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Belgrado: Campionati Europei di cross n. 11

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Belgrado:CampionatiEuropei di cross

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Si dice che quando s’invecchia si tende a ricordare mo-menti migliori della vita. Mai, come in questo periodomi trovo a osservare vecchi articoli e vecchie foto.Qualcosa vorrà dire. Che sono vecchio? No, ho ancorauna certa vitalità e allora? Beh, arrivo subito al dun-que, io non amo tergiversare come fanno altri che scri-vono su blog, quotidiani, riviste, siti web e chi più neha ne metta. Si parla di cross sul TREKKENFILD di-cembrino. Come potete vedere e leggere in questepoche pagine del nostro magazine che viene speditoagli amici, si è sostenuto e scritto che quando abbiamoqualcosa da dire mettiamo nero su bianco. E allora vaicon il tango, immaginatevi di ascoltare in sottofondo“Besame mucho”: correvano gli anni Ottanta e la corsacampestre era nella nostra penisola un appuntamentoinvernale da non perdere. La Pro Patria targata, se nonvado errato Pierrel, aveva una tradizione consolidatanel cross da anni. Battaglie, a volte addirittura cruente(sotto il profilo verbale naturalmente) con gli avver-sari. Chi scrive è stato testimone di gare incredibilisotto il profilo dell’agonismo. Albufeira, località dellacosta dell’Algarve portoghese rappresentava una tappafondamentale nel corso dell’anno. Molte volte in terra

lusitana si disputò la Coppa Campioni, con AlbertoCova, Francesco Panetta, Franco Boffi, Gianni Dema-donna, Severino Bernardini, Marco Gozzano che si tro-vavano di fronte i portoghesi dello Sporting di Lisbonacon i gemelli Domingos e Dionisio Castro, Ezequiel Ca-nario, Fernando Mamede e altri. Erano lotte a coltellocon il tecnico Giorgio Rondelli che incalzava i suoi al-lievi lungo il percorso: urla, incitamenti, gioie, delu-sioni. Insomma tutti gli ingredienti per fare di un crossuno spettacolo. E quando toccava la Pro Patria a orga-

nizzare, si rendeva immediatamente la pariglia. Se inAlgarve a febbraio poteva esserci un sole già caldo, aClusone sulle montagne bergamasche c’era la neve….Indovinate come finiva. Nelle trasferte portoghesi laPro Patria si portava al seguito non meno di 4/5 giorna-listi dei maggiori quotidiani garantendosi con i suoicampioni anche notevoli spazi sui giornali. Poi la squa-dra di Mastropasqua per molteplici ragioni, inutiliadesso ricordare, passò la mano. Toccò alla Paf di Ve-rona di Dario Bergamini difendere i colori azzurri conBordin e Panetta. Arriviamo a metà degli anni Novantaun paio di uscite tra i prati, parlo sempre di Coppa deiCampioni, vi prende parte anche la Co-Ver di Verbaniadei fratelli Pizzi. Negli ultimi anni ha farla da padronele Fiamme Gialle con una formazione più che discreta,guidata da Gabriele De Nard. Il cross ora interessameno, anche perché i finanzieri, scusate il termine:tengono tutto per loro, in altre parole vanno in tra-sferta quasi da carbonari, le notizie si possono leggere

nel cosiddetto “tutto notizie” della Gazzetta dello Sporte di Tuttosport. Che tristezza! In più ci si mette anchela federazione, sì la Fidal di capitan Alfio Giomi che de-cide per il 2014 di allestire una grande giornata dedi-cata al cross, esattamente il 9 marzo. Tutto in un weekend: societari, assoluti, la novità della staffetta (?), ca-detti. Una grande ammucchiata. Peccato che sino aquest’anno gli appuntamenti fossero divisi: societari inun mese e assoluti in un altro, forse il cross non inte-ressa molto, anche perché è stato inserito in calenda-rio l’8/9 di marzo in concomitanza con i Mondiali alcoperto che si disputano a Sopot, nei pressi di Danzica(Polonia). Ne soffriranno tutti, gli spazi sui quotidianisaranno ridottissimi anche questa volta. Peccato. Epensare che Stefano Baldini, tanto per citare un nomeche ha ora una certa responsabilità in nazionale, difango ne abbia mangiato parecchio prima di diventareun maratoneta. Conclusione: speriamo che l’appunta-mento “week end del cross” di Nove (VI) di marzo nonabbia come sottofondo la canzone scritta dalla venti-quattrenne Consuelo Velasquez nel 1940: “Besame, be-same mucho, como si fuera esta noche l’ultima vez”….E diventi l’ultima volta del cross… con i tempi che cor-rono…

