Buongiorno Italia Mai-Juni 2015

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buongiorno italia MIT DEUTSCHEM SONDERTEIL buongiorno italia La rivista per i ristoratori italiani in Germania Fachmagazin für italienische Gastronomie in Deutschland Maggio - Giugno 2015 | € 6,50 (in Germania) | www.buongiornoitalia.de | ISSN 2198-8153 grappe e vini ECCELLENZE DEL BERE ITALIANO TUTTO PIZZA Giropizza all’Internorga: i segreti di un buon impasto e i nuovi trend PESCE Il mare a tavola, a colloquio con Italifisch PRODOTTO DEL MESE Mortadella Bologna IGP TREND I nuovi orizzonti della caffetteria italiana

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Transcript of Buongiorno Italia Mai-Juni 2015

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buongiorno italia

mit Deutschem

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buongiorno italiaLa rivista per i ristoratori italiani in Germania

Fachmagazin für italienische Gastronomie in Deutschland

Maggio - Giugno 2015 | € 6,50 (in Germania) | www.buongiornoitalia.de | ISSN 2198-8153

grappe e vinieccellenze Del bere italiano

tutto PizzaGiropizza all’Internorga: i segreti di un buon impasto e i nuovi trend

Pesce Il mare a tavola, a colloquio con Italifisch

ProDotto Del mese Mortadella Bologna IGP

trenD I nuovi orizzonti della caffetteria italiana

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3buongiorno italia 05-06   |   2015

Cari lettori,

questo mese ci occupiamo di due temi molto importanti e, alla luce delle scorse fiere di marzo, anche attualissimi: pizza e vini.

Alla fiera Internorga di Amburgo buongiorno italia è stata invitata a fare parte della giuria per il gran finale del Giropizza, il Campionato Europeo della pizza. Tra un assaggio e un altro siamo riusciti a intervistare i pizzaioli italiani in Germania che hanno partecipato al Campionato per contendersi il titolo di miglior pizzaiolo europeo. Nessuno di loro ha vinto purtroppo ma, come spesso si dice, l’importante è partecipare!

Di vini dolci e grappe si è occupata la nostra esperta Clara Ippolito, che è andata a curiosare nel mondo magico degli alambicchi e delle botti. Come sempre abbiamo dato spazio anche a Voi. Nella nuova rubrica “Ricette di successo” ci siamo fatti svelare da Santo Palamara del ristorante Friulana di Monaco i suoi segreti, poi, per parlare di pesce siamo andati a trovare Sergio e Melanie Antichi nel loro ristorante Italfisch, uno dei pochissimi ristoranti italiani in Germania specializzati in pesce. Vi raccontiamo inoltre le nuove tendenze della caffetteria in Italia e la storia della Mortadella Bologna IGP, una vera irresistibile bontà. Non ci resta che augurarVi come sempre

Buona lettura,

Valeria Vairo [email protected]

PIzza e vInI orgogoglio

del made in Italybuongiorno italia

è stata invitata a far parte della giuria del gran finale

del Giropizza, Campionato Europeo della pizza

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Liebe Leserinnen und Leser,in diesem Monat beschäftigen wir uns mit zwei sehr wichtigen Themen, die angesichts der vergangenen März-Messen hochaktuell sind: Pizza und Wein.Auf der Internorga in Hamburg wurde buongiorno italia eingeladen, beim großen Finale von Giropizza in der Jury zu sitzen. Zwischen der einen und der anderen Kostprobe konnten wir die italienischen Pizzabäcker aus Deutschland, die an dem Wettbewerb zum besten Pizzaiolo Europas teilnahmen, interviewen. Leider haben sie am Ende nicht gewonnen, aber wie man so schön sagt: „Dabei sein ist alles!“ Süsswein und Grappa sind die Themen unserer Expertin Clara Ippolito, die sich in der Wunderwelt der Destillierkolben und Fässer umgesehen hat. Wie immer haben wir auch Ihnen, unseren Leserinnen und Lesern, Raum gegeben: Für unsere neue Rubrik „Erfolgsrezepte“ konnten wir Santo Palamara vom Restaurant Friulana in München einige seiner Geheimnisse entlocken und haben dann zum Thema Fisch Sergio und Melanie Antichi in ihrem Restaurant Italfisch aufgesucht, eines der wenigen auf Fisch spezialisierten italienischen Restaurants in Deutschland. Wir berichten unter anderem auch von den neuen Tendenzen der italienischen Kaffeekultur und erzählen die Geschichte der Mortadella Bologna IGP, einer wahrhaft unwiderstehlichen Köstlichkeit. Jetzt bleibt uns nur noch, Ihnen wie immer eine gute Lektüre zu wünschen.

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5buongiorno italia 05-06   |   20154 05-06    |   2015 buongiorno italia

sondaggio

3 edItorIale

6 news Idee in cucina: a Monaco il cervo neozelandese

8 dalle FIere: InternorGa Selezione per la Gelato World Cup 2016 ProweIn Vini ed etichette

14 tendenze: non solo esPresso I nuovi orizzonti della caffetteria italiana

17 Il nostro esPerto Giurista: Fondare un’impresa in Germania

28 rIcette dI successo Santo Palamara della Friulana di Monaco di Baviera, un ristoratore a 360 gradi

31 buongiorno italia In vIaGGIo Alla scoperta del Sagrantino di Montefalco

42 ProtaGonIstI con... Arcino’s a Berlino

48 Prodotto del Mese Mortadella Bologna IGP, una bontà irresistibile

66 ProssIMaMente

66 coloPhon

maggio-giugno 2015 

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storia di copertina

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34 tutto PIzzaGiropizza all’Internorga: i segreti di un buon impasto e i nuovi trend

44 Pesce l’Italia del mare a tavola, a colloquio con Italfisch

18 GraPPe e vInIVini dolci e grappe: eccellenze del bere italiano

Focus

rubriche / rubriken

53 buongiorno italia auF deutsch

54 management Lachende Unternehmen haben die Nase vorn

58 lÜftungstechnik Vernünftige Lösungen finden

60 DresscoDe fÜr Den gastgeber Individualität trotz Corporate Design

62 geschirrsPÜl-technik

NOMe____________________________ cOGNOMe_____________________________________

INdIRIZZO________________________________________________________________________

carI lettorI,come sapete buongiorno italia è diventato bilingue.Per noi è importante sapere la vostra opinione e Vi chiediamo di rispondere a questo sondaggio e inviarcelo al numero di FaX: 08233 381 212 o farlo direttamente nel nostro sito al link:www.buongiornoitalia.de/sondaggio.html

un giudiZio suLLa riVista

1. Vi è utile buongiorno italia?Poco abbastanza Molto

2. Quali rubrica preferite?News esperti dalle aziende Prodotto del mese I nostri esperti Vini scelti per voi

3. lo leggete regolarmente?Sì No

4. lo leggete tutto?Sì Più del 50% Meno del 50%

5. Quali temi dovrebbero essere trattati più approfonditamente?Management Prodotti tipici italiani Ricette Ritratti di ristoratori e notizie sulla ristorazione italiana in Germania consigli degli esperti attrezzature

6. È utile buongiorno italia bilingue (tedesco – italiano)?No Poco Sì Molto

7. Navigate regolarmente in Internet?Sì No

8. Se sul sito di buongiorno italia ci fossero notizie sulla ristorazione italiana in Germania, la visitereste?Sì No

9. leggereste buongiorno italiana in versione digitale? Sì No

10. Vostri commenti e consigli

Vincete “die neue echte italienische küche”dalla liguria alla Sicilia 200 ricette autentiche italiane, con reportage che raccontano della gente e delle abitudini culinarie del Bel Paese. Per voi e i vostri clienti!

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inForMaZioni

1. categoria di appartenenzaPizzeria trattoria/Osteria Ristorante Franchising Bar caffè Gelateria Bistrot Ristorante/Pizzeria

2. NazionalitàItaliana tedesca altro_______________

3. da quanto tempo avete un locale in Germania?________

4. Quanti posti offrite nel ristorante?_________

5. Quante persone impiegate?______________

6. che lingua parlate all’interno del ristorante, con i vostri lavoranti? Italiano tedesco altro_______________

7. che tipo di cucina offrite? Internazionale tipica regionale Italiana

8. che importanza hanno per voi nuove ricette e nuovi prodotti?Nessuna Media Molta

9. dove comprate mobili, macchinari e attrezzature? Italia Germania altro_______________

10. che importanza hanno per voi i prodotti tipici italiani?Nessuna Media Molta

sondaGGIo

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News

Cervo neozelandese

Più che un’idea: a Monaco di Baviera è di scena il cervo neozelandese

La cacciagione è parte importante della nostra tra-dizione culinaria. per i ristoratori in germania arric-chire il menu con dei piatti che vedono come protagonista ad esempio il cervo può esse-re una valida alternativa ai “soliti secon-di”, anche perché i consumatori te-deschi amano questo tipo di carne. Ogni anno in Germania vengono consumate circa 30mila tonnellate di carne di cervo, e ben un terzo ar-riva dalla Nuova Zelanda. A Monaco

di Baviera, presso il Restaurant 181, lo scorso 21 aprile il cervo proveniente da questo splendido paese è sta-to protagonista di una cena di alta classe a cui siamo stati presenti noi di buongiorno italia. L’evento, organizzato dall’Agenzia Gourmet Connec-tion, ha visto il cuoco neozelandese Graham Brown in tournèe in Europa per presentare i suoi piatti, e il suo collega Karl-Heinz-Keller del 181 deliziare la stampa con un raffinato menu completamente a base

di carne di cervo. Ma cosa ha di particolare il cervo della Nuova Zelan-

da? Innanzitutto la tradizione, visto che questo piccolo paese abitato da cir-

ca 1 milione di cervi è il più grande esportatore di questa carne, che

giunge in oltre 50 paesi al mon-do. Poi, senza dubbio la qua-lità. Il cervo di questa terra si nutre libero in grandi spa-zi ricchi di erba, foglie e ac-

qua, non viene cacciato duran-te il periodo dell’accoppiamento

quando l’animale è sotto stress e si scelgono gli esemplari da abbatte-

re tra i 12 e i 18 mesi. Per questi motivi la carne è particolarmente

tenera, magra, delicata a tal punto da perdere il sa-pore selvaggio della cacciagione, ha un sapore legger-mente dolce, un basso contenuto di colesterolo e di grasso, poche calorie e contiene molto ferro. Inoltre viene trasportata via mare in imbarcazioni poco in-quinanti e risulta facilmente conservabile grazie agli altissimi standard di igiene adottati (arriva congela-ta, ma anche sotto vuoto a 0° C si conserva fino a 14 settimane). L’ulteriore elemento che parla a suo favo-re è l’estrema versatilità in cucina. A confermare quanto detto, cioè il fatto che il cervo possa essere il protagonista di un secondo piatto di carne di alta classe in un ristorante italiano, è Car-melo Greco, cuoco italiano stellato di Francoforte tra i più premiati in Germania. Convinto e profondo estimatore della carne di cervo neozelandese, Car-melo ha creato alcune ricette come: Hirscravioli, Hir-schtatar mit steinpilzen und steinpilzeis, Cotoletta alla Milanese mit Kräutersalat o Tajarin mit Hirschbologne-se. Come si vede, tante idee per un prodotto specia-le e di qualità che si sposa molto bene con la nostra cucina.Maggiori informazioni: www.neuseelandhirsch.de

Il cuoco neozelandese Graham Brown all’opera nel Restaurant 181 a Monaco di Baviera

dal libro di ricette di Ingo swoboda, Moderne wildküche Kochen mit neuseelandhirsch, uMschau, pubblichiamo la seguente ricetta del cuoco stellato carmelo Greco.

Preparazione Tartare di cervo neozelandese. tagliuzzate il filetto di cervo. lavate la mela e tagliatela a dadini. Mischiate il filetto con i dadini di mela, l’o-lio d’oliva, la senape, il sale e il pepe. Pulite i funghi porcini, tagliateli a fette e fateli saltare in padella.Gelato ai funghi porcini. Mettete a mollo in acqua calda i funghi por-cini secchi. Pulite i funghi porcini freschi e fateli rosolare a fuoco vivo nell’olio d’arachide. Pulite il baccello di vaniglia. aggiungete ai funghi rosolati la panna, il glucosio, il sale, il pepe e la vaniglia. Strizzate i fun-ghi messi in ammollo e aggiungeteli ai restanti ingredienti. Successiva-mente fate sobbollire, passate e mettete nella macchina per il gelato.Impiattamento. adagiate una fetta di fungo porcino nel mezzo di un piatto. disponete a strati la tartare in una formina di forma circolare e poggiatela facendo una lieve pressione sulla fetta. coprite la tar-tare con un’altra fetta di fungo porcino e, infine, aggiungete in cima uno gnocco di gelato.

ingredienti per 4 personePer la tartare di cervo neozelandese200 g di filetto di cervo neozelandese1 mela verde, 2 cucchiai di olio d’oliva1 cucchiaino di senape di digione200 g di funghi porcinisale marino e pepe nero macinato al momento

Per il gelato ai funghi porcini50 g di funghi porcini secchi50 g di funghi porcini freschiolio d’arachide200 ml di panna, 50 g di glucosio½ baccello di vanigliasale e pepe nero macinato al momento

TarTare di Cervo Con funghi porCini e gelaTo ai funghi porCini

La ricetta di carmelo greco

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Io non uso il cervo neozelandese solo comunemente in autunno o inverno preparando piatti classici come il filetto alla Rossini o il ragù. Innanzi tutto d’estate questa carne rappresenta

un’ottima alternativa al manzo e vitello, perché è molto magra e la posso abbinare a diversi sapori delicati. La carne viene strettamente controllata, quindi posso sorprendere i miei ospiti con le

classiche specialità come il carpaccio o la carne affumicata. Carmelo Greco„“

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9buongiorno italia 05-06   |   20158 05-06    |   2015 buongiorno italia

fiere

gelato

Il 14 e 15 marzo alla fiera Internorga di Amburgo si è svolta la selezione tede-

sca per la Coppa del Mondo della Gela-teria. Gianni Toldo, gelatiere italiano che lavora da 26 anni in Germania, è stato selezionato, insieme alla pasticcera tedesca Cosima Winkelmann, per rappresentare la Germania nella CMG2016 insieme a uno chef e uno scultore del ghiaccio.Il team tedesco parteciperà nel 2016 insieme ad altre 13 nazioni alla Coppa del Mondo della Gelateria, attesissi-mo evento biennale del Sigep di Rimini, organizzato da Gelato e Cultura s.r.l. e Sigep di Rimini Fiera. In ogni team ci saranno 4 figure professionali: un gela-tiere, un pasticciere, uno chef e uno scultore del ghiaccio che daranno voce alla propria creatività in prove dedica-te alla gelateria, alta cucina, scultura del ghiaccio e scul-ture in croccante.“Questo evento comporta una preparazione molto in-tensa, mi avevano chiesto di parteciparvi già 5 o 6 anni fa, ma in quel momento non avevo proprio tempo”, ci spiega Gianni Toldo, che lavora nella gelateria eiscafé Venezia a Kirn. L’evento ha comportato la preparazione di 3 tipi di gela-to: uno gastronomico e due a scelta con ingredienti dati dagli sponsor. bi Quali sono state le Sue creazioni?G.t. Per la prima prova (un gelato con ingredienti Com-prital) ho presentato un gelato con amaretti e pesca, nel-la seconda (un gelato al cioccolato Valrhona) un cioc-colato fondente aromatizzato all’arancio con scaglie di cioccolato aromatizzato al Countreau e arance candi-te e, infine, un gelato gastronomico al cren servito con salmone.Ho notato con grande sorpresa che il gelato amaretto e pesca, molto semplice, ha avuto più successo di quello al cioccolato, alla giuria è piaciuto molto l’abbinamento del gusto dell’amaretto con quello delicato e un po’ acido

della pesca. Al momento iniziale dell’assag-gio si sentiva l’amaretto, poi arrivava il gusto di pesca, e alla fine ritornava l’amaretto. Il gelato gastronomico si doveva sposare con

un antipasto, e quindi ho servito il gelato al cren che si abbinava benissimo al salmone, anch’esso consumato freddo. L’acidità del cren pulisce la bocca dal gusto persi-stente del grasso del pesce.bi Adesso, con la vittoria di questa selezione, che cosa La aspetta?G.t. Ci aspetta un bel po’ di lavoro, dobbiamo studiare il regolamento, decidere il tema e svilupparlo nelle crea-zioni richieste. Il tema è a scelta e deve essere il leitmotiv di tutto quello che viene presentato.bi Il team tedesco è al completo?G.t. Quasi, ci manca ancora lo scultore del ghiaccio. Non è facile trovare persone che si prestino a fare un campio-nato del mondo, perché a un impegno di questa porta-ta va dedicato molto tempo, che ovviamente deve essere tolto alla propria attività e al proprio tempo libero.

bi Che conseguenze ha la partecipazione a un campio-nato del mondo?G.t. Tanta pubblicità. Soprattutto tramite i social media e la televisione si ha la possibilità di raggiungere una fa-scia di target che trascura abbastanza le gelaterie: i gio-vani dai 18 ai 30 anni. Queste persone non vedono la ge-lateria come punto d’incontro, ne preferiscono altri e non sono neanche interessati alla tradizione che una ge-lateria può avere. Ma se vedono il gelatiere a un evento pubblicizzato in internet o in televisione, allora si incu-riosiscono e vengono in gelateria per conoscerti. Così poi scoprono che sai anche fare il gelato. (V.V.)

Il gelatiere italiano Gianni Toldo rappresenterà la Germania nella CMG2016

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Gianni toldo, gelatiere italiano in Germania, farà parte della squadra tedesca alla coppa del Mondo della Gelateria 2016

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fiere

un prodotto della collaborazione tra i contadini e l’eno-logo, ma vede la presenza di un nuovo personaggio: l’e-sperto di marketing.

Passeggiando per i corridoi della Halle 16 mi trovo lo stand del Consorzio produttori del Chianti: una pre-senza imponente con ben 111 espositori che si dividono lo spazio per presentare 249 vini. Ben 249 tipologie di vino, tutte conformi al capitolato di produzione, tutte di vino Chianti. Come distinguerle? E, soprattutto, come differenziarle?

Ed ecco entrare in gioco il personaggio nascosto di cui abbiamo accennato precedentemente, l’esperto di marketing, che comincia a fare il suo lavoro analizzan-do il mercato specifico, chi sono e cosa fanno i competi-tors, chi sono i clienti, cosa vogliono e soprattutto cosa fare per rendere il proprio prodotto migliore e più appe-tibile degli altri.

Recenti studi hanno dimostrato che la conoscenza dei consumatori riguardo al mondo del vino non è poi in fondo molto profonda, e per la scelta d’acquisto incide per il 90% l’etichetta: quanto più accattivante e attraen-te, tanto più farà la fortuna (commerciale) del prodotto.

È così che l’esperto di marketing introduce un nuo-vo personaggio, un po’ come il suo alter ego, colui che deve riportare tutti le analisi che lui ha fatto in forma grafica sull’etichetta: il packaging designer.

In Italia ci sono centinaia di studi grafici specializ-zati espressamente nel curare l’immagine dei vini, nel donargli un tono più classico o invece fargli trasmettere una sembianza più moderna e aggressiva.

L’etichetta è per il vino come un biglietto da visita, una scheda tecnica, un vestito fatto in modo esclusivo e su misura. E gli elementi su cui andrà a lavorare il packa-ging designer non sono solo l’immagine, i colori e i ca-ratteri, ma anche la forma, l’eventuale rilievo di alcune scritte o forme presenti, la posizione dritta o inclinata in cui verrà posizionata sulla bottiglia.

vInI ed etIchette

L’apertura di nuovi mercati come il Brasile, e pri-ma fra tutte la Cina, ha dato modo a molti produttori di mettersi in mostra per cercare di cogliere una parte del fatturato portato dai nuovi paesi importatori emergenti.

Questo ha messo in evidenza un fenomeno con-cretizzatosi già da diversi anni, e cioè la costituzione di gruppi di acquisto, o anche di importatori/distributo-ri multicarta, come anche di associazioni di produtto-ri che, uniti sotto un’unica egida, riescono a essere più presenti e aggressivi sul mercato potendo contare sulla compressione di costi di marketing, della logistica e di magazzino.

Per cui molto spazio è stato occupato da ditte come la tedesca Deuna che, oltre al proprio stand dove ha po-tuto presentare oltre 40 fra i propri produttori vinico-li rappresentati dall’Italia e dalla Spagna, ha fatto as-saggiare i vini venduti con il proprio brand Terre di Camposasso.

