AUMENTA IL NUMERO DELLE PERSONE CHE …INSOSTENIBILE...ma che ci vanno lo stesso, usando computer...

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di J ADEL ANDREETTO «N el mondo reale – sul pianeta Terra, nella Realtà, abitano tra i sei e i dieci miliardi di persone. In qualsiasi momento le si osservi, si vedrà che la maggior parte di loro è intenta a costruire mattoni d’argilla e a lubrificare i propri AK-47. Circa un miliardo di persone ha abbastanza soldi per comprarsi un computer. Di questo miliardo di potenziali possessori di computer, forse solo un quarto se lo compra veramente, e solo un quarto di questi ultimi ha macchine abbastanza potenti da gestire il protocollo della Strada. Ciò significa che, in qualsiasi momento, circa sessanta milioni di persone possono accedere alla Strada. Se a queste ne aggiungiamo altri sessanta milioni che non se lo potrebbero permettere, ma che ci vanno lo stesso, usando computer pubblici o quelli della propria scuola o del proprio ufficio, si può concludere che, mediamente, la Strada è occupata da un numero di persone pari al doppio della popolazione di New York». La Strada di cui parliamo percorre e taglia in due lungo la linea dell’equatore il Metaverso, un’invenzione letteraria, creata da Neal Stephenson in Snow Crash nel ‘92. Il Metaverso viene descritto dallo scrittore americano come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio Avatar. Nel Metaverso ogni persona può, pagando, realizzare in 3D ciò che desidera, negozi, uffici, night club, musei e ogni altra cosa che sarà poi visitata dagli utenti. A quindici anni di distanza, anno domini 2007, la popolazione mondiale non è proprio di dieci miliardi, anche se una parte di essa è intenta a lubrificare Kalasnicov o a costruire mattoni di argilla, New York non è poi così densamente popolata, la “Strada” non esiste, ma il Metaverso sì, ed è frequentato da sette milioni di persone. Già perché, Neal Stephenson, narrando le imprese dell’ultimo hacker free lance, Hiro Protagonsit, ha praticamente descritto Second Life. Second Life è una comunità virtuale, una chat tridimensionale, creata nel 2003 dalla Linden Lab che nel giro di pochi anni ha visto centuplicare il numero dei suoi cittadini residenti. La chiave del successo di Second Life è la stessa che la distingue dai giochi di massa online e cioè che ogni personaggio corrisponde a un giocatore reale, a un utente connesso e non a un personaggio creato dal sistema. Gli incontri all'interno del mondo virtuale si configurano dunque come reali scambi tra esseri umani attraverso la mediazione figurata degli avatar. C’è già chi ritiene che la seconda vita rappresenti il futuro dei computer, che smetteranno di avere un desktop a interfaccia grafica (icone, cartelle, finestre ecc.) e inizieranno ad avere un’interfaccia 3D simile a Second Life. Il primo passo in questa direzione è stato fatto da poche settimane. La Linden Lab infatti ha già messo in circolazione la versione di prova di Second Life Voice. In pratica, con un cuffia e un microfono, si può dare voce al proprio Avatar che reagisce visivamente al tono della voce mostrando all’interlocutore una serie di espressioni o di gesti calibrati sulle “emozioni vocali” della propria controparte reale. Se fino a qualche mese fa bisognava limitarsi a chattare con gli altri avatar o complicarsi la vita attraverso l’uso dello streaming ora, con l’arrivo della voce, il primo vero passo verso il Metaverso stephensoniano è stato fatto. Quando potremmo entrare in Second Life in prima persona (nel romanzo avviene attraverso degli occhiali e delle tute speciali) il computer come finora lo consociamo sarà puro vecchiume. Sul Metaverso della Linden Lab si è scritto molto. Le edicole e le librerie cominciano a far apparire sui loro scaffali e ripiani volumi e volumetti dedicati alla seconda vita. La casa editrice ISBN, per esempio, ha pubblicato in questi giorni Second life. Guida turistica essenziale, di Carr e Pond, un libro curioso che si discosta dalla produzioni in materia con un taglio quasi da guida della “lonley planet” o della “rough guide”. Come ogni innovazione Second Life ha i suoi accaniti detrattori e i suoi fanatici ammiratori, e come ogni cosa ha i suoi lati positivi e negativi. Al di là dei fenomeni di costume che fanno notizia come sesso, criminalità (con supereroi che la combattono) e gossip - tutto rigorosamente virtuale - l’uso che si può fare di questa piattaforma tridimensionale ha anche un risvolto interessante dal punto di vista culturale. È possibile visitare diversi musei e gallerie d’arte, assistere a presentazioni di libri, concerti, frequentare lezioni e seminari a distanza, infilarsi tra le librerie di biblioteche da cui è possibile scaricare i file di libri in copyleft (permesso