Campane di Posina - Anno 2005-2006

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Bollettino Parrocchiale Campane di Posina-Laghi-Fusine-Castana 2005-2006

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CAMPANE DI POSINA FUSINE, CASTANA e LAGHI

Sede: Piazza G. Marconi 36010 POSINA (Vicenza) tel. 0445 748118

Pubblicazione PRO MANOSCRITTO delle Parrocchie di: S. Margherita V.M. in Posina, S. Rocco in Fusine, S. Pietro Apostolo in Castana e S. Barnaba in Laghi

Stampa: Stab. Tip. G. Fuga & Figli - Arsiero

In copertina: Chiesetta dei Cervi Foto: Roberto Lorenzato

Un ringraziamento a tutti i collaboratori

Le offerte raccolte dalla distribuzione del bollettino sono destinate alle opere parrocchiali.

Il Signore ama chi dona con gioia!

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La Chiesa. Un cantiere... per crescere nella fede Girando per le nostre quattro par­rocchie, ascoltando le attese della gente, ci si accorge che c'è in tutti il desiderio, la voglia di rimettere a nuovo le nostre chiese. Se ciò è evidente nella chiesa di Posina, il cui restauro conservativo è già all'opera (e di cui parleremo in altre pagine del nostro Bollettino), a Laghi manca l'organo in quanto è "all'ospedale", bisognoso di cure, di revisione completa. A Castana se ne parla da tempo, ma ormai si sta concretiz­zando la volontà della tinteggiatura interna ed esterna della chiesa e a Fusine, per essere in linea, c'è l'intenzione di guardare invece al tetto della Casa del Signore. Non parlo delle varie canoniche, purtroppo non abitate, che avrebbero bisogno di ben altro che di una semplice revisione: problema però che non possiamo accan­tonare, far finta che non esista, con l'aiuto degli esperti della Diocesi dovremo affrontare il problema di lavori così grossi, complessi e delicati. È bello vedere l'amore che abbiamo per le nostre chiese, volerle davvero accoglien­ti come si conviene alla casa del Signore, come anche è significativo come ogni parrocchia, con modalità diverse, si dà da fare per l'aspetto finanziario (vedi mer­catini, pesca di beneficenza...) che bisogna avere sotto controllo per far fronte alle spese ordinarie e straordinarie.

In questo periodo estivo i nostri paesi si animano con le varie sagre: sono già state effettuate quelle in occasione della festa di San Pietro (Castana) e di San Barnaba (Laghi), mentre aspettiamo la consueta sagra di San Rocco a Fusine e di Posina. Anche questi momenti che coinvolgono nell'organizzazione tante persone, sono importanti per imparare a stare insieme nella gioia, nella semplicità e occasioni per rinsaldare legami e amicizie. Se c'è questa volontà di fare festa, di "rimettere a nuovo" le nostre chiese, non dimentichiamo di rimettere a nuovo il volto delle nostre comunità cristiane: sareb­be inutile mostrare una bella chiesa, ma poi non mostrare una bella comunità cri­stiana con la sua identità, ma anche con la sua apertura e relazione con le altre parrocchie. Nel tempo di Avvento con il Consiglio pastorale unitario abbiamo cercato di pro­porre un cammino itinerante (nelle 4 parrocchie) per riscoprire il sacramento

Lavanda dei piedi Foto: Roberto Lorenzato

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della penitenza e in quaresima la Via Crucis con la lettura e riflessione del Vangelo della domenica. Ci siamo trovati in pochi (ma buoni!) volonterosi, ma ne è valsa la pena. È stato gettato un seme che avrà bisogno di cure, attenzioni per portare frutto e far venire a tutti il desiderio di crescere nella fede e rendere più forte e cre­dibile la nostra chiesa fatta di uomini. C'è la fatica della distanza, del "pellegrinare" tra le varie comunità cristiane della Valposina, ma, diciamolo, con la buona volontà di uscire di casa, mettendoci d'ac­cordo tra vicini per il trasporto... è possibile crescere come famiglia di famiglie, parrocchia e parrocchie. Ci mettiamo impegno concreto, frutto di sacrifici per la chiesa fatta di mattoni: non dimentichiamo di crescere come comunità. A questo proposito la chiesa cresce, si edifica, si rinforza nella carità, cioè nell'at­tenzione e presenza ai nostri anziani, ammalati delle contrade: una visita, un saluto, un piccolo servizio diventa segno della volontà di ciascuno di "farsi pros­simo" al fratello. Insieme con don Roberto approfitto di questo nostro "Campane di..." per ricorda­re i nostri emigranti, presenti nelle mie preghiere: passando per le contrade, vedendo case con la porta chiusa, mi vengono in mente quanti lì hanno vissuto, amato, lavorato, sofferto e che ora son all'estero, lontani dai nostri paesi, come

anche i nostri cari defunti già entrati dentro nell'ab­braccio di Dio. A quanti in diversi modi, spesso nascosti, senza fare rumore, servono le nostre parrocchie, a quanti ci sono vicini con il loro contributo finanziario, a chi, con la soli­ta tenacia ha voluto, amato, lavorato per la riuscita e per far recapitare alle famiglie questo numero del Bollettino, il mio e nostro grazie.

don Stefano

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Allestimento mercatino pro restauro della Chiesa

Parrocchiale di Posina

Foto: Roberto Lorenzato

Inaugurazione del nuovo capitello in contrà Laba-Boaro con un

sorridente Don Roberto

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Restauro Chiesa Parrocchiale di Posina Come tutti ormai sapete nel mese di marzo sono iniziati i lavori di restauro della nostra chiesa parrocchiale. Questi lavori si sono resi necessari in quanto le superfici interne erano in avanzato stato di degrado, principalmente nell'area delle volte, con disgregazione e distacco dell'intonaco e comparsa di macchie di umidità causate da infiltrazioni provenien­ti dalla copertura. Lungo la fascia basamen-tale, inoltre, risultava molto evidente il feno­meno della risalita capillare dal sottosuolo che ha causato la formazione di efflorescen­ze saline sull'intonaco e anche sulla muratu­ra sottostante, con gravi conseguenti distac­chi e perdita di frammenti di materiale. Questo fenomeno purtroppo si rileva anche su tutte le superfici esterne. I lavori sono iniziati con l'asportazione manuale dell'intonaco cementizio e degra­dato presente nella fascia basamentale esterna con successivo scavo per convoglia­re l'acqua piovana e farla defluire lontano dai muri. Per contenere le spese questo lavoro è stato eseguito da parecchi volontari del paese che con generosità si sono resi disponibili. All'interno è stato rimosso manualmente l'intonaco degradato ed è stato steso un intonaco risanante ad azione deumidificante. Qui si è verificato il primo imprevisto, in quanto l'eccessiva umidità dei muri ha reso evidente la necessità di inter­venire anche sul pavimento per assicurare al lavoro di restauro una effettiva durata nel tempo.

La pavimentazione della navata centrale era formata da un riquadro in piastrelle comuni in graniglia di cemento di colore rosso e bianco e presentava un degrado diffuso su

tutta la superficie con mancanze, sgretola­menti e alcuni rappezzi. Questa pavimentazione è stata quindi rimos­sa, è stato effettuato uno scavo di cm 50 di profondità e bonificato il terreno dall'eccessi­va umidità. Tale risanamento verrà comple­tato con la posa in opera di un sistema di riscaldamento a pavimento. La nuova pavi­mentazione della navata centrale sarà in lastre di marmo naturale dello spessore di cm. 3 di qualità concordata con la Sovrintendenza.

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Foto: Romano Zambon

Foto: Romano Zambon

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Per quanto riguarda le pareti interne si sta provvedendo a pulire e consolidare l'intona­co tramite impregnazione di resina acrilica e stuccatura di riempimento. Purtroppo i muri si stanno rivelando molto più degradati del previsto e i lavori procedono lentamente. Si provvederà poi con la tinteggiatura delle pareti con calce pigmentata a base di terre naturali. È stato riaperto inoltre il vano che ospita il fonte battesimale, il quale sarà restaurato come è avvenuto per le statue degli altari laterali. Questo intervento di risa­namento, che si protrarrà probabilmente fino all'inizio dell'inverno, comportava inizial­

mente un preventivo di spesa di circa 150.000 euro ma, dati gli imprevisti, probabilmente la spesa sarà di circa 250.000 euro. Desideriamo ringraziare tutti i volontari che hanno messo a disposizione tempo, forza, mezzi, competenza e professio­nalità per far sì che questa opera di restauro venga completata nel modo migliore, e le molte per­sone che, offrendo il loro contri­buto, piccolo o grande che sia, manifestano il loro sostegno a questo importante progetto.

