Campane di Posina - Anno 2003-2004

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Bollettino Parrocchiale Campane di Posina-Laghi-Fusine-Castana 2003-2004

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CAMPANE DI POSINA FUSINE, CASTANA e LAGHI

Sede: Piazza G. Marconi 36010 POSINA (Vicenza) tel. 0445 748118

Pubblicazione PRO MANOSCRITTO delle Parrocchie di: S. Margherita V.M. in Posina, S. Rocco in Fusine, S. Pietro Apostolo in Castana e S. Barnaba in Laghi

Foto: Sito internet della diocesi di Vicenza, Roberto Lorenzato, Gaetano Spezzapria, Studio Serafin, Roberto Salerno

Stampa: Stab. Tip. G. Fuga & Figli - Arsiero

In copertina: il nuovo Vescovo

Le offerte raccolte dalla distribuzione del bollettino sono destinate alle opere parrocchiali. Il Signore ama chi dona con gioia!

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Benvenuto caro Vescovo!

Il 30 novembre 2003 ha fatto il suo ingresso nella nostra diocesi il nuovo vescovo, mons. Cesare Nosiglia, pro­veniente da Roma, dove rivestiva il prestigioso incarico di Vicegerente della Diocesi.

Il nuovo arcivescovo, nato in pro­vincia di Genova nel 1944, sostituisce mons. Pietro Nonis, che abbiamo avuto la gioia di salutare insieme durante la cresima, amministrata a Posina il 19 ottobre 2003.

Al Vescovo Cesare, che ha già incontrato i preti, i catechisti, i giovani del nostro vicariato di Arsiero il 21 gennaio 2004, auguriamo, prendendo a pre­stito un augurio scout, buona strada.

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Cordiali saluti

Salutiamo fin d'ora, dalle pagi­ne del nostro bollettino, don Stefano Bernardini e don Roberto Xausa, nuovi co-parroci nominati dal Vescovo per Arsiero, Castana, Fusine, Laghi e Posina.

Il cordiale saluto si trasforma in augurio: possano i nuovi sacer­doti trovare cuori disponibili a camminare insieme, uniti dalla medesima fede, sostenuti dalla stessa speranza, rinsaldati dall'u­nica carità.

Da parte mia rinnovo l'invito espresso la notte di Pasqua, invito che ho voluto riassumere qui in due foto: puntate verso l'alto, come ci indica il dito della statua di san Pietro, senza accontentarvi del "qui si è sempre fatto così", senza paura di unire le forze; non "lavatevene le mani" - come fece Pilato - di fronte ad un annuncio più convinto, efficace, vissuto della nostra fede.

La Chiesa vicentina si sta rinnovando per essere più efficace nell'annuncio di Gesù Cristo risorto: non tagliatevi fuori in nome di false autonomie.

Apritevi con fiducia al vento dello Spirito Santo che porta aria fresca alla Chiesa.

Il Signore vi benedica e doni a tutti la pace pasquale.

Don Stefano, parroco uscente

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dove abiti è la tua casa! Cristiano! La parrocchia È una gioia per un parroco o per un prete che svolge il suo servizio regolarmente in una o più parrocchie battezzare un bambino, inserirlo ufficialmente in una comunità cristiana. È una gioia grande per un parroco avvicinare, in occasione del battesimo, una famig l ia , anche e soprattutto se è venuta ad abitare in paese da poco. Il battesimo può essere l'oc­casione per presentare alla comunità una nuova fami­glia. È una gioia sentirsi chiamare da un confratel­lo: Guarda lì da te c'è una nuova famiglia, partita da qui... devono battezzare... fatti vivo.

Ed è stata una gioia per me quando ho dovuto io chiamare qualche mio confratello. Eppure qual­cuno, in nome di antiche origini o tradizioni ormai sorpassate, vuole privare i parroci di queste gioie. Non ha senso battezzare al di fuor i della comunità dove normalmente si vive, da tanto (lì sei inserito, lì hai già intessuto delle rela­zioni) o da poco (lì vivrai, lì farai nuove amicizie, lì i tuoi figli frequenteranno il catechismo). Certo, queste argomentazioni valgono per chi crede che il batte­simo vada ben al di là di

certe convenienze sociali (bisogna farlo!) e di certi schemi mentali (tutta la mia stirpe è stata battez­zata lì!). Il battesimo coin­volge tutta la famiglia e la fa entrare maggiormente all'interno di una comunità locale. Ecco da dove parte il rif iu­to di battezzare bambini la cui famiglia è residente altrove, da poco o da tanto tempo. Motivazioni lineari e semplici, che qualcuno però non ha capito, non capisce, non vuol capire. Pazienza. Indietro non si torna, pena il continuare a prendere il nostro cristia­nesimo solo come un sem­plice contorno alla vita di tutti i giorni e non come il vero suo fondamento.

Anche per il matrimonio riaffermiamo - perché di un valore si t ra t ta -l'importanza del legame di due fu tu r i sposi con la comunità cristiana di appartenenza. Il matrimo­nio, come del resto il bat­tesimo e la confermazione, è un sacramento che ti inserisce ancora più piena­mente nella parrocchia in cui vivi o nella quale andrai a vivere. Il docu­mento della nostra diocesi (del 1990!) - firmato dal vescovo - così scrive: "La

chiesa scelta per la cele­brazione nuziale sia possi­bilmente quella della par­rocchia di provenienza di uno degli sposi o della par­rocchia in cui essi andran­no ad abitare, oppure della parrocchia in cui i due hanno fatto il cammino di fede, per sottolineare il rapporto di ogni sacra­mento con la comunità". Certo, all ' interno di una unità pastorale come la nostra se uno di Castana volesse andare a sposarsi a Laghi, non ci sarebbe un gran problema. Ma se due, amanti dei monti, venissero da fuori la Valposina, il problema sus­sisterebbe. Nel documento c'è scritto "possibilmente": se due fu tu r i sposi non sono legati ad alcuna comunità crist iana, per loro avrebbe senso sposarsi dovunque - magari con la benedizione di qualche prete bontempone - anche nella chiesa vicina al r ifu­gio Papa. Ma il matrimo­nio-sacramento è una cosa seria, non solo "questione di fotografie" o di bei sen­timenti legati agli antena­t i : "mio nonno è partito da lì!". Aiutiamoci a non sven­dere quanto di più prezioso ci ha lasciato il Signore: i suoi sacramenti, segni del rapporto con lui.

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19 ottobre 2003: il Vescovo Nonis ha amministrato la cresima a Posina

Il Vescovo ha invitato Gabriele Dal Maso, Alice Lighezzolo, Krijstian Lukic, Rosita Sortino e Raul Zentilin ad essere testimoni coraggiosi e gioiosi del Signore Gesù risorto, a coltivare l'amicizia con lui, a fre­quentare i sacramenti, in particolare la messa domenicale. È un invito che sentia­mo esteso anche a cia­scuno di noi. Nelle fo to i ragazzi durante il ritiro a Villa S.Carlo di Costabissara, con la catechista, Orietta Losco e il giorno della cresima con il Vescovo e il parroco.

