Bollettino dell’Ordine Martinista n. 62

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 62 Equinozio d’Autunno 2016 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 62 Equinozio d’Autunno 2016

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

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2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - ECHI MISTICI SUL NOSTRO PERCORSO - pag.3

MIRIAM - I:::I::: - RIFLESSIONI SUL SIMBOLO - pag.6

LICURGO - S:::I:::I::: - ORBO AB CHAO - pag.8

HASIDD - S:::I:::I::: - L’UOMO DI DESIDERIO - pag.17

BETH - A:::I::: - RIFLESSIONI PERSONALI SUL MARTINISMO - pag.18

MORGON - I:::I::: - IL RINGRAZIAMENTO - pag.19

OBEN - S:::I::: - CHI AUMENTA LA CONOSCENZA AUMENTA ANCHE IL DOLORE ( S. BIBBIA- ECCLESIASTE) - pag.20

JOHANNES - S:::I:::I::: - LA FAMIGLIA - pag.24

AKASHA - I:::I::: - LA PURIFICAZIONE DI CIÒ CHE NON VEDO - pag.26

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Echi mistici sul nostro

percorso

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Spesso, nei testi sacri, negli scritti di molti autori,

anche durante alcune cerimonie iniziatiche, si accen-na all’essenza spirituale di ognuno che non di radoviene definita con la parola: “anima”.Siamo abituati quindi, ad immaginarla come qualchecosa di non ben definito ma, in qualche modo, corri-spondente e speculare all’immagine corporea diognuno.In tutti i tempi, a seconda delle diverse esplorazionidei ricercatori di conoscenza, appartenenti alle molte-plici scuole sparse nel mondo, sono state avanzateintuizioni, percezioni, visioni, molto particolari inmerito, e qualche volta anche abbastanza differenti, inquanto funzionali nei loro collegamenti, all’atto dellacreazione di tutte le cose e quindi ad una particolarecosmogonia mistica. Ad esempio, nell’ambito kaballistico, quando se neparla, non si può certo prescindere dal collegamentocon la creazione dei quattro mondi, delle dieci sefiroted ovviamente dalle 22 lettere sacre dell’alfabeto chea loro volta sono inserite nelle funzioni dell’atto crea-tivo e poi con le quali è scritta la Torah che sarebbestrettamente connessa a tale atto.Così, è possibile avere racconti che cercano di spie-gare come riuscire ad immaginare questa essenza spi-rituale (l’anima), osservata da più punti di vista e sud-divisa in diversi comparti che consentono ad una cosaunica di risultare appartenente comunque e contem-poraneamente ai diversi, ipotetici, livelli spirituali.Risulta quindi intuibile che mentre si osserva un attri-buto di tale essenza che esprime una delle modalitàcon cui si manifesta, proprio tramite questa si

tende a celare tutto il resto della stessa essen-za. E’ come quando si osserva un vestito chesembra rivelare chi sia colui che lo indossa,

ma che di fatto ne cela la fisicità. Una veste suggeri-sce la forma di chi la indossa, accenna alle sfaccetta-ture caratteriali, pur nascondendone completamenteod in parte il corpo.Similmente, la parola potrebbe definirsi la veste delpensiero. In qualche modo lo comunica, ma contem-poraneamente nasconde le sue implicazioni più pro-fonde. In sintesi, le parole tendono a rispecchiare leimmagini del pensiero, proprio come un vestito sem-bra definire una sorta di duplicato del fisico che loindossa. Si giungerebbe così ad una forma concettuale moltodelicata ed importante; ovvero quella della scelta daparte dell’essenza-anima, di rivestirsi di determinatecaratteristiche oppure no. Si potrebbe così supporreche mentre l’essenza non cambia, i vestimenti posso-no essere variabili; a meno che il processo d’incarna-zione non conduca ad una fusione tanto profonda dacostituire una singola entità: anima-corpo (pur man-tenendo immutate le caratteristiche dell’essenza-anima) con le vesti rappresentate dal pensiero, paro-le, azioni.In questa ipotesi, il pensiero sarebbe la facoltà utiliz-zata dall’anima per comunicare con la coscienza (maanche viceversa per chi volesse intraprendere il per-corso suggerito dal nostro metodo e dalle nostremeditazioni strutturate). La parola diverrebbe lamodalità di presentarsi all’esterno, mentre l’azionediverrebbe la manifestazione oggettiva dell’animatramite le componenti del mondo materiale.Si potrebbe così iniziare ad intuire qualche altro con-cetto molto interessante, ovvero che tra l’Infinito del-l’immanenza divina ed il finito di una qualsiasi crea-tura, esiste un divario anch’esso infinito.Quindi, anche tra l’Infinito e l’uomo esiste unadistanza che l’uomo non può colmare. Per quantol’uomo si sforzi, questa distanza tra lui ed il divinonon cambierà, dal momento che non è dal lato umanoche questa distanza potrebbe essere ridotta.Infatti, sempre da questo punto di vista, sebbene una

persona con i suoi sforzi, possa ottenere

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grandi cose, magari anche riuscire ad “assag-giare il frutto dell’albero della conoscenza” edistinguere con pienezza il bene dal male –non potrà mai, con le sue sole forze, avere compren-sione e coscienza dell’Infinito. Si potrebbe infattidedurre agevolmente che una simile distanza sarebbecolmata per un eventuale “contatto” solo e quandofosse Dio a provvedervi, dal momento che la distan-za che separa l’assolutamente infinito da ciò che èlimitato-finito, potrebbe essere superata, annullata,solamente da Colui che è illimitato-infinito.Ad ogni modo, sempre secondo la mistica insita nelpercorso kabalistico, l’uomo potrebbe attirare l’atten-zione di Dio riuscendo ad intuire, dedurre, applicare,le regole donate da Dio stesso, e fissate nella Torahche così costituirebbe non certo un semplice libro, mauna manifestazione della divinità, un raggio di Luceinfinita, una veste dell’essenza divina che penetra l’a-bisso di oscurità di ciò che è finito per consentire dicomprendere, nella misura di ogni singola capacitamentale e della caratteristica celeste di ogni anima,ciò che Dio vuole che sia fatto.Occorre quindi tenere presente che ogni persona ha isuoi limiti, soprattutto per ciò che attiene al tentare dicomprendere qualche cosa tramite le modulazioniinterpretative dei quattro livelli del “pardes” (metodoper l’esplorazione e “decodificazione” della Torah);limitazioni ovviamente derivate, in prima istanza,dalle personali caratteristiche intellettuali.Un altro problema molto delicato, ma ineludibile peruna possibile comprensione, sarebbe ascrivibile aquella che alcuni definiscono come la radice celestedell’anima dell’individuo. A causa di questa, anche chi fosse intellettualmente ingrado di indagare una determinata parte della Torah,non riuscirebbe ad entravi in sintonia pressochèempatica, se la radice della sua anima non avesse lecaratteristiche che potrebbero permetterlo (saràopportuno tenere presente che la riflessione su questoconcetto può essere tranquillamente estesa ad altriambiti e riferita anche ad altri testi “luminosi” e guar-da caso, apparentemente criptici). Se al contrario fosse “idoneo”, allora i concetti di cuiprenderebbe visione gli parlerebbero e lo

influenzerebbero. In sintesi, sarebbe necessa-ria un’abilita intellettuale, ma soprattuttoun’affinità interiore con ciò di cui si vorreb-

be prendere coscienza consapevole, e che derivereb-be dal radicamento dell’anima in quella parte deltesto. Quindi, se ad un soggetto mancasse tale identifica-zione interiore, la materia gli potrebbe essere spiega-ta, o illustrata mediante metafore ed analogie, ma eglinon si congiungerebbe mai veramente ad essa.Al contrario se possedesse un’anima nobile, pur nonavendo un elevato livello intellettuale per compren-dere appieno cose grandi ed elevate, entrerebbecomunque in relazione con questi argomenti, intuiti-vamente, anche senza gli strumenti per capirli razio-nalmente. Infatti, la sintonia con una o più particolariparti del libro diverrebbe una guida specifica anche senon si sarebbe in grado di spiegarle o di comprender-le. Ciò riporterebbe tutto, poi, ai vestimenti dell’ani-ma dove, ad esempio le parole potrebbero sintetizzar-si nelle preghiere e nella recitazione di benedizioniriverberanti l’amore verso Dio, nel desiderio ricon-giungersi a Lui, mentre le azioni sarebbero tese all’a-dempimento dei comandamenti, finalmente compre-si. Il rovescio della medaglia di tutto ciò riguarderebbela possibilità delle vesti dell’anima (pensieri, parole,azioni) di essere rivolte al male.E’ necessario comprendere bene che, ad esempio, unacattiva azione non sarebbe da identificare solo conqualche cosa contraria ad un sistema di regole, con-venzioni, usi, costumi, morale comune, ma bensì unnutrimento del male che è tale nella sua essenza e cherivitalizzato da tale azione (come pure da quelle dellarestante umanità) velerebbe in modo sempre più con-sistente la possibilità di ricevere la Luce.Ad ogni modo, in funzione delle caratteristiche parti-colari con le quali è stato creato l’essere umano(diverso da tutte le altre creature, compresi gli ange-li), sembrerebbe che a lui, che vive in condizioni(quelle odierne) in cui non percepisce il divino ed ècontinuamente sollecitato, tentato, da parte del male,sia stata consentita la capacita di scegliere se andare

oltre i limiti queste ultime (azioni funziona-

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li al male) o di piegarsi, arrendendosi ad esse.Quindi, lui solo potrebbe decidere di agire inmodo malvagio; lui solo nutrirebbe il male edaccrescerebbe la sua forza, permettendogli d’infestar-lo in una sorta di relazione di sempre più strettadipendenza.Secondo questo punto di vista, il male esisterebbeogni volta in cui l’uomo gli permetterebbe di esistere,ogni volta che gli consentirebbe di nutrirsi della forzadivina che scorre verso di lui, la quale verrebbe in talmodo deviata per dar forza all’oscurità dei veli. Come accennato sopra, esisterebbe però la possibilitàdi recuperare la relazione con Dio tramite la com-prensione di quanto ci ha trasmesso (ad esempioattraverso le indicazioni di un testo sacro) e la sceltadi realizzare umilmente nella fisicità terrena (tramitepensieri, parole, azioni) ciò che è insito in quellecomunicazioni che in tal modo diverrebbero un veroe proprio ponte per tentare la risalita verso i livelli piùelevati della creazione.Senza procedere oltre (per ora), si potrebbe già ini-ziare ad intuire perché il metodo proposto dal nostroOrdine, suggerisca delle particolari modalità formati-ve (non certo esclusive o straordinarie, ma sicura-mente importanti). Si ritiene che per tentare di attira-re l’attenzione in modo che ci venga concesso divedere ridotta la distanza tra noi ed i piani più lumi-nosi, sia necessario prepararsi bene ed in modo effi-cace per riportare l’anima a riconquistare progressi-vamente la sua luce, senza più veli, cominciando adoperare partendo dal livello della materia con le suevesti.Non sono così casuali alcune indicazioni riguardantila necessità prioritaria di rieducare la mente, di alle-nare la possibilità di acquietarla, tentando di riuscirea limitare l’irrompere disordinato e cacofonico diogni pensiero che impedisce la focalizzazione e l’e-sercizio della volontà; quindi senza l’ausilio adrenali-nico di supporti passionali, purtroppo (questo ènecessario comprenderlo molto bene) strettamenteinteragenti con i veli che tutto ottenebrano.Parimenti, sono state scelte oculatamente le sintesiinerenti agli argomenti di base, preposti per un’inda-gine interiore, rappresentate dalle quattordici

meditazioni strutturate che se ripetutamente ecorrettamente eseguite, permettono di rivisi-tare, un poco alla volta, sino a dove la memo-

ria lo consentirà, i personali pensieri, le parole pro-nunciate e le azioni intraprese durante l’esistenza,facendo particolare attenzione ai momenti in cui aseguito di più o meno precise stimolazioni, si è mani-festata, nel bene o nel male, una particolare reattivitàemotiva.Non a caso poi, sono privilegiate le interazioni perso-nali (maestro-allievo) rispetto a quelle collettive(queste preferibilmente non più di una al mese e nonper tutti i mesi). Infatti, ogni soggetto è diverso conesperienze, storia, problemi propri ed unici; quindi,ha necessità di comunicazioni, di cultura e di forma-zione differenti rispetto a quelle degli altri.Ad esempio (anche solo per l’ambito dell’erudizio-ne), una metodologia scolastica applicata in modoforzato e superficialmente generico per tutti i figlio-letti di un gruppo, sarebbe errata ed in contraddizionecon quella martinista.Per lo più, sono stati suggeriti (ma mai imposti) argo-menti e libri che tramite sentieri come quelli dell’al-chimia, dell’astrologia e della kaballah, possano aiu-tare chi sia in grado di esplorarli, a comprendere séstessi, la propria vera natura ed iniziare ad intuire,anche solo tramite qualche scintilla luminosa, quelladella creazione.Ovviamente, tutto ciò, unitamente al recupero, allarivisitazione del modo di pregare “consapevolmen-te”, rappresenta solo la possibilità di riuscire a comin-ciare a rigenerare le vesti dell’essenza-anima, inmodo da poter scegliere coscientemente verso qualedirezione “luminosa” compiere umilmente un primo,piccolo, passo (anche tramite le parole e le azioni).Poi, auspicabilmente, se ne potranno compiere altri,se lo si vorrà veramente.

