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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI. associazione 20 maggio Flessibilità sicura

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI.

associazione 20 maggioFlessibilità sicura

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Esiste un termine entro cui l’azienda deve pagare il lavoratore atipico? Esiste una durata massima per un contratto a progetto? Quali prove occorre presentare per dimostrare la condizione di “dipendenti mascherati”? Che cosa deve fare un collaboratore in caso di malattia o infortunio sul lavoro? Una professionista ha diritto all’indennità di maternità?

Sono questi alcuni dei tanti interrogativi che ognuno dei 2.600.000 lavoratori “atipici” o professionisti con partita iva individuale è obbligato a porsi nel cimentarsi con l’enorme precarietà presente in Italia. Scarse tutele, regole equivoche, soprusi, abusi.

È sempre più difficile sapersi districare tra le regole e tra le decine di tipologie contrattuali, utilizzabili dai datori di lavoro italiani, che nascondono spesso ingiustizie ed insidie nonché diritti a volte sconosciuti.

Abbiamo pubblicato questo “Manuale di sopravvivenza per lavoratori atipici” per offrire informazioni utili ai lavoratori e, contestualmente, sollecitare un’attenta riflessione sulle trasformazioni che ha subito il diritto del lavoro in Italia e sugli effetti che si stanno manifestando nella loro pesantezza e, per certi aspetti, nella loro drammaticità coinvolgendo oramai diverse generazioni.

Considerare il lavoro al pari di una merce qualsiasi - filosofia che sottende questa riforma del mercato del lavoro, ne innerva la teoria e la prassi - inevitabilmente rende ogni lavoratore più esposto ad abusi, più solo e debole nella conquista e nell’esercizio dei diritti.

Questo vale per gli oltre 5 milioni di precari, ma in modo ancora più devastante per coloro che, a torto o a ragione, sono considerati lavoratori autonomi o parasubordinati. È il caso, ad esempio, di coloro che esercitano la propria professione verso un committente prevalente vedendosi ipocritamente affidare lo stesso potere contrattuale del proprio datore di lavoro o committente: in tal modo si mettono in difficoltà le parti più deboli e, cosa altrettanto grave, si “droga” la competizione fra imprese avvantaggiando quelle che abusano dei rapporti di lavoro approfittando del loro ruolo dominante.

Senza regole e protezioni definite da leggi, senza contratti collettivi applicabili anche a tali lavoratori, il rischio evidente è di legalizzare ed estendere gli abusi, come del resto sta già avvenendo.

Il valore sociale del lavoro, la sua modernità risiede, invece, nelle certezze e nei punti di riferimento che esso stesso è in grado di costruire. I lavoratori a cui è dedicato questo manuale ne sono consapevoli. L’incertezza e la precarietà non sono solo mali che colpiscono le singole persone, ma ledono il grado di civiltà di un paese, ne impoveriscono le prospettive economiche e ne allentano i legami sociali e il patto di solidarietà tra generazioni.

Per tali motivi pubblichiamo il “Manuale di sopravvivenza per lavoratori atipici”. Certi che essere informati sui propri diritti, anche quelli mancati o negati, è l’anello forte attraverso cui passa ogni percorso d’emancipazione individuale e collettiva.

FAUSTO RACITI

Segretario Nazionale Giovani Democratici

ANDREA DILI

Portavoce Ass. 20 maggio Flessibilità Sicura

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La crisi di questi anni ha reso il mercato del lavoro italiano ancora più “atipico” di quanto già non lo fosse. Tra collaboratori a progetto o occasionali, contratti a termine e in somministrazione, false partite Iva, partite Iva individuali e professionisti senza tutele, i dati parlano di sette milioni di persone con un rapporto di lavoro precario. Tra le nuove assunzioni i contratti a tempo indeterminato sono stati, lo scorso anno, solo il 18,9 per cento del totale. Su cinque neoassunti quattro non hanno certezze. E si tratta soprattutto di giovani.

È quanto mai utile, dunque, questo “manuale di sopravvivenza” per atipici, precari e professionisti. Ma ancora più utile - anzi necessario - è agire perché da governo, parlamento e parti sociali vengano messe in atto politiche in grado di imprimere a questo mercato del lavoro un’inversione di rotta.