Presenti anche altre agenzie di rappresentanza te-desche specializzate in vini del Bel Paese, come la dit-ta Sorrentino o la Consiglio Vini di Düsseldorf, che ha puntato su una serie di produttori vincenti quali Rega-leali dalla Sicilia e Lungarotti dall’Umbria.

In quest’ottica si noterà l’effetto dell’evoluzione che c’è stata negli ultimi 20 anni: allora si andava in fiera con lo scopo di cercare dei tipi di vini specifici, un Pinot Grigio anziché un Cabernet, o magari prodotti in zone particolarmente votate come la Toscana, il Piemonte o il Veneto, mentre oggi difficilmente si ha la possibilità di trovare una bottiglia su cui compaia semplicemente la scritta Merlot o Nero d’Avola.

Come mai? La riposta risiede proprio nei numeri citati all’inizio: se una così vasta offerta di cantine of-frisse lo stesso prodotto, ad esempio il citato Merlot, si andrebbe ad aprire una forbice estremamente larga tra domanda e offerta di mercato. Da qui la scelta di mol-ti vignaioli di “personalizzare” il proprio vino, il nettare dei propri filari che fisiologicamente è diverso da quel-lo offerto dalle altre cantine, e di denominare il frutto della propria produzione agricola con nomi particolari, spesso di fantasia, ma sempre molto incisivi.

Allora scopriamo che il vino che beviamo non è solo

di silvio Cisamolo

Anche quest’anno a Düsseldorf si è svolta la Pro-Wein, fiera specializzata nel mondo del vino, giun-

ta alla 22sima edizione. Ve le ricordate le prime edizioni, quando si potevano velocemente visitare i 3 padiglioni espositivi? Possiamo dire che molta acqua è passata sot-to i ponti e quest’anno oltre 52.000 visitatori si sono am-massati nei corridoi dei 9 padiglioni dedicati al nettare di Bacco.

Anche quest’anno l’Italia ha fatto la parte del leone, presentandosi con circa 1.350 espositori su un totale di 5.970, seguita da Francia con circa 1.250 e Germania con circa 950. Questo dimostra il continuo predominare del made in Italy nel settore enologico, ma anche che altre nazioni lavorano sempre meglio e ambiscono a sostitu-irsi al nostro Paese.

alla ProWein 2015 tantissimi visitatori, vini ed etichette con stili diversi come per i vini piemontesi Il Poggio

la fantasia non conosce limiti quando si tratta di un’etichetta di vino: numeri, nomi veri o verosimili, caratteri di stampa, colori. l’importante è lasciare un ricordo preciso e indelebile del proprio marchio

quando l’abito fa il monaco

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fiere

diati a tavolino per essere facilmente memorizzati ma che si elevano dalla massa, vestito con un abito partico-lare creato da uno dei tanti stilisti dell’immagine.

Effettivamente in molti casi l’etichetta è un po’ come un quadro d’autore, un’immagine particolare e unica che identifica il prodotto specifico. Ma sulla bot-tiglia devono essere riportate anche altre informazio-ni molto importanti, come la cantina di produzione ed eventuale imbottigliamento, la tipologia di vino e rife-rimento agli uvaggi utilizzati, gradazione alcolica, il ri-ferimento alla presenza di solfiti, utilizzati per evitare la presenza di batteri e l’ossidazione del vino, eventua-le codice a barre e informazioni varie come i miglio-ri abbinamenti con i cibi. Tutte queste informazioni sono normalmente stampate sulla retroetichetta, una piccola finestra di carta molto importante per “libera-re” l’etichetta frontale da tante scritte che potrebbero confondere il consumatore distraendolo dal messaggio principale.

E siccome proprio l’etichetta, il vestito, è la prima cosa che salta all’occhio, prima ancora del nome del pro-dotto, ogni etichetta è una nuova sfida per il genio cre-ativo del packaging designer, che per uscire dagli sche-mi sviluppa nuove forme, tonde, allungate, a forma di goccia o in rilievo come se fosse un timbro di ceralacca, nuovi colori, sfumature e scritte in oro. Solo a questo punto il vino è pronto per essere messo in commercio o presentato in fiere di settore, come la ProWein.

Dalla collaborazione di due personaggi così creativi come il responsabile marketing e il packaging designer nascono prodotti a volte d’impatto, come ad esempio il Chianti “A Riposo, senza dire né ai né bai”, o come il pregiatissimo Barbera “Il Bricco dell’Uccellone”, o anco-ra il (nuovamente) Chianti “Fallo brillo”, o il rosso “L’in-vincibile”. Ma allo stesso tempo si trovano anche alcuni vini che si contraddistinguono per un numero: Primiti-vo “125, uno due cinque”, ma anche “Riserva 60 (anni)”, o anche “12 e mezzo” (tasso alcolico), o ancora il “LXXIV”, nel senso di 74. Non mancano inoltre i giochi di parole, come per la nuova serie di vini umbri Lungarotti “L’U”, dove con solo due lettere si fa riferimento al proprio nome e alla regione di appartenenza. E con tanto di arti-colo! E poi, come dimenticare i primi vini prodotti dalle cantine Carrisi, come “Felicità”, “Nostalgia” e tanti altri titoli di brani di successo del loro proprietario Al Bano insieme a Romina Power?

Con questo si chiude il cerchio nella produzione enologica italiana. Un buon prodotto, il vino, dove le va-rie tipologie come vitigno e zona di provenienza sono sempre diverse, aiutate dalle tecniche di produzione uti-lizzate da esperti enologi, contraddistinto da nomi stu-

etichetta vista come un cartellino da applicare nell’apposita tasca posta sulla bottiglia di questo Valpolicella Montresor

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Informazione pubblicitaria

buon coMpLeanno RaMaZZOttI!

Per il bicentenario, Ramazzotti ha ripercorso il suo passato immortalando sull’etichetta le più belle immagini della lunga storia del suo brand. Chi non fosse riuscito a ottenere una bot-tiglia dell’edizione speciale entro la scadenza della promozio-ne, può farcela adesso! Per vincere gli ultimi ambiti esemplari, disponibili in esclusiva presso buongiorno italia, inviate una mail a [email protected] rispondendo alla domanda: Qual è la città d’origine di Ramazzotti? a) Roma, b) Milano c) Firenze

Vale la pena visitare il sito internet: su www.ramazzotti.de troverete tante nuove ricette da provare con Ramazzotti Ape-ritivo Rosato, perfette per l’arrivo della stagione estiva. Po-trete creare i drink più stuzzicanti, dal dolce-fruttato all’a-maro-frizzante, e arricchire la vostra scelta di aperitivi con l’aggiunta di fiori d’ibisco e d’arancia, come simpatica alterna-tiva ai gusti ormai conosciuti. Brindiamo allora alla leggerez-za del momento e al compleanno di un italiano d’eccellenza con un bicchiere di Ramazzotti Rosato Mio.Buon compleanno, Ramazzotti!

Quest’estate i festeggiamenti del bicentenario proseguo-no con un’altra fantastica iniziativa: Ramazzotti mette in palio un autentico esempio di ospitalità italiana, la ‘Villa Ramazzotti’, del valore di 500.000 euro, per realizzare il vostro sogno di una casa in Italia. Partecipate al concorso, a partire dal 1° giugno, usando i codici premio che trovate su tutte le bottiglie di ama-ro e Ramazzotti aperitivo Rosato.

* Il concorso termina il 15 giugno 2015, la partecipazione è riservata esclusivamente ai maggiorenni. Il vincitore sarà estratto a sorte tra tutti i partecipanti che hanno risposto correttamente. Qualora il vincitore non dovesse rispondere entro un mese, la vincita è annullata. I dati dei partecipanti sono impiegati solo per finalità inerenti al concorso, non saranno impiegati per motivi di marketing. È escluso il ricorso alle vie legali. L’organizzatore è la Pernod Ricard Deutschland GmbH.

Il 2015 è un anno speciale per Ramazzotti: il numero uno degli amari italiani importati in Germania festeggia i suoi 200 anni. Per ringraziare i suoi appassionati, Ramazzotti lancia diverse campagne promozionali e gastronomiche.

Migliaia di bottiglie a disposizione nella più grande sala di degustazione del Nord europa

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tendenze caffè

qualche stage ma mira a completare la pur impor-tantissima esperienza sul campo. A questo nuo-vo bisogno hanno risposto numerose istituzioni che preparano i giovani baristi italiani, diventa-ti ormai tra i migliori al mondo. Prima fra tutte l’Università del Caffè, che nasce nel 1999 dal patrimonio di conoscenze e dal desiderio di con-dividerle della famiglia Illy, con l’obiettivo di pro-muovere e diffondere la cultura del caffè di qua-lità. Con la sua sede di Trieste e le altre sparse in tutto il mondo, l’ateneo è un centro di eccellen-za aperto agli imprenditori del caffè, ai professio-nisti dell’ospitalità ma anche a tutti gli appassio-nati. Un polo internazionale di conoscenza, cui fanno eco molte altre scuole, a cominciare dall’E-spresso Academy di Firenze, alla SCAE, specialty

i Metodi di LaVoraZione deL caFFÈIl metodo naturale è il processo classico e più ve-loce che dà, però, un caffè meno aromatico e di bassa qualità. Il chicco è lasciato fermentare ed essiccare all’interno del frutto ancora intero, poi viene sbucciato, essiccato ed esportato. Nel caf-fè lavato la buccia del chicco è, invece, rimossa meccanicamente, di modo che il caffè conservi la sua mucillagine, cioè la gelatina responsabile di un aroma più ricco e raffinato. Il chicco fer-menta in vasca ricoperto da acqua per almeno due giorni, poi viene lavato per eliminare la mu-cillagine che ha già rilasciato tutto il suo aroma. Questo processo dà un caffè di alta qualità, ma richiede una notevole esperienza artigiana; mol-te pregiate single origin sono prodotte così.Il caffè semi-lavato, infine, ha una lavorazione molto simile al lavato, ma con la buccia della ci-liegia di caffè viene rimossa anche la mucillagine a scapito della qualità finale del caffè.

interVistaa giacoMoVanneLLi Giacomo Vannelli è toscano (di Cortona) e Campio-ne Italiano Baristi per il secondo anno consecutivo (2014/2015). Nello scorso aprile ha rappresentato l’Italia al World Barista Championship di Seattle. bi Quando nasce la tua passione per il mondo del caffè?G.v. Sono cresciuto respirando il profumo di caffè nella caffetteria di famiglia e già all’età di dodici anni mi ero innamorato di questo mondo.bi dove ti sei formato? G.v. Dopo la formazione “familiare”, ho frequentato i corsi dell’Università del Caffè a Trieste. Quindi, è ve-nuta un’esperienza lavorativa a Londra e il percorso di studi della scae (Specialty Coffee Association of Europe), ottenendo il Coffee diploma System, per cui sono an-che un trainer autorizzato.bi nel tuo locale proponi dei caffè diversi dal solito. sei l’unico o si trovano anche altrove in Italia?G.v. Ho, tra gli altri, dei drip coffee, cioè caffè ottenuti da filtro, estratti per esempio con la chemex (vedi BOX). Assomigliano ai caffè tedeschi e americani per consi-stenza, ma a livello sensoriale sono molto più comples-si e dolci. Ci sono anche altri miei colleghi che li fanno, cercando di diffondere una cultura più ampia del caffè in Italia. bi Quali sono le nuove frontiere del caffè nel Bel Paese?G.v. I nuovi confini del caffè da noi sono legati alla dif-fusione dei caffè specialty e ai nuovi metodi di estra-zione, come appunto il drip (percolazione), il cold brew (infuso a freddo), l’aeropress (acqua e polvere di caffè in infusione diretta). In ogni caso, è importantissima la qualità del caffè.bi nel tuo locale hai una carta gourmet con i migliori caffè del mondo. G.v. È una lista in continuo aggiornamento. Piacciono molto i Centro-America e i caffè africani, dell’Etiopia e del Kenia soprattutto.bi I tuoi caffè sono tutti lavati e fermentati con meto-do tradizionale?G.v. Abbiamo caffè con diversi metodi di lavorazione: dai tradizionali lavati, semi-lavati e naturali, fino ai Red, Yellow o Black Honey o frutto di metodi come il funky natural. Ne abbiamo veramente per tutti i gusti. La no-stra miscela Vannelli (Guatemala, Nicaragua, Brasile, India) è profumata di frutta secca, cioccolato al latte e vaniglia, ottima per l’espresso e per il cappuccino.bi come si diventa un campione?G.v. Unendo studio, passione, creatività e curiosità.

esPRessodi Marta Maffi

I l caffè è stato appannaggio del mondo arabo per millenni e quello “alla turca” l’unica forma di

consumo concepita per secoli. Passato da Austria e Ungheria, paesi famosi per i loro caffè melange che fino agli inizi del ‘900 hanno dettato legge, è stato poi l’espresso a cambiare le carte in tavola nel pianeta caffè, diventando uno stile di vita tut-to italiano. Da qualche tempo, però, le cose stan-no cambiando, grazie ai baristi del Bel Pa-ese, che non sono solo sempre più bravi e professionali, ma anche aperti a tutto quello che riguarda l’universo della bru-na bevanda. Le nuove generazioni dietro il bancone non sono, infatti, più sempli-ci operatori che eseguono meccanica-mente la tradizione, ma figure com-petenti che diffondono e propagano una nuova cultura del caffè fatta di ricerca, qualità e innovazione.

Perciò, è diventata molto for-te l’esigenza di una formazione seria e approfondita, che non può limitarsi a

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I nuovi orizzonti della caffetteria italiana

Giacomo Vannelli protagonista della copertina di una nota rivista italiana. È campione Italiano Baristi per il secondo anno consecutivo (2014/2015)

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Coffee Association of europe, fino all’AICAF, Acca-demia Italiana Maestri del Caffè di Calcinato che, come altre, tengono vari tipi di corsi professionali e amatoriali, formando anche sommelier, maestri del caffè ed esperti di latte art.

Latte artÈ tutta italiana la nuova tendenza a decorare il cappuccino con cuori, fiori, animaletti e altro an-cora. Al Caffè Pasticceria Vannelli la latte-art è di casa con un repertorio di ben sessanta “figu-re” che abbelliscono dei cappuccini da applauso. Pietro Maria Vannelli, il più giovane della fami-glia, un vero talento naturale che, a soli diciot-to anni, ha già vinto il titolo italiano di latte-art e rappresenterà l’Italia ai mondiali di giugno in Svezia.cheMeX

È uno dei modi più cool di estrarre il drip caffè (cioè filtrato), che prevede l’uso della chemex, una caffettiera interamente di vetro, materiale che non assorbe odori e sapori estrazione dopo estrazione. Inventata da un chimico tedesco nel 1941, è un accessorio con un’impugnatura a pro-va di ustione arrivato da poco in Italia e divenu-to già un oggetto cult per i coffee lovers. Tra gli altri metodi di estrazione con sistemi manuali ci sono la vacuum e l’aeropress.

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Il prossimo appuntamento per gli esperti e amanti del caf-fè è The Nordic world of Coffee, evento organizzato da World Coffee Events, che ospiterà dal 16 al 18 giugno a Gothenburg le finali mondiali dei campionati world Latte Art e world Coffee in Good spirits. Uno degli sponsor ufficiali dell’evento è astoria, azienda leader nella produzione di macchine pro-fessionali di qualità per caffè espresso, che met-te a disposizione la macchina Plus4You TS, mac-

china ufficiale dei due eventi, che verrà utilizzata da bari-sti provenienti da tutto il mon-do. La Plus4You da competizio-ne vanterà una serie di features appositamente progettate per supportare i campioni che si sfideranno a colpi di latte art e signature drinks: un tribu-to all’arte del caffè a tutto ton-

do, che travalicherà i limiti della tecnica per sconfinare nell’immaginario legato al caffè. Astoria narrerà le tappe di questo entusiasmante viaggio attraverso il progetto #RoadToGothenburg, racconto che documenterà il lavoro del team e le fasi di sviluppo della macchina, fino ad approda-re in Svezia.

MondIalI del Caffè

www.astoria.com/roadtogothenburg/ blog.astoria.com/category/roadtoGothenburg/

The Nordic world of Coffee in svezia è il prossimo appuntamento per esperti e amatori

Il nostro esPerto GIurIsta

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Non sono pochi coloro che vogliono aprire una propria at-tività. Oltre ad avere le idee chiare su cosa si vuol fare, bi-sogna fondare un’impresa su un finanziamento solido. Se da una parte, infatti, è vero che oltre la metà delle nuove attività fallisce entro i primi 2 anni, è d’altra parte anche vero che infinite attività non nascono nemmeno. e, spes-so, il problema principale si manifesta nella ricerca di fonti di finanziamento. Non sono molti, tuttavia, i finanziamenti a disposizione. a parte gli incentivi statali, di cui ci occuperemo in un articolo a parte (per ulteriori informazioni bisogna con-sultare l’agenzia del lavoro di competenza territoriale, Bundesagentur für Arbeit, che offre anche i cosiddetti Exi-stenzgründerseminare), cercheremo di fare un ragguaglio dei vari modi di finanziamento di un ristorante.Il modo più semplice, apparentemente, di finanziare l’a-pertura di un locale è il prestito. Non di rado sono paren-ti, amici o conoscienti a mettere a disposizione una certa somma di denaro, spesso a condizioni ottime, perché a interesse zero (o quasi). la maggior parte dei cosiddetti Existenzgründer, tuttavia, si rivolge a una banca. Gli istitu-ti bancari appoggiano spesso il passo verso l’indipenden-za, perché sperano di poter legare l’imprenditore a lungo termine (ad esempio con un conto corrente). Per quanto riguarda i prestiti bancari, tuttavia, bisogna fare molta at-tenzione: la concorrenza tra le banche è più che mai for-te ed è, dunque, consigliabile rivolgersi a più di un istitu-to. le differenze si possono notare per quanto riguarda il tasso d’interesse (fisso o variabile), ovviamente sempre in relazione alla somma totale del prestito. Inoltre, pos-sono variare anche i presupposti relativi alle sicurezze e alle garanzie che le banche vogliono avere per il prestito. Il ricorso al capitale di terzi pone, però, 2 problemi: il pri-

mo, appunto, è quello delle garanzie. tali garanzie posso-no essere personali o reali. la garanzia personale consiste in una firma di impegno (fideiussione, Bürgschaft) da par-te di uno dei 2 soci o eventualmente di altre persone ga-ranti, a rispondere, in caso di necessità, alle obbligazioni assunte dall’impresa. le garanzie reali consistono, invece, in beni offerti in garanzia al finanziatore: nel caso di beni mobili, si parla di pegno; nel caso di beni immobili, si par-la d’ipoteca.Il secondo problema è quello relativo al costo del finan-ziamento, costituito dagli interessi passivi che il sogget-to finanziato deve corrispondere in una determinata mi-sura e in un data scadenza. Ogni impresa deve evitare di indebitarsi al punto che il costo degli interessi passivi di-venti così elevato da superare il reddito operativo e quin-di da trasformare il potenziale utile in una perdita. l’inde-bitamento deve essere cioè contenuto in una misura che non diventi eccessiva rispetto al fatturato e alla redditivi-tà dell’impresa. Oggigiorno, però, si possono consultare alcuni siti online che paragonano decine di offerte di credito per poi sele-zionarne le migliori (ad esempio: www.check24.de oppu-re www.online-kredite.com). Un’interessante alternativa sono le borse di credito privato: si tratta di crediti da pri-vati a privati relativi a un progetto. Basta registrarsi (ad esempio su www.auxmoney.com), presentare il proprio progetto e inserire i propri parametri (somma del presti-to, tasso d’interesse, rate, ecc.), per poi attendere fino a che un utente (o anche più utenti) metta a disposizione il credito. Spesso si possono ottenere condizioni migliori ri-spetto a una banca.Nel prossimo numero, invece, parleremo di forme alterna-tive di finanziamento.

dr. alessandro Bellardita, giudice (amtsgericht heidelberg)www.giurista.de

In caso di domande contattate il nostro [email protected] nell’oggetto: consigli legali

fonDare un’imPresa in germania

In questo numero proveremo a rispondere a una lettrice, che ci ha scritto le seguenti parole:“Mi chiamo M.D., vivo in Germania da 7 mesi e lavoro presso un ristorante italiano come aiuto-cuoca. Vorrei avviare un’attività imprenditoriale, aprire una piccola gastronomia, e vi chiedo, cortesemente, informazioni su prestiti o finanziamenti e sulle leggi tedesche sulla gestione di attività.”