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

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Riflessioni sul simbolo

MIRIAM - I:::I:::

L’ho già ripetuto altre volte, viviamo in una socie-

tà (almeno quella che conosco io del mondo occiden-tale) che ha perso la dimensione del sacro. Purtroppomi sto accorgendo che non solo i laici soffrono diquesto ma talvolta anche i predicatori sembrano inca-paci di affrontare temi sacri.Ovviamente questo non può e non deve accadere achi intenda iniziare un percorso di Conoscenza per-chè queste influenze negative allontanano dalla Via.La parola sacro deriva dal latino dove nella formaarcaica esiste il termine sakros da cui originano leparole sanctus e sacer; quest’ultima a sua volta deri-va dalla radice sak , ma in origine le due parole ave-vano diversi significati.Non mi addentro in questioni etimologiche in cui nonsono preparata ma la parola “sacer” nelle versionipiù accreditate significherebbe ciò che è “separato”rispetto al “profano”. Se guardiamo anche alla lingua ebraica possiamo tro-vare una corrispondenza con il termine “quadosh”dalla radice “qds” indicando il “separato” cosi comela radice (ag) dei greci da cui “agnos” l’assoluta-mente altro.Il confluire verso lo stesso significato di questi termi-ni avverrà con il tempo così come si evolverà il signi-ficato di “religio”; dapprima consisteva in un sem-plice rito con modalità formali per mantenere la pacee la concordia nel popolo. Solo più tardi verso il IVsec. ad opera dei cristiani, si cominciò ad avvertire unsignificato più profondo della religio che perciòdiventò “un bisogno di raccogliere attorno ad essa ungruppo di uomini che si impegnavano a vivere sottoidentiche regole anche verso la Divinità. In pratica sipensò di passare dal sanctus al sacer con rituali e spe-cifiche regolamentazioni quando il sacer, l’altro nonpoteva essere che Dio Il Sacro dunque comprende il tutto e il con-

trario di tutto quello che qualcuno ha defini-to l’abisso del caos che si oppone al mondodella ragione; qualcosa che è al di fuori di noi

ma la cui traccia può essere trovata anche all’ internodi noi (secondo Jung, ma anche per il processo caba-listico dello ZIM ZUM). È allora evidente che se lanatura del nostro inconscio è sacra, accedervi è quan-tomeno difficile, se non intervengono forze specifi-che. Basta osservare i folli in cui l’inconscio prendeil sopravvento, o più banalmente i sogni che diventa-no quasi dei canali di comunicazione con l’Altro.Nell’antichità i folli erano considerati intoccabiliquasi sacri e si dava molta importanza alle loro paro-le. La natura sacra di Dio lo rende indefinibile daparte dell’uomo che pretende di raggiungerLo con lasola ragione, creando in tal modo dei falsi percorsilontani dalla Verità. Tutti i tentativi e gli sforzi dellaragione sono un’emancipazione del Sacro. L’inconoscibilità di Dio ci consente di valutare l’im-portanza e l’essenza del SimboloIl Simbolo diventa così il mezzo più adeguato perinsegnare e scoprire LE VERITÀ DI ORDINE SUPE-RIORE: una vera e propria Ierofania (dal greco “ioappaio sacro”, cioè la presenza soprannaturale deldivino) da intendersi quindi come quella realtà “altra”cioè sovrumana e ultra umana. Da questo deriva il suo potere di affermare che cia-scuna cosa è questo e anche altro (principio dellaDisgiunzione)È innegabile allora che il Sacro sia la vera essenza delSimbolo, ma altresì dunque, il Simbolo sarebbe lavera epifania del Sacro (per epifania si intende“manifestazione visibile della Divinità”).A questo proposito vorrei ricordare una mia persona-le esperienza che ritengo esplicativa. Qualche anno fa ho partecipato ad un seminario il cuitema di fondo era il Padre nostro, ma che si trasformòin un lungo discorso sul simbolo. In quell’occasione, il padre gesuita che dirigeva ildialogo ci fece notare che “l’Ostia Consacrata” era sìun simbolo di Dio ma soprattutto una transustanzia-zione del “corpo di Gesù quindi “epifania” del sacro.La secolarizzazione della nostra società, se da un lato

ci ha portato molti benefici economici e

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materiali, in genere dall’altro ci ha tolto quel-la “familiarità” col sacro che avevano i nostriprogenitori; basti pensare agli eroi e sevogliamo anche agli DEI. A tal proposito, cito Guenon (simboli sacri): “l’uomodeve restaurare l’intellettualità vera”.Mi permetto di fare qualche riflessione sulla tantoosannata “Ratio” e vorrei far notare che questa nonpermette di articolare le “differenze”, ovvero non puònemmeno concepire che esista un’altra realtà, ed unsenso altro delle cose. Basti pensare all’interpretazio-ne della Bibbia che non può essere fatta con la ratio ocon l’analisi logica e letterale delle parole; sappiamoche vi sono altre interpretazioni, almeno ben quattroper la verità. E solo in base a queste si superano lenotevoli e apparenti diversità tra vecchio e nuovoTestamento che tanto sono esaltate da chi fa uso dellasola ragione. Purtroppo, la nostra società e cultura hadeciso di riconoscere come “vero” solo l’aspettomateriale e immediatamente evidente della nostrarealtà terrena. Perciò, l’uomo che desideri coglierel’essenza del simbolo, dovrebbe distaccarsi da questomodo di sentire, di vedere le cose, ed impegnarsi perla restaurazione dell’intellettualità vera. Ritengo necessario a questo punto precisare cheGuenon non sembrerebbe affatto intendere l’intellet-tualizzazione come un mero dato psicoanalitico, erisulterebbe completamente esente da esortazionisentimentali.Partendo dal dato della realtà come percepito dallamente, all’uomo di desiderio non resta che affidarsiad un percorso che, attraverso discipline serie, tradi-zionalmente confermate, ma anche tramite un pensa-re autoriflessivo, possa accedere ad una conoscenzadiversa , oserei dire superiore, a quella profana che cicirconda. Questo modo di pensare costituirebbe l’uni-ca via verso il Veramente Vero dell’essenza, cioè delSimbolo che di conseguenza, costituisce un coadiuto-re, uno strumento funzionale alla Divinità. Comprendiamo così come esso sia un ponte tra l’u-mano e l’extra umano, tra il visibile e l’invisibile; duemondi apparentemente opposti in cui il Simbolodiventa servo di quell’intuizione intellettuale che è aldi sopra della ragione (Guenon).

Procediamo ancora un poco su queste rifles-sioni per renderci conto che dobbiamo rifiu-tare una spiegazione del simbolo unicamente

con l’aiuto della sola ragione, la quale può solamenteconcepire dei significati attribuiti o attribuibili. Ci dobbiamo volgere verso un’impresa molto più dif-ficile, ovvero riscoprire i meccanismi di funziona-mento operazione possibile solo con l’ausilio dell’in-telletto.Esodo 32 1-9<<il popolo vedendo che Mosè indugia-va nello scendere da monte si radunò attorno adAronne gli disse “ facci un Dio che vada davanti anoi perché di quel Mosè che ci ha fatto uscire dallaterra d’Egitto non sappiamo cosa ne sia”. Aronne disse loro: “staccate gli anelli d’oro penden-ti dalle orecchie delle vostre donne, dei vostri figli,delle vostre figlie e portatemeli”. Tutto il popolostaccò gli anelli d’oro che pendevano ai loro orecchie li portarono ad Aronne.. Egli li prese dalle loromani, li fece fondere in una forma e ne ricavò unvitello di metallo fuso. Allora dissero “ecco il tuoDio, Israele, che ti ha fatto uscire dalla terrad’Egitto” Ciò vedendo, Aronne costruì un altaredavanti ad esso ed esclamò: domani sarà festa inonore del Signore”.. il Signore disse a Mosè: Va’,scendi, perché il tuo popolo che hai fatto uscire dallaterra d’Egitto, si è pervertito”….Il Signore disse inol-tre a Mosè: “Ho visto questo popolo, ed ecco unpopolo dalla dura cervice. Ora lasciami fare: la miaira si accende contro di loro e li divora, mentre di tefarò una grande nazione”>>Insomma all’atto pratico l’uomo che desidera accede-re al sacro tramite il simbolo deve mettere in moto unduplice tentativo: da una parte recuperare una tradi-zione da cui l’uomo moderno è completamente dis-taccato, dall’altro restaurare un adeguato senso delladottrina (Guenon).Uno sforzo alla portata di tutti ma non per tutti,richiedendo a ciascuno un sacrificio estremoquello dell’Io; solo con la morte dell’Io, è pos-sibile la rinascita dell’Uomo, dell’eroe, dell’e-letto, a cui ogni adepto aspira .

MIRIAM - I:::I:::

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“Orbo ab Chao"

Dal Caos L'Ordine

LICURGO - S:::I:::I:::

E’ l'atto primo della Creazione, nell'Universo

senza confini come nell'infinitamente piccolo: ilVerbo, principio assoluto che informa la vita....Il caos è l'abisso delle tenebre e senza sponde del non-essere; l'ordine è il cosmo nella sua sublime architet-tura. Nel microcosmo dell'Uomo il caos è la congeriedell'ombra che involge la mente e l'ordine è la luce, lacoscienza dell'Essere, del bene e del male.

"Fiat Lux"...Che La Luce SiaLuce invisibile, intelligente, divenuta formula di unaScienza antica quanto la storia dell'uomo, scienzapositiva che nacque quando l'uomo, osservando ilgrande essere universale che lo contiene, si pone ascrutare il grande mistero della vita. Scienza dellavita, la cui conoscenza apre all'uomo i misteri piùreconditi del suo essere e del suo destino.Tutte le Religioni racchiudono questa Scienza neiloro simboli esteriori e nelle allegorie dei loro inse-gnamenti interiori. Grandi civiltà la posero a fonda-mento del loro edificio sociale. Tutti i più grandi filo-sofi e i grandi poeti delle civiltà, succedutesi nei seco-li, conobbero tale Scienza e la lasciarono trasparirenei loro scritti e nelle loro azioni anche se con moltacircospezione.La scienza della luce è l'arcana Sapienza. Certamentetutti abbiamo avuto modo di leggere attraverso lemischie della storia, a partire dalle prime società,attraverso le guerre dei culti e le contraddizioni deitesti sacri, ci è apparso evidente l'intima coscienzadegli uomini che diedero la spinta iniziale alle reli-gioni ed ebbero la profonda intuizione e l'ispirazioneda quella luce vivente che determina azione feconda.Orbo Ab Chao"A volte luminosa, a volte pallida e a volte oscurata neiloro successori, la luce divina riappare e bril-

la da un qualsiasi punto della storia, quandoun profeta, un eroe, un iniziato o un veggen-te risale al suo fuoco, da cui punto si scorge

la meta.La rivelazione è antica quanto la coscienza dell'uo-mo; è continua, graduale e multiforme come la natu-ra, identica nelle sue fonti, ma sempre una come laverità.

"II Cielo è Padre mio. Egli mi ha generato - LaGrande Terra è mia Madre"

Già agli inizi delle società, avendo intuito, come laluce fosse ragione di vita degli uomini e del resto, nefecero un simbolo importante e lo identificarono nelSole.Ammirarono la magnificenza della Natura e riconob-bero la potenza della Terra, così al simbolo che fecon-da ne aggiunsero un secondo quello della terra chegenera.Gli uomini, fra Cielo e Terra, occupavano un postoprivilegiato, vollero allora rivelarsi a se stessi e ai duepunti ne unirono un terzo.Cielo - Terra - Uomo : la prima grande Triadenaturale.Il profondo naturalismo si mescola ad uno spirituali-smo trascendente.Al poeta vedico la Natura si presenta quale trasparen-te velo dietro cui si muovono forze divine ed impon-derabili che egli invoca, adora, personifica.Vivistat : forza generatrice che anima quel sole emette in moto il sistema solare.Indra : il divino guerriero che sul suo cocchio doratoattraversa il cielo, personifica la potenza attiva e mili-tante.Varuna : dio dell'immenso Cielo luminoso che tuttoabbraccia.Il culto fondamentale invoca Agni, il fuoco divino,immagine di questo evento cosi grandioso, il purospirito e Soma, natura e materia sottile, nelle sue tra-sformazioni. L'Essere supremo, per procreare tuttociò che esiste immola se stesso, si scinde e questosacrificio è il momento vitale di tutte le funzioni dellanatura.Si evidenzia la Trinità naturale in una primitiva inno-

cenza e in una meravigliosa armonia.

