Bollettino ufficiale dell’UNEBA Istituzioni e Iniziative ... · liani, con una loro...

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale anno XXXVI - n. 8/9 - 2010 spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 2 e 3, Roma

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA

Unione Nazionale

Istituzioni e Iniziative

di Assistenza Sociale

anno XXXVI - n. 8/9 - 2010

spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n.46)

art. 1 comma 2 e 3, Roma

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Foto di copertinadi Roberto Giuli- alunni dell'Isti-tuto "A. M. Gia-nelli" di Roma.

3 – IMMIGRATI E INSERIMENTO SCOLASTICO:UNA SFIDA

5 – IL GREST E’ INTEGRAZIONE

6 – SCUOLA E VOLONTARIATO:UNA OPPORTUNITA’ PER TUTTI

9 – GENERAZIONE “VOGLIANTARI”

11 – LA MIA CASA

13 – CAMPIONI DI LETTURA

14 – NOI, SOCI FONDATORI DI QUESTO PAESE

15 – CARLO CARRETTO:DALL’AZIONE ALLA CONTEMPLAZIONE

17 – LE AZIONI DI CLASSE (“CLASS ACTION”)

19 – NORME GIURIDICHE - GIURISPRUDENZA -CONSULENZA

24 – COLPO D’ALA: LEVARE IL CAPO

Ricordiamo che l’UNEBA ha il suo sito www.uneba.org dovesi trovano notizie aggiornate sulle varie tematiche che inte-ressano i nostri associati e coloro, Istituzioni comprese, cheoperano nei settori socio – assistenziali. Per ricevere il servi-zio di Newsletter, in funzione dal 2008, scrivere a [email protected].

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Di anno in anno l’immigrazione nel no-stro Paese cresce per numero di persone,

ormai sopra i 4 milioni di stranieri, e per in-cidenza (nel 2008 costituivano il 6,5% dellapopolazione italiana). Chi viene in Italia haun progetto migratorio stabile per cui si par-la di un fenomeno strutturale, fatto di fami-glie e non di singoli. Un fenomeno stabile ri-chiede politiche sociali organiche in grado diaffrontare tutti i bisogni delle famiglie, tra i

quali l’inserimento deifigli nella scuola. An-ch’essi sono soggettiall’obbligo scolasticocosì che le modalità diiscrizione alle scuole ita-liane hanno finora segui-to i modi e le condizionipreviste per i minori ita-liani. Non è pertanto sor-prendente l’aumento dialunni e studenti con cit-tadinanza non italiananelle scuole di ogni ordi-ne e grado che nell’ulti-mo triennio ha riguarda-to mediamente 70 mila

unità l’anno. Essi sono oltre il 7% di tutti gliiscritti con punte dell’8% nella scuolaprimaria dove 4 alunni su 10 non han-no la cittadinanza italiana. In termininumerici sono oggi oltre 600 mila gli alunnistranieri che frequentano le nostre scuole, conuna densità maggiore in alcune aree del Paese- Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna eUmbria, dove la percentuale degli iscritti è adue cifre (il 10% o più) - nei centri urbanimaggiori e nelle aree “colonizzate” dall’inse-diamento dei gruppi etnici (tra tutte Manto-va, Prato e Piacenza). Inoltre si tratta di unapopolazione sempre più differenziata al suointerno dopo le ondate africane, albanesi, ci-nesi e di altre etnie asiatiche e oggi anche dinon pochi europei dell’est. In alcune aree glialunni stranieri sono in numero così elevatoda comportare non pochi problemi per il loroinserimento scolastico e per la stessa didatti-ca. Tanto è vero che il ministro dell’istruzio-ne dal prossimo anno scolastico ha stabilitoche gli alunni stranieri non debbano esserepiù del 30% in una classe. Questa soglia ga-

rantirebbe sia i bambini stranieri, che potreb-bero ricevere maggiore aiuto senza essereghettizzati, sia i “nostri figli” che altrimentidovrebbero seguire il passo ben più lento deiminori immigrati alle prese con competenzelinguistiche spesso approssimative se nonanche con lacune pregresse. L’orientamentoche si sta seguendo in pratica nelle realtà amaggior concentrazione di minori è, all’in-terno della singola scuola, quello di formareclassi il più possibile eterogenee, evitandoche vi siano sottogruppi linguistici durantele attività didattiche, e all’esterno, di raccor-darsi con le altre scuole per provvedere ad unaequa distribuzione degli alunni e delle oppor-tunità (risorse ad hoc destinate a questa fasciadi utenza) in una logica di “discriminazionepositiva”. I rischi di una concentrazione ele-vata di alunni stranieri sono noti: dalla “fuga”di quelli italiani, al turn over, eccessivo cari-co di lavoro e rischio di perdita di motivazio-ni dei docenti fino alla riduzione dei livelli diapprendimento.

SCUOLA-INTEGRAZIONE-INCLUSIONE.

Al di là dei rischi di funzionalità della scuo-la occorre considerare che essa è un luogoelettivo di integrazione per cui occorreguardare con particolare attenzione a comeavvengono i processi di inserimento deglialunni e degli studenti di origine straniera.Per questi ultimi la scuola consiste nellapossibilità di partecipare a un “processo diacculturazione” che, attraverso la conoscenzadella lingua e della cultura della società ospi-tante ne favorisce l’inclusione sociale.E’ altresì un’esperienza di socializzazioneche si basa su un sistema di regole mettendoi minori stranieri nella condizione di condi-videre con i pari italiani una comune cittadi-nanza fatta di diritti-doveri e di valori simbo-lici che permettono loro di sentirsi integrati,pur senza rinunciare alle radici culturali dellacultura di provenienza. Non a caso il libroverde dell’Unione Europea del 2008 avverteche “il fallimento della piena integrazionedegli allievi figli di migranti nelle scuole èsuscettibile di generare il più ampio falli-mento dell’integrazione sociale”. Da qui an-

IMMIGRATI E INSERIMENTOSCOLASTICO: UNA SFIDA di Renato Frisanco *

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cui la questione della lingua italiana è preva-lente, anche il successo dei percorsi scolasti-ci di questi minori, il 35% dei quali risultanato in Italia. Si tratta di affrontare la fasedella cosiddetta seconda accoglienza cherichiede una funzione di tutoraggio particola-re per sostenere questi minori nell’acquisizio-ne di buoni risultati scolastici e nella possi-bilità di orientarsi nelle scelte scolastiche.Tale intervento si deve basare su un’efficien-te organizzazione interna alla scuola, nonpuò essere delegato o esternalizzato.

VEDERE OLTRE LA SIEPE.

Il problema dei minori stranieri nella scuola èquindi più complesso del solo inserimento edell’uguaglianza delle opportunità e riguarda le

che le indicazioni di politica scolastica daadottare che vengono dal nostro Ministerodell’Istruzione con alcuni documenti forma-li come la CM n. 24/2006 Linee-guida perl’accoglienza e l’integrazione degli alunnistranieri o La via italiana all’integrazione(2007). Tuttavia si tratta di indicazioni esollecitazioni che richiamano l’esigenza diuna “normalizzazione” della presenza stra-niera, ma più con richiami ai principi diequità e di qualità dell’istruzione che attra-verso adempimenti obbligatori o indicazionidi modelli verificati sul campo e trasferibiliin ogni area del Paese. L’unica disposizionecogente riguarda la soglia di concentrazionesopra richiamata.

DUE PRIORITÀ.

Due appaiono le preoccupazioni dei responsa-bili scolastici alle prese con il fenomeno. Alivello didattico ed educativo si tratta di met-tere in atto azioni mirate alla prevenzionedell’insuccesso formativo tenuto contodello scarto linguistico iniziale e del bagagliopregresso di conoscenze/competenze dei mi-nori stranieri. Vi è inoltre la necessità di s v i-luppare l’educazione interculturale,strategia fondamentale per preparare la scuolaall’impatto della multiculturalità.Rispetto alla prima preoccupazione essa ègiustificata anche dal fatto che le risorse a di-sposizione delle scuole e dei centri formativisono calanti, come di fatto lo sono negli ul-timi anni le risorse per l’intero sistema sco-lastico con alcune ricadute negative sul fun-zionamento delle scuole e sulla qualitàdell’offerta formativa a cui sono chiamatespesso a contribuire anche le famiglie.Dall’assistenza scolastica 1999/2000 vengo-no distribuiti fondi aggiuntivi obbligatorinelle scuole situate in aree a “forte processomigratorio”. Altri fondi di cui possono gode-re le scuole sono quelli del cosiddetto “dirittoallo studio” che provengono dagli enti locali.All’insufficienza di tali fondi si cerca di ov-viare attraverso la raccolta di finanziamenti daenti privati (in particolare le Fondazioni) e in-direttamente attraverso progetti di associazio-ni di volontariato e nonprofit che svolgonointerventi di alfabetizzazione, mediazione,animazione e sostegno nelle scuole.Queste risorse permettono la realizzazionedelle misure di accoglienza, cioè azioni mira-te a compensare i deficit linguistico-culturalidi ingresso dei singoli e dei gruppi dei neo-arrivati con attività di alfabetizzazione in ita-liano in orari aggiuntivi o sostitutivi dellenormali attività. Ma vi sono anche problemiche attengono oltre all’accesso alla scuola, in

Nella Giornata mondiale del mi-grante e del rifugiato, domenica17 gennaio c.a., il Papa Bene-detto XVI, prima della recitadell’Angelus, si è rivolto aipresenti nella piazza S. Pietroricordando: “Nel messaggio in-viato per l’occasione ho richia-mato l’attenzione sui migranti erifugiati minorenni. Gesù Cri-sto, che da neonato visse ladrammatica esperienza del rifu-giato a causa delle minacce diErode, ai suoi discepoli insegnaad accogliere i bambini congrande rispetto ed amore. Ancheil bambino, infatti, qualunquesia la nazionalità e il colore del-la pelle, è da considerare primadi tutto e sempre come persona,immagine di Dio, da promuove-re e tutelare contro ogni emar-ginazione e sfruttamento. Inparticolare, occorre porre ognicura perché i minori che si tro-vano a vivere in un Paese stra-niero siano garantiti sul pianolegislativo e soprattutto accom-pagnati negli innumerevoli pro-blemi che devono affrontare.Mentre incoraggio vivamente lecomunità e gli organismi chesi impegnano a servizio dei mi-granti e rifugiati, esorto tutti atenere viva la sensibilità educa-tiva e culturale nei loro con-fronti, secondo l’autentico spi-rito evangelico”.

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dinamiche di selezione a cui essi sono sotto-posti. Lo dimostrerebbero due indicatori speci-fici: la ridotta e selettiva partecipazionedi questi studenti alla scuola seconda-ria di secondo grado, in rapporto agli ita-liani, con una loro canalizzazione tipica versole scuole di tipo tecnico-professionale anzichéi licei classici e scientifici. Un secondo indica-tore di disuguaglianza è il ritardo scolasti-co che nell’a.s. 2007/2008 ha riguardato il42,5% degli alunni di cittadinanza non italia-na. Tale ritardo segnala problemi di regolaritàscolastica, risente dei trasferimenti e dell’insta-bilità famigliare, della scarsa conoscenza dellalingua italiana, così come può segnalare situa-zioni di disagio personale e problemi di inte-grazione sociale. Ad acuire il problema vi èanche la mancata iscrizione di molti bambininella classe corrispondente all’età (e nei casi difratelli, la tendenza a inserirli entrambi nellaclasse del fratello più piccolo con ripercussio-ni psicologiche inevitabili su quello maggio-re). Con esiti talvolta molto negativi finoall’abbandono precoce della scuola. Questo fe-

nomeno determina anche il forte divario di ren-dimento tra alunni stranieri e italiani attestatodalle indagini del MIUR, 2005 e 2009. Unascuola accogliente e orientata al successo for-mativo di tutti non può non tenere conto di ta-li problemi e correre ai ripari sul piano didatti-co e organizzativo, ma anche con una autenti-ca valorizzazione della lingua d’originedi questi minori e del relativo patrimonio cul-turale di cui sono portatori, con evidenti van-taggi cognitivi e nell’autostima per essi. Lascuola come crocevia e confronto tra diverseculture richiede però che tutti, alunni, famigliee insegnanti sviluppino un orientamento in-terculturale a partire dal rispetto delle di-versità assunte come valore e come risorsa.Anche su questo fronte un ruolo importanteviene giocato da docenti preparati all’educa-zione interculturale nella consapevo-lezza che una scuola migliore per i minoristranieri è oggi una scuola migliore per tutti.

* Ricercatore Fondazione Roma – Terzosettore.

