arezzo rappresentando la battaglia diponte Milvio tra Massenzio e Costantino

Veduta del castello di Anghiari.In primo piano si scorge il compatto borgo dell'antico nucleo fortificato dentro le mura, sovrastato dal cam-panile di Sant’Agostino, dalla torre e dall'imponente cassero dominante sulla città e sul territorio.

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Il luogo della battaglia

Anghiari, centro fortificato nella Val diTiberina, fu sede di vari scontri e assediessendo luogo di passaggio obbligato alterritorio e alla sottostante città di San-sepolcro. La battaglia si svolse proprioalle pendici del colle di Anghiari.Oggi pur in presenza di uno sviluppoeconomico ed edilizio che ha visto l’e-spansione del centro abitato, la periferi-cità della zona e dell’intero territorio hafavorito il mantenimento dei rapportiterritoriali originari per altro contrasse-gnati dallo splendido stradone rettili-neo, realizzato nel 1300, di collegamen-to con Sansepolcro.La Valtiberina (l’alta valle del Tevere),individua un bacino che per la sua posi-zione geografica e gli aspetti morfologi-ci si pone come un’area di transizione,collocata fra quattro regioni, la Toscana,la Romagna, le Marche e l’Umbria. Lavalle, racchiusa fra l’Alpe di Catenaia el’Alpe della Luna, presenta come datostrutturale quello della marginalità ter-ritoriale nei confronti dell’intera Tosca-na: Arezzo e ancor più Firenze sonodistanti. Tutto ciò ha favorito le influen-ze esterne, specie quelle delle signoriefeudali capaci a dettare condizioni par-ticolari per l’assoggettamento al poteredelle città, o elevati livelli di autonomiaper le singole autorità comunali fra cuispicca quella del Comune di Sansepol-cro che acquista nel XIV secolo il ruoloegemone sul territorio.La perifericità dell’area ha favorito lo

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La battaglia di Anghiari (1440)

La piana di Anghiari vista dal castello.Il graduale ma deciso digradare dalle pendici collinari verso la piana, contrappone l'insediamento arrocca-to di Anghiari al sistema vallivo dominato da Sansepolcro. L'asse stradale trecentesco, tangente all'anticocentro, fin dalla sua realizzazione ha costituito elemento di sviluppo urbano. Recentemente ha favorito lacollocazione di capannoni e attività produttive all'interno della piana agricola tuttavia senza intaccare l’or-ditura del paesaggio raffigurato dalle tavole di Piero della Francesca.

Tabernacolo commemorativo eretto sul luogo dove si svolse la famosa battaglia del 29 giugno 1440.Il tabernacolo è anche chiamato "Maestà delle forche" essendo posto nel luogo in cui si svolgevano le esecuzio-ni capitali sentenziate dal tribunale di Anghiari.

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sviluppo di un’economia di sussistenzaorientata verso il mercato interno e conscarsi scambi all’esterno, riprova dipoca apertura alle innovazioni. La Valti-berina per lunghi secoli è rimasta isola-ta dal resto del territorio con mancanzatotale di connessioni con quello circo-stante e, al contrario di altre vallatemontane ha costituito una zona di pas-saggio al confine dello stato toscano. Laconquista fiorentina e l’aggiustamentodei confini si presenta come dato segna-to dalla casualità più che da una precisastrategia politica.I collegamenti restano principalmentecon Arezzo lungo la direttrice che toccaAnghiari, la Valle della Sovara, il passodel Chiaveretto e la Chiassa. Tale per-corso pur fra mille difficoltà desta unqualche interesse nel XIV sec. quandoFirenze, nel tentativo di trovare alterna-tive al Porto di Pisa, instaura accordi coni porti dell’Adriatico per potenziare ipropri traffici commerciali.Il dominio di Firenze si rafforza neisecoli successivi, pur con alterne vicen-de ma l’importanza di Anghiari comecastello militare su questa lontana fettadi territorio per la Repubblica fiorenti-na fu confermata con l’innalzamento asede di Vicariato.

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I luoghi delle battaglie

Abside dell'antica chiesa di San Stefano risalente al VII secolo.Nei suoi pressi si accampò una parte dell'esercito fiorentino con a capo Neri Capponi e Bernadetto dei Medici.

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LUOGO: presso la Torre di San Vincenzo DATA: 17 Agosto 1505FORZE IN CAMPO: Firenze contro Pisacon SienaVITTORIA: Repubblica fiorentinaCOMANDANTI: Firenze: Ettore BentivoglioPisa e Siena: Bartolomeo d’Alviano

Dopo la drammatica conquista di Pisadel 1406, e un secolo di sudditanza aFirenze, nel momento in cui PietroSoderini era diventato, dal 1502, Gon-faloniere perpetuo della restaurataRepubblica Fiorentina, i Pisani insiemeagli originari possedimenti dellaMaremma settentrionale insorsero con-tro i dominatori dando vita a quella cheverrà chiamata seconda guerra pisana. Soderini aveva organizzato le milizie fio-rentine con capitani quali Gian PaoloBaglioni e Marcantonio Colonna ed avevaaffidato il comando a Ercole Bentivoglio edal commissario di guerra fiorentinoAntonio Giacomimi, Le ostilità erano

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La battaglia di San Vincenzo (1505)"…ove fatta relazione che la più parte degli inimici era già passata la torre, Ercole, camminando lentamente, si condusse appunto alla coda loro nella rovina di San Vincenzo…inve-stitigli quivi per fianco valorosamente con la metà dell'esercito, poiché ebbe combattuto per buono spazio gli piegò…".(Guicciardini, Storia d'Italia. Libro VI, cap. XIV, 1561)

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cominciate nel Maggio 1504, con risutatideludenti, tantoché Nicolò Machiavelli,convinto della inopportunità di servirsi ditruppe mercenarie aveva cominciato adorganizzare una milizia autenticamentefiorentina, con una leva simile a quantoavveniva in Svizzera, ma con scarso effetto.I Pisani avevano trovato l’appoggio diSiena, eterna nemica di Firenze, dove ilpotere era di fatto tenuto da AstolfoPetrucci, che sino all’ ultimo venne pre-gato da Machiavelli, ambasciatore diFirenze, di non sostenere i Pisani.Il Petrucci, invece, pur mascherato da undiplomatico doppio gioco, spinse in aiutodei Pisani il capitano di ventura Bartolo-meo d’Alviano, che in qualche modo per-metteva di aprire due fronti all’ostilità. Lamilizia del Bentivoglio si preparò all’attac-co in una posizione logisticamente favore-vole, in prossimità del dominio Fiorentinodi Campiglia, presso la Torre di San Vin-cenzo che, edificata come avamposto dicontrollo del litorale e di difesa di Campi-glia era anche l’ultima strettoia che sepa-rava il territorio senese dalle vaste pianu-re verso Pisa, dove ogni azione guerrescasarebbe stata senz’altro più difficoltosa.Lo scontro si ebbe la mattina del 17 ago-sto 1505, proprio presso la Torre di SanVincenzo e si concluse con la completasconfitta dell’Alviano, il quale riuscì a fug-gire riparando prima a Sassetta e poi aMonterotondo, castello dei Senesi. Benti-voglio e Giacobini ebbero poi modo diraggiungere Pisa senza sostanziali intoppie conquistarla più col convincimento delpopolo che non con le armi.

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I luoghi delle battaglie

La Battaglia di San Vincenzo.