16 maggio 2004: Prima Comunione a Posina Giulia Vigna e Davide Mogentale da Fusine, e Elia Zentilin da Posina parteci­pano pienamente alla messa domenica­le, accostandosi alle due mense: quella della Parola e quella dell'Eucarestia. Dalle nostre part i tan t i cr ist iani si accontentano di "ascoltare le letture" e di rado si accostano all'Eucarestia, nutri­mento fondamentale per il cristiano. Va bene così ?

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Festa dei lustri a Posina

Nella foto le coppie che il 23 novembre 2003 hanno festeggiato date significative del loro matrimonio. Tra gioie e dolori, fatiche e speranze la vita matrimoniale va avanti, segno visibile dell'amore di Dio per la sua Chiesa e per l'umanità.

Lavori di ristrutturazione nella chiesa parrocchiale di Posina Dopo un importante, risolutivo incontro in Posina con i responsabili dell'Ufficio diocesano per i beni culturali e l'arte sacra - presenti i parroci, l'architetto, il titolare dell'impresa e alcuni mem­bri del comitato pro restauro - il progetto è stato inviato alla Soprintendenza di Verona, in attesa della sua approvazione, giunta la quale si proce­derà a mettere in campo iniziative specifiche per il reperimento dei fondi necessari. I lavori proce­deranno a stralci, in base ai fondi raccolti. Si confida sulla generosità di tutti.

L'organo di Laghi va... in vacanza Dopo anni e anni di lodevole servizio il prezioso organo Pugina della chiesa parrocchiale di Laghi si prenderà - per così dire - un meritato periodo di vacanza (circa un anno!): è stato firmato infatti il contratto con la Ditta Organaria Paccagnella per il restauro con­servativo dello strumento. Le "ferie" dell'organo costeranno circa 36.000 euro! Si accettano donazioni liberali e generose!

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Battesimo a Posina

La pubblicazione della fo to-ricordo del battesimo di Elena Lorenzato (Posina, 13 giugno 2004), terzogenita di Roberto e Maurizia Frugani, si trasforma in grazie sincero in particolare a Roberto per aver spronato il parroco, con la tenacia dei mon­tanari, a continuare - nonostante il disinteresse "Campane di...". Grazie e "Buona strada".

di molti - la pubblicazione di

Il parroco

Battesimi a Fusine

Rader Justin Matteo di Claudio e M.Vidaliana De Jesus. Zambon Vittoria di Paolo e Dalla Fontana Lorita. Losco Davide di Fabio e Maraschin Sonia. Croce Chiara di Daniele e Costabeber Roberta

Quattro bambini che vengono ad arricchire la comunità cristiana di Fusine. Questa ventata di novità raggiun­ga tutti i cuori di chi si considera non solo figlio di Dio ma anche membro att ivo della chiesa, "famiglia di famiglie" come ama chiamarla il nostro vescovo.

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Tappe della vita 2003 - 2004 (dati aggiornati al 30 giugno 2004)

Battesimi Perkosan Beatrice di Sergio e Dall'Osto Paola Nardello Pavel Giovanni di G.Franco e Tatakova Jana Lorenzato Elena di Roberto e Frugani Maurizia

Morti Costa Margherita di anni 91 Losco Emilio di anni 81 Massiceti Caterina di anni 88 Benetti Luigia di anni 87 Sella Bruna di anni 84 Zambon Silvano di anni 82 Canderle Livia di anni 79 Cervo Marcella di anni 91 Zambon Teresina di anni 86 Sella Lino Francesco di anni 62 Rader Maria Gisella di anni 82 Maraschin Marcella di anni 87

Battesimi Rader Justin Matteo di Claudio e M.Vidaliana De Jesus Zambon Vittoria di Paolo e Dalla Fontana Lorita Losco Davide di Fabio e Maraschin Sonia Croce Chiara di Daniele e Costabeber Roberta

Morti

Battesimi

Morti

Matrimoni

Morti

Lanaro Rosa di anni 86 Bagattin Gina di anni 83 Croce Massimo di anni 34 Croce Tullio di anni 67 Vasic Vladan di anni 21 Res Giuseppe di anni 92 Bagattin Alessandrina di anni 81 Serman Ruggero di anni 56

Gecchelin Giovanni Remo di Stefano e Rader Paola Beggiato William di Paolo e Comparin Elena

Comparin Lucia di anni 95 Comparin Catterina di anni 88

Comparin Stefano e Comparin Tiziana

Dal Molin Siro di anni 73 Dal Molin Secondo di anni 80 Lorenzato Rino di anni 75

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POSINA

FUSINE

CASTANA

Laghi

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Ecuador: i lavori per le aule di catechismo procedono!

Dal 2 al 16 gen­naio 2004 don Stefano e altri due sacerdoti si sono recati in visita alla missione di don Luciano, a Charapoto, in Ecuador.

Lì hanno avuto modo di constatare di persona l'opera importante di annun­cio del vangelo e di promozione umana svolta dai nostri preti diocesani, don Luciano, don Evariano, don Aldo e don Gaetano (ex arciprete di Arsiero, ora rientrato definitivamente in Italia).

I soldi raccolti durante la campagna quaresimale "un pane per amor di Dio" e la giornata missionaria mondiale sono andati a rimpolpare le magre entrate della parroc­chia di Charapoto e destinati alla costruzione di semplici aule per il catechismo (come

si può vedere dalle foto).

Il grazie di don Luciano si trasforma in preghiera, la nostra solida­rietà si trasfor­mi in gesti con­creti di vicinan­za e di aiuto a chi è privo non solo del super­fluo ma anche e soprattutto del necessario.

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Cervi, 27 luglio 2003

... a Firenze. È stato un giorno particolare. Avevo già organizzato tutto per venire a Posina, poi uno sciopero delle ferrovie mi ha bloccato. Purtroppo alla fine di luglio si susseguono vari impegni. Potevo venire dal 26 al 28 luglio, ma con il caldo che faceva non me la sono sentita. Ecco quindi la cronaca della mia "ulti­ma domenica di luglio" a Firenze.

Una te lefonata al Comune di Posina, alle 9, ha iniziato le mie celebra­zioni private. Un saluto affettuoso alla Signorina Ornella, per tut t i , e poi il silenzio di casa.

Seguivo passo passo col pensiero la cerimonia, pre­gavo davanti al Cristo Mut i lo , assistevo alla deposizione delle corone. Poi, su verso Cervi.

Alle 10.30 i vari discorsi; mi hanno detto che sono stata ricordata anche io.

Mi ha fa t to piacere: dopo tanti anni di presen­za f isica, ero presente almeno nel pensiero.

E poi la Santa Messa, ai piedi del Monte Majo.

Ero con tutt i i presenti, un'ombra lontana che cer­cava di distrarsi lavorando in casa. Ad un certo punto, per disperazione ho acceso

la TV, cosa che non fac­cio mai. Ed ho t rovato inquadrato un coro di A l p i n i ! Stavano tra­smet tendo la S.Messa da Temù ai p i e d i dell'Ada-mello.