Sono decine di migliaia i bambinie ragazzi tra i 6 e i 13 anni che

per alcune settimane del periodoestivo affollano oratori, patronati ecircoli ricreativi per l’entusiasmanteavvenuta del Grest. Guidati in que-sto da sacerdoti, religiosi e laici conmigliaia di adolescenti e giovanianimatori sempre pronti a proporregiochi, canti, bans, balli, attività dilaboratorio, tornei sportivi… e chipiù ne ha più ne metta. La propostaelaborata quest’anno da “Noi Vene-to” si intitola “In & Out” e raccontadi un viaggio rocambolesco e avven-turoso compiuto da una famiglia be-nestante del Nordest che si ritroveràa vivere clandestinamente in un Pae-se straniero. Insomma, con i ruolirovesciati, la vicenda di tanti extra-comunitari presenti nella nostra Ita-lia. La storia, elaborata da don Pao-lo Cester, presidente di Noi Veneto,narra della famiglia Donassi, forma-ta da cinque persone (papà Ugo,piccolo imprenditore, mamma Mari-sa, professoressa di tecnica dellemedie; e tre figli: Martin, liceale;Ely, 14enne e Miriam, 8 anni) che,partita per un villaggio turistico

dell’India, dimentica le valigie esmarrisce i documenti, vedendosicosì costretta ad un viaggio avventu-roso e pieno di traversie attraversoPakistan, Iran, Iraq e Siria con con-clusione a Gerusalemme. “In &Out” – spiega don Fabio Mattiuzzi,sacerdote veneziano che ha curato ilsussidio – vuole far comprendere co-me molte volte pur essendo inseritiin un determinato contesto sociale eculturale, ci si può sentire fuori. Lo èla famiglia che fa fatica a mettersi inrelazione con altre culture, perchéfondamentalmente non ha essa stes-sa radici ben salde… Come capitaspesso, ci si proclama cristiani manon lo si è nella concretezza e perciòsi ha paura dell’altro. Ed è così chenella storia del Grest di quest’annola famiglia Donassi apprezzerà lacultura altrui quando comincerà adappropriarsi della propria. Insom-ma, un duplice percorso o, meglio,un viaggio a doppia velocità e man-data: quello verso la meta delle va-canze ma anche quello interno allafamiglia. “Sembra unita come tante– continua Mattiuzzi – ma in realtàtra i suoi componenti ci sono muri e

non ci si parla. Anche qui le barrieresi rompono solo quando si vuole ve-ramente conoscere l’altro e apprez-zarlo”. Dunque un grest che eviden-zia situazioni molto concrete e reali,quali il disagio di vivere da stranie-ri, la fatica di comprendere la diver-sità, i pregiudizi nei riguardi deglialtri, la chiusura in noi stessi. Diconseguenza la proposta estiva diNoi Veneto punta a far cogliere airagazzi la ricchezza derivantedall’essere diversi, l’impegno a nonchiudersi in se stessi ma a costruireun’unica famiglia scoprendo i latibelli e i vantaggio dell’integrazionesociale. Anche il percorso formativodegli animatori è stato modulato at-torno a quattro parole chiave: dialo-go, condivisione, collaborazione,pace. Oltre alla storia e alle pre-ghiere, il sussidio contiene propostedi giochi, laboratori, attività forma-tive, canzoni, balletti…. Inoltre, co-me ogni anno, si terrà un raduno ditutti i grest del Veneto.L’appuntamento è per martedì 6 lu-glio alle Terme di Giunone, a Cal-miero (Verona).Per informazioni si può consultare ilsito internet www.noigrest.it, oppu-re scrivere all’indirizzo di posta elet-tronica: [email protected].

(da Avvenire – 29.5.2010)

IL GREST E’ INTEGRAZIONEOratori: “In & Out” è la proposta di Noi Veneto per valorizzare la conoscenza della cultura altrui.

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modo l’iniziativa di educare al volontariatoe l’occasione di sperimentarlo può segnareun percorso che non è solo rivolto agli al-tri ma anche a se stessi: i ragazzi, infatti,vengono a contatto e imparano a conoscereun potere creativo che non è solo quello delsemplice darsi da fare ma di un agire cheimplica scelte e richiede perciò consapevo-lezza e responsabilità.

LE GIUSTE TRAIETTORIE

In questo percorso, ciascuno deve svolgere ilsuo ruolo, sia il ragazzo o la ragazza che silascia coinvolgere nell’esperienza, ma anchela scuola, con i suoi insegnanti, i genitori el’associazione di volontariato che entra incontatto con la scuola e con le famiglie e de-cide di offrire l’opportunità di questa espe-rienza. In particolare l’associazione deve sa-per testimoniare e trasferire questi valori enon impiegare semplicemente i giovani inuna qualsiasi delle proprie attività associati-ve. L’insegnante e i genitori, rendendosi di-sponibili nell’accompagnamento, possonooffrire un supporto nella scelta dell’associa-zione più adatta alle esigenze del giovane: adesempio, in fase iniziale, anche mostrando-gli quali associazioni potrebbero essere qua-si inattive (magari perché appena nate o per-ché ormai prossime allo scioglimento) equali invece sono talmente grandi da esseredivenute quasi imprese di servizi. Le asso-ciazioni hanno anche l’opportunità di avvici-nare nuovi aspiranti volontari, favorendo unricambio generazionale che spesso è avverti-to come un problema per la sussistenza del-le associazioni stesse e delle attività che que-ste portano avanti.Affinché ciò si verifichi, tuttavia, l’agirenon deve essere vissuto da questi giovani co-

LA CARTA DEGLI INTENTI

Il volontariato per i giovani studenti ha unafunzione educativa essenziale perché si fapromotore, innanzitutto con la propria testi-monianza ed il proprio impegno, di stili divita positivi caratterizzati dal senso della re-sponsabilità, dell’accoglienza, della qualitàdella vita, della solidarietà e della giustiziasociale. La scuola dovrebbe riconoscere e favorirel’educazione al volontariato come elementosignificativo del percorso formativo dellostudente. Il Ministero dell’Istruzione ne hapreso atto e da anni promuove il progetto“Scuola e volontariato”, che ha previsto ini-ziative diverse, tutte tese alla promozionedel volontariato a scuola e dirette alla forma-zione dei protagonisti e alla loro sensibiliz-zazione, al coinvolgimento dei docenti e deigenitori, alla promozione delle buone prati-che, alla creazione di reti di collegamento trale scuole e di collaborazione tra uffici scola-stici regionali, alla diffusione della “Cartad’Intenti su volontariato e scuola”. Questoprogramma ha poi trovato attuazione a li-vello regionale e locale, con la collaborazio-ne dei centri di servizio per il volontariato.Le associazioni di volontariato possono pro-porre alle scuole, anche tramite i centri diservizio, delle attività per gli studenti al finedi rendere visibili e valorizzare esperienzeche già esistono o per promuoverne di nuo-ve, facendo si che le occasioni diventino per-corsi di continuità e appartengano anche allamemoria e alla vita della scuola. Così, come nel tempo si sono rivelatimolto utili l’esperimento del laboratorioteatrale o musicale oppure la proposta dialtre attività parascolastiche (talora propo-ste proprio dagli insegnanti), allo stesso

SCUOLA E VOLONTARIATO:UN’OPPORTUNITÀ PER TUTTIdi Alessio Affanni

Esaminiamo le possibilità di interazione tra la scuola e il volontariato, sof-fermandoci sulle opportunità che questa esperienza offre agli studenti e sul si-gnificato che essa può avere nella loro vita. Parliamo anche di forme concre-te di collaborazione tra enti.

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me un tempo impegnato che si incastra tramille diverse attività, a volte un po’ caotichee contraddittorie, oppure come un breve pe-riodo racchiuso tra due momenti estesi in cuisi disperdono le energie: in entrambi i casi,infatti, il rischio è di non valorizzare l’espe-rienza, di lasciarla evaporare, di non permet-terle di essere così penetrante e trasformante.Soprattutto in un’età di crescita come quellaadolescenziale, ove i comportamenti tendonospesso a mettere in discussione ciò che vie-ne proposto e c’è la tendenza a legarsi a ungruppo come fosse il proprio branco, lostrumento del volontariato può rivelarsi si-gnificativo anche per la scoperta della pro-pria identità personale. In questo scenariocreare uno spazio e un tempo personale dedi-cato al volontariato è un’occasione di grandefertilità, così come già nella fase dell’infan-zia può rivelarsi molto costruttiva l’educa-zione alla solidarietà. I giovani, già nella fase adolescenziale, han-no la possibilità di valutare e cogliere il sen-so del proprio agire disinteressato, di sentirlocome un atto di cura e di immedesimazionesvincolato dall’affermazione del proprio egoe di superare, quindi, l’abitudinaria tendenzaad una visione di vita egocentrica. L’oppor-tunità è la scoperta e l’affermazione diquell’essenza interiore, più intima, che vaben al di là della propria personalità che dellapersona, nel suo insieme, costituisce solouna parte. La nostra vera identità o essenza,infatti, non risiede nella nostra mente o neinostri pensieri. E divenendo adulti si tende aperdere di vista questa essenza, ostruita o so-praffatta proprio dalle sovrastrutture mentali

che acquisiamo nel tempo e che sono ali-mentate dal dubbio, dallo stress, dall’insoddi-sfazione, dalla diffidenza, dalla noia o da qual-siasi altra espressione della paura (di solito lanostra più affezionata compagna di viaggio,quando siamo ormai diventati adulti). La sco-perta ulteriore è che relazionarsi con l’altronon è solo un agire benevolo perché, se fos-se solo tale, esso rimarrebbe un atto fine a sestesso, con l’aggiunta di un piccolo sprazzodi auto-compiacimento (e staremmo di nuo-vo facendo i complimenti a noi stessi).

UN SUPPLEMENTO D’ANIMA

Va quindi spiegato ai ragazzi che fare del be-ne non è un atto compensativo, non è unostrumento di indiretto auto-convincimentodella propria bontà né mezzo di accettazionedell’altro per sentirsi indirettamente accettatiné, tanto meno, un semplice riempitivo delproprio tempo tra i tanti momenti riempiti-vi della giornata. E’ un’azione realizzata conla testa, con le mani ma anche con l’anima:solo così l’esperienza attecchisce, viene vis-suta e viene compresa.Il volontariato diventa, quindi, azione gratui-ta, testimonianza credibile di libertà rispettoalle logiche dell’individualismo e dell’utili-tarismo economico nelle cui orbite inevita-bilmente i ragazzi (futuri adulti) restano at-tratti. Si arriva anche a comprendere, inoltre,che la dimensione della libertà coincide conla piena e consapevole espressione di sé, noncon il non assumersi responsabilità o con ilsemplice non ledere lo spazio altrui. Sentir-si liberi di sbagliare continuamente strada

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getto nonché le risorse (umane e materiali) adisposizione. La scuola che intende aderiresottoscrive una scheda di partecipazione alprogetto. Spesso è a disposizione degli stu-denti un catalogo con tutti i progetti realizza-ti ed ai quali è possibile partecipare. Nel cor-so dell’anno il progetto viene coordinato emonitorato, anche tramite incontri periodicidi verifica nonché per aggiornare e definire gliobiettivi raggiunti, con una verifica finale acui partecipano tutti i soggetti coinvoltinell’iniziativa. La scuola che sceglie di aderi-re inserisce il progetto nel proprio Piano diOfferta Formativa, mentre ai giovani studen-ti che hanno svolto l’attività viene rilasciatoun attestato di partecipazione, valido per l’ot-tenimento di eventuali crediti formativi.Tra le priorità educative e formative dellascuola italiana per questi anni vi è quella dipromuovere e sostenere diverse iniziativeprogettuali, anche attraverso il volontariato ascuola: valori del dialogo, della comprensio-ne e della solidarietà, integrazione delle diver-se abilità, potenziamento della formazionenell’area scientifica e diffusione delle tecnolo-gie informatiche nell’ambito delle attività di-dattiche rivolte ai soggetti disabili, sostegnodella scuola in ospedale, educazione stradale,accoglienza ai fini dell’integrazione deglialunni stranieri, sostegno alla creatività/pra-tica musicale e teatrale, ambiente e svilupposostenibile, educazione motoria e sport comestrumenti per educare alla sana competizionee ai valori del rispetto degli altri e delle rego-le. Non solo, nel sostenere l’attuazione delPiano nazionale per il benessere dello studen-te, si possono promuovere iniziative per ap-prendere stili di vita positivi, contrastare lepatologie più comuni, prevenire l’obesità edi disturbi dell’alimentazione, prevenire ecombattere la diffusione e l’uso di sostanzepsicotrope nonché le dipendenze e le patolo-gie comportamentali ad esse correlate. Inoltreè possibile promuovere lo sviluppo e la dif-fusione di azioni e politiche volte all’affer-mazione della cultura della legalità, al contra-sto delle mafie ed alla diffusione della cittadi-nanza attiva o a prevenire e contrastare il bul-lismo e la violenza dentro e fuori la scuola.Infine si può sensibilizzare al rispettodell’ambiente dell’ecosistema, insegnare ilriutilizzo, le energie alternative e gli stili divita non consumistici.Il volontariato a scuola può diventare, così,una scuola di solidarietà e di vita in quantoconcorre alla formazione di giovani solidali edi cittadini responsabili.

non è essere liberi. La libertà nasce dallaconsapevolezza. A quel punto si diventa co-scienti che il dono di sé non è qualcosa chevincola, non è uno spazio a cui resistere maa cui aprirsi.I giovani, però, per poter compiere questopercorso, non devono venire a contatto conl’esperienza di persone stanche o distaccateda ciò che fanno (sia nella scuola che nell’as-sociazione): i ragazzi possono divenire recet-tori e amplificatori di entusiasmo o di disin-teresse, a seconda delle vibrazioni che glitrasmettiamo.