La rappresentazione vasariana dello scontro si è avvalsa dell'esatta descrizione del luogo della battaglia ese-guita "dal vero" dal pittore B. Naldini nella primavera del 1567. Per questo motivo alcuni studiosi ritengo-no che la torre rappresentata nel particolare dell'opera vasariana potrebbe corrispondere all'attuale Torre diSan Vincenzo che troviamo ai margini dell'abitato adiacente al porto.

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Il luogo della battaglia

La linea di costa del fronte marittimotosco-laziale è caratterizzato dalla pre-senza di una serie di promontori che sialternano ad ampie falcature sabbiose. San Vincenzo si trova nel centro del lito-rale toscano contraddistinto dall’ampioarco pianeggiante che dai monti livor-nesi si spinge fino al promontorio diPopulonia.Il litorale è caratterizzato dalla forte sta-bilità della linea costiera che non hapresentato, nel corso dei secoli, feno-meni di erosione rilevanti.Le differenze del paesaggio attuale conquello antico vanno riscontrate nellapresenza, all’interno, di paduli e stagnigenerati da acque incapaci a superare ilcordone delle dune litoranee (ricordia-mo il vasto lago di Rimigliano conosciu-to come lago di Campiglia, a sud di SanVincenzo).Il ristagno delle acque, ancora più evi-dente lungo la costa maremmana, hagenerato fino al XX secolo condizionisanitarie non idonee all’insediamentoabitativo. La popolazione impiegatanell’agricoltura era spesso stanziale peralcuni periodi dell’anno. Tutto ciò spie-ga la collocazione dei centri abitati suirilievi collinari prospicenti al mare, incondizioni ottimali per il clima e alriparo dalle incursioni via mare, come,ad esempio, la vicina Campiglia, untempo centro fortificato al cui comuneSan Vincenzo ha appartenuto fino al1949.

Viceversa sulla linea costiera gli insedia-menti erano assenti e anche quelli glo-riosi del periodo etrusco si trovavano intotale abbandono.All’interno di questo quadro territoria-le, San Vincenzo rappresenta in pienoTrecento una “novità” di centro fortifi-cato posto sulla linea costiera. La fon-dazione da parte della Repubblicamarinara di Pisa si spiega con la neces-sità di creare un polo strategico a difesadel proprio territorio contro il poteredelle famiglie feudali.La scelta del luogo non fu casuale, inquanto la situazione fisica creava le con-dizioni adatte ad un insediamento sta-bile. Infatti all’altezza di San Vincenzo lapiccola catena delle Colline Metalliferesi spinge fino al litorale sabbioso con imonti di Campiglia, i cui poggi degra-dando verso il mare, generano un rilie-vo all’interno di un sistema totalmentepianeggiante. Proprio alla base del pen-dio, lontano dagli acquitrini, sorse ilpiccolo nucleo avamposto militare ecentro di controllo a difesa della costa edel territorio all’interno. Infatti il siste-ma fortificato era anche “a guardia”della viabilità costiera in parte organiz-zata dall’antica strada romana dell’Au-relia costretta dalle condizioni idrografi-che, createsi in pieno Medioevo, a risa-lire i poggi per evitare le paludi e gli sta-gni della pianura.San Vincenzo, in questo periodo stori-co, rappresenta un punto obbligato dipassaggio tra nord e sud e tra costa edentroterra, una posizione strategica

dove una picola guarnigione potevaimpegnare seriamente un esercito intransito.Il ruolo di controllo delle vie di terra edi mare fa assumere al piccolo centro,già nel 1358, la sede del vicariato del-l’intero contado. L’importanza di luogo militarmentestrategico è rafforzato dall’inserimentodella torre all’interno di un sistemadifensivo più ampio, basato su torrid’avvistamento cadenzate sui colli pro-spicenti al mare e su centri fortificaticollegati fra loro visivamente e con per-corsi militari su cui si spostavano velo-cemente le staffette per rafforzare ipunti di difesa.Dell’antico centro resta come elementoemergente la torre, raffigurata insiemeal piccolo borgo, nella celebre rappre-sentazione del Vasari della “Rotta deiPisani a San Vincenzo” nel salone dei‘500 in Palazzo Vecchio a Firenze.Fra la torre sul mare e il territorio circo-stante attraversato dalla strada per Pisa,punto obbligato per il passaggio deglieserciti, avvenne lo scontro fra i Pisanied i Fiorentini. La stessa manovra mili-tare attesta l’impegno bellico in un’areacertamente più vasta da quella rappre-sentata dal Vasari. L’importanza vitaleper Pisa di tale postazione è confermatadal fatto che la sconfitta determina laperdita del retroterrra segnando ineso-rabilmente il tramonto dell’anticaRepubblica che, già sconfitta dai Geno-vesi sul mare, deve sottomettersi alpotere di Firenze su terra. Stessa sorte

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La battaglia di San Vincenzo (1505)

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I luoghi delle battaglie

per San Vincenzo che decade durante ilperiodo mediceo a favore di Campiglia,restando solo come punto di osservazio-ne militare secondario del sistemacostiero.La torre, testimonianza diretta dellabattaglia, risulta oggi inglobata dallacortina edilizia sorta lungo il mare e

ridotta a semplice residenza; oggi, dopoun lungo periodo d’oblio è oggetto diun accurato restauro da parte delComune di San Vincenzo. La località,data la sua posizione in uno scenarioambientale di notevole bellezza, si è svi-luppata, a partire dal dopoguerra,come fiorente centro turistico-balneare

caratterizzato da un forte sviluppo eco-nomico e da un ampio sistema ricettivo.La forte espansione edilizia attorno alpiccolo porto ha allungato la strutturaurbana lungo la costa e tende ad inva-dere gli spazi interni e i primi rilievialterando, in parte, gli originari rap-porti territoriali.

La Torre di San Vincenzo, attuale testimonianzadella celebre battaglia e, a fianco, la Torre nellarappresentazione vasariana.

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LUOGO: Gavinana (Pistoia)DATA: 3 agosto 1530FORZE IN CAMPO: Esercito imperiale epontificioEsercito della Repubblica fiorentinaVITTORIA: Esercito imperialeCOMANDANTI: Esercito imperiale: Fili-berto D’Orange, Fabrizio MaramaldoEsercito fiorentino: Francesco Ferrucci

La battaglia di Gavinana costituisce l’e-pilogo della difesa del territorio fioren-tino da parte della Repubblica contro laschiacciante forza dell’esercito imperia-le di Carlo V e di quello del Papa Cle-mente VII de’ Medici che, con l’assediodi Firenze (1527-30), ristabiliranno ilpotere mediceo nella città. La figura di Francesco Ferrucci, sopran-nominato “il Ferruccio”, è emblematicadel moderno modo di guerreggiare,con armate di pochi uomini agili neimovimenti e audaci nell’attacco, capacidi tener testa ad un esercito forte e

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La battaglia di Gavinana (1530)Fabrizio Maramaldo ordina a Sciarra di finire il Capitano fiorentino ma “(…) allo Sciarra mancò l'animo di farsi innanzi. E col volto colore di cenere, gli occhi stralunati, raca-tosi in mano il pugnale, si avvicina a gran passo verso il Ferruccio. E questi vedendoselo ormai venire addosso. lo guarda in volto e sorridendo gli dice: Tu tremi! Ecco... tu ammazziun uomo morto.”(Guerrazzi F. D., L'assedio di Firenze, 1836)

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numeroso. A dimostrazione sono la bat-taglia del 25 ottobre 1529 a Castel Fio-rentino, la conquista della Rocca di SanMiniato al Tedesco e dei Castelli diMontelupo e Certaldo, e infine l’imbo-scata tesa al condottiero imperiale PieroColonna la cui armata fu pressochédistrutta e duecento uomini fatti prigio-nieri.Ugualmente frutto di un’imboscata,questa volta ad opera degli imperiali, fu

la sfortunata battaglia di Gavinana tesaal comandante fiorentino. L’attacco futanto improvviso quanto violento. Il Ferrucci, ormai crivellato di colpi inun ultimo tentativo di difesa, arresosi, fuportato davanti a Maramaldo il qualene ordinò l’immediata esecuzione. Quelmomento è stato ampiamente celebratodalle agiografie risorgimentali, citandola famosa frase del Ferrucci: “Vile, tuuccidi un uomo morto”. L’esaltazione

della figura del Ferrucci come esempiodel coraggio italiano e della difesa del-l’indipendenza dalle ingerenze stranie-re, fu cara a tutto il Risorgimento coninterventi illustri, quali quello di Gari-baldi, rimanendo vessillo di tali valorifino alla prima guerra mondiale e alFascismo.

