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C RRISPONDENZA DAI MUSEI PAR IGI , MUSEO DEL LOUVRE NU OVE SALE ETRUSCHE L A LEGGE-PROGRAMMA del luglio 1978 sui Musei di Francia ha permesso di intraprendere il riallestimento di gran parte del Dipartimento delle Antichità Greche e Romane. La prima tappa dei lavori si è conclusa nel dicembre 1980 con l'inaugurazione di due nuove Sono dedicate alla civiltà che si è sviluppata sul territorio dell'Etruria antica tra il IX e il IV secolo a.C.; gli oggetti presentati si collocano, per la maggior parte, tra le produzioni pro- tostoriche di epoca villanoviana e quelle di epoca classica, ma alcuni pezzi più recenti, fra i quali la famosa Testa di Fiesole, annunciano già la sala riservata all'Etruria ellenistica che si aprirà nel 1983 assieme alle sale romane. La collezione etrusca del Louvre, com'è noto una delle più ricche fuori dell'Italia in particolare grazie all'acquisto della collezione Campana nel x861 , era precedentemente esposta nella sala Henri II al primo piano del Palazzo. Quali che fossero i motivi storici o pratici, la collezione, in questo piccolo spazio, faceva magra figura. Presentata ora al pianoterra, nelle sale tra gli appartamenti di Anna d'Austria e la Cour du Sphinx, essa dispone di uno spazio espositivo più dignitoso, e sarà inserita fra poco in un percorso più coerente tra le opere della Grecia arcaica e quelle della Roma Repubblicana. Circa 400 oggetti sono già esposti in queste due prime sale. Malgrado la Mostra itinerante del 1976-77 nelle città di Dijon, Tours, Pau e Chambéry, I) malgrado l'im- pegno sostenuto negli ultimi anni a riesumare periodica- mente dai depositi i materiali più rilevanti, rimangono n umerosi i pezzi inediti. Fra questi una preziosa testi- monianza della scultura arcaica di V ulci, un leone in ne nfro (acquistato nel 1975), 2 > che un tempo custodiva l'ingresso di una tomba, veglia ormai all'ingresso delle sale. I - PARIGI , MUSEO DEL LOUVRE VEDUTA DEL NUOVO ALLESTIMENTO DELLA SEZIONE ETRUSCA Gli acquisti, i doni, i lasciti che sono venuti ad arric- chire le collezioni nell'ultimo venticinquennio sono quasi tutti presentati qui al pubblico per la prima volta. Una particolare attenzione merita il trono in lamina di bronzo decorata a sbalzo, (fig. 1) contemporaneo a quello della Tomba Barberini, acquistato nel 1966 assieme ad altri oggetti: armi e vasi in bronzo risalenti per la maggior parte alla seconda fase del Villanoviano, 3) una bella rac- colta di gioielli in oro e argento, di ambre e di fai'enc es di epoca orientalizzante, 4) ma anche ceramiche, 5) dal- l'urna d'impasto villanoviana alla coppa a figure rosse del gruppo di Volterra. Grazie alla revisione sistematica dei pezzi di autenticità incerta della collezione Campana, intrapresa dal Dipar - timento e guidata dalle ricerche di Marie-Françoise Bri- guet, la visita alle sale offre anche occasioni di risco- perte; ne diamo due esempi tra quelli che più colpiscono. Sbarazzato delle strane aggiunte e dello zoccolo, dovuti alla fantasia dei " restauratori " dell'Ottocento spinta dal gusto dell'epoca per i pezzi apparentemente integri, il famoso gruppo di Chiusi 6 > non è più l'enigmatico monumento funerario presentato ancora nel 1955- 56 in una mostra itinerante in più città d'Eu- ropa. 7) Non sfigurerebbe più ormai vicino alla statua di ' Mater Matuta' o al gruppo di Chianciano, nè fra le statue cinerarie di epoca classica di Chiusi. Più spettacolare ancora è il restauro del sarcofago degli Sposi, (T AVV. I e IV) 8 > delicata operazione affidata al Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana grazie alla generosità dello Stato Italiano. Quest'opera di primissimo piano della coroplastica etrusca degli ultimi decenni del VI secolo a.C., ammirata da tempo ma con circospezione- i suoi colori in particolare potevano sembrare sospetti se paragonati alla superficie priva di poli- cromia del sarcofago di Villa Giulia, scoperto anch'esso a Cerveteri nel 1881 - è uscita vittoriosa dalla prova de "l'avant-après , . I restauratori romani non avevano fatto opera d'invenzione, ma ritoccarono solo i colori appassiti 2 - PARIGI, MUSEO DEL LOUVRE VEDUTA DEL NUOVO ALLESTIMENTO DELLA SEZIONE ETRUSCA 135 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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C RRISPONDENZA DAI MUSEI

PARIGI, MUSEO DEL LOUVRE

NUOVE SALE ETRUSCHE

L A LEGGE-PROGRAMMA del luglio 1978 sui Musei di Francia ha permesso di intraprendere il riallestimento

di gran parte del Dipartimento delle Antichità Greche e Romane.

