Campane Di Posina - Anno 2007-2008

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Bollettino Parrocchiale Campane di Posina-Laghi-Fusine-Castana 2007-2008

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CAMPANE DI POSINA FUSINE, CASTANA e LAGHI

Sede: Piazza G. Marconi 36010 POSINA (Vicenza) tel. 0445 748118

Pubblicazione PRO MANOSCRITTO delle Parrocchie di: S. Margherita V.M. in Posina, S. Rocco in Fusine, S. Pietro Apostolo in Castana e S. Barnaba in Laghi

Stampa: Stab. Tip. G. Fuga & Figli - Arsiero

In copertina: I ragazzi che hanno ricevuto la Prima Comunione Foto: Roberto Lorenzato

Un ringraziamento a tutti i collaboratori

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Introduzione alla lettera del Vescovo Carissimi,

dopo la visita pastorale il nostro Vescovo ha creduto opportuno sia parroco della Valposina e Laghi.

Spero non me ne vogliate, ma lasciare Arsiero cui ho voluto bene e che mi ha voluto bene, mi costa un

po' di fatica: anche là avevo le mie relazioni e speso una buona parte della mia azione pastorale. Però,

come credo tanti di voi già lo sappiano, sono contento di essere ed abitare tra di voi, tra le vostre e nostre

famiglie.

Qualcuno potrà pensare che questo "ritorno del prete in Valposina" sia un tornare indietro da quella

Unità Pastorale "sognata" ma verso la quale dobbiamo, magari con fatica, intraprendere. Premesso che

non è volontà di nessuno "rompere i ponti" di un cammino e di una strada, possiamo riconoscere con

serenità che forse il passo di una unità pastorale con Arsiero è stato affrettato. Abbiamo magari il fiato

e la vista corta e questo "ritornare" è un invito a guardarci "dentro", al vedere il se ed il come abbiamo

camminato in questi anni. Troveremo certo errori, sbagli, fatiche da parte di tutti, tentativi poco riusci­

ti, come anche il chiuderci dentro e dietro ai propri campanili: fermarci però solo a guardare il passato,

non aiuta a vivere la speranza di essere tra di noi 4 sorelle (Posina, Fusine, Castana e Laghi) una fami­

glia di famiglie che, nel rispetto della originalità di ciascuno, sa guardare al di là dei propri interessi da

difendere per guardare al bene comune, senza invidie o gelosie.

Sarà mio compito avviare o riavvivare i consigli pastorali, lasciandomi aiutare e guidare dagli ultimi

orientamenti diocesani (mese di giugno) per giungere ad un Consiglio pastorale unitario per discutere

la "pastorale d'insieme" (vedi catechesi, incontri formativi per adulti e famiglie, liturgia e carità).

Non posso non avere un pensiero per don Roberto che magari alcuni di voi hanno visto poco presente,

ma che, vi assicuro, ha svolto un servizio magari oscuro e poco gratificante per le nostre vallate (vedi

tutta la contabilità che non è poco, come gli incontri settimanali con i giovanissimi). A lui vada il mio

ed il nostro grazie unito alla preghiera perché, pur essendo certo delle sue capacità, non è facile portare

avanti Arsiero come sacerdote unico.

Da parte mia intravedo nella mia presenza stabile a Posina (per tutti!) solo il pericolo che si deleghi tutto

al prete (tanto è il suo mestiere), mentre in realtà è

importante che ciascuno riconosca le proprie capacità,

attitudini e sappia metterle a frutto per il bene di tutti

(vedi parabola dei talenti). Lavorare insieme non solo

e non tanto perché ho bisogno di aiuto, ma per cresce­

re come comunità, come chiesa, capace di camminare

e crescere. Ormai conoscete quali e quanti sono i miei

limiti: spero mi aiuterete con la vostra amicizia ed il

dono della preghiera.

Ora lascio la parola al Vescovo, richiamando la lettera

che ci ha inviato al termine della sua Visita Pastorale

nel dicembre scorso.

A tutti voi, agli ammalati, agli emigranti il mio ricor­

do e la mia preghiera, ringraziando la tenacia di sem­

pre di Roberto Lorenzato e dei collaboratori, come a

quanti, in diversi modi permettono a questo bollettino

di entrare nelle vostre famiglie.

Don Stefano Foto: Roberto Lorenzato

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Prot. Gen.: 564/07

Vicenza, 30 dicembre 2007

Cari don Stefano e don Roberto

e cari fedeli delle Parrocchie di Posina, Fusine, Castana e Laghi,

vi ringrazio dell'accoglienza che ho ricevuto nella mia recente Visita pastorale e dell'amicizia che mi avete dimostrato.

Ho incontrato le vostre Comunità in diversi momenti e mi sono reso conto degli aspetti positivi del cammi­no di fede, di preghiera e di fraternità che vivete, insieme ad alcune difficoltà dovute in parte alla situazione gene­rale dei tempi ed in parte alla piccolezza delle Parrocchie e alla fatica di camminare insieme nell'unità pastorale. C'è bisogno di rinnovare la speranza nel Signore, che guida la sua Chiesa, e di operare uniti su vie convergenti sul piano pastorale, che facciano crescere la comunione tra le quattro Comunità e quella di Arsiero.

Anzitutto, occorre che ogni Parrocchia, anche piccola, esprima un gruppo di persone stabilmente dedito all'azione pastorale nella Comunità. Mi riferisco alla catechesi dei piccoli, alla liturgia domenicale, in particolare, e alla fraterna vicinanza ai malati ed anziani delle contrade. Sono suffcienti quattro o cinque persone, da inseri­re poi nel Consiglio pastorale unico per le quattro Parrocchie. Toccherà a queste persone: aprire la chiesa duran­te la settimana per qualche momento di preghiera (durante la stagione bella è opportuno che comunque le chie­se siano aperte anche se "sorvegliate"); preparare bene la liturgia domenicale con i canti, il servizio dei lettori e dei ministranti; curare, attraverso i catechisti, lo svolgimento del catechismo dell'iniziazione cristiana; visitare, valorizzando qualche ministro ausiliare della Comunione, gli anziani e i malati nelle contrade; tenere i contatti con le altre Parrocchie per iniziative comuni di formazione o di carità.

Accanto a questo gruppo ci sia poi il Consiglio per gli affari economici, che ogni Parrocchia deve avere per statu­to.

Un obiettivo di fondo cui puntare è la crescita corresponsabile di ogni battezzato alla vita e alla missione della Parrocchia affinché non manchi l'apporto di sempre nuove forze disponibili per i vari servizi pastorali.

La cura della fede. Rappresenta il nostro impegno primario, secondo gli Orientamenti diocesani "Cristiani si diventa", a cominciare

dagli itinerari prebattesimali, che, anche se coinvolgenti poche coppie, esigono una buona preparazione con l'ap­

porto di qualche coppia animatrice, che accompagni, insieme al sacerdote, il cammino di fede.

La celebrazione del Battesimo sia svolta nella Messa domenicale per aiutare la Comunità a sentirsi madre che

genera alla fede e che si impegna a nutrirla con la testimonianza e la preghiera.

Ho incontrato i fanciulli ed i ragazzi del catechismo e ringrazio molto le catechiste per il loro impegno, che

ho trovato generoso e competente. La possibilità di sviluppare un buon raccordo con la scuola elementare,

mediante l'intesa con l'insegnante di religione e gli altri docenti, va tenuto in considerazione.

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La catechesi della Cresima è opportuno che si svolga in un unico posto nella Valle, in modo da favorire l'in­contro con i ragazzi ed una migliore organizzazione. Vi raccomando di avviare un forte e capillare impegno verso e con le famiglie dei fanciulli e ragazzi, affinché si sentano coinvolte e partecipi della catechesi con incontri sia personalizzati che di gruppo.

Una stretta collaborazione con Arsiero risulterà molto utile per la formazione permanente dei catechisti. La formazione dei giovani sia collegata ai gruppi di Arsiero, anche se per gli adolescenti sarà bene cercare di

mantenere in Valle una serie di iniziative di incontro specifico.

Infine, non venga meno, nei tempi forti, la lectio biblica per gli adulti e gli anziani, in modo da offrire un'oc­casione di incontro sulla Parola di Dio in orari congrui e compatibili con la stagione.

La comunione e l'unità. Sia all'interno di ogni singola Parrocchia che nell'unità pastorale, la comunione e l'unità siano sostenute dal

Consiglio pastorale e trovino nella Eucaristia domenicale il loro punto di incontro.

Ho celebrato con voi le sante Messe domenicali e sono lieto di aver constatato una buona partecipazione ed una attiva animazione, grazie ai cori, ai ministranti e ai lettori. L'Eucaristia domenicale è il cuore della Comunità, da cui parte ogni iniziativa pastorale e a cui tende l'unità e la comunione delle famiglie. È li dove la Parrocchia diventa una famiglie di famiglie.

Invito il Consiglio pastorale a riflettere bene sul numero delle Messe domenicali. Ogni Parrocchia è giusto che abbia una celebrazione, ma cercando di collocarla o il sabato sera o la domenica in modo da permettere ai sacer­doti, prima e dopo la celebrazione, una sosta meno frettolosa con i fedeli, tenendo presente che hanno anche l'im­pegno ad Arsiero.

Sono contento di aver sentito che la celebrazione del sacramento della Riconciliazione è promossa e mi augu­ro che resti sempre un punto fermo della pastorale di ogni Comunità.

La particolare configurazione geografica delle Parrocchie della Valle, che si estendono per un ampio territo­

rio punteggiato da molte contrade, esige un'azione pastorale di prossimità e di visita alle persone, che vivono a

volte sole o in piccoli gruppi. Per questo sarà necessario poter contare sui ministri ausiliari della Comunione, chia­

mati regolarmente a visitare gli anziani portando loro la Comunione. La visita del sacerdote completerà tale

impegno, che esprime l'amore della Comunità verso questi anziani.