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I luoghi delle battaglie

La sede del Museo Ferrucciano.La battaglia di Gavinana di G. Stradano. Firenze, Palazzo Vecchio, Sala di Clemente VII.

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La battaglia di Gavinana (1530)

Il luogo della battaglia

Gavinana è posta a 820 m di altitudines.l.m. sul versante meridionale dell’Ap-pennino tosco-emiliano. E’ una dellelocalità più note e frequentate dellaMontagna Pistoiese, gradevole e assaiadatta a soggiorni estivi ed invernali. Inorigine era un castello ben fortificato eancora oggi il borgo antico mostra lastruttura medioevale con strade strette etortuose che salgono verso la parte altadell’abitato.

Gavinana è soprattutto celebre per lafamosa battaglia ampiamente narrata daDomenico Guerrazzi nel suo romanzoL’assedio di Firenze, edito nel 1836 a Parigi.Questo romanzo incontrerà notevole for-tuna e contribuirà a convogliare le atten-zioni dei patrioti italiani verso questoluogo che diventerà meta di pellegrinag-gi anche illustri. Nel 1867 vi giunse ancheGaribaldi che si fece promotore di unasottoscrizione pubblica per erigere unmonumento all’eroe fiorentino. Tra alter-ne vicende il monumento equestre,

opera di Emilio Gallori (Firenze 1846-1924), venne finalmente collocato nellapiazza principale del paese nell’agostodel 1920. Nel luogo dove, secondo la tra-dizione popolare, Francesco Ferrucci fuassassinato nel 1530, è stato allestito ilMuseo Ferrucciano che si articola in quat-tro sale tematiche dove sono esposticimeli, armi e materiale documentariosulla vita di Ferrucci oltre a testimonianzedi molti patrioti italiani qui venuti a ren-dere omaggio all’eroe nel periodo risor-gimentale.

Edicola detta "Virginina di mezzo" dove ebbe"momentanea sepoltura" il corpo di Filiberto diChalons, principe d'Orange, come dice l' epigrafeposta sotto la madonnina "…ucciso da un'archibu-giata nel bosco del Vecchieto proprio nella mattinadel 3 agosto 1530”.

Il monumento equestre di Francesco Ferrucci nellapiazza principale di Gavinana. La "glorificazione"del personaggio fu particolarmente sentita in epocarisorgimentale e soprattutto grazie al romanzo diDomenico Guerrazzi "L'assedio di Firenze".

Lapide posta sulla facciata laterale della chiesadella piazza dedicata all'eroe, dove si commemorail luogo dove fu ucciso per mano dell'imperialeFabrizio Maramaldo.

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LUOGO: Pozzo della Chiana (Foiano dellaChiana)DATA: 2 Agosto 1554FORZE IN CAMPO: Firenze controSiena, alleati francesiVITTORIA: FirenzeCOMANDANTI: Firenze: Marchese diMarignano Gian Giacomo de’Medici detto ilMedichino Siena: Pietro Strozzi

La plurisecolare lotta fra Firenze e Siena,rimasta l’ultimo stadio della progressivaunificazione dello stato regionale sotto ilpotere fiorentino, ormai nelle mani dellanuova dinastia medicea iniziata da Cosimoche nel 1569 potrà fregiarsi, grazie a PapaPio IV, del titolo di Granduca di Toscana,vede il proprio sostanziale epilogo nellabattaglia avvenuta il 2 agosto 1554, nelcuore di quella Valdichiana che sin dall’al-to Medioevo era stata teatro delle contesefra Arezzo, Siena e Firenze. La Guerra diSiena, parte conclusiva della contesa fra i

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La battaglia di Scannagallo (1554)O Piero Strozzi 'ndu sono i tuoi bravoni?Al Poggio delle Donne in quei burroniO Piero Strozzi 'ndu sono i tuoi soldati?Al poggio delle Donne in quei fossatiO Piero Strozzi 'ndu sono le tue genti?Al Poggio delle Donne a còr le lenti(canto popolare della gente di Valdichiana)

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due stati, il secondo ormai accerchiato,aveva visto, come al tempo delle lotte fraguelfi e ghibellini, lo schierarsi a fianco deicontendenti di forze internazionali di variaentità e provenienza, come parte della piùestesa lotta per l’egemonia sull’Europa diFrancia e Spagna.I Senesi erano sostenuti da un insiemecuriosamente eterogeneo di Francesi,Corsi e Turchi, a meno di trent’anni dallabattaglia di Lepanto, i Fiorentini da Spa-gnoli e Tedeschi, gli stessi che, di fatto,avevano permesso la restaurazionemedicea e l’ascesa al trono di Cosimo I.L’ostilità aperta era cominciata nel 1552,con la cacciata degli Spagnoli da Sienacon l’arrivo dei Francesi in ausilio degliinsorti, in un continuo di battaglie eassedi, sia nelle valli interne del dominiosenese -Valdichiana e Valdorcia- che nellazona costiera della Maremma. La capita-le era ormai assediata, difesa da PieroStrozzi, fiorentino antimediceo pur aven-do legami di parentela con la famiglia, ela difesa dei territori avveniva per cosìdire a macchia di leopardo. In una sorti-ta dalla città assediata, Piero Strozzi siacquartierò vicino a Marciano, dove eraun cospicuo presidio francese. L’esercitosenese altre agli alleati francesi, dispone-va, sotto il comando di Piero Strozzi, diun esercito di 14000 fanti e 1000 cavalie-ri ma gravato da tutta una serie di pro-blemi derivanti dalla situazione dellarepubblica, in particolare la penuria didenaro, che non garantiva una pienarispondenza delle truppe mercenariemale organizzate e di scarsa disciplina.

I Fiorentini, sotto il comando del mar-chese di Marignano, Gian Giacomode’Medici soprannominato il Medichi-no, ben più solidi da questo punto divista, avevano forze pressoché equiva-lenti ma erano dotati di una potenteartiglieria.Gli schieramenti nemici si disposero sudue opposti crinali ai lati di una vallettaattraversata dal torrente Scannagalloche data la stagione era in secca, macostituiva un ostacolo agli assalti.Primi ad attaccare furono i Francesi chesi trovarono in una posizione sfavorevo-le sin dall’inizio.