È stata una sorpresa bel l iss ima: ho seguito q u e l l a Messa, ed alla fine un celebrante, col cappello da Alpino, ha let to la Preghiera dell'Alpino.

Seguendo la cerimonia di Temù mi sono sentita più vicina a quella di Posina, ai suoi Alpini che, in quel momento, stavano di sicuro dandosi da fare per la buona riuscita della cerimonia e per preparare il pranzo. Mi sembrava di sentire il profumino della grigliata ...

Questo sogno, fatto ad occhi aperti il 27 luglio, si è mater ial izzato il 27 dicembre 2003, quando ho ricevuto una lettera dal Sindaco, prof. Paolo

foto: R. Lorenzato Chiesetta Madonna caduti del Monte Majo in Contrà Cervi

Pertile, con una serie di fotografie della cerimonia. Gli sono grata di questo gentile pensiero. Oggi sono realmente presente alla cerimonia, che deve essere stata bellissima.

Mi dispiace di non essere intervenuta!

Purtroppo, sarò assente anche nel 2004. L'esatta coincidenza dei miei impe­gni di fine luglio mi mette in crisi. Solo un miracolo mi permetterebbe di essere ai Cervi l'ultima domenica di luglio. Ma lascio sempre uno spiraglio alla speran­za... chissà! Marzo 2004

Augusta Ficalbi

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2003: anno internazionale dell'acqua

L'estate 2003 sarà sicuramente ricor­data come una delle più torride sta­gioni dal 1925 in poi. Già a fine Febbraio alcune ordinanze del corpo forestale proibivano l'accensione di fuochi per il pericolo di incendi ai prati e in particolar modo dei boschi. La primavera già si annunciava sicci­tosa; da immaginarsi come sarebbe stato il periodo Giugno - Luglio senza alcuna precipitazione, o quasi. E così è stato. Scarso il raccolto di patate anche se di ottima qualità, di fagioli, di funghi, di castagne... Pure i pascoli adiacenti alle malghe hanno subito il colpo per la siccità con conseguenza sulla resa dei bovini, nonché le pozze per l'abbeveraggio. A dura prova sono stati messi alcuni acquedotti comu­nali in particolar modo quelli di Bettale, Lambre, Sella, e località Orca. Qui si vuol ringraziare l'intervento dei tecnici dell " A.V.S." altovicentino-servizi, che con alcune autobott i sono riusciti a marginare in parte i disagi patiti dalla popolazione. La Valposina, da sempre conosciuta ed apprezzata per la bontà e l'abbon­danza d'acqua e delle sue sorgenti, entrava in crisi. L'emergenza si è protratta per tutto l'Autunno nono­stante alcune copiose precipitazioni in Novembre. Insomma i livelli idrici delle sorgenti non erano ancora entrati nella normalità. Si spera in un inverno nevoso soprattutto in montagna così da mantene­re attive le fonti allo sciogliersi delle nevi. I disagi subiti dalla siccità possano aiutarci a capire quanto preziosa possa essere l'acqua anche nella nostra valle.

foto: R. Lorenzato Anno internazionale dell 'acqua 2003.

Quanto mai importante anche in Valposina, dopo la forte siccità avuta

Acqua in numeri: Il 90% dell'acqua mondiale non è sfrutta­bile, trovandosi negli oceani. Un miliardo e cento milioni di persone non hanno accesso ad acqua sicura e 2 miliardi e 400 milioni di persone non dispongono di impianti igienici adeguati. Nel corso degli anni '90 le inondazioni

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hanno interessato più del 75% di tutte le persone colpite da disastri naturali. Nelle zone umide del mondo, le montagne forniscono dal 30 al 60% dell'acqua dolce impiegata in pianura. Nelle regioni aride e semiaride, la percentuale sale al 70-90%. Per produrre un kg. di riso sono necessari da 1 a 3 m. cubi di acqua. Per un kg. di grano circa 10 m. cubi. Il consumo annuo di acqua per uso indu­

striale passerà da 754 km cubi nel 1995 a 1170 km cubi nel 2025. Dal 1950 a oggi l'estensione del ghiaccio marino dell'artico si è ridotta di circa il 15% e lo spessore del 40%. Il 60% del nostro peso è acqua. Il 75-80% delle piante è costituito da acqua. (continua)

Fonte: rivista della montagna dicembre 2003 - gennaio 2004 • pag. 35

Il racconto di Mario Mentre in mano osservava quella piccola statua, dal viso si vedeva trasparire un leggero velo di emozione. Fu così che Mario mi raccontò la breve storia di quella statua raffigu­rante S. Antonio. Nel maggio del 1947 dopo aver frequentato il catechismo e ricevuta la prima comunione, tutti i bambini in particolare coloro che si erano impe­gnati di più nelle lezioni furono "pre­miati". Con caratteristici alquanto originali riconoscimenti. Alcuni di questi raffi­gurano i santi: statuine in gesso, pic­coli quadretti con icone di Madonne, angeli... Nell'anno successivo (1948) Mario, che aveva 11 anni dovette emi­grare con tutta la famiglia in Francia, e tra le molte cose che doveva racco­gliere e mettere nelle valigie con sé, c'era pure quella statua di S. Antonio, così importante per lui ma nello stesso tempo anche molto fragile. Chissà se sarebbe arrivata integra in Francia durante il viaggio. Così ebbe una singolare idea: la met­terò nei pressi dell'altare della Madon­na alla chiesetta dei Cervi, nei momenti più difficili della vita chissà, pensando a quella statuina sicura­mente mi avrebbe aiutato. E così fu. Oggi, 55 anni dopo, Mario Leder con molta devozione è qui con me a rac­contarmi questa breve sua storia.

R. Lorenzato foto: R. Lorenzato

Mario Leder con la sua statuina raffigurante S. Antonio

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Posina: terra degli antichi "cimbri"

Oltre che ricca di acque cristalline e aria pura, Posina e la sua popolazione hanno avuto origini "teutoniche". Autorevoli testi, che si basano su precisi documenti, citano che coloni Bavaro-Tirolesi arrivarono anche nella Val Posina.

Queste intere famiglie furono chiamate "cimbri" appellativo che deriva dal tede-sco "ZIMMERER" ovvero lavorante del legno.

Già nel 1053 nobili ed ecclesiastici favo­rirono le immigrazioni di queste genti per la necessità di disporre di boscaioli per la fornitura di legname, per la fabbricazione del carbone e per la difesa degli inospitali territori montani.

Fu così, che intorno al 1150, un gruppo di pastori e boscaioli si stabilì intorno a Posina costituendo il nucleo originario che colonizzò in seguito la zona di Lavarone-Folgaria e tutta l'area cimbra trentina compresa la Vallarsa (altri gruppi si stan­ziarono sull'Altopiano di Asiago, Valle del Chiampo, Valle dell'Agno e la Lessinia).

Per centinaia di anni questi antenati parlarono l'antico tedesco "TAUTSCH" che determinò anche la toponomastica locale.

Per le loro opere ottennero privilegi ed esenzioni anche dalla Repubblica di Venezia f ino a dopo la Rivoluzione Francese.

Usi e costumi di questa fiera e nobile gente rimasero inalterati per oltre sei seco­li!