Per quanto attiene la collaborazione con Arsiero sarà opportuno stabilire un incontro all'inizio dell'anno

pastorale con i rispettivi Consigli pastorali per programmare insieme un indirizzo pastorale unitario, ad esempio,

sulla Caritas, sulla formazione dei catechisti e sulla pastorale giovanile.

La missione. Rappresenta oggi la sfida anche per le vostre Comunità. Ce lo ha ricordato bene la recente Missione vicaria­

le, cui avete partecipato.

Ogni cristiano è chiamato a farsi missionario e testimone del Vangelo in ogni ambiente e situazione di vita.

Una via privilegiata è senza dubbio la carità, testimoniata, in diverse occasioni, collaborando con la Caritas dio­

cesana, o aiutando i missionari.

Sarà opportuno avviare un Gruppo missionario, che si occupi delle necessità dei nostri missionari nel mondo.

Prendendo contatto con il Centro missionario diocesano è possibile, d'intesa anche con la Parrocchia di Arsiero,

promuovere una sensibilizzazione delle Comunità su questo importante ambito pastorale.

Missione significa anche visita alle famiglie. Inoltre, ogni occasione che faccia incontrare la gente può essere

pensata e organizzata per promuovere la testimonianza cristiana di quei valori di comunità e di solidarietà, che

nascono dal Vangelo e si traducono in concreti segni di condivisione.

Le strutture. Circa le strutture (archivi e chiese) desidero sottolineare quanto segue.

Per quanto riguarda gli archivi:

* Posina: lo stato di conservazione è discreto. Purtroppo del materiale è andato perduto per l'incuria di pre-

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cedenti parroci;

* Fusine: lo stato di conservazione è buono. Anche qui molti documenti sono andati perduti; * Castana: lo stato di conservazione è buono. Parecchio materiale è andato perduto. Auspico il ritorno da

Poianella del libro cronistorico;

* Laghi: lo stato di conservazione è buono. Purtroppo il materiale antico è andato irrimediabilmente perdu­to durante il primo conflitto mondiale (1915-1918).

Lodo la saggia decisione di concentrare nella canonica di Arsiero il materiale archivistico delle quattro Parrocchie. Una scelta responsabile, intelligente, che fa onore alle Comunità interessate.

Per quanto riguarda le chiese: * Posina: lodo il coraggioso restauro dell'edificio, che fa onore alla popolazione. Si rende, però, necessario com­pletare il progetto con l'adeguamento liturgico del presbiterio (altare, ambone e sede). Il fonte battesimale sia tra­sferito dalla sede attuale e collocato presso la porta principale ed utilizzato per la celebrazione del Battesimo. Auspico, inoltre il restauro anche della sacrestia;

* Fusine: si porti a compimento l'adeguamento liturgico del presbiterio, verificando con attenzione e d'intesa con gli organismi diocesani i singoli elementi e l'intervento generale da coordinare con l'eventuale risanamento e restauro di altre parti dell'edificio. Si valuti attentamente la questione dello spazio sacrestia e dell'oratorio per le celebrazioni invernali. La sede per il sacramento della Penitenza trovi una definizione ed una soluzione oppor­tuna. Il fonte battesimale, nel suo stanzino originario a fianco dell'ingresso principale, venga valorizzato per la celebrazione del sacramento;

* Castana: auspico l'adeguamento liturgico del presbiterio (altare, ambone e sede) da realizzarsi d'intesa con i competenti organismi diocesani. Si provveda anche ad individuare la soluzione più opportuna e decorosa per la sede del sacramento della Penitenza;

* Laghi: si porti a compimento l'adeguamento liturgico, verificando con attenzione e d'intesa con gli organismi diocesani i singoli elementi e l'intervento generale, da coordinare col risanamento ed il recupero di tutto l'edifi­cio. Si riordini e valorizzi il fonte battesimale, posto accanto all'ingresso, eliminando la vasca di rame che stazio­na in presbiterio. La sede per il sacramento della Penitenza venga riordinata e destinata al suo uso proprio in modo permanente.

Per tutte e quattro le chiese raccomando la pulizia degli edifici e la cura necessaria alle suppellettili sacre e ai para­menti.

Conclusione. Cari amici,

ringrazio il gruppo di signore che si occupano del mercatino a Posina e i volontari e le volontarie, che si pre­

stano, anche nelle altre Parrocchie, per queste iniziative. Ringrazio anche tutte le persone che, nelle varie

Comunità, svolgono un servizio per le pulizie delle chiese e si impegnano in altre attività parrocchiali. Incoraggio

tutti a proseguire con amore e generosità, ricordando che Dio ama chi dona con gioia.

Un grazie anche alle maestre della Scuola elementare di Posina e agli alunni per la loro calorosa accoglienza. Un ricordo particolare e ricco di affetto agli anziani e alle famiglie che ho incontrato nelle contrade: a loro assi­curo sempre la mia preghiera.

Un ringraziamento particolare a don Giuseppe Gobbo per il suo prezioso servizio domenicale.

A Te, caro don Stefano, va la mia riconoscenza per avermi accompagnato passo passo e per il Tuo impegno nella

Valle e soprattutto nella visita alle contrade. Questa vicinanza con la gente è quanto di più utile e positivo possia­

mo fare come sacerdoti. Dovendo visitare le famiglie è però necessario che la vita parrocchiale sia sostenuta con

responsabilità anche dai laici nelle varie attività ministeriali loro proprie.

Vi benedico di cuore.

+ Cesare Nosiglia, arcivescovo

vescovo di Vicenza

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Bollettino Parrocchiale Cinquantesimo anno...? È nata una piccola ma benevola diatriba, su questa uscita del nostro bollettino parrocchiale. Ma è giusto festeggiare il cinquantesimo anno di questa preziosa pubblicazione, in quest'anno 2008, oppure siamo solo al quarantanovesimo...? Dunque, il primo bollettino parrocchiale uscì nel dicembre 1959, ideato e voluto da don Ferdinando Tonin, che molti di voi ben ricorderanno. Da allora ne è passato del tempo...e come sono cambiati i tempi...! Dunque, per calcolare la presente annata di questo bollettino 2007-2008, dobbiamo partire da allora e prendere come riferimento il 1° anno di nascita del bollettino, e cioè il 1959. Qui non si tratta del pargoletto che nasce nel 1959 e nel 1960 compie un anno di vita, attribuendo appunto al 1960 il numero 1: un anno; un anno compiuto comunque, un anno vissuto e finito, perché già nel 1960 il nostro pargoletto entrerà nel secondo anno di vita. Per quanto riguarda le pubblicazioni in generale, il primo anno di 'vita' corrisponde al primo anno di pubblicazione. Nel nostro caso, il 1° anno è il 1959, che corrisponde al 1° numero del bollettino par­rocchiale. Se per ipotesi fosse uscito un numero all'anno, in quest'anno 2008 noi vedremmo uscire il numero 50 del bollettino. Cioè avremmo tra le nostre mani 50 bollettini parrocchiali. Questo è assolu­tamente certo e non ci possono essere dubbi a proposito. In pratica però le cose sono andate un po' diversamente. Infatti ci sono stati dei periodi in cui sono stati pubblicati anche fino a tre bollettini in un anno (nel 1962 per esempio, ma anche in altri anni). Oppure due bollettini in un anno. Oppure un bollettino con fascicolo allegato. Addirittura nel 1985 non ci fu nessuna stampa del bollettino, perché l'uscita slittò nel periodo di Pasqua del 1986, comunque senza interrompere l'ordine cronologico degli avvenimenti riportati. Alla fine, tirando le somme e inglobando la bella pubblicazione "I Capitei di Posina e Fusine" pubbli­cata nel 1981 (non allegata al bollettino di quell'anno ma inserita nel Cd "Campane di Posina" che rac­coglie tutta la raccolta), ci ritroviamo con un totale di 66 fascicoli più questo che stiamo leggendo. Le pagine totali su cui sbizzarrirsi a cercare e trovare notizie di tutti i generi, sono 1984 più queste di que­sto bollettino. Insomma, un bel traguardo questi cinquant'anni! Posina ha perso diverse cose in questi ultimi decenni, e altre cose comunque ha avuto. Mi rallegra il fatto che il bollettino parrocchiale sia anco­ra presente, come una volta, come sempre. E qui voglio concludere con le parole di don Adriano Campiello, il quale molto si è prodigato allora per racco­gliere i vari bollettini e per continuare in quest'opera. A pag. 8 del bollettino parrocchiale del 1983 possiamo leggere, tra le altre cose: "Spero che il bollettino non invecchi e non muoia". Certo, a questo proposito sembrano proprio parole divi­natorie e ben 'azzeccate'. In effetti, fino ad ora, il bollettino non è invecchiato e non è morto. Questo grazie a chi si è dato da fare per tenerlo in vita: ai collaboratori, ai vari sacerdoti susseguitesi negli anni, ai lettori vicini e lontani, in modo particolare gli emigran­ti, che aspettano ogni anno l'uscita di questa preziosa pubblicazione, che li fa sentire sempre vicini alla loro cara terra di origine.

Luglio 2008 Roberto Salerno [email protected]

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...la domanda giusta L'essere umano è una creatura davvero misteriosa e complessa, ed è ancora più misterioso il potere che dei semplici suoni (le parole) possono esercitare sulla vita dell'essere umano, influenzando le sue scelte e determinando le sue azioni. Ci sono parole che, dette o ascoltate, aprono squarci di luce nella vita di una persona o, all'opposto, la gettano nel­l'angoscia.

