Atipici europei I

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Atipici europei I n Italia, così come in tutti gli altri Paesi europei, il fenomeno del lavoro atipico non è più circoscritto a un solo target sociale e sta investendo in modo trasversale giovani e lavoratori maturi ai quali si propongono contratti sempre più lontani da quello standard a tempo indeterminato. La distanza delle tante tipologie di questo tipo di lavoro è ancor più rimarcata dalla mancanza di un effettivo processo di armonizzazione delle tutele comunitarie che di fatto fa diventare il lavoro atipico sinonimo di precarietà. Le carriere discontinue e frammentate stanno diventando una regola generale dentro cui l’esigibilità dei diritti diventa una vera e propria corsa a ostacoli per chiunque, che scoraggia la libera circolazione delle persone in ambito Ue. Ogni Paese ha le sue regole del sistema di protezione sociale comunitario e non c’è un’effettiva armonizzazione delle norme. Il progetto Accessor (acronimo di Atypical Contracts and Crossborder European Social Security Obligations and Rigths) promosso dall’Inca, insieme ai suoi partner sindacali europei, presentato a Londra il 5 novembre scorso, con i rapporti nazionali di Regno Unito, Germania, Svezia, Spagna, Italia, Belgio, Slovenia e Francia, ci dà un quadro decisamente allarmante di tutta la problematica del lavoro atipico in Europa, ed è per tutti noi un grande stimolo a coordinare le nostre forze e le azioni per migliorare l’informazione su diritti e obblighi sanciti dalle normative europee in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nell’esercizio del diritto alla libera circolazione e per affermare una nuova stagione di diritti per questi lavoratori. È una gamma, quella del lavoro atipico che si va estendendo, con varie denominazioni: lavoratori senza contratto, falso lavoro autonomo, mini job, contratti che spesso si susseguono gli uni agli altri in una spirale di precarietà dalla quale diventa difficilissimo uscire, soprattutto per i giovani. I lavoratori migranti troppo spesso non riescono a esercitare nel Paese di arrivo i diritti maturati in quello di provenienza e ancora più spesso i diversi spezzoni di attività nei vari Paesi non sono sommabili per maturare il diritto alle prestazioni previdenziali a partire, in particolare, dalle prestazioni di sostegno al reddito e alla famiglia e, a volte, anche per le stesse future prestazioni pensionistiche. Come patronato Inca sappiamo che è un dovere trovare nuove forme di incontro con queste nuove generazioni di lavoratori mobili, in una tutela che non può più essere proiettata solo o soprattutto al momento del pensionamento, ma che deve diventare sempre più un accompagnamento durante tutto il percorso di vita e di lavoro. Un percorso che si può attivare contando sulla collaborazione delle strutture confederali. Morena Piccinini presidente Inca I. R. al numero 41/2013 di Rassegna Sindacale Sonia Cappelli Z o wi zo in una lingua dell’Africa centrale significa “Un uomo è un uomo” o, ancora meglio, “Una persona è una persona e come tale ha uguale dignità”. Senza colori, senza bandiere. Ed è proprio dai Paesi del continente africano, dall’Eritrea, ma anche dalla Libia, dalla Tunisia e dal Marocco che arrivano uomini, donne, bambini sempre più numerosi, con un immenso carico di dolore, ma sorprendentemente determinati nella speranza di un mondo migliore. A loro si aggiungono i siriani che scappano da una situazione disperata fatta di violenza, uccisioni brutali, torture, rapimenti, sparizioni, scarsità di viveri, impossibilità di andare a scuola o di lavorare a causa delle distruzioni. Disperati, dunque, che fuggono verso l’Europa, unica destinazione possibile per darsi una nuova opportunità di vita. E le coste siciliane così come quelle calabresi sono ormai per molti di loro quella “porta d’Europa” più facilmente raggiungibile; il primo punto d’approdo per un viaggio più lungo, che vede ormai nelle loro mete finali non più il nostro Bel Paese, ma la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio e altri. Il nostro Paese ormai per loro non ha più grandi attrattive di lavoro e purtroppo nemmeno di accoglienza. I loro viaggi hanno nulla o poco di umano e anziché il tepore dell’ospitalità, una volta giunti a terra, tranne poche eccezioni, trovano l’indifferenza o peggio ancora l’intolleranza. Al dramma del viaggio si aggiungono i soprusi a cui devono, spesso, sottostare nei luoghi che dovrebbero essere preposti “all’accoglienza e all’assistenza”; permanenze coercitive che si possono protrarre fino a diciotto mesi. Eppure non dobbiamo dimenticare che sono 3,4 milioni i contribuenti nati all’estero che dichiarano al fisco italiano quasi 43,6 miliardi di euro (8,3 per cento del totale) e che colmano quel “buco demografico” dovuto alla denatalità del nostro Paese (+80mila nuovi nati solo lo scorso anno!). Ciononostante è su di loro che la crisi economica ha “picchiato” più duramente. Secondo la ricerca condotta dall’Ires e dall’Associazione Bruno Trentin, infatti, è tra i nati all’estero che c’è la più alta percentuale di disoccupazione, le più basse retribuzioni (31,5 per cento), le condizioni di lavoro più rischiose (19,1) e gli orari di lavoro più lunghi (22,2). Gli immigrati sono in una parola più sfruttati rispetto ai lavoratori italiani dal punto di vista delle tutele e dei diritti semplicemente perché più ricattabili. “È quanto mai urgente – sottolinea Morena Piccinini, presidente Inca – superare quella concezione che ha ispirato finora le politiche sull’immigrazione, secondo cui il lavoro degli stranieri è una forza lavoro di riserva, che ha prodotto non solo problemi sociali, ma anche politici e culturali e con essi tanta sofferenza occupazionale”. Alla legge Bossi-Fini, al “pacchetto sicurezza”, alle restrizioni sul diritto di asilo, ai provvedimenti straordinari di natura emergenziale e ai respingimenti si devono contrapporre politiche serie di accoglienza e di integrazione: solo in questo modo si può combattere l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani dietro cui si nasconde e si arricchisce la criminalità organizzata. Lo testimonia il Rapporto della Dna (Direzione nazionale antimafia) pubblicato nel dicembre 2012, dal quale emerge che “la tratta degli esseri umani va considerata come una specificità all’interno del più vasto fenomeno dell’immigrazione illegale. Essa è ormai un rischio per la sicurezza nazionale e internazionale, poiché costituisce una delle fonti di reddito più interessanti per il crimine organizzato transnazionale”. Secondo la Direzione nazionale antimafia la tratta delle persone è diventata sinonimo di “nuove mafie”, contro le quali bisogna necessariamente rispondere con delle concrete azioni di contrasto a livello internazionale. Queste braccia da lavoro che provengono dall’Albania, attraverso il Canale d’Otranto, dai Paesi balcanici, dal Libano, dalla Turchia, dalla Nigeria e dalla Libia sono merce acquistata dalla ’ndrangheta calabrese per incrementare la prostituzione e lo sfruttamento della manodopera in agricoltura e in edilizia. Un commercio con un giro di affari di oltre 500 milioni di euro… Dopo la tragedia di Lampedusa non c’è un minuto da perdere; finalmente anche l’Europa si è accorta che il problema non riguarda soltanto l’Italia. La tratta degli schiavi e l’immigrazione clandestina investono tutti i Paesi più ricchi del pianeta verso cui si rivolgono i tanti, troppi cittadini stranieri che fuggono dalle guerre e dalla miseria. In Italia, dopo anni di politiche sbagliate, si sono risvegliate le coscienze. Molti sono i politici che si sono uniti alla richiesta della presidente della Camera, Laura Boldrini, di predisporre sin da subito corridoi umanitari che, in raccordo con le varie ambasciate europee, potrebbero offrire soccorso e accoglienza alle popolazioni in fuga dalle guerre. Il nostro Paese ha avviato l’operazione “Mare nostrum” con l’obiettivo di controllare il traffico dei barconi nel Mediterraneo per incrementare soprattutto il livello di sicurezza delle vite umane. Una missione che durerà perlomeno fino al 2 dicembre, data stabilita da Strasburgo per l’avvio di un sistema di coordinamento europeo di sorveglianza della frontiera esterna sul Mediterraneo (Eurosur) che con vari mezzi (immagini satellitari, radar eccetera) forniti dai diversi Paesi membri dovrebbe essere in grado di contrastare efficacemente l’immigrazione clandestina. Il Parlamento Ue ha, inoltre, approvato recentemente una risoluzione sui flussi di migranti nel Mediterraneo in cui si chiede all’Italia di rivedere le normative vigenti in materia di immigrazione, in particolare quelle che puniscono con il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina chiunque presti soccorso agli immigrati irregolari in difficoltà. Un richiamo esplicito contro quella odiosa norma fortemente voluta dall’ultimo governo Berlusconi che in occasione della tragedia di Lampedusa ha indotto molte persone a sottrarsi dal prestare aiuto mentre il mare si trasformava in una vera e propria tonnara, con centinaia e centinaia di cadaveri galleggianti. Avvenimenti tanto tragici da fare indignare tutti e dei quali ricorderemo il grido estremo L’IMMIGRAZIONE DOPO LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA No tu no! I morti nel Mediterraneo ripropongono il problema del coordinamento normativo comunitario. Per la Cgil occorre un piano nazionale per l’accoglienza e l’integrazione. Per l’Inca gli stranieri non sono manodopera di riserva. SEGUE A PAGINA 20 INCAesperienze-10_ok 11/11/13 11:50 Pagina 16

