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Capitolo 2 Sistemi di monitoraggio delle prove sperimentali. 28 Figura 2.19 Sensori di posizione a corsa lunga. [10] Operano senza usura e sono resistenti alla pressione. Il target è costituito da un tubo di alluminio solidale con l’oggetto da misurare, che scorre sulla bobina incapsulata in un’asta cilindrica; - sensori laser a triangolazione: operano sul principio ottico della triangolazione della luce diffusa dall’oggetto da misurare (target). Il raggio laser è visibile ad occhio nudo (Fig. 2.20). Figura 2.20 Sensori laser a triangolazione. [10] Questi sensori funzionano a distanze notevoli dal target e l’area di misura (spot) è molto piccola. L’elemento di rilevazione della posizione può essere sia di tipo analogico che digitale;

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Capitolo 2 Sistemi di monitoraggio delle prove sperimentali.

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Figura 2.19 Sensori di posizione a corsa lunga. [10]

Operano senza usura e sono resistenti alla pressione. Il target è costituito da un tubo di

alluminio solidale con l’oggetto da misurare, che scorre sulla bobina incapsulata in un’asta

cilindrica;

- sensori laser a triangolazione: operano sul principio ottico della triangolazione della luce

diffusa dall’oggetto da misurare (target). Il raggio laser è visibile ad occhio nudo (Fig. 2.20).

Figura 2.20 Sensori laser a triangolazione. [10]

Questi sensori funzionano a distanze notevoli dal target e l’area di misura (spot) è molto

piccola. L’elemento di rilevazione della posizione può essere sia di tipo analogico che

digitale;

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- sensori di spostamento a correnti parassite: sono in grado di misurare la posizione di

qualsiasi elemento elettricamente conduttivo;

- sensori di spostamento induttivi: usati per materiali ferromagnetici (acciai al carbonio);

- sensori di spostamento capacitivi: operano sul principio capacitivo e misurano distanze di

qualunque materiale conduttore (metallo). Grazie al principio dell’anello di guardia il

segnale di uscita è già perfettamente lineare e di risoluzione eccellente.

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La fotoelasticità è una tecnica di visualizzazione del campo di deformazioni di una struttura: essa

consente di individuare le zone di maggiore concentrazione e quindi rilevare i problemi di

plasticizzazione, fatica o rottura.

Il principio di misura si basa sul fatto che, quando si osserva un materiale trasparente fotoelastico

deformato tramite una luce polarizzata, appaiono delle frange colorate. Esse consentono di stabilire

l’entità, la direzione e la distribuzione delle deformazioni principali.

Figura 2.21 Applicazioni della fotoelasticità. [5]

La fotoelasticità è usata in laboratorio su modelli bidimensionali e tridimensionali, però il metodo

più diffuso e di maggior interesse per l’ingegnere consiste nel rivestire con uno strato di materiale

fotoelastico i pezzi meccanici in esame. Questa tecnica offre il vantaggio di visualizzare le

deformazioni direttamente sul pezzo reale con carichi reali.

La tecnica della fotoelasticità utilizza vari strumenti e prodotti disponibili in commercio, tra i quali,

i più importanti sono il polariscopio (per visualizzare le deformazioni), i rivestimenti e materiali

fotoelastici da applicare al materiale testato.

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Uno speciale rivestimento fotoelastico sensibile alla deformazione è incollato direttamente sulla

struttura o sul componente meccanico da analizzare. Durante l’applicazione del carico si osserva il

rivestimento tramite il polariscopio a riflessione che in genere include una videocamera digitale con

una interfaccia al computer e software di visualizzazione e memorizzazione delle immagini. La

deformazione è visualizzata tramite una serie di frange colorate che immediatamente rilevano la

distribuzione delle deformazioni e consentono di individuare i punti di massima sollecitazione.

Un compensatore digitale ottico consente l’acquisizione del ritardo ottico in un punto e lo invia al

computer per l’analisi; è quindi possibile calcolare le deformazioni e le sollecitazioni principali in

forma numerica.

Le applicazioni della fotoelasticità sono numerose e comprendono: analisi delle tensioni di

assemblaggio, analisi delle tensioni residue, studio dei materiali compositi, rilevamento dello

snervamento, biomeccanica.

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Capitolo 3 “Sistemi software per il monitoraggio delle prove”

Carpentieri Gerardo

19/01/2008

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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33..11 SSiisstteemmii ssooffttwwaarree pprrooffeessssiioonnaallii ee ddii ccaallccoolloo sscciieennttiiffiiccoo

Tutte le prove di laboratorio sono monitorate e gestite tramite software professionali forniti

direttamente dal costruttore della macchina di prova.

Tramite tali programmi è possibile eseguire sia operazioni basilari, quali avvio e arresto delle prove

e visualizzazione in tempo reale dei dati sperimentali, sia operazioni più complesse come la

memorizzazione e l’elaborazione dei dati sperimentali acquisiti o anche la programmazione della

procedura di prova (sia in termini di spostamenti o deformazione che in termini di acquisizione

dati).

Il software utilizzato per far funzionare gli attuatori, ad esempio nelle prove a pressoflessione dei

pilastri, è denominato Flex Test modello 793.10.

Il software di tale prodotto è quindi un insieme di applicazioni che permette l’esecuzione di varie

attività di prova per sistemi automatici di controllo MTS ed è diviso nelle seguenti parti:

- Station builder: permette di allocare tutta o una parte delle risorse del regolatore automatico

e di salvare la configurazione della stazione creata. Vengono perciò allocate risorse quali

servovalvole, uscite ed ingressi analogici e varie tipologie di condizionatori che saranno

utilizzati da sistema automatico nel corso della prova;

- Station manager: consente la creazione dei parametri della stazione mediante assegnazione

di parametri funzionali alle risorse del regolatore automatico definite nei file di

configurazione della stazione e consente l’esecuzione di attività di prova fondamentali quali

l’attivazione dell’alimentazione dell’azionamento, l’acquisizione del controllo manuale

dell’attuatore per installare i campioni, il monitoraggio dei segnali della stazione e l’avvio e

l’arresto delle prove;

- Basic TestWare: è un software che consente la progettazione della procedura (storia di

carico o di spostamento) di semplici prove monotone o cicliche. Tramite tale software è

anche possibile gestire la contemporanea acquisizione dei dati;

- MPT (MultiPurpose TestWare): consente la progettazione di prove più complesse;

- Station Desktop Organizer: è un’applicazione di gestione delle finestre e le schermate

presenti nel software Station Manager per consentire una più agevole gestione anche di

prove simultanee.

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33..11..11 SSttaattiioonn BBuuiillddeerr

Grazie a Station Builder è possibile allocare in tutto o in parte le risorse disponibili nel regolatore

automatico e di salvare su un opportuno file la configurazione creata e che verrà poi utilizzata in

Station Manager.

Nella finestra principale di tale programma sono presenti vari pannelli utili per la configurazione

suddetta come: pannelli di navigazione, di input comandi e pannelli delle risorse del regolatore, sia

di input che di output.

Figura 3.1 Finestra principale di Station Builder. [16]

Grazie ai comandi di Station Builder è quindi possibile allocare le risorse disponibili nel regolatore

automatico quali servocontrollo, condizionatori, canali di ingresso o uscita digitali o analogici e

risorse di comando idraulico.

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Occorre quindi configurare vari parametri per la stazione come:

- Canali di uscita: impiegati per inviare segnali di comando programmati a servovalvole e

controlli automatici per l’esecuzione delle più basilari funzioni di prova, come applicazione

del carico sul provino e misurazione degli spostamenti;

- Ingressi ausiliari: utilizzati per monitorare segnali acquisiti oppure per la visualizzazione dei

dati tramite delle opportune finestre disponibili in Station Manager che sono capaci di

funzionare in tempo reale durante la prova;

- Ingressi digitali: utilizzati per ricevere segnali logici digitali da periferiche esterne

opportunamente installati e collegati al regolatore automatico;

- Uscite digitali: utilizzati per inviare segnali logici digitali a periferiche esterne;

- Uscite calcolate: utilizzate per applicare formule algebriche, definite dall’utente, ai valori di

segnali di uscita selezionati per generare nuovi segnali di uscita;

- Ingressi calcolati: utilizzati con le risorse calcolate per applicare formule algebriche, definite

dall’utente, ai valori di segnali ingresso selezionati per generare valori di un nuovo segnale

di ingresso calcolato;

- Punti di regolazione a distanza utilizzati per mettere a punto i comandi di impostazione dei

punti di regolazione a distanza (Remote Setpoint Adjust, RSA) (opzionali, comandi

hardware stand-alone utilizzati per controllare i punti di regolazione dell’attuatore).

Il file di configurazione che viene creato con il programma è un semplice file di testo che viene a

definire le risorse utilizzate dal regolatore automatico allocate ad una determinata stazione. È anche

possibile creare più file di configurazione per allocare differenti risorse anche nell’ambito di

stazioni multiple. A seconda del tipo di prova da effettuare, i file di configurazione della stazione

creati varieranno in complessità. Ad esempio, nel caso si voglia fornire una semplice

programmazione ad un regolatore automatico esterno, potrebbe essere necessario allocare

esclusivamente una singola risorsa di uscita analogica.

Le risorse visibili negli elenchi delle risorse di Station Builder, sia esse di uscita che di entrata, sono

definite dal file di interfaccia hardware (o file .hwi) installato con il software di sistema. Il file .hwi

definisce quali sono i componenti interni disponibili per il regolatore automatico, in quali posizioni

sono installati e mediante quali connettori del pannello posteriore sono accessibili.

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Il file .hwi dell’utente viene creato in fabbrica a seconda delle risorse in dotazione con il regolatore

automatico. Potrebbe essere necessario modificare questo file se venissero aggiunte risorse di

sistema, oppure eliminate o riposizionate nello chassis di prova.

I canali programmabili vengono utilizzati per inviare comandi a servovalvole o regolatori

automatici esterni. Il software di sistema supporta questi tipi di canali programmabili: Program and

Control (Programma e controlla), Program with Feedback (Programma con retroazione), Command

Plus Error (Comando più errore) e Program-Only (solo Programma).

I canali Program and Control vengono utilizzati per mantenere il controllo retroazionato di un

attuatore. Questo tipo di canale viene selezionato automaticamente quando si alloca come risorsa

una servovalvola.

I canali Program with Feedback vengono utilizzati per programmare regolatori automatici esterni,

durante il monitoraggio della retroazione per compensazione di comando o acquisizione di dati. In

questa configurazione di canale, il regolatore automatico esterno mantiene il controllo

retroazionato.

I canali Command Plus Error vengono utilizzati per inviare la programmazione a regolatori

automatici esterni e per correggere l’errore tra il comando e la retroazione. L’errore tra segnale e

risposta viene aggiunto al segnale di comando. Anche in questa configurazione di canale, il

regolatore automatico esterno mantiene il controllo retroazionato.

I canali Program-Only vengono utilizzati per inviare la programmazione ad un regolatore

automatico esterno che mantiene sempre il controllo retroazionato.

Oltre alle regolari risorse di uscita installate nel regolatore automatico, è possibile utilizzare anche

un’uscita calcolata per comandare una valvola o altre risorse di uscita in maniera desiderata tramite

una opportuna precedente programmazione. I valori delle uscite calcolate vengono determinati

tramite la valutazione di una espressione matematica definita dall’utente tramite altri programmi

appositi che utilizza i valori di altri segnali.

È necessario specificare anche le velocità di aggiornamento da utilizzare per ogni canale

programmabile utilizzato. Sono disponibili due tipologie di velocità:

- Velocità di sistema (System rate);

- Bassa velocità (Low rate).

La System Rate viene specificata nel file di configurazione .hwi e corrisponde alla normale velocità

di aggiornamento da utilizzare durante la prova. Tale velocità varia in relazione al tipo di regolatore

automatico utilizzato.

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La Low Rate è una velocità più bassa utilizzata in particolari circostanze per programmare il

regolatore automatico in modo tale da conservare le risorse del processore. I canali impostati con

una velocità bassa vengono utilizzati soprattutto per sistemi che non hanno necessità di grosse

velocità di aggiornamento dei punti di regolazione, come ad esempio un regolatore automatico di

temperatura. La bassa velocità è definita nel file .hwi come Low System Rate ed in genere vale

25,6 Hz.

Nella fase di preparazione di una prova strutturale occorre definire anche le alimentazioni idrauliche

disponibili dette HSM (hydraulic service manifold, collettore di alimentazione idraulico) per ogni

canale program e control utilizzato.

Sui regolatori automatici utilizzati è possibile:

- collegare al massimo quattro fonti di alimentazione idrauliche (detti anche manifold);

- utilizzare un unico collettore di alimentazione idraulico per più canali di controllo.

Per ogni canale program e control definito occorre impostare almeno una modalità di comando.

Sono disponibili nel software di sistema utilizzato le seguenti tipologie di modalità di comando:

- PIDIF: modalità utilizzata nelle normali prove e per la messa a punto del servomeccanismo;

- CLC (Channel Limited Channel, Canale Limitato da Canale): viene utilizzato durante il

posizionamento del provino. La modalità CLC utilizza quindi due segnali di retroazione, una

attiva (per lo spostamento) ed una limitante (per le forze). In questo modo il sistema non

permette il superamento di valori preimpostati dall’utente sui due segnali di retroazione;

- Dual Compensation: modalità che viene utilizzata per fornire la programmazione ed il

comando su di un canale. Anche questa modalità richiede due segnali di retroazione: uno

primario (segnale più stabile) ed uno secondario (per la compensazione del comando).

Le uscite ausiliarie analogiche vengono utilizzate per inviare segnali di stazione a

lettori/visualizzatori esterni quali oscilloscopi e contatori. Le risorse di ingresso digitale si

utilizzano per monitorare i segnali digitali provenienti da commutatori esterni.

Il regolatore automatico è in grado di elaborare la programmazione ricevuta da un regolatore

automatico esterno o da un generatore di funzioni, mantenendo tutte le altre funzioni di controllo

retroazionato.

Il sistema di prova comprende anche un comando a distanza dell’attuatore, utile durante le fasi di

preparazione della prova, come l’installazione del provino. È quindi possibile controllare l’attuatore

da vicino con tale metodo evitando così l’eventuale rottura del provino.

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Un comando remoto di controllo (Remote Setpoint Adjust, RSA) è una periferica hardware

opzionale, stand-alone che utilizza un codificatore per controllare la posizione dell’attuatore. È

possibile accedere al pannello Remote Setpoints per allocare una risorsa di codifica (ed il comando

RSA associato).

L’applicazione Station Builder consente inoltre di aprire (o creare) contemporaneamente file di

configurazione multipla. Tutte le stazioni aperte allocano le risorse dallo stesso pool (file .hwi). Per

evitare conflitti, le risorse già allocate in una stazione aperta vengono rimosse dagli elenchi delle

risorse delle altre stazioni aperte. Quando si chiude una stazione, le risorse definite in quella

stazione vengono rimesse a posto negli elenchi delle risorse delle altre stazioni aperte.

Se si tenta di aprire un file di configurazione che definisce risorse utilizzate da un altro file di

configurazione, l’applicazione Station Builder visualizza un errore.

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33..11..22 SSttaattiioonn MMaannaaggeerr

Una volta allocate tutte le risorse da utilizzare per l’esecuzione della prova occorre utilizzare

l’applicazione Station Manager per configurare i parametri necessari per ogni risorsa (modalità di

funzionamento).

L’applicazione Station Manager consente quindi:

- la creazione dei parametri della stazione mediante assegnazione di parametri funzionali alle

risorse del regolatore automatico definite nei file di configurazione della stazione;

- l’esecuzione di attività di prova fondamentali come ad esempio l’attivazione

dell’alimentazione dell’azionamento, l’acquisizione del controllo manuale dell’attuatore per

installare i campioni, il monitoraggio dei segnali della stazione e l’avvio e l’arresto delle

prove.

I comandi della finestra di Station Manager consentono:

- l’effettuazione di operazioni di taratura e tuning del sistema indispensabili per ottenere le

migliori prestazioni in termini di precisione di misura;

- la configurazione dei rilevatori di limite, per evitare la rottura dei provini durante il

posizionamento, e di errore, per ottenere dei dati sperimentali il più veritieri possibile;

- la definizione e l’applicazione di formule algebriche per generare segnali calcolati definiti

dall’utente per la programmazione della prova;

- la configurazione della compensazione e stabilizzazione del segnale;

- il controllo della pressione idraulica per la stazione di prova, è possibile impostare la bassa o

alta pressione;

- l’applicazione di programmi semplici con il generatore di funzioni incorporato;

- la gestione dell’esecuzione delle prove BTW e MPT;

- il monitoraggio dei segnali sugli indicatori e sui contatori incorporati.

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Esiste inoltre una modalità dimostrativa che simula un collegamento con i componenti hardware

consentendo l’avvio del software di sistema senza l’applicazione dell’alimentazione della stazione.

Figura 3.2 Finestra principale di Station Manager. [16]

È possibile salvare tutte le impostazioni delle applicazioni di Station Manager in un set di parametri

di stazione.

I file di configurazione della stazione (estensione .cfg) definiscono il modo in cui l’applicazione

Station Manager utilizza le risorse di sistema nelle stazioni di prova.

Un set di parametri di stazione contiene le impostazioni necessarie alla configurazione della

stazione per eseguire una prova. Queste impostazioni includono le informazioni necessarie per il

corretto funzionamento del banco idraulico, dai valori di tuning alle impostazioni del rilevatore.

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Quando si chiude una configurazione di stazione, il programma chiede se si desidera salvare le

modifiche al set di parametri selezionato all’apertura della stazione.

La stessa configurazione di stazione può aver bisogno di impostazioni diverse per eseguire prove

diverse. È possibile creare e salvare queste impostazioni in un massimo di 15 set di parametri.

