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Breve descrizione del CONTENUTO DELLE LEZIONI Analisi Matematica 1 (corso B) corso di laurea triennale in FISICA L. Vesely, 2014–2015 29/09/2014 [1 ora: n. 1] Introduzione al corso: organizzazione, contenuti. Classi numeriche: Insieme dei numeri naturali: N = {1, 2, 3,...}. Insieme degli interi nonnegativi: N 0 = {0, 1, 2, 3,...} = N ∪{0}. Insieme dei numeri interi (relativi): Z = {..., -2, -1, 0, 1, 2,...}. Insieme dei numeri razionali: Q = { p q : p Z,q N}. Le operazioni e l’ordine su Q. Rappresentazione dei numeri razionali sulla retta. Allineamenti (sviluppi) decimali. Un allineamento decimale ` e una sequenza c 0 ,c 1 c 2 c 3 ..., dove c 0 Z e c k ∈{0, 1,..., 9} per k 1, tale che non termini con il periodo ¯ 9. Un allineamento decimale periodico ` e un allineamento che termini con un periodo (di qualche lunghezza finita), ad esempio, 223, 45612612612 ... = 223, 45 612 . Ad ogni numero razionale corrisponde un allineamento decimale periodico . Infatti, dato p q Q (dove p Z, q N), ` e sufficiente svolgere la divi- sione p : q per ottenere un allineamento decimale; inoltre, ragionando sui possibili resti che compaiono nello svolgimento della divisione (ve ne sono solo un numero finito: 0, 1,...,q - 1), si deduce facilmente che l’allineamento ottenuto ` e necessariamente periodico. 01/10/2014 [2 ore: 2,3] 1

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Breve descrizione delCONTENUTO DELLE LEZIONI

Analisi Matematica 1 (corso B)corso di laurea triennale in FISICA

L. Vesely, 2014–2015

29/09/2014 [1 ora: n. 1]

• Introduzione al corso: organizzazione, contenuti.

• Classi numeriche:– Insieme dei numeri naturali: N = {1, 2, 3, . . .}.– Insieme degli interi nonnegativi: N0 = {0, 1, 2, 3, . . .} = N ∪ {0}.– Insieme dei numeri interi (relativi): Z = {. . . ,−2,−1, 0, 1, 2, . . .}.– Insieme dei numeri razionali: Q = {p

q: p ∈ Z, q ∈ N}.

• Le operazioni e l’ordine su Q. Rappresentazione dei numeri razionalisulla retta.

• Allineamenti (sviluppi) decimali.Un allineamento decimale e una sequenza

c0, c1c2c3 . . . ,

dove c0 ∈ Z e ck ∈ {0, 1, . . . , 9} per k ≥ 1, tale che non termini con ilperiodo 9. Un allineamento decimale periodico e un allineamento chetermini con un periodo (di qualche lunghezza finita), ad esempio,

223, 45612612612 . . . = 223, 45612 .

Ad ogni numero razionale corrisponde un allineamento decimaleperiodico.Infatti, dato p

q∈ Q (dove p ∈ Z, q ∈ N), e sufficiente svolgere la divi-

sione p : q per ottenere un allineamento decimale; inoltre, ragionandosui possibili resti che compaiono nello svolgimento della divisione (vene sono solo un numero finito: 0, 1, . . . , q − 1), si deduce facilmenteche l’allineamento ottenuto e necessariamente periodico.

01/10/2014 [2 ore: 2,3]

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• Vale anche il vice versa: ogni allineamento decimale periodico provieneda un (e uno solo) numero razionale.

Quindi vi e una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei razionaliQ e l’insieme degli allineamenti decimali periodici (non contenenti 9).In altre parole, possiamo identificare un numero razionale con il suoallineamento (periodico).

• Definizione. Un campo ordinato e un insieme X su cui sono definitedue operazioni binarie + e · insieme ad una relazione d’ordine < [piuprecisamente, e una quaterna ordinata (X,+, ·, <) ], avente le seguentiproprieta:(a) (X,+, ·) e un campo, cioe: le due operazioni algebriche sono com-

mutative e associative, ciascuna ammette un elemento neutro(0 ∈ X per la somma, 1 ∈ X per il prodotto), ogni x ∈ Xammette un opposto −x ∈ X e ogni x ∈ X \ {0} ammette uninverso x−1 ∈ X; inoltre le due operazioni sono legate insiemedalla legge distributiva.;

(b) (X,<) e un insieme (totalmente) ordinato, cioe: la relazione < etransitiva e ogni due elementi x, y ∈ X sono confrontabili (valea dire, si verifica una e una sola tra le seguenti: x = y, x < y,y < x);

(c) le operazioni algebriche e la relazione d’ordine sono legate insiemedalle seguenti due proprieta:x < y ⇒ x+ z < y + z, e (x < y, z > 0) ⇒ xz < yz.

• Q e un campo ordinato, mentre N,N0,Z non lo sono.

• Ogni numero razionale positivo rappresenta una lunghezza, ma nontutte le lunghezze sono rappresentabili con numeri razionali. Ad es.,√

2 e una lunghezza (diagonale di un quadrato di lato unitario), ma:√2 non e un numero razionale.

• Esercizi per voi. Dimostrare:(i) 3√

7 e irrazionale;(ii) se n ∈ N non e una potenza di 10 allora log10 n e irrazionale;(iii) (stimolante) per ogni k, n ∈ N, k

√n e intero o irrazionale.

Numeri reali

• Definizione dei numeri reali come tutti gli allineamenti decimali (chenon finiscano con 9). Ordine su R (ordine “lessicografico”).

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• Definizione di intervallo I ⊂ R.Tipi di intervalli:∅;(a, b), [a, b), (a, b], [a, b],(a,+∞), [a,+∞), (−∞, b), (−∞, b],(−∞,+∞) = R.Intervalli limitati/illimitati, aperti/chiusi/semiaperti.

• Teorema (proprieta archimedea). Per ogni x ∈ R esiste n ∈ Ntale che x < n.

• Corollario. Per ogni x > 0 reale esiste n ∈ N tale che 1n< x.

• Densita di Q e di R \Q in R: se x < y sono due numeri reali, alloral’intervallo (x, y) contiene infiniti numeri razionali e infiniti numeriirrazionali.

06/10/2014 [2 ore: 4,5]

• Definizioni di:insieme limitato superiormente (inferiormente); insieme limitato;maggiorante (minorante) di A;il massimo (minimo) di A, denotati con maxA, minA;l’estremo superiore (inferiore) di A, denotati con supA, inf A.

• Osservazione. Se x = maxA allora anche x = supA, ma non vale ilvice versa.

• Osservazione. x = supA se e solo se valgono le segenti due proprieta:(a) ∀a ∈ A: a ≤ x (cioe, x e un maggiorante di A), e(b) ∀y < x ∃a ∈ A: y < a (cioe, nessun numero reale y < x e

maggiorante di A).La proprieta (b) puo essere espressa anche in questo modo equivalente:(b’) ∀ε > 0 ∃a ∈ A: x− ε < a.

• Esempi. Max, min, sup, inf dei seguenti insiemi:A = (0, 3], B = {x ∈ R : x3 + 4|x| ≤ 0}, C = {(−1)n + 1

n: n ∈ N},

D = {x ∈ Q : x2 ≤ 2, x3 ≥ 1}.

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• Teorema (completezza di R, ovvero la proprieta dell’estremosuperiore).Per ogni insieme non vuoto e limitato superiormente [inferiormente]A ⊆ R esiste supA [ inf A ].

• Significato intuitivo del teorema della completezza: i numeri reali, serappresentati su una retta, riempiono tutta la retta. In altre parole,i numeri reali possono rappresentare tutte le distanze che compaionoin geometria.Si osservi che il campo ordinato Q non e completo.

• Numeri reali estesi: R := R ∪ {−∞,+∞}.Ordinamento su R.

• Convenzione. Se A ⊂ R e illimitato superiormente [inferiormente],definiamo supA := +∞ [inf A := −∞].Inoltre, definiamo: sup ∅ = −∞, inf ∅ = +∞.

• Operazioni algebriche in R: l’idea di come definirle.Dati un numero reale x = m, c1c2c3 . . . e n ∈ N, possiamo definire lan-esima troncata di x come il numero razionale

x(n) = m, c1 . . . cn 0 .

Se x > 0, allora 0 ≤ x− x(n) < 10−n, da cui si dimostra chex = sup{x(n) : n ∈ N}.

Ora, per x > 0, y > 0, possiamo definire:x+ y := sup{x+ y(n) : n ∈ N},x− y := inf{x− y(n) : n ∈ N},xy := sup{x(n)y(n) : n ∈ N},1y

:= inf{ 1y(n)

: n ∈ N},xy

:= x · 1y.

Le operazioni si estendono in modo del tutto naturale a numeri realinon necessariamente maggiori di 0.

• Teorema.Con le sue operazioni algebriche e la relazione d’ordine, R e un campoordinato completo (cioe, con la proprieta del “sup”) di cui Q e unsottocampo.

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• Una curiosita.A meno di isomorfismi, R e l’unico campo ordinato completo, cioe,se (X,⊕,�, <X) e un campo ordinato completo, esiste una corrispon-denza biunivoca tra X e R che “rispetta le operazioni algebriche el’ordinamento di X e quelli di R”. In parole povere, gli elementi diX possono essere identificati con numeri reali senza compromettere leoperazioni e l’ordine di X.

08/10/2014 [2 ore: 6,7]

Ulteriori proprieta di R

• Proprieta archimedea. Abbiamo gia parlato della proprieta archimedea:

N non ha maggioranti in R(cioe, N, come sottoinsieme di R, e illimitato superiormente).

Vale anche la sua forma generale:

∀x > 0 ∀y > 0 ∃n ∈ N : nx > y .

(Infatti, e sufficiente prendere n ∈ N in modo che n > yx.)

• Esistenza della radice n-esima per ogni x > 0. Estensione a x = 0(per ogni n ∈ N) e a x < 0 (per n dispari).Definiamo inoltre x1/n := n

√x qualora il secondo membro e definito.

• Potenze razionali. Dati m,n ∈ N, definiamo

xm/n := n√xm

e anche

x−m/n :=1

n√xm

per tutti gli x ∈ R per cui le espressioni al secondo membro hannosenso.

• Potenze reali. Definizione di xp (con p > 0) per x ≥ 1, per x ∈ (0, 1).Estensione a p < 0.N.B.: Se p e irrazionale, la potenza xp non e definita per x < 0.