Chi volesse contribuire può: • Rivolgersi ai nostri parroci Don Stefano

Bernardini e Don Roberto Xausa presso la canonica di Arsiero - tel. 0445/740309.

• Inviare un assegno o un vaglia postale intestato alla Parrocchia S. Margherita V. M. piazza Marconi n. 9 - 36010 Posina (Vicenza)

• Fare un bonifico bancario sul conto corren­te intestato alla Parrocchia presso la Cassa Rurale di Rovereto, filiale di Posina. Le coordinate bancarie per l'Italia sono: ITA BBAN P (CIN) 08210 (ABI)

70810 (CAB) 014000000181 (CONTO) Le coordinate banca­rie per l'estero sono: EUR IBAN IT78 P082 1070 8100 1400 0000 181 Codice BIC o SWIFT CCRTIT2T57A

Si ricorda che per i titolari di P. IVA l'of­ferta è deducibile fino ad un ammonta­re pari al 2% del red­dito d'impresa.

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Foto: Romano Zambon

Foto: Romano Zambon

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L'Angelo del Novegno

Per una serie di circostan­ze, mi ritrovo quasi improv­visamente fuori Milano. Il mio rifugio è sempre quello e nella giornata del 15 set­tembre (giovedì) arrivo a Posina.

Ho necessità di stare solo per qualche giorno. Ho biso­gno del silenzio e della calma intorno a me.

Il mattino dopo, venerdì 16, vedendo il tempo che "sta su", decido finalmente di salire in Malga Novegno. Decido unicamente di salire là per prendere il formaggio, quello buono. La Malga è ancora aperta, ma non lo sarà per molto. Tra alcuni giorni chiuderà tutto e le vacche torneranno ai loro "alloggi" di pianura...

Non parto presto perchè la decisione di salire lassù è presa lì per lì, al momento. In auto percorro le strade a noi note e in un'oretta circa arrivo finalmente al posteg­gio che sta alla base della Conca del Novegno.

Ci sono solo io al posteg­gio, c'è solo la mia auto. Ma vedo sul terreno degli strani segni; due in particolare mi incuriosiscono: sono due grandi cerchi tracciati nel terreno. A vederli sembrano quasi perfetti.

Non ho con me la fotoca­mera digitale, ma ho il mio telefonino con fotocamera

integrata, quindi scatto una foto di uno dei due cerchi. Sono cerchi ampi, almeno due metri di diametro, ma forse più...

Non capisco proprio come possano essere stati fatti. Sono distanti molti metri l'uno dall'altro e poi ci sono altri segni nei dintorni che non riesco a decifrare.

Ma, poco dopo, quasi ina­spettatamente, ecco appari­re l'Angelo del Novegno... Proprio non pensavo di ritro­varlo lassù, come un anno fa... Rimango sorpreso, con­tento, contemplandolo in tutta la sua bellezza...

Parliamo di alcune cose, siamo molto in sintonia, ma come sempre il tempo a noi concesso per rimanere insieme è sempre poco, lo so. È più forte di lei... racco­glie un mazzolino di fiori e me lo dona con gioia... Tra le altre cose mi dice di non percorrere la solita strada a me nota per andare in Malga, ma di salire su diret­tamente verso la Croce del Novegno, quella che si vede anche dal posteggio.

Mi dice anche che un giorno dovrò andare in altri punti, indicati con precisio­ne, in cui troverò postazioni militari e tutto ciò che è relativo a quell'interessante periodo storico.

Passano forse 15 minuti,

ma a dire il vero è difficile quantificare il tempo in pre­senza di questo Angelo... In sua presenza la dimensione del tempo assume un altro aspetto. In verità si ha una sensazione di essere "fuori dal tempo"... Ma è tempo di lasciarci ormai e dopo esser­ci salutati, l'Angelo riprende la sua via, la stessa per cui era arrivato...

Mi incammino diretta­mente verso il luogo indica­tomi e ogni tanto guardo giù verso il posteggio.

Sembra quasi un sogno, ma l'incontro c'è stato...

Arrivo alla Croce del Novegno; la supero e poi scendo in direzione della Conca, girando intorno ed arrivando alla Malga.

Una marmotta mi segue con lo sguardo ed io seguo il suo...

Preso il formaggio, ritorno verso il posteggio, ammiran­do il paesaggio circostante. Nebbie sottili, sprazzi di sole, animali sui crinali che si stagliano contro il cielo come silhouette. Tutto è magico, tutto è bello e ora capisco perchè solo lì può apparire il mio caro Angelo del Novegno...

Settembre 2005 Roberto Salerno

[email protected]

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Italo Rader Racconta...

Dopo il venti di Agosto, molti turisti o villeg­gianti che frequentano la valle ritornano ai propri paesi di provenienza. Il paese, soprattutto alla sera, ritorna tacitur­no, poche automobili lo attraversano, la piazza ritorna silenziosa, quasi deserta. Questa la sensazione che ho provato una sera di fine estate mentre mi trovavo in cen­tro. Italo Rader, classe 1921 originario di Costamala, emigrato in Sud-Africa dal 1951, mi sta aspettando per due chiacchiere assie­me. Trovo interessante ascoltare i racconti, di "vecchi" emigranti. La loro storia, la loro esperienza, lontani quasi per sempre dalle loro origini. - Sono molto attaccato a Posina nonostante i molti cambiamenti che ho

Italo Rader: estate 2005

Foto Roberto Lorenzato

visto: noto, purtroppo, in particolare i prati aggrediti dal bosco che lentamente li inghiottisce, ma nel medesimo tempo anche la vivacità delle persone che caratte­rizzano questo paese. Credo di essere stato uno degl'ultimi a "battere broche" presso Costamala. Erano gli anni 1949-50. Ogni fusina (officina) era composta da sei operai e proprio negl'ultimi anni di vita di questo mestiere, si produceva un particolare model­lo di "broca" richiesto in provincia di Bari, sempre usata per suole da scarpe. Ma l'atti­vità ormai era agli sgoccioli. Da lì a poco dovetti emigrare come molti, a fare il mura­tore all'estero. Dimenticavo di dire che per un periodo fui occupato in paese a fare il recuperante. Per il "brocheta" il ferro da sei millimetri recuperato sulle montagne dila­niate dalla grande guerra, risultava indispen­sabile per la produzione di chiodi. Negl'ultimi tempi la materia prima, cioè il ferro, veniva acquistata nella piana di Arsiero, dove si vide il sorgere delle prime officine meccaniche.

Poi un velo di emozione arresta la voce di Italo, quando racconta di essere stato un sopravvissuto di Cefalonia, uno scampato al tremendo eccidio dei nazifascisti. -Appartenevo al comando di divisione 27° sezione carabinieri di Verona. Un periodo tri­ste e molto difficile del secolo scorso. Partito da Posina nel 1951, vi feci ritorno dopo venti anni. Poi altre due volte con la famiglia ed

oggi eccomi qui ad ottantaquattro anni suo­nati a raccontare vecchie storie ormai dimenticate. È scesa la sera in paese, un altro racconto la notte ha svelato, i segni del tempo hanno lasciato le rughe sul viso di Italo, ma non hanno cancellato la memoria di chi dura­mente ha vissuto.

Roberto Lorenzato [email protected]

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Escursioni: istruzioni per l'uso.

