Atti Convegno Bari - 11.07.2015

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OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’AMIANTO ONA Onlus Atti del Convegno La bonifica amianto: un’economia che nasce un territorio che risorge Bari, 11 luglio 2015 Castello di Ceglie del Campo

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OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’AMIANTO

ONA Onlus

Atti del Convegno

La bonifica amianto: un’economia che nasce un territorio che risorge

Bari, 11 luglio 2015

Castello di Ceglie del Campo

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©Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus

Proprietà letteraria riservata ISBN 978-88-99182-11-3

Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus Via Crescenzio, 2 – 00193 – Roma

http://osservatorioamianto.jimdo.com/ Email [email protected]

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del volume.

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commerciale o comunque per uso diverso da quello personale senza la specifica autorizzazione dell’Editore.

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Atti del Convegno

La bonifica amianto: un’economia che nasce un territorio che risorge

Bari, 11 luglio 2015 Castello di Ceglie del Campo

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali

Prima edizione: 31 gennaio 2016

ISBN 978-88-99182-11-3

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Organizzazione del Convegno

Segreteria Organizzativa Anna Corbi

Atti a cura di Michele Rucco

Segretario Generale ONA Onlus

Grafica Marco Vinicio Zonin

Architetto

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Programma dei lavori dell’ 11 luglio 2015

Castello di Ceglie del Campo – Bari

Presiede l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale sull’Amianto Modera la Prof.ssa Lucia Schinzano, giornalista

Introduzione Il ruolo dell’ONA: dalla denuncia alla proposta Dott. Michele Rucco, Segretario Generale ONA pag. 8

► Il ruolo del diritto del lavoro in materia di tutela della salute e

dell’ambiente. Prof. Gaetano Veneto, Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA e Professore dell’Università di Bari. Presidente del Centro Sudi Diritto dei lavori. pag. 38

Amianto e lobby criminale Avv. Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale sull’Amianto

Amianto: Quale futuro? Le nuove tecnologie di trattamento.

Prof. Norberto Roveri, Professore Ordinario di Chimica Generale e Inorganica dell’Università di Bologna. pag. 45

► La bonifica che rende possibile lo sviluppo territoriale e lo

sviluppo territoriale che rende possibile la bonifica. Un chiasmo-proposta circa la scoperta Roveri. Arch. Giampiero Cardillo, Gen. CC in congedo, componente Comitato Tecnico Scientifico e coordinatore del Dipartimento Progettazione per la Pianificazione e lo Sviluppo del Territorio pag. 130

Lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto: problematiche e

prospettive. Dott.. Giuseppe Calò, Docente di Geologia applicata all’ambiente presso il Politecnico di Bari. pag. 139

► Conclusioni Prof.ssa Maria Grazia Canuto, Bio Architetto, Docente di Criminologia Ambientale presso l’Università di Padova e Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA.

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Appendice

Locandina

Resoconto conclusivo

Rassegna Stampa

Scheda del Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi

Scheda del Dipartimento progettazione per la pianificazione e lo sviluppo del territorio

Brochure Sportello Verde

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Relazioni e

Presentazioni

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dott. Michele RuccoSegretario Generale

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La bonifica Amianto: un’economia che nasce un territorio che risorge

Bari Bari –– 11 Luglio 2015 11 Luglio 2015

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� promuovere e tutelare la salute in ogni ambito di esplicazione della vita umana:

1. − prevenzione primaria2. − prevenzione secondaria3. − prevenzione terziaria

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Le finalità dell’ONA sono quelle di1) promuovere e tutelare la salute in ogni ambito di esplicazione della vita umana, attraverso

a) la prevenzione primaria, cioè la riduzione del rischio e che si sostanzia nella completa rimozione di tutti gli agenti tossici dagli ambienti di vita e di lavoro;b) la prevenzione secondaria, che è riduzione del danno e che si attua con la diagnosi precoce;c) la prevenzione terziaria, che è riduzione delle conseguenze del danno e si realizza col rispetto del principio sancito dall’Unione Europea “chi inquina, paga”;

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� rappresentare, tutelare, assistere moralmente e materialmente i lavoratori ed i cittadini esposti ad amianto e ad altri patogeni

� tutelare i diritti costituzionalmente garantiti a ogni persona

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Sono quelle di:

2) rappresentare, tutelare, assistere moralmente e materialmente i lavoratori ed i cittadini esposti ad amianto e ad altri patogeni, perché nessuno venga lasciato solo;

3) tutelare i diritti costituzionalmente garantiti a ogni persona, e che costituiscono l’essenza della dignità umana.

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L’esperienza è l’insegnante più difficile ed esigente:

Prima ti fa l’esame,Poi ti insegna la lezione

Oscar Wilde

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ovverosia la migliore e più eloquente rappresentazione di questo paradosso

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L’amianto ed il suo uso nefasto e criminale rappresentanol’emblema di come il rapporto tra salute, lavoro edambiente sia stato spesso impostato e gestito in un modosbagliato, facendo passare in secondo piano il rispettodella vita, della sua dignità, della sua qualità.Abbiamo contato circa 5.000 decessi ogni anno dovuti allepatologie asbesto correlate.Una strage che si ripete anno dopo anno nel silenzioassordante degli organi di informazione, in un contesto dimancato riconoscimento dei diritti e di sostanzialeimpunità dei responsabili di questo eccidio.Le vittime, i familiari, gli esposti sono quasi sempre lasciatisoli con la loro sofferenza e con le loro difficoltà adaffrontare le conseguenze di quello che non potrà mai, persua natura, essere definito un “problema privato”.Molti degli oratori che mi hanno preceduto hanno parlatodi disinformazione, come cifra importante della storiadell’amianto, ed anche su questo argomento, da più parti,si continua a fare disinformazione anche sulle veritàscientifiche:

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IL RUOLO DELL’O.N.A.:dalla denuncia alla proposta.

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� 1 – area industriale (7,5 ettari)dell’ex stabilimento “Eternit”:

Euro 1.652.078,67 � 2 – area scogliera: Euro 7.106.486,92� 3 – area a mare: Euro 11.759.123,50� Totale: Euro 20.517.698,09

Fonte: http:// priolo.altervista.org

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La messa in sicurezza d'emergenza (MISE) riguarda ogni interventoimmediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni diemergenza in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura,atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione,impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, inattesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezzaoperativa o permanente.

La messa in sicurezza operativa(MISOP) riguarda l'insieme degli interventieseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livellodi sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi dimessa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazionedell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento dellacontaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione dellabonifica o della messa in sicurezza permanente, In tali casi devono esserepredisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano diverificare l'efficacia delle soluzioni adottate.

L'attività di bonifica definisce l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fontidi inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni dellestesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad unlivello uguale o inferiore ai valori di concentrazione di soglia dicontaminazione (CSC) ovvero delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).

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… e non è ancora

finita ….

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Il Decreto Ministro Ambiente del11/01/2013 riassegna le competenze

per i siti di bonifica di interesse nazionale:

Siti di interesse nazionale rimastidi competenza MinisteroAmbiente

1 Venezia (P. Marghera) L. 426/982 Napoli Orientale L. 426/98

3 Gela L. 426/984 Priolo L. 426/98

5 Manfredonia L. 426/986 Brindisi L. 426/987 Taranto L. 426/98

8 Cengio e Saliceto L. 426/989 Piombino L. 426/98

10 Massa e Carrara L. 426/9811 Casal Monferrato L. 426/98

12 Balangero L. 426/9813 Pieve Vergonte L. 426/98

14 Sesto San Giovanni L. 388/200015 Pioltello - Rodano L. 388/2000

161718192021222324252627282930313233343536373839

Napoli Bagnoli - Coroglio L. 388/2000Tito D.M. 468/2001

Crotone - Cassano - Cerchiara D.M. 468/2001Fidenza D.M. 468/2001

Laguna di Grado e Marano D.M. 468/2001Trieste D.M. 468/2001

Cogoleto D.M. 468/2001Bari D.M. 468/2001

Sulcis D.M. 468/2001Biancavilla D.M. 468/2001

Livorno D.M. 468/2001Terni D.M. 468/2001

Emarese D.M. 468/2001Trento nord D.M. 468/2001

Brescia L. 179/2002Broni L. 179/2002

Falconara Marittima L. 179/2002Serravalle Scivia L. 179/2002Laghi di Mantova L. 179/2002

Orbetello (area ex SITOCO) L. 179/2002Porto Torres L. 179/2002Val Basento L. 179/2002

Milazzo L. 266/05Bussi sul Tirino D.M.Ambiente 28/05/08

Siti di interesse nazionale divenutidi competenza regionale

40 Litorale Domizio Flegreo eA.A. L. 426/9841 Pitelli L. 426/98

42 Fiumi Saline eAlento D.M. 468/200143 Sassuolo D.M. 468/2001

44 Frosinone D.M. 468/200145 Cerro al Lambro D.M. 468/200146 Milano - Bovisa D.M. 468/2001

47 Basso bacino del fiume Chienti D.M. 468/2001

48 Campobasso - Guglionesi II D.M. 468/200149 Basse di Stura (Torino) D.M. 468/2001

50 Mardimago - Ceregnano D.M. 468/200151 Bolzano D.M. 468/2001

52Aree del Litorale Vesuviano L. 179/200253 Bacino del fiume Sacco L. 248/05

54 Bacino Idrografico del fiume Sarno L. 266/0555 Strillaie D.Lgs. 152/06

56 Pianura D.M.Ambiente 11/04/0857 La Maddalena

Ministerodell’AmbienteedellaTuteladelTerritorioedelMareDirezione Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche

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QUINDICI MILIONI DI VISITATORI OGNI ANNO.

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Nell’Estate del 1984 , Ron Miller, amministratoredelegato del gruppo Disney, genero del grandeWalt, decide di aprire il suo primo parco deidivertimenti in Europa: città candidate Barcellona(che viene scartata quasi subito perché troppodecentrata rispetto all’Europa) Parigi e Napoli(l’immensa area Italsider, già in dismissione edestinata alla chiusura in pochi anni).

Napoli è in vantaggio: clima ottimo per dodicimesi l’anno, posto straordinario: mare di fronte.Vesuvio alle spalle e l’isola di Nisida sullo sfondo.

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MA LA PROCEDURA E’ COMPLESSA, LE RESISTENZE SIMOLTIPLICANO, I TEMPI FINiSCONO PER ALLUNGARSI.

La Disney perde la pazienza e decide per la Francia, doveaprirà nel 1992, lo stesso anno in cui i cancellidell’Italsider di Bagnoli vengono chiusi in mododefinitivo.Se si pensa che per la riqualificazione di Bagnoli aNapoli, chiusa dal 1992, la gara d’appalto per la bonificadegli arenili è stata aggiudicata solo nel maggio 2012.

Pensare che già nel 1889 (molto prima di qualsiasi ipotesidi costruzione nell'area dei grandi stabilimenti industriali)l’architetto napoletano Lamont Young aveva ideato unprogetto urbanistico per trasformare Bagnoli in unanuova Venezia.

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� Creatività� Innovazione� Opportunità tecnologiche� Sostenibilità ambientale� Economia del recupero � Vecchi saperi e tradizioni

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Nasce in Sardegna la prima materioteca al mondo di prodottibioedili agriderivati tracciabili. Certificati ANAB-ICEA. Nel distrettoindustriale PIP di Guspini, infatti, all’interno dei 22.000 mq di unamoderna struttura distributiva europea dell’edilizia, apre lamaterioteca EDIZERO ® - Architecture for Peace -spazio tecnicocertificato Casa Clima R - prima libreria al mondo di prodottitracciabili agri-derivatives ad alta prestazione tecnica derivati dacirca 300 ingredienti, rinnovabili, eccedenti, non importati,provenienti dall’agrofood, dal mare, dal boschivo, dalla pastorizia.

I materiali EDIZERO® sono certificati ANAB-ICEA, tra le più rigorosecertificazioni etiche e ambientali, e soddisfano i crediti dicertificazione europea NATUREPLUS e quella internazionale LEED(Leadership in Energy and Enviromental Design); sono specifici perbioedilizia, efficienza energetica e acustica, geotecnica, domotica,finiture per interior design, ingegneria ambientale, realizzati a kmcorto e a km zero. Molti di questi prodotti ottenuti con biotecnologieall’avanguardia hanno raggiunto prestigiosi premi del settore, comei termoisolanti EDILANA che detengono il record mondiale per il piùalto potere coibente certificato tra i materiali di fonte rinnovabile edEDIMARE con la più alta capacità termica specifica tra tutti gliisolanti del pianeta.

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Nata su ispirazione di EDILANA, la Materioteca è dedicata aiprogettisti e alle imprese che desiderano realizzare una architetturaindipendente dalla petrolchimica, attraverso 100 soluzioni bioediliad alta innovazione ed economicamente competitive. Materialiprodotti in Sardegna a filiera cortissima, ricavati da lana di pecora,sughero, fibre legnose di posidonia, eccedenze agricole e boschive,terra cruda e laterizi di terra locale, calce. Dunque zero derivati disintesi, zero materie prime di importazione, zero rifiuti, zeroconsumo di paesaggio e di risorse idriche.

EDIZERO® è tra le 21 eccellenze italiane case history del Made inItaly scelte per rappresentare la Sardegna e l’Italia nel mondo adExpo nella mostra “La Potenza del Saper Fare” dal 1 maggio al 31ottobre a Palazzo Italia, attraverso video e ologrammi che mostranoai visitatori la capacità di trasformare le eccedenze dell'agricolturain prodotti di eccellenza per l'architettura. Zero petrolio. ZeroGuerra. Zero Inquinamento. 100% Made in Sardinia.

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Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell’oceano, ma è ciò che dà significato alla tua vita.

Albert Schweitzer

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IL DIRITTO DEL LAVORO (E DEI LAVORI)

NEGLI ANNI 2000

OVVERO: IL PRIMATO DELL’IGNORANZA

di Gaetano VENETO

Il nostro Paese almeno un primato se l’è meritoriamente conquistato: quello dell’ignoranza.