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• Esistenza di logaritmi. Per ogni 1 6= b > 0 e ogni x > 0, l’equazione

by = x

ha una e una sola soluzione y ∈ R. Tale y viene chiamato logaritmoin base b di x e denotato con

logb x .

• Esercizio di due volte fa. Dimostrare che, se n ∈ N non e una potenzadi 10, allora log10 n /∈ Q.

Breve svolgimento.Supponiamo che log10 n = p

q con p ∈ N0, q ∈ N. Allora 10p/q = n, da cui

10p = np .

Consideriamo la fattorizzazione in primi di 10 e di n : 10 = 2 · 5 e

n = 2a5b n

dove a, b ∈ N0 e il numero n ∈ N0 non e divisibile per 2 ne per 5. Sostituendonell’uguaglianza precedente, otteniamo

2p5p = 2qa5qb nq.

Si noti che nq non e divisibile per 2 ne per 5. Dall’unicita della fattoriz-zazione in primi ora segue che

p = qa, p = qb, n = 1.

In particolare, n = 10p/q = 10a e una potenza di 10 perche a ∈ N0. Cio

completa la dimostrazione (perche?).

• Esempi.

Grafici di: x2/3, x7/5, x3/8, x−3/5, x−7/6, x−4/3, x√2, x

√3/2, x−2

√5.

• Esercizio.(i) La somma e il prodotto di due razionali sono numeri razionali.

(ii) La somma di un razionale e un irrazionale e un numero irrazionale.(iii) Il prodotto di un razionale non nullo e un irrazionale e irrazionale.(iv) La somma di due irrazionali puo essere razionale o irrazionale, e

lo stesso vale per il prodotto.

Spazi euclidei

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• Ripasso: il prodotto cartesiano X × Y di due insiemi X, Y e definitocome

X × Y :={

(x, y) : x ∈ X, y ∈ Y},

cioe, l’insieme di tutte le coppie ordinate aventi al primo posto unelemento di X e al secondo un elemento di Y .

Analogamente, gli elementi del prodotto cartesiano X × Y × Zsaranno terne ordinate, e quelli di X1 × X2 × · · · × Xn (prodottocartesiano di n insiemi X1, . . . , Xn) saranno n-uple ordinate.

Se X e un insieme e n ∈ N, definiamo

Xn := X ×X × · · · ×X (n volte).

• Spazio euclideo di dimensione n :

Rn = R× R× · · · × R︸ ︷︷ ︸n volte

.

I suoi elementi sono vettori x = (x1, x2, . . . , xn) con xi ∈ R.Con scalari intendiamo elementi di R.

• Operazioni: somma di due vettori, prodotto di uno scalare e un vet-tore, prodotto interno (scalare) di due vettori. Alcune proprieta delleoperazioni.

13/10/2014 [2 ore: 8,9]

• Norma (euclidea) in Rn: ‖x‖ :=√〈x, x〉.

• Significato geometrico di: x + y, α x (con α ∈ R), ‖x‖.L’angolo ϕ di due vettori non nulli:

cosϕ =〈x, y〉‖x‖ ‖y‖

.

Si noti che, nel calso di due versori (cioe, quando ‖x‖ = ‖y‖ = 1), siha cosϕ = 〈x, y〉.

• Proprieta della norma (dimostrate):nonnegativita; annullamento; omogeneita; disuguaglianza triangolare(in due forme); disuguaglianza di Cauchy.

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• Nel caso particolare di n = 1 (cioe, R1 = R, dove il prodotto internocoincide con il prodotto, e la norma coincide con il valor assoluto), ledue forme della disuguaglianza triangolare ci danno:∣∣ |x| − |y| ∣∣ ≤ |x± y| ≤ |x|+ |y| per ogni x, y ∈ R.

• Distanza: d(x, y) := ‖x− y‖.

• Approfondimento culturale – altre norme su Rn.

Diciamo che una funzione reale ||| · ||| su Rn e una norma se soddisfa leseguenti proprieta:(i) |||x||| ≥ 0;

(ii) |||x||| = 0 ⇔ x = 0;(iii) |||tx||| = |t| · |||x|||;(iv) |||x + y||| ≤ |||x|||+ |||y|||.Osserviamo che la norma euclidea ‖ · ‖ soddisfa questa definizione.

Esempi di norme su Rn.◦ ‖x‖1 :=

∑ni=1 |xi|

◦ ‖x‖∞ := max1≤i≤n |xi|◦ Per p ≥ 1 numero reale: ‖x‖p := (

∑∞i=1 |xi|p )

1/p

(per le norme ‖ · ‖p , la dimostrazione della disuguaglianza trian-golare non e facile). Si noti che il caso p = 2 corrisponde allanorma euclidea, e il caso p = 1 e il primo di questi esempi.

Teorema. Sia |||·||| una qualsiasi norma su Rn (e ‖·‖ la norma euclidea).Allora esistono costanti reali b ≥ a > 0 tali che

a‖x‖ ≤ |||x||| ≤ b‖x‖ per ogni x ∈ Rn.

• Ripasso su funzioni.Nozione di funzione f : X → Y dove X, Y sono due insiemi non vuoti.X e l’insieme di partenza, Y e l’insieme d’arrivo,f(X) e l’insieme immagine.Non utilizzeremo il termine “codominio”.Funzioni iniettive, suriettive, biunivoche (o biiettive).

Se f : X → Y e biunivoca, possiamo definire la funzione inversaf−1 : Y → X.

Se f : X → Y e solamente iniettiva, la stessa funzione vista comef : X → f(X) (che formalmente e una funzione diversa) e biunivoca,e quindi esiste f−1 : f(X)→ X.

• Due esercizi. Consideriamo le seguenti funzioni:◦ f : Z× N→ Q, f(p, q) := p

q;

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◦ g : Q→ Z×N, g(r) := (p, q) dove (p, q) ∈ Z×N e tale che r = pq

con p, q primi tra loro.Esse sono iniettive?; suriettive?(f e suriettiva ma non e iniettiva; g non e suriettiva ma e iniettiva.)

15/10/2014 [2 ore: 10,11]

• Successioni. Sia X u insieme non vuoto. Una successione di elementidi X (o semplicemente, successione in X) e, in parole povere, unasequenza infinita

x1, x2, x3, . . . con xn ∈ X

con eventuali ripetizioni. In altre parole, ad ogni n ∈ N viene associatoun elemento xn ∈ X. Otteniamo cosı la definizione formale:una successione in X e una qualsiasi funzione f : N→ X.Il suo termine n-esimo e xn := f(n) ∈ X.

Esempio di una successione in N (o in R):

{1, 2, 2, 3, 3, 3, 4, 4, 4, 4, 5, 5, 5, 5, 5, . . .}.

Esercizio per voi. Qual e il 150o termine di questa successione?

Potenza (cardinalita) di un insieme

• Insiemi equipotenti (notazioni: X ∼ Y , cardX = card Y).Diciamo che cardX ≤ cardY se X e equipotente ad un sottoinsieme(non necessariamente proprio) di Y .Diciamo che cardX < cardY se cardX ≤ cardY e X, Y non sonoequipotenti.La “∼” e una relazione di equivalenza (rifl., simm., transit.). Esempi.

• Insiemi finiti (cioe, l’insieme vuoto e gli insiemi equipotenti a qualche{1, 2, . . . , n}), insiemi infiniti.

• Insiemi numerabili – definizione. Esempi: N0 e Z sono numerabili.

1. Un sottoinsieme infinito di un numerabile e anch’esso numerabile. (Inaltre parole, la potenza del numerabile e la piu piccola cardinalitainfinita.)

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2. L’unione di due (o di un numero finito di) insiemi numerabili e nu-merabile.L’unione di una successione di insiemi numerabili e numerabile.

3. Il prodotto cartesiano di un numero finito di insiemi numerabili enumerabile.

4. Corollario. Q e numerabile. (Infatti, e equipotente ad un sottoinsiemeinfinito di Z× N.) Lo stesso vale per ogni Qn (n ∈ N).

5. Ogni insieme infinito contiene un sottoinsieme numerabile.

Corollario interessante. Se X e infinito e Y e finito o numerabile alloraX ∪ Y ∼ X.

6. Osservazione: R ∼ (0, 1).

Esercizio per voi. Dimostrate che ogni intervallo non degenere I ⊂R e equipotente a R.

7. Teorema di Cantor. R non e numerabile. Di conseguenza,

cardR > cardN .

(In altre parole, la cardinalita del continuo e maggiore della cardinalitadel numerabile.)

8. Corollario. R \ Q (l’insieme degli irrazionali) e equipotente a R (equindi non e numerabile).

• Insieme P(X) delle parti di X e l’insieme di tutti i sottoinsiemi di X,inclusi X e l’insieme vuoto.

Esercizio per voi. Per X = {1, 2, 3}, determinate l’insieme P(X).

9. Alcuni fatti interessanti, non dimostrati a lezione.(i) Per ogni X, cardP(X) > cardX.

(Se X e finito con cardX = n, allora cardP(X) = 2n.)(ii) P(N) ∼ R.

(iii) Rn ∼ R per ogni n ∈ N.(iv) Per ogni due insiemi X, Y vale una e una sola delle seguenti tre

possibilita:cardX = card Y , cardX < card Y , cardX > card Y .(Questa proprieta naturale non e per niente ovvia dalle definizioni!)

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• Notazioni delle cardinalita del numerabile e del continuo:

card(N) =: ℵ0 , card(R) =: c .

(ℵ e la lettera ebraica aleph, mentre c e una c gotica.)

20/10/2014 [2 ore: 12,13]

• Esercizio per voi. Siano X, Y due insiemi non vuoti. Quando (intermini di cardinalita) esiste una funzione f : X → Y :(i) iniettiva? ;

(ii) suriettiva?(Giustificate bene la risposta!)

Spazi metrici

• Definizione di spazio metrico (X, d).

• In uno spazio metrico (X, d), dati un punto x ∈ X e r > 0, l’intorno(sferico) di x di raggio r e l’insieme

B(x, r) = {y ∈ X : d(x, y) < r} .

• Esempi.(i) Metrica data da una norma ||| · ||| su Rn: d(x, y) = |||x − y|||. Tale

metrica e sempre invariante per traslazioni.Esempi particolari, la forma degli intorni in tali esempi.

(ii) Metrica data da una funzione iniettiva f : X → R : d(x, y) =|f(x) − f(y)|. Tale metrica puo essere limitata o non invarianteper traslazioni.Esempi (su N e su R).

(iii) Metrica discreta su un insieme X:

d(x, y) = 0 se x = y; d(x, y) = 1 se x 6= y.