Vivevano di frumento, legumi, segale coltivati sia nel fondovalle, ma anche sui declivi ben esposti a terrazzamento nelle zone più impervie per sfruttare ogni lembo di terra.

L'esbosco poi, permise di creare vasti prati per l'allevamento del bestiame con i conseguenti prodotti caseari delle malghe.

Molto si potrebbe ancora dire di questi

antichi padri della Valle di Posina ma, sicu­ramente, fin dal lontano mondo medioe­vale, hanno indicato, con la tenacia di conservazione e valorizzazione del territo­rio, la via da seguire.

Questo "seme" plurisecolare è ancora visibilmente presente nell' indole degli attuali abitanti. Esso si è rivelato essenziale per affrontare le difficoltà esistenziali di oggi come allora.

Non disperdiamolo!

Posina, 2 giugno 2004 Renzo Fiorenzato

foto: R. Lorenzato Posina: "ricca di natura e storia" così diceva uno slogan

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L'osservatorio del Capitano Tron

foto: R. Lorenzato Lapide posta sull'entrata dell'Osservatorio

Era destino che qualcuno mi parlasse di questo luogo particolare. Roberto Lorenzato già da diverso tempo mi diceva che mi avrebbe portato su all'osservatorio del Capita­no Tron. È proprio vero che in Val Posina c'è tanto da scopri­re, perché in tant i anni non avevo mai sentito par­lare di questo posto. Il pomeriggio del giorno 20 Agosto 2003 mi telefona dicendo: - Preparati, metti gli scarponi e un par de braghe longhe, che andia­mo su all'osservatorio -. Poco dopo siamo in auto, su per la strada che porta al passo Xomo. Lasciamo l'auto prima del passo e ci incamminiamo in direzione nord-ovest. Pochi passi e siamo nel bosco. Si sale con moderata pendenza e

dopo 20 minuti circa siamo in zona. L'ambiente è sug­gestivo, con trincee, resti di costruzioni in muratura risalenti alla Grande Guerra e segni evidenti di quell'epoca sparsi un pò dappertutto. L'osservatorio è nei dintorni, ma non è mai tanto facile a trovarsi. Perlustriamo la zona e in pochi minuti troviamo il punto: una ripida scalinata scende all'ingresso della galleria dell'osservatorio i ta l iano in t i to la to al Capitano Tron, come indica la targa presente sull ' in­gresso. La discesa è molto ripida ed occorre fare attenzione. Entriamo in questa stanza dove si evi­denziano due feritoie di osservazione: quella di sinistra volge lo sguardo verso il passo della Borcola, la costa del Majo e le varie

contrade disseminate in zona. La feritoia di destra guarda diret tamente su Posina e i monti circostan­t i , in modo particolare il Gamonda, il Priaforà e il M. Caliano (gruppo Novegno). Il panorama è vasto ed in continuazione ci alterniamo nell'osserva­zione in queste due fer i ­toie. Da qui i soldati italia­ni potevano controllare in sicurezza tutti i movimenti del campo avversario, in modo particolare quelli dei soldati austro-ungar ic i sulle cime del M. Majo. Usciamo dall'osservatorio e risaliamo la ripida scalina­ta. Giriamo verso destra e con qualche balzo in risali­ta tra roccette e carpini, rimontiamo sulla testa del­l'osservatorio.

Occorre fare attenzione in questo punto perché il vuoto è a un metro da noi. Qui l'osservazione è vera­mente ampia e il colpo d'occhio sulla valle e sui monti circostanti è ecce­zionale. Ritorniamo sui nostri passi ma, invece di tornare al Xomo per la strada percor­sa in precedenza, decidia­mo di aggirare la boscaglia per dir igerci verso Campiglia. Non conoscia­mo bene questo percorso, ma sappiamo che la malga è vicina ed anche il

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posteggio delle auto nei pressi della strada delle gallerie non è lontano. Infatti, una volta usciti dal bosco, ci dirigiamo verso il posteggio, poi verso la bocchetta dello Xetele e poi giù f ino al bar del Xomo. Abbiamo così per­corso un giro ad anello. Il sentiero non è segnalato

ed è bene, per chi non conosce la zona, che sia accompagnato. In questo caso la salita pomeridiana è da preferire, in modo da avere la luce del sole che illumina tutta la valle alle spalle dell'osservatorio. Ci fermiamo al bar del Xomo a bere una birra e poi torniamo in paese.

Anche questa rimane un'e­sperienza unica ed entu­siasmante. È proprio vero che la nostra valle riserva sempre posti e luoghi magnifici a chi sa cercare e a chi sa apprezare questo ambiente meraviglioso. Agosto 2003

Roberto Salerno [email protected]

La Madonnina del Priaforà

Il 15 Agosto 2003 (Ferragosto), giorno dedicato all 'Assunzione della Beata Vergine Maria, siamo saliti in gruppo sul Priaforà per la collocazione di una Madonnina nei pressi del "buso". La giornata è stata senza dubbio avventu­rosa, ma tutto si è svolto secondo le nostre intenzioni. Il giorno prima, 14, aveva piovuto in Val Posina, con temporali sparsi ed anche un pò di grandine. Purtroppo le previsioni per il giorno seguente non erano af fa t to buone. Era alta la possibilità di pioggie e temporali, tanto che io non avevo pensato af fat to di salire sul Priaforà. Roberto Lorenzato invece era convinto più di me per una possibile salita in gruppo, come previsto da alcuni giorni. La notte, alcuni di noi non hanno dormito molto bene, pensando se salire o non salire su questo monte. Roberto L., dopo le tre di notte, si alzava ogni ora per osservare il cielo e l'andamento del tempo. lo stesso mi alzo all'ultimo minuto, intorno alle ore 5,45 e vedo che il cielo è tutto sereno: sembra incredibile. Tutto l'opposto delle previsioni del tempo.

Insomma, alla fine si decide di partire, confidando nel tempo e nella Madonna. Si spera che almeno il mattino

sia sgombro di nuvole, tanto per compiere l'opera di sistemazione della Madonnina. Partiamo in gruppo (circa 20 persone), con scala, cemento, sabbia, acqua ed attrezzi vari, nonché con la statua della Madonna. L'entusiasmo è molto, ma è tanta anche la tensione che ci accompagna. Non vorrem­mo trovarci nel bel mezzo di un temporale in alta quota. Partiamo con le macchine, su per il passo Xomo, via per la strada che porta a Vallortigara e il paese di Santa Caterina. Poi su per la contrada Rossi, dove passa la strada che con una serie di innu­merevoli tornanti ci porterà sulla conca del Novegno, base di partenza per andare a passo Campedello e poi sul Priaforà. Ma, proprio dopo la contrada Rossi, accade un fatto strano. Vediamo una fila di alcune suore, vestite di bianco, distanti l'una dal­l'altra, che risalgono la china del monte per la nostra strada. Sono circa le sette del mattino e queste suore camminano in sali­ta, lentamente, recitando le loro orazioni del mattino.