Con l'arrivo dell'estate, si trova anche il desi­derio di organizzare qualche camminata assieme agli amici del paese. Spesso al gruppo formato da otto - dieci per­sone si aggrega anche qualche villeggiante o emigrante, desideroso di trascorrere una giornata in allegria, e di rivedere o scoprire i sempre affascinanti luoghi della valle. Meta ormai tradizionale da molti anni è il Pasubio, con il giro delle malghe. Un'escursione non per tutti, richiede un po' di allenamento, e comunque prima di esse­re realizzata occorre, per chi volesse farla da solo la prima volta, un'attenta lettura sulla carta dei numerosi sentieri, così per facilita­re il percorso, le quote di altitudine, e maga­ri informarsi da qualche montanaro esperto. Nebbia, e temporali frequenti, possono crea­re disagi per chi non è buon conoscitore dei luoghi.

Sembra scontato, ma la prima cosa da met­tere nello zaino è la prudenza. La montagna affrontata con faciloneria spes­so ha serbato sgradite sorprese. Insomma, tanta attenzione, allenamento, e un buon equipaggiamento, con indumenti idonei per qualsiasi stagione. In particolare le calzature, di solito scarponi, che dovranno essere comodi, possibilmente impermeabili, da non lasciare passare l'ac­qua, e da non indolenzire i piedi. E a proposito di scarpe, non posso dimenti­care l'allegra giornata trascorsa in Pasubio l'Agosto del 2005. Quando tutto ti sembra organizzato alla per­fezione, ecco l'inconveniente: ti trovi a nean­che metà percorso con un temporale che ti assedia da tutte le parti, all'improvviso ti cedono entrambe le suole delle scarpe.

Gli scarponi di Ernesto "provvisoriamente" riparati

Foto Roberto Lorenzato

Proprio una sfortuna. Fortuna vuole che il compagno vicino si sia portato con se un pezzo di spago leggero quanto basta per ridurre la scollatura delle suole, in rifugio poi si sarebbe provveduto a sistemare l'inconveniente con del nastro resistente gentilmente prestato dal custode. Così Ernesto, villeggiante di contrà Leder, ha potuto "rimediare" al caso e con un po' di attenzione far ritorno alla Borcola. Poi una bicchierata con tutti gli amici, e i canti dei boy-scout hanno concluso una giornata molto avventurosa da non dimenti­care.

Roberto Lorenzato [email protected]

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Festa del sole Il giorno è arrivato!

Oggi arriva il Sole! Da una settimana la luce è più intensa (quando non è nuvolo), ed oggi è sereno! Sono appena le nove ed il Vin Brulè già si scalda appeso al treppiedi in cortile, contra­stando con il freddo frizzante che ci circonda. Ma davvero un "tiepido" raggio oggi appari­rà da quelle cime lassù che sembrano inno­cue, ma invalicabili sentinelle tanto che nep­pure il Sole nel suo grandioso Essere riesce più a superare?! Ore 10,00; ore 11,00; ore 11,30-35? 0 ecco, i raggi ci sono ma vengono da sotto in sù dietro le cime tra la "Punta Longa, Vacaresse e Malga Sola". Ma... non suona ancora mezzogiorno ed un primo Raggio dritto dritto punta ai tetti delle case quassù ai Boni: sì, ce l'ha fatta; così si annuncia, ed ogni quarto d'ora si pren­derà gioco di noi facendo capolino per qualche istante e tingere di rosa appena i muri grigi, senza garantirci di farsi vedere ancora alla prossima

guglia... Intanto, la Gente arriva e la festa si anima con allegria perché, con il ritor­no del Sole, l'Inverno se ne va via! Sonia P.

Scorcio di contrà Boni, prima dell'ingresso alla "Piazza della Vittoria"

Foto: Roberto Lorenzato

Relazione festa del Sole Il ventidue gennaio 2006, alla sua quarta edizione, è stata rievocata la festa del sole in contrà Boni. Un modo antico della gente di qui per ritrovarsi e poter gustare meglio la vita, che si presentava assai difficile nei secoli scorsi, alleviando così le sofferenze e le fatiche umane. Come da racconti e storie narrate da vecchi, i quali rivivono ancora nella loro memoria questi eventi folcloristici inconsueti ed allegri, è stata allestita anche quest' anno in piazza della Vittoria: un trep­piedi con il pentolone di vin brulè ed una tavolata di dolci fatti dalle donne del posto. È stato un via vai continuo dalle dieci del mattino fino le quattro del pomeriggio.

La giornata è stata limpidissima e coronata dalle cime imbiancate abbondantemen­te; è stata poi colo­rita di più con la musica ed i balli di piazza. Nel complesso è riuscita a meravi­glia, si spera abbia donato ad ognuno di noi ed a quanti hanno assaggiato quest'armonia, un modo sano e pia­cevole di vivere una giornata diver­sa dall'ordinario, tralasciando per qualche ora la vita frenetica di ogni giorno. Arrivederci al prossimo anno!

Davide D.Z.

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Tra i colori e i profumi della mostra d'autunno

di Giovanni Matteo Filosofo

Ha fatto di nuovo centro la tradizionale mostra merca­to dell'agricoltura di mon­tagna, proposta dal Comune nell'ultima dome­nica ottobrina. Tanta la gente, venuta anche dalla pianura, che per l'intera giornata ha risalito la valle, parcheggiando l'auto agli inizi del paese, e poi rag­giungendo a piedi la colo­nia dei Cappuccini, trasfor­mata per l'occasione in un capace bazar, disposto su tre piani: il piazzale anti­stante, occupato dalle ban­carelle, da chioschi e dagli stand degli espositori; gli spazi interni, adibi­ti a punti-vendita e promozionali; l'area sul retro, con padiglione coperto, preparata per la degustazione degli gnocchi di patata, e delle caldarroste.

Una vetrina all'insegna dei prodotti orticoli, e dell'allevamento, ma anche dell'artigianato, provenienti dai cinque paesi del comprenso­rio pasubiano: da quelli vicentini di Posina e di Valli del Pasubio, e da quelli trentini di Terragnolo Trambileno e Vallarsa. Aromi e sapori di malga e di bosco; profumi naturali; prodotti e frutta di stagione. Un angolo caratteristico, poi, quello in cui i fratelli Giannino e Attilio Zambon, intrecciando sapientemente tenere "pannelle" di noccio­lo, secondo un'arte trasmessa nel tempo,

Folla alla tradizionale mostra mercato dei prodotti agricoli di Posina

Foto Roberto Lorenzato

hanno dato forma, davanti agli occhi dei curiosi, a "bénele", a cesti di varie dimensio­ni, a gerle di varie dimensioni creando anche, sempre intagliando il legno, candide stelle alpine... Nel frattempo, l'artista Sergio Prisanco, servendosi della sola motosega, "scolpiva" uccelli, animali, composizioni flo­reali. Nella fiera, anche i bambini hanno trovato una sorpresa: il dono di 1500 palloncini colo­rati, da parte della Comunità Montana, con lo stemma dei 9 Comuni valligiani. Nel pome­riggio, fino a sera, a intrattenere la gente ci ha pensato il gruppo "Valincantà", con i canti, nel dialetto di casa, interpretati in chiave acustica, con calde assonanze "andi­ne".

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P o s i n a . E s p o s i z i o n e d e i p r o d o t t i

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Dal Griso alle Giare dei Pressi: «Sassismo» in Val Caprara