Forma degli intorni nella metrica discreta.(iv) Esempio di una metrica a tre valori:

X = l’insieme delle persone presenti nell’aula;d(x, y) = 0 se x = y; d(x, y) = 1 se x, y sono diversi ma dellostesso sesso; d(x, y) = 2 altrimenti.

(v) Metrica “delle due stanze”.

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• Definizioni di: punto interno, punto esterno, punto di frontiera.Notazioni:A◦ e l’interno di A, cioe, l’insieme dei punti interni di A;∂A e la frontiera di A, cioe, l’insieme dei punti di frontiera di A.

• Vari esempi, soprattutto in R.

22/10/2014 [2 ore: 14,15]

• La proprieta di Hausdorff.

• Definizione di: punto isolato, punto di accumulazione.A′ denota l’insieme dei punti di accumulazione (o l’insieme derivato)dell’insieme A.

• Osservazione. Se x ∈ A′, allora ogni intorno di x contiene infinitipunti di A.

Corollario. Se A e finito allora A′ = ∅.

• Esempi.

• Definizione di: insieme aperto, insieme chiuso.

• Lemma. Ogni intorno sferico B(x, r) e un insieme aperto.

• Ripasso delle leggi di De Morgan:(a) il complementare di un’unione e l’intersezione dei complementari;(b) il complementare di un’intersezione e l’unione dei complementari.

• Teorema.(a) Le unioni (qualsiasi) di aperti sono insiemi aperti.(b) Le intersezioni finite di aperti sono insiemi aperti.(a’) Le intersezioni (qualsiasi) di chiusi sono insiemi chiusi.(b’) Le unioni finite di chiusi sono insiemi chiusi.

• Esempi. An = (−1/n, 1/n), Bn = [1/n, 2] (n ∈ N). Allora:(a) gli An sono tutti aperti, ma

⋂n∈NAn non lo e;

(b) i Bn sono tutti chiusi, ma⋃n∈NBn non lo e.

• Teorema. Siano: (X, d) uno spazio metrico e A ⊂ X. Allora leseguenti sono equivalenti:(i) A e chiuso;(ii) A contiene tutti i suoi punti di frontiera;

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(iii) A contiene tutti i suoi punti di accumulazione.

27/10/2014 [2 ore: 16,17]

• Un insieme puo essere: aperto, chiuso oppure ne aperto ne chiuso.

• Definizione. La chiusura di un insieme A: A := A ∪ A′.

• Esempi.(i) Chiusura degli insiemi: A = [0, 1), B = N, C = Q,

D = { 1n

: n ∈ N}.(ii) Sia E = E1 ∪ E2 dove

E1 ={

(x, y) ∈ R2 : x ∈[(0, 1) ∩Q

]∪ (2, 3)

},

E2 ={

(4 + 1n, 1n) : n ∈ N

}. Determinare: E◦, ∂E, E ′, E.

(Commento. In esercizi di questo tipo ci sono tre cose da saperfare: 1) capire come e fatto l’insieme dato, 2) capire come sonofatti gli insiemi richiesti, 3) scrivere in modo corretto gli insiemirichiesti.)

• Teorema (proprieta della chiusura).(i) A ⊂ B ⇒ A ⊂ B.

(ii) A e un insieme chiuso contenente A.(iii) A e il piu piccolo insieme chiuso contenente A, cioe, se C e chiuso

e A ⊂ C allora A ⊂ C.(iv) A e chiuso se e solo se A = A.

Idea di una dimostrazione di (ii). Basta dimostrare che A contienei suoi punti di accumulazione. Abbiamo (per alcuni passaggi si vedal’ “Esercizio per voi” che segue):(A)′ = (A ∪ A′)′ = A′ ∪ (A′)′ = A′ ⊂ A.

• Esercizio per voi.(i) Dimostrare che (A ∪B)′ = A′ ∪B′.

(ii) Dimostrare che (A′)′ ⊂ A′.

• Definizione di diametro di un insieme non vuoto A (notazione diamA).L’insieme A viene detto limitato se A = ∅ oppure A 6= ∅ con diamA <+∞.

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• Per ∅ 6= A ⊂ R, diamA = supA− inf A.Di conseguenza, A e limitato (secondo la definizione in spazi metrici)se e solo A e limitato sia superiormente sia inferiormante (e quindilimitato secondo la definizione data nel capitolo su numeri reali).

• Teorema (proprieta di insiemi limitati).(i) Ogni intorno sferico B(x, r) e limitato e il suo diametro e ≤ 2r.

(In Rn, diamB(x, r) = 2r. Invece, in uno spazio metrico discretoavente piu di un punto, diamB(x, r) vale 0 se r ≤ 1, e vale 1 ser > 1.)

(ii) Sottoinsiemi di insiemi limitati sono limitati.(iii) A e limitato se e solo se A ⊂ B(x, r) per qualche x ∈ X, r > 0.(iv) Esercizio per voi. Sia x0 ∈ X fissato. Allora: A e limitato se e

solo se A ⊂ B(x0, r) per qualche r > 0.(v) Ogni insieme finito e limitato.

(vi) L’unione di un numero finito di insiemi limitati e un insieme lim-itato.(Cio ovviamente non vale per unioni infinite: N =

⋃n∈N{n}.)

• Ripasso: successioni in X.Attenzione, una successione (ad es., {1, 2, 3, 1, 2, 3, 1, 2, 3, . . .}) e unacosa diversa dal suo insieme immagine (nel nostro esempio, {1, 2, 3}).Una successione {xn} (in uno spazio metrico) e detta limitata se il suoinsieme immagine {xn : n ∈ N} e limitato.

• Proprieta valide definitivamente. Sia P una proprieta che un nu-mero naturale puo avere o meno. Diciamo che P vale definitivamentese vale per ogni n ∈ N che sia sufficientemente grande, cioe,

se esiste n0 ∈ N tale che P valga per ogni n ≥ n0.

• Osservazione utile. Supponiamo che ciascuna delle proprieta P1,P2

valga definitivamente. Allora anche la proprieta P1 ∧P2 vale definiti-vamente.

• Esempi.(i) La proprieta “ essere pari” non vale definitivamente (anche se vale

per infiniti n ∈ N).(ii) n2 − 1000n− 2000 > 0 definitivamente.

29/10/2014 [2 ore: 18,19]

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• Osservazione. Una proprieta P vale definitivamente se e solo se valeper ogni n ∈ N \ F dove F e un opportuno insieme finito.

Successioni in spazi metrici

• Definizione di “xn → p ”. Definizione di successione convergente.

• Osservazione. Ciascuna delle seguenti affermazioni e equivalente adire che xn → p.(i) ∀ε > 0: d(xn, p) ≤ ε definitivamente.

(ii) ∀ε > 0: d(xn, p) < 10ε definitivamente.(iii) ∀ε > 0: d(xn, p) ≤

√ε definitivamente.

• Teorema di unicita del limite.

• Esempi.

• Osservazioni.(i) Se xn = yn definitivamente, allora: xn → p ⇔ yn → p.

(ii) xn → p in (X, d) se e solo se d(xn, p)→ 0 in R.

• Una sottosuccessione di {xn} e una qualsiasi successione del tipo{xnk}+∞k=1 dove n1 < n2 < . . . sono numeri naturali.

Ciascuna delle seguenti successioni e una sottosuccessione di { 1n}:

{ 12k}, { 1

n!}, { 1

m+3}.

• Teorema. Una successione converge a p se e solo se tutte le suesottosuccessioni convergono a p.

• Teorema. Ogni successione convergente e limitata.

• Successioni in spazi euclidei.Per non dover utilizzare due indici, useremo la seguente notazione perle coordinate di un vettore x ∈ Rd:

x =(x(1), x(2), . . . , x(d)

).

Iniziamo con il seguente lemma che ci dara la possibilita di dimostrarevelocemente il teorema base sulla convergenza in Rd.

◦ Lemma. Per ogni x ∈ Rd si ha:

‖x‖∞ ≤ ‖x‖ ≤ ‖x‖1 ≤ d‖x‖∞(per le definizioni delle norme si veda la lezione del 13/10).

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◦ Teorema. Una successione {xn} in Rd converge a p in Rd se esolo se vi “converge per coordinate”, cioe,

∀i ∈ {1, 2, . . . , d} : xn(i)→ p(i) per n→ +∞.

Successioni di numeri reali

• Definizioni di xn → p+ (per eccesso o da destra) e xn → p− (per difettoo da sinistra).

• Esercizio per voi. Consideriamo (in R) la metrica

d(x, y) = | arctanx− arctan y|.Dimostrare che xn → p nella metrica d se e solo se xn → p nella usualemetrica euclidea.

03/11/2014 [2 ore: 20,21]

• Per capire la definizione di limiti infiniti, l’idea principale e compresanelle seguenti due convenzioni:◦ intorni di +∞ sono gli intervalli del tipo (M,+∞) (con M ∈ R);◦ intorni di −∞ sono gli intervalli del tipo (−∞,M) (con M ∈ R).

• Definizione di xn → +∞ e di xn → −∞.

• Esercizio per voi (II parte). Consideriamo la funzione iniettivaf : R→ R, data da

f(x) =

{arctanx se x ∈ R,

±∞ se x = ±∞

e la metrica d(x, y) = |f(x)− f(y)| su R. Data una successione {xn}in R, dimostrare che le seguenti due affermazioni sono equivalenti:(i) xn → +∞ (secondo la nostra definizione);

(ii) xn → +∞ nello spazio metrico (R, d ).

• Definizione di comportamento di una successione (successioni regolari,cioe quelle convergenti e quelle divergenti; successioni irregolari ovverooscillanti). Esempi.

• Operazioni in R.

• Teorema su limiti e le operazioni algebriche.

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• Teorema (limiti e funzioni elementari). Sia f una delle funzionielementari (cioe, potenze, esponenziali, logaritmi, funzioni trigono-metriche e quelle trigonometriche inverse) con l’insieme di definizioneD (⊂ R). Se {xn} ⊂ D, x ∈ D e xn → x, allora anche f(xn)→ f(x).

• Notazione. Se {xn}, {yn} ⊂ R, yn 6= 0 almeno definitivamente exnyn→ 0 ,

allora scriveremo

xn � yn oppure xn = o(yn).

(La seconda formula, che e quella standard, si legge “xn e o piccolo diyn ”.)

• Teorema (gerarchia di infiniti). Siano a > 1, b > 1, α > 0, β > 0.Allora

logβb n � nα � an � n! � nn .

• Esempi vari, di cui uno, “articolato”, con un parametro:

limn→+∞

3√n2 −

√n3 + n2a

n− na2(a lezione svolti solo due dei 7 casi particolari [a < −1 e a = −1]).