Quando si apre la configurazione di stazione, è possibile selezionare il set di parametri appropriato

necessario all’esecuzione della prova.

L’applicazione Station Manager prevede diversi livelli di accesso ai comandi per migliorare la

sicurezza del sistema ed evitare usi impropri del sistema. Il livello di accesso determina a quali

comandi è possibile accedere. Esistono quattro livelli:

- Operator (Operatore): Non protetto da password;

- Tuning (Tuning): Protetto da password con Tuning;

- Calibration (Calibrazione): Protetto da password Calibration;

- Configuration (Configurazione): Protetto da password Configuration.

L’accesso ai livelli Tuning, Calibration e Configuration è protetto da password, che differenzia tra

maiuscole e minuscole, definibili durante l’installazione del software.

Per evitare di riaprire le finestre e le schermate tutte le volte che si riapre una configurazione di

stazione, è possibile salvare lo schema del desktop come visualizzazione di stazione preferita.

Quando si ripristina una visualizzazione salvata, le finestre si riposizionano quindi

automaticamente.

Ogni volta che l’applicazione Station Manager si chiude, viene salvata la visualizzazione corrente

come visualizzazione di default. Se si ripristina una visualizzazione di default, le finestre vengono

riposizionate nella medesima posizione in cui si trovavano l’ultima volta che è stata chiusa la

stazione.

I sensori convertono un valore meccanico misurato, quale una forza, uno spostamento o una

pressione, in un segnale elettrico corrispondente. Ogni sensore richiede il condizionamento in

maniera da produrre un segnale di retroazione utilizzabile dal servoregolatore automatico.

Nell’applicazione Station Builder, vengono allocate le risorse appropriate del regolatore automatico

per consentire il condizionamento sia del segnale interno che di quello esterno.

Tutti i sensori richiedono una taratura che garantisca alle loro uscite di rappresentare con precisione

la condizione fisica che rilevano.

I sensori inclusi con il sistema di prova sono in genere tarati dalla ditta produttrice e i file di taratura

corrispondenti sono inclusi nel software di sistema.

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Nel file di configurazione è possibile salvare un singolo intervallo di informazioni del sensore. I file

di taratura dei sensori hanno estensione .scf e di solito sono localizzati nella directory Calib. Un file

di taratura del sensore include le seguenti informazioni:

- Modello, tipo, numero seriale e data di taratura del sensore;

- Informazioni sull’intervallo tarato;

- Informazioni sull’attrezzatura di taratura;

- Numero seriale, numero di modello, tensione di eccitazione ed altri parametri del

condizionatore.

È possibile utilizzare la finestra Sensor File Editor (Editor file sensore) per creare e salvare i file di

taratura del sensore per ogni coppia sensore/condizionatore nel sistema.

Dopo aver creato un file .scf, è necessaria la sua assegnazione al giusto segnale di sensore in

entrata.

L’uscita del sensore tarato può essere influenzata da fattori esterni quali dimensione del campione,

forze del componente della prova e lunghezza del cavo. È possibile compensare questi fattori

esterni scartando il segnale di retroazione.

Ad esempio, si supponga che l’uscita LVDT sia 1 cm quando l’attuatore è in posizione zero a

mezza corsa. È possibile compensare questa uscita LVDT positiva scartando il segnale di

retroazione -1 cm.

I comandi di scarto dell’applicazione Station Manager azzerano l’uscita del condizionatore senza

cambiare il riferimento di zero elettrico del condizionatore. È possibile applicare uno scarto

automatico alla retroazione del comando corrente con la pressione di stazione applicata.

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I sensori di spostamento e i condizionatori corrispondenti sono in genere tarati in maniera tale che la

retroazione del condizionatore sia di zero volt al centro dell’intervallo operativo dell’attuatore.

In alcune situazioni, può essere utile spostare lo zero elettrico del condizionatore.

Prima di spostare lo zero elettrico del condizionatore, è necessario però porre l’attuatore nella

posizione desiderata e disabilitare l’alimentazione della stazione o commutare in un’altra modalità

di comando.

Se non è possibile commutare in una modalità di comando diversa o non è possibile disabilitare

l’alimentazione della stazione, utilizzare lo scarto invece dello zero elettrico.

Un sistema messo a punto in maniera appropriata risponde regolarmente e con precisione ai

comandi. Prima di eseguire le prove sul sistema, sarebbe necessario regolare il sistema di

retroazione per ciascuna modalità di comando che si intende utilizzare.

Il comando di compensazione della valvola compensa elettricamente eventuali lievi squilibri

meccanici della servovalvola. La compensazione della valvola regola l’ingresso elettrico verso la

servovalvola, in modo che non vi sia un flusso idraulico con segnale di errore a zero.

Se non è possibile ottenere una compensazione elettrica della valvola, occorre eseguire una

regolazione meccanica della servovalvola.

Prima di regolare il circuito ad anello esterno, installare sempre dei rilevatori di limite per evitare

danni all’attrezzatura e al campione.

È necessario regolare il sistema quando:

- vi è una modifica nelle caratteristiche o nelle dimensioni del campione di prova;

- vi è una modifica nella configurazione del servomotore idraulico;

- le prestazioni del sistema sono insoddisfacenti;

- un sensore viene ritarato;

- si crea una nuova modalità di comando o si sostituiscono i sensori;

- si rileva un’instabilità del sistema, indicata tipicamente da insoliti ronzii o cigolii.

Si consiglia di eseguire in primo luogo il tuning automatico delle modalità di comando PIDF. La

regolazione automatica imposta livelli di tuning adeguati alla maggior parte delle modalità di

comando.

Se i risultati del tuning automatico non sono soddisfacenti, occorre regolare manualmente ciascuna

modalità di comando.

Il tuning automatico è disponibile solo nelle modalità di comando PIDF. L’applicazione Station

Manager supporta funzionalità di tuning automatico di base (Basic) e avanzate (Advanced).

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La stabilizzazione Delta P utilizza un sensore di pressione differenziale per misurare la differenza di

pressione a ciascuna estremità dell’attuatore. Ciò compensa la risposta idraulica quando il fluido

idraulico compresso agisce come una molla. Il Delta P migliora il comando di spostamento dei

sistemi caricati con masse pesanti.

Il Delta P generalmente viene usato su sistemi con elevate velocità di flusso di fluido idraulico.

Anche se è impossibile fornire indicazioni precise sul tuning, dal momento che le procedure di

tuning dipendono dal tipo di campione e dalla risposta del sistema di prova, ecco alcune linee

direttive generali:

- impostare dei limiti a protezione personale, dell’attrezzatura e del campione;

- eseguire il tuning innanzitutto della modalità di comando di spostamento di un canale, senza

un campione installato;

- eseguire il tuning in una modalità di comando di forza del canale, con installato un finto

campione;

- se possibile, ripetere il tuning delle modalità di comando di forza e di spostamento, con

installato un finto campione;

- introdurre piccole variazioni ai valori di tuning e monitorare i risultati nelle finestre Scope

(indicatore) e Meters (contatori).

Utilizzare una modalità di comando CLC (Channel Limited Channel, canale limitato da canale) per

l’installazione e la rimozione del campione.

Prima di poter regolare le modalità di comando CLC, è necessario innanzitutto definirle

nell’applicazione Station Builder.

Una modalità di comando CLC richiede un segnale di retroazione attivo e uno limitante:

- il segnale di retroazione attiva controlla il movimento dell’attuatore. Normalmente si tratta

del segnale di retroazione di spostamento del canale;

- il segnale di retroazione limitante limita la forza dell’attuatore. Normalmente si tratta del

segnale di retroazione di forza del canale.

Quando viene utilizzata la modalità di comando CLC, il regolatore automatico non consentirà

all’attuatore di superare i limiti impostati per il segnale di retroazione attivo o limitante:

- gli interblocchi possono scattare se il segnale di retroazione attiva (di spostamento)

dell’attuatore supera i limiti impostati per esso, nella scheda Limits della finestra Station

Setup (imposta stazione);

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

45

- il segnale di retroazione limitante (della forza) non può superare i limiti impostati per esso

nella scheda Adjustment (regolazione) della finestra Station Setup (imposta stazione).

Una modalità dual compensation richiede un segnale di retroazione primaria e uno di retroazione

secondaria:

- il segnale di retroazione primaria, più stabile, viene utilizzato dal regolatore automatico

PIDF per mantenere il controllo a circuito chiuso;

- il segnale di retroazione secondaria, meno stabile, viene usato per la compensazione del

comando nei programmi di comando forniti dal generatore di funzioni e da altre

applicazioni.

L’applicazione Station Manager fornisce delle finestre Scope (indicatore) e Meters (contatori) e un

pannello Signals (segnali) per il monitoraggio dei segnali:

- la finestra Scope (indicatore) funziona come un oscilloscopio;

- la finestra Meters (contatori) funziona come un voltmetro digitale (DVM);

- il pannello Signals può visualizzare i valori di tutti i segnali in ingresso e in uscita.

È anche possibile inviare segnali a un visualizzatore esterno. La finestra Scope (indicatore)

dell’applicazione Station Manager funziona come un oscilloscopio. È possibile utilizzare

l’indicatore per tracciare il diagramma dei segnali rispetto al tempo, alla frequenza o a un altro

segnale. Una singola stazione può supportare due indicatori.

Un diagramma X/Y visualizza il primo segnale sull’asse verticale e il secondo segnale sull’asse

orizzontale. Un tipico utilizzo di un diagramma X/Y è la visualizzazione dell’isteresi mediante il

disegno del diagramma di un segnale di forza rispetto a un segnale di spostamento.

La barra degli strumenti della finestra Scope (indicatore) presenta dei pulsanti Auto-Scale (scala

automatica), Rescale (riscala), e Same Scale (stessa scala), per gestire ampiezze di segnale variabili.

Il valore Offset (scarto) definisce i punti medi della griglia della finestra Scope (indicatore).

L’applicazione di uno scarto sposta i punti di riferimento zero della griglia verso l’alto o verso il

basso nella finestra Scope (indicatore).

L’indicatore (Scope) memorizza i segnali di diagramma temporale in un buffer circolare

temporaneo. Quando l’indicatore si arresta, è possibile utilizzare la barra di scorrimento del tempo

per esaminare tali segnali.

L’applicazione Station Manager possiede quattro tipologie di contatori per monitorare i valori dei

segnali. È possibile visualizzare sino a 20 contatori in due finestre, a seconda del sistema installato:

- contatori a tempo: visualizzano i valori dei segnali a intervalli temporali stabiliti;

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

46

- contatori picco / minimo: visualizzano il valore di picco massimo e il valore minimo per il

ciclo monitorato più di recente;

- medio / ampiezza: visualizzano il valore medio e la differenza tra i valori massimo e minimo

per il ciclo monitorato più di recente;

- esecuzione max / min: visualizzano i valori massimi e minimi raggiunti mentre il contatore è

in funzione.

Di solito, un alimentatore idraulico (HPS) fornisce la pressione idraulica, mentre un collettore di

alimentazione idraulico (HSM) controlla l’applicazione della pressione HPS alla stazione di prova.

Il pannello Station Controls (comandi della stazione) della finestra di Station Manager dispone in

genere di comandi sia HPS che HSM.

Sui sistemi di prova che utilizzano alimentazione idraulica interna, il pannello Station Controls

(comandi della stazione) potrebbe avere soltanto comandi HSM.

Su alcuni sistemi di prova di dimensioni ridotte, privi di HSM, il pannello Station Controls

(comandi della stazione) potrebbe avere soltanto comandi HPS.

Sui sistemi di prova che non controllano l’alimentazione idraulica, il pannello Station Controls

(comandi della stazione) visualizza un messagio No Power Configured (nessuna alimentazione

configurata) ed è dotato di un pulsante Interlock (interblocco) per applicare gli interblocchi.

Gli interblocchi sono funzioni di sicurezza usate per interrompere la programmazione o disattivare

l’alimentazione di una stazione di prova, se non vengono rispettate determinate condizioni.

I sistemi solitamente hanno interblocchi meccanici, software e idraulici.

Un compensatore confronta il comando con la corrispondente retroazione del sensore per assicurarsi

che il comando venga applicato totalmente al campione. Se la retroazione del sensore indica che il

campione non raggiunge i livelli stabiliti, il compensatore modifica il comando fino al

raggiungimento del risultato desiderato.

Ad esempio, si supponga che, avendo programmato un’onda sinusoidale per uno spostamento di

±10 cm, la retroazione LVDT raggiunga solo ±9 cm. Un compensatore picco/minimo monitorerà la

retroazione e incrementerà automaticamente il comando iniziale, per assicurarsi che la retroazione

LVDT raggiunga i ±10 cm stabiliti. È possibile visualizzare il comando compensato mediante

l’indicatore e i contatori dell’applicazione Station Manager.

Ogni tipo di compensatore usa una tecnica diversa per conseguire i livelli stabiliti. Alcuni

compensatori operano più efficacemente di altri per specifiche applicazioni.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

47

Per configurare i compensatori si utilizza il pannello Compensators (compensatori) della finestra

Station Setup (imposta stazione). Quando si utilizzano le applicazioni Function Generator, Basic

TestWare e MultiPurpose TestWare, si impiegano i comandi del compensatore di queste

applicazioni per applicare un metodo di compensazione.

La compensazione picco / minimo (Peak / Valley Compensation, PVC) verifica la retroazione di

comando ciclico per rilevare qualunque attenuazione di ampiezza o divergenza dal livello medio:

- se viene rilevata un’attenuazione, la PVC incrementa l’ampiezza del comando;

- se viene rilevata una divergenza dal livello medio stabilito, la PVC regola il livello medio.

Il compensatore di controllo ampiezza e fase (Amplitude and Phase Control, APC) tiene sotto

controllo la retroazione dai comandi sinusoidali e sinusoidali assottigliati per rilevare attenuazioni

di ampiezza e ritardi di fase:

- se viene rilevata un’attenuazione, l’APC incrementa l’ampiezza del comando;

- se viene rilevato un ritardo di fase, l’APC modifica la fase del comando.

L’applicazione Station Manager esegue una quantità di prove che utilizzano:

- l’applicazione Basic TestWare;

- l’applicazione MultiPurpose TestWare;

- fonti di programmazione esterne.

Una prova tipica include le seguenti procedure:

1. impostazione dei rilevatori di errore e di limite;

2. esecuzione di una taratura in derivazione ove richiesto;

3. configurazione del segnale in uscita del programma;

4. configurazione di eventuali ingressi e uscite digitali;

5. esecuzione della prova;

6. impostazione del punto di regolazione e dell’intervallo nel corso della prova.

I rilevatori controllano vari segnali di sistema ed eseguono specifiche azioni quando vengono

soddisfatte condizioni specificate dall’utente.

I rilevatori di limite controllano i segnali di retroazione del sensore. Se il segnale del sensore supera

i limiti specificati, il regolatore automatico fa intervenire un rilevatore.

I rilevatori di errore controllano la differenza tra il segnale di comando e il corrispondente segnale

di retroazione. Se l’errore supera i limiti specificati, il regolatore automatico fa intervenire un

rilevatore.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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Gli indicatori Station Limits (limiti della stazione), Interlock (interblocco) e Program (programma)

del pannello Station Controls della finestra di Station Manager riassumono lo stato e le azioni del

rilevatore.

I rilevatori di limite controllano i segnali di retroazione del sensore. Se l’uscita del sensore supera i

limiti specificati, il regolatore automatico avvia l’azione del rilevatore.

I rilevatori di limite possono essere utilizzati per:

- ridurre il rischio di lesioni personali e di danni all’attrezzatura quando si installano i

campioni;

- indicare quando vengono rilevati i livelli definiti del sensore;

- arrestare automaticamente le prove quando vengono rilevati livelli definiti del sensore.

Impostare i limiti di almeno un segnale di ingresso per impedire danni in caso di perdita di controllo

del circuito chiuso. Si può perdere il controllo se il campione si rompe o se si disconnette un cavo.

I rilevatori di errore monitorano la differenza tra un segnale di comando e il corrispondente segnale

di retroazione. Se la differenza supera i limiti impostati, il regolatore automatico avvia l’azione di

uno specifico rilevatore.

I rilevatori di errore possono:

- avvertire quando un campione comincia a cedere;

- arrestare la prova prima che il campione si spezzi.

Quando si utilizzano i rilevatori di errore, occorre ricordare che:

- un rilevamento di errore efficace richiede un servoanello correttamente regolato;

- i limiti di errore dovrebbero essere impostati su valori bassi nelle prove a bassa frequenza e

statiche;

- i limiti di errore dovrebbero essere impostati su valori alti nelle prove ad alta frequenza.

Gli ingressi digitali sono segnali inviati al regolatore automatico della stazione da fonti esterne. Le

uscite digitali sono segnali inviati dal regolatore automatico della stazione a periferiche esterne. I

segnali di ingresso e di uscita possono essere alti, bassi o a impulsi.

L’applicazione Station Builder deve assegnare le risorse di ingresso e di uscita digitale, prima che

l’applicazione Station Manager possa utilizzarli.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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I registri messaggi minitorano eventi della stazione e della prova nel momento in cui si verificano,

compresi:

- eventi di file;

- incompatibilità di risorse;

- modifiche di stato dell’idraulica e della stazione;

- attività del rilevatore;

- condizioni di surriscaldamento;

- modifiche di scala completa.

Quando si apre un nuovo file di configurazione della stazione, l’applicazione Station Manager crea

automaticamente un file di registro messaggi per registrare eventi verificatisi con la specifica

configurazione.

L’applicazione Station Manager salva il file di registro messaggi nella cartella di configurazione.

