Campane a martello per seguitare banditi

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“… campane a martello per seguitare banditi…” LA CRIMINALITÀ IN VALSESIA NELLA SECONDA METÀ DEL SETTECENTO (1770-1789)

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Presentazione di Sabrina Contini, su episodi storici legati alla storia di una comunità di montagna in Valsesia (Vercelli)

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“… campane a martello per

seguitare banditi…”

LA CRIMINALITÀ

IN VALSESIA

NELLA

SECONDA METÀ

DEL

SETTECENTO

(1770-1789)

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“Si suol dire che i fattifatti parlano da soli: ma ciò è, ovviamente, falso. I fattifatti parlano quando lo storico li fa parlare: è lui a decidere quali fattifatti debbano essere presi in considerazione, in quale ordine e in quale contesto. Un personaggio di Pirandello, mi pare, dice che un fattofatto è come un sacco: non sta in piedi se non gli si mette qualcosa dentro”.

E. Carr, Sei lezioni sulla storia, 1961

TEMA DELLA LEZIONE

I FATTI CRIMINALI ACCADUTI IN VALSESIA TRA IL 1770 E IL 1789 … MA NON SOLO

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LO STUDIO STORICO DELLA CRIMINALITÀ

È MOLTO INTERESSANTE PERCHÉ • le fonti criminali possono rappresentare una sorta di lente di

ingrandimento per avere un quadro della società del tempo

• le fonti criminali hanno un carattere interdisciplinare

• gli studiosi di storia criminale possono analizzare le reazioni istituzionali e socio-psicologiche della società nei confronti del crimine grazie alle strategie di ricerca della criminologia

• lo studio della criminalità porta alla luce i legami tra l’individuo e la società e le reazioni che nascono dalle pressioni di uno sull’altra e viceversa, come tipico di tutta storia sociale.

• l’oggetto della storia sociale è, infatti, l’uomo, non come individuo a sé stante ma come membro di un gruppo sociale

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NECESSITA DI ALCUNE CAUTELE:

• concetto di crimine tende a cambiare nel tempo, ad assumere significati e valenze differenti a seconda delle epoche storiche prese in considerazione (ESEMPIO violenza carnale)

• “black number”, la cifra nera ovvero la discrepanza tra la “criminalità reale” e la “criminalità registrata”, che non permetterebbe di considerare le statistiche criminali valide rivelatrici della reale entità e qualità dei crimini (ESEMPIO violenze domestiche)

• anacronismo, uno dei rischi più frequenti dello studio delle mentalità e dei fenomeni sociali, come quello criminale, che si nutrono di valori e pensieri che per essere compresi vanno necessariamente inseriti nel loro contesto storico

CONTESTUALIZZARE

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“Se le categorie di paura, di buio, di amore, di infanzia, di malattia, di devianza, di spazio erano, nel passato, diverse dalle nostre, si tratterà di contestualizzare queste categorie e i comportamenti e le emozioni cui davano origine. Dovremo insomma capire in che maniera i nostri predecessori, più o meno lontani, hanno convissuto con i sentimenti, con l’immaginario, con le costruzioni mentali e le visioni del mondo che li accompagnavano nella quotidianità”(Sorcinelli)

LA DENUNCIA DI UN FURTO DI FIENO O DI UNA GALLINA A NOI CONTEMPORANEI PUÒ FAR SORRIDERE MA PENSIAMO AL LORO CONTESTO

Falchetti, Paesaggio montano

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LE FONTI

Fondo della Pretoria di Varallo• Conservato nel Palazzo Pretorio fino al 1824, poi abbattuto• Collocato in diversi ambienti fino all’istituzione nel 1973

dell’attuale sede dell’Archivio di Stato a Varallo • Perdita di parte dei documenti e conservazione non ottima

di parte di quelli restanti, deteriorati da muffe e dall’umidità.

Sono stati utilizzati per la ricerca:• i registri delle denunce • i registri delle cause criminali• le raccolte di lettere senatorie e manifesti

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IL PRETORE

Era il funzionario che :- rappresentava il potere centrale (già sotto il dominio del Ducato

di Milano)- era la più alta autorità amministrativa e giudiziaria della valle.

(Peco)- amministrava la giustizia, civile e criminale, secondo le norme

sancite dagli statuti comunali, dal diritto consuetudinario e dalle Costituzioni regie, quando furono estese anche alla Valsesia(1770)

- eseguiva gli ordini e gli editti del governo (Tonetti)

- esercitava poteri di polizia con l’aiuto dei fanti di giustizia

- comandava le milizie locali.