Così scrive Beppe Severgnini in un articolo-saggio sul quotidiano più diffuso in Italia nei primi giorni di questo piovoso novembre 2014, riportando i risultati di un sondaggio Ipsos Mori condotto in 14 Paesi tra i più significativi, per diverse caratte-ristiche tipologiche comunque assimilabili a quelle del nostro sgangherato Stivale. Tutti questi Paesi ci sopravanzano in tasso di conoscenze e cultura di base: tra loro primeggia la Svezia, seguita, in ordine sparso, da Stati Uniti, Corea del Sud, Polonia, Ungheria, Francia, Canada, Belgio, Australia, Gran Bretagna, Giappone, Germania ed anche l’amica Spagna.

Nel saggio di Severgnini, talvolta esilarante nei contenuti, talaltra drammatico se non tragico (tanto da ricordare il troppo noto brocardo di Flaiano a proposito di fatti o storie che rischiano di avere all’interno tragicità e/o comicità), è possibile trovare dati che ci avvicinano subito al tema di questo Editoriale in ordine alla ciclopica ignoranza che sembra ormai intridere tutto il dibattito degli ultimi anni, in particola-re quelli dei Governi octroyés così come consacrati dal Quirinale per cercar di porre, meritoriamente, fine al tragi-comico, provinciale e dannoso “ventennio di Arcore”.

Merito, se così può scriversi amaramente, della diffusione dell’ignoranza in Italia è, soprattutto, dei media, come scrive appunto Severgnini, tra tutti coloro che si sono quotidianamente interessati del livello dell’informazione in Italia, anche ex ca-thedra. Quando si informa male, o non si informa, si rischia di far propria qualunque stupidità, magari la prima.

In tema di ritardi culturali e conoscitivi, con tutte le conseguenze, anche nel campo degli operatori del diritto, ecco qualche esempio di crassa, siderale igno-ranza, grazie alla quale ogni dibattito, ogni opinione o proposta, anche nel campo di politica legislativa, risultano insanabilmente falsati, quando non callidamente “orientati”, nel nostro campo, per esempio, per le pensioni, la stimolazione ad un

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mercato attivo del lavoro, o, da ultimo, i licenziamenti.Alla domanda sui disoccupati in Italia, la media delle risposte del campione in-

tervistato (così come riportato nell’articolo-saggio) ha dato come risultato il 49% a fronte del dato ufficiale ed effettivo del 12,6%. Ancor più interessante è l’esito della domanda sugli ultrasessantacinquenni del nostro Paese, anche ai fini di una discussione più seria, rispetto a quella di Ministri lacrimanti, sugli esodati: sempre in media, dal campione degli intervistati è ottimisticamente sortito l’indice del 48% su tutta la popolazione. Siamo di fronte ad un numero più che doppio su quello effetti-vo del 21% che già “pesa troppo, costituendo una fetta sproporzionata per la spesa sociale”, come si sente dire da un Governo che, in alternativa ad una “strage di mas-sa”, ipotizza forse fantasiosi nuovi limiti di età pensionabile, senza per nulla porsi il problema più serio di un incremento, questo sì necessario, dell’indice di occupazio-ne della popolazione che vede l’Italia agli ultimi posti in Europa con oltre il 10% in meno della Germania della severa ma laboriosa, e non chiacchierona, Merkel.

Per fare un esempio, fin troppo utilizzato, concernente il nostro orticello giusla-voristico, si pensi alla conclusione dell’ondivago dibattito sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Alla fine (o quasi) di decine di variazioni sul tema, non certo degne del miglior Paganini, né per suono dello strumento usato (la compiacente stampa italiana) né per contenuti melodici (“o così o fatevene una ragione”, come appunto suona il réfrain dell’impenitente fiorentino) leggendo erroneamente la cd. “Riforma Fornero”, si è avuto l’ardire di …. limitare la reintegrazione (è più corretto e tecnico usare questo termine, per tutti i vocabolari italiani e per la normativa vigente, che non i sinonimi d’accatto “reintegro” o “reintegra”) del lavoratore illegittimamente licenziato ai licenziamenti non solo per discriminazione ma anche …. udite udite, di-sciplinari. Così, almeno attenendoci all’ultima o penultima versione renziana, come si leggerà in appresso.

Se questa è l’informazione e se questa è la cultura che si forma, nel dibattito politico ed in quello tra addetto ai lavori, nel nostro Paese, allora veramente meri-tiamo il primato senza gloria dell’ignoranza, anche perché spesso questa può essere, quando si è dotati di un ésprit maltourné, come troppo spesso accade tra politici, governanti e, perché no?, giuristi, si tratta di “ignoranza razionale”, come viene chiamata quella che si attribuisce a chi decide di non voler sapere, di non voler conoscere la realtà ma, viceversa, di voler soltanto vedersi confermati propri pre-giudizi.

E andiamo, o meglio entriamo, in medias res.L’esempio più eclatante del matrimonio morganatico tra “ignoranza razionale”

o, come appena si è scritto, “pilotata” per malcelati, inconfessabili fini di omologa-zione del sistema politico istituzionale ad interessi di parte, tutti rivolti a lasciare mano libera ad un’economia strettamente collegata alla finanza interna, quanto spesso indirettamente a quella internazionale, per nulla controllata da sani progetti di sviluppo del sistema sociale e politico, è dato, ormai da oltre un decennio, dal dibattito sulle riforme del mercato del lavoro, liberandolo dai cd. “lacci e lacciuoli” mai ben definiti e classificati.

Così anche il dibattito giuslavoristico si è allineato ad uno stucchevole reiterato tentativo delle maggioranze parlamentari e dei Governi connessi in tema di conte-nimento, più esattamente di limitazione, di diritti (presuntamente) dei lavoratori

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occupati, frutto di oltre un ventennio di interventi legislativi che avevano convissuto e, in qualche misura, operato da sprone per quella che John Galbraith aveva, fin dalla fine degli Anni Sessanta, negli Stati Uniti, definito affluent society.

Nei primi anni di questo secolo ancor giovane, dal Libro Bianco del compianto Marco Biagi, interpretato e solo parzialmente reso concreto dalla nota legge del 2003 che dal giovane Maestro giuslavorista avrebbe preso il suo nome, a tutti i successivi dibattiti ed interventi espressi in Novelle, molto spesso affrettatamente introdotte alluvionalmente nel nostro sistema, si è assistito ad una “corsa alla Restaurazione”, imputando all’ipergarantismo del nostro Paese a favore dei lavoratori subordinati tutti i guai dell’economia e della società italiana, in parallelo con una sfiducia dei mercati finanziari ed imprenditoriali internazionali preoccupati (!?) della rigidità del nostro sistema ingessato appunto dal garantismo. In questa ottica il diapason si è raggiunto nell’assalto “alla diligenza”, intendendo per questa lo Statuto dei Lavora-tori, definito insieme vecchio o troppo avanzato, comunque insormontabile ostacolo per la ripresa e la crescita successiva. Il caso limite posto ormai da un decennio all’attenzione dell’(in)cultura sociale e politica, dell’informazione dei media e delle diatribe tra gli addetti ai lavori, continua ad essere il dibattito, ormai solo condotto per vuoti #hastag#, sul licenziamento e sull’art. 18 della L. 300/70.

Finalmente, in pieno G20, a margine di incontri sui grandi problemi sociali, po-litici ed ambientali per la sopravvivenza degli equilibri sul nostro Pianeta, dal lon-tano Paese dei canguri, con un ultimo (ma certamente, deve ritenersi, penultimo) diktat, Governo, maggioranze e minoranze parlamentari e sindacati, sono stati tutti informati che “il problema dell’art. 18 non esiste più”. Conseguentemente, con abile filtraggio pilotato di notizie su tutti i mass-media, di qualsivoglia orientamento politico-culturale, se ancora ne esiste qualcuno, il dibattito viene orientato su poteri e limiti delle deleghe che nei prossimi mesi il Governo si riserva di esercitare con ap-positi decreti legislativi in tema di “rigorose elencazioni” delle fattispecie di infra-zioni disciplinari ai fini dell’apposizione dei paletti per definire l’ambito di utilizzo della “reintegra” (ancora una volta, sia permesso suggerire “reintegrazione”, in ri-cordo di un non ancora defunto art. 18) del lavoratore illegittimamente licenziato.

Così, a botta di spot transoceanici o di #hastag#, utili sì a risparmiare idiozie, ma soprattutto a soffocare un minimo dibattito degno del dovuto rigore, non solo culturale, ma anche e soprattutto tecnico-giuridico, si dimentica - o meglio, si cerca di far dimenticare – che l’Italia, in questa fine del tormentato 2014, oltre che già superata dalla Spagna, dagli ultimi dati ufficiali risulta, in termini di ripresa tenden-ziale dell’economia e di conseguente, sia pur minimo, calo della disoccupazione, perfino dalla devastata Grecia, con una prospettiva per nulla invertita per tutto il prossimo 2015.

Per tornare puntualmente al titolo di questo amaro editoriale, sembra necessario ricordare ai lettori di queste righe, la storia dei lavori preparatori dello Statuto dei Lavoratori, visto che oggi, molto spesso con semplici apodittiche dichiarazioni, si tende a demolirne alcuni dei pilastri principali, non soltanto in tema di licenziamen-to ma addirittura a proposito della rappresentanza sindacale e degli istituti cresciu-ti, a partire dagli Anni Settanta, attorno all’art. 19 ed a tutte le norme connesse così come sancite dalla Legge del 1970.

E non è un caso che questa operazione demolitrice si inserisca in una più ampia

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strategia di attacco liquidatorio di altre, e ben più ampie, istituzioni rappresentative della democrazia propria, a livello centrale e periferico, della nostra società. Dalle Aule parlamentari ridotte, in ambedue le Camere, quella dei Deputati e l’altra dei Senatori, a meri Organi volti a concedere “fiducie” necessitate, forse ormai, dal rag-giungimento dell’agognata data per il “minimo per la pensione” (altro che “esoda-ti”, in questo caso), ai sindacati, ridotti a semplici interlocutori “non necessari” per le decisioni assolutamente predeterminate ed immodificabili dell’Esecutivo, senza alcuna possibilità di incidere sulle grandi scelte economiche e sociali, così infine per arrivare ai partiti tradizionali, sfilacciati e stanchi, si assiste ad una premeditata operazione di svuotamento di ruoli storici, ai quali sembra opporsi un travolgente “partito della Nazione” che, trasversalmente, acriticamente e quasi messianicamen-te pare accogliere in sé una generica, quanto abbastanza preoccupante, “rappre-sentanza universale” tutta da verificare sul piano della effettività e stabilità e, per sua natura, su quello della democrazia, almeno quella finora sperimentata nei Paesi occidentali.

Così, in un Paese mai sviluppatosi, sul piano sociale ed economico-produttivo, attraverso l’espressione di valori propri di una borghesia, o almeno di una classe media, frutto di una armonica crescita della democrazia capitalistica moderna, gli sforzi di tutte le forze politiche, di maggioranza ed opposizione, così come espressi nei primi decenni della nostra giovane Repubblica, dalla Carta Costituzionale del 1948 in poi, che avevano innervato e strutturato fino agli ultimi anni del secolo scorso uno Stato che ha saputo rispettare e sviluppare i principi della democrazia rappresentativa. Questi valori sembrano rivelarsi vani o, comunque, sono sottoposti ad un violento sisma eversivo, anzi ….. rottamatore. Le incertezze e tensioni della fine degli Anni Cinquanta, le violenze di piazza e gli scontri sociali del Sessantotto e dei primi Anni Settanta e perfino i passaggi traumatici da una ancora non completa-mente fiorita Prima Repubblica ad una recente quanto già traballante Seconda, non avevano compiuto un’opera così devastante e, lo si ripete ancora, culturalmente quanto sommariamente distruttiva delle forme certe di rappresentanza istituzionale della democrazia.

Gli ultimi Governi, quelli di nomina presidenziale, non espressione del voto po-polare, stanno trovando in questo periodo di pre-agonia, speriamo reversibile, un fatale punto d’arrivo in un catch-all party (il partito pigliatutto che negli Stati Uniti, trasversalmente, raccoglie interessi anche divergenti se non contrapposti, secondo la ricostruzione offerta dal noto politologo Otto Kirchheimer), di un giovane Premier esuberante e logorroico, quanto indubbiamente capace di muovere acque stagnanti e pertanto mefitiche del recente passato, fino a giungere al “partito della Nazione”. Il tutto appare un prodotto del vero e proprio tsunami frutto dell’odierna informa-zione d’accatto, sommaria, troppo di parte e capace di rifiutare ogni approfondi-mento critico, così da soddisfare le più basse voglie di una società ormai divenuta apatica e trascinata nella sottoinformazione e nel nuovo consumismo, più che dei beni, delle sensazioni o delle mere percezioni.

Eppure, per tornare ancora una volta al nostro orticello giuslavorisico, la storia delle leggi nel campo dei diritti del lavoro, autonomo e subordinato, era stata ben più ricca di ricerca critica ed approfondimenti tecnici e aveva convissuto con un grande sforzo culturale fino a tutti gli Anni Settanta.

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Nel 1974 l’Ufficio studi e documentazione del Senato della Repubblica pubbli-cava un corposo volume, a cura del Segretariato Generale, avente per titolo “Lo Statuto dei Lavoratori – Progetti di legge e discussioni parlamentari”, in cui viene riportata tutta l’opera di elaborazione critica della dottrina, della giurisprudenza e, soprattutto, della Camera e del Senato, già dalle prime Legislature dell’immediato secondo dopoguerra, fino al 20 maggio 1970, data storica per il sistema di Relazioni Industriali, per il diritto del lavoro e per lo stesso sviluppo della democrazia capita-listica italiana.