Walter Brambilla

Cosa pensare della mancata partecipazione di AndreaLalli e della partecipazione, ma con ritiro, di DanieleMeucci nell'occasione dell'Europeo di cross? Ha fattobene il primo a rinunciare? Ha fatto male il secondo apartecipare?A giochi fatti si può affermare che ha fatto bene il mo-lisano a dare forfait e che ha fatto male il toscano aprendere il via. E' evidente che i danni provocati allefibre muscolari e nervose da una maratona non sipossono eliminare nel giro di poco più di trenta giorni(Meucci- 3/11, New York, 10° in 2h12'03”) o di qua-ranta (Lalli – 27/10, Venezia, 3° in 2h14'26”).Va però detto che l'assenza di Lalli – mirabile cam-pione europeo di cross sia da junior, che da under 23,che da senior (in carica) - ha suscitato in molti viveperplessità. Ma come, si è detto, come può un crossistacome lui, con le corone che si ritrova in testa, rinun-ciare a difendere il titolo (con grosse possibilità di ri-vincerlo)? E anche la Federazione, così bisognosa diqualche successo, come ha potuto rinunciare a lui? E' chiaro che qui non si vuole affatto dire che Andrea,

proprio perché fresco ma provato reduce di maratona,avrebbe dovuto prendere il via. Alla luce delle conside-razioni di cui sopra e soprattutto per via del ritiro diMeucci, si può invece convenire che l'atleta e tutto ilsuo staff, con l'assenso della federazione, hanno fattobene a rinunciare. Il punto è un altro: perché rinun-ciare a priori, cioè nella programmazione fatta mesifa? Evidentemente è stata fatta una scelta, anche conprobabili forti spinte federali, nella quale è prevalsol'orientamento alla maratona, forse anche nel tenta-tivo di coprire, il 39enne inossidabile Pertile a parte,la voragine che in maratona c'è dietro i due, con con-seguente rinuncia all'Europeo. Ora, al di là di un labile terzo posto colto con molta fatica

da Lalli alla maratona di Venezia, l'impressione è che sivoglia far diventare il molisano un maratoneta (benin-teso lo vuole anche lui). Libero di scegliere, visto che chilo gestisce e la federazione sono d'accordo. Ma non si po-teva rimandare il debutto a una delle tante maratone diprimavera e pensare piuttosto all'Europeo? Era così ur-gente tale debutto? Evidentemente molte sono state lespinte trasversali che hanno fatto pendere l'ago della bi-lancia dalla parte dei 42,195 metri. Va da sé che per Lalli s'è trattato di un approccio allamaratona. Adesso è atteso alle controprove e noi siamoi primi ad augurargli le stesse fortune che ha raccoltonel cross, ma non siamo tra i primi a credere in altret-tante sue possibilità in maratona.