Pensando alla storia di ognuno di noi di certo pos­siamo scoprire, e ricordare, che ci sono stati dei momenti in cui le parole dette o ascoltate hanno cambiato il nostro stesso mondo. Anche quando siamo riusciti a dire, o abbiamo ascoltato, la parola "ti amo" questa ha segnato una tappa che ha segnato la nostra esistenza, le ha dato una direzione o un orizzonte che, prima, non aveva. E così è stato con altre parole, capaci di portare novità nella nostra vita, sia nel bene come nel male. Quanti sorrisi, quante lacrime, quante illusioni o speranze si debbo­no alle parole che abbiamo udito o pronunciato!

A ben pensarci, però, ci sono parole che hanno un'influenza del tutto particolare: si tratta di quelle parole che si articolano come domande. Sono molte le domande che attraversano la nostra vita e spes­so queste domande hanno la capacità di dare una direzione alla nostra intera esistenza. La domanda è un po' l'energia che muove la nostra vita, che la fa pulsare e le domande sono in un certo senso le strutture su cui regge la nostra anima.

I momenti di blocco, di depressione, di stanchezza della nostra vita sono quelli in cui non compren­diamo con chiarezza quali sono le domande importanti che ci pone il nostro cuore; in quei momenti il nostro vivere diventa quasi affannoso, ci manca il respiro. Quando non è chiara la domanda, la vita è come se si accartocciasse su se stessa e si lasciasse morire...già, si potrebbe morire per mancanza di domande. Se veniamo privati delle giuste domande, ci facciamo prendere dall'ansia e cerchiamo rispo­ste a caso, anche contrastanti tra loro.

L'essere umano non è colui che ha bisogno di risposte chiare, ma colui che si pone le domande giuste, perché tali domande tengono vivo il suo cuore e sostengono la sua anima. Se la domanda è confusa, la vita diventa un susseguirsi di sentieri interrotti.

La stessa Bibbia, che rappresenta il grande cammino "pedagogico" di Dio per l'umanità, si apre con la domanda di Dio ad Adamo: "Dove sei?", passando per le grandi domande di Isaia, di Giobbe e degli altri profeti per giungere a quelle di Gesù: "Chi dite che io sia?"; "Mi ami tu?" fino all'ultimo, lace­rante interrogativo: "Perché mi hai abbandonato?".

Dalla Bibbia appare evidente che la crescita umana e spirituale si muove attraverso una serie di domande sempre più profonde, sempre più necessarie; l'essere umano è quindi colui che cerca di com­prendere le domande ed il migliore non è colui che dà le risposte migliori, ma colui che scopre le domande più vere e le sa ascoltare. Sono le domande a guidare la nostra vita; le risposte, specialmen­te quando non si riferiscono a domande chiare, sono solo un ansioso tentativo di fare tacere le doman­de più autentiche. Gran parte della nostra inquietudine nasce proprio da questo: dal non voler ascol­tare le domande che, invece, dovremmo ascoltare. Talora il nostro continuo parlare non ha altro scopo che far tacere quelle domande che vivono dentro di noi come possibilità inespresse e le nostre risposte, quando non si radicano in una domanda autentica, sono un po' come i castelli di carta che, con un sof­fio, vengono sciolti. Come cambierebbe la vita di un essere umano se, a guidarla, fosse la ricerca delle domande anziché il

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rincorrersi delle risposte! E come cambierebbero i nostri rapporti se, incontrandoci, non ci gettassimo

addosso le nostre rispettive risposte ma ci mettessimo assieme a cercare le domande più corrette. Una

coppia, così come una comunità, non si costruisce, o almeno non solamente, condividendo le risposte,

ma mettendo assieme le stesse domande.

E se vogliamo creare un mondo più fraterno abbiamo bisogno di ascoltare le nostre comuni doman­

de; le divisioni, e perfino le guerre, nascono là dove l'essere umano perde di vista le proprie domande

e si ferma a considerare la diversità delle risposte e così nasce l'esigenza di far prevalere, di far domi­

nare la propria risposta su quella dell'altro.

La vita, proprio perché è un mistero, non attende risposte, ma attende di essere interrogata, e talora

basta una domanda...quella giusta.

Papa Benedetto XVI, all'Università di Tubinga il 21 marzo 2007, ha detto:

"L'Università, l'umanità, ha bisogno di domande. Là dove non vengono più poste domande, fino a

quelle che toccano l'essenziale e vanno oltre ogni specializzazione, non riceviamo più nemmeno delle

risposte. Solo se domandiamo e se con le nostre domande siamo radicali, così radicali come deve esse­

re radicale la teologia, al di là di ogni specializzazione, possiamo sperare di ottenere delle risposte a

queste domande fondamentali che ci riguardano tutti. Innanzitutto dobbiamo domandare. Chi non

domanda non riceve risposta".

Maggio 2008 Ada

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Breve racconto sulla speranza C'era una volta un povero agricoltore scozzese di nome Fleming. Un giorno, mentre lavorava per garantire il minimo sostentamento alla propria famiglia, udì delle grida d'aiuto che provenivano da una palude lì vicina. Lasciò subito i suoi attrez­zi e corse in direzione delle grida. Là, immerso nel fango fino alla cintola, c'era un ragazzo terrorizzato che urlava e cercava di uscire dal pantano. Fleming salvò il ragazzo da quella che sarebbe stata una morte lenta e orribile. Il giorno dopo, una lussuosa carrozza si fermò in quei paraggi. Ne uscì un nobile, vestito con abiti eleganti, che si presentò come il padre del ragazzo salvato da Fleming. " - desidero ricompensarti " disse il nobile. " - Hai salvato la vita di mio figlio. " "- No, non posso accettare denaro a compenso della mia azione" replicò l'agri­coltore scozzese, rifiutando l'offerta. In quel preciso istante, sulla soglia della casupola comparve il figlio dell'agricoltore. "-Questo è tuo figlio?" chiese il nobile. "- Sì" rispose l'agricolto­re con orgoglio. "- Voglio farti una proposta. Lascia che egli venga con me e riceva una buona istruzione. Se il figlio asso­miglia minimamente al padre, egli diventerà un uomo di cui potrai essere orgoglioso. E così fu. In seguito, il figlio di Fleming si laureò presso la St. Mary's Hospital medical school di Londra, e diventò famoso nel mondo come Sir Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina. Anni più tardi, il figlio del nobile si ammalò di polmonite. Il nome del nobile? Lord Randolph Churchill. Il nome di suo figlio? Sir Winston Churchill. E cosa lo salvò ? - La penicillina. Speranza per due ragazzi e per milioni di vite che cambiarono in modo clamoroso grazie alle azioni di un uomo.

Ci sembra significativo riflettere su questo episodio che dimo­stra come una nostra azione, "buona" o "cattiva", possa ripercuotersi con conseguenze imprevedibili che coinvolgono chissà quante altre persone. Gli studi sulla geometria sacra, dimostrano come nel mondo delle forme ma anche in quello delle energie un piccolo impulso possa generare grandi effet­ti, come nel famosissimo " i l battito di una farfalla può deter­minare una tempesta in un'altra parte del mondo". Nelle rap­presentazioni delle costellazioni famigliari ritroviamo la stessa sorprendente realtà: le conseguenze di un'azione possono per­durare addirittura per generazioni. Tutto questo, ci sembra, va sottolineato e ricordato non per indurci ad un senso di respon­sabilità eccessiva che potrebbe scoraggiarci, ma per farci cre­scere sempre di più nella consapevolezza che tutto è vera­mente collegato, come l'universo è veramente " uni-versus", volto e strutturato in una straordinaria unità.

Sergio Signori

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In passato spesso le donne hanno dovuto

affrontare i duri lavori dell'agricoltura

Foto: Roberto Lorenzato

Il ruolo della donna nell'economia del passato Nelle vicende che fin qui hanno segnato la storia della nostra valle, abbiamo sempre visto come assoluto protagonista l'uomo, nelle sue più disparate situazioni: l'uomo soldato, l'uomo minatore, l'uomo contadi­no-boscaiolo, l'uomo emigrante. Ma la donna nel passato quale ruolo ha avuto in un paese appartato, quasi remoto come il nostro? Non è facile scrivere di donne, ma attraverso testimonianze, ricordi, tentere­mo di incuriosire un po' i lettori attraverso queste righe. Anzitutto si è capito che le donne sono un elemento importantissimo nella comuni­tà. Da loro dipende la decisione di mantenere la famiglia sul territorio, di fare figli, e quindi la possibilità di continuare l'esistenza di molti pic­coli paesi. Da loro viene l'input all'innovazione, il bisogno di qualità nonché il recupero delle tradizioni. Nel corso dei secoli, in valle sono riu­scite con tenacia a adattarsi, mantenendo uno stretto rapporto con la natura, sfruttando le risorse ma conservando e curando il territorio nello stesso tempo, senza rinunciare alla magia e alla poesia, che le hanno trasformate in custodi della memoria. Ricordo ancora qualche filastrocca o poesia, qualche cantilena della nonna, che in occasione di una festa o di un incontro tra famigliari mi raccontava. La nonna: una fonte inesauribile di storia. Ma tornando sul nostro discor­so dove vede la donna come protagonista del nostro tempo, nella società contadina era la prima ad alzarsi e l'ul­tima ad andare a letto. Come i loro compagni maschi le bambine cominciavano a lavorare appena riuscivano a camminare sulle proprie gambe. In casa o fuori c'era sempre qualche cosa da fare. La gioventù era una stagione brevissima, sorvegliata dai genitori e dai preti, custodi del buon nome della famiglia. Dalla data delle nozze in avanti, l'esistenza personale perdeva di importanza, fino a scomparire: ogni esigenza avrebbe dovuto essere con­sacrata al marito, ai suoceri, ai figli, al lavoro. Per le donne non era mai festa, sia a Pasqua o a Natale, alla dome­nica, o in occasione di matrimoni o ricorrenze era a loro che toccava preparare cibi particolari, lavare, stirare, e rammendare gli abiti buoni, pulire la casa. Se agli uomini spettava il seppur duro lavoro delle miniere, o del bosco, spesso d'inverno loro potevano godersi un po' di riposo; il lavoro dei campi lo permetteva, alle donne questo no. Anzi dovevano occuparsi dei ragazzi, o a nuovi parti sempre numerosi. Nonostante tutto, malgrado comunque questo stato di inferiorità sociale che erano costrette a sopportare, l'economia di famiglia, di comunità, ruotava attorno alla componente femminile che era senza dubbio la più importante. La donna non solo si occupava del­l'andamento della famiglia, ma anche di quello economico basato su una agricoltura di sussistenza che assicurava a malapena il nutrimento. In questo caso era aiutata anche dal marito, se non era emigrato. Le madri e le ragazze avevano conservato, trasmesso da antichissime consuetudini, conoscenze che permettevano di sfrut­tare le risorse del bosco. Erbe medicinali, piccoli frutti, funghi che raccolti venivano venduti o barattati con altri prodotti della terra. Vale la pena ricordare i faticosi viaggi a piedi dalla Val di Terragnolo alla Valposina che facevano le "Terragnole": le impa­vide donne trentine fino agli anni 1950. Dove le donne se ne vanno, la montagna muore, dove rimangono, la montagna vive mantenendo uno sviluppo in sintonia con la terra, cogliendo e valorizzando l'opportunità che questa offre agli esseri umani.

