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1 BOLLETTINO DIOCESANO TIBURTINO Periodico Bimestrale della Diocesi di Tivoli Curia Vescovile di Tivoli Piazza Sant’Anna 3 00019 Tivoli (RM) Gennaio – Febbraio 2008 Anno XIII N° 1 Direttore Responsabile Don Iliano Tancredi Sede Curia Vescovile Piazza S. Anna 3 - 00019 Tivoli (RM) Tel 0774 335227 – 330942 Fax 0774 313298 Sito internet http://www.tivoli.chiesacattolica.it E-mail [email protected] Autorizzazione Tribunale di Roma n. 531/96 del 24.10.1996 Tariffa Associazione senza fine di lucro : Poste Italiane S. P. A. Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n° 46 ) art. 1 comma 2 – DCB- Roma SOMMARIO Interventi del Vescovo Lettera circa la situazione dell’Istituto San Getulio…………….3 Lettera sulla Adorazione Eucaristica per i sacerdoti……………7 Lettera alla chiesa tiburtina per l’annuncio della nomina ad Arcivescovo di Pisa…………………………………9 Lettere alle parrocchie al termine della Visita Pastorale Alle parrocchie di S. Michele Arc. in Giardini di Corcolle e di S. Maria Assunta in Cielo in Paterno……………………..11 Atti della Curia Nomine………………………………………………………..24 Nomine Presidenti Parrocchiali di Azione Cattolica………….25 Rinnovo incarico Vicari Foranei………………………….…...26 Erezione comunità religiosa…………………………………...27 Conferma del Vicario Generale e del Vicario Episcopale….....27 Nomina Commissario Straordinario dell’ Istituto S. Getulio...………………………………………………....…27 Nomina della Equipe Diocesana di Pastorale Giovanile………………………………………………….…...27 Escardinazione…………………………………………….…..28 Riduzione oneri legati…………………………………….…...28 Verbale del Consiglio Presbiterale del 18/01/2008……….…..29 Verbale della Nomina ad Arcivescovo di Pisa…………….….35 Atti della Santa Sede Nomina dell’Amministratore Apostolico di Tivoli……………37 Diario degli impegni pastorali del Vescovo…….……..........38 Relazione della Caritas Diocesana per l’anno 2007………..41 Per la documentazione Intervento di S.E. Mons. Piero Marini al Ritiro del Clero del 24/01/2008…………………………….....49

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BOLLETTINO DIOCESANO TIBURTINO

Periodico Bimestrale della Diocesi di Tivoli

Curia Vescovile di TivoliPiazza Sant’Anna 3 00019 Tivoli (RM)

Gennaio – Febbraio 2008 Anno XIII N° 1

Direttore Responsabile Don Iliano Tancredi Sede Curia Vescovile Piazza S. Anna 3 - 00019 Tivoli (RM) Tel 0774 335227 – 330942 Fax 0774 313298 Sito internet http://www.tivoli.chiesacattolica.it E-mail [email protected] Autorizzazione Tribunale di Roma n. 531/96 del 24.10.1996 Tariffa Associazione senza fine di lucro : Poste Italiane S. P. A. Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n° 46 ) art. 1 comma 2 – DCB- Roma

SOMMARIO Interventi del Vescovo Lettera circa la situazione dell’Istituto San Getulio…………….3Lettera sulla Adorazione Eucaristica per i sacerdoti……………7Lettera alla chiesa tiburtina per l’annuncio della nomina ad Arcivescovo di Pisa…………………………………9 Lettere alle parrocchie al termine della Visita Pastorale Alle parrocchie di S. Michele Arc. in Giardini di Corcolle e di S. Maria Assunta in Cielo in Paterno……………………..11 Atti della Curia Nomine………………………………………………………..24 Nomine Presidenti Parrocchiali di Azione Cattolica………….25 Rinnovo incarico Vicari Foranei………………………….…...26Erezione comunità religiosa…………………………………...27Conferma del Vicario Generale e del Vicario Episcopale….....27 Nomina Commissario Straordinario dell’ Istituto S. Getulio...………………………………………………....…27 Nomina della Equipe Diocesana di Pastorale Giovanile………………………………………………….…...27Escardinazione…………………………………………….…..28 Riduzione oneri legati…………………………………….…...28 Verbale del Consiglio Presbiterale del 18/01/2008……….…..29 Verbale della Nomina ad Arcivescovo di Pisa…………….….35 Atti della Santa Sede Nomina dell’Amministratore Apostolico di Tivoli……………37 Diario degli impegni pastorali del Vescovo…….……..........38 Relazione della Caritas Diocesana per l’anno 2007………..41 Per la documentazione Intervento di S.E. Mons. Piero Marini al Ritiro del Clero del 24/01/2008…………………………….....49

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INTERVENTI DEL VESCOVO

LETTERA CIRCA LA SITUAZIONE DELL’ISTITUTO SAN GETULIO

12 gennaio 2008

Al Commissario Straordinario dell’Ente San Getulio Al Dirigente Scolastico Agli Insegnanti Al Personale Ai Genitori degli Alunni dell’Istituto San Getulio

Trovandomi fuori sede per motivi di salute e non potendo subito incontrarvi personalmente come sarebbe stato mio desiderio, credo opportuno rivolgermi a voi per iscritto per permettere una conoscenza più oggettiva della situazione del San Getulio che ha determinato la decisione della chiusura dello stesso. Non è da ora che l’Istituto San Getulio si trova in una situazione amministrativa difficile: sono decenni, e soprattutto da quando le Suore di Carità che con amore, competenza e di fatto, gratuitamente, gestivano l’Istituto, per mancanza di vocazioni, lasciarono la gestione diretta della scuola, riconsegnandola all’Ente giuridico San Getulio. Tale Ente che nel frattempo da IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza) si era trasformato in Ente di Diritto Privato, per continuare a mandare avanti la Scuola con l’assunzione di personale laico, dovette vendere il suo patrimonio eccetto l’immobile storico di Via della Missione nel quale, da sempre, si è svolta l’attività benefica dello stesso San Getulio. Fu un atto di coraggio quello di decidere di continuare la Scuola alla fine degli anni novanta, perseguito dal Commissario e poi Presidente del Consiglio di Amministrazione Don Mario Giagnori, coadiuvato dalla presenza di alcune Suore le quali, gratuitamente, hanno continuato ad offrire il proprio servizio. E fu scelta coraggiosa quella di iniziare la Scuola media nei primi anni duemila che procurò un incremento delle iscrizioni e una consolante crescita dell’Istituto.

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Le rette volutamente contenute nel prezzo – e tali sono rimaste fino ad oggi – per permettere alle famiglie meno abbienti di sostenere il non piccolo impegno economico per mandare i propri figli in una scuola cattolica, se nei primi tempi hanno permesso una gestione dall’attività scolastica non deficitaria (compresi pure i contributi statali previsti per le scuole paritarie), non hanno però consentito il finanziamento di improrogabili lavori di adeguamento degli impianti secondo le leggi relative alla sicurezza. Tutto ciò, fra l’altro, portò al ritardo cronico nei pagamenti degli stipendi degli Insegnanti con un conseguente diffuso malessere che influì non poco a determinare un progressivo e sempre più ampio calo degli Alunni iscritti nell’Istituto. Il contenimento delle rette scolastiche, il notevole calo degli Alunni con il relativo decremento dei contributi statali fra l’altro erogati spesso con notevoli ritardi, le spese affrontate per l’adeguamento della scuola alle norme di sicurezza, il necessario (per legge) cambiamento nella refezione scolastica, hanno prodotto un sempre crescente indebitamento che è giunto attualmente, come sapete, a livelli non più sopportabili. Le difficoltà sopra descritte sono state prospettate al Vescovo (che non è né titolare, né proprietario del San Getulio, in quanto il San Getulio è Ente con personalità giuridica propria mentre il Vescovo ha solo il compito di nominare il Consiglio d’Amministrazione) dal Gestore Presidente Don Mario Giagnori durante e soprattutto alla fine del 2006. Di tutto fu informato, e lo era stato anche precedentemente, il Consiglio Presbiterale della Diocesi, che aveva deciso di sostenere il San Getulio per quanto possibile, impegnando il Vescovo a prestare soldi della Diocesi perché l’Istituto potesse rispondere ai propri impegni più urgenti. Ugualmente il Gestore stesso, oltre ad attingere ad un Fido Bancario ed ad accendere un Mutuo, aveva messo personalmente a disposizione a titolo di prestito, somme progressivamente sempre più consistenti. Tutto questo nella speranza che non solo non calasse il numero degli Alunni, ma che questi potessero avere un incremento così da superare quello che poteva apparire come un temporaneo momento di crisi e di difficoltà. Cosa che purtroppo non è accaduta, vista la drastica ulteriore diminuzione di Alunni dallo scorso all’attuale Anno Scolastico. Alla metà di Novembre 2007 il Consiglio di Amministrazione del San Getulio si è dimesso. Al Vescovo non rimaneva che la possibilità di nominare un Commissario Straordinario tecnicamente competente in ambito amministrativo, per una verifica della situazione così da avere ulteriori elementi circa la possibilità di continuare o meno l’attività dell’Istituto. La verifica effettuata ha confermato sostanzialmente quanto già era noto precedentemente.

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Sono stati presi contatti con esperti del settore Scuola Cattolica del Vicariato di Roma, che vista la situazione hanno indicato come unica soluzione l’immediata chiusura della scuola onde evitare una non ipotetica messa in liquidazione dell’Ente San Getulio con la conseguente vendita dell’immobile. Ecco nella chiarezza più assoluta i fatti che hanno portato alla dolorosa e obbligata decisione di chiudere il San Getulio. Sono perciò del tutto calunniose le voci che circolano circa una volontà speculativa sull’immobile del San Getulio da parte della Diocesi e del Vescovo che invece in questi anni hanno cercato di salvare la scuola anche con una diretta esposizione finanziaria; è vero invece che grazie alla politica di chi ci governa sulle Scuole Cattoliche come del resto sugli Ospedali retti da Religiosi, si sta abbattendo una sempre più massiccia opera di destabilizzazione amministrativa attraverso tagli ai contributi o lentezza esasperante nella loro erogazione che non penalizza solo le istituzione ecclesiali, ma piuttosto la libertà di scelta degli indirizzi educativi da parte dei genitori. Inviare un figlio in una Scuola Cattolica significa oggi affrontare un notevole aggravio dell’economia famigliare, sempre meno possibile per un crescente numero di famiglie, così come una gestione economicamente corretta degli Istituti Cattolici dove non lavorino religiosi e religiose a costo zero, cioè gratuitamente, impone un crescente aumento del prezzo delle rette. Una situazione, quindi, senza sbocco, almeno che l’Ente che gestisce il servizio non abbia altre entrate stabili dal proprio patrimonio. Spero che queste mie note servano a rendere più chiara la situazione di fronte a tutti. Non si arriva mai a certe decisioni senza aver seriamente riflettuto e cercato tutte le possibili alternative. Dispiace che anche nel passato non ci sia stata comprensione verso le difficoltà amministrative che non sono solo del San Getulio ma anche delle altre scuole cattoliche presenti a Tivoli, come ad esempio quando di fronte agli inevitabili, seppur contenuti aumenti delle rette, o di fronte alla necessità di pagare la mensa, molte famiglie se ne sono andate protestando, togliendo i loro figli dalla scuola; così come dispiace costatare che spesso ciò che rimane in ombra è proprio l’apprezzamento del valore della Scuola Cattolica in quanto tale. Desidero esprimere il mio più cordiale e fraterno ringraziamento al Commissario Straordinario Dott. Daniele Petralli, che ha accettato l’ingrato dovere di verificare la situazione del San Getulio e di operare quanto è necessario ad evitare la dichiarazione di fallimento. Mi dispiace che da parte di qualcuno egli sia stato fatto oggetto di vere e proprie offese. Egli ha accettato questo servizio di Commissario proprio come atto di amore alla Chiesa e alla Scuola Cattolica. Sono sicuro

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che non mancherà per lui, il suo lavoro e la sua famiglia, la benedizione del Signore, così come sono sicuro che la sua opera potrà porre le indispensabili premesse di un futuro che nessuno vuole precludere per una sempre possibile rinascita del San Getulio su basi amministrativamente più solide.

Comprendendo il dispiacere, il rammarico e le inevitabili difficoltà in cui molti verranno a trovarsi chiedo a tutti una corrispondente comprensione circa una situazione che potrebbe sfociare in problematiche ancora più gravi soprattutto per i dipendenti dell’Istituto. Chiedo a tutti di pregare il Signore perché ci aiuti e ci sostenga con la sua provvidente bontà.

+ Giovanni Paolo Benotto Vescovo

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LETTERA SULLA ADORAZIONE EUCARISTICA PER I SACERDOTI

Tivoli, 26 gennaio 2007

Carissimi Sacerdoti e carissimi fedeli, come sicuramente avrete appreso dalla stampa, la Congregazione per il Clero, recentemente, si è fatta promotrice di un rinnovato impegno da parte di tutta la Chiesa in favore del sacerdozio ministeriale e delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, soprattutto attraverso la preghiera sotto forma di adorazione eucaristica continuata, con il suggerimento a far nascere veri e propri cenacoli in cui, chierici, religiosi e laici si dedichino alla preghiera, uniti in comunione tra di loro anche in spirito di genuina e reale riparazione e purificazione.

Una richiesta che condividiamo volentieri e che, ringraziando il Signore, in diverse comunità parrocchiali già si realizza con impegno e generosità lodevole, ma che può allargarsi ed estendersi anche a tutte le altre comunità che ancora non vivono questo impegno come consuetudine consolidata.

Ritengo perciò opportuno esortare i parroci a intensificare e a rendere regolare in ogni parrocchia l’adorazione eucaristica settimanale; a dare nuovo impulso e vigore alle Ss. Quarant’ore con turni di adorazione che abbraccino le intere giornate dedicate a questa pia pratica; a promuovere anche momenti di adorazione serale e notturna come già avviene mensilmente a Tivoli per i giovani.

Vorrei ricordare a tutti che il mistero di Cristo presente nell’Eucaristia da adorare in spirito di riparazione è al centro della vita e della testimonianza del Monastero della SS.ma Trinità delle Benedettine della Adorazione perpetua di Castel Madama ben felici di accogliere chiunque voglia unirsi a loro nella preghiera di adorazione e di riparazione; così come ogni giorno chiunque voglia può unirsi alla adorazione eucaristica quotidiana che si svolge nel Santuario della Madonna di Quintiliolo.

E’ ovvio che sarebbe bene che le comunità religiose femminili, oltre a partecipare alla adorazione eucaristica promossa dalle rispettive parrocchie di appartenenza, intensificassero, specie nelle ore della sera, la loro adorazione all’interno dei propri oratori a cui potrebbero unirsi lodevolmente anche fedeli più sensibili, ai quali è magari impossibile partecipare alla adorazione promossa nelle parrocchie perché impegnati nel lavoro.

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Sono sicuro che il Signore benedirà abbondantemente questo nostro rinnovato impegno, aiutandoci a crescere nella santità e rendendo le nostre comunità veramente feconde e capaci di generare nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Con l’augurio di una santa Quaresima, invoco su ciascuno la pienezza delle benedizioni divine.

+ Giovanni Paolo Benotto

Vescovo

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LETTERA ALLA CHIESA TIBURTINA PER L’ANNUNCIO DELLA NOMINA AD ARCIVESCOVO DI PISA

Tivoli 2 febbraio 2008

Ai Sacerdoti, Diaconi, Religiosi, Religiose e Fedeli laici della Chiesa tiburtina

Carissimi, in maniera imprevedibile il Signore ha disposto, attraverso la volontà del Santo Padre, che si concludesse il mio servizio alla Chiesa che è in Tivoli, per assumere il servizio alla Chiesa che è in Pisa. Quando nel 2003 sono stato inviato come vescovo a Tivoli, ho cercato di inserirmi nella storia e nella identità di questa nostra Chiesa senza riserve e senza avere altra mira se non quella di essere uno di voi, vostro fratello, chiamato dalla misericordia di Dio ad essere padre e pastore di questo popolo, che ho sentito profondamente, in un continuo crescendo, come la mia famiglia spirituale, luogo della mia santificazione, perché ambito in cui il Signore mi aveva chiamato ad essere segno del suo amore, annunciatore del suo mistero di salvezza e del suo Vangelo, guida per condurre tutti alla pienezza della vita cristiana. E in questo servizio ho cercato di donare tutto me stesso per servire la fede di ognuno e far crescere la gioia che nasce dal vivere tutti insieme in Cristo, con un cuore solo ed un’anima sola – omnes in Cristo unum. E’ proprio vero che le nostre vie non sono sempre le vie di Dio e i nostri pensieri non sono sempre i suoi pensieri: di nuovo il Signore, attraverso la volontà del Papa, mi ha chiesto di essere disponibile all’obbedienza e di percorrere a ritroso la strada da me percorsa nell’ottobre del 2003 per ritornare, come arcivescovo, nella Chiesa che mi aveva generato alla fede e al sacerdozio, per esserne il pastore e la guida. Vorrei essere capace di far comprendere a tutti ciò che sta passando nel mio cuore e la profonda commozione che provo nel pensare che subito dopo la Pasqua lascerò questa famiglia spirituale nella quale mi sono davvero sentito padre di tutti e in cui ho potuto sperimentare in maniera sempre più forte l’affetto, la vicinanza, la disponibilità alla collaborazione di un sempre maggiore numero di persone; e contemporaneamente la grande pace interiore che provo, nella consapevolezza che dicendo di sì al Papa ho detto di sì a Dio, assumendo gli stessi sentimenti di Cristo Gesù che entrando nel mondo ha detto: “Ecco, io vengo, o Padre, a fare la tua volontà!”.