05/11/2014 [2 ore: 22,23]

• Teorema della permanenza del segno – con dimostrazione.

• Teorema del confronto – con dim.

• Corollario. Se xn → 0 e {yn} e limitata allora xnyn → 0.

• Ripasso: il comportamento delle successioni geometriche {qn}.

• Teorema (criterio del rapporto). Sia {xn} una successione dinumeri reali non nulli. Supponiamo che esista il limite

(1) limn→+∞

|xn+1||xn|

= `

(che ovviamente appartiene a [0,+∞]).(a) Se ` < 1, allora esistono c > 0 e q ∈ (0, 1) tali che

|xn| ≤ c qn definitivamente,

e quindi xn → 0.

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(b) Se ` > 1, allora esistono c > 0 e q > 1 tali che

|xn| ≥ c qn definitivamente,

e quindi |xn| → +∞.N.B.: Il criterio non dice niente a proposito del caso ` = 1.

• Esercizio importante (criterio della radice). Dimostrate che lostesso teorema vale anche se il limite (1) viene sostituito con

limn→+∞

n√|xn| = ` .

(In questo caso non e necessario supporre che xn 6= 0.)

• Teorema (gerarchia di infiniti – una generalizzazione). Sianoa > 1, b > 1, α > 0, β > 0. Se {zn} e una successione in (0,+∞) taleche zn → +∞, allora

logβb zn � (zn)α � azn � [zn]! � (zn)zn .

([t] denota la parte intera di t).

Con dim. (quasi) completa.

• Successioni monotone - definizione di: successione strettamentecrescente; succ. strettamente decrescente; succ. non decrescente o cres-cente in senso lato; succ. non crescente o decrescente in senso lato.

10/11/2014 [2 ore: 24,25]

• Teorema (limiti di successioni monotone). Ogni successionemonotona e regolare, cioe, e convergente o divergente. Piu precisa-mente:(i) se {xn} e monotona crescente (almeno) in senso lato, allora

xn → ` := supn∈N xn.(ii) se {xn} e monotona decrescente (almeno) in senso lato, allora

xn → ` := infn∈N xn.

• Corollario. Ogni successione monotona e limitata e convergente.

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• Teorema (il numero di Nepero e).La successione

xn =

(1 +

1

n

)n(n ∈ N)

e strettamente crescente e limitata. Quindi essa e convergente:

(2) limn→+∞

(1 +

1

n

)n=: e ∈ R dove e > 0.

Si puo dimostrare che il numero e e irrazionale con

e = 2,718281828459 . . . .

• Successioni asintotiche – definizione e proprieta principali: il simbolodi “asintotico” si comporta bene con prodotti, rapporti, potenze, manon con somme o esponenziali!.A proposito di logaritmi: supponiamo che xn ∼ yn; se xn → +∞o xn → 0+ allora log xn ∼ log yn. (Se invece xn → 1, la relazionelog xn ∼ log yn puo essere falsa.)

• Limiti notevoli – si veda il file “Limiti notevoli”.

• Esempio: limna(

5√n5 + n3 − n

).

12/11/2014 [2 ore: 26,27]

• Due esempi di errori.

• xn = (n2 + 1)1

1+√n

• Due dei nostri limiti notevoli possono essere scritti in questa forma:se 1 6= tn → 1 e a 6= 0 allora:

log tn ∼ (tn − 1), tan − 1 ∼ a(tn − 1).

• xn =(

cos 1√n

)na(2 log(n+1)−log(n2+1))

• Ripasso: definizione di xn = o(yn) (“o piccolo”). Significato in parolepovere: xn e trascurabile rispetto a yn.

Limiti notevoli scritti usando “o piccolo” (vedi il file “Versione 2”online).

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• xn =(

4√n+ nb

)2014 − ( 4√n− nb

)2014con b < 1

4.

(Due metodi di soluzione: a) con “asintotico”, raccogliendo il secondotermine; b) con “o piccolo” raccogliendo ( 4

√n)2014.)

• Qualche volta i limiti notevoli non bastano per calcolare un limite: ades., limn3( 1

n− sin 1

n) .

• xn = n√n

• Con i nostri metodi non riusciamo a calcolare il limite di n√n!.

Usando la formula di Stirling n! ∼ nn√2πn

en, si calcola che n

√n!→ +∞.

• xn =(2 n√n+ cos 1

n− 2)n

17/11/2014 [2 ore: 28,29]

Condizione di Cauchy e completezza

• Definizione. Sia (X, d) uno spazio metrico. Una successione {xn} ⊂ Xsoddisfa la condizione di Cauchy (oppure e una successione di Cauchy)se

∀ε > 0 ∃n0 ∈ N : d(xn, xm) < ε per ogni m,n ≥ n0.

Cio equivale a dire che

limn→+∞

diam{xn, xn+1, xn+2, . . .} = 0 .

• Proposizione. Per una successione {xn} (in uno spazio metrico X)valgono le seguenti implicazioni:

{xn} e convergente in X ⇒ {xn} e di Cauchy ⇒ {xn} e limitata,

mentre le implicazioni inverse sono false.

• Esempi di succesisoni di Cauchy non convergenti:(i) X = (0, 1], xn = 1/n;(ii) X = Q, {xn} ⊂ Q tale che xn →

√2 (in R);

(iii) X = N con la metrica d(m,n) = | 1m− 1

n|, xn = n.

• Definizione. (X, d) si dice completo se ogni successione di Cauchy{xn} ⊂ X e convergente in X.

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• Lemma importante (Principio di intervalli chiusi inscatolati).Consideriamo una successione di intervalli (chiusi e limitati)

In = [an, bn] ⊂ R (n ∈ N)

tali che I1 ⊃ I2 ⊃ I3 ⊃ · · · . Allora:(a) l’intersezione

⋂n∈N In non e vuota;

(b) se diam In → 0, allora⋂n∈N In = {p}; inoltre, an → p− e bn →

p+.

Idea della dimostrazione: essendo monotone e limitate, le successioni{an}, {bn} convergono (a α, β, rispettivamente). Si dimostra che α ≤β e

⋂n∈N

In coincide con [α, β].

• Teorema. R e uno spazio metrico completo.

Idea della dimostrazione: data una successione di Cauchy {xn} ⊂ R,considerare le “code”

Cn = {xn, xn+1, . . .} (n ∈ N)

e applicare il principio di intervalli chiusi inscatolati agli intervalli

In = [an, bn]

dovean = inf Cn , bn = supCn .

Si dimostra che xn → p dove p ∈ R e tale che⋂n In = {p}.

• Corollario. Per ogni d ∈ N, lo spazio metrico Rd e completo.

Idea: se {xn} ⊂ Rd e di Cauchy, allora essa e “di Cauchy per coordi-nate”. Secondo il teorema precedente, {xn} converge per coordinate;e cio significa che converge in Rd.

• Chiameremo rettangolo chiuso in Rd ogni insieme del tipo

F = [a1, b1]× [a2, b2]× . . .× [ad, bd]

dove ak ≤ bk per ogni k = 1, . . . , d.

Dal Principio di intervalli chiusi inscatolati si deduce facilmente laseguente proprieta degli spazi euclidei.

• Corollario (principio di rettangoli chiusi inscatolati in Rd).Consideriamo una successione di rettangoli chiusi in Rd

F1 ⊃ F2 ⊃ F3 ⊃ · · · .(a) L’intersezione

⋂n∈N Fn non e vuota.

(b) Se diamFn → 0, allora⋂n∈N Fn = {p}.

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• Teorema. In uno spazio metrico X, un punto p ∈ X e un punto diaccumulazione di un insieme A se e solo se esiste una successione inA \ {p} convergente (in X) a p.

• Teorema. Sia A un insieme non vuoto in uno spazio metrico X.Allora le seguenti sono equivalenti:(i) A e chiuso;

(ii) se A 3 xn → p ∈ X allora p ∈ A.

• Esercizio per voi. Siano (X, d) uno spazio metrico, e A ⊂ X.◦ Se (A, d) e completo allora A e chiuso in X.◦ Se (X, d) e completo e A e chiuso allora (A, d) e completo.

19/11/2014 [2 ore: 30,31]

• Nel Principio di intervalli chiusi inscatolati, sia l’ipotesi che gli inter-valli sono chiusi sia quella che gli intervalli sono limitati sono entrambenecessarie.

Sottosuccessioni e classe limite in R

• Ripasso: (a) definizione di sottosuccessione di una successione;(b) xn → p se e solo se ogni sottosuccessione di {xn} tende a p.

• Teorema.(a) [Heine–Borel] In R, ogni successione limitata ammete una sotto-

successione convergente.(b) In R, ogni successione illimitata [superiormente/inferiormente]

ammete una sottosuccessione divergente [a +∞ /−∞].

Dimostrazione. (a) Supponiamo che {xn} ⊂ [a, b]. Dividiamo [a, b] indue “meta” della stessa lunghezza; almeno una di esse, che denotiamocon [a1, b1], contiene xn per infiniti n. Poi, dividiamo [a1, b1] in due“meta” della stessa lunghezza; almeno una di esse, che denotiamocon [a2, b2], contiene xn per infiniti n. E cosı via. Otteniamo unasuccessione di intervalli inscatolati

[a, b] ⊃ [a1, b1] ⊃ [a2, b2] ⊃ · · · .

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Osserviamo che, per ogni k, l’intervallo [ak, bk] contiene xn per infinitin, inoltre bk−ak = 2−k(b−a)→ 0. Per il Principio di intervalli chiusiinscatolati, ⋂

k∈N

[ak, bk] = {p} , ak → p , bk → p .

Possiamo scegliere (in N) indici n1 < n2 < · · · in modo che xnk ∈[ak, bk] per ogni k. Per il teorema “dei due carabinieri”, xnk → p perk → +∞.

(b) Se, ad esempio, {xn} e illimitata superiormente, Possiamo sce-gliere (in N) n1 < n2 < · · · in modo che xnk > k per ogni k. Alloraxnk → +∞. [q.e.d.]

• Definizione di classe limite di {xn}. Notazione: E = E({xn}).I suoi elementi si chiamano valori limite.

• Esempi: xn = (−1)n; xn = sin nπ2− 2−n; xn = e(−1)

nn.

• Teorema (proprieta di classe limite).Siano {xn} ⊂ R e E = E({xn}).(i) E e un sottoinsieme non vuoto di R.