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Attraverso gli inni vedici si disegna una gran-diosa purezza di linee ed una patriarcale sem-plicità in cui si eleva il sentimento del divinonella natura , dell'invisibile che l'avvolge e della gran-de unità che pervade tutto.Allora non esisteva distinzione fra culto popolare emisteri.In India il pensiero si approfondisce e i sentimenti siaffinano. Per l'insegnamento di Krishma la naturanaturata è il prodotto del Verbo Creatore, il quale simanifesta sotto tre forme:

Brahma - Maya - Vishnu Spirito - Corpo - Anima

che agiscono nel mondo divino, nel mondo umano enel mondo della natura.Agiscono il principio maschile e il principio femmi-nile, essenza e sostanza, dalla loro unione si manife-sta la vita."Colui che crea incessantemente i mondi è trinoBrahma il padre, Maya la madre, Vishnu il figlio.Essenza sostanza e Vita. Ciascuno racchiude in ségli altri due e i tre sono Uno nell'Ineffabile".L'aspetto esteriore ed apparente del mondo, il suoriflesso movimento non bastava più a giustificare lapresenza dell'uomo in esso.L'universo infinito non era materia inanimata, ma untutto vivente, palpitante.Gli uomini avevano riconosciuto il principio genera-tore dell'Essere ineffabile e dell'Unità del Creato,traendo cosi il visibile dall'invisibile, la molteplicitàdall'Assoluto.Non ignoravano l'evoluzione di quella vita e di quel-l'universo e pur avendo nozioni meno precise dei lorocolleghi moderni, ne avevano intuitivamente formu-lato leggi generali.La verità bisogna saperla scoprire e trarla alla luce. Aquesto punto la storia si divide : una esteriore, unainteriore, apparente una, intima l'altra. La prima adot-tata dalla generalità, la seconda riservata agli iniziati,cioè coloro i quali considerano il mistero della veritàintimamente connesso all'intrinseco dell'individuo, dalui comprensibile perché sostanzia il suo sé, veritàalla quale si può e si deve pervenire ricercandola.La Tradizione Iniziatica è quel gran fiume

dell'evoluzione umana, fin dal suo inizio, lacui parte essenziale è la libertà del pensierocon un'unica origine : credenza di un

Invisibile, intuito Ente Superiore, GrandeArchitetto dell'Universo, reggitore ferreo delleimmutabili leggi di armonia nei contrasti che regola-no la vita, tutta la vita dei mondi.La Tradizione Iniziatica perenne e insanabile fonte diprogresso individuale in quanto conseguimento di unaltissimo scopo : perfezionamento e purificazionespirituale dell'uomo, generatrice quindi di sani princi-pi : libertà, amore, giustizia.E' intanto progresso emiglioramento dell'umanità.Il mondo antico non ammetteva che la costituzioneternaria dell'uomo si potesse superare, anzi essa eracoinvolta in ogni sua parte, in quella che venne chia-mata "rigenerazione dell'essere". Infatti l'iniziazioneconduceva gradualmente l'uomo nella sua interezza(Corpo - Anima - Spirito) verso l'elevazione delloSpirito. Il suo essere fisico, morale ed intellettualenecessitava di una rigenerazione totale, oltre la mate-ria c'erano facoltà, forze, principi da risvegliare fino aquando l'uomo diveniva cosciente e libero. Una con-quista ardua da fare attraverso l'esercizio della volon-tà, l'intuizione, il ragionamento e la meditazione.Era il dischiudersi dell'anima in un livello superiore,il suo fiorire nel mondo trascendente.Ermete avvinto nel suo sogno e sospeso fra terra ecielo, risentì il grido della luce, quella della divinaintelligenza, che in potenza contiene ogni cosa e rac-chiude in sé i modelli di tutti gli esseri. Poi distinse letenebre. La visione di Ermete apriva uno spazio scon-finato: sette luminose sfere lo avvolgevano, sette cielierano disposti come globi concentrici e trasparenti,dei quali egli era il centro siderale. Un pianeta aggi-rava ciascuna sfera, un Genio di forma, di segno e diluce diversa accompagnava.Ermete contemplava quella sparsa fioritura e i loromovimenti. Erano le sette sfere di ogni vita, attraver-so cui si compie la caduta delle anime e la loro asce-sa. Egli intendeva i sette Geni come i sette raggi dellaluce divina, ognuno dei quali presiedeva ad una sferadello spirito, ad una fase della vita delle anime.

Anima è figlia del cielo e il suo viaggio è

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una prova. Le Anime dapprima sono germi,vivono come leggeri vapori, ma cadendo disfera in sfera, rivestono involucro sempre piùpesante.La loro energia vitale aumenta, ma a misura cheentrano in corpi più densi, perdono il ricordo dellaloro origine. La scintilla che è in loro può divenirebrillante più di una stella o disgregarsi nel turbinedegli elementi bruti. Bisognava imparare a compren-dere quella visione, affinché i suoi limiti potesseroallargarsi, fino a quella stessa legge che governa tuttii mondi e ne determina armonia.(L'illuminazione siraggiunge rendendo consapevole proprio l'oscurità enon immaginando figure di luce.)Questa prima parte della visione di Ermete rappre-senta la divinità (di quella dottrina) nella sua staticità,nel perfetto equilibrio.

Intelletto - Forza - MateriaSpirito - Anima - Corpo

Luce - Verbo - VitaEssenza - Manifestazione - Sostanza

Reciprocamente si suppongono. La loro unione costi-tuisce il principio per eccellenza, Uno, la leggedell'Unità Ternaria in tutta la creazione.La seconda parte della visione rappresentava la divi-nità allo stato dinamico, nel tempo e nello spazio, incontinua evoluzione.Le sette sfere simboleggiavano i sette principi, i dif-ferenti stati dello spirito e della materia, che bisogna-va percorrere. I sette Geni ( e divinità cosmogoniche)simboleggiavano gli spiriti superiori, che influenza-vano l'azione dell'uomo e delle cose terrestri tutte.Questo grande settenario configura l'universo e simanifesta nella costituzione (per essenza ternaria)dell'uomo e nella sua evoluzione.Vide Ermete la totalità delle cose e avendo vedutocomprese, avendo compreso aveva il potere di mani-festarsi e rivelarsi. Quel che pensò egli scrisse, quelche egli scrisse in gran parte nascose, tacendo consaggezza eppure parlando...la Tavola di Smeraldo...

Tavola Di Smeraldo1. E’ vero, è vero senza errore, è certo e verissimo.2. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto,

e ciò che è in alto è come ciò che è in basso,per fare il miracolo di una cosa sola.3. Come tutte le cose sono sempre state e

venute da Uno, così tutte le cose sono nate per adat-tamento di questa cosa unica.4. Il Sole ne è il padre, la Luna ne è la madre, il Ventol'ha portato nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice.Il padre di tutto, il Telesma di tutto il mondo è qui; lasua potenza è illimitata se viene convertita in Terra.5. Tu separerai la Terra dal fuoco, il sottile dallospesso, dolcemente con grande industria. Ei rimontadalla Terra al Cielo, subito ridiscende in Terra, rac-coglie la forza delle cose superiori ed inferiori.6. Tu avrai con questo mezzo tutta la gloria delMondo, epperciò ogni oscurità andrà lungi da te. E'la forza forte di ogni forza, perché vincerà ogni cosasottile e penetrerà ogni cosa solida.7. E' in questo modo che il mondo ti creato.8. Da questa sorgente usciranno innumerevoli adat-tamenti, il cui mezzo si trova qui indicato.9. E' per questo motivo che io venni chiamato ErmeteTrismegisto, perché possiedo le tre parti della filoso-fia del Mondo.10. Ciò che ho detto dell'operazione del Sole é per-fetto e completo.L'Ermetismo divenne la filosofia del "pensiero sotti-le", capace di interpretare il Fuoco dell'Ermes,.L'energia Intellettiva e Spirituale che dona forzaall'uomo nel suo processo divinizzante.Egli cerca l'inafferrabile forza e la "Fissa" all'internodella sua triplice natura.Il Supremo ha separato la luce dalle Tenebre, l'artistasepara il sottile dallo spesso, il celeste dal terrestrefino alla purificazione in oro, fino alla completa tra-sformazione in Pietra Filosofale.Trasformazione è il supremo punto d'indagine e dispiegazione della linea che unisce l'uomo e il Mondo.Più facilmente si concepisce questo cambiamentonelle vesti fisiche, ma per l'Ermetismo il vero senso èassolutamente interno, ciò che si mostra esteriore ineffetti è conseguenza di un moto continuo di forzeprofonde, molto spesso assopite o nascoste pesante-mente.

"Solve et coagula"- Dissolvi e coagula  

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- operando su: Corpo - Sal (Terra)

Anima- Sulphur (Fuoco) Spirito- Merkur (Aria-Acqua)

che volatilizzati e fissati compongono l'Azoto deisaggi.I significati della Grande Opera sono triplici:La Pietra Filosofale e' la ragione assoluta e suprema(religione), è la verità (filosofia), il Sole (natura visi-bile) e l'oro puro.La Grande Opera è la ricerca dell'Assoluto nella"natura" dell'uomo.II gran prete di Gerusalemme, Mosè, pronunciavauna volta all'anno il nome del divino enunciandololettera per lettera JOD - HE - VAU - HE.La prima lettera esprimeva il pensiero divino, le let-tere del nome Ève esprimeva tre ordini della natura ein questo pensiero si realizzava, si manifestava inforza attiva. La loro unione indissolubile formava lasua potenza e il suo mistero. La Genesi si afferma, siascritta in geroglifici dai 3 sensi : proprio , figurato etrascendente (chiaro e semplice, simbolico e figurato,sacro e geroglifico). Un solo segno, lettera o numero,evocava i principi, le cause e gli effetti che irradianodalla divinità nella natura, nella coscienza umana enel mondo dei puri spiriti, il ternario."In principio Dio creò il cielo e la terra", cieli daprincipio furono soltanto il pensiero del tempo e dellospazio infinito, il nulla.Ciò che nacque in principio fu HOUR la luce, lucedivina, antecedente a quella di tutti i soli, luce intelle-gibile che si spande nell'infinito. Il possente respiro diDio "Roua Aelohim Aour" "Sia Luce E Luce Fu"il soffio di AELOHIM E' LUCE che dissipa le tenebreed ordina e da cui scaturiscono i 6 primi giorni dellacreazione, vale a dire principi, forme, anime vitali ditutte le cose.Il verbo perfetto (Assoluto) suppone un principiointellegibile, un principio parlante ed un principioparlato.L'infinito che per mezzo della parola si rivela, le dàsostanza e nell'intelligenza di questo verbo crea unterzo. E' il Ternario : Unità rappresenta Uno assoluto,il Binario, l'uno sdoppiato per creare,

Ternario il principio che può fecondare,ritorno all'uno.L'ultima parola della creazione, che riassume

l'essere in atto : "Dio creò l'uomo a sua immagine,(lo creò maschio e femmina)...." ADAM - EVE, Dioè manifesto e in atto non solo più nell'universo, nelcosmo , ma nel genere umano tipificato.Adamo è il tetragramma umano che si concreta nelJod misterioso, duplicato da se medesimo originaHeva, dall'unione otteniamo il nome divinoJodehèva.E' proprio l'intento di Mosè era quello di far brillare ilnome di Jévè nella coscienza di Israele.Per l'Ebraismo la ricerca di un'esperienza viva e per-sonale di comunione con Dio è fondamentale.La Kabala si pone come fondamento proprio quellodi realizzare la "scoperta di Dio" ed individuare la viache porti a lui.La Qabalah Ebraica rispecchia fedelmente tutta laScienza Antica. Per 32 misteriose vie di Saggezza ilDio vivente ha tracciato e creato il suo mondo sottotre forme nella parola, nel numero e nelle lettere. Ilnumero tre, il numero sette e il numero dieci hannopresieduto alla creazione del macrocosmo (tempo-spazio) e del microcosmo (uomo).