L’applicazione Station Manager assegna un nome al file di registro messaggi, utilizzando il nome

della configurazione della stazione con un’estensione .log. Quando la configurazione della stazione

si chiude, l’applicazione Station Manager salva il file del registro messaggi. Quando la

configurazione si riapre e riprende l’attività della stazione, i nuovi messaggi vengono aggiunti ai

vecchi.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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33..22 AApppplliiccaazziioonnii ppeerr iill pprrooggeettttoo ddeellllee pprroovvee

Esistono diverse applicazioni utili al progetto delle prove effettuate nel Laboratorio di Strutture che

si differenziano per le diverse caratteristiche e per i diversi gradi di complessità delle prova che si

intende eseguire.

Progettare una prova consiste non soltanto nel creare i file di configurazione di Station Builder e

Station Manager, descritti nelle pagine precedenti, ma occorre anzitutto progettare le storia di carico

o di spostamenti che occorre applicare al provino.

Utilizzando quindi degli opportuni programmi che verranno di seguito descritti è possibile

assegnare alla macchina di prova tutte le azioni che deve eseguire, in termini di:

- carichi;

- spostamenti;

- tempi di applicazione;

- vincoli di funzionamento per l’esecuzione di prove sicure;

- limiti per l’esecuzione di prove cicliche;

- acquisizione e monitoraggio dei dati di tendenza;

- controllo in tempo reale dello sforzo nel campione.

I software più utilizzati sono:

- Basic TestWare (BTW): impiegato per creare le prove più semplici, che non richiedono

l’uso di complesse procedure o componenti particolari per l’acquisizione dati;

- MultiPurpose TestWare (MPT): utilizzato per le prove più complesse, che utilizzano

differenti componenti per l’applicazione del carico e la gestione della prova nonché

istruzioni particolari per i comandi, l’acquisizione dati, rilevamento di eventi. È anche

possibile generare dei programmi particolari per la prova che si vuole eseguire.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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33..22..11 BBaassiicc TTeessttWWaarree

L’applicazione Basic TestWare consente di creare semplici programmi di prova che non richiedono

una gestione complessa dei segnali.

Con i comandi della finestra di Basic TestWare è possibile:

- definire un comando prova di base;

- configurare l’acquisizione dati;

- configurare i rilevatori picco;

- configurare il comando Punto di partenza;

- configurare i contatori di prova.

Figura 3.3 Finestra principale di Basic TestWare. [16]

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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Dopo aver configurato la propria prova, è possibile salvarla in un file di prova di Basic TestWare (o

file .tst).

È quindi possibile salvare ogni configurazione di prova (comprese tutte le impostazioni di rilevatore

e acquisizione dati) in un file di prova di Basic TestWare test file (o file .tst).

In genere un file di prova include i seguenti tipi di informazioni sulla configurazione della prova:

- comando prova (tipo di comando, definizione canale di prova);

- definizione acquisizione dati (tipo, segnali, tipo/dimensioni della memoria tampone);

- definizione file di dati (nome di file, intestazione dati, formato di file).

L’applicazione Basic TestWare può generare comandi ciclici e monotoni. I comandi ciclici

includono forme d’onda sinusoidi, quadre e di rampa. I comandi monotoni iniziano ad un livello e

terminano a un livello differente.

Fondamentalmente, un comando monotonico è un comando di rampa da un’impostazione a un’altra.

Dopo aver impostato la definizione dei comandi iniziale è possibile cambiare il livello finale e i

comandi di tempo sul pannello principale di Basic TestWare anche mentre la prova è in esecuzione.

La frequenza massima per un comando ciclico è il 20% della velocità di sistema. Con i comandi di

acquisizione dati di Basic TestWare è possibile raccogliere i seguenti tipi di dati di prova:

- un’acquisizione dati Timed (Programmata) registra l’uscita di tutti i segnali selezionati in un

determinato intervallo di tempo;

- un’acquisizione dati Peak/valley (Picco/valle) registra l’uscita di tutti i segnali selezionati

quando il software rileva un picco o una valle nel segnale principale specificato;

- un’acquisizione dati Running max/min (Esecuzione max./min.) registra il picco maggiore e

la valle minore di tutti i segnali selezionati durante una prova;

- un’acquisizione dati Level crossing (Incrocio livelli) registra l’uscita di tutti i segnali

selezionati ogni volta che il segnale definito come principale incrocia un certo livello.

I dati raccolti durante la prova vengono scritti in una memoria tampone. Quando la memoria

tampone è piena, i dati vengono salvati sul file di dati specificato. Quando si imposta una

acquisizione di dati, si specificano i segnali per i quali i dati sono acquisiti e il metodo per

memorizzare in maniera transitoria i dati prima di registrarli in un file.

Ogni tipo di memoria tampone offre caratteristiche operative diverse:

- le dimensioni della memoria tampone indicano il numero massimo di elementi di dati che la

memoria tampone memorizzerà prima che i dati vengano scritti sul disco;

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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- è possibile impostare le dimensioni della memoria tampone tra 1 e 16.000 elementi di dati

(per preimpostazione è 1024);

- l’acquisizione e il salvataggio dei dati in maniera veloce può comportare un rallentamento

del computer (ovvero una rallentamento di risposta alle selezioni); se la velocità di

acquisizione è eccessiva, è possibile il verificarsi di un sovraccarico di dati: in questo caso

verrà visualizzato un messaggio.

Una memoria tampone lineare registra i dati finché non è piena, e quindi li salva sul disco. Le

dimensioni della memoria tampone determinano la quantità di dati acquisiti prima che vengano

scritti sul disco. I dati vengono continuamente salvati sul disco finché la prova non termina o si

ferma. Quando la prova termina, i dati che si trovano nella memoria tampone vengono inviati al

disco. L’unico limite è rappresentato dalla quantità di spazio disponibile sull’hard drive.

Una memoria tampone circolare registra dati in continuazione. Quando la memoria tampone è

piena, i nuovi dati sovrascrivono i vecchi. Questo tipo di memorizzazione transitoria salva i dati sul

disco quando la prova si interrompe, quando raggiunge il calcolo preimpostato o quando finisce.

La memoria tampone circolare è utile per l’acquisizione dei dati subito prima di un evento

importante (quale un errore di campionamento), quando i dati non sono necessari per l’intera prova.

La prima riga di un file di dati include informazioni quali separatore decimale, separatore di

colonna, formati di ora e data.

È possibile usare rilevatori di picco per accertarsi che il segnale di retroazione raggiunga picchi e

valli programmati entro un determinato intervallo di tolleranza. Se la retroazione si trova al di fuori

dell’intervallo di tolleranza, il rilevatore lancerà una determinata azione.

Nel configurare un rilevatore di picco si devono specificare i valori di riferimento che il rilevatore

userà per stabilire l’intervallo di tolleranza. Se si seleziona il tipo di riferimento di Default, il

rilevatore userà il primo picco e la prima valle come valori di riferimento. Se si seleziona il tipo di

riferimento User Specified (Specificato dall’utente), il rilevatore userà i valori di riferimento

immessi dall’utente.

Se un picco o una valle si trovano al di fuori dell’intervallo di tolleranza specificato, Basic

TestWare lancerà l’azione del rilevatore. Verrà riportato solo il primo picco o la prima valle al di

fuori della tolleranza.

È possibile usare i file di prova di Basic TestWare (o file .tst) per salvare ogni configurazione di

prova. In genere un file di prova include i seguenti tipi di informazioni sulla configurazione della

prova:

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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- comando prova (tipo di comando, definizione canale di prova);

- definizione acquisizione dati (tipo, segnali, tipo/dimensioni della memoria tampone);

- definizione file di dati (nome di file, intestazione dati, formato di file).

Le Message Logs (Registrazioni messaggi) registrano gli eventi di prova nella maniera in cui si

verificano, compresi:

- eventi dei file;

- non corrispondenza risorse;

- cambiamenti dell’impianto idraulico e dello stato stazione;

- attività rilevatore.

Quando si apre un nuovo file di prova della stazione, l’applicazione Basic TestWare crea

automaticamente un file Message Log per registrare gli eventi verificatisi durante la prova corrente.

L’applicazione Basic TestWare salva il file Message Log nella cartella di Basic TestWare.

L’applicazione Basic TestWare nomina il file Message Log (Registrazione messaggio) usando il

nome della prova di stazione con una estensione .log.

La chiusura dell’applicazione Basic TestWare chiude il file Message Log (Registrazione

messaggio) di Basic TestWare. Quando si riapre la prova e si ripristina l’attività della stazione, i

nuovi messaggi vengono aggiunti ai vecchi.

Un’acquisizione dati Peak/valley (Picco/valle) registra i valori di tutti i segnali selezionati quando

Basic TestWare rileva un picco o una valle nel segnale principale specificato.

Il valore di sensibilità specifica quanto il segnale deve cambiare per essere considerato un picco o

una valle. La regolazione della sensibilità consente di ignorare il disturbo del segnale e rilevare

segnali di ampiezza minore. L’uscita di un segnale principale selezionato è monitorata finché il

segnale principale non si inverte con la quantità definita dal parametro Sensitivity (Sensibilità). Il

valore più alto o il più basso viene ricordato (assieme ai dati del segnale) finché il cambiamento

dell’ampiezza del segnale principale supera il valore specificato in Sensitivity (Sensibilità).

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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33..22..22 MMuullttiiPPuurrppoossee TTeessttWWaarree

Proprio come un’automobile, il sistema utilizzato per le prove è estremamente utile, ma

potenzialmente pericoloso se non utilizzato correttamente. È bene perciò acquisire dimestichezza

con il proprio sistema di prova, avendo al tempo stesso cura di trattarlo con le dovute attenzioni.

Installazione, funzionamento o manutenzione impropri possono rivelarsi pericolosi e causare gravi

lesioni alla persona o anche la morte, oltre a danneggiare apparecchiature e campioni. Prima di

utilizzarlo è necessario leggere attentamente il manuale Sicurezza. È molto importante avere

coscienza della potenziale pericolosità del sistema di prova.

Figura 3.4 Finestra principale di MPT Procedure Editor. [17]

L’impiego del sistema richiede la conoscenza delle funzioni di base del sistema operativo

Microsoft® Windows. È pertanto necessario essere in grado di:

- utilizzare il mouse;

- gestire il desktop;

- individuare, aprire, chiudere, copiare e salvare documenti.

L’applicazione MultiPurpose TestWare Modello 793.10 consente di progettare prove avanzate per

le unità di controllo MTS Serie 793.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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MultiPurpose TestWare consente di:

- creare procedure di prova complesse, che comprendono istruzioni per comandi, acquisizione

dati, rilevamento di eventi e controllo esterno;

- generare programmi basati su profili creati con un’applicazione di editor di testi,

un’applicazione con fogli di lavoro o l’applicazione Profile Editor Modello 793.11;

- acquisire e monitorare dati di tendenza o di sforzo in tempo reale.

L’applicazione MPT non è autonoma. È necessario utilizzarla con altre applicazioni del pacchetto di

software di sistema Modello 793.00. Il pannello di controllo MPT compare nell’area applicativa di

Station Manager. Procedure Editor contiene una tabella in cui è possibile costruire procedure di

prova selezionando e assegnando parametri e ponendo in sequenza singoli processi di prova. Questi

ultimi rappresentano singole attività di prova. I processi disponibili sono visualizzati nella Process

Palette.

Figura 3.5 Processi di prova. [17]

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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Una procedura di prova MPT, detta anche semplicemente procedura, contiene due tipi di

informazioni:

- informazioni sui processi (comando, acquisizione dati, monitoraggio del segnale e così via)

e la sequenza con cui ciascun processo è eseguito;

- informazioni sull’applicazione MPT, che comprendono le assegnazioni delle dimensioni e

delle unità di prova, il comportamento delle funzioni di pausa e di ripresa, il formato dei file

di dati e così via.

È possibile creare procedure collegando insieme processi che rappresentano singole attività di

prova, ad esempio la rampa dell’attuatore o l’acquisizione dei dati di picco/valle.

Le procedure vanno eseguite con i comandi di esecuzione, arresto e pausa sul comando stazione

(Station Control) di Station Manager. Prima di avviare l’applicazione MultiPurpose TestWare è

necessario specificare l’applicazione Station Manager e aprire un file di configurazione.

Quando si seleziona MPT dal menu Applications (Applicazioni) di Station Manager, viene

visualizzato il pannello di controllo di MPT. È possibile eseguire le procedure esistenti dal pannello

di controllo di MPT. Se si desidera modificare o creare nuove procedure, è necessario accedere allo

MPT Procedure Editor.

Quando si avvia MPT è creata automaticamente una nuova procedura (non definita). Per creare una

nuova procedura quando MPT è attivo, dallo MPT Procedure Editor si può selezionare il menu File,

quindi fare clic su New Procedure (Nuova procedura).

L’esecuzione di una procedura inizia con la preparazione della stazione e l’installazione fisica di un

campione; entrambe le operazioni sono eseguite con l’applicazione Station Manager.

I punti seguenti ipotizzano che sia stato già eseguito quanto segue:

- creazione di un file della configurazione con Station Builder;

- apertura di Station Manager e selezione del file di configurazione;

- applicazione della pressione idraulica alla stazione;

- installazione del campione fisico nelle attrezzature di prova;

- impostazione dei limiti della stazione;

- impostazione di dispositivi di lettura per il monitoraggio dei segnali della stazione;

- apertura di MultiPurpose TestWare;

- selezione di una procedura.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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Prima che sia possibile eseguire una procedura, è necessario creare un campione MPT nuovo o

selezionarne uno esistente per la prova.

Il termine “campione MPT” si riferisce ad un elenco di informazioni associate ad un’esecuzione

specifica di una procedura, non al campione fisico oggetto della prova.

I dati di prova, così come la procedura eseguita, i messaggi generati durante la prova, le

informazioni di recupero, ecc., si trovano nel campione MPT creato per questa prova.

Quando si crea una procedura con MPT, si definiscono i parametri di ciascun processo nella

procedura, compresi i parametri dei contatori.

Nelle procedure, i contatori sono strumenti lineari utilizzati per indicare il progresso della prova e

facilitare il recupero. È importante comprendere i contatori e rendersi conto del fatto che la modalità

in cui si definisce il contatore può influenzare il risultato della prova e, di conseguenza, i dati

generati dalla prova.

I vari tipi di contatori disponibili per le procedure sono visualizzati sul pannello di controllo MPT,

purché il pannello di controllo MPT sia stato configurato in modo da visualizzarli.

I più importanti contatori nel pannello di controllo MPT sono il contatore Run Time, i Channel

Counters (contatori di canale) e i Sequence Counters (contatori di sequenza).

Esistono anche contatori specializzati che sono visualizzati solo in associazione a specifici tipi di

processi, quali:

- Profile Counters (contatori di profilo);

- Status Counters (contatori di stato).

Il contatore Run Time visualizza il tempo trascorso per la prova attuale dopo il suo ultimo

ripristino.

I Channel Counters visualizzano un conteggio cumulativo di segmenti o cicli che sono stati

applicati ad un canale specifico dopo l’avvio della prova.

I Sequence Counters visualizzano il progresso dei singoli processi nell’ambito della prova. Possono

essere particolarmente utili per procedure che contengano gruppi nidificati, poiché è possibile

configurarli in modo da mostrare il progresso della prova all’interno della struttura nidificata della

procedura.

I Profile Counters visualizzano contatori che aumentano in base a contrassegni speciali che i

progettisti dei profili inseriscono nei profili. È possibile scegliere di mostrare o nascondere i vari

tipi di pannelli dei contatori e di stato sul pannello di controllo MPT quando si eseguono prove.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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È possibile creare procedure selezionando i processi necessari per raggiungere gli obiettivi della

prova dalla tavolozza dei processi e posizionandoli nella tabella della procedura. Successivamente

si assegnano i parametri e le informazioni sulla sequenza per ciascun processo. Questa sezione

descrive come creare una procedura campione e fornisce indicazioni su come si integrano tutti gli

elementi di una procedura.

Per coloro i quali non conoscono MultiPurpose TestWare, è bene impostare il software di controllo

alla modalità di simulazione (utilizzando il Demo System Loader) e proseguire utilizzando uno dei

file di configurazione predefiniti inclusi nel sistema, oppure uno creato autonomamente.

Potrebbe non essere possibile creare la procedura campione precisamente come mostrato, poiché il

sistema potrebbe disporre di risorse hardware diverse da quelle utilizzate per la creazione della

prova campione.

Anche in tal caso, se si prosegue e si crea una versione meno complessa della procedura campione,

o anche se si rivedono soltanto le pagine senza utilizzare il software, si continua a trarre vantaggio

dall’apprendimento delle operazioni fondamentali per la creazione delle procedure.

Per pianificare la prova, è opportuno:

- identificare gli obiettivi della prova e le informazioni significative;

- rivedere l’ambiente della prova.

L’ambiente della prova comprende il campione fisico, la struttura della verifica e i sensori. Le loro

dimensioni e capacità sono punti importanti da prendere in considerazione nell’impostazione della

prova. Un processo è un “mini-programma” che esegue una specifica attività di prova. I processi

sono utilizzati come elementi di base per la costruzione di una procedura.

La costruzione di una procedura implica le seguenti attività di base:

- aggiunta dei processi necessari alla tabella della procedura;

- sequenza dei processi con attivazioni dell’avvio e dell’introduzione;

- impostazione dei parametri dei singoli processi;

- selezione delle opzioni della procedura.

MultiPurpose TestWare è versatile: esistono molti modi di realizzare queste attività di base per

costruire la stessa procedura.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

60

33..33 AAllttrree aapppplliiccaazziioonnii

Esistono numerose altre applicazioni per gestire diversi aspetti delle prove, nella maggior parte si

tratta di programmi specifici, ovvero concepiti per risolvere particolari problemi.