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FOCUS GRAPPE E VINI

un dIstIllato tutto ItalIano

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di Clara Ippolito

Nel Medioevo era una bevanda casalinga che vantava proprietà risanatrici, tanto da venir

chiamata “acqua di vita”. Tipicamente ed esclusi-vamente italiana, la grappa è oggi eccellenza del Bel Paese ottenuta dalle vinacce di uve prodot-te, vinificate e distillate solo nella Penisola. Frut-to dello scarto della vendemmia, inizialmente era un prodotto povero appannaggio delle classi meno abbienti che preparavano per sé una bevanda cor-roborante. Legata sin dall’antichità all’alchimia, conserva ancora un che di magico grazie all’alam-bicco, lo strumento usato per la distillazione, che può essere a ciclo continuo, caso in cui si arriva a distillare senza interruzione una gran quantità di grappa (in maniera più industriale e a scapito del-la qualità), oppure a ciclo discontinuo, approccio artigianale e tradizionale con cui si ottengono mi-nori quantità di grappa più pregiata. Questi ultimi alambicchi vengono alimentati a fuoco diretto, a bagnomaria o con caldaie a vapore.

Durante la distillazione si esegue il taglio del-la ‘testa’ e della ‘coda’ della grappa, cioè delle sue parti più estreme sature di metanolo, un’operazio-ne importante che permette di conservare il ‘cuo-re’ dell’acquavite, ovvero la sua parte più nobile. In questa fase interviene la perizia dei maestri di-stillatori, che sanno quando raccogliere il meglio del distillato, ma la loro maestrìa si esprime an-che nella scelta della vinaccia, nel conservarla fre-sca e profumata fino al momento della distillazio-ne, nel controllo della funzionalità e nella pulizia dell’alambicco. Una volta ottenuta, la grappa viene sottoposta a pochi altri passaggi e la si può consu-mare appena estratta oppure farla invecchiare in botti di legno.

c’è graPPa e graPPa

Alla produzione della grappa possono contribuire vari vitigni e solo di recente si è cominciato a rea-lizzare distillati monovitigno con l’intento di valo-rizzare ed esaltare la qualità del prodotto. Sebbene le maggiori produttrici di grappa siano Piemonte, Veneto, Trentino, Lombardia e Friuli Venezia Giu-lia, questo distillato fa parte del patrimonio eno-logico di tutta l’Italia, dato che anche al Centro, al Sud e nelle Isole si realizzano distillati di vinacce. Dal punto di vista della classificazione ne esisto-no diverse tipologie: c’è la grappa, le grappe a de-nominazione geografica (Grappa di Barolo, Grap-pa del Piemonte, Grappa della Lombardia, Grappa del Trentino, Grappa del Friuli, Grappa del Veneto, Südtiroler Grappa/Grappa dell’Alto Adige), quelle ottenute da materie prime provenienti dalla pro-

coMe berLaPer gustare al meglio la grappa, bisogna ser-virla in un calice a forma di tulipano stretto e allungato, che consente l’ossigenazione e la percezione delle sfumatu-re aromatiche in tutta la loro complessità. I principali sapo-ri riconoscibili sono il dolce e l’amaro, mentre molti di più sono i profumi: dalla mela alla banana, alla fragola, alla frutta esotica, fino alla pesca, al lampone, alla nocciola, all’erba e alla rosa.

i nuMeriLa ricchezza alcolica minima alla quale la grap-pa si può trovare in commercio è di 37,5% vol. Per le grappe che hanno diritto alla denomi-nazione geografica il limite minimo della gra-dazione alcolica è di 40% vol. Secondo le statistiche, negli ultimi anni la produzione di grappa oscilla intorno ai 40 milioni di bottiglie.

gLi abbinaMentiInsuperabile l’accostamento

ai dolci trentini, specie allo Zelten, alla Fugaza e alla Torta di Fregolòti. Il

cioccolato rimane sempre il compagno idea-le, soprattutto con le grappe invecchiate. Con questo distillato prezioso si può addirittura pasteggiare, sebbene in piccole quantità, per-ché la sua alcolicità aiuta a pulire la bocca dai grassi. Va molto bene con la cacciagione, con i formaggi d’alpeggio o anche con quelli freschi; è perfetta per marinare, sfumare i piatti alla fiamma e deglassare i fondi di cottura, in parti-colare quelli a base di carne.

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FOCUS GRAPPE E VINI

L’interVistaGiuseppe Bertagnolli è Presidente dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino e titolare dell’o-monima, premiata azienda, fondata nel 1870. www.grappatrentinadoc.it

duzione di vini DOCG, DOC e IGT, le grappe a indicazione geografica, quelle di vitigno, le aro-matiche (contenenti piante aromatiche e frut-ta), le invecchiate (per almeno 12 mesi) e le riserve (elevate per almeno 18 mesi). Un’altra distinzione riguarda l’età e la lavorazione: la grappa è, infatti, giovane (o bianca), se imbottigliata al termine della distillazione o dopo un periodo di “ripo-so” in recipienti di acciaio o vetro, senza su-bire alcuna trasformazione; in questo caso è incolore, ha un profumo delicato, gusto sec-co e pulito. La Grappa riserva o stravecchia, di contro, è invecchiata almeno 24 mesi in fusti di legno di rovere: il suo colore va dal giallo paglierino all’ambrato carico con gusto morbido e delicato. Le aromatiche sono, infine, quelle grappe ottenute da vinacce di uve aromati-che, come il Moscato o il Traminer, mentre le aro-matizzate sono ottenute con l’aggiunta di erbe, ra-dici o frutta in grado di cedere aromi.

un Distillato Di granDe qualità

La Grappa trentina rientra in quelle a denomina-zione geografica ed è ottenuta da materie prime ri-cavate da uve prodotte, vinificate e distillate nella zona di riferimento. Ogni territorio del Trentino usa le vinacce di vitigni autoctoni, come la Nosio-la, il Teroldego, il Marzemino o il Müller Thurgau. Unica italiana certificata, è salvaguardata dall’I-stituto di Tutela Grappa del Trentino, il primo nato in Italia, organismo fondato nel 1960 che ha fatto del Territorio, della Tempestività, della Tradizione e della Tutela le sue bandie-re. Un poker di parole che racchiude la ricetta di un distillato di qualità, scrit-

ta nel disciplinare di produzione contraddistinto da un marchio, il Tridente; un’importante rego-la di autodisciplina nata dalla felice intuizione di cinque distillatori, Bertagnolli, Pisoni, Sebastiani, Segnana e Bassetti, che ne compresero già mol-

to tempo fa l’importanza. Non a caso, verso la metà del Novecento è in Trentino che fu inventato il sistema a bagnomaria, meto-do di distillazione tradizionale con calda-ia a fonte di calore indiretto opera di Tul-

lio Zadra, illustre figura locale. Peraltro, da questa regione viene solo il 10% della

grappa distillata nel Bel Pae-se, una quota che è sinoni-mo dell’altissima qualità delle acqueviti trentine la-vorate con vinaccia freschis-sima, selezionata e di gran qualità, garanzia di profumi ed eleganza dei prodotti ot-tenuti grazie anche all’inter-vento dei mastri distillatori, i soli depositari di tutti i se-

greti che fanno grande una grappa.

bi che quota di export ricopre la Grappa trentina in europa? G.B. Dati che si riferiscono al 2013/2014 rilevano un export della Grappa trentina in Europa di circa il 15%, di cui il 12% relativo alla Germania.bi In quali punti vendita siete presenti sul territorio tedesco? G.B. Uno dei nostri associati è presente in quasi tutta la Germania, gli altri sono presenti a macchia di leopardo in particolare presso alcuni importatori.bi Qual è la caratteristica fondamentale che distingue la vostra grappa dalle altre prodotte in Italia? G.B. È l’unica grappa italiana certificata, garanzia per il consumatore che il prodotto deriva da vinacce vinificate e distillate in Trentino entro dicembre, a garanzia della freschezza della materia prima e di una grappa morbida e molto persistente. bi Il mondo del bere moderno è dominato dalla mixology. Quale spazio trova la grappa nella moda contem-poranea dei cocktail? G.B. Grazie alla morbidezza della Grappa trentina si cominciano a trovare cocktail davvero piacevoli. Le più usate sono quelle di Moscato, di Gewürztraminer e le invecchiate. bi non mancano contraffazioni anche nel mondo dei distillati. Qual è, secondo lei, la via più efficace per combattere la sofisticazione? G.B. Purtroppo una delle grandi pecche dell’Italia è la mancanza di controlli. Paesi vicinissimi a noi, Slovenia e Croazia, usano indisturbati il termine Grappa, notoriamente solo italiano. Per non parlare di Israele e Stati Uniti d’America. Come combatterle? Bisognerebbe rivolgere la domanda ai nostri cari politici.

istituto naZionaLe grappaÈ stato fondato nel 1996 a Pavia e vi aderiscono l’Istituto Grappa Piemonte, l’Istituto Grappa della Valle d’Aosta, l’Istituto Grappa Lombarda, l’Istituto Grappa Veneta, l’Istituto Tutela Grappa del Trentino, l’As-sociazione Produttori Grappa dell’Alto Adige e numerosi singoli produttori.

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FOCUS GRAPPE E VINI

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Preparazione affettate lo scalogno sottilmente, mettetelo in una casseruola con l’aglio e il timo, quindi aggiungete il Madeira e la Grappa. Fate ridurre della metà, quindi pulite i fegatini privandoli del grasso, metteteli nel mixer insieme alla riduzione che avrete filtrato, insieme alle uova, al burro e al sale; frullate fino a ottenere un composto liscio che, dopo essere stato nuovamente filtrato, andrà cotto in una terrina precedentemente bardata con il lardo. cuocete in forno a vapore a 85° c per 70 minuti; togliete dal forno e abbattete la temperatura in positivo. ta-gliate poi delle fette alte 2 cm e, con l’aiuto di un coppapasta piccolo, ricavate dei cilindretti; passateli nella gra-nella di nocciole e rifinite con il succo di frutto della passione e una foglia di dragoncello.

ingredienti per 8 persone500 g di fegatini500 g di burro16 g di sale100 g di scalogno100 g di Madeira150 g di Grappa Segnana Solera Selezione6 uova1 spicchio di aglio rosa2 rametti di timo100 g di granella di nocciole 4 frutti della passionedragoncello

parfaiT di fegaTini alla grappa segnana solera selezione, noCCiole e fruTTo della passione

La ricetta

la GraPPa nel PIattoalfio Ghezzi è trentino DOC e patron della Locanda Margon, ristorante delle Cantine Ferrari; allievo di Gualtiero Marchesi e Andrea Berton, con perizia e passione si è guadagnato ben presto la stella Michelin. Tra gli ingredienti di questo suo piatto figura la Grappa Segnana Solera Selezione, una particolarità nel panorama italiano, perché è la prima ad aver applicato il metodo Solera a un distillato. È frutto di un blend di 5 annate diverse ed è fatta con le vinacce impiegate per la produzione delle bollicine Ferrari (Chardonnay per il 40% e Pinot Nero per il 60%). Matura per un lustro in pregiati legni americani ed europei che le conferiscono sentori speziati e vanigliati, ma anche un intenso colore ambrato. Qui dà un tocco di classe e preziosità al piatto.

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FOCUS GRAPPE E VINI

VINI dolCI

infatti, solo dagli anni Ottanta che vengono pro-gressivamente riscattati, pur rimanendo un pro-dotto di nicchia.

Di fatto, nella produzione vinicola italiana questi vini speciali occupano un posto importante e rappresentano il vertice dell’arte del vinificatore.

Ve ne sono di varie tipologie, a cominciare dai vini dolci naturali, prodotti con uve di vitigni aro-matici, come il Brachetto e il Moscato, per i qua-li viene bloccata la fermentazione in modo da au-mentarne il gusto zuccherino.

di Clara ippolito

Sono una grande famiglia di vini che più di al-tri esigono da chi li produce perizia, cura e pa-

zienza. Virtù che disegnano sin dalla vigna ritratti di prodotti unici, liquidi preziosi nati dalle uve e dalla mano dell’uomo, oltre che dall’intervento del tempo che ne scolpisce i profili. E dire che per tan-to tempo sono stati incompresi e snobbati perché ritenuti troppo carichi di zuccheri, quando invece la dolcezza è segno di sostanza. Molto di moda nel XIX secolo, nel ‘900 cadono in disgrazia divenendo sinonimo di cattivo gusto e scarsa raffinatezza. È,

Ad affiancarli troviamo i vini passiti, realizzati con uve lasciate ad appassire sulla pianta oppure, dopo la raccolta, all’aperto o anche al coperto. Nel primo caso i grappoli restano in vigna per giorni e, dopo l’appassimento, vengono pressati e vinificati, operazione cui segue un periodo di fermentazione e affinamento che in molti casi dura anni.

L’appassimento all’aperto è tipico delle regio-ni molto calde come la Sicilia (Lipari e Pantelleria soprattutto), mentre la stragrande maggioranza dei passiti del Bel Paese è frutto dell’appassimen-to al coperto.

Altra cosa sono i vini muffati, nome di certo poco poetico, che non rimanda a un prodotto an-dato a male, bensì alle uve che in regioni con de-terminate condizioni climatiche subiscono l’ag-gressione di una muffa (la botrytis cinerea, per cui i vini sono detti anche botritizzati), che esalta la quantità di zucchero degli acini. A chiudere il vir-tuoso cerchio ci sono i vini liquorosi, che sono rea-lizzati con aggiunta di alcol oppure di mosto cotto.

sweet italia

Partendo dal Nord si può tracciare una geografia della dolcezza.

In Val d’Aosta si trovano il Blanc de Morgex et de La Salle e lo Chambave Moscato Passito, in Piemonte il Moscato d’Asti, il Brachetto d’Acqui, il Loazzolo, la Malvasia di Casorzo e l’Erbaluce di Caluso, mentre in Lombardia si possono assaggia-re il celebre Moscato di Scanzo, il Sangue di Giu-da e lo Sfursat, un passito secco prodotto in Val-tellina. Vanto della Liguria è lo Sciacchetrà delle Cinque Terre, dell’Emilia Romagna l’Albana, del Trentino Alto Adige il Vin Santo (solo omonimo di quello toscano) e il Gewürztraminer passito. Non è da meno il Veneto con il suo magnifico Recioto della Valpolicella e il Recioto di Soave, cui fa eco la tradizione del Friuli in cui si distinguono il Passito Ramandolo, il Verduzzo e il Picolit.

I GIoIellI dell’enoloGIa ItalIana

doVe berLiDalla classica coppa, adatta ai vini spumanti dolci, si passa a bicchieri che hanno in comune il gambo lungo e un calice piuttosto ampio che si restringe verso l’alto, forma che impedisce di scaldare il vino con la mano, permetten-do di percepire i profumi al meglio. Di solito le gamme aromatiche vanno dal floreale alla frutta matura o candita; nei passiti da uve rosse, la ciliegia sotto spirito predomina, mentre nei bianchi primeggiano le note di rosa e di fiori di campo; molto comuni i richiami di fichi secchi, albicocca, pesca e frutta esotica. Il colore varia per i bianchi dal dorato all’ambrato profondo, nei rossi va dal porpora al granato scarico.

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MarsaLa, una Leggenda tutta itaLianaNel 1773 John Woodhouse approdò con la sua nave per via del maltempo nel porto di Marsala. Una vol-ta sbarcato, festeggiò lo scampato pericolo in una bettola, dove assaggiò un vino molto buono, acqui-standone una partita da vendere in patria. Per conservarlo durante il trasporto aggiunse alle botti una quantità di alcol, aumentando la gradazione del vino. Questa la storia del Marsala, un vino liquoroso di successo legato dal 1832 al primo suo grande produttore siciliano Vincenzo Florio, progenitore dell’o-monima azienda. Il Terre Arse DOC è un Marsala Vergine, magnifica espressione di uve Grillo, ottimo distillato di vino e almeno 8 anni di affinamento in piccole botti di rovere. Perfetto come aperitivo (8°-10° C) con del pe-sce affumicato, della bottarga e dei formaggi a pasta dura, per il dessert e da meditazione va bevuto a 14°-16° C. È un nettare di gran classe.

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FOCUS GRAPPE E VINI

Il Centro Italia vede in pole position la Tosca-na con il famosissimo Vin Santo e l’Elba Aleatico, cui fanno eco l’Umbria, dove primeggia il Monte-falco con il Sagrantino Passito, e le Marche con la Vernaccia di Serrapetrona. L’Abruzzo e il Molise, invece, vantano il Controguerra Passito, il Lazio l’Aleatico di Gradoli e il Frascati Cannellino, men-tre la Campania ha dalla sua la Falanghina, il Pie-dirosso Passito e il Sannio Moscato. Seguono Ba-silicata e Puglia con il magnifico Moscato di Trani e l’Aleatico di Puglia.

La Calabria è terra di Greco di Bianco, mentre la Sicilia è celebre per il Marsala, il Moscato di Si-racusa, la Malvasia delle Lipari e l’arcinoto Passito di Pantelleria.

Da Dessert o Da meDitazione?

Le varie etichette affibbiate ai vini dolci (termi-ne di per sé molto vago) non hanno fatto altro che creare delle barriere nel consumatore. È opportu-no dunque chiarire che questi vini con le loro va-rie tipologie possono andar bene a tavola dall’an-tipasto al dolce: basta saper scegliere. Un Marsala vergine, per esempio, è perfetto come aperitivo, il

Picolit va a nozze con il fois gras, mentre un Fra-scati Cannellino si sposa a meraviglia con degli spaghetti cacio e pepe, così come un Sagranti-no passito con un cinghiale dolce forte; i dessert, ovviamente, sono predestinati a incontrare i vini dolci a fine pasto. Naturalmente possono anche essere assaporati da soli, in tutta tranquillità, “me-ditando” sulle loro preziose sfumature olfattive e gustative; sono vini meravigliosi, anche educativi perché, visto il loro grado alcolico, spesso superio-re ai 14°-15° C, vanno bevuti in piccole quantità, in-segnandoci così, con dolcezza, la moderazione al consumo del vino.

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estasI Moscato dI tranI doc - Franco de FIlIPPo

Il nome di questo nettare paradisiaco è più che mai calzante, perché descrive in un attimo le sensazioni elargite al pa-lato: merito di un vitigno nobile e antico, le cui uve appassiscono in piante baciate dal sole di Puglia. È frutto di grappoli generosi oltre che della passione del produttore che, cattolico fervente, attribuisce parte del meri-to alla Divina Provvidenza che lo “illumina e lo assiste nel lavoro”, come ama dire. Luminescente e dorato, profuma di frutta e fiori bianchi, ricordando a tratti frutti esotici e mandorle. Aristocratico ed elegante, la sua dolcezza non è mai stucchevole grazie a un’acidità e una mineralità in perfetta armonia tra loro. È amore a prima vista con le crostate di frutta, i dolci da forno e i gelati, ma non disdegna i formaggi di media stagionatura. www.moscatotrani.it

sCelTo per voi

ingredienti per 6-7 tortini145 g di farina145 g di zucchero145 g di burro fuso2 uova grandisucco e buccia spessa di un’arancia biologica a polpa arancionebuccia di un limone8 g di lievito in polvere2 cucchiaini di estratto di vaniglia1 pizzico di sale

Per servirecrema inglesespicchi di arance biondebucce d’arancia

Preparazione Mettete in una ciotola la buccia d’arancia e il suo succo filtrato, la buccia di limone e un cucchiaino di vaniglia. Mescolate bene, coprite e lasciate riposare almeno mezz’ora. Fondete il burro e lasciate raffreddare. Montate le uova con lo zucchero e il cucchiaino di vaniglia fino a che non sono spumose. Preriscaldate il forno a 160° c. Unite a filo il burro fuso freddo, quindi sempre a filo la marinatura di agrumi e, infine, la farina setacciata insie-me al lievito e il sale, poco alla volta. Imburrate e infarinate i pirottini, riempendoli fino a che la superficie non sia piatta. cuocete per 30 minuti, senza aprire il forno. Poi fate riposare ancora 2 minuti. Servite i tortini tiepi-di su un letto di crema inglese con degli spicchi e delle strisce di scorza d’arancia bionda.