La battaglia fu estenuante, circa sediciore di combattimento con migliaia dimorti, feriti e prigionieri da parte sene-se e pochissimi dall’altra. A favorire la vittoria fiorentina fu anchel’astuzia, anzi il tradimento, avendo ilMarignano comprato con dodici fiaschidi stagno pieni di monete d’oro l’aiutodi un alfiere francese.Lo stesso Piero Strozzi venne ferito, mariuscì a battere ritirata e rifugiarsi aLucignano, ancora in mano senese, nelconvento dei frati francescani.Subito dopo la battaglia vi fu una stret-ta all’assedio di Siena, che portò il 17

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La battaglia di Scannagallo (1554)

La battaglia di Scannagallo o rotta di Marciano nel ciclo pittorico di G. Vasari nel Salone de' 500 a Palaz-zo Vecchio a Firenze.

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aprile 1555 alla resa della città.Lo Strozzi, con quanto rimaneva dellacompagine senese riuscì ad organizzarea Montalcino una forma di resistenzacreando la cosiddetta “Repubblica diSiena in Montalcino” nella quale siriuscì addirittura a battere moneta.In quella fase fu possibile anche ricon-quistare alcuni castelli della Valdichiana,come Sinalunga, o difendere tempora-neamente Chiusi, ma fu il canto delcigno dell’antica e orgogliosa repubbli-

ca che dovette definitivamente capitola-re il 31 luglio 1559.L’importanza della vittoria, che corona-va la formazione dello stato mediceo, fucelebrata in modo solenne con impor-tanti committenze artistiche.Prima fra tutte la realizzazione del gran-de affresco dipinto da Giorgio Vasari edai suoi collaboratori nel Salone dei‘500 in Palazzo Vecchio, in posizionecentrale del complesso ciclo celebrativodel ruolo di Cosimo I nella formazione

e consolidamento dello stato toscano.Anche sul luogo della battaglia l’eventofu ricordato, anziché con la più tradizio-nale colonna crocifera, con la costruzio-ne di una cappella a pianta ottagona concupola a spicchi e lanterna, citazionediretta della cattedrale fiorentina, dedi-cata a Santo Stefano della Vittoria, e chepoi fu denominata popolarmente SantaVittoria, in località Pozzo della Chiana.

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I luoghi delle battaglie

In ricordo della giornata di Scannagallo o "rotta diMarciano", Cosimo I volle erigere (1565) unacolonna (foto a sinistra) nel luogo dove aveva rice-vuto la notizia della vittoria militare. Così, dallaCronica di Agostino di Jacopo Lapini, viene com-mentato l'evento: " Et a dì 2 d'agosto 1554, fu gio-vedì a ore 22 et mezzo venneno et arrivorno qui inFirenze, con ghirlande in testa e ciocche d'ulivo inmano, che arrecarono al duca secondo di Firenze lafelicissima nuova della rotta grande di tutto ilcampo di Piero Strozzi. E la detta buona nuova ilduca ebbe dove fe' rizzare la colonna di Santa Trini-ta per eterna memoria". La colonna, dono del PapaPio IV (1560), proveniva dalle terme di Caracalla ela statua che la sormonta, la Giustizia, opera diFrancesco del Tadda, venne collocata solo nel 1581,quando Cosimo era già morto da sette anni.Un'altra colonna celebrativa della "pugna trionfataa Marciano" la troviamo posta sulla piazzetta diSan Felice (foto a destra) tra l'intersezione della viaMaggio con la via Romana. La colonna, eretta nel1572 in marmo di Seravezza, doveva essere sor-montata dalla statua della Pace, come l'altra colon-na in piazza Santa Trinita, ma, a causa dellamorte di Cosimo, l'iniziativa non fu mai realizzata.La colonna, come menziona una epigrafe a ricordo,fu rimossa da Leopoldo II nel 1838 per facilitarela circolazione stradale e, infine, è stata restauratae ricollocata nella sua sede originale nel 1992.

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Il luogo della Battaglia

Il territorio dove si svolse la battaglia diMarciano, che ha preso non a caso ilnome di battaglia di Scannagallo daltoponimo del fosso sulle cui sponde sischierarono gli eserciti, appartiene allaValdichiana, un vasto bacino il cui siste-ma territoriale è stato contrassegnatodalla particolare configurazione orogra-fica. Si tratta di una piatta pianura allu-vionale, a lievissima pendenza, racchiu-sa ad ovest dai rilievi del monte Cetona,continuazione della dorsale delle colli-ne del Chianti, ad est dall’Alta di San-t’Egidio che la separa dalla Valtiberina.In origine le acque della Chiana con-fluivano secondo l’andamento naturaleverso il Tevere, successivamente la dire-zione delle acque fu invertita verso l’Ar-no al cui bacino oggi appartiene. Lafacilità agli impaludamenti, noti fin dal-l’antichità, determinano nel periodomedioevale la formazione di un vero eproprio lago navigabile dall’Arno alTrasimeno. Queste condizioni, accom-pagnate dall’insalubrità della pianurache Dante accomuna alla Maremma,spingono ogni possibile insediamentooltre la linea dei 300m. Tutti i centri abi-tati dell’antico si dispongono così, sullecime dei rilievi e dei poggi che circon-dano lo specchio d’acqua. Lo sviluppodei traffici sull’acqua sia verso il territo-rio laziale che quello aretino e del Val-darno facilita un alto livello di autono-mia politica che si rafforza nel Medioe-vo grazie alla lontananza dai grandi

centri politici della Toscana all’internodella quale si configura come area dimargine. La possibilità di fruire di auto-nomie e privilegi impone però la neces-sità di schierarsi con orientamentidiversi fra le varie città. La Valdichianaentra nell’orbita delle egemonie espan-sionistiche dei grandi Comuni, diven-tando terra di confronti e di conflitti.Il territorio è, all’inizio, teatro dei san-guinosi scontri fra Arezzo e Siena, poi,fra Firenze e Siena, in un’eterna con-trapposizione fra guelfi e ghibellini.L’appartenenza a differenti sistemi poli-

tici si riflette sul sistema territoriale chesi organizza su castelli fortificati ed unarete di collegamento che risponde aspecifiche esigenze militari. Le stradecorrono sulle dorsali dei crinali fra cen-tro e centro fra nord e sud, mentre sonoassenti le interconnessioni fra le oppo-ste sponde della valle in direzione est-ovest. L’esistenza del lago separa inmodo netto e preciso i contendenti e glistati. Le condizioni di impaludamentocostringono le direttrici di collegamen-to su spazi obbligati e le manovre mili-

La battaglia di Scannagallo (1554)

Pozzo della Chiana. Il “teatro” degli scontri.Le attuali coltivazioni arboree, in sostituzione degli antichi seminativi, hanno modificato il paesaggio tradi-zionale a maglia rada.

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I luoghi delle battaglie

tari avvengono per forza di cose in ter-ritorio “sicuro”. Le truppe senesi inquesta occasione storica, si muovono suun terreno difficile nel vano tentativo disganciamento dall’esercito fiorentino.La ritirata avviene sui declivi su cui èposta Foiano, borgo potentemente for-

tificato, che formano un promontorioracchiuso dalle acque della Chiana e daquelle del torrente Esse. In qualchemodo la via di fuga è impedita, i centrisaldamente in mano senese come Sina-lunga, Torrita, Trequanda sono al di làdel lago e della Foenna con passaggiobbligati e lenti per un esercito. La bat-taglia si svolge su un territorio quasi damanuale in quanto i poggi di Marcianoda una parte e di Pozzo dall’altra con-sentono ai capitani di osservare il com-battimento e di impartire gli ordini piùappropriati mentre lungo il fosso la fan-teria si dispone per difendere le posi-zioni. La ritirata della cavalleria franco-senese scompagina però la strategiabellica e condiziona l’esito dello scontro.