I numeri, le lettere, le parole (del testo) divengonoscintille della divina sapienza, i suoi simboli racchiu-dono la profondità della legge cosmica dei varimondi. Ne sono perciò la vera chiave (...Tarocchi...)La Toràh appare come la stessa realtà divina, viventee multiforme in ogni momento. Risalire a Dio viven-te costituisce un percorso più lungo che conduceall'intuizione della presenza dell'En Soph (Infinito)dello Zohar, radice e motore del tutto.E' il flusso costante dell'En Soph a dare vita alleSephirot, le quali vanno intese come le forme in cuiDio si manifesta, operando nel processo cosmico.Le Sephirot, configurate nella forma di albero, sonodieci (anche se intorno ad esse ruotano un'infinità disimboli collegati), sono nate l'una dall'altra per unasorta di evoluzione.Le prime 3 formano la triade della "Corona eccelsa",

la sapienza e l'intelligenza. La 1° Sephirah

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può essere considerata un Soffio, probabil-mente Spirito o Verbo.La 11° si riferisce all'aria, al verbo in atto.La 111° si collega all'acqua, materia del mondo terre-stre.La IV° al fuoco, materia del mondo celeste.Rappresentano eternità passata e futura, principio delbene e del male.Le altre sei le direzioni dello spazio, ognuna da unadelle sei combinazioni delle tre lettere JVH che sonoradice del nome di Dio. Come i numeri 2-3-10 deri-vano dall'Uno, le Sephirot derivano dallo spiritounico di Dio, che ne costituisce il punto di partenza edi arrivo.Egli è principio e fine, in Lui si compiono le sei fasiinfinite del tempo e da lui ricevono la loro estensioneverso l'infinito. L'uomo risale attraverso le Sephirotper raggiungere la conoscenza di Dio, e l'ascesa è piùfaticosa man mano che si raggiungono le sfere piùalte (si intende un'ascesa più per cambiamenti che pergradi).Le lettere Alef, Mem, Shin rappresentano i principidelle 3 sostanze.Nel mondo l'acqua formò la terra, il fuoco produsse ilcielo e lo Spirito fece nascere l'aria che si trovò fra ilcielo e la terra.Principi da cui risulta il cosmo, che si compone delmondo, dell'anno (tempo) e del corpo (uomo).Il Sefer Yetzsirah espone questa Trinità : "22 letterefondamentali, 3 delle quali principali Alef, Mem,Shin, corrispondono al piatto del merito, al piatto deldemerito e della bilancia della legge che mette equili-brio fra loro.La Trinità del mondo, dell'anno, dell'uomo, i qualisono governati dal drago ( nodi della luna o asse dellaterra ), dallo zodiaco e dal cuore.Il mondo è caratterizzato da una serie di opposizioni:vita/morte/,bene/male/, saggezza/follia ... serie diprincipi contrari nel mondo fisico come in quellomorale che sono in equilibrio solo attraverso l'inter-mediario dell'unità, Dio.Le 10 Sephirot riunite formano Adam Kadmon,mediatore eterno fra Dio e la creazione. Unionecostante al tempo dell'Eden e interrotta pro-

prio dal peccato di Adamo, che provoca lacaduta dell'uomo nel corpo. Dio, in quel giar-dino, mostrò l'albero della Conoscenza (le 3

prime Sephirot) cioè la sapienza del pensiero divinonella creazione e mostrò anche l'albero della vita, leultime sephirot, in cui Dio si manifesta concretamen-te.Per la Cabala l'uomo ha un carattere sintetico partico-lare : è il simbolo per eccellenza della divinità, sinte-si della sua manifestazione in tutti i mondi dell'alto edel basso. L'uomo è costituito da : Nefesh - Spirito VitaleRuach - Spirito IntellettualeNeshaman-Anima Prop. DettaQuando l'anima possiede Nefesh e Ruach, diviene ilpiedistallo di Neshaman, essenza superiore alle altredue e più segreta. Approfondendo questi gradi dellospirito umano, vi si scoprirà il mistero della Saggezzaeterna che ha formato le scale dello spirito a immagi-ne del mistero supremo.Ogni parte del corpo umano ha un valore simbolico emistico; il suo insieme, non è che un riflesso dellanatura divina.L'uomo è il tempio terrestre dell'anima e il suo corposi nobilita nel servizio dell'anima.La vita è la riconciliazione del grado superiore e deigradi inferiori dell'essere. La nascita dell'uomo qui inbasso, al pari della sua morte, provoca uno sposta-mento dello spirito.Da qui la concezione dell' "Eterno ritorno" nella con-catenazione del Tutto, il movimento continuo cheritroviamo nelle parole della Scrittura "Tutti i fiumientrano nel mare e il mare non ne trabocca".In una visione grandiosa Pitagora vide i mondi muo-versi secondo il ritmo e l'armonia dei numeri sacri, inessi volle definire l'equilibrio fra Terra e cielo, di cuila libertà umana detiene il bilanciere. Il mondo natu-rale, umano e divino si sostengono e si determinanoin modo reciproco. Il doppio moto ascendente ediscendente rappresentava il dramma universale.Pitagora si mise in opera, al cospetto della verità, ani-mando senza posa quel mondo invisibile che avvolgeil mondo visibile. La sua rivelazione consisteva nel-

l'esposizione dei suoi principi, contenuti in

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quella che era la scienza dei numeri, matema-tica sacra e dottrina trascendente. Il numero,legge dell'Universo, non era inteso comequantificazione astratta, ma come la virtù intrinsecaed attiva dell'Uno supremo, Dio causa prima dell'ar-monia cosmica.

Il centro dell'Infinito ossia, la causa prima.Era la scienza delle forze viventi, delle potenze divi-ne operanti nel micro - macro cosmo.Tutte le attività del microcosmo come del macroco-smo hanno origine dal fuoco sacro che le rischiara, lagrande Monade, dall'Uno non creato e indeterminabi-le, capace di rendere pari o dispari, limitato o illimi-tato, perfetto o imperfetto qualsiasi altro numero.

I due mondi (macrocosmo e microcosmo) rettidal ternario.L’Uno è l’origine ultima di tutte le cose esistentidell’Universo, è generatore e non generato, l’aristote-lico motore immobile ed anche la misura di tutte lemanifestazioni visibili, l'Indivisibile sotto la moltepli-cità delle cose mutevoli.Nel momento in cui si manifesta l'Uno è duplice per-ché essenza invisibile e sostanza divisibile, espansio-ne visibile di Dio nello spazio e nel tempo.Il Due è quindi il momento della creazione, che per-mette di intuire l'Unità (dal quale è generato per ema-nazione e non per scissione) e di cercarla. Il tre allo-ra non può essere che il ritorno all'Uno, la ricomposi-zione dell'Armonia, il nuovo incontro con Dio.Questo è il profondo senso della divina Triade, deipitagorici, ritrovato sotto il simbolo del Delta sacro.La forma in sé e' un'espressione di geometria divinache porta la conoscenza.1 : l'unità L’ESSERE2 o 1+1 : il binario l'UNIONE3 o 2+1 : il ternario la GENERAZIONE

Il mondo reale ha una triplice costituzione : naturale,umano e divino. L'uomo a sua volta si compone deitre elementi distinti, ma fusi l'uno nell'altro: Corpo,spirito, Anima.

Il Ternario è la legge principale, la legge costi-tutiva di tutte le cose e la ritroviamo in tutti i gradinidella scala dell'esistenza. Pitagora ne fece il

centro della sua teoria e il fondamento dellascienza.Zoroastro in un suo oracolo ammetteva : "Il

numero 3 regna ovunque nell'universo e la Monade èil suo principio"Il Ternario universale si concreta nell'Unità diDio, quello umano si concreta nella coscienza di séstessi e nella volontà, che raccoglie le facoltà delcorpo, dell'anima e dello spirito nella sua unità viven-te.L'uomo non conosce che le cose della terra dove ilfinito si mescola con l'infinito, le conosce in quantofra le cose e lui stesso esiste un'armonia, un principiocomune infuso dall'Uno a cui conferisce Essenza-misura-intellegibilità, misura comune fra oggetto esoggetto.Solo mescolandosi al fuoco invisibile, la cui fiammadivampa movimentandone la circonferenza, che èpossibile penetrare l'essenza.Accostarsi all'essere supremo, rendendosi ad essosomigliante, rendendosi più perfetti possibile, domi-nando la materia con l'intelletto, attivi."Il vostro Io, la vostra anima non è forse un piccolouniverso?"Esso è pur agitato da tempeste e da discordie. Allorasi tratta di realizzare al suo interno l'unione nell'ar-monia, Dio sarà allora nella vostra coscienza.Il numero Uno è Dio, infinito, il suo nome è PadreCreatore, Eterno mascolino, il suo fuoco vivente èsuo simbolo, emblema dello Spirito ed essenza delTutto.Questo è il più grande dei principi.La legge del Ternario ha la sua spiegazione nell'inti-ma rispondenza fra uomo e il cosmo.Pitagora riconosceva che lo Spirito dell'uomo hapreso da Dio la sua natura immortale e pienamenteattivamente il corpo era la parte mortale e passiva.L’anima era strettamente unita allo spirito, ma erasimile ad un corpo etereo, tessuto e costruito dallamente stessa, formata da un terzo elemento interme-diario, nato dal fluido cosmico.Essa vivifica il corpo e gli sopravvive dopo il disfaci-mento della morte per divenire l'agile carro che innal-

za l'anima verso le sfere divine o lo lascia

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ricadere nelle tenebre della materia, a secon-da della condotta. Come la psiche umana sidibatte fra spirito che la attira e corpo che latrattiene, cosi l'umanità si evolve fra mondo naturale,in cui affonda le sue radici terrene e il mondo dei purispiriti dove ha origine e verso cui tende.Dualità e triplicità si intrecciano nell'oscura profondi-tà della Monade come una fioritura di stelle negliabissi dell'immenso.Il Ternario umano e divino, in sintesi della monade,costituisce la Sacra Tetrade.L'unità umana è in misura relativa, perché la suavolontà non opera in modo simultaneo e completosull'istinto, sull'anima e sull'intelletto.Il cosmo, Dio stesso gli si riflettono, in tempi succes-sivi, come in 3 specchi attraverso l'istinto Dio è mol-teplice e infinito manifestato (Politeismo) attraversol'anima raziocinante Dio è materia e spirito.(Dualismo) attraverso l'intelletto puro Dio è triplice(Spirito-Anima-Corpo) (cultura trinitaria e trinità cri-stiana).Mediante l’atto della volontà Dio è unico e sintetizzala totalità (monoteismo ermetico).La diversità di religioni nasce dal fatto che l'uomorealizza la divinità unicamente attraverso se stesso, ilproprio essere relativo e finito, mentre Dio realizzasempre l'unità triplice nell'armonia cosmica.Da qui il simbolo del tetragramma, e in nome di essoi pitagorici pronunciavano il loro giuramento:

Giuro per colui che incide nei nostricuori la tetrade sacra, immenso e purosimbolo, fonte della natura e improntadegli Dei.

Ogni numero definiva una legge, una forza dell'uni-verso, i principi fondamentali sono contenuti neiprimi quattro numeri, che addizionando o moltipli-cando, ne risultano tutti gli altri. Così la varietà degliesseri nasce dalla combinazione delle tre forze pri-mordiali, sotto la potenza divina che le mescola, leseleziona e le vivifica. Pitagora attribuiva grandeimportanza al numero sette e al numero dieci. Sette,la somma dei 3+4, simboleggiava l'unione

dell'uomo con la divinità, esprimendo lapiena realizzazione di ogni cosa attraversosette stadi cioè la legge dell'evoluzione.

Il n°10, somma dei primi quattro numeri e che con-tiene il primo il numero 1, rappresenta tutti i principidella divinità evoluti e riuniti in una nuova unicità.

L'evoluzione materiale e spirituale sono duemodi inversi ma concordi, solo nell'insieme spieganoil mondo : l'evoluzione materiale è la manifestazionedi dio nella materia per virtù dell'Anima del mondo;l'evoluzione spirituale è l'evoluzione della coscienzanelle monadi individuali e di riunirsi attraverso i varicieli delle esistenze, allo spirito divino da cui emana-no. Ciò equivale a guardare il mondo da due puntiopposti : per il 1° la spiegazione comincia dall'evolu-zione materiale perché il mondo appare proprio nellasua materialità, per il 11° punto si conduce lo svilup-po da un ordine esterno ad un ordine interno dellecose.L'anima umana, quella scintilla dello spirito divino, èquella monade immortale che conserva sempre il suoprincipio individuale.A misura che si accende la luce della coscienza, l'ani-ma diviene più o meno indipendente dal corpo.Esiste una serie più o meno lunga, definita di incar-nazioni e disincarnazioni, di vite materiali o celesti, diconoscenza della terra e del fuoco, esiste cioè quellavia promessa della verità, di fronte cui, l'anima dota-ta di libero arbitrio, liberamente sceglie. L'uomo e l'u-manità per questo imputino a se stessi il loro regressoe lecitamente si glorino del loro progresso. Quantopiù l'anima si svolge, più l'uomo sente crescere il pro-prio spirito e ha il sentimento della triplice sua natu-ra. Quindi è necessario realizzare la verità nell'intel-letto, la virtù nell'anima, la purezza nel corpo, distin-guere bene e male e riconoscere il divino nel più pic-colo degli esseri come nell'insieme dei mondi.La dottrina trinitaria del Cristianesimo ha conosciutoun lungo percorso. Prima di tutto c'è stata l'esperien-za originaria: la vita e le opere di Gesù, dalle sueparole alla sua resurrezione; l'esperienza di coloroche osservano quello che avveniva nella comunitàche aveva creduto in lui. Con semplicità essi procla-