Le applicazioni che vengono trattate sono:

- Station Desktop Organizer: è una comoda utilità che aiuta nella gestione e nello spostamento

all’interno delle numerose finestre del software necessarie al funzionamento di ogni

stazione;

- Remote Station Controller (RSC): è un dispositivo portatile che si può utilizzare per:

resettare interblocchi, attivare e disattivare l’impianto idraulico del sistema, controllare

manualmente l’attuatore, avviare e arrestare le prove, ingressi monitor e sensore zero,

spegnere la stazione durante un’emergenza, in genere il RSC è collocato su un tavolo o

accanto al telaio di carico o al tavolo della prova.

Nelle pagine seguenti sono riportate tutte le caratteristiche dei due sistemi descritti

precedentemente. In genere i software secondari sono specifici per la macchina di prova utilizzata e

sono forniti dal produttore.

Nel caso in oggetto i software utilizzati sono specifici del modello 793.00 per i regolatori automatici

di controllo serie TestStar e FlexTest prodotti dalla MTS.

I prodotti seguenti sono disponibili come opzioni del software del prodotto Model 793.00:

- Profile Editor: permette di progettare forme d’onda arbitrarie riproducibili con

l’applicazione MultiPurpose TestWare;

- Trend Process e Trend Monitoring: esegue il monitoraggio dell’andamento delle variabili

associate alla prova in corso;

- Fatigue Process e Fatigue Monitoring: esegue il monitoraggio dell’andamento dei parametri

di fatica registrati nel corso della prova;

- Remote Setpoint Adjust: un perfezionamento del software che consente l’uso di uno o più

codificatori su di una stazione per controllare i punti di regolazione dei canali di controllo.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

61

33..33..11 SSttaattiioonn DDeesskkttoopp OOrrggaanniizzeerr

Station Desktop Organizer è una comoda utilità che aiuta nella gestione e nello spostamento

all’interno delle numerose finestre del software necessarie al funzionamento di ogni stazione. È

particolarmente utile quando si gestiscono contemporaneamente più stazioni.

Con i comandi di Station Desktop Organizer è possibile:

- visualizzare o nascondere tutte le finestre della stazione con un solo clic del mouse;

- monitorare le informazioni importanti per più stazioni su una singola barra delle

applicazioni;

- avviare altre applicazioni MTS comprese MultiPurpose TestWare, Basic TestWare, Profile

Editor e Station Builder.

Quando si avvia Station Desktop Organizer, esso carica automaticamente le stazioni aperte nella

barra delle applicazioni dell’organizer.

Figura 3.6 Barra di Station Desktop Organizer. [16]

La prima volta che si avvia Station Desktop Organizer, esso si inserisce nella parte alta del desktop

di Windows NT.

La barra delle applicazioni dell’organizer può essere inserita nella parte superiore, inferiore, a destra

o a sinistra del desktop, o la si può collocare in una posizione mobile in qualunque punto dello

schermo. È possibile eseguire comandi e configurare le proprietà di Station Desktop Organizer dal

menu dell’organizzatore.

L’aggiornamento automatico dell’elenco delle stazioni ogni cinque secondi consente di impostare

Station Desktop Organizer affinché aggiorni l’elenco delle stazioni automaticamente. Per

preimpostazione, questa proprietà è attivata e impostata per aggiornare l’elenco delle stazioni ogni

cinque secondi.

È possibile usare i pulsanti sulla barra delle applicazioni di Station Desktop Organizer per

nascondere e visualizzare le finestre della stazione, e avviare altre applicazioni MTS.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

62

Station Desktop Organizer è dotato dei seguenti comandi e indicatori:

- pulsanti stazioni e Menu azioni;

- nascondi e visualizza pulsanti;

- pulsante Stop;

- indicatori di stato.

Il nome di ogni stazione aperta viene visualizzato su un pulsante di stazione. Dal menu delle azioni

di stazione è possibile:

- spostarsi tra le finestre aperte per ogni stazione;

- avviare altre applicazioni MTS quali Station Manager, Station Builder, Profile Editor,

MultiPurpose TestWare e Basic TestWare. Ove applicabile, la configurazione corrente verrà

caricata nell’applicazione secondo necessità.

Il pulsante stop si può utilizzare per arrestare un programma eseguito al momento nella stazione. Gli

indicatori di stato della barra delle applicazioni di Station Desktop Organizer riportano le seguenti

voci:

- l’applicazione che controlla attivamente la stazione;

- lo stato della prova;

- lo stato dell’impianto idraulico della stazione;

- lo stato dell’interblocco della stazione.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

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33..33..22 RReemmoottee SSttaattiioonn CCoonnttrroolllleerr ((RRSSCC))

Il Remote Station Controller (RSC) è un dispositivo portatile che si può utilizzare per:

- resettare interblocchi;

- attivare e disattivare l’impianto idraulico del sistema;

- controllare manualmente l’attuatore;

- avviare e arrestare le prove;

- gestire ingressi monitor;

- spegnere la stazione durante un’emergenza.

In genere il RSC è collocato su un tavolo o accanto al telaio di carico o al tavolo della prova. Per

utilizzare un RSC con la stazione, esso deve essere definito nel file .hwi. Quando si avvia l’utilità

del caricatore del sistema, ogni RSC definito nel file .hwi viene resettato e reso pronto per

comunicare con la stazione.

Figura 3.7 Remote Station Controller. [16]

La voce del file .hwi per un RSC (visualizzato di seguito) definisce a quale porta deve essere

collegato il RSC, quale file firmware si usa e quale catena di interblocco è attiva nel RSC.

Per i regolatori automatici TestStar IIs e TestStar IIs AP, è possibile collegare un singolo RSC a un

regolatore automatico J50. I regolatori automatici corretti devono essere definiti nel file .hwi.

Si deve attivare il RSC quando si apre il file di configurazione della stazione nello Station Manager.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

64

Questa sezione descrive i vari comandi e indicatori del Remote Station Control (RSC). Il pannello

di controllo dello RSC è disponibile in due configurazioni; una fornisce un comando di E-Stop e

HPS e l’altro fornisce un Arresto stazione con nessun comando HPS. Il sistema può avere uno o

entrambi queste configurazioni di pannello.

Mantenendo premuto il pulsante Reset è possibile applicare la pressione idraulica e riportare

l’attuatore nel range con il comando Manual Control (Comando manuale).

I comandi HSM gestiscono la pressione del collettore di alimentazione idraulico. Se sono presenti

più HSM, i comandi condizionano lo HSM selezionato al momento nella pagina dello Station

Manager del RSC.

Il cambiamento dei canali sul RSC cambia gli HSM selezionati. La selezione della Modalità gruppo

sul RSC disattiva questi comandi:

- off spegne lo HSM;

- low applica la bassa pressione, in genere 2 MPa (300 psi);

- high applica l’alta pressione, in genere 21 MPa (3000 psi).

Lo HPS deve essere acceso prima che possa essere acceso lo HSM. Per arrestare immediatamente la

prova e disattivare l’impianto idraulico della stazione, si può premere il pulsante Emergency Stop

(Arresto di emergenza). È possibile usare il disco combinatore del Manual Control (Comando

manuale) per posizionare l’attuatore. Con l’alimentazione idraulica accesa, la regolazione del

comando manuale comporta l’estensione o la contrazione dell’attuatore.

È possibile utilizzare la regolazione Manual Control (Comando manuale) per:

- installare o rimuovere un campione;

- calibrare un sensore.

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Capitolo 3 Sistemi software per il monitoraggio delle prove.

65

È possibile cambiare ciò che è visualizzato nella schermata. Usare i pulsanti freccia sinistro e destro

(lungo il lato destro dello RSC) per passare tra le schermate delle seguenti pagine disponibili:

- la pagina dello Station Manager visualizza il canale di controllo, le modalità di controllo e il

valore corrente di ogni segnale di ingresso selezionato;

- la pagina MultiPurpose TestWare (disponibile solo quando MultiPurpose TestWare è in

esecuzione) visualizza campione, procedura di prova e stato corrente della prova selezionati;

- le pagine dei segnali sono definite per la schermata RSC nello Station Manager. Ogni pagina

di segnale contiene un elenco di segnali creati, ovvero un gruppo di segnali e i loro valori

correnti.

Il nome dell’applicazione che controlla attivamente la stazione è visualizzato sulla barra del titolo

della schermata RSC e accanto all’etichetta Application (Applicazione) sulla schermata.

Le applicazioni disponibili sono:

- Station Manager (External Command, Function Generator o Auto Tuning);

- MultiPurpose TestWare (quando in esecuzione);

- Basic TestWare (quando in esecuzione).

Gli elenchi dei segnali sono utili per ridurre il numero di segnali visualizzati nella finestra del RSC

o dello Station Manager Station Signals (Segnali di stazione).

In RSC questa caratteristica aiuta ad evitare di dover scorrere elenchi di segnali troppo lunghi in una

schermata piccola. Limitando ogni elenco di segnali RSC a cinque segnali, è possibile evitare di

dover far scorrere l’elenco per trovare il segnale desiderato.

È possibile creare pagine di segnali personalizzate da visualizzare sul RSC fino a un massimo di tre.

Ogni pagina di segnale contiene un elenco di segnali creati, ovvero un gruppo di segnali e i loro

valori correnti.

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MMeettooddoollooggiiee ddiissttrruuttttiivvee ee nnoonn ddiissttrruuttttiivvee ppeerr llaa vvaalluuttaazziioonnee ddeellllee ccaarraatttteerriissttiicchhee mmeeccccaanniicchhee ddeell

ccaallcceessttrruuzzzzoo..

Capitolo 4 “Esecuzione di prove sperimentali”

Carpentieri Gerardo

12/03/2008

44..11 PPrroovvaa aa pprreessssoofflleessssiioonnee ssuu ppiillaassttrrii iinn cc..aa..

44..22 PPrroovvaa ddii rreessiisstteennzzaa aa ccoommpprreessssiioonnee ssuull ccaallcceessttrruuzzzzoo

44..33 CCaarroottaaggggii

44..44 PPrroovvee uullttrraassoonniicchhee

44..55 PPrroovvee sscclleerroommeettrriicchhee

44..66 MMeettooddoo SSoonnrreebb:: ccoommbbiinnaazziioonnee ddii sscclleerroommeettrroo eedd uullttrraassuuoonnii

AAnnnnoo AAccccaaddeemmiiccoo 22000077 -- 22000088

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

67

44..11 PPrroovvaa aa pprreessssoofflleessssiioonnee ssuu ppiillaassttrrii iinn cc..aa..

La prima operazione da compiere per eseguire la prova di carico è individuare, nella zona di

stoccaggio, il pilastro desiderato grazie ad un opportuno codice identificativo. Il pilastro viene

realizzato su una opportuna fondazione di dimensioni circa doppie rispetto al pilastro (che in genere

ha dimensioni di 30x30 cm). Occorre realizzare un buon collegamento fondazione - pilastro,

assimilabile ad un incastro perfetto. Come detto il pilastro viene realizzato in calcestruzzo di

cemento armato che può avere, in relazione alle diverse esigenze, dei materiali con caratteristiche

differenti:

- il calcestruzzo in genere può avere resistenze cubiche caratteristiche superiori di 25 MPa;

- l’acciaio utilizzato, secondo la nuova normativa, può essere del tipo B450A oppure C.

È anche importante, per ottenere delle buone caratteristiche meccaniche del conglomerato, studiarne

la granulometria (la relativa curva deve essere compresa nel fuso di Fuller) ed accertarsi quindi di

avere un buon mix design controllando che:

- le quantità e le caratteristiche dei materiali siano quelle progettate;

- il rapporto acqua – cemento sia il più basso possibile;

- il calcestruzzo abbia una buona consistenza risultante dalla prova del cono di Abrams;

- vengano utilizzati (se necessario) degli additivi di caratteristiche note e nelle giuste dosi.

L’armatura utilizzata nel pilastro può essere a barre lisce (oggi non più utilizzate) e a barre ad

aderenza migliorata, che consentono un buon trasferimento di tensioni dall’acciaio al calcestruzzo.

In genere il pilastro viene armato con barre in numero e dimensione variabile:

- è possibile utilizzare un minimo di 4 barre da disporre per metà sul lembo inferiore e per

metà sul lembo superiore;

- la dimensione delle barre varia da un diametro minimo di 8 mm ad uno massimo di 40 mm.

Oltre alle barre longitudinali vengono disposte anche delle staffe, ad interasse variabile lungo la

luce del pilastro, per assorbire gli sforzi di taglio durante la prova. Si può prevedere, ovviamente, un

raffittimento delle staffe alla base del pilastro. La preparazione prosegue, quindi, posizionando gli

attuatori, verticali ed orizzontali a contatto con il pilastro. Tale operazione risulta essere molto

delicata e presenta dei rischi: infatti nel posizionare l’attuatore orizzontale occorre attivare

l’alimentazione idraulica e spostarlo fino a metterlo a contatto con il pilastro stesso.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

68

Nel fare tale operazione è indispensabile:

- impostare dei limiti di sicurezza riguardo gli spostamenti e i carichi: l’attuatore deve

spostarsi piano e di pochi mm alla volta, onde evitare di travolgere il pilastro, e deve

arrestarsi appena viene in contatto col pilastro;

- controllare visivamente la posizione dell’attuatore ad ogni avanzamento, magari avvalendosi

dell’uso di Remote Station Controller.

Prima di procedere alla prova vera e propria occorre posizionare sul pilastro gli estensimetri e gli

LVDT per il monitoraggio degli spostamenti, delle deformazioni e i carichi subiti dal pilastro

durante la prova, ed in particolare:

- spostamento della sommità del pilastro a seguito del carico orizzontale e quindi rotazione

del pilastro;

- deformazione e rotazione alla base;

- carico verticale ed orizzontale al quale il pilastro è sottoposto.

Gli estensimetri vengono incollati sulla superficie del pilastro dopo che questa è stata

precedentemente trattata e pulita. Ogni estensimetro viene collegato con due cavi ad un opportuno

ricevitore collegato ad un computer che acquisisce, elabora, comunica e memorizza i dati rilevati.

Ciascun estensimetro utilizzato, prima dell’inizio della prova deve essere testato nel suo

funzionamento, andando a controllarne la risposta spostando semplicemente gli LVDT e gli

estensori a filo ed applicando una leggera pressione con il dito sugli estensimetri.

La prova può essere eseguita in diversi modi in relazione allo scopo che si vuole ottenere e allo

studio da effettuare sul pilastro. La prova può essere condotta principalmente in due modi:

- applicando una storia di carico: si applica un carico, fisso o ciclico, programmato nel file di

prova; vengono rilevati in tale fase gli spostamenti conseguenti;

- applicando una storia di spostamenti: si applica uno spostamento, fisso o ciclico

programmato nel file di prova; vengono rilevati in tale fase i carichi conseguenti.

Nella maggior parte delle prove eseguite sui pilastri si procede ad applicare un carico verticale

fissato, registrando di conseguenza uno spostamento (verticale) grazie all’estensimetro a filo.

La prova procede quindi applicando una storia di spostamenti ciclici orizzontali, programmato nel

file di prova e registrando quindi i corrispondenti sforzi che si generano nel pilastro come reazione.

L’aumento di spostamento da una rampa e l’altra, la velocità di carico e la rilevazione dei dati

vengono impostati dall’operatore nel file di prova.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

69

Nella maggior parte dei casi, per ogni ciclo

di spostamenti, è possibile registrare un

carico massimo che in seguito diminuisce

quando lo stesso ciclo viene ripetuto. La

prova di solito viene fatta terminare

approssimativamente quando il carico

massimo che si registra durante il nuovo

ciclo è inferiore del 10% rispetto a quello

che si registra nel ciclo precedente di

spostamenti.

Figura 4.2 Particolare dell’incastro.

Figura 4.1 Pilastro in c.a. in preparazione per la prova.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

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44..11..11 CCoonnssiiddeerraazziioonnii ssuuii mmaatteerriiaallii ssttrruuttttuurraallii:: ccaallcceessttrruuzzzzoo ee aacccciiaaiioo

Il conglomerato cementizio armato, detto più brevemente calcestruzzo armato (c.a.) è uno tra i

materiali compositi più utilizzati nelle costruzioni moderne. La storia di questo materiale ha poco

più di un secolo; le prime esperienze tecniche ed i primi brevetti sono stati quelli di ricercatori

francesi come: Hennebique, Coignet, Monier.

Il calcestruzzo armato risulta essere composto da due componenti:

- il calcestruzzo: materiale a sua volta composto principalmente da inerti, cementi e acqua,

che può sopportare grandi sforzi di compressione;

- l’acciaio: una lega di Ferro e Carbonio (con concentrazione inferiore a 0,7 %), che sopporta

grandi sforzi di trazione.

I due materiali precedenti hanno delle caratteristiche meccaniche notevolmente differenti, basti

pensare che il calcestruzzo è molto meno resistente (sia in trazione che in compressione) rispetto

all’acciaio. In realtà proprio tali differenze hanno reso possibile ideare il materiale composito in

oggetto, ovvero calcestruzzo e acciaio compensano a vicenda le rispettive caratteristiche negative.

Tra i due materiali, quello con la più grande variabilità di resistenze è senza dubbio il calcestruzzo.

Questo è essenzialmente dovuto al fatto che la resistenza del calcestruzzo è influenzata dal dosaggio

dei componenti e dalle rispettive capacità meccaniche, dalla durabilità, dalla viscosità e dal ritiro nel

tempo.

L’unione dei materiali calcestruzzo e acciaio è però resa possibile grazie all’assenza di reazioni

chimiche tra i due materiali, all’aderenza mutua, all’analogo coefficiente di dilatazione, alla

trasmissione degli sforzi.

Il dosaggio dei componenti del calcestruzzo è di grande importanza non soltanto per la resistenza

ma anche per la lavorabilità e la durabilità.