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Atipici europei

In Italia, così come in tutti gli altriPaesi europei, il fenomeno del

lavoro atipico non è più circoscrittoa un solo target sociale e stainvestendo in modo trasversalegiovani e lavoratori maturi ai qualisi propongono contratti sempre piùlontani da quello standard a tempoindeterminato. La distanza delletante tipologie di questo tipo dilavoro è ancor più rimarcata dallamancanza di un effettivo processodi armonizzazione delle tutelecomunitarie che di fatto fadiventare il lavoro atipico sinonimodi precarietà. Le carrierediscontinue e frammentate stannodiventando una regola generaledentro cui l’esigibilità dei dirittidiventa una vera e propria corsa aostacoli per chiunque, chescoraggia la libera circolazionedelle persone in ambito Ue. OgniPaese ha le sue regole del sistemadi protezione sociale comunitario enon c’è un’effettiva armonizzazionedelle norme. Il progetto Accessor(acronimo di Atypical Contracts andCrossborder European SocialSecurity Obligations and Rigths)promosso dall’Inca, insieme ai suoipartner sindacali europei,presentato a Londra il 5 novembrescorso, con i rapporti nazionali diRegno Unito, Germania, Svezia,Spagna, Italia, Belgio, Slovenia eFrancia, ci dà un quadrodecisamente allarmante di tutta laproblematica del lavoro atipico inEuropa, ed è per tutti noi un grandestimolo a coordinare le nostre forzee le azioni per migliorarel’informazione su diritti e obblighisanciti dalle normative europee inmateria di coordinamento deisistemi di sicurezza socialenell’esercizio del diritto alla liberacircolazione e per affermare unanuova stagione di diritti per questilavoratori. È una gamma, quella del lavoroatipico che si va estendendo, convarie denominazioni: lavoratorisenza contratto, falso lavoroautonomo, mini job, contratti chespesso si susseguono gli uni aglialtri in una spirale di precarietàdalla quale diventa difficilissimouscire, soprattutto per i giovani. Ilavoratori migranti troppo spessonon riescono a esercitare nel Paesedi arrivo i diritti maturati in quello diprovenienza e ancora più spesso idiversi spezzoni di attività nei variPaesi non sono sommabili permaturare il diritto alle prestazioniprevidenziali a partire, inparticolare, dalle prestazioni disostegno al reddito e alla famigliae, a volte, anche per le stessefuture prestazioni pensionistiche.Come patronato Inca sappiamo cheè un dovere trovare nuove forme diincontro con queste nuovegenerazioni di lavoratori mobili, inuna tutela che non può più essereproiettata solo o soprattutto almomento del pensionamento, mache deve diventare sempre più unaccompagnamento durante tutto ilpercorso di vita e di lavoro. Unpercorso che si può attivarecontando sulla collaborazione dellestrutture confederali.