L’illuminante lettura dell’ampio volume, in particolare della sua Introduzione, permette di ripercorrere, anche attraverso una ricca bibliografia, la storia del diritto del lavoro del nostro Paese, dando conseguentemente l’adeguata collocazione allo Statuto dei Lavoratori in un sistema, quello giuslavoristico, così come sviluppatosi dal 1948 in poi, e capace di rendere realtà viva, anche se non ancora totalmente compiuta, il dettato costituzionale, tanto prodigo di grandi riferimenti al lavoro come “fondamento” della stessa Repubblica, per ciò stesso, non a caso, “democra-tica” (art. 1 Cost.).

Il diritto del lavoro, ed insieme il diritto sindacale, per riprendere una nota e si-gnificativa terminologia di un grande Statista italiano (nel caso, pugliese), come “pa-rallele convergenti”, vengono letti come una componente non marginale, nell’intero assetto giuridico della società italiana, del faticoso, ma non troppo lento, traghet-tamento dell’Italia da una condizione di capitalismo immaturo, provinciale, con la sua assurda ed incolta autarchia, nonché con un ancor più desueto ed antistorico modello corporativo nei rapporti di lavoro, ad un Paese che cerca – riuscendovi in soli due decenni - di collocarsi tra le moderne società industriali nelle quali convivono ed interagiscono virtuosamente sistema capitalistico e democrazia industriale.

La concretizzazione, attraverso novelle legislative, sempre frutto di impegno, oltre che morale e scientifico, anche tecnico-giuridico (come oggi, purtroppo, è dato sempre meno di vedere, se solo si fa riferimento alle recenti “scivolate” nel campo delle pensioni e, ancora una volta, dei licenziamenti: Fornero docet) ha profonda-mente inciso sulla normativa codicistica nel campo del contratto di lavoro, moder-nizzandola, in tutti i suoi contenuti, non ultimo il recesso.

Lungo sarebbe ripercorrere il percorso delle norme che hanno convissuto ed in-teragito con la ripresa, sostanzialmente ed indiscutibilmente ispirata a modelli key-nesiani d’oltreatlantico, così da permettere all’Italia, proprio nella metà degli Anni Sessanta, di collocarsi fra il settimo e l’ottavo posto delle potenze industriali del tempo.

La legge 15 luglio 1966, introducendo il principio del giustificato motivo, partico-larmente rilevante in ambedue i sottotipi, quello soggettivo e quello oggettivo, può ben considerarsi il “lievito della storia del nuovo diritto del lavoro” di un Paese che, finalmente, poteva sedersi al tavolo delle grandi democrazie capitalistiche occiden-tali. Con il giustificato motivo oggettivo il legislatore costringeva i giuristi del tempo, e quelli che li avrebbero seguiti, a mettere a confronto e coniugare antichi cano-ni giuridici, che così si rinnovavano, con valori altrettanto rilevanti ed in continua evoluzione ed arricchimento in quanto frutto della società esterna, le “efficienze tecniche, organizzative e produttive” che sarebbero da allora divenute un continuo parametro attuativo ed insieme un filtro interpretativo, dei valori sanciti dall’art. 41

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della Costituzione, nella sua interezza.Non meno importante era l’altro sottotipo di licenziamento giustificato, quello

disciplinare, nel quale trovava rilevanza e chiarificazione un principio generale codi-cistico espresso nei poteri direttivi e disciplinari del datore di lavoro, ancora intriso dei principi, in sé astratti, il liberismo ed il morente corporativismo.

Il dado era stato tratto. Quattro anni dopo lo Statuto dei Lavoratori, dopo una lunga, laboriosa quanto coltissima elaborazione, vedeva la luce, il 20 maggio 1970.

Mentre oggi da un giorno all’altro, con impressionanti quanto spesso avventurosi mutamenti di rotta, si propongono riletture, quasi sempre acritiche, degli artt. 2119 c.c. e 18 dello Statuto, in quegli anni il lavoro dei politici, ed insieme a loro di grandi tecnici (giuslavoristi soprattutto, ma anche sociologi, statistici, macro e microeco-nomisti) si sviluppava in anni di riunioni, convegni, saggi e, soprattutto, nel lavoro di una Commissione nominata il 21 gennaio 1969 dal Ministro del tempo, Giacomo Brodolini.

I lavori della Commissione - presieduta da Gino Giugni, con riunioni che prosegui-vano fino a notte, dopo varie decine di audizioni di capi del personale, di sindacali-sti, di economisti, statistici, sociologi, attraverso anche visite nelle grandi fabbriche, pochi anni prima passate attraverso la rovente fucina dell’Autunno Caldo - durarono più di un anno, in parallelo con una ancora più lunga gestazione parlamentare, e si conclusero pochi giorni prima delle votazioni finali nei due rami del Parlamento.

Per completezza, e per dare insieme il segno dell’immensa diversità dello spes-sore culturale nonché dei tempi di lavoro nell’elaborazione di leggi di così grande respiro come quelle di cui si sta qui scrivendo, val la pena riportare la composizione dei membri della Commissione: Prof. Gino Giugni Presidente, Dott. Giuseppe De Rita, Avv. Antonio Freni, Dott. Antonio d’Harmant Francois, Prof. Giuseppe Federico Man-cini, Prof. Giuseppe Pera, Prof. Ubaldo Prosperetti, Prof. Luciano Spagnolo Vigorita, Dott. Giuseppe Tamburrano, Avv. Luciano Ventura. Segretario era il Dott. Daniele Re, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro del tempo. Si trattava, come può rilevarsi, della crème dell’Accademia giuslavoristica, del Foro, e di branche rilevanti della cultura sociologica che lavorò in simbiosi con le Commissioni parlamentari, quella del Senato in particolare (nella quale, con appassionati interventi, portò il suo contributo dialettico perfino un Padre della Repubblica, come Umberto Terracini), per affinare uno storico testo legislativo.

Troppo facile è il confronto con quel che sta avvenendo oggi, troppo ovvio e scontato sarebbe il giudizio sull’attualità: ce ne asteniamo, per rispetto degli uomini e delle istituzioni, soprattutto governative e parlamentari, mentre assistiamo allo scempio, anche tecnico, di norme di legge tanto a lungo discusse nella preparazione ed elaborazione ed altrettanto a lungo applicate in simbiosi con lo sviluppo della nostra società.

Resta comunque scontata la lezione del passato. Modificare leggi, nel nostro caso di grande rilievo sociale, economico ed anche morale, a colpi di #hastag# o di bou-tades, come l’art. 18, costituisce un vulnus non solo all’intero assetto del diritto del lavoro (en passant, ogni tanto, nelle comparsate televisive si parla dell’intera rifor-ma, da approvare in qualche giorno, dello stesso Statuto dei Lavoratori), ma tradire perfino la vantata finalità riformatrice del Governo, volta a superare la grave crisi sociale ed economica, così come si dichiara in sede europea, per chiedere in cambio

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sconti sulla richiesta di mettere ordine nei disastrati conti del Belpaese. Presentare all’Europa (rectius: alla Germania e, con essa, ai giovani Paesi nuovi soci europei e a quelli non travolti dalla crisi sudeuropea) la riforma dell’art. 18, così partorita o meglio abortita, come segnale che si san fare presto e bene le riforme, rischia di farci far la fine dei pifferai di montagna che, come è noto, …. andarono per suonare e furono suonati.

Un intervento legislativo che notoriamente concerne, nel campo del contenzioso giuslavoristico, meno del 3 per mille delle cause di lavoro, oltre a non risolvere (e nemmeno a contribuirvi) i problemi economici e sociali, significa nascondere, o far nascondere, i problemi più grandi del nostro Paese.

Per chiudere, una volta per tutte, un balletto, che rischia di diventare macabro, per il crollo della fiducia e del seguito da parte non solo degli addetti ai lavori ma anche, ancora una volta, dell’intera opinione pubblica, così di nuovo trascinata nel disinteresse e nella disinformazione, a proposito dell’art. 18 e del licenziamento “di-sciplinare”, sia concesso rinviare ad un ricco ed interessante saggio recentemente pubblicato sulla Rivista Il Lavoro nella giurisprudenza (n. 10, ottobre 2014) di Claudia Berrini Ceschi, nel quale è dato rilevare come arduo sia (e sarà) specificare, contrat-tualmente e normativamente, le tipologie di infrazioni e conseguenti sanzioni, in tema disciplinare, ai fini della garanzia “reale” e non obbligatoria contro un licenzia-mento che il giudice dovesse ritenere illegittimo. In sostanza, legge Fornero o meno, la giurisprudenza ben può scegliere liberamente i criteri applicativi in tema di tutela reale del rapporto di lavoro, ricorrendo, come già avviene, ai criteri della valutazio-ne della presenza effettiva di una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo, in base alla portata oggettiva o soggettiva dei medesimi motivi, e la proporzionalità tra gli stessi fatti e la sanzione da infliggere.

Quali sono le conclusioni che è dato trarre dalle note sopra riportate? Quale la valutazione finale?

L’operazione che si conduce - sul piano politico e mediatico, sui problemi del lavoro e sulla riforma del mercato dello stesso, dalla proposta dei contratti a tutele crescenti (che potrebbero essere seriamente e diversamente trattati e concretizza-ti) alla riforma degli ammortizzatori sociali, e soprattutto a proposito della risoluzio-ne dei rapporti di lavoro (l’art. 18) - è il ritratto della grave situazione che il nostro Paese sta vivendo. Abili manipolazioni mediatiche, rapidi flash mob (mediocre imi-tazione di quelli giovanili di piazza) contro vecchie forme di rappresentanza, a loro volta incapaci di rinnovarsi, continui mutamenti di rotta senza approfondimenti cri-tici, insieme ad una radicale crisi socio-economica con la derivante sfiducia generale verso le istituzioni e la stessa democrazia rappresentativa, stanno creando un vero e proprio “terreno di coltura” per un pericoloso contagio ed una corsa a quella “igno-ranza razionale” prima citata come humus della intera società tardo-capitalistica, prima fra tutte la nostra. Se questa tendenza non viene immediatamente contrasta-ta da un grande movimento di masse richiamate ad una più corretta informazione, ad una riappropriazione dei valori della conoscenza critica e di un conseguente dia-logo sociale più ricco di contenuti, non potrà garantirsi né rilanciarsi un rinnovato processo di rivalutazione democratica e partecipata della umana convivenza in un Paese, come il nostro, tanto bisognoso di recuperare fiducia in sé stesso, soprattutto per i giovani e per il loro futuro.

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AMIANTO: QUALE FUTURO?

LE NUOVE TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO

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LEBSCLEBSCLaboratory of Environmental and Biological Structural Chemistry

Prof. Norberto RoveriProf. Norberto Roveri

Department of Chemistry “G. Ciamician”University of Bologna

Via Selmi, 2 - 40126 Bologna Tel. 3358024771

[email protected] www.lebsc.unibo.it

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Laboratory of Environmental and Biological Structural Chemistry

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Amianto

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MINIERA di BALANGERO (TO)2.000.000 ton. di amianto estratte annualmente dal 1975 al 1990

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ETERNIT• Nel 1901 l’ austriaco Ludwig Hatschek brevettò

il composito “CEMENTO AMIANTO” chiamandolo Eternit (dal latino aeternitas, eternity). Un anno dopo Alois Steinmann compra il brevetto per produrre Eternit.

• Nel 1928 inizia la produzione in Eternit di tubi per il trasporto di acqua

• Nel 1933 inizia la produzione di onduline in Eternit per i tetti

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I GIORNALI RIPORTANO CON ENFASI LA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DEGLI STABILIMENTI ETERNIT

A CASALE MONFERRATO

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LO STABILIMENTO ETERNIT DI CASALE MONFERRATO COME ERA RIPORTATO SUL

DEPLIANT DELL’ ETERNIT

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ONDULINE IN ETERNIT

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OPERAI AL LAVORO PER LA PRODUZIONE DI ONDULINE DI ETERNIT

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TUBI IN ETERNIT VENGONO CARICATI SU I TRENI DIRETTAMENTE NELLA FABBRICA

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SCHEMA DEL PROCESSO INDUSTRIALE PER LA PRODUZIONE DI TUBI IN ETERNIT

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SCHEMA DEL PROCESSO INDUSTRIALE PER LA PRODUZIONE DI ONDULINE IN ETERNIT

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LE FIBRE DI AMIANTO VENGONO MACINATE ALL’ ARIA

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IMPIANTO DI PRODUZIONE DEI TUBI IN ETERNIT

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IMPIANTO DI PRODUZIONE DEI TUBI IN ETERNIT

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PROCESSO DI MATURAZIONE DEI TUBI IN ETERNIT IN APPOSITE VASCHE D’ACQUA

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PRODUZIONE E RIFINITURA MANUALE DEI TUBIDI RACCORDO IN ETERNIT

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LE OFIOLITI PRESENTI NELL’ AMBIENTE CONTENGONOGRANDI QUANTITA’ DI FIBRE DI ASBESTO

SURROUNDINGS PARMA-REGGIO EMILIA: NATURAL PARKS

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FIBRE DI ASBESTO LIBERATE NELL’ AMBIENTEDA OFIOLITI

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OFIOLITI RINVENUTE NELLE MASSICCIATE FERROVIARIE

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LE OFIOLITI SONO LE COSI DETTE PIETRE VERDI AMPIAMENTE UTILIZZATE IN EDILIZIA PER DECORAZIONE

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NUMEROSE CAVE DI PIETRE VERDI SONO ATTIVE IN EMILIA ROMAGNA

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...alla ricerca delle PIETRE VERDI...Recupero ambientale delle cave dismesse

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PATOLOGIE CONNESSE ALL’INALAZIONE DI FIBRE DI AMIANTO

ASBESTOSI,

CARCINOMA POLMONARE,

MESOTELIOMA PLEURICOIpotesi di azione chimica dell’asbesto nei polmoni:

(reazione di Fenton )

Fe2+ + H2O2 = OH• + OH- + Fe3+

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Fibra di amianto estratta dal polmone di un pazientedeceduto per mesotelioma (Casale Monferrato, Italy)Fibra di amianto estratta dal polmone di un pazientedeceduto per mesotelioma (Casale Monferrato, Italy)

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RIMOZIONE IN SICUREZZA DI ONDULINE DI ETERNIT

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DISCARICHE

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DISCARICHE

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Amianto o Asbesto

Serpentini (Fillosilicati)

Anfibolo (Inosilicati)

• Crisotilo• Amosite (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2

• Crocidolite Na2(Mg,Fe)7Si8O22(OH,F)2

• Altri meno importanti: Antofillite,Tremolite, Actinolite

Mg3Si2O5(OH)4

(95%)

(5%)

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STRUTTURA DEL CRISOTILOMg3Si2O5(OH)4

LUNGHEZZA LUNGO L’ASSE b = 9,43 Å

LUNGHEZZA LUNGO L’ASSE b ~ 9,1 Å

GLI STRATI SONO LEGATI DALLA CONDIVISIONE DI OSSIGENI APICALI

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AVVOLGIMENTO DEGLI STRATI OTTAEDRICI E TETRAEDRICI NEL CRISOTILO

OCTAHEDRAL - Mg(OH)2

CRISOTILO

TETRAHEDRAL- (Si2O5)n2n

7,3 Å

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SEZIONE TRASVERSALE PERPENDICOLARMENTE ALL’ ASSE DI FIBRA

DI UN FASCIO DI FIBRE DI CRISOTILO

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arabesquesde serpentine

10 nm

LIZARDITE ECRISOTILO

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LA DISOMOGENEITA’ COMPOSIZIONALE E STRUTTURALE DEL CRISOTILO MINERALE

NE RENDE DIFFICILE LO STUDIO CHIMICO

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SINTESI DEL CRISOTILO GEOMIMETICO

LA SINTESI DEL CRISOTILO E’STATA TENTATA LA PRIMA VOLTA NEGLI

ANNI 1920-1930

FINO AGLI ANNI 1980, PER LA GRANDE DISPONIBILITA’ DI CRISOTILO MINERALE A

BASSO COSTO, SINTETIZZARLO ERA VERAMENTE UNA GRANDE INCONGRUITA’

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G. Falini, E. Foresti, I.G. Lesci, and N. Roveri: Structural and morphological characterization of synthetic chrysotile single crystals. Chem. Commun. 14, 1512 (2002).