La prima tappa dei lavori si è conclusa nel dicembre 1980 con l'inaugurazione di due nuove sal~ . Sono dedicate alla civiltà che si è sviluppata sul territorio dell'Etruria antica tra il IX e il IV secolo a.C. ; gli oggetti presentati si collocano, per la maggior parte, tra le produzioni pro­tostoriche di epoca villanoviana e quelle di epoca classica, ma alcuni pezzi più recenti, fra i quali la famosa Testa di Fiesole, annunciano già la sala riservata all'Etruria ellenistica che si aprirà nel 1983 assieme alle sale romane.

La collezione etrusca del Louvre, com'è noto una delle più ricche fuori dell'Italia in particolare grazie all'acquisto della collezione Campana nel x861 , era precedentemente esposta nella sala Henri II al primo piano del Palazzo. Quali che fossero i motivi storici o pratici, la collezione, in questo piccolo spazio, faceva magra figura. Presentata ora al pianoterra, nelle sale tra gli appartamenti di Anna d'Austria e la Cour du Sphinx, essa dispone di uno spazio espositivo più dignitoso, e sarà inserita fra poco in un percorso più coerente tra le opere della Grecia arcaica e quelle della Roma Repubblicana.

Circa 400 oggetti sono già esposti in queste due prime sale. Malgrado la Mostra itinerante del 1976-77 nelle città di Dijon, Tours, Pau e Chambéry, I) malgrado l'im­pegno sostenuto negli ultimi anni a riesumare periodica­mente dai depositi i materiali più rilevanti, rimangono numerosi i pezzi inediti. Fra questi una preziosa testi­monianza della scultura arcaica di V ulci, un leone in nenfro (acquistato nel 1975), 2 > che un tempo custodiva l'ingresso di una tomba, veglia ormai all'ingresso delle sale.

I - PARIGI, MUSEO DEL LOUVRE VEDUTA DEL NUOVO ALLESTIMENTO DELLA SEZIONE ETRUSCA

Gli acquisti, i doni, i lasciti che sono venuti ad arric­chire le collezioni nell'ultimo venticinquennio sono quasi tutti presentati qui al pubblico per la prima volta. Una particolare attenzione merita il trono in lamina di bronzo decorata a sbalzo, (fig. 1) contemporaneo a quello della Tomba Barberini, acquistato nel 1966 assieme ad altri oggetti : armi e vasi in bronzo risalenti per la maggior parte alla seconda fase del Villanoviano, 3) una bella rac­colta di gioielli in oro e argento, di ambre e di fai'ences di epoca orientalizzante, 4) ma anche ceramiche, 5) dal­l'urna d 'impasto villanoviana alla coppa a figure rosse del gruppo di Volterra.

Grazie alla revisione sistematica dei pezzi di autenticità incerta della collezione Campana, intrapresa dal Dipar­timento e guidata dalle ricerche di Marie-Françoise Bri­guet, la visita alle sale offre anche occasioni di risco­perte ; ne diamo due esempi tra quelli che più colpiscono.

Sbarazzato delle strane aggiunte e dello zoccolo, dovuti alla fantasia dei " restauratori " dell'Ottocento spinta dal gusto dell 'epoca per i pezzi apparentemente integri, il famoso gruppo di Chiusi 6> non è più l'enigmatico monumento funerario presentato ancora nel 1955- 56 in una mostra itinerante in più città d 'Eu­ropa. 7) Non sfigurerebbe più ormai vicino alla statua di ' Mater Matuta' o al gruppo di Chianciano, nè fra le statue cinerarie di epoca classica di Chiusi.

Più spettacolare ancora è il restauro del sarcofago degli Sposi, (T AVV. I e IV) 8> delicata operazione affidata al Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana grazie alla generosità dello Stato Italiano. Quest'opera di primissimo piano della coroplastica etrusca degli ultimi decenni del VI secolo a.C. , ammirata da tempo ma con circospezione- i suoi colori in particolare potevano sembrare sospetti se paragonati alla superficie priva di poli­cromia del sarcofago di Villa Giulia, scoperto anch'esso a Cerveteri nel 1881 - è uscita vittoriosa dalla prova de "l'avant-après , . I restauratori romani non avevano fatto opera d' invenzione, ma ritoccarono solo i colori appassiti