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E’ sempre e soltanto nell’obbedienza amorosa al Signore, qualunque cosa ci chieda, che diventiamo autentici collaboratori della salvezza del mondo. Questa stessa disponibilità, nel nome del Signore, oggi, facendomi forte della mia paternità nei vostri confronti, la chiedo anche a voi tutti. Anche quando non si riesce comprendere pienamente le vie di Dio, dobbiamo essere certi che la meta unica alla quale il Signore ci chiama è la pace, la gioia e la pienezza della salvezza. Non sto a dirvi che non manco di pregare per tutti voi, quasi facendo passare uno per uno davanti al Signore i volti dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, dei seminaristi e dei catechisti e di quanti servono la Chiesa nelle nostre comunità parrocchiali; di quanti ho imparato a conoscere e ad apprezzare soprattutto durante la Visita pastorale; di tutto il popolo di Dio che è nella Chiesa tiburtina. Vi chiedo di pregare per me, e soprattutto per la nostra Chiesa tiburtina, perché il Padre celeste, quanto prima, le doni un nuovo pastore che le manifesti meglio di quanto non abbia saputo fare io, la sua paternità, la raccolga nell’unità e la conduca nell’amore alla pienezza della santità. Con affetto e riconoscenza grande vi benedico

+ Giovanni Paolo Benotto Vescovo

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LETTERE ALLE PARROCCHIE AL TERMINE DELLA VISITA PASTORALE

Parrocchia di San Michele Arcangelo in Giardini di Corcolle

20 – 27 gennaio 2008 ----------------------------------------------------------

Tivoli, 30 gennaio 2008

Carissimo Don Salvatore, desidero ringraziarLa e tramite Lei ringraziare l’intera Sua comunità parrocchiale, per la fraternità, la disponibilità e l’autentico spirito di amicizia con cui sono stato accolto nella Visita pastorale alla Parrocchia di Corcolle. Un clima di affetto che è andato sempre più crescendo durante la settimana della Visita e che davvero mi ha fatto sentire in famiglia. E proprio il clima della famiglia è quello che più di ogni altra cosa ho potuto percepire a Corcolle al di là delle difficoltà oggettive che può vivere una comunità situata all’estremo limite del Comune di Roma con tutte le problematiche tipiche delle periferie delle grandi città, comprese le varie forme di vandalismo e le difficoltà di aggregazione per la carenza di luoghi di socializzazione che a Corcolle si identificano di fatto soltanto con le Scuole, il Centro Anziani e la Parrocchia. E’ ovvio che proprio dove maggiore è la difficoltà a creare relazioni e rapporti di vita comunitaria, tanto più grande diventa il bisogno di incontro e di amicizia; un bisogno a cui la parrocchia, da tempo sta cercando di rispondere soprattutto attraverso un lavoro specifico rivolto alla famiglia attraverso l’esperienza del Gruppo Famiglia. Una esperienza che desidero incoraggiare e che è importante promuovere perché, se da una parte la famiglia è oggi l’anello debole della nostra società, dall’altra parte essa è la base insostituibile della autentica crescita e della formazione di personalità mature e quindi la garanzia per una società sana e capace di consentire ad ogni persona la sua piena realizzazione. E lo stile di famiglia fatto di relazioni forti, di ascolto reciproco, di vero dialogo, di sostegno per chi è più debole e di accoglienza cordiale, è lo stile che può e deve diventare sempre di più lo stile di vita di una parrocchia che voglia essere davvero “famiglia di famiglie”, cioè che voglia avere

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quella ricchezza umana indispensabile perché i doni di grazia che vengono dal Signore abbiano un terreno solido in cui possano attecchire per portare una fruttificazione abbondante. E in questo clima di famiglia crescono e diventano sempre più vitali ed espressive le varie collaborazioni di cui c’è bisogno e che nella vostra parrocchia, per grazia di Dio, sono davvero molteplici. Tutti possono offrire qualcosa; ognuno può dare qualcosa di sé per la crescita dell’intero organismo ecclesiale e il dono che ciascuno condivide con gli altri diventa ricchezza di tutti e incentivo perché altri ancora si mettano a disposizione del bene comune. A Corcolle questa ricchezza di collaborazioni è ben sviluppata e apre davvero l’animo alla speranza e si estende da quelli che sono i “ministeri” più strettamente legati alla missione specifica della Chiesa come l’evangelizzazione, la catechesi, la liturgia e la carità fino ad una serie assai nutrita di servizi tutti tesi alla animazione della vita comunitaria. Un primo servizio fondamentale nella vita di ogni parrocchia è quello della catechesi. A Corcolle ho potuto riscontrare un buon gruppo di catechisti che però ha bisogno di essere incrementato numericamente per poter rispondere in modo adeguato alle esigenze della catechesi della iniziazione cristiana che già è strutturata secondo le norme diocesane e che riguarda un gran numero di fanciulli e di ragazzi.

E’ vero che spesso, quando si chiede a qualche persona di rendersi disponibile per il servizio di catechista, ci si sente rispondere che non si è preparati, che si tratta di un compito assai difficile e che comunque non c’è tempo sufficiente per fare tutto quello che si vorrebbe; ma è anche vero che oggi non manca, a livello diocesano, la possibilità di prepararsi adeguatamente soprattutto attraverso la Scuola di Teologia per Laici e i percorsi di preparazione per operatori pastorali ad essa collegati. Si tratta allora di investire sempre di più in preparazione, anche attraverso un sempre maggiore inserimento degli stessi catechisti e degli animatori parrocchiali nella vita diocesana, proprio perché, data la “marginalità” del quartiere rispetto a Roma, è fondamentale che la vita pastorale della parrocchia non rischi di essere “marginale” anche rispetto alla vita e al cammino della comunità diocesana.

In questo senso, mi sono reso conto che la Visita pastorale è stata una occasione assai preziosa per far crescere la consapevolezza della appartenenza della parrocchia alla diocesi anche proprio attraverso la conoscenza diretta del vescovo che per la prima volta, nella storia della parrocchia, ha potuto incontrare un numero così grande di fedeli.

Un secondo servizio fondamentale nella vita di una parrocchia è quello che riguarda la liturgia. Essa è il centro, “la fonte e il culmine” della

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vita cristiana, soprattutto attraverso la celebrazione dell’Eucaristia grazie alla quale si costruisce la Chiesa. E nella celebrazione eucaristica si esplicitano pure una serie di ministeri che permettono una sempre più ampia partecipazione dei fedeli al mistero che si celebra. Ministeri che non consistono solo nel “fare” alcune cose, ma che attraverso il servizio aiutano il fedele a mettere sempre più in gioco se stesso, la propria capacità di offerta di sé al Signore, la crescita della propria consapevolezza per un autentico culto celebrato “in spirito e verità”.

Ecco così il valore del servizio all’altare da parte dei ministranti che incoraggio a crescere nella propria preparazione e soprattutto nella comprensione del dono grande che il Signore fa loro di poter essergli vicini intorno all’altare e quindi ancor più capaci di cogliere la sua voce e il suo invito a seguirlo con entusiasmo, ciascuno secondo la propria vocazione.

Ecco il valore della proclamazione della Parola di Dio e del servizio che ne deriva come invito a far della Parola che salva il riferimento forte del proprio cammino e delle proprie scelte quotidiane; il valore del servizio umile e nascosto di chi cura il decoro della casa di Dio e rende pulita, bella e accogliente l’aula della celebrazione rendendo così più facile la preghiera della comunità.

Ecco ancora il valore del coro che cantando e aiutando l’assemblea a cantare, rende ancora più bella e sentita la celebrazione liturgica donando a tutti quella gioia di cui ciascuno ha bisogno nel cammino di ogni giorno.

Questa attenzione alla liturgia deve essere tenuta presente in modo particolare dai catechisti i quali sono chiamati a legare in maniera indissolubile l’annuncio di Gesù con l’esperienza di Lui che si realizza in modo speciale nell’ascolto della Parola che diventa preghiera e nell’accoglienza del suo dono nei sacramenti e in modo particolare nell’Eucaristia. In effetti Parola, Eucaristia e Carità sono tra loro così strettamente intrecciate che l’una non può stare senza l’altra, così come una seria vita di fede non può ugualmente non curare ognuno di questi aspetti dell’unico mistero di Cristo.

E la carità è il terzo elemento fondamentale di una pastorale che sia davvero integrale e completa. Non può mancare dunque un sempre rinnovato impegno al servizio della carità e soprattutto una attenzione forte perché la pedagogia della carità sia sempre l’anima di ogni attività parrocchiale. Infatti, se è importante che ogni comunità cristiana offra ai più poveri e ai più deboli il segno tangibile del proprio amore a Dio attraverso l’aiuto e il sostegno materiale ai fratelli, ancora più importante è che cresca nell’intera comunità la consapevolezza che l’impegno di carità è caratteristica indispensabile perché il cristiano possa essere vero discepolo del Vangelo.

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Lo sviluppo della consapevolezza che il dovere della carità riguarda ogni singolo cristiano e che nessuno può delegare ad altri questo compito che gli compete personalmente, è ciò che occorre ricercare con grande generosità e si realizza quanto più insieme al servizio materiale al povero si unisce l’aiuto spirituale e l’attenzione fraterna soprattutto a coloro che soffrono, agli anziani e ai malati. A questo proposito desidero incoraggiare la generosità di ciascuno perché possa svilupparsi anche a Corcolle la collaborazione dei laici attraverso il ministero straordinario della Comunione a ciò che tu stesso, caro don Salvatore, stai facendo con grande disponibilità per la cura pastorale degli infermi,.

Più sopra ho accennato alla pluriforme presenza di tutta una serie di servizi all’interno della vita parrocchiale. Fra gli altri vorrei ricordare il servizio di chi si occupa annualmente della costruzione del Presepio e di quanti si stanno impegnando nel Comitato per i festeggiamenti.

Oltre al valore dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti, credo sia importante sottolineare l’importanza delle relazioni che vengono ad arricchire la vita dell’intera comunità grazie ad una sempre maggiore amicizia tra persone e famiglie; alla valorizzazione dei vari talenti che ciascuno possiede; alla possibilità di estendere a tante persone che rischierebbero di rimanere ai margini della vita ecclesiale, la proposta di una condivisione di attenzioni e di amicizia di cui tutti sentiamo un grande bisogno. In fondo si tratta di quella base umana fatta di tanti piccoli gesti di accoglienza che permettono di creare quella rete davvero capace di veicolare anche l’annuncio di Gesù e del suo vangelo. Infatti non si può pensare di poter estendere la conoscenza e l’amore per Gesù e la sua Chiesa, se tutti noi, che siamo oggi il “volto” visibile del Signore non lo rendiamo amabile essendo noi stessi ricchi di amore e di gioiosa accoglienza nei confronti dei nostri fratelli.

Tutto questo, di fatto, non fa altro che contribuire alla crescita e alla alimentazione della vita comunitaria proprio per costruire una parrocchia che sia effettivamente famiglia di famiglie, cioè ricca di quell’afflato umano e cristiano che come calamita attira, affascina e diventa polo di attrazione per quanti desiderano vivere la gioia della condivisone, della fraternità e di una più intensa comunione ecclesiale.

Questo esige che si cerchi sempre di non fermarsi mai al piccolo gruppo degli amici che già si conoscono, si stimano e stanno bene insieme, bensì si tenda sempre ad “allargare il giro” perché l’esperienza comunitaria possa giungere a quelle famiglie, più numerose di quanto si pensi, che sentono il bisogno di confrontarsi con altre famiglie che vivono le stesse problematiche specie per quanto riguarda quella che oggi è una vera e propria “emergenza educativa” e che può trovare risposta in quel “vangelo

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della famiglia” che non è soltanto ciò che la parola di Dio dice circa la famiglia, ma ciò che la famiglia stessa sa proclamare con la propria vita quando sa dare spazio in sé alla presenza del Signore, diventando essa stessa piccola Chiesa.

Proprio lo spazio e l’attenzione data alla famiglia nella quale vivono tutte le età e sono presenti le più varie condizioni di vita può diventare lo spazio in cui sviluppare un rinnovato impegno pastorale per i giovani.

Durante la Visita mi è stata espressa più di una volta e da persone diverse la preoccupazione per i giovani; non è mancato neppure chi ha chiesto che un giovane prete possa affiancarti nel ministero così da poter offrire “da giovane a giovani” proposte specifiche di pastorale giovanile. Una richiesta alla quale, come sai bene, almeno per ora non è possibile rispondere inviando a Corcolle un altro sacerdote ad aiutarti, ma che può trovare una qualche risposta a due condizioni: e cioè che si approfitti sempre più delle possibilità offerte dalla Pastorale giovanile diocesana e che soprattutto si sviluppino “vocazioni” laicali per l’animazione dei giovani della parrocchia. Due condizioni che sono a portata di mano più che non si pensi, proprio quanto più si sviluppa il rapporto tra la vostra parrocchia e le altre parrocchie della Vicaria e soprattutto accogliendo quanto più possibile le proposte pastorali fatte dalla Diocesi.

Infatti proprio lo sviluppo delle relazioni interparrocchiali e diocesane è sempre un ottimo viatico perché sull’esempio dei tanti giovani e dei tanti adulti che si stanno impegnando a livello diocesano, giovani e adulti di Corcolle allaccino relazioni ecclesiali che li portino a far tesoro delle esperienze più significative che si stanno sempre più sviluppando, prendendo motivo per non scoraggiarsi di fronte alle non piccole difficoltà che è necessario affrontare e soprattutto superando quel senso di inadeguatezza che nasce quando soprattutto ci ritroviamo in pochi e sempre gli stessi.

Se è vero che sul piano umano l’unione fa la forza, è soprattutto vero, sul piano soprannaturale, che la comunione che è dono di Dio e frutto della sua presenza d’amore, diventa forza capace di miracoli nel vivere e nell’agire della Chiesa.

Non sarà difficile allora riuscire a dare forma a quell’esperienza di Oratorio alla quale tu tanto tieni e che da parte mia incoraggio con tutto il cuore, come strumento importantissimo per la creazione di un gruppo giovanile di cui tanto si avverte la necessità a Corcolle.

Adulti e giovani debbono necessariamente lavorare insieme, perché gli uni hanno bisogno degli altri e perché non può esserci vera esperienza comunitaria se non cresce lo scambio e la condivisione di vita tra le diverse generazioni.

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Ma, ancora una volta riferimento obbligato è la famiglia per la cui cura vale la pena investire tutte le forze di cui si è capaci.

Nell’incontro che, durante la Visita, si è tenuto con le famiglie ho potuto toccare con mano la ricchezza delle potenzialità che ci sono a Corcolle: desidero incoraggiare tutti a lavorare con fiducia e a far crescere la partecipazione di tutti alla vita della comunità anche attraverso il fattivo impegno del Consiglio pastorale parrocchiale, inteso come luogo di incontro, di riflessione, di studio e di scelta delle strategie pastorali necessarie per il cammino della comunità cristiana, nonché di verifica del cammino fatto, sempre all’interno del quadro di riferimento che viene offerto dalla Diocesi mediante il Piano Pastorale diocesano.

Mi auguro che la Visita sia stata un momento importante di crescita per l’intera parrocchia; di stimolo per l’individuazione di percorsi pastorali sempre più coordinati alla vita dell’intera Diocesi e sempre più capaci di dare risposta alle tante richieste, spesso inespresse, che pure salgono dalla gente verso la Chiesa. L’augurio diventa poi preghiera perché il Signore vi accompagni sempre nel vostro cammino con la ricchezza della sua grazia, perché la bellezza di Cristo risplenda sempre più sul volto della sua Chiesa e in particolare sul volto cordiale della Chiesa che vive a Corcolle alla quale invio la mia paterna e riconoscente benedizione.