(ii) E ∩ R e chiuso in R.(iii) Esistono (in R):

max E , min Ee vengono chiamati limite superiore (o massimo limite) e limiteinferiore (o minimo limite) di {xn}, e denotati rispettivamentecon

lim supn→+∞

xn = limn→+∞xn e lim infn→+∞

xn = limn→+∞xn .

(iv) Valgono le seguenti formule:

lim supn→+∞

xn = limn→+∞

(supk≥n

xk

)= inf

n∈N

(supk≥n

xk

),

lim infn→+∞

xn = limn→+∞

(infk≥n

xk

)= sup

n∈N

(infk≥n

xk

)

(i limiti si intendono in R).

• Esempi.◦ Una successione con E = {1, 2, 3,+∞}.◦ Una successione con E = N – non esiste!

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◦ Una successione con E = N ∪ {±∞}.◦ Una successione con E = Q ∪ {±∞} – non esiste!◦ Una successione con E = R

(idea: ordinare Q in una successione {qn} [perche e possibile?],definire {xn} = {q1, q1, q2, q1, q2, q3, q1, q2, q3, q4, . . . }, osservare cheE contiene Q ∪ {±∞}, infine usare la proprieta che che E ∩ R eun insieme chiuso).

• Una curiosita.Per xn = sinn, yn = cosn si ha E({xn}) = E({yn}) = [−1, 1].

• Esercizi per voi. Siano {xn} ⊂ R, a, p ∈ R.(i) Se limxn < a allora xn < a definitivamente.

Dall’altra parte, se limxn > a non e detto che si abbia xn > adefinitivamente.(Formulate affermazioni analoghe per limxn.)

(ii) {xn} e limitata se e solo se E ⊂ R.(iii) E = {p} se e solo se xn → p.

• Commenti su alcuni esercizi del I compitino.

24/11/2014 [2 ore: 32,33]

Serie di numeri reali (serie numeriche)

• Data una successione {an} ⊂ R, la serie

+∞∑n=1

an

puo essere vista come un tentativo di calcolare la somma di infinititermini

a1 + a2 + a3 + . . . .

Definizione formale: la serie∑+∞

n=1 an e definita come la successione

{Ak} delle sue somme parziali (o ridotte), dove Ak =∑k

n=1 an . Ilcomportamento della serie e poi definito come il comportamento dellasuccessione {Ak}.

• Esempi.∑+∞

n=1 1 diverge alla somma +∞.

Una serie geometrica∑+∞

n=0 qn converge se e solo se |q| < 1; in tal caso

la somma della serie vale 11−q .

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• Esempi.(i)∑+∞

1 (−1)n e irregolare.

(ii) La serie di Mengoli∑+∞

11

n(n+1)converge.

(iii) Vedremo piu avanti che:∑+∞1

1n

(la serie armonica) diverge, mentre∑+∞

1(−1)nn

converge.

• Osservazioni.(i) Per ogni costante c 6= 0, le serie

∑+∞1 an e

∑+∞1 (c · an) hanno lo

stesso comportamento.(ii) Per ogni s ∈ Z, le serie

∑+∞n=1 an e

∑+∞n=s an hanno lo stesso com-

portamento.Corollario. Se an = bn definitivamente, allora le serie

∑+∞1 an e∑+∞

1 bn hanno lo stesso comportamento.

• Teorema (condizione necessaria). Il termine generale di una serieconvergente tende necessariamente a 0.

• Esempio. La serie∑+∞

1 n2(31/n − 1) log(n+1n

) non converge.

• Criterio di Cauchy per le serie.

• Convergenza assoluta.Teorema (cond. sufficiente). Se una serie converge assolutamente,allora converge anche semplicemente.

• Corollario. Per una serie∑+∞

1 an, valgono le seguenti implicazioni:∑+∞1 |an| converge ⇒

∑+∞1 an converge ⇒ an → 0 ,

ma le implicazioni inverse sono false (v. la serie∑+∞

1(−1)nn

e quellaarmonica).

Serie a termini non negativi

• Consideriamo una serie∑+∞

1 an con an ≥ 0 per ogni n (o almenodefinitivamente).

Grazie alla monotonia della successione delle somme parziali, taleserie non puo essere irregolare e le seguenti sono equivalenti:(i)∑+∞

1 an converge;

(ii)∑+∞

1 an non diverge;

(iii) la successione delle somme parziali della∑+∞

1 an e superiormentelimitata.

• TEOREMA. Supponiamo che {an}, {bn} ⊂ [0,+∞).

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1. (criterio del confronto). Sia an ≤ bn almeno definitivamente. Se∑+∞1 bn converge allora anche

∑+∞1 an converge.

(E quindi, se∑+∞

1 an diverge allora∑+∞

1 bn diverge.)2. (confronto asintotico). Sia an ∼ bn (per n→ +∞). Allora le due

serie∑+∞

1 an e∑+∞

1 bn hanno lo stesso comportamento.

• Esempi. Le serie∑+∞

11n2 e

∑+∞1

1n3 convergono.

26/11/2014 [2 ore: 34,35]

• Teorema (criteri della radice e del rapporto). Sia an ≥ 0 perogni n (o almeno definitivamente). Supponiamo che esista

lim an+1

an=: ` oppure lim n

√an =: ` (0 ≤ ` ≤ +∞).

(i) Se ` < 1 allora la serie∑+∞

1 an converge.(ii) Se ` > 1 allora an → +∞ e quindi la serie diverge.(Sul caso ` = 1 il criterio non dice niente.)

• Esempi.∑+∞

1(n!)2

(2n)!,∑+∞

4logn

log(n+1)( nn+1

)n2

.

• Teorema (criterio di condensazione). Sia an ≥ an+1 ≥ 0 per ognin (o almeno definitivamente). Allora le due serie

+∞∑n=1

an e+∞∑k=0

2ka2k

hanno lo stesso comportamento.

• Esempi importanti:◦∑+∞

n=11na

converge se e solo se a > 1 [fatto];

◦∑+∞

n=21

na logb nconverge se e solo se a > 1, b ∈ R oppure a = 1, b >

1 [sara fatto a esercitazione].

• Teorema (criterio di Leibniz). Consideriamo la serie a termini disegno alterno

(3)+∞∑n=1

(−1)nbn

con bn ≥ 0 per ogni n (o almeno definitivamente). Se bn ↘ 0 (cioe,bn ≥ bn+1 per ogni n, e bn → 0) allora la serie (3) converge.

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• Esempio.∑+∞

12nn2+1

(a2 − 1)n .

• La serie somma. Consideriamo le seguenti tre serie

+∞∑n=1

an

+∞∑n=1

bn

+∞∑n=1

(an + bn) .

Se la prima e la seconda sono regolari con somme, rispettivamente,A,B ∈ R ed esiste A + B ∈ R, allora la terza serie e regolare con lasomma uguale a A+B.In altre parole,

∑+∞1 (an+bn) = (

∑+∞1 an)+(

∑+∞1 bn) se l’espressione

a destra ha senso.

Esercizio per voi. Se la prima delle tre serie converge, allora la secondae la terza serie hanno lo stesso comportamento.

01/12/2014 [2 ore: 36,37]

• Riordinamenti di serie numeriche – un “complemento culturale”.

Una permutazione (o riordinamento) di N e una qualsiasi funzionebiunivoca π : N→ N.

Esercizio per voi.“Se xn → ` ∈ R allora ogni riordinamento {xπ(n)} (dove π e unapermutazione di N) tende a `.” Vero o falso?

Esempio. Consideriamo la serie irregolare∑+∞

1 (−1)n = −1 + 1− 1 +1− 1 + . . . . Il suo riordinamento 1 + 1− 1 + 1 + 1− 1 + 1 + 1− 1 + . . .diverge alla somma +∞. (Inoltre, la serie non ammette riordinamenticonvergenti [perche?].)

Teorema 1. Se∑+∞

1 an converge assolutamente allora ogni suo rior-dinamento converge alla stessa somma.

Teorema 2 (Riemann). Supponiamo che∑+∞

1 an converga sem-

plicemente ma non assolutamente. Allora per ogni s ∈ R la serieammette un riordinamento regolare con somma s. Inoltre, la serieammette riordinamenti irregolari.

Limiti di funzioni

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• Idea base per la definizione di limx→p f(x) = ` :∀V intorno di ` si ha che “f(x) ∈ V definitivamente per x→ p ”,dove l’espressione virgolettata significa:∃U intorno di p tale che per ogni x ∈ U \ {p} si abbia f(x) ∈ V .

• Definizione. Siano (X1, d1) e (X2, d2) due spazi metrici, E ⊂ X1,f : E → X2, p ∈ E ′, ` ∈ X2. Diciamo che

limx→p

f(x) = `

se

∀ε > 0 ∃δ > 0∀x ∈(B(p, δ) \ {p}

)∩ E : f(x) ∈ B(`, ε) ,

ovvero

∀ε > 0 ∃δ > 0∀x ∈ E con 0 < d1(x, p) < δ : d2(f(x), `) < ε .

• Teorema (caratterizzazione successionale). Siano, come sopra,f : X1 ⊃ E → X2, p ∈ E ′, ` ∈ X2. Le seguenti affermazioni sonoequivalenti:(i) limx→p f(x) = ` ;(ii) per ogni successione {xn} ⊂ E \ {p} tale che xn → p si ha che

f(xn)→ `.

• Esempi.(i) limx→0

sinxx

= 1.(ii) log x ∼ x− 1 per x→ 1.(iii) x2 = o(x) per x→ 0, mentre x = o(x2) per x→ −∞.(iv) limx→0

1x

non esiste, mentre i due limiti unilaterali limx→0±1x

es-istono e valgono ±∞.

• Ulteriori varianti della definizione di limite.◦ Definizione di limx→−∞ f(x) = ` dove f : R ⊃ E → X, inf E =−∞, ` ∈ X.◦ Definizione di limx→p f(x) = +∞ dove f : X ⊃ E → R, p ∈ E ′.◦ Definizione di limx→−1+ f(x) = 2 dove f : R ⊃ E → R, −1 ∈

(E ∩ [−1,+∞))′.◦ Altri varianti, con esempi.

03/12/2014 [2 ore: 38,39]

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29

• Proprieta di limiti di funzioni. Siano (X, d) uno spazio metrico,f : X ⊃ E → R, p ∈ E ′. Per semplicita di scrittura useremo laseguente notazione:

B•E(p, r) =(B(p, r) \ {p}

)∩ E (r > 0).

(a) (Locale limitatezza). Se limx→p f(x) = ` ∈ R allora f e limitatain qualche B•E(p, r).[Infatti, per la definizione di limite esiste r > 0 tale che f(x) ∈(`− 1, `+ 1) in B•E(p, r).]