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dal tempo, forse per dar loro lo splendore del nuovo. Sotto il trucco disinvolto del XIX secolo, sotto ridipinture ed impasticciamenti, i colori originali sono riapparsi nella loro freschezza, il modellato dei volti e delle vesti è ri­sorto più sfumato. La pittura divenuta brunastra nascon­deva purtroppo anche le tracce di una chirurgia ripara­trice alquanto traumatizzante: il sarcofago ritrovato in frammenti era stato ricomposto con grappe metalliche visibili sulla superficie esterna. .. Una volta asportate queste, si è esitato a colmare le lacune ma poi si è final­mente optato per la loro reintegrazione. Tale quale ci è stato restituito dal restauro di Firenze, il sarcofago degli Sposi figurerà ormai pienamente fra i capolavori del Museo del Louvre.

Ma se possiamo a volte parlare di capolavori, bisogna riconoscere che gli Etruschi ci hanno lasciato accanto ad un numero ristretto di opere d'arte, una rilevante quantità di oggetti di uso corrente, prodotti gradevoli, bellissimi esemplari di un artigianato raffinato sì, ma eseguiti in serie. Ed è il caso della ceramica. Presentare degli oggetti in una cornice come quella del Palais du Louvre, è quasi una scommessa.

Piuttosto che privilegiare un aspetto della civiltà etru­sca mostrandone solo un numero limitato di bei pezzi, si è scelto di sottolineare "quest'ambiguità fondamentale della (loro) produzione artistica ed artigianale presentando dei pezzi di vari livelli " , g) si è cercato di illustrare la diversità delle esperienze tecniche e di distinguere la

parte ed il ruolo di alcune tra le più grandi città etrusche: Cerveteri, Chiusi, Vulci, dalle quali proviene gran parte degli oggetti della collezione.

L 'architettura delle sale è stata messa a profitto. Es­sendo queste prive di finestre sull'esterno, con la sola luce indiretta dalle aperture sulla Cour du Sphinx, era in effetti attraente l'idea di evocarvi, con un gioco di podii e mensole, le banchine sulle quali posava spesso parte del corredo a fianco del defunto, e ricreare in questo modo l'atmosfera delle tombe, chè da loro traiamo a tutt'oggi la nostra conoscenza della civiltà etrusca (fig. 2).

Sulle banchine sono esposti all'aria libera i pezzi meno fragili, separati dal pubblico, ove necessario, da un pan­nello di vetro ; mentre vetrine incassate nelle pareti accol ­gono gli oggetti più preziosi, piccoli bronzi e gioielli.

Proiettori murali orientabili, collocati abbastanza in alto (ma su una guida che consente variazioni di altezza) per­mettono di mettere in valore questo o quel pezzo, pur­tuttavia senza infliggergli una luce drammatica, e danno una piacevole atmosfera d'insieme (fig. 3)·

I materiali utilizzati sono semplici: legno, in alcuni casi metallo e pietra, stoffa di puro cotone per il rive ­stimento delle vetrine che fanno da scrigno ai gioielli.

Si sono preferiti pannelli " collettivi " (di introdu­zione generale) a pannelli " individuali ", integrati d'al ­tronde, vetrina per vetrina, da cartelli esplicativi con rinvii numerati agli oggetti.

Cosi l'apparato didattico necessario alla comprensione di una civiltà antica, rimane discreto: nell' insieme tutto è stato fatto per evitare che una presentazione sfarzosa discordasse con il sapore artigianale della maggior parte degli oggetti.

FRANçOISE GAULTIER

1) Aspects de I' art des étrusques dans l es col/ections du Louvre, 1976-!977·

2) Nouvelles acquisitions des musées nationaux, in Revue du Louvre, 1975-4·

3) R. BLOCH, in Revue du Louvre, 1967-3, pp. I51-156; IDEM, BSAF, 1967, p . 70; IDEM, in Monuments Piot, 59, 1974, pp. 45-69.

4) Nouvelles acquisitions des musées nationaux, in R evue du Louvre, 1974-3·

5) Nouvelles acquisitions des musées nationaux, in R evue du Louvre, 1g8o-3.

6) M.F. BRIGUET, in MEFRA, 87, 1975, pp. 143-212. 7) Art et civilisation des étrusques, Paris 1955· 8) M .F . BRIGUET, in Revue du Louvre, Ig8o-I , pp. 74 e 75 ; M .

MARTELLI, II Sarcofago Campana del Louvre, in Prospettiva, 22, 1980, pp. 99-100.

g) F . VILLARD, in Revue du Louvre, 1980-3, pp. 212 e 213.

L a traduzione dal francese è stata curata da Françoise Fouilland .