Abbiamo messo a punto unanuova sintesi per via idrotermale, con reazioni nelsistema MgO-SiO2-H2O, per ottenere CRISOTILO GEOMIMETICO PURO e nanometrico, da utilizzarecome strandard di riferimento per lo studio della citotossicità e cancerogenicitàdell’amianto minerale.

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Nuovi nanotubisintetici inorganicidi CRISOTILO GEOMIMETICOcon elevate potenzialitàapplicative in ambitotecnologico

G. Falini, E. Foresti, M. Gazzano, A.F. Gualtieri, M. Leoni,I.G. Lesci, and N. Roveri: Tabular-shaped stoichiometric chrysotile nanocrystals.Chem.-Eur. J. 10, 3043 (2004).

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NANOTUBI INORGANICI DI CRISOTILO GEOMIMETICO

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NANOTUBI INORGANICI DI CRISOTILO GEOMIMETICO

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CRISOTILO SINTETICO CON STRUTTURA TUBO IN TUBO

(nanotubi inorganici a multiparete)

M. Leoni, A.F. Gualtieri, and N. Roveri: Simultaneous refinement of structure and microstructure of layered materials.J. Appl. Crystallogr. 37(1), 166 (2004).

Rappresentazione grafica dei nanotubi con dimensioni in nm.

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7 nm7 nm7 nm

SCHEMA DELLA SEZIONE DI UN NANOTUBO DI CRISOTILO SINTETICO A PARETE SINGOLA

Geoinspired synthetic Mg3Si2O5(OH)4 nanotubes,which have similar radial dimensions as multiwalled carbon nanotubes (e.g., 7 nm and about 20 nm of inner andouter diameter respectively) are considerably longer (up to a few millimeters) than carbon nanotubes and are constituted of an insulating material.

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E. Foresti, M.F. Hochella, Jr., H. Kornishi, I.G. Lesci, A.S. Madden, N. Roveri, and H. Xu: Morphological and chemical/physical characterization of Fe-doped synthetic chrysotile nanotubes. Adv.Funct. Mater. 15(6), 1009 (2005).

Parete Singola

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NANOTUBI GEOMIMETICI DI CRISOTILO A MULTIPARETE

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NANOTUBI GEOMIMETICI DI

CRISOTILO A MULTIPARETE

Ti 0.5%

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0

5

10

15

20

25

30

controllo crisotilo naturale crisotilo stechiometrico

LDH

este

rna

(% co

ntro

LDH

tota

le)E. Gazzano, E. Foresti, I.G. Lesci, M. Tomatis, C. Riganti, B. Fubini, N. Roveri, and D. Ghigo: Different cellular responses evoked by natural and stoichiometric synthetic chrysotile asbestos. Toxicol. Appl. Pharmacol. 206(3), 356 (2005).

IL CRISOTILO SINTETICO BIOMIMETICO NON E’ TOSSICO

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Brevetto Italiano MI2010A001443

PROCESSO PER IL TRATTAMENTODI UN MATERIALE

CONTENENTE AMIANTO

Brevetto Europeo EP2428254B1

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P.R.A.Project Resource Asbestos s.r.l.

IMPIANTO DI TRASFORMAZIONEMANUFATTI IN CEMENTO AMIANTO

COMUNE DI MELPIGNANO PROVINCIA DI LECCE

REGIONE PUGLIA

LEBSC s.r.l. GEOAMBIENTE s.r.l.

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Brevetto Italiano MI2010A001443

PROCESSO PER IL TRATTAMENTODI UN MATERIALE

CONTENENTE AMIANTO

Brevetto Europeo EP2428254B1

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AMIANTO

CO2

CO2

eternit

Ca2+ + NaOH

Ca(OH)2

(IDROPITTURA)

CO2

SIERO

~ 85 % CaCO3~ 15 % AMIANTO

REATTORE 1 VASCA 1

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Esempio di fresa che lavora in acqua

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CO2

CO2

AMIANTO

Ca2+

P~6 bar

150°C

SIERO + H3PO4

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AMIANTO

CO2

CO2

eternit

SIERO

~ 85 % CaCO3~ 15 % AMIANTO

Ca2+, Mg2+, Mn2+, Ni2+, Fe3+

H2O

Fosfati, Silicati, Batteri

Processo

Elettrochimico

METALLI

Ca, Mg, Mn, Ni, Fe

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Immagini al Microscopio Elettronico a Scansione relative alla componente cementizia con le fibre di amianto primadel trattamento di denaturazione con siero di latte. Si possonochiaramente individuare fasci di fibre di amianto assemblate alcemento.

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Immagini al Microscopio Elettronico a Scansione relative al residuato inerte dopo il trattamento didenaturazione con siero di latte, in cui non è piùpossibile vedere le fibre di amianto, che sono statecompletamente DISTRUTTE.

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Cabina depressurizzata

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Frantumatore a umido SM400

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Frantumatore a umido Modello RIP600

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Frantumatore a secco

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Polverizzatore

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Reattori

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Gruppo filtrante a elevate performanceper alti contenuti di COD, particelle submicroniche e miscele oleose provvisti di filtri a coalescenza.

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Introiti da conferimento: ricavi diretti per tonnellata cemento-amianto€ 100,00 (attualmente il prezzo medio per il deposito in discarica)€ 100,00 di siero di latte esausto (che corrispondono a 5 ton di siero)

Introiti indiretti (sottoprodotti)€ 600,00 da idropittura (considerando una resa di 2400 litri ad un costo di 0,25 €/L€ 150,00 da lingotti di Mg (considerando € 5,00/kg e una resa di circa 30 kg) € 30,00 da altri metalli estratti per via elettrochimica (Ni, Al, Mn, Fe…)€ 70,00 (corrispondenti a 70 kg a € 1,00 /Kg per fertilizzanti ( innovativi per la cultura biologica e biodinamica)

Approsimativamente: € 1050 lordia tonnellata di cemento amianto trattato.

Quadro economico previsionale su impianto industriale definitivo da 5 t/h

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Cosa ci riserverà il futuro?

Riusciremo a fare a meno delle discariche?

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Prima avere un'idea, poi cercare l'uomo per realizzarla. So per esperienza che i problemi concreti NON sono più irrisolvibili

a partire dal momento in cui si affrontano nella prospettiva di una grande idea. Jean Monnet-"Cittadino d'Europa"

La protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo e non potrà considerarsi in maniera isolata.

Papa Francesco "Laudato sii"

La bonifica che rende possibile lo sviluppo territoriale e lo sviluppo territoriale che rende

possibile la bonifica. Un chiasmo-proposta circa la scoperta Roveri.

Relazione di Giampiero Cardillo

1. Convivere con un rischio non totalmente comprimibile

Il sito istituzionale dell'ARPA Toscana elenca con diligenza sia ambiti dove l'Amianto è stato usato in maniera consistente, sia una piccola parte dei 3000 prodotti che nel tempo sono entrati in commercio. Ne interpreto alcuni dati (1) e mi chiedo se una realtà così descritta (non esaustiva) possa essere compendiata nei soli 38000 siti contenenti Amianto censiti dall'INAIL finora. Alcune altre stime parlano di 300-500mila siti piccoli e medi e anche rilevanti, oltre a quelli cospicui di interesse nazionale e locale già circoscritti. Altri azzardano la cifra di un milione di siti, che difficilmente emergeranno in toto, o perché murati, o interrati, o calati in fondo al mare o nei laghi e nei fiumi. Non si possono contare facilmente i micro-siti non più in uso, o perché piccolissimi, o perché dispersi nelle campagne, nelle baraccopoli, sui tetti e nei muri delle città storiche (reti d'aria) o sui monti. Piccole quantità, difficilmente individuabili, ma non meno micidiali dei grandi giacimenti inquinanti. Nessuno, infatti, è disposto a giurare su una stima del peso complessivo in gioco, né del volume, né della quantità di Amianto che insiste sul, o sotto, il suolo patrio in maniera episodica (mezzi di trasporto aereo- ferroviari- marittimi e container stradali in transito, in stazionamento o in manutenzione). Sofisticati mezzi satellitari potranno darci numeri più definiti, ma mai definitivi.

La prima parte del ragionamento si conclude qui: sic stantibus rebus, un rischio residuo da contrastare, speriamo sempre più compresso, sussisterà in molti contesti più o meno pericolosi. Perciò l'azione sussidiaria dell'ONA in ambito scientifico, del diritto, assistenziale e giudiziario, non defletterà, ma cercherà di potenziarsi, cercando convergenze nelle Istituzioni, promuovendone di nuove, attraverso i contatti con la cittadinanza attiva.

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2. L'inquinamento non soffre di pregiudizi: ognuno, ognidove, ha la propria

quota di complessità da affrontare La mappa provvisoria della presenza dei tre tipi diversi di Amianto nel Paese è forse uno dei non pochi, ma sciagurati e indesiderabili, esempi di coesione territoriale: Nord, centro e sud, isole minori comprese, hanno tutte, per ragioni diverse, la loro quota di veleno.

Sottolineo poi che l'Amianto non giace (occulto o custodito) quasi mai solo, ma in buona compagnia di altri veleni, a volte in forma di compostaggio casuale, spesso criminale-organizzato, o accidentale, o per bonifiche errate (gli esperti in questa sala sanno a quali siti mi riferisco, oggetto di attenzione giudiziaria).

La presenza, oggi, di un professore-inventore del nord e l'adesione annunciata di rappresentanti delle Istituzioni e del mondo produttivo del nostro migliore sud ci conferma, anzitutto, che non esiste, come non deve esistere, un pregiudizio antropologico, di latitudine o di longitudine, per dar luogo a fenomeni di catastrofico inquinamento. Ma, fortunatamente, per converso non esistono pregiudizi discriminanti per dar luogo a fenomeni virtuosi, a tentativi di rinascita e di sviluppo territoriale, che proprio della catastrofe prova a servirsi come una forza propulsiva.

Non voglio certo sostenere che si sia fortunati, tanto quanto si è inquinati. Ma l'emergenza, il "nuota o affoga", potrebbe fare la differenza. In positivo, anche se siamo incastrati dall'inerzia istituzionale, dalla destrutturazione funzionale degli apparati pubblici e privati, dall'economia finanziaria che scommette su tutto, ma non sull'incivilimento dei territori. Questa moderna specie dannosa di economia non intende radicarsi in uno qualsiasi di questi territori inquinati o in altri anche più accoglienti. Questa economia terminale globale intende volare sempre libera per il globo alla velocità informatica, per colpire e dileguarsi, rifuggendo l’investimento nel lungo periodo.

La seconda riflessione si conclude qui: un intero Paese ha quantità e qualità diverse di complessità da affrontare per far risorgere territori morti. Ma la complessità è ovunque sopra una soglia critica tale che "non potrà considerarsi in maniera isolata", come sostiene Papa Francesco, ma va affrontata con l'arma dello sviluppo. 3. Può una invenzione semplice e geniale cambiare questo stato di cose? No, non può.

O meglio, non può da sola. Ma può, assieme a molti stakeholder interessati ad un dato territorio, provare a partecipare all'armonizzazione di iniziative che ne ricomprendano l'applicazione, in uno sforzo corale. Perché se lo sviluppo e l'incivilimento territoriale sono la chiave di volta della soluzione, essi non sono figli solo di una idea o di una sola idea, ma di una cooperativa di intenti concreti, di interessi condivisibili.

Mi riferisco ad un particolare tipo di sviluppo, a quello che possa partire proprio da catastrofiche azioni distruttive, più o meno criminali, che hanno reso molte nostre terre povere, inospitali e (apparentemente) senza presente, né futuro. Anche se con un passato testimoniato da ricche, resistenti bellezze paesaggistiche, dove sono incastonati gioielli architettonici e artistici unici, meravigliosi e irripetibili, che però non dispiegano più la potenzialità generatrice e rigeneratrice che è loro propria.