Roberto Lorenzato [email protected]

Ricerca tratta dal libro "Le alpi. La gente" Antropologia delle piccole comunità, a cura della dottoressa Michela Zucca.

Carla Comparin, Nadia Berta, Elisa Res:

tre generazioni di donne nel ruolo fantastico di

madri. Il piccolo è Daniele Lighezzolo

Foto: Res

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Bettali. Bettali: questo cognome mi ha sempre incuriosito. Sulla provenienza di questo cognome ho sempre sentito diverse versioni sulle sue origini ma nessuna di queste mi dava soddisfazione. Un bel giorno, circa cinque anni fa, assieme a mio marito Adelino, decisi di scoprire la pro­venienza di tale cognome incentivata anche da don Mario Dalla Via, che ho conosciuto personalmente e che rin­grazio per avermi indicato dove e come cercare le origini di questo cognome. Ho iniziato il percorso della ricerca a ritroso partendo dal comune dove sono nata, Montebello Vicentino, con il cer­tificato di morte di mio nonno Giuseppe Antonio Bettali, mi sono rivolta all'anagrafe di Chiampo luogo di nascita di mio nonno con la speranza di riuscire a trovare notizie sulla nascita e provenienza. Qui a Chiampo ho trovato una persona molto motivata a darmi informazioni su quello che cercavo perché appas­sionato e interessato alle genealogie e con lui ho fissato un appuntamento presso l'ufficio anagrafe di questo comune. Il giorno prefissato, io e Adelino ci siamo presentati presso l'archivio comunale dove lui aveva già prepa­rato alcuni vecchi registri prelevandoli dall'archivio. Emozionante per me vedere per la prima volta questi registri così antichi scritti in modo impeccabile. Inizio assieme a lui a fare delle ricerche sul cognome che a me interessava "Bettali". Figuratevi la mia emozione nell'apprendere che vi erano notizie dei Bettali. Assieme leggiamo che mio nonno Giuseppe Antonio è nato in questo comune nel lontano 1875. E qui altra grossa sorpresa: Giuseppe Antonio Bettali è figlio di Antonio Bettale di Giorgio di Posina e di Lucia Cortiana di Valli dei Signori, ora Valli del Pasubio. Immaginatevi la mia emozione nell'apprendere questo, che il mio bisnonno è nativo di Posina, piccola località montana dell'Alto Vicentino. E qui altra sorpresa... perché io Bettali e il mio bisnonno Bettale?? Scorrendo ancora i nomi sul registro vediamo che, confermato anche dal comune di Posina dove mi sono rivolta in seguito, il mio bisnonno è partito da Posina dalla Contrà Bettale nel lontano 1873 emigrando a Chiampo, dove era regi­strato con il cognome Bettali (?) e il primo figlio N.N. (?) non nato o non nome per quei tempi, avuto con Mettifogo Gioconda di Chiampo, la mia bisnonna, viene registrato con il cognome Bettale, però tutti gli altri figli avuti ven­gono registrati come Bettali fino ad oggi. A questo punto che fare... un giretto a Posina per vedere il luogo delle mie origini era il minimo che potessi fare ma... anche qui altra sorpresa. Non mi sarei mai aspettata che questo giro mi portasse a conoscere un mondo sconosciuto per me, o meglio per noi due, fino a quel momento. Un mondo di emigrazione, di sofferenza e di tanta nostalgia per la propria terra di origine. E a Posina ho scoperto un semplice sito http://groups.msn.com/posinaelasuagente che ho trovato sul Bollettino Parrocchiale, il quale ci ha portato a conoscere prima virtualmente, tramite il grande mondo di Internet, poi anche di persona, emigranti anche loro alla ricerca delle proprie origini. Vedi Eurico Cervo dal Brasile, come pure Ivone Dal Maso brasiliana, come la sua amica Silvia Dal Medico, quest'ultima di Brendola a due passi dal mio paese, Didier Beber dalla Francia, Javier Silvestri dall'Argentina, il dott. Victorio Ledra anche lui dal Brasile ecc ecc., tutti con origini di Posina. Non avrei mai pensato che con questa ricer­ca mi sarei recata in Francia, a Grigny, terra di emigranti italiani della Val Posina, Valleogra, Valdastico, incuriosita per una foto di Oliva Cervo fotografata davanti alla merceria dei Bettale a Grigny: era l'anno 1930 circa. E anche qui incontri emozionanti a non finire con emigranti di Posina e dintorni.

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Au carrefour de la Grande-Rue et de la rue de Rivoli, plusieurs commerces sont implantés. La mercerie Bettale est en haut de la Grande-Rue. Madame Bettale, devant son commerce, propose une vitrine de Noël, en 1930.

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Lina Cervo, Palmyre Bettale, Bruna Lorenzato dei Beber, Sergio Costa e molti altri. Persone anziane che per la loro età hanno difficoltà a ritornare a visitare la loro terra di origine e tramite me vogliono che porti ai loro parenti un saluto da Grigny; altri anziani mi chiedono di salutare la loro terra di origine, la loro contrà, la loro valle, cosa che ho fatto con molto orgoglio e piacere. Con questa ricerca sulle mie origini ho fatto anche il mio albero genealogico riuscendo a risalire a ritroso fino alla fine del 1600 con il cognome Bettale, ora Bettali. Sul mio cognome ho trovato che vi sono due versioni sulla sua origine: la prima, per molti la più valida, è nel lin­guaggio Cimbro, "proveniente dalla tal valle" oppure la seconda "proveniente dalla valle dell'orso". Ma questo a me non interessa più di tanto, che sia dalla tal valle o dalla valle dell'orso è che questa ricerca mi ha fatto vivere e scoprire emozioni indimenticabili e conoscere persone che non avrei mai mai immaginato di incontrare.

Bettali Daniela

FUSINE E LE SUE CHIODERIE L'epopea delle chioderie di Fusine è stata ricordata in una serata presso l'ecomuseo, sabato 27 Ottobre 2007, con la presentazione di un libro del sig. Giorgio Havis Marchetto. La straordinaria presentazione dell'opera intitolata: "Uomini e Chiodi" è stata premiata con la rappresentanza del comune di Posina e la partecipa­zione dell'associazione comuni del Pasubio e la pre­senza di più di ottanta persone, attente, ad ascoltare la relazione eseguita dal dott. Umberto Matino, e dal sindaco sig. Andrea Cecchellero. Il libro contiene numerose fonti quasi inedite per quanto riguarda una tradizione molto antica della valle. Il "Brocheta" o "Cioaro" era quel abile artigiano che fabbricava chio­di di vario genere per diversi usi, in particolare chiodi da scarpe. Una fatica non indifferente quella di Giorgio, costernato da viaggi impegnativi presso gli archivi di stato di Vicenza, quello comunale e parroc­chiale; ricerche premiate alla fine con in mano un sostanziale documento per quanto riguarda la metal­lurgia e la siderurgia del passato in valle, quando i magli erano azionati dalla forza dell'acqua, quando il guadagno era esiguo, la fatica enorme, tanto da deter­minare uno dei tanti fattori che scatenarono il feno­meno dell'emigrazione in valle. Ma la pubblicazione offre altre sorprese interessanti: ben tre itinerari lungo i quali si può "individuare" quello che rimane delle "officine" sparse sui primi comodi pendii del versante nord del Novegno. Non ci resta che ringraziare l'au­tore per questo notevole lavoro di ricerca, ed augura­re una buona lettura a tutti.

La copertina della Pubblicazione

Roberto Lorenzato [email protected]

L'autore del Libro "Uomini e chiodi"

Giorgio Havis Marchetto

Foto: Roberto Lorenzato

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COM'È CAMBIATO AGLI INIZI DEL 1900 UN TRANQUILLO VILLAGGIO AGRICOLO SULLE SPONDE DELLA SENNA

GRIGNY, "LA NOUVEAU SCHIO"

Fino alla fine del 1800 Grigny era un tranquillo villag­gio agricolo sulle sponde della Senna; paradossalmen­te isolato, seppure distante da Parigi solo 25 chilome­tri. La vita scorreva tranquilla per i nemmeno 600 "grignards" dediti alla raccolta di cereali, patate e fagioli. C'era anche qualche allevamento di suini. Ma il grande sviluppo urbanistico della capitale fran­cese, iniziato nei primi anni del '900, trasformò in pochi anni quel piccolo villaggio. Tutto ebbe inizio quando si scoprì che nel sottosuolo di Grigny c'era una grande quantità di sabbia e subito sotto una roccia sedimentaria, leggera, ma solida e inalterabile, ideale per la costruzione degli edifici: la "pierre meulière". La vicinanza con Parigi e la facilità di poter trasportare il prezioso materiale, lungo la Senna, nel cuore della città, fecero sì che l'industria estrattiva divenisse la principale risorsa di Grigny. La vita ed il paesaggio di Grigny non furono più gli stessi, se solo si considera che la popolazione raddop­piò nel giro di pochi anni e che alcune cave si riempi­rono d'acqua, trasformandosi in piccoli laghi. Colui che per primo intuì l'enorme ricchezza che era lì, a pochi metri di profondità, fu l'ingegnere Charles Piketty, che divenne l'artefice principale dell'industria estrattiva di Grigny dapprima artigianalmente, con il socio Bouton; più tardi, a livello industriale, in società con i figli.