Alla fine vediamo due suore che cammina­no insieme e Roberto L. decide di fermarsi per fare vedere la statua della Madonna e

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per chiedere una preghiera per tu t t i noi. Le suore, veden­do questa bella sta­tua, si illuminano di gioia e baciano il vo l to della Madonna. Ci congediamo e continuiamo per la nostra via. Lasciate le macchine sotto la conca del Novegno proseguia­mo a piedi, con f i ­dando sempre nella Madonna, nelle suore e nel tempo. Tutto procede bene. Il percorso è rallegrato anche da alcuni bambini che con grande volontà si cimen­tano nel percorso. Arrivati al "buso", inizia la preparazione e l'allargamento della nicchia dove verrà riposta la statua. Terminato il lavoro, la statua della Madonna è nella piccola cripta e guarda verso la Val Posina e i monti cir­costanti. Roberto Lorenzato spiega il motivo di que­sta nostra sali ta. Tutto comincia nel Dicembre 2002, quando un manipolo di coraggiosi paesani salgono al "buso" per togliere di mezzo alcune piante che ormai ostruivano la vista del foro da Posina. Lavoro perfettamente riuscito, basta essere a Posina per vedere il risultato. In quella occasione, Giorgio dai Munari, lancia l'idea di collocare una Madonnina nei pressi del "buso" che guarda verso la Val Posina.

Ora questa idea si è concretizzata e tutt i noi siamo molto contenti di questo lavoro. Proseguiamo in gruppo in salita e in pochi minuti siamo in vetta al Priaforà, dove tro­neggia la grande croce. Il tempo è sempre stabile, senza problemi e la vista spazia su tutt i i monti circostanti e

ai vari paesi del fon-dovalle. Firmiamo il libro giornale riposto ai piedi della croce e riprendiamo il nostro cammino in discesa. Alcuni di noi deviano per visitare le galle­rie di guerra che traforano il Priaforà. Anche qui le emo­zioni non mancano e, grazie anche ad una pila di scorta che tengo sempre nello zaino, possia­

mo visitare le gallerie, composte da vari cunicoli, stanze e sbocchi per cannoni. Le gallerie sono perfettamente percorribili e tutto è molto emozionante. Siamo ormai sulla strada del ritorno e un sole brillante ci accompagna sempre. Ci fermiamo alla Malga Novegno: pastasciutta per tutt i e "tochi de formajo", contornati da vino rosso, denominato da noi tut t i "vino de malga" e acqua a volontà. Ripartiamo, raggiungiamo le auto e scen­diamo a Santa Caterina. Ci fermiamo tutti a bere un caffè e ci salutiamo: sono le ore 15 circa.

Non potevamo passare un Ferragosto migliore di questo; una giornata veramen­te indimenticabile.

Piano piano tut t i noi ritorniamo in Val Posina, alle nostre case, contenti di queste ore trascorse insieme, del tempo meteoro­logico che è stato a nostro favore e della protezione della Madonna che sempre ci ha accompagnato e che ora veglia su tutti noi da quel punto alto, da quel "buso" così caratteristico che dà il nome a questa straordinaria montagna: il Priaforà.

Agosto 2003 Roberto Salerno

[email protected]

foto: R. Lorenzato Momento clou della giornata: Giuseppe Cervo con mirabile

maestria posa la Madonnina sul Priaforà

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La montagna, un silenzio

Son salito quassù per Contrada dei Ressi, come già alcune volte in tempi lontani; un sentiero nel bosco che si apre ogni tanto su raccolte contrade, poi improvvi­sa, a sinistra, una svolta su verdissimi prati e poche case isolate a segnare l'ini­zio del minuscolo luminoso altipiano di Balan. Arrivato al muretto dove inizia il sentiero che sale al monte Rivone, sosto a lungo in silenzio; il respiro è leggero e mi sento finalmente spogliato di rumori, di affanni e di richiami insensati, e lo sguardo sconfina di crinale in crinale... È da tempo che ho lasciato questi luoghi, sto cercando, con un po' di incertezza, di trovarne l'immagine trascorsa, collegarne i ricordi al presente, sto cercando, mi sembra il ricordo che ho dentro di qual­cosa che ora è un'assenza. Sto girando per luoghi a cui da anni ripenso, e sor­preso ritrovo le cose familiari di un tempo, sono gli odori dell'erba a seccare sul prato, sono gli incontri con la gente del posto tra parole e silenzi, sono folate improvvise di vento tra i rami che insi­stente sospinge il Pasubio, sono le nuvole scure che anche oggi indugiano ferme sulla Borcola e la Val Sorapache... ma, ogni tanto, mi prende smarrito il pensie­ro di qualcosa che mi sembra un'assenza che fatico a trovare. Sono rari i rumori che mi giungono dall'ambiente, c'è un silenzio dovunque che mi lascia indifeso, senza schermi: i progetti, i problemi, le fatiche, le gioie sono le cose che mi trovo di fronte, sento chiaro che il tempo sta

seguendo più lento una scansione diversa e mi piace indugiare a contemplare, rac­colto. Questa notte ho dormito giù in valle, mentre il buio d'intorno lo sentivo solca­to dalle acque lontane; quanti anni dal­l'ultima volta, e a dormirci ho riscoperto qualcosa che mi lega ostinato a questi luoghi, e mi sembra di avere tanto a lungo cercato come fosse un amore che temevo perduto; è un legame che la notte, lo trovo che mi ha trasformato. E riscopro diverse dimensioni del tempo, e la vita che non è una tensione di cose da fare, non è circondarsi ogni momento di gente e nemmeno fuggire il presente per riempire di progetti il futuro. E rifletto che il tempo della vita di giù sembra come ingabbiato e ridotto a una cosa come tutte le altre, sembra un tempo costretto tra numeri e agende, che ci scorre vicino come fossimo appena lambiti.

Ma so bene che il tempo dell'uomo, del mondo, della vita, non è riducibile al tempo della tecnica, degli affari, al tempo metrico di una coordinata, il tempo dell'uomo è una cosa viva che si apre indefinitamente e dai numeri può essere soltanto sfiorato. Sono venuto come fosse un richiamo a cercare il segreto del tempo che, mutan­do nei mesi, ripete senza posa le stagioni negli anni, del tempo misterioso e profondo dei cieli d'inverno stellati e ventosi, del tempo lontano ed oscuro degli strati di roccia dei massi che incon­tro, del tempo quasi immobile, eterno, di un mondo d'intorno che parla dovunque un linguaggio di simboli e di cifre di senso.