TorTino all’aranCia

La ricetta

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PIcolIt docG - la tunella

Fu Luigi Veronelli ad attribuire al Picolit l’appellativo di “vino da meditazione”, descrivendolo così nel 1959: “Fermo e aristocratico, ha nerbo deciso e stoffa alta”. Questo dell’azienda La Tunella è all’altezza della defi-nizione ed è espressione di una vendemmia tardiva in cassette con appassimento naturale e botritizzazione di 2 mesi. Il riposo in barrique da 225 litri per oltre 2 anni lo rende un gioiello prezioso: alla vista emana una luce dora-ta, mentre al naso regala profumi di miele, fichi secchi

e composta di frutta bianca. In bocca avvolge il palato con la sua dolcezza e il suo calore, mai stucchevole e sempre elegante. Ha una predisposizione per il fois gras, benché sia compagno idea-le della pasticceria secca, come pure di tortini di frutta, alla pesca o all’arancia, come quello qui proposto. Bevuto da solo, ha un che di mistico. www.latunella.it

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ricette di successo santo palamara della friulana a monaco

ristorante, Pizzeria e weinimport Friulana titolare: Santo Palamaraanno di fondazione: 2002dipendenti: 7sede: Zenettistr. 4380337 Monaco di Bavieraposti: 75 interni, 24 all’esternocaratteristiChe: Cucina italiana e calabresespeCialità: Tagliata di carnewww.friulana.de

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di pesce della tradizione italiana fino a quelli che San-to stesso crea, come ad esempio il sugo per pasta alla Zingara (senape, pomodori secchi di Calabria e ton-no) o gli gnocchi al cartoccio (sugo ai frutti di mare con gnocchi al cartoccio passati poi in forno). Il piatto forte che spinge addirittura diversi clienti a venire da fuori città per gustarlo è la tagliata di carne, prepara-ta facendo bene attenzione alle scelta e alla frollatura della materia prima.

La riprova dell’impegno profuso nel diffonde-re la cucina italiana di qualità è stata l’assegnazione del marchio “Ospitalità italiana”, a cui si è aggiunto nel marzo scorso, in occasione della Fiera ProWein di Düsseldorf, il titolo di “Ristoratore Italiano d’ec-cellenza e Ambasciatore del Made Italy” in Germa-nia conferito alla Friulana dalla DE.S.A (Deutschland sommelier Association).

La carta dei vini, dicevamo, è un altro fiore all’oc-chiello del suo locale. Il vino è una delle passioni di Santo a cui, da buon conoscitore ed estimatore, de-dica molta attenzione e molte energie attraverso una serie di attività: si va dallo shop online dove si posso-no acquistare oltre 270 tipi di vino, alla sua attività di importatore di vini di medio/alto livello dall’Italia e di commercializzazione dei vini di circa 35 cantine ita-liane soprattutto ai ristoratori in Baviera. Per alcune case vinicole Santo è l’importatore esclusivo, come il Feuduccio di S. Maria d’Orni in Abruzzo, la Cantina Malaspina in Calabria, Marega in Friuli; mentre per alcuni colleghi ristoratori Santo cura la carta dei vini,

per altri organizza le degustazioni in cui spiega l’ab-binamento di un vino a delle pietanze o presenta un vino di una determinata regione. L’ulteriore sviluppo di questo concetto sono, a par-tire da maggio, i corsi di avvicinamento al vino di-stribuiti in 6 serate fino a luglio prossimo, organiz-zati da Santo in collaborazione con un enologo e un sommelier, a cui possono partecipare, a pagamento, semplici amanti di vini e spumanti ma anche risto-ratori che vogliono saperne di più sull’abbinamento vino/pietanze, a quale temperatura servirli, ecc. I cor-si si terranno presso il Bar-Ristorante Adriano in Arabellastrasse 19, locale nato 4 anni fa di cui San-to è socio insieme a Fabrizio Musco e Lorenzo Pietri. Qui si offre servizio di caffetteria, gelati e pasti veloci per chi non ha molto tempo durante la pausa pranzo e desidera mangiare qualcosa di preparato al momen-to con un ottimo rapporto prezzo-qualità e in tempi brevi. Al concetto ha pensato Santo ottimizzando al massimo i tempi: “Tra l’arrivo del cliente a quando si

di Mario Trabalza

Ristoratore, cuoco, importatore di vini, gelatiere, consulente. Santo Palamara è una figura profes-

sionale a tutto tondo e il suo percorso professiona-le nel mondo della ristorazione rappresenta un bell’e-sempio di professionalità, successo e innovazione in nome della varietà e della qualità. Andiamo a trovare Santo nel suo ristorante Friulana, locale a Monaco di Baviera che gestisce insieme a sua moglie Alida dal 2002. Da uomo del Sud dotato di uno spiccato sen-so dell’ospitalità, davanti a una tazzina di caffè, San-to ci racconta le tappe della sua vita iniziata in Ca-labria: le scuole regionali e l’abilitazione a insegnare da cuoco, la gestione di mense scolastiche, il trasferi-

mento a Roma e poi, per caso, l’arrivo a Monaco di Ba-viera, dove si è stabilito. “Sono venuto qui in vacanza da amici e alla fine, senza averlo messo in conto, sono rimasto”, racconta Santo.

Il primo tassello della sua attività in terra tedesca è stato l’apertura della Friulana, locale di livello cono-sciuto e apprezzato in città per le sue pietanze e per la carta dei vini, prestigiosa e variegata. “Nel nostro lo-cale i clienti non entrano perché ci passano per caso. Non è sulla strada principale e quindi è frequentato da clienti fissi o nuovi grazie al passaparola” specifi-ca il nostro interlocutore. Ad attirare gli avventori è la cucina di livello, dai piatti calabresi a quelli di carne e

Santo Palamara ci ha accolti nel suo locale e con grande simpatia ci ha raccontato di sè e dei suoi molteplici progetti

Ristoratore a 360°Ristorante, Pizzeria e Weinimport Friulana, un ambiente caldo e familiare a Monaco di Baviera

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ricette di successo santo palamara della friulana a monaco

siede a mangiare passano al massimo 4 minuti. Il cliente può scegliere tra panini, tramezzini, insalate, un piatto di verdure calde e un primo di pasta fresca cucinata al momento che cambia quotidianamente per 5,50 euro.” La qualità è una costante che caratte-rizza le attività di Santo: nella freschezza dei prodot-

ti di base utilizzati nei suoi locali, nelle paste fresche preparate dal suo team, piuttosto che nel gelato e nei prodotti di pasticceria con cui delizia il palato dei suoi avventori. Da appena un anno infatti Santo ha messo su un laboratorio per produrre gelato per i suoi loca-li, ma anche per altri 9 locali italiani di Monaco da lui riforniti. Per non restare fermi con la produzione in inverno, quando il gelato va in letargo, Santo produce cantuccini, biscotti, torte e prodotti da pasticceria. L’i-dea, ancora in sviluppo, è quella di creare una linea di prodotti da vendere sotto un marchio che ne contrad-distingua l’originalità. “Zio santo è il nome della linea di prodotti che ho pensato e che ho iniziato a perso-nalizzare.” Per chiudere il cerchio, Santo svolge anche l’attività di consulente. Ha sviluppato un concetto per una mensa di alto livello sul modello di Adriano, come lui stesso ci spiega: “C’è il front cooking, il rapporto impersonale con il cliente è ridotto al minimo. Ho tol-to l’uso dei vassoi asettici e impersonali e le porzioni standardizzate. Il cliente riceve il piatto direttamente in mano, c’è maggiore flessibilità sulle porzioni: chi vuole mangiare di più o di meno di una pietanza può farlo, così come può combinare le pietanze. La pasta e la pizza vengono cucinate al momento e il cliente en-tro 6 minuti viene servito.”

La conversazione con Santo è terminata. C’è mol-to da imparare da lui, dalla passione che ci mette nel-le sue diverse attività, dalla sua flessibilità, apertura mentale e attenzione nel cercare nuove soluzioni per soddisfare la clientela mantenendo però sempre alta la qualità, punto imprescindibile per avere soddisfa-zione e successo. Infatti, come lui ama precisare, “la qualità è la base di tutto. Il resto viene automatica-mente.”

tra le tante speciali-tà del ristorante c’è la tagliata di carne

sagRantIno vino d’Umbriadi Valeria Vairo

Se si passeggia a Montefalco seguendo il percorso in-torno alle sue mura medioevali, si gode il panora-

ma di vigneti e spazi ampi delle valli umbre. Non a caso questo luogo è chiamato “Il terrazzo dell’Umbria”.

Noi siamo stati invitati dal Consorzio Tutela Vini di Montefalco in collaborazione con l’agenzia H+P Public Relations GmbH (www.hup-publicrelations.de) a co-noscere la ridente cittadina umbra, ma soprattutto il suo più illustre e antico abitan-te, legato al paese fin dall’e-poca romana: il Sagrantino. Questo vino dalla grande intensità, concentrazione e capacità di invecchiamento grazie all’elevato contenu-to polifenolico pare debba il

suo nome ai Sacramenti (dal latino sacer - Sacro). L’uva, secondo la prima ipotesi, veniva coltivata dai frati che ne ricavavano un passito destinato ai riti religiosi, mentre la seconda ipotesi lega il nome ai sacramenti perché era il vino che i contadini tiravano fuori in occasione delle festività e delle ricorrenze religiose, come la Pasqua o il Natale. La zona di produzione comprende l’intero ter-

ritorio dei comuni di Montefalco, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, siti in provincia di Perugia.

“Quando si assaggia il Sagranti-no non si scorda più e lo si riconosce anche a occhi chiusi” è il monito dei produttori, ed è vero perché la sua grande espressione gustativa segna-ta dal tannino deciso lo rende unico,

...a Montefalco

Quando iL Vino diVenta artePer giungere alla Tenuta Castelbuono (www.tenutacastelbuono.it), una delle tenute Lunelli, si percorre un percorso disseminato di opere d’arte fino ad arrivare a un’enorme tartaruga che emerge dal centro della terra e racchiude, protegge e ospita la cantina Castelbuono dove arte enologica e figurativa si completano.La cantina-scultura è del famosissimo Arnaldo Pomodoro che ha usato materiali che cambiano e maturano con il tempo come il rame e il legno e che possano riflettere così la maturazione e la natura viva del vino. Il guscio della tartaruga era infatti all’inizio molto brillante; ora, con il tempo, si sta scurendo fino a quando diventerà verde e si confonderà con la natura circostante. Le sorprese non sono finite però, l’interno con la sua struttura in legno è imponente e scendendo nella cantina, dove il vino viene tenuto a maturare, ci si ritrova in un ambiente circolare dalla grande spiritualità, le botti pulite e ordinate a “riposare” sotto un soffitto azzurro che simboleggia il cielo.Ma il carapace, non bisogna dimenticarlo, è soprattutto una cantina dove si producono vini importanti: il Sagrantino, il Carapace Monte-falco Sagrantino DOCG, il Lampante Montefalco Rosso Riserva, lo Ziggurat, Montefalco Rosso e infine il Montefalco Sagrantino Passito.La tenuta nasce da un innamoramento della famiglia Lunelli, da tre generazioni alla guida delle cantine Ferrari, per il Sagrantino e la sua terra. Dal 2014 è certificata biologica. Altre Tenute della famiglia Lunelli sono: Margon in Trentino, Podernovo in Toscana.

Dal "terrazzo dell’Umbria" alla scoperta del sagrantino

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Vini di MonteFaLco

MontefalCo bianCo docVino bianco a base di Grechetto, l’altra uva tipica dell’Umbria, e Trebbiano. Agli aromi e ai sapori confe-riti dal Grechetto, si accompagna la nota di freschezza tipica del Trebbiano.abbinamento: Consigliato con antipasti magri, mine-stre in brodo e asciutte, pesce e carni bianche.temperatura di servizio: 10° Cuvaggi: Grechetto minimo 50%, Trebbiano dal 20 al 35%, altre uve autorizzate 0-30%.

MontefalCo rosso docIn questo vino il Sangiovese si sposa con il Sagranti-no che apporta tipicità e struttura a un vino da tutto pasto.abbinamento: Consigliato con primi piatti, carni arro-sto e alla griglia, pollame nobile.temperatura di servizio: 16° Cuvaggi: Sangiovese dal 60 al 70%, Sagrantino dal 10 al 15%, altre uve autorizzate 15-30%.

MontefalCo sagrantino docgÈ un vino di grande struttura ottenuto esclusivamente da uva Sagrantino. Grazie al ricchissimo corredo di polifenoli e di tannini, questo vino ha una longevità straordinaria. Necessita quindi di un lungo periodo di affinamento nel legno prima, nella bottiglia poi.abbinamento: Carni alla griglia, con salse brune, cacciagione.temperatura di servizio: 18° Cuvaggi: Sagrantino 100%

MontefalCo sagrantino passito docgDall’omonima uva Sagrantino si ottiene anche il tradizionale passito. I grappoli vengono scelti accurata-mente e messi a passire su graticci per almeno 2 mesi. Quindi si vinifica fermentando il mosto con le bucce. Si ottiene così un vino passito molto particolare perché, pur essendo un vino dolce, rimane asciutto grazie al suo patrimonio tannico.abbinamento: Vino da meditazione, si accompagna a formaggi stagionati o dolci secchi.temperatura di servizio: 12° Cuvaggi: Sagrantino 100%

così come gli uomini e le donne di grande passione che lo producono.

Il Sagrantino non è affatto un vino facile, ha biso-gno di grande cura e attenzione per la sua ricchezza di tannini, che soltanto se maturano completamente por-tano a termine le trasformazioni che permetteranno la diminuzione dell’astringenza propria della loro natura e raggiungono quella struttura adatta percepita in bocca come volume e sensazione di vellutato.

Omero Moretti, fondatore dell’azienda agraria Moretti omero (www.morettiomero.it), conferma “la vendemmia si deve fare tutta a mano, per il Sagrantino ci vuole passione”. Lui dal 1992 ha ottenuto per i suoi vini e olio la certificazione biologica, ed è tanto orgoglioso del suo nome che ha inserito in ogni etichetta un verso dell’Odissea. Come spesso accade decisioni importanti nascono da semplici considerazioni, e così la moglie di Omero, infermiera, si preoccupava della salute del mari-to e gli consigliò di “diventare biologico”.

I suoi vini sono il primo approccio al Sagrantino del viaggio. Un ottimo inizio.

La cantina lungarotti (www.lungarotti.it) è ca-ratterizzata da orgoglio e cura tutti femminili. “Da quando non c’è più mio padre siamo io, mia mamma e mia sorella a gestire le Tenute, tra cui quella di Monte-

formaggi. Lungarotti non è solo arte nella vinificazione, ma anche cultura: infatti la Fondazione Lungarotti (cre-ata da Giorgio Lungarotti e sua moglie Maria Grazia) ha fondato già nel 1974 il MUVIT, Museo del Vino, e inau-gurato il MOO nel 2000, Museo dell’Olio a Torgiano.

La passione proprio per il Sagrantino e la sua terra incantata è stato l’impulso per Peter Heilbron e la sua fa-miglia a cambiar vita e ad avverare un sogno. Dalla cao-tica Milano si sono trasferiti su una meravigliosa collina vicino a Torre del Colle dove Peter ha stabilito la Tenu-ta Bellafonte (www.tenutabellafonte.it), il suo “quar-tier generale”. Produce per il momento solo il Collenotto-lo, un Sagrantino, la cantina è molto giovane. “Cerco di fare un’agricoltura più naturale possibile” ci spiega Peter, infatti la tenuta dispone di pannelli fotovoltaici e di una caldaia a biomassa che utilizza anche i residui vegetali prodotti nei campi durante le potature.

Le cantine visitate sono tante, tutte fantastiche per i vini di qualità e la calda accoglienza che ci hanno ri-servato. Tra loro vorrei anche citare l’azienda agricola Perticaia (www.perticaia.it), dove Guido e Angela Guardigli ci hanno fatto degustare i vini accompagnati da un ottimo pranzo cucinato da loro e l’azienda agraria scacciadiavoli (www.scacciadiavoli.it), oggi gestita dai giovanissimi cugini Liù e Iacopo Pambuffetti, quar-ta generazione della famiglia che oltre agli altri vini ci hanno fatto degustare le bollicine di Sagrantino, lo Spu-mante Brut Metodo Classico (Sagrantino 85% e Char-donnay 15%) e infine Colle Ciocco (www.colleciocco.it/de), dove abbiamo cenato accompagnati dagli ottimi vini e dalla simpatia di Lamberto e sua moglie e di Eli-seo Spacchetti, figli di Settimio Spacchetti che fondò l’Azienda Agricola nel 1935.

falco” spiega Chiara Lungarotti, che alla mia domanda sulle difficoltà di essere donne nel mondo del vino mi ri-sponde che si tratta di una sfida ad essere sempre preci-se, aggiornate e attente ai minimi dettagli in vigna, in cantina e nel pakaging per non farsi mai trovare impre-parate. “È con la preparazione e la serietà che si dimo-stra il risultato” spiega. E il risultato c’è. Infatti anche in terra tedesca Lungarotti è un nome conosciuto: “Siamo in Germania dagli anni ‘70, uno dei nostri vini, il san-giorgio, nacque proprio dalla curiosità di mio padre sol-leticata da un nostro importatore del tempo. Per noi la Germania è un mercato molto importante.” Chiara con-siglia di abbinare il Sagrantino alla selvaggina come la lepre, il fagiano o il cervo e il capriolo e, siccome regge molto bene i sapori intensi, anche a salse importanti e ai

la buccia spessa e ricca di tannini del Sagrantino rappresenta una barriera per muffe e parassiti.Sotto: Omero Moretti e la figlia Giusy dell’Azienda Agraria Moretti Omero

Peter heilbron, il fondatore di Tenuta Bellafonte, ci fa assaggiare il suo ultimo vino

chiara lungarotti, ceO delle tenute di famiglia, ci racconta di quanta cura e attenzione necessita un vino come il Sagrantino

consorZio tuteLa Vini MonteFaLco Il Consorzio è responsabile del coordinamen-to con i produttori locali e li guida sia nella costante ricerca della qualità sia nella promo-zione dei vini espressione del loro territorio. Ha il compito di garantire gli elevati standard di produzione, di promuovere sia il Monte-falco Sagrantino DOCG sia il Montefalco DOC nel mondo e di consolidare la notorietà acquisita dai vini di Montefalco. Attualmente i soci del Consorzio sono 227, di cui 56 cantine di aziende di grande prestigio, alcune storiche e altre emergenti.www.consorziomontefalco.it

lamberto e eliseo Spacchetti di Colle Ciocco, liù Pambuffetti di Scacciadiavoli e i coniugi Guardigli di Perticaia

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storia di copertina pizza

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All’Internorga 2015 il Gran Finale del Giropizza

di Valeria Vairo

Anche quest’anno all’INTERNORGA - fiera lea-der in Europa per la ristorazione, hotellerie, pa-

netteria e pasticceria ad Amburgo - ha avuto luogo il gran finale del Giropizza, campionato europeo del-la pizza organizzato dalla rivista italiana Pizza e Pa-sta Italiana e dalla Scuola Italiana Pizzaioli di Caorle. Ma quest’anno c’è stata una novità: buongiorno ita-lia è stato invitato a partecipare come giuria. Ben 26 concorrenti provenienti da Italia, Austria, Germania, Norvegia, Danimarca, Svizzera e Svezia, vincitori del-le varie tappe precedenti del Giropizza, si sono contesi il titolo di “Miglior pizzaiolo d’Europa”.

Due tendenze sono emerse dalla finale del 2015: tanti pizzaioli giovani e giovanissimi, ma già con un buon percorso formativo alle spalle e quindi molto preparati, e pizze dagli impasti nuovi e dai topping particolari con prodotti di rilievo e tipicità italiane anche a Km 0.

Il concorso rispecchia dunque il trend del mo-mento, quello dell’utilizzo di farine sempre meno raf-

finate, più salutari benché più complicate da gestire, e di prodotti d’eccellenza da offrire e far conoscere ai clienti.

“Non ci si può improvvisare pizzaioli ormai, ci sono tante cose che bisogna conoscere a fondo per of-frire un buon prodotto” - spiega Graziano Bertuz-zo, istruttore della Scuola Italiana Pizzaioli dal 1984 e pluricampione del mondo - “L’utilizzo di farine di-verse, tra cui quelle più grezze o quelle per celiaci, per esempio, implica la conoscenza del prodotto, delle sue reazioni, delle sue qualità e del modo in cui va tratta-to. Non ci si può più permettere di essere impreparati.”

Il compito di noi 8 giudici non è stato facile, ab-biamo giudicato il gusto e la cottura. Abbiamo assag-giato dunque davvero tante pizze, un tripudio di sapo-ri amalgamati spesso molto bene e a volte arrotondati da un vino particolare; alcune ci hanno colpito in par-ticolar modo.

Francesco Giordano di Brescia della pizzeria serenella ha proposto un’ottima rivisitazione della piz-za margherita: mozzarella fiordilatte, filetto di pomo-

doro San Marzano e una spolverata di scaglie di gra-na prima della cottura. Poi, una volta uscita dal forno, l’aggiunta di ciliegine di mozzarella di bufala da 30 grammi l’una, accompagnate da un cucchiaio di olio d’oliva dell’Irpinia. La pizza gli ha fatto guadagnare il primo posto.