La strada da seguire è quella della stabilizzazione. A questo fine è fondamentale far sì che un’ora di lavoro di un contratto a termine costi più della corrispondente ora di lavoro di un rapporto dipendente a tempo indeterminato. Ma non basta. Si deve creare nuova “buona occupazione”.Negli scorsi anni il governo Berlusconi ha agito con sistematicità in direzione di una sempre maggiore precarizzazione nell’illusione che ciò contribuisse ad aumentare le occasioni di lavoro. Così non è stato. In soli due anni - tra il 2009 e il 2010 - 863mila lavoratori italiani hanno perso il loro impiego e 533mila sono stati i posti di lavoro cancellati.

Serve una politica di sviluppo capace di creare nuovo lavoro; serve una politica industriale degna di questo nome; serve dare impulso alla ricerca e all’innovazione. E serve, ne sono convinto, anche rilanciare l’eredità lasciata dal governo Prodi.

Il lavoro allora avviato è stato interrotto. Molti dei provvedimenti assunti nel 2006-2007 con il protocollo sul Welfare sono stati cancellati, altri sono stati lasciati cadere nel dimenticatoio. Vanno ripresi. Non solo erano state cancellate dal nostro ordinamento le forme più precarizzanti di lavoro come lo staff leasing, non solo era stata limitata la possibilità di far ricorso al lavoro a chiamata. Il centrosinistra aveva messo in campo misure organiche finalizzate alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, alla conversione dei contratti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinati. Con l’introduzione del credito d’imposta e la riduzione del cuneo fiscale aveva anche introdotto una sorta di sconto sul costo della manodopera, purché fosse a tempo indeterminato. E aveva previsto misure a sostegno del reddito, tra un contratto e l’altro, a favore dei lavoratori a termine; aveva creato fondi per consentire ai parasubordinati l’accesso al credito; aveva istituito altri fondi per promuovere attività innovative e per sostenere l’avvio, da parte di giovani lavoratori, di attività autonome.

Anche sul piano previdenziale, per i giovani costretti a carriere discontinue, erano stati compiuti passi importanti. A cominciare dalla totalizzazione di tutti i periodi contributivi e dalla copertura figurativa per consentire ai titolari di contratti a termine di colmare i vuoti contributivi tra un impiego e l’altro e incrementare così le future prestazioni pensionistiche. Si tratta di proseguire dentro quella strada. Non possiamo permettere che nel nostro futuro ci sia una società precaria nella quale per tirare avanti si debba far sistematico uso di manuali di sopravvivenza.

ON. CESARE DAMIANO

Presidente Ass. Lavoro & Welfare Capogruppo PD Commissione Lavoro, Camera dei Deputati

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I PROMOTORI DEL MANUALE 54L’Associazione 20 maggio L’Associazione Lavoro e Welfare Giovani Democratici

HANNO CONSENTITO LA PUBBLICAZIONE 58UnipolInsieme Salute

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CAPITOLO 1 | FORME CONTRATTUALI 7Le differenze fra lavoro autonomo e subordinato 8Collaborazione a Progetto 9Collaborazione Coordinata e Continuativa 11Collaborazione Occasionale 12Lavoro autonomo occasionale 12Partita Iva individuale 13Associato in partecipazione 13Diritto d’Autore 15Altre figure 17Consigli utili per la contrattazione individuale 17Contratto tipo 20 CAPITOLO 2 | TUTELE SOCIALI 27I contributi INPS 28Maternità 28Prestazioni familiari 29Malattia 30Infortuni 31“Bonus precari” 33 CAPITOLO 3 | FISCO E PARTITA IVA 35Quando si è lavoratore autonomo 36Quando si deve aprire partita iva 36Come si apre la partita iva 36Quando conviene aprire la partita iva 37Come si determina il reddito del lavoratore autonomo 37Il regime dei contribuenti minimi 38Area di esenzione IRPEF 38 CAPITOLO 4 | A DOMANDA RISPONDO 4I!Termini di pagamento 42Contratto a progetto 42Malattia e maternità 44Prestazioni occasionali 44I liberi professionisti 47

CAPITOLO 5 | LE COOPERATIVE TRA PROFESSIONISTI 48Cosa è una cooperativa 49Caratteristiche della cooperativa 49Come si costituisce una cooperativa 49La cooperazione tra professionisti 50Come viene amministrata una cooperativa 50

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CAPITOLO 1 | FORME CONTRATTUALI

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È ormai frequentissimo l’abuso di forme di lavoro autonomo o parasubordinato.