mavano Padre, Figlio e Spirito Santo, chia-

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mando Dio ciascuno dei tre, poiché la loroorigine è giudaica e il loro dogma rigorosoera il monoteismo. Più tardi questa esperien-za divenne riflessione e coscienza, sorse così la dot-trina trinitaria di Dio in tre persone. Nell'esperienzadel Mistero c'è la percezione che vi sia unità e diver-sità; ma la ragionevolezza della fede,(quella rispostadella ragione alle domande che la fede provoca) rico-nosce la Trinità. Dio è trino cioè Padre, Figlio eSpirito Santo, una eterna correlazione, interpenetra-zione, amore e comunicazione: Dio è trino nell'unio-ne della diversità: sono gli uni negli altri, con gli altri,per mezzo degli altri, per gli altri.Se Dio fosse Uno ci sarebbe la concentrazione nell'u-nità e nell'unicità, nei suoi confronti per gli altri esse-ri saranno subalterni e dipendenti.Se Dio fosse Diade ci sarebbe la separazione (distin-zione l'uno dall'altro) e l'esclusione (uno non è l'al-tro).La Trinità evita la solitudine supera la separazione eoltrepassa l'esclusione. Il tre non tanto significa ilnumero matematico quanto l'affermazione che sotto ilnome di Dio sono contenute diversità che non siescludono, ma si includono; non si oppongono ma sipongono in comunione. E' una realtà aperta, Dio trinoinclude altre differenze, così l'universo creato entra inquesta comunione. La comunicazione eterna (cosìcome ce la rivelano le scritture e come appare nelcammino storico di Gesù) tra le persone fa superare ilrischio del triteismo (afferma le 3 Persone divine,come sostanze indipendenti ed autonome, coesistenzadi tre assoluti di tre creatori).Questa unione- comu-nione - pericoresi è senza principio, si apre verso l'e-sterno e invita le creature umane e l'universo a inse-rirsi nella vita divina.Tutta nella trinità è ternario: la creazione del Padreper mezzo del Figlio nella spirazione dello SpiritoSanto.Il Figlio si incarna dal Padre, per virtù dello Spiritovivificatore. Lo Spirito discende su Maria e inonda lavita, inviato dal Padre e a richiesta del Figlio.Avremo perciò equilibrio trinitario, ternario, tutto èpartecipazione e donazione.Nei confronti del mistero, della dottrina trini-

taria, si soffre della riconosciuta insufficien-za dei concetti e delle espressioni umane, dif-ficilmente si può dare alle parole la vera con-

cezione della comunione nella Trinità, quindi resta inogni discorso una riserva di fondo.

Alla luce della fede trinitaria si arricchisce l'intuizio-ne che l'uomo è stato creato ad immagine e somi-glianza di Dio, della divinità, (Genesi 1,27).Se c'è un simbolo reale di questo mistero, allora que-sto sarà la stessa dinamica vitale dell'essere umano.La persona umana è un mistero, che quanto più èconosciuto, tanto più si apre alla conoscenza .Questomistero si manifesta come comprensione di se stessoe verità del proprio essere; è la persona che emergecome intelligente e portatrice della verità di se stessa.Questo mistero si comunica e stabilisce una comu-nione di amore con l'altro; è la persona che ama e chesi dona. Il sentimento profondo, l'intelligenza e lavolontà oppure il mistero, la verità e l'amore non sonosolo potenzialità dell'anima: è la vita umana stessa nelsuo essere come unità dinamica. Manifestazioni chesi rivelano come segno di una realtà più grande.La comunione trinitaria si svolge all'interno dellacreazione: cosmo - uomo - storia, è lo svolgersi del-l'esistenza.Ogni essere umano si muove all'interno di una tripli-ce dimensione: quella della trascendenza, dell'imma-nenza e quella della trasparenza.Nella trascendenza egli si leva verso l'altro, verso leproprie origini e verso i punti di riferimento ultimi(Dio dell'origine, del Principio).Nell'immanenza l'essere umano si trova con se stesso,con il mondo da organizzare, con la società che eglicostruisce attraverso relazioni orizzontali e verticali,lo spazio della rivelazione umana. (Il Figlio nella suaincarnazione assume la situazione nella sua grandez-za e nelle sua miseria).Nella trasparenza si riuniscono la trascendenza e l'im-manenza, il mondo umano col mondo divino, nellosforzo si anela ad un rinnovamento spirituale, una tra-sformazione dell'essere in sè e costituisce la forza d'a-more umana e divina degli altri. (Lo Spirito Santo).

Che cosa sarebbe l'uomo se non si radicas-

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se in qualcosa di superiore, se non accoglies-se in ogni istante la vita come un dono o senon potesse aprirsi a un “tu”? Sarebbe un pel-legrino senza rotta e senza direzione, un viandantesolitario. Che cosa ne sarebbe dell'essere umanosenza un'immersione nel proprio cuore, senza la forzadi essere e di trasformare la creazione? Sarebbe unpellegrino senza entusiasmo e privo del coraggionecessario per camminare.Tutti hanno bisogno di garantire la vita, di relazionar-si comunitariamente e socialmente e di conferirevalore alle proprie azioni, significato alla propria spe-ranza. La Speranza o meglio la promessa del Cristo:"In tre giorni distruggerò questo tempio, in tre giornilo riedificherò" La parola sua e il suo olocaustohanno gettato le fondamenta di un tempio invisibile,più solido e più indistruttibile di qualsiasi tempio dipietra.Tempio morale, sociale e spirituale, il tempio dell'u-manità redenta: la rigenerazione dell'anima umana, latrasformazione dell'uomo - individuo attraverso idea-le umano esemplificato nella persona di Gesù; la cuiperfetta armonia e pienezza di virtù ne rendono diffi-cile la definizione. C'erano in Lui equilibrio dellaragione, intuizione mistica, calore umano,potenza di parola e di azione, profonda sensi-bilità e profondo amore, era l'espressione più

alta dell'ideale umano. La sua promessa èsempre attuale e valida, si compie solo nellamisura in cui ogni uomo, in ogni tempo opera

a questo scopo, far penetrare questo ideale nellaCOSCIENZA.Bisogna credere nell’assoluta supremazia dell'Esseresu ogni Avere e nella dignità dell'Uomo a tre dimen-sioni - corpo - anima - spirito, avere fiducia nella suaIntelligenza, speranza nella sua interiore sublimazio-ne: "Ti ho collocato nel centro del mondo perchépotessi così contemplare tutto quanto è nel mondo.Non ti fatto del tutto né celeste - né terreno, né mor-tale - né immortale, perché tu possa plasmarti, liberoartefice di te stesso, conforme a quel modello che (ti)sembrerà migliore. Potrai degenerare sino alle coseinferiori o potrai rigenerare fino alle cose supreme".(De Hominis dignitate - Pico della Mirandola).

LICURGO - S:::I:::I:::

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L’uomo di desiderio

HASID - S:::I:::I:::

“Voi tutti amici miei, siate certi che sarò con voi

tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Cosìdice Gesù.Queste parole racchiudono tutti i poteri. Bisognadiventare amici del Cristo, poiché il vero tempio è ilcuore che però deve essere mondato e purificato. Per poterlo fare è necessario trovare la Virtù dellaForza, della Giustizia, della Temperanza e dellaPrudenza sostenute da Fede, Speranza, e Carità. Esse aiutano a trovare l’anima che si trova su unpiano superiore della spirale evolutiva. Più in bassosta il piano astrale di cui fanno parte le passioni, leemozioni e i sentimenti che stanno nell’anima e nelcuore. E per questo è necessario fondere anima e per-sonalità affinché possa apparire il “nuovo uomo”.L’uomo comune che tutti conosciamo chi è? Questo èil mistero. Entrati in questa dimensione, purificato il cuore, spo-gliatosi da tutte le scorie, l’uomo di “desiderio” puòiniziare il percorso in verticale. Il V::: M::: L. C. diSaint Martin nel suo ultimo libro “il ministero del-l’uomo spirito” ci insegna come l’uomo che esercitaun ministero spirituale può migliorare se stesso e chigli sta vicino. Restituendo la parola o il Logos all’uo-mo può ritrovare così la propria Luce originaria dive-nendo il “Nuovo Uomo”.Ogni giorno si assiste ad uno strano fenomeno; suimedia si manifesta sempre più ildesiderio di apparire:maghi, scienziati, più ancora filosofi, ricercatori indi-pendenti, super uomini, ciarlatani, mistici e il tuttosenza alcun ritegno. Si dimentica o neanche si cono-scono le parole di chi alcuni secoli fa non esitò adaffrontare il supplizio della Croce per redi-

mere inostri peccati. “Siate tutti miei amici ed iosarò con certezza tutti i giorni accanto a voi

fino alla fine”.Nell’uomo è rimasto il ricordo ancestrale della felici-tà dell’Eden e del rapporto con Dio Padre prima cheAdamo cadesse. Emerge spesso il desiderio di poter-si riappropriare di quel rapporto con il Divino e dellafelicità. Ma ciò è possibile visto che tutto è mito ericordoancestrale. L’Iniziato quello vero sa che questo recupero è possi-bile solo arrivando in cima alla verticale dove i“Massoni” trovano la Pietra Cubica per la costruzio-ne del tempio, gli alchimisti trovano il Mercurio filo-sofale, i Kabalisti “Keter”. Il Martinista il “vero Séspirituale” dando vita al “Nuovo Uomo”.

HASID - S:::I:::I:::

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Riflessioni personali

sul martinismo

BETH - A:::I:::

Anni passati facendosi domande palesemente inuti-

li da sembrare stupide.Chi sono?Da dove vengo?Il mio credo è quello giusto?Rifletto, studio, chiedo, non avrò mai risposte certe.Fede è Credere senza vedere e toccare.Credo in un Essere Superiore. Ma chi è? Perché mi favivere in questo involucro temporaneo e in questoluogo?Leggo una frase, mi si apre uno spiraglio.Indago, diventa più luminoso.Capisco di aver perso la mia fonte primaria di luce,lasciandomi trascinare dal materialismo che mi cir-conda. Ritornare alle origini, strada impervia, irta,mentalmente insidiosa, perciò affascinante.Mettersi alla prova quotidianamente, lavoro immensosu se stessi aiutati dalla meditazione.Continuare, lasciare, nella mia solitudine sono io checon la mia volontà devo andare avanti.Ho cercato....Ho trovato.....È iniziato.Arriverò?Domande, sembrano trovare risposte, una sola frase etorno indietro, ricomincio e continuo con più entusia-smo di prima.Qualcuno mi ha detto "uno su mille ce la fa". Haragione, ma.....io voglio, desidero continuare.Osservo ciò che mi circonda, mi sa di vuoto, inutile,tutto si fa in nome del consumismo.Allora mi chiedo dove porterà l'accumulo di beni?Torniamo indietro, si nasce completamente nudi, sivive lottando per accumulare, per poi lasciare tutto.Che senso ha?

Ho trovato lungo il mio percorso persone chemi hanno ostacolato, non ho mollato, hosemplicemente aspettato il giusto momento.

Casualmente ho incontrato virtualmente persone chehanno creduto in me senza conoscermi. Ho conosciu-to la fratellanza, quella vera, senza secondi fini.GRAZIE.Tutto questo non fa altro che alimentare la mia sete diverità e conoscenza.Non so dove mi porterà il tutto, ma amo e voglio con-tinuare il percorso martinista, in solitudine, aiutatadalla mia volontà e dai piccoli semi che qualcuno acui voglio bene, sta lasciando sulla mia strada. Li sto raccogliendo e mettendo a dimora nel terreno,che tipo di piante ne verranno fuori non lo so, intantoli coltivo.Grazie a tutti i miei fratelli e sorelle, al Gran Maestro,e a chi mi segue personalmente, per avermi accoltotra voi.Q. F. A.

BETH - A:::I:::

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IL RINGRAZIAMENTO

MORGON - I:::I:::

Nella ricerca di una consapevolezza sempre più sot-

tile mi sono reso conto di un fatto più che curioso:ringraziando qualsiasi cosa entri in contatto con mene ricevo in cambio qualcosa di indefinibile o più pre-cisamente la mia sensibilità si accende, si stimola,permettendomi di sentire “altro”, come se lo spiragliodi una porta si aprisse dentro di me. Questa abitudine dovrebbe essere silenziosa, discreta,diciamo incognita; perché si tratta di qualcosa diassolutamente intimo e personale legato ad una partemolto profonda della nostra coscienza.Si potrebbero per esempio ringraziare, silenziosa-mente, gli Angeli od Arcangeli dei 4 elementi, quellodella Terra quando si mangia, quello dell’Acquaquando si beve, quello dell’Aria quando si fanno deirespiri profondi e quello del Fuoco quando guardia-mo consapevolmente il Sole oppure la Luce di unacandela. La cosa potrebbe essere estesa all’infinito, ad esem-pio ringraziarLi anche solamente quando si “vedono”delle rappresentazioni naturali degli elementi chesuscitano particolare bellezza.Ho notato che quando sono avvilito, arrabbiato, ango-sciato mi risulta spesso molto difficile pensare esoprattutto “sentire” il ringraziamento, come se cifosse due forze dentro di me incompatibili…cosa chemi ha aiutato non poco come cartina di tor-nasole per osservare il mio stato dell’essere.Andando un poco più in là si potrebbero “rin-graziare” anche sensazioni, pensieri ed ideeche ogni tanto ci attraversano e che poi….se

ne vanno, ma non sempre, lasciando unatraccia luminosa al loro passaggio, chissà,forse con un “grazie”, espresso anche con

infantilità, queste correnti che ci attraversano potreb-bero decidere di rimanere un po’ più a lungo dentro dinoi, magari potrebbero anche decidere di mettereradici nel nostro essere, come dei cari amici dei qualinon credevamo o non “ricordavamo” nemmeno l’esi-stenza. Ultimo punto, difficile da spiegare, è che questo “gra-zie” potrebbe divenire non solo un pensiero lumino-so, ma uno…scrigno. Uno Scrigno contenente tuttociò che ogni “ringraziamento interiore” ha suscitatodentro e fuori di noi.

