CAPITOLO 1 – Il Quadro Strategico · Fattori culturali, politici e religiosi 11. La...

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1. All’inizio del nuovo millennio l’Italia deve saper affrontare con successo nuove sfide in un quadro di sicurezza multidimensionale più imprevedibile rispetto ai precedenti cinque decenni di storia repubblicana. 2. Il nuovo mondo, segnato dalla rivoluzione dell’informazione in tutti i suoi aspetti, propone un’ampia gamma di opportunità e di rischi. Tra le opportunità si possono menzionare: l’aumento degli scambi e dell’interdipendenza tra paesi ricchi e meno ricchi; la possibilità di mobilitare vasti settori dell’opinione pubblica internazionale verso grandi cause umanitarie; la diffusione di correnti intellettuali capaci di formare una nuova comunanza culturale umanistica, rispettosa delle libertà fondamentali in una ricchezza di diversità culturali; la diffusione della libera informazione, che supera le barriere di regimi politici e confessionali opprimenti. 3. Le stesse forti spinte alla globalizzazione possono contribuire, oggi ed in futuro, insieme ad altri fattori di fondo, a generare anche squilibri e rischi di grande portata, in grado di causare violenti conflitti interni di lunga durata e devastanti conflitti tra Stati. 4. Prima di passare in rassegna i rischi per la sicurezza del Paese, è necessario tener presenti alcune proiezioni sul lungo periodo di taluni fattori importanti quali demografia, epidemie, risorse, politica e identità religiosa, che hanno implicazioni per il quadro globale della sicurezza internazionale. Fattori demografici 5. La popolazione mondiale potrebbe raggiungere i 7,2 miliardi entro il 2015 (6,1 nel 2000), di cui solo il 5% abiterebbe in paesi sviluppati, mentre la maggioranza dei nuovi nati potrebbe vivere nelle megalopoli. Tra queste, quelle in aree d’interesse strategico per l’Italia sono il Cairo ed Istanbul. 1 6. Parte delle ridistribuzioni geografiche sarà causata dal fenomeno migratorio su scala globale, dovuto anche ad uno squilibrio fortissimo tra i redditi pro-capite dei paesi più ricchi e quelli più poveri. 2 Attualmente in più di 50 paesi gli immigrati, legali ed illegali, superano il 15% della popolazione residente. In alcuni casi gli immigrati mantengono un forte legame con le vicende ed i conflitti della loro patria. NUOVE FORZE PER UN NUOVO SECOLO 11 CAPITOLO 1 – Il Quadro Strategico 1) Si definisce megalopoli una città con più di 10 milioni d’abitanti. Le aree d’interesse nazionale sono le aree geografiche dove risiedono gli interessi della Nazione. Per un’elencazione vedi paragrafi 52-53. 2) Secondo l’UNCTAD la differenza di reddito tra il 20% della popolazione mondiale più ricca ed il 20% di quella più povera era di 60 a 1 (fonte Trade Development Report 1997).

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Page 1: CAPITOLO 1 – Il Quadro Strategico · Fattori culturali, politici e religiosi 11. La globalizzazione continuerà ad influire sulla trasformazione dello Stato nazionale, sia a livello

1. All’inizio del nuovo millennio l’Italia deve saper affrontare con successo nuove sfide

in un quadro di sicurezza multidimensionale più imprevedibile rispetto ai precedenti cinque

decenni di storia repubblicana.

2. Il nuovo mondo, segnato dalla rivoluzione dell’informazione in tutti i suoi aspetti,

propone un’ampia gamma di opportunità e di rischi. Tra le opportunità si possono menzionare:

l’aumento degli scambi e dell’interdipendenza tra paesi ricchi e meno ricchi; la possibilità di

mobilitare vasti settori dell’opinione pubblica internazionale verso grandi cause umanitarie;

la diffusione di correnti intellettuali capaci di formare una nuova comunanza culturale umanistica,

rispettosa delle libertà fondamentali in una ricchezza di diversità culturali; la diffusione della

libera informazione, che supera le barriere di regimi politici e confessionali opprimenti.