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TAV. IV

PARIGI, MUSEO DEL LOUVRE - SARCOFAGO DEGLI SPOSI

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FIRENZE, MUSEO DEL BARGELLO

UNA NUOVA SISTEMAZIONE DEI MATERIALI

R !ORDINARE tipologicamente i materiali del Bargello mi è sembrata, assumendo la direzione del Museo,

l'istanza più urgente e al momento la più fattiva. . I~ l~voro ha ayuto }niz~o nel rg8r e si è concluso, per 1 pnm1 tre. nuclel_, nel~ apnl~ ~el _ 198~. qra~ie alla generosa collaboraziOne d1 van spec1altst1 - 1taltam e stranieri - , alla presenza costante di alcuni perfezionandi della Scuola Normale Superiore di Pisa, e all'amichevole aiuto del personale (Renato Moscadelli e Marco Zuffanelli in primis), è stata riaperta, completamente trasformata nella sua disposizione, la collezione Carrand, sono stati riordi­nati i bronzetti e le placchette ed è stata creata una sala di oggetti orientali.

GIOVANNA GAETA BERTELÀ

LA COLLEZIONE CARRAND

I materiali della collezione, I ) tipologicamente riordinati, hanno evidenziato un periodo ben preciso nella storia del collezionismo ottocentesco delle arti minori (fig . r ). L'opera di sistemazione è stata frutto di una stretta colla­borazione con i singoli specialisti : Martha McCrory per i cammei, Marco Collareta per le placchette e le orefi­cerie sacre, Ilse Fingerlin 2 ) per i gioielli rinascimentali, Otto von Hessen per quelli alto medievali, Marco Spallan­zani per le opere orientali. È stato così possibile recuperare un nucleo alto medievale di oreficeria, splendido nella sua ricchezza tipologica di orecchini, spille, fibule a staffa in oro (fig. 2), argento, almandini. Ad esso si è aggiunta la famosa lamina di Agilulfo, da tempo relegata nella sala del­le armi. A fronte e vicino ai gioielli, ove han trovato posto anche i cammei suddivisi cronologicamente e per "ritratti", si sono sistemate le vetrine con i preziosissimi smalti di Li­moges, di soggetto profano e religioso. Il quadro ha tro ­vato un suo completamento con i piccoli dipinti a fondo oro del Trecento, tra cui primeggia il __ dittico Carrand.

I - FIRENZE, MUSEO NA ZIONALE DEL BARGELLO - SALA CARRAND

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Posti i materiali l'uno a fianco a l'altro e con la guida dei vecchi inventari, si è creata una vetrinetta con sole fibbie (il punto di partenza è dato da una fibbia etrusca) ed una vetrinetta con quattro esemplari dedicati all'arte indiana. Ma gli oggetti di Wunderkammer, i mesciroba e gli acquamanili, le serrature e le chiavi, la posateria, i vetri e gli smalti veneziani del XVI secolo (alcuni pro­vengono dalla raccolta Gualino), 3} le oreficerie sacre quattro-cinquecentesche, gli strumenti scientifici, i cam­mei in conchiglia, costituiscono gli altri temi svolti nelle singole vetrine. Completano la sala tre mobili intagliati a grottesca con motivi cinquecenteschi, tipici del gusto

revival ottocentesco! Tutti gli esemplari sono stati collocati nelle vetrine che erano state crea te per la Mostra Medicea di Palazzo Vecchio: un recupero veramente non indifferente.

Nella sala contigua, invece, dove già esistevano dei contenitori adeguati (anche se sarebbero necessarie ve­trine climatizzate) , Donata Levi e Marco Collareta hanno studiato nna nuova disposizione tipologica per gli splen­didi avori, anch'essi in m1ssima parte provenienti dalla raccolta Carrand. Avori bizantini (fig. 3), francesi e ita­liani (la vetrina degli Embriachi s'impone ora nella rico­struzione della loro bottega), avori preziosissimi negli

2- FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO- ARTE FRANCA, SECOLI VI-VII: FIBULE A STAFFA

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intagli e nelle fogge, che abbiamo voluto accompagnati da analoghi oggetti scolpiti in legno, in osso o decorati in cuoio : tipologie analoghe trattate con materiali diversi . Alle statue !ignee quattrocentesche della stessa sala si sono tolte le vecchie e disuguali basi che, sostituite con mensole appoggiate al muro, hanno permesso il recupero architettonico dell'ambiente, così tipico e divertente nella sua decorazione ottocentesca.

Mentre la sala Carrand ha richiesto un nutrito numero di addetti ai lavori, l'opera di riordino dei bronzetti t:

delle placchette è stata compiuta da Marco Collareta e la sala islamica da Giovanni Curatola e Marco Spallanzani.