Ci è sembrato utile, quindi, descrivere le differenze e i confini fra le varie modalità di lavoro.

La differenza principale tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato è l’assenza del vincolo di subordinazione, ossia, del potere direttivo e gerarchico che il datore di lavoro esercita invece nei confronti del lavoratore subordinato.

Il lavoratore autonomo, quindi, dovrebbe essere libero di determinare modalità e tempi di esecuzione dell’opera o del servizio oggetto della sua obbligazione lavorativa.

È bene ricordare che ogni tipo di attività lavorativa, inclusa la creazione di opere intellettuali, può essere eseguita sotto forma sia di lavoro autonomo, sia di lavoro subordinato.

La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha ripetutamente affermato che “ogni attività umana economicamente rilevante può essere svolta sia in regime di autonomia che di subordinazione”.

Il primo criterio utilizzato per individuare la natura del rapporto di lavoro è la denominazione che le parti (committente e lavortore) hanno dato al contratto (nomen iuris).

Tuttavia, anche se il contratto sottoscritto è stato denominato di lavoro autonomo, nella pratica potrebbe invece determinarsi un rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto del lavoratore al riconoscimento della natura subordinata del medesimo e a tutte le tutele e garanzie connesse. Dunque, è sempre e soltanto il concreto svolgersi del rapporto di lavoro a decretare se sia lavoro autonomo o subordinato (principio di effettività).

In base a tale principio la giurisprudenza ha individuato i criteri per verificare la vera natura del rapporto di lavoro, nonostante la diversa denominazione data all’atto della stipula del contratto.

Il lavoro subordinato alle dipendenze di un’impresa si caratterizza innanzitutto per:

l’inserimento (fisico e funzionale) del lavoratore nell’organizzazione produttiva,

l’assoggettamento al potere direttivo, gerarchico e disciplinare dell’imprenditore che da solo assume il rischio economico della gestione e organizza il lavoro altrui.

Altri criteri ausiliari sono:

l’obbligo di rispettare un orario di lavoro e il vincolo di presenza,

la retribuzione fissa, anziché commisurata al risultato dell’attività svolta,

l’utilizzo di strumenti di lavoro messi a disposizione dall’impresa.

Purtroppo negli ultimi anni si è cercato sistematicamente di ridurre questi vincoli, soprattutto con l’introduzione del contratto a progetto e di altre fattispecie di lavoro atipico (vedi paragrafo Le trappole create dalla legge).

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Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che si caratterizza perché vincolato a uno o più progetti specifici o “programmi di lavoro o fasi di esso”.

La realizzazione del progetto deve essere gestita autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

Il contratto di lavoro a progetto può essere stipulato in quasi tutti i settori, da quasi tutti i lavoratori e per quasi tutte le attività. Gli unici ambiti in cui, per legge, non è consentito l’utilizzo del contratto a progetto sono: la pubblica amministrazione; gli enti di promozione sportiva iscritti al Coni; le attività di agenti e rappresentanti di commercio, di professionisti iscritti a specifici albi professionali, di componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società,

Il contratto a progetto deve essere redatto in forma scritta, la mancanza del contratto scritto può essere utilizzata come prova di un rapporto di lavoro diverso da quello a progetto.

Il contratto deve indicare:

la durata della prestazione di lavoro che può essere indicata specificamente o dichiarata determinabile (il contratto dura finché non è stato realizzato il progetto, il programma o la fase di lavoro);

il contenuto e la descrizione del progetto o programma di lavoro, o fase di esso;

il corrispettivo economico e criteri per la sua determinazione, tempi e modalità di pagamento, disciplina dei rimborsi spese;

le forme di coordinamento (anche temporale) con il committente;

le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza, oltre a quelle previste in applicazione delle norme relative all’igiene e sicurezza del lavoratore;

Il contratto termina quando il progetto, il programma o la fase vengono realizzati.

Il recesso anticipato può avvenire per giusta causa o in base alle modalità previste nel contratto individuale.