3. Le stesse forti spinte alla globalizzazione possono contribuire, oggi ed in futuro,

insieme ad altri fattori di fondo, a generare anche squilibri e rischi di grande portata, in

grado di causare violenti conflitti interni di lunga durata e devastanti conflitti tra Stati.

4. Prima di passare in rassegna i rischi per la sicurezza del Paese, è necessario tener

presenti alcune proiezioni sul lungo periodo di taluni fattori importanti quali demografia,

epidemie, risorse, politica e identità religiosa, che hanno implicazioni per il quadro globale

della sicurezza internazionale.

FFaattttoorrii ddeemmooggrraaffiiccii

5. La popolazione mondiale potrebbe raggiungere i 7,2 miliardi entro il 2015 (6,1 nel

2000), di cui solo il 5% abiterebbe in paesi sviluppati, mentre la maggioranza dei nuovi nati

potrebbe vivere nelle megalopoli. Tra queste, quelle in aree d’interesse strategico per l’Italia

sono il Cairo ed Istanbul.1

6. Parte delle ridistribuzioni geografiche sarà causata dal fenomeno migratorio su scala

globale, dovuto anche ad uno squilibrio fortissimo tra i redditi pro-capite dei paesi più ricchi

e quelli più poveri.2 Attualmente in più di 50 paesi gli immigrati, legali ed illegali, superano

il 15% della popolazione residente. In alcuni casi gli immigrati mantengono un forte legame

con le vicende ed i conflitti della loro patria.

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CAPITOLO 1 – Il Quadro Strategico

1) Si definisce megalopoli una città con più di 10 milioni d’abitanti. Le aree d’interesse nazionale sono le aree

geografiche dove risiedono gli interessi della Nazione. Per un’elencazione vedi paragrafi 52-53.

2) Secondo l’UNCTAD la differenza di reddito tra il 20% della popolazione mondiale più ricca ed il 20% di quella

più povera era di 60 a 1 (fonte Trade Development Report 1997).

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FFaattttoorrii eeppiiddeemmiioollooggiiccii

7. Un fattore importante è dato dalla diffusione di epidemie e pandemie in diversi paesi,

con possibili ripercussioni a livello regionale e con effetti sicuramente negativi sulla distri-

buzione e l’efficacia degli aiuti umanitari ed allo sviluppo. Nelle aree d’interesse nazionale

vi sono paesi dell’ex-URSS (Russia, Ucraina, Bielorussia) e l’Etiopia, che presentano tassi

d’infezione HIV non trascurabili. Tenendo conto della preoccupante situazione di diversi

paesi confinanti, non è irragionevole prevedere nel prossimo decennio significative percentuali

d’infezione in tutto il Corno d’Africa, mentre la situazione in Africa Centrale ed Australe potrebbe

peggiorare significativamente.3

RRiissoorrssee aalliimmeennttaarrii

8. Nel prossimo quindicennio la produzione alimentare potrebbe conoscere importanti

incrementi, i cui effetti potrebbero venire però fortemente limitati da guerre, desertifi-

cazione, erosione dei suoli fertili, infrastrutture carenti e cattiva distribuzione, causando

ricorrenti carestie soprattutto nell’Africa Sub-Sahariana. Alcuni paesi con seri problemi di carestia

sono: Armenia, Azerbaijan, Bosnia-Erzegovina, Gibuti, Eritrea, Somalia, Etiopia, Sudan, Yemen.4

9. Ancora più problematica risulta la disponibilità di acqua. Già adesso da alcune stime

risulta che paesi europei come Portogallo, Spagna, Italia, Polonia e Bielorussia hanno risorse

idriche che possono essere considerate basse. La situazione è ancora più grave nei paesi

della Regione Mediterranea:5 tutto il Maghreb, così come la Giordania e la Penisola Arabica,

ha disponibilità ridotte o ridottissime. In futuro potrebbero scendere a livelli ancora più

allarmanti, anche a causa dell’effetto serra. Per diverse aree non esistono stime affidabili,

ma l’emergenza riguarda attualmente zone presenti in: Armenia, Giordania, Iran, Iraq, Israele,

Siria, Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Autorità Nazionale Palestinese.6

RRiissoorrssee eenneerrggeettiicchhee

10. Problemi minori sono previsti per la disponibilità di prodotti energetici, visto che le

stime più recenti indicano che solo il 20% del petrolio ed il 5% del gas attualmente disponibili

sono sfruttati. Il Golfo Persico resterà la fonte di approvvigionamento petrolifero più importante

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3) Stime UNDP, UNAIDS, US Bureau of Census, UK MoD. Non sono disponibili dati per il resto del Corno d’Africa.