+ Giovanni Paolo Benotto Vescovo

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Parrocchia di Santa Maria Assunta in Cielo in Paterno 27 gennaio – 3 febbraio 2008

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Tivoli, 10 febbraio 2008

Carissimo Don Giovanni, desidero esprimerti il mio fraterno e cordiale ringraziamento per l’accoglienza davvero calorosa ricevuta in occasione della Visita pastorale nella tua parrocchia di Paterno; un grazie che desidera estendersi anche ai tuoi collaboratori e a tutti i parrocchiani. La parrocchia di Paterno è una comunità giovane; giovane per la forte percentuale di famiglie giovani che la abitano e perché è da non molti anni che esiste come parrocchia autonoma rispetto alla sua matrice che è Villa Adriana; una comunità che però ha di fatto una sua identità e una sua connotazione e che insistendo su un territorio abbastanza omogeneo ha la possibilità di essere sempre di più polo insostituibile di riferimento e di aggregazione sociale oltre che luogo per la crescita nella fede e nell’esperienza ecclesiale. E in effetti, nella Visita, ho potuto cogliere questo bisogno di relazioni e di forti rapporti umani nella stessa disponibilità delle persone ad incontrare il vescovo; nella attenzione e nell’ascolto che tutti hanno prestato alle mie parole; nella gioia espressa da tanti per un incontro che è stato percepito come segno forte della attenzione della Chiesa alla vita della gente nella ordinarietà del cammino quotidiano. Se la Chiesa è essenzialmente chiamata ad annunciare il Vangelo di Gesù, a celebrare i Sacramenti e a guidare gli uomini sulla via della santità verso la pienezza dell’amore, è anche vero che questa attività soprannaturale ha sempre bisogno di strumenti umani adeguati per essere veicolata nel vissuto di tutti i giorni. In altre parole, insieme all’attività soprannaturale, c’è bisogno che la comunità cristiana sappia stringere con gli uomini e le donne del nostro tempo forti rapporti umani, favorendo tutto ciò che fa incontrare le persone, le mette in relazione tra di loro, offre occasioni di dialogo e di accoglienza, facendo loro sentire tutta la pienezza dell’amore che la Chiesa stessa vive e offre come dono che sgorga dal cuore stesso di Dio. Infatti se è vero che proprio attraverso l’umanità del Cristo abbiamo accesso al mistero di Dio è anche vero che proprio attraverso la nostra capacità di relazione fraterna, di accoglienza interpersonale e di dono di noi

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stessi al prossimo, la gente che spesso è distratta o è lontana da Dio, può intravedere in noi qualche sprazzo della luce stessa del Signore. Ecco dunque il valore delle relazioni umane, dell’accoglienza fraterna, della disponibilità all’ascolto che debbono caratterizzare il cammino di una comunità cristiana. E non per fermarsi ai valori umani che sono fondamentali e irrinunciabili, ma per poter costruire su questa piattaforma comune una forte risposta di fede alla proposta che il Signore lancia al mondo attraverso la sua Chiesa. Una Chiesa che è chiamata a diventare sempre più capace di evangelizzazione e di annuncio per quanti non sono cristiani, ma vivono in mezzo a noi, e per i tanti che pur battezzati e anagraficamente cristiani ormai si trovano ai margini del cammino di fede delle nostre parrocchie. Come ho potuto verificare durante la Visita sono non poche le forze vive presenti nel territorio parrocchiale; penso in particolare al Comitato che si occupa della festa rionale; penso alle varie realtà artigiane e industriali presenti. Tutti si attendono molto dalla Chiesa e la Chiesa può essere davvero riferimento perché anche tante esperienze nate in maniera autonoma da essa possano però fare riferimento a quei valori di una umanità davvero piena di cui la Chiesa è portatrice e che sono sempre premessa indispensabile per la radicazione e la fruttificazione degli stessi valori soprannaturali. Si tratta di sfide che non possiamo ignorare e a cui dobbiamo urgentemente dare risposta. Nella vita di una parrocchia uno strumento prezioso per offrire questa risposta è sicuramente il Consiglio pastorale parrocchiale. Si tratta del luogo in cui, partendo dalla conoscenza puntuale e dalla analisi del territorio e della realtà sociale della parrocchia, insieme, laici e parroco, riflettendo sulla Parola di Dio e sull’insegnamento della Chiesa, che sono riferimenti normativi per il vivere ecclesiale, si giunge ad elaborare quel “progetto” di evangelizzazione che traduce nella concretezza della parrocchia l’indirizzo offerto dal Vescovo all’intera Chiesa diocesana con il Piano pastorale diocesano.

Si tratta di un lavoro non facile, anche perché spesso, pur con tutta la buona volontà, si è più portati a fermarsi ai particolari e alle urgenze che ci assillano piuttosto che guardare alla globalità, all’insieme di un quadro di riferimento che è assai più largo e articolato di quelli che sono i bisogni immediati della vita di una comunità locale. In altre parole, bisogna cercare di educarsi a pensare in grande e soprattutto a pensare sempre più nell’ottica della Chiesa particolare di cui la parrocchia è una cellula fondamentale, ma che non ha in se stessa la possibilità di sopravvivenza se staccata dall’intero

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organismo ecclesiale che ha nel vescovo il suo punto di riferimento necessario e il segno di unità.

Sono convinto che i membri del Consiglio pastorale di Paterno stanno camminando con te in questa direzione: vi incoraggio tutti a proseguire su questa strada, crescendo nella capacità di intercettare i bisogni profondi della nostra gente per dare loro risposta nell’ottica della fede e per mantenere la comunità parrocchiale davvero aperta alla vita della Diocesi da cui deriva sempre quel supplemento di ossigeno spirituale necessario per non rischiare di chiudersi nel proprio guscio e di perdere quella fecondità che è assicurata solo da una autentica comunione ecclesiale sia con le parrocchie limitrofe, sia con la Vicaria di appartenenza, sia con la Diocesi intera.

La vita cristiana, come ben sappiamo, si fonda su tre “basi” insostituibili: la Parola di Dio, i Sacramenti e la Carità che costituiscono infatti il contenuto della vita ecclesiale e in particolare della vita di una parrocchia. Durante la Visita, l’attenzione si è concentrata infatti sui questi tre aspetti sui quali credo importante soffermarci anche ora nella nostra riflessione.

La Parola di Dio è “luce per il nostro cammino” e la Chiesa è chiamata ad annunciarla sempre a “tempo opportuno e non opportuno” con forza e soavità, con perseveranza ed entusiasmo, facendo sì che essa possa essere da tutti accolta nel cuore e nella vita.

Momento fondamentale perché la Parola di Dio diventi il riferimento costante del cammino cristiano è la familiarità che si acquista con essa soprattutto a partire dalla catechesi della iniziazione cristiana. Ho potuto verificare per una ennesima volta l’attenzione che i ragazzi hanno prestato sia nell’incontro in parrocchia sia nell’incontro avvenuto nella scuola primaria e dell’infanzia in via Paterno, quando ho raccontato qualche avvenimento riportatoci dalla Scrittura. In effetti la Parola di Dio contiene in se stessa una forza tale da penetrare nell’intimo della persona così da riecheggiare interiormente e da suscitare quella risposta di fede che il Signore si attende.

A servizio della crescita della fede dei piccoli e dei ragazzi prestano la loro opera preziosa i catechisti e le catechiste che desidero ringraziare e incoraggiare nel loro non facile compito che a volte, più che essere aiuto a crescere nella conoscenza del mistero di Gesù già conosciuto, è vera e propria prima evangelizzazione. Ciò comporta delle difficoltà che certamente nel passato non c’erano e richiede una preparazione specifica che non sempre la parrocchia è in grado di offrire.

Ecco perché la Diocesi ha organizzato la Scuola di Teologia per Laici con tutti i corsi di specializzazione ad essa collegati per i vari servizi

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pastorali di cui ha bisogno la comunità cristian; si tratta di una risorsa a cui è bene attingere a piene mani se vogliamo essere davvero capaci di dare risposta alle sfide sempre più impegnative che vengono poste alla Chiesa.

Incoraggio perciò i catechisti ad usufruire di questo servizio offerto dalla Diocesi e a stimolare tante altre persone a partecipare a queste iniziative di formazione; solo in questo modo potremo aggiungere forze nuove adeguate ai bisogni sempre crescenti di servizio nella comunità parrocchiale.

Se la Parola di Dio deve essere il riferimento costante e indispensabile della catechesi per l’iniziazione cristiana, essa deve essere il contenuto necessario non solo della predicazione, il che è ovvio, ma anche e soprattutto della catechesi ai giovanissimi, ai giovani e agli adulti. Ritengo infatti che solo quando saremo riusciti ad impostare una seria catechesi agli adulti, potremo far compiere un forte salto di qualità alla stessa catechesi per i fanciulli e per i ragazzi. Per questo è importante che sappiamo arricchire di contenuti catechetici e di ascolto della Parola di Dio anche tanti momenti di preghiera non liturgica che ritmano la vita della comunità. Penso ad esempio agli incontri di preghiera della Associazione delle Dame di S. Rita.

A questo proposito esorto le Dame e tutte le persone che regolarmente si ritrovano per pregare insieme a perseverare in questo loro impegno: il primo apostolato infatti è senza dubbio quello della preghiera. Senza preghiera infatti la stessa azione pastorale perde di efficacia e di fecondità e anche ciò che viene organizzato in modo umanamente perfetto, rischia di diventare involucro vuoto perché privo della potenza che viene dall’alto.

Come ho ricordato durante la Visita, non basta però impegnarsi a pregare, bensì occorre anche insegnare a pregare. Si tratta del grande dramma del nostro tempo: in mezzo ai tanti insegnamenti che si cerca di dare, sempre più raramente ci si impegna ad insegnare a pregare, a cominciare dalla famiglia, dove ben difficilmente i bambini imparano a pregare grazie all’esempio di genitori che pregano insieme. Ed ancora: oltre a pregare e ad insegnare a pregare, affido al Gruppo di preghiera della parrocchia il compito di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata e in particolare per le vocazioni al servizio della Chiesa tiburtina. Si tratta di una consegna che accoratamente lascio come impegno ineludibile.

Ma la Parola di Dio non può e non deve risuonare soltanto all’interno della comunità credente; è la stessa comunità credente che deve farsene portavoce ed annunciatrice presso i tanti che non credono o che vivono senza porsi seriamente il problema della fede. Ciò significa che la parrocchia deve diventare sempre più capace di non chiudersi su se stessa,

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ma di aprirsi alla missione e all’annuncio esplicito di Gesù e del suo Vangelo. Una iniziativa che raccomando e che indico come modalità concreta per mettere in atto questo impegno è la programmazione e la celebrazione di una Missione al Popolo.

Nel Codice di Diritto Canonico si raccomanda ai parroci di organizzare con cadenza quinquennale le Missioni al Popolo come occasione straordinaria di annuncio e di evangelizzazione nonché di rivitalizzazione dell’impegno missionario della comunità cristiana. Per questo sarà compito del Consiglio pastorale parrocchiale insieme al Parroco, studiare la possibilità di questa iniziativa e programmare modalità e tempi di attuazione: l’esperienza ci dice che le Missioni sono sempre momenti meravigliosi di grazia dai quali la comunità parrocchiale viene rinvigorita nella sua fede, resa più attenta ai doni di Dio e più capace di condividerli con tutti.

Il secondo grande tesoro che il Signore ha affidato alla sua Chiesa è la celebrazione del culto divino e soprattutto dell’Eucaristia. La Chiesa esiste grazie all’Eucaristia e per l’Eucaristia. Lo stesso annuncio della Parola ha come meta finale, nella risposta della fede, la celebrazione del memoriale della Pasqua, perché proprio questo è fonte e culmine della vita della Chiesa.

Ciò significa che la celebrazione della Messa, specie nel giorno del Signore che è la domenica, è il cuore stesso della vita della comunità cristiana. A questo proposito desidero fare i miei complimenti a quanti si impegnano ad animare la liturgia domenicale attraverso il canto, la cura dei ministranti e lo svolgimento dei riti liturgici in maniera rispondente alle norme liturgiche e tale da far sì che il cuore dei partecipanti sia in sintonia con il mistero che si celebra e quindi capace di percepire il mistero e di lasciarsi invadere da esso. E’ sempre bene ricordare che la celebrazione liturgica è davvero il biglietto da visita di una intera comunità; chi partecipa alla liturgia domenicale ne rimane conquistato se questa è davvero capace di parlare al cuore e alla mente; Dio si rende in qualche modo visibile e ne viene sperimentata con grande gioia la potenza salvifica.

Se la liturgia è esplicitazione della forza salvifica del Signore, questa efficacia sarà tanto più grande quanto più saremo capaci di far “entrare” i fedeli in questo mondo soprannaturale attraverso la pedagogia dei segni, grazie ad una rinnovata catechesi liturgica e mistagogica.

Qualche volta infatti appare evidente che ciò che sembra ormai “scontato”, in realtà è del tutto sconosciuto e incomprensibile ai più. Gesti, parole e segni rimangono muti, cioè incapaci di veicolare il mistero di Dio che vi è contenuto proprio perché la gente del nostro tempo e soprattutto i più giovani non possiedono la chiave – perchè nessuno gliel’ha mai data –

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per penetrarne e comprenderne il segreto salvifico. Ancora una volta si tratta di privilegiare quei cammini di formazione che immettono nella pienezza del mistero di Cristo. E ciò vale anche e soprattutto per quei tanti adulti che chiedono la celebrazione dei sacramenti per i loro figli, ma che bussano alla porta della chiesa guidati più dalla fedeltà ad una tradizione che ci è stata consegnata, ma di cui si stanno smarrendo in contenuti, che non da una vera e propria convinzione di fede. Si tratta comunque di occasioni preziose dove la grazia di Dio, veicolata dalla Chiesa, è sempre capace di compiere meraviglie.

Proprio per il valore di tutto ciò, desidero rivolgere un cordiale ringraziamento a quanti si impegnano nella cura della liturgia, al Coro parrocchiale, ai ministranti e a quanti curano la preparazione della celebrazione dei vari sacramenti: si tratta sempre di un servizio che mentre aiuta gli altri ad entrare in rapporto con il Signore permette prima di tutto a chi lo esercita di crescere nell’esperienza di Lui e di aderire sempre più intimamente al suo amore salvifico.

La parrocchia di Paterno ospita nei propri locali il Centro di Aiuto alla Vita, una istituzione che sta svolgendo un meraviglioso servizio alla Vita e alla promozione di tutto ciò che può aiutare la nostra cultura ad essere, come sempre dovrebbe essere, promotrice di vita e non di morte. Si tratta in altre parole di una espressione grande di carità, di quella Carità che è l’Amore stesso di Dio che vuole comunicarsi ad ogni uomo.

Mentre desidero incoraggiare il CAV nel suo impegno e sostenerne la crescita attraverso un “allargamento del suo giro”, cioè con il coinvolgimento di altre persone che prestino la loro opera in favore della vita, ritengo importante sottolineare la potenzialità che esso possiede anche nei confronti della parrocchia, attraverso un più stretto rapporto reciproco che non può non essere di reciproco vantaggio.

A questo segno di carità che è il CAV non possono non aggiungersi tutti gli altri segni d’amore che ogni comunità cristiana è chiamata a coltivare nel suo seno: la cura spirituale ai malati e agli anziani; l’attenzione ai poveri; la disponibilità ad offrire aiuto a quanti si trovano in difficoltà. In tutti questi, infatti, siamo sempre chiamati a riconoscere il volto di Gesù il quale ci dice che è sempre fatto a Lui ciò che facciamo al nostro prossimo.

Incoraggio perciò ad intensificare ciò che già si fa per la cura spirituale degli ammalati anche attraverso il Ministero straordinario della Comunione, così pure l’attenzione a far crescere in tutta la comunità cristiana la consapevolezza che il servizio di carità è compito obbligatorio per ogni vero discepolo del Vangelo. Questo servizio di carità tanto più potrà crescere quanto più crescerà la collaborazione nel servizio alla carità con le parrocchie vicine e con la Caritas diocesana.

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Una parola di compiacimento e di cordiale incoraggiamento desidero rivolgerla all’Azione Cattolica e al suo servizio di formazione e di animazione per i ragazzi, i giovanissimi, i giovani, gli adulti e in particolare per le famiglie che insieme ai giovani sono uno degli anelli deboli della nostra società e che più di sempre hanno bisogno di una cura assidua e amorosa.

Come ben sappiamo l’Azione Cattolica è l’unica associazione di laici che ha come propria prospettiva pastorale la prospettiva pastorale della Diocesi e della Parrocchia. Il che non vuol dire che si tratta di una associazione di laici che rinunciano ad avere una propria linea di azione e proprie proposte di presenza nella Chiesa; si tratta bensì di laici che sono consapevoli del valore del servizio a Cristo vivente nella sua Chiesa e che nell’obbedienza ai Pastori voluti da Gesù si impegnano ad animare cristianemente il mondo proprio con le caratteristiche specifiche del laico cristiano. Il mio augurio è che l’Associazione parrocchiale cresca di numero e nella propria vitalità, puntando a seri cammini di formazione di tutti i propri membri così da costituire per tutta la parrocchia quella forza viva capace di annunciare a tutti con passione ed entusiasmo la bellezza e la freschezza del Vangelo.

Carissimo Don Giovanni, con queste riflessioni, che spero saranno oggetto di meditazione e di scelte pastorali conseguenti, ringrazio di nuovo per l’accoglienza ricevuta, con l’augurio che questa Visita, che la Provvidenza ha voluto che fosse l’ultima Visita del mio servizio episcopale a Tivoli, porti rinnovato vigore pastorale alla Parrocchia di Paterno e sia occasione per un gioioso ulteriore cammino di crescita per tutti sulla via della santità.

Con viva riconoscenza, su tutti invoco la benedizione di Dio e la materna protezione della Vergine Santa.

+ Giovanni Paolo Benotto Amministratore Apostolico

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ATTI DELLA CURIA

NOMINE - Con decreto in data 6/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. Don Luigi Assoggiu Responsabile dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute “ad quinquennium” eretto formalmente con il medesimo atto.