Figura controversa, Piketty era in realtà un italiano del Nord il cui vero nome, Carlo Picchetto, era stato francesizzato. Quando l'imprenditore decise di sfrut­tare su larga scala il sottosuolo di Grigny, si trovò a dover fare i conti con una grave carenza di manodope­ra. La Grande Guerra e la terribile "spagnola" aveva­no infatti falcidiato in pochi anni il 27% della forza lavoro maschile francese dai 18 ai 27 anni. Era pertan­to necessario trovare braccia altrove e Piketty, che evi­dentemente conosceva i veneti per essere lavoratori resistenti alla fatica e per nulla esigenti, iniziò a reclu­tare uomini proprio nell'Alto Vicentino. Decine, cen­tinaia furono gli uomini di Tretto, Schio, Arsiero, Posina, Valli del Pasubio, Torrebelvicino, San Vito di Leguzzano... che varcarono le Alpi sapendo che di là

non avrebbero trovato la fortuna, ma solo un lavoro onesto col quale campare. Il fenomeno fu così vasto che alla fine degli anni '20 la metà degli abitanti di Grigny e i tre quarti degli alunni delle scuole primarie erano di origine vicentina. Questo valse alla cittadina francese l'appellativo di "petite Italie" o ancora "le noveau Schio".

Baggio, Bortoli, Brunello, Cervo, Comparin, Conforto, Cornolò, Costa, Dal Molin, Dal Prà, Fabrello, Filippi, Lissa, Lorenzato, Marsilio, Mogentale, Zolin, Zordan... sono solo alcuni dei cognomi vicentini trapiantati a Grigny. Inizialmente partirono solo uomini. Chi era sposato lasciava a casa la famiglia, che l'avrebbe magari rag­giunto qualche tempo dopo. Se una cosa aveva di posi­tivo, quest'emigrazione verso la Francia, era che i nostri non avrebbero trovato nessuna brutta sorpresa all'arrivo, evento affatto raro per coloro che negli anni precedenti si erano fidati delle promesse di spregiudi­cati mediatori di manodopera. A Grigny andavano con un contratto di lavoro in mano e la paga a cottimo - unilateralmente stabilita - era di franchi 11,50 per vagone di pietra, franchi 6 per uno di sabbia. Per cam­pare si doveva lavorare mediamente per 10 ore al gior­no, spesso anche la domenica. I cavapietre vivevano in baracche di legno ("barraquements"), mentre i pasti erano assicurati dalle "Cantines", ossia delle pensioni a conduzione familiare che erano anche il punto di ritrovo dei lavoratori nelle poche ore di svago. Le "Cantines" erano gestite generalmente dalla "bacàna",

autoritaria e leggendaria figura femminile che si prendeva cura di quei robusti lavoratori. Certo una cava a cielo aperto non è la stessa cosa di una miniera, ma la fatica era la stessa, se non maggiore, ed i pericoli all'ordine del giorno. La pietra tagliente spaccava le mani ai quei poveri cavatori i quali, nel tentativo di cauterizzare le piaghe, arrivavano persino a fondervi sopra del caucciù. Gli incidenti, anche mor­tali, non erano affatto rari. Il quotidiano "Abeille d'Etampes et de Cobreil", ad esempio, riporta sotto il titolo "Morte accidentale": "I cavapietre Dalla Carmina, Lorenzato e Menara stavano caricando dei

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di Paolo Meneghini

da IL GIORNALE DI VICENZA Venerdì 20 Giugno 2008 speciali Pagina 74

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vagoni a 3 metri di profondità quando, tutto ad un tratto, il terreno è franato. Mentre Lorenzato e Menara sono riusciti ad evitarla, Dalla Carmina è stato travolto sotto due metri cubi di terriccio. Nonostante il pronto intervento dei compagni di lavoro, per Dalla Carmina la morte è sopraggiunta istantanea per rottu­ra della colonna vertebrale e lo schiacciamento della testa".

Le cave furono progressivamente abbandonate dopo il secondo conflitto mondiale. L'utilizzo del cemento armato nell'edilizia, gli alti costi estrattivi e l'esauri­mento delle cave di Grigny posero fine all'avventura di monsieur Piketty e dei suoi figli. Tuttavia la gran parte dei nostri cavatori rimase in ter­ritorio francese. Le mogli avevano da tempo raggiun­to i mariti, i figli avevano iniziato a frequentare le scuole francesi e molti erano stati naturalizzati. E poi era rimasto, nei confronti dell'Italia, un forte astio. La Madrepatria non era vista con gli occhi malinconici della nostalgia; era considerata, piuttosto, una terra ostile ed ingrata che li aveva costretti ad emigrare in un altro Paese. Spesso anche i familiari rimasti nel vicentino non si rendevano conto dei sacrifici e delle difficoltà incontrate da fratelli e cugini al di là delle Alpi. E allora, se una lingua si doveva adottare per il futuro, meglio scegliere quella francese, che almeno aveva assicurato loro la pagnotta. La storia della "noveau Schio" avrebbe corso il rischio di essere seppellita dal tempo, se negli ultimi anni alcuni figli di quell'emigrazione - ed in particolare Annalisa Marsilio - non si fossero dati da fare per cer­care di dare un senso al sacrificio di tanta gente, get­tando un ponte fra l'Alto Vicentino e Grigny.

"La storia di Grigny - racconta la signora Marsilio, che oggi vive a Schio - ha segnato la mia vita, nel bene e nel male. Nei primi anni '60 i miei tornarono in Italia perché papà era malato e per me, che avevo sedici anni, è stato uno strappo molto sof­ferto. Avevo frequentato con profitto le scuole francesi, ero affascinata dalla cultura d'oltralpe, avevo tutti gli amici là e d 'un tratto, io che capivo solo il francese, mi trovai catapultata in una realtà completamente diversa. La Schio di quei primi anni Sessanta era lontana anni luce dall'Avenue des Champs-Élysées che potevo raggiun-

gere in pochi minuti di treno. Purtroppo, però, mi tro­vavo in quell'età nella quale sei troppo giovane per prendere delle decisioni autonome e poi ero una ragazza, la mentalità di quegli anni... Se fossi stata un maschio, sarebbe stato tutto diverso. Ancora oggi, ogni tanto, mi chiedo come sarebbe andata la mia vita se fossi rimasta in Francia".

Sono parole che riassumono il disagio di tutti coloro che decisero di rientrare a "casa" dopo una lunga espe­rienza migratoria: all'estero erano considerati (e tratta­ti) come stranieri, ma forestieri continuavano ad esse­re anche una volta tornati in Patria. Annalisa Marsilio, nonostante tutte le difficoltà, è riu­scita a superare con gli anni questa profonda crisi d'identità. Lo ha fatto mantenendo un canale sempre aperto con la sua amata Francia (specialmente dopo l'avvento della televisione satellitare e di Internet) fino a quando, recentemente, questa "italiana che parla francese" ha fondato assieme ad alcuni amici scledensi l'Associazione "Amici di Schio-Grigny". In Francia hanno fatto lo stesso, con l'"Association Amitié Grigny-Schio". I due sodalizi hanno già organizzato numerosi momenti di incontro affiliando, mese dopo mese, nuovi simpatizzanti. E così l'epopea di quei cavapietre italiani è stata salvata dall'oblìo e molte famiglie, al di qua e al di là delle Alpi, hanno iniziato a recuperare una parte importante della loro storia, che ora è nelle mani delle nuove generazioni. Il Comune di Grigny, che oggi ha più di 25 mila abi­tanti, ha voluto intitolare due vie al lavoro di quegli onesti emigrati: la "Rue de Schio"e la "Rue des Carriers Italiens".

Cavatori emigrati delle nostre valli in un momento di pausa presso le cave di Grigny (Francia)

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Riflessioni d i . . . fine estate Nell'apparentemente "deserto" spogliatoio AVO di questo 24 agosto mattino, vedo un libro posato su di una sedia, sulla sinistra entrando. È sulla sedia, non nella piccola bacheca, quindi penso che qualcuno l'abbia dimenticato e neppure l'apro; ne guardo però il titolo "Fare bene il bene" (mi pare, almeno) e lo lascio dov'è. Il titolo, chissà perché, mi "provoca" un tantino, aleggia nei miei pensieri, ma sono quasi le 11 e salgo dai "miei" anziani.

Per chissà quale strana compensazione, appena varco la porta del repar­to, qualsiasi assillo, problema o pensiero personale svanisce...è sempre così, ma non ci rifletto molto ed inizio il mio entrare, dapprima negli stanzini, poi nelle stanze, per ciò che mi riserverà il cosiddetto "turno di servizio".

Antonio è in coma; la moglie, sposata con lui da 45 anni, mi dice che è un angelo di marito, che non ricorda addirittura di avere mai litigato con lui, che non saprà come riempire il vuoto che, inevitabilmente, le lascerà il suo andarsene se non dedicandosi, come ne è capace, a chi ha bisogno... grazie Antonio !