Gianluca Graci, di Licata, ha proposto la piz-za “Robba” con topping a Km 0 di tutte specialità si-ciliane: Vastedda della valle del Belice DOP, Aspara-go sovrano, Guanciale di Suino Nero dei Nebrodi e Mandorla d’Avola. Bella la ricerca e l’abbinamento di eccellenze tradizionali su un impasto anch’esso com-posto da farine variegate.

Marco degli Schiavi da Latina ha presentato la pizza “Fantasia dell’antica culla” con mozzarella, fior-dilatte, capesante, crema di zucchine e salmone, zuc-chine fresche alla julienne e tartare di gamberi rossi conditi con limone.

Tra tanti sapori più o meno felicemente combi-nati e cotture più o meno riuscite siamo arrivati alla premiazione.

I concorrenti si sono sfida-ti per il titolo di “Miglior Pizzaiolo d’europa”

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1°posto elio corsi della pizzeria Pizzacrudo di oslo (norvegia) - Pizza tartufo e carpaccio: crema di funghi shitake, carpaccio di bufalo, rucola, carpaccio di manzo, tartufo fresco. A pari merito, Giordano Francesco della pizzeria Serenella di Brescia - Pizza san Marzano: olio EVO, mozzarella, fiordilatte, filetti di pomodoro San Marzano marinato, basilico, grana, ciliegie di bufala.2°posto alessio Bertolucci della pizzeria Ale’s Pizza di Massa carrara - Pizza Boscaiola: crema di tartufo, lardo, mix di funghi trifolati e freschi, salsiccia nostrana e pecorino stagionato dopo cottura.3°posto erik cattaneo di Catta la pizza di alme (Bergamo) - Pizza orobie: mozzarella vaccina, taleggio, porcini di castagno, cipolla rossa di Tropea, origano, salame cacciatore.

I campionidella piZZa

Primi classificati: Giordano Francesco (a sinistra) ed elio corsi

Da sinistra: alessio Bertolucci ed erick cattaneo, rispettivamente 2° e 3° posto; un momento del workshop sulle farine

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interVista a nicoLa diana Il rIstorante dIana a Bad schwartau

Ha concorso con la “Pizza “Nico” con provola, mozzarella fiordilatte, sala-me piccante, funghi champignon e parmigiano reggiano.Nicola è nato a Lubecca da genitori della Basilicata. “Ho sangue del Sud” - ci racconta - “abbiamo un ristorante pizzeria e io 6 anni fa ho frequentato la scuola alberghiera in Germania. Sono cuoco, poi ho conosciuto qui un signore che ha una Pizza Schule e mi sono affiancato a lui per imparare. È stato lui a insegnarmi i diversi impasti e i primi passi della pizza acrobatica. bi Cosa vuol dire per Lei essere qui oggi? N.D. Per me è un’esperienza importantissima perché la pizza è passione. Sono proprio nato nella gastronomia: quando avevo 3 anni i miei genitori avevano il primo ristorante pizzeria e io sono cresciuto nella cucina.

interVista a ciro giordano PIzzerIa la caMPanella in GaIlInGen aM hochrheIn

Si è presentato con la Pizza “Friarilella”, con mozzarella, speck, cime di rapa, parmigiano reggiano e pomodorini soleggiati. Ciro viene dalla provincia di Salerno ed è arrivato in Germania nel 1965 a 17 anni. Ha lavorato prima come muratore e poi come cameriere, per poi comprare un locale. “Sono an-dato subito a fare un corso alla Scuola Pizzaioli di Caorle e mi sono innamo-rato di questo mestiere.” Ciro ha infatti la pizzeria da 38 anni. Oltre a gesti-re la pizzeria, insieme al suo collaboratore Marco Lo Guercio, offre dal 2013 dei corsi di pizza casalinga. “Sono corsi per chi vuole farsi la pizza a casa” ci spiega: teoria e pratica, per un pubblico di 6 persone alla volta, il lunedì sera perché Ciro ha il giorno libero. Il pubblico tedesco è curioso e vuole impa-rare, ma per Ciro non ci sono svantaggi perché anche i suoi corsisti torna-no comunque da lui quando si vogliono mangiare una buona pizza nel suo locale. Il locale ha 55 posti su 2 piani. È nato solo come pizza e pasta nel 1977 e ha seguito sempre quella li-nea. “Oggi lavoro perché voglio, non perché devo, come in passato; lavoro solo la sera, dalle 17 alle 22:30 e ho 2 giorni di riposo. Mia moglie si oc-

cupa della contabilità e poi ho un aiutante, Nicolas. Il mio scopo è quello di lavorare altri 2 anni e poi girerò il mondo un po’ con mia moglie” ci spiega commuovendosi.

interVista a pasQuaLe corVagLia PasQuale la trattorIa a sanKt Peter ordInG

Pasquale viene da Gallipoli, è da ben 30 anni in Germania e ha la sua pizzeria a Sankt Peter Ording, sul Mare del Nord. L’an-no scorso si è aggiudicato la terza posizione della finale del Giropizza ad Amburgo. “Il Giropizza è un evento molto impor-tante e auguro al migliore di vincere” ci dice. bi Cosa l’ha portata a partecipare l’anno scorso?P.C. Ho cominciato a 12 anni a fare le pizze, a 16 anni ero già da solo in pizzeria. Dopo 20 anni di esperienza ho capito che avevo ancora da imparare e quindi sono andato alla Scuola pizzaioli a Caorle a fare un corso con Graziano Bertuzzo, il migliore pizzaiolo del mondo. Poi ho ini-ziato a partecipare a dei concorsi e l’anno scorso sono arrivato terzo a questa fina-le. Quest’anno purtroppo non ho potuto partecipare per motivi di salute.bi Ha avuto dei vantaggi dalla sua partecipazione al campionato?P.C. Assolutamente sì, mi ha portato molta pubblicità. Molti miei clienti e colle-ghi hanno iniziato a farmi tante domande sulla pizza, i nuovi impasti… La piz-za anche qua in Germania non è più quella di vent’anni fa. C’è un grande inte-resse da parte dei pizzaioli a formarsi, aggiornarsi e i clienti se ne accorgono e lo apprezzano.

Nicola diana

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Il compito di noi 8 giudici non è stato facile, abbiamo giudicato il gusto e la cottura

ItalIanI In GerManIaAbbiamo intervistato i pizzaioli italiani in Germania presenti alla manifestazione: Nicola Diana, italiano di seconda generazione da Lubecca (6° posto), Ciro Giordano da Gailingen, am Hochrhein (10° posto), Domenico Tedesco da weil im schönbuch (23° posto) e, infine, Pasquale Corvaglia di sankt Peter Ording, vincitore dell’anno scorso.

interVista a doMenico tedesco PIzzerIa PIzzavola a weIl IM schönBuch

Domenico è di Caserta, nel 1994 si è trasferito in Germania e lavora come pizza-iolo dal 1992. Ha vinto alla tappa del Giropizza di Bochum. Domenico fa gare

per passione e per farsi anche pubblicità. “I giornali ne parlano, in que-sto modo ci stacchiamo dalla massa, la gente capisce che siamo persone

competenti del settore. Ormai anche qui in Germania si inizia a distin-guere il pizzaiolo da chi semplicemente fa le pizze.” Ha concorso con la pizza “Mary Mary”, a base bianca con provola affumicata, salmone

affumicato, pomodorini, mozzarella di Bufala affumicata in uscita e menta. La sua pizzeria ha il forno a legna, è a conduzione familiare con

40 posti più altri 30 in terrazza. Domenico fa le pizze e intrattiene gli ospiti con acrobazie in cui la sua pizza davvero sembra volare, sua moglie

sta in cucina insieme a un altro cuoco e in sala ha 2 camerieri. Oltre a of-frire pizze, Domenico propone anche pasta al forno, lasagne e pasta fresca.

www.il-ristorante-bad-schwartau.de

www.pizzavola.de

www.pasquale-spo.com

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invece è un insieme di processi in cui proteine, amidi e grassi vengono scomposti progressivamente in ele-menti più semplici. Il processo di maturazione è fon-damentale nella preparazione di una buona pizza, in quanto aiuta a produrre gli aromi e il colore tipici del pane appena sfornato, favorisce la lievitazione e ren-de la pizza più digeribile. Nel tempo di maturazione si svolgono ben 327 processi chimici che altrimenti de-vono avere luogo nel nostro stomaco, appesantendo la digestione.bi Ma come capire allora il tempo che serve per una giusta maturazione?G.B. Il tempo di maturazione cambia da farina a fa-rina, in base alle proteine contenute (valore W), più sono le proteine più a lungo deve maturare l’impa-sto. Quindi ci sono farine che richiedono un tempo di maturazione relativamente breve (per esempio dalle 2 alle 6 ore per farine con W 250) e altre che necessitano di una maturazione più lunga (fino ai 3-4 giorni per le

farine W 400). Più alto è l’indice W più step di riposo deve dare il pizzaiolo al suo impasto. Ci sono pizzaio-li che impastano giorno per giorno, invece altri im-pastano per consumare dopo giorni, quindi in base alla lavorazione che fanno devono scegliere la farina giusta. Per gli amanti della pizza in giornata (8-10 ore di maturazione) un ottimo “W” è il 250, che vuol dire 10-11% di proteine. Per esempio la pizza napoletana è prodotta con una farina a basso contenuto proteico e quindi il tempo di maturazione è di poche ore.bi Come si riconosce una pizza sbilanciata?G.B. Soprattutto dal colore, che sarà un rosso matto-ne, una pizza effetto chewing gum. Se aprendo il cor-nicione ritorno a impastare tra il pollice e l’indice la massa vuol dire che il pizzaiolo non ha adeguato il tempo di maturazione della pizza all’indice W della farina. Nella pizza ben lievitata e maturata il corni-cione si deve sciogliere in bocca.bi È più buona una pizza con una farina a maturazio-ne lunga o breve?G.B. Ci sono pizze, come quella napoletana, che s’im-pastano e si consumano in giornata, per cui si usano farine con basso indice proteico. La pizza napoleta-na ha un disciplinare da rispettare, si lavora con una farina molto debole, all’incirca con W 220-250; io,

FarInanon è soloFarInadi Valeria Vairo

Il mondo della pizza è variegato, interessante ed estremamente complesso. Fare una buona pizza in-

fatti non è cosa facile. Il lavoro del pizzaiolo si specia-lizza sempre di più e diventano necessarie conoscenze approfondite su ingredienti e tecniche di lavorazione. Nel viaggio nel mondo della pizza e delle farine ci accom- pagna Graziano Bertuzzo, istruttore della Scuola Italiana Pizzaioli dal 1984 e pluricampione del mondo. la qualità Della farinaLe farine per pizza sono il primo ingrediente da cono-scere, perché ognuna ha le sue caratteristiche e va usa-ta nel modo migliore. bi Cosa deve sapere il pizzaiolo sulle farine per pizza?G.B. Il primo elemento che va identificato è la raffi-nazione. Il pizzaiolo, oggi, fa ancora confusione tra la raffinazione della farina e la sua qualità. Le 5 raffi-nazioni codificate a livello mondiale vanno dalla fari-na integrale di grano tenero, la farina di grano tenero tipo 2, la meno raffinata, quella di tipo 1, di tipo O e infine la più raffinata OO. La novità degli ultimi anni è la ricerca di farine meno raffinate. Vogliamo risal-tare il carattere, il gusto della pizza, il suo sapore, il

profumo, e queste farine sono più adatte a questo sco-po. Identificare la raffinazione però non basta, un al-tro dato fondamentale per la qualità della farina è la sua forza.

la forza Della farinaLa forza della farina è la sua capacità di resistere nell’arco di tempo alla lavorazione e dipende dalla quantità di proteine che contiene, in particolare delle due proteine insolubili: le gliadine e le glutenine, che a contatto con l’acqua formano il glutine costituen-do la struttura portante dell’impasto. L’indice di for-za è contrassegnato dalla “W”. Solo conoscendo que-sto indice della farina si può capire di quanto tempo di maturazione ha bisogno l’impasto, quindi decidere se fare pizze in giornata o con una lunga maturazione. bi Cosa si intende per maturazione della pizza?G.B. Ancora oggi alcuni pizzaioli confondono il ter-mine lievitazione con maturazione. Chiariamo: per lievitazione si intende l’aumento di volume dell’im-pasto provocato dall’azione fermentativa del lievito che produce l’anidride carbonica che rimane intrap-polata nella struttura del glutine. La maturazione

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Graziano Bertuzzo, istruttore della Scuola Italiana Pizzaioli dal 1984 e pluri-campione del mondo, ci ha insegnato i segreti della pizza

Krefft Großküchentechnik GmbH

Lochfeldstraße 28 76437 Rastatt Tel.: 0 72 22 /15 977- 40 Fax: 0 72 22 /15 977-477

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invece, amo lavorare su una lunga maturazione, ma è una scelta assoluta-mente personale. Preferisco che il mio impasto rag-giunga un grado alcolico, per cui in cottura avrò ge-latinizzazione dell’amido, croccantezza e digeribilità. Avrò quella pizza che riesco ad assimilare solo con l’a-cidità della bocca, senza un gran bisogno di masticare.

tenacità eD estensibilitàbi Altre informazioni fondamentali per il pizzaiolo? G.B. Un altro fattore è estremamente importante, l’indice P/L, cioè la tenacità (P) e l’estensibilità (L). La tenacità è la forza necessaria per allungare l’impasto, mentre l’estensibilità è la capacità di allungarsi senza rompersi. Sulla pizza lavoriamo con un valore di 0,55 - 0,60 di P/L, ciò vuol dire che se cresce 1 di lievitazione devo avere 2 di estensibilità. Se voi pensate al panet-tone, per esempio, serve tanta P (tenacità - altezza) ma poca L (estensibilità), mentre craker, grissini e biscotti hanno bisogno di poca tenacità e tanta estensibilità. Se uso una farina sbilanciata troppo tenace e poco estensibile, la pallina sarà bassa. Se una farina ha un indice P/L inferiore genererà un impasto fragile e poco estensibile, se superiore genererà un impasto molto tenace (difficile da allungare).Attenzione perché si cercano farine sempre più tenaci, poiché il pizzaiolo vuole essere un giocoliere sul posto di lavoro. Io dico sempre, se vedete il pizzaiolo che gio-ca con il disco d’impasto non mangiate quella pizza perché si tratta di una pizza che ha delle sbilanciatu-re di lievitazione e una quantità di sale troppo eleva-ta per permettere il volteggio del disco da funambo-lo. Il disco della pizza si deve allargare con semplicità,

non deve essere tenace e bisogna vedere la pizza che appena entra in forno comincia a realizzare la sua lievitazione.

noVità Dal monDo Della Pizzabi Quali sono le novità nel mondo della pizza?G.B. Stiamo lavorando in maniera diversa la gelatiniz-zazione dell’amido della farina, stiamo ricercando fa-rine a Km 0 e lavorando con una quantità di sale mi-nore. Per esempio, vorremmo che anche in ospedale si possa mangiare la pizza, stiamo prendendo la di-rezione del benessere. Abbiamo molta più attenzione nei confronti delle intolleranze, della digeribilità. Per

quanto riguarda le farine lavoriamo con il biologico, con farine macinate a pietra per-ché il chicco di grano contiene tanti sali, crusche, fibre e germe di grano. Lavorando con queste farine si ottengono dei valori ag-giunti. Ormai si cerca di sviluppare qualco-sa in più per la salute del cliente.bi Cosa si usa per i celiaci?G.B. Una farina formata da un mix di riso,

mais, carruba, soia. Si tratta di farine che al posto del-le gliadine e glutenine contengono l’albulina e globu-lina, che si assimilano con facilità e non creano gluti-ne. La lavorazione di queste farine è più complicata.bi Cosa deve fare il pizzaiolo che produce questo tipo di pizza?G.B. Per prima cosa deve creare un corner in pizze-ria per non contaminare il prodotto. La persona vera-mente intollerante può avere seri problemi, basta un grembiule sporco, basta che il pizzaiolo abbia toccato la mozzarella e poi direttamente la pizza per il celiaco: i rischi di contaminazione sono enormi. È complica-to, noi presso la Scuola Italiana Pizzaioli facciamo dei corsi di “Pizza senza glutine”, non ci si può improv-visare. Anche le notizie che troviamo in internet non sono abbastanza approfondite. Non basta preparare un impasto per pizza senza glutine, bisogna guarda-re che tutti i prodotti che usiamo siano senza glutine

e che non ci siano contaminazioni. Anche chi porta a tavola questo tipo di pizza non deve averne toccate al-tre, bisogna avere 1000 attenzioni e ci si deve formare. il forno Più aDattobi Annosa questione: forno a legna o forno elettrico?G.B. Io faccio pizza da 43 anni e amo il forno a legna. Ha una scenografia diversa, il fuoco dà calore e atmo-sfera. Però se pensiamo alla pizza, quella migliore si cuoce in un forno elettrico. Alcuni dicono che la legna dà sapore e profumo, ma questo non è vero. Il faggio è uno tra i legni di qualità più usato perché emette più calorie, è un legno più pulito. Ora ci sono delle norme severe anche per il legno da usare, bisogna sapere da dove arriva, quando è stato tagliato, se nelle vicinan-ze ci sono discariche. Nel mercato si trovano anche tronchetti di faggio pressati biologici che sono stra-ordinari. Però, ritornando alle cotture, il forno elet-trico dà una pizza più croccante perché il calore viene

Da 24 anni il campionato è il più importante evento mondiale legato al mondo della Pizza promosso e organizzato dalla rivista di settore “Pizza e Pasta Italiana”. Quest’anno partico-larmente sentito in occasione dell’Expo2015 dedicato all’alimentazione. L’anno scorso hanno partecipato 603 concorrenti e 8.000 visitatori da tutto il mondo, quest’anno si prevedono più di 10.000 visitatori.

Per l’edizione 2015 ci saranno alcune novità:• 11 SPECIALITÀ IN GARA (Pizza Classica, Pizza in Teglia, Pizza Senza Glutine, Pizza Na-

poletana STG, Pizza in Pala, Pizza a Due, Presentazione della Pizza, Stile libero individua-le, Stile libero a squadre, Pizzaiolo più veloce, Pizza più larga)

• 11 FORNI ATTIVI IN CONTEMPORANEA• 3 GIORNI DI GARE ED EVENTI AD ALTA PROFESSIONALITÀ E INTRATTENIMENTO• WEB TV CON DIRETTA SULL’EVENTO• PIÙ DI 30 TESTATE ACCREDITATE TRA TV, QUOTIDIANI, SETTIMANALI E MENSILI e PIÙ DI 50 BLOG E

WEBNEWS • 3° OLIM PIZZA in contemporanea (Olimpiade della Pizza)

IsCRIZonI aPeRte fino ad esaurimento posti ONLINE (www.campionatomondialedellapizza.it)Procede inoltre a pieno ritmo il concorso “Show me Your Pizza”, supportato online e dedicato a tutti coloro che voglio-no gareggiare con la propria pizza tramite la piattaforma Facebook.La serata finale prevede la rituale Cena di Gala in cui si celebreranno i nuovi Campioni del Mondo.

da resistenze. Nel forno si ha l’eliminazione dell’ac-qua dell’impasto, della mozzarella, del pomodoro e la pizza in un tempo di cottura più prolungato come nei forni elettrici (3 minuti e mezzo/4) riuscirà a elimina-re più acqua.Nel forno a legna c’è un’azione molecolare di acque data dalla legna, dalla pietra refrattaria: la pizza cuo-ce più velocemente e quindi è meno croccante.Chi esige la croccantezza deve usare il forno elettrico.