d’autore) o con i diritti scaduti. Anche solo girovagando nella parte italiana del Metaverso ci si imbatte in iniziative e luoghi interessanti (basta cercarli nell’apposita finestra dell’interfaccia e teleportarsi) come la “GridGallery”, la “Biblioteca Archimedica”, il “Delos Book Club”, la splendida mostra multimediale sui diritti umani in concomitanza con la pubblicazione dell’opera Diritti umani (UTET - De Agostini) o sul versante ludico, il Korova Milk Bar, replica esatta di quello del film Arancia Meccanica e così via. Anche il Ministero degli Affari Esteri, ha aperto in via sperimentale un Istituto Italiano di Cultura all'interno di Second Life, suscitando perplessità e polemiche sull’utilità e sui costi di un’operazione simile, che secondo i promotori dell’iniziativa servirà a «dare nuovo slancio alla promozione della creatività italiana soprattutto nei settori dell'arte contemporanea, del design, dell'architettura e del patrimonio culturale». Certo, se un paese oculato e attento come la Svezia ha aperto un proprio consolato in Second Life qualche ragione valida dovrà pur esserci. In effetti è difficile spiegare a chi non è abituato a usare il computer a 360 gradi, il motivo per cui sette milioni di persone vivano una seconda vita evitando di cadere nella trappola dello psicologismo o della sociologia; e ancor più difficile spiegare a chi non ha ben capito “cosa diavolo” sia Second Life, il perché qualcuno sia disposto a pagare soldi veri in cambio di case, isole, vestiti, automobili, tappeti volanti... finti. La seconda vita ha una sua economia, con le sue regole di mercato e il suo mondo del lavoro. A differenza del mondo reale però, spesso per fare i soldi bisogna essere capaci di fare qualcosa. La bravura, l’ingegno e la fantasia pagano, e non importa se anche grandi aziende, immobiliari, finanziarie, multinazionali si affacciano sul Metaverso, perché per riuscirci hanno bisogno di persone che sappiano farlo. Snow Crash, pubblicato in Italia per la prima volta da Shake nel ’95, è ora in rotativa per “Rizzoli” - che detiene i diritti anche di Cryptonomicon e della trilogia del Ciclo Barocco (di cui i lettori stanno aspettando da troppo tempo il terzo volume) - forse proprio grazie alle popolarità crescente del Metaverso della Linden Lab. Stehpenson ha riplasmato e riscritto le regole di un genere che sembrava sul punto di capitolare: il cyberpunk. Prima di lui gli autori del filone si erano limitati a esplorare le coordinare dettate da Gibson e Dick. A lungo andare inevitabilmente la narrativa cyberpunk ha mostrato la corda e perso l’eccezionale spinta innovatrice e rivoluzionaria inscritta nel suo DNA di partenza. Neal Stephenson è riuscito a rianimare il cadavere insufflando nei suoi polmoni un elemento più potente dell’adrenalina: l’ironia. Il Metaverso di Snow Crash è simile a Second Life e la vita che conducono i protagonisti del libro è simile alla nostra. La differenza sta nell’iperbole che porta Stephenson a dipingere un futuro in cui gli stati nazionali si sono sbriciolati diventando quartieri in franchising di proprietà di multinazionali (tra cui spicca la mafia). Hiro Protagonist, il protagonista per l’appunto, vive in un container, “un’unità di 7 x 10 metri in un D-Posit” in cui ci sono migliaia di container (anche più piccoli) adibiti a uso abitativo. A Hiro non importa perché, una volta connesso e inforcati gli occhiali, si ritrova nel Metaverso a vivere la sua seconda vita come “il più grande guerriero di spada del mondo”. Ma qualcosa non va. Qualcuno sta seminando il panico diffondendo un virus letale per Avatar e persone reali, lo “Snow Crash” appunto. Un libro, ipercinetico, folle, avventuroso e dotato di catastrofico senso dell’umorismo. Un libro che con quindici anni di anticipo ha descritto Second Life e che forse, con trenta, lo ha fatto con il mondo intero. Venere in guerra LA SCOMODA ANALISI DELLO STORICO MILITARE ISRAELIANO MARTIN VAN CREVELD L’insostenibile leggerezza delle donne in prima linea L’Universo parallelo è già stato anticipato quindici anni fa da Neal Stephenson. Ora sembra una guida turistica 24 GIUGNO 2007 DOMENICA 3 Mode dilaganti AUMENTA IL NUMERO DELLE PERSONE CHE CAMBIANO LA PROPRIA IDENTITÀ E SI AVVENTURANO NEI VIAGGI MENTALI Scusate, mi assento dal mondo e vivo la mia second life D Il loro impiego nelle forze armate si sta rivelando controproducente: sia per limiti oggettivi di costituzione fisica, che le rende inadatte a svolgere le mansioni più gravose, sia per le fatali tensioni sessuali che la loro presenza provoca nei reparti combattenti di MALISA LONGO Donne e guerra: fino a metà del secolo scorso un binomio azzardato, paradossale, che pareva trovare alimento solo nell’antico mito di Minerva (la dea latina della sapienza che finì per