IL PIANO NAZIONALE

Nel Piano nazionale per il benessere dellostudente 2007/2010, contenente le linee diindirizzo per questi anni scolastici, la pro-mozione del volontariato a scuola è una del-le dieci azioni significative per perseguiregli obiettivi nazionali, tra i quali vi è il pro-posito di realizzare “il diritto ad apprendere ela crescita culturale di tutti gli studenti, va-lorizzando le diversità, promuovendo le po-tenzialità di ciascuno e adottando tutte le ini-ziative utili al raggiungimento del successoformativo”.Diverse proposte, trovabili anche su internetfacendo una ricerca in base alla regione ocittà di interesse, danno visibilità ai proget-ti e alle iniziative nate tra le scuole e le or-ganizzazioni di volontariato. I progetti rea-lizzati e le buone prassi derivate da questeesperienze sono state censite, consentendo diaggiornare l’elenco delle organizzazioni divolontariato che collaborano con le scuole,favorendo anche la progettazione congiuntadi iniziative territoriali di informazione.Queste esperienze hanno inoltre messo inrelazione i diversi interlocutori impegnatinel progetto: le consulte degli studenti, i fo-rum dei genitori, i centri di servizio per ilvolontariato e talvolta anche gli enti locali,che hanno sostenuto alcune iniziative anchecon dei finanziamenti.

FORME CONCRETE DI COLLABORAZIONE

Di solito il sistema prevede una richiesta daparte dell’associazione che vuole realizzareun progetto con la scuola; uno sportello de-dicato, spesso del centro di servizio, riceve larichiesta e stabilisce, tramite contatti telefo-nici, un calendario di incontri con ogni refe-rente per definire obiettivi, attività del pro-

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Nel 2001, intervenendo a un convegnosulla situazione della famiglia in Italia,

il sociologo Giovanni Sgritta affermava cheil nostro paese è stato teatro, a partire dallaseconda metà del secolo scorso, di una “ri-voluzione silenziosa, incruenta e poco appa-riscente”, che ha avuto come protagonisti igiovani. Il cambiamento riguarda le tappe ditransizione all’età adulta: la chiusura delpercorso formativo, l’ingresso nel mondodel lavoro, l’uscita dalla famiglia di origine,la formazione di una famiglia propria.L’immagine della rivoluzione silenziosa,ma non per questo meno radicale, può inrealtà essere traslata all’intero universo gio-vanile. Sotto il profilo demografico, in Ita-lia si contavano, all’inizio del 2009, 143anziani ogni 100 giovani. In Europa, soloin Germania il rapporto tra popolazione gio-vane e popolazione anziana (indice di vec-chiaia) è più alto. A questo processo di gra-duale invecchiamento della popolazione siaggiungono trasformazioni di carattere so-ciale, che investono la sfera delle abitudiniquotidiane e delle scelte di vita.All’universo giovanile, per lungo tempo,non si è dedicata l’attenzione necessaria.Questa consapevolezza, unita ad altre consi-derazioni, ha spinto Caritas Italiana ad apri-re un fronte di riflessione sul tema dell’edu-cazione dei giovani. In particolare, sul lororapporto con il servizio volontario.

LIBERA DA VINCOLI ALTRUISTICI

Alcune rilevazioni condotte sul territorionazionale hanno evidenziato che il volonta-riato è attraversato da correnti di cambia-mento diverse: il venir meno di alcuni trattidistintivi, per esempio la gratuità, o l’incre-mento delle organizzazioni e del numero deivolontari in esse impegnati. Più di recente,i dati dell’Indagine multiscopo Istat, relativialla partecipazione sociale delle persone chehanno più di 14 anni, nel decennio 1996-2006, hanno mostrato come si sia ridottanotevolmente la percentuale di coloro che

svolgono attività di volontariato. Nel 2008,solo il 7% dei ragazzi nella fascia d’età 14-17 anni ha svolto, almeno una voltanell’anno, un’attività gratuita per associa-zioni di volontariato. Questa percentualecresce al 10% se si considera la fascia 18-19anni, con un lieve maggior coinvolgimentodelle femmine.Nella sua ricerca, Caritas ha focalizzato l’at-tenzione sugli aspetti che caratterizzanol’esperienza individuale di volontariato, lemotivazioni che stanno alla base di questascelta, la dimensione educativa sottesaall’esperienza svolta. Ci si è chiesti, insom-ma, cosa sia successo negli ultimi anni albinomio giovani-volontariato, come si pre-senti oggi questo rapporto, se assuma anco-ra i tratti di un sodalizio, o se si è trasfor-mato in un rapporto problematico e conflit-tuale.L’itinerario di ricerca, di stampo qualitativoe condotto con l’Iref Acli, è stato avviato afine 2008 e si è articolato in tre fasi. La pri-ma ha previsto un’analisi di sfondo attraver-so la raccolta delle opinioni di operatori, siaCaritas che appartenenti ad altre realtà asso-ciative. Nella seconda fase sono state realiz-zate venti interviste a venti giovani volon-tari, con l’obiettivo di ricostruire l’esperien-za dei giovani volontari in Caritas. La terzafase è stata dedicata a un confronto con glioperatori.Fra i risultati più interessanti, è emerso an-zitutto che alla base dell’esperienza del vo-lontariato, tra i giovani, sono individuabili,sempre più di frequente, motivazioni fun-zionali e strumentali. Non più adesioni di-sinteressate e spinte motivazionali forti, maun orientamento a volte “opportunistico”,dettato dalla necessità di ampliare il propriobagaglio di esperienze, sperimentandosi inattività nuove e spingendosi su terreni ine-splorati, al fine di arricchire la propria dota-zione di competenze, spendibile in ambitoprofessionale.Inoltre, la qualità dell’impegno dei giovanisubisce profonde trasformazioni, nella mi-sura in cui alla rarefazione delle motivazio-

GENERAZIONE“VOGLIANTARI”di Nunzia De Capite

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di prestatore di servizio, garantisce la co-struzione di un rapporto duraturo con i gio-vani volontari. E d’altra parte, la formazio-ne è (dovrebbe essere) la fase in cui vienepresentata la Caritas, vengono illustrate leattività svolte, sottolineate le finalità preva-lentemente pastorali che essa ha, con lo sco-po di sgomberare il campo dall’immaginestereotipata (la mensa, il dormitorio) concui il più delle volte i ragazzi si accostanoalla realtà dei servizi Caritas. Strada facen-do, poi, gli spazi formativi contribuisconoad astrarre dagli aspetti solo concreti del ser-vizio, interpretando gesti e opere di carità al-la luce di schemi concettuali più ampi edelaborando l’esperienza svolta in una pro-spettiva di formazione individuale.

SCOLLAMENTO CON LE PARROCCHIE

Per concludere. Tra gli aspetti positivi evi-denziati dalla ricerca, c’è il fatto che la Cari-tas può contare sulla disponibilità di un am-pio bacino di risorse umane volontarie, per-ché viene percepita come seria e affidabile.Questa è una peculiarità che può e deve es-sere valorizzata. D’altro canto, un elementodi criticità consiste nella scarsa connessioneche spesso si realizza tra la Caritas diocesa-na e le parrocchie. La parrocchia è il luogoin cui più propriamente dovrebbe prenderevita e concretizzarsi ogni proposta di volon-tariato. Ma la ricerca ha messo in luce cheesiste uno scollamento, una mancanza dicoordinamento tra le parrocchie e la Caritasdiocesana, in merito all’animazione alla ca-rità: i giovani sono pochi, e troppo spessocontesi fra le pastorali, invece di essere va-lorizzati come presenza da far crescere e ma-turare. Manca una proposta educativa inte-grata, predomina una visione riduttiva, ap-piattita sul servizio da rendere.Queste, in verità, sono solo alcune dellequestioni sul tappeto. Tasselli di un mosai-co molto più ampio. Ma elementi rilevantisu cui riflettere. Anche in considerazione delfatto che si avvicinano due appuntamentidensi di significato: dal 12 agosto 2010all’11 agosto 2011 verrà celebrato l’Annointernazionale dei giovani, proclamato dalleNazioni Unite; il 2011 sarà invece l’Annoeuropeo del volontariato. Eventi che si in-trecciano e sovrappongono: nella speranzache i due orizzonti, giovani e volontariato,tornino a collimare, secondo forme nuove.

da “Italia Caritas” n.4/2010

ni pro-sociali corrisponde, per converso,l’accentuazione di un tipo di impegno in-termittente e quasi distaccato. Alcuni diret-tori di Caritas diocesane hanno molto effi-cacemente definito questa forma di volonta-riato, libera da vincoli altruistici e di re-sponsabilità sociale, “vogliantariato”: unvolontariato in sintonia con le dinamichedi decomposizione e liquefazione, tipichedella postmodernità.

ORGANIZZAZIONE RIGIDA

Se questo è quello che si osserva riguardo aigiovani e alla loro propensione alla parteci-pazione, sul versante dell’offerta delle pro-poste di servizio è emerso l’elevato grado distrutturazione che molte organizzazioni pre-sentano, il quale però si rivela disfunziona-le all’attrazione dei giovani. Alcune Cari-tas, infatti, tendono a difendere modellistantii di attività di volontariato: spesso,trovandosi schiacciate dall’emergenza, opta-no per modalità rigide di organizzazione delservizio, non riuscendo a dare spazio allaspontaneità dei giovani. Inoltre, la diffusio-ne di logiche burocratizzate nel funziona-mento dei servizi, i ritmi convulsi e l’affa-stellarsi di incombenze finiscono per com-primere la possibilità di riflettere sul signi-ficato dell’esperienza svolta. Molto spesso,in altre parole, pressati dalla necessità diespletare compiti e funzioni, si finisce conil perdere di vista il senso profondo di ciòche si fa. E ciò, ovviamente, non si conci-lia con la necessità di motivare adeguata-mente i giovani e il loro servizio.Dalla ricerca è emerso inoltre che nelle Ca-ritas diocesane, a volte, si dà spazio alla ge-stione del servizio, all’organizzazione degliorari, al rispetto di regole e procedure, piùche all’attenzione per le persone, destinataridel servizio e personale volontario coinvol-to nelle attività. La tendenza alla burocratiz-zazione rischia di compromettere e depoten-ziare la carica educativa sottesa alla propo-sta di servizio.La ricerca rende palesi, insomma, contraddi-zioni su cui riflettere. I momenti di forma-zione e accompagnamento, autentico valoreaggiunto delle attività di volontariato svol-te nei contesti Caritas, come riconosciutoda molti dei giovani volontari interpellati,sono sacrificati all’urgenza del servizio dagarantire. L’accompagnamento, inteso co-me cura del processo di crescita della perso-na e come attenzione alla sua formazioneindividuale, prima ancora che al suo ruolo

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La legge 141/01 all’art. 2, comma 2 e laDGR n.2416/2009 “Linee di indirizzo

regionale per lo sviluppo dei servizi di pro-tezione e tutela del minore – biennio 2009-2010” - della Regione Veneto indicanoesplicitamente che l’inserimento di minoridi età inferiore ai sei anni possa avveniresolo presso una comunità di tipo familiareove non sia possibile l’affidamento ad unafamiglia.Queste indicazioni di fatto comportano lachiusura di tutte quelle strutture educativespecializzate nell’accoglienza dei bambinipiù piccoli. Le riflessioni che seguono non hanno al-cun intento di criticare tali indicazioni nor-mative né tanto meno devono essere lettecome difesa di un’attività di accoglienzache oggi forse si ritiene meno adeguata dialtre soluzioni ritenute più idonee. Quandocambiano i bisogni e, di conseguenza, siimpone la necessità di trovare modalità dif-

ferenti di interpretarli bisogna chiedersi co-sa va innovato e cosa va conservato se siritiene giusto conservare. Rispetto all’importanza di legami di attac-camento stabili per i bambini più piccolici si trova tutti d’accordo: “la gran partedelle ricerche relative alla psicologiadell’età evolutiva, alla resilienza e all’at-taccamento indica oggi in maniera chiarache poter disporre, nel corso della prima in-fanzia, di una figura di riferimento che of-fre la possibilità di attaccamento sicuro éun fattore protettivo che indubbiamenterafforza la persona e la attrezza ad affronta-re le future avversità”.1

Nel momento in cui non è possibile cheavvenga questo nella famiglia d’origineperché è necessario intervenire allontanan-do definitivamente il minore dal proprionucleo familiare, uno degli obiettivi prin-cipali dovrebbe essere quello di permettereal bambino di “avere una nuova famiglia”.In tale circostanza l’affido familiare rap-presenta una risorsa davvero straordinaria.