Oggi dopo un lungo periodo di bonifi-che, iniziate già in epoca lorenese, chehanno posto la Valdichiana fra le areeagricole più qualificate, il corridoioinfrastrutturale ha portato sviluppoindustriale e terziario in quasi tutti icentri urbani. La caratteristica di questiultimi anni è la formazione di grandiabitati moderni in pianura verso il siste-ma autostradale e l’abbandono dei cen-tri storici arroccati sui poggi.Il territorio fra Pozzo della Chiana eMarciano, pur in presenza di manufattiagricoli ed industriali e un elettrodottoche passa nei pressi del Tempio diSanto Stefano della Vittoria fatto erige-re a consacrazione del trionfo mediceo,presenta caratteri ambientali immutati.

Pozzo della Chiana: Il tempietto di Santo Stefanodella Vittoria fatto erigere a ricordo della battagliadi Scannagallo nel secolo XVI ( BartolomeoAmmannati o Giorgio Vasari).Il Duca Cosimo in memoria di questo giorno vittorio-so (2 agosto, festa di Santo Stefano), istituì un ordineequestre intitolato al santo. Il tempio e alcune fattoriegranducali furono donati a questo ordine. I cavalieridell'ordine di Santo Stefano, nei primi anni del '600,donarono la chiesa alla Fraternità di Santa Maria aFoiano che doveva celebrare in modo solenne unamessa ogni anno in onore dei foianesi caduti durantela conquista di Foiano da parte di Pietro Strozzi.Attualmente la chiesa è di proprietà del Comune diFoiano. Panorama e centro storico di Pozzo della Chiana (foto di G. Viti).

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L’autunno della dinastia medicea aiprimi del Settecento vede la Toscanaconsolidata come stato regionale, adesclusione dello Stato dei Presidi diret-tamente dipendente dal regno di Spa-gna e della Repubblica di Lucca. LaToscana politicamente era un’area almargine delle tensioni fra le grandipotenze europee, come la Francia, laSpagna e l’Austria imperiale, impegna-te a ridare un assetto ad alcuni stati inEuropa più o meno importanti spessocon dinastie in via di estinzione, inmodo da garantirsi aree d’influenza ilpiù possibile estese.In questo senso va collocata anche lavicenda della successione toscana, pro-grammata per la ormai certa estinzionedella dinastia medicea.In questo caso la successione del Gran-ducato, ancora vivente Cosimo III, macon la certezza che il successore Gianga-stone non avrebbe avuto eredi, fu stabi-lita nel 1718 da Francia, Inghilterra,

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Dal Principato al Regno d’Italia

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Austria e Paesi Bassi, destinando laToscana a Don Carlo di Spagna, figliodi Filippo V e Elisabetta Farnese, comeparte di un complessivo ridisegno deidomini sugli stati italiani.Frattanto in seguito alla presa di potere,come re di Polonia, di Stanislao Leczyn-ski, suocero del francese Luigi XV, ebbeinizio un conflitto fra la Francia alleatacon il regno di Piemonte e poi la Spa-gna, contro l’Austria imperiale appog-giata dalla Russia.Il conflitto vide movimenti di truppe ebattaglie soprattutto nel nord Italia, conla conquista della Lombardia da partedei piemontesi.

La Toscana, e soprattutto il porto diLivorno furono testimoni dell’ingressodi numerose truppe spagnole, che sistanziarono in gran parte del territoriodel Granducato.Frattanto il passaggio della Poloniasotto il dominio della Russia, vide l’e-sclusione dal trono di Stanislao Leczyn-ski, suocero di Luigi XV, tanto che que-st’ultimo, nel 1735, si accordò segreta-mente col nemico, l’imperatore CarloVI per modificare le scelte precedente-mente fatte, destinando la Lorena alLeczynski e la successione Toscana allospodestato duca lorenese Francesco Ste-fano, genero dell’imperatore che assu-merà il Granducato nel 1737.In conseguenza di queste scelte politi-che francesi, l’Italia assunse quella strut-tura politica che manterrà sino allametà del secolo successivo.Prima conseguenza visibile fu la sostitu-zione delle truppe spagnole con quelleaustriache e lorenesi in tutto il Grandu-cato generalmente poco gradite datutta la popolazione toscana.Peraltro, tranne una prima visita, ilnuovo Granduca non si stabilì mai inToscana affidando la reggenza a deigovernatori (“reggenza lorenese”).Durante tutto l’arco del secolo, purnelle ricorrenti tensioni e spesso guerrefra le potenze europee, la Toscana,satellite dell’impero asburgico e area discarso interesse strategico, visse di fattouna lunga pace.Anche la guerra fra la Spagna, il regnodi Napoli, la Francia e Genova, contro

l’Austria alleata con il Piemonte e l’In-ghilterra, nel 1742, pur vedendo moltipassaggi di truppe di ambo le parti noncoinvolse direttamente il territorio delGranducato.La pace in patria non escluse i toscanidalle battaglie come quei duemilacin-quecento toscani arruolati, un po’ aforza, un po’ volontari per mancanza dialtro lavoro, inviati a combattere con l’e-sercito imperiale contro la Prussia nel1758.La successione a Granduca di LeopoldoII di Lorena, finalmente residente inToscana, nel 1766, unitamente ad unapiù stabile situazione internazionale,aprì un periodo più profondamentepacifico segnato da riforme che diederocorpo ad uno stato moderno. La riorga-nizzazione amministrativa dello stato, le“limitazioni” alla proprietà ecclesiastica,il recupero del territorio con la bonificadi vaste aree paludose furono alcunedelle profonde innovazioni attuate nellaregione nel periodo lorenese. Il lungo granducato Leopoldino si con-cluse con l’abdicazione nel 1790, quan-do il Granduca fu chiamato a ricoprireil ruolo imperiale, lasciato senza eredidiretti dal fratello Giuseppe II. Il suc-cessore Ferdinando III si trovò a dovereaffrontare uno dei periodi più difficilidegli ultimi secoli, coincidente con leripercussioni della rivoluzione francesee la successiva epopea napoleonica.Di fatto quegli anni di tensione interna-zionale videro il Granducato aggrappa-to ad una neutralità spesso insostenibile

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I luoghi delle battaglie

Ritratto di Giangastone de’ Medici

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e alcune prese di parte antifrancese sinoa che, nel 1799, il 25 marzo, vi fu unaprima occupazione francese, con la fugadel Granduca in Austria, seguita dall’oc-cupazione austriaca a sostegno di unareggenza in nome del Granduca in esi-lio, fino al 1801. In quell’anno l’inter-vento napoleonico dette luogo al Regnod’Etruria affidato a un Borbone chedurò fino al 1807, quando vi fu unanuova diretta occupazione da partefrancese, con una giunta governativa