(b) (Permanenza del segno). Supponiamo che limx→p f(x) = ` ∈ R,α ∈ R.(b1) Se ` > α allora f(x) > α in qualche B•E(p, r).(b2) Se f(x) ≥ α in qualche B•E(p, r) allora ` ≥ α.

[Dimostrazione – ESERCIZIO PER VOI! ]

(c) (Teorema del confronto [“dei 3 carabinieri”]) – segue dalla carat-terizzazione succesionale.

(d) (Operazioni algebriche e limiti) – idem.

(e) (Limiti e le funzioni elementari) – idem.

(f) (Limiti notevoli) – idem.

• Asintoti.La retta (verticale) x = x0 e un asintoto verticale al grafico di f sevale almeno una delle seguenti:

limx→x+0

|f(x)| = +∞ , limx→x−0

|f(x)| = +∞ .

Dati m, q ∈ R, la retta (non verticale) di equazione y = mx + q e unasintoto (verticale se m = 0, obliquo altrimenti) al grafico di f perx→ +∞ [per x→ −∞] se

limx→+∞(f(x)−mx− q

)= 0

[limx→−∞

(f(x)−mx− q

)= 0

].

Teorema (calcolo di asintoti non verticali).Dati m, q ∈ R, le seguenti due affermazioni sono equivalenti:(i) y = mx+ q e un asintoto al grafico di f per x→ +∞;

(ii) m = limx→+∞f(x)x

e q = limx→+∞(f(x)−mx

).

• Insiemi compatti in spazi metrici – si veda il relativo file di ap-punti sulla mia pagina web.(Commento: per motivi di semplicita abbiamo voluto definire la com-pattezza in modo diverso, ma equivalente, rispetto al libro di Soardi.)

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10/12/2014 [2 ore: 40,41]

Continuita

• In quanto segue, (Xi, di) sono spazi metrici, E ⊂ X1 e un insieme,f : E → X2, p ∈ E.

• Definizione di continuita di f nel punto p.

• Osservazioni.(i) Se p e un punto isolato di E allora f e automaticamente continua

in p.(ii) Supponiamo invece che p ∈ E ′. Allora le seguenti sono equiv-

alenti:(a) f e continua in p;(b) limx→p f(x) = f(p);(c) se E 3 xn → p allora f(xn)→ f(p).

(iii) Siccome la (c) vale sempre se p /∈ E ′ [perche?], l’equivalenza(a)⇔ (c) e vera per ogni p ∈ E (che sia isolato o meno).

(iv) Osserviamo che il teorema su “limiti e funzioni elementari” inrealta dice che ogni funzione elementare e continua in ogni puntodel suo insieme di definizione.

• Esercizio importante. Supponiamo che f : X1 ⊃ E → X2, g : X2 ⊃D → X3, f(E) ⊂ D. Se f e continua in un punto p ∈ E e g e continuanel punto f(p), allora la funzione composta g ◦ f e continua in p.

• Definizione (continuita globale). f : E ⊂ X1 → X2 e continua (in E,oppure su E) se f e continua in ogni punto di E.

• Teorema (caratterizzazioni di continuita). Per una funzionef : X1 → X2, le seguenti sono equivalenti:(i) f e continua;

(ii) la controimmagine f−1(A) di ogni aperto A ⊂ X2 e un insiemeaperto;

(iii) la controimmagine f−1(C) di ogni chiuso C ⊂ X2 e un insiemechiuso.

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• Teorema (Weierstrass). Se f : X1 ⊃ C → X2 e continua e C ecompatto, allora l’insieme immaggine f(C) e compatto.

Idea della dimostrazione. Sia {yn} ⊂ f(C). Esiste {xn} ⊂ C tale chef(xn) = yn per ogni n. Esiste una sottosuccessione {xnk} convergentea qualche p ∈ C. Allora ynk → f(p). [q.e.d.]

• Corollario (Teorema di Weierstrass). Siano (X, d) uno spaziometrico compatto (non vuoto) e f : X → R una funzione continua.Allora esistono max f(X) e min f(X). In particolare, f e limitata.

Dimostrazione. Siccome l’insieme D := f(X) e compatto (e quindichiuso e limitato), basta dimostrare che ogni insieme chiuso e limitato∅ 6= D ⊂ R ha massimo e minimo. Per dimostrare l’esistenza delmassimo, consideriamo s := supD (che e un numero reale!).

Se s ∈ D′ allora s ∈ D (essendo D chiuso) e quindi s = maxD.Sia invece s /∈ D′. Supponiamo che s /∈ D. Esiste ε > 0 tale che

(s−ε, s+ε)∩D = ∅. Quindi D ⊂ (−∞, s)\(s−ε, s+ε) = (−∞, s−ε],ma cio contraddice la definizione di s. Ne segue che, anche in questocaso, s = maxD. [q.e.d.]

• Esempio. Sia f : R → R una funzione continua tale che entrambi ilimiti limx→±∞ f(x) esistano e valgano +∞. Allora f assume il suominimo.

(Idea della dim.. Denotiamo i := inf f(R) (< +∞) e fissiamo unm ∈ R tale che m > i. Esistono a, b ∈ R con a < b tali che f(x) > min (−∞, a) ∪ (b,+∞). Ne segue facilmente che i = inf f([a, b]) =max f([a, b]) [l’ultima uguaglianza viene dal teorema di Weierstrass],e quindi i = f(x) per qualche x ∈ [a, b].)

• Teorema (degli zeri). Sia f : [a, b]→ R una funzione continua taleche f(a)f(b) < 0. Allora esiste p ∈ (a, b) tale che f(p) = 0.[Da dimostrare la prossima volta.]

• Teorema (dei valori intermedi, di Darboux). Sia f : [a, b] → Runa funzione continua tale che f(a) 6= f(b). Allora f assume in (a, b)tutti i valori strettamente compresi tra f(a) e f(b).

Idea della dimostrazione. Se v e un numero reale strettamente com-preso tra f(a) e f(b), applicare il teorema precedente alla funzioneg(x) = f(x)− v. [q.e.d.]

• Corollario importante (teorema di Darboux). Sia I ⊂ R unintervallo non vuoto (di qualsiasi tipo). Se f : I → R e continua,allora f(I) e un intervallo.

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Idea della dimostrazione. Denotiamo J = f(I). Per ogni y1, y2 ∈ Jcon y1 < y2, esistono x1, x2 ∈ I tali che f(x1) = y1, f(x2) = y2.Per il Teorema dei valori intermedi, f assume nei punti compresi trax1, x2 (tutti appartenenti ad I) tutti i valori dell’intervallo (y1, y2). Diconseguenza, [y1, y2] ⊂ J . Dall’arbitrarieta di y1, y2 segue che J e unintervallo. [q.e.d.]

15/12/2014 [2 ore: 42,43]

• Dimostrazione del teorema degli zeri.Supponiamo, ad es., che f(a) < 0 < f(b). Applicheremo il metodo dibisezione. Consideriamo il punto medio di [a, b]. Se f vi si annulla,abbiamo finito. Se no, denotiamo con [a1, b1] quella delle due meta di[a, b] per cui f(a1) < 0 < f(b1). Ripetiamo lo stesso con l’intervallo[a1, b1], ottenendo [a2, b2] come quella delle due meta di [a1, b1] convalori di f agli estremi di segno discorde. E cosı via. Se a nessunpasso il punto medio e uno zero per f , otteniamo cosı una successionedi intervalli inscatolati

[a, b] ⊃ [a1, b1] ⊃ [a2, b2] ⊃ . . .

le cui lunghezze tendono a 0. Per il Principio di intervalli chiusiinscatolati, ⋂

k∈N

[ak, bk] = {p} , ak → p , bk → p .

Allora 0 > f(ak) → f(p), 0 < f(ak) → f(p) (continuita!). Siccomef(p) ≤ 0, f(p) ≥ 0 (permanenza di segno!), si ha f(p) = 0. [q.e.d.]

• Corollario. Se f : [a, b]→ R e una funzione continua, allora f([a, b]) =[m,M ] con opportuni −∞ < m ≤M < +∞.

• Corollario. Supponiamo che (a, b) sia un qualsiasi intervallo apertonon vuoto ed f : (a, b) → R sia una funzione continua tale che i duelimiti

limx→a+

f(x) , limx→b−

f(x)

siano infiniti di segno opposto. Allora f e suriettiva.

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• Classificazione delle discontinuita. Supponiamo che f sia una funzione(a valori reali) definita almeno in un “intorno bucato” di un punto x0 :(x0 − ε, x0 + ε) \ {x0}. Per semplicita denotiamo

L±(x0) := limx→(x0)±

f(x) .

Possono verificarsi i seguenti 4 casi:(a) L±(x0) esistono ed entrambi sono uguali a f(x0); in questo caso

x0 e un punto di continuita.(b) L±(x0) esistono finiti, sono uguali tra loro ma diversi da f(x0)

(che include anche il caso in cui f non e definita in x0); in questocaso x0 e un punto di discontinuita eliminabile.

(c) L±(x0) esistono finiti ma sono diversi tra loro; in questo caso x0e un punto di discontinuita di I specie (“salto finito”).

(d) In tutti gli altri casi (cioe quando almeno uno dei due limiti einfinito o non esiste), x0 e un punto di discontinuita di II specie.

• Esempi di vari tipi di discontinuita: |sgn(x)|, sinxx

, sgn(x), arctan 1x, 1x,

e1/x, sin 1x.

• La funzione di Dirichlet,

D(x) =

{1 se x ∈ Q,

0 se x /∈ Q,

presenta in tutti i punti una discontinuita di II specie.

• Esercizio per voi. Classificare le discontinuita della funzione

f(x) =

{1 se |x| > 1 oppure x = 1

nper qualche n ∈ N,

0 altrimenti.

• Definizione di vari tipi di monotonia di f su un intervallo: non decres-cente (o crescente in senso lato), strettamente crescente, non crescente(o decrescente in senso lato), strettamente decrescente.

• Teorema. Siano (a, b) un qualsiasi intervallo aperto non vuoto ef : (a, b)→ R una funzione monotona non decrescente. Allora

limx→a+

f(x) = infx∈(a,b)

f(x) , limx→b−

f(x) = supx∈(a,b)

f(x) .

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• Teorema. Siano (a, b) un qualsiasi intervallo aperto non vuoto ef : (a, b)→ R una funzione monotona. Denotiamo

Df = {x ∈ (a, b) : f non e continua in x}.(i) Ogni x ∈ Df e un punto di discontinuita di I specie.