Nel corso dell’esperienza maturata durantegli anni di lavoro con bambini di età com-presa nella fascia zero-sei anni ci si è resiconto però che non sempre, per tutte le si-tuazioni di grave pregiudizio e conseguenteallontanamento di un bambino alla fami-glia, l’affido familiare o l’inserimento incomunità dove è presente una famiglia rap-presentino la risposta più adeguata.Ci possono essere delle situazioni partico-larmente gravi e complesse, situazioni diemergenza in cui il doversi prendere cura dineonati e bambini piccoli richiede compe-tenze specifiche e specializzate che un affi-do familiare non può facilmente garantire.La stessa Regione Veneto, del resto, haben presente questa criticità e si sta appre-stando ad attivare uno specifico “progetto

L’accoglienza dei bambini e delle bambine con età compresa tra zero e seianni nelle comunità educative.

di Siro Facco *

LA MIA CASA

1 P. Milani “Bambini e ragazzi in comunità: di-mensione dell’educare e formazione degli edu-catori” in “Le comunità per minori” a cura di P.Bastianoni, A.Taurino, Carrocci Editore 2009.

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glienza di questi bambini l’attenzione siconcentra, oltre che nel dare una rispostaimmediata ai loro bisogni primari e di si-curezza, in un ascolto attento e profondo inparticolare quando nei loro vissuti vi sonostate relazioni maltrattanti-abusanti. Aquesti bambini poi bisogna far sperimenta-re relazioni significative e riparative congli adulti presenti (educatori) perché possa-no investire in nuovi futuri legami affetti-vi.Nei casi di accompagnamento all’affido oall’adozione l’esperienza di passaggio incomunità permette al bambino di “unire ipezzi della sua storia”, di prepararsi gra-dualmente ad una nuova esperienza di vitacercando di limitare ulteriori abbandoni etraumi.In alcune situazioni i servizi sociali e/o iltribunale per i minorenni dispongono dasubito i contatti con i genitori, con fre-quenza che può essere anche giornaliera,questo nell’ottica di tutelare il minore e fa-vorire le relazioni con la famiglia d’origi-ne. “Oggi c’è una più diffusa consapevo-lezza che la grande questione che si ponequando ci si trova costretti ad un all’allon-tanamento è quella relativa alla genitoria-lità: se c’è un bambino da allontanare dacasa a causa di maltrattamenti o negligenzada parte dei genitori, significa che c’è in-nanzitutto una genitorialità infranta di cui,proprio nell’interesse del minore, è neces-sario prendersi cura”.2

Il rapporto quindi che deve permanere conla famiglia d’origine richiede però notevolicompetenze, energie e risorse. Lasciarequesto “carico” alla sola famiglia affidata-ria può portare a compromettere l’interoprogetto costruito intorno al bambino.Ben si comprende quanto l’esperienza ma-turata dalle comunità che in questi annihanno lavorato con i bambini più piccolipotrebbe e dovrebbe essere messa a dispo-sizione delle famiglie affidatarie, offrendoforme di supporto, sostegno ed accompa-gnamento. Competenze, abilità e profes-sionalità presenti in queste comunità po-trebbero infatti contribuire ad assicurarecon successo delle accoglienze il più pos-sibile rispettose dei bambini e delle bambi-ne e del loro futuro.

* Responsabile della “Casa dei Bambini”di S.P.E.S. - Padova-

2 P. Milani “Bambini e ragazzi in comunità: di-mensione dell’educare e formazione degli edu-catori”, c.i.t.

di pronta accoglienza dei bambini piccoli”(allegato C alla DGR. N. 4250/08). Lalettura dei dati in possesso della direzioneregionale dei servizi sociali veneti giustifi-ca infatti la particolare attenzione che deveessere rivolta a questa fascia di età in quan-to emergono come particolarmente proble-matiche le situazioni che riguardano ibambini più piccoli (da tre a sei anni) epiccolissimi (da zero a tre anni) per i qualinon si riesce a definire un percorso chiaroe veloce nel sistema dei servizi (ricongiun-gimento familiare o adozione) per motividiversi, generalmente legati alla comples-sità dei procedimenti giudiziari.

Le situazioni per le quali la risorsa dell’af-fido familiare possa risultare non immedia-tamente usufruibile possono essere diver-se, le più ricorrenti sono quelle in cui nonci sono elementi tali da delineare un quadrosufficientemente chiaro della situazione equindi bisogna che i servizi abbiano deltempo per raccogliere le informazioni ne-cessarie per prendere una decisione inizialesul progetto futuro.Qualche esempio:• minori sottratti con urgenza dalle forze

dell’ordine ai familiari (ex art.403 delc.c.) in caso di gravi maltrattamenti eabusi;

• stato di abbandono in cui viene di fatto atrovarsi il minore quando il/i genitore/ilasciano una struttura di accoglienza do-ve erano inseriti con il figlio;

• minori trovati dalle forze dell’ordine insituazioni di pericolo in cui non è chiarala posizione dei genitori o presunti tali;

• coppie o più di fratelli con età molto di-verse tra loro che però hanno assolutobisogno di rimanere insieme nella mede-sima struttura;

• bambini non riconosciuti alla nascita inattesa dell’abbinamento con la coppiaadottiva da parte del Tribunale per i Mi-norenni;

• situazioni di minori segnalati dal Mini-stero dell’Interno rientranti nei program-mi di protezione dei pentiti;

• minori provenienti da affidi o adozionifallite.

Queste situazioni richiedono una prontaaccoglienza anche perché spesso sonoeventi che accadono durante le ore notturnee che necessitano di una risposta immedia-ta e di personale formato a fronteggiare leemergenze.

Nelle comunità con l’esperienza dell’acco-

C’è una diatriba in corso. Da una parte vi sono co-loro che danno importanza alla quantità e quindi

alla capacità di un bambino di leggere velocemente,fondamento perché possa diventare un lettore abile edassiduo; difatti, la lamentela generale è che si legga“poco”. Dall’altra parte si trovano coloro come JackZipes, che passa per il maggiore esperto di letteraturagiovanile negli USA, i quali sostengono che occorrebadare al cosa e al come si legge, dato che produzionibanali e vuote preparerebbero consumatori passiviadeguati a un mercato globalizzato.Ripartiamo dalle fiabe, ammonisce Zipes, per mettere ibambini sotto la tettoia della fantasia, per farli esprime-re nei loro bisogni più profondi, per farli confrontarecon la vita e con i suoi drammi e le sue difficoltà. Tan-to più che il linguaggio simbolico può essere intuitoanche dai più piccoli. Fiabe i cui personaggi possonoanche scambiarsi i ruoli, rovesciare le situazioni, lascia-re ai bambini la libertà fantastica di giocare con loro.Sarei d’accordo con questa seconda tesi, se non fosseper la mania dei testi scolastici di farcire le più bellestorie di riflessioni, schede di comprensione, autopsiedi frasi, note ed eserciziari a scapito della lettura divo-ratrice che anela a sapere come va a finire la vicenda.E sono combattuto dall’esperienza personale: ho im-parato a leggere a 4 anni e sono stato un divoratore diogni riga stampata, così che da ragazzo delle Medie mirileggevo i miei vecchi libri di fiabe e nello stessotempo affrontavo Dostojewski, o divoravo Salgari in-sieme a Shakespeare. Un grande guazzabuglio cultura-le? Sì, ma mi ha dato un lessico vastissimo e un te-soro di emozioni.

IN DIFESA DELL’ITALIANO

Sappiamo bene che i Francesi sono orgogliosi dellaloro lingua, che ha dato tanti capolavori all’umanità.

Il loro Governo, la stampa, la scuola e lebiblioteche difendono il francese dall’in-vasione dei vocaboli inglesi, al punto cheil computer è stato ribattezzato ordinateur,e così molte altre parole.Ora una rivista francese, Livé, accusa gliitaliani e persino la nostra Accademia del-la Crusca, di accettare troppo facilmente itermini inglesi. Pazienza e tolleranza, di-cono, per mouse e chips, ma perché abu-sare di escalation, devolution, bi-partisan,election day, family day e gli altri Dday?E perché trasformare in italiane parole an-glosassoni che magari hanno radici latinema diventano orribili come performare,implementare e così via?

I francesi accusano: l’italiano rischia di diventare un“pidgin”, una lingua meticcia in vista del “global en-glish”, l’inglese ridotto a 2-300 parole e a una gram-matica da primitivi, per una globalizzazione dei lin-guaggi. Come dare loro torto?

In soccorso del libro si muovono (è il verbo giusto)anche i cartoni animati, ultimo Nat e il segreto diEleonora. A sette anni, Nat ama molto le fiabe ma èdislessico, eppure la zia Eleonora lo fa erede di unagrande biblioteca che contiene tutte le fiabe del mon-do e che ha una qualità speciale: di notte tutti i perso-naggi prendono vita, pure in formato mignon. Per re-staurare la vecchia casa, i genitori di Nat vorrebberovendere la biblioteca a un rigattiere, ma allora tutte lefiabe e tutti i personaggi sparirebbero. Ci sarebbe so-lo un rimedio: che Nat impari presto a leggere, e perquesto il ragazzino, ridotto alla statura dei personaggideve entrare nel loro mondo e affrontare diverse av-venture. Nella piacevolezza del racconto, i riferimenti ai valoridella lettura sono chiari: essa è capace di “dare vita”, faentrare in mondi fantastici e fa vivere in prima perso-na grandi avventure.

IN DIFESA DELLA PAROLA

Il titolo di un saggio del francese Alain Bentolilasuona, in italiano: La parola contro la barbarie. Inse-gnare ai nostri bambini a vivere insieme (Ed. Vita ePensiero). L’A. poi afferma: “Il principio della lin-gua e della scrittura è lasciare una traccia di sénell’intelligenza dell’altro. Senza questa capacità dimutuo riconoscimento, o a causa di una perdita an-che parziale di essa, le nostre società rischiano di sci-volare nella violenza”.Il professore transalpino esprime molti timori circauna scolarizzazione troppo precoce (a 2-3 anni) edesalta il valore della lingua “materna” fino a dire che“si apprende a parlare una sola volta nella vita, dallapropria madre... Penso che non si possa costruire l’ap-prendimento delle lingue straniere sulle rovine dellapropria lingua materna…”. E, nello sviluppare il suodiscorso sulle difficoltà della scuola non ancora attrez-zata alla multiculturalità, fino a dire: “Gli errori orto-grafici e grammaticali sono certo da evitare, ma il ve-ro dramma sono i giovani sempre più numerosi chenon riescono più a esprimere un senso in modo intel-ligibile. In questi casi, spesso, la violenza prende ilposto delle parole che mancano”.

da Pagine Giovani n.144 aprile-giugno 2010

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CAMPIONI DI LETTURAdi Domenico Volpi