OeM : Forno da pizza a gas Voltaire distribuito da KReFFt Großküchentechnik, Rastatt

Nel temPodI maturazIoNeSI SvolgoNo beN

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Un buon impasto è fondamentale per una pizza ben riuscita

24° caMPIonato MondIale della PIzza

Il prossimo importantissimo appuntamento per i pizzaioli e tutti gli addetti del settore sarà in Italia. DAL 25 AL 27 MAGGIO 2015 al PALACASSA FIERE DI PARMA si potrà partecipare o assistere al 24° CAMPIONATO MONDIALe DeLLA PIZZA

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protagonisti con s.pELLEgrino

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Ma una cosa era chiara fin dall’inizio a que-sto straordinario campano, originario della Costiera Amalfitana: “La cucina è sempre stata la mia più gran-de passione. Che non vuol dire solo metterci anima e corpo nel farlo, ma anche essere un vero ristoratore. Mangiare da Arcino’s vuol dire esperire e degustare la vera cucina italiana. Non offriamo né nouvelle cuisi-ne né altre creazioni chic”, rivela Mastrangelo. “Quali-tà e costanza sono il segreto del nostro successo. Solo così un ristorante può sopravvivere 30 lunghi anni.”

la Promessa Della gastronomia italianaAnche dopo svariati decenni, la sua passio-ne per la cucina italiana è rimasta immutata. Gli fa onore che ancora oggi si metta lui stes-so ai fornelli. Grazie alla sua vasta esperienza professionale, ha potuto osservare dei cambia-menti nel corso degli anni. “È palese che il gu-sto sia cambiato molto”, conferma il ristorato-re. “Prima i berlinesi mangiavano gelatina con un po’ di salsa remoulade e basta. Oggi questo non si vede più. Ma a quei tempi chi offriva la rucola nel menu! Se solo penso a quanta pan-na consumavamo! Quantità industriali!”. Oggi si mangiano tanti altri ingredienti, si è più alla ricer-ca di piatti freschi e vari. “Gli ospiti conosco-no le ricette originali e hanno imparato che nella carbonara non ci vuole la pan-na! Potremmo dire che ospiti e ristorato-ri abbiano percorso insieme un cammino di evoluzione del gusto.” Il punto di rife-rimento per Mastrangelo è sempre stato l’Italia. “Il cibo e il piacere culinario sono segni distintivi della nostra cultura. È la promessa che facciamo ai nostri ospiti. E per mantenerla sono fondamentali mar-chi italiani come S.Pellegrino, da sempre simbolo di alta qualità e stile.” Per il no-stro protagonista è una questione senti-mentale quella di portare avanti la cuci-na e le tradizioni del suo Paese. Il “Marchio Ospitalità Italiana” alla sua porta ne è una viva dimostrazione.

non c’è ristorante DoVe si fa solo scena“Un angolo italiano a Berlino”, così considera Gel-somino Mastrangelo il suo ristorante Arcino’s, aper-to nel 1985. Che i suoi ospiti oggi apprezzino il gusto delle migliori specialità italiane dipende molto dalle diverse possibilità d’acquisto di cui dispongono. Un aneddoto sembra essergli rimasto particolarmente impresso: “Una volta cercammo di trasportare il vino direttamente dall’Italia in Germania. S’immagini, in taniche. Arrivati a Berlino, il vino era diventato com-pletamente acido”, ricorda Mastrangelo con un ghi-gno. “Oggi ci arriva persino la mozzarella di bufa-la originale fresca, direttamente dalla mia regione.” Grandi cambiamenti si sono avuti anche nella scelta delle bevande. “Acqua minerale liscia? Vent’anni fa i

Di origine italiana, di casa a Berlino: Gelsomino Mastrangelo gestisce da 30 anni il suo ristorante, Arcino’s, a Berlino-Tegel. Qual è il suo segreto? Il ristoratore ci ha svelato perché è proprio alla cucina classica italiana che deve il suo successo e che ruolo hanno s.Pellegrino e Acqua Panna.

Il cuore di Gelsomino Mastrangelo batte per l’Ita-lia e, in particolare, per la Campania, sua regione

di provenienza. Eppure il nostro protagonista diventa sempre più berlinese. “Sono Tegeler”, sottolinea sor-ridendo orgoglioso. “Una differenza minima, ma im-portante”. Il legame verso il suo quartiere è più che evidente. Insieme alla sua famiglia, Mastrangelo ge-stisce da ormai 30 anni il ristorante Arcino’s. Una vera istituzione nella Berlino nord, come dimostrano le alte cifre: “Circa il 90% dei nostri ospiti sono clien-ti fissi. Possiamo dire di essere invecchiati insieme!” sostiene.

Che Gelsomino Mastrangelo avesse già intu-ito che storia di successo l’avrebbe atteso a Berli-no quando giunse qui nel lontano 1972? Difficile da immaginare!

tedeschi non la bevevano mai! Oggi in tanti chie-dono esplicitamente Acqua Panna”.

30 anni di Arcino’s a Berlino. Cosa riserva il futuro? Come intende sorprendere i suoi ospiti per questo importante anniversario? “Bisogna sempre stupire gli ospiti con delle novità. Cosa vuol dire esattamente? Si può fare grande sce-na e con la stessa grande scena scomparire dal panorama gastronomico. Il nostro risto-ratore, invece, preferisce puntare sulla cuci-na stagionale, proponendo tutta una serie di variazioni. Ho imparato a cucinare insieme a mia madre. Anche oggi continuo a farlo così. Esistono dei classici che, semplicemente, resi-

stono nel tempo. Con ciò non voglio dire che questa sia l’unica strada possibile ma”, riferendo-

si alle ben 20 regioni su cui conta l’Italia, “le fonti di ispirazione sono tante e molto diversificate. Già solo questo può bastare per i prossimi 30 anni.”

atmosfera a lume di candela nel ristorante, un vero e proprio “angolo italiano a Berlino”

Il locale ha ottenuto il marchio “Ospitalità italiana”, per la sua qualità e tradizione

Gelsomino Mastrangelo da trent'anni gestisce Arcino's a Berlino

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S.Pellegrino l’acQua della tradIzIone ItalIanaarcino’s: come avere il 90% di clienti fissi a Berlino!

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STRATEGIE pEScE E fRuTTI dI mARE

Italfisch era diventato un piccolo Feinkost dove offrivo anche pasta con pesce e pesce alla griglia da mangiare in loco. La cucina era piccolissima allora, avevo 4 gri-glie della Ferrari e con queste grigliavo il pesce come si fa in Emilia Romagna e lo presentavo ai miei ospiti.”

Acquisire una clientela interessata solo al pesce non è stato difficile. Italfisch era già conosciuta come pescheria e quindi dall’acquisto del pesce fresco alla sua consumazione in loco è stato un passo scontato. “In questa zona c’era un mercato della frutta, un ma-cellaio e come ristorante ero da solo, oggi ce ne sono 15 di locali!” afferma con enfasi.

Ma veniamo al presente. Italfisch non è più il lo-cale di allora, oggi è diventato un ristorante con clien-tela di alto livello, disposta anche a spendere di più e in prevalenza costituita da clienti abituali e persone che vengono dagli uffici vicini. Artefice della trasfor-mazione è Melanie Antichi, figlia di Sergio, che da alcuni anni gestisce il locale e che ci dice: “Sono nata nella ristorazione, era casa mia e da lì si è sviluppata la passione in me, in mia sorella e in mio fratello. Solo chi ha passione per la ristorazione può fare questo la-voro, perché richiede tantissimi sacrifici.”

Le specialità di Italfisch riprendono la linea di Sergio, con i classici spaghetti alle vongole solo con aglio e peperoncino, alla romagnola. Anche il pesce grigliato è cucinato alla romagnola: si prepara un mi-sto di pane grattugiato, rosmarino, timo e aglio con cui si impana il pesce e lo si mette sulla griglia. Il pane grattato non deve essere molto abbondante, quanto basta per avvertire il sapore alla fine. Sono gli aromi a dare un tocco speciale.

CHE BONTà

cino da trasporto di poco valore e quando dovetti de-cidere cosa farmene mi venne l’idea di andare in Italia nei mercati a caricare pesce e rivenderlo qui a Mona-co. Il giorno dopo partii per l’Emilia Romagna, feci un carico e tornai. Nel giro di poche ore era tutto vendu-to e così ripartii il giorno dopo e quello dopo ancora, e fu questo l’inizio della mia attività.”

Nel ‘74 Sergio apre la pescheria. “La pescheria si rivolgeva in principio solo alla ristorazione, ma con il passare del tempo hanno iniziato a venire tanti giap-ponesi e signore con i figli. Il martedì, quando arriva-vo con il pesce e lo mettevo in esposizione, c’era la fila fuori dalla porta. Le donne si servivano da sole, ave-vano una busta e prendevano i pesci che volevano. Ho comunque sempre fornito la ristorazione qui a Mona-co, anche quella tedesca come il Tantris, il Königshof e tutta la ristorazione italiana”, spiega. Sergio faceva

rifornimento di pesce alla MARR di Rimini e, in se-guito, a Milano all’Europesca dove c’era più scelta: “Lì trovavo il Pesce San Pietro fresco, lo scorfano da 3 o 4 chili che a Rimini non c’era - racconta - a quei tem-pi non esisteva ancora il pesce di allevamento. Il sal-mone fu forse il primo, e costava moltissimo perché veniva da piccoli allevamenti in Norvegia e in Scozia. Poi nell’85 sono arrivati i branzini e le orate. Adesso di allevamento si trova quasi tutto: rombi, sogliole, gamberi.”

L’attività di Sergio è andata bene fino agli anni ‘88-‘89, poi tanti clienti hanno cominciato a non pa-gare, hanno aperto altre grandi pescherie e lui si è dovuto reinventare. “Ho pensato che se i miei clien-ti erano in grado di avere un ristorante sarei stato in grado anch’io e ho aperto nell’88 un piccolo bistrot. Vendevo un po’ di cose, biscotti, insalata di mare:

di Valeria Vairo

I ristoranti italiani specializzati in pesce in Germa-nia sono pochi. Ciò perché la cucina italiana in

questo paese è generalista o eventualmente legata a una o più regioni, di solito di provenienza del cuoco o del proprietario. A Monaco di Baviera, nella Zenet-tistrasse, ce n’è però uno che offre esclusivamente pe-sce e ha una storia tutta speciale. Già il suo nome non è usuale per riferirsi a un ristorante: Italfisch. E infatti c’è un motivo.

Italfisch nasce come pescheria nel 1974 e solo all’i-nizio degli anni ‘90 si sviluppa in ristorante che of-fre esclusivamente pesce. Sergio Antichi, il simpati-co fondatore ora in pensione da 7 anni, racconta una storia che ha dell’incredibile, dove il caso si unisce a capacità e tenacia. “Nel 1974 facevo il cameriere in un ristorante italiano a Monaco. La sera giocavamo a bi-liardo. Una volta vinsi un furgoncino. Era un camion-

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Sergio e Melanie antichi, padre e figlia, ci parlano di pesce e raccontano la loro storia

strateGIe Pesce e FruttI dI Mare

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STRATEGIE pEScE E fRuTTI dI mARE

bi Che tipo di pesce è il più richiesto?M.A. Noi offriamo pesci solo di mare, la gente vie-ne per mangiare il pesce intero per 2 persone, che sia branzino o rombo per esempio. Frutti di mare, gamberoni, scampi, vongole, calama-ri, seppie e polipo sono sempre richiesti, poi dipen-de dall’offerta nei mercati, prendiamo pesci grossi da sfilettare e da offrire come pescato del giorno. Noi abbiamo una vera e propria griglia, non una piastra come molti ristoranti, griglia con la graticola, sotto è a gas e dà tutto un altro sapore rispetto alla piastra.

Melanie ha dovuto inserire anche un antipasto e un secondo a base di carne, perché quando arriva una compagnia c’è sempre qualcuno che non mangia pe-sce. Spiega che oggi la vita è più difficile perché l’offer-ta è enorme, anche di altri ristoranti che hanno inse-rito il pesce nei loro menu.bi Offrite il crudo?M.A. Sì, un’ottima tartare di tonno, gamberi marina-ti a crudo, carpaccio di tonno, branzino. Negli ultimi anni è richiesto di più, da quando è di moda il sushi. bi Si trovano tutti i tipi di pesce a Monaco?M.A. Sì, si trovano anche pesci esotici per esempio. Quello che si trova meno sono i pesci poveri, ma que-sto perché il tedesco non li chiede, manca la cultura del pesciolino come lo mangiamo in Italia, fritto per esempio. Il tedesco va in vacanza al mare e gli offrono un piatto di pesciolini fritti che vanno mangiati inte-ri con tutte le spine, lo mangia, gli piace, ma quando è in Germania non lo ordina. Anche pesci come ali-ci o triglie sono difficili, li offriamo a chi sappiamo che li ama, ma non a tutti. In generale il pesce inte-ro con testa e lische, come per esempio nella frittura, non è amato; nel momento in cui lo pulisci e lo sfiletti allora sì, ma ovviamente questo non si può fare con i pesci piccoli.

Le pareti del ristorante fungono da menu, su lavagne enormi ma anche più piccole appoggiate ai tavoli ci sono le pietanze da scegliere. “Non abbiamo un menu cartaceo per i piatti, solo per i vini. Siamo troppo le-gati a quello che troviamo fresco e che decidiamo di volta in volta di offrire” spiega Melanie.Nel corso dei decenni non solo è cambiato il mondo della ristorazione, ma anche il mercato, l’offerta del pesce in commercio. A spiegarcelo è di nuovo Sergio dall’alto della sua esperienza: “Quando ho aperto io il ristorante bastava mettere una bottiglia sul tavolo, grigliare il pesce e la clientela composta in prevalen-za da tedeschi era contenta. Oggi il gusto è molto più ricercato e il cliente è anche disposto a pagare di più.”bi La concorrenza è aumentata nel tempo anche per chi offre solo pesce?S.A. Sono pochissimi i ristoranti che offrono solo pe-sce, a Monaco per esempio sono solo io e l’ho fatto perché a quei tempi avevo una rivendita. Quello che è cambiato è che ormai la maggioranza della ristora-zione offre anche pesce nel suo menu e quindi i clienti hanno più facilità a trovarlo.La ristorazione che offre pesce insieme al resto più che altro lavora con i pesci surgelati, non si può per-mettere di comprare tutti i giorni 2 o 3 pesci e consu-marli. Fa la spesa e li mette nel surgelatore. Da sur-gelato il pesce perde molta della qualità originaria. Oggigiorno la ristorazione usa all’80% pesci di alleva-mento come scampi, orate, branzini, sogliole e rombi. Il pesce di allevamento è ancora più delicato di quello

selvaggio, si sfalda prima e dopo 2 giorni inizia ad ave-re un cattivo odore a causa dei mangimi con cui viene nutrito. Il pesce di mare invece si mantiene molto più a lungo. Purtroppo il nostro Mar Adriatico è finito, si trovano solo pesci piccoli, le sogliole di 400 gram-mi a cui siamo abituati in Germania sono del mare del Nord. Il pesce tende a scomparire, per questo han-no creato gli allevamenti. Con l’accordo di Maastricht del ‘92 anche i pescatori sono diventati pochi.

Al termine di questa lunga conversazione assaggia-mo una delle specialità della casa: gli spaghetti alle vongole, particolarmente piccanti, che Sergio prepa-ra secondo la ricetta di sua madre, autentica cuoca romagnola da cui lui ha appreso l’arte di cucinare il pesce.

ingredienti1 polpo da 800 a 1000 g, 3 litri d’acqua 400 ml di vino bianco, 1 foglia di alloro1 cucchiaio di sale marino1 porro, 1 finocchio, grani di pepe, aglio, cipolla

Per la vinaigrette al pomodoro3 pomodori tagliati a dadini, 5 olive nerecapperi a piacere, 3 cipollotti tagliati ad anellisale, pepe, origano, timo, peperoncino a piacere, basilicoun po’ di balsamico bianco, olio d’oliva

PreparazioneRiempite una pentola con l’acqua e aggiungete tutti gli ingredienti. Portate il tutto a ebollizione. chiudete la pentola con il coperchio e fate sobbollire per altri 45-60 minuti. togliete il polpo dall’acqua e appoggiatelo su un panno, salate e pepate. arrotolate il panno e legate stretto

ingredienti400 g di spaghetti1 kg di vongole veraciaglio, vino bianco, olio, prezzemolo, peperoncino, sale

PreparazioneMettete le vongole a spurgare per almeno un’ora in acqua salata, in modo da eliminare la sabbia. In un tegame preparate un soffritto con olio, aglio e peperoncino, aggiungete le vongole scolate e sfumate con il vino bianco. a piacere potete aggiungere dei pomodorini. coprite il tegame con un coperchio e lasciate andare a fuoco vivace fin quando tutte le vongole non si saranno aperte. Spegnete il fuoco e togliete le vongole. Scolate la pasta, che nel frattempo avete cucinato. al dente, vi raccomando! aggiungete la pasta nel tegame con il sugo rimasto dalla cottura delle vongole fatte insaporire bene. alla fine mettete le vongole e il prezzemolo tritato. Pronti da gustare.

ingredienti1 branzino da circa 1 kgaromi, limonesale grosso in abbondanza, acqua

PreparazionePrima di tutto pulite per bene il branzino, privandolo delle branchie e delle interiora. Non squamatelo! Nella pancia mettete uno spicchio di limone e gli aromi. Mischiate il sale grosso con un po’ d’acqua e create un letto di sale su una teglia. appoggiate il branzino sopra e ricopritelo completamente con il sale.Preriscaldate il forno a 220° c e cuocete il branzino per circa 20 minuti. Sfornate e spaccate la crosta con un cucchiaio. tirate fuori il pesce, togliete la pelle dalla parte di sopra del branzino e tirate fuori i filetti. alla fine e a piacere potete condirlo con un po’ di limone, olio di oliva extravergine e una macinata di pepe.

con il filo da cucina. Fate riposare e raffreddare il rotolo di polpo nel brodo di cottura rimasto per 24 ore. togliete il panno dal polpo e affettatelo finemente con un coltello, o meglio ancora con un’affettatrice, come se fosse un salame.disponete le fette di polpo su un piatto da portata, marinatelo con la vinaigrette al pomodoro, realizzata mescolando tutti gli ingredienti insieme. Un po’ di rucola come decorazione… ed è pronto.

anTipasTo Carpaccio di polpo

primo Spaghetti alle vongole veraci il nostro piatto classico

seCondo branzino al sale

Le ricette di ITALFISCH

ristorante italfischtitolare: Melanie AntichiFondatore: Sergio Antichianno di fondazione pesCheria: 1976anno di fondazione ristorante: 1991

posti interni: 50posti esterni: 30personale: 6sede: Zenettistrasse 25, 80337 Münchenitalfisch-muenchen.de

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le pareti del locale fungono da lavagne con il Menu

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il Prodotto del Mese storia, cultura e ricette

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MortadellabòÈ la festa dedicata al salume “rosa”, apprezzata kermesse giun-ta alla sua III edizione, che si terrà a Bologna dall’8 all’11 otto-bre prossimi: una celebrazione del gusto interamente dedicata alla Mortadella Bologna IGP, promossa dal consorzio di tutela.

Mortadella bologna igpUna bontà unicae irresistibile

derivare da murtatum, una salsiccia condita anticamen-te con il mirto, altri da mortarium, cioè il mortaio nel qua-le i frati bolognesi pestavano l’impasto di carne mescola-to al grasso e alle spezie. Unico al mondo di certo, questo salume cotto prevede l’uso del 60% di carni suine magre (spalla, lombo o fondello) e il 40% di grasso (gola o schie-na del maiale senza cotenna). Le prime, macinate fine-mente, vengono insaporite con una miscela di spezie (ma-cis, coriandolo, noce moscata) e, una volta che l’impasto è ben compatto, si aggiungono i tondelli, cioè i quadratini di grasso che contraddistinguono la Mortadella Bologna IGP. Poi si insacca il tutto in un budello aromatizzato (esisto-no mortadelle di tutte le pezzature), che può essere sinteti-

co o naturale, come nel caso delle mortadelle più pregiate. Legata e pesata, la si sottopone poi a una stufatura, fase de-licata controllata dai maestri stufini che la cuociono a va-pore o a calore indiretto da poche ore fino a una giorna-ta intera: un’operazione in grado di dare al prodotto il suo caratteristico aroma e la sua tipica morbidezza. Segue, in-fine, una docciatura con acqua fredda e una sosta in cella di raffreddamento che consente al prodotto di stabilizzarsi. Conosciuta in tutto il mondo per la sua bontà, questa re-gina della salumeria italiana è stata spesso associata a fi-gure femminili procaci e popolaresche, celebrata anche sul grande schermo nel 1971, con il film La Mortadella di Ma-rio Monicelli, interpretato dall’affascinante Sophia Loren.

saPore e salute

Dal punto di vista energetico, un etto di mortadella possiede meno calorie di un piatto di pasta e le stesse calorie del for-maggio da spalmare. Oggi la Mortadel-la Bologna IGP ha soltanto 60/70 mg di colesterolo per etto, proprio come la car-ne bianca più leggera e dietetica. Inoltre, grazie all’opportuna scelta delle mate-rie prime e alla loro lavorazione in condi-zioni di temperatura controllata, la pre-senza di proteine nobili è molto elevata. Il mantenimento del normale contenuto vitaminico delle carni non è alterato dal trattamento termico usato: in un etto di mortadella, infatti, sono contenute vita-mine B1 (0,19 milligrammi), B2 (0,26 milli-grammi) e Niacina (3,59 milligrammi).