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4. Le competenze-cerniera Le testimonianze del Presidente dell'ONA e del prof. Roveri mi auguro possano aver suscitato in noi tutti la consapevolezza che: - gli scienziati non sono profeti portatori di parole indiscutibili, ma uomini di ingegno e

coraggio che parlano di ciò che hanno intuito, ipotizzato, organizzato e sperimentato in laboratorio, mettendo in gioco ogni volta pubblicamente la propria credibilità, sia nel loro specifico mondo, che fuori di esso;

- gli scienziati non hanno l'obbligo di dimostrare altro, se non quello che risulta dai loro esperimenti di laboratorio.

Altre sono le competenze-cerniera che collegano la scienza, il mondo della produzione, il mondo del diritto, le istituzioni e la cittadinanza attiva. Competenze-cerniera che debbono, a loro volta, intuire, ipotizzare, organizzare sul territorio le migliori applicazioni di quanto proposto dalla scienza inventiva. Competenze che ingegnerizzino un metodo, costruiscano una macchina industriale, fissandone un comportamento sicuro in campo per il maneggio dei pericolosi materiali da trattare. Debbono poter rimediare anche ad errori di stoccaggio del materiale, suggerire e ottenere deroghe a normative assenti o troppo stringenti o la riscrittura ad hoc delle stesse, per favorire la nascita di un sistema produttivo efficiente in tempi e a costi ragionevoli. Un compito intermedio, che precede la vera applicazione di quanto proposto dalla scienza e ne misura in anticipo le concrete possibilità d'uso e sviluppo in vari contesti dati. Compito difficile e costoso, che lo scienziato-inventore non deve essere costretto ad assolvere, ma solo a promuovere e seguire. Un passaggio indispensabile perché nasca un piano industriale ragionato e concreto per lo sviluppo di una creazione dell'ingegno. E sappiamo già ora che una applicazione del genere potrebbe avere una vita industriale anche breve per sostenerne, anche in una Economia Sociale di Mercato, i costi di impianto e di esercizio, atteso che fondi a sostegno dell'intera impresa non ci sono, né ci saranno mai.

Perciò appare chiaro, già solo per questa ragione, come occorra trovare un complesso di sostegni, paralleli e concorrenti, affinché una ipotesi di tecnica risolutiva del problema Amianto possa essere applicata in larga scala.

5. La non pianificazione olistica: il piano che si forma da sé. I luoghi della

ricerca applicata e del progetto. Il Grande Progetto.

L'ONA non crede più da tempo che la risoluzione del problema Amianto si riduca solo alla pur indispensabile azione protettiva, associativa e divulgativa della scienza fisica, chimica, biologica e medica specialistica, accanto all'azione concreta in campo previdenziale, assicurativo, assistenziale, giudiziario.

Il nostro Osservatorio ha finora dispiegato con qualche successo questo tipo di azione, con il contributo di 10.000 cittadini attivi straordinari. L'ONA ha stimolato anche la nascita di provvedimenti legislativi, ma rimane convinto che non esistano pianificazioni, programmazioni, leggi speciali nazionali o locali in grado di essere supportate tecnicamente e finanziariamente in modo adeguato per eliminare o ridurre seriamente il rischio da Amianto e da altri inquinanti. Occorre di più.

Occorre imparare a mutare, olisticamente, un problema gravissimo in una risorsa da sfruttare mediante la categoria del Grande Progetto, come sosteneva Jean Monnet.

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Sono veramente troppi i denari EU non utilizzati dal nostro Paese. Sono ingiustificabili le difficoltà di utilizzare e gestire i cospicui fondi della Cassa Depositi e Prestiti e della BEI, anche dedicati all'innovazione.

Ciò accade soprattutto per la mancanza di luoghi della ricerca e del progetto e di normative praticabili per un moderno, corretto e bilanciato Partenariato pubblico-privato.

Il fallimento, troppo spesso giudiziario, di questa alleanza tra pubblico e privato testimonia la latitanza di Istituzioni adeguate e competenti e la scarsa presenza di Imprese Sociali. Questo ingessa una Nazione che soffre la fame e il sottosviluppo, immobilizzata davanti a una tavola riccamente imbandita.

Occorre cambiare questa situazione. In fretta, giacché i numeri riferiti alle bonifiche definitive già eseguite in genere e a quelle riguardanti il solo Amianto sono irrisori. Del resto è impensabile bonificare un territorio solo dall'Amianto e non dagli altri veleni accumulati nelle medesime discariche o l'Amianto ancora in situ, o, peggio, occultato assieme ad altri inquinanti; la discarica, per l'Amianto come per altri veleni, non è la soluzione del problema, proprio come non lo è la pur meritoria azione delle Magistrature e della Scienza, medica preventiva o curativa; la "cura Roveri" per l'amianto è una strada che definisce un obiettivo radicale di distruzione della fonte di rischio, decisamente migliore della migliore discarica. 6. Fare squadra sul territorio Il "genio" italiano è una realtà positiva anche oggi, come lo è stata in passato. Olivetti, dalla parte imprenditoriale, come Natta, dalla parte scientifica e mille altri, come il prof. Roveri, hanno sofferto, pur con qualche luminosissimo passato successo, della mai risolta minorità Italiana nel saper "fare squadra" forte e duratura sul territorio tra la scienza teorico-sperimentale, l'applicazione tecnologico-industriale, le istituzioni, la cittadinanza attiva sussidiaria e il mondo produttivo- finanziario; laddove latita il valore d'impresa, come lo definisce Marco Vitale, incardinato nel territorio, laddove latita l'incivilimento che è portato dallo sviluppo economico, prospera, invece, "l'altra economia", quella criminale piu o meno organizzata. Quella che vale ormai troppi punti di PIL e molti posti di lavoro e che si confronta ogni giorno con un interesse politico e amministrativo a volte conflittuale, troppo spesso inerte, spesso connivente. L'altra economia criminale si muove bene nel deserto di competenze delle istituzioni, tra le norme impraticabili, nell'accidia amministrativa, a braccetto con falsi finanzieri e improbabili imprenditori senza scrupoli e senza vera organizzazione produttiva. 7. Un sistema moderno di ricerca Un sistema moderno della ricerca, come quello tedesco, imperniato su una fitta rete di strutture e centri, diffusi capillarmente su tutto il territorio e impegnati in partnership con le più importanti industrie e aziende del paese, appare essere oggi, mutatis mutandis, uno dei processi pubblico-privato da imitare. Esso è indispensabile per la tenuta del sistema Italia, che proprio dall'innovazione deve trarre continui punti di forza (2).

Il carico finanziario e organizzativo della ingegnerizzazione di una scoperta scientifica, il collegamento operativo con le Istituzioni e la burocrazia nazionale e locale, non possono essere efficacemente sostenuti da una sola delle parti in causa, come l'imprenditoria, specie se di piccola stazza o soggetta ai rigori dell'economia finanziarizzata. La quale, notoriamente,

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osteggia il medio e lungo termine dell'investimento, indispensabile per il consolidamento tecnologico- produttivo di una scoperta scientifica veramente innovativa. Occorre poter fare squadra, territorio per territorio; ogni scoperta scientifica che implichi il radicamento territoriale della sua applicazione (come la bonifica) pone oggi il problema di non poter avere un futuro industriale per qualsiasi scala industriale applicativa. Può accadere che una scoperta scientifica non abbia futuro in nessuna scala operativa. Oppure potrebbe averne per una determinata scala dimensionale soltanto, da individuare assieme ad una parte selezionata di sistema-paese, interessato allo sviluppo di un dato territorio. Ma questo non si realizza senza il concorso di un potente ente di ricerca capace di coercire finanche la riserva, pur politicamente corretta, del principio di precauzione, spesso usata in termini ricattatori per non fare, per non aggiornare comportamenti amministrativi tratti da normative superabili. La norma paralizzante viene usata come scudo per non fare, per non osare, per non avere struttura efficace di comando e controllo. Una sorta di sciopero bianco istituzionale continuo, a disposizione di qualsiasi esercizio di potere frenante o, peggio, ingerente in modo criminale.

8. La logica statalista Non si può fare nulla che significhi bonifica e sviluppo senza una molteplicità di stakeholder, che superino sia la logica statalista-assistenzialista, ormai senza risorse, sia l'assenza di interesse per l'investimento a lungo termine di una economia globale finanziarizzata, sia la normativa che ingessa e scoraggia l'innovazione, o semplicemente l'iniziativa d'impresa. Ciò accade in un Paese immobilizzato da norme impossibili da praticare e gestire, da troppi pareri concorrenti. A volte le norme appaiono essere addirittura criminogene (come sostiene spesso il dott. Cantone a proposito di sistemi normativi per i l'erogazione di finanziamenti pubblici, del codice appalti e di leggi obiettivo). Senza questo salto di qualità, non ci resta che esportare all'estero il problema Amianto a costi insostenibili, come è avvenuto per il residuo nucleare e come sta avvenendo da tempo per piccole quantità di rifiuti speciali e pericolosi, Amianto compreso, a prezzi da gioielleria.

Se non ci sono fondi pubblici per la bonifica, occorre tentare di sviluppare, attorno a ogni innovazione che viene proposta, una economia dello sviluppo, giammai una mera economia della bonifica, che è inconsistente ab initio dal punto di vista industriale. Se non si generano contemporaneamente progetti fiancheggiatori della bonifica, alcuni dei quali destinati ad essere i veri protagonisti e il sostegno vero di un processo di incivilimento, non parte nessun processo virtuoso, ma partono solo processi.... giudiziari.

Occorre fare in modo che i costi marginali, insostenibili altrimenti, della bonifica possono essere ben assorbiti nell'intero processo virtuoso di creazione di ricchezza per un dato territorio. Qui soccorre l'esperimento grandioso dell'impresa olivettiana, che oggi in Italia sopravvive grazie a pochi, quasi eroici esempi (Loccioni, Cucinelli, Della Valle, Reza Arabia e molti altri meno noti) e, fuori d'Italia, per lo specifico tema della bonifica, della cura incivilente del territorio, della condivisione della ricchezza, che genera solido sviluppo. Lo sviluppo che rende possibile la bonifica è ben visibile in luminosi esempi come nelle bonifiche della Ruhr, di Bilbao, di Metz, di Pittsburgh, Valencia,etc). È stato fatto. Si può fare. Occorre perciò credere fortemente nella catarsi possibile di un qualsiasi territorio assediato dall'inquinamento e dalla rovina idro-geologica e urbanistica, quando in esso si generano progetti concreti, armonizzati e protetti dalle Istituzioni e dalla cittadinanza attiva. Si tratta di creare i "luoghi del progetto", anche olisticamente, perché, in questa paralisi ossequiosa di norme anche criminogene, solo olistici potebbero essere i progetti che potrebbero diventare realtà.

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Luoghi del progetto come quelli della ricerca operativa tedesca oggi non ne abbiamo in Italia. Ma abbiamo solide università, ottimi ingegni, che cercano sussidiariamente di supplire alla carenza anche di ricerca operativa, da colmare al più presto.

Istituzioni di livello europeo, che sappiano raccogliere e armonizzare i portatori di interesse nello sviluppo del territorio liberato dai veleni, non ne abbiamo. Ma disponiamo ancora di poco valorizzati uomini della Politica delle Isituzioni e dell'Amministrazione, delle associazioni, degli ordini professionali, di professionisti veri, di produttori di idee industriali e di uomini dell'industria non finanziarizzata che cercano, ogni giorno, di sottrarsi alla deriva suicida di non fare per non sbagliare, di impedire che altri facciano, di lucrare sulla vita economica e finanziaria di tutti.

9. La mappa delle competenze Una economia produttiva tutta ben normata, ma sostanzialmente sterile, non serve, nel senso diabolico del termine. Servire il bene comune, invece, non servirsi delle Istituzioni, incoraggiare i valori d'impresa in senso olivettiano. Questa è la strada. L'unica.

Si tratta di scoprire i capisaldi dell'incivilimento di un sistema produttivo locale, basato su una "Mappa delle Competenze necessarie", come quella studiata e tipizzata dalla Fondazione Olivetti, assieme all'ENI, recentemente. Occorre non temere socraticamente l'incertezza, che favorisce l'innovazione.

Il sistema Roveri può essere una occasione per provare, per forzare le resistenze, per coprire le insufficienze, per fare con altri mezzi e molto coraggio ciò che per i vituperati tedeschi è pura routine quotidiana. 10. Il nuovo Codice Appalti La riforma, mediante legge delega, del Codice Appalti, avviata a conclusione per l'inizio del 2016, appare in questo quadro molto più interessante di qualsiasi norma dedicata specificatamente all'Amianto, perché la norma generale interferisce sempre in quella particolare, giacché ne limita e ne condiziona gli obiettivi raggiungibili. La nuova norma riduce gli articoli da 650 a 250, riduce il carico documentale per le imprese, incardina l'ANAC di Cantone nel sistema appalti, come fulcro di ogni attività non solo repressiva, ma di monitoraggio, regolazione amministrativa, proposizione semplificativa mediante un sistema di soft-law fatta di bandi-tipo, circolari esplicative, line guida.

Mi aspetto dalla stesura definitiva del governo una riflessione sulla consistenza tecnica dell'ANAC, avviata a colmare anche il deserto di competenze delle 35000 stazioni appaltanti, ora ridotte di molto. Ma non sembra siano state dotate tecnicamente più di prima, per essere luogo sapiente, competente e capace del progetto perfetto, invocato giustamente anche dal Ministro Del Rio.

Senza questo incardinamento anche delle competenze per conferire capacità proposta nell'ANAC o altrove (centri di ricerca?), l'ANAC rischia di fare meglio solo un lavoro di controllo e di avvio di un procedimento repressivo, che per un magistrato è sicuramente congeniale. Gli OOPP esultano, perché, quasi abolito il progetto integrato, gli studi professionali sembra che avranno lavoro da fare, in gara fra di loro, con tempi e risultati, però, tutti da verificare. Infatti potrebbe risultare velleitario presupporre di saper entrare in un mondo militare, sanitario, scolastico, marittimo, stradale, ferroviario, aeroportuale, etc, senza un

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collegamento fatto di lunga esperienza con questi mondi specifici. La parte pubblica dovrebbe poter parlare per bocca di tecnici propri, di grande valore e competenza, che però non ha più o forse non ha mai avuto nella giusta misura. E qui il serpente di morde la coda.