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uomini di buona volontà.E’ troppo grande la posta in gioco per nonrendersi conto che quella di Reggio Calabriaè un’occasione straordinaria per confermare,nei fatti, l’intuizione del cardinale AngeloBagnasco, quando ha rivendicato per i catto-lici italiani la qualifica di “soci fondatori delPaese”. “I credenti in Cristo – ha ricordatoall’Assemblea dei vescovi italiani – conti-nueranno a sentirsi, oggi come ieri, oggi co-me nel 1945 all’uscita dalla guerra, oggi co-me nel 1980, nella fase più acuta del terrori-smo, tra i soci fondatori di questo Paese”. Diqui l’auspicio che i 150 anni dall’unità d’Ita-lia «si trasformino in una felice occasioneper un nuovo innamoramento dell’essere ita-liani, in un’Europa saggiamente unita e inun mondo equilibratamente globale». E conla consapevolezza che «servono visionigrandi per nutrire gli spiriti, vincendo pauree resistenze, e recuperando il gusto di pen-sarci come un insieme vivo e dinamico, con-sapevole e grato per la propria identità e perquesto accogliente e solidale…”.Per tutte queste buone ragioni sarebbe scioc-co sprecare la grande occasione di ReggioCalabria e non avvicinarci a essa con lo spi-rito giusto di chi ha individuato alcuni puntisu cui fare leva per rimettere in moto il Pae-se, perché torni a crescere. Cinque punti car-dinali (intraprendere, educare, includere lenuove presenze, slegare la mobilità sociale,completare la transizione istituzionale) cherichiedono passione umana e sociale, vogliadi spendersi senza aspettarsi ricompense,gratuità senza retropensieri, intelligenza del-le cose, compenetrazione nell’umano, fecon-dità sociale e familiare, riconoscimento deidiritti, adesione convinta ai doveri.Visioni grandi? Almeno proviamoci.

da: www.piuvoce.net

In primo luogo va detto che il Paese si tro-va ad affrontare uno dei tornanti più insi-

diosi della sua storia moderna. Molte le cri-si che l’Italia ha saputo superare dal Dopo-guerra in poi, ma quella che stiamo vivendoha uno spessore tutto particolare proprioper la portata del suo impatto sociale. Unacrisi che ha le sue radici nella globalizzazio-ne, ma alla quale abbiamo contribuito sia

con i comportamenti poco vir-tuosi delle nostre classi dirigen-ti sia con la dissipazione di ric-chezza morale e materiale delnostro popolo. Un concerto dicircostanze che talvolta sembra-no aver fiaccato la capacità direagire a tutti i livelli, sia di go-verno sia delle diverse classi so-ciali in cui il nostro Paese, al dilà di certe enfasi descrittive e in-teressate, è ancora fortementediviso. Anzi, per dirla tutta,non c’è stata stagione più diquesta, in cui siano stati brusca-mente interrotti i processi dirafforzamento e consolidamento

delle classi medie e gli ascensori sociali sia-no stati letteralmente bloccati.In secondo luogo è impensabile che i catto-lici possano rassegnarsi a lasciare che le co-se si deteriorino ulteriormente senza prova-re a dare una scossa, in grado di rimettere inmoto tutte le energie, intellettuali e mora-li, in grado di pensare il bene comune, fuo-ri dagli schemi della competizione politica,ma dentro il cuore della corresponsabilitàsociale. In quest’ottica crediamo si siamosso il Comitato scientifico delle Setti-mane sociali, raccogliendo cioè la sfida del-la complessità, per scrivere un’Agenda so-ciale da condividere. Con tutti i cattolici e,se possibile, con tutti gli italiani e tutti gli

NOI, SOCI FONDATORIDI QUESTO PAESEdi Domenico delle Foglie

LA 46A SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI ITALIANI SI SVOLGERA’ A REGGIO CALABRIA

DAL 14 AL 17 OTTOBRE

Tema: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’ agenda di speranza per il futuro del Paese”.

Ci sono almeno due buoneragioni per guardare con interesse e speranza a un appuntamento tutt’altro

che formale: la settimana sociale dei cattolici italiani.

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Il Centenario della nascita di Carlo Carrettoè stato motivo per ricordare il ruolo che ha

avuto nella Chiesa e nella società italiana.Articoli su riviste e due volumi editi dalla S.Paolo raccontano i momenti più significati-vi della sua vita e della sua testimonianza dilaico cristiano nell’apostolato e nella con-templazione: “Carretto, il profeta di Spello”,di Giovanni di Santoe “Carlo Carretto” diAlberto Chiara. Carretto nasce adAlessandria il 2 apri-le 1910 da una fami-glia profondamentereligiosa. Le due so-relle maggiori, Eme-renziana e Dolcidiadiventeranno suore,mentre il fratello Pie-tro risponde alla vo-cazione sacerdotalenei Salesiani e desti-nato in Siam (oggiThailandia) diventeràVescovo. Il fratellominore, Vittoriomuore a tre anni perpolmonite e menin-gite ed in famiglia ri-mane la sorella Lilia-na. Quando la famiglia sitrasferisce a Torino, Carlo frequenta la Par-rocchia salesiana “Santa Maria delle Grazie”alla Crocetta, la stessa Parrocchia che fu diGiorgio Frassati, membro della GioventùItaliana di Azione Cattolica (GIAC), beatifi-cato da Giovanni Paolo II. Con l’inaugura-zione dell’Oratorio parrocchiale Carlo scri-verà: “ La salesianità è alla radice della miaesistenza. Sono state le mie prime esperien-ze spirituali: sono molto riconoscente a Dioche mi ha dato questa impronta salesiana”(autobiografia “Innamorato di Dio” a cura diGian Carlo Sibilia).Ottiene il diploma di maestro ed insegna in

varie scuole ed infine a Torino. Svolge ilservizio militare come Allievo Ufficiale dicomplemento a Milano e poi Sottotenentein un reggimento di Alpini a Pinerolo. Silaurea in Filosofia e Pedagogia.L’adesione alla GIAC della sua parrocchia loporta ad una catechesi più matura, più ade-rente ai tempi e che gli farà vivere l’ideale

dell’apostolato deilaici sia nella parroc-chia, sia in diocesidove verrà nominatoPresidente Diocesa-no. Nella sua auto-biografia scrive: “Perme la piccola Chiesache mi aiutò a capirela grande Chiesa e arestare in essa, fu laGioventù di AzioneCattolica… mi pre-sentò la Chiesa comepopolo di Dio e noncome la solita e anti-quata piramide cleri-cale”. Nel 1937 èpresidente Diocesanodella GIAC di Torinoe membro del Consi-glio Superioredell’Associazione. A 18 anni Carlo, du-

rante una missionepopolare quaresimale, confessandosi con unvecchio missionario, avverte “nel silenziodell’anima il passaggio di Dio. Da quel gior-no mi sentii cristiano e constatai che la miavita era cambiata”. Sono tre le “chiamate”che Carlo sente. La seconda a 23 anni: in-contra un giovane medico, Luigi Gedda, chegli “parlò della Chiesa e della bellezza di ser-virla con tutto il nostro essere, pur restandonel mondo”. Vince il concorso di Direttore didattico nel1940 e viene assegnato alla sede di Bono inprovincia di Sassari. Collabora attivamentecon il Parroco, fonda l’Oratorio, realizza un

CARLO CARRETTO,DALL’AZIONE ALLA CONTEMPLAZIONEa cura di Filippo Mari

16 (segue a pag. 23)

Per Carretto è un momento di grande soffe-renza, mitigata dal pensiero di non avere piùsulle spalle la responsabilità di altri. Pregaperché possa sentire ancora quella “voce” chegià due volte aveva indirizzato la sua vita.”La chiamata alla vita contemplativa… Fula chiamata decisiva e mai la compresi comequella sera dei vespri di S. Carlo 1954, quan-do dissi sì alla Voce”.Il 5 novembre scrive ad un amico: “…ti vo-glio dare una bella notizia, una primizia,dacchè è nata ieri, mio giorno onomastico:vado tra i Petits Frères. E’ stata una folgora-zione e dopo anni di buio s’è accesa una ve-ra luce nella mia povera anima”. Parte per

raggiungere El-Abiodh-Sidi-cheikhin Algeria, piccola oasi nel deser-to sahariano dove inizia il novi-ziato. Per il Natale scrive unalettera “circolare” agli amici e

racconta l’ambiente naturale, lavita dei nomadi, la regola del novi-

ziato. E’ stato colpito dal silenzio immenso,totale, assorbente e dall’aver trovato il luogoideale per meditare ed adorare. “Comincia co-sì la tua vita di allievo di un Padre del deser-to. Una stuoia per terra e un sacco a pelo do-ve infilarti nelle notti fredde, un paio di san-dali e una regola fatta apposta per piegare leschiene più dure come la mia. Grosso modola si può assumere così: 7 ore di lavoro, 7ore di preghiera e 7 ore di sonno… D’ora in-nanzi la tua predica deve essere la tua vita enon la tua parola. E per una vita autentica-mente vita si copia la vita di Gesù…Vi por-to con me con tutto l’amore nella mia soli-tudine piena di Dio. Carlo” . La sua giorna-ta è silenzio, lavoro, preghiera, contempla-zione, adorazione, testimonianza, amore peri poveri, accoglienza ed amico dei nomadi.Carlo si trasferisce nella Fraternità di Ta-manrasset, lavora, viaggia tra le varie Frater-nità, pronuncia i voti perpetui. Dopo diecianni rientra in Italia. Si comincia a parlare diuna Fraternità in Umbria e si sceglie il Con-vento di S. Girolamo a Spello. Viene ordi-nato diacono. Nel 1973 interviene nella cam-pagna per il referendum per l’abrogazione deldivorzio con un articolo sul quotidiano “LaStampa” per esprimere la sua contrarietàall’abolizione. Non mette in dubbio l’indis-solubilità del matrimonio, ma non ritieneche debba essere imposta per legge ai noncredenti. Naturalmente gli ambienti cattolicireagiscono indignati.Nel novembre 1986 viene ricoverato per laprima volta in ospedale a Roma, ricoveri che

orfanotrofio maschile e femminile e un ci-nema. Questo attivismo disturba le localiautorità fasciste come “soggetto pericolosoalla politica del regime” e viene diffidato aoccuparsi delle organizzazioni giovanili.Viene trasferito in provincia di Cagliari, tra-sferimento revocato per le proteste della po-polazione di Bono. Nel 1942 viene trasferi-to alla Direzione didattica di Condove (Tori-no) con l’ingiunzione di non mettere piùpiede in Sardegna, pena l’arresto.Con l’Italia divisa dalla linea gotica, Carloviene nominato Vice Presidente della GIAC

per ilNord Italia. Nel 1945 viene chiamato a

Roma da Pio XII e nominato PresidenteCentrale della GIAC in sostituzione di Lui-gi Gedda che diviene Presidente dell’UnioneUomini Cattolici.Per la GIAC sono anni di intenso lavoro for-mativo ed educativo. Sono tante le iniziati-ve per portare il messaggio cristiano allagioventù italiana: convegni, campi scuola,corsi di esercizi spirituali, scuole formativeper dirigenti, corsi specializzati per rurali,lavoratori, studenti, Centro assistenza permilitari, concorsi, stampa specializzata. Peri ragazzi viene lanciato un settimanale a fu-metti “Il Vittorioso”, che raggiunge tiraturealtissime. Sono anni di lavoro intenso, irre-petibili che vedono accanto a Carretto diri-genti giovani provenienti da varie diocesi eche svolgeranno, poi, ruoli importanti nellaChiesa, nel campo della politica, della so-cietà, della cultura.Avvenimento memorabile la celebrazione aRoma nel 1948 dell’80° di fondazione dellaGIAC. Convengono a Roma oltre 300.000giovani, i famosi “Baschi verdi”. In queigiorni viene posta la prima pietra della Do-mus Pacis per un voto fatto perché Romafosse risparmiata dalla guerra e per la vita delPapa.Contrario alla strumentalizzazione poli-tica dell’Azione Cattolica con l’opera-zione Sturzo che prevedeva una listaelettorale per le elezioni amministrativea Roma composta da cattolici e partitidella destra, Carretto presenta le sue di-missioni, che vengono accettate.

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L’azione di classe si configura come unarichiesta di tutela, in un unico giudizio

civile, dei diritti identici di una moltitudinedi soggetti lesi dalla presunta condotta ille-cita di una medesima impresa.La domanda può essere proposta dal singo-lo consumatore o utente, anche per il tra-mite di un’associazione di categoria provvi-sta di apposito mandato, restando inteso cheegli agisce in qualità di rappresentante dellavera parte processuale, cioè la “classe”.D’ora in avanti, ogni volta che un consu-matore intenda ottenere tutela nei confronti

di un’impresa che ritiene ab-bia leso i suoi diritti, e ri-corrano i presuppostidell’articolo 140-bis, Codi-ce del Consumo, avrà dinan-zi a sé un bivio: esperireun’azione individuale, fa-cendo valere solo il propriodiritto o, in alternativa, pro-muovere l’azione di classe,domandando tutela per sestesso e per tutti gli altrisoggetti che versino nellamedesima situazione giuri-dica nei confronti della stes-sa impresa.