MORGON - I:::I:::

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Chi aumenta la cono-

scenza aumenta anche il dolore ( S. Bibbia- Ecclesiaste)

OBEN - S:::I:::

Arrivare progressivamente a capire ogni aspetto di

quello che si è già incontrato nella vita e sforzarsi diapprendere motivazioni, principi, regole e leggi diquello che ancora non si è visto e sperimentato, ma sisa essere vero, credo sia la prima vera forma cono-scenza. L’uomo desideroso di conoscenza, non trovandogeneralmente in ambito sociale, scientifico e religio-so adeguate risposte alle sempre maggiori domandeche si pone, capita che spinga la sua ricerca sino aic.d. ambiti iniziatici e cominci a valutare di bussarealle porte di qualche Ordine Tradizionale. Qui ritengo cominci la prima sofferenza dell’animoumano nel verificare l’esistenza di vere e proprie torridi “babele”. La diffidenza tra i vari insegnamenti delpanorama esoterico derivano, il più delle volte, davere e proprie incomprensioni e da una diversa foca-lizzazione di aspetti attinenti ad analoghi concetti.C’è chi ritiene che la ricerca di conoscenza, in ogniambito, oggi sia più facile che nel passato. Per infor-marsi non occorre recarsi in libreria, in biblioteca ochiedere lumi ad un amico già edotto in materia chepossa indirizzare la nostra ricerca, ma basta avere unaconnessione internet. Questo per certi aspetti può anche essere vero, soprat-tutto per chi è prudente, ed ha già un minimo di con-sapevolezza e conoscenza su ciò che vuole. Credo sianecessario che il serio ricercatore di verità si informie comprenda bene alcuni aspetti e caratteristiche di“base” di ciò che lo interessa. In ambito iniziatico

ritengo che sia importante e prioritario, adesempio, cercare di capire che cosa caratte-rizza un Ordine Iniziatico Tradizionale e

quale impatto e quali impegni si prospettano nel per-corso conseguente all’iniziazione. Se si vuole fare un viaggio in un paese, caratterizzatoda un suo specifico territorio, dalle sue leggi e gerar-chie, e da possibili rischi connessi all’ambiente, diregola si verifica di disporre di adeguati mezzi e delnecessario bagaglio, nonché ci si informa e ci si vac-cina contro gli eventuali virus, ovviamente prima dipartire e non dopo. Sicuramente per chi non è dotato di adeguati stru-menti critici per valutare ciò che legge, sente e vedein “rete”, non credo che la ricerca sia oggi più sem-plificata rispetto al passato.Su internet, oggi si connettono tantissime persone e sicomunica tutto e di più. In realtà, la “rete” ha le sueregole ed un suo linguaggio, e generalmente si puònotare che ciò che viene esposto non sempre è fruttodi esperienza ed approfondimento. L’obbiettivo della “rete” dovrebbe essere quello diunire, ma focalizzando meglio l’ottica si può osserva-re che la “rete” in effetti divide (in amici e non amici,gruppi, sottogruppi, ed altro) e si fraziona tutto, com-prese le informazioni. Le persone più quotate (conmolti “mi piace” e tante amicizie) spesso esibiscononei profili, come pavoni, solo penne colorate: ossiafoto, terminologie accademiche e dottrinali, pubblica-zioni e citazioni varie che, quand’anche di meritevolied illustri personaggi e fatte proprie perché piacciono,non appartengono ad un reale vissuto del soggettoche le pubblica e quindi tutto è generalmente circo-scritto all’ambito profano. Se un tale utilizzo di internet in ambiti puramentecommerciali, può essere ritenuto normale, incapparein siffatti “pavoneggia-menti” in ambito iniziatico èsicuramente una delusione e pertanto può rappresen-tare un nuovo dolore per l’animo del sincero ricerca-tore della verità. Ci si rende sostanzialmente conto che predicare le viedell’umiltà è facile, mentre praticarle è più difficile esono pochi a farlo.

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Del resto una possibile cartina di tornasolecirca l’utilità per noi di ciò che ci capita dileggere in “rete”, è di facile verifica. Occorre chiedersi se quanto letto o sentito ci è appar-so solo bello e interessante culturalmente e quindi daun punto di vista iniziatico sostanzialmente inutile,oppure se in qualche misura quanto letto e sentito ciè anche di aiuto per comprendere meglio qualchenostro turbamento, interrogativo, esperienza o statod’animo. Non di rado potremmo scoprire che ciò chefa bene, al primo assaggio, proprio come una medici-na, non piace o piace molto poco. Nel testo di Russel Lowell “la visione di Sir Launfal”,si racconta di un cavaliere con brillante armatura, concroce sul mantello e superbo destriero che parte dalsuo castello per la ricerca del Graal. Questi ritorna,dopo anni, vecchio e stanco, e viene pure cacciato daquello che era stato il suo castello. L’esperienza ed irelativi sacrifici però lo hanno cambiato. Non cavalcapiù il destriero di prima, e non porta più la croce sulmantello (simbolo esteriore di religiosità) bensì hauna croce nel suo cuore, e sa ciò che è giusto e lomette in pratica avendo interiorizzato ogni legge.Per quello che ho sinora potuto osservare, ad un certopunto della vita può accadere che l’uomo entri in crisie si interroghi circa la sua esistenza, la sua visione delbene e del male e la sua possibile relazione con ilcreatore, con le creature tutte ed il creato. A qualcunotale riflessione capita durante il percorso di rinascitaconseguente ad una tradizionale iniziazione, ad altriaccade in seguito, al ritorno alla vita dopo dure proveche hanno, loro malgrado, dovuto affrontare (malat-tie, dolori o sofferenze dell’anima). Talvolta capita anche che la mente trovi, da sola, unsuo spiraglio di intuizione (liberandosi un piccolovarco fra i condizionamenti e programmi Eggregoricia cui è inconsapevolmente sottoposta). Ciò può capi-tare ad esempio quando ci si trova ad osservare e adovere codificare nella propria vita qualcosa cheappare “distonico” poichè sostanzialmente non inlinea rispetto ai principi e le leggi sino ad allora cono-sciute. Occorre pertanto, a parere, prepararsi il più prestopossibile ad affrontare tali situazioni per evi-

tare di essere sorpresi ed inevitabilmente tra-volti. Non sapere non ci protegge dagli effet-ti di ciò che non conosciamo. Giudicare sog-

gettivamente qualcosa quale buono non vuole direche oggettivamente lo sia. Pensare che una cosa siagiusta perché se ne guarda un solo aspetto non vuoledire che effettivamente lo sia. Bisogna spostare lanostra ottica da una mentalità soggettiva ad una piùvasta ed oggettiva, imparando a vedere l’essenzadelle cose, per potere conoscere un giorno anche illoro nome. Se inconsapevolmente e in buona fede siassume un veleno, ritenendo che sia una bevandabuona, perché la bevono tutti, perché è pubblicizzata,il veleno contenuto ci uccide, anche se non sappiamoche lo stiamo bevendo e riteniamo che ci faccia bene. Ho sempre ritenuto che in ogni cosa sia meglio cono-scere piuttosto che non conoscere, anche se ciò chevedremo potrebbe non piacere. Conoscendo peròavremo sicuramente una maggiore possibilità diorientare bene la nostra vela nel cammino, per cerca-re di limitare i danni, essere integri e liberi.Il desiderio di una vera e diretta conoscenza, senzadelegare ad alcuno fuori di noi il compito di diriger-ci, porta da sempre l’uomo a ricercare l’iniziazione,accettandone il conseguente sacrificio, costituitodalla tensione della ricerca, prima, e della gestione earmonizzazione della conoscenza, poi. A volte capitano prove che difficilmente riusciremmoa superare nella vita senza adeguata conoscenza.Quanto si inizia a vedere la verità, essendosi sicura-mente incrinato il guscio di inconsapevolezza che inqualche modo ci proteggeva dal contatto “cosciente”con ciò che non è solo materia, credo sia bene essereben determinati negli obbiettivi, coraggiosi comeeroi, e ben centrati interiormente avendo già a dispo-sizione adeguati strumenti di difesa.L’Ordine Martinista nel suo percorso ci permette dicostruire progressivamente il nostro più importantestrumento di difesa: “Il Mantello”.Tutto questo mi rammenta ciò che anche San Paoloriteneva (vedi efesini 6,10-20). Egli diceva che occor-re attingere alla forza nel Signore e nel vigore dellaSua Potenza, rivestiti dell’armatura di Dio per potere

resistere.

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La battaglia infatti non è contro creature fattedi sangue e di carne. Occorre pertanto essereben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivesti-ti della corazza della giustizia, avendo come calzatu-ra lo zelo per propagare la pace. Per attingere allaforza del Signore occorre tenere sempre in mano loscudo della fede (che per noi Martinisti non è accet-tazione del dogma, bensì conoscenza e suo supera-mento) con cui spegnere tutti i dardi infuocati, non-ché prendere l’elmo della salvezza e la spada dellospirito. Avere fede, al ricercatore della verità può non appari-re cosa difficile, ma occorre tenere presente cheaumentando la propria conoscenza e capacità di vede-re ciò che non è solo materia, gli aspetti “rivelati”delle religioni potrebbero non essere più in grado difornire risposte adeguate a tacitare l’animo, mettendocosì a rischio la fede nell’essere supremo. Il Talmut riporta peraltro che se si cerca la conoscen-za attraverso l’ascesi mistica, sia pur trattandosi diaspirazione degna di rispetto, l’uscire integri ed inpace dall’esperienza, non è cosa da dare per scontata.Dei 4 maestri che tentarono di entrare nel “Pardes”, ilgiardino dei segreti (anima stessa della Torah), solouno, il maestro Rabbi Akiva, entrò e uscì in pace. Delresto è proprio nel giardino segreto che si trova l’al-bero della vita. Per i maestri del Talmut, soltantoquando la conoscenza della Torah è completa, cioèviene interpretata su tutti i suoi 4 livelli (Phsat,Remez, Drask, Sod : letterale semplice, simbolico,omiletico e segreto), essa non rischia di ingenerareerrori e fa rivivere. Cosa che solo il Maestro RabbiAkiva era riuscito a fare integrando i livelli interpre-tativi l’uno con l’altro. Il concetto di dover fare di tre luci una sola luce, otte-nendone un’unica fiamma, è del resto ben noto ancheal Martinista che senza una tale attitudine non potràmai aspirare ad entrare nel tempio della verità.Per non perdersi, nei possibili labirinti della ricerca,occorre conoscere sé stessi, trovare pace ed equilibrioe non perdere il contatto con il proprio maestro inte-riore: il sacro ed il divino che è in noi. Inoltre occor-re non scoraggiarsi, cercare, analizzare, studiare,vigilare e perseverare nell’opera di pulizia di

tutto ciò che di noi non ci piace e rappresen-ta un buco nel nostro Mantello. L’obbiettivo primario delle forme energeti-

che definite generalmente Eggregore, come per tuttele cose create è quello di perpetrare e nutrire sé stes-si; quelle religiose gestiscono e cercano anche di sod-disfare nel contempo la pulsione dell’uomo al tra-scendente. Come già accennato, il concetto di fedeper il Martinista non coincide con l’accettazione deldogma, ma inevitabilmente porta alla verifica di ognidogma che è destinato a cadere. Quando ciò accadeemerge in suo luogo una cosciente volontàdell’Eggregore di velare o rivelare cose a chi nonpotrebbe comprendere la verità. Velare o rivelare, nel-l’accezione di coprire di nuovo rimettendo quel veloall’unica realtà che gli uomini da sempre con il sacri-ficio (da Adamo con la sua cacciata dal paradiso, daOsiride, da Cristo a Prometeo) hanno cercato disquarciare e illuminare. L’uomo rinato a nuove dimensioni, inizia a conside-rare e vedere quotidianamente in ogni cosa, compre-so sé stesso, aspetti mai valutati prima, che general-mente lo fanno soffrire. L’oblio indotto dai cantisacri, dai paramenti e grembiuli, dalle medaglie, non-ché dalle droghe ed energie ormonali ed emotive delmondo materiale, non funziona più. Qualcuno pur potendo valutarsi persona importantein un contesto materiale logico temporale, nell’am-pliare la sua ottica dovrà prendere atto che è un“nulla”, meno di una formica, rispetto all’Universo incui vive. Universo di cui non conosce le gerarchie, le leggi, icreatori e le creature. Comprenderà dolorosamenteche non conosce minimamente neppure sé stesso, ilsuo destino, le sue possibilità e potenzialità ed ilmotivo per cui esiste. Prenderà altrettanto dolorosamente atto che riesce avedere solo la forma materiale delle creature (anima-li, piante, ecc.) che sono allo stato evolutivo inferioreal suo, ma non riesce a vedere le forme mentali da luistesso emanate o collettive. Non riesce a vedere igiganti costituiti dalle Eggregore, vere e proprieforme energetiche coscienti, generate sia direttamen-

te dalla divinità (ci sono esoteristi che riten-

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gono che questa sia anche la natura degliangeli e arcangeli), che da ogni organizzazio-ne umana. Queste ultime saranno più o menopotenti in estensione e frequenza in relazione alla sta-bilità e coesione del gruppo umano che li esprime edal loro possibile collegamento in risonanza con aspet-ti della divinità. Immaginiamoci mentalmente l’albero cabalistico e lesue sfere; in ogni sephirot potremo anche sorprender-ci a scoprire una potente divina Eggregore, che sinutre e nutre le sue creature. Non di solo pane delresto vive l’uomo.Solo conoscendo bene noi stessi potremo attivare ilnostro tribunale interiore della verità; potremo cosìliberarci progressivamente da qualsiasi condiziona-mento esteriore per rispondere all’unica legge dettatadalla nostra via del cuore e un giorno potremo scopri-re l’albero del bene e del male, che secondo alcunistudiosi biblici, collocato al centro del giardino, nonè altro che l’albero della vita. Conoscendo l’alberopotremo un giorno consapevolmente muoverci comeMartinisti (dal centro della nostra croce) per cercaredi prenderne un buon frutto, che ci nutra e nel con-tempo ci dia pace e vita eterna. Per quanto se ne può intuire, sino ad allora, chiaumenta la conoscenza aumenta anche il dolore.