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Z o wi zo in una lingua dell’Africacentrale significa “Un uomo è unuomo” o, ancora meglio, “Una personaè una persona e come tale ha uguale

dignità”. Senza colori, senza bandiere. Ed èproprio dai Paesi del continente africano,dall’Eritrea, ma anche dalla Libia, dalla Tunisia edal Marocco che arrivano uomini, donne,bambini sempre più numerosi, con un immensocarico di dolore, ma sorprendentementedeterminati nella speranza di un mondomigliore. A loro si aggiungono i siriani chescappano da una situazione disperata fatta diviolenza, uccisioni brutali, torture, rapimenti,sparizioni, scarsità di viveri, impossibilità diandare a scuola o di lavorare a causa delledistruzioni. Disperati, dunque, che fuggonoverso l’Europa, unica destinazione possibile perdarsi una nuova opportunità di vita. E le costesiciliane così come quelle calabresi sono ormaiper molti di loro quella “porta d’Europa” piùfacilmente raggiungibile; il primo puntod’approdo per un viaggio più lungo, che vedeormai nelle loro mete finali non più il nostro Bel Paese, ma la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio e altri.Il nostro Paese ormai per loro non ha più grandiattrattive di lavoro e purtroppo nemmeno diaccoglienza. I loro viaggi hanno nulla o poco diumano e anziché il tepore dell’ospitalità, unavolta giunti a terra, tranne poche eccezioni,trovano l’indifferenza o peggio ancoral’intolleranza. Al dramma del viaggio siaggiungono i soprusi a cui devono, spesso,sottostare nei luoghi che dovrebbero esserepreposti “all’accoglienza e all’assistenza”;permanenze coercitive che si possono protrarre fino a diciotto mesi. Eppure non dobbiamo dimenticare che sono 3,4milioni i contribuenti nati all’estero chedichiarano al fisco italiano quasi 43,6 miliardi dieuro (8,3 per cento del totale) e che colmanoquel “buco demografico” dovuto alla denatalitàdel nostro Paese (+80mila nuovi nati solo loscorso anno!). Ciononostante è su di loro che la

crisi economica ha “picchiato” più duramente.Secondo la ricerca condotta dall’Ires edall’Associazione Bruno Trentin, infatti, è tra inati all’estero che c’è la più alta percentuale didisoccupazione, le più basse retribuzioni (31,5per cento), le condizioni di lavoro più rischiose(19,1) e gli orari di lavoro più lunghi (22,2). Gliimmigrati sono in una parola più sfruttatirispetto ai lavoratori italiani dal punto di vistadelle tutele e dei diritti semplicemente perchépiù ricattabili. “È quanto mai urgente – sottolineaMorena Piccinini, presidente Inca – superarequella concezione che ha ispirato finora lepolitiche sull’immigrazione, secondo cui illavoro degli stranieri è una forza lavoro diriserva, che ha prodotto non solo problemisociali, ma anche politici e culturali e con essitanta sofferenza occupazionale”. Alla legge Bossi-Fini, al “pacchetto sicurezza”,alle restrizioni sul diritto di asilo, aiprovvedimenti straordinari di naturaemergenziale e ai respingimenti si devonocontrapporre politiche serie di accoglienza e diintegrazione: solo in questo modo si puòcombattere l’immigrazione clandestina e la trattadi esseri umani dietro cui si nasconde e siarricchisce la criminalità organizzata. Lotestimonia il Rapporto della Dna (Direzionenazionale antimafia) pubblicato nel dicembre2012, dal quale emerge che “la tratta degli esseriumani va considerata come una specificitàall’interno del più vasto fenomenodell’immigrazione illegale. Essa è ormai un rischioper la sicurezza nazionale e internazionale,poiché costituisce una delle fonti di reddito piùinteressanti per il crimine organizzatotransnazionale”. Secondo la Direzione nazionaleantimafia la tratta delle persone è diventatasinonimo di “nuove mafie”, contro le qualibisogna necessariamente rispondere con delleconcrete azioni di contrasto a livellointernazionale. Queste braccia da lavoro cheprovengono dall’Albania, attraverso il Canaled’Otranto, dai Paesi balcanici, dal Libano, dallaTurchia, dalla Nigeria e dalla Libia sono merceacquistata dalla ’ndrangheta calabrese perincrementare la prostituzione e lo sfruttamento

della manodopera in agricoltura e in edilizia. Un commercio con un giro di affari di oltre 500 milioni di euro…Dopo la tragedia di Lampedusa non c’è unminuto da perdere; finalmente anche l’Europa siè accorta che il problema non riguarda soltantol’Italia. La tratta degli schiavi e l’immigrazioneclandestina investono tutti i Paesi più ricchi delpianeta verso cui si rivolgono i tanti, troppicittadini stranieri che fuggono dalle guerre edalla miseria. In Italia, dopo anni di politichesbagliate, si sono risvegliate le coscienze. Moltisono i politici che si sono uniti alla richiestadella presidente della Camera, Laura Boldrini, dipredisporre sin da subito corridoi umanitari che,in raccordo con le varie ambasciate europee,potrebbero offrire soccorso e accoglienza allepopolazioni in fuga dalle guerre. Il nostro Paeseha avviato l’operazione “Mare nostrum” conl’obiettivo di controllare il traffico dei barconinel Mediterraneo per incrementare soprattutto illivello di sicurezza delle vite umane. Unamissione che durerà perlomeno fino al 2dicembre, data stabilita da Strasburgo per l’avviodi un sistema di coordinamento europeo disorveglianza della frontiera esterna sulMediterraneo (Eurosur) che con vari mezzi(immagini satellitari, radar eccetera) forniti daidiversi Paesi membri dovrebbe essere in gradodi contrastare efficacemente l’immigrazioneclandestina. Il Parlamento Ue ha, inoltre,approvato recentemente una risoluzione suiflussi di migranti nel Mediterraneo in cui sichiede all’Italia di rivedere le normative vigentiin materia di immigrazione, in particolare quelleche puniscono con il reato di favoreggiamentodell’immigrazione clandestina chiunque prestisoccorso agli immigrati irregolari in difficoltà.Un richiamo esplicito contro quella odiosanorma fortemente voluta dall’ultimo governoBerlusconi che in occasione della tragedia diLampedusa ha indotto molte persone a sottrarsidal prestare aiuto mentre il mare si trasformavain una vera e propria tonnara, con centinaia ecentinaia di cadaveri galleggianti. Avvenimentitanto tragici da fare indignare tutti e dei qualiricorderemo il grido estremo

L’IMMIGRAZIONE DOPO LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA

No tu no!I morti nel Mediterraneo ripropongono il problema del coordinamento normativocomunitario. Per la Cgil occorre un piano nazionale per l’accoglienza e l’integrazione.Per l’Inca gli stranieri non sono manodopera di riserva.