- Con decreto in data 6/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. Don Gianluca Zelli Responsabile dell’Ufficio Catechistico Diocesano “ad quinquennium”. - Con decreto in data 6/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. Don Marco Formica Responsabile dell’Ufficio Scuola Diocesano “ad quinquennium”. - Con decreto in data 15/01/2008 Mons. Vescovo ha rinnovato l’incarico di Direttore della Caritas Diocesana per il triennio 2008-2011 al Sig. Virgilio Fantini. - Con decreto in data 30/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. Don Aldo (Lello) Millefiori Assistente Ecclesiastico Associazione Italiana Maestri Cattolici Sezione di Tivoli. - Con decreto in data 31/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. Don Luigi Casolini Rettore della Rettoria Vescovile di S. Silvestro in Tivoli.

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NOMINE PRESIDENTI PARROCCHIALI DI AZIONE CATTOLICA PER IL TRIENNIO 2008-2011

Sig. Mirko Campoli Parr. Madonna della Pace in Agosta Sig. Giovanni Ledoti Parr. S. Giovanni Batt. in Cineto Romano Sig.ra Fiorella Lucani Parr.S. Maria di Loreto in Guidonia Sig. Rodolfo Tozzi Parr. Cristo Re in Marcellina Sig. Mauro Cireddu Parr. S. Maria Ass. in Cielo in Paterno Sig. Gilberto Ferzioli Parr. S. Andrea Ap. in Subiaco Sig.ra Giuseppina Puzzilli Parr. Madonna della Fiducia in Tivoli Sig.ra Maria Luigia Marchionne Parr.S. Bernardino da Siena in Tivoli Sig. Pasquale Carmine Alfani Parr. S. Maria degli Arci in Tivoli Sig.ra Maria Pia Coccia Parr. S. Vincenzo in S. Andrea in Tivoli Sig. Piergiorgio Trevisan Parr. Santa Croce in Tivoli Sig.ra Giovanna Ronci Parr. Ss Giorgio e Martino in Tivoli Sig.ra Patrizia Baste Parr. S. Silvestro Papa in Villa Adriana Sig.ra Anna Cubeddu Parr. S. Giuseppe Artigiano in Villanova

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RINNOVO INCARICO VICARI FORANEI

Visto il risultato della Consultazione effettuata tra il Clero di ciascuna Vicaria che ha sostanzialmente confermato la propria fiducia in chi ha esercitato l'ufficio di Vicario Foraneo nel triennio appena trascorso, a norma dei cann. 553 - 554 - 555 del C.I.C. che indicano e specificano l'autorità, i doveri e le attribuzioni del Vicario Foraneo che sarà vostra premura assumere in piena e totale disponibilità, con la mia ordinaria autorità rinnovo l'incarico di

VICARIO FORANEO per il triennio 2008-2010

ai M.R.di

Sac. Don Giuseppe Salvatori I° Vicaria Sac. Don Domenico Cauteruccio II° Vicaria Sac. Mons. Salvatore Cassata III° Vicaria Sac. P. Carlo Ruti IV° Vicaria Sac. Don Mariano Licorni V° Vicaria

Mentre Vi affido alla preghiera fraterna dei sacerdoti e dei fedeli della Chiesa tiburtina, attraverso il cuore della Vergine Maria, Vi raccomando a Cristo buon Pastore perché sia Lui il modello a cui conformarvi per servire con pienezza d'amore la nostra Chiesa in questa impegnativa missione. Dato in Tivoli, dalla Curia Vescovile, il 25 gennaio 2008. Festa della Conversione di S. Paolo

+ Giovanni Paolo Benotto Vescovo

Mons. Santino Borali Cancelliere Vescovile

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EREZIONE COMUNITA’ RELIGIOSA - In data 25/01/2008 Mons. Vescovo ha concesso il consenso per l’erezione della Comunità Religiosa della Società di Nostra Signora della SS.ma Trinità nella Parrocchia di S. Chelidonia in Vignola (Subiaco) - Con decreto in data 25/01/2008 Mons. Vescovo ha nominato il M.R. P. Dominic Zimmermann Amministratore Parrocchiale della Parrocchia S. Chelidonia V.M. in Vignola. CONFERMA DEL VICARIO GENERALE E DEL VICARIO EPISCOPALE

- in data 2/02/2008 Mons. Amministratore Apostolico ha confermato il Rev.mo Mons. Benedetto Serafini Vicario Generale della Diocesi di Tivoli. - in data 2/02/2008 Mons. Amministratore Apostolico ha confermato il M.R. P. Vincenzo Fantasia Vicario Episcopale per la Vita Consacrata.

NOMINA COMMISSARIO STRAORDINARIO DELL’ ISTITUTO S. GETULIO

- Con decreto in data 19/11/2007 Mons. Vescovo ha nominato il Dottor Daniele Petralli Commissario Straordinario dell’Istituto San Getulio di Tivoli.

NOMINA DELLA EQUIPE DIOCESANA DI PASTORALE GIOVANILE - Con decreto in data 15/02/2008 Mons. Amministratore Apostolico ha stabilito che l’Equipe di Pastorale Giovanile presieduta dal M.R. Don Alberto De Vivo sia composta per il triennio 2008-2011 dai sig.ri. Suor Sabrina Cavezzana, Barbara Alivernini, Alessandra Dominici, Francesca Savelli, Marco Ravicini, Domenico Bontempi, Simone Tancredi, Daniele Tani.

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ESCARDINAZIONE

- In data 05/02/2006 il M.R. M.R. Don Marco Badiglio e’ stato incardinato nella Diocesi di Avezzano, e perciò stesso escardinato dalla Diocesi di Tivoli.

RIDUZIONE ONERI LEGATI

Vista la richiesta presentata da Suor Agnese DODDI, Superiora Generale delle Suore Figlie di Maria Custodia Nostra di Casape, con la quale si chiedeva una riduzione degli oneri di Messe gravanti su alcuni beni donati da vari Benefattori all' Istituto religioso suddetto;

Considerato che tali beni sono oggi pressoché improduttivi in quanto si tratta di oliveti non più coltivati e che l'onere consisteva nella celebrazione di n° 16 S.Messe annuali;

Considerando la delicatezza della materia e l'obbligo morale che incombe sul Vescovo perché le pie volontà vengano scrupolosamente osservate;

Visto il disposto del can. 1308 § 4 del C.J.C. circa la possibilità della riduzione del numero delle Messe di tali oneri e legati, perché l'Istituto ecclesiastico possa conseguire il raggiungimento delle finalità che gli sono state affidate;

Visto il can. 1309 che concede la facoltà di trasferire per causa proporzionata gli oneri delle Messe in giorni, chiese o altari diversi da quelli stabiliti nelle fondazioni stesse;

Avendo tutto considerato, con la mia ordinaria autorità, osservato quanto era da osservarsi, a norma dei canoni sopra citati, con il presente

Decreto

stabilisco che il numero delle Messe da celebrare sia ridotto a N° 2 (due) S.Messe annuali.

Il presente Decreto ha valore per il quinquennio 2008 - 2012. Dato in Tivoli, dalla Curia Vescovile, il 20 gennaio 2008.

+ Giovanni Paolo Benotto Vescovo

Mons. Santino Borali Cancelliere Vescovile

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VERBALE DEL CONSIGLIO PRESBITERALE DEL 18/01/2008 Il giorno 18 gennaio 2008 alle ore 9.30 presso la Sala Faveri della Curia Vescovile si è riunito il Consiglio Presbiterale con il seguente ordine del giorno: 1. Riflessione sulla realtà delle Associazioni e Movimenti ecclesiali e del

laicato cattolico in Diocesi. 2. Varie ed eventuali. Risultano assenti: Don Cauteruccio, Don Ilari, Mons. Ridolfi, Don Massucco. Dopo la preghiera dell’Ora Terza viene letto e approvato il verbale del Consiglio precedente. Il Vescovo spiega ai presenti che il tema delle aggregazioni e del laicato in genere, oggetto della riflessione odierna, era stato sollevato più volte in riunioni precedenti, segno che la tematica richiedeva una approfondita riflessione e forse anche una specifica Nota Pastorale, per delineare aiuti ed eventuali correzioni a favore del laicato nella nostra Diocesi. Il Vescovo prosegue dicendo che nella Lettera scritta alla II Vicaria, al termine della Visita Pastorale alle parrocchie che ne fanno parte, ha avuto l’occasione di sottolineare come solo poche Comunità abbiano posto una seria attenzione al laicato e in particolare alla pastorale giovanile; notando pure che non poche Aggregazioni laicali presenti nelle stesse parrocchie non hanno un riferimento costante con la vita della Diocesi. Il Vescovo, poi, ripropone le tre domande già inviate ai Consiglieri unitamente alla lettera di convocazione: 1. Quali le potenzialità e le ombre riguardanti i Movimenti e le

Associazioni laicali in Diocesi? 2. Quali difficoltà presentano e quali risorse possono offrire i Gruppi, le

Associazioni e i Movimenti alle nostre Parrocchie? 3. Cosa fare per rendere sempre più feconda l’azione apostolica dei laici? Viene chiesto a Don Andrea Massalongo, Delegato Vescovile per la Consulta delle Aggregazioni Laicali, di presentare i gruppi presenti in Diocesi. Don Massalongo consegna uno schema (allegato n.1) nel quale sono indicate tutte le aggregazioni presenti nella nostra Chiesa, il carisma di

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ciascuna, il numero di aderenti divisi per età, dove sono presenti e operanti,... Nella presentazione si evidenzia come vi siano aggregazioni a servizio delle parrocchie che vivono inserite in esse, mentre altre hanno uno specifico carattere diocesano, le quali uniscono per lo più categorie di persone: medici, imprenditori e dirigenti, insegnanti di scuole elementari o medie,… E’ bene che queste aggregazioni siano conosciute dai parroci per orientare le persone a quei gruppi che possono offrire una formazione cristiana specifica, tenendo conto del ruolo professionale svolto. Occorre poi notare come spesso gli aderenti alle aggregazioni siano di età mediamente elevata; spesso gli stessi appartengono a due o più associazioni contemporaneamente. I numeri dello schema evidenziano come, a parte qualche aggregazione, non si tratti di gruppi numerosi. Tutto questo ritiene debba essere tenuto in considerazione, per non nutrire aspettative dal laicato aggregato che non è in grado di soddisfare proprio per l’età e il numero. Da rilevare inoltre che all’interno degli stessi gruppi si denotano chiusure, incapacità di relazioni, contrasti per la divisione delle cariche e degli incarichi; rischiando così che gli stessi incarichi servano più ad accontentare qualcuno che non a condurre la vita dell’associazione. A livello generale, prosegue, si nota una difficoltà di rapporto tra associazioni e parrocchie, tra laicato aggregato e gerarchia; occorrerebbe una riflessione comune, laici e presbiteri, su cosa significhi realmente corresponsabilità ecclesiale, aiutando ambo le parti ad ascoltarsi, stimarsi, in spirito di collaborazione. Occorre aiutarsi reciprocamente ad evitare la separazione tra laici e clero, recuperando gli elementi di ecclesiologia, primo fra tutti il tema del popolo di Dio proposto dal Concilio, che comprende laici e ministri ordinati, religiosi e religiose, tutti insieme pur nella diversità dei carismi di ciascuno. A questo occorre aggiungere la necessità di un recupero del carisma di ciascuna aggregazione: la presenza ordinaria del Presbitero, Parroco o Assistente Diocesano o Consulente Ecclesiastico, potrà aiutare in questo lavoro. Conclude poi presentando alcuni dei documenti di riferimento: Concilio Vaticano II, Decreto Apostolicam actuositatem Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post Sinodale Christifidelel

laici Commissione CEI per il Laicato, Nota Pastorale Le aggregazioni laicali

nella Chiesa, 1993 Commissione CEI per il Laicato, Lettera ai fedeli laici “Fare di Cristo il

cuore del mondo”, 2005

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Nel confronto si invita a recuperare il fatto che gerarchia e laicato sono entrambi a servizio: su questo dovremmo puntare maggiormente; si dovrebbe dare maggiore attenzione al popolo di Dio nella sua unità, più che ai vari settori; considerare il problema dell’incostanza dei giovani e ragazzi: basta vedere come dalla prima Comunione alla Cresima e dalla Cresima all’età giovanile avvenga una diminuzione progressiva di coloro che frequentano e partecipano alla vita ecclesiale; oltre a riflettere sulle carenze delle aggregazioni dovremmo verificare le nostre proposte e riflettere sui cammini spesso poco curati. È necessario un lavoro più intenso, all’interno delle stesse Parrocchie, riguardante il rapporto tra laici e gerarchia spesso deficitario. Facilitare la presenza nelle parrocchie delle aggregazioni laicali le quali, attraverso metodi propri, presentano il messaggio cristiano; tuttavia si fa presente che occorre una maggiore presenza del Presbitero al loro interno, anche se a volte non viene visto nel modo giusto. Viene evidenziato come sia opportuno fare una distinzione tra le aggregazioni che al loro interno hanno un assistente e quelle che non lo richiedono affatto come alcuni gruppi carismatici o non lo accettano come il Cammino Neocatecumenale, a meno che non sia “del” Cammino. Alcune associazioni, come ad esempio l’Azione Cattolica, sono davvero radicate nella comunità parrocchiale, mentre altre raccolgono al loro interno persone da tutte le zone circostanti le quali dopo se ne ritornano non alle loro parrocchie, bensì ad una vita di fede vissuta privatamente o nel gruppo: così il riferimento è il gruppo e non la parrocchia, il catechista e non il parroco. Serve un lavoro che aiuti a comprendere l’appartenenza alla diocesi e quindi alla parrocchia. Altri interventi in merito parlando del rischio di una “chiesa parallela” difficile da gestire; si evidenzia come gli organi ufficiali di alcune aggregazioni siano assenti o scelti senza essere in grado di gestirle, spesso senza alcuna formazione e senza alcun riferimento alle parrocchie. Tuttavia bisogna considerare anche quella massa di laicato non aggregato che si sta formando anche grazie alla Scuola di Teologia e che certamente sarà il futuro delle nostre comunità e che dovremmo maggiormente coltivare. Non dobbiamo dimenticare la presenza di grosse potenzialità anche nel laicato aggregato, che ultimamente sta sentendo l’esigenza di stare insieme e collaborare, anche se con modalità diverse; ora occorre aiutarli a considerarsi realtà ecclesiale, quindi passando dallo stare insieme, ad un coinvolgimento reciproco, parrocchie e aggregazioni, rispettando i tempi e le sensibilità proprie di ciascuno; non bisogna dimenticare che l’incontro con le diversità può divenire ricchezza. Se non li aiutiamo ad integrarsi in una fede davvero ecclesiale, rischiamo di lasciarli soli in una sorta di fede

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fai-da-te: come possiamo, quindi, aiutarli ad inserirsi nella vita della Chiesa particolare o in parrocchia? Come integrarsi vicendevolmente? Inoltre è urgente recuperare con il laicato aggregato il senso di essere cittadini cristiani in una società civile, vivendo in essa da cristiani attivi. Si riporta la difficoltà della IV Vicaria a vivere momenti comuni o interparrocchiali pensati proprio per il laicato, a causa della paura degli stessi parroci intimoriti dalle proposte che vengono fatte al di fuori della propria Comunità. I parroci dovrebbero inserire nel programma parrocchiale le iniziative delle aggregazioni presenti, per favorirne la comunione e la partecipazione di tutta la Comunità; così facendo il programma verrebbe concordato insieme, tenendo conto del cammino e delle proposte di entrambe le parti, parrocchia e associazioni; recuperare nelle aggregazioni i criteri di ecclesialità indicati nella Christifideles laici al n. 30. In merito ai presbiteri chiede maggior capacità di lavorare insieme, maggior comunione e servizio, evitando di assolutizzare la propria esperienza in ambito parrocchiale o associativo. Un aiuto potrebbe venire dall’impegno di ogni aggregazione a riflettere sul proprio carisma in funzione della Chiesa. Ci si chiede se una proposta alta di fede sia possibile in un gruppo specifico, mentre in Parrocchia occorre rivolgersi a tutti e a ciascuno indistintamente; quindi -si chiede- come è possibile evitare un cammino parallelo? Attenzione però a non sottovalutare la ricchezza dei carismi donati alle singole aggregazioni laicali, evitando di fermarsi unicamente ai problemi che esse possono avere al loro interno o che possono aver creato o creare: c’è, a volte, una sorta di paura nell’avere in parrocchia una associazione laicale. La presenza del presbitero non è e non può essere solo garanzia di ecclesialità, ma dedicandoci maggiormente e stando all’interno della vita delle aggregazioni, possiamo aiutarli a non smarrire il carisma proprio di ciascuna. E’ da considerare anche che per molto tempo il laicato aggregato è stato lasciato solo e considerato unicamente per quanto potesse fare o non fare in parrocchia; per cui se ad esempio sono anche catechisti servono, altrimenti vengono lasciati a se stessi, ai loro programmi e, alla fine, risentono di una non formazione e di una non integrazione nella parrocchia. Inoltre è indispensabile puntare maggiormente sulla formazione: ci sono gruppi che nelle loro parrocchie lamentano di non ad avere il parroco a nessun momento di preghiera e a nessuna catechesi. Dovremmo sentire questa parte di laicato come porzione delle nostre comunità, aiutandoli ad inserirsi e integrarsi con la pazienza che sa rispettare anche i loro tempi, senza tuttavia pensare di uniformarli: ognuno ha un suo carisma specifico e chi ha aderito a quel gruppo è perché lì ha trovato ciò che riteneva utile per il suo cammino di fede e lì ha trovato le caratteristiche a lui più confacenti.