Al rischio AIDS si sta affiancando ad una velocità allarmante quello di un ritorno della TBC, in paesi come

Russia, Ucraina, Georgia ed Azerbaijan (stime OMS). Nel giro di un trentennio, malattie come la malaria o il

colera si sono ulteriormente diffuse e si sono manifestate in forme più virulente.

4) Dati UN WFP, World Bank, Green Cross International.

5) Denominata anche Regione Mediterranea Allargata o Mediterraneo Allargato.

6) Stime dello Stockholm Environmental Institute al 1997, del WFP al giugno 2000 e del Ministero Affari Esteri di

Israele. L’OMS, per l’anno 2000, fornisce una stima di copertura totale di approvvigionamento idrico, riferito

alla popolazione, pari al 46% per l’Eritrea e al 24% per l’Etiopia.

Page 3: CAPITOLO 1 – Il Quadro Strategico · Fattori culturali, politici e religiosi 11. La globalizzazione continuerà ad influire sulla trasformazione dello Stato nazionale, sia a livello

a livello mondiale, mentre il Caucaso e l’Asia centrale, pur aumentando la loro produzione,

non saranno necessariamente rilevanti per le economie sviluppate. Tuttavia, osservando la

disponibilità energetica pro-capite, emerge che un terzo della popolazione mondiale non

ha accesso all’uso di elettricità, mentre un sesto utilizza fonti di energia elettrica con un

basso rapporto costo/efficacia, per un totale stimato di 2,5-3 miliardi di persone.7

FFaattttoorrii ccuullttuurraallii,, ppoolliittiiccii ee rreelliiggiioossii

11. La globalizzazione continuerà ad influire sulla trasformazione dello Stato nazionale, sia

a livello infranazionale che sovranazionale. Ogni volta che, per un insieme di concause, uno

Stato entrerà in crisi profonda e rischierà di collassare, gruppi criminali tenteranno di sfruttare

le zone grigie di legalità e scarso controllo del territorio per ritagliarsi proprie sfere di potere.

I flussi di traffici illegali (p.e. tabacchi, droga, armi, immigranti), che questi gruppi alimentano,

finiscono per corrodere significativamente anche la sicurezza dei paesi più stabili e ricchi.

12. Parte dei problemi connessi alla trasformazione dello Stato è indubbiamente legata

ai grandi cambiamenti nell’identità culturale a livello locale e globale. Da un lato vi è la

percezione della diffusione di un’identità cosmopolita e globalizzante con alcuni caratteri

uniformanti, mentre dall’altro si assiste all’adattamento ed al rinnovamento delle culture

locali, specie dopo l’attuale eclissi dei grandi sistemi ideologici.

13. Al tempo stesso va registrata l’accresciuta percezione dell’importanza del fattore

religioso, spesso sentito come radice di profonde e violente contrapposizioni tra civiltà.

Pur considerando i conflitti in cui il fattore

religioso viene strumentalizzato, si possono

ragionevolmente escludere gli scenari

più pessimistici.8

14. L’evoluzione culturale nelle varie

parti del globo, pur rivelando tensioni

da non sottovalutare, sembra sfumare

significativamente gli scenari di scontri

tra civilizzazioni. Va attirata piuttosto

l’attenzione sulle incertezze generate

dalla competizione tra diverse proposte

all’interno di quell’area politico-culturale

genericamente definibile come Occidente.

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Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, incontra i Capi dellediverse comunità religiose. Sarajevo, 6 aprile 2000

7) Stime US DoE, Banca Mondiale, Greenpeace, World Resources Institute, Centre for Energy Petroleum Mineral

Law and Policy, ENI, Autorità per l’Energia elettrica ed il gas, UNDP.