assumere connotati guerrieri, divenendo la massima protettrice delle città) e nella leggenda delle Amazzoni, le intrepide guerriere dell’Asia Minore unite in una comunità che escludeva completamente gli uomini. Ma in effetti, nell’antichità, la partecipazione delle donne alle vicende belliche non apparteneva solo alla dimensione fantastica del mito. E lo dimostrano numerose testimonianze di belligeranza al femminile rinvenute dagli archeologi, a partire dal celebre rilievo in marmo del II secolo avanti Cristo affiorato fra le rovine di Alicarnasso: in esso sono chiaramente raffigurate due donne che duellano faccia a faccia, senza armatura ed elmo ma con i polsi ben stretti in robusti bracciali d’aspetto marziale. E con donne guerriere risolute e temibili ebbero a che fare gli stessi romani nelle numerose campagne contro le popolazioni germaniche: a dar loro filo da torcere, imponendo pesanti tributi di sangue, furono soprattutto Cartimandua, regina dei Briganti, e Boadicea, regina degli Iceni. Quest’ultima, ispiratrice della rivolta anti- romana del 61 d.C., viene descritta da Tacito mentre, da un carro, guida i suoi uomini all’attacco brandendo una pesante spada e urlando ordini perentori, come il più autorevole dei generali. In seguito, molti secoli dopo, la gloria delle armi arrise soprattutto, in Europa, a Giovanna d’Arco, la “pulzella” che nel 1429 si mise alla guida delle armate francesi e liberò Orleans dall’occupazione inglese, consentendo così l’ascesa al trono di Carlo VII. Nei secoli seguenti però, fino alla Seconda guerra mondiale (con la sola, importante eccezione della guerra di Secessione americana, a cui presero parte attiva non meno di quattrocento “soldatesse”), le donne sono sempre rimaste lontane dalla “linea del fronte”, limitandosi a svolgere le mansioni di crocerossine o altri compiti ausiliari nelle retrovie. Con l’ultimo conflitto mondiale, e soprattutto con l’erompere su molti fronti del fenomeno delle bande partigiane, anche le donne cominciano tuttavia a impugnare le armi, divenendo anch’esse – sia pure in numeri percentualmente modesti, eccezion fatta per l’Unione sovietica, dove le donne combattenti furono quasi un milione – soggetti attivi delle vicende belliche. Da allora, sulle ali di un’emancipazione sempre più spinta e indiscriminata, le donne sono entrate di prepotenza nei ranghi militari dell’Occidente (rappresentano, attualmente, il 12-13 per cento delle Forze armate americane e di diversi paesi europei), partecipando talvolta a missioni ad alto rischio e versando consistenti tributi di sangue sul campo di battaglia. Basti pensare, in proposito, che fra le vittime americane della guerra in Irak si contano settantun donne uccise e 450 ferite più o meno gravemente. Ma si può davvero definire un elemento di progresso, l’avvento della donna sul Campo di Marte? Lo storico militare israeliano Martin Van Creveld, che ha dedicato anni di ricerche all’argomento, avanza in proposito diversi dubbi. Nel suo libro Le donne e la guerra (Libreria Editrice Goriziana, pagg. 295, euro 24) afferma infatti che l’afflusso delle donne nelle Forze armate «può costituire forse un interessante esperimento sociale, ma dal punto di vista militare rappresenta un serio problema». Anzitutto perché, data la loro diversa costituzione fisica, le donne al fronte non possono offrire le stesse prestazioni dei maschi, e a parità di impiego sono anche più soggette a incorrere in incidenti. In secondo luogo perché anche nei reparti di prima linea esse sono assoggettate, comunque, a una disciplina meno rigida e a “regole d’ingaggio” meno gravose, il che comporta complicazioni di tipo organizzativo-gestionale che in fase operativa possono avere effetti molto negativi. Se poi si tiene conto delle tensioni di natura sessuale che fatalmente vengono a crearsi in reparti “bisex” (le cause per molestia e sessismo sono ormai molto frequenti, e non nelle sole Forze armate americane), si ha un quadro complessivo della coesistenza uomo-donna in grigioverde che Van Creveld giudica preoccupante, in quanto rischia di «avvilire il morale e di minare in profondità l’efficacia combattiva delle unità miste». E sarebbe una prova di questo disagio il fatto che, a fronte di un numero sempre maggiore di donne che entrano nelle Forze armate, si registra un numero via via crescente di uomini che ne escono. Con questo libro provocatorio e controverso, Martin Van Creveld (che insegna al Dipartimento di Storia della israeliana Hebrew University e che è uno dei più autorevoli consulenti del ministero della Difesa del suo paese) afferma in sostanza che se la parità dei sessi è un valore desiderabile nella vita civile, il compito di fare la guerra deve esser lasciato ai soli uomini. 03-ter-2406-terza 22-06-2007 13:42 Pagina 1