Altri " materiali ", tuttavia, richiedono sistemazioni di­verse: armi, maioliche robbiane, medaglie, stoffe - que­st'ultime implicano anche una nuova e diversa attenzione per i depositi. Lo sforzo da compiere si presenta quindi lungo ma darà nel tempo frutti proficui.

Ci auguriamo, ringraziando gli amici che si sono pre­stati con tanto entusiasmo e che speriamo continueranno con la stessa passione, che il Bargello possa presto offrire al pubblico e agli specialisti mostre a rotazione su temi circoscritti 4) e cataloghi scientifici delle varie tipologie.

GIOVANNA GAETA BERTELÀ

LE PLACCHETTE E LA SALA DEI BRONZETTI

Il riordino della collezione dei bronzi del Museo ha avuto inizio con una prima grande divisione dei materiali. Le placchette ed i bronzetti, precedentemente esposti nelle stesse vetrine, sono stati separati costituendo così due gruppi tipologici distinti. Il lavoro è poi proseguito a partire dalle placchette. Avendo a disposizione tre ve­trine a tavolo, si è cercato di procedere secondo un ordine che si potrebbe definire misto: un ordine, cioè, non esclu­sivamente legato ai maestri, all'iconografia, alla tecnica e alla cronologia, ma capace di dar conto di tutti questi vari aspetti del problema. sJ La prima vetrina mostra pertanto, accanto a placchette direttamente derivate da gemme antiche, placchette "all'antica ", placchette de­rivate da cristalli incisi e da medaglie rinascimentali e placchette in cui la stessa iconografia compare in materiali e formati diversi. Ciò ha consentito di presentare a livello di introduzione le principali questioni relative a questo tipo di produzione, riservando le altre due vetrine ad una esposizione storica del genere. Le placchette italiane sono state separate da quelle di altri Paesi europei e a loro volta divise in gruppi capaci di dare un'idea sia dei più impor­tanti maestn implicati nella loro realizzazione sia dei temi sacri e profani di più ampia diffusione. Una simile presentazione non è stata possibile nel caso delle plac­chette europee, i cui nuclei apparivano più frammentari e più vari per misure, formato, materiali e tecniche. La differenza tra la vetrina italiana - dove la severa, uni­forme nota cromatica del bronzo nasconde una varietà formale ed iconografica già assai notevole - e quella europea - dove al differenziarsi dei materiali e dei colori corrisponde un incrementato differenziarsi di stili e di s0ggetti - costituisce anche una differenza di cronologia. Mentre infatti la vetrina italiana punta sulla grande sta­gione a cavallo tra Quattro e Cinquecento, la vetrina europea presenta in prevalenza opere del tardo Cinque e del primo Seicento. In base a questa considerazione, q~est'ultima è stata ritenuta il luogo più adatto ad acco­ghere alcuni prodotti italiani di tarda epoca, peraltro non propriamente definibili come placchette.

Le vetrine così organizzate mostrano al pubblico tutte le placchette di proprietà del Museo, tranne un piccolo gruppo che, per mancanza di spazio o per cattive condi­zioni di conservazione, è stato affidato ai depositi. Non

3 - FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO AVORIO BIZANTINO , SECOLO VI:

PLACCA CON L' IMPERATRICE ARIANNA

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4 - FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO ARTE VENETO-SARACENA, SECOLO XV:

SCATOLA CON COPERCHIO FIRMATA ZAIN AD-DIN

si è fatta alcuna distinzione tra oggetti provenienti dalle originarie raccolte del Museo ed oggetti a questo giunti attraverso il lascito Carrand; solo nel caso in cui uno stesso esemplare comparisse in entrambi i fondi si è data la preferenza, a pari livello di qualità, alla prove­nienza più antica. Ciò ha permesso di presentare un materiale vario e di buon livello qualitativo, attraverso il quale rispondere alle più differenziate curiosità dei visi ­tatori. Profondamente diverse dalle robbiane e dai marmi esposti nella stessa sala, le placchette costituiscono un polo d'attrazione nuovo nel Museo. Il rinnovato interesse per questo tipo di manufatti 6l fa sperare che anche la

5 - FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO SPAGNA, ARTE OMAYYADE, SECOLI X-XI: COFANETTO

raccolta del Museo venga fatta oggetto di uno studio sistema tic o.