8) Su una popolazione stimata di 5,8 miliardi d’individui, le tre grandi classificazioni d’appartenenza religiosa

contano: cristiani 1,9 miliardi, mussulmani 1,1, non credenti di varie correnti 0,9. Tra questi i cattolici superano

il miliardo. In Europa le cifre sono: cristiani 558,7 milioni, non credenti 131,4 milioni, mussulmani 31,4 milioni.

In Africa: cristiani 356,2, mussulmani 315,0, credenti di varie tendenze etniche 97,2. In Asia: mussulmani 812,2,

induisti 755,8, non credenti 726,1. Stime Encyclopedia Britannica World Book, 1999; Santa Sede, Congregazione

per l’evangelizzazione dei popoli.

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ZZoonnee ddii ssiiccuurreezzzzaa ee ccoonnfflliittttuuaalliittàà

15. D’altro canto, finita la Guerra Fredda, lo stesso fenomeno della globalizzazione ha

favorito una trasformazione fondamentale nella suddivisione delle zone di sicurezza del pianeta.

È ragionevole affermare che tutti i paesi della fascia nord della zona eurasiatica, quelli delle

Americhe ed alcuni gruppi consistenti di paesi dell’Africa e dell’Oceania non avvertono più

la necessità d’investire massicciamente nella difesa dell’esistenza stessa della nazione.

16. Per la maggioranza di essi la principale preoccupazione è, invece, di mantenere ed

accrescere le condizioni di sicurezza esistenti e, per alcuni, di produrre sicurezza, reagendo

a conflitti di media o bassa intensità, e di proiettarla nelle zone vicine.

17. Purtroppo la natura stessa delle cause di conflitto, in grado di generare ripercussioni

a grande distanza con dinamiche difficilmente prevedibili, rende più arduo prevenire, reagire

e risolvere. Gli stessi conflitti sono di natura assai diversa: da quelli pre-moderni, nei quali

manca il quadro di riferimento statale, a quelli classici tra Stati, a quelli post-moderni, quando

sono a carattere transnazionale e s’incardinano sull’informazione come arma. Secondo le

differenti stime, sono in corso nel mondo da 39 a 282 conflitti di varia intensità.9

LL’’IIttaalliiaa nneellllaa GGuueerrrraa FFrreeddddaa

18. È in questo quadro mondiale che s’inserisce il contesto regionale in cui l’Italia svolge

il suo ruolo di potenza europea. Durante i 44 anni della Guerra Fredda l’Italia fu un alleato

affidabile in una posizione strategica estremamente delicata. Pur trovandosi in condizioni

politico-militari relativamente favorevoli rispetto ad alleati e vicini, pagò un prezzo conside-

revole nella lotta a fenomeni destabilizzanti con forti collegamenti internazionali (terrorismo

e mafia).

19. L’Italia svolse una preziosa funzione di collegamento, di stimolo competitivo dei

mercati energetici e di mediazione con il mondo mediorientale durante le fasi più acute del

conflitto arabo-israeliano e delle tensioni nazionali ed internazionali nel Nord Africa.

Nell’esperienza strategica italiana sono state importanti, in questo senso, le due missioni

in Libano e la gestione delle crisi di Sigonella e Lampedusa.

20. Dopo il 1989, una serie di eventi nella Regione Mediterranea ha coinvolto, spesso in

prima linea, il Paese: la guerra del Golfo, le guerre di dissoluzione dell’ex-Jugoslavia, il rischio

di collasso dell’Albania, le crisi del Corno d’Africa e la guerra del Kossovo.

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9) Il CDI ne conta 39 con oltre 1.000 morti; il PIOOM ne cita 26 ad alta intensità, 78 a bassa intensità e 178

conflitti politici interni con uso di violenza; l’NDCF ne valuta 68 come rilevanti, di cui 42 sono conflitti

civili a bassa intensità, 12 civili a media intensità ed il resto internazionali a bassa o media intensità

(7 per categoria).