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di JADEL ANDREETTO

«Nel mondo reale – sul pianeta Terra, nellaRealtà, abitano tra i sei e i dieci miliardidi persone. In qualsiasi momento le siosservi, si vedrà che la maggior parte di

loro è intenta a costruire mattoni d’argilla e a lubrificare ipropri AK-47. Circa un miliardo di persone haabbastanza soldi per comprarsi un computer. Di questomiliardo di potenziali possessori di computer, forse soloun quarto se lo compra veramente, e solo un quarto diquesti ultimi ha macchine abbastanza potenti da gestireil protocollo della Strada. Ciò significa che, in qualsiasimomento, circa sessanta milioni di persone possonoaccedere alla Strada. Se a queste ne aggiungiamo altrisessanta milioni che non se lo potrebbero permettere,ma che ci vanno lo stesso, usando computer pubblici oquelli della propria scuola o del proprio ufficio, si puòconcludere che, mediamente, la Strada è occupata da unnumero di persone pari al doppio della popolazione diNew York». La Strada di cui parliamo percorre e taglia in due lungo lalinea dell’equatore il Metaverso, un’invenzione letteraria,creata da Neal Stephenson in Snow Crash nel ‘92. IlMetaverso viene descritto dallo scrittore americano comeuna sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internetdove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso ilproprio Avatar. Nel Metaverso ogni persona può,pagando, realizzare in 3D ciò che desidera, negozi, uffici,night club, musei e ogni altra cosa che sarà poi visitatadagli utenti. A quindici anni di distanza, anno domini 2007, lapopolazione mondiale non è proprio di dieci miliardi,anche se una parte di essa è intenta a lubrificareKalasnicov o a costruire mattoni di argilla, New Yorknon è poi così densamente popolata, la “Strada” nonesiste, ma il Metaverso sì, ed è frequentato da settemilioni di persone. Già perché, Neal Stephenson,narrando le imprese dell’ultimo hacker free lance, HiroProtagonsit, ha praticamente descritto Second Life. Second Life è una comunità virtuale, una chattridimensionale, creata nel 2003 dalla Linden Lab chenel giro di pochi anni ha visto centuplicare il numero dei