Staremo a vedere. Cantone potrebbe far meglio anche il lavoro di unificazione e snellimento dei comportamenti amministrativi. Anche questa musica è nelle corde di un magistrato. Ma l'alta competenza, che non hanno finora dimostrato anche i centri unici di acquisto e la scarsissima capacità progettuale in house nelle PA, potrebbe rivelarsi critica rispetto alle capacità di controllo del processo produttivo e di collaudo. Le decine di collaudatori esterni del MOSE sono costati somme iperboliche. Nel raccordo delle varie fasi del procedimento e nella calibrazioni delle forze in gioco c'è qualcosa da perfezionare.

Vedremo se ciò che è stato cacciato dalla porta non rientrerà dalla finestra. Il sistema pubblico- privato funziona solo se la parte pubblica è anche lei competente e capace di grandi lavori e quando la parte privata possa dimostrare di avere più tecnici di vaglia, che avvocati e tecnici abili solo nel ricorso e nella riserva. Il metodo di accreditamento delle imprese è ancora perfezionabile ed è il vero centro della questione vista dalla parte privata. Ottima è l'indicazione di favorire le aziende incardinate nel territorio. Il metodo di assegnazione dei lavori, in presenza di progetti granitici, potrebbe anche ridursi addirittura a un sorteggio condizionato, giacché la laboriosità che richiede l'esperimento di una gara ad offerta più vantaggiosa non trova riscontro negli apparati pubblici e le operazioni di schedatura dovranno essere appaltate anch'esse, con dubbi risultati di trasparenza, immettendo il lavoro di un progettista esterno nelle fasi di gara e con commissari di gara, più o meno accentrati e accertati, che potrebbero essere anche non-tecnici e capire poco di quelle schede.

Cosa ha a disposizione un RUP per giudicare efficacemente un progetto? O è Leonardo da Vinci, noto tuttologo, o si deve avvalere degli stessi progettisti esterni per farsi spiegare ... non certo per giudicare. L'Economia del ribasso d'asta che copre gli errori di programma dovrebbe sparire, con la compressione dei ribassi. Meglio se sparissero del tutto. Il tempo di contenzioso e il tempo giudiziario in genere non dovrebbe far più parte del tempo da calcolare ab initio per un lavoro pubblico e pubblico-privato. Ma progetti granitici escono solo da forni adatti e non casuali. Occorre saper costruire in modo permanente o olistico questi luoghi del progetto perfetto, senza confidare totalmente nel mondo troppo variegato della progettazione professionale privata. Avere anche una alternativa ben solida, varrebbe la pena. I centri di ricerca di livello europeo, già costruiti in partenariato, in parte fisso e in parte variabile tra Pubblico e Privato, potrebbero servire anche a questo.

11. Conclusioni L'uso del "brodo acidificante" del prof. Roveri, fatto di rifiuti (siero di latte e altri residui agro-alimentari) per trasformare un rifiuto (Amianto incapsulato) in risorsa (idropitture, metalli rari,etc), consente un pur piccolo e parziale auto-finanziamento alla conclusione del proprio ciclo produttivo, recuperando materiali di pronto impiego e materie prime a volte di pregio.

Ma non su questo occorre puntare. Occorre guardare lontano, dotarsi di un grande progetto, dei luoghi e degli uomini adatti per produrlo e amministrarlo, come raccomandava Jean Monnet, a partire dalla necessità di verificare la praticabilità industriale della scoperta, creando attorno ad essa una economia di più

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cespiti, che potrebbero avere poco a che fare con l'Amianto, ma sul territorio potrebbero armonicamente coagularsi per produrre ben altro dell’Amianto inertizzato. Produrre sviluppo, incivilimento, dunque.

Vale la pena tentare. Siamo il secondo paese manifatturiero in Europa e il settimo nel mondo! Grazie dell'attenzione.

Note (1) Cemento-amianto (eternit)

Il 25% di molto cemento usato in edilizia e negli impianti è Amianto. Impossibile quantificarne il tonnellaggio complessivo. Il peso da considerare del materiale da trattare ricomprende, accrescendolo enormemente) anche il materiale di incapsulamento (con peso specifico assai più alto rispetto all'amianto). Utilizzi nell'industria - materia prima per produrre molti manufatti e oggetti; - isolante termico negli impianti che utilizzavano (es. centrali termiche e termoelettriche,

industria chimica, siderurgica, vetraria, ceramica e laterizi, alimentare, distillerie, zuccherifici, fonderie);

- isolante termico negli impianti a bassa temperatura (es. impianti frigoriferi, impianti di condizionamento);

- isolante termico e barriera antifiamma nelle condotte per impianti elettrici e nelle camicie dei fili elettrici;

- materiale fonoassorbente.

Utilizzi nell'edilizia - centrali termiche o nei garage degli edifici (anche di civili abitazioni) come materiale

spruzzato su travi metalliche o in cemento armato, sui soffitti, come componente delle coppelle che ricoprono le tubazioni che trasportano fluidi caldi dalle caldaie (es: acqua di riscaldamento);

- coperture di edifici industriali o civili sotto forma di lastre ondulate o piane in cemento-amianto (eternit);

- pareti divisorie o nei pannelli in cemento-amianto dei soffitti di edifici prefabbricati (es: scuole e ospedali);

- canne fumarie in cemento-amianto; - serbatoi e nelle condotte in cemento-amianto per l'acqua; - pavimenti in vinil-amianto (linoleum). In ambiente domestico - elettrodomestici di vecchia produzione (asciugacapelli, forni, stufe, ferri da stiro, nelle

prese e guanti da forno e nei teli da stiro, nei cartoni posti a protezione di stufe, caldaie, termosifoni, tubi di evacuazione fumi)

Nelle abitazioni - Coperture in cemento-amianto; - Canne fumarie in cemento-amianto; - Cassoni per acqua in cemento amianto; - Pannelli isolanti; - Coibentazioni di tubature; - Pavimenti vinilici (tipo linoleum; - Prefabbricazione pesante, media e leggera.

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Nei trasporti - rivestimenti con materiale isolante di treni, navi e autobus; - freni e frizioni; - schermi parafiamma; - guarnizioni; - vernici e mastici “antirombo”. Usi rari e insoliti dell'amianto in passato - Adesivi e collanti; - Tessuti ignifughi per arredamento come tendaggi e tappezzerie; - Tessuti per imballaggio; - Tessuti per abbigliamento ignifughi e non come feltri per cappelli, cachemire sintetico,

coperte, grembiuli, giacche, pantaloni, ghette, stivali; - Carta e cartone (filtri per purificare bevande, filtri di sigarette e da pipa, assorbenti igienici

interni, supporti per deodoranti da ambiente, solette interne da scarpe) - Nei teatri (sipari, scenari che simulano la neve, per protezione in scene con fuoco, per

riprodurre la polvere sulle ragnatele, su vecchi barili); - Sabbia artificiale per giochi dei bambini; - Trattamento del riso per il mercato giapponese.

(2) La Germania è seconda al mondo per numero di dottorati, 24946,contro i 9604 italiani.

Dispone di ben 4 grandi centri di ricerca di livello mondiale: il Max Planck, con 12300 unità interne e 10.000 dottorandi ed è largamente presente a Roma e Firenze; la Helmholtz con 28.000 unità; il Fraunhofer, con 59 istituti, 17.000 unità, presente a Bolzano; il Leibniz con 86 istituti e 16100 unità.

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Appendice

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Resoconto del Convegno ONA Onlus tenutosi il giorno 11.07.2015 presso Castello di Ceglie del Campo in Bari.

La bonifica dell'Amianto:

una economia che nasce un territorio che risorge

L'Osservatorio Nazionale sull’Amianto (ONA - Onlus) ha presentato alle

Autorità, alle Istituzioni, ai cittadini, alle organizzazioni civili, professionali e produttive della operosa Puglia un metodo scientifico innovativo per rendere inerte il micidiale e pericolosissimo Amianto, creando una opportunità tecnologicamente avanzata di sviluppo di una economia del recupero e dello sviluppo del territorio.

Il Convegno era aperto alla collaborazione di tutte le Istituzioni e ai soggetti pubblici e privati, che sono stati invitati a partecipare, in quanto interessati al benessere della cittadinanza e allo sviluppo economico della Regione Puglia.

Sono intervenuti in qualità di relatori, oltre al Presidente, Avv. Ezio Bonanni, anche il segretario dell’ONA Onlus, Dott. Michele Rucco, il Prof. Norberto Roveri, che ha illustrato il metodo di sua invenzione per l’inertizzazione dell’amianto la cui applicazione industriale potrebbe concorrere a trasformare il problema Amianto in una buona opportunità di sviluppo territoriale diffuso, e anche il Dott. Giuseppe Calò, amministratore della società licenziataria del brevetto.

E' seguito l’intervento del Prof. Gaetano Veneto, per più di 40 anni ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università di Bari, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA Onlus, il quale ha presentato una relazione sul ruolo del diritto del lavoro in materia di tutela della salute e dell’ambiente.

L’Arch. Giampiero Cardillo, del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA-Onlus e responsabile delle iniziative di sviluppo territoriale dell'ONA, ha presentato le prime valutazioni tecniche dell’associazione sul metodo “Roveri”. Occorre esplorare nuovi scenari che la Scienza offre per la compressione dei costi di disinquinamento e di custodia dell'inquinante, nonché della riduzione a zero del costo sociale dell'inquinante incapsulato o, peggio, ancora occultato o incognito. Passare ad una fase non solo difensiva del territorio dal veleno Amianto, per creare una economia virtuosa del recupero del territorio, stabile nel tempo, a costi irrisori rispetto agli attuali assolutamente insostenibili dalle istituzioni e dai privati.

La Dott.ssa Maria Grazia Canuto, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA Onlus, ha tenuto una relazione sulle tecniche costruttive alternative all’utilizzo dell’amianto nell’auspicio della sua messa al bando globale.

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“Il convegno costituisce la prova che passare dalla protesta alla proposta si può e si deve", ha dichiarato l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA Onlus - "E’ impensabile sconfiggere una economia secolare basata su facili, enormi guadagni, se non creando una opposta, concreta "economia di liberazione" dal veleno Amianto, favorendo cointeressenze fra diversi attori pubblici e privati, affinché tutti trovino interesse nella resurrezione dei territori inquinati. Eliminare le "economie di rapina da bonifica", che trovano alimento nella timidezza istituzionale verso l'uso produttivo della Scienza applicata. Si deve promuovere e sostenere ogni iniziativa sul piano locale e nazionale, dove la ricerca trovi applicazione sussidiaria a livello industriale. L'ONA auspica che, come hanno fatto da tempo la Francia e la Germania, l'Italia possa dotarsi di adeguati Grandi Centri di Ricerca operativa, capaci di affiancare gli scienziati di pregio, che non mancano nel nostro Paese, per passare, in sicurezza, dal laboratorio all'industria. La compressione dei costi del disinquinamento mediante nuove tecniche deve essere una delle principali fonti di ristoro delle iniziative pubblico- private sul territorio. Valore d'impresa e istituzioni efficaci ed efficienti, finalmente insieme. Anche in Italia.

Nel frattempo occorre sostenere le sperimentazioni possibili, basate su scoperte, come quella del prof Roveri, che hanno avuto successo in laboratorio, allorquando, in mancanza di idonee strutture operative post- scoperta, l'iniziativa di privati voglia cogliere a proprio rischio le opportunità che nascono da una scoperta scientifica. Coraggio istituzionale e della società civile, ciascuno con i propri specifici obiettivi di servizio del bene comune, possono aprire nuovi scenari e prospettive a basso costo del disinquinamento, rispetto allo stallo attuale per costi insostenibili. Occorre trasformare un grave problema in una grande opportunità di sviluppo di una sana economia del recupero dei territori inquinati.

La sola scienza e le sole battaglie giudiziarie, che l'ONA sostiene ogni giorno, con ogni sforzo, non ci salveranno dall'Amianto!

Si può seguire la registrazione video del Convegno collegandosi al link: https://www.youtube.com/watch?v=nssgrAvYygk

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Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi.

Il piano nazionale amianto dell’ONA ONLUS, alternativo a quello del

Governo Monti e del Ministro Balduzzi, è già operativo, ed è in corso la mappatura dei siti attraverso il portale http://www.onaguardianazionaleamianto.it/, per permettere dunque anche ai tecnici di verificarne l’effettiva presenza e di segnalarla alle Autorità.

Il funzionamento del portale è stato spiegato anche dal TG2 (http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-85eeea79-afb7-4fb0-8048-643181396c35.html ) e nel corso della conferenza stampa alla Camera dei Deputati del 24.04.2014 (visionabile agli indirizzi https://www.youtube.com/watch?v=YeB28bCYOfg e https://www.youtube.com/watch?v=EfY3GdGXXAs).

Il programma permette a tutti i cittadini di collaborare, e ad esso faranno seguito progetti elaborati dall’associazione, con il coinvolgimento degli Ordini Professionali, degli Imprenditori e in generale delle forze sane del Paese, al fine di perseguire la bonifica e decontaminazione, in grado di realizzare quella prevenzione primaria, attraverso la non esposizione ad amianto, che è l’unico strumento per evitare l’insorgenza delle patologie asbesto correlate, secondo l’insegnamento del Prof. Giancarlo Ugazio, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ONA Onlus.

Nel nostro Paese, ogni anno, a causa delle patologie asbesto correlate perdono la vita più di 5.000 persone, nell’assoluta indifferenza del Governo nazionale, come messo in evidenza dall’Avv. Ezio Bonanni, con enormi costi non solo economici, per le cure e le prestazioni previdenziali ed assistenziali, ma soprattutto morali e sociali: una vera e propria emergenza, che nessuna Istituzione intende affrontare, e che impone dunque la mobilitazione di tutti i cittadini.

