BOICOTTAGGIO INVALSI 2014
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FRONTE DELLA GIOVENTU’ COMUNISTA - dipartimento scuola e università -
www.gioventucomunista.it info: [email protected]
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1) INTRODUZIONE
Dall’anno scolastico 2010-2011, anche agli studenti delle scuole superiori vengono
somministrate le prove dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo d’istruzione
(INVALSI). Mentre il sistema di istruzione statale verte in condizioni economiche disastrose e non
si investe un euro per il diritto allo studio e l’edilizia scolastica, circa 14 milioni di euro all’anno
vengono spesi per queste sperimentazioni. Per ora queste sono limitate solo alle classi seconde,
anche se incombe continuamente la possibilità, per i prossimi anni, di sperimentazioni anche per le
classi quarte, oltre alla “quarta prova” per i maturandi somministrata proprio dall’INVALSI che
dovrebbe entrare a regime nel 2015. Questo documento nasce dalla volontà di fornire una sintesi
più esauriente possibile delle ragioni per cui boicottare questi test significa schierarsi in difesa della
scuola pubblica, senza rinunciare a riferimenti che inquadrino costantemente l’analisi nel contesto
più generale dello smantellamento della scuola pubblica attuato negli ultimi anni da questo
sistema, necessari per una completa comprensione del ruolo dei test INVALSI.
2) PER UNA VISIONE COMPLESSIVA DEL “FENOMENO INVALSI”
L’INVALSI dal 2004 gestisce il Servizio Nazionale di Valutazione (SNV), che risponde a un
progetto, delineato in diverse conferenze europee, di innalzamento della qualità dei sistemi di
istruzione dei paesi della UE al fine di renderli “più competitivi”. I fatti hanno dimostrato come in
realtà questo significhi omologare progressivamente l’istruzione a dei parametri pensati nel solo
interesse del mercato, senza tenere minimamente conto dello studente.
Lo scopo dichiarato delle prove che l’INVALSI somministra agli studenti, uguali per tutti gli
indirizzi di studio, è quello di "monitorare" la qualità dell'istruzione e degli insegnamenti in tutto il
territorio nazionale. Molte forze di sinistra in questi anni hanno criticato fortemente l’idea di una
valutazione del sistema di istruzione nazionale da parte dello Stato tramite parametri centralizzati,
proclamando di schierarsi in difesa della "autonomia delle scuole". In realtà questa pratica non è
da ritenersi sbagliata in sé, ma come tutto va analizzata nel preciso contesto in cui avviene,
giudicandola non astrattamente, ma per il ruolo che assume nei processi in atto. Se in uno Stato la
scuola fosse davvero pubblica e gratuita, senza barriere economiche che impediscano l'accesso a
determinate fasce sociali, senza particolare distinzione di classe fra istruzione professionale e
liceale, con modelli di insegnamento volti all'accrescimento culturale di massa e non
all'apprendimento delle uniche nozioni di cui il sistema ha bisogno, e con una pianificazione statale
dei finanziamenti basata sulle reali necessità delle singole scuole, allora il monitoraggio del reale
rendimento degli istituti scolastici da parte dello Stato per intervenire laddove necessario,
eliminando burocratismi e compensando le lacune, sarebbe più che opportuno. Il punto è che nel
nostro Paese tutto questo non c'è, e men che meno c'è interesse da parte dello Stato a preservare
in modo disinteressato la qualità del sistema di istruzione. Viene dunque da chiedersi: con quale
scopo si è dato il via a monitoraggi annuali del sistema di istruzione nazionale inserendo le scuole
in una graduatoria?
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3) DAL “ROBIN HOOD AL CONTRARIO” ALLA SCUOLA DI CLASSE... DOVE VA L’INVALSI?
La risposta alla domanda precedente è giunta da sé proprio nel 2011, anno in cui fu stabilito in
via sperimentale un premio di 70.000€ a scuola per quegli istituti che avessero conquistato le
prime posizioni della graduatoria. Le graduatorie dell’INVALSI costituiscono, in maniera sempre
meno velata, la premessa per introdurre un modello di finanziamento pubblico alle scuole di tipo
“americano”, utilizzando proprio i risultati dei test.