ORDINE del pretore per il divieto di vendita del sale ai forestieri - 1760

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IL PALAZZO PRETORIO

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LE CARCERI

Le pagine degli atti in cui viene descritto il ritrovamento in carcere di un detenuto grondante sangue dal volto e dalle braccia risultano molto interessanti, non solo per cogliere le condizioni psicologiche in cui

vivevano i carcerati, ma anche l’organizzazione delle istituzioni carcerarie e il ruolo svolto in esse dai medici e dai soldati. Fu proprio il chirurgo Pitti, chiamato per medicare il detenuto, a far presente alle

autorità la possibilità del tentato suicidio: “ […] ho creduto che il Giuseppe Prato siasi da se stesso maltrattato con avere battuto il suo

capo contro le ferrate di detto carcere con veemenza, e con avere adoperato qualche pezzo di pignatta, ossia vaso di creta, per tagliarsi la vena ed arteria del bracchio sinistro […]”. Il detenuto stesso, interrogato in seguito sul fatto, ammise di essersi fatto male da solo ma di essere

stato fuori di sé e di non sapere perché l’avesse fatto. A questo proposito, il brigadiere che l’aveva in custodia testimoniò che Prato non aveva mai fatto “veruna stravaganza” prima di quell’ episodio, ma era

solito lamentarsi “di trovarsi solo”, cfr. A.S.Vc., sez. Varallo, Pretoria, m. 16,

Atti del fisco contro Giuseppe Prato imputato di truffa (1781-1782)

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DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI REATI 1770-1789

Molti dei reati individuati ad Alagna sono avvenuti nell’ambiente delle miniere

Varallo, Borgosesia, Valduggia erano i centri amministrativi ed economici della valle

Campertogno era sede di un importante mercato

Le aree di confine erano in collegamento con la riviera d’Orta e via di fuga dalla valle

“… DALL’OFFIZIO DE’MALEFIZI DI QUESTA VALLE…”

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Lettera senatoria inviata al pretore con disposizioni per la cattura dei malviventi.

Il Senato di S.M. in Torino sedente

Nella moltiplicità de’ processi, dei delitti, e de’ malviventi, onde, come dalla di Lei Lettera de’28 scaduto Novembre, trovosi innondata codesta Valle di Sesia il migliore espediente si è di vegliare, perché in caduna delle comunità, che detta valle

compongono, si osservino esattamente le Regie provvidenze e li nostri manifesti, con procedere colla più

possibile attenzione tanto per mezzo di lei, chè dé Luogotenenti alla spedizione delle cause criminali, e dare tutte quelle altre giuridiche disposizioni atte a purgare il Paese, e rimettervi la pubblica quiete, il buon ordine e

l’osservanza delle leggi. Mentre però ci ripromettiamo dal di lei zelo l’eseguimento di quanto sopra le preghiamo dal cielo

ogni bene

Torino 22 Dicembre 1778

Obbligo

•per i consoli dei comuni di denunciare entro tre giorni episodi in cui si verifichino incidenti e morti

•per i medici di denunciare qualsiasi medicazione su ferite legate a forma di violenze

• per gli osti e gli albergatori di registrare gli ospiti presenti e di chiedere a forestieri e vagabondi le motivazioni della loro permanenza

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Reati per categoria70-74 75-79 80-84 85-89 Totale %

Contro il patrimonio 83 77 34 43 237 47

Contro la persona 50 49 39 62 200 40

Contro lo stato 13 11 7 10 41 8

Contro la morale pubblica

3 9 2 9 23 5

Totale 149 146 82 124 501 100

La tendenza ad una prevalenza dei reati contro il patrimonio rispetto a quelli di tipo violento rappresenta un segnale di “modernità”

Solo il 5% degli autori dei reati noti sono donne

Gli autori dei reati sono 527 autori, ma solo di 270 si conoscono dati personali

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I REATI CHE “… DANNEGGIANO LA ROBA”.

Fu rti8 8 %

Tru ffa e d e s to rs io n e

3 %

In ce n d io e d a n n i

3 %

G ra s s a zio n i6 %

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7 dei 14 casi registrati si sono verificati a tarda sera o di notte, 11 in strada lontano dai centri abitati e in luoghi come gli alpeggi e i passi montani della Colma e della Cremosina. Luoghi isolati, circondati da fitti boschi, attraversati da sentieri spesso tortuosi, ma luoghi di passaggio per lo più per mercanti e viandanti diretti ai mercati o alle fiere che periodicamente si tenevano nella zona.