Al fine di poter contribuire alla mappatura e quindi alla successiva bonifica e decontaminazione dei siti con presenza di amianto, l’Associazione oltre ad avere elaborato un piano nazionale amianto alternativo a quello del Governo Monti, ha chiamato i cittadini alla mobilitazione, al fine di poter affrontare e risolvere questo problema, con la costituzione quindi del Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi, coordinato dal Sig. Tagliapini Riccardo, che collaborerà con l’Avv. Ezio Bonanni, presidente nazionale, e con tutti i comitati territoriali e settoriali, ad affrontare e risolvere questo problema, oltre che quale strumento di sostegno per quei cittadini che ritengono di poter essere esposti ad amianto per la presenza di siti contaminati.

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Dalla protesta alla proposta Come trasformare un problema in risorsa

Ascoli Piceno, 14 giugno 2014

Prosegue la mobilitazione dell' ONA ONLUS: il giorno 14.06.2014 a partire dalle ore 9.00 in Ascoli Piceno presso il Palazzo dei Capitani - Sala dei Savi si terrà il convegno "AMIANTO: DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA", nel corso del quale interverrano l'Avv. Ezio Bonanni, Presidente Nazionale ONA ONLUS, il Dott. Tagliapini Riccardo, Coordinatore Nazionale Dipartimento Bonifica e Decontaminazione dei siti Ambientali e Lavorativi, la Prof.ssa Lory Santarelli - Dipartimento Scienze Molecolari e Cliniche - Università Politecnica delle Marche, ed altri relatori come da locandina e brochure che si allegano.

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ONA – Guardia Nazionale Amianto Segnalazione siti contaminati amianto.

Il sito GuardiaNazionaleAmianto (raggiungibile all’indirizzo http://www.onaguardianazionaleamianto.it/) è una piattaforma digitale che permette ad ogni singolo cittadino di segnalare luoghi in cui ci sia una presunta presenza di amianto.

La segnalazione avverrà attraverso due distinti metodi di "denuncia":

• Tramite la pagina SEGNALA! il cittadino avrà la possibilità di descrivere il punto in maniera completamente anonima. La segnalazione sarà presa in carico dagli amministratori della piattaforma per iniziare la procedura di analisi ed eventualmente di inertizzazione del punto stesso.

• Registrandosi alla piattaforma seguendo la procedura di Registrazione. In questo caso, l'utente potrà monitorare l'evoluzione degli interventi sui siti da lui definiti.

Progetto Guardia Nazionale Amianto Regolamento.

L’ONA - Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi - ricerca Guardie Nazionali Amianto, utenti ad alta consapevolezza ambientale, disponibili a partecipare a diverse attività di sensibilizzazione verso tutta la cittadinanza e di controllo della presenza di amianto sul territorio nazionale.

Le G.N.A. selezionate saranno munite di strumenti utili per lo sviluppo delle attività informative e di ispezione del territorio.

Le aspiranti guardie devono frequentare un apposito Corso formativo organizzato dall’ONA stessa. Gli ammessi al corso devono frequentarlo con impegno e diligenza. MODALITA’ DI ADESIONE:

L’Associazione ONA Onlus è aperta a qualsiasi persona che vorrà parteciparvi senza distinzione di sesso,estrazione sociale, credo , cittadinanza e appartenenza politica.

Per l’ammissione il richiedente deve rivolgere espressa domanda recante la dichiarazione di condivisione delle finalità che l’associazione si propone e l’impegno ad approvarne i regolamenti.

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1.Requisiti: Possono fare domanda di iscrizione i cittadini che abbiano compiuto il 18° anno di età che hanno: 1. Interesse per le tematiche ambientali; 2. Disponibilità a svolgere un'attività di volontariato; 3.Propensione al confronto costante con il Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi; 4. Disponibilità a frequentare i corsi di formazione; 5.Non aver riportato condanne con sentenze passate in giudicato per delitti che incidono gravemente sulla moralità e sulla capacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

2.Compiti del volontario • Monitoraggio del territorio a lui assegnato; • Distribuzione di materiale informativo sui pericoli dell’amianto, rischi per la salute e importanza della rimozione dei manufatti contenenti amianto; • Accompagnamento del cittadino nei rapporti con l'ONA; • Gestione di punti informativi organizzati nei luoghi di maggior frequenza; • Mantenere rapporti di partecipazione con il coordinatore; • Promozione e organizzazione di ogni forma di volontariato attivo dei cittadini al fine di salvaguardare e/o recuperare l’ambiente; • Essere di supporto per i Comuni, Istituti, Associazioni, Enti,sempre seguendo le linee guide indicate dall'ONA;

Ai sensi delle normative vigenti, tutte le guardie di cui sopra svolgono i loro compiti a titolo volontario e gratuito, in collaborazione con le Amministrazioni competenti quali: Regione,Province, Comuni e ASL e/o altri Enti, Istituzioni e Associazioni interessate alla tutela ecoambientale.

I cittadini interessati a partecipare al progetto dovranno rispettare gli impegni riportati sul modulo di adesione a disposizione sul sito www.onaguardianazionaleamianto.it

Le domande dovranno pervenire complete di Modulo di Adesione G.N.A. , Modulo di Adesione ONA onlus e fotocopia del documento di riconoscimento all'indirizzo di posta elettronica [email protected]

Per aderire all'Osservatorio Nazionale Amianto e sostenere la nostra battaglia si può sottoscrivere una tessera annuale il cui costo è di 20 Euro,o l'importo che si vorrà. Per maggiori informazioni a riguardo, si rimanda al link Aderisci In allegato Regolamento e Modulo di Adesione G.N.A.

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Dipartimento progettazione per la pianificazione e lo sviluppo del territorio

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L’Osservatorio Nazionale sull'Amianto - ONA Onlus, ha disposto l'istituzione del Dipartimento Progettazione per la Pianificazione e lo Sviluppo del territorio. L’Associazione ha costituito questo Dipartimento, di cui è Coordinatore e Direttore l’Arch. Giampiero Cardillo, Generale in congedo nei Carabinieri, al fine di “elaborare nuove soluzioni, con innovativi e complessi progetti di soluzione del problema amianto, in quanto l’amianto si lega alla contestuale contaminazione operata da altri agenti inquinanti e patogeni concentrati in quasi il 3% del territorio nazionale”.

L’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA Onlus, nella sua relazione “Asbestos, killer to defeat” ("L’amianto, un killer da sconfiggere") che ha tenuto lo scorso 25.07.2014 nel corso della Conferenza Internazionale "ASTM Johnson Conference on Asbestos, Almost Asbestos, and Asbestos Progeny: New Challenges" organizzata dalla ASTM, presso l’Università del Vermont ha, infatti, affermato: “Siamo dunque riusciti parzialmente, ma con determinazione, ad ottenere alcuni importanti risultati nella ricerca scientifica, con diagnosi precoce e cura per chi è già ammalato o rischia di ammalarsi; abbiamo fatto punire molti responsabili, criminalmente consapevoli del danno reale inflitto ad intere popolazioni e abbiamo fatto ottenere risarcimenti del danno per molte persone e loro familiari colpiti da questa guerra senza pietà; abbiamo chiuso molte fabbriche di morte nel mondo. Ma non siamo che all’inizio di questa battaglia. La finanziarizzazione dell’economia globalizzata, le ripetute crisi, hanno prodotto la deindustrializzazione di alcune Nazioni manifatturiere, e, conseguentemente, minori risorse economiche, competenze tecniche e scientifiche, che sarebbero state utili per migliorare le condizioni di sicurezza nella gestione e nella rimozione dell’amianto. La criminalità organizzata, anch’essa globalizzata, in alcune regioni, che spesso non coincidono con i confini territoriali amministrati dagli Stati, ha manifestato interesse per il settore industriale delle bonifiche, dopo essere stata protagonista criminale di immense operazioni di inquinamento mortifero, corrompendo e intimidendo soggetti pubblici e privati, con enormi fatturati (la DDA calcola in 150 miliardi l’anno il loro fatturato nel “settore” solo in Italia). Lo sforzo legislativo e pianificatore di Stato e Regioni, anche quello sostenuto dall’Europa, non ha dato i frutti sperati in termini di risolutiva efficacia, per deficienze strutturali del sistema di progettazione, approvazione, esecuzione e collaudo, ma anche perché inquinata troppo spesso dal malaffare appaltistico e criminale. Recentemente il Piano Nazionale Amianto dello Stato Italiano, varato in fretta e senza adeguata preparazione tecnica e finanziaria, non ha avuto attuazione. L’Osservatorio Nazionale Amianto ha elaborato un piano alternativo, sulla base dei seguenti principi: I) prevenzione primaria: evitare ogni fonte di esposizioni ad amianto, anche crisotilo, per sconfiggere le patologie asbesto correlate; II) prevenzione secondaria: sorveglianza sanitaria, diagnosi precoce e intervento terapeutico tempestivo in caso di patologia; III) prevenzione terziaria: indagini epidemiologiche, interdizione delle condotte dannose e pericolose, repressione del crimine e risarcimento per le vittime. Questo piano potrebbe già essere operativo, grazie alla mobilitazione dei cittadini, degli scienziati e dei professionisti indipendenti. Ma le Istituzioni dello Stato non hanno inteso sostenere l’iniziativa. Al di là di questo tentativo sussidiario dell’ONA Onlus, è di solare evidenza come sia necessario moltiplicare centri di

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attività complessa per lo studio e la ricerca scientifica, ma anche per azioni concertate sul fronte politico istituzionale e giudiziario, e per la promozione di progetti di bonifica territoriale, come oggi l’ONA Onlus si propone di fare per l’Italia. Solo così si possono produrre coordinati protocolli programmatici comuni di attività positive, con sostenibilità e convenienza economica maggiore di quella che ha determinato la pratica diffusa dell’inquinamento delle nostre terre e non solo a causa dell’amianto. Interi territori hanno perso il loro valore economico perché inquinati gravemente e occorre, perciò, ripartire con l’obiettivo complesso di ridare valore al territorio morente, mediante progetti di bonifica della terra inquinata con incentivo all’investimento, per creare nuova bellezza, nuova economia e profitto lecito. Verrebbe così prodotta una ricchezza maggiore di quella che fu rubata al territorio dall’attività criminale, che ha avvelenato intere città e regioni. Ci sono esempi positivi, come quello della Valle della Ruhr, in Germania, e molte altre realtà ci indicano questa strada, nel nostro impegno sussidiario, il solo che ristori l’azione virtuosa e colossale di valorizzazione del terreno avvelenato e compromesso. Il problema deve essere risolto attraverso un’azione generale di valorizzazione coordinata dei territori vivi e morti. L’azione di solo disinquinamento è una strada sbagliata, perché non ci sarebbero risorse sufficienti e si rischierebbe di favorire le organizzazioni criminali e gli stessi inquinatori travestiti da disinquinatori. Occorre invece puntare sullo sviluppo progettato in modo che esso “implichi” il disinquinamento totale, attraverso la contestuale creazione di valore sul territorio ora inquinato. E’ necessario un articolato coinvolgimento di tutte le forze sane, anche di imprenditori, più forti e più ricchi di quelli che hanno tratto e traggono vantaggio nell’avvelenarci la vita. Dobbiamo cercare e trovare alleati per vincere definitivamente questa battaglia che è di civiltà e giustizia. Anche ambienti economici e finanziari, apparentemente oggi ostili o disinteressati, potrebbero decidere di investire, se saremo in grado di offrire loro progetti concreti, fondati su una idea diversa di fare profitto. Tranne i criminali organizzati non si può e non si deve escludere nessuno. Come gli Italiani sanno che esistono altri Adriano Olivetti nel mondo dell’industria, altri Jean Monnet nel mondo della politica globale, altri Luigi Sturzo, come politici di riferimento, anche in ogni altra Nazione, è certo, si potranno fare avanti personalità portatrici di interessi costruttivi per il bene comune. I grandi progetti dovranno essere fonte di produzione del bello e dell’utile, del buono, che “implichi” l’obiettivo del bene comune e , per default consenta di eliminare i veleni che fanno morire di malattia e di miseria”.

Riportiamo di seguito l’intervento che l’Arch. Giampiero Cardillo ha svolto nel corso

della Conferenza Regionale che si è tenuta a Vasto (CH) il 27.09.2014 presso il Cinema Teatro Politeama Ruzzi.

Come trasformare il problema Amianto in risorsa: combattere il male costruendo il bene, sturzianamente. L'ONA, come avete potuto constatare, ha fatto un percorso, ha camminato per anni, con tenacia e coraggio, per i sentieri impervi della lotta al crimine industriale e finanziario.

Ha lottato contro la latitanza della scienza ufficiale e delle istituzioni sanitarie pubbliche rispetto all'aggressione mortale di un elemento, sì naturale, ma che fu portato dall'industria, all'inizio inconsapevolmente e in seguito criminosamente, in modo massiccio e diffuso, a contatto con la popolazione, spacciandolo per inerte e non dannoso, fino a essere presente ancor oggi, in una

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grandissima varietà di prodotti e forme, troppo vicine alle nostre case, ai nostri polmoni, ai nostri visceri indifesi.

L'ONA ha lottato tenacemente nelle piazze, nei Tribunali e nei Ministeri perché all'amianto accumulato nei decenni, inconsapevolmente e consapevolmente, non fosse consentito aggiungerne altro, ancora prodotto o tollerato in molte parti del mondo, laddove una coraggiosa ONA non ha agito o potuto agire. L'ONA ha lottato, senza dare quartiere, contro coloro che hanno tentato di sminuire, fino a ieri, i risultati scientifici che dimostravano la pericolosità dell'Amianto in tutte le sue forme commerciali. L'ONA si è fatto carico della stimolazione, per via giudiziaria, dell'interdizione continua di quanti ancora avvelenano le nostre vite e non provvedono, laddove si possa provvedere con ogni urgenza, a contenere ed eliminare il rischio per noi, i nostri figli e nipoti.

L'ONA si è fatto carico del sostegno concreto a quanti sono stati colpiti dal male procurato dall'Amianto, stimolando il SSN ad assisterli e la Previdenza a risarcirli.