suoi cittadini residenti. La chiave del successo di SecondLife è la stessa che la distingue dai giochi di massa onlinee cioè che ogni personaggio corrisponde a un giocatorereale, a un utente connesso e non a un personaggiocreato dal sistema. Gli incontri all'interno del mondovirtuale si configurano dunque come reali scambi traesseri umani attraverso la mediazione figurata degliavatar. C’è già chi ritiene che la seconda vita rappresenti ilfuturo dei computer, che smetteranno di avere undesktop a interfaccia grafica (icone, cartelle, finestre ecc.)e inizieranno ad avere un’interfaccia 3D simile a SecondLife. Il primo passo in questa direzione è stato fatto da pochesettimane. La Linden Lab infatti ha già messo incircolazione la versione di prova di Second Life Voice. Inpratica, con un cuffia e un microfono, si può dare voce alproprio Avatar che reagisce visivamente al tono dellavoce mostrando all’interlocutore una serie di espressionio di gesti calibrati sulle “emozioni vocali” della propriacontroparte reale. Se fino a qualche mese fa bisognavalimitarsi a chattare con gli altri avatar o complicarsi lavita attraverso l’uso dello streaming ora, con l’arrivo dellavoce, il primo vero passo verso il Metaversostephensoniano è stato fatto. Quando potremmoentrare in Second Life in prima persona (nel romanzoavviene attraverso degli occhiali e delle tute speciali) ilcomputer come finora lo consociamo sarà purovecchiume. Sul Metaverso della Linden Lab si è scrittomolto. Le edicole e le librerie cominciano a far appariresui loro scaffali e ripiani volumi e volumetti dedicati allaseconda vita. La casa editrice ISBN, per esempio, hapubblicato in questi giorni Second life. Guida turisticaessenziale, di Carr e Pond, un libro curioso che si discostadalla produzioni in materia con un taglio quasi da guidadella “lonley planet” o della “rough guide”.Come ogni innovazione Second Life ha i suoi accanitidetrattori e i suoi fanatici ammiratori, e come ogni cosaha i suoi lati positivi e negativi. Al di là dei fenomeni dicostume che fanno notizia come sesso, criminalità (consupereroi che la combattono) e gossip - tuttorigorosamente virtuale - l’uso che si può fare di questapiattaforma tridimensionale ha anche un risvoltointeressante dal punto di vista culturale. È possibile

visitare diversi musei e gallerie d’arte, assistere apresentazioni di libri, concerti, frequentare lezioni eseminari a distanza, infilarsi tra le librerie di bibliotecheda cui è possibile scaricare i file di libri in copyleft(permesso d’autore) o con i diritti scaduti. Anche solo girovagando nella parte italiana delMetaverso ci si imbatte in iniziative e luoghi interessanti(basta cercarli nell’apposita finestra dell’interfaccia eteleportarsi) come la “GridGallery”, la “BibliotecaArchimedica”, il “Delos Book Club”, la splendidamostra multimediale sui diritti umani in concomitanzacon la pubblicazione dell’opera Diritti umani (UTET -De Agostini) o sul versante ludico, il Korova Milk Bar,replica esatta di quello del film Arancia Meccanica e cosìvia. Anche il Ministero degli Affari Esteri, ha aperto in viasperimentale un Istituto Italiano di Cultura all'interno diSecond Life, suscitando perplessità e polemichesull’utilità e sui costi di un’operazione simile, chesecondo i promotori dell’iniziativa servirà a «dare nuovoslancio alla promozione della creatività italianasoprattutto nei settori dell'arte contemporanea, deldesign, dell'architettura e del patrimonio culturale».Certo, se un paese oculato e attento come la Svezia haaperto un proprio consolato in Second Life qualcheragione valida dovrà pur esserci.In effetti è difficile spiegare a chi non è abituato a usare ilcomputer a 360 gradi, il motivo per cui sette milioni dipersone vivano una seconda vita evitando di caderenella trappola dello psicologismo o della sociologia; eancor più difficile spiegare a chi non ha ben capito “cosadiavolo” sia Second Life, il perché qualcuno sia dispostoa pagare soldi veri in cambio di case, isole, vestiti,automobili, tappeti volanti... finti. La seconda vita hauna sua economia, con le sue regole di mercato e il suo