Roberto è ricoverato da soli due giorni e neppure ricorda bene il perché; mi indica il crocefisso alla parete dicendomi che solo Lui lo sa e che quindi si sente protetto, poi mi prende la mano, me la bacia e se la porta al cuore.. . grazie Roberto !

Anche Angelo è viso nuovo; mi dice che pensava ad Ischia e che forse è proprio per quello che gli è venuta una leggera ischemia ! È seduto sul letto a gambe incrociate ed un sorriso incredibile gli illumina il viso. Mi chiede se ho tempo e voglia di ascoltarlo (e come potrebbe essere diver­samente !)...parte da lontano e mi dice che non posso sapere perché sono lì, con lui, che qualcuno ha deciso per me e l'abbandonarsi a quel qualcuno rende lieti...arrivano la moglie ed un nipote, quasi gli spiace ma è un arrivederci gioioso... grazie Angelo !

Regina trema parecchio, fatica a stare ferma, si stacca la flebo e gliela rimettono bendandole quasi tutto il braccio. Mi fermo da lei per imboc­carla; non vuole la minestra ma mangia volentieri le carote tritate (per fortuna ! Venerdì scorso erano appena lessate e dure, e lei senza denti non ce la faceva) e pure i tre formaggini ed anche la purea di frutta; poi mi chiede "Cossa gonti da darghe desso mi ?" e non c'è verso che io rie­sca a trattenermi dal raccoglierle il viso tra le mie mani e dirle che desi­dero solo stia un pochino meglio...Regina si quieta e accenna ad un sor­riso... grazie Regina !

Fare bene il bene. Che mai vorrà dire? Il bene è tale per se stesso, altri­menti dovrebbe essere chiamato in altro modo, che so: servizio, dono di tempo, aiuto, impegno.. .ma se è bene, nel senso pieno e profondo ed unico del termine, non può avere classificazioni, è semplicemente...bene.

Io non so davvero se lo faccio, o che sia il mio fare, ma so che ne ricevo e so che certi momenti dissetano il cuore e gli consentono di continuare

ad andare e ad amare. Ada - Volontaria AVO all'ospedale di Schio

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Sono convinto che le montagne non siano solo delle espressioni orografiche vestite di aria, acqua, boschi, e rocce, ma, esseri viventi che sono nati e si trasformano in un tutt'uno con gli animali e gli uomini che li frequentano. Le montagne sono quin­di entità che possono favorire magici, incredibili, contatti tra gli uomini che, amandole, le percorrono. Ecco solo alcuni dei fenomeni accadutimi in luoghi di montagna differenti e in anni diversi; di come si sono verificati, sulla base del calcolo delle probabi­lità, non si possono ritenere normali. Questi fatti, personalmente vissuti, sono umana­mente inspiegabili e non si possono accreditare solo al destino o a pure coincidenze. Credo che la mon­tagna, essere complesso, guidi dall'alto questi acca­dimenti che toccano nel profondo!

1) Con un amico d'infanzia, dopo dieci anni che non ci vedevamo, siamo in macchina lungo la Valsugana e poco prima di deviare per Strigno e raggiungere Casteltesino, allo scopo di abbattere un peccio, ral­lentiamo bruscamente e, Piergiorgio ferma la sua Rover, apre la porta posteriore destra accogliendo una giovane solitaria autostoppista. "Devo rendere per tutti i passaggi che ho avuto quando da giovane visitavo con l'autostop i paesi nordici dell'Europa" dice. Così dopo alcune doman­de di rito, scopriamo che la ragazza viene dall'Agordino e, dopo venti anni ci ripete a memo­ria una filastrocca che mia mamma le cantava nella casa della sua jaja (zia) nostra locatrice in vacanza! Anche Piergiorgio, da piccolo, aveva sentito la fila­strocca quando mia mamma ci prendeva in braccio cantandola. 2) Lungo la strada delle gallerie in Pasubio, una domenica di Agosto di molti anni fa, seguo da qual­che minuto un escursionista barbuto (circa mio coe­taneo) con il figlioletto a fianco. Scambiamo qual­che parola sul generico: "lo sono agente di com­mercio" dico. L'uomo barbuto: "lo sono musicista di Vicenza, e suono il flauto traverso". "Anche mio cugino lo suona" rispondo io, "però è di Padova" e continuo, "ha vinto il concorso internazionale di Stresa". "Come si chiama?" riprende il barba. Alla mia risposta, tutto d'un fiato: - "Sì, io Enzo Caroli sono stato il primo insegnante di flauto di tuo cugi­no, conosco bene il papà e la mamma,

(miei zii) e ti posso assicurare che Walter non è solo bravo come posso esserlo io, ma è dotato di un

talento naturale. 3) Giugno 1999: con il CAI di Padova accompagnia­mo il gruppo Camminaitalia di Teresio Valsesia dal nostro rifugio Locatelli al Passo Monte Croce Comelico. Si parla del servizio militare del 1965-66: con orgoglio, complice la zona di epiche battaglie nel 15-18, affermo con uno dei camminatori: - Chi non superava il corso difesa orientale, per le prero­gative severe di reclutamento, passava nei carabi­nieri. - "Non ci credo", sbotta l'escursionista. Dopo circa due ore avremmo avuto un incontro incredibil­mente chiarificatore. Lì, in una porzione di dolomi­te, quel giorno! Al passo ci attendeva, per continua­re la staffetta il CAI - Cittadella. Tra loro vedo con stupore il mio ex amico e collega di corso Renzo de Poli che reincontro dopo 33 anni! Di getto gli chie­do: - Prima di salutarci, rispondi a questa domanda: dove andavano i corsisti nel 1966 se non superava­no le prove?-"Nei carabinieri!", risponde immedia­tamente de Poli. L'escursionista incredulo incassa e qualcosa di doppiamente magico era accaduto!

4) Presso il rifugio Lancia in Pasubio, in Agosto del

Alba sulla Strada delle Gallerie in Pasubio

Foto: Roberto Salerno

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2000: Arturo dal Collo è già arrivato lì con un signore dal portamento elegante e distinto. "È padovano come te ed è iscritto al CAI", mi dice Arturo. - "Come ti chiami?" chiedo. "Paolo" risponde prontamente il compagno di escursio­ne di Arturo, ed aggiunge - "Paolo Campogalliani". lo allora senza indugio ripeto a memoria titoli e brani di racconti di vita in mon­tagna tra lo stupore di Arturo, di Paolo e anche mio. - "Non ho mai trovato nessuno", aggiunge Campogalliani, "che conosca a memoria quello che io ho scritto nei miei racconti e storie delle dolomiti e della Val Posina". Anche se non è nelle mie abitudini, un abbraccio viene d'obbli­go a quel semplice e umanissimo professore di etica della fisica dell'Università di Padova. 5) 22 Luglio 2007: dopo 2 giorni in alta Val Aurina e salita alla Vetta d'Italia (Klockerkarkopf) con 36 iscritti del CAI di Padova, stanchi ma soddisfatti, attendiamo al parcheggio che il pulman ci riporti a casa; come da consuetudine ci raccontiamo episodi ed emozioni vissuti e qualche critica costruttiva: "Ci si lascia scappare persone umanamente, cul­turalmente e tecnicamente molto preparate dal nostro sodalizio di Padova!" Dico io, e proseguo: - "Per esempio Emanuele Falghera, erudito con­duttore e compilatore di esaurienti notizie stori­co- geografiche e culturali delle nostre escursio­ni in tutto l'arco alpino, è andato in un'altra sezione CAI ! Vi ricordate, poi, di Claudio Coppola, già da molti anni anche lui fuori uscito, ideatore, ancora giovanissimo, del primo corso di ecologia montana (fine anni settanta) coin­volgendo fior di professori ed esperti presso le aule dell'antico orto botanico di Padova? Inoltre conservo personalmente un caro ricordo allor­ché, nella sua semplice generosità, in Marmolada, mi prestò un paio di calzettoni per sopperire ai guanti dimenticati a casa! Ora pub­blica guide per Mountain-Bikers dopo le sue esperienze himalaiane e andine. Non è possibi­le "perdere" queste persone. - "Sono la moglie di Claudio", interviene una gentile signora sulla cinquantina che fino a quel momento non avevo notato. - "Quello che hai detto di mio marito è vero, quando rientro lo saluto da parte tua!" Ancora una volta la montagna ha operato la inarrestabile MAGIA.