Diecimila coraggiosi, determinati, ma non disperati, sono stati una forza che ha scardinato resistenze, inefficienze e pigrizie granitiche nelle Private e nelle Pubbliche amministrazioni.

Questi uomini e queste donne, determinati e generosi, non hanno intenzione di fermarsi alla denuncia, al sostegno della scienza impegnata e dei magistrati solerti, che sono stati co- protagonisti di questa battaglia per la vita.

Ed è perciò che, anche in occasioni come questa, l'ONA apre un altro "fronte" di battaglia: la definitiva soluzione territoriale del problema dell'Amianto, contenuto, disperso e occultato attorno a noi. Si tratta di un problema di immense dimensioni. Non solo l'Amianto è contenuto, disperso e occultato in grandissima quantità, ma, rispetto ad altri inquinanti, anche più terribili, è presente in gran parte della superficie dello Stato: campagne, acque interne e catturate comprese e non solo in quel 3% del territorio censito come gravemente inquinato da numerosi veleni. Per il solo Amianto censito, presente ancora nei siti ove fu installato e non allontanato (perciò si spera correttamente trattato e inertizzato temporaneamente) si ricordano le battaglie innescate dall'ONA per singoli "contenitori": scuole, ospedali, caserme, velivoli, navigli, treni, edifici di pubblica riunione. Qualcosa è stato fatto, ma la soluzione è lontanissima da venire. Conservarlo ancora in situ costa e costerà sempre di più. Allontanarlo significa impiegare nel tubo rotto degli appalti pubblici risorse immense di cui non si dispone.

Per l'Amianto accumulato in discarica, contenuto in sacchi appropriati e sigillati, la cernita per il definitivo trattamento può essere possibile, all'interno di piani di mitigazione del rischio e di bonifica del territorio per il suo riuso, liberato dalla concentrazione, seppur controllata, di tutti i micidiali veleni di cui è stata rilevata la presenza.

Per tutto quello che è disperso e occultato il problema si pone in tutta la sua drammatica complicazione. Il Dlgs 152/06 e successive modificazioni e integrazioni, seppur recentemente semplificato, pone la necessità di una riflessione metodologica. Vi leggo, se avrete pazienza, una "situazione" narrata dal Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nonché autorevole componente della VIII Commissione Ambiente della Camera, Alessandro Bratti. Ho qui con me anche uno studio recentissimo particolareggiato di Legambiente "BONIFICA DEI SITI INQUINATI: CHIMERA O REALTÀ?" .

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Se avrete la costanza di leggerli e di sommarne le risultanze, vi accorgerete che siamo di fronte a un disastro senza apparenti e concrete prospettive di soluzione. Occorre chiedersi: "può una pianificazione e una programmazione tradizionale, quella che discende da leggi e regolamenti Statali e Regionali, affrontare un aggrovigliato intreccio burocratico e tecnico, con complicanze scientifiche e legali, che si presentano alla catena tecnico- burocratica ogni volta che si mette mano ad uno dei 39 SIN e alle altre migliaia di ettari inquinati non solo di Amianto?"

Per ammissione stessa degli addetti ai lavori più qualificati e di livello più alto, i risultati non ci sono. Il sistema, per quanto lo si voglia "semplificare", in quanto "necessario" iter burocratico, porta troppo spesso in tribunale i protagonisti dell'azione sul territorio. Si ha la sensazione è che si stia svuotando il mare con un cucchiaio. Le risorse sono limitate, gli organismi pubblici e privati sono privi della capacità tecnica progettuale, ma sono impiegati comunque lungo l'iter approvativo e di vigilanza: si riverbera, così, sulle bonifiche tutta la incapacità strutturale del nostro apparato nazionale, pubblico e privato, che è alla base del fallimento totale del sistema degli appalti e delle concessioni, comprese le più aggiornate formule di Partenariato. Tutto ciò opprime e rovina questo Paese boccheggiante, incapace di spendere, anche se in possesso di risorse ancora ingenti, sebbene insufficienti.

Eppure una via d'uscita c'è. Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti hanno dimostrato che di fronte a tanta difficoltà e complessità si può opporre un "procedimento olistico", il più lontano possibile dal modus operandi consolidato nei decenni del "piano nazionale" e/o "regionale" finanziato e attuato lungo le vie accidentate della burocrazia ordinaria e straordinaria. È dimostrato dai fatti e dai tribunali che, anche dove si sia tentato di accorciare i tempi, di unificare le responsabilità in capo a "consoli" provvisori e "commissari straordinari", sempre poco di realizza e sicuramente si finisce in tribunale. Il cane si morde la coda due volte: se lasci più gradini di "controllo dei controllori", non concludi nulla. Se liberi il cammino da ostacoli di controllo, riduci il tasso di onestà delle operazioni e tutto si ferma in tribunale.

Che fare allora?

Basta copiare da chi aveva lo stesso tasso di complessità da affrontare e la stessa ruggine negli ingranaggi. Ho illustrato più volte, e non sono stato il solo a farlo, quello che è accaduto in soli dieci anni dal 1989 al 1999, nella intera, immensa valle della Ruhr. Dall'inferno al paradiso con 3,5 miliardi in piccola parte pubblici; 350 milioni l'anno, non solo per bonificare, ma per costruire un angolo di mondo dove qualsiasi tedesco vorrebbe vivere, partendo da una fogna a cielo aperto, da un sistema di spesa inutilizzabile, da disperata disoccupazione al 16 %, da conflittualità intergovernativa e interregionale altissima, da degrado sociale e alta corruzione politica e amministrativa.

Un territorio immenso con 5,3 milioni di abitanti e 53 città e contrade, con siti importanti come Dortmund a ovest, Duisburg a est, Essen al centro, che nel 2010 è stata addirittura selezionata come Cultural City of Europe, dopo la "bonifica”. Niente male per una ex fogna.

Stesso miracolo è accaduto a Pittsburg negli USA, divenuta sede di Google e di un Medical Centre, con decine di migliaia di addetti, poi sede, addirittura, di un G20 (vi ricorda nulla?). La stessa cosa capitata a Metz in Francia e a Bilbao in Spagna.

Di se stessi i tedeschi raccontano di aver forzato la loro natura rigorista e di aver abbracciato un METODO OLISTICO al posto del tradizionale Stategic Plan.

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Un concetto nuovo di strategia aperta, dove il piano impara dai progetti e non viceversa.

Un metodo dove l'intero è superiore alla somma delle sue parti. Visione, pragmatismo e leadership al comando.

Progetti di altissima qualità prodotti attorno alle potenzialità del territorio e agli assetti possibili. Coraggio nello sperimentare e rischiare che il bello, il nuovo, il difficile e la qualità avrebbero impedito l'intrusione di delinquenti e speculatori senza idee e privi di struttura operativa, evitando anche la presenza di produttori di operazioni solo finanziarie, senza un contenuto manifatturiero e altamente innovativo. Una mostra di architettura, l'IBA come fulcro culturale NON burocratizzato, al centro della vicenda. Il sostegno sussidiario della Regione Nordrhein-Westfalen che ha “rivoluzionato la Mostra Internazionale di Architettura (IBA) trasformata in una società privata, che vedeva nel suo consiglio d'amministrazione importanti esponenti della politica, dell'economia, dei sindacati e delle associazioni ambientaliste. Il Comitato di coordinamento presieduto dal Ministro dell'Urbanistica, e dei Trasporti e composto dai rappresentanti della Regione, dei Comuni, degli Ordini professionali e da singoli architetti, ingegneri, paesaggisti, artisti e naturalisti. La Ruhr insegna che coordinare diversità come queste non è né complicato, né costoso; il personale, dipendente dalla S.r.L. IBA, non supera i trenta membri, dal momento che comprende un direttore esecutivo e solamente sei direttori scientifici part-time. Se analizzassimo i costi di gestione ci accorgeremmo che in Italia, con le discutibili parziali operazioni di bonifica realizzate, spendiamo molto di più, senza raggiungere risultati soddisfacenti" (notizie raccolte da Alessandro Marescotti per Peacelink in "Quando la volontà collettiva diventa un progetto, 2012). Un sistema che ha lasciato libertà di progetto a un gruppo di esperti entusiasti. Un ente regionale che ha iniziato le operazioni acquistando i terreni più inquinati, che poi ha rivenduto con profitto.

Il risveglio di forze culturali ed economiche sopite della regione e anche delle regioni vicine (a sud c'è Düsseldorf), per passare dal concetto di salvaguardia a quello di promozione del paesaggio.

Una rivoluzione concettuale e culturale che dissolva ostacoli burocratici, personalismi, interessi illegittimi, che coinvolga entusiasticamente solo chi è in grado di esprimere mestiere e professione ai massimi livelli. Questo taglia fuori tutti coloro che sanno solo far finta di fare per lucrare indegnamente e illegittimamente su quelle "operazioni" che non saranno mai "progetti" concreti.

Direte: ma quelli sono tedeschi! Noi non abbiamo tradizione, né esempi da seguire. Eppure non è così.

Il novecento industriale e amministrativo italiano rifulge di esempi luminosi, poco praticati da quella Storia addomesticata, che si studia a tutti i livelli scolastici ed extra-scolastici. Ma i documenti ci sono e pure chi li conserva. Don Luigi Sturzo, pro-sindaco di Caltagirone per 20 anni, all'inizio del secolo passato, rivoluzionò i rapporti burocratici tra centro e periferia, liberando forze economiche che a loro volta liberarono e bonificarono dalla fame il suo territorio e quelli circostanti. Disegnò logisticamente le linee di sviluppo futuro della sua cittadina e suscitò nuove aggregazioni civili-economiche- finanziarie, alternative alle esistenti (creò Banche popolari, cooperative, Società di mutuo soccorso e di gestione di servizi). Disegnò un futuro ancora possibile della centralità comunale e intercomunale (l'ANCI, l'associazione fra i Comuni che ancora oggi esiste, ma opera con difficoltà) quale punto amministrativo eminente per lo sviluppo del territorio. Coniò il sostantivo "Incivilimento" al posto dello "sviluppo", quest'ultimo inteso sempre in senso quantitativo, per affermarne l'appartenenza del progresso integrale della persona all'azione delle forze evidenti e in nuce del territorio, lavorando per obiettivi come il bello, l'artistico, il buono, il condiviso, con "la persona al centro". Tutto il resto

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è apparso all'orizzonte del possibile come default di quella azione umanistica, così come puntare sull'incivilimento del territorio significa ottenere per default anche il suo risanamento ambientale. La nuova politica, la nuova amministrazione, i progetti grandi di incivilimento del Territorio, partono da questi presupposti. I grandi obiettivi di benessere collettivo si raggiungono solo così: alzare l'asta del salto in alto nella civiltà elimina tutti gli incapaci di buono, bello e, perciò, ricco per tutti. Anche Adriano Olivetti ha bonificato dalla fame interi territori al nord e al sud d'Italia, puntando su "progetti olistici" di una complessità inaudita, ingaggiando e "stregando" i migliori tecnici, inventori, filosofi e anche poeti, che ha coinvolto, tutti, assieme alle popolazioni, nella produzione del benessere collettivo. Profitti, macchine da scrivere, invenzioni singolari come il computer, profitti industriali ragguardevoli, vennero fuori per default.

Sturzo e Olivetti (proprio come i tanti Brunello Cucinelli anche oggi) fanno paura da vivi e da morti, proprio come e per quanto terrorizzano e disarticolano con la loro efficienza e creatività gli apparati pubblici e privati di oggi e di allora, incastrati e divoratori di risorse e ricchezza. Solo la morte ha potuto fermare tanta passione e intelligenza attiva, ma non ha impedito che altri ne raccogliessero il testimone per continuare la battaglia per un mondo migliore.

Solo una ferrea, "omicida", diabolica alleanza trasversale di nemici buoni a nulla, ma capaci di tutto, ha potuto celarne persino la memoria per farci dire: "noi italiani quello che hanno fatto i tedeschi nella Ruhr non lo sapremmo fare!"

L'ONA potrebbe diventare l'IBA per questo territorio, se questo territorio saprà esprimere vitalità e cultura del "saper fare bene il bene", con un "approccio alternativo alla pianificazione, come raccomanda Karl Ganser, direttore dell'IBA. Solo bonificare non basta, perché non è possibile finanziariamente e burocraticamente, sic stantibus rebus. E non solo perché il veleno che si riesce a togliere è sempre meno di quello che si aggiunge, ma perché il risultato non poggerebbe sulle gambe dello sviluppo e dell'incivilimento, sul bello e sul buono e, quindi, desiderabile, perciò su un valore accresciuto che ripaghi lo sforzo fatto.

Parlare di bonifica solamente dall'Amianto, perché l'ONA solo di Amianto tratta, non è ragionevole. L'amianto convive con altri veleni e un territorio avvelenato anche da altro che non sia amianto è, comunque, un territorio dove non si può e non si deve vivere. Signore e signori, noi siamo al punto di affogare e non possiamo attendere la ciambella di salvataggio "conforme alle norme" e timbrata in ogni sua parte. Non ci dobbiamo far distrarre da offerte di ciambelle cinesi e di contrabbando, di tavolacci fradici che ci farebbero precipitare a fondo. Occorre affrontare i flutti con coraggio e scoprire di saper nuotare e che c'è stato e c'è in questo Paese, nella tempesta assieme a noi, chi sa insegnare rapidamente a nuotare, nascosto finora, per non aver un posto nella scaletta di cartone della burocrazia legislativa e attuativa che ci rovina. Il Centro di Comando e Controllo nella progettazione e nella costruzione olistica non risiede in nessun "vertice". Sta al "centro" e non dispone che di "sapere e saper far bene il bene".

Il centro è il punto più vicino possibile a tutti, a quelli che sanno e sanno fare e a quelli che non sanno e non sanno fare, ma che saranno comunque coinvolti. Nessuno verrà lasciato indietro, né si potrà sottrarre al fascino del buono, del sano e del bello.

Per sé e per i suoi figli. Grazie della cortese attenzione.

Page 171: Atti  Convegno Bari - 11.07.2015

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