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I l proposito deflattivo delcontenzioso e ladivulgazione di una piùampia cultura della

mediazione hanno trovatorisposte nel dlgs 28/2010. Taleprovvedimento ha riscontratomolti ostacoli da una partedell’avvocatura che hamanifestato più volte la suacontrarietà all’obbligatorietà deltentativo di conciliazione e alruolo secondario svoltodall’avvocato.La discussione è stata moltoarticolata ed è sfociata nella sentenza n. 272/2012 dellaCorte Costituzionale che hadichiarato l’incostituzionalitàdella mediazione civileobbligatoria per eccesso di delega.L’effetto di detto intervento dellaCorte è stato il blocco dellamediazione, che ha generatodifficoltà agli organismi privati, iquali, in alcuni casi, sono staticostretti a chiudere la loroattività, licenziando il personaleche era stato obbligatoriamenteassunto per ottenere l’iscrizionenel registro ministeriale.Per fortuna l’istituto dellamediazione obbligatoria è stato reintrodotto dal dl69/2013, le cui norme sullamediazione sono entrate invigore il 20 settembre 2013.La nuova disposizione riporta lamediazione ab initio e nellostesso tempo introduce nuovenorme per far fronte alle istanzedell’avvocatura.

Vediamo nel dettaglio comefunziona e quali sono leprincipali novità.

L’IMPIANTO

MaterieLe principali materie per cui lamediazione torna ad essereobbligatoria riguardano:condominio; divisioni esuccessioni ereditarie; patti difamiglia; locazioni; comodato;affitto di aziende; risarcimentodel danno da responsabilitàmediche e sanitarie; risarcimentodanni derivante da diffamazione;contratti assicurativi, bancari efinanziari. Sono esclusi, quindi, ilrisarcimento del danno dacircolazione dei veicoli e deinatanti.

AssistenzaIn tutti i procedimenti dimediazione obbligatoria è stataprevista la necessità che la partesi faccia assistere da un avvocatoe ciò indipendentemente dalvalore della controversia.Già prima della nuova disciplina,nella pratica, le parti accedevanoalla mediazione con l’assistenzadei loro legali, come indicanochiaramente le statistiche chedimostrano la presenza degliavvocati in una percentualemaggiore dell’80 per cento siaper l’istante che per il convenutoalla mediazione.

MediatoriAltra importante innovazioneintrodotta dal dl 69/2013 ècostituita dalla previsione inbase alla quale gli avvocati iscrittiall’albo sono mediatori di diritto.Hanno comunque necessità, persvolgere il ruolo di mediatori, diiscriversi a un organismo dimediazione e conformarsi alle

norme che regolanol’aggiornamento e la formazionedei mediatori.La formazione degli avvocaticome mediatori ha una notevoleimportanza; infatti, l’esperienzagiuridica non è sufficiente,poiché è necessaria anche unaconoscenza specifica edettagliata delle tecniche dellamediazione ed è non menonecessario il continuoaggiornamento dellecompetenze.

Avvocati Agli avvocati viene impostoall’atto del conferimentodell’incarico, pena la decadenzadel mandato, di informare il loroassistito della possibilità diutilizzare lo strumento dellamediazione e delle relativeagevolazioni fiscali.Qualora la mediazione siaobbligatoria, l’avvocato ha ildovere di informare il suo clientechiaramente e per iscritto. Taledocumento deve essere firmatodall’assistito e deve essereallegato all’atto introduttivo diun eventuale procedimentogiudiziale.

Primo incontro L’organismo scelto, dopo lapresentazione della domanda,fissa il primo incontro “entro enon oltre” trenta giorni. La sceltadel legislatore di allungare itempi per la fissazione del primoincontro (precedentementequindici giorni) ha la sua rationel dare maggior tempo perl’informazione alle parti, daaffiancarsi a quella già fornitadall’avvocato attraverso

l’incontro programmatore.La previsione di un primoincontro rappresenta un’altraimportante novità. Inquell’occasione, infatti, ilmediatore è chiamato a chiarirealle parti le funzioni e lemodalità della mediazioneinvitando le stesse e i loro legaliad esprimersi sulla possibilità diiniziare la procedura stessa. Incaso positivo si procede con losvolgimento della mediazione.Quando la mediazione ècondizione di procedibilitàquesta si ritiene perfezionataqualora nel primo incontro, allapresenza del mediatore, non siraggiunga un accordo.Il legislatore, volendo contenereal massimo i costi dellamediazione, dispone (art. 7,comma 5 ter, dlgs 28/2010) chenessun compenso è dovuto perl’organismo di mediazione.L’interpretazione più diffusa èquella di ritenere che sianodovuti i soli costi di avvio dellaprocedura. In ogni caso èauspicabile un intervento di chiarificazione sul tenore del testo.

Durata procedimentoIl termine per la conclusionedell’intera procedura è statoridotto da quattro a tre mesi.Si è rafforzata la cosiddettamediazione delegata, ossiademandata dal giudice.Infatti, il giudice, anche in sededi giudizio d’appello, valutatialcuni elementi specifici, puòdisporre l’esperimento delprocedimento di mediazione.In questo caso la mediazione ècondizione di procedibilità della

domanda giudiziale anche inappello. Le parti, rispetto alleprecedenti disposizioni, nonpossono più declinare l’invitodel giudice in quanto ilprocedimento di mediazione èpregiudiziale per laprosecuzione del giudiziodavanti al magistrato che l’hadelegata.

Accordo/verbaleNel caso in cui alla fine delprocedimento le partiraggiungano un accordo, ilmediatore redige il verbale,allegando a quest’ultimol’accordo che viene sottoscrittodalle parti e dal mediatore.La novità introdotta dal dl 69/2013 è che, qualora tutte le parti siano assistite da unavvocato, il verbale sottoscrittodalle parti e dall’avvocatocostituisce titolo esecutivo.In caso contrario,l’omologazione viene richiesta alpresidente del tribunale dove hasede l’organismo che ha curato iltentativo di mediazione.

Sanzione automaticaL’articolo 8, comma 4 bis del dlgs28/2010 dispone che, in assenzadi giustificato motivo per lamancata partecipazione alprocedimento di mediazione, ilgiudice può desumereargomenti di prova nelsuccessivo giudizio. Inoltre, ilgiudice è tenuto a condannare laparte costituita che, nei casi incui l’esperimento delprocedimento di mediazione siaobbligatorio, non abbiapartecipato senza giustificatomotivo. La sanzione prevista è il

MEDIAZIONE CIVILE/2

Il verdetto della Consulta

LA GIUSTIZIA DEL CITTADINO

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Con il ripristino della mediazione civileobbligatoria, viene riconsegnata ai cittadini

l’opportunità di vedere affermare i lorodiritti potendo usufruire di percorsi veloci epoco costosi, senza escludere la possibilità

di andare in giudizio se non si trova unasoluzione concordata convincente.