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foto: R. Lorenzato

Contrà Ressi. Sullo sfondo contrà Zamboni e in alto Malga Campiglia con i Forni Alti avvolti dalla nebbia

Sono venuto a cercare questo ritmo diverso della nostra esistenza che non scorre uniforme come i numeri ottusi dei nostri strumenti e ci svela un tempo pre­sente che alle volte lo sento nel vento che trasporta presagi futuri, alle volte sembra immobile come l'acqua nascosta in una pozza tra l'erba, altre volte mi sfiora un istante come un brivido che percorre uno stagno. Presente, passato e futuro non sono più separati e disposti in sequenza come fos­sero numeri, sono diventati realtà vive

che comunicano in uno scam­bio continuo. Nel silenzio e nel tempo diverso, ritrovo la mia voce come fosse perduta, ritrovo altre voci conosciute, riodo parole pronunciate per me ancora incomprese, ci sono anche delle voci che rimango­no mute e mi sembra che si intessa con esse come un dia­logo fatto di questo silenzio, e mi sembra di intuire che pre­senza ed assenza non sono tra loro in contrasto, sono solo due volti della stessa realtà. È la vita di sempre che ricerca il rumore e il contatto verbale continuo, il silenzio è sentito soltanto come un vuoto da colmare, uno scomodo incon­tro da tenere lontano... Ho ripreso ad andare, sto salendo al Colletto, sono entrato nel bosco di faggi e pregusto la vista che mi attende verso valle e contrade e, nella piana, paesi lontani. Camminare da solo mi aiuta ad affinare l'ascolto dei luo­

ghi, camminando tra boschi, contrade e crinali mi sembra di cercare qualcosa cui tengo e che qui scorre profondo. Nel silenzio e nel tempo diverso, ripenso a persone distanti che non sembrano lontane e passate, ma più intenso perce­pisco il richiamo di qualcosa che giunge dai luoghi e che ora lo sento come fosse un incontro creduto perduto e tanto a lungo cercato, a cui ho dovuto tornare.

Paolo Campogalliani

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Sono passati più di t rent 'nni da quell'a­gosto del 1971. Mi ricordo bene di quel­l'anno perché finalmente qualcuno mi portò ad esplorare le prime gallerie della Strada della 1A Armata, più comunemente conosciuta come "Strada delle Gallerie".

Da sempre avevo sentito parlare di que­sto ardito tracciato, costruito dai soldati nel periodo della Grande Guerra, ma per diversi motivi non ero mai riuscito a salire fin lassù.

Fin da piccolo avevo sempre avuto un grande desiderio di esplorare i sentieri, i luoghi e le montagne intorno a Posina, ma, chissà perché, nessuno mi accompagnava per conoscere questi luoghi. Conoscevo alcuni percorsi tra i boschi vicino a Posina, ma per le quote più alte era troppo avven­turoso e temerario avventurarsi da soli.

Finché un giorno di quel lontano mese di agosto, Josette Pietrobelli, suo marito Henri, il loro piccolo Philippe, io e mio fra­tello Franco, anche lui piccolo, andammo a fare una scampagnata sui pascoli di Campiglia: un classico picnic all'aria aper­ta.

lo non sapevo nemmeno da dove partis­se la strada delle gallerie e chiesi informa­zioni ad Henri, il quale mi spiegò alcune cose, ma non solo. Dato che eravamo a Campiglia, ci volle poco a spostarsi e ad intraprendere l'inizio dell'ardita strada. Come per incanto e quasi senza renderme­ne conto, finalmente percorrevo questa mulattiera storica.

Percorremmo circa 25 gallerie, senza pile, un po' avventurosamente.

Per me fu una grande scoperta. Ormai conoscevo l'attacco della strada e un gior-

na di gallerie con un amico villeggiante, un certo Giorgio Scortegagna, di Isola Vicentina.

Ma fu solo nel 1974 che finalmente arrivò l'occasione tanto desiderata.

lo e Tiziano Cecchellero, grandi amici da sempre, partimmo per l'escursione. Tiziano conosceva meglio di me quei posti e si offrì come guida: il 18 agosto di quell'anno par­timmo intorno alle ore 3,30 del mattino, a piedi, direttamente da Posina, come si faceva una volta. Quindi su a passo Xomo per scorciatoie, poi a Campiglia ed infine su per la Strada delle Gallerie.

Come ogni escursione di questo genere, intrapresa per la prima volta, fu vissuta con molta emozione. Arr ivammo sul Pasubio fino alla chiesetta di S.Maria, dopo il rifugio Papa.

Al ritorno seguimmo l'itinerario classico giù per la strada degli Scarubbi e poi anco­ra giù fino a Posina.

L'itinerario è sempre emozionante e la Strada delle Gallerie si può definire un'o­pera unica per le sue caratteristiche di costruzione.

Non so se io e Tiziano siamo stati gli ultimi avventurieri che sono partiti a piedi da Posina per salire sul Pasubio. Quello che so è che una volta questa era la normale prassi per avventurarsi su questa bella montagna.

Ricorderò sempre con piacere queste prime escursioni sul Pasubio e non potrò dimenticare chi mi accompagnò nelle mie prime esplorazioni, conducendomi in un mondo alpino a me tanto caro.

Agosto 2003 Roberto Salerno [email protected]

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no ci sarei tornato certamente. L'anno seguente, diciasset­

tenne, part i i da Posina per esplorare ancora qualche deci-

La strada delle gallerie - Ricordi

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Posina. Commemorate le 3mila vittime del Majo

«Ricordare i caduti e favorire la pace» Presenti vari rappresentanti dei combattenti

di Giovanni M. Filosofo

"Ha ancora senso, ad oltre 85 anni di distanza, l'odierna commemorazione per i caduti della Val Posina?

La risposta è sì, perché essa aiuta a ricor­dare e a riflettere, trasmettendo valori di pace, amicizia, fede nella patria, giustizia

foto: R. Lorenzato

Particolare dell'altare austriaco presso la Chiesetta dei Cervi

sociale, tenacia, solidarietà, tutti meritevoli di essere assunti come modelli dai giovani per essere onesti a tutt i i livelli".

È stato questo il nucleo centrale dell'o­razione ufficiale che Artenio Gatto ex uff i­ciale e già sindaco di Torrebelvicino, ha pronunciato al culmine dell' annuale pelle­grinaggio in memoria delle 3 mila vittime della valle e del Maio durante 41 mesi di battaglie combattute nella Grande Guerra.

La prima parte della cerimonia aveva visto la sfilata del lungo corteo a Posina, tutta pavesata di tricolore e di stendardi biancorossi, sulle note della banda di Arsiero, con soste al capitello del "Cristo Mutilo" e al monumento ai caduti.

Poi, per tutti, l'appuntamento è stato ai Cervi, salendo la strada della Borcola, accanto alla suggestiva chiesetta della Madonna di Monte Majo, sulle pendici del­l'omonima montagna da cui nel maggio del '16 calarono a valanga i Kaiserjager.

Il sindaco, Paolo Pertile, ha dato il ben­venuto alla fo l ta delegazione del l ' "Osterreichischen Schwarzen Kreuzes", di Linz (alta Austria), sempre più legata ai "fratelli" italiani da un'amicizia profonda, colt ivata con reciproci incontr i , nella comune commemorazione dei caduti e in una visione sovranazionale della storia e dei rapporti umani.

Sentimenti che hanno spinto molti sin­daci dell' alto vicentino ad essere presenti, accanto al senatore Franco e agli esponen­ti di Provincia, Ana, Ancr del Vicentino, alle numerose rappresentanze d'arma con labari, gagliardetti, gonfaloni.

La banda, dopo l'alzabandiera, ha ese­guito gli "Inni" di Mameli e di Mozart, e ha intonato uno struggente onor caduti.