Discorso diverso per Meucci. Aveva in mente New Yorke New York è stata. E nemmeno male, visto il buonpiazzamento e il discreto tempo. Ma la maratona dellaBig Apple ha significato, come quella di Venezia perLalli, scegliere e la scelta, anche per lui, è stata in fa-vore dei 42,195 km. Quindi preparazione per il cross:zero. Allora perché andare a Belgrado quando non erastato nemmeno minimamente menzionato nella prese-lezione federale? Per tardive e urgenti spinte della fe-derazione da più parti criticata per aver esentato inostri due big dalla competizione serba? Perché cre-deva, il pisano, di aver smaltito la gara newyorkese?In così poco tempo? Perché ha voluto compiere un attodi coraggio? Per una sfida con se stesso? Per un rigur-gito di amor patrio e della propria dignità nel volerdifendere, lui, quel bronzo conquistato a Budapest loscorso anno? Se si tutela Lalli, perché non tutelareanche Meucci e mandarlo così allo sbaraglio (visto chele scelte non dipendono solo dall'atleta)? E' evidenteche siamo di fronte a una contraddizione in termini,cioè a errori di programmazione. Oggi, a partire daLalli e Meucci, ne paghiamo tutti le spese. L'augurio èche i due diventino davvero campioni di maratona.

Ennio Buongiovanni

Besame mucho

Europeo sì, Europeo no

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Come Gabriele De Nard anche la cop-pia (giornalista/fotografo) che si oc-cupa di questo piccolissimo reportagepuò contare ben 17 presenze incampo europeo, almeno per quantoriguarda la corsa campestre. In altreparole, ne abbiamo viste di tutti i co-lori, inteso come località e come garevere e proprie. L’uomo che moltospesso si è identificato nel cross, DeNard a parte, qualche anno fa potevaessere il carabiniere Umberto Pu-sterla, ma chi ha messo il suo sigillo,oltre a Sergiy Lebid ucraino di casanostra, che di titoli continentali ne havinti in quantità industriale, è senzadubbio Andrea Lalli. Il ragazzo moli-sano, che sin dalle categorie giovaniliconquistava titoli tra i prati, ha co-minciato a Legnano, tra gli juniores,ha proseguito come under 23 a Bru-xelles per poi arrivare al titolo seniorlo scorso anno a Budapest. Chi haavuto la fortuna di seguire la gara ma-giara era stato colpito dalla splendidaprova dell’allievo di Luciano Di Pardo,l’oro individuale, il bronzo a squadre,l’inno, il vessillo tricolore: momentiche restano indelebili nella memoriadi chi li ha vissuti sul posto. Que-st’anno Lalli avrebbe dovuto difen-dere il titolo, ma la programmazionedel finanziere è finalizzata alla mara-tona europea del prossimo agosto aZurigo, conseguentemente il crossnon doveva rientrare nella primaparte della stagione, visto che lostesso atleta aveva preso parte 40giorni prima alla Venicemarathon.Formazione azzurra azzoppata forsedel miglior rappresentante, peccatoche forse lo stesso atleta abbia, ma-

gari, avuto voglia di difenderlo il titoloeuropeo. Così si va a Belgrado ben sa-pendo di avere poche possibilità disalire sul podio. Oltre a Lalli venivaannunciata anche la non partecipa-zione di Daniele Meucci, altra cartavincente del sestetto azzurro. Meuccidal canto suo aveva già preso partealla maratona di New York, una setti-mana dopo Venezia, dove tra l’altroera andato meglio, cronometrica-mente parlando di Lalli, un anno fa aBudapest era arrivato terzo, nono-stante una caduta. Ma come per in-canto, due giorni prima dellapartenza per la Serbia, si viene a sa-pere che Meucci si considera a dispo-sizione della nazionale e s’imbarcaper Belgrado.

Le gareDopo una giornata lunga e faticosa,assistere in tribuna a cinque gare è

un piacere, anche perché domenica 8dicembre non faceva freddo, laspruzzata di neve caduta due giorniprima e il vento della vigilia eranoscomparsi, il sole faceva capolino tragrosse nubi che solcavano il cielodella capitale dell’ex Jugoslavia.La prima gara ci lasciava con un sa-pore acre in bocca. Brave le juniorescon Federica Del Buono, figlia d’arte,che correva per buona parte del per-corso con un pezzo di legno confic-cato nel chiodo di una scarpa, allafine il sestetto italiano era quarto,mai successo in precedenza. Poi erala volta dei maschietti. Si sapeva chegli azzurrini avrebbero potuto cen-trare il colpaccio. Stefano Baldini po-teva giocare su un novero di atleti digran livello, lui stesso aveva am-messo di poter addirittura convocaredue squadre. La scelta è caduta suigemelli toscani Samuele e Lorenzo