Mediazione civile

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Mauro SoldiniCoordinatore nazionaleSistema servizi Cgil

L a scelta delgoverno Letta diripristinare nelnostro Paese lamediazione

civile obbligatoria, introdottacon legge nel 2010,apportando le modifichenecessarie per corrisponderealla sentenza della CorteCostituzionale, è certamente apprezzabile. Per la Cgil, impegnatanell’affermazione e nellatutela, oltre che dei diritti sullavoro, anche dei diritti dicittadinanza, constatare che ilprovvedimento va adannoverarsi tra i primi atti acui questo governo ha datovita, conferma che lamediazione corrisponde a unbisogno di giustizia civilemolto sentito tra la gente,oltre che necessario per ilnostro ordinamentogiudiziario, ma anche per ilsistema economico.Aule dei tribunali ingolfate inmodo insopportabile, tempibiblici per sapere se si ènella ragione o nel torto,contenziosi defatiganti,incertezza sui possibilisbocchi e sui passi da fareper aver riconosciuto undiritto, spese che corrono:sono tutti elementi checollocavano il nostro Paesefuori dal tempo e fuori daimodelli europei più evoluti.È stata la stessa UnioneEuropea a emanare nel 2008la direttiva sulla mediazione;

e la legge del 2010 altro nonè se non il recepimento diquella direttiva.L’avvio della nuova normativanon è stato facile.L’obbligatorietà dellamediazione civile prima diandare in giudizio, effettuatada parte di appositi organismidi mediazione e limitatamentead alcuni tipi di contenzioso,appariva la strada maestraper corrispondere alleesigenze della macchina dellagiustizia e dei cittadini. Maquesta scelta è stata subitooggetto di scontro da quellaparte dell’avvocatura cheintravedeva in questostrumento la riduzione delruolo dei legali civilisti, infavore dei mediatori civili. Parecchie sono state lecontestazioni, sfociate in duericorsi al Tar del Lazio, sino asollevare il problema dellacostituzionalità della legge.L’Alta Corte, interpellata neldicembre 2012, ha dichiaratoincostituzionale la legge pereccesso di delega, ritenendonon ammissibile il carattereobbligatorio del tentativo dimediazione, né l’esclusionedegli avvocati a praticarla.Si è così bloccato unpercorso che aveva vistocostituire oltre ottocentoorganismi di mediazione conpersonale appositamenteassunto e quindi poilicenziato e avviare numerosiprocedimenti, alcuni andati abuon fine. Per i cittadini chenel frattempo sono ricorsi allamediazione facoltativa,rimasta intatta nell’interventodella Corte, è venuta meno,

tra l’altro, la possibilità diusufruire della riduzione delletariffe, prevista dalla leggesolo nei casi di contenziosocon l’obbligatorietà dellamediazione.Le novità introdotte daldecreto del fare del governoLetta sono ben descritte inquesta pagina. Ciò che premesottolineare è che è statoquanto mai importante averripreso in mano la questionee rilanciato il tema dellagiustizia civile.Giova sempre ricordare alcunidati. Nel gennaio 2012 l’alloraministro Severino avevafornito dati inquietanti: al 30giugno 2011, in Italia, eranoben 9 milioni i processi dasmaltire, di cui 5,5 milioni nelcampo civile, dove i tempimedi di definizione possonoraggiungere anche sette anni.I dati ufficiali sullamediazione del ministeroforniti al 31 marzo 2012dicevano che per le materieobbligatorie, in un anno diattività, 91.690 erano i casi dicontroversie nei quali si eratentata la mediazione,aprendo una procedura. Traquesti, 59.293 si eranoconclusi arrivando a unadefinizione, in senso positivoo negativo, mentre gli altrierano ancora pendenti.Nelle mediazioni concluse lacontroparte si era presentatasolo nel 35 per cento delleprocedure avviate dalla parteistante. Dove ciò è avvenuto,in quasi metà (48 per cento)delle procedure, l’accordo trale parti in lite è statoraggiunto. Diecimila erano

state le intese conclusesipositivamente in cui le partihanno trovato una soluzionealla controversia senzapassare per via giudiziale. Tra il 21 e il 31 marzo 2012,cioè dall’entrata in vigore dimaterie che riguardano le litisu condomini e assicurazioni,solo in dieci giorni dirilevazione dati c’era statauna crescita pari al 286 percento per condomini e del644 per cento perrisarcimento danni auto.Con il ripristino dellamediazione civile obbligatoriaviene riconsegnata ai cittadinil’opportunità di vedereaffermare i loro dirittipotendo usufruire di percorsiveloci e poco costosi, senzaescludere la possibilità diandare in giudizio, se non sitrova una soluzioneconcordata convincente.Purtroppo, ancherecentemente, si sonopalesati diversi casi diorganismi di mediazionepartiti già con il piedesbagliato, non rispettosi delleregole e, perciò, non garantidei diritti delle persone; per il Sistema dei servizi edelle tutele, per laFederconsumatori e per ilSunia, uniti nell’impegno apromuovere e a sostenerequesto disegno di riforma delsistema giudiziario, in favoredel diritto alla giustizia delcittadino, è fondamentalegarantire la qualità dellaprocedura di mediazione.In primo luogo è importantela qualità dei mediatori,definita dall’esperienza

maturata sui temi chedovranno affrontare; dallaprofessionalità maturata perla risoluzione dei conflitti;dal possesso di spiccatecapacità di negoziazione;dall’aggiornamento e dallapratica del tirocinio assistito;la moderazione economica;inoltre la presenza capillarenei territori; i servizi dipreconsulenza sullamediazione e sulleagevolazioni fiscali collegate;il gratuito patrocinio;l’omologa e tutto quantopossa essere elemento diulteriore tutela del cittadino. Poiché il diritto alla giustiziasi colloca tra i diritticostituzionali fondamentali,nella rete delle tuteleindividuali del Sistema Cgil èstata avviata l’operatività dialcuni organismi dimediazione – che agirannosotto l’egida “Mediaequa” –autorizzati dal ministero dellaGiustizia, dotati di mediatoriappositamente preparati eispirati alla stessa logica checaratterizza tutto il sistemadelle tutele Cgil, per nonlasciare le persone, cheguardano a noi con fiducia,ai rischi di speculazione giàpresenti anche in questosettore di nuova costituzione.Dopo la prima fase di lavoro,interrotta dalla sentenza dellaCorte Costituzionale,Mediaequa è ripartita perassistere i cittadini nellaprocedura di mediazione econciliazione affinché le lororagioni abbiano pienoriconoscimento in tempi realie a costi contenuti. •

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L e tecniche alternative di risoluzionedelle controversie, indicategenericamente con l’acronimo Adr(Alternative Dispute Resolution)

rappresentano una soluzione che staevolvendo notevolmente negli ultimi anni,sia a livello europeo, sia a livellointernazionale. Il cardine normativo per gli Stati membridell’Ue è indubbiamente rappresentato dalladirettiva 2008/52/Ce del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 21 maggio 2008relativa a “Determinati aspetti dellamediazione in materia civile e commerciale”.La forte richiesta espressa dall’Unionerichiamava gli Stati membri ad attuare ledisposizioni legislative anteriormente al 21maggio 2011 incoraggiando il ricorso allostrumento della mediazione attraversonorme fondamentali che:• obbligano gli Stati membri a favorire la

formazione dei mediatori e a garantire unaqualità elevata della mediazione;

• attribuiscono all’organo giurisdizionale ildiritto di invitare le parti a ricorrere allamediazione;

• riconoscono l’esecutività degli accordiprevisti nella mediazione nel momento incui entrambe le parti ne facciano richiesta;

• presuppongono la riservatezza dellamediazione;

• non escludono la possibilità per le parti diricorrere successivamente alla giustiziastatale, anche quando si fa la scelta dellamediazione.