Le “grassazioni”

Falchetti, Paesaggio con alberi e figure

DOCUMENTI –

Episodi di grassazioni presso la Colma

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• Il mese di dicembre del 1778 fu un periodo particolarmente impegnato per una banda di cinque grassatori, che scelse il passo della Colma come scenario degli agguati. Nel giro di due giorni portarono a termine tre rapine, riuscendo a compierne addirittura due nella stessa notte. I primi a caderne vittime, il 7 dicembre 1778, furono proprio due mercanti, un "calzolaro", Giacomo Carmellino, e un "cavagnatto" (artigiano fabbricante di cesti), Pietro Carmellino, originari di Roccapietra. La descrizione dell'agguato, fatta al momento della denuncia, è ricca di particolari che consentono di comprendere la dinamica con cui avveniva di solito questo tipo di reato: "[…] rittornando dal mercato d'Orta […]giunti che fummo circa le ore venti due di tal giorno alla sommità della Colma […] e cominciando a discendere per alcuni passi verso q.ta Valsesia fummo improvvisamente assaliti da cinque uomini usciti da folto cespuglio che colà esiste vicino alla strada pubblica per cui passavamo, armati tutti di pistola e di stili rispett[ivamente] alla mano senza altra prolazione di parolla, se non di quella ferma, e quindi ci obbligarono a retrocedere fuori di detta strada fino alla sommità di d.ta Colma ove giunti ci depredarono quanto avevamo indosso […]".

• Dopo averli spogliati dei loro effetti, dei recenti acquisti fatti al mercato e di pochi denari, i malviventi li obbligarono "con minaccie di morte di discendere alquanto verso la Riviera d'Orta in mezzo ai boschi, ove coi […] propri legami de'calzetti" furono legati "fortemente ambo le mani unite sotto li […]ginocchi" e lasciati nel bosco sotto la sorveglianza di uno dei banditi, mentre gli altri tornarono sulla via per assalire altri due sfortunati viandanti, anch'essi mercanti di ritorno da Orta a Varallo.

• Gianpietro Sorini e Giuseppe Calderini subirono lo stesso trattamento riservato ai primi due e finirono a far loro compagnia, legati nel bosco, spaventati dalle minacce di morte ricevute, tanto da non riuscire a "[…] rimirarli addosso[…]" e "[…]far riflesso sui loro connotati sul timore che eseguissero tali minaccie[…]". La condizione psicologica e fisica che seguiva un'esperienza di questo tipo viene testimoniata da Giacomo Carmellino che, essendo riuscito verso la mezzanotte a slegarsi "[…]per mezzo de'denti […]", liberò i suoi compagni di sventura, e si fece immediatamente "cavar sangue " dal Chirurgo Lana.[1]

• La stessa identica disavventura toccò qualche giorno dopo a Carlo Cingaro di S. Pietro in Valle d'Antrona, "carbonaro", che però non ebbe nemmeno la consolazione di non essere da solo a fronteggiare i cinque uomini armati che gli si fecero incontro lungo la via e gli intimarono: "[…]metti giù i tuoi bagaggi […]qui non vi è scampo o la vita o la borsa[…]". Dopo averlo derubato di diversi effetti, persino delle scarpe, lo legarono e fuggirono, come negli altri casi, verso la Riviera d'Orta. [2]

•[1] Anche un'altra vittima dell'agguato, il Sorini, riferisce di essersi subito recato dal chirurgo Carlo Antonio Lana, per farsi eseguire la pratica del salasso tipica della medicina settecentesca ancora fortemente legata alla teoria degli umori. Il chirurgo Lana compare spesso nelle denunce di questi anni anche perché tra le disposizioni prescritte ai medici dall'autorità giuridica vi era l'obbligo di riferire immediatamente qualsiasi medicazione eseguita su ferite legate a forme di violenza, cfr. L.PECO, Il mutamento…cit., p.154. Sul ruolo del salasso nella farmacopea del tempo, cfr. G.COSMACINI, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste nera ai nostri giorni, Bari, Laterza, 1987.

• [2] Per il primo episodio, cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 2, p.22-30. Per il secondo episodio, cfr. ivi, p.32-34.