Le Misure deLLa MortadeLLa

Nel 2014 ne sono sta-te prodotte e vendute 37.000.000 di kg (+ 4,3%), con un aumento del +6,9% dell’affettato. Un dato pari a 254 milioni di fette che, se messe una accan-to all’altra, coprono una superficie di 55.770 km: 5 volte il giro della Luna!

di Giordana Folengo

Vellutata, di colore rosa uni-forme, con quadretti di

grasso bianco perlaceo, profu-mo e sapore inconfondibile: è la Mortadella Bologna IGP, un insac-cato cotto dalla forma cilindrica, pre-parato con tagli nobili suini, triturati in modo da ottenere una pasta fine. Emblema della tradizione gastronomica del bolognese, è un salu-me da sempre associato a pasti robusti e popolari, farcitu-ra golosa di panini consistenti. Umile prodotto dal passato illustre, che già otto secoli fa meritò una sorta di discipli-nare ante litteram stabilito dalla corporazione dei Salaro-li, la più antica tra le Arti e i Mestieri di Bologna. Furono loro, infatti, a fissare regole precise per la sua preparazio-ne, sottoponendola a rigidi controlli e fregiandola di un si-gillo, anche se a codificarne la ricetta sarebbe stato Cristo-

foro Messisbugo (1549), scalco al servizio del cardinale Ippoli-

to d’Este, autore dei primi trat-tati di gastronomia italiana. Oggi,

pur essendo un po’ diversa, la sua preparazione segue ancora l’indi-

cazione dell’epoca di usare sola car-ne di maiale; la denominazione Bologna ri-

sale, invece, al 1661, anno in cui il cardinale Farnese pubblicò nel capoluogo emiliano un bando che ne sanci-va definitivamente la produzione. Seguendo la diffusione degli scambi commerciali di prodotti alimentari, la tradi-zione della mortadella si sarebbe estesa dall’area origina-ria ai territori limitrofi; per questo oggi può essere pro-dotta soltanto nelle zone dell’Italia centro-settentrionale, dove il famoso salume è diventato nel tempo tradizionale.L’origine del nome non è certa: qualcuno, infatti, la fa

Il Prodotto del Mese storIa, cultura e rIcette

come gustarlaOltre al suo famoso sapore, la mortadella è si-nonimo di allegria, peculiarità che ne ha sancito il successo in Italia e nel mondo. Piace a tutti ed è versatile in cucina, prestandosi a ogni portata di menu, dagli spuntini alle ricette più elaborate. Una volta affettata, preferibilmente in modo sot-tile, si può gustare con i pani tradizionali (meglio se caldi), con i cracker o i grissini.

Il consorzIo

costituito nel 2001, dopo il riconoscimento

dell’IGP del 1998, tutela e valorizza la Morta-

della Bologna, difendendo il marchio e la deno-

minazione dalle imitazioni e dalle contraffazio-

ni. Il consorzio garantisce inoltre un’alta qualità

di base che ogni produttore migliora secondo la

propria esperienza e professionalità. costante è

anche l’impegno di garantire ai consumatori un

prodotto dalle caratteristiche uniche per quali-

tà e gusto, con una composizione organolettica

in linea con le tendenze della moderna scienza

nutrizionale.

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il Prodotto del Mese storia, cultura e ricette

le formedel gustoMortadella Bologna IGP, SUPERSTAR della tavola

Tagliata a dadini è perfetta come snack, come condimento per le paste e per le torte rustiche, ma anche come ingre-diente di saporite insalate o in compagnia di formaggi e al-

tri gustosi prodotti. In questo menu dimostra tutta la sua versatilità, divenendo protagonista assoluta di ricette sfi-ziose e insolite, adatte sia a un pranzo sia a una cena che vo-

glia essere originale e appetitosa. Capolavoro della salume-ria emiliana, arricchisce di sapore e brio ogni piatto di cui è ingrediente, grazie alla sua delicatezza, al suo profumo e

al suo gusto incomparabile. I piatti che vi proponiamo ne sono una prova provata, pietanze di facile preparazione che fanno bella e soprattutto buona la tavola in ogni occasione.

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anTipasTo Torta con Mortadella Bologna IGP e ricottaingredienti per 4 persone100 g di Mortadella Bologna IGP a fette sottili600 g di pasta da pane100 g di ricotta1/2 peperone giallo e 1/2 rosso 20 g di formaggio grattugiato10 g di pinoli, qualche oliva nera tritataorigano e prezzemoloolio extravergine d’oliva, sale, pepe

PreparazionePrima di tutto mescolate la ricotta, il prezzemolo e il formag-gio. Salate e pepate. Stendete poi la pasta da pane in due dischi e coprite il fondo di una teglia, che avrete rivestito di carta da forno con il primo disco; quindi, versate il compo-sto di ricotta, livellandolo con un cucchiaio, e poi disponetevi sopra le fette di Mortadella Bologna IGP, i peperoni tagliati sottili, i pinoli, l’origano e le olive. condite con un po’ di olio e pepe, poi coprite il tutto con il secondo disco. Successiva-mente, praticate sulla superficie dei tagli in diagonale e spen-nellate con un’emulsione d’olio, prezzemolo, acqua e sale, che avrete precedentemente preparato. Infornate a 200° c per mezz’ora. Servite la torta calda o tiepida.

desserT Mortadella Bologna IGP ai frutti di boscoingredienti per 4 persone300 g di Mortadella Bologna IGP a fette sottili ribeslamponimirtilliqualche chicco di uva spina un paio di foglie di menta

Preparazionelavate tutti i frutti di bosco e fateli scolare bene dell’ac-qua. Stendete una fetta di Mortadella Bologna IGP, pie-gatela in due e, quindi, arrotolatela su se stessa per formare un cono. Riempite poi con il misto di frutta e guarnite con qualche fogliolina di menta.

primo Fagottini di Mortadella Bologna IGPingredienti per 6 persone300 g di Mortadella Bologna IGP a fette sottili 70 g di caciotta10 g di pistacchi 6 pomodori ramati maturi2 spicchi d’aglio, origano selvatico fresco1 mazzetto di basilicoolio extravergine di oliva, sale, pepe

Preparazioneal centro delle fette di Mortadella Bologna IGP ponete un composto di caciotta fresca e pistacchi tritati, poi condi-te con un pizzico di sale. chiudete formando un fazzoletto. Mettete in luogo fresco per far rassodare leggermente il com-posto. Quindi, sbucciate i pomodori, togliete i semi e la pol-pa, poi tagliateli a pezzetti, fateli soffriggere aggiungendoli al fondo d’aglio e olio, quindi unite i fazzolettini di Mortadella Bologna IGP e qualche foglia di basilico. Serviteli tiepidi con qualche goccia d’olio e una spolverata di origano. Guarnite con qualche rametto di origano e dei ciuffi di basilico.

seCondo Involtini di Mortadella Bologna IGPingredienti per 4 persone120 g di Mortadella Bologna IGP in 8 fettine300 g di robiola 1 avocadoerbe aromatiche (timo ed erba cipollina)lattughino ravanellisalepepe

PreparazioneMettete la robiola in una ciotola e lavoratela un po’ con un cucchiaio, aggiungendo l’avocado snocciolato, mondato e ridotto a dadini, unendo anche un trito fine di timo ed erba cipollina. Salate e pepate. Stendete su un tagliere le fette di Mortadella Bologna IGP, distribuitevi sopra il composto pre-parato e, infine, arrotolate formando degli involtini. Siste-mateli nel piatto da portata su un letto di lattughino e servi-teli guarniti con i ravanelli.

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internorga

buongiorno italiaLa rivista per i ristoratori italiani in Germania

Fachmagazin für italienische Gastronomie in Deutschland

Mai-Juni 2015 | www.buongiornoitalia.de

lachende unternehmenhaben die nase vorn

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lIeBe leser,uns ist Ihre Meinung wichtig! Füllen Sie bitte die Umfrage aus und schicken Sie diese an die Fax-Nummer 08233 381 212 oder verwenden Sie folgenden link www.buongiornoitalia.de/umfrage.html

inForMationen

1. Betriebsart: Pizzeria trattoria/Osteria Ristorante Franchising Bar café eisdiele Bistro Ristorante/Pizzeria

2. Nationalität: italienisch deutsch andere_______________

3. Seit wann haben Sie den Gastronomiebetrieb in deutsch-land?_________

4. Wie viel Plätze bieten Sie in Ihrem Restaurant an?_____________

5. Mitarbeiterzahl____________

6. In welcher Sprache sprechen Sie mit Ihren Mitarbeitern?Italienisch deutsch andere________________

7. Welche art von Küche bieten Sie an?international regional italienisch

8. Welche Bedeutung haben für Sie neue Rezepte und neue Produkte?nicht wichtig wichtig sehr wichtig

9. Wo kaufen Sie Geräte und ausstattung?Italien deutschland anderes land_____________

10. Wie wichtig sind Ihnen aus Italien stammende Produkte?nicht wichtig wichtig sehr wichtig

ihre Meinung über buongiorno italia

1. Bietet Ihnen buongiorno italia hilfreiche Unterstützung?wenig gelegentlich viel

2. Welche Rubriken gefallen Ihnen besonders?News esperti dalle aziende Prodotto del mese

I nostri esperti Vini scelti per voi

3. lesen Sie buongiorno italia regelmäßig?Ja Nein

4. lesen Sie das ganze Magazin?Ja weniger als 50 % mehr als 50 %

5. Welche themen sollten tiefer behandelt werden? Management typisch italienische Produkte Rezepte Restaurantportraits Branchennews expertentipps ausstattung

6. hilft es Ihnen, wenn buongiorno italia zukünftig zweisprachig erscheint? Nein ein wenig Ja sehr

7. Nutzen Sie häufig das Internet?Ja Nein

8. Wenn auf der Internetseite von buongiorno italia regelmäßig Neuigkeiten zur Gastronomie in deutschland stehen würden, würden Sie dann die Seite häufiger besuchen?Ja Nein

9. Würden Sie buongiorno italia gerne in einer digitalen ausgabe lesen wollen?Ja Nein

10. haben Sie Kommentare und Wünsche an die Redaktion?

gewinnen sie: „die neue echte italienische küche“ das Buch stellt das ganze Spektrum italienischer Kochkunst vor. Über 200 authentische Rezepte aus allen Regionen Italiens für Sie und Ihre Kunden.

Il sondaggio è riportato a pagina 4 in lingua italiana

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lüftungstechnik Seite 58

geschirrspültechnik Seite 62

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management

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überwindet Angst und sorgt für Vertrauen. Lachen aktiviert das Gehirn, es hält uns gesund und macht kreativ. Was uns Spaß macht, dafür setzen wir uns ein, das fällt uns leicht, das machen wir gerne und gut. Einen der besten Hinweise darauf, wie gesund eine Firma ist, liefert das dort herrschende Maß an Humor: das gemeinsame Lachen vor und hinter den Kulissen, mit den Kunden, auf den Gängen und in der Küche. Denn nur, wem es gut geht, der hat auch was zu lachen.

Lachende Unternehmen sind Hochleistungsor-ganisationen mit Herzblutfaktor. Die Mitarbeiter dort sind im Wollen-Modus und nicht im Machen-Müs-sen. So entsteht ein hervorragendes Performance-Ni-veau, eine offene, ehrliche Hin-und-her-Kommuni-kation und spürbar viel gegenseitige Wertschätzung. In lachenden Unternehmen arbeiten Siegertypen, die Spitzenergebnisse erzielen. Eine lachende Unter-nehmenskultur entspringt somit keinem sozialro-mantischen Kuschelkurs, sondern einem rationalen betriebswirtschaftlichen Kalkül: Unter dem Strich klingelt die Kasse.

ma macht die Leute ganz krank. Doch mit kranken Mitarbeitern kann man kein gesundes Unternehmen aufbauen. Und mit unglücklichen Mitarbeitern keine glücklichen Kunden gewinnen.

Lachende Unternehmen hingegen verfolgen Ge-winner-Strategien. Ihre Mitarbeiter sind lebensfroh, kerngesund, motiviert und bereit, sich für die Firma mächtig ins Zeug zu legen. In lachenden Unterneh-men herrscht Spaßgesumme, ein Treibhausklima für Glanzleistungen und ein Biotop für gute Ideen. La-chende Unternehmen ziehen die Besten wie magisch an. Sie legen damit eine perfekte Basis für Top-Leis-tungen und wirtschaftlichen Erfolg. Bei solchen Un-ternehmen kommen Kunden immer wieder gern zu-sammen. Und sie erzählen der ganzen Welt, warum das so ist.

lachen begÜnstigt erfolgeEs ist ein uraltes Vorurteil und ein gefährlicher Irr-tum, zu glauben, dass Spaß und Arbeit nicht zusam-menpassen. Genau das Gegenteil ist der Fall. Leben und Lachen in der Firma schaffen Sympathie. Und gegenseitige Zuneigung begünstigt Erfolge. Lachen

Von Anne schüller

In ‚vergifteten‘ Organisationen, ein Begriff, den der Wirtschaftspsychologe Daniel Goleman präg-

te, werden in großem Stil menschliche Ressourcen und Talente verschwendet. Dort gibt es eine beklem-mende Atmosphäre mit strengen Vorschriften, schar-fen Kontrollen und beißender Kritik sowie Intrigen, Geheimniskrämerei, Günstlingswirtschaft, Eigen-nutz, Willkür und viele andere unschöne Dinge. Alles ist überschattet von Angst. Da werden Menschen ge-kränkt und erniedrigt. Verantwortliche wie Mitarbei-ter suchen Sündenböcke und Bauernopfer und verfol-gen egoistische Ziele.

wo Das sterbeglöckchen läutetVergiftete Unternehmen lösen eine Sonnenfinsternis im Herzen aus. Eine düstere Wolke legt sich über al-les, sobald man die Firma betritt. Die Gesamtmotiva-tion ist niedrig. Fehler werden vertuscht oder gemein-sam unter den Teppich gekehrt. Überall wird miese Laune verbreitet und die Gerüchteküche beheizt. So verbringen in manchen Betrieben die Mitarbeiter bis zu einer Stunde pro Arbeitstag damit, gemeinsam über den Boss und die Firma herzuziehen. So ein Kli-

Das Betriebsklima ist Ausdruck der gelebten Unternehmenskultur. es umschreibt die von den Mitarbeitern subjektiv empfundene Atmosphäre am Arbeitsplatz. Ich unterscheide dabei zwischen vergifteten und lachenden Unternehmen. erstere befinden sich in einem langsamen Zersetzungsprozess. Die zweiten sind robust und produktiv.

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LACHENDE UNTERNEHMEN haben die nase Vorn

anne m. schüller Anne M. Schüller ist Managementdenker, Keynote-Speaker, mehrfache Bestsellerauto-rin und Businesscoach. Die Diplom-Betriebswirtin gilt als Europas führende Expertin für das Touchpoint Management und eine kundenfokussierte Unternehmensführung. Sie zählt zu den gefragtesten Referenten im deutschsprachigen Raum und hält Vorträge und Workshops zum Thema. Sie ist Gastdozentin an mehreren Hochschulen. Zu ihrem Kun-denkreis zählt die Elite der Wirtschaft. Ab sofort bildet ihr Touchpoint Institut auch zer-tifizierte Touchpoint Manager aus.Kontakt: www.touchpoint-management.de und www.anneschueller.de

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„Neuen“ entstehen. Das Wissen bleibt im Unterneh-men, Know-how-Schwund findet nicht statt. Und nicht zuletzt machen begeisterte Mitarbeiter positi-ve Mundpropaganda. Das stärkt den Ruf einer Firma und zieht neue gute Mitarbeiter an.

alle am klima mitarbeiten lassenDas ganze Team muss am Betriebsklima arbeiten, denn jeder ist auf seine Weise mitverantwortlich da-für. Hierzu schlage ich folgende Vorgehensweise vor: Zeichnen Sie zwei Skalen von null bis zehn, wobei zehn die Höchstnote ist. Wählen Sie ein Kriterium aus dem vergifteten und eines aus dem lachenden Bereich. Dann lassen Sie jeden einzelnen Mitarbeiter anonym markieren, bei welcher Zahl aus seiner Sicht die Ab-teilung als Ganzes steht. Anschließend sollen alle ge-meinsam erarbeiten, wie sich die Werte bis zu einem Zeitpunkt x um einen Skalenpunkt verbessern lassen.

Skalen können einen gefühlten Zustand sehr gut sichtbar machen, ohne dass er lang und breit erklärt werden muss. Außerdem lassen sich Verallgemeine-rungen beziehungsweise Pauschalaussagen auf die-se Weise relativieren: Statt eines kategorischen Gut oder Schlecht werden Grauzonen deutlich. Schließ-lich können Verbesserungen in kleinen, machbaren Schritten eingeleitet werden.

lachenDe unternehmen betörenKreativität kann nur in heiteren Hirnen entstehen. Und nur in einem positiven Klima gedeihen Loyalität, Engagement, Verantwortungsbereitschaft und schöp-ferische Power auf Dauer. In lachenden Unternehmen wird die zur Verfügung stehende Energie konstruktiv und nicht destruktiv verwendet. Der Blick der gesam-ten Organisation ist nach außen, also auf den Markt und die Kunden gelenkt, denn aus dem Unterneh-mensinneren droht kein Ungemach.

Gerade für kundennahe Mitarbeiter ist es wich-tig, in einem lachenden Unternehmen zu arbeiten, denn sie sind Stimme und Gesicht der Firma nach außen. Menschen mit unzerstörbar guter Laune sind

somit ein Glücksfall in jedem Team. Denn gute Lau-ne ist ansteckend. Es ist also unabdingbar, bereits im Einstellungsgespräch gezielt Ausschau nach Op-timisten zu halten und nicht nur das Können, son-dern auch das Wollen abzuklopfen. Dies erkennt man an nonverbalen Signalen wie den leuchtenden Augen, aber auch an der Antwort auf folgende Frage: „Wer ist eigentlich verantwortlich dafür, dass Sie Freude an der Arbeit haben?“

zum lachenDen unternehmen werDenVerhaltensänderungen lassen sich auf zwei Weisen herbeiführen: Wird ein Verhalten belohnt, wieder-holen wir es. Wird ein Verhalten bestraft, vermeiden wir es. Das wertschätzende Loben ist also sehr wich-tig. Außerdem kann das Reden über Probleme beru-higend wirken. In einer Mitarbeiterbeziehung bedeu-tet dies, auch unangenehme Dinge anzusprechen, vor allem dann, wenn es etwas zu klären gibt. Erst, wenn wieder alles im Reinen ist und wir uns keine Sorgen mehr machen müssen, können wir erneut zur Höchstform finden.

Mit solchen Fragen findet die Führungskraft einen Weg:• Ich habe den Eindruck, dass im Moment schlech-

te Stimmung herrscht. Woran liegt das aus Ihrer Sicht? Gibt es konkrete Gründe, auch von meiner Seite?

• Ich habe das Gefühl, wir treten hier auf der Stel-le. Irgendwie ist die Luft raus. Was muss passie-ren, dass hier wieder die Post abgeht? Und wie kann ich dazu beitragen?

Die Gespräche, die dann entstehen, können die Stimmung aufhellen. Gute Stimmung fördert die Gesamtproduktivität, die Innovationskraft und den Leistungswillen der Mitarbeiter. Die Krankheitsta-ge sinken und die Fehlerhäufigkeit lässt nach. Die Mitarbeiter bleiben dem Betrieb länger treu, so dass weniger Kosten für die Suche und Einarbeitung der

Das buch zum thema Anne M. Schüller: das touchpoint-UnternehmenMitarbeiterführung in unserer neuen Businesswelt Gabal, März 2014, 368 S., 29,90 EuroISBN: 978-3-86936-550-3

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lÜftungstechnik

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andernorts zur Verfügung gestellt werden kann. Das spart auch Heizkosten.

Der Vorfilter ist, wie bei den Abluftlösungen, waschbar. Nahezu alle Anlagen- oder Haubenteile bestehen aus wie-derverwendbarem Metall, sie sind somit recyclebar. Die nach der Plasmastufe platzierte Aktivkohle muss dank gleichzeiti-ger Regeneration durch Plasma nicht getauscht werden, was deutlich zur Ressourcenschonung beiträgt. Die durchgängi-ge Auslegung der Technologie für geringe Einbau-Druckver-luste mindert täglich den Energieverbrauch. Dies alles ergibt nach Angaben des Herstellers eine positive Ökobilanz.