Risulta interessante, pertanto, fare unconfronto sullo stato attuale dellamediazione nei Paesi membri dell’UnioneEuropea.

FRANCIALa direttiva europea è stata recepitanell’ordinamento francese attraversoun’ordinanza del 16 novembre 2011. Ilgoverno nazionale ha colto l’occasione permigliorare il regime generale dellamediazione in vigore in Francia. Infatti, il

diritto processuale civile francese disponevagià di un quadro giuridico idoneo arispondere alle esigenze della direttiva inmateria di mediazione giudiziaria nonchéper la conciliazione condotta da unconciliatore di giustizia. La definizione di mediazione contenutanell’ordinanza si rivela alquanto ampiaperché ingloba “ogni procedimentostrutturato in cui due o più parti tentano, conl’aiuto di un terzo, di conseguire un accordo,in vista della risoluzione amichevole delleloro controversie”. Ne risulta che le partihanno la libertà di determinare, d’accordocon il mediatore, le modalità di svolgimentodella mediazione. Nell’ambito di una mediazioneconvenzionale, la scelta del mediatoreavviene liberamente tra le parti, al di fuori diogni procedura giudiziaria mentre nel casodi una mediazione giudiziaria (che in Franciagià godeva di un regime giuridico bendefinito) la designazione del mediatore èfatta dal giudice adito, con accordo delleparti. La procedura della mediazione si rivelaquindi estremamente duttile.

GERMANIAIl 26 luglio 2012 è entrata in vigore inGermania la legge sulla mediazione che le hadato per la prima volta una disciplinalegislativa.Stabilisce solo princìpi generali visto che imediatori e le parti interessate devonogodere di un margine di manovrasignificativo durante il processo dimediazione. La legge definisce in primoluogo il concetto di “mediazione” e di“mediatore”, al fine di distinguere lamediazione da altre forme di risoluzione deiconflitti. Ai sensi di questa legge, lamediazione è un procedimento strutturatonel quale le parti, con l’aiuto di uno o piùmediatori, cercano di giungerevolontariamente e sotto la propriaresponsabilità a una composizione dellacontroversia. I mediatori sono soggetti

indipendenti e imparziali, privi del potere didecisione, che orientano le parti nel corsodella mediazione. La legge sulla mediazionenon istituisce un codice processuale sullamediazione, ma fissa una serie diobbligazioni in materia di pubblicità e dilimitazioni all’esercizio dell’attività perproteggere l’indipendenza e l’imparzialitàdel mediatore. Inoltre, la legislazione obbliga formalmente i mediatori amantenere l’obbligo di riservatezza neiconfronti dei clienti. La legge introduce nei codici processuali (adesempio nel codice di procedura civile) variincentivi volti a promuovere la risoluzioneamichevole dei conflitti.

SPAGNADal 6 luglio 2012, la Spagna ha una legge cheregola la mediazione civile e commerciale. La mediazione è costruita attorno alcoinvolgimento di un professionista neutraleche agevola la risoluzione del conflitto tra leparti stesse, in modo equo, consentendo ilmantenimento dei rapporti sottostanti e ilcontrollo sulla soluzione finale del conflitto. Le regole contenute nella legge valorizzanola flessibilità, il rispetto dell’autonomia delleparti e la loro volontà.Quest’ultima, infatti, se recepita in unaccordo, può essere, se le parti lodesiderano, esternata in un atto pubblicoavente efficacia di titolo esecutivo. Il mediatore, che può essere unico o plurimo,ha qui un ruolo centrale poiché aiuta le parti a trovare una soluzione dialogata evolontaria secondo le loro intenzioni. L’attività di mediazione si dispiega in diverse aree professionali e sociali; il mediatore deve avere, quindi, unaformazione generale che permetta disvolgere il compito assegnato e, soprattutto,di fornire garanzia inequivocabile alle parti circa la responsabilità civile in cuipossono incorrere legalmente. Il procedimento deve essere di semplicesvolgimento, rapido ed economico. T. C.

MEDIAZIONE CIVILE/3

Come si applica nel resto d’Europaversamento di una somma pariall’importo del contributounificato che sarebbe dovuto perla presentazione della stessadomanda in giudizio.

Agevolazioni fiscali Tutti gli atti relativi alprocedimento di mediazionesono esenti dall’imposta di bolloe da ogni altra spesa, tassa odiritto di qualsiasi specie enatura. Il verbale di accordo èesente dall’imposta di registrofino alla concorrenza del valoredi 50.000 euro. In caso disuccesso della mediazione, leparti avranno diritto a un creditod’imposta fino a un massimo di500 euro per il pagamento delleindennità complessivamentedovute all’organismo dimediazione. In caso diinsuccesso della mediazione,il credito d’imposta è ridottodella metà.

Gratuità della mediazioneLa mediazione è gratuita per isoggetti che avrebberobeneficiato del gratuitopatrocinio nel giudizio intribunale (soggetti menoabbienti): quando la mediazioneè condizione di procedibilità exlege della domanda giudiziale(nei casi previsti dall’articolo 5,comma 1 del dlgs 28/2010),ovvero quando la mediazione èdisposta dal giudice.A tal fine, la parte devedepositare presso l’organismodichiarazione sostitutiva dell’attodi notorietà, la cui firma puòessere autenticata dal mediatore.