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PPoossiizziioonnee ggeeooggrraaffiiccaa ee ssttrraatteeggiiccaa

21. Sotto il profilo della geografia strategica, l’Italia fa parte della Regione Mediterranea,

un’area cruciale per la sicurezza euro-atlantica, inclusa tra gli stretti di Gibilterra, Bosforo,

Kerch, Bab el Mandeb, Hormuz e il Canale di Suez.10 Questa regione è suddivisibile in

quattro aree: Europa Occidentale, Balcani/Mar Nero, Medio Oriente/Mar Rosso, Maghreb.11

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10) Attualmente il Bosforo ha un traffico annuale di 50.000 navi mercantili l’anno, cioè il triplo del Canale di Suezed il quadruplo del Canale di Panama.

11) I Balcani sono definibili anche come Europa Sud-Orientale. L’area Europa Occidentale include: Portogallo,Spagna, Francia, Italia. Quella Balcani/Mar Nero comprende: Slovenia, Croazia, RFJ, Repubblica della Bosnia-Herzegovina, FYROM, Albania, Grecia, Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Russia, Georgia ed i vicini paesicaucasici, Turchia. L’area Medio Oriente/Mar Rosso annovera: Siria, Giordania, Iraq, Iran, Arabia Saudita,Bahrain, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Yemen, Gibuti, Somalia, Eritrea, Sudan, Egitto, Israele,Territori dell’Autorità Nazionale Palestinese, Libano. L’area del Maghreb è rappresentata da: Libia, Tunisia,Algeria, Marocco.

TTAAVVOOLLAA 11 –– LA REGIONE MEDITERRANEA

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22. La struttura degli approvvigionamenti energetici nazionali è caratterizzata da forti

vincoli con il Maghreb, il Golfo Persico e la Russia.

23. Di conseguenza l’Italia deve seguire costantemente l’evolversi della situazione di

sicurezza in tutte le aree della Regione Mediterranea, mentre la zona dell’Europa Occidentale

è inserita nell’area coperta dalla partecipazione alla NATO ed alla UE.

CCoossttaannttii ee ccaammbbiiaammeennttii ddeellllaa ggeeoossttrraatteeggiiaa nnaazziioonnaallee

24. Storicamente, il ruolo geostrategico dell’Italia ha conosciuto tre fasi. La prima, dal 1860

al 1918, in cui le priorità erano la difesa/riconquista del Paese, la ricerca di un grande alleato

o di una coalizione affidabile ed il difficile bilanciamento tra strumento terrestre e navale.

La proiezione militare esterna fu piuttosto limitata.

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TTAAVVOOLLAA 22 –– I PUNTI DI PASSAGGIO OBBLIGATI

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25. La seconda, dal 1918 al 1943, vede risolta la questione dell’indipendenza nazionale,

mentre i problemi precedenti restano e si aggravano con l’affermarsi del nuovo strumento

aeronautico e con una proiezione di potenza al di sopra delle risorse disponibili. La scelta

iniziale della coalizione sbagliata in una guerra d’aggressione, prevista come regionale ma

divenuta mondiale, segnò la fine traumatica di quella strategia espansionista.

26. La terza, dal 1943 al 1989, vede la soluzione delle questioni della ricerca di un’alleanza

affidabile e dell’equilibrio tra le FF.AA. nella scelta della collocazione internazionale. Sorge

tuttavia il problema della trasformazione del Paese da consumatore a produttore di sicurezza,

con un conseguente aumento di responsabilità e di decisionalità nazionale.

27. La fase attuale è in parte la conseguenza

di una politica impostata e condotta con

successo negli anni ’80 ed in parte è determinata

dalla partecipazione ai profondi processi di

trasformazione dell’Unione Europea e della

NATO, in cui l’Italia ha avuto un ruolo di rilievo.

Da un lato i suoi interessi nazionali si affermano

soprattutto attraverso il contributo alla

definizione degli obiettivi della comunità

internazionale, europei ed atlantici, dall’altro

essi hanno acquisito una definizione ed una

portata maggiore che in passato.

IIll nnuuoovvoo rruuoolloo

28. Il nuovo ruolo assunto dal Paese nell’ultimo quindicennio deriva da una maggiore

consapevolezza politica e sociale che la pace non può essere garantita se non è condivisa

anche all’esterno. Solo la partecipazione attiva (assertive engagement) permette di godere

tutti i vantaggi dei contesti multinazionali e le operazioni di pace non sono accessorie in

questa posizione geostrategica, bensì essenziali.