(ii) L’insieme Df e al piu numerabile.(iii) L’insieme (a, b)\Df (cioe, l’insieme dei punti di continuita di f) e

denso in (a, b), cioe, tra ogni due elementi di (a, b) vi sono infinitipunti di continuita di f .

18/12/2014 [2 ore: 44,45]

• Teorema (continuita dell’inversa). Sia f una funzione continua in unintervallo I, e denotiamo J = f(I).(i) f e iniettiva se e solo se f e strettamente monotona.

(ii) Se f e strettamente monotona allora f−1 : J → I e continua.

Calcolo differenziale

• Motivazione: geometrica (retta tangente), fisica (velocita).

• Definizione di:◦ rapporto incrementale,◦ funzione derivabile in un punto x0,◦ derivata in x0,◦ retta tangente,◦ derivabilita da destra [sinistra], derivata destra [sinistra],◦ derivabilita in (a, b),◦ derivabilita in [a, b].

• Lemma. Per f : (a, b) → R, x0 ∈ (a, b) e d ∈ R, le seguenti sonoequivalenti:(a) f e derivabile in x0 con f ′(x0) = d;

(a’) limx→x0f(x)−f(x0)

x−x0 = d;

(b) f(x0 + h) = f(x0) + dh+ o(h) per h→ 0;(b’) f(x) = f(x0) + d(x− x0) + o(x− x0) per x→ 0.

• Continuita in x0 come condizione necessaria per la derivabilita in x0.

• Continuita non implica la derivabilita – esempi.

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• Derivata di multiplo, somma, prodotto, rapporto.

• Derivata di funzioni composte.

07/01/2015 [2 ore: 46,47]

• Teorema (derivabilita delle funzioni elementari). Se f : D → R e unadelle funzioni elementari diversa da una potenza, allora f e derivabilein ogni punto di D◦. Se invece f e una delle funzioni potenza (cioe,f(x) = xα), allora f e derivabile almeno in ogni punto di D◦ \ {0}.

• Esempio. La derivabilita e la derivata di f(x) = cos x.

• Teorema (derivabilita dell’inversa). Siano I ⊂ R un intervallo,f : I → R, x0 ∈ I, y0 = f(x0), J := f(I). Supponiamo che f siacontinua e strettamente monotona e che sia derivabile nel punto x0 conf ′(x0) 6= 0. Allora J e un intervallo e la funzione inversa f−1 : J → Ie derivabile in y0 con

(f−1)′(y0) =1

f ′(x0),

in altre parole, (f−1)′(y0) =1

f ′(f−1(y0)).

• Esempio. La derivata di f(x) = arctan x.

• Alcuni tipi di non derivabilita: punto angoloso, punto a tangente ver-ticale, cuspide.

• Definizione di estremanti: massimo/minimo assoluto (o globale), mas-simo/minimo relativo (o locale). Esempi.

• Teorema (Fermat, condizione necessaria). Se f : I → R, dove Ie un intervallo, presenta un estremo relativo in un punto x0 ∈ I◦ incui f e derivabile, allora f ′(x0) = 0.

• Corollario. I punti sospetti di essere estremanti di f : I → R sono:(i) i punti di derivabilita in I◦ con derivata nulla (detti punti stazio-

nari);(ii) i punti di non derivabilita in I◦;(iii) i punti di ∂I appartenenti ad I.

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• Per brevita di scrittura, diremo che f : I → R (dove I e un intervallonon degenere) soddisfa (H) se f e continua in I e derivabile in I◦.

• Teoremi di Rolle e di Lagrange (dimostrati). Teorema di Cauchy(non dimostrato).

• Teorema (derivata e monotonia). Siano I un intervallo non de-genere e f : I → R una funzione che soddisfi (H).(i) f ′ ≥ 0 in I◦ ⇔ f e non decrescente in I.

(ii) f ′ > 0 in I◦ ⇒ (6⇐) f e strettamente crescente in I.(iii) f ′ = 0 in I◦ ⇔ f e costante in I.

• Teorema (caratterizzazione di stretta monotonia) [non dimostrato].Sotto l’ipotesi (H), f e strettamente crescente in I se e solo se:f ′ ≥ 0 in I◦ e l’insieme {x ∈ I◦ : f ′(x) = 0} non ha punti interni (cioe,non contiene alcun intervallo non degenere).

08/01/2015 [2 ore: 48,49]

ESERCITAZIONE

1. Derivare le funzioni f(x) = sin(log(x3)) , g(x) = sin3(log x).

Determinare l’equazione della retta tangente al grafico di

h(x) = (sin x)1+cosx

nel punto di ascissa π2

.

2. Al variare di a ∈ R, determinare il numero delle soluzioni dell’equazione

x = a log x .

3. Confrontare le funzioni f1(x) = ex , f2(x) = 1 + x+ x2

2.

4. Studiare la derivabilita delle seguenti funzioni:

f(x) =

{log(1+x)

xper x > 0,

α sinx+ β cosx per x ≤ 0;

g(x) =

{|x|x per x 6= 0,

c per x = 0.

5. Dimostrare che arctanx = arcsin x√1+x2

per ogni x ∈ R.

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6. Dimostrare che, per ogni x ∈ (0, π2) e ogni a ∈ (0, 1),

(cosx)a < cos(ax) .

(Non risolto per mancanza di tempo.Suggerimento: considerare f(x) = cos(ax) − (cosx)a, osservare chef(0) = 0 e studiare la monotonia di f in [0, π

2).)

12/01/2015 [2 ore: 50,51]

• Teorema (derivata come limite di derivate). Supponiamo che f sod-disfi la condizione (H) in [a, b) e che esista (finito o infinito) il limite

limx→a+

f ′(x) = ` .

Allora f ′+(a) = `.

• Corollario. Sia f una funzione derivabile in un intervallo aperto I.Allora ogni punto di discontinuita di f ′ e di II specie.

• Curiosita. E’ noto che, sotto le ipotesi del Corollario, f ′ ha la proprietadi Darboux: per ogni intervallo J ⊂ I l’insieme immagine f ′(J) e unintervallo.

• Esempio 1. La funzione f(x) = sgn(x) non e derivata di alcuna fun-zione derivabile f : R→ R.

• Esempio 2. La funzione

f(x) =

{x2 sin(1/x) per x 6= 0

0 per x = 0

e derivabile su tutto R, ma f ′ non e continua in 0.

• La regola di de l’Hopital. Commenti sull’uso.

Esempio: per f(x) = x2 sin(1/x) e g(x) = sinx, il limite limx→0f(x)g(x)

=

0, mentre il limite limx→0f ′(x)g′(x)

non esiste; quindi, se con de l’Hopital

otteniamo un limite che non esiste, non possiamo concludere che nonesista il limite iniziale!

Derivate successive, sviluppi di Taylor

• Definizione di:(a) f e n volte derivabile in I;(b) f e n volte derivabile in x0.

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• Definizione. Siano I un intervallo, x0 ∈ I e n ∈ N. Data una funzionef : I → R derivabile n volte in x0, consideriamo il polinomio

Pn,f (x) = Pn(x) :=n∑k=0

f (k)(x0)

k!(x− x0)k .

Esso viene detto polinomio di Taylor di “grado n” (in realta, ≤ n) dif , centrato in x0.

• Proprieta di Pn.

(a) P(k)n (x0) = f (k)(x0) per ogni k = 0, 1, . . . , n.

(b) Pn e l’unico polinomio di grado ≤ n che soddisfi (a).(c) (Pn,f )

′ = Pn−1,f ′ .

• Terminologia. Bisogna distinguere tra polinomio di Taylor (definitosopra) e sviluppo di Taylor. Quest’ultimo e un uguaglianza tipo

f(x) = Pn(x) + rn(x)

dove rn(x) e il “resto”, cioe l’errore che si commette sostituendo f conPn.Gli sviluppi di Taylor centrati in x0 = 0 vengono chiamati sviluppi diMcLaurin.

• Teorema (sviluppo di Taylor, resto di Peano). Siano I ⊂ R unintervallo, x0 ∈ I, n ∈ N e f : I → R una funzione derivabile n voltein x0. Allora

f(x) = Pn(x) + o((x− x0)n) per x→ x0.

Inoltre, Pn e l’unico polinomio di grado ≤ n che soddisfi tale formula.

• Esempio. Scrivendo lo sviluppo di f(x) = ex nel punto x0 = 0, otte-

niamo che, per x→ 0, ex = 1 + x+ x2

2!+ x3

3!+ · · ·+ xn

n!+ o(xn).

Analogamente si ottengono gli sviluppi di altre funzioni elementari (v.gli sviluppi notevoli), che abbiamo utilizzato per il calcolo di limiti.

• Esempio. Calcolare f (20)(0) per la funzione f(x) = cos(x3)·log(1−x4).[Qui si usa l’unicita dello sviluppo!]

14/01/2015 [2 ore: 52,53]

• Convenzione. Se x < x0, allora con (x0, x) e [x0, x] intendiamo rispet-tivamente (x, x0) e [x, x0].

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• Teorema (sviluppo di Taylor, resto secondo Lagrange). SianoI un intervallo non degenere, f : I → R una funzione, x0 ∈ I, n ∈ N.Sia x ∈ I \ {x0} un punto fissato. Supponiamo che f sia:(a) n volte derivabile in [x0, x],(b) n+ 1 volte derivabile in (x0, x).Allora esiste un punto z ∈ (x0, x) tale che

f(x) = Pn(x) +f (n+1)(z)

(n+ 1)!(x− x0)n+1.

• Applicazione 1. Il numero e e irrazionale.

• Applicazione 2. Per ogni x ∈ R,

+∞∑k=0

xk

k!= ex .

Allo stesso modo si verificano le seguenti formule validi per ogni x ∈ R :

+∞∑k=0

(−1)kx2k+1

(2k + 1)!= sinx ,

+∞∑k=0

(−1)kx2k

(2k)!= cosx ,

+∞∑k=0

x2k+1

(2k + 1)!= Sh(x) ,

+∞∑k=0

x2k

(2k)!= Ch(x) .

• Esercizio*. Dimostrare che, per ogni x ∈ (−1, 1],

log(1 + x) =+∞∑k=1

(−1)k+1xk

k.

(In particolare,∑+∞

k=1(−1)kk

= − log 2 .)

Convessita

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• Notazione. Data una funzione f definita almeno in due punti x1 < x2,denotiamo con hx1,x2 la funzione che descrive la retta secante passanteper i punti (x1, f(x1)) e (x2, f(x2)), cioe,

hx1,x2(x) = f(x1) + f(x2)−f(x1)x2−x1 (x− x1).