mondo del lavoro. A differenza del mondo reale però,spesso per fare i soldi bisogna essere capaci di farequalcosa. La bravura, l’ingegno e la fantasia pagano, enon importa se anche grandi aziende, immobiliari,finanziarie, multinazionali si affacciano sul Metaverso,perché per riuscirci hanno bisogno di persone chesappiano farlo. Snow Crash, pubblicato in Italia per la prima volta daShake nel ’95, è ora in rotativa per “Rizzoli” - che detienei diritti anche di Cryptonomicon e della trilogia del CicloBarocco (di cui i lettori stanno aspettando da troppotempo il terzo volume) - forse proprio grazie allepopolarità crescente del Metaverso della Linden Lab.Stehpenson ha riplasmato e riscritto le regole di ungenere che sembrava sul punto di capitolare: ilcyberpunk. Prima di lui gli autori del filone si eranolimitati a esplorare le coordinare dettate da Gibson eDick. A lungo andare inevitabilmente la narrativacyberpunk ha mostrato la corda e perso l’eccezionalespinta innovatrice e rivoluzionaria inscritta nel suo DNAdi partenza. Neal Stephenson è riuscito a rianimare ilcadavere insufflando nei suoi polmoni un elemento piùpotente dell’adrenalina: l’ironia. Il Metaverso di Snow Crash è simile a Second Life e la vitache conducono i protagonisti del libro è simile allanostra. La differenza sta nell’iperbole che portaStephenson a dipingere un futuro in cui gli statinazionali si sono sbriciolati diventando quartieri infranchising di proprietà di multinazionali (tra cui spiccala mafia). Hiro Protagonist, il protagonista perl’appunto, vive in un container, “un’unità di 7 x 10 metriin un D-Posit” in cui ci sono migliaia di container(anche più piccoli) adibiti a uso abitativo. A Hiro nonimporta perché, una volta connesso e inforcati gliocchiali, si ritrova nel Metaverso a vivere la sua secondavita come “il più grande guerriero di spada del mondo”.Ma qualcosa non va. Qualcuno sta seminando il panicodiffondendo un virus letale per Avatar e persone reali, lo“Snow Crash” appunto. Un libro, ipercinetico, folle, avventuroso e dotato dicatastrofico senso dell’umorismo. Un libro che conquindici anni di anticipo ha descritto Second Life e cheforse, con trenta, lo ha fatto con il mondo intero.

Venere in guerra ❖ LA SCOMODA ANALISI DELLO STORICO MILITARE ISRAELIANO MARTIN VAN CREVELD

L’insostenibile leggerezzadelle donne in prima linea

L’Universo parallelo è già stato anticipato

quindici anni fa da Neal Stephenson.

Ora sembra una guida turistica

24 GIUGNO 2007 ❖ DOMENICA3

Mode dilaganti ❖AUMENTA IL NUMERO DELLE PERSONE CHE CAMBIANO LA PROPRIA IDENTITÀ E SI AVVENTURANO NEI VIAGGI MENTALI

Scusate, mi assento dal mondoe vivo la mia second life

DIl loro impiego

nelle forze armate si sta rivelando

controproducente:sia per limiti

oggettivi di costituzione fisica,

che le rende inadatte a svolgere

le mansioni più gravose,

sia per le fatalitensioni sessuali

che la loro presenzaprovoca nei reparti

combattenti

di MALISA LONGO

Donne e guerra: fino a metà delsecolo scorso un binomioazzardato, paradossale, chepareva trovare alimento solonell’antico mito di Minerva (ladea latina della sapienza che finìper assumere connotati guerrieri,divenendo la massima protettricedelle città) e nella leggenda delleAmazzoni, le intrepide guerrieredell’Asia Minore unite in unacomunità che escludevacompletamente gli uomini. Ma ineffetti, nell’antichità, lapartecipazione delle donne allevicende belliche non appartenevasolo alla dimensione fantasticadel mito. E lo dimostranonumerose testimonianze dibelligeranza al femminilerinvenute dagli archeologi, apartire dal celebre rilievo inmarmo del II secolo avanti Cristoaffiorato fra le rovine diAlicarnasso: in esso sonochiaramente raffigurate duedonne che duellano faccia afaccia, senza armatura ed elmoma con i polsi ben stretti inrobusti bracciali d’aspettomarziale. E con donne guerriererisolute e temibili ebbero a chefare gli stessi romani nellenumerose campagne contro lepopolazioni germaniche: a darloro filo da torcere, imponendopesanti tributi di sangue, furonosoprattutto Cartimandua, reginadei Briganti, e Boadicea, reginadegli Iceni. Quest’ultima,ispiratrice della rivolta anti-romana del 61 d.C., vienedescritta da Tacito mentre, da un