OBEN - S:::I:::

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LA FAMIGLIA

JOHANNES - S:::I:::I:::

Si discute ampiamente sulla crisi di valori che, a

diversi livelli, colpisce la società moderna, in manie-ra particolare i giovani sui quali costruiamo di fatto ilfuturo di tutti noi. Occorrerebbe innanzitutto valutarequanto questa “crisi di valori" sia realmente un fattoinvolutivo generato dai tempi, dal benessere e dallasocietà consumistica, e quanto in realtà sia solo ilripetersi delle incomprensioni che nascono tra genito-ri e figli e frutto dello scarto generazionale.Certo è comunque che se cerchiamo una risposta adomande del tipo "chi siamo ?", "dove stiamo andan-do?", troveremo la risposta guardando con maggiorattenzione a quella comunità infinitamente piccola,quasi una cellula della società in cui viviamo, che è lafamiglia.Proprio questa sua natura di microcosmo della socie-tà' ci porterà a comprendere che se la crisi di valoriesiste è perché esiste la crisi della famiglia.Si vuole crescere e migliorare l’ambiente sociale incui viviamo; è dalla famiglia che occorre iniziare.Nell'ambito familiare ciascuno di noi sperimenta ognigiorno, ai minimi termini, il problema della convi-venza con altri esseri umani, spesso accettando com-promessi, a volte imponendosi o subendo il caratterealtrui; uscendo dall'ambito familiare accetteremo glistessi compromessi, ci imporremo o subiremo ogniqualvolta che avremo relazioni con altre persone inun ambito molto più vasto formando quel complessogroviglio di rapporti che è la società in cui viviamo.Un nucleo familiare unito, forte e sereno, èdunque il punto di partenza per una societàmigliore.Nella famiglia il bambino affronta quelleprime esperienze, quei primi problemi, che

forse a noi appariranno banali, ma che poitrasferirà nella sua esistenza “sociale" ancheda adulto.

Sono d’attualità quotidiana casi di violenza su mino-ri, bambini sfruttati e maltrattati o semplicemente tra-scurati, ignorati. I bambini maltrattati oggi, da adultimaltratteranno i propri figli, i bambini vittime disoprusi e violenze saranno domani violenti ed egoisti.E' forse questa un'equazione troppo schematica eriduttiva, ma è la realtà delle cose e dovrebbe farciriflettere circa il fatto che i giovani di oggi non sonoaltro che il frutto che noi abbiamo generato, dell'am-biente che abbiamo saputo creargli attorno sia inambito familiare che non.Maggior attenzione alla famiglia come valore e comeistituzione dovrebbe essere pertanto prestata non soloda ciascuno di noi ma anche dallo Stato, che dovreb-be aiutare (come succede in altri Stati) chi decide diavere figli, con agevolazioni di natura fiscale e acces-so a finanziamenti a fondo perduto….Troppo spesso la scelta di avere un figlio è ostacolatadagli insormontabili problemi economici che essacomporta o altre volte dal nostro egoismo "consumi-stico", per cui valutiamo quanto la nuova nascitapotrà incidere … negativamente sul nostro tenore divita.In entrambi i casi, le leggi dovrebbero comunque age-volare chi decide di fare un passo che ha di fattoimportanti riflessi sul futuro del paese.Chi vi parla ritiene la famiglia come l'habitat idealedove la natura umana possa realizzarsi anzi riconosceun ruolo prioritario alla famiglia rispetto a habitatsociali quali il lavoro (…denaro, successo, potere) ola vita di relazione (…amici, divertimento, il piacere).Volendo toccare un aspetto più metafisico del proble-ma, con la procreazione ciascuno di noi realizza queldesiderio che è parte dell’anima umana e cioè supera-re quella "spiacevole" sensazione che con la nostra

morte non rimanga nulla di noi… e questoa prescindere da qualsiasi credo religioso.Mio figlio è una parte di me che resta e chevive anche dopo di me, sia da un punto divista fisico che morale per ciò che in lui ho

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saputo trasmettere con il mio esempio.Uno psicologo potrebbe intrattenerci a lungocirca le problematiche inerenti le esperienzeinfantili nell’ambito familiare ed è immediato il ritor-no in mente di un luogo comune che vuole “il genito-re come il più difficile dei mestieri”.In realtà, non credo che ci siano ricette o regole, senon forse quella di vivere il più serenamente possibi-le la vita familiare, essendo noi stessi, ma sempre conamore; lo stesso sentimento che unisce inizialmenteun uomo e una donna che poi matura nella procrea-zione.

JOHANNES - S:::I:::I:::

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La purificazione di ciò

che non vedo

AKASHA I:::I:::

“L’iniziazione non è un processo passivo, ma

qualche cosa di essenzialmente attivo, che resta sem-plice virtualità se l’individuo non vi coopera in segui-to con tutto il suo essere.” Hutin

Si potrebbe constatare che la più ardua impresa inquesto cammino che comincia con l’iniziazione, sial’iniziale studio, riscoperta di noi stessi, di quello checi circonda di materiale, di non materiale e poi l’e-ventuale successiva scelta di purificazione del pro-prio essere. E’ facile intuire e capire che non ci cono-sciamo realmente, ma quanto sia veramente difficileraggiugere questa conoscenza e consapevolezza di séstessi non è così immediatamente chiaro. Prendendoin esame come si percepisce il mondo esterno, si puòrilevare come questa modalità sia intimamente colle-gata al mondo interiore dell’individuo. Per giungeread una progressiva conoscenza del sé, ci sono variostacoli da superare, soprattutto quelli che sononascosti e che non vediamo; di solito, molto piùnumerosi di quelli che si possono vedere. Uno di que-sti è costituito proprio dalla nostra percezione delmondo esteriore. Ci si potrebbe chiedere cosa c’entra la percezionedella realtà che ci circonda con la conoscenza di séstessi. Effettivamente noi non vediamo il mondocome veramente è, ma quasi sempre come vogliamovederlo. Di conseguenza, non vediamo tutto quelloche non desideriamo vedere, magari che ci fa male,che ci disturba o semplicemente che consideriamonon importante per la nostra sopravvivenza. La scienza moderna ci insegna, tramite diverse bran-che specialistiche, che il cervello è programmato perfavorire la sopravvivenza; in funzione di ciò,

impariamo come percepire il mondo e fac-ciamo una selezione delle informazioni chene riceviamo, cominciando già dall’infanzia.

Questa valutazione si basa in parte sulle nostre espe-rienze dirette, ma per lo più risente dell’educazioneimpartita dai genitori e dalla società. Infatti, se pren-diamo a riferimento il contesto etologico nel qualeviviamo, si vede che abbiamo bisogno che certe scel-te vengano fatte almeno per la pura sopravvivenza,similmente a come lo fanno in genere gli animali,essendo indubbiamente fino a un certo punto animalianche noi.Come si percepisce il mondo? Di solito, attraverso icinque sensi. Spesso non si è consci di usufruirne inun determinato modo, né si è capaci di usarli vera-mente, perché non abbastanza “allenati” a farlo conconsapevolezza. Per esempio, analizziamo come utilizziamo l’udito.Siamo sommersi di rumori. Per poter gestire il quoti-diano vivere, dobbiamo eliminare certi “rumori”,dando più importanza ad altri. Così, un indigenod’America sentirà i più effimeri suoni della natura,mentre uno uomo della città sentirà il centesimo checade per terra in una strada affollata. Ognuno avràfatto una scelta di sopravvivenza, eliminando, atte-nuando, quello che non gli serviva, basandosi sullenecessità del suo ambiente e del suo stile di vita.Lo stesso fenomeno si ha anche con la vista; ci dob-biamo concentrare su una determinata cosa, di conse-guenza vengono eliminate altre. Forse molti hannovisto l’esempio dell’uomo vestito da gorilla che ballain mezzo alla partita di Basket. La prima volta nonviene assolutamente visto. La seconda volta guardan-do lo stesso video, diviene necessario un suggerimen-to che induca a forzare l’attenzione sul gorilla, e soloallora si comincia a vederlo. Tutti i giorni siamo con-centrati su delle cose che ci hanno insegnato essereimportanti. Sono condizionamenti per un vivere osopravvivere in una società, sistema o struttura chefunziona in un determinato modo. Quante cose non sisentono, né si vedono? Sono tutte inutili? Se prendiamo in esame il mondo degli odori, credosia evidente quanto sia importante per noi anche a

livello emotivo.

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Certi odori, oltre a provocare reazioni istinti-ve (eredità genetica) ci vengono insegnaticome cattivi o buoni, così evocano in noi undeterminato stato d’animo. Altri ancora di cui non cihanno fornito educazione, probabilmente tendiamo anon prenderli in considerazione e magari sono impor-tantissimi per gli effetti che producono su di noi (adesempio quelli collegati alle emissioni di feromoni, diadrenalina, ecc.).In generale, non abbiamo quindi consapevolezza delperché ci piacciano o meno. Qualche cosa di simileaccade anche per il gusto e per il tatto. Suppongo chesarebbe necessario avere maggiore coscienza riguar-do all’origine del nostro piacere o dispiacere. Certiodori, gusti, o sensazioni tattili, potrebbero essereimportanti da riconquistare nella gamma delle perce-zioni consapevoli.Credo che per tentare di acquisire una vera conoscen-za di sé stessi, si debba riprendere una più ampiaconoscenza delle nostre modalità percettive, rimuo-vendo i possibili condizionamenti. Non vuol dire chequesti siano un “male” o un “bene”, ma la differenzastarebbe nell’essere consci di dove provenga uno sti-molo che provoca un determinato comportamento, equale ne sia la sua fonte. Così successivamente, esse-re anche in grado di scegliere se sia ancora giusto per-sistere nelle modalità reattive a cui si è stati abituati. Ma prima di tutto, forse dobbiamo tornare bambini escoprire il mondo di nuovo. Cosa vuol dire percepireil mondo intorno a noi? Immergersi nuovamente intutto, provando a togliersi i vecchi schemi (si scopri-rà che non è affatto facile riuscirci), interrogandosi sucosa si percepisce e perché si tende a reagire in unqualche modo. Si tratterebbe di allenare la cosciente percezione ditutti i sensi, tentando di riconquistare quello che èstato perso o di riequilibrare ciò che lo necessita. Adesempio, non dovrà così stupire se certi “rumori” chenell’infanzia erano stati etichettati dai diversi inse-gnamenti come non utili o altro e di conseguenzaerano stati eliminati, o la loro percezione era stata for-zata al minimo, potrebbero essere riscoperti rivelan-dosi anche piacevoli, desiderabili. Se si prende dinuovo l’esempio dell’indigeno, forse l’uomo

della città nel tentare di “ritrovarsi”, vorreb-be riconquistare i suoni della natura. Andarein cerca di sensazioni perdute potrebbe esse-

re una bella avventura, oltre che uno svelamento diciò che è nascosto; probabilmente si potrebbe scopri-re anche ciò che non si è mai conosciuto.Per poter percepire il mondo materiale in tutte le suesfaccettature, ritengo sia necessario lavorare su tantilivelli del proprio essere. Poi, una volta divenuti ingrado di percepire maggiormente ed armonicamentequello che troviamo in questo mondo, i sensi guidatidalla consapevolezza forse saranno capaci di percepi-re qualche cosa anche oltre alle odierne possibilità.