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Le trappole create dalla legge

1. Anche se il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro, può tenere conto dei compensi corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del contratto. Quindi, la discrezione del committente è quasi assoluta.

2. La norma sul Contratto a Progetto non definisce le regole di esecuzione della collaborazione e non chiarisce cosa si intende per “progetto, programma di lavoro

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e fasi di essi, determinati dal datore di lavoro”. Qualunque attività, quindi, può essere oggetto di un contratto a progetto. Addirittura nella interpretazione Ministeriale (Circ. n° 1/2004) si sostiene esplicitamente che se l’attività è ricondotta a un programma non è nemmeno necessario che vi sia un risultato finale collegato alla prestazione. Inoltre, il contratto a progetto, secondo il Ministero, può essere svolto anche per l’attività principale del committente.

3. Alla scadenza, il contratto non può essere rinnovato ma prorogato o riattivato attraverso un altro progetto o programma anche identico e per tutte le volte desiderate dal datore di lavoro, senza limiti.

4. È stata introdotta, nel testo della legge, la possibilità di indicare nel contratto individuale “le forme di coordinamento con il Committente sull’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa”. Questo semplice concetto consente di introdurre legalmente, anche nelle collaborazioni, tempi di lavoro definiti e, per giunta, di ignorare le limitazioni d’orario o di giornate lavorative previste invece nel lavoro dipendente. Quindi, l’unica fittizia differenza con il lavoro dipendente risiede nel labile concetto, per cui il collaboratore deve realizzare in autonomia ciò che si è impegnato a svolgere.

5. Tutta la norma che disciplina le collaborazioni a progetto attribuisce al collaboratore e al committente lo stesso potere contrattuale non preoccupandosi di tutelare il contraente più debole. L’attuale legge, anche quando si occupa delle tutele sociali da dare ai collaboratori, o di tutelarne la sicurezza sul lavoro o ancora di perseguire gli abusi, lascia sempre molte vie d’uscita al committente.

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I collaboratori coordinati e continuativi (Co.co.co.) sono detti anche lavoratori parasubordinati, perché rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo e il lavoro dipendente.

Infatti, dovrebbero lavorare in piena autonomia operativa, escluso ogni vincolo di subordinazione, ma raccordandosi alle esigenze del loro committente.

Quindi, possono essere funzionalmente inseriti nell’organizzazione aziendale e possono operare all’interno del ciclo produttivo del committente, al quale è riconosciuto un potere di coordinamento dell’attività del lavoratore con le esigenze dell’organizzazione aziendale.

È proprio dall’interpretazione troppo libera del termine coordinamento funzionale, oltre che dall’assenza di controlli diffusi, che nascono gran parte degli abusi ai danni dei lavoratori trasformando, nella pratica, tante prestazioni di lavoro subordinato in lavoro parasubordinato per via del suo minore costo e delle esigue tutele.

I requisiti della collaborazione coordinata e continuativa sono:

l’autonomia del collaboratore che decide autonomamente tempi e modalità di esecuzione della commessa, tuttavia non impiega propri mezzi organizzati bensì, ove occorra, quelli del committente,

il potere di coordinamento con le esigenze dell’organizzazione aziendale esercitato dal committente, quale unico limite all’autonomia operativa del collaboratore. Tale coordinamento, in ogni caso, non pregiudica l’autonomia operativa e di scelta del collaboratore nell’esecuzione della prestazione,

la continuità della prestazione lavorativa che va ravvisata nella permanenza nel tempo del vincolo che lega committente e lavoratore. In mancanza di tale requisito, e del correlato potere di coordinamento, si delinea invece una prestazione occasionale (vedi paragrafo Lavoro autonomo occasionale),

la prestazione lavorativa è resa prevalentemente in via personale,

la retribuzione deve essere corrisposta in forma periodica e prestabilita,

la collaborazione coordinata e continuativa può essere utilizzata solo se non ha come oggetto un’attività diversa dall’eventuale professione svolta dal collaboratore

Il contenuto artistico-professionale dell’attività, requisito presente nella vecchia stesura del Tuir (Testo unico imposte sui redditi - art. 49,c. 2, lett. A) è stato abolito a decorrere dal 1° gennaio 2001 (art. 34 della L. 342/2000). Pertanto attualmente anche le attività manuali e operative possono essere oggetto di rapporti di co-co-co, purché il rapporto lavorativo conservi il suo carattere autonomo e sussistano quindi tutti gli altri requisiti.