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Il Vescovo specifica che spesso le aggregazioni si presentano come un problema, ma sono una risorsa. Ricorda come dopo il Concilio Vaticano II proprio il laicato, aggregandosi, ha richiesto una maggiore responsabilità e un cambio di mentalità proprio ai presbiteri: da una maggiore esigenza nella formazione ad una responsabilizzazione che pian piano è divenuta corresponsabilità del vivere ecclesiale. Concorda nel recuperare la categoria di popolo di Dio che riunisce tutti e tutti insieme; i presbiteri e in particolare i parroci devono guidare tutta la comunità, laicato aggregato e non aggregato. Mette poi in guardia dal considerare la comunità parrocchiale come luogo dove si propone un cammino di basso livello mentre nei gruppi ecclesiali si propone un cammino di alto livello: la parrocchia deve offrire il cammino di maturazione nella fede verso la santità con l’annuncio della Parola di Dio, con l’amministrazione dei Sacramenti, l’esercizio della carità nel succedersi dei tempi dell’anno liturgico. Altrimenti dovremmo concludere che gli strumenti del Signore sono inefficaci, e ciò non è possibile. Tuttavia il cammino di fede –prosegue il Vescovo- esige una formazione con una catechesi rivolta a tutti: è ovvio che se la parrocchia non offre nulla soprattutto per gli adulti, questi vanno a cercare alimento e aiuto nelle associazioni. Ciò nonostante dovremmo considerare che la maggior parte della gente non ha bisogno di catechesi ma di evangelizzazione, utilizzando anche le occasioni che già ci sono, come ad esempio tridui, novene, ottavari che potrebbero essere momenti di evangelizzazione più che di devozione, arricchendo le persone di fede, motivandole. La gente cerca proposte serie, perseveranti e metodiche: se la Parrocchia offre questo, allora nasce una consapevolezza e una identità di fede che poi si apre a sua volta all’annuncio e alla testimonianza. L’Azione Cattolica, ribadisce il Vescovo, è l’unica associazione che sposa l’identità della Chiesa diocesana e della parrocchia: se non lo facesse, starebbe tradendo. Le altre aggregazioni hanno un fondatore, uno statuto e una propria identità con la quale dobbiamo confrontarci; ma se la Chiesa le ha riconosciute, significa che lì vi è la possibilità di un cammino valido per la realizzazione della vita cristiana. E’ vero che molte associazioni sono state abbandonate da un punto di vista spirituale: l’assistente delle aggregazioni dovrà lavorare molto sul senso di ecclesialità, sulla vita morale, sulla spiritualità e sulla sacramentalità. Quanto al Rinnovamento nello Spirito ci sono diverse Comunità e tranne il caso specifico di “Gesù Risorto” che è solo laicale, il Presbitero è richiesto e dovrà essere presente.

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Più complicato è il discorso che riguarda i Neocatecumenali che non sono una aggregazione (per questo non fanno parte della Consulta delle Aggregazioni Laicali). I movimenti sono un dono di Dio e in alcune parrocchie, è doveroso riconoscerlo, vi è solo ciò che essi propongono. La Vicaria della Montagna è ricca di Confraternite: ma dobbiamo chiederci cosa si sta facendo per loro; si può notare che laddove ci si dedica alla loro formazione, progressivamente cresce la consapevolezza del loro essere a servizio della Chiesa. Spesso, prosegue il Vescovo, c’è il timore a chiedere; tuttavia la gente è disposta a dare quando si dà loro qualcosa. Quindi un lavoro più unitario a livello Vicariale si rende urgente. Come proposta per il prossimo anno pastorale, si potrebbe dedicare la Formazione Permanente del Clero ad una riflessione sul laicato e sulle aggregazioni. Il Vescovo conclude spiegando che quello di oggi è un primo momento di riflessione; ora chiederà lo stesso alla Consulta delle Aggregazioni Laicali e al Consiglio Pastorale Diocesano affinchè si vada tutti nella stessa direzione, in maniera condivisa e con il contributo di tanti. Tra le varie ed eventuali, 2° punto all’o.d.g., il Vescovo motiva la decisione, sofferta ma necessaria, di procedere alla chiusura della Scuola “San Getulio” già più volte discussa in sede di Consiglio Presbiterale; poi legge e spiega la lettera inviata a tutte le famiglie degli studenti e che pubblicherà anche sulla pagina Diocesana di Avvenire. Inoltre facendo seguito ad una richiesta giunta dalla Congregazione del Clero a tutte le Diocesi, nella quale si chiede di indicare i luoghi ove sia esposto il Santissimo Sacramento con l’impegno esplicito di fare preghiera di riparazione per gli errori del Clero, il Vescovo chiede parere ai presenti. Dopo il dialogo che ne è scaturito si sceglie di inviare una lettera a tutti i Presbiteri, Religiosi e Religiose chiedendo di offrire momenti di Adorazione con questo intento riparatorio, indicando il Monastero della SS. Trinità delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua a Castel Madama e il Santuario di Quintiliolo come luoghi specifici per l’Adorazione Eucaristica continuata. Essendo ormai prossimo all’inizio del Tempo di Quaresima, il Vescovo presenta le Lectio Divine organizzate dal Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile per le diverse Vicarie. Alle ore 13.00 con la preghiera mariana si chiude il Consiglio.

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VERBALE DELLA NOMINA AD ARCIVESCOVO DI PISA Sabato 02 febbraio 2008 alle ore 11,30 nella Sala Faveri della Curia Vescovile si è riunito il Consiglio Presbiterale per una comunicazione del Vescovo. Erano inoltre presenti i Responsabili degli Uffici della Curia Vescovile, membri del Capitolo della Cattedrale, il Segretario del Consiglio Pastorale Diocesano, il Segretario della Consulta delle Aggregazioni Licali. Dei componenti il Consiglio erano assenti: Mons. Fioravanti, P. Stefani, Don Massucco.

Si comincia con la preghiera dell’Ora Sesta al termine della quale il Vescovo annuncia che il Santo Padre Benedetto XVI lo ha nominato Arcivescovo Metropolita di Pisa. Dopo un applauso che esprime la gioia di tutti per la sua nomina, l’Arcivescovo eletto legge la lettera del Nunzio Apostolico in Italia con la quale gli si comunicava la volontà del Santo Padre che tale nomina venisse accolta in spirito di obbedienza. Non nasconde al tempo stesso che il primo pensiero è stato per la Chiesa Tiburtina che così sarebbe stata privata del Vescovo in un momento in cui molte cose sono in fase di lavoro o sono da poco tempo cominciate. Nulla è stato fatto invano e nulla andrà perduto. Rivolgendosi al Segretario del Consiglio Pastorale, comunica che lo stesso Consiglio è decaduto ma invita a preparare uno scritto nel quale si tratteggi il lavoro e la riflessione fin qui fatti, da offrire al Vescovo che sarà designato. Comunica inoltre che decade contemporaneamente il Consiglio Presbiterale mentre resterà in carica il Collegio dei Consultori (Mons. Serafini, P. Fantasia, Mons. Cassata, Mons. Fioravanti, Don Cauteruccio, Don Fantini, Don Ilari). Il Vescovo dà quindi lettura della nomina ad Amministratore Apostolico di Tivoli fino all’ingresso nell’Arcidiocesi Pisana previsto per domenica 6 aprile. All’Amministratore Apostolico sono concesse tutte le facoltà ordinarie e straordinarie per la guida della Diocesi. In base al can. 418 §2 decadono dall’incarico sia il Vicario Generale che i Vicari Episcopali; Sua Eccellenza procede quindi in qualità di Amministratore alla nomina di Mons. Benedetto Serafini a Vicario Generale e P. Vincenzo Fantasia osfs a Vicario Episcopale per la Vita Consacrata.

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Invita poi tutti i collaboratori di Curia e coloro che hanno incarichi Diocesani (ad esclusione dei già citati Consiglio Presbiterale e Pastorale) a continuare nel loro servizio perché la vita pastorale proceda ordinariamente. Prende la parola il Vicario Generale Mons. Serafini il quale a nome di tutta la Chiesa Tiburtina esprime le congratulazioni e la vicinanza nella preghiera al Vescovo. Fa poi presente che la nomina ad Arcivescovo della Chiesa che lo ha generato alla fede e al sacerdozio è certamente un fatto gradito a Sua Eccellenza, tuttavia dopo appena quattro anni dal suo ingresso a Tivoli lascia tutti perplessi e confusi nel dover attendere un nuovo Vescovo che dovrà essere nominato, poi prendere possesso e quindi conoscere gradualmente la Chiesa Locale. Mons. Serafini rivolgendosi al Vescovo fa presente come sia stato da subito amato e stimato dal Clero e dal popolo di Dio, che lo hanno accolto e apprezzato sia per la sua persona che per il suo essersi speso da subito per il bene della Chiesa. Invita il Vescovo ad adoperarsi affinchè la nomina del successore tenga conto del lavoro iniziato che attende, ora, di essere portato avanti proseguendo sulla stessa linea. Il Vescovo precisa che non è sua intenzione fare una Messa di saluto, ma l’occasione della Messa Crismale, circostanza in cui tutto il popolo di Dio si raduna nella Chiesa Cattedrale, gli offrirà l’opportunità di salutare la Diocesi. Alle ore 12.10 con la preghiera mariana si chiude il Consiglio.

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ATTI DELLA SANTA SEDE

NOMINA DELL’AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI TIVOLI

Prot. N. 122/2008

CONGREGATIO PRO EPISCOPIS

TIBURTINAE De Administratoris Apostolici nominatione

DECRETUM

* * *

Ad consulendum regimini Ecclesiae Tiburtinae, vacantis per translationem Exc.mi P.D. Ioanni Pauli BENOTTO ad Metropolitanam Ecclesiam Pisanam, Summus Pontifex BENEDICTUS, Divina Providentia PP. XVI, praesenti Congregationis pro Episcopis Decreto, nominat ac constituit Administratorem Apostolicum memoratae Ecclesiae, donec canonicam Ecclesiae Pisanae possessionem capiat, eundem Exc.mum P.D Ioannem Paulum BENOTTO, eique iura, facultates et onera tribuit quae Episcopis dioecesanis, ad normam Legis, competunt.

Contrariis quibusvis minime obstantibus. Datum Romae, ex Aedibus Congregationis pro Episcopis, die 2

mensis Februarii anno 2008.

+ Joannes B. Card. Re Praefectus + Franciscus Monterisi

a Secretis

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DIARIO DEGLI IMPEGNI PASTORALI DEL VESCOVO

MESE DI GENNAIO 2008 Martedì 1 ore 17,30: S. Messa e Veni Creator in S. Maria Maggiore Mercoledì 2 ore 9,15: in Curia Venerdì 18 ore 9,30: Consiglio Presbiterale Domenica 20 ore 10,30: S. Messa di apertura della Visita Pastorale ai

Giardini di Corcolle ore 12,00: S. Messa per l’Azione Cattolica al Monastero di Castel Madama Lunedì 21 ore 9,30: Visita ai Malati

ore 19,00: Incontro con i Collaboratori parrocchiali Martedì 22 ore 10,00: Visita alla Scuola Elementare

ore 11,00: Visita alla Scuola Media Mercoledì 23 ore 9,30: Udienze in Curia ore 16,00: Visita al Centro Anziani ore 17,00: Incontro con il Comitato di Quartiere

Giovedì 24 ore 9,30: Ritiro del Clero al Monastero delle Benedettine di Castel Madama

ore 15,30: Incontro con i Ragazzi del catechismo delle Medie e con i Genitori ore 16,30: Incontro con i Ragazzi del catechismo delle Elementari e con i Genitori ore 18,30: Incontro con i Candidati al Diaconato permanente Venerdì 25 ore 9,30: Udienze in Curia ore 21,00: Adorazione Eucaristica con i Giovani a S. Maria Maggiore in Tivoli Sabato 26 ore 17,30:Cresime a S. Maria Maggiore in Tivoli ore 20,00: Incontro con le famiglie e i fidanzati Domenica 27 ore 11,00: S. Messa d’inizio della Visita Pastorale a Paterno ore 17,30: S. Messa di chiusura della Visita Pastorale ai Giardini di Corcolle Lunedì 28 ore 9,30: udienze in Curia ore 18,30: incontro con il Consiglio pastorale Martedì 29 ore 10: Riunione della CEL a Frascati ore 17: S.Rosario, Messa e incontro col gruppo di preghiera ore 18,30: incontro con catechisti, educatori e coro ore 21: incontro con il Comitato

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Mercoledì 30 ore 9: visita alla scuola ore 10: visita alle attività artigianali ore 11: visita alla cartiera Giovedì 31 ore 9,30: Riunione al Seminario di Anagni ore 18: incontro con i genitori del catechismo e Dame S.Rita ore 20: incontro con i giovanissimi e i giovani MESE DI FEBBRAIO Venerdì 1 ore 10: visita ai malati ore 17: incontro con i bambini e i ragazzi del catechismo e ACR Sabato 2 ore 17,30: celebrazione della Vita Consacrata in Cattedrale ore 20,30: incontro con le famiglie e il consiglio pastorale Domenica 3 ore 11: S. Messa di conclusione della Visita Pastorale a Paterno Lunedì 4 ore 9,15: udienze in Curia Martedì 5 ore 10: riunione alla Congregazione per le Cause dei Santi Mercoledì 6 ore 9,15: udienze in Curia Giovedì 7 ore 21: Lectio divina per i giovani a San Biagio in Tivoli Venerdì 8 ore 9,15: udienze in Curia Domenica 10 ore 12: S. Messa al Villaggio Don Bosco ore 16,30: celebrazione per i malati al Santuario di San Vittorino Lunedì 11 ore 9,15: udienze in Curia Martedì 12 e Mercoledì 13: a Pisa Giovedì 14 ore 17,30: S. Messa in S.Andrea in Tivoli ore 21: Lectio divina per i giovani a S.Maria di Loreto a Guidonia Venerdì 15 ore 9,15: udienze in Curia ore 18,30: chiusura del Corso per Maestri di Coro al Monastero di Castel Madama Sabato 16 ore 11: S. Messa a S.Scolastica a Subiaco Domenica 17 ore 9: S. Messa al monastero delle benedettine di Castel Madama Lunedì 18 ore 9,15: udienze in Curia ore 18,30: lezione agli aspiranti al diaconato permanente Martedì 19 ore 17: S. Messa a Cerreto Mercoledì 20 ore 9,15: udienze in Curia ore 18,30: incontro con i candidati al diaconato permanente

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Giovedì 21 ore 21: Lectio divina per i Giovani a Paterno Venerdì 22 ore 9,15: udienze in Curia Sabato 23 ore 21: a Subiaco con l’Equipe di Pastorale giovanile Domenica 24 ore 16: incontro con i fidanzati della II° Vicaria e S.Messa a San Vittorino Lunedì 25 ore 9,15: udienze in Curia ore 18,30: lezione agli aspiranti al diaconato permanente Mercoledì 27 ore 9,15: udienze in Curia Giovedì 28 ore 9,30: Ritiro del Clero al Monastero di Castel Madama ore 21: Lectio divina per i Giovani a Cineto Romano Venerdì 29 ore 9,15: udienze in Curia

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RELAZIONE DELLA CARITAS DIOCESANA PER L’ANNO 2007 La Caritas diocesana, Organismo pastorale della Chiesa Tiburtina, in armonia con il Piano Pastorale diocesano ed in ossequio al mandato ricevuto di promuovere la testimonianza della carità nella comunità diocesana, riferisce sulle azioni di promozione umana e attenzione agli ultimi, svolte nel corso del 2007, attraverso il costante impegno profuso nella struttura diocesana e nelle Caritas parrocchiali. Le difficoltà e la precarietà dell’esistenza di molte persone e di molte famiglie rappresentano un primo importante indicatore della qualità del vivere in questo territorio che costituisce una parte importante della Provincia di Roma. Il nostro tempo ci mostra povertà multidimensionali: non solo economica, ma soprattutto morale e valoriale che spingono verso situazioni umane complesse e di non facile accompagnamento verso possibili soluzioni. E’ tristemente divenuto rilevante il fenomeno delle numerosissime famiglie e persone che entrano in situazioni di bisogno con estrema frequenza e a questa condizione consegue un immediato stato di marginalità sociale che trasferisce nelle persone crisi d’identità, panico, solitudine e subdola depressione. In questo doloroso e difficile contesto l’attività del Centro di Ascolto, Accoglienza e Orientamento trova la sua piena essenza e legittimazione; infatti il Centro Caritas è presenza costante in mezzo ai poveri, antenna dei bisogni, riferimento certo nella presa in carico e accompagnamento delle situazioni di disagio, nonché osservatorio permanente di una povertà in continua crescita. Il mandato in capo al Centro Caritas è ampio: da un lato costituisce la Chiesa presenza viva in mezzo ai poveri, dall’altro risposta ai loro bisogni primari per restituire dignità alla persona; infatti mira ad interessarsi delle persone che conducono per diversi motivi una vita al limite della sofferenza, del disagio esistenziale, dell’esclusione e talvolta della violazione dei più elementari diritti umani. Il vorticoso e progressivo impoverimento del tessuto socio/economico locale, insieme all’altro grave fenomeno della disgregazione familiare, fanno emergere un mutamento dei bisogni espressi dalla popolazione residente. E’ tornato di primaria importanza il cosiddetto “pacco viveri”, giacchè è sempre più vasta la fascia di popolazione che vi è costretta a ricorrere per sopravvivere. Confronto: Anno 2006 media mensile 250/280 “pacchi viveri” – Anno 2007 media mensile 360/380 “pacchi viveri”.