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… e le loro conseguenze per vittime e criminaliessendo riuscito a slegarsi “per mezzo dei denti” liberò i suoi compagni e andò immediatamente a farsi “cavar sangue” dal chirurgo Carlo Antonio Lana

A. Brouwer - Il salasso 1605-1638

“sono stati condannati […]ad essere pubblicamente appiccati per la gola sino che l'anima sia separata dal loro corpo, torquiti prima nel capo de' complici a mente delle Regie Constituzioni, e fatto il loro corpo cadavere riddursi in quarti da affiggersi ai luoghi soliti […]"

P. F. Gianoli - Accompagnamento dei condannati 1668-1671

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A. Erba - frazione Pila di Valsesia

70% con autore ignoto (ma di quelli noti la maggior parte sono valsesiani)

la maggior parte nelle case, senza scasso

refurtiva varia (effetti, valori e denari, alimenti, animali, strumenti, fieno, biancheria stesa al sole, materiale grezzo per la tessitura, come canapa, lana o tele varie segni della presenza di INDUSTRIA DOMESTICA)

spesso dettati dalla disperazione e dalla fame (Documenti: arresto di Giacomo De Gaudenzi)

carattere INTRACLASSISTA o INTERCLASSISTA (Documenti il garzone – ladro)

I furti

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DOCUMENTI: ARRESTO di Giacomo de GaudenziUn episodio particolarmente chiarificatore delle circostanze, che spingevano i più disperati a cercare nel furto una via di scampo alla fame, è proprio risalente al periodo caratterizzato dalla maggiore frequenza di furti di alimenti. Nella notte del 24 settembre 1774, Michele Ricotto di Cervarolo venne svegliato dalla moglie che aveva sentito alcuni rumori nel campo vicino casa. Dopo aver chiamato il fratello Giacomo, i due uscirono e andarono a cercare il ladro; senza alcuna difficoltà riuscirono a coglierlo in flagrante mentre stava rubando della meliga e dei fagioli, lo fermarono e condussero alle carceri di Varallo. Il colpevole, Giacomo De Gaudenzi, un loro compaesano noto per essere sospetto di altri "furti di campagna", non negò le proprie responsabilità, ma pose a sua discolpa lo stato di indigenza in cui si trovavano lui e la sua famiglia. "Ho rubato anche dell'altra meliga e fagioli in altri campi", confessò De Gaudenzi, dichiarando di non saper nemmeno chi stesse danneggiando, poiché era solito agire "di notte tempo" e "prenderne due o tre mazzi qua e due o tre là e similmente alcune brancate di fagioli anche or qua or là"; la quantità di cereali rubati, "poco più di una mezza civera"[1], aggiunse, gli servivano per farne "un poco di pane".L'autodifesa di Giacomo De Gaudenzi sembra un grido di disperazione che lo accomuna a molti altri poveri come lui: "[…]sono totalmente povero in stato che nessuno mi vuole somministrare robba a credenza così che per non veder perire la mia famiglia composta di tre figlioli infanti e di mia moglie son stato costretto a commettere il furto […]io non ho mai fatto del male ad alcuno e non ho mai rubato alla riserva che da venti giorni circa a questa parte ritrovandomi in estrema miseria […]"[2]. Dalle dichiarazioni relative ai suoi dati personali emerge anche uno dei probabili motivi della sua caduta in disgrazia: "sono in età d'anni sessanta circa già tessitore di mestiere quallora mi serviva la vista e da qualche tempo a questa parte che più non mi rege attendo a lavori di campagna e credo che il mio patrimonio possa ascendere a lire cento[…]" [3]. La vecchiaia, e la conseguente impossibilità di praticare il proprio mestiere diventavano, in occasione di una congiuntura economica avversa, poderose spinte verso la povertà soprattutto se si tiene presente che cosa essa rappresentasse allora: "È, dicono taluni, la scarsità o la mancanza delle cose necessarie per vivere comodamente, cioè senza lavorare. Secondo altri, è una privazione di cose, diritti e azioni temporali necessarie alla vita umana. Da ciò possiamo dedurre che è veramente povero colui che non ha altro mezzo di sostentamento se non il lavoro, l'applicazione delle proprie energie mentali e fisiche"[4].