Le collaborazioni coordinate e continuative possono essere utilizzate sia nella pubblica amministrazione sia in quei settori del privato, come studi professionali e attività sportive, esclusi invece dall’applicazione del contratto a progetto.

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La riforma Biagi non ha ritenuto opportuno stabile tutele per le collaborazioni occasionali ritenendole rapporti di lavoro di breve durata e di modesto importo.

Sono, dunque, ritenute collaborazioni occasionali le prestazioni di lavoro che nell’anno solare, con lo stesso committente, non superano i 30 giorni e, contemporaneamente, danno luogo un compenso complessivamente non superiore ai 5.000 euro.

I rapporti di collaborazione occasionale (definiti anche mini co.co.co.) possono avere continuità di lavoro, seppur nei limiti di trenta giorni in un anno, e coordinazione con il committente.

Inoltre, sotto il profilo giuridico, e quindi anche previdenziale, questa forma di lavoro è a tutti gli effetti assimilabile alle collaborazioni coordinate e continuative, di cui conserva i requisiti tipici (vedi paragrafo Collaborazioni coordinate e continuative).

Pertanto (ai sensi della legge 335/95) i collaboratori occasionali, oggi come in passato, hanno l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata Inps, qualunque sia la durata della collaborazione e qualunque sia l’importo percepito. Sotto il profilo fiscale, inoltre, i loro redditi sono assimilati a quelli da lavoro dipendente, il che implica l’applicazione delle stesse norme di definizione della base imponibile (vedi capitolo Co,co,co/Base imponibile), come il principio di cassa allargato.

Può essere definito lavoratore autonomo occasionale chi realizza, dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento del committente e in via del tutto occasionale (art. 2222 Codice Civile).

Il lavoro autonomo occasionale si distingue per:

la completa autonomia del lavoratore circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro,

la mancanza del requisito della continuità, dato il carattere del tutto episodico dell’attività lavorativa,

il mancato inserimento funzionale del lavoratore nell’organizzazione aziendale.

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È considerato prestatore d’opera autonomo, o prestatore d’opera intellettuale il lavoratore che, operando in regime di Partita Iva, dietro corrispettivo realizza un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento del committente (art. 2222 e art. 2229 Codice Civile).

Le principali caratteristiche individuate dal Tuir (Testo unico imposte sui redditi), permettono di identificare alcuni requisiti:

autonomia nel lavoro, ossia, l’attività deve essere svolta senza vincoli di subordinazione, decidendo autonomamente tempi, modalità e mezzi necessari per l’esecuzione,

abitualità e professionalità nel lavoro, condizione che si ritiene realizzata quando il lavoratore pone in essere una pluralità di azioni coordinate e finalizzate a un risultato, soprattutto se svolte nei confronti di più di soggetti (non occorre che l’attività del lavoratore sia esclusiva o prevalente, basta solo che sia abituale),

natura non di impresa, infatti l’attività di lavoro autonomo si caratterizza per la personalità della prestazione e per la prevalenza del lavoro sul capitale (nell’attività condotta sotto forma di impresa prevale l’elemento dell’ organizzazione delle risorse produttive: beni, servizi e risorse umane).

Sempre secondo il Tuir sono sicuramente da inquadrare nel lavoro autonomo le attività protette da appositi albi professionali o che, comunque, richiedono un titolo abilitante per il loro esercizio.

Così come è sempre da considerare lavoro autonomo quello svolto in forma associata, mediante la riunione di persone fisiche in associazioni senza personalità giuridica (art. 53, c. 1 Tuir). Ai fini fiscali tali associazioni sono equiparate alle società semplici (art. 5, c. 3, lett. c Tuir) e ciascun professionista dichiara singolarmente la propria quota di partecipazione sul modello unico.