Dalla Serbia confurore

Dini e sui fratelli Neka e YemaCrippa, oltre a Quazzola ed a OsamaZoghlani. Le cose sono andate in ma-niera diversa, ma i ragazzini sono gliunici che ci hanno fatto ritagliare unsorriso con la spettacolare prova di

L. Dini e di Yema Crippa, quinto esettimo e con un bronzo dal saporeargenteo. Nell’under 23 una categoria nata nel2006 a S. Giorgio su Legnano (Cam-paccio) nessuno si attendeva MicheleFontana nelle prime posizioni, in-vece, il ragazzo di Pasturo (Lecco)coglieva un importante ottavo postoche fa ben sperare per la stagione2014. Niente di eccezionale ma ognitanto, qualche ragazzo merita nonsolo la citazione ma articoli su quoti-diani nazionali, leggi “La Gazzettadello Sport” pagina lombarda del lu-nedì. Per Fontana mettersi alle spalle

il campione europeo dei 1500 Hen-rik Ingebritsen significa annotarel’evento sul proprio personalissimotaccuino, con la matita rossa.Pur centrando anche a livello seniordonne un quarto posto, non ci si èmai illusi durante la gara di conqui-stare un’altra medaglia. Elena Ro-magnolo e Nadia Ejjaffini non sonomai state al livello del loro valore,

specie la biellese, assai opaca. Nadiache ama viaggiarenelle prime posi-zioni ha soffertol’avvio impetuosodella norvegeseGrodvall, e nelmomento cloudella prova si ètrovata in diffi-coltà. Chi inveceha mostrato note-voli progressi è lapugliese di Bar-letta Veronica In-glese. Piccola edeterminata hafatto intravvederequalcosa di inte-ressante in unagara in rimontavinta un po’ a sor-presa dalla tran-salpina SophieDuarte. Battuta lafavorita irlandeseFionnulla Britton.Dopo una giornatalunga e faticosa di-

cevamo, si arrivava alla gara clou: lasesta. L’Italia non partiva bene Ga-briele De Nard veniva asfaltato (ca-deva) e doveva fare tutta la gara inrimonta. Patrick Nasti, non certo uncuor di leone, è parso a disagio su unterreno tutt’altro che infido, tant’èche il migliore dei nostri era Gian-marco Buttazzo, che le trenta prima-vere le ha passate da un pezzo. Unonesto faticatore, al quale va ricono-sciuta caparbietà e coraggio. EMeucci? Un momento si parla anchedi lui. Due sere prima della garamentre si cercava un approccio sim-patico con il ragazzo, divenuto papàper la seconda volta, ci si accorge diessere magari ingombranti. Lui nonama né interviste, né dichiarazioni.Sfuggente, poco incline alla chiac-chiera conviviale e ci si ferma qui.Meglio non andare oltre. In garal’atleta allenato da Massimo Magnaniera partito bene, anche la sua corsaera fluida non pareva per nulla in dif-ficoltà. Attorno al quinto chilometromentre si trovava in quinta posi-zione, nel suo gruppetto viaggiavaanche l’inglese Vernon (bronzo) de-cideva che le sensazioni non eranobuone, si sfilava, decidendo di chiu-dere anticipatamente la gara, scor-dandosi forse che esisteva unaclassifica a squadre e che il suo ap-porto sarebbe stato decisivo. Nientedi tutto ciò. Avesse sputato l’animaper arrivare ventesimo ci saremmotolti il cappello, invece…. Meucci ri-mane uno dei coccolati dalla federa-zione, speriamo che a Zurigo nellamaratona europea qualcuno ricordial toscano una classifica di squadra.E se viene stilata, vuole dire chequalcosa conta. O no? Il titolo è dalnaturalizzato spagnolo Alemayu Be-zabeh, già primo a Dublino nel 2009implicato nell’Operacion Galgo, unaquestione bruttissima di doping. maquesto è un altro tema. Il prossimo anno si vola in Bulgarianei pressi di Sofia in una località a1300 metri sul livello del mare: saràmeglio schierare la squadra azzurradella corsa in montagna!