presieduta dal Generale Menou.Nella suddivisione dell’impero su basefamiliare anche la Toscana fu affidata aduna napoleonide, Elisa BonaparteBaciocchi già duchessa di Lucca.Nel 1814 sul declinare della potenzanapoleonica la Toscana fu occupata dalfebbraio al settembre dai Napoletani diGioacchino Murat che, di fatto senzaeventi di rilievo, preluse alla restaura-zione lorenese, la quale riportò al tronogranducale Ferdinando III nell’apriledel 1815.Questo lungo periodo di tensioni e con-flitti internazionali non vide veri e pro-pri eventi bellici sul territorio toscano senon un grande andirivieni di truppedelle varie fazioni, alcuni eventi di solle-vazione popolare ed il minacciato can-noneggiamento di Livorno nel 1799 daparte della flotta inglese che premeva ache la Toscana abbandonasse la neutra-lità.Dobbiamo immaginarci quindi unpaese coinvolto, dai conflitti internazio-nali, anche se non al centro di essi,pieno di uomini in divisa, di fanfare ebandiere ma di fatto senza spargimentidi sangue. La restaurazione lorenese apre unnuovo periodo di pace, sia nello scorciodel granducato di Ferdinando III, siacol figlio Leopoldo II, bonariamentesoprannominato Canapone, per il colo-re biondo dei capelli e dei favoriti, suc-cedutogli nel 1824.Di fatto la politica bonaria e parzial-mente liberale instaurata nella restaura-

zione lorenese, rese meno drammaticigli effetti dei primi moti liberali, anchese ne derivò un irrigidimento autocrati-co che favorì la sollevazione rivoluzio-naria del 1848-49. Essa portò allamomentanea cacciata del Granduca edall’istituzione del governo provvisoriodi Guerrazzi, Mazzoni e Montanelli, cuifece seguito una nuova occupazioneaustriaca e la restaurazione granducale.I fermenti risorgimentali continuarononel decennio successivo fino alla nuovadefinitiva cacciata dei Lorena nel 1859ed al plebiscito che sancì la fine dello

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Dal Principato al Regno d’Italia

Ritratto di Ferdinando III.

Arco eretto a Livorno in onore di don Carlos diSpagna.Don Carlos, figlio di Filippo V di Spagna e di Eli-sabetta Farnese fu nominato successore di GianGastone. Il 27 dicembre 1731 il Principe sbarcò aLivorno dove fu ricevuto con i dovuti onori.

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stato toscano con l’annessione al regnodi Sardegna, e nel 1861 alla proclama-zione del nuovo Regno d’Italia. In tutto il lungo periodo dalla fine del‘700 a quella del secolo successivo anchese il territorio del Granducato non videbattaglie, molti toscani, coscritti ovolontari combatterono altrove. Così adesempio i volontari toscani che parteci-

parono alle campagne napoleoniche,come la tragica campagna di Russia,per quelli che combatterono, in moltilasciando la vita, nelle battaglie risorgi-mentali, basti ricordare gli studentidegli atenei toscani alle battaglie diCurtatone e Montanara nella PrimaGuerra d’Indipendenza del 1848 e legrandi figure di combattenti toscani

nell‘esercito post-unitario. D’altrondenon meno attiva fu la partecipazionedei toscani alle guerre della prima metàdl novecento, da quella di Libia, allaprima Guerra Mondiale, sino all’Etio-pia e con volontari su entrambi i frontinella sanguinosa guerra civile di Spa-gna.

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I luoghi delle battaglie Dal Principato al Regno d’Italia

Giovanni Fattori. L'arrivo della cavalleria in piazza S. Maria Novella a Firenze (1890-91)Matteucci G., Monti R.,Spalletta E. (a cura di), Giovanni Fattori, Dipinti 1854-1906, catalogo mostra Firenze, Palazzo Pitti, 26 settembre-31 dicembre1987,Firnze, Artificio s.r.l., 1987.

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LUOGO: l’arco appenninico toscanoDATA: settembre 1944 – aprile 1945FORZE IN CAMPO: Alleati, la 5a Armataamericana e la 8a Armata britannica;Tedeschi, la 10a e 14a ArmataVITTORIA: AlleatiCOMANDANTI: gen. H. Alexander pergli Alleatifeldmaresciallo A. Kesselring per i Tedeschi

Dopo un lungo periodo nel quale laToscana, ormai cementata nei suoicaratteri unitari dal periodo lorenese,era rimasta estranea a grandi eventi bel-lici, la guerra torna ad essere protagoni-sta nella regione con il secondo conflittomondiale. È un avvenimento devastanteche coinvolge tutto il territorio, da sud anord, causando morti e distruzioni. Ilpassaggio degli eserciti e le operazionidi guerra infliggono, come nelle vicendestoriche del passato, rilevanti danni alpatrimonio architettonico e artistico,non solo di Firenze ma anche di tanti

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La seconda guerra mondiale e la Linea Gotica

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centri minori. Infatti, il passaggio delletruppe corazzate in ritirata verso il nord,lascia una scia di distruzioni e demoli-zioni con le quali spariscono fra l’altro,elementi delle antiche fortificazioni deiborghi storici che, a somiglianza delleantiche guerre comunali, vedono perde-re porte e cinte murarie.La guerra, per un lungo inverno dalsettembre 1944 alla primavera del1945, si attesta sulla Linea Gotica, l’ulti-ma linea difensiva per le armate tede-sche in Italia. Lungo tutto il fronte, dalTirreno all’Adriatico, accadono conti-nui scontri e numerose battaglie, tantoche per alcuni storici è possibile parlaredi questa fase di guerra come di “batta-glia della Linea Gotica”, accompagnatatristemente da drammatici episodi di

rappresaglia e di stermini di innocentida parte delle truppe tedesche.Tale linea, lunga 320 Km fu chiamataGotica (Gotenstellung) dai Tedeschi all’attodella sua progettazione, anche se fu poifu ribattezzata Linea Verde (Grune Linie). Il sistema difensivo sfruttava la naturaledifesa offerta dall’asperità dei luoghi edelle creste delle montagne appennini-che, a cui si aggiungeva una rete strada-le limitata ai passi appenninici e in pessi-me condizioni. Tale viabilità risultò subi-to non idonea al passaggio delle truppealleate in gran parte pesantementecorazzate. A queste condizioni naturali, siaffianca la realizzazione di un’imponentesistema di fortificazioni per renderearduo ogni attacco. Venne organizzata ladifesa sulla parte della costa dalla Versiliafino a La Spezia e muniti tutti i passiinterni verso l’Emilia Romagna, da Mon-tepiano, al Passo della Futa, dal Passo delGiogo al Muraglione, dal Passo dellaCalla ai Mandrioli. Nel complesso sullaLinea Gotica furono costruiti 2375 nididi mitragliatrice, 479 postazioni di can-noni anticarro, 3604 fra bunker, rifugi ecaverne scavate nella roccia, 16006postazioni di osservazione e di tiro, 8944m. di fossati anticarro in cemento arma-to e protetti da trincee con palizzate, 22torrette dei carri Panther ancorate aterra, 117,370 Km di reticolati, inoltre sututto il territorio furono collocate 72.517mine anticarro e 23.172 mine antiuomo. L’intera linea fu realizzata dall’organizza-zione Todt, con il lavoro obbligato di cin-quantamila operai italiani in gran parte

rastrellati nei paesi attraversati dallaLinea Gotica, e diciottomila genieri tede-schi. La fretta, ma soprattutto i continuisabotaggi operati dalle formazioni parti-giane durante i lavori, resero impossibileil completamento delle fortificazioni.Il sistema difensivo si snoda a partiredal litorale tirrenico all’altezza di Mon-tignoso, vicino a Massa, si inerpica sulleAlpi Apuane, attraversa la valle del Ser-chio, e passando sulle cime dei rilievimontuosi a nord di Lucca, Pescia ePistoia, intercetta la statale 65 al Passodella Futa, poi verso sud-est lungo il cri-

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I luoghi delle battaglie

Firenzuola vista dopo i pesanti bombardamentialleati del 1944 con la completa distruzione delborgo murato.