Arrampicata sui sassi nel greto del Torrente Posina in Val Cavrara

Foto: Roberto Lorenzato

"Sassismo" o Bouldering (parola derivata dall'inglese Boulder, che significa sasso) è il termine usato correntemente nell'alpinismo internazionale per definire l'arrampicata sui massi. Le strutture rocciose su cui si pra­tica sono i massi con un'altezza compresa fra un minimo di due metri e un massimo di una quarantina. Il Bouldering sta a indicare solo l'arrampi­cata sui massi e non quella sulle brevi paretine di roccia o sulle strutture edilizie (palazzi, torri, grattacieli, ciminiere o sempli­ci muri di mattoni a secco) definita BUILDE-RING. Il sassismo ebbe origine con l'arrampicata stessa, poichè i pionieri erano soliti allenarsi sui blocchi di roccia. Nel mondo alpinistico è molto conosciuto un grosso blocco granitico, posto nei pressi di Courmayeur e detto Sasso preuss, dove si allenava il leggendario scala­

tore austriaco. Sappiamo anche che i nume­rosi blocchi di grès della splendida foresta di Fontainebleau, vero tempio del sassismo mondiale, erano già frequentati dagli arram­picatori prima dell'inizio del '900. Più tardi, negli anni sessanta e settanta, l'americano John Gill, maestro insuperato e filosofo del bouldering, propagò questa attività e la sua etica dallo Yosemite al Colorado, all'eldorado Canyon (con la scuola più preparata del mondo) in Nord America, in Europa, alla Selva Boema, alla Sassonia, alla Valtellina (Val Masino e Val di Mello) alla Val di Susa e Val di Lanzo. Nel microcosmo del masso si raggiunge una dimensione spirituale ed emotiva tale da "dialogare con il sasso", parte viva e integrante del monte stesso, che ha una storia tutta da narrare a chi ha "orecchie per intendere". Il "gesto" atletico assume un valore rituale e una capacità puri­ficatrice, ridando la facoltà di entrare in uno stato di grazia che è simile a quello che si ispira alle discipline ascetiche orientali. Si possono così ricavare le medesime gioie sia della scalata Himalayana, sia della passeg­giata nei boschi o della contemplazione inat­tiva con l'esclusione dalla propria mente di tutto ciò che è fuori dalla concentrazione stessa e l'individuo riceve in sè un flusso di energia vitale. Tutto questo può offrire il "sassismo" un'attività che presuppone anzi­tutto l'amore per la natura intatta e sel­vaggia (wilder ness) per ottenere quel rap­porto uomo-natura che il blocco roccioso, parte integrante dell'ambiente naturale, con­solida! Tutte queste sensazioni si possono provare e verificare a pochi chilometri dal centro di Posina con una breve escursione di circa un'ora in una zona integra e molto sug­gestiva sul fondo della Val Caprara dalla loca­lità Griso fino alle Giare dei Pressi (si consi-

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glia la conoscenza della tecnica dell'arrampi­cata su roccia). Lo scorso maggio Giorgio dai Munari mi invi­ta ad accompagnarlo, con scarpette da footing e a mani nude, superiamo tutta la serie di massi con passaggi di 1°, 2° e 3° grado superiore per un dislivello di 200 metri circa! Giorgio è convinto che la carica di energia che riceve nel superare con agile eleganza tutti gli ostacoli in progressione mozzafiato, lo disintossica dalle fatiche del quotidiano lavoro. Alla fine sudati, ma soddisfatti, ci rendiamo conto di aver "fatto del vero sassismo" La parte termi nale della Val Caprara alle Giare dei Pressi, nei mesi primaverili ed estivi, lascia che le sue acque cristalline entrino in segrete carsi­che vene fino al Griso dove ricompaiono sul torrente Posina. Rimane così allo scoperto e

asciutto questo fantastico percorso di sassi enormi, roccette, scivoli, scanalature e pertu­gi! È il "lavoro" che la montagna esegue in centinaia e migliaia di anni per stupire gli uomini. Anche Roberto, in una seconda usci­ta, rimane affascinato e con delle foto docu­menta il passaggio dello "scivolo rosso"! L'itinerario può essere percorso per la via più logica ma si possono evitare i passaggi più difficili spostandoci un po' più a destra o a sinistra e l'avventura è sempre gratificante e remunerativa! Provare per credere.

N.B.: per ulteriori informazioni rivolgersi a Giorgio, fine ricercatore di reperti storici, ma, da ora, anche il «John Gill della val Posina» Posina 13 giugno 2006

Renzo Fiorenzato

Alberto Sortino: campione applaudito È stata una grande notizia, quella che si è appresa in paese sul finire dell'inverno. Alberto Sortino, formidabile pesista ha conquistato il titolo tricolore nei campionati giovanili indoor per allievi svoltisi ad Ancona. Classe millenovecentoottantanove, specialista nel getto del peso, grazie anche alla sua staz­za atletica, ed all'attenta guida del suo allenatore sig. Carlo Gamberoni, prima di questo suc­cesso, ha conseguito una rilevante fila di risultati a livello provinciale tra i quali: sesto nei campionati italiani del duemilatre ad Orvieto, quarto nel duemilaquattro a Rieti, ed infine la vittoria sopra citata ad Ancona. L'amministrazione comunale in occasione dell'inaugurazione della nuova rete dell'illuminazione pub­blica in centro storico, ha voluto offrire una targa di riconoscimento ad Alberto come segno di stima ed ammirazione, augurando indelebili traguardi sportivi. Forza Alberto.

Roberto Lorenzato [email protected]

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Posina. Cerimonia sul monte Majo in ricordo dei caduti della guerra

In contrà Cervi per la pace Impegno comune degli ex nemici italiani e austriaci

Autorità Italiane ed Austriache durante la cerimonia dei caduti del M. Majo, presso la chiesetta di contrà Cervi

Foto Roberto Lorenzato

Ai piedi del Monte Majo italiani e austriaci si sono ritrovati per riconfermare l'amicizia e i valori della pace, nel ricordo degli oltre 3 mila caduti in valle nella Grande Guerra. È stata tanta la folla che ha partecipato all'annuale celebrazione accanto alla cappel­la votiva che i reduci delle battaglie del '16 dedicarono alla statua della Madonna lignea, davanti a cui si fermavano a pregare prima di salire sulla linea del fronte. La cerimonia, dopo la sfilata per le vie del paese sulle note della banda di Arsiero, ha toccato il suo cul­mine proprio presso la chiesetta di contrà Cervi, ove si sono incontrate tante autorità civili e militari, molti valligiani ed escursioni­

sti, oltre alla folta delegazione dell' "Osterreichischen Schwarzen Krenzes", la Croce Nera di Linz, nell'alta Austria guidata dal col. Friedrich Schuster, e dal console ono­rario d'Austria, Mario Eichta. Le celebrazioni si sono aperte con gli onori alla bandiera italiana e austriaca. Il neosin­daco, Andrea Cecchellero, ha riaffermato la volontà di mantenere in vita una cerimonia che ricorda i sacrifici dei combattenti, e tra­manda ideali «che ci impegnano a lavorare per far crescere la nostra comunità e per avere un presente e un futuro di pace». Per la Croce Nera ha parlato il colonello Schuster. «Questa terra - ha affermato - ha

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di Giovanni Matteo Filosofo

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visto la sofferen­za di tanta gente. Oggi, purtroppo, nel mondo ci sono ancora tante divisioni... Gli ultimi fatti di terrore ci impe­gnano a pensare ad un comune impegno per la pace, in cui c'è bisogno di tutti. Sono contento che anche il nuovo sindaco voglia che Posina e la Croce Nera continuino a camminare insie­me».

È poi intervenuto il senatore Paolo Franco. «Mi com­plimento - ha detto per la pre­senza di tante persone che vogliono tener alti i valori dei nostri soldati. Oggi ci servono, non li lasceremo decadere, assie­me ai valori della famiglia, della fede, della soli­darietà. Noi siamo uomini di pace, ma per difendere quei valori dobbiamo essere uniti nella loro difesa».

Gli alpini a Firenze Il 4 novembre 2005, Giornata delle Forze Armate, Firenze ha onorato in modo speciale tutti gli Alpini Caduti in guerra e in pace. È stato infatti scoperto un cippo in loro ricordo, al Cimitero Monumentale di Trespiano. È semplice ma molto significativo: una roccia di due metri, che rap­presenta una montagna, sulla quale sono poggiati un cappello da Alpino e un'aquila. L'iscrizione è breve ma incisiva: A ricordo degli Alpini morti in guerra e in pace È il primo Monumento all'Alpino nel nostro territorio di pianura. Non c'è da meravigliarsi: le Apuane sono vicine, e sono una magnifica palestra di addestra­mento per i giovani, e di scalate per gli esperti. Quando il servizio militare era obbligatorio, quasi tutti i giovani iscritti al CAI sce­glievano di prestarlo negli Alpini, ed erano già seriamente prepa­rati alla montagna e alle sue dif­ficoltà. Non conosco l'attività dell'ANA di Firenze, anche se spesso vedo l'adesivo dell'Associazione sulle automo­bili. Mi sembra però che l'nizia­tiva per questo cippo sia molto significativa. Ed è bello anche il luogo in cui è stato posto: al Cimitero di Trespiano si trovano Cappelle e zone a ricordo dei Caduti, e vi è anche un quadrato riservato ai Cavalieri di Vittorio Veneto. Inoltre, il Cimitero è situato su uno dei colli che cir­condano Firenze, a mezza costa, e da lì si domina la vallata dell'Arno. Sempre in alto, anche