29. L’Italia, attraverso iniziative nazionali o nel contesto delle grandi organizzazioni interna-

zionali di sicurezza, ha contribuito al superamento delle vecchie barriere che dividevano

l’Europa, all’aggiornamento e rinnovamento del legame transatlantico ed al faticoso ristabi-

limento della pace e della democrazia sull’altra sponda dell’Adriatico.

30. La tradizione politico-culturale italiana, nel suo insieme, ha una valenza globale.

Occorre saperla tradurre concretamente, se necessario ed opportuno, nel rispetto del

diritto internazionale ed in maniera solidale con le popolazioni oppresse dalla violenza,

anche al di là delle aree di primario e più diretto interesse strategico nazionale.

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Il Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ed il

Presidente della Repubblica Greca Kostantinos Stefanopulos, rendono

omaggio ai caduti della Divisione Acqui. Cefalonia, 1 marzo 2001

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31. Coerentemente con la sua cinquantennale tradizione diplomatica, l’Italia intende

coniugare, in modo politicamente qualificato ed operativamente efficace, gli obiettivi strategici

dell’integrazione europea con quelli dell’allargamento degli spazi euro-atlantici, nel quadro

di un dinamico rapporto con gli alleati nord-americani.

LLee qquueessttiioonnii ddeellllaa ssiiccuurreezzzzaa nnaazziioonnaallee

32. Nel periodo che va sino al 2015 appare

ragionevole ipotizzare che nessuna minaccia

militare convenzionale verrà rivolta al territorio

nazionale, mentre eventuali minacce non conven-

zionali andranno contrastate nell’ambito delle

iniziative della comunità internazionale e delle

alleanze cui l’Italia partecipa. Le questioni su cui

si misura a medio termine la politica di sicurezza

nazionale sono: la stabilizzazione dell’Europa del

Sud-Est contro l’insorgere di nuovi conflitti locali

e l’infiltrazione su larga scala del crimine

organizzato transnazionale; l’evoluzione dei Paesi

nelle aree del Maghreb e del Medio Oriente/Mar

Rosso, anche nel contesto dei rischi globali di

proliferazione; il sostegno costruttivo al più vasto processo di superamento del problematico

rapporto greco-turco ed all’inserimento della Turchia in Europa; l’attenzione alle crisi caucasiche

ed alle loro connessioni di lungo periodo con i Paesi dell’Asia Centrale; il nuovo ruolo interna-

zionale del Paese come attore di primo piano della sicurezza regionale nell’ambito dell’UE,

della NATO, dell’OSCE e dell’ONU.

33. È sullo sfondo di questo quadro strategico di riferimento primario e di più diretto interesse

che si delineano le politiche che continueranno a definire, in un contesto euro-atlantico, il

nuovo ruolo del Paese, ma con interessi generali anche più ampi nella cornice della parteci-

pazione attiva alla realizzazione di una condizione di stabilità e di pace, a livello globale

della comunità internazionale.

LL’’iinntteeggrraazziioonnee ddeellll’’EEuurrooppaa SSuudd--oorriieennttaallee

34. Stabilizzare l’Europa Sud-orientale non significherà solo assenza di conflitto armato,

bensì togliere quell’area dall’isolamento e liberarla dai fattori frenanti che hanno contribuito

a scatenare le guerre. Tra questi fattori è significativo l’impetuoso sviluppo del crimine

organizzato transnazionale.

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Bernard Kouchner, Rappresentante dell’ONU in Kossovo, sottolineal’impegno dell’Italia nella pacificazione della regione. Pristina, 23novembre 2000

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35. Sin dal 1988 l’Interpol aveva designato la regione come “Corridoio dei Balcani”, vera

e propria fascia d’interscambio di un’area di economia illegale, le cui quote di maggioranza

sono detenute da organizzazioni italiane, russe e turche. Quest’area economica influisce in

modo sensibile sull’andamento dei conflitti dal Caucaso all’Afghanistan con lo scambio di

armi, droga, esseri umani, materie prime e denaro da riciclare.