[1] "Civera" in dialetto valsesiano significa "gerla" e indicava un tipico cesto, prodotto artigianalmente, adatto ai trasporti anche in alta quota perché si poteva caricare sulle spalle. Cfr. F.TONETTI, Dizionario…cit., ad vocem.

[2] Cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, pp. 104-116. La condizione di miseria denunciata dall’accusato non servì a evitargli il carcere: dal registro delle cause criminali si viene infatti a conoscenza che De Gaudenzi “atteso il carcere sofferto si è mandato a rilasciare”. A proposito della data del rilascio quella indicata, il 13 settembre 1774, è molto probabilmente errata perché risulta precedente al fatto stesso. Considerato che in periodo medio di durata delle cause era di un anno la data esatta dovrebbe quindi essere il 13 settembre 1775, cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m. 14, Inventario delle cause criminali (1770-1800), p.38 r.

[3] Cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, p.1[4] Cfr. J.P. GUTTON, op.cit, p. 9.

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DOCUMENTI il garzone-ladro

Il 10 giugno 1774 all’“uffizio dei malefizi della Vallesesia” giunse la denuncia di “Giovanni Bianchino del fu Baldassarre, nativo della città di Novara”, ma residente a Borgosesia dove esercitava “la professione di parrucchiere e barbiere”. Nella sua bottega egli aveva preso con sé “in qualità di garzone […]un certo giovine forestiere qualificatosi con nome e cognome di Francesco D’Alessio” di Racconigi, che una notte “clandestinamente fuggì e scomparve.”. La denuncia si caratterizza con un continuo crescendo drammatico del racconto del derubato: egli prima si accorse della scomparsa del garzone e lo cercò invano per il paese, subito dopo si avvide della mancanza in bottega dei rasoi e di altri strumenti del mestiere, infine “dubitando che li potessero essere stati rubbati altri effetti si portò subito nelle stanze superiori della […] casa a farne la ricognizione ove in primo luogo riconobbe essere state levate le spranghe e sieno premelle del coperchio di una cassa di noce”. In essa erano contenuti alcuni gioielli, tra cui una croce e tre anelli d’oro, che sua moglie “aveva ricevuto in gaggio, o sia in pegno di denaro dato a prestito”, e diversi denari contenuti in una borsa. Il parrucchiere derubato non era certo un poveraccio se, a quanto emerge dalla descrizione degli altri effetti mancanti, la moglie poteva indossare scarpe con fibbie d’argento, “uno scossale di mussola guernito”, veli di “seta o sia garza nera di pizzo”, “guanti di seta”, e fazzoletti di “seta damascato”; lui stesso si ritrovò privato di parte del suo guardaroba tra cui “un paio di calzette di seta nera”, “una giubba cremesi d’amieny”, “un vestito di panno cenerino”, ed “un cappello bordato di gallon d’oro”[1]. Il giovane ladro, del quale Bianchino offrì nella sua testimonianza una descrizione ricca di particolari, non era probabilmente riuscito a resistere a tanta abbondanza e aveva scelto il furto come strategia per migliorare la sua condizione di vita, certamente meno rosea di quella del suo padrone[2].

[1] Cfr. A.S.Vc, sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, pp.46-52/78-79. Un episodio del tutto simile accadde a Giovanni Moretti di Varallo che, nell’ottobre 1788, aveva assunto come “piccapietre” a giornata Giovan Battista Bianchi di Pallanza, ma da esso fu derubato qualche mese dopo. Il 12 gennaio 1789 il Moretti decise di denunciare il furto subìto, dopo aver appreso da una famiglia di Intra alla quale aveva scritto, che quel Bianchi da lui assunto era un “poco di buono” , già autore di diversi furti a Pallanza cfr. A.S.Vc, sez.Var., Pretoria, m.3, Denunce e querele (1788-1790), registro 3, pp.58-62.[2] La descrizione del garzone-ladro presenta molti particolari utili anche a illustrare come la differenza di condizione economica si riflettesse nell’abbigliamento: “[…] bruno di facie capelli, barba, e ciglia neri, molto vaiolato, naso piuttosto grosso dimostrante l’età d’anni venti due circa vestito di panno bianco sottoveste o sia camisetta di stoffa rossa, calze simili al vestito capelli longhi rivoltati all’insù a forma di tignone, calzetti di filosello color bianco con boccole alle scarpe di tombano giallo e cappello di feltro piccolo in capo guernito di una rosa di bindello nero […]”, cfr. A.S.Vc, sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, p.49.