W. B.

Immagini delcross europeodi Belgrado. Afianco lasquadrajuniores, terza.Sotto leragazzeseniores e Y.Crippa e L. Diniin azione(Foto E.Panciera)

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DonneJunior. Incredibile ma vero, arrivano sino al quartoposto: 6Under 23. Nessuna individualità degna di nota se nonl’avvenenza di alcune, ottava: 5Senior. Veronica Inglese: 8ª: grinta da vendere: 7Nadia Ejjafini: 18ª: senza velleità: 5Elena Romagnolo 34ª: opaca: 5Elisa Desco 37°: porta punti: 6 di stimaValeria Roffino 46ª: meglio il suo fidanzato Michele Fon-tana: 5Silvia La Barbera 51°: forse se ci fosse stato il fidanzato: 5Squadre: Italia quarta, medaglia di cartone. 6

UominiJunior. Il sogno svanisce all’alba, ma il bronzo è corrobo-rante: 7Under 23. Solo Fontana in evidenza: gli altri delle ombre: 4Senior. Gianmarco Buttazzo: 30° Ombre vertical: 6Gabriele Carletti: 35º: Mai visto: 5/6Gabriele De Nard: 40ª Capitano, mio capitano: 6Patrick Nasti: 46º Lungo, lungo: 5Alex Baldaccini: 55º Meglio in montagna: 5Daniele Meucci: ritirato. Non classificatoSquadre: Italia ottava. Tra i peggiori risultati di sempre: 4.

Nevicava sabato 30 novem-bre su buona parte dell’Ita-lia del nord. Nevicava, quelsabato, anche sulla basilicadi Santa Maria Maggiore esul Battistero di Lomello(risalente al VII-VIII se-colo). Nevicava forte ma ledifficoltà metereologichenon hanno fermato nes-suno. Festa doveva esseree festa è stata. Sono arri-vati tutti, da ogni angolodello stivale. Chi dallacalda Sicilia e chi dalfreddo Piemonte. Dal-l’Abruzzo al Lazio. E tuttisono stati accolti dallecalde lacrime di Pietro Pa-storini. L’uomo che ha for-temente voluto questoincontro. Così, ancora unavolta e dopo tanto tempo,gli uomini e le donne dellamarcia si sono ritrovati, ab-bracciati, salutati, festeg-giati. E poi via, tutti

insieme, nella palestradella scuola per risponderealle domande degli alunniche, incuriositi, non hannomancato di rivolgere do-mande serrate e intelli-genti agli atleti e alle atleteche tanto lustro hanno do-nato all’immagine dell’Italiache fatica e marcia. Dueore di confronto serratodove non è mancato ancheil sereno confronto con ilpassato (atleti, tecnici,massaggiatori, medici) e ilfuturo (alunni giovani egiovanissimi accompagnatie sostenuti dai loro inse-gnanti).L’incontro, nato dal deside-rio di Annarita Sidoti di ri-trovare i “vecchi compagnidi tante fatiche”, ancorauna volta volta ha messo inluce la tenacia di questapiccola siciliana che a pocopiù di quarant’anni sta

combat-tendocontro unaltro av-versario:il cancroche l’hacolpita eche stacercando di fiac-carla. Ma Annarita,così come sullestrade e sulle pistedi una volta, stacombattendo la suabattaglia con altret-tanto ferocia con cuiè stata aggredita. Lasua spontaneità e lasua allegria sono,per l’ennesima volta,contagiosi. Non si daper vinta e il suoviso ha illuminatoper l’ennesima voltaquesta festa.

Dap

Le nostre pagelleIl mago preferisce non dare voti singoli alle categorie juniores e under 23, ma solo a squadre.