L’azione di classe si propone come rimediorisarcitorio collettivo attivabile su iniziati-va dei singoli soggetti danneggiati. Esso,tra l’altro, consente di ripartire le spese pro-cessuali (da dividere tra i componenti dellaclasse intervenuti in giudizio), incentivan-do in questo modo l’esercizio del diritto didifesa anche in relazione a cause di modicovalore per il singolo consumatore.

(A) Legittimazione attiva

L’azione può essere proposta da singoliconsumatori o utenti, cessando così di co-stituire una prerogativa delle sole associa-zioni di rappresentanza o dei comitati (lacui legittimazione attiva rimane, in ognicaso, immutata, dietro mandato dei compo-nenti la classe).

Il testo normativo non contiene alcuna defi-nizione né un elenco esemplificativo idoneia chiarire la natura ed i limiti del concetto di“classe”.

(B) Ambito di applicazione

Mediante l’azione di classe sono tutelabili:• i diritti contrattuali di una pluralità di

consumatori e utenti che si trovano neiconfronti di una stessa impresa in situa-zione identica (inclusi i diritti relativi acontratti stipulati ai sensi degli articoli1341 e 1342, Codice Civile);

• i diritti identici spettanti ai consumatorifinali di un determinato prodotto nei con-fronti del relativo produttore, anche a pre-scindere da un diretto rapporto contrattua-le;

• i diritti identici al ristoro del pregiudizioderivante agli stessi consumatori e utentida pratiche commerciali scorrette o dacomportamenti anticoncorrenziali.

(C) Retroattività

L’azione di classe può essere proposta con-tro tutti gli illeciti commessi a far tempodal 15 agosto 2009 (data di entrata in vigo-re della Legge n. 99/2009).

(D) Legittimazione passiva e fina-l ità

L’azione può essere proposta contro tutti isoggetti privati qualificabili come “impren-ditori”, come si evince dal comma 4, arti-colo 140-bis, Codice del Consumo (“la do-manda è proposta al tribunale ordinario delcapoluogo della Regione in cui ha sedel’impresa”).L’azione di classe privatistica ha scopi pret-tamente risarcitori o restitutori stricto sen-su, diversamente dalla class action esperibi-le contro le pubbliche amministrazioni ed iconcessionari di pubblici servizi, che ha fi-nalità di mero ripristino dell’efficienza edella correttezza delle funzioni e dei servizi

LE AZIONI DI CLASSE(“CLASS ACTION”)di Francesco Nania *

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L’inammissibilità può essere dichiarata neicasi di manifesta infondatezza della doman-da, conflitto d’interessi tra il proponente egli altri membri della classe (ovvero tra glistessi proponenti), mancata omogeneità deidiritti o incapacità del proponente di curaregli interessi di classe.L’attuale disciplina non prevede un limitedi valore minimo per poter accedere allanuova tutela. L’ordinanza di ammissibilità accoglie la do-manda (aprendo, di fatto, la fase di meritodel processo) e fissa inoltre i termini e lemodalità della pubblicità da effettuare persollecitare le adesioni da parte dei membridella classe; se non è ottemperato l’obbligopubblicitario, la domanda è ritenuta impro-cedibile.Le adesioni dei consumatori o degli utentidevono essere raccolte entro 120 giorni dal-la scadenza del termine per effettuare la pub-blicità; ai fini dell’ammissibilità della do-manda di azione di classe, la legge non po-ne alcun limite, minimo o massimo, nu-mero di adesioni individuali.Ciascun consumatore o utente può aderireall’azione di classe anche senza il patroci-nio di un difensore.

(restando, invece, escluso, in tali casi, il ri-sarcimento).

(E) Competenza

La domanda di azione di classe si propone di-nanzi al Tribunale del capoluogo della Re-gione in cui ha sede l’impresa convenuta,eccezion fatta per alcuni “accorpamenti” ter-ritoriali (la Val d’Aosta confluisce su Tori-no; Marche, Umbria, Abruzzo e Molise so-no indirizzati su Roma; Basilicata e Cala-bria a Napoli; Trentino e Friuli a Venezia).A detta di molti, tale concentrazione po-trebbe essere giustificata dall’intento dicreare dei fori specializzati in azioni di clas-se, idonei a fronteggiare in modo efficientela complessità giuridico-organizzativa e lamole dei nuovi contenziosi.L’azione si propone con atto di citazionenotificato all’impresa e all’ufficio del Pub-blico Ministero presso il Tribunale adito,il quale può intervenire solo nella fase didisamina dell’ammissibilità.

(F) Ammissibilità della domanda eadesioni

Il Tribunale, nella prima udienza, deve va-lutare l’ammissibilità della domanda.

ROMA, GITE FUORI DAL CARCERE PER I FIGLI DELLE DETENUTE

ROMA - Nell’ora dell’addio, quando la festa è conclusa, le lacrime scendono, vistose,sulle guance, mentre nel frattempo si alzano strilli. Il pulmino si inoltra nelle stradedella città e per una trentina di piccoli la gita-fuori porta è ormai un ricordo. Con questa immagine, «che strappa il cuore ed è puntuale nei fine settimana», Erika Vi-gnola, psicologa, offre la fotografia di un dramma silenzioso che è vissuto a Roma dauna trentina di bimbi, figli di detenute del carcere di Rebibbia. I volontari dell’associa-zione «A Roma, insieme», si dedicano per dare loro un po’ di felicità e speranza. Que-sti piccoli non le possiedono più: il loro universo non è lo spazio per i giochi, ma èquello delle sbarre. Vengono accuditi dalle loro madri, in genere tossicodipendenti oRom, che devono scontare la pena del carcere, anche per anni. Erika Vignola ha dedica-to la tesi di laurea, in psicologia dell’età evolutiva, ricevuta all’università La Sapienza,a un mondo scoperto attraverso la lettura dei giornali. Ed ha voluto viverlo fino in fon-do, entrando nell’associazione che si occupa delle madri e dei bambini in prigione, or-ganizzando (sabato e domenica) gite e scampagnate. La generosità dei romani corre nelmondo invisibile. Una famiglia di Zagarolo apre le porte di una villa in cui i bambinipossono giocare. Un’altra magione sul litorale viene utilizzata per fare castelli di sab-bia sul mare. E poi ci sono i giochi nei parchi. Spiega Erika Vignola: «Il grande pro-blema è non fare sentire questi piccoli dei diversi. La loro gioia si esprime nei minimigesti: la libertà di rotolarsi sull’erba o sulla sabbia è la felicità più grande». L’infelicità,invece, raggiunge la somma più acuta quando la comitiva deve fare rientro a Rebibbia.«La cupezza scende sui loro volti».

da “Il Messaggero” 14 maggio 2010.

(segue a pag. 23)

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ne dei soggetti portatori di handicap di cui all’art. 3 della legge5 febbraio 1992, n. 104”, precisando nel successivo art. 2 cheper sussidi tecnici ed informatici si intendono le “apparecchia-ture e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroni-che o informatiche, appositamente fabbricati o di comune re-peribilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitarela comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o gra-fica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione ealla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impe-dite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, udi-tiva o del linguaggio”.Dalla lettura degli articoli citati, che fanno esclusivo riferi-mento alle operazioni di “cessione e importazione” si evinceche l’agevolazione è applicabile solo ai sussidi che si sostan-ziano in beni fisici; pertanto, non rientrano nell’ambito di ap-plicazione dell’aliquota agevolata le prestazioni di serviziconnesse al loro utilizzo, con la conseguenza per cui i servizitelefonici e flat attivati dalla società istante non possono es-sere assoggettati all’aliquota IVA agevolata del 4%.Osserva a tal fine l’Agenzia delle Entrate che una diversa inter-pretazione, volta ad estendere il beneficio previsto per le ces-sioni e importazioni di beni anche alle prestazioni di servizi,si porrebbe in contrasto con la Direttiva 2006/112/CE delConsiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comuned’imposta sul valore aggiunto il cui allegato III, laddove elen-ca le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che possonoessere assoggettate alle aliquote ridotte dell’IVA, con riguardoagli ausili per disabili menziona esclusivamente taluni benispecificamente individuati e non contempla alcuna prestazio-ne di servizi.

REGIONE ABRUZZO - INTEGRAZIONI ALLALEGGE REGIONALE 31 LUGLIO 2007, N. 32 RECANTE: «NORME GENERALI IN MATERIA DI AUTORIZZAZIONE, ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE E ACCORDI CONTRATTUALIDELLE STRUTTURE SANITARIE E SOCIO-SANITARIE PUBBLICHE E PRIVATE».

Legge regionale 26 settembre 2009, n. 19 - Pubblicatanel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 51 del 28 settembre 2009)

Con la legge in parola sono state introdotte delle modificheall’art. 2 della legge regionale n. 32/2007 “Norme generali inmateria di autorizzazione, accreditamento istituzionale e ac-cordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitariepubbliche e private”; in particolare dopo le parole “collettivinazionali” sono aggiunte le parole “gli studi privati medici edodontoiatrici che non intendono chiedere l’accreditamentoistituzionale”. All’art. 2, comma 2, lettera b) della legge regionale n.32/2007, dopo “l’educatore professionale” è aggiunta la paro-

AGENZIA DELLE ENTRATE - RISOLUZIONE N.43/E DEL 27 MAGGIO 2010 - INTERPELLO – ALI-QUOTA IVA PER I SERVIZI DI TELECOMUNICA-ZIONE PRESTATI NEI CONFRONTI DI SOGGETTIPORTATORI DI HANDICAP (ART. 2, COMMA 9,DEL DL N. 669 DEL 1996).

La società istante, dopo avere premesso di svolgere attivitàconsistente nella progettazione, realizzazione, installazione,manutenzione e gestione di impianti e reti di telecomunicazio-ni per l’espletamento e l’esercizio dei servizi di comunicazio-ne e prestazioni connesse, ha fatto presente che diversi sog-getti portatori di handicap (sia fisici che mentali) chiedonol’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% per i servizidi telecomunicazione da essa prestati che riguardano il trafficovoce e dati (compresi i servizi legati alla telefonia sia mobileche di rete fissa e quelli legati alla fornitura di connessioni in-ternet e tutti i servizi connessi ai precedenti quali il canone dinoleggio dei modem o i servizi di segreteria) e i cosiddetti ser-vizi flat; per tale motivo chiede di sapere se per i servizi di te-lecomunicazione, forniti a soggetti riconosciuti portatori dihandicap ai sensi della legge n. 104 del 1992, possa applicar-si l’aliquota IVA agevolata del 4% prevista per l’acquisto disussidi tecnici e informatici dall’art. 2, comma 9, del decretolegge n. 669 del 31 dicembre 1996 (convertito dalla legge n.30 del 28 febbraio 1997).Da parte sua la società istante, attraverso un’interpretazioneestensiva della disposizione contenuta nell’art. 2, comma 9,del decreto legge n. 669/1996, ritiene che l’agevolazione pre-vista dalla suddetta norma sia applicabile non solo ai beni ma-teriali e, quindi, ai sussidi fisici, ma anche ai servizi di teleco-municazione ai quali tali sussidi consentono l’accesso e ciò inconsiderazione del fatto che la fruizione dei servizi di teleco-municazione rappresenta per i soggetti portatori di handicapun validissimo supporto ai fini del superamento delle barrieredovute alle ridotte capacità fisiche e/o mentali e alle connessedifficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione la-vorativa.In merito al quesito l’Agenzia delle Entrate ha osservato chel’art. 1, comma 3-bis, del decreto legge 29 maggio 1989, n.202 prevede che “Tutti gli ausili e le protesi relativi a meno-mazioni funzionali permanenti sono assoggettati all’aliquotadell’imposta sul valore aggiunto del 4 per cento”.In virtù di quanto previsto dall’art. 2, comma 9, del decretolegge 31 dicembre 1996, n. 669 l’agevolazione è estesa “an-che ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’auto-sufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicapdi cui all’articolo 3 della legge n. 104 del 5 febbraio 1992”.Le condizioni e le modalità attuative di quest’ultima disposi-zione sono state dettate dal decreto del Ministro delle finanzedel 14 marzo 1998 che all’art. 1 prevede che l’aliquota del 4%si applica “Alle cessioni e importazioni dei sussidi tecnici edinformatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazio-

Norme giuridiche - Giurisprudenza - Consulenza

n.135a cura dell’avv. Giacomo Mari

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la “fisioterapista”; all’art. 2, comma 1, lettera e) sono sop-presse le parole “studi medici, odontoiatrici e”.