Teresa CorciuloMediaequa Lazio

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Page 4: Atipici europei I

Lisa Bartoli

L e hanno definiteconvenzionalmenteIsopensioni per nonconfonderle con i

prepensionamenti, il cui costo erasostenuto dalla collettività. In questocaso si tratta di una prestazione disostegno al reddito che verrà corrispostadall’Inps, ma sarà a carico dell’aziendache intende liberarsi di personale “inesubero” senza generare conflittualità edisagi sociali. È stata definita, infatti, unanuova modalità di gestione delleeccedenze di personale, a voltefunzionale anche a ringiovanire glioccupati, il cui onere ricade interamentesulle imprese che si avvalgono delnuovo istituto, perché dovranno farsicarico delle indennità di sostituzione delsalario e del versamento dei contributi. A definirne i contorni è la legge diriforma del mercato del lavoro (n.92/2012), che consente alle aziende conpiù di quindici dipendenti di utilizzarequesta nuova opportunità: risolvere ilrapporto di lavoro dei dipendenti aiquali manchino fino a un massimo diquattro anni di contribuzione per poterandare in pensione secondo lalegislazione vigente (legge Monti-Fornero). L’azienda corrisponderà allavoratore interessato un redditosostitutivo del salario e continuerà apagare i contributi sino al vero e propriopensionamento. In particolare, l’articolo4 della legge n. 92/2012 precisa che ildatore di lavoro deve impegnarsi acorrispondere ai lavoratori coinvolti,tramite l’Inps, un “sostegno al reddito” diimporto pari al trattamentopensionistico maturato sino al momentodella cessazione del lavoro, nonché lacontribuzione previdenziale mancante alraggiungimento dei requisiti richiesti perla pensione definitiva. All’azienda èrichiesta anche la garanzia di unafideiussione bancaria, che ne attesti ladisponibilità a coprire l’intero onerederivante dall’operazione. Di questa nuova modalità si è avvalso perla prima volta l’Enel, che ha denunciatoun numero consistente di esuberi,impegnandosi fin da ora a rimpiazzarequesti lavoratori con 1.500 nuoveassunzioni. Il piano è stato avviato dopola sottoscrizione di un accordo quadroraggiunto il 9 maggio scorso con leorganizzazioni sindacali di categoria(Filctem Cgil, Flae Cisl e Uiltec Uil).

In sintesi, il gruppo Enel, al fine diadeguare gli organici all’attualesituazione di crisi economica efinanziaria, ha predisposto un pianofinalizzato ad accompagnare allapensione 3.500 dipendenti (compresi idirigenti) che matureranno i requisitipensionistici entro il 2018 e checesseranno il rapporto di lavoro neglianni 2013-2014. Al fine di individuare il personaleinteressato, a partire dal 1° giugno 2013,è stata avviata una campagna diinformazione tra i lavoratori, nonché diverifica dei loro requisiti amministrativie contributivi, con il sostegno e ilcontrollo dei sindacati degli elettrici e laconsulenza dei patronati; a questa fasehanno fatto seguito le dichiarazionivolontarie individuali di adesione alpiano di uscita dal lavoro da parte dilavoratori e lavoratrici interessati;entrambe le operazioni si sono concluseentro la fine di agosto.I risultati di questa ricognizione sonoandati ben oltre le aspettative aziendali:oltre 5 mila dipendenti hanno fattorichiesta di poter andare in pensionecon questa nuova modalità e sono statisuddivisi in due blocchi distinti. Il primoè composto da 3.149 lavoratori, chematureranno il requisito pensionisticonel 2013, e che, secondo i criteridell’intesa, saranno i primi a lasciare il lavoro; il secondo blocco, di 2.179unità, è composto da dipendenti che raggiungeranno i requisitipensionistici nel 2014.Come già sottolineato, diversamente daitradizionali prepensionamenti (che sonosempre e comunque a carico delloStato), questa nuova modalità digestione delle eccedenze di personaleprevede l’assunzione di unaresponsabilità economica piena da partedell’azienda, che si farà carico dei costicomplessivi dell’operazione. L’Enel,dunque, pagherà “una pensioneprovvisoria”, cosiddetta Isopensione, e la

relativa contribuzione previdenziale finoal raggiungimento della prestazionepensionistica definitiva, trasferendoall’Inps la necessaria coperturafinanziaria. L’azienda continuerà aversare all’istituto di previdenzapubblico, per lo stesso lavoratore, icontributi previdenziali fino a fargliraggiungere gli effettivi requisiticontributivi richiesti dalla normativavigente, con i quali potrà ottenere iltrattamento pensionistico definitivo. Le posizioni assicurative dei dipendentiEnel che hanno espresso l’interesse alasciare il lavoro usufruendo di questanuova opportunità sono state verificatedall’Inps. In queste settimane sono incorso presso le Unioni industrialiterritoriali gli incontri per sottoscriveregli accordi individuali con il fine didefinire nel dettaglio anche gli incentiviall’esodo che saranno riconosciuti aciascun dipendente.In sede di conciliazione, presso lediverse Unioni industriali territoriali, ilrappresentante dell’azienda consegneràal dipendente: la lettera dell’Inps, ilcalcolo dell’incentivo che gli spetta, ilmodulo per la richiesta dellaIsopensione che il dipendente,avvalendosi anche della consulenza delpatronato, dovrà compilare e restituirealla sede Inps territoriale, il calcolo dieventuali altre spettanze (quali possonoessere le ferie non godute e altro),nonché il verbale di conciliazione,definito giuridicamente “atto di rinunciaomnicomprensivo” poiché, una voltasottoscritto, il lavoratore non potrà piùpretendere nulla dall’azienda. Esaurite le uscite previste per il 2013, siprocederà con il secondo contingente dilavoratori che andranno in Isopensionenel 2014 con le stesse modalità, previaverifica e certificazione dei requisiti daparte dell’Inps, necessarie affinchél’azienda possa provvedere a convocarliper avviare la seconda fasedell’operazione. •

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ACCORDO ENEL-SINDACATI

EsuberiIsopensionatiDopo l’intesa con i sindacati, l’Enel rende operativo il piano per la gestione delle eccedenzedi personale, impegnandosi a pagare“prepensioni” e contribuzione ai dipendenti ai quali mancano quattro anni al pensionamento.Oltre 5 mila le richieste di adesione.