Con il contratto di associazione in partecipazione un imprenditore (associante) attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa (oppure a quelli derivanti da uno o più affari) in cambio di un apporto che può consistere in patrimonio o capitale, ma anche in una prestazione di lavoro. Sono possibili anche forme miste di apporto, di lavoro e di capitale o di patrimonio. Il rapporto di associazione è ammesso esclusivamente nell’ambito di imprese, mentre è escluso tra i professionisti. All’associato-lavoratore non si applicano gli istituti e le tutele previsti per il lavoratore subordinato. Tali contratti sono disciplinati nel Codice Civile dall’art. 2549 all’art. 2554.

L’associato partecipa alla gestione del rischio d’impresa ed è compensato solo con una percentuale sugli utili dell’impresa.

L’associato, quindi, a differenza di quanto si verifica nel contratto di lavoro subordinato, non ha alcuna garanzia di guadagno: il compenso per il lavoro prestato sarà percepito solo se si realizzano utili e, se non escluso esplicitamente dal contratto, la partecipazione agli utili è estesa, nella stessa misura, anche alle perdite subite dall’azienda. Le perdite che colpiscono l’associato, però, non possono superare il valore del suo apporto.La quantificazione della partecipazione agli utili e l’individuazione delle modalità di pagamento sono affidate esclusivamente

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alla contrattazione delle parti. Poiché non è obbligatoria la forma scritta né ai fini della validità né ai fini della prova, è opportuno stipulare sempre per iscritto il contratto per stabilire con precisione gli elementi dell’accordo. Inoltre, il Ministero delle finanze e l’Agenzia delle Entrate richiedono la registrazione del contratto per riconoscere all’associante la deducibilità degli utili corrisposti all’associato. Il contratto di associazione in partecipazione può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Il contratto cessa per decorrenza del termine, per inadempimento contrattuale di una delle parti (salvo risarcimento), per gravi perdite o di entità tale da non consentire la prosecuzione dell’impresa. La conduzione dell’impresa o dell’affare è di esclusiva competenza dell’associante. L’associato ha diritto solo di essere informato sull’andamento dell’impresa e di esercitare i controlli previsti dal contratto. Ha diritto, poi, al rendiconto dell’affare compiuto o al rendiconto annuale della gestione, se questa dura più di un anno, allo scopo di conoscere i dati di bilancio in base ai quali viene determinato l’importo della sua partecipazione agli utili. Non c’è associazione se mancano partecipazione agli utili e adeguate erogazioni. È evidente che il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro può essere utilizzato per eludere le norme che tutelano il lavoro subordinato.

Diverse sentenze della Cassazione sottolineano alcuni elementi di distinzione con il lavoro subordinato:

l’associazione in partecipazione è caratterizzata dall’assunzione del rischio d’impresa e, quindi, dall’incertezza rispetto alla percezione del reddito;

l’associante ha un potere di controllo sulla gestione economica dell’impresa e, in particolare, ha diritto al rendiconto;

l’associante non ha, nei confronti dell’associato, un potere gerarchico, direttivo e disciplinare, ma solo un generico potere di impartire direttive ed istruzioni;

Oltre a questi, le sentenze della Cassazione suggeriscono di considerare anche altri elementi, se pur non decisivi, quali l’osservanza di un orario di lavoro, l’esistenza di una misura fissa della retribuzione, l’assenza di rischio in capo al lavoratore e l’assenza di rendiconto.

Il decreto legislativo 276/2003, infine, riconoscendo la legittimità dell’associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro, indica la partecipazione agli utili come l’elemento essenziale del contratto: la mancanza di questo elemento rende nullo il contratto.

In particolare, due sono gli elementi di prova dell’autenticità dell’associazione in partecipazione.

1. L’effettiva partecipazione agli utili. Si presume, viceversa, che l’associazione sia fittizia quando il prestatore di lavoro è stato compensato con una retribuzione fissa per il lavoro svolto.

2. L’esistenza di adeguate erogazioni a chi lavora. La presunzione che l’associazione mascheri un rapporto di lavoro subordinato sarà tanto più forte quanto più la quota di utili sia modesta o addirittura irrisoria.

In questi casi, devono essere riconosciuti i trattamenti stabiliti dalle leggi e dai contratti collettivi di lavoro per le figure di lavoro subordinato corrispondenti nel medesimo settore di attività, a meno che l’associante-imprenditore non provi che la prestazione si è svolta secondo una delle altre tipologie di lavoro (ad esempio, collaborazione o lavoro autonomo).