In altre parole, l’intenzione è quella di finanziare le scuole che conseguiranno i risultati più alti,
invece di aiutare, come sarebbe logico, le scuole che manifestano carenze dal punto di vista
strutturale e didattico. Una sorta di Robin Hood al contrario, in cui tutto è valutato sulla base di una
logica di stampo manageriale, e non sotto il giusto profilo che una materia delicata come
l’istruzione richiederebbe. Il Dirigente Scolastico, che negli ultimi anni si è visto assegnare sempre
più poteri, è concepito come una sorta di manager che ha il dovere di rendere "più produttiva" la
scuola, onere che si ripercuote sugli insegnanti. Implicitamente si offrono anche ulteriori
finanziamenti pubblici all’istruzione privata, poiché anche le scuole paritarie partecipano ai test e
saranno iscritte nelle graduatorie. Politiche del genere, se condotte fino in fondo, non farebbero
altro che alimentare il divario fra scuole di serie A (che riceveranno “finanziamenti-premio” sempre
maggiori) e le scuole “di serie B”, destinate a vedere la qualità dei propri insegnamenti precipitare.
La logica conseguenza, se ciò dovesse avvenire, è che le scuole “di serie A”, qualitativamente
migliori, potranno permettersi di essere più costose. In linea con le politiche sull’istruzione portate
avanti dai governi di destra e sinistra negli ultimi anni, si nasconde il classismo dietro l’artificio
retorico del merito. La prospettiva peggiore, che non appare poi così lontana, è quella della
differenziazione del trattamento economico degli insegnanti in base al rendimento dei propri
studenti, così come avviene in altri paesi. Le graduatorie INVALSI sembrano essere la premessa
anche per questa operazione, che sancirebbe l’ennesimo trionfo delle logiche manageriali e
privatistiche nell’istruzione pubblica, fino al punto in cui la scuola con più disponibilità economiche
potrà “assumere” insegnanti più prestigiosi, e di conseguenza “costare di più”.
Questo quadro può apparire distante, ma è il naturale sviluppo del processo che è appena
iniziato e del quale l’INVALSI è un ingranaggio fondamentale. Ciò che sta già iniziando a
comparire, a livello embrionale, è una crescente competizione fratricida fra gli istituti scolastici, il
cui l’interesse non è più assicurare livelli omogenei e sempre più elevati di istruzione ma piuttosto
superare gli altri istituti. A questa competizione, sia chiaro, concorrono anche altri fattori estranei
all’INVALSI (ad esempio l’interesse dei Dirigenti di mantenere il proprio posto incrementando il
numero di iscritti, sfuggendo al ridimensionamento scolastico).
4) L’INVALSI E LA DIDATTICA: QUALI SONO I CRITERI DI VALUTAZIONE?
Concentrandoci sui test INVALSI, il terreno su cui si sta incoraggiando la competizione fra le
scuole e fra gli stessi insegnanti è quello dell’omologazione al modello dei quiz adottato dai test
INVALSI. La reale portata di ciò che sta avvenendo si capisce del tutto soltanto se si analizzano i
criteri tramite i quali l’INVALSI stila una graduatoria delle scuole, che diventano i termini veri e
propri della competizione.
Da tempo si denuncia da più parti l’inattendibilità scientifica di questi test, che servirebbero a
misurare la preparazione degli studenti delle scuole italiane e dei docenti. Il capitalismo ha
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effettivamente influenzato l’istruzione creando progressivamente contraddizioni fra conoscenze e
competenze, fra comprensione critica dei concetti e nozionismo, e il modello di valutazione
dell’INVALSI tende a schiacciare questa ambivalenza sul secondo termine, optando per il modello
dei quiz a crocette. Sacrificando del tutto l’apprendimento dei concetti in favore di quello delle
nozioni, agli studenti è chiesto di scegliere tra una serie di risposte prestabilite da altri, non
inquadrabili neanche criticamente in un discorso complessivo. Spesso ne sembra giusta più di
una, e vorrebbero giustificare questa percezione argomentandola a dovere; altre volte nessuna è
davvero corretta. Tutte queste valutazioni critiche per l'INVALSI sono superflue. Allo studente non
viene chiesto di pensare, di analizzare criticamente dimostrando comprensione e padronanza della
materia studiata. Ciò che si chiede è l'apprendimento di nozioni secche, anche a costo di snaturare
del tutto il senso dell'istruzione. La matematica ridotta alla risoluzione del problema, senza che sia