Anche nel caso dei bronzetti la nuova disposizione ha dovuto partire dagli strumenti espositivi esistenti. Sei vetrine centrali, cinque vetrine piccole a parete ed una vetrina grande a parete costituivano la vincolante eredità della situazione precedente. Ad esse si sono aggiunte sei piccole vetrine a cappuccio ed una vetrina a cappuccio di dimensioni medie, recuperate tra i materiali della Mo­stra Medicea del rg8o. Queste hanno permesso di isolare alcuni gruppi bronzei ed altri oggetti che si è ritenuto di esporre separati dai bronzetti veri e propri. Questi ultimi sono stati qui divisi, secondo collaudate categorie tipolo­giche, in oggetti d'uso, animali, teste e statuette. Oggetti d' uso ed animali hanno trovato posto in tre vetrine tra di loro vicine, suddivisi a loro volta, questi, in animali a formato ridotto ed animali a calco, quelli, in campanelli, mortai, candelieri ecc. Statuette e teste sono state sud­divise invece in base ad un criterio più articolato e com­plesso. Ad una vetrina che contiene la maggior parte dei pezzi derivati dall'antico o a questo variamente ispirati, seguono infatti una vetrina con i rari bronzetti di Piero da Barga, due con teste e statuette anonime dei secoli XIV-XVIII, una con esemplari più notevoli della pro­duzione del Riccio e della sua area culturale. I bronzetti fiorentini, che costituiscono notoriamente il gruppo più consistente della raccolta, conchiudono l'iter espositivo della sala con ben quattro vetrine, una destinata alla pro­duzione dell'età di Cosimo I e le altre a quella del Giam­bologna e della sua scuola. Nel complesso, si è cercato di rendere i singoli pezzi il più possibile leggibili e di mantenere il più possibile vicini all'oggettività i criteri in base ai quali sono stati composti i gruppi.

Come nel caso delle placchette, i bronzetti del Museo attendono ora uno studio globale ed analitico: uno studio che ne ricostruisca l'identità di singola opera d'arte con­fluita in un insieme eccezionale. Una ricerca sistematica sugli inventari rimane ancora in gran parte da fare, ?l la campagna fotografica presenta pure vistose lacune e lo stesso aggiornamento bibliografico ed attributivo è in alcuni settori volontariamente mancante. Se però l'in­tento del miglior criterio possibile di visibilità è stato almeno in parte raggiunto, si può affermare che esistono ormai le basi di partenza per un lavoro scientifico cor­retto. Questo non potrà che essere il risultato di uno sforzo comune, al quale gli studiosi sono tutti invitati. Intanto il Museo provvede alla divulgazione del materiale più interessante mediante una nuova collana, Lo Spec­chio del Bargello . 8) È un primo passo verso la meta finale della catalogazione.

MARCO COLLARETA

LA SALA ISLAMICA

Le opere d 'arte islamica conservate nel nostro paese sono numerose g) e testimoniano di un'intensità di rap­porti culturali con le terre d'Oriente che sono stati con­tinui e profondi . Tuttavia, fatta salva la collezione esi ­stente presso il Museo d 'Arte Orientale di Roma, gli oggetti di provenienza orientale sono dispersi in tutta Italia: enorme frazionamento del patrimonio artistico, tale da rendere queste opere conosciute alla sola ristretta cerchia degli specialisti. La mostra degli oggetti d'arte islamica provenienti dai musei e dalle collezioni pub ­bliche napoletane t o) ha fornito l'ultima grande occa­sione di vedere un gruppo di opere con il comune deno-

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minatore della origine orientale e di riflettere sull'influenza che l'Islam ha esercitato sulla nostra civiltà. Ma oltre che a Roma e a Napoli, collezioni importanti esistono a Milano, Palermo, Venezia, Bologna e Firenze, per citare solo le maggiori. A Firenze la raccolta d'arte islamica più rilevante è senz' altro quella conservata al Museo del Bargello, formata da pezzi provenienti dalle antiche col­lezioni granducali e, in maggior numero, dalle raccolte che il francese Louis Carrand, il barone Giulio Fran­chetti e il Ressmann hanno esplicitamente legato a questo museo ed alla città.

Un discreto numero di tali oggetti, cospicuo sia per quantità che per qualità, è sempre stato esposto insieme alle altre opere d'arte della superba collezione Carrand nella sala del Museo che porta il suo nome, ma diversi altri, in quantità non trascurabile, giacevano nei depositi, vittime della cronica mancanza di spazio che affligge i nostri musei.

Un simile materiale meritava un meditato lavoro di riordino ed a ciò s'è provveduto nella recente risistema­zione del Museo. Naturalmente non è stato possibile esporre tutti gli oggetti islamici inventariati nel Museo, tanto che per alcune categorie particolarmente sacrificate quali le stoffe si pensa ad una graduale rotazione. Le opere scelte, circa un centinaio, danno però un panorama pressochè completo della collezione e del suo alto livello qualitativo.