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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La legge speciale n.633 del 22 aprile 1941 ha istituito la tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengano alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, al cinema.

La tutela consiste in una serie di diritti esclusivi, sia di utilizzazione economica dell’opera (diritti patrimoniali dell’autore) sia morali, che nel loro complesso costituiscono il diritto d’autore.

I diritti morali sono assicurati dalla legge a difesa della personalità dell’autore e si conservano anche dopo la cessione dei diritti di utilizzazione economica e non sono soggetti, quindi, a termini legali di tutela. I principali diritti morali sono:

il diritto alla paternità dell’opera (cioè il diritto di rivendicare la propria qualità di autore dell’opera),

il diritto all’integrità dell’opera (cioè il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione o modifica dell’opera che possa danneggiare la reputazione dell’autore),

il diritto di pubblicazione (cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera).

I principali diritti di utilizzazione economica dell’opera sono:

il diritto di riproduzione (cioè il diritto di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo),

il diritto di esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell’opera (cioè il diritto di presentare l’opera al pubblico nelle varie forme di comunicazione sopra specificate),

il diritto di diffusione (cioè il diritto di effettuare la diffusione dell’opera a distanza mediante radio, televisione, via satellite o via cavo, su reti telematiche, ecc.),

il diritto di distribuzione (cioè il diritto di porre in commercio l’opera),

il diritto di elaborazione (cioè il diritto di apportare modifiche all’opera originale , di trasformarla, adattarla, ridurla ecc.).

Tutti questi diritti permettono all’autore di autorizzare o meno l’utilizzo della sua opera e trarne i benefici economici.

Non c’è nessuna formalità amministrativa da seguire per ottenere il riconoscimento dei diritti d’autore sull’opera. Il diritto d’autore nasce automaticamente con la creazione dell’opera.

Il titolare dei diritti d’autore è, in via originaria, l’autore in quanto creatore dell’opera (oppure, nel caso di opere in collaborazione, i coautori). I diritti patrimoniali possono poi essere acquistati, alienati o trasmessi in tutte le forme e modi consentiti dalla legge.

IL CONTRATTO DI EDIZIONE

Dall’articolo 118 al 135 la legge speciale n.633 regola il contratto di edizione definendo che alcune norme imperative a tutela degli autori, non sono derogabili dai contraenti:

La durata massima di 10 anni per i contratti che hanno come oggetto l’alienazione dei diritti esclusivi dell’autore per opere non ancora create (art. 120.3),

L’obbligo di pubblicazione entro 2 anni dalla data della consegna dell’esemplare completo (art. 127),

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L’obbligo di interpellare l’autore prima di procedere alle nuove edizioni, per permettergli di apportare modifiche. (art. 129.2),

Salvo accordo contrario (e alcuni casi particolari), il compenso dell’autore è calcolato in base a una percentuale del prezzo di copertina (art.130). L’autore, però, ha il diritto di opporsi al prezzo fissato se lo ritiene negativo per i suoi interessi o per la diffusione dell’opera (art. 131).

L’articolo 122 distingue due tipologie di contratto di edizione.

1. Il contratto per edizione conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro venti anni dalla consegna dell’opera, indicando preventivamente il numero delle edizioni e degli esemplari per ogni edizione (nel contratto possono essere previste più ipotesi). Nel caso questi ultimi dati non siano specificati, si intende che il contratto abbia per oggetto un’edizione di al massimo duemila copie.

2. Il contratto a termine conferisce all’editore il diritto di eseguire un qualsiasi numero di edizioni entro un termine stabilito, mai superiore a 20 anni. Il termine di venti anni non si applica ai contratti di edizione riguardanti enciclopedie, dizionari, schizzi, disegni, vignette, illustrazioni, fotografie, lavori di cartografia, opere drammatico- musicali e sinfoniche.

LE DIVERSE FORME DI CESSIONE DEI DIRITTI D’AUTORE

È possibile disporre dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno in tutti i modi e forme consentiti dalla legge (art. 107 legge n.633 del 1941). Spesso, quindi, sono utilizzati anche strumenti di trasmissione dei diritti d’autore che sfuggono all’applicazione delle norme imperative previste per il contratto di edizione, tra cui quelle relative ai limiti temporali e alle garanzie offerte all’autore.