Posina, 22 Giugno 2008 Renzo Fiorenzato

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IL COLLETTO Sono passato tra le case del Collo a dissetarmi alla fonte, poi più sopra allo slargo di contrada dell'Orca non ci trovo nessuno, le finestre sono chiuse. Ma sul prato dinanzi si scorgono delle tracce recenti, anche i fiori e le ortensie, nelle aiuole dintorno, li si vede curati di fresco. Ho un pensiero che torna costante, e mi abita dentro, sto pensando all'amico. Si doveva percorrere insieme l'ascen­sione del monte Calliano, un sentiero che in parte si snoda panoramico in cresta, lo si era programmato da tempo. Camminare in compagnia, un andare una volta diverso per me, un andare che riporta a ricordi lontani di giornate zaino in spalla, un gruppetto di amici, e le notti in rifugio. Un banale imprevisto, e è rimasto soltanto quest'assillo di un vuoto nella mia fantasia. Così oggi, a procedere da solo, ci sono tratti che mi sembra percepire come stesse in cammino poco dietro di me, e ripenso ai discorsi, alle cose in sospeso arretrate che abbiamo da dirci, alle intese nel silenzio scandito dai passi, ed avverto quel qualcosa che tutti conosciamo, il disagio di una presenza puramente mentale che in realtà è sol­tanto un'assenza che si finge di avere accettato. Sono le assenze, rifletto, le presenze immaginarie, le prossimità lentamente sfumate a distanza, sono le voci col tempo rese afone e mute, che si insinuano furtive ad abitare le nostre solitudini, e le rendono a volte riarse come fossero deserti punteggiati qua e là di miraggi. Sto salendo al Colletto, il sentiero è in gran parte franato, e nei tratti scoscesi dissestato e sassoso, mi accompagna da poco una pioggia sottile con sommesso un brusio che rimanda evidente il silenzio della voce dell'uomo, e anche il bosco dintorno così rado di faggi sembra farsi una sfilata di tronchi che interroga in un vuoto di sguardi. Sopra al passo ci arrivo bagnato di sudore e di pioggia, resto un attimo incerto all'incrocio di diversi sentieri, men­tre osservo sul nuovo versante un alternarsi di nuvole e luci che si estende fino al piano cosparso di centri abitati. Ho deciso, salgo verso la cima egualmente, anche senza l'amico. I tornanti del tracciato di guerra sono belli ed aerei e la pioggia è cessata, e la vista si apre lontano, scorgo netto il profilo dei colli di Padova, la città è illuminata dal sole. Giunto a malga Fontana sosto a lungo indeciso, mi circonda un ambiente che mi resta indifferente, sembra un puro susseguirsi di arbusti e di prati scoscesi, e non incontro nessuno. Un sospetto da tempo mi affiora, sto vivendo l'as­senza dell'amico come fosse un andare che ha perduto ogni senso. Ritornare, lo so bene, non è sempre rinuncia, alle volte può indicarci la via per staccare gli ormeggi, e operare un congedo. E solo allora mi accorgo che, non vista alle spalle, è rimasta vicina la valle di Posina, le contrade e la gente a cui torno da anni, e dinanzi mi attira la vista che sconfina oltre i colli nel piano, le città con i luoghi dove scorre la mia vita di sempre. La pianura, a osservarla a distanza, a contemplarla dall'alto, queste balze salendo sembrano sempre più aeree, mi riporta le giornate, le ore, il lavoro e i ritmi, le persone e gli incontri, il mio mondo consueto. Mi riporta tante cose della vita ma in un modo diverso, rinnovato, che stupisce. Con lo sguardo trascorro l'orizzonte dagli Euganei verso le ombre del Carega, verso i profili frastagliati del Cornetto, come volessi intrecciare un possibile legame tra questi due mondi separati, il mondo di quassù e quello di giù. Montagna delle camminate solitarie, una presenza che non posso perdere... anche se lontana e sfumata nella foschia, mi sforzo spesso da giù di intravedere l'azzurro immobile dei tuoi profili, di ritrovare la luce delle traspa­renze della sera, mi soffermo spesso con animo appassionato a immaginare le incertezze e gli sgomenti vissuti tra i tuoi sentieri essenziali e mal segnati, ricerco incredulo gli stupori provati procedendo per giorni in radicale assen­za di ogni rumore mediatico, come assetato cerco di non smarrire l'ebbrezza dei tuoi silenzi, di rivivere l'enigma delle tue accoglienti solitudini. Sto scendendo veloce e, passato il Colletto, dopo pochi tornanti raggiungo la strada che dal Tretto porta al Colle Xomo. Sulla cresta per malga Fontana, rifletto, ho vissuto qualcosa come fosse un incontro, come fosse una presenza non più colta da anni. Camminare da soli è ritrovare parole che nessuno sa più proferire, camminare da soli è ritrovare una parte sconosciuta del rapporto con la gente e le cose della vita di sempre. Ad un tratto, procedendo sulla strada asfaltata, odo un passo che sento avvicinarsi, a distanza intravedo una per­sona che avanza claudicante, ha uno zaino pesante ma appare tranquillo e non sembra un escursionista che sia in ritirata. È un turista tedesco, mi saluta cordiale e sorride, mi racconta volentieri che oggi, sulla cima Palon, era un tempo bizzarro, c'erano ampie schiarite poi improvvisi e irruenti gli scrosci, il percorso più volte s'è trovato a cer-

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carlo a fatica, la montagna la conosce, ci va sempre da solo e si sente sicuro. Nonostante la lingua riusciamo abba­stanza a capirci, e acconsento che è bello vagare per monti da soli, basta esser davvero sicuri. Poi aggiungo scher­zando che mi sembra di vedere che si sente più sola la gente nei gruppi, comitive che vanno, e schiamazzi e par­lare senza tregua. Colgo questa presenza come un gioco leggero e imprevedibile, come fosse uno scambio dovuto per l'assenza di oggi, e gli espongo deciso un mio pensiero: "La montagna, per chi viene da giù, non è solo un libro naturalistico da sfogliare con amorosa attenzione, è anche quello, e nemmeno è solo un libro di storia dei luoghi da scoprire con passione, è anche quello, la montagna è soprattutto un trampolino per un volo più alto, come in parapendio, una continua provocazione di simboli per una trasformazione stupefatta delle cose di sempre, un vertiginoso calei­doscopio dell'anima per cimentarsi con impensati punti di vista sulle nostre sclerotiche relazioni con le cose e le persone". Lui sorride di gusto e mi riporta, come andasse a memoria, le parole di un suo conterraneo: "Tutta la natura è immagine, è linguaggio e scrittura. Una via in grado di portare l'uomo alla felicità è la via dello stupore di fronte alla natura e l'ascolto del suo linguaggio. All'inizio è stupore, è stupore alla fine, eppure questa è una via.". Indovino, ma mi sento sicuro,: "Hermann Hesse!", lui annuisce e con calore ci stringiamo la mano. Alla sella del Passo si intuisce e presente che tra poco si apre la valle di Posina, questa valle in cui trovo persone che mi sembrano conosciute da sempre, a cui mi lega il silenzio e le poche parole scambiate. Un qualcosa che forse rifugge da coloro che non sanno procedere da soli. Ha ripreso la pioggia, questa volta è decisa e viene fitta, non ho voglia di indossare la giacca che mi sembra un inutile schermo, resta dentro lo zaino, e mi va di bagnarmi come fosse un contatto più spoglio con il mondo din­torno, mentre inizio la discesa sul viottolo che sull'erba del ripido prato si è fatto scivoloso, e mi piace sentirmi indi­feso dall'acqua, in ascolto, come fossi tutt'uno col bosco che mi attende di sotto.

Paolo Campogalliani

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Il centro di Posina e il Monte Gamonda

Foto: Roberto Lorenzato

RIFLESSIONI

DI FINE AGOSTO

A POSINA

Come è noto, l'ultima domenica di agosto

è giorno di sagra a Posina. È sempre una

giornata speciale, ricca di piccoli avveni­

menti, caratterizzati da un susseguirsi di

giochi e tradizioni popolari. La gente si

ritrova in compagnia e condivide insieme

questa giornata così speciale. E poi il man­

giare insieme, il ballo, l'estrazione a premi e per finire il grande spettacolo di fuochi pirotecnici che illuminano la valle di mille colori e che danno dei "botti" strepitosi, in antitesi con la calma che solita­mente pervade le nostre zone.

Ma anche la sagra si riflette in una sorta di "strenta" psicologica. Si', perché la sagra segna la fine del­l'estate a Posina, la fine delle manifestazioni che accompagnano il mese di agosto, la fine delle ferie estive per molti che approfittano di questo periodo per tornare nel proprio paese natio. La sagra è anche un varco, un passaggio, che porta ad una vita di paese molto tranquilla, che porta inevitabilmen­te verso giornate più corte e più fresche. Già le prime serate freddine presagiscono in qualche misura ciò che arriverà con i prossimi rigori dell'inverno..., il quale, a Posina, può essere lungo e freddo, non­ché nevoso...

Ma ciò che più mi colpisce è la calma di queste giornate che seguono il giorno della sagra. Molta calma in giro, e silenzio... I "rumori" che si possono sentire sono per lo più quelli della natura: l'acqua del torrente che scorre; il vento che muove le fronde degli alberi, i grilli e le cicale che incessantemente fanno da sottofondo sonoro a questo ambiente così naturale.

Per chi deve vivere in città per la maggior parte dell'anno e deve quindi subire ogni genere di rumo­re e confusione, la calma della Val Posina porta ad una liberazione interiore che invita alla calma, alla riflessione, alla meditazione. Tutte cose che in città sono molto difficili da raggiungere. I monti circostanti, per chi sa vederli con occhi "innamorati", trasmettono molte sensazioni. Forse, per molte persone, le montagne che circondano Posina sembrano sempre uguali. . . Per me invece non è così. Non mi stanco mai di guardarle, trasmettono sempre qualcosa di nuovo. I colori ed i paesaggi cambiano secondo la presenza del sole, delle nuvole, secondo le ore mattutine, pomeridiane, serali... A prima vista sembra tutto statico, ma non è così. Tutto è in movimento, un movimento silenzioso... E si capisce che la Val Posina è una bellissima espressione della natura, che riflette un grande amore, un Amore molto più grande di noi.

Fine agosto 2007 Roberto Salerno [email protected]

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È accaduto... Nell'elencare le cose che sono accadute in questi 12 mesi, inizierò dal giugno 2007 fino a circa metà luglio 2008, scrive­

rò sinteticamente fatti accaduti di un certo rilievo, scusandomi se non sarò del tutto preciso. Non è semplice elencare o

descrivere degli avvenimenti se non ci si è prima informati o se non si è stati informati opportunamente.

2 Giugno 2007 Finale torneo di calcio 24 ore a Laghi. Nonostante la pioggia abbia per tutta la manifestazione

caratterizzato gli incontri di gioco, la squadra vincitrice è risultata quella di Arsiero "Tinteggiatura Martini" che

ha prevalso su quella di Thiene per 3 reti a 2 dopo i calci di rigore.

16 Giugno 2007 Torneo dei "5 Comuni del Pasubio" presso il campo comunale di Posina. Posina in finale contro

il comune di Trambileno cede ai calci di rigore per 3 a 2. Dopo periodi di pioggia insistenti, finalmente una

domenica in cui la gente ha potuto uscire da casa gustandosi la giornata estiva.