La maggior parte dello spazio è stata riservata alla me­tallistica, esposta in tre vetrine (pure, anche così, non tutto è in mostra). Nella prima sono raccolti i sei oggetti di accertata provenienza granducale : quattro sono sicu­ramente medicei, come la scatola con coperchio firmata Zain ad-Din (fig. 4) , esposta nella Sala della Tribuna degli Uffizi già a partire dal I s8g. II) Opere di livello disuguale, ma eccezionale testimonianza di come Firenze abbia sempre guardato con interesse e attenzione al mondo orientale. La contigua vetrina ospita alcuni fra i capola­vori in assoluto della metallistica islamica di provenienza siriana, quale il celebre vaso datato 1259, un bruciapro­fumi sferico di notevoli proporzioni (in precedenza al M useo degli Argenti e con grande sensibilità trasferito al Bargello), una splendida ciotola trasformata in sec­chiello con decorazioni figurate di ispirazione astrale in oro e argento. Nella terza vetrina, oltre ad oggetti della cosiddetta arte " veneto-saracena " - vassoi e scatole che in alcuni casi sembrano di manifattura autentica­mente orientale mentre altri sono forse di imitazione ita­liana -- sono esposti metalli iranici, fra i quali si segnalano un piccolo specchio in bronzo d'epoca selgiuchide, una ciotola e una coppa con incrostazioni in argento, un bron­zetto in forma di animale attribuibile alla Spagna e al­l' epoca omayyade, ed altri. Un posto a sè è occupato dalla grande brocca d'ottone, incisa e incrostata in oro e argento, eseguita al Cairo per un sultano yemenita in epoca mamelucca (più precisamente fra il 1363 e il 1377).

In altra vetrina sono raccolti gli avori e i legni. I primi comprendono un cofanetto di provenienza spagnola (omay­yade) (fig. 5), un altro di scuola siciliana, un olifante (anch'esso meridionale) già nelle collezioni granducali, e sette eccezionali placchette - sei, fatimidi, provenienti con tutta probabilità da un medesimo cofanetto - che costituiscono il più alto livello di espressione artistica, t~cnica e stilisti ca raggiunta in quell'epoca nella lavora­Ztone dell'avorio . Fra gli avori sono ancora da ricordare un manico di coltello dall'ornato molto elegante e due stupendi pezzi degli scacchi, mentre sono in legno due formelle provenienti dal minbar della moschea di Ibn

6 - FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO ASIA CENTRALE, SECOLI VII-VIII (?) : LAMPASSO

Tulun al Cairo (databili al 1296). In avorio e legno sono delle placchette, forse parti di una porta, attribuibili al XV secolo.

Il vetro islamico, così raro nei musei italiani, è rappre­sentato da una celebre lampada da moschea (Siria, 1342-45) perfettamente conservata.

Altra vetrina ancora è dedicata alle ceramiche e più in particolare alle mattonelle, sia persiane (con esempi di vigorose calligrafie coraniche e mattonelle stellari a lustro metallico della fine del XIII secolo), sia turche, queste ultime caratterizzate dalla vivace policromia di Iznik. Sono esposti anche un nodo da lampada armeno, da Kiitahya, una mattonella siriana e un acquamanile per­siano in forma di piccolo elefante.

In tre bacheche sono riunite stoffe, gioielli (una collana in oro con due orecchini a pendente ; Spagna XII secolo) e armi. Fra le stoffe sono alcuni tra i più celebri esem­plari tessili islamici o preislamici, come un tessuto forse persiano o d' imitazione bizantina con il classico senmury ("grifone") sasanide, e inoltre tessuti dell'Asia centrale (fig. 6) e della Spagna, tutti di alta epoca. Particolarmente difficoltosa è stata la selezione delle stoffe più tarde, con la scelta (in una collezione estremamene ricca) di due lampassi di seta di fabbricazione turca ottomana, a di ­segno ogivale continuo con fiori , in ottimo stato di con­servazione, ed un frammento floreale persiano seicentesco.

In una bacheca è esposta la giacca da parata (un altro pezzo unico) appartenuta ad un dignitario mamelucco

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Page 9: C RRISPONDENZA DAI MUSEI - Bollettino d'Arte · guet, la visita alle sale offre anche occasioni di risco perte; ne diamo due esempi tra quelli che più colpiscono. ... Cerveteri,

della prima metà del secolo XV, un'ascia iscritta con il nome del sultano Qait Bay (1468-1496) e un grande tur­casso in velluto broccato, turco di epoca ottomana, in buono stato di .conser":azione .. Qu~st.i oggett~ proven~ono tutti dall 'armena medtcea, net cut tnventan sono ncor­dati a partire almeno dal secolo XVII. ' ~l L'ultima ve­trina è dedicata anch'essa alle armi, con tre elmi prove­nienti dalla chiesa di Sant' Irene a Istanbul, a lungo ar­meria imperiale ottomana, di cui conservano il marchio; sempre in questa vetrina, inoltre, è esposto un gam~ale, un altro turcasso, pure ottomano, e una mazza perstana, questi ultimi tutti di provenienza granducale.