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Avondo Giovanni, La fiera di Varallo, primi dell‘800

I MERCATI E LE FIERE OFFRIVANO OCCASIONE DI FURTO, MA ANCHE DI RICETTAZIONE DELLA REFURTIVA

I luoghi dei furti

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LE CHIESELE BOTTEGHE, LE OSTERIE, I MULINI

Chiesa Madonna delle grazie -Varallo Ingresso al Sacro Monte – E. Contini

possibilità di conoscere organizzazione della vita religiosa, ruoli svolti dai clerici e dai laici

Informazioni sulle abitudini alimentari, i cereali coltivati in zona, etc.

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I REATI CHE “… OLTRAGGIANO LA VITA E L’ONORE”.

insulti 9%

dif f amaz ione2%

avvelenamento1%

omic idio e tentato omic idio

13%

contro l'inf anz ia8%

minacce10%

maltrattamenti e percosse

6%

aggress ioni51%

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La violenza fisica e verbale

• era un modo di farsi giustizia da sé• spesso avveniva in maniera impulsiva, non premeditata• nasceva in seguito a litigi per questioni di pascoli, gioco,

futili motivi, incapacità di controllare gli impulsi violenti, rapporti interpersonali incrinati da tempo

• coinvolgeva emarginati, vagabondi, individui “dediti ai giochi e alle osterie” (caratteristica negativa perché pericolosa per l’intera comunità, quindi fortemente antisociale)

• era determinata da questioni di onore (non si può farsi pagare un debito di gioco da un amico, gravidanze illegittime, etc.)

0 5 10 15 20 25

non sa

conf litti interpersonali

v iolenza di gruppo

intimidaz ione

debiti

v ino

pass ione

conf litti di proprietà

insulti

vendetta

per errore

Page 24: Campane a martello per seguitare banditi

La scena del crimine

Strade e vie di comunicazione

Case e proprietà private

Piazze

Osterie

Page 25: Campane a martello per seguitare banditi

I fucili usati per la caccia diventavano armi da puntare verso vicini indesiderati o vagabondi sconosciuti e fastidiosi, contro i quali potevano essere organizzate anche delle “pattuglie di uomini armati” (Manifesto pretorio 7 gennaio 1788)

Movente dell’assassinio di Giacomo Bertrametto di Castagneia 18 giugno 1775“questioni, che di tanto in tanto si van facendo fra li uomini della comunità di Centonara e quelli di Breia e Cadarafagno per le raggioni de pascoli in detto sito che si pretendono indebitamente privativi della detta comunità di Centonara”(p. 133)

G. Giani, Il doppietto, fine ‘800

Page 26: Campane a martello per seguitare banditi

8 luglio 1784 Carlo Mazzone denuncia Giorgio Boionotto per averlo chiamato “longino e birba” e per averlo colpito con pugni e il calcio di una “pistoletta” ferendolo alle labbra e ad un orecchio mentre attraversavano il Sesia sulla barca a Bettole

Attraversamento del fiume Sesia a Crevola, inizi ‘900

Page 27: Campane a martello per seguitare banditi

… in un tranquillo 26 dicembre 1774 a Borgosesia …

“… sentii lo sbarro di due colpi di arma da fuoco a quale sbarro mi portai sui pontile per sentire se in piazza si facesse qualche strepito, da li a poco sentii una donna che passava al longo della contrada, quale piangendo diceva esservi un uomo morto sulla piazza, al che sentire mi portai tosto a vedere chi era l’ucciso, ed ivi viddi un giovine disteso in terra sulla piazza dirimpetto alla porta dell’osteria del Falcone circondato da varie persone con lumi in mano […]”

Giacomo Frascotti, sindaco di Borgosesia

Fotografia: Piazza Vittorio Emanuele II, attuale piazza Martiri, prima dello sventramento

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• […] recatici ambedue alla volta della casa della vedova Montanara incontrammo ivi sulla scala di d.ta casa il Bevilacqua a cui avendoli detto di venire con noi a casa, lui rispose che ci fermassimo qualche poco a fare all’amore”

• …] al che sentire ci siamo amendue incaminati verso la piazza a vedere simil spettacolo, ed avendo inteso che il morto l’avevano trasportato all’osteria del Falcone, ivi entrato abbiamo osservato il povero Giacomo Ravelli, che più non parlava […] nel che vedere io mi partii tosto da d.ta osteria per dar parte di tale successo ai suoi di casa