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E’ sempre in costante incremento il fenomeno immigratorio che ancor oggi non riesce a trovare una piena integrazione e inserimento lavorativo regolare e/o abitativo. I centri storici dei nostri paesi sono di nuovo vissuti per intero, ogni vano è utilizzato, (a volte senza servizi igienici) e locato a prezzo elevato e nella maggior parte dei casi, senza contratto di affitto. Esistono abitazioni le cui stanze sono occupate anche da 6 persone e ciascuna paga mensilmente 100/150,00 Euro, ovviamente tutto in “nero”. Tutti questi elementi di rilevante incidenza morale, fanno emergere nuove necessità di accompagnamento delle famiglie e dei singoli con nuovi percorsi di sostegno e inclusione sociale. In questo senso la povertà nelle sue varie espressioni non riguarda una ben individuata classe sociale; infatti i poveri non sono una categoria, ma persone di tutti i ceti che le vicende della vita hanno posto in situazione di bisogno e senza risposte adeguate. Ecco perché li possiamo vedere in mezzo noi, nella casa accanto, negli ambienti che normalmente frequentiamo. Ancora oggi si nasce poveri, ma è sempre più frequente che lo si diventi, infatti basta una malattia grave, una dipendenza acclarata, un disagio a seguito di incidente o malattia, la perdita del lavoro. Nel corso dell’anno siamo entrati in dialogo con numerosissime famiglie che loro malgrado hanno scoperto la fragilità, la solitudine e l’impossibilità di vivere in modo positivo. Centro di Ascolto, Accoglienza e Orientamento 11 Operatori Volontari 6 Volontari in Servizio Civile In particolare, nel 2007, al Centro di Ascolto, Accoglienza e Orientamento di Piazza S. Anna, si sono rivolte 1038 persone in difficoltà: 318 uomini ( 30,7%) e 720 donne ( 69,3%). Alto il numero degli immigrati: 606 (58,4%), dei quali 185 uomini (30,4%) e 421 donne (69,6%). Il numero degli italiani: 430 ( 41,5%) dei quali 181 uomini ( 42,3%) e 249 donne (57,7%). I colloqui sono stati 1663 dei quali: 717(43.1%) con cittadini italiani; 946 (56,9%) con stranieri di cui 823 ( 86,9%) di nazionalità romena, largamente più rappresentativa rispetto alla scarsa rilevanza delle altre comunità e pressochè totalmente privi del permesso di soggiorno; appena 71 su 946 (7,5 %); 88 (5,2%) con persone provenienti da Comuni extra Diocesi di Tivoli.

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Il 25% degli stranieri su un totale di 606 parla discretamente la lingua italiana; con i restanti si deve ricorrere all’indispensabile opera del mediatore culturale sempre presente nei colloqui ( figura sempre più necessaria). Il grado di istruzione dei cittadini stranieri affluiti al Centro Caritas è globalmente buono, più alto rispetto agli italiani, infatti circa il 68% ha conseguito il diploma di scuola media superiore, il 11.3% ha un diploma di laurea. A questa elevata scolarità purtroppo non corrisponde un adeguato inserimento nel mondo del lavoro, anzi è una costante che gli immigrati svolgano un lavoro precario, mal pagato e molto inferiore alla loro professionalità. Nei colloqui è emerso che per il 56,4% degli “utenti”, il disagio riguarda tutto il nucleo familiare: 895 di cui 336 (37.5%) nuclei italiani e 559 (62.5%) nuclei immigrati. Dai dati elaborati emerge in modo univoco che la stragrande maggioranza delle persone accolte sono residenti o domiciliate nell’hinterland tiburtino; Tivoli, Guidonia, Castel Madama, Vicovaro, S.Polo dei Cavalieri, Marcellina, S.Gregorio da Sassola, Casape, Poli: 971 (93,5%) residenti/domiciliati; 38 (3,6%) extra Diocesi; 29 (2,7%) senza dimora. Focus sull’età: - 142 sotto i 25 anni (13,6%) 43 italiani – 99 immigrati Reddito medio mensile € 86,00 - 419 tra i 25 e 45 anni(40,3%) 188 italiani – 231 immigrati Reddito medio mensile € 118,00 - 152 tra 45 e 60 anni (14,6%) 101 italiani – 51 immigrati Reddito medio mensile € 203,00 - 325 oltre 60 anni (31,3%) 297 italiani – 28 immigrati Reddito medio mensile € 144,00 E’ emerso, che i maggiori disagi sono legati a: - Problematiche di lavoro: disoccupazione, sottoccupazione, lavori precari, dequalificanti, lavoro nero, caporalato; che interessano il 89% degli immigrati e il 44,3% degli italiani. - Problematiche connesse al reddito: nessun reddito, reddito insufficiente, con la conseguenza di una condizione di povertà relativa: 86,8% immigrati e 23,2% italiani; di una povertà assoluta per molte persone prive di reddito minimo per affrontare le spese base di sopravvivenza, casa, cibo, bollette; 79,6% immigrati e 31,8% italiani. - Problematiche abitative: mancanza di una casa, abitazione provvisoria o precaria, sfratto in corso per il 34,1% delle persone. Il disagio correlato alla

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precarietà abitativa coinvolge il 71% degli immigrati e il 36,5% degli italiani. - Problematiche di dipendenza: sostanze e alcol per il 22.4% degli “utenti” italiani e 44.6% per gli immigrati (alcolisti). Il Centro Caritas è aperto 5 giorni della settimana, mattina e pomeriggio, in orari diversi, appunto per facilitare l’ascolto dei bisogni. Nel colloquio di orientamento vengono colte le qualità umane e professionali della persona fungendo da sportello rappresentativo di uno spazio di incontro tra servizi e famiglie, tra i servizi e la persona, all’interno del quale gli “utenti” possono orientarsi, conoscere e utilizzare al meglio i servizi stessi e le risorse del territorio. Nel corso dell’ultimo anno una parte considerevole delle attività sociali del Centro Caritas è stata finalizzata alla tutela dei diritti delle persone che venivano sfruttate e disinformate sulla possibilità di usufruire dei servizi pubblici per gli indigenti anche se immigrati irregolari. Il fatto di essere aperti al pubblico, permette di incontrare le persone che non riescono o non sanno raggiungere i servizi territoriali. Fra costoro, ha particolare rilievo la situazione delle donne sole o con minori a carico che appare la condizione di maggiore fragilità sul territorio diocesano. Molto spesso la precarietà lavorativa diviene più grave con una maternità proprio per il tipo di impiego che reperiscono le donne immigrate ( badante, colf ); si pensi ad esempio, alla perdita dell’alloggio che aggrava ulteriormente la situazione. Nel reperire una soluzione a questo tipo di problematica, il Centro Caritas ha attivato il Servizio di Informazione e Orientamento al Lavoro attivo dal Lunedì al Sabato, in costante e proficua interazione con il Centro Servizi Immigrati, con i Centri per l’Impiego della Provincia di Roma e con Agenzie interinali. Nel corso del 2007 si è stati in grado di portare a buon fine il raccordo tra domanda e offerta di lavoro per 58 italiani e 114 immigrati. La ns. maggiore attenzione ha riguardato famiglie ( 37 ) in cui l’azienda dove era occupato il capo famiglia ha licenziato oppure ha cessato la produzione, restando così senza occupazione e privi di reddito. Altrettanto rilevante è il numero ( 49 ) delle famiglie da noi seguite in grave difficoltà a causa del reddito assolutamente insufficiente a fronte di serie e oggettive necessità familiari ( separazione dei coniugi, malattia invalidante, morte del marito, condanna penale definitiva ).

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Centro distribuzione prodotti alimentari e vestiario 7 Operatori Volontari E’ in vigore la Convenzione ( a domanda annuale ) con AGEA ( Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura ) sezione del Ministero per le Politiche Agricole e con l’Ente Nazionale Risi. Riceviamo gratuitamente un rilevante quantitativo di prodotti alimentari a lunga conservazione, per un totale di circa € 34.000,00 . Attingendo dal fondo 8°/00, raggiungiamo il quantitativo necessario per la distribuzione di circa 360/380 “ pacchi viveri “ mese, a famiglie prive di reddito, a famiglie di giovani senza occupazione, a persone sole senza rete parentale, a pensionati al minimo e immigrati senza lavoro. Ogni quindici giorni viene distribuito il vestiario, sempre di qualità e in ordine, a tutti coloro che affluiscono nei giorni previsti. Il servizio è particolarmente gradito agli immigrati. Poliambulatorio medico “F. Serra” 16 Medici 1 Ostetrica 1 Infermiera professionale 8 Assistenti Nella struttura viene praticata l’assistenza sanitaria di primo livello nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale ( Protocollo d’intesa ASL RMG / Caritas diocesana ) attraverso le seguenti specialità: Medicina generale – Pediatria – Ginecologia – Neurologia – Ortopedia - Chirurgia – Dermatologia - Psichiatria. Ogni mese, il Centro Caritas, grazie alla presenza di un medico specialista del Policlinico Gemelli di Roma, è sede di incontro per l’insegnamento dei metodi naturali per la procreazione. Nel Poliambulatorio, il paziente, viene seguito dal giorno del colloquio di accesso sino al termine della manifestazione della patologia. E’ presente un armadio farmaucetico gestito direttamente dal medico che consegna il farmaco al paziente. Qualora il farmaco non fosse disponibile, il paziente viene messo in contatto con Farmacie ns. convenzionate. Nell’anno 2007 sono stati accolti 2349 immigrati, di cui: 1239 donne (62,3%); 756 uomini (37.8%); 354 bambini (17,7%) domiciliati nel territorio diocesano ed in Comuni extra Diocesi, inviati dai medici del Pronto Soccorso degli Ospedali di Palombara, Monterotondo e Palestrina.

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Gruppo Zero – Servizio tossicodipendenza 2 Psicologhe 12 Operatori Volontari Centro di Ascolto e Orientamento destinato a persone o famiglie al cui interno è vissuto il dramma della dipendenza da sostanze. Aperto 3 giorni la settimana, negli incontri di confronto familiare e mutuo aiuto vede la presenza settimanale media di circa 26 famiglie. Nell’anno 2007 sono stati accolti, seguiti e successivamente accompagnati nelle varie Comunità di recupero collegate 43 giovani. In riferimento alla problematica trattata, il Centro è divenuto punto di riferimento per le Istituzioni di tutto il territorio, ad esso affluiscono persone o famiglie inviate dai vari SERT dei Distretti Sanitari ASL RMG. Sportello Antiusura 2 Operatori Volontari In accordo di partenariato con l’Associazione “ Sportello Intercomunale Antiusura della Provincia di Roma” ONLUS è attivo lo Sportello Antiusura – Polo di Tivoli, destinato a persone o famiglie soggette al dramma dell’usura. Nel corso dell’anno sono state istruite 26 richieste di sostegno, di cui 12 andate a buon fine. Formazione Operatori Volontari Nell’ambito della Scuola di Teologia per Laici, con il preciso obiettivo di contribuire alla formazione permanente di Animatori pastorali Caritas da inserire specificatamente nelle Caritas parrocchiali esistenti e di prossima istituzione, è stato fatto un Corso di Formazione di I° livello considerato come “specializzazione” Negli 8 incontri vi è stata la partecipazione media di 80 persone successivamente accompagnate e inserite nelle rispettive Caritas parrocchiali.

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Caritas parrocchiali Attualmente la Caritas parrocchiale è istituita in 16 Parrocchie della nostra Diocesi e costituiscono un’ immagine non omogenea della sensibilità pastorale, ecclesiale e sociale. Con cadenza mensile, nel salone del Centro pastorale della Parrocchia S. Silvestro Papa, Villa Adriana, avviene l’incontro di Coordinamento dei referenti Caritas parrocchiali. Incontro di formazione, verifica, confronto, scambio di notizie, informazioni, risorse, progetti. Servizio Civile volontario Caritas diocesana Tivoli attraverso Caritas Italiana è Ente accreditato titolare di Progetto di Servizio Civile presso l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile. Titolo di Progetti approvati e finanziati: “In ascolto e in relazione con il disagio adulto“ e “Ascolto e accoglienza – Lazio 2007” vedono coinvolti 6 giovani impegnati nelle attività correlate al Centro di Ascolto diocesano ed in quelle del Servizio di Informazione e Orientamento al Lavoro. Attività di promozione umana Nell’attuale contesto socio / politico del nostro territorio, si avverte una maggiore consapevolezza in ordine alla presenza Caritas e verso le azioni intraprese a sostegno dei bisogni della nostra gente. E’ in atto da parte delle Istituzioni locali ( Comuni, ASL ) una pressante sollecitazione nel richiedere la collaborazione Caritas al fine di costituire e sostenere insieme una rete di solidarietà per le persone o famiglie del territorio. Senza confusioni del proprio ruolo, nel rispetto reciproco dei propri ideali e finalità, crediamo questa una dimensione culturale necessaria nell’attività di promozione giacchè consente di stare alla frontiera dell’innovazione nel servizio ai poveri e cogliere nuove povertà.

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RENDICONTO ECONOMICO 2007 USCITE

- Sostegno alle persone € 108.583,56 - Spese di gestione € 15.591,55 - Costo conto corrente bancario € 209,04 - (A) Totale uscite € 124.384,15

ENTRATE

- Diocesi € 130.000,00 - Offerte € - Resi € - Avanzo esercizio anno 2006 € 3.476,42 - (B) Totale entrate anno corrente € 133.476,42

(B) – (A) Avanzo di esercizio al 31.12.07 € 9.092,27

Virgilio Fantini Direttore

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PER LA DOCUMENTAZIONE

“LA PRESIDENZA DELLA CELEBRAZIONE LITURGICA”

S. E. MONS. PIERO MARINI (Intervento ripreso dal registratore e non rivisto dall’autore)

Castel Madama, 24/01/2008 Ritiro del Clero

Ringrazio il vostro Vescovo, ringrazio voi del contributo che darete

anche a me in una eventuale discussione, in un incontro fraterno, perché tutti esercitiamo, come sacerdoti, questa presidenza che voi esercitate soprattutto la domenica con una comunità ecclesiale locale. Io per tanti anni ho accompagnato il Papa e, più che “presiedere”, ho dovuto “preparare” queste celebrazioni. Per questo credo che anche la vostra esperienza diretta possa essere un contributo per me.

Questo mio intervento farà riferimento soprattutto alla Costituzione Apostolica “Sacrosanctum Concilium” e alla riforma liturgica post-conciliare e potrò dirvi qualche cosa sull’esperienza – diciamo quarantennale – che ho avuto nella liturgia, prima nel “Consilium ad esequendam Constitutionem de sacra Liturgia” (erano gli anni che andavano dal ’65 al ’70, quando si è impostata tutta la riforma liturgica), poi nella Congregazione per il Culto divino dal ’70 fino al 1987, e poi nelle celebrazioni del Papa, dal 1987 fino alla fine del 2007.

Sono passati più di 40 anni dalla “Sacrosanctum Concilium” e questa Costituzione Conciliare, che non è un insieme di norme sulla liturgia, ma piuttosto un documento dottrinale che esigeva un cambiamento di mentalità, prima ancora del cambiamento dei riti, rimane punto di riferimento insopprimibile per la vita della Chiesa. E proprio questo documento che è una delle “costituzioni” del Concilio, continua a chiedere ai sacerdoti nell’azione pastorale, e in particolare nell’esercizio del munus della presidenza nella celebrazione, un cambiamento di mentalità. E su questo dobbiamo ancora insistere, dopo più di 40 anni di riforma liturgica.

La “Sacrosanctum Concilium” non formula in primo luogo un concetto di liturgia, ma indica ciò che mediante essa si realizza e cioè l’opera della nostra redenzione. Mediante la liturgia i credenti fanno dunque

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esperienza del mistero pasquale di Cristo nella sua interezza. La Costituzione quindi indica gli effetti della liturgia, la quale, ogni giorno, edifica quelli che sono nella Chiesa, in tempio santo del Signore, in abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza in Cristo. La liturgia, secondo il Concilio, è il disegno della salvezza compiuta da Dio fin dall’eternità e progressivamente rivelata. Questo mistero gravita tutto verso Cristo Signore, verso la sua opera pasquale di morte e di risurrezione. È lui, il Signore, che con i suoi atti umano-divini compie la salvezza. Con la celebrazione del sacrificio, dei sacramenti, sul quale s’impernia tutta la vita liturgica, la Chiesa nata sul Calvario, e manifestata al mondo nella Pentecoste, estende nel tempo e nello spazio ciò che Gesù ha operato una volta per tutte.