In una parete della sala è infissa una pietra recante una lunga iscrizione datata 1083 d.C.; ad altre pareti pen­dono tre tappeti. Questi sono tutti turchi: uno della ti­pologia dei cosiddetti " Holbein " (proveniente da una chiesa del contado fiorentino), uno a " fiori e uccelli " da Ushak e infine un tappeto " Lotto" tra i più grandi (260 x 515 cm.) e meglio conservati nel mondo.

Da questo sommario e incompleto elenco di oggetti risulta evidente l'interesse e la funzione di stimolo che questa " nuova " sala islamica del Bargello può avere nella prospettiva di un approfondimento degli studi orienta­listici italiani in generale, e in particolare delle ricerche relative ai rapporti commerciali e culturali fra la Firenze rinascimentale e l'Oriente vicino a lontano. Questo im­portante gruppo di opere d'arte si inserisce in un più vasto patrimonio artistico islamico fiorentino ; altre i m­portanti collezioni (seppur ridotte) sono conservate al Museo degli Argenti, al Museo Bardini, allo Stibbert, alla Fondazione Berenson, oltre che alla Biblioteca Na­zionale, alla Laurenziana e alla Riccardiana. A Firenze esiste dunque una considerevole quantità di opere isla­miche che potrebbero costituire l'ossatura di una grande mostra nazionale (sul modello di quella londinese del

1976 o delle due parigine del 1971 e 1977, o della espo­sizione che di recente si è svolta in varie città statuni ­tensi), la quale proprio nel capoluogo toscano trove­rebbe il suo più appropriato teatro.

GIOVANNI CURATOLA, MARCO SPALLANZANI

I) La collezione Carrand è stata lasciata nel I888 alla città di F i ­rem:e, col vincolo testamentario che venga conservata e esposta al Bargello.

2) Di Ilse Fingerlin si sono consultate le schede OA sui gioielli rinascimentali compilate dalla studiosa.

3) La collezione Gualino è pervenuta al museo nel I933· 4) In occasione del congresso della FIDEM, che si terrà a Fi­

renze, per il I983 è in programma la prima di queste mostre, sulle medaglie di Pisanello e della sua cerchia.

5) Per l 'ampio raggio dei problemi sollevati dallo studio delle placchette rinascimentali cfr. da ultimo J. POPE-HENNESSY, The Study and Criticism of italian Sculpture, Princeton 1980, pp. I92-222·

6) Cfr. la mostra recentemente tenuta a Roma in Palazzo Venezia. 7) Il lavoro è stato avviato solo per quanto riguarda il Quattro e

il Cinquecento. Cfr. il catalogo della mostra Palazzo Vecchio: com ­mittenza e collezionismo medicei, Firenze Ig8o, passim.

8) Della quale sono stati editi, finora, dalla casa editrice S .P.E.S. nove numen dei dodici previsti entro l'anno : n . I, Gioielli Franchi della collezione Carrand, a cura di O. VON HESSEN; n. 2, Il parato di Niccolò V, a cura di P. PERii n. 3, Metalli islamici dalle collezioni granducali, a cura di G. CURATOLA e M . SPALLANZANI ; n. 4, Sigilli medioevali senesi, a cura di E. CroNI LISERANI; n. 5, I ritrovamenti longobardi, a cura di O. VON HESSEN; n. 6, Mattonelle islamiche, a cura di G. CURATOLA e M. SPALLANZANij n. 7, La croce del Pollaiolo, a cura di M . CoLLARETA e D . LEVI; n . 8, La maiolica Cantagalli, a cura di G . CoNTI; n. g, Il Bacco di Michelangelo, a cura di P. BA­ROCCHI. I nn. 2, 3, 6, 8, 9 recano a fianco anche la traduzione inglese.

g) F. GABRIELI - U. ScERRATO, Gli Arabi in Italia, Milano I979· IO) U. SCERRATO, Arte islamica a Napoli, Napoli I968. rr) Per questo gruppo di oggetti si veda: M. SPALLANZANI, Metalli

islamici nelle collezioni medicee dei secoli XV-XVI, in Le Arti del Principato Mediceo, Firenze I98o, pp. 95-rrs.

I2) Alcuni pezzi furono esposti alla recente mostra medicea di Palazzo Vecchio; cfr. Palazzo Vecchio: committenza e collezionismo medicei, Firenze I98o, schede a cura di L . BocciA.

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