se a poche centinaia di metri! Questa iniziativa mi ha fatto molto piacere. Già mio padre, ufficiale di Fanteria, mi aveva trasmesso la sua simpatia per gli Alpini, a cui si è aggiunta la mia personale. Ho sempre avuto a Posina un'accoglienza cordiale da parte degli Alpini, in occasio­ne della cerimonia annuale ai Cervi. Apprezzo molto anche le loro grigliate, ed il lavoro delle loro donne per la buona riuscita della festa. Il mio affetto per gli Alpini deriva anche da un'altra constatazione. Quando c'è un'e­mergenza, come ad es. un sisma, i primi ad accorrere sono loro, dovunque si verifichi l'even­to, anche all'estero. Ci sono sem­pre i cappelli degli Alpini in prima linea, anche in pace! Sono felice che Firenze li abbia solen­nemente onorati. Come simbolo, ne ricordo solo uno: Mons. Francesco Galloni, Cappellano Militare della Brigata Monte Suello, Medaglia d'Argento al V.M., presente all'inaugurazione della Cappellina della Madonna del Monte Majo, il 28 luglio 1968, data che ormai fa parte della storia di Posina: L'ULTIMA DOMENICA DI LUGLIO

Da allora, questo appuntamento si ripete regolarmente, ed io sono stata presente quasi sem­pre. Spero di esserci anche il 30 luglio 2006, ma fino da oggi, rendo omaggio con riconoscenza e affetto a tutte le Penne Mozze. Novembre 2005

Augusta Ficalbi

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Tornano alla luce i resti di un soldato

L'equipaggiamento è scomparso, sarà molto difficile risalire alla sua identità

di Luca Valente

«Abbiamo trovato dei resti umani, probabilmente di un combattente della 1a

guerra mondiale, durante un'escursione sul monte Majo. Il 9 ottobre gli alpinisti Enrico Dolgan e Fabio Cattelan si sono presentati ai carabinieri denunciando la scoperta. La notizia è rimasta riser­vata fino a quando le ossa dello sconosciuto soldato sono state prelevate presso il Vajo Brutto Buso, scosce­sa porzione montagnosa parallela alla Val Grande, nel territorio del Comune di Posina. Ora è iniziata la seconda fase dell'operazione, il dif­ficile tentativo di individua­re nazionalità, reparto e identità del militare. Pare comunque, dalle prime analisi, che si tratti di un soldato italiano.

La squadra di recupero, organizzata nell'ambito del progetto per il recupero delle salme dei caduti della Grande Guerra, la cui Commissione è stata isti­tuita lo scorso 12 ottobre sulla spinta dell'assessore Dino Secco e del consiglie­re Nereo Galvanin, è parti­ta domenica mattina da contrada Griso. Assieme ai due giovani scopritori c'erano l'anato-mopatologo Andrea

Galassi, il delegato Ana Giannino Losco, il consiglie­re comunale di Posina Matteo Leder, il comandan­te della stazione dei cara­binieri di Posina Bruno Granello, il vicebrigadiere Roberto Mantiero della sta­zione di Schio per Onorcaduti e il maresciallo De Rosso, della stazione di Piovene.

Un'ascesa di un paio d'ore ha portato il gruppo nell'a­rea del ritrovamento a

quota 1425 m, nelle vici­nanze di una postazione austriaca e di alcune caver­ne ricovero. A pochi passi dalla cengia, ancora i segni della battaglia: proiettili e caricatori, già svuotati dai recuperanti. Ma anche i resti del solda­to, individuato a causa di un omero affiorante dal terreno, in passato erano già stati trovati e spogliati di quasi tutto dai cercatori di cimeli. Sono state perciò raccolte le ossa e quel poco che era rimasto dell'equipaggia­mento, dopo aver preso le coordinate del luogo e averlo fotografato. Le speranze di identifica­zione sembrano dunque ridotte al minimo. «Abbiamo recuperato uno scheletro completo al 70% - spiega il dottor Galassi -, con buona parte del cranio. Purtroppo è rimasto poco degli effetti personali.

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Posina. Due alpinisti durante un'escursione sul monte Majo scoprono le ossa di un militare che risalgono probabilmente alla Grande Guerra

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Speriamo che dalla terra prelevata salti fuori qualche frammento, ad esempio un bottone: individuando il reparto scendendo fino al batta­glione, sarebbe possibile ricostruire le linee parentali degli appartenen­ti fino agli attuali discendenti di dispersi che consentano un con­fronto sulla base dell'analisi del Dna».

Pessimista anche lo storico Siro Offelli, che con Claudio Gattera ed Enrico Acerbi costituisce il pool di esperti incaricato della valutazione dei reperti: «L'asportazione è stata relativamente recente, non è avve­nuta subito dopo la guerra, quando i recuperanti portavano via i crani per poi rivenderli: in effetti circola­va da qualche tempo in zona la notizia di un ritrovamento. Abbiamo per ora a disposizione i resti della suola di uno scarpone di fanteria non d'ordinanza, forse acquistato per proprio conto da un ufficiale, una fibbia d'ottone di un tascapane italiano, cartucce e bos­soli italiani.

Nessuna stelletta, nessun oggetto personale, tranne un braccialetto di ottone molto corroso, che dovrà essere pulito con attenzione. Sarà davvero dura».

Contrà Griso: le severe guglie che sovrastano la contrà omonima,

luogo del ritrovo dei resti di un soldato della 1a Guerra Mondiale

Foto Roberto Lorenzato

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Scarabozza La giornata è trascorsa quasi sempre alter­nante tra piogge e schiarite, alle nuvole scure seguono pause di luci e di azzurro, ma non resta neanche il tempo di raccogliere indumenti e lo zaino che già subito fuori riprende a scrosciare. È pomeriggio inoltrato e mi decido ugual­mente, lascio l'auto a contrada Collegio che poche ore al tramonto ci mancano. Resta il tempo di percorrere la valle Scarabozza, mi ripeto quasi incredulo e ancora non fossi convinto, e raccolte le cose di fretta mi accin­go ad andare. Scorgo il Derio sui campi, mi saluta e mi chiede se salgo, e sorride e riflet­te che la pioggia non ha mai fatto male a nessuno, con la pioggia in cammino, la man­tella riporta un silenzio ritmato dalle gocce che a ascoltarlo sembra farsi più intenso e profondo; se potesse lasciare, poi aggiunge, verrebbe anche lui. Con la pioggia, gli dico, filtrasse dell'acqua anche dentro di noi, e lavasse tutto il male del cuore dell'uomo, che di questo ne abbiamo bisogno, e maga­ri una volta lasciasse i coltivi e venisse anche lui.