Questo è dunque la liturgia secondo il Concilio: la ri-attuazione efficace, nei segni, del mistero della salvezza. Perciò sorge spontanea una domanda: ad oltre 40 anni dal Concilio quanto siamo ancora legati alla nozione errata della liturgia, già riprovata da Pio XII nella “Mediator Dei”? Non hanno una nozione esatta della sacra liturgia quanti la ritengono una parte soltanto esterna e sensibile del culto divino, o un cerimoniale decorativo, o ancora una mera somma di leggi e di precetti con i quali la gerarchia ecclesiastica ordina il compimento dei riti.

In questi ultimi anni, terminato il periodo del grande rinnovamento dei testi e dei riti, si deve purtroppo constatare il diffondersi di un certo neo-ritualismo: alcuni sacerdoti, passato l’entusiasmo della novità, sono ritornati ad una celebrazione di routine, con effetti peggiori di quando si celebrava la cosiddetta “Messa Tridentina”. Allora, gran parte della celebrazione era coperta dalla musica dell’organo, dai canti della schola, e quasi tutti i dialoghi erano ristretti tra i sacerdoti e gli inservienti. Oggi invece la celebrazione è basata sulla partecipazione dei fedeli e sulla capacità di presiedere da parte del sacerdote celebrante.

Le nostre celebrazioni sono basate sulla partecipazione dei fedeli e sulla capacità di presiedere da parte del sacerdote celebrante. Ancora più recentemente, si nota in alcuni sacerdoti giovani un certo ritorno al formalismo, al gusto estetico fine a se stesso, che a volte finisce per distrarre dal mistero celebrato più che lasciarlo trasparire. Pensando ad alcune Messe celebrate nei giorni feriali in dieci minuti di tempo, viene da dubitare se la liturgia in questi casi sia considerata come qualche cosa di più di una mera somma di leggi o di precetti che regolano il compimento dei riti. Il primato di Dio nella liturgia.

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Proprio perché attuazione sacramentale del mistero della salvezza, la liturgia è essenzialmente teocentrica. La salvezza si svolge, si esaurisce in due movimenti complementari:

1) la discesa di Dio all’uomo per santificarlo; 2) l’ascesa dell’uomo a Dio per glorificarlo. In questo duplice movimento Dio è sempre il primo, il primo in ordine

di tempo, perché da lui proviene la forza che salva e santifica l’uomo. Il primo in ordine di fine perché a lui sale dall’uomo santificato l’onore e la gloria che gli sono dovuti. In Dio, quindi, nella sua grandezza e nella sua onnipotenza, nella sua misericordia e bontà si concentra la liturgia in tutte le sue espressioni cultuali. Se non siamo convinti di questo, allora la liturgia diventa il nostro piccolo teatro.

Anche l’uomo vi ha la sua parte, ma sempre alla luce di Dio. L’uomo è preceduto e rappresentato dall’Uomo-Cristo, da colui cioè che nel duplice movimento di discesa-ascesa ha fatto l’essenza della sua missione redentrice. La liturgia è quindi, per sua natura, cristocentrica perché nessuna nostra preghiera sale al Padre se non per mezzo di Cristo e nessuna grazia di Dio viene a noi se non per mezzo di Cristo, attraverso il mistero dell’Incarnazione.

Nella Chiesa, il Cristo continua la sua opera, raggiunge ogni uomo di ogni tempo e luogo perché tutti possano avere parte alla sua salvezza. “Cristo è presente con la sua virtù nei sacramenti, per cui quando uno battezza è Cristo stesso che battezza; è presente nella sua Parola perché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura; è presente infine quando la Chiesa prega e loda lui che ha promesso “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là io sono in mezzo a loro”.

Relazione tra liturgia e Chiesa.

La liturgia situata, ri-situata all’interno della storia della salvezza, è diventata esperienza fondamentale per tutti i credenti. La liturgia edifica la Chiesa, la esprime e la manifesta. Le azioni liturgiche quindi non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, sacramento di unità, cioè popolo santo adunato sotto la guida del vescovo. Questa realtà dottrinale ha come conseguenza pratica il coinvolgimento del popolo di Dio, gerarchicamente ordinato nell’atto celebrativo. La liturgia quindi non è riservata solo al clero, ma è celebrazione di tutto il corpo di Cristo nelle sue varie componenti. La liturgia e la Chiesa sono due concetti che s’identificano talmente da risultare difficile distinguerle. L’ecclesiologia di comunione, sottolineata dalla “Sacrosanctum Concilium”, e dalla “Lumen Gentium”, ha superato l’ecclesiologia spesso offuscata in passato da varie ideologie, concepita più come un’organizzazione efficientista parallela e

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spesso concorrente con altre organizzazioni, come per es. quella dello Stato. Tale ecclesiologia ha espresso in passato una liturgia clericale, marcata soprattutto da cerimonie esteriori. Ricordiamo tutti – abbiamo una certa età – le grandi manifestazioni che si facevano quando vi erano certi regimi, “un esercito all’altare”: era una concezione di Chiesa adatta a quei tempi, ma non è la Chiesa di oggi. La Chiesa non è un’organizzazione che fa concorrenza allo Stato. Né facciamo le processioni come in passato, per andare “alla conquista del territorio” della città o quando si facevano le processioni eucaristiche per la vittoria del SS. Sacramento. Non è questo lo scopo della Chiesa: era un concetto di Chiesa che funzionava a quei tempi, ma oggi non è più accettabile.

La liturgia tridentina era condizionata dalla necessità dell’unità della Chiesa nel periodo della frantumazione, causata dalla Riforma protestante, ed era pertanto basata sull’uniformità: lingua latina e precisione delle rubriche, senza alcun riferimento al popolo di Dio. È significativo che nel messale di Pio V non si parli mai di populus, ma solo di minister o ministrante che serva la Messa. Era una liturgia, come abbiamo detto, creata per l’unità della Chiesa. Tutta l’Europa del nord si era staccata: rimanevano soltanto l’Italia, la Spagna e l’Austria. La Chiesa era ridotta a poca cosa. Non vi era ancora l’America latina, non vi erano ancora le comunità dell’Africa e allora c’era il pericolo della perdita d’identità. Ecco il perché della liturgia tridentina, stessa lingua, stesse rubriche: se tutti fanno allo stesso modo, ovunque siamo ci possiamo riconoscere.

La liturgia del Vaticano II supera queste trincee erette a salvaguardia dell’unità e dell’identità della Chiesa e presenta una liturgia caratterizzata dalla pluralità delle lingue, dalla flessibilità delle rubriche, dalla possibilità di adattamento: una liturgia aperta alla partecipazione del popolo di Dio. Il coinvolgimento del popolo di Dio all’atto celebrativo, secondo l’ecclesiologia del Concilio, ha comportato quindi nella liturgia l’introduzione della lingua volgare, l’inserimento di alcune acclamazioni destinate al popolo, la semplificazione di alcuni riti, il ristabilimento di altri, la valorizzazione del ministero della Parola, l’incremento del canto in ogni celebrazione, la cura riservata alle azioni e ai gesti, agli atteggiamenti del corpo, la valorizzazione del sacro silenzio, le indicazioni per la costruzione degli edifici di culto, e anche le indicazioni del celebrare verso il popolo.

Tuttavia l’attiva partecipazione di cui parla il Concilio non va fatta ad ogni costo, ma guidata da una regola ben precisa. Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che secondo la natura del rito e le norme liturgiche è di sua competenza. Il sacerdote che presiede la celebrazione non deve quindi fare tutto, ma limitarsi a ciò che a lui spetta: è

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la regola fondamentale della liturgia del Vaticano II e dovrebbe essere la regola fondamentale di ogni nostra celebrazione. La liturgia è azione divino-umana: Dio è entrato in contatto con gli uomini attraverso l’umanità di Gesù. “Tutta la folla cercava di toccarlo perché da Lui usciva una forza che sanava tutti”, così la salvezza compiuta da Gesù ci viene comunicata nell’OGGI della celebrazione, attraverso parole e gesti rituali. La Chiesa, come la sua liturgia, è quella dell’OGGI e non del passato o del futuro. Ci sono quelli che pensano al passato e ci sono quelli che pensano al futuro. E vedete che questo coinvolge non solo la liturgia, ma anche la Chiesa.

Ogni celebrazione è azione di Dio, ma posta in essere da persone concrete. La liturgia pertanto è opera di Dio e opera della Chiesa, santo scambio e dialogo interpersonale tra il divino e l’umano. La liturgia è il punto d’incontro, in Cristo, di Dio che santifica la Chiesa e della Chiesa che rende il suo culto a Dio. Da una parte, attraverso l’azione di Dio, la presenza del Risorto garantisce la validità oggettiva delle celebrazioni liturgiche; d’altra parte, l’azione dell’uomo, cioè il linguaggio comunicativo delle parole e dei gesti, rende fruttuosi i riti e le parole della liturgia. La liturgia è per l’uomo e in quanto opera di Cristo e della Chiesa è il luogo in cui il divino e l’umano vengono a contatto fra di loro, affinché il divino salvi ciò che è umano e l’umano acquisti dimensione divina. Ricordo quanto i nostri esperti di liturgia, quando io ero giovane, insistevano sull’equilibrio della vita, ma soprattutto sull’equilibrio nella liturgia. Scusate se vi ho ricordato queste premesse, ma sono premesse fondamentali se vogliamo celebrare la liturgia e se vogliamo presiederla, perché se non abbiamo questi concetti fondamentali, non arriveremo mai ad una celebrazione o ad una vera presidenza.

Il compito di presiedere l’assemblea. I numeri 59 e 60 delle premesse generali del Messale Romano

trattano degli uffici e dei ministeri dell’Ordine Sacro e danno le indicazioni fondamentali sull’ufficio di presiedere l’Eucaristia. Vi leggo la II parte del numero 60: “il sacerdote che presiede l’assemblea riunita deve servire Dio e il popolo” – vedete i due aspetti – “con dignità e umiltà, e nel modo di comportarsi e di pronunciare le parole divine deve far sentire ai fedeli la presenza viva del Cristo.” Altre indicazioni particolari sono contenute nei diversi capitoli dei principi e delle norme per l’uso del Messale: numeri 11 e 73, 297 e 298 e nell’introduzione del Lezionario, al numero 38.

Occorre fermarci un momento su un’altra realtà che spesso noi dimentichiamo: un sacerdozio unico per il culto. Nel Nuovo Testamento il termine sacerdote è riferito a due categorie di persone: a Cristo e all’intero popolo di Dio, ma mai ad una singola persona. Gli apostoli non sono mai

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chiamati sacerdoti, né nel gruppo né ciascuno di loro. È per questo che i protestanti sono andati a rileggere la Bibbia e rendendosi conto che non esiste un sacerdozio diverso da quello di Cristo o dei fedeli hanno abolito il sacerdozio ministeriale. La Chiesa cattolica, invece, ha sottolineato questo aspetto del sacerdozio ministeriale ordinato.

Sappiamo bene che nella Chiesa il sacerdozio è unico, ma sono due – ce l’ha fatto riscoprire il Vaticano II – le modalità di partecipazione a questo unico sacerdozio: il sacerdozio dei fedeli, o sacerdozio universale, e il sacerdozio ministeriale. Ma tutti e due questi sacerdozi sono entrambi necessari. Essi non sono contrapposti, ma vanno armonizzati ed equilibrati tra di loro. Il sacerdozio dei fedeli ha partecipazione al sacerdozio di Cristo, e in base ad esso tutti i battezzati hanno la possibilità e il diritto di esercitare il culto gradito a Dio. I battezzati infatti sono pietre vive per costruire l’edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire i sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, come dice la prima lettera di Pietro. Il sacerdozio dei fedeli abilita pertanto i battezzati ad esercitare il culto liturgico. Quando leggiamo: “voi siete sacerdoti ecc...” , cosa significa? Che nell’Antico Testamento i sacerdoti erano una classe, una casta, solo pochi potevano esercitare questo compito. Nel Nuovo Testamento tutti i fedeli sono sacerdoti, hanno cioè il diritto a compiere questa offerta gradita a Dio. Il sacerdozio ministeriale, mediante il sacramento dell’Ordine, configura a Cristo nella sua qualità specifica di capo e pastore del suo popolo. Il sacerdozio ordinato quindi è a servizio del sacerdozio comune dei fedeli.

In questo senso non si dovrebbe mai dimenticare la duplice prospettiva che fonda il sacerdozio ministeriale. Il sacerdote rappresenta sacramentalmente il Cristo pastore, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, il Cristo che raduna e conduce il suo popolo, ma rappresenta anche la Chiesa, al servizio della quale egli realizza la sua azione. C’è sempre questo equilibrio da salvaguardare anche nella nostra vita.

La Chiesa, senza il ministro ordinato, è priva del segno-presenza di Cristo capo, e senza il sacerdozio battesimale manca del segno-presenza di Cristo membra. I fedeli quindi hanno il diritto e il dovere di partecipare alle celebrazioni, proprio perché le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa: appartengono all’intero suo corpo, lo manifestano e lo implicano. Essendo la Chiesa costituita da diversi ordini e ministeri, a seguito del Concilio, sono emersi anche nella celebrazione vari uffici e ministeri del popolo di Dio con compiti specifici di servizio: gli accoliti, i lettori, i cantori, i ministranti, gli incaricati dell’accoglienza, gli animatori.

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In tale contesto liturgico-ecclesiale si colloca il ruolo specifico del presidente della celebrazione: a lui spetta di coordinare e stimolare la partecipazione dei fedeli alla celebrazione, in modo che essi costituiscano una vera comunità che celebra. Molto, o buona parte, dipende da come un sacerdote sa esercitare il suo ministero di presidenza.

Alcune caratteristiche di questo compito del presiedere

Il numero 60, sopra citatati, ha detto: “far sentire la presenza di Cristo”. I presbiteri hanno dunque una missione che è tutta relazione: da sé non possono fare nulla. Essi sono e restano soltanto servi e in quanto tali non devono mai mettere in primo piano se stessi e le loro opinioni, ma soltanto il Kyrios, cioè il Signore Gesù. Questa parola “servi” è un po’ forte, ma utile per intenderci su qual è il nostro compito.

“Sono venuto per servire e non per essere servito”. Noi siamo coloro che servono e non coloro che sono serviti. Come Giovanni il Battezzatore, dobbiamo saper diminuire di fronte al Signore e soprattutto nella presidenza eucaristica non dobbiamo ergersi a protagonisti dell’azione liturgica. Animare la preghiera liturgica non significa quindi provocare ad ogni costo nei fedeli una partecipazione solo esteriore, ma condurli a partecipare intimamente al mistero della morte e della risurrezione del Signore. In tale prospettiva, è importante evitare l'inflazione delle parole, dei gesti, della musica e promuovere invece il raccoglimento, dare spazio a momenti di silenzio. Solo in questo modo si potrà favorire la preghiera e la contemplazione di tutta l’assemblea.

Subito dopo la Riforma, c’era stata all’inizio la necessità di spiegare i gesti che si facevano, ma passati i primi momenti è rimasta purtroppo dentro ciascuno di noi questa tendenza al “verbalismo”, a parlare. Invece dobbiamo lasciare parlare i testi della liturgia: il presidente è servo della Parola, ma non colui che domina la Parola; è servo dei gesti, perché è colui che deve essere in relazione con il Cristo.

Il numero 60 dice anche che “bisogna servire Dio e il popolo con dignità e umiltà”. Presiedere significa superare la spiritualità prevalentemente individualistica. Il sacerdote – e questo vi prego di ricordarvelo; io stesso cerco di ricordarlo nella mia vita – deve essere santo non tanto per sé, quanto piuttosto per la comunità. Egli è prete nella misura in cui soprattutto si dedica al servizio della comunità. Tale dedizione costituisce la sorgente della spiritualità sacerdotale del clero diocesano, che abbiamo bisogno di riscoprire. I presbiteri, lo dice il decreto “Presbiterorum

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Ordinis”, sono chiamati alla santità in forza del ministero e delle stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente. Noi diventiamo santi per quello che facciamo ogni giorno, per la liturgia che celebriamo ogni giorno, per la liturgia domenicale. “Essi si santificano nell’esercitare il munus cui sono stati chiamati”. Quindi: evitare la spiritualità individualistica. È la spiritualità della Chiesa e della liturgia che siamo chiamati a vivere. Le premesse del Messale parlano di colui che presiede come uno che serve con umiltà. Il presidente della celebrazione deve pertanto considerarsi fratello tra i fratelli, ascoltatore degli ascoltatori della Parola, interprete ed annunciatore della Parola, colui che deve comunicare agli altri il dono che ha ricevuto per primo.