Un parametro importante per la determinazione della resistenza e della durabilità è la compattezza:

100100 nci

.

Dove n è la percentuale di vuoti. Ovviamente le caratteristiche meccaniche della miscela saranno

direttamente proporzionali rispetto alla compattezza, che può essere aumentata studiando in maniera

opportuna la granulometria degli inerti e limitando il più possibile il rapporto acqua / cemento.

La curva granulometrica che, teoricamente, massimizza la compattezza e limita i vuoti è detta curva

di Fuller di equazione:

(4.1)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

71

Ddp 100 .

Dove p è la percentuale di passante, d è il diametro dei fori dello staccio, D è il diametro massimo

degli inerti.

Il rapporto acqua / cemento influenza notevolmente la resistenza del conglomerato. L’acqua di

impasto svolge le funzioni di: reagire con il cemento, bagnare le superfici degli inerti, conferire una

buona lavorabilità all’impasto.

La terza quantità di acqua è la principale responsabile della caduta delle caratteristiche meccaniche

in seguito alla formazione di vuoti e pori, per limitarla al massimo è possibile utilizzare degli

additivi fluidificanti e superfluidificanti.

È da notare che nella messa in opera del calcestruzzo, inevitabilmente si vengono a formare dei

vuoti che vanno comunque eliminati andando a vibrare il getto con degli organi meccanici messi a

contatto con la cassaforma o con le armature. L’azione della vibrazione, però non deve essere

troppo prolungata, onde evitare la segregazione del conglomerato.

Un discorso completamente diverso va fatto per l’acciaio, le cui caratteristiche meccaniche e di

durabilità sono molto meno variabili. Questo è essenzialmente dovuto ad un processo di

fabbricazione controllato e perfezionato nel tempo.

Le caratteristiche meccaniche principali di tale materiale sono:

- resistenza a trazione;

- deformazione dell’armatura in corrispondenza della tensione massima;

- attitudine al piegamento.

(4.2)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

72

44..11..22 PPiillaassttrrii iinn cc..aa.. rriinnffoorrzzaattii ccoonn ffiibbrree ddii ccaarrbboonniioo

Le fibre di carbonio sono una tecnologia altamente evoluta, non invasiva e dalle elevatissime

caratteristiche meccaniche idonee per tutti gli interventi di consolidamento statico, riabilitazione

strutturale ed adeguamento sismico. L’impiego dei materiali compositi in applicazioni innovative è

uno dei settori emergenti di maggior rilievo dell’Ingegneria Strutturale. I prodotti fibrorinforzati a

matrice polimerica (CFRP, Carbon Fiber Reinforced Polimer) a fibre di carbonio continue sono

materiali compositi, eterogenei ed anisotropi, che mostrano un comportamento prevalentemente

elastico lineare fino al collasso. Le fibre di carbonio sono usate per la fabbricazione di compositi ad

elevate prestazioni e si distinguono per il loro alto modulo di elasticità normale (240 – 280 GPa) e

per la loro elevata resistenza (4100 – 5100 MPa). Esibiscono un comportamento a rottura

intrinsecamente fragile e, a confronto con le fibre di vetro (GFRP) e con quelle arammidiche

(AFRP), le fibre di carbonio risultano essere le meno sensibili ai fenomeni di scorrimento viscoso

(creep) e di fatica, e sono contraddistinte da una modesta riduzione della resistenza a lungo termine.

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha emanato alcuni documenti in cui sono contenute le

Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamento statico

mediante l’utilizzo di compositi fibrorinforzati. Tali documenti, che rappresentano le linee guida di

riferimento per il settore, sono il frutto dell’interesse scientifico di molti ricercatori operanti nei

campi della Meccanica delle Strutture, delle Costruzioni, della Riabilitazione Strutturale e

dell’Ingegneria Sismica. L’applicazione di materiali compositi fibrorinforzati (FRP) rappresenta la

soluzione tecnologica più evoluta per gli interventi di consolidamento statico, di rinforzo e

riabilitazione strutturale, di miglioramento e adeguamento sismico.

In particolare sono usate per:

- rinforzo a flessione di travi;

- rinforzo a pressoflessione di travi e pilastri;

- rinforzo dei nodi trave – pilastro, trave – trave e pilastro – fondazione;

- rinforzo a taglio di travi e pilastri;

- rinforzo a torsione di travi e pilastri;

- confinamento di pilastri e setti;

- incremento delle duttilità delle sezioni terminali di travi e pilastri;

- incremento della capacità deformativa globale della struttura;

- irrigidimento di solaio nel proprio piano;

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

73

- miglioramento della capacità sismica dell’edificio;

- confinamento di piano per il collegamento della sommità dei muri;

- realizzazione di sistemi reticolari remoti spaziali;

- messa in sicurezza di edifici residenziali, ospedalieri, scolastici, sportivi, commerciali e

industriali.

L’intervento di rinforzo con FRP, che ha la peculiarità di vedere accoppiati materiali tradizionali,

come calcestruzzo e muratura, con materiali dalla tecnologia nettamente più avanzata, trova largo

impiego nel consolidamento e nel rinforzo delle strutture civili e industriali.

I composti per il rinforzo strutturale sono disponibili in diverse geometrie: esse vanno dalle lamine

utilizzate per il rinforzo di elementi dotati di superfici regolari, ai tessuti mono – bi – quadri

direzionali che possono essere facilmente adattati alla forma dell’elemento da rinforzare, prima

della fase di impregnazione.

I vantaggi degli FRP sono molteplici: leggerezza, elevate proprietà meccaniche, caratteristiche

anticorrosive. Inoltre i compositi si adattano bene anche ad applicazioni in cui è necessario

preservare le caratteristiche estetiche della struttura originaria (edifici di interesse storico o artistico)

o in casi in cui i rinforzi tradizionali sarebbero di difficile applicazione per limitatezza dello spazio

a disposizione. Gli FRP garantiscono eccezionali risultati in termini di sicurezza, riducendo al

minimo i problemi di invasività e di ingombro garantendo la totale responsabilità.

Tra le caratteristiche positive delle fibre si annoverano:

- elevate proprietà meccaniche;

- direzionalità del rinforzo;

- grande adattabilità di forma;

- bassissima invasività;

- progettabilità totale;

- modesta riduzione di resistenza nel tempo;

- leggerezza dei materiali con ininfluente incremento delle masse;

- elevate caratteristiche anticorrosive;

- minimo ingombro.

Le fibre in carbonio si prestano ad essere utilizzate quindi per il recupero di elementi strutturali in

c.a. particolarmente degradati a seguito di usura o di azioni sismiche, ed evitano quindi il ricorso a

ristrutturazioni o a ricostruzioni ex – novo.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

74

44..11..33 CCeennnnii ssuull ccoonnffiinnaammeennttoo

La resistenza a rottura del calcestruzzo aumenta notevolmente in regime di stati tensionali biassiali

e triassiali, ottenibili con:

- pilastri cerchiati;

- fibre di carbonio;

- staffe molto fitte.

Il seguente grafico è ottenuto applicando al generico provino in calcestruzzo uno stato tensionale

biassiale in direzione verticale z ed orizzontale x. Aumentando di volta in volta le due tensioni è

possibile ricavare la tensione di rottura fc e riportare quindi i corrispondenti valori sul grafico.

Figura 4.3 Influenza dello stato tensionale biassiale sulla resistenza del provino. [1]

Si nota che per tensioni verticali ed orizzontali uguali la resistenza del provino aumenta del 16 %,

ma per opportune combinazioni delle due si arriva ad aumenti anche del 25 % rispetto al caso

monoassiale.

Il provino in calcestruzzo può essere sottoposto anche ad un regime tensionale triassiale con

tensione verticale lungo z (σz) e tensioni orizzontali uguali lungo x ed y (σx = σy). In quest’ultimo

caso, se la tensione verticale è opportunamente maggiore di quelle orizzontali (tale quindi da

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

75

determinare la rottura) si vede dal seguente grafico che la tensione a rottura aumenta notevolmente

all’aumentare della tensione orizzontale di confinamento seguendo la Legge di Richart del 1928:

)(, 1,4 yxcrz f .

Grazie alle considerazioni suddette, determinabili con particolari prove di laboratorio, si giunge alla

conclusione che vi è una maggiore resistenza del calcestruzzo in regime bi – triassiale. Quindi è

lecito assumere delle tensioni di lavoro del materiale superiori in presenza di sollecitazioni

concentrate che determinano uno stato tensionale pluriassiale grazie all’azione di cerchiatura

esercitata da parti non caricate del generico elemento (appoggi, ancoraggi di cavi da

precompressione, etc). Frequentemente nella pratica tecnica tali risultati sono quindi adottati nei

pilastri di forma circolare o poligonale in c.a. perché la staffatura, se piuttosto fitta, ha una

importante influenza sulla resistenza e soprattutto sulla duttilità dell’elemento.

Figura 4.4 Influenza dello stato tensionale triassiale sulla resistenza del provino. [1]

(4.3)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

76

Figura 4.5 Schema di un pilastro cerchiato. [1]

Per tenere conto dell’effetto di cerchiatura delle staffe si può assumere che in condizioni di rottura

la staffatura, così come le barre longitudinali, raggiunga lo snervamento. Perciò è possibile valutare

il valore della tensione laterale esercitata dalla staffatura sul calcestruzzo da una relazione di

equilibrio delle tensioni normali giacenti sul piano diametrale:

sn

sysl pD

f

2.

Dalla precedente relazione, moltiplicando per 2πDn:

'2 224

c

systsy

ns

nsl A

fAfDp

D

,

in cui Ast ha il significato di area longitudinale di armatura equipesante rispetto alle staffe ed A’c è

l’area del nucleo cerchiato.

Tenendo conto del regime tensionale triassiale del calcestruzzo la tensione di rottura sarà:

''

21,4

1,4c

systclcc A

fAfff

.

La capacità portante ultima del pilastro è quindi:

syslcc

systcsyslccu fAA

AfA

ffAAfN

'

''' 05,2

.

(4.5)

(4.4)

(4.6)

(4.7)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

77

Ovvero:

sl

c

syst

c

syccu A

ff

Aff

AfN 05,2' .

Sostituendo alla resistenza a rottura la tensione ammissibile, la normativa utilizza la seguente

relazione per il progetto di tali elementi:

slstcc AAAN 1530' .

Nella precedente relazione l’area ideale risulta quindi maggiorata rispetto al caso di sforzo normale

su pilastri non cerchiati perché comprende il nucleo cerchiato, l’area delle barre longitudinali e

della barra equipesante moltiplicate rispettivamente per 15 e per 30. Il confinamento può essere

realizzato non soltanto con i metodi tradizionali ma anche con le suddette fibre di carbonio che

determinano un miglioramento delle proprietà meccaniche del calcestruzzo in condizioni ultime. In

particolare il confinamento consente di incrementare:

- la resistenza ultima e la corrispondente deformazione ultima per elementi sollecitati da

sforzo normale centrato o con piccola eccentricità;

- la duttilità e la resistenza ultima per membrature presso – inflesse.

L’incremento della resistenza a compressione e della corrispondente deformazione ultima del

calcestruzzo confinato con FRP dipendono principalmente dalla pressione di confinamento

applicata. Quest’ultima è funzione della rigidezza del sistema e della forma della sezione trasversale

dell’elemento da confinare. Il confinamento di elementi in c.a. può essere realizzato con tessuti o

lamine in FRP disposti sul contorno come fasciatura esterna continua (ricoprimento) o discontinua

(cerchiatura). Il confinamento di un elemento in c.a. con FRP si rende necessario quando occorre

incrementare la sua resistenza in condizioni di compressione centrata o in presenza di piccola

eccentricità. Per ottenere un efficace confinamento è buona norma disporre le fibre in direzione

perpendicolare all’asse dell’elemento. Il confinamento con FRP di elementi a sezione quadrata o

rettangolare produce incrementi solo marginali della resistenza a compressione. Conseguentemente,

applicazioni di questo genere devono essere attentamente vagliate ed analizzate. Prima

dell’applicazione del sistema in FRP è opportuno procedere ad un arrotondamento degli spigoli

della sezione. Il confinamento delle membrature in c.a. pressoinflesse appare una tecnica matura ed

efficace per incrementare la resistenza e soprattutto la duttilità delle zone critiche. L’incremento di

duttilità è particolarmente necessario nel caso di adeguamento sismico di strutture progettate senza

curare i dettagli nodali con infittimenti di staffe ed idonei ancoraggi delle armature longitudinali.

(4.8)

(4.9)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

78

44..11..44 CCaarraatttteerriissttiicchhee ddeelllloo ssttaattoo tteennssiioonnaallee:: llaa pprreessssoofflleessssiioonnee

Nella prova a pressoflessione eseguita in laboratorio i pilastri in c.a. sono sollecitati con una forza

parallela all’asse dell’elemento stesso, ma eccentrica rispetto al baricentro della sezione.

Nel caso di pilastri in c.a. il baricentro va riferito rispetto alla sezione complessiva, cioè composta

da calcestruzzo e acciaio, le cui aree vanno moltiplicate per il coefficiente di omogeneizzazione n.

In relazione ai carichi, verticali od orizzontali, applicati all’elemento, possono verificarsi due

situazioni diverse dal punto di vista delle metodologie di verifica:

- il caso di piccola eccentricità;

- il caso di grande eccentricità.

Il caso di piccola eccentricità si verifica quando il centro di pressione incontra la sezione all’interno

del nocciolo centrale d’inerzia della sezione omogeneizzata. In genere il nocciolo della sezione

omogeneizzata è leggermente maggiore del nocciolo della sezione di solo calcestruzzo.

In tale caso l’asse neutro, essendo coniugato del centro di pressione rispetto al baricentro, risulta

esterno alla sezione che quindi è completamente reagente. È possibile applicare la nota formula

trinomia per il calcolo delle tensioni nel calcestruzzo e nell’acciaio:

.

;

,,

,

iy

yi

x

x

idicis

iy

yi

x

x

idic

xI

My

IM

ANnn

xI

My

IM

AN

Figura 4.6 Pressoflessione: piccola eccentricità. [1]

(4.10a)

(4.10b)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

79

Nel secondo caso, di grande eccentricità, l’asse neutro taglia la sezione individuando una parte

compressa ed una tesa, si dice quindi che la sezione risulta essere parzializzata e la sezione reagente

non è nota a priori. Essendo incognita la sezione reagente occorre procedere in maniera differente

rispetto al caso precedente, perciò è possibile individuare le seguenti equazioni di equilibrio tra le

tensioni interne e le sollecitazioni esterne:

a) equazione di equilibrio alla traslazione nella direzione dell’asse della membratura:

NAdAs

r

n

iisisA r

1,, ;

b) equazione di equilibrio alla rotazione intorno all’asse neutro incognito:

n

n

iniisisA rn dNyAdAy

s

r

1,,, ;

c) equazione di equilibrio alla rotazione intorno all’asse di sollecitazione incognito, ma passante per

il centro di pressione C:

01

,,, r

s

A

n

iisisisrs yAdAy .

Figura 4.7 Pressoflessione: grande eccentricità. [1]

Svolgendo i precedenti integrali si ottiene la seguente equazione, utilizzata per la determinazione

della posizione dell’asse neutro:

0 nnn IdS .

Dove Sn ed In sono rispettivamente il momento statico ed il momento d’inerzia della sezione

reagente rispetto all’asse neutro.

(4.12)

(4.13)

(4.14)

(4.11)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

80

44..22 PPrroovvaa ddii rreessiisstteennzzaa aa ccoommpprreessssiioonnee ssuull ccaallcceessttrruuzzzzoo

Le Norme Italiane (in particolare il DM 16.06.1976 parte 1a, art. 3 ed allegati 2 e 3) prevedono delle

prove obbligatorie di controllo dei conglomerati e degli acciai che vengono impiegati in una

costruzione. Le prove in oggetto sono necessarie per introdurre le Resistenze Caratteristiche dei

materiali stessi che saranno utilizzate nei calcoli di verifica. Tutte le prove sui materiali, come detto,

si svolgono in Laboratori Ufficiali che consentono di ottenere dei risultati oggettivi e corrispondenti

alla realtà.

Una delle prove più importanti che vengono effettuate è la misura della resistenza a compressione

sul calcestruzzo utilizzato per la costruzione di nuovi fabbricati o anche la misura della resistenza

del conglomerato in fabbricati già esistenti.

In genere vengono effettuati uno o più prelievi di conglomerato fresco, ognuno dei quali costituisce

un insieme di almeno quattro provini cubici. Il lato del cubetto varia da 10 e 30 cm in relazione al

diametro massimo degli inerti utilizzati negli impasti. Soprattutto se si hanno dei fabbricati già

esistenti vengono utilizzati dei provini di forma cilindrica prelevati da elementi strutturali esistenti

(in genere dei pilastri) con tecniche di carotaggio.

La misura della resistenza a compressione viene effettuata disponendo il provino sulla macchina di

prova (una pressa) che applica il carico con una velocità prefissata (oppure in controllo di

spostamento).

I cubetti dei prelievi di costruzioni in corso d’opera devono essere normalmente stagionati per

almeno 28 giorni in ambiente controllato, ottenendo perciò la resistenza cubica o cilindrica a

compressione a 28 giorni.

La resistenza a compressione di un provino è data dal carico massimo raggiunto prima della rottura

diviso per l’area su cui esso agisce. Quindi per un provino cubico di lato b vale:

bbPf r

ct .

(4.15)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

81

Se invece si utilizza un provino di forma cilindrica di diametro Ø la resistenza di rottura vale:

2

4

rct

Pf .