• Definizione. Data una funzione f : I → R (dove I e un intervallonon degenere), diciamo che, nell’intervallo I, f e:◦ convessa ≡ ∀x1, x2 ∈ I con x1 < x2 : f ≤ hx1,x2 in (x1, x2);◦ strett. convessa ≡ ∀x1, x2 ∈ I con x1 < x2 : f < hx1,x2 in (x1, x2);◦ concava ≡ ∀x1, x2 ∈ I con x1 < x2 : f ≥ hx1,x2 in (x1, x2);◦ strett. concava ≡ ∀x1, x2 ∈ I con x1 < x2 : f > hx1,x2 in (x1, x2).

Si noti che f e concava se e solo se −f e convessa.

• A proposito della terminologia. Le funzioni convesse sono quindi lefunzioni “concave verso l’alto”, mentre le funzioni concave sono quelle“concave verso il basso”.

• Esempi.

• Teorema (criteri di convessita.) Sia f : I → R una funzione con-tinua.

1. Supponiamo che f sia derivabile in I◦.(a) f e convessa in I ⇔ f ′ e monotona non decrescente in I◦

⇔ ∀x0 ∈ I◦: f(x) ≥ f(x0) + f ′(x0)(x− x0) in I.(b) f e strett. convessa in I ⇔ f ′ e strett. crescente in I◦.

2. Supponiamo che f sia 2 volte derivabile in I◦.(a) f e convessa in I ⇔ f ′′ ≥ 0 in I◦.(b) f ′′ > 0 in I◦ ⇒ f e strett. convessa in I (ma non vale il

vice versa).

• Commento. L’ultima condizione in 1.(a) dice che, per ogni x0 ∈ I◦,il grafico di f sta al di sopra (in senso lato) della retta tangente nelpunto di ascissa x0.

• Punti di flesso. Dati f : I → R e x0 ∈ I◦, diciamo che x0 e un puntodi flesso per f se esiste la retta tangente al grafico di f nel punto diascissa x0 e, in un opportuno intorno di x0, “il grafico di f passa nelpunto di ascissa x0 da un lato della retta tangente all’altro”;piu precisamente:se esiste δ > 0 tale che, denotando con τx0 la funzione che descrivela retta tangente, f > τx0 in uno dei due intervalli (x0 − δ, x0) e(x0, x0 + δ), mentre f < τx0 nell’altro.

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• Ogni punto in cui “cambia la convessita di f” e un punto di flesso.

• Tipi di flessi. Ci sono tre tipi di flesso.(i) Flesso a tangente orizzontale se f ′(x0) = 0 e, in un intorno di x0,

f ha segni opposti nei due “semi-intorni”.Esempio: f(x) = x3 in 0.

(ii) Flesso a tangente obliqua se f ′(x0) 6= 0 e:f(x) > f(x0) + f ′(x0)(x − x0) in un semi-intorno di x0, mentref(x) < f(x0) + f ′(x0)(x− x0) nel semi-intorno opposto.Esempio: f(x) = sinx in 0.

(iii) Flesso a tangente verticale se f ′(x0) = ±∞.Esempio: f(x) = 3

√x in 0.

• Condizione sufficiente per estremante.Siano f : I → R, x0 ∈ I◦. Sappiamo gia che una condizione necessariaaffinche x0 sia un estremante per f e che f ′(x0) = 0 (cioe, che x0 siaun punto stazionario per f).

Supponiamo ora che, per qualche n ∈ N con n ≥ 2, si abbia:

f ′(x0) = f ′′(x0) = · · · = f (n−1)(x0) = 0 , f (n)(x0) 6= 0.

Allora:◦ se n e dispari allora x0 e un punto di flesso (in particolare, non

e estremante per f);◦ se n e pari e f (n)(x0) > 0 allora x0 e un punto di minimo relativo

(stretto);◦ se n e pari e f (n)(x0) < 0 allora x0 e un punto di massimo relativo

(stretto).

(Dimostrazione. Applicando la formula di Taylor con resto di Peano,otteniamo che, per x→ x0,

f(x) − f(x0) = f (n)(x0)n!

(x − x0)n + o((x − x0)

n) ∼ f (n)(x0)n!

(x − x0)n.

Quindi, l’incremento f(x)−f(x0) e la funzione f (n)(x0)n!

(x−x0)n hannolo stesso segno in un opportuno intorno di x0.)

• Esempio. Al variare di a ∈ R, stabilire se 0 e estremante (e di chetipo) della funzione

f(x) = cos x− e−x2/2 + ax2.

• Commento su parita/disparita.E’ molto utile sapere che, nello sviluppo di McLaurin di una funzionepari o dispari, compaiono solo potenze, rispettivamente, pari o dispari(nel senso che i coefficienti delle altre potenze sono nulli).

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Giustificazione (non fatta in aula per mancanza di tempo).Se f e pari, cioe, f(x) = f(−x), derivando si ottiene f ′(x) = −f ′(−x)e quindi f ′ e dispari. Analogamente se f e dispari, f ′ e pari.

Inoltre, se g e una qualsiasi funzione dispari, allora g(0) = 0 (infatti,g(0) = g(−0) = −g(0) da cui g(0) = 0).

Mettendo insieme queste due cose, otteniamo che:– se f e pari allora tutte le sue derivate di ordine dispari sono

funzioni dispari e quindi nulle nell’origine;– se f e dispari allora tutte le sue derivate di ordine pari sono

funzioni dispari e quindi nulle nell’origine.

• Esercizio. Calcolare il polinomio di Taylor di grado 4, centrato in 0,della funzione

f(x) = tan x .

(Ci sono due possibili modi: (a) derivare; (b) usando i noti sviluppidi sin x, cos x insieme al fatto che f e dispari.)

21/01/2015 [2 ore: 54,55]

Numeri complessi, il campo complesso

• Definizione di un numero complesso: z = x + yi dove x, y ∈ R e i eun simbolo detto “unita immaginaria”.Denotiamo con C l’insieme dei numeri complessi.

• Per un numero complesso z = x+ yi definiamo:◦ la parte reale e la parte immaginaria di z: Re(z) = x, Im(z) = y

(anche la parte immaginaria e un numero reale!);◦ il coniugato di z: z = x− yi;◦ il modulo di z: |z| =

√x2 + y2 (e un numero reale ≥ 0).

• Osservazioni.(i) |z| = |z|.

(ii) Ogni numero reale α puo essere considerato come il numero com-plesso α + 0i. In questo senso, R ⊂ C.

• Le operazioni algebriche in C si basano sulle operazioni algebriche inR e sulla regola

i2 = −1.

Esempi: somma, coniugato, prodotto, potenza intera, quoziente.

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• Osservazione importante: z z = |z|2.

• Teorema. C e un campo di cui R e un sottocampo.

• Una curiosita. C e un campo non ordinabile, cioe, non esiste alcunordinamento su C che lo renda un campo ordinato.

(Linea della dimostrazione. Supponiamo per assurdo che C sia uncampo ordinato con una relazione d’ordine “<”. Allora, per ogniz ∈ C \ {0}, z2 > 0. Ma allora 1 = 12 > 0 e anche −1 = i2 > 0, il chee una contraddizione.)

• Esercizio.(i) Re(z) = 1

2(z + z), Im(z) = 1

2(z − z);

(ii) |Re(z)| ≤ |z|, |Im(z)| ≤ |z|;(iii) z + w = z + w, zw = z w, z/w = z/w (w 6= 0).

Forme di rappresentazione di un numero complesso z

1. Forma algebrica: z = x+ yi.

2. Forma vettoriale (o cartesiana): z = (x, y) ∈ R2.Significato geometrico (nel piano cartesiano) del multiplo, della somma,del modulo.

3. Forma trigonometrica (solo per z 6= 0):

z = |z| (cos θ + i sin θ)

dove θ e l’angolo orientato in senso antiorario dalla semiretta positivadell’asse reale alla semiretta dall’origine attraverso z. L’angolo θ, dettol’argomento di z, e determinato univocamente a meno di multipli interidi 2π.In realta, ρ = |z| e θ sono le coordinate polari del punto (x, y).Esempi.

4. Forma esponenziale (solo per z 6= 0): z = |z| eiθ.Si tratta di una semplice abbreviazione della forma trigonometrica.

• Teorema. Siano z, w ∈ C \ {0}, z = |z|eiθ, w = |w|eiα. Allora

zw = |z| |w| ei(θ+α) , z

w=|z||w|

ei(θ−α) .

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• Da qui segue il significato geometrico del prodotto in C: dati z, wcome sopra, il prodotto zw si ottiene da z moltiplicandolo prima peril numero reale positivo |w| e ruotandolo poi (in senso antiorario)attorno all’origine di un angolo pari all’argomento di w.Ad esempio, moltiplicare un numero complesso per i significa farloruotare attorno a 0 di π

2.

• Esempio. Determinare la forma trigonometrica di −3+i√3

1−i .

• Corollario (formula di De Moivre). Sia z ∈ C \ {0}, z = |z|eiθ.Allora

zn = |z|n einθ per ogni n ∈ Z.

• Corollario (calcolo delle radici n-esime). Siano z0 6= 0 un numerocomplesso, n ∈ N. Allora l’equazione

wn = z0

ha esattamente n distinte soluzioni in C; esse possono essere calcolatecome segue, partendo dalla forma esponenziale z0 = |z0|eiθ0 :

wk = |z0|1/n ei(θ0n+k 2π

n) , k = 0, 1, 2, . . . , n− 1 .

Si osservi che le n soluzioni w0, w1, . . . , wn−1 (dette le radici n-esime di

z0) giacciono sulla circonferenza di raggio n√|z0| centrata nell’origine

e formano i vertici di un poligono regolare di n lati (inscritto in quellacirconferenza).

• Esempio. Trovare le radici cubiche di 3i.

• Teorema fondamentale dell’algebra. Sia n ∈ N. Per ogni poli-nomio P di grado n in variabile complessa e con coefficienti complessi,cioe

P (z) = anzn + an−1z

n−1 + · · ·+ a1z+ a0 con ak ∈ C, an 6= 0, z ∈ C,esistono n numeri complessi z1, z2, . . . , zn (non necessariamente traloro distinti) tali che

P (z) = an(z − z1)(z − z2) . . . (z − zn) (z ∈ Z).

In particolare, ogni polinomio ha almeno una radice in C (il che none vero in R: si consideri, ad es., P (x) = x2 + 1).

• Esempi di esercizi. Risolvere in C:(i) z |z|2 − 4iz = 0;(ii) z2 + (1 + i)z − i = 0.

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FINE DEL CORSO