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Amici di montagna All'ora stabilita arrivam­

mo tutti nel parcheggio del caseificio di Posina.

È strano come ogni escursionista compia degli at t i che lo accomunano subito a tutti gli altri cam­minatori: il semplice allac­ciare gli scarponi con movimenti lenti e precisi, oppure il controllare che non manchi nulla nello zaino, il guardare il cielo per vedere che tempo farà, sono gesti che fanno parte di un rituale che serve a prendere contatto con la

montagna. Quel giorno era stata

organizzata una festa a Malga Campiglia per ono­rare la montagna e i suoi prodott i . Il salire a piedi fino alla malga aveva un significato particolare: un atto di umiltà per riportare l'uomo nella consapevolez­za dei suoi limiti fisici, un modo per ricordarsi la con­creta fatica del vivere vero; un dovuto segno di rispet­to verso la natura per esse­re più vicini ai ritmi degli altri esseri viventi.

foto: R. Lorenzato Tetti di contrà Zamboni in Valposina lungo il sentiero

Posina - colle Xomo

Forse era per questo ch'eravamo in pochi; ma l'essere in pochi a volte è un valore importante per­ché permette una cono­scenza reciproca più rapida e sincera.

Nell'imboccare il sentie­ro, Roberto che faceva da guida al gruppo, ci ha rac­contato le storie delle genti che hanno abitato la val le; poi t u t t i ci siamo fermat i ad ascoltare la voce delle cascate del tor­rente Posina. Il percorso s'insinuava nell'ombra della valle, poi passava vicino alle contrade e nei pascoli, poi di nuovo dentro al bosco di faggio.

Le piccole tappe presso le antiche fontane; qual­che parola scambiata con gli abitanti delle borgate; le riflessioni amare fatte osservando le case abban­donate; la poesia strug­gente degli antichi tet t i che emergevano dal verde; sono stati i momenti più importanti dell'escursione.

Ma un'altra cosa impor­tante è accaduta lungo quel percorso: donne, uomini e bambini che non si erano mai visti prima camminavano insieme sul sentiero e parlavano, si raccontavano storie, osser­vavano insieme erbe, albe­ri, funghi e montagne, si scambiavano esperienze.

Chi era più forte e cor­reva veloce, poi si fermava ad aspettare chi era più

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lento. Mano a mano che si

saliva il rispettoso e distac­cato "lei" sempre più spes­so diventava un amichevo­le e più caldo "tu".

Dopo la festa in malga, con i dolci e le marmellate fatte in casa, i formaggi, i panini imbottiti di sopressa

nostrana; dopo aver ascol­tato i meravigliosi canti del coro e osservato il sapiente e antico lavoro degli art i­giani , siamo tornat i sul sentiero.

È stato in quel momento che mi sono reso conto di un fa t to interessante: la guida, con lo zaino già in

spalla, ha percorso con lo sguardo la folla e subito gli escursionisti del gruppo si sono radunati intorno a lui.

È straordinario come la montagna, in un solo gior­no, possa rendere amiche le persone che la amano.

Giancarlo Ferron

Restaurato il campanile di contrà Brunelli

Il 17 Agosto 2003, alla mattina, siamo saliti a contrà Brunelli.

Questa contrada si trova nella Val del Tovo, vicino a Castana.

La valle è molto caratteristica, stret­ta, selvaggia e avvolta nel silenzio.

Per un giorno questa bellissima valle è stata percorsa da molte persone, in occasione dell'inaugurazione del cam­panile restaurato in contrà Brunelli.

Qui si assapora ancora uno stile di vita antico e sembra che il tempo si sia fermato.

Sono posti veramente caratteristici, da conservare con cura e anche da capire nella loro solitudine.

Dopo la S. Messa con la benedizione del campanile, molte persone si sono fermate in contrà, con pranzo comuni­tario e musica.

Per un giorno questa antica contrada ha ritrovato grande vigore. Il camminare per queste strade e per questi sentieri aiuta a capire la vita che si faceva una volta.

Una vita dura, ma piena di generosità e bontà d'animo.

foto: R. Lorenzato Inaugurazione del campanile di cantrà Brunelli

Cogliamo l'occasione per complimen­tarci con il Gruppo Alpini di Castana e Laghi per questo intervento di restauro e con tutti i volontari che hanno contribuito ai lavori di ripristino di questo caratteri­stico campanile.

Agosto 2003 Roberto S. e Roberto L.

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I recuperanti

Anche l'intera zona della Valposina fu interessata dall'attività dei recuperanti. Il fenomeno si potrebbe dividere in due fasi: negli anni '20 - '30 si vide soprattutto la ricerca dell'ottone, del piombo, e del rame (leghe e metalli pregiati) e il periodo del secondo dopoguerra fino alla fine degli anni '50, quando si recuperò soprattutto ferro.

Nei citati decenni si batteva con il piccone svariate zone della valle: dal Monte Majo, al Monte Pasubio, dal Monte Alba, al Monte Novegno. Il lavoro del recuperante fu senz'altro con­siderato rischioso, per la pericolosità nel maneggiare gli oggetti che si trovavano, in particolare i proiettili inesplosi, o i loro depositi. Un elenco di incidenti mortali dovuti allo scoppio di ordigni bellici è tuttora conser­vato negli archivi storici di Posina. Quando giunse l'epoca dei metal-detector, la ricerca di materiale bellico era già diventata un hobby.

E a proposito di ricerche, una breve testi­monianza mi viene data dall'amico sig. Lino Ossato, forse il recuperante più anzia­no della Valposina.

• Sig. Lino quando è iniziata l'attività del recuperante in Valposina?

• Sicuramente dagli anni 1920 in poi, ho conosciuto diversi recuperanti di Posina, ora scomparsi che prima di me hanno frequentato le zone montane del paese.

Ma i primi furono persone provenienti da Asiago.

• Cosa ti spinge a fare il recuperante?

• Ricordo che a l'età di 13 anni un kg. di ferro veniva pagato anche 46 £ (erava­mo alla metà degli anni 1950) assieme all'amico Angelo dopo aver accumulato un deposito di un paio di quintali, lo portavamo giù in periferia del paese e li veniva caricato su dei camion dai com­mercianti.

In paese c'era ancora un po' di miseria, e i soldi erano sempre pochi per poter tirare avanti. Oggi invece lo pratico solo per hobby, come svago insomma.

• Come si diventa recuperante?

• Secondo me si diventa recuperanti per curiosità: scoprire cosa si trova a pochi centimetri nel sottosuolo, e poi anche per passione della storia, raccogliere o trovare ciò che hanno smarrito chi prima di noi ci ha preceduto nel nostro passaggio.

C'è poi il contatto con la natura; cam­minare nei boschi è molto suggestivo in qualsiasi stagione.

• Oggi ha ancora senso fare il recuperan­te?