Perché trovare l’origine di certe sensazioni e dellecause di tante reazioni può risultare così difficile?Molti ricercatori ipotizzano che si debba osservare ilmondo interiore, ma quando si tenta di accedervi siscopre subito che le modalità suggerite sono molte,spesso antitetiche e che comunque non tutto è facil-mente accessibile. Sembrerebbe che i primi ostacolivengano prodotti proprio dal nostro cervello cheorganizza i pensieri in modo per lo più egocentrico,funzionale al contesto spazio/temporale in cui si esi-ste, caratterizzato da particolari esigenze antropologi-che. Ogni variazione dei punti di riferimento predi-sposti, verrebbe considerata probabilmente come unpericolo tendente a destabilizzare quell’equilibriodella mente, per altro assolutamente “relativo e fragi-le”. Quindi, i tentativi di rivolgere l’attenzione versol’interno (a cui non si è affatto abituati, oltre che for-mati) anziché verso l’abituale esterno, verrebbero for-temente contrastati.In un libro sulla intelligenza emotiva “Menzogna,Autoinganno, Illusione”di Daniel Goleman, questaviene descritta nel seguente modo: “Si tratta di terri-tori sconosciuti della mente umana, vere e proprie‘zone d’ombra’ in cui l’individuo relega, dimentican-dosene immediatamente, le sensazioni spiacevoli, iricordi dolorosi e qualunque considerazione negativache riguarda se stesso, coloro che ama e il mondo ingenerale.”La difesa del cervello può spingersi al punto da non

far percepire quello che ritiene inutile

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o doloroso. Se la percezione di una sensazio-ne attraverso i nostri cinque sensi è legata adun’esperienza che ha creato sconforto o dolo-re, il cervello potrebbe anche rimuoverla/nasconderladalla nostra memoria. Esistono tanti casi in cui sonostati rimossi dalla memoria interi avvenimenti tragicidi una persona, per garantire quell’equilibrio precariodi cui sopra (anche se il trauma avrà comunquelasciato segni, conseguenze, ovviamente non facil-mente decodificabili, continuando a “guardarefuori”). Come accennavo, secondo i ricercatori che percorro-no vie Tradizionali, quello che si dovrebbe fare inve-ce è riscoprire tutti questi avvenimenti, e possibil-mente rielaborarli. Non ci si può permettere di nonsapere che cosa si nasconde dentro di noi. Infatti, nondi rado, saranno proprio le esperienze rimosse e noncomprese che a un certo punto, a seguito di eventualistimoli, porteranno alla superficie emozioni incon-trollate e metteranno la persona in un angolo, incapa-ce di difendersi in quanto non preparata, né conscia,di quell’aspetto in sé. Volendo spingerci oltre, se poi a un certo punto delproprio sviluppo (per chi crede nella teoria della rein-carnazione) si estendesse questa modalità d’analisi,tenendo in conto anche le vite passate che potrebberoriaprirsi alla coscienza, questo lavoro diventerebbemolto più complesso.

La citazione di Hutin potrebbe avere in una delle suetante interpretazioni, anche una sollecitazione percolui che è stato iniziato in un percorso Tradizionale,dal momento che in tale ambito, si è indirizzati a“visitare”, scoprire, comprendere, ciò che è nascostoin sé stessi. Ovviamente, non è sufficiente essere stati iniziati edaspettare che le cose accadano da sole. All’adepto èchiesto un grande impegno e anche molta forza d’a-nimo per tentare di analizzare le zone d’ombra; atti-vità che per forza è un lavoro attivo ed inoltre lo sco-prire il perché e come si percepisce il mondo “nor-malmente”, potrebbe risultare sconvolgente in unanuova consapevolezza dove il confronto avviene solocon sé stessi.

Facendo esperienza anche tramite le medita-zioni strutturate, consigliate nel percorsomartinista, si scopre che lentamente riemer-

gono avvenimenti che si erano dimenticati e chenecessitano di essere indagati sempre più nel profon-do. Chi magari si trovava in pace, una pace però basa-ta su un castello di illusioni create dal cervello, sipotrebbe veder crollare addosso questa struttura men-tale e trovarsi a dover ricostruire un nuovo diversoequilibrio, auspicabilmente più “vero”. Spesso un ostacolo al cammino interiore non è quel-lo palesemente visibile, ma bensì quello che è ancoranascosto. A tal proposito diviene interessante unacitazione presente nel Salmo 19,13 dove troviamo:“Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dallacolpe che non vedo.” Nella lingua ebraica, la radice utilizzata per il nonvedere potrebbe essere: סתן che quindi nel Salmo,vuol dire essere nascosto. La radice per colpa שגה nonsta solo per colpa/peccato, ma anche per errare edeviare. Spesso non siamo in grado di vedere lenostre colpe/errori o deviazioni, perché sono nasco-ste. Chi lo nasconde? Il nostro cervello, cioè noi stes-si. Non ci si vuole sentire perennemente in colpa, opensare in continuazione ad avvenimenti dolorosi. Ilcervello vuole che noi ci vediamo buoni, perfetti, imigliori e con una vita agevole. Se le condizioni peravere in realtà questa immagine non ci sono, il cer-vello almeno tende ad obliare, nascondere, lo spiace-vole. Se la mente egocentrica è così potente da riusci-re a nascondere tutto ciò, la volontà di un adeptodovrà essere più forte ed entrare negli angoli piùnascosti. Si capisce che non è facile, né è per tutti.Infatti, non tutti desiderano sinceramente entrarenegli angoli nascosti della propria interiorità, pulire lacantina o il soffitto. Ad ogni modo, tanti simboli oni-rici parlano spesso di quello che si nasconde o in can-tina (incluso i cadaveri), o in soffitta. Esistono postiper dimenticare le cose, e quindi anche il nostro “SE”interiore che potrebbe rivelarsi la cosa più sconvol-gente tra tutte quelle di cui potremmo prenderecoscienza. Noi invece, per poter fare il nostro percor-so, dobbiamo cominciare proprio da lì; ovvero, fare

una bella pulizia generale.

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Non siamo in realtà attrezzati per fare questolavoro; in teoria abbiamo la nostra coscienza,il collegamento indistruttibile con il divino.Purtroppo non ne viene fatto buon uso, o almenopoco di questa voce del divino dentro di noi vieneascoltata (troppi veli, troppi gusci). Perché molti hanno fatto tacere questa voce interiore,la nostra coscienza? Probabilmente perché “brucia”sapere di non essere perfetti, buoni, quasi santi, edessere in contatto con la propria coscienza vuol dire,avere sempre qualcuno (noi stessi con la parte piùluminosa) che evidenzia quello che si vuole nascon-dere e quindi quegli aspetti che sono stati abilmentetenuti segreti, comprese le deviazioni, le ipocrisie e lebugie. Tutte le volte che stiamo per farne altri, questavoce si fa sentire di nuovo e per alcuni riaccende quelfuoco interiore che scalda, che porta sulla via cosìtanta agognata verso il divino, ma che è anche la stra-da piena di specchi nella quale si trovano pezzi diquello che è nascosto, che prima di scaldare, va libe-rato dai veli bruciandoli e purificando quanto è neces-sario. Nella Cabbalah il primo (in basso) Shephira èMalkuth il regno. Si potrebbe supporre che ,מלכיתnella mistica ebraica rappresenti l’ambito da cui dareinizio al cammino verso la reintegrazione. Alcuni sostengono che una delle possibili esperienzecorrelate a quel tipo di cammino spirituale, da fare inMalkuth, sarebbe quella di riuscire a percepire unincontro con l’angelo custode. Questo angelo sarebbenella schiera che può essere pronunciata Ishim .אישיםSarebbero gli angeli più vicini all’uomo, le animebeate. Se (nella “danza delle lettere”) si togliesse laprima Jod י si potrebbe avere la radice di Eshim אשיםfiamme. Queste fiamme potrebbero essere messe inrelazione con il nostro fuoco interiore che si rispec-chia nel fuoco del nostro angelo custode. Quel fuocoche possiamo anche ritrovare nelle tre linee della Shinche rappresentano le lingue di fuoco, e che oltre שalla formula pentagrammatica, a volte si trova al cen-tro dell’Esagramma Martinista. Secondo la scrittrice Abravanel: “La Shin è la lette-ra dell’elevazione spirituale, della fiamma interioreche brucia i contenuti materiali della

mente”. Sia nella parola ebraica per “uomo”Ish (איש), che in quella per “donna” Ishahcome per ,אש troviamo questo fuoco (אשה)

indicare che è già in noi, nel nostro centro, come lo ènell’Esagramma. Questo fuoco potrebbe costituire anche una sorta dilanterna nella nostra oscurità, per poter scorgere nelbuio del nostro essere e illuminare ogni suo angolo.Ad ogni modo, non bisognerebbe sottovalutare cheaggrappandosi a vecchie abitudini, sensazioni e modidi vivere, si avrebbe come conseguenza che tuttoquello che è nascosto, rimarrebbe tale. Una di questecose nascoste potrebbe proprio essere il nostro fuocointeriore (emanazione della Luce divina). Non tutto quello che è nascosto per forza deve esseredoloroso, ma è probabile che prima di ritrovare laLuce si passi attraverso i veli costruiti a seguito diavvenimenti brutti e dolorosi. La direzione verso laLuce si potrebbe ritrovare camminando correttamen-te sul percorso di purificazione interiore, che è l’ini-zio di un successivo lavoro indirizzato verso la rein-tegrazione con la Sorgente Divina. Questo tipo d’attività interiore suscita un’immagineriguardante l’ambito informatico. La smemoratezzaforzata potrebbe esemplificarsi nella cancellazione didati nell’ Hard Disk del nostro computer. Forse c’eraun Virus e volevamo eliminarlo. Invece di interveni-re solo sul Virus, è stato cancellato tutto. Adesso sap-piamo che i dati possono essere recuperati, e che unbuon programmatore può rimettere a posto tutto oquasi. Ma nel nostro caso siamo noi il programmato-re e molto probabilmente recuperando i dati, recupe-riamo anche i Virus. Così, diviene necessario impara-re ad intervenire correttamente sui nostri Virus ed aneutralizzarli per poter accedere ai dati sani.Tutto quello che dobbiamo fare è cercare dentro dinoi, con la volontà di trovare tutto quello che ci con-cerne, soprattutto quello che non è luminoso. In talemodo si inizia il cammino verso il completamentodell’azione iniziatica, che, ad esempio, G. Persigoutl’ha descritta con i seguenti stati: “La Purificazione dell’essere, che >>muore<< aisuoi desideri profani per divenire una creatura per-

fetta è la >>Grande Opera spirituale<<

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degli alchimisti. Illuminazione, che dà ilmodo di ritrovare la >>parola perduta<<, dipervenire alla Conoscenza che i nostri ante-nati hanno perduto. Reintegrazione simbolica nei pri-vilegi che l’individuo possedeva all’origine, primadella caduta.”Secondo questo schema, il primo grado riguardereb-be la purificazione, che è anche la base del nostrocammino; per farlo si dovrebbe indagare il proprioessere: il “Conosci te stesso”.Forse è sempre per questo che nella mistica ebraica,la prima esperienza che si potrebbe intraprenderesarebbe un contatto con l’Ishim, l’anima beata chefavorisce il rafforzamento del nostro fuoco interiorein modo che ci possiamo purificare. Non possiamofare questo passo, se non nella nostra interiorità.L’iniziazione può avviare questo lavoro indirizzandoe sensibilizzando il ricercatore affinchè osi e poiriesca a trovare il proprio fuoco interiore; ovviamen-te, solo se il postulante iniziale sarà veramente predi-sposto a voler fare un determinato lavoro su sé stes-so. Il nostro compito sarà quindi di riuscire a superaretutte le oscurità nascoste, essere disposti a sovvertirela propria vita interiore, sacrificare il vecchio per tro-vare, tramite la nuova identità, il giusto camminoverso la vera Luce. Trovando la Luce inte-riore si sarà poi in grado di individuareanche la direzione verso la Luce Divina che

così sarà riconosciuta.Infatti, scoprendo i propri lati nascosti, accet-tandoli e scegliendo di modificare ciò che

riterremo necessario, ci si potrebbe mettere veramen-te in grado di realizzare un processo di purificazionedel proprio essere, bruciando i gusci materiali dellamente che inibiscono la percezione del divino e con-seguentemente ogni tentativo di reintegrazione conLui.

“Colui che trova la felicità solamente nel suo intimo,la pace solo nella sua anima e la luce unicamentedentro di sé, questo Yogi, essendo diventato uno conla natura, raggiunge l’unità con Brahamàn”.Bhagavada Gita (V,24)

AKASHA I:::I::

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Tutti i racconti, i saggi, le poesie, i disegni, che le Sorelle ed i Fratellivorranno proporre per l’inserimento su questa pubblicazionedell’Ordine Martinista, potranno essere inviati a:

Renato Salvadeo e-mail : [email protected]

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Alla gloria di Grande Architetto dell’Universo

e sotto gli auspici del Filosofo Incognito nostro Venerato Maestro

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