richiesta la comprensione dei suoi profondi meccanismi; la letteratura italiana ridotta all'analisi di
un testo d'autore estrapolato da un'opera, tramite un quiz a crocette, senza che dell'autore
importino la vita, il pensiero, il contesto storico. L'istruzione ridotta all'applicazione di logiche
produttive, in cui è diventato normale somministrare lo stesso test di matematica in un liceo
classico, in uno scientifico o in un professionale. Si elimina di fatto il senso della differenziazione
dei percorsi di studio, perché in questo sistema non importa la valorizzazione dei talenti dell'
individuo tramite un percorso di studio, ma piuttosto l’utilità effettiva di questi al mercato, al quale
del tuo percorso di studio non interessa
Le scuole destinate a finire ai primi posti in graduatoria sono quelle scuole che
omologheranno gli insegnamenti al modello dei quiz. La proclamata "autonomia di insegnamento"
dei docenti si scontrerà sempre di più con l'interesse del Dirigente di piazzare la scuola ai primi
posti in graduatoria. L'INVALSI è riuscito, in questo modo, a introdursi con prepotenza all'interno
delle scuole, condizionando sempre più la didattica. Gli insegnanti vengono già invitati a
interrompere o rallentare la normale programmazione per preparare gli studenti a sostenere i quiz;
addirittura compaiono libri di testo per la "preparazione al test INVALSI". Quando la didattica si
omologa alle logiche produttive, il bravo insegnante diventa quello che insegna a superare un quiz
a crocette. Se dovesse realizzarsi anche la differenziazione delle retribuzioni in base al
rendimento, l’appiattimento degli insegnamenti sul nozionismo avverrebbe automaticamente per
mano degli stessi docenti, senza la necessità di pressioni da parte del Dirigente Scolastico.
La minaccia sempre più incombente è quella di una competizione sfrenata fra le scuole, fra
dirigenti-manager e fra gli stessi insegnanti, che tanto assomiglia alle logiche di sopravvivenza, di
competizione sfrenata e di conseguimento del profitto a ogni costo sulle quali si fonda il sistema
capitalista.
5) DIFENDERE LA SCUOLA PUBBLICA, BOICOTTARE I TEST INVALSI
Nonostante le proteste negli ultimi anni, chiaramente ancora insufficienti, il progetto
dell’INVALSI continua inesorabile. Il famigerato “Pdl Aprea”, riproposto più volte con diversi nomi in
passato (e probabilmente sarà riproposto anche in futuro), prevedeva addirittura la creazione di
“nuclei di autovalutazione” in ogni istituto, con il compito di valutare la propria scuola proprio in
base ai criteri dell’INVALSI. Proprio come la maggior parte di ciò che è stato realizzato in Italia
negli ultimi anni, anche l’INVALSI risponde alle imposizioni che provengono dall’Unione Europea,
che ha più volte “invitato” l’Italia a potenziare il proprio sistema di autovalutazione del sistema di
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istruzione affinché la scuola italiana diventi più “competitiva”. È doveroso far notare anche qui che
aumentare la “competitività” del sistema di istruzione significa omologarne gli insegnamenti ai
parametri imposti dal mercato, processo che effettivamente nel nostro paese è “indietro” rispetto
ad altri Paesi UE (in alcuni non esistono più le interrogazioni orali nelle scuole, in altri si fanno già
soltanto quiz a crocette!).
È chiaro che non basterà una timida protesta annuale condotta quasi come una routine a
fermare ciò che sta avvenendo. La lotta contro l’INVALSI deve diventare una lotta di massa,
coinvolgere strati sempre più ampi della popolazione scolastica. È necessario che studenti e
insegnanti costituiscano un fronte unito in tutto il paese, organizzando le attività di boicottaggio,
promuovendole tanto nelle singole classi quanto all’interno degli stessi Consigli di Istituto e Collegi
dei docenti, sviluppando forme di coordinamento della lotta fra tutte le scuole. Impedire all’INVALSI
di stilare una classifica significa ritardare il progetto che si cela dietro le graduatorie e impedire che
vada in porto. Boicottare l’INVALSI significa difendere l’istruzione pubblica dal giogo di questo
sistema, lottare per una scuola pubblica e per un’istruzione realmente di massa, accessibile a tutti
e finalizzata non allo sviluppo del capitalismo e dei profitti di pochi, ma al progresso dell’intera
società.