C’è un testo di Sant’Agostino che parla del vescovo e dice: “Per i vescovi si dispone un luogo più in alto perché essi vedano da sopra e sovrintendano”. E continua: “perché in greco il nome episcopos significa queste cose”. Quindi il vescovo deve stare in alto nella celebrazione. Pensiamo proprio alla cattedra. “Ma di tale luogo alto” – dice Sant’Agostino – “il vescovo renderà conto”. E questo luogo alto lo metterà in pericolo. È quindi una sfida per il vescovo. “Lo metterà in pericolo se egli non sta lassù, come restando a terra, umilmente, sotto i piedi dell’assemblea”. Questo è il testo di Agostino che spiegava la cattedra del vescovo, nelle spiegazioni sui Salmi. Si tratta proprio di quell’umiltà di cui stiamo parlando in colui che presiede: il presbitero deve avere la consapevolezza di essere uno strumento nelle mani del Signore e non un attore in prima persona. Quando uno si prepara una predica di mezz’ora, pensando forse di aver fatto una bella cosa, alla fine ecco che c’è lo squilibrio nella celebrazione ed ecco che c’è il protagonista che predica. Ma la gente non è andata per vedere questo protagonista, ma un altro protagonista che non si vede, che è il Cristo. Il sacerdote deve stare al suo posto, senza diventare unico protagonista della celebrazione. Il protagonismo infatti può essere una grande tentazione per chi ha il compito di reggere un’azione quale quella della liturgia, facilmente esposta al rischio di trasformarsi in spettacolo. Ciò avviene quando la propria pietà e i doni personali vengono enfatizzati ed esposti. In tal caso i gesti liturgici non raccontano più l’azione di Dio, ma diventano azioni di chi li compie.

Quando da parte del presbitero vi è eccesso di espressione sentimentale o quando ci si fida troppo dell’ispirazione personale, si arriva a cadere anche nell’esibizionismo, che trasforma la liturgia in un teatro, in scena religiosa mondana. Qualche volta è vero che c’è questa cura nei particolari che si fanno troppo vedere e perciò, quando ci facciamo notare, distraiamo sempre l’attenzione da quello che è il personaggio che la gente

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deve incontrare. In questo caso avviene purtroppo che chi presiede finisce per sedurre, per attirare a sé, pervertendo la liturgia nel suo scopo, che è invece quello di portare a Cristo, e attraverso di lui a Dio Padre, grazie all’azione dello Spirito Santo e non allo stupore suscitato da chi celebra. È in questo senso che Benedetto XVI raccomanda al clero di approfondire sempre più la coscienza del proprio ministero eucaristico come umile servizio a Cristo e alla Chiesa. E ricorda che il ministero è “amoris officium”, ministero dell’amore, secondo l’espressione di Sant’Agostino. Presiedere significa dunque “stare davanti all’assemblea”, con la propria persona, i propri gesti, gli atteggiamenti, le parole, i movimenti. Chi presiede deve avere la qualità della dignità; essere consapevole dell’importanza dell’azione che compie; avere il senso della celebrazione; della proclamazione di un testo; avere una gestualità appropriata, decoro nel portamento e nella persona, conoscenza concreta della comunità dei fedeli, conoscenza pastorale, storica e teologica dell’azione liturgica; avere il senso della relazione tra il gesto, la parola e l’azione. Deve avere il gusto del bello.

Presiedere significa inoltre, relazione e dialogo. Chi celebra non celebra per se stesso, ma implica la comunità come punto di riferimento, e una comunità composta da collaboratori come gli accoliti, i lettori, i ministranti, i cantori. Un presidente che si agita sull’altare, che osserva tutto e lo lascia vedere, che richiama e rimprovera, che va da una parte all’altra del presbiterio per compiere funzioni che non gli competono (accendere e spegnere luci, spostare microfoni, inserire dischi, portare il calice e la patena all’altare) non è un buon presidente.

Presiedere coinvolge anche altri elementi che contribuiscono all’espressività e al dialogo: le vesti sacre, le tovaglie dell’altare, la luce, i fiori, la suppellettile, i libri liturgici. Occorre accennare anche a questa questione dei libri liturgici: come sono conservati i nostri libri? dove sono “buttati”? Questi elementi spesso parlano da sé, prima ancora delle parole: pulizia, ordine, vesti appropriate, luminosità dell’ambiente, buona amplificazione, i fiori disposti con gusto, costituiscono già il benvenuto ai fedeli che entrano in chiesa ed un invito a ritornarvi. Al contrario: un servizio approssimativo, vesti sporche e non curate, lettura incerta e sbrigativa, candele storte, sedie in disordine, polvere, pareti in degrado, non costituiscono un invito per ritornare in chiesa.

Ricordo spesso i matrimoni: c’è tutta la gente vestita a festa, tutti hanno il vestito nuovo. Arriva la sposa vestita con l’abito lungo bianco, fanno quella bella suonata all’inizio, c’è un ingresso solenne e poi dopo che tutto è a posto c’è una campanellina che suona ed entra un prete da solo portando magari il calice con il camice corto, ecc... e arriva in qualche modo

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all’altare. Purtroppo qualche volta è la realtà delle nostre presidenze celebrative.

La presidenza poi non si esercita solo nel corso della celebrazione, ma deve iniziare nella preparazione della celebrazione. La preparazione pratica ad ogni celebrazione liturgica si faccia di comune intesa fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente. Siamo ancora nelle norme per l’uso del Messale Romano. La celebrazione liturgica infatti esige l’armonia delle varie componenti: liturgia della Parola, liturgia eucaristica, presidenza e ministerialità, parole e gesti, canti e silenzio, rispetto delle rubriche, senso dell’adattamento, comunità ed individuo, partecipazione in silenzio e partecipazione nei gesti e nelle parole, preghiera personale e preghiera di tutta l’assemblea. Ciò esige un’attenta e curata preparazione, perché una celebrazione non preparata e fatta in fretta, si riduce spesso ad un puro ritualismo formale. La presidenza tuttavia si esercita soprattutto nel corso della celebrazione.

Presiedere una celebrazione non significa solo occupare il posto riservato a colui che presiede, né eseguire con scrupolosità le rubriche.

Presiedere significa farsi interprete e mediatore della comunità; coordinare i vari uffici e ministeri, in modo che tutto si svolga in ordine e lasci trasparire l’equilibrio tra il divino e l’umano... Ci vuole quindi un impegno permanente nella pastorale liturgica ed essere convinti che la riforma liturgica non è una cosa marginale, ma riguarda la riforma di tutta la Chiesa. Le disposizioni della “Sacrosanctum Concilium” sono state attuate con la pubblicazione dei libri liturgici e con opportune indicazioni, e veramente si può dire che i pastori e il popolo cristiano, nella loro grande maggioranza, hanno accolto la riforma liturgica in uno spirito di obbedienza, e anzi di gioioso fervore. “Per questo bisogna rendere grazie a Dio per il passaggio del suo Spirito nella Chiesa, quale è stato il rinnovamento liturgico.” Sono le parole di Giovanni Paolo II nella lettera “Vigesimus Quintus Annos”, la lettera che ha scritto nel venticinquesimo della Costituzione liturgica. “Pertanto – continua il Papa – “la riforma della liturgia voluta dal Concilio Vaticano II può considerarsi ormai posta in atto”. La pastorale liturgica invece costituisce un impegno permanente, per attingere sempre più abbondantemente dalla ricchezza della liturgia quella forza vitale che dal Cristo si diffonde alle membra del suo corpo che è la Chiesa.

Quindi la riforma è fatta, ma adesso bisogna attuarla attraverso l’impegno pastorale e costante. E l’impegno del sacerdote non deve essere il mettersi al primo posto. Io penso spesso a quell’immagine della Chiesa, che

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vale per tutti i sacerdoti, di quell’uomo che esce il mattino ad arare il proprio campo e ritorna a casa alla sera. Ecco: questo arare, questa fatica di lavorare nel campo della Chiesa ogni giorno è l’immagine che ci deve accompagnare.

Chi legge con intelligenza spirituale la “Sacrosanctum Concilium”, coglie l’intuizione profonda che l’attraversa. Dalla riforma liturgica conciliare non passa unicamente il rinnovamento dei riti, ma quello della Chiesa nella sua interezza. Per questo nella concreta recezione della riforma liturgica è in gioco, non solo il rinnovamento della liturgia, ma più ancora la fedeltà evangelica della Chiesa. Solo in questo modo la legge della preghiera non sarà solo la legge della fede, ma anche la legge dell’essere e dell’agire della Chiesa.

Dobbiamo essere convinti che la liturgia e la Chiesa sono la stessa realtà. La riforma liturgica è stata voluta per la riforma della Chiesa, perché il Concilio si era proposto quattro grandi finalità: la riforma della Chiesa, le relazioni ecumeniche e il dialogo con le altre Chiese, la riforma delle strutture e la missionarietà della Chiesa. E per questo ha cominciato dalla liturgia, perché la liturgia è il fondamento della missionarietà della Chiesa; la liturgia è il fondamento dell’ecumenismo e da lì parte il tutto: “è il culmine e la fonte”. Vedete quale realtà c’è tra liturgia e Chiesa. Colui che presiede di fronte all’assemblea – teniamo presente che guardiamo l’assemblea – non è soltanto guardato, ma è approvato, è giudicato nello svolgimento del suo ruolo, che svolge in persona Christi. E tuttavia tale presidenza non può essere esercitata senza tenere conto della qualità dell’assemblea e senza essere capace di rispondere alle attese del popolo di Dio. Colui che presiede, infatti, in qualche modo presiede anche in persona ecclesiae. Quando presiede, il presbitero agisce in nome di Cristo, è icona di Cristo, così come agisce anche in nome della Chiesa, quale rappresentante ufficiale e porta-parola della comunità. Egli non è una semplice persona privata, ma la sua azione in nome della Chiesa non sostituisce la partecipazione attiva dell’assemblea, anzi dovrebbe renderla possibile, perché la liturgia resta in ogni caso un’azione comune. Quando presiede la liturgia, il presbitero non dimentichi che i fedeli non sono chiamati in assemblea a vedere, ma ad agire insieme, a “celebrare” insieme.

Rifuggendo da ogni forma di protagonismo, il presbitero, plasmato dall’autentico spirito della liturgia, presiederà la celebrazione come colui che serve, ad immagine di Colui di cui egli è povero segno. Per questo la qualità della presidenza liturgica, nella sua forma più alta e più feconda, andrà al di là di una semplice arte del presiedere o di un mero “savoir faire”, per divenire principio di comunione, nell’intima consapevolezza che

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l’insieme dei doni dello Spirito Santo si trova unicamente nell’insieme della Chiesa.

Nessuno nella Chiesa ha l’esclusiva dei doni dello Spirito: ciascuno riceve lo Spirito per la ministerialità cui è chiamato, e solo quando noi riusciamo ad armonizzare tutte queste ministerialità nella celebrazione, abbiamo la pienezza dello Spirito. In altre parole: nella celebrazione eucaristica il presbitero deve avere una consapevolezza profonda e chiara del suo “far segno”. Proprio per questo egli indossa le vesti liturgiche prescelte, che sono in sé linguaggio, fanno vedere messaggi necessari alla pienezza della celebrazione. Quando il presbitero entra nell’assemblea eucaristica, non vi entra come un qualsiasi fedele, perché egli “fa segno” al Cristo che viene in mezzo ai suoi; “fa segno” al Cristo quando predica la parola dall’ambone; “fa segno” al Cristo quando spezza il pane eucaristico. C’è un modo di camminare, di sedersi, di parlare, di fare gesti che rimane scritto nella banalità dei gesti comuni e quotidiani, che non “fa segno”, anzi ostacola la possibilità di vedere oltre da parte di chi partecipa alla liturgia. È vero che le azioni liturgiche umane sono umane e tali restano nella liturgia: prendere il pane, spezzarlo, mangiare, accendere un cero, aprire un libro, ma per “fare segno” devono essere strappate alla logica utilitaristica, o peggio a quella di un comportamento distratto, meccanico, abitudinario, per essere investite di un nuovo significato nel contesto rituale e sacramentale cristiano. Chi presiede deve assolutamente essere capace da un lato di operare questo movimento di presa di distanza e di distinzione e dall’altra di operare una disposizione di senso.

Siamo all’inizio del terzo millennio, e perciò è necessario dare l’immagine di una Chiesa che celebra, prega e vive il mistero di Cristo nella bellezza e nella dignità della celebrazione. Bellezza che non è solo formalismo estetico, ma è fondata sulla nobile semplicità, capace di manifestare il rapporto tra l’umano e il divino nella liturgia. Si tratta della dinamica dell’Incarnazione: ciò che l’Unigenito, pieno di grazia e di verità, ha fatto visibilmente è passato nei sacramenti della Chiesa. La bellezza deve lasciar trasparire al centro della liturgia la presenza di Cristo, la quale potrà essere tanto più evidente quanto più nelle celebrazioni si potrà percepire contemplazione, adorazione, gratuità e rendimento di grazie. “Maestà e bellezza sono davanti a lui” dice il Salmo, “potenza e splendore nel suo santuario”. Il salmista non solo canta la bellezza di cui la dimora del Signore risplende, ma altrove confessa che le sue opere “sono splendore e bellezza”.

Quale altra realtà della Chiesa è chiamata a coniugare e ad esprimere la bellezza come lo spazio liturgico e l’azione liturgica? Non solo il luogo, ma anche l’azione, ovvero il gesto, la postura, il movimento, gli abiti

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devono manifestare armonia e bellezza. Il gesto liturgico è chiamato ad esprimere bellezza in quanto è gesto di Cristo stesso. E c’è una bellezza del sacramento; e se c’è una bellezza del sacramento, allora il ministero di chi presiede è ministero di bellezza.

Purtroppo in questi ultimi decenni si è a tal punto insistito sull’animazione liturgica da ridurre chi presiede quasi ad un animatore dell’assemblea. Mentre poco si è meditato e ci si è impegnati nell’ars celebrandi. In tal modo è però avvenuto un immiserimento della liturgia, un’incapacità di esprimere che ha annoiato e continua ad annoiare qualche volta ministri e fedeli. E quando non c’è più l’attenzione, la cura affinché emerga questa bellezza che è sempre eloquente, efficace nel gesto e nella parola, allora appaiono il meccanicismo del celebrare; il recitare un testo al quale non si aderisce; la cantilena; un ripetere azioni senza essere soggetto capace di dare loro forza e comunicazione. In tal caso nel presbitero non c’è più autorevolezza, ma in lui prevale l’aspetto del funzionario, del mestierante, di chi fa qualche cosa per professione e ruolo, ma senza convinzione. Al contrario, anche attraverso la bellezza, la liturgia potrà continuare ad essere “fonte e culmine, scuola e norma di vita cristiana”.

In realtà – e siamo alla fine – quasi tutti i problemi della liturgia di ieri continuano a rimanere i problemi della liturgia di oggi, anche nell’arte del celebrare: la lingua, l’adattamento, la tensione fra conservazione e progresso, fra centro e periferia della Chiesa. Oggi tuttavia, venuti meno i testimoni della riforma, e cioè i vescovi del Concilio e gli esperti che l’hanno attuata, è importante rinnovare nella Chiesa, mantenere vivo lo spirito che ha suscitato il movimento liturgico e ha ispirato i padri conciliari ad approvare la Costituzione sulla sacra liturgia, primizia di quella grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Le vere difficoltà della liturgia per l’oggi e per il domani, non riguardano più principalmente l’ordinamento dei testi e dei riti. Occorre ricordare che il Concilio – l’ho già detto prima – si era proposto quattro obiettivi: la crescita della vita cristiana, l’aggiornamento dell’istituzione ecclesiale alle esigenze del nostro tempo, l’unità di tutti i credenti in Cristo e cioè l’ecumenismo, la chiamata di tutti nel seno della Chiesa e cioè la missione. Per conseguire questi quattro obiettivi, il Concilio ha ritenuto di doversi interessare in modo speciale anche della riforma e dell’incremento della liturgia.

La riforma della liturgia non fu quindi voluta e attuata come semplice riforma di riti, ma come fondamento e ispirazione per raggiungere gli scopi che il Concilio si era dato. Per questo, a mio giudizio, il fine della liturgia è il fine stesso della Chiesa; l’avvenire della liturgia è l’avvenire del

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cristianesimo e della nostra vita cristiana. E ciò proprio perché – ci ricordano i padri del Concilio – la liturgia è il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte di cui promana tutta la sua virtù”. Se siamo convinti di questo c’impegneremo sempre di più nel migliorare le nostre liturgie, nel migliorare i luoghi nei quali le nostre liturgie vengono celebrate e soprattutto nel migliorare il nostro presiedere la celebrazione.

Concludo con le parole di Paolo VI, dirette al clero di Roma nel 1965: “la nostra raccomandazione è questa: dedicate somma cura alla conoscenza, alla spiegazione, all’applicazione delle norme con cui la Chiesa vuole celebrare il culto divino. Non è cosa facile, è cosa delicata. Richiede interessamento diretto e metodico, richiede assistenza vostra, personale, paziente, amorosa, veramente pastorale. Si tratta di mutare tante abitudini, si tratta di incrementare una scuola più attiva di orazione e di culto in ogni assemblea dei fedeli. Si tratta, in una parola, di associare il popolo di Dio all’azione liturgica sacerdotale. Ripetiamo: è cosa difficile e delicata, ma aggiungiamo necessaria, doverosa, provvidenziale, rinnovatrice e speriamo anche consolatrice. Occorreranno anni” – continuava il Papa – “ma bisogna cominciare, ricominciare, perseverare, per riuscire a dare all’assemblea la sua voce grave, unanime, dolce e sublime”.

Siano queste parole di Paolo VI stimolo per il nostro impegno nelle nostre celebrazioni liturgiche, quotidiane e domenicali.