La resistenza a compressione tuttavia varia in relazione alla forma del provino, alle dimensioni del

provino ed alla velocità di carico. Per fare in modo che la dimensione del provino non influenzi la

prova è necessario che la dimensione del provino (minima) sia maggiore di cinque volte la

dimensione massima degli inerti.

La forma del provino influenza il risultato della prova perché durante l’applicazione del carico,

visto che il provino si deforma, nascono delle tensioni normali (dovute all’azione dei piatti della

pressa) e delle tensioni tangenziali.

Figura 4.8 Stato tensionale del provino. [1]

Si instaura, quindi, un regime tensionale triassiale difficilmente eliminabile nelle prove comuni che

influenza i risultati della prova in relazione al rapporto tra il lato del provino cubico (d) e l’altezza

(l).

(4.16)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

82

Figura 4.9 Influenza del rapporto l/d sulla resistenza del provino. [1]

Dal precedente grafico si ricava l’importante conclusione che i provini cubici, caratterizzati da un

basso rapporto l/d hanno una resistenza maggiore dei provini di forma più allungata (come ad

esempio le carote, che meglio si rapportano alla forma reale degli elementi strutturali più comuni

come travi e pilastri).

Per tenere conto dei risultati precedenti la Normativa Italiana introduce dei coefficienti riduttivi per

passare dalla resistenza cubica alla resistenza cilindrica. Per provini cubici di lato 15 cm, ad

esempio, viene utilizzato un coefficiente di 0,83 per passare ad una resistenza cilindrica

caratterizzata da un rapporto l/d pari a due.

Quindi:

cubcil RR 83,0 .

La normativa UNI EN 12390 – 1 specifica le dimensioni nominali e le relative tolleranze delle

diverse forme che i provini di calcestruzzo possono assumere (Figura 4.10).

(4.17)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

83

Figura 4.10 Forma e dimensione dei provini. [14]

Vengono assunte delle tolleranze perché è molto difficile ricavare dei provini di forma

perfettamente cubica, cilindrica o prismatica.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

84

Anche la velocità della prova influenza la resistenza a compressione. Il precedente comportamento

è dovuto alla formazione di microfessurazioni che si propagano determinando così la rottura anche

a seguito di carichi non più incrementati.

In genere le prove effettuate in laboratorio sono abbastanza veloci, per semplicità la Normativa

Italiana prevede un coefficiente riduttivo di 0,85.

La resistenza a compressione del conglomerato cementizio non è una quantità fisica determinabile

per via deterministica perché le incertezze connesse al confezionamento del calcestruzzo ed alla

esecuzione del getto (granulometria, caratteristiche dei materiali) rendono variabile la resistenza del

materiale anche per provini dello stesso getto e della stessa geometria.

La determinazione della resistenza del calcestruzzo viene quindi effettuata studiando la

distribuzione della probabilità, assunta di tipo “normale” o “gaussiana”, e definendo quindi il valore

medio e lo scarto quadratico medio.

Figura 4.11 Definizione della resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo. [1]

Occorre determinare un valore convenzionale della resistenza detto “resistenza caratteristica a

compressione” Rck. La resistenza caratteristica rappresenta quel valore della resistenza che ha la

probabilità del 5 % di non essere superata.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

85

Utilizzando almeno 30 provini è possibile determinare agevolmente la resistenza media Rcm e lo

scarto quadratico sc che consentono di calcolare la resistenza caratteristica:

ccmccmck sRsKRR 64,1 .

Dove:

n

RR

n

ii

m

1 ;

11

2

n

RRs

n

imi

c ;

essendo n il numero di provini.

La curva tensione – deformazione che è possibile ottenere dalle prove è caratterizzata da un

andamento curvilineo approssimativamente parabolico nel primo tratto fino alla tensione massima

che corrisponde ad una deformazione dello 0,2 %, seguito da un tratto discendente fino a

deformazioni di poco superiori 0,35 % per le quali i provini si sgretolano completamente.

Figura 4.12 Legame parabola – rettangolo. [2]

(4.18)

(4.19)

(4.20)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

86

Negli studi teorici il tratto decrescente viene approssimato ad un tratto rettilineo ottenendo il legame

Parabola – Rettangolo che è esprimibile attraverso le seguenti relazioni:

.0035,0020,0;

;0020,0;25011000

cd

cd

ff

Esistono anche altri legami costituitivi del calcestruzzo come:

- legame razionale fratto di Saenz;

- legame lineare – rettangolo;

- legame rettangolare (stress block).

L’espressione analitica del legame fratto di Saenz è la seguente:

.50100

98027,00028,0

;500035,0;0022,0;05,1

;

;

:

;21

4

1

0

*10

1

2

ckcm

cu

ckcu

c

c

cc

c

c

c

ff

f

EEff

Ek

dove

fk

k

(4.21a)

(4.21b)

(4.22)

(4.23a)

(4.23b)

(4.23c)

(4.23d)

(4.23e)

(4.23f)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

87

Figura 4.13 Diagramma di Saenz. [2]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

88

44..22..11 CCoonnffeezziioonnaattuurraa ddeeii pprroovviinnii

I provini di calcestruzzo da esaminare possono essere realizzati direttamente in laboratorio o

prelevati in cantiere durante il corso dei lavori.

Se i provini vengono eseguiti in laboratorio tutti i componenti del conglomerato vanno pesati con

una precisione dello 0,2 % e la confezione può essere eseguita a mano o con betoniera, in un locale

con temperatura tra 18 e 26 °C e con umidità relativa non inferiore al 65 %.

Il calcestruzzo, una volta confezionato, viene posto in casseforme metalliche (o plastiche) ed

assestato con il metodo della vibrazione. La forma deve essere riempita con un unico strato ma è

consentita l’aggiunta di impasto per compensare la vibrazione. Passate 24 ore dal getto è possibile

sformare il provino ponendo particolare attenzione a non danneggiarlo.

La stagionatura deve avvenire in condizioni controllate, con temperature comprese tra 18 e 22 °C e

con umidità del 90 %.

In cantiere il prelevamento dei provini può avvenire:

- all’impianto di betonaggio;

- alla betoniera: viene effettuato a metà dello scarico per betoniere di volume di 0,5 mc o a più

riprese per betoniere di maggiori dimensioni e ad intervalli di tempo uguali. È importante

inoltre prendere nota del tipo di betoniera, della capacità, del numero di giri e del tempo di

impasto;

- all’autobetoniera: in tre riprese e ad intervalli di tempo uguali;

- al momento dell’impiego (da getti in opera): deve essere eseguito in tre punti della

superficie del getto, rimescolando il calcestruzzo ottenuto.

Il verbale di prelievo deve contenere:

- località del cantiere;

- numero e sigla del prelievo;

- composizione del calcestruzzo;

- data ed ora del prelievo;

- provenienza del prelievo.

Se i provini vengono preparati in cantiere occorre seguire le seguenti norme:

- le forme vengono riempite con calcestruzzo fluido in due o più strati ognuno dei quali viene

assestato con colpi di tondino di ferro del diametro di 10 mm;

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

89

- se il calcestruzzo ha una consistenza media i vari strati possono essere assestati fino a

rifluimento della malta in superficie utilizzando un pestello di superficie tra 1/8 e 1/4 del

provino;

- se il calcestruzzo ha una consistenza umida i vari strati possono essere assestati fino a

rifluimento della malta in superficie utilizzando il metodo della vibrazione; il tipo di

vibratore deve essere ad immersione o a tavola vibrante.

Dopo il costipamento si procede a rasare e lisciare la superficie superiore del provino, che può

essere sformato dopo 24 ore dalla confezione.

Il prelievo dei provini in cantiere (almeno quattro) deve essere effettuato e verbalizzato in presenza

del direttore dei lavori e del rappresentante dell’imprenditore indicando:

- forma, dimensione e numero dei provini;

- modalità di preparazione dei provini;

- destinazione del getto campionato.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

90

44..22..22 SSttaaggiioonnaattuurraa ddeeii pprroovviinnii

Una volta prelevati i provini di calcestruzzo la loro stagionatura può avvenire nei seguenti modi:

- stagionatura in condizioni definite di temperature e di umidità: la temperatura è mantenuta

costante compresa tra 18 e 22 °C e l’umidità deve essere superiore al 90 %. All’uopo tali

condizioni possono essere ottenute in ambienti di laboratorio appositamente costruiti ed

attrezzati, oppure sistemando i provini sotto sabbia umida;

- stagionatura nelle stesse condizioni ambientali delle strutture;

- stagionatura accelerata: per i provini provenienti da calcestruzzi per manufatti prefabbricati

sottoposti a maturazione accelerata.

La stagionatura accelerata può essere utilizzata anche per gli altri tipi di provini ai fini

dell’anticipazione delle prove. Tutti i provini devono essere prelevati dall’ambiente di stagionatura

non prima di due ore dall’inizio delle prove. Se il laboratorio delle prove è lontano dal luogo di

stagionatura il trasporto dei provini deve avvenire con ogni cautela, con imballo in segatura o sabbia

umida.

Prima di essere sottoposti a prove di rottura, i provini, comunque prelevati e confezionati, devono

essere sottoposti a prova di regolarità geometrica.

Le tolleranze di planarità sulle facce a contatto con la pressa sono di 5 centesimi di mm. Gli angoli

fra due facce devono essere retti, con tolleranze di 30’ sessagesimali (Figura 4.14).

Nel caso in cui le condizioni suddette non sono verificate

occorre procedere ad effettuare la “spianatura” con:

- macchina con mola di carburo di silicio, oppure;

- macchina con mole diamantata;

- applicazione di pasta di cemento o gesso o altro idoneo

materiale.

Infine, i provini vengono pesati con una precisione dell’1%.

Figura 4.14 Tolleranze dei provini di calcestruzzo. [3]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

91

44..22..33 MMooddaalliittàà ddii eesseeccuuzziioonnee ddeellllaa pprroovvaa

La normativa vigente stabilisce dei vincoli riguardo:

- preparazione e posizionamento dei provini;

- applicazione del carico;

- valutazione del tipo di rottura;

- espressione dei risultati.

In primo luogo è importante asciugare l’eccesso di umidità dalla superficie del provino prima di

posizionarlo nella macchina di prova ed asciugare tutte le superfici portanti della macchina, pulirle

e rimuovere eventuali residui di particelle o altri materiali estranei dalle superfici del provino che

entrano in contatto con i piatti della macchina di prova.

Il provino, inoltre, deve essere posizionato in maniera centrata rispetto al piatto inferiore e

superiore, in modo tale che il carico sia il più possibile verticale. Ovviamente anche la macchina di

prova deve essere impostata in modo tale da realizzare un carico verticale e fedele al carico

progettato, perciò i piatti devono essere livellati ed allineati e le parti meccaniche della macchina

devono funzionare nei normali parametri di fabbrica.

La Normativa suggerisce di adottare una velocità di carico compresa tra 0,2 e 1,0 MPa/s. Il carico

deve essere applicato senza colpi e deve essere aumentato in modo continuo fino a rottura.

La velocità di carico deve essere mantenuta costante durante tutta la durata della prova, anche per le

presse a controllo manuale, che tendono a diminuire la velocità all’aumentare del carico.

La valutazione dell’esito positivo o negativo della prova può essere effettuata osservando il modo in

cui il provino si è rotto:

- una rottura piramidale del provino: per diversi provini si ha la formazione di una serie di

piramidi più o meno regolari, con le facce che formano un angolo di circa 45° con la base,

che sono segno di un esito soddisfacente della prova, ovvero sono indice di un calcestruzzo

che ha raggiunto senz’altro una elevata resistenza a compressione;

- una rottura parziale, irregolare, senza un preciso piano di rottura del provino è, invece,

indice di un esito non soddisfacente, ovvero è proprio di calcestruzzo scadente e che tende a

sbriciolarsi. Occorre perciò ripetere la prova o accertarsi delle caratteristiche del

conglomerato.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

92

La formazione delle “piramidi di rottura”, con le facce a 45°, è conseguenza degli sforzi tangenziali,

che hanno origine dalla compressione, e come è noto dalla Scienza delle Costruzioni, tali sforzi

raggiungono il massimo del valore in corrispondenza appunto di piani inclinati a 45°; ed è a causa

di tali sforzi di scorrimento che si verifica la rottura del provino.

Figura 4.15 Rotture soddisfacenti. [15]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

93

Figura 4.16 Rotture non soddisfacenti. [15]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

94

La prova è accertata da un certificato in cui, oltre alle nominali indicazioni, sono dichiarati:

- la data della prova;

- il peso del provino e le sue dimensioni;

- la resistenza a compressione in N/mm2 o kg/cm2;

- il tipo di rottura;

- eventuali difetti del provino o della prova.

La Normativa Italiana (DM 14/01/08) prevede due tipi di “controllo di accettazione”:

Tipo A) Costruzioni inferiori a 1500 m3 di getto.

Il controllo, da eseguire ogni 100 m3 di getto con tre prelievi, è positivo se sono soddisfatte le

seguenti due equazioni:

- 5,3 ckm RR in N/mm2;

- 5,31 ckRR in N/mm2.

Dove:

3321 RRRRm

;

321 RRR .

Tipo B) Costruzioni con più di 1500 m3 di getto.

Il controllo, da eseguire ogni 1500 m3 su almeno 15 prelievi, è positivo se:

- cckm sRR 4,1 in N/mm2;

- 5,31 ckRR in N/mm2.

Dove:

- Rm = valore medio delle resistenze;

- R1 = valore minimo delle resistenze;

- Sc = scarto quadratico medio delle 15 resistenze di prelievo.

(4.24)

(4.25)

(4.26)

(4.27)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

95

44..33 CCaarroottaaggggii

Il carotaggio è uno dei metodi di verifica della resistenza a compressione del conglomerato più

frequentemente utilizzato per strutture già esistenti e che consiste nel prelevare, mediante sega

cilindrica a corona diamantata, dei campioni cilindrici (carote) di calcestruzzo, di diametro

compreso tra 3 e 20 cm.

Il carotaggio deve essere eseguito con attenzione in quanto la struttura esaminata risulta, nella

maggior parte dei casi, apprezzabilmente danneggiata e occorre progettare eventuali rinforzi (ad

esempio puntellare la struttura).

Prima di procedere all’estrazione della carota è indispensabile rilevare la posizione delle armature

nell’elemento onde evitare di tagliare i ferri, danneggiando sia la struttura che l’operazione di

estrazione della carota.

Il cilindro della carota deve essere tagliato ed estratto formando delle basi piane, parallele e normali

all’asse del cilindro per consentire una misura della resistenza a compressione fedele. Per ottenere i

risultati precedenti, secondo le norme ASTM C 617 è possibile:

- utilizzare una macchina capace di eseguire una rettifica della regolarità del provino;

- eseguire l’operazione di “cappatura” del provino, ovvero applicare sulle superfici spianate,

dopo il taglio, una patina sufficientemente resistente (spessa almeno 3 mm) di pasta di

cemento o gesso oppure una malta legata da zolfo fuso a 130 °C mediante una macchina che

mantiene il cilindro verticale, in modo che la base “cappata” forma un angolo di non più

0,5° con l’asse del cilindro stesso.

I risultati ottenuti a seguito delle prove non possono essere confrontati direttamente con la

resistenza media o caratteristica di progetto ma vanno trattati con grande cautela. Infatti la

valutazione della resistenza caratteristica, così come detto nelle pagine precedenti, avviene in

condizioni particolari e controllate; ad esempio i provini cubici vengono compattati a fondo e

maturati in condizioni ottimali.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

96

I numerosi fattori di indeterminazione, quindi, possono:

- non consentire al calcestruzzo in opera il raggiungimento delle resistenze che invece

vengono raggiunte nel calcestruzzo confezionato per i provini a causa di: difetti di

compattazione, difetti di maturazione umida, aggiunte d’acqua in cantiere;

- causare l’ottenimento di valori di resistenza non rappresentativi della reale qualità del

materiale in opera a seguito di: differenti rapporti altezza/diametro, danneggiamento del

materiale da parte dell’utensile;

- causare una grande variabilità dei risultati dovuti a: posizione del prelievo, direzione delle

carote e altri.

L’effetto complessivo delle suddette variabili evidenzia, statisticamente, una riduzione di 5 – 6

N/mm2 della resistenza della carota rispetto a quella del provino cubico maturato in condizioni

standard e ben compattato.

Una tra le espressioni più note per calcolare la resistenza del calcestruzzo della struttura in relazione

al risultato del carotaggio, usata dalle norme europee, è data dalla Concrete Society inglese (British

Standard 1881):

15,1

1

DfR car .

Dove:

- R1 è la resistenza cubica del calcestruzzo nella struttura;

- fcar è la resistenza della carota avente rapporto altezza/diametro pari a λ;

- D è una costante pari a 2,5 per carotaggi orizzontali e 2,3 per carotaggi verticali rispetto alla

direzione di getto;

- λ è il rapporto altezza/diametro.

(4.28a)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

97

La relazione (4.28a) fornisce valori del tipo, per carotaggi orizzontali:

Tabella 4.1 Valori della (4.28a) per fori orizzontali.

Carotaggi orizzontali: D= 2,5

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 5,00 5,43 5,77 6,03 6,25

10,00 10,00 10,87 11,54 12,07 12,50 15,00 15,00 16,30 17,31 18,10 18,75 20,00 20,00 21,74 23,08 24,14 25,00 25,00 25,00 27,17 28,85 30,17 31,25

30,00 30,00 32,61 34,62 36,21 37,50

Diagrammando:

Figura 4.17 Relazione tra resistenza della carota e resistenza cubica secondo la (4.28a) per carotaggi orizzontali.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

98

La relazione (4.28a) fornisce valori del tipo, per carotaggi verticali:

Tabella 4.2 Valori della (4.28a) per fori verticali.