La montagna, lui lo sa, alle volte la si vive come fosse una sorta di richiamo insistente che non lascia mai sosta, come fosse perfino un rimprovero che mette un rimorso che ora sembra soltanto attenuarsi per questo mio andare deciso egualmente nonostante le nubi e la sera vicina. Penso a incontri che abbiamo fatto negli anni, che da subito è chiaro da questi non esistono difese, che da subito si comprende non è ammessa la via del ritorno, non si pos­sono recidere, né sperare di metter distanza reale. Questi incontri si sono fatti presenze continue, e ci chiamano sempre, e ci insi­nuano dolce un rimorso. La montagna, per me, ne sono certo, ogni volta riprende un incontro che riporta una storia nel tempo e riaccende il ricordo, come

fosse un legame che lascia senza scampo in un rapporto che risulta necessario e irrisolto. Dentro in valle i miei passi, seppure spediti, vanno cauti esplorando il terreno, ci sono massi bagnati nella gola che ormai è quasi oscura, e dall'alto di muschi e radici scendo­no rivoli ovunque. A contrasto dell'ambiente che è angusto e alle volte una sorta di forra oppressiva, ci sono fiori dovunque come solo nei luoghi dove all'umido e all'acqua si accompagna un percorso che non passa nes­suno. Sto pensando all'uscita, a questo mio inerpi­care come stessi scalando una sorta di imbu­to, e mi chiedo tra quanto, quando scorgo improvviso su in alto del chiarore e una luce tra i rami, saranno gli ultimi raggi di sole mentre sotto la valle è già scesa nell'ombra più fonda. Questa uscita improvvisa dal boale, e da questa faticosa e affannata salita, mi rivela istantaneo un paesaggio così intenso di luce, come accade nella vita di un evento inatte­so che mette stupore e non lascia più spazio per i soliti ritmi scanditi ripetuti di sempre. C'è la malga non lontano e le manze che indugiano in alto sulla gobba e il costone del monte Toraro. Resto fermo del tempo, non so quanto, non mi siedo, non mi sfilo lo zaino, me lo allaccio più stretto, quasi a farlo sentire una parte di me. L'aria in alto è leggera, e d'un tratto la gior­nata sembra farsi liberata del tutto da scan­sioni e la gabbia di orari che erigiamo a dife­sa dal mistero sconfinato del tempo. Mentre intorno la notte la si coglie vicina dovunque rivolgo lo sguardo, percepisco con gioia l'e­state imminente che mi invita festosa per mesi di luce, a un andare incantato che mi aspetta su in alto.

E mi scopro a pensare che forse il rimorso ci ricorda lo stato di fuga perenne, quella corsa affannata diventata la forma della vita di giù,

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una fuga a cui sento di aver detto di no. Come preda di un sentire da mesi inespres­so, mi ritrovo sospinto a proferire parole, in un gioco inebriante di un colloquio sommes­so: "Montagna della notte che scende, per­donami, non ti tradirò più con facili viaggi in luoghi dove splende sempre il sole, sarò fedele anche alle tue piogge, alle tue gior­nate imbronciate, alle tue nebbie, ti percor­rerò anche nel buio, nei tuoi sentieri più incerti e solitari, non conterà la sete e la fati­ca, né l'incomprensione degli amici, mi farò spoglio di ogni superfluo, tornerò a cercarti anche se affaticato... Montagna perdonaci, come un carico nel mio zaino, ti porterò la grande fuga del mondo tra lo sgomento dei tuoi silenzi, ti porterò l'inquietudine delle nostre città tra le contrade lontane e spopo­late, il disagio delle nostre autostrade sui tuoi sentieri incerti invasi dall'erba, il brusio delle nostre tante parole senza vita tra i suoni imprevedibili del bosco increspato dal vento...

il primo incontro con te?...ero un ragazzino sconfitto dalla fatica, graffiato ma felice, costretto a rinunciare ma abbagliato dalla tua luce. Sopra il rifugio Treviso, in alto, verso passo Canali, le distese assedianti di mughi, i nevai sparsi dovunque, la stagione ancora all'inizio, l'angoscia profumata di resina del sentiero perduto, l'improvviso scrosciare del torrente vicino, gli amici mi avevano lasciato indietro, come un fastidioso ingombro... Ho subito compreso che quanto accadeva era come il primo incontro con una persona in cui tutto va a rovescio e che inquieti s'intui­sce diventerà un incontro per la vita...". Quasi fosse un risveglio, mi accorgo del buio che è sceso, devo lasciare questi pascoli senza tempo, queste creste poste all'ultimo sole su in alto, devo raggiungere l'imbocco per la discesa in Val di Tovo. Mentre procedo nell'oscurità del bosco, sulla monotona sequenza delle serpentine, sento insinuarsi di nuovo, calda e insistente, la per­cezione di un rimorso, e riaffiorare d'un trat-

Laghi: il suo campanile visto dalla strada dei Rotecche.

Sullo sfondo la storica Val Scarabozza

Foto: Roberto Lorenzato

to il disagio di questo mio andare, quasi una fuga. Per un attimo mi arresto, tra il fragore lonta­no di alcuni sassi che rotolano riprendo esi­tante alcuni passi a ritroso, e il contatto con i rami che sfioro mi porta rincuorante la fre­scura della prima condensa della notte. Infine mi incammino, come in un richiamo e un'intesa segreta, e mi accingo a risalire, sospeso, verso le ombre senza meta della breve notte di giugno.

Paolo Campogalliani

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Quest'anno ricorre l'anniversario della spedi­zione punitiva, o meglio conosciuta Strafeexpedition, ideata dal generale Conrad von Hotsendorf ai danni dell'Italia, ex allea­ta della triplice alleanza. Era la prima guerra Mondiale. Ecco cosa si legge nelle memorie del reverendo Don Lappo, parroco a Posina in quel periodo: "Posina che nel primo anno di guerra non fu mai molestata da tiri nemi­ci, si teneva sicura di non sgombrare, e vive­va nella dolce speranza che la vittoria delle nostre armi ci apportasse presto la pace. Ma ecco l'offensiva austriaca del Maggio. Tutta la valle rimbomba dagli ininterrotti colpi d'arti­glieria. Gli austriaci avanzano fino alla Borcola, al Majo, ai Campiluzzi, a duecento metri dalla cima del Pasubio; e nel pomerig­gio del diciotto Maggio è intimato lo sgom­bero immediato di tutta la popolazione... tutta la strada - racconta il Lappo - è ingom­

Nella foto Don Lappo (autore delle Memorie storiche durante il periodo bellico) al trasporto della campana

maggiore sul nuovo campanile appena eretto. Dicembre 1926

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co di Longare col suo segretario, il segretario di Posina sig. Sella, il parroco Lappo aiutato da generose e caritatevoli persone danno assisten­za per il collocamento dei profughi. Ma Longare, non poteva alloggiare tutta la popo­lazione di Posina, circa duemila settecento per­sone, gran parte furono malamente agglomerate sopra un po' di paglia sui fienili, stalle, portici, gra­nai... Intanto nei giorni venti maggio - venti Giugno gli austriaci erano discesi nelle valli del Posina e dell'Astico, giunsero al colletto di

Novant'anni fa: l'offensiva di primavera bra di autocarri, camions, automobili, cariag­gi, che trasportavano truppe per trattenere l'offensiva nemica. Addossata al ciglio della strada si forma un'altra comune contraria di donne coi loro bambini e fardelli sotto il braccio, di fanciulle che aiutano il padre o la madre a trascinare innanzi le mucche, di ragazzi con sacchi sulle spalle, di vecchi cadenti appoggiati al loro bastone, o condot­ti a mano dai propri cari... Parroco, cappella­no, e curato preso con sè il breviario, i docu­menti più importanti, qualche veste e capo di biancheria di ricambio, seguirono a piedi la turba dolorante... Nessuna destinazione fu assegnata ai profu­ghi nel momento della partenza e si disper­sero qua e là nei paesi dell'alto vicentino a caso, o presso qualche famiglia di loro cono­scenza... Un ordine della prefettura intima di riunirsi a Longare dove si insedia l'ufficio

municipale. Il vice sinda-

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Velo e di Posina e al Xomo, avanzarono verso monte Spin, occuparono il Priaforà, investirono il Novegno... L'inflessibile resisten­za dei nostri sventa­rono l'intenzione nemica di raggiunge­re la pianura veneta. Gli austriaci verso la fine del giugno dopo inutili e sanguinosi sforzi per occupare il Novegno e il Pasubio, si ritirarono da Posina pur rimanendo fino all'armistizio sul Dente Austriaco del Pasubio, alla Borcola, al Soggio del Lovo, sul Majo... tratto dalle memorie stori­che rev. Lappo. Inauditi, sanguinosi assalti italiani segne­ranno il periodo suc­cessivo: sui roccioni del Majo alle Porte del Pasubio, sul Corno del Pasubio ora Battisti sui Denti...".

A distanza di novan­t'anni tante sono le iniziative prese per ricordare quei tragici eventi in tutto il vicentino: esposizio­ni, convegni, presen­tazioni di libri, ceri­monie...