• Guarda, finché ero giovane eravamo qui a Posina una manciata di persone che praticavano questa attività, oggi invece se ne possono contare quasi una venti-

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foto: R. Lorenzato

na e per lo più giovani, dotati di grande passione per la storia, e per quelle cose che gli eventi bellici del passato hanno lasciato sul suolo. C'è da dire una cosa: ormai il grosso del materiale bellico è stato recuperato, rimangono sicuramente alcuni oggetti, ad esempio fibie, medaglie ecc. che hanno ancora un po' di valore storico-affettivo e sono ancora apprezzati da alcuni collezionisti.

Si parlava della pericolosità del recuperan­te, anche perché spesso si viene a contatto con materiale esplosivo. Numerosi gli incidenti in passato, e anche tragici: una numerosa schiera di ragazzi di Posina furono vittime di violenti scoppi di Bombe.

Il 25 Novembre 1921 un tubo di dinamite (creduto scarico) raccolto dal maestro Cerruti, quale ricordo di guerra, per la vici­

nanza della stufa scoppiò in piena scuola, dilaniando la porta e la stufa stessa. Fu un vero miracolo che non si ebbero vit­time tra gli scolari.

L'elenco continua con al t r i inc ident i : Celeste Zambon che combattè negli arditi, fu ferito a morte presso malga Valbona l'1 Agosto 1926, sempre per lo scoppio di un proiettile. Vittima fu pure Antonio Bagattin di anni 25 di Fusine, morto in val delle Lanze presso i Fiorentini. Severino Cecchellero di contrà Benetti di anni 15, rimase vitt ima presso i Pruste (monte Majo). L'elenco continua. Ma anche altrove ci furono gravi incidenti: l'ultimo che si ricordi fu nel Febbraio del 1974 in quel di Asiago, in un solo colpo rimasero uccise sette persone, seguirono funerali di stato.

Roberto Lorenzato

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incontro con Lino Ossato

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notizie storiche

Un antico itinerario di lavoro e di fede

Nei secoli XI, XII e XIII, si verificò una gra­duale e sistematica migrazione di lavoratori germanici verso le zone incolte delle mon­tagne del Trentino, dell'altopiano di Asiago e della Lessinia veronese.

Erano montanari, pastori, boscaioli, e in seguito anche minatori, in cerca di lavoro e di nuove terre da dissodare. Tra i documenti comprovanti la colonizzazione, è interes­sante ricordare un documento del 1216 emanato dal principe vescovo di Trento. Si tratta di una concessione fatta a Odolrico ed Enrico "teutono" di Posina di fondare venti masi nel monte di Costa Cartura pres­so Centa (Folgaria) e di condurvi "bonos et utiles et prudentes laboratores".

Queste migrazioni diedero vita a nuovi insediamenti e ad alcune comunità ammi­nistrative autonome come quelle dei Sette Comuni Vicentini e dei Tredici Comuni Veronesi della Lessinia. Ma con l'andare del tempo, forse anche per l'aumento della popolazione, lo sfruttamento dei territori dell'altopiano dei Sette Comuni non era più sufficiente al sostentamento di questi colo­ni. Era quindi necessario migrare nuova­mente verso le zone pedemontane, in cerca di nuove terre da coltivare.

Fu così che dal l 'a l topiano dei Sette Comuni, in particolare dal terr i torio di Rotzo, alcuni roncatori tedeschi migrarono attraverso le zone pedemontane poste tra i

Sette e i Tredici Comuni, lungo il percorso Valdastico, Arsiero, Posina, Colletto di Posina, Valli del Pasubio, Tretto, Rovegliana, Recoaro, Durlo, Boscochiesanuova, Roncà.

Nel loro passaggio, questi coloni lasciaro­no tracce, presenti tuttora nei nomi, nei cognomi, nei soprannomi e nei nomi di località che rivelano l'origine germanica. Quando si fermavano, animati da una profonda fede religiosa, accanto alle baite e alle capanne, costruivano anche rustiche cappelle dedicate ai loro santi protettori, in particolare a S. Margherita di Antiochia e a S. Gertrude del Brabante. Sono così disse­minate, lungo tutto il tragitto, le chiese dedicate a queste sante patrone.

È documentato anche un particolare legame t r ibutar io tra la chiesa di S. Margherita di Rovegliana e la chiesa "matrice" di S. Margherita di Rotzo.

Questo particolare itinerario, che unisce idealmente alcune chiese delle montagne vicentine e veronesi, testimonia la grande fede che animava questi popoli. Essi, lonta­ni dalla loro terra d'origine, in una situazio­ne di miseria e di lavoro durissimo, non avevano perso la fede in Dio e nei loro santi protettori da cui attingevano la forza per continuare la loro difficile vita.

Giuliana Rigon

Tratto da: G. Rigon "Il Codice Wangiano e le migrazioni dei lavoratori cimbri"- 1997

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Biblioteca Comunale di Posina

Fine anno tempo di "bilanci" anche nel 2003 l 'att ività della Biblioteca Comunale è stata incrementata (grazie alla partecipazione di nuove persone sempre disponibili) e siamo stati in grado di svolgere e programmare nuove atti­vità.

Tutto è iniziato con "La chiamata di Marzo": tra veti e paure un grande falò ha salutato l'inverno e accolto la prima­vera.

In estate, dopo la serata introduttiva dell'amico guardiacaccia Giancarlo Ferron, abbiamo spostato il divertimento in quota.

A malga Campiglia abbiamo infatti orga­nizzato la "2a festa della montagna" durante la quale si è svolto un suggestivo concerto di musica classica suonata dal­l'orchestra "Camerata Vicentina".

Nel pomeriggio grandi e piccini hanno ballato e cantato insieme al gruppo folk-loristico "I Tirimballo", specializzati in danze popolari. Ritornati a valle, abbia­mo mantenuto la tradizione della "Sagra della Consacrazione". Vento a parte, ben riuscita la serata con sfilata in costume tipico del gruppo Rikabère balli tradizio­nali delle nostre vallate alpine.

Con l'arrivo dell'autunno tutt i alla scoperta di altre culture montane.

Il giorno 2 novembre infatti: gita in Valle dei Mocheni dove siamo stati accol­

ti dall'Istituto Mocheno Cimbro che ci ha accompagnati a visitare miniere, masi e mulini.

La domenica precedente grande impe­gno per rifocillare la folla affamata alla mostra mercato dove, grazie agli ottimi gnocchi preparati dalle nostre signore, abbiamo rafforzato la fama già diffusa di questo piatto delizioso e delle nostre patate (anche questa è cultura).

L'Anno si è concluso con doni all'asilo e, la sera della Vigilia, con l'aiuto di Babbo Natale, offrendo ai bimbi simpati­ci regali.

L'ultimo dell'anno ci siamo trovati infine tutti, grandi e piccini, ad una cena presso la Trattoria "I Tre garofani" dove, tra portate e giochi, abbiamo detto addio al 2003 e salutato l'arrivo del 2004

Il calendario per questo nuovo anno è già pronto, tante e nuove iniziative ver­ranno promosse. Contiamo sulla vostra partecipazione!!

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile lo svol­gimento delle citate attività dedicando ad esse parte del loro tempo libero. Un ringraziamento sentito anche ai commercianti che hanno contribuito generosamente.

IL PRESIDENTE

Andrea Cecchellero

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