Rassegna SindacaleSettimanale della Cgil

Direttore responsabile Guido IoccaA cura diPatrizia FerranteEditoreEdit. Coop. società cooperativa di giornalisti,Via dei Frentani 4/a, 00185 - RomaIscritta al reg. naz. Stampa al n. 4556 del 24/2/94

A cura diLisa Bartoli (coordinamento),Sonia Cappelli

Proprietà della testataEdiesse SrlUfficio abbonamenti06/44888201- [email protected] vendite06/44888230 - [email protected]

Grafica e impaginazioneMassimiliano Acerra, Cristina izzo, Ilaria LongoStampaPuntoweb Srl, Via Variante di Cancelliera, 00040 - Ariccia, RomaChiuso in tipografia lunedì 11 novembre ore 13

L’impegno dell’Inca

P er Giovanni Aristippo,coordinatore regionale IncaCalabria, bisogna partire dalle

cose concrete per dare le prime eimmediate risposte ai tanti stranieri cheaffollano le campagne calabresi. “ComeInca, insieme alla Cgil, abbiamo avviatodei corsi di formazione in lingua ingleseper coloro che lavorano nel sistema deiservizi Cgil e sono impegnati presso losportello immigrati; abbiamo aiutato gliimmigrati fornendo loro i primi aiutiumanitari, così com’è sempre stato nellospirito dell’Inca sin dalla sua nascita. Ne èun valido esempio quanto abbiamo fattoin occasione dell’Emergenza Nordafrica,quando centinaia e centinaia di personesono sbarcate sulle nostre coste. L’Inca ela Cgil, insieme ad altre associazioniumanitarie e di volontariato, hannoraccolto e distribuito materiali di primanecessità (cibo, vestiario eccetera).Abbiamo partecipato, anche comepromotori, assieme alla Confederazione,a manifestazioni e sit-in per rivendicaremigliori condizioni di vita nei centri diaccoglienza, dove le proteste diventanoespressione di disperazione, così comeè successo ultimamente a Crotone;abbiamo avviato campagne disensibilizzazione nelle scuole di ogniordine e grado, per garantire il dirittoallo studio dei minori stranieri e, nelterritorio di Reggio Calabria, abbiamostretto accordi con le Asp (Aziendesanitarie provinciali) per garantire ildiritto alla salute anche a chi non era inpossesso del titolo di soggiorno.Abbiamo collaborato con l’Auser pergestire dei corsi serali di primaalfabetizzazione. È stata avviata una retedi collaborazione, insieme allo Spi, con iComuni di Riace e Caulonia perorganizzare dei campi-lavoro dove gliimmigrati erano impegnati a insegnare aigiovani italiani di diverse regioni le loroattività artigianali. Insieme alla Flai, infine,abbiamo collaborato per gestire ilprogetto “sindacato di strada”, cheaveva l’obiettivo di contrastare i soprusie i casi di negazione della dignità dellepersone. Un impegno che ci ha coinvoltoemozionalmente tanto che ci siamoripromessi di essere ancora più presenti,più attivi, più propositivi.Come pensate di continuare?Aristippo È fondamentale continuare arealizzare campagne informative anchetradotte in lingue diverse per farconoscere i diritti di cittadinanza e dellavoro: come, ad esempio, le possibilitàdi accesso all’assistenza sanitaria, anchein caso di infortuni e malattieprofessionali. Inoltre, prevediamo diaprire un poliambulatorio medico nellaPiana di Gioia Tauro per l’erogazionegratuita di prestazioni primarie. Con ilSunia stiamo pensando di avviare deicontatti con i Comuni per coinvolgerli inun progetto teso alla ricerca di soluzioniabitative seguendo il modello adottatodal Comune di Riace, che ha permessodi ripopolare un’area che si stavasvuotando. Stiamo lavorando insiemealla Cgil per proporre l’istituzione di uncollocamento pubblico per gli immigratiche lavorano in agricoltura e nell’edilizia.In ultimo, ci stiamo impegnando perelaborare un catalogo formativo, col finedi individuare le potenzialitàprofessionali dei migranti e i modi perimpiegarle meglio. Tutto ciò rappresentail presupposto indispensabile peropporsi efficacemente a quel fenomenovile e deprecabile qual è lo sfruttamentodelle persone. Il patronato sul territoriopuò combatterlo rendendo ancora piùefficace la sua azione di tutela individualedei diritti dei cittadini stranieri.

Sonia Cappelli

di papa Francesco: “Vergogna!”. Sulla scia di quelle reazioni, ilgoverno italiano ha disposto la

costituzione di un fondo presso ilministero dell’Interno con una dotazionefinanziaria di 190 milioni di euro perl’anno 2013 e ha incrementato di 20milioni di euro il Fondo nazionale perl’accoglienza dei minori stranieri nonaccompagnati. Inoltre, il Consiglio deiministri ha approvato uno schema didecreto legislativo per favorirel’integrazione dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria che consenteloro di ottenere il permesso di soggiornoUe per soggiornanti di lungo periodo alle medesime condizioni previste per gli altri cittadini stranieri, in attuazione della direttiva 2011/51/Uedel Parlamento europeo. Se la tragedia di Lampedusa ha risvegliatole coscienze, l’auspicio è che la eco che neè seguita non si interrompa, perché, a

parte le immediate reazioni, resta darisolvere “il problema dei problemi”: comerendere omogenea la normativa europeain materia di immigrazione. Troppe lecontraddizioni e troppe le leggi degli Statinazionali che confliggono tra loro. A dimostrarlo è per esempiol’accampamento di circa duecentoprofughi nei pressi dell’Oranienplatz, nelcuore di Berlino, sotto il cartello “VillaggioLampedusa”. Si tratta di persone che dopoessere transitate in Italia, dislocate nei variCie per due anni (grazie al progettoEmergenza Nordafrica), si sono dirette inGermania nella speranza di trovare unlavoro. Ma la Germania non le vuoleperché le considera irregolari e pretendeche tornino in Italia. Il governo tedescorichiama il rispetto della norma dellaConvenzione di Dublino, laddovestabilisce che i richiedenti asilo e i rifugiatipolitici sono legali solo nel primo Paeseeuropeo che li ospita (!). In questo caso

l’Italia, dove però non vogliono tornareperché non c’è lavoro. Un vero e propriodramma dell’assurdo che va in scena…! Ci auguriamo che il Sistema comune diasilo, varato dall’Europa nel giugno diquest’anno, di un’unica procedura pertutti i Paesi europei, riesca a migliorareeffettivamente le condizioni deirichiedenti asilo. Altrimenti a rimettercisono sempre loro, i nati in qualunquealtro Paese al di fuori dell’Europa. Inquesto contesto si capisce bene quanto siaurgente accogliere la richiesta della Cgil diavviare subito un piano per l’accoglienzae l’integrazione organico e sistemico cheaffronti i problemi del quadro normativoeuropeo, “in assenza del quale l’Italia,secondo la Cgil, non potrà giocare unruolo convincente né nei tavoli europei intermini politici, né nei piani difinanziamento europeo destinati ai Paesimembri per accoglienza di stranieri erichiedenti asilo”. •

Cappelli DA PAG. 17 No tu no!

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