Das Unternehmen hinter der Marke Plasmanorm, die cip international GmbH, hat mehrere Umluftlösungen im Produktportfolio, unter anderem für Shopping Malls, Food-courts oder Gastronomiebetriebe. Dazu zählen durchdach-te Haubenkombinationen (Wandhaube / Aufsatzhaube), flexible Frontcooking-Module und höhenverstellbare Lift-hauben. Alles made in Germany.

werden. Die Bäro Kompakt-Abluftanlagen ermöglichen die Einhaltung der Bestim-mungen der Energiesparverordnung. Der Abluftkanal kann über die Wand direkt ins Freie geführt werden, auch wenn sich in unmittelbarer Nachbarschaft Wohn- oder Ge-schäftsbebauung befindet. Aufgrund der einzigartigen Wir-kungsweise der PlasmaStream-Technik ist die Abluft abso-lut frei von Gerüchen. Je nach baulicher Gegebenheit vor Ort wird die Anlage zwischen Küchenabzugshaube und Auslassbereich positioniert. Dies ist sowohl horizontal als auch vertikal möglich.

Durch einen modularen Aufbau können die Bäro-An-lagen noch besser und flexibler den individuellen Gegeben-heiten in Großküchen und Gastronomie angepasst werden.

Die Verwendung von Filter-Modulen vor, zwischen oder nach den Basis-Stufen führt dazu, dass die Plasma-Stream-Geräte auch zur Geruchsbeseitigung in speziellen

bäro clean air technologies:Fett und geruCh Beseitigt

Bäro Clean Air Technologies präsentierte auf der Intern-orga Produkte mit Lösungen für die effiziente Geruchsbe-seitigung, Küchenabluftreinigung, Fettvernichtung und Luftentkeimung.

Bäro hat seine innovative PlasmaStream-Technologie zur Geruchs- und Fettbeseitigung aus energetischen As-pekten optimiert und weiterentwickelt. Durch die Installa-tion einer Kompakt-Abluftanlage mit PlasmaStream kann auf ein kostenintensives Abluftkanalsystem verzichtet

aus Catering Management

Plasmanorm:umluft ohne aBluft

Wo Abluft nicht möglich ist, hält Plasmanorm intelligente Alternativen bereit. Seine Luftbehandlungstechnologie ist seit 10 Jahren am Markt auf die Gastronomieküche speziali-siert. Seit 1992 mit der bewährten Abluftreinigung begonnen wurde, ist dem Hersteller im Laufe der Zeit ein wahrer Clou gelungen: Wenn sich die Möglichkeit der Abluftführung über Dach nicht bietet oder eine adäquate Luftentsorgung über die Fassade nicht in Frage kommt, sorgt das System für eine effektive und effiziente Küchenumluft-Behandlung.

Der Küchendunst wird dabei über hocheffiziente An-saugsysteme der Luftbehandlung zugeführt. Es sind meh-rere Abscheidestufen (Fett, Eiweiß, Wasserdampf) vor-gesehen, um anschließend die gasförmigen Inhaltsstoffe (Gerüche) zu beseitigen. So wird die Küchenabluft des gas-tronomischen Betriebes in mehreren Stufen von uner-wünschten Stoffen und Gerüchen befreit. Zurück bleibt die gereinigte Luft und Wärme, welche mittels Wärmetauscher ©

Pla

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In diesem modernen Ganztagsgastronomie-Foodkonzept mit italienischem Flair in lippstadt hat Plasmanorm zwei „cycloStream“-lifthauben und eine „pNcS direct“-Umlufthaube realisiert.

Küchensituationen, wie z.B. bei erhöhten Fett- und Öllas-ten, bei erhöhten Feinstaubpartikeln sowie Blaurauch in der Abluft, einsetzbar sind.

brandgefahr VorBeugen Überall dort, wo gebraten, gekocht und frittiert wird, ent-steht eine stark fettbelastete und teils auch sehr streng rie-chende Abluft. Das führt nicht nur zu einer Geruchsbeläs-tigung in der direkten Umgebung, sondern es verursacht

auf Dauer auch unnötig hohe Betriebskosten. Die meist erhebliche Fettversottung in den Abluftkanälen macht eine regelmäßige chemische Reinigung und umfangrei-che Wartungsarbeiten unumgänglich. Ein weiteres Pro-blem: Je mehr Fettrückstände sich in den Abluftanlagen ansammeln, desto höher ist die Brandgefahr.

Mit KitTech hat Bäro ein sehr sauber arbeitendes UV-C-Ozon-Reinigungssystem entwickelt, das alle An-forderungen an moderne Abluftprozesse erfüllt und sich ohne großen Aufwand auch in bestehende Anlagen integrieren lässt. Der einzigartige Aufbau des KitTech

ermöglicht eine konsequente Rei-nigung der Abluft und minimiert den Wartungsaufwand. Durch die Anwendung ist ein brandlastfrei-er Betrieb gewährleistet, was eine Reduzierung der Versicherungs-beiträge bewirken kann. Bis zu 99 Prozent des Fetts und bis zu 90 Prozent des Geruchs lassen sich beseitigen. Das KitTech von Bäro entspricht der DIN 18869-7.

Das Prinzip ist einfach: Inner-halb des KitTech wird die verun-

reinigte Luft mit UV-C-Ozon-Speziallampen bestrahlt und damit eine fotolytische Oxidation ausgelöst. Das heißt: Die organischen Substanzen wie Fette und Geruchsstoffe wer-den kalt verbrannt und so zerstört. Alle bei diesem Vorgang entstehenden Rückstände sind zu hundert Prozent biolo-gisch abbaubar und verlassen das System mit dem Abluft-strom, fettfrei und geruchsminimiert.

Das im KitTech erzeugte Ozon bewirkt dabei eine per-manente Regeneration des optional zum Einsatz kommen-den Aktiv-Kohle-Filters bzw. Katalysators. Entsprechend entfällt ein regelmäßiger und kostenintensiver Filter-Aus-tausch genauso wie auch die chemische Reinigung des Sys-tems. Da keine Chemikalien benötigt werden, entstehen weder Abwasser- und Luftbelastungen noch schädliche Rückstände.

Oben: Beim Kittech werden Fettpartikel mittels UV-c-Ozon-Speziallampen fotolytisch zerstört. Unten: die PlasmaStream-technologie von Bäro ist modular aufgebaut.

LüFtungstechnik: Vernünftige Lösungen finden

Page 31: Buongiorno Italia Mai-Juni 2015

dresscode

60 6105-06    |   2015 buongiorno italia buongiorno italia 05-06      |   2015

dresscode FüR DEN gastgeber

lassen viel Bewegungsfreiraum, hautsympathische Misch-gewebe sorgen für hohen Tragekomfort. Einfach anziehen, wohlfühlen und gut aussehen. Mit der Kollektion Blackli-ne ergänzt der Berufskleidungsspezialist Mewa das An-gebot für Servicekräfte um eine sehr elegante Alternative. Edle Nadelstreifen-Optik unterstreicht die Kompetenz der Profis vor und hinter der Theke. Zur Wahl stehen Bistroja-cken, Latz- und Bistroschürzen für Damen und Herren so-wie die feminin geschnittenen Westenröcke für weibliches Personal in den Trendfarben Schwarz und Anthrazit. Ihren besonderen Charme erhält die Kollektion durch das klassi-sche Streifendesign. Kombiniert mit Blusen, Hemden und Accessoires in den Firmenfarben lässt sich ein einheitlicher Teamauftritt kreieren, der zum Stil des Hauses passt. Wer es noch persönlicher mag, lässt sein Firmenemblem oder den Namen der Mitarbeiter einsticken. Strapazierfähige und

komfortable Kombinationsvielfalt bietet auch die Kollekti-on „Profi Retail & Service“ von Initial. Sie lässt sich nicht nur individuell zusammenstellen, sondern auch farblich gezielt auf die Corporate Identity abstimmen. Für die Profi Retail & Service-Kollektion hat der Anbieter bewährte Klassiker neu interpretiert – dazu gehören beispielsweise die Kombi-, Multi- und Latzschürze. Die Schürzendesigns haben einen modern-legeren Schnitt und einen schicken schwarz-grau-en Streifenlook. Dieser wird wahlweise mit farbigen Ap-plikationen in Bordeaux, Blau oder Grün kombiniert. Zur Kollektion gehören auch Hemden, Blusen, Westen und The-kenjacken in acht Größen und acht Farben. Die Kleidung ist hochwertig verarbeitet und besteht aus leichtem, aber stra-pazierfähigem Baumwoll-Mischgewebe. Dies sorgt nicht nur für ein gepflegtes Auftreten, sondern auch für einen ho-hen Tragekomfort. Darüber hinaus sind die Modelle mit den farbenfrohen Kleidungsstücken aus dem Basissortiment des Herstellers kombinierbar – so dass noch mehr individuelle Varianten möglich werden. Hersteller Erwin Müller mit sei-ner Marke Jobeline legt bei der Entwicklung seiner Produkte besonderen Wert auf den direkten Kontakt zum Kunden. In diesem Bestreben ist nun die Cool Stuff Kochjacken-Kollek-tion entstanden, für die Spitzenkoch Andi Schweiger Pate steht. Die besondere Qualität zeigt sich in jedem Detail: So sind die Jacken nach bluesign-Standard gefertigt und besit-zen zudem zahlreiche Features, die Passform, Widerstands-fähigkeit und Funktionalität vereinen. Ob UV-Stopp, ab-nehmbare Kapuze, Hitzebeständigkeit oder antibakterielle Ausrüstung: Mit den Cool-Stuff-Jacken tritt ein Koch auch den extremsten Bedingungen lässig entgegen. Überdies ist die offizielle Jacke für den renommierten Wettbewerb „Koch des Jahres“ eine Jobeline-Kochjacke. Sie heißt Mason und besticht durch Material und Verarbeitung.

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Nicht nur die ambitionierte Gastronomie versteht sich auf perfekte Bedienung, auch die Anbieter von Ser-

vicekleidung setzen auf Rundumservice. Sie holen getra-gene Kleidungsstücke im vereinbarten Rhythmus ab und bringen sie hygienisch gepflegt zurück. Sollten sich Ge-brauchspuren einmal nicht beseitigen lassen, wird der Ar-tikel in der Regel ausgetauscht. So ist das Personal jeden Tag gut gekleidet. Und hat mehr Zeit für die Gäste. Ohne Stress, ohne hohe Investitionen – mit Berufskleidung im Leasing entfällt die gesamte Organisation im Betrieb. Die DBL übernimmt als Spezialist für Berufskleidung die kom-plette Abwicklung – von der Beschaffung bis zur Pflege. Im Mittelpunkt steht dabei die Betreuung der Kunden durch einen kompetenten Servicemitarbeiter. Er nimmt zunächst genaues Maß und kleidet jeden Mitarbeiter individuell ein. Dabei bereitet auch die mögliche Personalfluktuation keine Schwierigkeiten. Und: Selbst Saison- und Aushilfskräfte tra-gen immer die zum Haus passende Berufskleidung. Frische Farben und flotter Schnitt: DBL setzt seit langem auf indivi-duelle Kollektionen für Koch und Co. Mit frischen Farben, flotten Schnitten und höchsten Ansprüchen an den Trage-komfort ist die Kleidung ganz auf die individuellen Bedürf-nisse der Mitarbeiter ausgerichtet. Neben dem klassischen Weiß sind farbliche Applikationen und Biesen ein echter Blickfang. Trendfarben wie Bordeaux und Schwarz setzen das Team überzeugend in Szene. Die bequemen Schnitte

Holen, waschen, Pflegen, Bringen – das ist der Leasing-service-Kreislauf: Frische Kleidung wird direkt zum Kunden gebracht, die verschmutzte gleichzeitig abgeholt. somit steht Tag für Tag eine angenehm zu tragende, sauber gepflegte Kollektion zur Verfügung.

die Kollektion Blackline von Mewa trifft ins Schwarze

Schwarz statt Weiß: die cool Stuff 1 von Jobeline

Modern-legerer Schnitt in schwarz-grauem Streifenlook: die latzschürzen von Initial lassen sich farblich aufs corporate design abstimmen.

indiViduaLität trotZ corporate designeinheitlich heißt nicht einheitsdress. Farb- und Stilberaterin Renate Sperber, die bei Mewa das Beraterteam schult, weiß genau, welcher hosenschnitt bei welcher Figur am besten passt oder wie das tuch vorteilhaft ge-bunden werden kann. „die Kunst ist, bei aller Wiedererkennbarkeit den individuellen typ jedes Menschen zu berücksichtigen“, erklärt Renate Sperber. Sie rät: „achten Sie bei der Wahl einer Firmenbekleidungslinie deshalb darauf, dass mehrere hosen- und Blazerformen angeboten werden.“ Für die „corporate Identity“ brauche es kei-nen identischen Schnitt. Sie wird vielmehr durch aufeinander abgestimmte Stücke in einheitlichen Farben erreicht. Mit Beate Klose baut auch como Fashion seine corporate Fashion Kompetenz aus. die studierte Modedesigne-rin mit langjähriger Berufserfahrung in der Modebranche und der Gestaltung von corporate Fashion weiß um den speziellen anspruch in nach der corporate Identity (cI) gestalteten Mode: „corporate Fashion wird heute im-mer mehr nach den Prinzipien der exklusivität, Vielfältigkeit und Individualität gefertigt. der berufstätige Mensch möchte sich in seiner Bekleidung in erster linie wohlfühlen und gleichzeitig gut aussehen. Berufsmode heute be-deutet, angenehmen tragekomfort mit einfachen Pflegeeigenschaften und hoher Strapazierfähigkeit zu verbin-den. Unsere aufgabe ist es, diesen anspruch in ein zeitgemäßes, modernes design umzusetzen.

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Geschirrspültechnik

62 6305-06    |   2015 buongiorno italia buongiorno italia 05-06   |   2015

Eine sinnvolle Speiseresteentsorgung führt zu Hy-giene im Spülbereich. Gleichzeitig sorgt sie für ei-

nen schonenden Umgang mit Ressourcen, denn aus Kü-chenabfällen lässt sich immerhin Biogas gewinnen. Der Spülmaschinenspezialist Meiko hat dafür eine neue Kompakt-Anlage entwickelt.

Mit der „Food and Agriculture Organization“ (FAO) der Vereinten Nationen wird der Lebensmittel-verschwendung weltweit der Kampf angesagt. Immer-hin besagen deren Zahlen, dass 30 Prozent der globalen Lebensmittelproduktion im Müll landen. Außer-Haus-Verpflegung und Kantinen bemühen sich zwar, dieses Problems Herr zu werden – doch der Weg, die Abfälle deutlich zu reduzieren, dürfte noch lang sein. „Wir le-ben derzeit mit dieser ungeheuren Statistik“, befindet auch Dr.-Ing. Stefan Scheringer, Geschäftsführer bei Meiko. Doch: „Wir sollten keinesfalls gut damit leben!“ Das neue WasteStar-System CC (Compact Configurati-on) ergänzt das Sortiment der Speiseresteanlagen des Herstellers und unterstützt dabei, den Umgang mit Le-bensmittelabfällen jetzt noch sinnvoller und vernünfti-

ger zu gestalten. Wer bisher keinen ausreichenden Platz für ein solches System hatte, kann jetzt auf die neue Kompaktklasse WasteStar CC zurückgreifen.

Meiko hat hier mit dem WasteStar schon lange ein geschlossenes System im Programm, mit dem ein Spei-serestemanagement auf der Höhe der Zeit möglich ist.

Was vom Geschirr vor dem Spülvorgang entfernt werden muss, ist dabei als Rohstoff zu behandeln. „Spei-sereste sind wertvoll, sie sind pure Energie, und wenn sie schon nicht ihrem eigentlichen Zweck, nämlich der Ernährung des Menschen, dienen, minimiert es die Ver-schwendung doch erheblich, wenn man aus ihnen in Biogasanlagen Energie erzeugt“, ergänzt Thomas Loos, Leiter des Produktmanagements bei Meiko. Er sieht hier auch ganz klar eine Erweiterung der Wertschöpfung: „Wir stehen für Ressourcenschonung und für einen sen-siblen Umgang mit der Umwelt. Als ein hoch technolo-gisiertes Unternehmen ist es für uns nur logisch, Spül-technik auf höchstem Niveau mit einer integrierbaren Speiseresteanlage zu flankieren.“

KoMPaKtes systeM eInstIeGsModellzur Speiseresteentsorgung für die kleinere Gastronomie

Die neuen Geschirrspülmaschinen schneiden in Sa-chen Wirtschaftlichkeit, Hygiene und Umweltver-

träglichkeit gut ab. Das rotierende Spül- und Nachspül-system zum Beispiel ermöglicht beste Spülergebnisse. Pluspunkte sind auch die Filterung der Waschlauge so-wie der sparsame Energie- und Wasserverbrauch. Da der Tank-Innenraum tiefgezogen ist und sich das Spülsys-tem herausnehmen lässt, sind die Geräte auch leicht zu reinigen. Dazu kommt das Selbstreinigungsprogramm. Beim Bedienen erkennt der Anwender den jeweiligen Betriebszustand auch aus der Fer-ne leicht. Die Folientastatur ermög-licht sowohl dem Kunden als auch dem Service weitere Abfragen und Einstellungen.

Auch kleine Restaurants müs-sen nicht auf eine professionel-le Geschirrreinigung verzichten. Die Lösung heißt GSD 500-N, die als Durchschub- oder Eckspülma-schine erhältlich ist. Die drei Stan-dardspülprogramme (60, 90 und 120 Sekunden) sowie die zwei Son-derprogramme (Selbstreinigungs-programm und Intensivprogramm) reinigen hartnäckig verschmutztes Geschirr zuverlässig. Die Piktogram-me auf der interaktiven Bedienober-fläche sind leicht verständlich. Die doppelwandige Haubenausführung sorgt für einen niedrigen Geräusch-pegel und geringe Wärmeabstrah-lung. Mit dem nahtlos tiefgezogenen Tankinnenraum, der besonders gro-ßen Einschubhöhe und dem rotieren-den Spül- und Nachspülsystem bietet diese Ausführung ein interessantes Preis-/Leistungsver-hältnis in ihrer Klasse.

Die GSD 501-T und 501-TE dagegen sind die Top-modelle für die mittlere Gastronomie. Sie enthalten so-gar sechs Sonderprogramme: Mit der Selbstreinigung, dem Spezialprogramm für Osmose-Wasser, Thermo-desinfektions-, Glas-, Intensiv- und Besteckprogramm kann jeder Anwender seine spezifischen Spülprobleme lösen. Die rundum doppelwandige Haubenausführung,

das spezielle Waschlaugenfiltersystem, die serienmäßig eingebauten Klarspül- und Reinigerdosiergeräte sowie das Klarspülsystem „Clear Plus“ sparen bis zu 30 Pro-zent Wasser, Energie und Reinigungsmittel. Die Aus-führungsvariante GSD 501-TE mit der integrierten Wra-senwärmerückgewinnung nutzt die vorhandene Wärme der Wrasen und erhöht die Temperatur des zulaufenden Frischwassers um ca. 25 °C. Das schont die Umwelt, ver-bessert das Raumklima und spart bares Geld.

Meiko hat eine kompakte Anlage zur Entsorgung von Speiseabfällen entwickelt.

Die wichtigste Voraussetzung für einen reibungslosen und schnellen Ablauf ist eine optimal abgestimmte Spülorganisation mit passend dimensionierten Maschinen. Zu- undAblauftische in hochwertiger Qualität stellen einen perfekt funktionierenden Geschirrkreislauf sicher.

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Layout Roberta canu

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Abdruck, auch auszugsweise, nur mit Genehmigung des Verlages. Beiträge von Fachautoren, die mit vollem Namen gekennzeichnet sind, geben nicht unbedingt die Meinung der Redaktion wieder. Für den Fall, dass Beiträge oder Informationen unzutreffend oder fehlerhaft sind, ist eine Haftung des Verlages ausgeschlossen. Zum Abdruck angenommene Beiträge und Abbildungen gehen im Rahmen der gesetzlichen Bestimmungen in das veröffentlichungs- und Verbreitungsrecht des Verlags über. überarbeitungen und Kürzungen liegen im Ermessen des Verlags. Für unaufgefordert eingesandte Beiträge übernehmen Redaktion und Verlag keine Gewähr.Namentlich ausgewiesene Beiträge liegen in der Verantwortung des Autors. Die Zeitschrift und alle in Ihr enthaltenen Beiträge und Abbildungen sind Uhreberrechtlich geschützt.Mit Ausnahme der gesetzlich zugelassenen Fälle ist eine Verwertung ohne Einwilligung des Verlags strafbar.

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