Gaudenzio Ottone, amico della vittima

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“ Giuseppe Fossati invitò il Pietro negri a giocare alla morra, come vi hanno giocato in mia presenza, ed assistenza in contare li punti, perdè un mezzetto il Pietro Negri e due il Fossati, che si sono bevuti in buona compagnia, e quindi il Negri pagò il suo mezzetto di perdita, ed al Fossati rincresceva di pagare li due, che aveva perduti a buon gioco seguito nella cucina dello stesso Bronzino, milantandosi, e dicendo che aveva denari per pagare la sua perdita, ma intanto non dava mano ai denari per pagarla cosiche le figlie di d.to Bronzino ed io li dicevamo di pagarne l’importo mentre aveva i denari”.

“[…] subito si fece a dirmi, che ero un birichino, ed altre consimili parole, le replicai io, che quello non era il modo di parlare, e che avrebbe meritato due schiaffi […]appena che fui giunto sotto il porticato venni seguitato dal Giuseppe Fossati e da questi ferito con colpo di coltello nella natica destra”

Giuseppe Del Grosso, il 16 agosto 1776

Seguace di G.M. Graneri - Rissa durante il gioco delle carte

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La violenza in famiglia

• Difficilmente denunciata• Dispersione del nucleo

famigliare per molti mesi all’anno a causa delle pratiche migratorie

• Conflitti per questioni di eredità o gestione delle proprietà, per es. in caso di usufrutto

• Relazioni extraconiugali e gravidanze illegittime causa di abbandoni e altri reati contro l’infanzia

Una strada di Campertogno – E. Contini

Page 31: Campane a martello per seguitare banditi

15 casi di reati contro l’infanzia nel periodo analizzato

7%

60%

20%

13% stato di salute nonprecisato

infante vivo

infante morto

infanticidi

“[…] mi sono portato a passeggiare sul cimitero di questa parrocchiale [Balmuccia] per ivi prendere un poco d’aria, e mentre ivi passeggiavo sentii un fanciullo a gridare, […], sendomi avvicinato al sito, da cui sentivo la voce mi inoltrai verso la cappella, o sia ossario esistente in vicinanza d’essa Chiesa Parrocchiale, ed ivi alla ferrata viddi appeso un invoglio e quello osservato viddi che vi stava una creatura di fresco nata […]”Francesco Avondo, Balmuccia, 2 ottobre 1774

Esposizioni e infanticidi

L’analisi della legislazione in merito lascia intuire che in questo tipo di reati, fossero le madri le principali responsabili, mentre l’uomo rivestiva l’opaco ruolo di complice inserito tra “quelli, che in qualsivoglia modo vi daranno mano” (Cfr. DUBOIN, Libro V, tomo VI, tit. IV, Dell’infanticidio, p.82)

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contro l'autorità

29%

contro la tranquillità pubblica

71%

Reati contro lo stato

NON HANNO UN DESTINATARIO PRECISO MA COLPISCONO L’INTERA COMUNITÀ O LO STATO IN GENERALE

Nella denuncia un ruolo determinante è affidato al CONTROLLO SOCIALE esercitato dalla comunità sugli individui

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Reato

70-74 75-79 80-84 85-89 Totale

vagabondaggio 3 0 0 1 4

porto illegale d'armi 2 4 0 1 7

rissa e disordini pubblici 4 2 3 3 12

contrabbando 0 1 0 0 1

contravvenzioni 2 1 2 1 6

rimozione di cadaveri 0 0 0 1 1

evasione e delinquenza 1 1 0 3 5

falsa testimonianza 1 0 0 0 1

resistenza a pubblico ufficiale 0 2 0 0 2

fabbricazione monete false 0 0 1 0 1

diserzione dall'esercito 0 0 1 0 1

Totale 13 11 7 10 41

Contravvenzioni per violazione delle norme sulla pesca ci consentono di conoscere dettagli su come essa veniva praticata storia materiale

Page 34: Campane a martello per seguitare banditi

GLI “ECCESSI SCANDALOSI”: I REATI CONTRO LA MORALITÀ PUBBLICA.