La ristrettezza delle sedi stradali posero gravi impe-dimenti all'avanzata delle truppe corazzate ameri-cane. Qui un pesante obice cerca di risalire la stra-da del Giogo.

Nella pagina precedente: cartina della Linea Goti-ca con indicazioni degli eccidi nazifacisti nel perio-do 1943-45. (Da “La memoria delle stragi nazifa-sciste” a cura della Regione Toscana, FI, 2004).

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nale dell’Appennino, riscende lungo lavalle del Foglia fino all’Adriatico. Il passo della Futa, essendo il puntomeno alto e servito dalla strada miglio-re in direzione di Bologna, fu ritenuto illuogo nevralgico dell’intera operazionee quindi il più fortificato della LineaGotica. Le opere comprendevano unprofondo fossato anticarro lungo più di5,5 Km munito di fortini, in cementoarmato, dotati di torrette Panther concannoni da 75 mm, oltre a numerosecasematte, postazioni in galleria, puntidi osservazioni e vasti campi di tiro, suiquali potevano manovrare i carri, a pro-tezione dei fianchi del passo.La Linea Gotica costituisce lo scontropiù importante della Campagna d’Italiafra le truppe tedesche in ritirata e gli

Alleati al cui fianco lottarono numeroseformazioni partigiane operanti al diqua e al di là delle linee.Si trovano di fronte circa 800.000 solda-ti alleati al comando del gen. H. Alexan-der e 250.000 soldati tedeschi sotto ilcomando del feldmaresciallo A. Kessel-ring. Nei mesi invernali entrano comeoperativi anche i Gruppi di Combatti-mento italiani, il gruppo Legnano incor-porato nella V Armata americana più igruppi Folgore, Cremona e Friuli insie-me alla 38a e 26a Brigata Garibaldi.Nell’ultima fase del conflitto al gen. Ale-xander passato ad assumere il comandomilitare dell’intero settore mediterra-neo, al comando del 15° Gruppo d’Ar-mata, subentra il gen. M. Clark dell’e-sercito americano.

L’attacco di sfondamento del fronteviene predisposto nella parte centraledello schieramento, all’altezza di Firen-zuola, nel punto ritenuto più vulnerabi-le logisticamente, per l’esistenza del rac-cordo tra le due differenti Armate tede-sche. Infatti, qui agivano due quartierigenerali con tempi e modalità di impie-go delle forze diverse, che finivano permanovrare in modo non coordinato einefficiente e soprattutto con ritardinello spostamento delle forze di difesa. Per evitare il Passo della Futa, la posizionepiù fortificata del fronte come è stato illu-strato, il comando alleato sceglie di sfondarela Linea Gotica ad est, sul passo del Giogo. Ilgenerale Clark in previsione della battaglia,sposta il XIII Corpo d’Armata britannico inappoggio alla V Armata americana, che

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La seconda Guerra Mondiale e la battaglia della Linea Gotica

La Linea Gotica sulle creste delle Alpi Apuane dal monte Altissimo alla Pania. La Linea Gotica sul passo del Giogo.

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opera da tempo nei territori della Toscanacentrale. L’intento finale dell’attacco è quellodi sfondare il fronte per dividere in due lelinee tedesche e occupare la strada statale n.9, l’Emilia, nevralgica per il mantenimentodella difesa. Infatti il tracciato rettilineo dellastatale che corre in parallelo alla Linea Goti-ca, consentiva, di volta in volta, il facile spo-stamento delle truppe corazzate tedesche,nei settori minacciati dagli attacchi.Sul teatro dell’offensiva operano nellazona toscana, tre corpi d’armata alleati:il II Corpo d’Armata americano con ledivisioni di fanteria 324a, 85a,88a e 91a,appoggiate da tre battaglioni carri; il IVCorpo d’Armata con la 1a DivisioneCorazzata Statunitense, la 6a DivisioneCorazzata Sudafricana e il Reggimento

della 92a Divisione fanteria negro-ame-ricana; il XIII Corpo d’Armata britanni-co, comandato dal tenente generale Sid-ney Kirkma con la 1a Divisione Fanteriainglese, la 6a Divisione corazzata ingle-se, l’8a Divisione Fanteria indiana e la 1aBrigata carri canadese.Sul fronte tedesco si trovano ad operarela XIV Armata con la 20a Divisionecampale della Luftwaffe, la 16a Divisio-ne Granatieri Panzer SS, la 65a e la362a Divisione di Fanteria e la 4a Divi-sione Paracadutisti oltre alle divisioni diFanteria 356a e 715a della X Armata.L’offensiva sul passo del Giogo inizia il10 settembre 1944 con l’avanzare della34a Divisione a sinistra della s.s. 65, adestra la 91a, affiancata dal XIII Corpo

d’Armata britannico. I capisaldi delsistema difensivo tedesco sul passo delGiogo sono rappresentati dalle cime diMonticelli a sinistra della statale e delMonte Altuzzo a destra, entrambe forti-ficate con casematte e trincee.L’attacco viene sferrato il 13 settembre,dalla 85a Divisione di fanteria, verso lacima dell’Altuzzo con i battaglioni del338° Reggimento fanteria comandatodal colonnello William H. Mikelsen. Labattaglia è sanguinosa tanto che nei cin-que giorni di combattimenti impiegatiper la conquista della vetta, fra i 400uomini del 1° battaglione si contano ben252 fra morti e feriti. La 91a Divisione,grazie al 363° reg. si impadronisce dellealture di Monticelli, mentre, sul latodestro, il 337° Fanteria conquista l’alturadel monte Pratone grazie ad una mano-vra a sorpresa. Le formazioni inglesirisalgono il crinale da Grezzano verso ilMonte Verruca, sul quale numerosepostazioni e una rete di cunicoli in galle-ria, rappresentano un potente sistemadifensivo. Solo dopo violenti scontri il339° reg. con il III Battaglione, raggiun-ge la vetta del Verruca nel pomeriggiodel 17 settembre. Nello stesso giornoviene definitivamente conquistato ilMonte Altuzzo. Nello svolgimento dell’a-zione, il I e il II Battaglione del 362° Reg-gimento occupano Monte Castel Guerri-no, poi il Monte Gazzaro e, manovrandolungo il crinale, risalgono verso il Passodella Futa che viene conquistato il 21 set-tembre, costringendo le truppe tedeschead una veloce ritirata oltre Firenzuola.

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I luoghi delle battaglie

Mappa degli attacchi delle Armate a cavallo della Linea Gotica fra il 13 e 22 settembre1944

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La seconda Guerra Mondiale e la battaglia della Linea Gotica

La Linea Gotica e le direttrici di attraversamento della Toscana lungo le qualisi mossero dapprima le truppe tedesche in ritirata e, in seguito, quelle dell'a-vanzata degli Alleati.

La Linea Gotica a valle di Borgo a Mozzano sul Serchio.La mappa evidenzia le postazioni di artiglieria e le piazzole per le mitragliatri-ci sulle pendici collinari, mentre un muro anticarro difeso da zone minate sbar-rava la viabilità di fondovalle. (Da Giannecchini L., Pardini G., Eserciti,popolazione, resistenza sulle Alpi Apuane, Lucca 1997).