A sinistra VeronicaInglese, ottava altraguardo. Bravamerita un 7.A destra MicheleFontana, ottavonegli Under 23.(Foto E. Panciera)

La “famiglia” dellamarcia al grancompleto che si èritrovata a Lomellosabato 30novembre.Sotto:gli alunnidi Lomelloe Annarita Sidoti.

Com’è belloritrovarsiCom’è bello

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Brodo primordialeBRiprendiamo la narrazione della“storia” dell’atletica inerente le lun-ghe distanze. Sempre “saccheg-giando” il famoso libro di Serra eccoche arriviamo a scoprire distanzeclassiche e che negli ultimi decennidel secolo scorso hanno acceso lafantasia di migliaia di appassionati.Anche in questo caso la storia parteda lontano...“La più completa e suggestiva unitàdi tempo è l’ora. L’uomo si è misuratocon essa per superare quanta più di-stanza gli fosse possibile, in una sfidache ebbe il suo svolgimento soprat-tutto in quello che si usa definire «pe-riodo eroico dello sport» e, in realtàfu un’epoca di brucianti antagonismi,innescate a grosse concrete carichedi interessi economici.“Il 1913 oltre che l’anno dei primatidell’ora in biciletta era stato anchel’anno dei primati atletici con i 19,021km di Bouin e i 13,403 di Altimani,che fecero il punto dei limiti umaninella corsa e nella marcia. Come ci siera giunti?“Il primo professionista inglese a su-perare le 11 miglia (km 17,702) fuThomas Maxfield nel 1845, per sole100 iarde; altre 300 circa ne aggiunseJohn Howitt il 23 marzo 1852 toc-cando una distanza corrispondentemetricamente a km. 18,122.Nel tentativo, felicemente compiutonel sobborgo londinese di Islingtondove gli antichi conquistatori romaniavevano stabilito un campo estivo,Howittt aveva corso le 13 miglia in 1ora 10 minuti e 31 secondi, le 14 in1h16’11” e le 15 (km 24,140) in1h22’. Fu il pellerossa canadese Piededi Cervo nel 1863 a salire a 11 miglia

e 970 iarde, ossia a km. 18.589.La caccia al record riprese con duedilettanti: il primo tentativo, effet-tuato da Choppy Warburton, fallì lar-gamente e il secondo, compiuto daWalter George, sfiorò il successo fis-sando il nuovo limite britannico. Ge-orge, il 28 luglio 1884, percorseinfatti km. 18,555. Miglior fortunanon ebbe Sydney Thomas (1868-1942) di Chelsea, di passaggio in unacorsa di 15 miglia. Il record era desti-nato a cadere per opera di due pro-fessionisti. Il primo, Frederick Bacon,era stato campione AAA del migliodal 1893 al 1895, delle 4 nel 1894 edelle 10 nel 1895. Pur non essendoun fondista, Fred Bacon riuscì astrappare a Piede di Cervo il primatodell’ora a Rochdale, il 19 giugno1897, con 11 miglia e 1143 iardeequivalenti a km. 18,748. A Ro-chdale, il 16 settembre 1899, HarryWatkins (1872-1922) migliorò netta-mente il record raggiungendo 11 mi-glia e 1286 iarde, ossia km. 18,878,passando le 10 miglia in 51’05”1/2 ele 11 in 56’18”1/5. Questo primato fuil vertice del podismo professioni-stico e solo dopo 14 anni trovò il suosuperamento.”Per non tediarvi oltre interrompiamoqui la narrazione... Ci risentiremo sulprossimo numero.

D. P.

Il record dell’ora

Sopra: il francese JeanBouin, primo a superare nel1913 i 19 chilometri nell’oradi corsa.A destra: Fernando Altimani,divisa bianca, verso la con-quista del primato dell’ora dimarcia il 29 luglio 1913a Milano. Lo seguono in bici-cletta il massaggiatore Ta-gliabue ed Emilio Colombo,direttore della Gazzetta delloSport.