carro, guida i suoi uominiall’attacco brandendo unapesante spada e urlando ordiniperentori, come il più autorevoledei generali. In seguito, moltisecoli dopo, la gloria delle armiarrise soprattutto, in Europa, aGiovanna d’Arco, la “pulzella”che nel 1429 si mise alla guidadelle armate francesi e liberòOrleans dall’occupazione inglese,consentendo così l’ascesa al tronodi Carlo VII. Nei secoli seguenti

però, fino alla Seconda guerramondiale (con la sola,importante eccezione della guerradi Secessione americana, a cuipresero parte attiva non meno diquattrocento “soldatesse”), ledonne sono sempre rimastelontane dalla “linea del fronte”,limitandosi a svolgere lemansioni di crocerossine o altricompiti ausiliari nelle retrovie.Con l’ultimo conflitto mondiale,e soprattutto con l’erompere su

molti fronti del fenomeno dellebande partigiane, anche le donnecominciano tuttavia a impugnarele armi, divenendo anch’esse – siapure in numeri percentualmentemodesti, eccezion fatta perl’Unione sovietica, dove le donnecombattenti furono quasi unmilione – soggetti attivi dellevicende belliche. Da allora, sulleali di un’emancipazione semprepiù spinta e indiscriminata, ledonne sono entrate diprepotenza nei ranghi militaridell’Occidente (rappresentano,attualmente, il 12-13 per centodelle Forze armate americane e didiversi paesi europei),partecipando talvolta a missioniad alto rischio e versandoconsistenti tributi di sangue sulcampo di battaglia. Basti pensare,in proposito, che fra le vittimeamericane della guerra in Irak sicontano settantun donne uccise e450 ferite più o menogravemente. Ma si può davverodefinire un elemento diprogresso, l’avvento della donnasul Campo di Marte? Lo storicomilitare israeliano Martin VanCreveld, che ha dedicato anni diricerche all’argomento, avanza inproposito diversi dubbi. Nel suolibro Le donne e la guerra (LibreriaEditrice Goriziana, pagg. 295,euro 24) afferma infatti chel’afflusso delle donne nelle Forzearmate «può costituire forse uninteressante esperimento sociale,ma dal punto di vista militarerappresenta un serio problema».Anzitutto perché, data la lorodiversa costituzione fisica, ledonne al fronte non possono

offrire le stesse prestazioni deimaschi, e a parità di impiegosono anche più soggette aincorrere in incidenti. In secondoluogo perché anche nei reparti diprima linea esse sonoassoggettate, comunque, a unadisciplina meno rigida e a “regoled’ingaggio” meno gravose, il checomporta complicazioni di tipoorganizzativo-gestionale che infase operativa possono avereeffetti molto negativi. Se poi sitiene conto delle tensioni dinatura sessuale che fatalmentevengono a crearsi in reparti“bisex” (le cause per molestia esessismo sono ormai moltofrequenti, e non nelle sole Forzearmate americane), si ha unquadro complessivo dellacoesistenza uomo-donna ingrigioverde che Van Creveldgiudica preoccupante, in quantorischia di «avvilire il morale e diminare in profondità l’efficaciacombattiva delle unità miste». Esarebbe una prova di questodisagio il fatto che, a fronte di unnumero sempre maggiore didonne che entrano nelle Forzearmate, si registra un numero viavia crescente di uomini che neescono. Con questo libroprovocatorio e controverso,Martin Van Creveld (che insegnaal Dipartimento di Storia dellaisraeliana Hebrew University eche è uno dei più autorevoliconsulenti del ministero dellaDifesa del suo paese) afferma insostanza che se la parità dei sessiè un valore desiderabile nella vitacivile, il compito di fare la guerradeve esser lasciato ai soli uomini.

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