Carotaggi verticali: D= 2,3

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 4,60 5,00 5,31 5,55 5,75

10,00 9,20 10,00 10,62 11,10 11,50 15,00 13,80 15,00 15,92 16,66 17,25 20,00 18,40 20,00 21,23 22,21 23,00 25,00 23,00 25,00 26,54 27,76 28,75

30,00 27,60 30,00 31,85 33,31 34,50

Diagrammando:

Figura 4.18 Relazione tra resistenza della carota e resistenza cubica secondo la (4.28a) per carotaggi verticali.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

99

Secondo la formulazione riportata nei riferimenti [22] e [23] è possibile utilizzare la relazione:

15,1

83,01

DfR car .

Dove:

- D è una costante pari a 2,00 per carotaggi orizzontali e 1,84 per carotaggi verticali rispetto

alla direzione di getto;

- β è un coefficiente che tiene conto del disturbo arrecato al campione durante la perforazione

pari a 1,10;

- 0,83 è un coefficiente che tiene conto della riduzione di resistenza dei provini cilindrici

rispetto a quelli cubici.

La relazione (4.28b) fornisce valori del tipo:

Tabella 4.3 Valori della (4.28b) per fori orizzontali.

Carotaggi orizzontali: D= 2

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 5,30 5,76 6,12 6,40 6,63

10,00 10,60 11,52 12,23 12,80 13,25 15,00 15,90 17,29 18,35 19,19 19,88 20,00 21,20 23,05 24,47 25,59 26,51 25,00 26,51 28,81 30,58 31,99 33,13

30,00 31,81 34,57 36,70 38,39 39,76

(4.28b)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

100

Tabella 4.4 Valori della (4.28b) per fori verticali.

Carotaggi verticali: D= 1,84

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 4,88 5,30 5,63 5,89 6,10

10,00 9,75 10,60 11,25 11,77 12,19 15,00 14,63 15,90 16,88 17,66 18,29 20,00 19,51 21,20 22,51 23,54 24,39 25,00 24,39 26,51 28,14 29,43 30,48

30,00 29,26 31,81 33,76 35,32 36,58

Secondo il riferimento [22], invece:

cfR car

10,1

1 83,0 .

Dove:

- c è un coefficiente che tiene conto dell’influenza della dimensione della carota e varia tra

0,92 e 1,00 per λ tra 1 e 2.

Si riporta infine la relazione suggerita nei riferimenti [20] e [21]:

15,1

83,05,1

1

DfR car .

Dove:

- D è una costante pari a 1,84 per carotaggi orizzontali e 2,00 per carotaggi verticali rispetto

alla direzione di getto.

(4.28c)

(4.28d)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

101

La relazione (4.28d) fornisce valori del tipo:

Tabella 4.5 Valori della (4.28d) per fori orizzontali.

Carotaggi orizzontali: D= 1,84

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 6,65 7,23 7,67 8,03 8,31

10,00 13,30 14,46 15,35 16,05 16,63 15,00 19,95 21,69 23,02 24,08 24,94 20,00 26,60 28,92 30,70 32,11 33,25 25,00 33,25 36,14 38,37 40,13 41,57

30,00 39,90 43,37 46,04 48,16 49,88

Tabella 4.6 Valori della (4.28d) per fori verticali.

Carotaggi verticali: D= 2

fcar [MPa]

λ = h / D 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00

R1 [MPa] 5,00 7,23 7,86 8,34 8,72 9,04

10,00 14,46 15,72 16,68 17,45 18,07 15,00 21,69 23,57 25,02 26,17 27,11 20,00 28,92 31,43 33,36 34,90 36,14 25,00 36,14 39,29 41,71 43,62 45,18

30,00 43,37 47,15 50,05 52,35 54,22

Secondo la Guida A.C.I. 214.4R – 03 (2003) la relazione per la determinazione della resistenza

cilindrica a compressione della carota è la seguente:

cardmcdiadlc fFFFFR /

Dove:

- Fl/d è un fattore che tiene conto dell’influenza esercitata dalle dimensioni del provino;

- Fdia è un fattore che tiene conto delle dimensioni del diametro del provino;

- Fmc è un fattore che tiene conto delle condizioni di umidità del provino;

(4.28e)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

102

- Fd è un fattore che tiene conto del danno arrecato al provino durante la perforazione.

Espressione analoga alla (4.28a), utilizzabile per il calcolo della resistenza cubica del calcestruzzo

della struttura è la seguente, in cui si assume D = 2:

15,1

2

DfR car .

L’eventuale presenza di barre d’armatura nella carota non pregiudica completamente la prova ma se

ne può tenere conto introducendo nelle formule precedenti un coefficiente correttivo pari a:

Lh

c

r

5,11 .

Dove:

- φr = diametro della barra;

- φc = diametro della carota;

- h = distanza dell’asse della barra dalla base della carota più vicina;

- L = lunghezza della carota.

Nella maggior parte dei carotaggi, anche utilizzando le formule precedenti, si ottengono dei valori

di resistenza più piccoli di cubi ricavati da blocchi segati nelle strutture.

La Normativa UNI 10766 prevede la possibilità dell’utilizzo di micro carote di diametro pari a 28

mm in numero di almeno 12 provini, almeno 3 provini per ogni carota. Il vantaggio dell’uso di

carote più piccole è il non danneggiamento eccessivo della struttura.

È opportuno che il diametro della carota sia maggiore del triplo del diametro massimo dell’inerte

impiegato nella confezione.

(4.29)

(4.30)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

103

Figura 4.19 Carota di calcestruzzo prelevata da struttura già in opera e indurita. [3]

Il prelievo di campioni dalla struttura originaria può avvenire anche con il metodo dei fori allineati e

contigui (come per le rocce) effettuati mediante perforatrice ed evitando le barre d’armatura.

Figura 4.20 Metodo dei fori allineati, per il prelievo di calcestruzzo da opere già eseguite da tempo. [3]

Il verbale di prelevamento di campioni di calcestruzzo già indurito deve dare, oltre le usuali notizie,

le seguenti indicazioni:

- ubicazione del prelievo nella struttura ed orientamento rispetto al piano di getto;

- metodo dell’estrazione;

- metodo di lavorazione successiva per ricavare i provini dai campioni.

È consigliabile la scrupolosa osservanza delle modalità sopra specificate, al fine di evitare, in casi di

contestazione non rari, l’invalidamento delle prove eseguite, per inosservanza delle norme.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

104

44..33..11 PPoossiizziioonnee eedd eesseeccuuzziioonnee ddeell ccaarroottaaggggiioo

L’estrazione delle carote deve avvenire limitando al massimo i danni alla struttura e quindi

estraendo le carote nei punti meno sollecitati, ovvero quelli più lontani da giunti o bordi

dell’elemento e lontani dalle armature.

In particolare, per i pilastri la posizione del carotaggio deve essere effettuata tenendo conto che:

- in prossimità della testa e del piede è possibile ottenere dei risultati falsati della resistenza

delle carote a causa di elevata segregazione fra i componenti del conglomerato;

- la diminuzione della sezione di calcestruzzo in zone particolarmente sollecitate a

compressione (come alla base) e in presenza di calcestruzzo scadente potrebbero comportare

problemi statici.

I migliori carotaggi nei pilastri sono quindi quelli nella fascia intermedia rispetto all’altezza del

pilastro.

Considerazioni analoghe possono essere formulate per le travi nelle quali si ottengono risultati

migliori per travi più alte (ed emergenti) e ad 1/5 della luce. È inoltre preferibile un carotaggio in

prossimità dell’asse neutro, in cui si hanno tensioni minori, sempre accertandosi di non tagliare le

armature.

Allo scopo di evitare il tranciamento delle armature occorre servirsi di un “pacometro” per poter

individuare le armature e tracciarle.

Il carotaggio dovrà essere eseguito perpendicolarmente alla superficie in modo da non danneggiare

la carota. I fori vanno in seguito sigillati con malte di tipo espansivo (malta tissotropica

fibrorinforzata a ritiro controllato).

Le carote potranno essere passanti l’elemento o (peggio) non passanti. Nel primo caso il campione

viene estratto in maniera indisturbata.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

105

44..33..22 CCaarraatttteerriissttiicchhee ddeellllee ccaarroottee

La resistenza della carota dipende da:

- diametro della carota;

- metodo di rettifica da utilizzare;

- rapporto lunghezza/diametro che si vuole ottenere.

Il diametro della carota dipende dalla sega utilizzata, in genere si usano diametri compresi tra 100 e

150 mm. Come detto la resistenza della carota dipende dal rapporto lunghezza/diametro in maniera

inversamente proporzionale, per ottenere dei risultati accettabili spesso è consigliabile usare un

rapporto pari a due.

La dimensione degli inerti influisce sulla resistenza della carota in maniera direttamente

proporzionale.

Immediatamente a seguito dell’estrazione della carota occorre procedere alla sua marcatura ed

identificazione. Tale operazione va eseguita registrando in maniera chiara ed indelebile il codice

identificativo della carota sia sul campione che sul foro.

Prima di procedere alle fasi successive occorre accertarsi dell’assenza o meno di barre d’armatura

nella carota e, se presenti, prendere gli opportuni provvedimenti.

Le carote vengono quindi trasportate con ogni cautela in laboratorio dove verranno trattate e

preparate per le prove che possono essere di carattere meccanico, chimico o fisico.

Il campione prelevato non dovrà presentare anomalie ad un esame visivo come: irregolarità delle

superfici (distacco di inerti), fori, vuoti, eccessiva porosità, basi non parallele.

Infine si eseguono le misurazioni riguardo il diametro e la lunghezza della carota e l’eventuale

indicazione della presenza di barre d’armatura.

Prima di procedere alla prova a compressione può essere necessario, per rendere il provino regolare:

- molatura;

- cappatura: metodo con cemento alluminoso;

- cappatura: metodo con malta di zolfo.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

106

44..44 PPrroovvee uullttrraassoonniicchhee

La resistenza a compressione del calcestruzzo in opera può essere determinata conoscendo la

velocità di propagazione degli ultrasuoni nel materiale. Analogamente alla prova sclerometrica la

seguente non è una prova distruttiva. La prova viene eseguita appoggiando sulle estremità del

provino o tra due punti di una struttura a distanza nota due trasduttori, capaci uno di trasmettere e

l’altro di ricevere impulsi ultrasonici; si determina così il tempo e la velocità di propagazione con

un’accuratezza di circa 0,5 %. Tale caratteristica è legata al modulo elastico dinamico E del

calcestruzzo ed alla sua densità ρ dall’equazione:

5,0

2111

EV .

Dove:

- ν è un coefficiente di Poisson del calcestruzzo in opera.

Dalla precedente è possibile ricavare il modulo di elasticità dinamico quadrando ed invertendo:

12112VE .

La precedente relazione viene utilizzata per elementi strutturali aventi tre dimensioni non

trascurabili rispetto alla direzione di propagazione delle onde. Se invece l’elemento strutturale

presenta due dimensioni non trascurabili rispetto alla direzione di propagazione delle onde è

possibile utilizzare la seguente formula derivabile dalla precedente:

22 1 VE .

Pertanto il modulo di elasticità statico si può determinare con la relazione di Weber – Hermenn

Wesde:

062,10dEE .

(4.31)

(4.32)

(4.33)

(4.34)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

107

La seconda frazione in parentesi della (4.31) assume valori compresi tra 0,79 e 0,84. Pertanto la

velocità degli impulsi ultrasonici nel calcestruzzo dipende dai numerosi fattori da cui dipendono

densità e modulo.

A parità di resistenza a compressione, tale velocità dipende dal tipo di aggregato e dal rapporto

aggregato/cemento. La presenza di umidità nel calcestruzzo produce un aumento della velocità

degli ultrasuoni.

Per una particolare produzione di calcestruzzo, con le stesse proporzioni dell’impasto e lo stesso

tipo di aggregato, c’è una relazione diretta fra velocità degli impulsi e la resistenza a compressione

del calcestruzzo. In base a queste proprietà è possibile costruire delle curve di taratura, mediante le

quali individuare la qualità e le variazioni di qualità del calcestruzzo nelle strutture.

La singola misurazione di velocità è in genere molto accurata, tuttavia la correlazione con la

resistenza del calcestruzzo è soggetta a notevoli errori; nel grafico seguente sono riportati risultati

ottenuti con diversi calcestruzzi e diverse stagionature, ponendo in ascisse i valori ricavati dallo

schiacciamento dei cubi e in ordinate le velocità degli ultrasuoni misurate sugli stessi cubi o su

prismi del volume di 0,1 m3. Sono evidenti l’elevata dispersione dei risultati e la difficoltà di

utilizzarli mediante un’unica curva di taratura.

Figura 4.21 Curve di correlazione velocità degli ultrasuoni – resistenza a compressione su cubi e prismi. [4]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

108

Anziché utilizzando le curve di taratura, le velocità misurate con questa apparecchiatura possono

preferibilmente essere correlate alla resistenza a compressione del calcestruzzo mediante tabelle

come la seguente.

Tabella 4.7 Relazione tra velocità degli ultrasuoni e qualità del calcestruzzo. [4]

La velocità apparente degli ultrasuoni è ridotta dalla presenza di fessure o cavità nel calcestruzzo in

quanto gli impulsi devono percorrere tragitti più lunghi; tali difetti possono essere localizzati nelle

strutture. Il metodo si presta anche per individuare, attraverso le variazioni di velocità, attacchi

chimici o fisici al calcestruzzo, e per determinare lo spessore di pavimentazioni. Si prevedono le

seguenti fasi:

- generazione di impulsi ultrasonici per trasparenza, per mezzo di trasduttori elettroacustici

con dispositivo di sincronismo del segnale di partenza;

- rilevazione dei tempi di propagazione degli impulsi di vibrazione ultrasonica rilevate da un

accelerometro posizionato sul lato opposto;

- calcolo della velocità di propagazione dell'impulso ultrasonico, analizzando tramite

oscilloscopio l'arrivo del primo fronte d'onda;

- restituzione in tabella con determinazione del valore medio (analisi puntuale);

- restituzione in tabella dei valori misurati; elaborazione computerizzata dei valori di velocità

ultrasonica con rappresentazione grafica tramite software generatore di superfici e

visualizzazione della mappa sul profilo longitudinale;

- stima del valore approssimato di resistenza, mediante algoritmo matematico basato su

correlazione empirica tra la velocità dell'impulso ultrasonico e l'indice sclerometrico

(Metodo SonReb - Cod. S-CA).

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

109

44..44..11 SSttrruummeennttaazziioonnee ppeerr llaa pprroovvaa uullttrraassoonniiccaa eedd eesseeccuuzziioonnee ddeellllaa pprroovvaa

L’apparecchiatura utilizzata per la prova ultrasonica comprende:

- trasmettitore sonico: serve a generare l’impulso;

- ricevitore sonico: comprende un trasduttore, trasforma in segnale elettrico le vibrazioni

meccaniche ricevute, un dispositivo di amplificazione, un’unità di analisi ed eventuali filtri;

- elaboratore dati: misura il tempo intercorso dall’emissione alla ricezione del segnale in

maniera precisa grazie ad un’opportuna amplificazione del segnale.

Gli emettitori di vibrazioni possono essere elettrodinamici o meccanici. Nel primo caso trasformano

l’impulso elettrico in impulso meccanico; il secondo genera direttamente un impulso meccanico

tramite un impatto.

Figura 4.22 Strumentazione per la prova ultrasonica.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

110

La trasmissione dell’impulso, secondo il posizionamento delle sonde, può essere:

- diretta (o di propagazione per trasparenza): le sonde trasmittente e riceventi sono applicate

su due facce opposte dell’elemento strutturale;

Figura 4.23 Trasmissione diretta dell’impulso. [11]

- semi – diretta (o di propagazione diagonale): le sonde sono applicate su due facce adiacenti,

nella maggior parte dei casi ortogonali all’elemento strutturale;

Figura 4.24 Trasmissione semi – diretta dell’impulso. [11]

- indiretta (o di propagazione strutturale): le sonde sono applicate sulla stessa faccia.

Figura 4.25 Trasmissione indiretta dell’impulso. [11]

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

111

Nella maggioranza dei casi viene utilizzato il metodo diretto, perché è il sistema che garantisce la

massima e migliore trasmissione di ultrasuoni dalla sonda trasmittente alla ricevente e, quindi, si ha

la massima sensibilità e precisione. Operazione indispensabile prima dell’applicazione delle sonde è

trattare le superfici dell’elemento pulendole e levigandole per renderle piane. Tra le sonde e le

superfici dell’elemento strutturale si interpone un sottile strato di vaselina, o grasso, o sapone

liquido, o pasta di caolino, etc. La temperatura influisce sui risultati della prova se non è compresa

nell’intervallo tra + 5°C e + 30°C. In questi casi è possibile utilizzare dei coefficienti correttivi

come i seguenti, anche se nella pratica, è sempre da evitare l’esecuzione della prova a tali

temperature estreme.

Tabella 4.8 Coefficienti correttivi per effetto della temperatura. [11]

Temperatura [°C]

Correzione [%]

Calcestruzzo Asciutto Calcestruzzo Saturo

60 5 4 40 2 1,7 20 0 0 0 -0,5 -1

< -4 -1,5 -7,5

La resistenza cubica a compressione del calcestruzzo è ottenibile dalla seguente relazione, in

funzione della velocità [11]:

Lcub VR ;

dove:

- tLVL ;

- L è distanza tra le due sonde;

- T è il tempo di attraversamento;

- α e β sono delle costanti note.

(4.35)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

112

Nel metodo della trasmissione indiretta vi è una incertezza per quanto riguarda la lunghezza esatta

del percorso di trasmissione, a causa delle dimensioni delle zone di contatto tra trasduttori e

calcestruzzo.