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La vittoria rende inutile di fatto l’interaLinea Gotica arroccata principalmentesul passo della Futa le cui opere di dife-sa, aggirate dalla manovra degli Alleati,restano in parte non utilizzate. In realtà l’indecisione del comandoamericano e la tenacia delle truppetedesche oltre all’abilità di Kesserling,vanificano la vittoria impantanando ilfronte sulla via di Imola e fermando laguerra, sulla linea difensiva delle retro-vie, per un lungo inverno.L’offensiva riprende in primavera con labattaglia di Massa, l’intento è quello dicoinvolgere il massimo delle truppenemiche ad ovest dello schieramento.La battaglia di sfondamento, sul latooccidentale della Linea Gotica, si svolgesulle pendici del Folgorito e del Carchio,il punto meno difeso per l’asperità dellacima e la mancanza di fortificazioni. Gliuomini del 370° e 442° fanteria salgonodi notte per sferrare l’attacco previstoalle ore 5 della mattina del 5 aprile1945. La vetta del Folgorito viene rag-giunta dalla compagnia L dell’esercitostatunitense, mentre, dopo aspri com-battimenti e un aggiramento a tenaglia,il 2° battaglione del 442° conquista ilCarchio nella giornata del 6 aprile. L’offensiva continua con l’accerchia-mento delle posizioni tedesche, e laconquista del Monte Belvedere; il 10aprile 1945 il 473° entra in Massa assie-me alle formazioni partigiane, in parti-colare quelle della F3 che contempora-neamente avevano conquistato le posta-zioni sul Monte Brugiana al di là della

Linea Gotica. Lo sfondamento del fron-te occidentale determina la fine dellaguerra sul territorio toscano.Numerose sono le formazioni partigia-ne che hanno operato al di qua e al dilà della Linea Gotica fornendo un gros-so contributo alle operazioni militaricon la distruzione di postazioni fortifi-cate e di infrastrutture nevralgiche, masoprattutto impegnando continuamen-te le armate tedesche che dovevano dis-togliere forze dal fronte di guerra.Fra le formazioni vanno ricordate la Bri-gata Garibaldi 37B che opera nella Luni-giana; la Div. Garibaldi ”Lunense” con i“Gruppi Patrioti Apuani”, e la “BrigataGaribaldina della Lunigiana” attiva sulleApuane e nell’area di Massa; la Brg.Garibaldi “Borrini” nell’area di Bagnonein Lunigiana; la Brg. Garibaldi “Mucci-ni” a Sarzana; il gruppo “Contri” aCampo Cecina; la”F3” costituita da trecompagnie: Fulgor, Falco e Ferox, la“Colonna Giustizia e Libertà” con la IIBrigata “Carrara”e la Brigata “Val diVara”che intervengono nell’area masse-se; 10° Brg. Garibaldi “G. Lombardi” inazione sul territorio di Pietrasanta; XIZona ELN che opera nella Garfagnana;Brg. Garibaldi “G. Bozzi” sul Corno alleScale; la Brg. Garibaldi “Fratelli Buric-chi” presente nelle montagne di Vernio;la Divisione “Giustizia e Libertà” con la IIBrigata “C. Rosselli” organizzata in tregruppi; la Brigata Garibaldi “A. Biancon-cini”; le Brigate Garibaldi “36a” e “38a”,attiva nell’Alto Mugello; la Brg. Garibal-di 23a “P. Borri” nell’alto Casentino.

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I luoghi delle battaglie

Partigiani versiliesi azionano un mortaio da 81millimetri.

Trasporto dei rifornimenti fino alla linee di com-battimento, nei pressi di Borgo San Lorenzo.

Pattuglia americana sulla statale 65 della Futa.

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La seconda Guerra Mondiale e la battaglia della Linea Gotica

Il luogo della battaglia

La Linea Gotica, articolata sul territoriodifficilissimo dei ripidi pendii appenni-nici, dalle Apuane all’Abetone, alla Futa,al Falterona fino all’Alpe della Luna,risulta un episodio devastante a livelloterritoriale per la Toscana. Gran partedei comuni che si trovano sul confine set-tentrionale sono tagliati in due parti concondizioni di vita diametralmente oppo-ste. Una striscia di territorio, profondaalcuni chilometri, è militarizzata e mina-ta mentre la popolazione viene obbligataa sfollare. La costruzione delle opere didifesa ha imposto l’allontanamento dellapopolazione, alla quale il comando tede-sco ordina lo sfollamento in massa, versoi territori occupati dell’Emilia. In qual-

che caso l’esodo viene deciso con l’inten-to di fare terra bruciata nelle retroviedella Gotica, per garantirsi da azioni didisturbo che la Resistenza, aiutata esostenuta dalla popolazione locale, misein atto fin dall’apertura dei cantieri dellefortificazioni.Il fronte coinvolge tutto il territorio,ogni casa, casolare, stalla o capannadiviene un riparo o un punto di attaccoper operazioni militari che provocanoun profondo sconvolgimento all’interosistema insediativo.La struttura economica basata su una

rigida economia di montagna vienemessa in crisi generando situazioni pre-carie per gli abitanti. Lo stato di guerraperenne, le razzie compiute dai Tede-schi, l’impossibilità di mantenere le col-tivazioni o gli allevamenti causano gravidifficoltà per il sostentamento dellapopolazione, costretta ad operare incondizioni di insicurezza e precarietà.La popolazione stessa diviene strumentoe oggetto di guerra con bombardamenti,cannoneggiamenti, deportazioni, arrestie rappresaglie che colpiscono dolorosa-mente l’intera comunità appenninica.

Il monte Altuzzo posto a destra della strada del Giogo sta in una posizione strategica per il controllo delpasso. Qui con la presa della cima ebbe inizio lo sfondamento della Linea Gotica e la ritirata dei Tedeschi.

La lapide posta sulla statale del Giogo a ricordo dellosfondamento della Linea Gotica sul monte Altuzzo daparte delle truppe della V Armata americana.

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I luoghi delle battaglie

Tutta la storia della Linea Gotica restaancora viva nella popolazione delle zonecolpite dal teatro di guerra, i racconti deisuperstiti o le narrazioni citate daidiscendenti costituiscono un bagaglioculturale di grande valore. Il periododella battaglia, rappresenta per tutto l’ar-co appenninico toscano uno spartiacquedella sua storia: entra definitivamente incrisi il sistema insediativo composto dauna fitta rete di piccoli centri, di villaggidi montagna, di casolari e da un sistemacolturale articolato che univa i coltividelle zone inferiori, l’ampia area delcastagneto (la vera risorsa alimentare

degli Appennini), il bosco fino ai vastispazi dediti al pascolo. Tutte forme dicoltivazione precarie che necessitavanodi integrazioni di risorse apportate dagliusi civici che rafforzavano ancor di più ilsenso di gruppo proprio delle comunitàinsediate contrapposto all’individuali-smo delle altre zone agricole della regio-ne. Il faticoso equilibrio raggiunto frapopolazione e risorse si rompe per sem-pre e le distruzioni operate sul patrimo-nio edilizio, coi danni alle strutture agri-cole, fanno sì che l’esodo degli abitantisia irreversibile e lo sfollamento diventa ilprimo passo per l’inurbamento.

È l’intero quadro paesaggistico chemuta, specie per le situazioni più mar-ginali con un’economia che cambia conl’introduzione di una piccola industriamanifatturiera.Il dopoguerra vede un’intensa opera diricostruzione e di bonifica che smantel-la le opere militari, in particolare tuttala rete delle gallerie. Restano tuttaviadisseminati sul territorio i resti dellalinea difensiva, in particolare quelliposti sui percorsi di crinale a testimo-nianza dell’ultimo evento bellico.

L'area dei rilievi sul passo della Futa. Le aspre creste degli Appennini costituirono una difesa naturale con-tro l'avanzata delle truppe alleate.

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