Roberto Lorenzato [email protected]

"El Majetto" vigile

campanile roccioso

in Val Sorapache

Foto: Roberto

Lorenzato

Torri slanciate, pinnacoli, guglie eleganti quasi inaccessibili, quanti luoghi caratterizzano il territorio di Posina . Se il " Fraton " o Campanile del "Jona" posto in alta Sorapache sulla sinistra orogra­fica, rimane il signor per eccellenza, altri per forma, eleganza, si contendono i primi posti. Sempre in Sorapache sul versante sinistro della valle un altro pinnacolo roccioso, se pur di modesta altezza, non dovrebbe superare i 15 metri, mi ha affascinato non poco. In loco viene denominato "El Maietto". Esso sorge sui pendii dei " Rinde " a circa 850 metri di altitudine, circondato da un bosco ceduo. L'accesso è consentito attraverso un facile sentiero battuto da cacciatori e boscaioli nella stagione autunnale, per il prelievo vena-torio e per il taglio dell'ottima legna da ardere. Con fierezza il picco­lo campanile roccioso domina la parte finale della Val Sorapache con ampie vedute sulle contrade dell'alta Valposina. La zona fu inte­ressata anche dalla prima guerra mondiale: numerose sono le gal­lerie ricovero che si notano durante la salita. Tali gallerie hanno dato rifugio alle persone che durante il rastrellamento nazifascista nell'Agosto 1944 divampò in valle. Oggi passate le bufere del pas­sato, il silenzio del luogo, attorno alla vigile ed attenta sagoma del "Maietto" è rotto dal dolce scrosciare del Sorapache, ancora per un centinaio abbondante di metri prima di immettersi nel Posina.

Roberto Lorenzato [email protected]

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La nuova Pro Loco

Volontari costruiscono la sede del nuovo chiosco della Pro loco presso gli impianti sportivi

Foto Roberto Lorenzato

Con la rinascita della nuova pro-loco di Posina si rimette in moto la macchina organizzativa delle manifestazioni ricreative-sportivo-culturali. È un momento euforico quello che in questo inizio incerto d'estate si assapora attorno al paese. Si stanno gettando le basi per uno spazio stabile per le future manifestazioni, con costi abba­stanza marcati, si fa appello a tutti gli amici, simpatizzanti e volonterosi, di unirsi, di collabo­rare, soprattutto nelle occasioni importanti che cadenzano l'anno in corso. Eccone alcune: la sagra, la mostra mercato, la prova di specialità di mountain-bike, la super-pippo Sorapache... ecc. Sono momenti che impegnano molto si sa, ma che aggregano e valorizzano lo stare assie­me, ma soprattutto fanno conoscere, creano immagine al nostro paese fuori dal nostro con­fine, non quello immaginario che abbiamo dentro nella testa, ma bensì quello territoriale oltre ogni barriera. A tutto il gruppo un sincero augurio di BUON LAVORO.

Un simpatizzante

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Val del Rio

Da Fusine, alzando gli occhi verso il Novegno, la prima cosa che si nota è la pro­fonda gola della Val del Rio che scende impetuosa fino a sbucare sui prati del paese. Benché sia un torrente di non facile transito, questo corso ha sempre rappre­sentato molto per il paese di Fusine. Molti sono i toponimi pre­senti in questo luogo; inco­minciando dalle "Fontane", un luogo in cui i malgari di Vaccaresse portavano il bestiame ad abbeverarsi. Le Fontane sono sormonta­te da guglie dolomitiche che prendono il nome di: "Porta degli Spissi" vale a dire "Porta delle Punte", e "Ponta Longa". Più su troviamo il Monte Vaccaresse e la "Ponta Piccola".

Scendendo verso valle questa si restringe passando sotto una parete, sulla destra oro-grafica,chiamata "Pissavacca". In questo luogo si sono registrati diversi epi­sodi tragici (molti boscaioli sono morti racco­gliendo legna su questo versante). Ma forse il luogo più interessante è quello poco più sopra le vasche dell'acquedotto. In questo luogo esiste un grosso macigno, ove, fino a non molti anni fa si poteva leggere un incisione in cui era rappresentata una croce, sotto alla quale era scritto il nome AMADIO e l'anno 1038.

Il campanile di Fusine, sullo sfondo la torre di Vaccaresse, sinistra orografica della Valle del Rio

Foto Roberto Lorenzato

Purtroppo questa incisione non esiste più. Da questo luogo partiva una "rosa" (una rog­gia), chiamata "Rosa dei Sermani ". Questa serviva contrà Sermani e le numero­se "fusine". Un altro luogo bisogna ricordare infine. In località Rio esiste una piccola sor­gente, ove la gente si fermava a dissetarsi. Questo luogo è chiamato "Fontanelo". Durante la prima guerra i soldati crearono una vasca di raccolta per quest'acqua che era ritenuta più fresca di quella del vicino torrente.

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Ricordi di Posina di Luciano Parolin

Posina è ancora uno dei pochi paesini della nostra provincia a non essere cementificato, è rimasto come era negli anni della mia infanzia. Le contrade con i masi, hanno conservato tutto il fascino dell'antico, rotto solo dai colori delle case rimesse a nuovo e dalle masiere che segnano i secolari confini. Nomi antichi, toponimi di origi­ne tedesca: Rader, Lambre, Leder, Ruste, Ganna, Bettale, Ronzi, Griso. Più di mille erano gli abi­tanti nel 1946. I miei ricordi e i racconti degli anziani ascoltati in quegli anni, sono tutti per il paese natio. Storie vere, di vita vissuta, con la maggioranza degli amici "della classe" emigrati in Australia, Belgio, Francia, molti a Milano per lavorare alla Pirelli Bicocca. Sono nato a Posina nel 1942 in contra­da Beber (Beba), mia madre Maddalena aveva allora 20 anni, mio padre, vicentino puro, uno in più, quando nacqui, era in Albania poi Grecia, così, sino alla fine del conflitto sono vissuto nel paese con mia nonna Luigia detta saroca, della contrada Cervi. La contrada dei Beber di sotto era la più vivace del paese perché aveva il casolin, l'appalto, l'osteria, la corte delle bocce, tutto del

Piero "Borana", l'Angelina e Ilario. Mia nonna teneva le galline che entravano ed uscivano dal volto, precise come un orologio, la cocca più anziana, ogni giorno mollava un uovo sul pana-

ro della polenta che era lasciato in bella mostra sul tavolo. Il pranzo speciale, in quegli anni di magra, era polenta e fighi. Ma ai figli dei com­battenti oltremare, il Duce faceva recapitare il sussidio e i buoni latte. Mio zio Rodolfo, per aver cantato Bandiera Rossa nella piazza del paese fu spedito in Russia, senza tanti riguardi. Appena in grado di camminare tutti i ragazzini della Valle andavano a pesce nell'acqua del Posina con la forchetta e sollevando i sassi si trovavano sem­pre i marsoni. Ora l'acqua è quasi sparita, imbot­tigliata, spedita in America, i marsoni scomparsi. Per farci il bagno si metteva un mastello di legno al sole per riscaldare l'acqua, poi con la stessa materia prima si faceva la liscia alle lenzuola che diventavano candide. Il bagno, per dire di una baracca di assi di legno, era dall'altra parte della strada. Qualche volta si mangiava pesce perché el Patanaro, uno spilungone di 2 metri, ci portava le trote, pescate, con una pertica da fasolaro, restando sul ciglio della strada, senza vedere l'acqua. Dopo 60 anni mi ricordo ancora della bontà del purè di mia nonna, patate, latte, (buti-ro) burro sbattuto con una bottiglia dalla bocca larga, come pure la marmellata di mirtilli chia­mate (se non sbaglio) axarele, le raccoglievo nelle siepi con la Emma, la mia amichetta del cuore. Andare a dormire non era proprio diver­tente, i materassi erano un sacco gigante riem­pito di foglie di granturco secco, un rumore... Dopo le 17 di ogni giorno, lo spiazzo dei Beber si riempiva di gente, vecchi e ragazzini che porta­

vano il latte al casello e sostava­no sotto il gigantesco platano. Sui vecchi tavoli dell'osteria il vino rosso gocciolava, intermina­bili le partite a cava pallino o a morra. Formidabile mio nonno Demetrio al braccio di ferro, si giocava una ochetta di grappa ad ogni giro e alla fine della giornata mi offriva una gassosa. Mio nonno era abile nel costrui­re cesti con le stroppe e impa­gliare sedie. Per comprare i suoi manufatti, venivano dal Terragnolo attraverso il passo della Borcola e si faceva il barat-