Per eliminare l’incertezza precedente è possibile effettuare più rilevazioni di velocità a differenti

distanze della sonda. I dati ottenuti possono essere interpolati in un diagramma tempo – distanza. La

velocità delle onde ultrasoniche nella massa di calcestruzzo dipende inoltre da:

- lunghezza del percorso;

- presenza di armatura.

In relazione alla potenza meccanica della sonda emittente ed alla sensibilità della sonda ricevente

esistono delle limitazioni alla lunghezza massima del percorso delle onde vibrazionali. Esistono

diversi fattori che influenzano tale lunghezza:

- caratteristiche del materiale: porosità, composizione granulometrica degli aggregati;

- rugosità superficiale;

- variazione subita dal segnale in ampiezza e frequenza.

La massima distanza alla quale è possibile porre le sonde varia proporzionalmente con la

dimensione massima dell’aggregato nella massa di calcestruzzo. Ad esempio, se l’aggregato ha

dimensioni massime di 20 mm, per evitare influenze negative dovute all’eterogeneità della massa di

calcestruzzo, la massima distanza consigliabile tra le sonde è pari a 100 mm; se invece la

dimensione massima degli aggregati è compresa tra 20 e 40 mm, la massima distanza aumenta a

150 mm.

È possibile comunque prevedere percorsi più lunghi grazie all’uso di trasduttori con frequenze

naturali di vibrazione più basse (comprese tra 10 e 20 kHz) per minimizzare l’assorbimento del

segnale da parte della massa di calcestruzzo.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

113

Per i percorsi più brevi è invece consigliato utilizzare sonde con frequenze più elevate (maggiori di

50 kHz) per ottenere misure di tempo più affidabili. Le onde ultrasoniche viaggiano più

velocemente nelle barre di armatura e quindi giungono più velocemente alla sonda ricevente. Visto

che la velocità è direttamente proporzionale alla resistenza del conglomerato, in presenza di

armature, è facile ottenere dei valori falsi e maggiori di quelli reali.

Per evitare l’influenza delle armature è necessario conoscere la disposizione delle armature grazie a

tavole tecniche, se disponibili, o grazie ad indagini preliminari mediante “pacometro”. In questo

modo è possibile individuare anche visivamente le armature nell’elemento in cemento armato e

posizionare la sonda il più possibile lontana dalle armature.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

114

44..55 PPrroovvee sscclleerroommeettrriicchhee

Per misurare la resistenza a compressione del calcestruzzo è anche possibile utilizzare uno

strumento portatile detto sclerometro o sclerometro a rimbalzo, le cui caratteristiche sono definite

secondo le Norme UNI 9189, aggiornate dalle UNI EN 12504 - 2. Tale strumento basa il suo

funzionamento sull’urto di una massa nota sulla superficie dell’elemento di calcestruzzo da

analizzare, massa che, nel rimbalzare, trasporta un indice da leggere su di una scala (l’indice di

rimbalzo I).

Per poter eseguire questa prova occorre rispettare i seguenti limiti:

- la superficie del calcestruzzo deve essere liscia e regolare nel punto in cui viene applicato lo

strumento;

- lo spessore dell’elemento strutturale da analizzare non deve essere inferiore a 150 mm;

- per ottenere un valore attendibile dell’indice di rimbalzo è necessario ripetere la prova per

almeno 10 volte, essendo la prova stessa sensibile a variazioni locali nelle proprietà del

calcestruzzo (come ad esempio, la presenza di un elemento di aggregato grosso o di porosità

sotto la superficie).

Nell’eseguire tale prova lo strumento deve essere tenuto perpendicolarmente alla superficie da

saggiare a causa dell’influenza della gravità sulla massa di rimbalzo. Esistono però degli opportuni

diagrammi che consentono di tenere conto dell’inclinazione dello strumento rispetto all’orizzontale.

È, inoltre, sconsigliabile l’uso dello strumento su elementi in calcestruzzo esposti da più di tre mesi

all’aria, in quanto il fenomeno della carbonatazione rende la superficie dell’elemento più dura,

falsando quindi la lettura. La prova fornisce risultati differenti per calcestruzzi freschi e asciutti: nel

primo caso si ottengono dei valori di resistenza maggiori per calcestruzzi umidi, a parità di numero

di rimbalzo.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

115

Figura 4.26 Grafico per l’utilizzazione dello sclerometro. [4]

Molti autori hanno eseguito prove sclerometriche:

- misurando la resistenza a compressione su cubi stagionati in modo standard;

- eseguendo preventivamente sui cubi suddetti delle misure sclerometriche ponendo lo

strumento fra i piatti della pressa prima dello schiacciamento.

È stato possibile notare che il coefficiente di correlazione della retta di regressione è risultato

generalmente modesto, indicando che il metodo può fornire solo un’indicazione di massima della

resistenza a compressione del calcestruzzo.

Un modo quantomeno realistico per utilizzare questo metodo è quello di ricavare una valutazione

qualitativa piuttosto che quantitativa, per esempio assumendo secondo Kolek (1978) il criterio

riassunto nella tabella 4.9.

Tabella 4.9 Criterio qualitativo di Kolek (1978). [4]

Valore medio di 10 misure Qualità del calcestruzzo

40 Buono

30 - 40 Medio

20 - 30 Discreto

< 20 Scarso

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

116

La prova di durezza superficiale sclerometrica, quindi, non può essere utilizzata da sola per la

determinazione della resistenza a compressione del calcestruzzo ma deve essere accoppiata con

altre prove, come la ultrasonica.

Lo strumento utilizzato, dopo un certo numero di battute, in genere 500, deve essere soggetto ad

intervento di manutenzione per una verifica di taratura. Inoltre con tale prova sclerometrica è

possibile ottenere un risultato con una precisione stimata del 15 – 20 %.

L’area da sottoporre alla prova deve essere approssimativamente di 300 mm x 300 mm.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

117

44..55..11 CCllaassssiiffiiccaazziioonnee ddeeii mmeettooddii sscclleerroommeettrriiccii

Esistono principalmente tre metodi sclerometrici:

- metodo della curva di taratura;

- metodo dei coefficienti di influenza non corretti;

- metodo della curva unica.

Il metodo della curva di taratura viene utilizzato per stimare la resistenza a compressione di

elementi strutturali prefabbricati che presentano qualità dei materiali e dosaggi costanti. In questo

caso, avendo note le curve di taratura e il risultato della prova sclerometrica (indice di rimbalzo) è

possibile ricavare direttamente la resistenza.

Le curve di taratura sono tracciate eseguendo delle prove distruttive e non distruttive su almeno 30

provini in calcestruzzo aventi lato non inferiore a 15 cm. I provini vengono prima testati con lo

sclerometro per almeno 6 – 10 volte su punti distanti minimo 2 cm e 3 cm dagli spigoli;

successivamente il provino viene caricato a rottura da una pressa.

Le curve di taratura sono differenti in relazione alle caratteristiche dell’impasto del conglomerato ed

all’inclinazione dello sclerometro. Con questo metodo è possibile raggiungere una precisione

dell’ordine di 20 – 25 %.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

118

Figura 4.27 Curva unica di trasformazione dello strumento per il calcolo della resistenza a compressione in funzione della durezza dell’urto. Wm = valore più probabile della resistenza a compressione sul cubo; Wmax e Wmin = limiti

di dispersione che comprendono l’80% delle prove. [11]

Nel metodo dei coefficienti di influenza non corretti la resistenza a compressione di un calcestruzzo

viene determinata utilizzando una curva di taratura nota di un calcestruzzo aventi caratteristiche

standard. La resistenza a compressione di prima approssimazione, quindi, noto l’indice di rimbalzo

sarà:

bIaR .

Con a e b costanti note dipendenti dalla curva di taratura. Il valore di resistenza ottenuto, però è

riferito al calcestruzzo standard. Per riferirsi al calcestruzzo in oggetto occorre calcolare un

coefficiente correttivo totale che tiene conto delle caratteristiche del calcestruzzo da saggiare:

umadct CCCCCC .

Dove:

- Cc è il coefficiente di influenza del tipo di cemento;

- Cd è il coefficiente di influenza del dosaggio di cemento;

- Ca è il coefficiente di influenza del tipo di inerte;

- Cm è il coefficiente di influenza della maturità del calcestruzzo;

(4.36)

(4.37)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

119

- Cu è il coefficiente di influenza dell’umidità del calcestruzzo.

La resistenza ricercata sarà quindi pari a:

teff CRR .

Con questo metodo si ottengono dei valori di resistenza con un errore del 30 – 40 % rispetto a quelli

reali. Il metodo della curva unica viene utilizzato nei casi in cui non è nota la composizione e le

caratteristiche del calcestruzzo. In questo caso si procede stimando l’indice di rimbalzo da una

media di almeno 10 letture sclerometriche. Lo sclerometro permette la misura anche dell’altezza di

rimbalzo del martello battente. Noto l’indice di rimbalzo medio è possibile quindi stimare la

resistenza media utilizzando la curva unica resistenza – indice di rimbalzo fornita dal costruttore

oppure utilizzando la seguente formula approssimata [11]:

75,1059,0 IRcub .

La precedente fornisce i valori indicati nella seguente tabella.

Tabella 4.10 Stima della resistenza cubica con la (4.39).

I 10 20 30 40 50 60

Rcub [Mpa]

3,32 11,16 22,69 37,54 55,47 76,32

Figura 4.28 Stima della resistenza cubica con la (4.39).

(4.38)

(4.39)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

120

44..55..22 AAttttrreezzzzaattuurree ddii pprroovvaa

Per la corretta esecuzione della prova sclerometrica occorrono:

- pietra abrasiva;

- sclerometro.

La pietra abrasiva è una pietra al carburo di silicio con tessitura granulare media o materiale

equivalente.

Lo sclerometro è un strumento costituito da un maglio di acciaio caricato da una molla che,

rilasciato, colpisce un pistone in acciaio a contatto con la superficie del calcestruzzo.

Lo strumento consente la lettura della distanza di rimbalzo del martello di acciaio dal pistone e

dell’indice di rimbalzo. Esistono in commercio differenti tipi di sclerometri progettati per diverse

classi di resistenza del conglomerato.

Gli sclerometri più moderni consentono:

- il calcolo automatico dell’indice di rimbalzo medio di 10 o più letture con scarto dei valori

estremi;

- la scelta dell’angolo di prova;

- la stima della resistenza con scelta dell’unità di misura da adottare (kg/cm2 o N/mm2).

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

121

Figura 4.29 Sclerometro per il controllo non distruttivo della qualità del calcestruzzo.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

122

44..55..33 MMooddaalliittàà ddii eesseeccuuzziioonnee ddeellllaa pprroovvaa

In primo luogo occorre rettificare la superficie sulla quale eseguire la prova pulendola da polvere

e/o umidità e levigandola con la pietra porosa, solitamente in dotazione con lo strumento. In questo

modo si evita che eventuali rugosità lasciate dai casseri o altro falsino la prova. Durante la prova lo

strumento deve essere perpendicolare alla superficie della struttura per evitare l’influenza della

gravità sul rimbalzo. È comunque possibile utilizzare lo sclerometro con diverse angolazioni

rispetto all’orizzontale:

- 0° per pilastri e travi;

- + 90° per solette;

- - 90° per plinti di fondazione.

Figura 4.30 Angoli di inclinazione dello sclerometro. [11]

Prima di eseguire la prova la Norma precedentemente citata consiglia di disegnare sulla struttura le

zone da saggiare, che devono essere in numero non inferiore a 10, distanti fra loro e dal bordo da 25

a 50 mm.

Sono sempre da escludere zone particolari come:

- nidi di ghiaia;

- armature affioranti;

- spazi vuoti.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

123

44..66 MMeettooddoo SSoonnrreebb:: ccoommbbiinnaazziioonnee ddii sscclleerroommeettrroo eedd uullttrraassuuoonnii

L’incertezza nella determinazione della resistenza a compressione del calcestruzzo mediante

l’esecuzione di prove ultrasoniche può essere diminuita tramite l’accoppiamento della prova

precedente con la prova sclerometrica. La prova così strutturata prende il nome di Metodo Sonreb e

viene adottata principalmente per diagnosi su materiali relativamente omogenei con limitato grado

di discontinuità.

Essendo tale metodo la combinazione di due prove entrambe non distruttive è intuibile che il

Metodo Sonreb è indicato per analizzare elementi di calcestruzzo particolarmente danneggiati e che

non possono sostenere prove distruttive.

I vantaggi di tale metodo comprendono:

- annullamento degli errori di lettura delle velocità delle onde ultrasoniche a causa

dell’influenza dell’umidità e del grado di maturazione del calcestruzzo. Tali fattori hanno, a

parità di resistenza a compressione, effetto opposto sulle misure di velocità;

- riduzione dell’effetto, sul risultato della prova ultrasonica, dell’influenza della granulometria

dell’inerte, del dosaggio e del tipo di cemento e anche dell’eventuale additivo utilizzato per

il getto del calcestruzzo;

- riduzione dell’importanza delle variazioni di qualità tra strati superficiali e profondi rispetto

al metodo sclerometrico.

Dalle esposizioni precedenti si vede che le prove ultrasoniche e sclerometriche si migliorano

vicendevolmente coprendo una gli errori dell’altra. Visto che, però, i due metodi hanno dei limiti di

utilizzazione non eliminabili non è possibile utilizzare il metodo combinato nei seguenti casi:

- calcestruzzi con strati superficiali particolarmente degradati;

- elevata concentrazione di ferri di armatura;

- zone con difetti evidenti del calcestruzzo;

- elementi di calcestruzzo aventi forme particolarmente complesse.

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

124

Su ogni area da analizzare occorre rilevare due coppie di valori:

- velocità di propagazione degli impulsi ultrasonici (V);

- indice di rimbalzo dello sclerometro (I).

Esistono quindi delle curve di correlazione analitica dei due dati precedenti (raccomandazione

Rilem, per citarne una) che consentono di ottenere la resistenza a compressione (R. Giacchetti) [25]:

6,24,11110695,7 VIR .

È facile notare dalla precedente relazione che la resistenza cresce con l’indice di rimbalzo I e la

velocità di propagazione degli ultrasuoni V. Utilizzando la precedente formula si ottiene una

precisione del 15 %. Nella tabella seguente vengono riportati i valori delle resistenze con le diverse

combinazioni di I e V.

Tabella 4.11 Calcolo della resistenza con la (4.40).

V [m/s] 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 5500 6000

I R [MPa] 5 0,28 0,50 0,80 1,20 1,70 2,31 3,03 3,89 4,87

10 0,74 1,32 2,12 3,17 4,48 6,09 8,01 10,26 12,86 15 1,30 2,33 3,74 5,59 7,91 10,74 14,13 18,10 22,69 20 1,95 3,49 5,60 8,36 11,83 16,07 21,13 27,08 33,95 25 2,67 4,76 7,65 11,43 16,17 21,96 28,88 37,01 46,40 30 3,44 6,15 9,88 14,75 20,87 28,35 37,28 47,77 59,89 35 4,27 7,63 12,26 18,30 25,90 35,18 46,26 59,27 74,32 40 5,15 9,20 14,78 22,06 31,22 42,41 55,77 71,46 89,60 45 6,07 10,85 17,43 26,02 36,82 50,01 65,77 84,27 105,66 50 7,04 12,57 20,20 30,15 42,67 57,96 76,22 97,66 122,45 55 8,04 14,37 23,08 34,46 48,76 66,23 87,10 111,60 139,93

60 9,08 16,23 26,07 38,92 55,08 74,81 98,39 126,06 158,06

Diagrammando i precedenti valori si ottiene il seguente grafico di figura 4.31.

(4.40)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

125

Figura 4.31 Correlazione analitica R – I secondo la (4.40).

In alternativa è anche possibile utilizzare la seguente relazione (A. Di Leo) [26]:

446,2058,191020,1 VIR .

Analogamente a quanto fatto prima si ottiene la tabella 4.12, successivamente diagrammata in

figura 4.32.

Tabella 4.12 Calcolo della resistenza con la (4.41).

V [m/s] 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 5500 6000

I R [MPa] 5 0,78 1,35 2,11 3,07 4,26 5,68 7,35 9,28 11,48

10 1,63 2,81 4,39 6,40 8,87 11,83 15,31 19,32 23,91 15 2,50 4,31 6,74 9,82 13,62 18,17 23,51 29,68 36,72 20 3,39 5,85 9,14 13,32 18,46 24,63 31,87 40,23 49,78 25 4,29 7,41 11,57 16,87 23,38 31,19 40,35 50,95 63,03 30 5,20 8,98 14,03 20,45 28,35 37,82 48,94 61,79 76,44 35 6,13 10,57 16,51 24,08 33,38 44,52 57,61 72,73 89,98 40 7,05 12,18 19,02 27,73 38,44 51,28 66,35 83,77 103,64 45 7,99 13,79 21,54 31,41 43,54 58,08 75,16 94,89 117,39 50 8,93 15,42 24,08 35,11 48,68 64,93 84,02 106,08 131,23 55 9,88 17,05 26,64 38,84 53,84 71,82 92,93 117,33 145,16

60 10,83 18,70 29,21 42,58 59,03 78,75 101,89 128,64 159,16

(4.41)

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Capitolo 4 Esecuzione di prove sperimentali.

126

Nelle precedenti la velocità va espressa in m/s. I valori medi dei due parametri vanno determinati su

almeno tre misurazioni dirette di velocità e almeno 9 – 10 misurazioni dell’indice di rimbalzo.

Figura 4.32 Correlazione analitica R – I secondo la (4.41).

Si riporta infine la relazione suggerita da J. Gasparirik [27]:

85,1246,10286,0 VIR .

Nella precedente relazione la velocità deve essere espressa in km/s. I valori che si

ottengono con la precedente formula sono quindi riportati nella seguente pagina.

(4.42)