36. Sconfitti i progetti politico-militari dei vecchi leader nazionalisti, è opportuno prevenire

altri potenziali focolai di conflitto come, per esempio, quelli legati alle minoranze albanesi

o ad ulteriori frazionamenti in ministati indipendenti, potenzialmente infiltrabili da mafie

internazionali.12 Il Trattato di Schengen, una effettiva cooperazione internazionale ed una

gestione integrata dei vari aspetti delle missioni militari a sostegno della pace appaiono gli

strumenti più adeguati per rispondere a questa serie di rischi e minacce.

TTrraannssiizziioonnii ttrraa NNoorrdd AAffrriiccaa ee MMeeddiioo OOrriieennttee

37. I paesi del Maghreb e molti di quelli dell’area Medio Oriente/Mar Rosso sono impegnati

in molteplici e difficili transizioni: da leader storici a nuove classi dirigenti; da economie

pianificate ad economie con crescenti elementi di mercato; da sistemi fortemente o relati-

vamente autoritari a sistemi con tratti relativamente più liberali e trasparenti; da uno stato

di conflittualità con Israele ad uno di relazioni più pacifiche se non più distese; da una frammen-

tazione territoriale ad una faticosa ricomposizione regionale. Ognuna di queste transizioni

può aprire nuove opportunità e creare nuovi rischi.

38. Tra i rischi sui quali l’attenzione non va attenuata si possono citare: il difficile andamento

del processo di pace arabo-israeliano; il potenziale conflittuale dei progetti di risistemazione

idrica dei bacini del Tigri, dell’Eufrate, del Giordano e del Nilo; l’inasprimento del terrorismo

internazionale e la proliferazione di sistemi missilistici e di armi di distruzione di massa.

39. È evidente che nella maggior parte dei casi gli strumenti della diplomazia, dei regimi

internazionali e degli investimenti economici sono quelli più efficacemente e largamente

impiegabili, ma sarebbe imprudente trascurare gli strumenti militari nazionali e collettivi nel

caso di aggravamento dei fattori di rischio.

PPaaccee nneell CCoorrnnoo dd’’AAffrriiccaa

40. Lo sforzo, in cui l’Italia ha un ruolo di primo piano, nel restituire la pace e la stabilità

in Etiopia, Eritrea e Somalia va continuato, anche tenendo conto dell’importanza della libera

navigazione nello stretto del Bab el Mandeb, oggi messa a repentaglio da fenomeni di

pirateria, e delle difficili condizioni politiche di alcuni paesi rivieraschi della Penisola Arabica.

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12) Nell’area si sono già segnalate le presenze di esponenti di cartelli colombiani e triadi cinesi.

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LL’’eevvoolluuzziioonnee ddeell rraappppoorrttoo ggrreeccoo--ttuurrccoo

41. Sforzo di conciliazione analogo, ma nel ben più favorevole contesto euro-atlantico,

va condotto dalla diplomazia e dalle complementari attività della Difesa per consentire una

positiva evoluzione del problematico rapporto greco-turco. È ovvio che solo i due Paesi

possono dettare i modi ed i tempi di questo processo, ma è altrettanto chiaro il carattere

strategico dell’interesse nazionale ed europeo nel far evolvere la situazione in nuovi rapporti

e nuove partecipazioni all’interno del progetto d’integrazione dell’Unione Europea.

CCaauuccaassoo

42. Infine appare utile seguire con attenzione la situazione nel Caucaso con il suo potenziale

destabilizzante, anche inserendo questa variabile in scenari e previsioni nazionali di lungo

periodo.

43. Quest’area è sotto la pressione di nazionalismi esasperati, interessi geopolitici esterni

in competizione tra loro, concorrenza fra lobby dell’energia e pesanti ristrutturazioni

economiche, condotte in ambienti condizionati dal crimine organizzato.

44. Le due guerre in Cecenia, le minacce di destabilizzazione nel Daghestan, il perdurante

conflitto intorno al Nagorno-Karabakh, la creazione di ministati di fatto sono alcuni degli

indicatori sfavorevoli di una situazione ancora lontana dall’aver trovato un equilibrio

soddisfacente.

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