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Scorcio di contrà Beber, luogo di nascita del prof. Luciano Parolin Foto Roberto Lorenzato

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to uova e ciliegie in cambio delle ceste. Forte mia nonna, nel contrattare una presa di tabacco da naso. Il "telo" (mai saputo chi fosse) si sedeva sempre al soli­to posto, estraeva da un gilet di velluto consunto un'ocarina in terracotta e per un'ora tutti si fermavano ad ascoltare i virtuosismi musicali dell'anziano, mi suo­nano ancora nelle orecchie le note della canzone... come porti i capelli o bella bionda. Il giovedì, era giorno di mercato ad Arsiero. Il Sila curava il trasporto della posta, merci e passeggeri, da Posina ad Arsiero, quel giovedì del 48 mi restò impresso. Il vecchio pullman, stracarico di donne, io l'unico ragazzino presente, seduto sul vano motore, altri sulle ceste delle patate, il Sila che spingeva il sedere alle femmine più giovani, almeno 50 per­sone inscatolate e via per il vecchio trac­ciato della Posina - Arsiero un divertimen­to irripetibile. Il Mariano del Giona abita­va nella casa più sotto quella con l'affre­sco del 1841 che abbellisce la facciata della casa. La sua abitazione era una bot tega straordinaria; aveva progettato una macchina ad acqua per fabbricare le moieche da biancheria di legno, uomo eccezionale da solo, deviò una roggia per alimentare una delle prime peschiere di trote che abbia mai visto. Sopra al bun-cher, dove Piero teneva le bibite al fresco, arrivava una teleferica per il fieno e la legna che venivano calate dai boschi. Noi ragazzini ci giocavamo sino a notte fonda, il Bruno da Spalla era il capo. Dalla piaz­za, il prete veniva solo la domenica per dire messa ai Cervi nell'attuale chiesetta degli Alpini sotto il Monte Majo. Indimenticabili quelle funzioni religiose, una cinquantina i partecipanti, più fuori che dentro. I canti si spandevano "per l'aer sacro a Dio ... flabile, solenne, tal che sempre nell'anima lo sento" Sant'Ambrogio di Giuseppe Giusti. Nel 1949 Posina si consacra alla Madonna Pellegrina, ma intanto la famiglia si era già sistemata in città ed io frequentai l'e­lementare Giusti.

Romano Zambon alla guida del pulman Foto Roberto Lorenzato

Centinaia di migliaia di chilometri sulle strade d'Italia ed all'estero, Austria e Germania in par­ticolare. Dopo 43 anni di attività come autista di pulman, per Romano Zambon (Romano Sila per alcuni, "el baffo" per altri) è arrivata l'ora della meritata pensione. Personaggio conosciuto anche come abile fotografo, amante dello sport, in particolare dell'atletica leggera e del calcio, nonno di due splendidi bambini. Intende spen­dere ora i suoi anni del riposo, nella sua attività sportiva che più lo esalta: la caccia ed il roccolo, ovvero la struttura unica esistente e funzionan­te sul territorio di Posina per la cattura controlla­ta degli uccelli di passo. Nelle fredde mattine di novembre, là, nei pressi di Caseneche, sui pen­dii tra le contrade Zamboni e Lighezzoli, se vedremo fumare timidamente un comignolo, sarà sicuramente la piccola stufa a legna, che accesa, renderà un po' più confortevole prima del levar del sole, l'alba del roccolante.

Roberto Lorenzato

Campane di Posina - 23

"Il personaggio"

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Lambre: per un giorno al centro del mondo

Contrà Lambre: si fabbricano le ceste per le riprese televisive "Mondo-Agricolo"

Foto Roberto Lorenzato

La giornata di Martedì sette Febbraio duemi­lasei rimarrà per lungo tempo nella memo­ria di molti. Nella mia agenda trovo scritto: strepitoso pomeriggio a contrà Lambre, con la presenza di una nota televisione della pro­vincia. Si è provveduto a ripristinare grazie all'amministrazione comunale e i numerosi volontari di Posina alcune attività del passa­to, improvvisando delle figure quali il boscaiolo, la massaia, il fabbro, il contadino, in lavori che venivano svolti in altri tempi, in un luogo caratteristico com'è contrà Lambre. Nella mattinata le riprese televisive si sono svolte presso il caseificio di Posina, in parti-colar modo si è messo in risalto la lavorazio­ne del formaggio, ma soprattutto la produ­zione di succulenti insaccati, le tipiche sopresse della Valposina. Nel pomeriggio come si è detto sopra, il momento clou alle Lambre, preparata a dovere. Si è iniziato con il trasporto della

legna tramite il filo a sbalzo, e la slitta, la saldobrasatura del filo dovuta ad una sua ipotetica rottura, alla cottura delle castagne, tipico pasto del contadino di un tempo, si è ripreso sempre televisiva­mente la battitura dei chiodi e brocchette da scarpe, anti­ca attività di fondovalle, la preparazione degli arnesi per lavorare i campi nella stagio­ne primaverile, altre attività artigianali che si svolgevano nel periodo invernale, ad esempio la fabbricazione di ceste o benele ed infine una panoramica sulla cucina tra­dizionale del luogo con la

preparazione del minestrone di patate e fagioli, tipici frutti della terra posenate, miele e frutta, il tutto narrato dal nostro sindaco Andrea Cecchellero. Ma non era finita. Alla sera le riprese televisive si sono concentrate presso il laghetto Main, nel chiudere la gior­nata con il tradizionale rito del ciamar Marzo. La chiamata di Marzo preceduta da un gigantesco falò, antichissima tradizione pagana, è stata l'occasione per restare assie­me e per gustare un buon bicchiere di brulé, accanto al tepore del fuoco ed al frastuono dei campanacci, in questo freddo e lungo inverno .

Si ringraziano tutte le persone che si sono rese disponibili per la riuscita della manife­stazione, in particolare modo si ringrazia il sig. Germano Cervo di Contrà Lambre per la sua gentile disponibilità.

Roberto Lorenzato [email protected]

24 - Campane di Posina

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Tappe della vita (dati aggiornati al 30 giugno 2006)

POSINA Battesimi

Defunti

14.08.05 Rader Losco Rebecca Claudia di Andrè e Losco Monica 18.09.05 Cecchellero Cinzia di Andrea e De Zotti Paola 19.03.06 Dal Maso Elia di Cristian e Comparin Federica 28.05.06 Stiffan Tommaso Michele di Paolo e Zambon Monica 18.06.06 Cervo Angelica di Fabrizio e Giarola Diana

10.09.05 Maraschin Agnese anni 84 22.09.05 De Pretto Ines Agnese anni 87 21.11.05 Dall'Osto Bruno anni 81 28.12.05 Cervo Alfonso anni 91 20.01.06 Dal Maso Erino anni 81 11.02.06 Lunardello Elda anni 98 21.02.06 Lighezzolo Vittorina anni 92 24.02.06 Costaganna Oliva anni 93 13.04.06 Zambon Daria anni 75 20.05.06 Costa Pierina Teresa anni 82

FUSINE Defunti 07.09.05 Sella Maria Costantina anni 96

15.02.06 Zambon Angela anni 93

CASTANA Battesimi 17.04.06 Sartori Giovanni di Oscar e Cervo Elena

Defunti 30.10.05 Comparin Regina anni 79 27.11.05 Lunardello Luca anni 73 29.12.05 Comparin Silvio anni 89 31.05.06 Mogentale Giovanni anni 80 30.06.06 Gecchelin Marina anni 77

LAGHI Battesimi 07.08.05 Sorgato Noemi di Enrico e Giolo Ilenia

08.04.06 Gecchelin Edoardo di Stefano e Rader Paola

Defunti 05.04.06 Ossato Livia (Bertilla) anni 77

Matrimoni 10.09.05 Giroli Vittorio e Dal Molin Nadia 04.03.06 Cornolò Giordano e Dal Molin Sonia 24.06.06 Cortiana Thomas e Canale Martina

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