40%

39%

13%

4% 4% stupri conseduz ione

v iolenza carnale

adulterio

libertinaggio

inces to

IMPORTANZA ECONOMICA E MATERIALE DELL’ONORE FEMMINILE NEL CONTESTO RURALE

RAPPRESENTANO SOLO IL 5% DEI REATI TOTALI

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L’analisi dei reati contro la moralità pubblica ci consente di entrare nella sfera intima e privata della vita dei protagonisti delle vicende, che riguarda in particolare il rapporto tra i sessi, la sessualità e i sentimenti

C. Verno, Lavandaie, 1870-1942

F. Burlazzi, Al pascolo, 1891

Sfera che all’epoca era forse meno privata di quel che pensiamo “le voci di paese” delle denunce sono il segnale della presenza di un forte controllo sociale da parte della comunità nei confronti in particolare delle donne sole

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Questo fatto essendo scandaloso e pubblico …Denuncia del console di Balmuccia, Francesco Ferraris, 21 dicembre 1789“[…] aderj perché la Margherita Avonda pubblicamente è tenuta per libertina […] ivi giunto bussato alla porta della casa, e stanza di d.ta Avonda ci venne aperta dopo qualche intervallo, e viddimo che ivi non vi era alcun uomo, ma siccome la notizia che aveva il Fiorone [il sindaco] dell’esistenza d’un uomo in d.ta stanza esso la teneva per certa m’ immaginaj che si fosse nascosto in un coffano ivi collocato, il quale difetti apertosi viddimo d.to Francesco Marchino, il quale da me rimproverato con averli detto che era un porcone, se ne dipartì da detta stanza dicendo cosa c’era, cosa c’era. Questo fatto essendo scandaloso e pubblico ho pensato di darne notizia […]”.

L’incontro “scandaloso” tra Margherita e Francesco era solo uno dei tanti che vi erano stati tra i due che in quel modo si rendevano colpevoli di un altro grave

reato, l’adulterio, per il quale le costituzioni sabaude prevedevano la pena della fustigazione.

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L’analisi dei reati sessuali mette in luce la condizione femminile nella società valsesiana di fine Settecento e in generale nell’età moderna.

Gilardi - Canzone di primavera 1837

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Tornando ai fatti ….“Un personaggio di Pirandello, mi pare, dice

che un fattofatto è come un sacco: non sta in piedi se non gli si mette qualcosa dentroqualcosa dentro”.

Attraverso l’analisi dei fatti criminali si può compiere un viaggio nel passato, entrare a far parte della società valsesiana dell’epoca, addentrarci tra le vie delle cittadine e i sentieri di allora, nelle case e nelle chiese, nelle osterie e nelle botteghe, osservando gli oggetti della quotidianità, scoprire come era organizzato il tempo della vita, il lavoro e lo svago, le relazioni famigliari, gli affetti. Si può anche provare a immedesimarsi nelle paure e nelle difficoltà, e in valori che forse ora ci sembrano perduti, come il senso di appartenenza alla comunità, oppure altri di cui non sentiamo forse così tanto la mancanza come l’onore, che per tante donne e uomini di allora ha rappresentato un pesante fardello.

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Guardando tra la folla del mercato di Varallo forse potremmo anche scorgere uno dei ladri latitanti e riconoscerlo grazie alla precisa descrizione che ci regala le fonti:

“ […] bruno di facie capelli, barba, e ciglia neri, molto vaiolato, naso piuttosto grosso dimostrante l’età d’anni venti due circa vestito di panno bianco sottoveste o sia camisetta di stoffa rossa, calze simili al vestito capelli longhi rivoltati all’insù a forma di tignone, calzetti di filosello color bianco con boccole alle scarpe di tombano giallo e cappello di feltro piccolo in capo guernito di una rosa di bindello nero […]

Sebastiano Monti, V Liceo art. Varallo, Ritratto di Francesco d’Alessio da Racconigi

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Testi, dati e immagini tratte da:

E. Carr, Sei lezioni sulla storia, 1961

S. Contini, “…campane a martello per seguitare banditi..” La criminalità in Valsesia alla fine del XVIII secolo, tesi di laurea, Università degli studi di Torino, a.a. 2000/2001

P.SORCINELLI, Il quotidiano e i sentimenti. Introduzione alla storia sociale, Milano, Mondadori, 1996.

Album di un alpinista, II quaderno In Valsesia, Tipogr. G.Amosso, Biella, 1878

Per le immagini si ringrazia :

la Pinacoteca di Varallo che ha fornito la riproduzione digitale dei dipinti conservati ed esposti nei suoi locali

l’Archivio di Stato, sezione di Varallo che ha consentito la riproduzione digitale delle mappe e dei documenti