REGIONE ABRUZZO - MODIFICA ALLA LEGGEREGIONALE 29 NOVEMBRE 1982, N. 87, RE-CANTE: EROGAZIONE DI CONTRIBUTI AL CON-SIGLIO REGIONALE E ALLE SEZIONI PROVIN-CIALI ABRUZZESI DELL’UNIONE ITALIANA CIE-CHI E ALLE SEZIONI PROVINCIALI ABRUZZESIDELL’ENTE NAZIONALE PER LA PROTEZIONE EL’ASSISTENZA AI SORDI.

(Legge regionale 11 agosto 2009, n. 14 - Pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 45 del 28 agosto 2009 ed in Gazzetta Ufficiale n. 19del 15.5.2010)

La legge regionale n. 14/2009 introduce una serie di modifichealla legge regionale 29 novembre 1982, n. 87.In particolare il comma 4 dell’art. 1 è sostituito dal seguente“4. A partire dall’esercizio 2009, i contributi iscritti in favoredell’Unione Italiana Ciechi (UIC) sono ripartiti per il 10% alConsiglio regionale dell’UIC e per il 90% tra le sezioni pro-vinciali in parti uguali e i contributi iscritti in favore dell’En-te Nazionale Sordomuti (ENS) sono ripartiti per il 20% al Co-mitato regionale e per l’80% tra le sezioni provincialidell’ENS in parti uguali”.

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA - REGOLA-MENTO RECANTE CRITERI E MODALITA’ PER LACONCESSIONE DI CONTRIBUTI IN CONTO CA-PITALE, PREVISTI DALL’ART. 10, COMMI DA 38 A 43, DELLA LEGGE REGIONALE 30 DICEMBRE2008 N. 17, PER L’INSTALLAZIONE DI ASCENSORI.

(Decreto del Presidente della Regione 30 luglio 2009,n. 217 - Pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, n. 32 del 12 agosto 2009)

Il regolamento in parola contiene norme dirette a disciplinarei criteri e le modalità per la determinazione, concessione ederogazione dei contributi previsti dall’art. 10, commi da 38 a43 legge regionale 30 dicembre 2008 n. 17 (“Legge finanzia-ria 2009”) per l’installazione di ascensori. In particolare l’art. 5 del Regolamento prevede che la valuta-zione delle domande di contributo presentate ai sensi dell’art.10, commi da 38 a 43 legge regionale n. 17/2008 viene effet-tuata tenendo conto, per ciascun condominio, del numero deilivelli, delle persone disabili e delle persone anziane ultrases-santenni stabilmente residenti all’interno dello stesso, preci-sando che i requisiti e le priorità sono accertati avuto riguardoalla data di pubblicazione del bando e che nel calcolo della per-centuale degli ultrasessantenni stabilmente residenti nei con-domini privati il risultato è arrotondato all’unità superiore. L’art. 4 del Regolamento stabilisce invece che ai fini della pre-sentazione delle domande di contributo è necessario allegare tragli altri, oltre alla deliberazione adottata dall’assemblea condo-miniale di approvazione della spesa, secondo le modalità e conle maggioranze previste in materia di innovazioni dall’art.1120, 1° comma c.c. e dall’art. 1136, 2° e 3° comma c.c., an-

che la certificazione medica comprovante la condizione di di-sabile secondo quanto disposto dalla legge 5 febbraio 1992n. 104 (“Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione socia-le e i diritti delle persone handicappate”). Competente alla ricezione delle domande, alla concessione ederogazione dei contributi in argomento, all’esame dei proget-ti relativi agli interventi da finanziare e ad eventuali sopral-luoghi necessari è la Direzione Provinciale Lavori Pubblicicompetente per territorio. Il Regolamento considera ammessi al finanziamento i condo-mini privati con più di tre livelli fuori terra privi di ascenso-re, intendendosi per livelli i piani abitabili o utilizzabili an-che solo parzialmente; in particolare è ammesso a contributol’intervento di installazione di ascensori comportante: la co-struzione di ascensori con le opere necessarie per l’adegua-mento dei vani scale relativi quali scavi, fondazioni, strutturein elevazione, solai, apertura o modifica forature, modificaserramenti o nuovi serramenti, intonaci, fornitura e posa inopera impianto, allacciamenti elettrici e quant’altro stretta-mente correlato per dare l’opera completa; competenze pro-fessionali per la progettazione, direzione lavori, collaudo ecoordinamento della sicurezza in fase di progettazione e diesecuzione, nella percentuale massima del 12%, ai sensi diquanto disposto dal decreto del Presidente della Regione 20dicembre 2005, n. 0453/Pres.. In ogni caso il contributo nonpuò superare il 50% della spesa riconosciuta ammissibileche, comprensiva dell’I.V.A., non può comunque essere supe-riore all’importo di Euro 78.000,00.

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA - REGOLA-MENTO RECANTE MODIFICHE AL REGOLAMEN-TO PER LA CONCESSIONE DI CONTRIBUTI AIPRESIDI DI RILEVANZA REGIONALE PREVISTIDALL’ART. 18 DELLA LEGGE REGIONALE 25SETTEMBRE 1996, N. 41 (NORME PER L’INTE-GRAZIONE DEI SERVIZI E DEGLI INTERVENTISOCIALI E SANITARI A FAVORE DELLE PERSONEHANDICAPPATE ED ATTUAZIONE DELLA LEGGE5 FEBBRAIO 1992, N. 104 “LEGGE QUADROPER L’ASSISTENZA, L’INTEGRAZIONE SOCIALEED I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE”),EMANATO CON DECRETO DEL PRESIDENTEDELLA REGIONE 29 OTTOBRE 2002, N. 331.

(Decreto del Presidente della Regione 30 luglio 2009,n. 218 - Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, n. 32 del 12 agosto 2009)

Con il regolamento in parola sono introdotte delle modificheal Regolamento per la concessione di contributi ai presidi dirilevanza regionale previsti dall’art. 18 della legge regionale25 settembre 1996, n. 41, emanato con decreto del Presidentedella Regione 29 ottobre 2002, n. 331. In particolare il titolo del Regolamento di cui al decreto delPresidente della Regione n. 331/2002, è sostituito dal se-guente: “Regolamento per la concessione di contributi a so-stegno delle attività previste dall’art. 18 della legge regiona-le 25 settembre 1996, n. 41 (Norme per l’integrazione dei ser-vizi e degli interventi sociali e sanitari a favore delle personehandicappate ed attuazione della legge 5 febbraio 1992, n.104 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale ed

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territorio, anche di concerto o in associazione con altri entipubblici e con le organizzazioni senza scopo di lucro, sullabase di accordi formali sanciti nelle forme previste dalla nor-mativa vigente. Al fine di attuare una distribuzione equa delle risorse ed un ten-denziale equilibrio territoriale dell’offerta dei servizi gli im-porti stanziati relativi alle spese di funzionamento e gestionedei centri sono ripartiti in via preliminare tra gli otto ambititerritoriali provinciali piemontesi per il 50% in quota ugualeper ciascuna provincia e per il restante 50% da suddividere inbase alla popolazione femminile residente, di età superiore a14 anni. L’assegnazione dei finanziamenti ai comuni/soggetti gestoridelle funzioni socio-assistenziali, individuati quali titolaridei Centri e la relativa erogazione dell’acconto del 70%, sonodisposti con apposito provvedimento della struttura regiona-le competente, previa verifica della rispondenza delle istanzepervenute ai requisiti previsti nel presente regolamento; il re-stante 30% dei finanziamenti è concesso a saldo, previa pre-sentazione e verifica della rendicontazione attestante l’uti-lizzo delle somme assegnate e la realizzazione delle attivitàpreviste, salvo conguaglio rispetto ad eventuali somme nonutilizzate. Gli enti titolari dei Centri trasmettono alla struttura regionalecompetente le richieste di finanziamento dei progetti di isti-tuzione e di gestione dei Centri, unitamente alle determina-zioni assunte dalla provincia, in attuazione di quanto previstodall’art. 7, comma 1, lettera a) Legge regionale n. 16/2009,secondo le modalità definite con apposito provvedimento re-gionale. I progetti devono indicare i seguenti elementi: ilcomune/soggetto gestore titolare del Centro; gli altri sog-getti pubblici e privati che concorrono alla realizzazione delCentro; la sede del Centro; le attività, le strutture ed i serviziche si intendono mettere a disposizione; le risorse strumenta-li e di personale; il piano finanziario, comprensivo dell’indi-cazione dell’eventuale cofinanziamento e di eventuali altreforme di finanziamento previste; il cronoprogramma per larealizzazione del progetto e per l’avvio dell’operatività delcentro; le case rifugio collegate. Il regolamento prevede che i comuni ed i soggetti gestori pro-pongono l’istituzione e la localizzazione del Centro, di nor-ma presso sedi di proprietà pubblica, comunale, provincialeo regionale; i Centri possono collocarsi in strutture sede di al-tri servizi pubblici, purché compatibili con le attività delCentro stesso. Le proposte sono trasmesse alle amministrazioni provincialicompetenti che, rilevato il fabbisogno esistente sul territo-rio, anche con l’apporto delle informazioni emerse dalleazioni di monitoraggio realizzate a livello regionale, pianifi-cano la localizzazione dei centri, in attuazione di quanto pre-visto dall’art. 7, comma 1, lettera a) Legge regionale n.16/2009. E’ prevista l’istituzione di almeno un centro per ciascuna pro-vincia; in ogni caso, e ferma restando l’entità dei fondi asse-gnati all’area territoriale di riferimento, le province possonopianificare la realizzazione di ulteriori centri, in relazione alfabbisogno ed alle caratteristiche socio-demografiche del ter-ritorio.Ai fini della costituzione dei Centri, gli enti titolari adottanoun proprio regolamento per il funzionamento dei Centri; in-dividuano gli operatori, dotati di adeguata professionalità,

i diritti delle persone handicappate”)”. Al comma 1° dell’art. 1 del decreto del Presidente della Regio-ne n. 331/2002 le parole “commi 1 e 2” sono sostituite dalleseguenti: “commi 1, 2 e 2-bis”. Dopo la lettera b) del comma 1° dell’art. 2 del decreto del Pre-sidente della Regione n. 331/2002, è aggiunta la seguente:“b-bis) la Cooperativa sociale Onlus Hattiva Lab per l’atti-vità di consulenza, documentazione, orientamento e informa-zione svolta attraverso il suo Centro InfoHandicap.”. L’art. 3 del decreto del Presidente della Regione n. 331/2002è sostituito dal seguente: “Art. 3. (Criteri e modalità di ripar-to) - 1. Le risorse disponibili sono ripartite con le seguentimodalità: a) una quota pari all’905 è assegnata ai soggetti dicui all’art. 2, comma 1°, lettera a), così suddivisa: 1) il 70% aicentri ed istituti specializzati residenziali in misura propor-zionale e comunque non superiore al 90% della spesa ritenutaammissibile per ciascun soggetto richiedente; 2) il 30% aicentri ed istituti specializzati semiresidenziali in misura pro-porzionale e comunque non superiore al 90% della spesa rite-nuta ammissibile per ciascun soggetto richiedente. b) unaquota pari al 20% è assegnata ai soggetti di cui all’art. 2, com-ma i, lettere b) e b-bis), con la seguente suddivisione: 1)l’85% all’associazione “Comunità Piergiorgio” a coperturadegli oneri sostenuti per l’attività di cui all’art. 2, comma 1°,lettera b), fino al limite massimo del 90% della spesa ritenutaammissibile; 2) il 15% alla “Cooperativa sociale Onlus Hatti-va Lab” a copertura degli oneri sostenuti per l’attività di cuiall’art. 2, comma 1°, lettera b-bis), fino al limite massimo del90% della spesa ritenuta ammissibile. 2. L’eventuale dispo-nibilità residua dopo la ripartizione effettuata ai sensi delcomma 1° viene ulteriormente ripartita, in misura proporzio-nale, tra i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera a).”.

REGIONE PIEMONTE - REGOLAMENTO REGIONALE RECANTE: “DISPOSIZIONI ATTUATIVE DELLA LEGGE REGIONALE 29 MAGGIO 2009, N. 16 (ISTITUZIONE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA CON CASE RIFUGIO)”.