23 Giugno 2007 A Schio, presso il palazzo Toaldi-Capra, si presenta il volume storico sulla vita dei cavatori degli anni 1920/1930

a Grigny in Francia presso la ditta Piketty. Intrattenimenti con diapositive ed immagini interessanti dell'epoca.

Da notare che molte famiglie originarie di Posina e Laghi emigrarono

in Francia in quel periodo. Numerosi furono gli operai che in queste

cave lavorarono fino allo scoppio della 2 ^ guerra mondiale.

20 Luglio 2007 Nel pomeriggio, a Posina, inaugurazione del nuovo Sagrato tornato all'antico splendore, e consegna della cittadinanza onoraria al Sig. Victorio Ledra, nato e residente in Brasile, ma aventi origini Posinate.

21 Luglio 2007 Alle ore 18 inaugurazione del restauro globale della chiesa di S. Margherita di Posina, con celebrazione della Messa a cura del nostro Vescovo Cesare Nosiglia. Tanta partecipazione da parte di persone provenienti anche da fuori paese. Alla sera festa country presso gli impianti sportivi a cura della Pro Loco. In queste giornate abbiamo assistito ad evo­luzioni continue di elicotteri antincendio impegnati nel portare acqua dal laghetto Main fino in Pasubio (località Pasubietto in alta Val Sorapache) per lo spegnimento di un incendio.

Victorio Ledra, tra l'assessore Regionale De Bona e il Sindaco Cecchellero

Foto: Adelino Fioraso

Elicottero impegnato nel prelievo d'acqua

dal Laghetto Main Foto: Roberto Lorenzato

Santa Messa in occasione del restauro della Chiesa Foto: Adelino Fioraso

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29 Luglio 2007 Annuale cerimonia dei Caduti della Val Posina presso la chiesetta ai Cervi dedicata alla Madonna

del Monte Majo. Presenti sindaci e autorità.

15 Agosto 2007 Pranzo comunitario presso Fusine, organizzato dal gruppo volontari del luogo.

16 Agosto 2007 Sagra di San Rocco a Fusine.

19 Agosto 2007 Pranzo comunitario a Posina organizzato dalla Pro Loco. Il coro Stella Alpina di Arsiero si esibisce in chiesa.

26 Agosto 2007 Sagra della Consacrazione a

Posina. Il tempo stabile ha permesso lo svolgersi

della manifestazione conclusasi alla sera con spet­

tacolari fuochi d'artificio.

23 Settembre 2007 Tradizionale transumanza

dalla Borcola agli impianti sportivi.

4 Ottobre 2007 Presso il Municipio di Laghi si incontrano i sindaci e i delegati dei comuni confi­nanti col Trentino. Scopo di tale riunione, ineren­te a opere e progetti di rilancio di tutta la zona confinante con la regione vicina a statuto speciale, usufruendo il fondo nazionale per i comuni confi­nanti col Trentino, è di valorizzare il territorio e l'ambiente montano.

La transumanza: lo scarico del bestiame dalle malghe al piano (Passo Borcola)

Foto: Roberto Lorenzato

7 Ottobre 2007 Partenza dal centro di Posina (m.554) della "Superpippo Sorapache". Gara di corsa di salita in

montagna. L'itinerario lo dice il nome stesso: i 610 partecipanti hanno affrontato il sentiero del Sorapache fino a

raggiungere la cima dei Forni Alti (m.2000 circa). Il tutto è stato organizzato dal CAI di Vicenza e dall'associa­

zione "La Cerniera". Nel pomeriggio, in chiesa, Santa Messa e benedizione dei bambini.

18 Ottobre 2007 Prime avvisaglie dell'inverno con basse temperature.

21 Ottobre 2007 La giornata fredda ma serena ha permesso lo svolgersi della "Camminata delle Tradizioni" lungo il giro delle contrade. Otto gli accompagnatori per i 540 partecipanti, tutti molto soddisfatti.

27 Ottobre 2007 Alla sera, presso l'Ecomuseo di Fusine, straordinaria presentazione del libro "Uomini e chiodi" curato dal Sig. Giorgio Havis Marchetto.

Vi hanno partecipato più di 80 persone.

28 Ottobre 2007 Tradizionale Mostra Mercato dei

prodotti locali presso la colonia del frati cappucci­

ni. Manifestazione riuscita nonostante l'incertez­

za del tempo.

Camminada delle Tradizioni Le guide accompagnatrici

Foto: Roberto Lorenzato

3 Novembre 2007 A Fusine si inaugura la mostra fotografica sulla Grande Guerra presso l'Ecomuseo. In chiesa

si esibisce il coro G.E.S. di Schio. L'iniziativa vede impegnati il Comune di Posina, l'associazione ricerche stori­

che 4 Novembre di Schio, e l'associazione ricerche storiche Monte Majo di Posina.

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4 Novembre 2007 Nel pomeriggio, presso l'aula palestra, proiezioni di diapositive sul Milite Ignoto, a cura del

Sig. Giorgio Rosa (associazione ricerche storiche Monte Majo). Alla colonia, esposizione militaria a cura dell'as­

sociazione ricerche storiche Monte Majo.

25 Novembre 2007 Nel pomeriggio a Laghi, ritiro dei ragazzi della vallata prossimi alla Cresima.

2 Dicembre 2007 Ad Arsiero, il Vescovo Cesare Nosiglia celebra la Santa Cresima per i ragazzi della vallata.

14 Dicembre 2007 Nella notte tra il 14 e il 15 prima leggera nevicata sul paese.

21 Dicembre 2007 Alla sera, presso l'aula palestra di Posina, recita di Natale degli alunni delle elementari.

24 Dicembre 2007 Tradizionale mercatino di Natale ai Laghi. Evento molto sentito e manifestazione ben riusci­

ta.

31 Dicembre 2007 L'anno si conclude con: 176 giorni sereni di sole; 115 giorni variabili; 74 giorni nuvolosi, di cui

71 giorni di pioggia e 3 di neve.

Buon 2008 a tutti!

10 Gennaio 2008 Altra riunione dei comuni confinanti col Trentino, questa volta ci si incontra a Valli del Pasubio.

3 Febbraio 2008 I bambini di Posina, nel pomeriggio, festeggiano il Carnevale presso l'aula palestra.

22 Febbraio 2008 Inizia la rassegna di film storici presso l'aula palestra: tre incontri di venerdì curati dall'univer­

sità popolare della Comunità Montana.

24 Febbraio 2008 Stupenda escursione sul Gamonda organizzata dal CAI di Thiene, impegnato con il Comune di Posina nel recupero e valorizzazione dei sentieri di questo monte.

28 Febbraio 2008 Presso gli impianti sportivi spettacolare "Chiamata di Marzo" organizzata dalla Pro Loco.

23 Marzo 2008 Pasqua di Resurrezione con una fitta nevicata.

25 Maggio 2008 Prima Santa Comunione

celebrata a Fusine da don Stefano ai fan­

ciulli della valle.

16 Giugno 2008 Ottava edizione Torneo

Comuni del Pasubio presso Trambileno.

La squadra di Posina si riscatta dall'anno

precedente, e in finale vince 3 a 0 sul

Trambileno. Vallarsa 3^ classificata; Valli

del Pasubio 4 ^ classificata; Terragnolo 5 ^

classificata.

21 Giugno 2008 Primo giorno d'estate. Finalmente dopo tanta pioggia inizia una settimana di caldo afoso.

La squadra di calcio di Posina 27 Giugno 2008 Inaugurazione area laghetto Vincitrice del Torneo Comuni del Pasubio Main da parte dell'amministrazione comunale. Foto: Roberto Lorenzato

Presenti autorità provinciali e regionali.

6 Luglio 2008 Conclusione cronaca eventi di questi ultimi 12 mesi di vita in Val Posina.

Ringraziamo tutti i collaboratori che hanno partecipato alla realizzazione di questo 50° Bollettino Campane di Posina, Fusine, Laghi e Castana e tutti quelli che negli anni hanno contribuito alla realizzazione di questa pre­ziosa pubblicazione.

23 - Campane di Posina

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POSINA

TAPPE DELLA VITA (01/07/07- 15/07/08)

Battesimi

Defunti

19/08/07 Franco Giovanni 21/10/07 Giroli Sofia 21/10/07 Dal Maso Christel

06/04/08 Canacci Nicolò 26/04/08 Zordan Eric 22/06/08 Dall'Osto Giada

05/09/07 Lighezzolo Giannina 02/11/07 Vigna Renato 11/03/08 Brunello Maddalena Lorenzina 21/04/08 Lighezzolo Giuliano 03/05/08 Losco Bruna 22/05/08 Lighezzolo Amelia 12/06/08 Dal Prà Lina

Matrimoni 28/06/08 Cervo Moreno e Costabeber Katia

FUSINE Battesimi 25/05/08 Vigna Giovanni

Defunti 28/11/07 Bazzon Agnese 27/12/07 Dal Zotto Giovanni 26/02/08 Lissa Bruna 10/06/08 Caprin Bicce Amelitta 17/06/08 Smitarello Gastone

CASTANA Battesimi 05/08/07 Calisti Chambers Zara 16/09/07 Comparin Samuele

Defunti 05/07/07 Brunello Maria Angela 05/09/07 Berta Giannina 16/12/07 Brunello Silvano 07/02/08 Brunello Flora

LAGHI Battesimi 20/04/08 Zanandrea Francesco

Defunti 20/08/07 Belluz Rina 08/10/07 Dal Molin Mario Giovanni 31/12/07 Ossato Santo Ottavio 03/05/08 Cornolò Tullio

Matrimoni 20/10/07 Ceola Marco e Casagrande Vania

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Foto: Roberto Lorenzato

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