(Decreto del Presidente della giunta regionale 16novembre 2009, n. 17 – Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 22 del 5 giugno 2010)

Con il regolamento in parola sono stabiliti i criteri per l’isti-tuzione dei Centri Antiviolenza e per la concessione dei rela-tivi finanziamenti regionali, definendo altresì i requisitistrutturali e gestionali delle strutture destinate all’accoglien-za delle donne vittime di violenza, strutture che sono denomi-nate Case Rifugio. In particolare il regolamento definisce: Centro Antiviolenzail centro che offre accoglienza, sostegno e percorsi di auto-nomia e superamento del disagio alle donne, sole o con figli,vittime di violenza, in raccordo con la rete dei servizi del ter-ritorio e con le Case Rifugio; Casa Rifugio la struttura resi-denziale di tipo sociale che offre ospitalità temporanea ed al-loggio alle donne, sole o con figli, vittime di violenza, per lequali si renda necessario l’allontanamento da una situazionedi pericolo per l’incolumità propria e degli eventuali figli,e/o dal luogo in cui è avvenuta la violenza. I centri sono istituiti dai comuni o dai soggetti gestori dellefunzioni socio-assistenziali; gli enti titolari dei centri garan-tiscono strutture adeguate in relazione alla popolazione ed al

della convivenza e dell’autogestione; accompagnamento, inrete con i servizi, ed eventuale sostegno al reddito delle donne edei loro figli una volta uscite dalla struttura residenziale, al finedi offrire loro un supporto per il superamento delle eventualidifficoltà; interventi di prevenzione, di accesso facilitato e diaccompagnamento in rete con i servizi territoriali competentied eventuale approccio e costruzione della relazione con lastruttura di destinazione; azioni dirette al recupero della relazio-ne madre figlia/o ed all’inserimento scolastico dei minori ac-colti; affiancamento della donna, qualora essa lo richieda, nellafruizione dei servizi pubblici o privati. I Centri Antiviolenza operano in costante raccordo con le Ca-se Rifugio e le strutture di accoglienza della Regione; le am-ministrazioni provinciali; le strutture pubbliche cui compe-te l’assistenza socio-sanitaria, la prevenzione e la repressio-ne dei reati; i servizi per le pari opportunità; i servizi di assi-stenza legale ed alloggiativi, per il lavoro e la formazione; lestrutture scolastiche operanti sul territorio; le organizzazionisenza scopo di lucro. Il regolamento prescrive che all’interno dei Centri devonooperare figure in possesso di specifiche competenze profes-sionali, prioritariamente donne, in grado di offrire ascolto,accoglienza ed assistenza alle diverse tipologie e situazionidelle donne vittime di violenza. In particolare presso i Centri devono operare almeno un ope-ratore con laurea in ambiti disciplinari afferenti all’area psi-cologica; un operatore con titolo di studio afferente all’areapedagogico-educativa o sociale, con esperienza nel settore,nonché un esperto legale. I Centri possono prevedere l’utilizzo di personale volonta-rio, tirocinante e del servizio civile, il cui inserimento nelleattività del Centro deve essere preceduto ed accompagnato daadeguati percorsi formativi in materia di violenza nei con-fronti delle donne e dei bambini. Il regolamento stabilisce inoltre che le Case Rifugio sonosoggette ad autorizzazione al funzionamento ed a vigilanza daparte dei competenti organismi, secondo quanto previsto dal-la legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 (“Norme per la realiz-zazione del sistema regionale integrato di interventi e servi-zi sociali e riordino della legislazione di riferimento”); taliorganismi mettono in atto adeguati accorgimenti, sia in faseprocedurale che autorizzativa, al fine di salvaguardare la ne-cessaria riservatezza in merito all’istituzione ed alla colloca-zione delle Case Rifugio. Infine il regolamento precisa che i centri Antiviolenza pos-sono essere di nuova istituzione, oppure coincidere con gliSportelli Informativi già attivati a livello provinciale in at-tuazione ed attraverso i finanziamenti di cui al piano regiona-le per la prevenzione della violenza contro le donne e per ilsostegno alle vittime. Nel caso in cui i Centri coincidano congli Sportelli Informativi i progetti proposti indicano le mo-dalità di adeguamento ai requisiti individuati nel presente re-golamento, i comuni/soggetti gestori titolari, nonché le mo-dalità di gestione definite in base agli accordi di cui all’art. 8del regolamento. In ogni caso le case rifugio già operanti al momento dell’en-trata in vigore del regolamento e che non siano in possessodei requisiti previsti, sono tenute entro un anno dall’entratain vigore dello stesso ad adeguare i requisiti relativi al perso-nale ed entro due anni ad adeguare i requisiti strutturali.

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dei quali avvalersi; individuano le risorse strumentali neces-sarie per lo svolgimento della loro attività; individuano lemodalità di collegamento con le Case Rifugio ed eventuali al-tre strutture operanti sul territorio al fine di assicurare l’acco-glienza delle donne vittime di violenza sole e con figli, anchein considerazione delle eventuali specifiche esigenze di acco-glienza relative a donne con problematiche psichiatriche odisabilità. Le modalità di gestione dei Centri sono individuate dagli entititolari, in piena autonomia ed in conformità con la normati-va vigente in materia; in particolare i Centri possono esseregestiti in forma diretta, oppure tramite appositi accordi, sot-toscritti in base alla normativa vigente, con gli enti localisingoli ed associati del territorio di riferimento e le organiz-zazioni senza scopo di lucro che abbiano tra i propri scopistatutari e quale contenuto prioritario della propria attività lalotta alla violenza contro le donne. I Centri Antiviolenza offrono accoglienza ed ospitalità tem-poranea anche immediata, qualora necessaria, a donne sole ocon figli esposte alla minaccia di ogni forma di violenza oche l’abbiano subita, nel rispetto dell’esperienza di ciascunae nella consapevolezza del significato e dell’impatto dell’ap-partenenza a diverse etnie, culture, religioni, classi sociali,orientamenti sessuali ed identità di genere; garantiscono so-stegno pratico e aiuto per problemi psicologici, esistenzia-li, sanitari, assistenziali, attraverso il personale proprio edattraverso il raccordo con i servizi socio-sanitari competen-ti; si attivano per il reinserimento sociale e lavorativo; sen-sibilizzano l’opinione pubblica sulle violenze che le donnesubiscono all’interno della famiglia e della società; promuo-vono indagini sulle caratteristiche della violenza alle donne,ai minori ed alle minori e ricerche finalizzate all’individua-zione delle strategie di prevenzione dei comportamenti vio-lenti; promuovono ricerche conoscitive e raccolta di dati sta-tistici al fine di approfondire i contesti in cui la violenza èesercitata e subita; propongono progetti di formazione per-manente per coloro che operano nelle strutture e per il perso-nale esterno che per ragioni di lavoro è a contatto con situa-zioni di violenza. L’accoglienza e l’ospitalità sono assicurate attraverso l’isti-tuzione in via diretta di Case Rifugio o il collegamento con leCase Rifugio operanti sul territorio. I Centri assicurano colloqui preliminari per individuare i biso-gni e fornire le prime informazioni utili; accoglienza a donnein situazione di pericolo obbligate ad allontanarsi per ragionidi sicurezza, attraverso i Centri Antiviolenza a livello regiona-le e nazionale; l’attivazione dei collegamenti nell’ambito dellarete territoriale e dei servizi competenti delle ASL per garanti-re ospitalità temporanea immediata alle donne che lo desideri-no, esposte alla minaccia di ogni forma di violenza o che l’ab-biano subita, con patologie psichiatriche accertate o compor-tamenti che rendono incompatibile alle altre donne la convi-venza nelle Case Rifugio; l’affiancamento della donna, qualoraessa lo richieda, al momento della presentazione della denunciadella violenza subita alle Forze dell’Ordine; colloqui informati-vi di carattere legale; percorsi individualizzati di protezione eduscita dalla violenza, basati sull’analisi delle specifiche situa-zioni, effettuata di concerto con i servizi socio-sanitari compe-tenti; colloqui ed interventi finalizzati al trattamento psicolo-gico dell’evento traumatico; sostegno ed accompagnamento

L’adesione ha come effetto la rinuncia adogni azione risarcitoria o restitutoria indivi-duale fondata sul medesimo titolo. L’atto diadesione, non soggetto ad una forma partico-lare, deve essere depositato nella Cancelleriadel Giudice adito e deve contenere l’elezionedi domicilio, l’indicazione degli elementi co-stitutivi del diritto fatto valere e la relativadocumentazione probatoria.Una volta scaduto il termine per effettuarel’opt-in, ai membri della classe che abbianodeciso di non aderire è preclusa la possibilitàdi promuovere un’ulteriore azione collettivaper gli stessi fatti contro il medesimo sog-getto convenuto, rimanendo, invece, impre-giudicata la loro facoltà di esperire le ordina-rie azioni individuali.L’ordinanza di ammissione o di inammissibi-lità della domanda di azione di classe è recla-mabile davanti la Corte di Appello, entrotrenta giorni dalla sua comunicazione o noti-ficazione (se anteriore), ma il procedimentodavanti al Tribunale non rimane sospeso pereffetto del reclamo.

Il reclamo è deciso con ordinanza in Camera diConsiglio, non oltre quaranta giorni dal deposi-to del ricorso presso la Corte di Appello com-petente. Il provvedimento di ammissione o diinammissibilità della domanda di azione di clas-se può essere pubblicato anche sul sito internetdel Ministero dello Sviluppo Economico.

G) Condanna

La sentenza di condanna può, alternativamen-te, liquidare le somme dovute a ciascun ade-rente all’azione o determinare i criteri in baseai quali tale liquidazione dovrà essere effet-tuata (nessun tasso di interesse viene applica-to all’impresa che dovesse pagare entro il ter-mine in cui la sentenza diviene esecutiva, os-sia 180 giorni. Nel caso di condanna di un ge-store di pubblici servizi, il Giudice, ai finidella liquidazione del danno, tiene conto dieventuali meccanismi indennitari già previstiin favore degli utenti e dei consumatori dalleCarte dei Servizi e decide, in base agli stessi,se la classe attrice ha diritto ad un risarci-mento ulteriore, oppure no.La sentenza che definisce il giudizio fa statoanche nei confronti degli aderenti.

* Relazione al XL Convegno NazionaleCNEC.

(segue da pag. 18)

LE AZIONI DI CLASSE (“CLASS ACTION”)

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si susseguono con intervalli. La malattia ègrave e Carlo ne è consapevole. Dal letto diospedale riconferma la sua fedeltà alla Chiesa:“Quanto sei contestabile, Chiesa eppure quan-to ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire eppurequanto a te devo!...”Altri ricoveri in ospedale ed infine il 4 otto-bre, festa di S. Francesco di Assisi, nel con-vento di S. Girolamo a Spello, circondato daconfratelli ed amici che pregano per lui, Car-lo torna alla casa del Padre. In un suo libroscriveva: “Ho scoperto che tra le tante cosebelle e buone fatte da Dio, una non è menobella, anzi è bellissima, ed è la morte. E per-ché? Perché mi dà la possibilità di vedere co-se nuove…”.La liturgia di saluto viene celebrata nel camposportivo di Spello con la partecipazione di unagrande folla convenuta da ogni parte d’Italia e

non solo. Enrico Gastaldi, già dirigente dellaGIAC, in un editoriale per la rubrica radiofoni-ca “il Pomeriggio” in RAI Due, diceva tra l’al-tro:”Nel campo sportivo di Spello, insieme avescovi e a tanti preti (rappresentanti di unaChiesa di cui una parte non sempre lo compre-se), c’erano vecchi amici venuti dalla cultura,dalla politica, dalla vita quotidiana, ma anchetanti giovani, e tra essi i Piccoli Fratelli e lePiccole Sorelle di fr. Charles de Foucauld; can-tavano l’Alleluja invece del De profundis, espargevano fiori sui presenti come se fossestata (come forse era) una festa di addio, anziun arrivederci. Qualcosa di simile doveva esse-re accaduto qualche centinai di anni prima, apochi metri da lì, alla morte di frate Francesco”.Il Convento di S. Girolamo è diventata ora la“casa” dell’Azione Cattolica Italiana, un’oasidi spiritualità, di formazione, di contemplazio-ne. Spello è stato negli anni un approdo permigliaia di giovani, di adulti, di coppie di spo-si, di sacerdoti, di persone alla ricerca di Dio,una sosta che ha aperto il cuore e la mente edha indicato a molti la via migliore per la lororealizzazione umana e spirituale.

(segue da pag. 16)

CARLO CARRETTO, DALL’AZIONE ALLA CONTEMPLAZIONE

Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

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Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel luglio 2010

CO

LPO

D’A

LAQQuueessttaa ppaaggiinnaa vvuuoollee eesssseerree uunn ““ccoollppoo dd’’aallaa””,, cciiooèè uunnaa pprrooppoossttaa ppeerr uunn mmoommeennttoo ddii rriifflleessssiioonnee..

Ma d’ogni dubbio il più bello

è quando coloro che sono

senza fede,

senza forza,

levano il capo

e alla forza dei

loro oppressori,

non credono più !

( B. Brecht )

LEVARE IL CAPO