La giurisprudenza ha da tempo riconosciuto, la piena autonomia contrattuale delle parti.

Per le opere suscettibili di pubblicazione per stampa, i contratti oggi più utilizzati sono:

La compravendita dei diritti economici sull’opera che attribuisce all’acquirente la facoltà, e non l’obbligo, di pubblicare e divulgare l’opera trasferendo, così, la titolarità piena e definitiva dei diritti di utilizzazione economica dell’opera all’acquirente,

Il contratto di stampa, distribuzione e messa in commercio con cui l’autore non cede i diritti ma provvede direttamente a proprie spese e rischio alla realizzazione dell’edizione della sua opera,

La licenza dei diritti di utilizzo con cui si acquista un diritto personale di godimento sull’opera a tempo determinato, lasciando impregiudicata la titolarità dei diritti medesimi ceduti in licenza all’avente diritto (autore o editore).

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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Con vari provvedimenti normativi sono stati iscritti alla Gestione Separata e, quindi ricondotti al lavoro atipico o parasubordinato, diversi soggetti, tutti assimilati, sul piano procedurale e operativo, ai collaboratori coordinati e continuativi:

Assegni di ricerca (informazioni su ricercatoriprecari.wetpaint.com),

Dottorati di ricerca ((informazioni su dottorato it/adi - l’Adi ha pubblicato la Guida di sopravvivenza al dottorato),

Medici con contratto di formazione specialistica (informazioni su federspecializzandi.net/forum)

Occorre sapere che per le prestazioni d’opera come per tutte le altre forme di lavoro atipico, ad eccezione del contratto a progetto, il contratto in forma scritta non è obbligatorio ma è opportuno averlo e, quando è possibile, poterne concordare i contenuti.

È per questo che proviamo a dare alcuni consigli, consci che nell’attuale quadro legislativo e di mercato spesso il contratto viene imposto dal committente senza discussioni e senza regole collettive a cui rifarsi che, per queste forme di lavoro, purtroppo ancora non ci sono.

Di seguito trovate alcuni consigli generali e un contratto individuale tipo. Ovviamente ogni suggerimento o clausola va rapportato alle reali possibilità che avrete di dialogo e contrattazione con i vostri committenti e, anche, alla modalità contrattuale utilizzata.

Proporre un contratto in forma scritta, sapendo che solo per i Co.pro. esiste l’obbligo del contratto scritto.

Conservare una copia del contratto firmata dal committente.

Definire la durata dell’incarico.

Definire il compenso minimo, meglio se netto. Se il compenso pattuito è lordo (compenso mensile o di altra periodicità bisogna tenere conto che al lordo va sottratta la propria quota di contributi previdenziali e Inail. In caso di collaborazione occasionale al lordo va sottratto il 20% di ritenuta acconto. Inoltre, va tenuta in considerazione l’aliquota media Irpef e, in caso di Partita Iva, i costi della contabilità. Laddove non è diversamente specificato, il compenso stabilito tra le parti è sempre da considerarsi lordo.

Stabilire la possibilità di assenza prolungata dal luogo (o dall’oggetto) della prestazione, da sostituire alla dicitura ferie (circa 1 mese) che in questi contratti non è indicato usare, permessi (mediamente da 7 a 14 giorni lavorativi) o, se non si ha un contratto a progetto, per malattia (almeno altri 30 giorni). Quindi, occorre specificare nel contratto che in questi casi, e per questi periodi, “non vi è a carico del collaboratore nessun vincolo di prestazione”.

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CLAUSOLE DI ULTERIORE TUTELA ECONOMICA

Definire un’eventuale acconto o anticipo, prima della collaborazione, soprattutto se si dovranno sostenere spese proprie.

Definire interessi se non si viene pagati nei tempi stabiliti.

Prevedere, se non inserita nel compenso, una somma per la conclusione del rapporto (in percentuale circa l’8%) come indennità di cessione e mancato rinnovo della collaborazione.

Prevedere, se non sono già inserite nel compenso, le spese per l’assicurazione di responsabilità civile e giudiziaria, di malattia integrativa ed eventualmente di pensione integrativa

Prevedere, se non inserite nel compenso, le eventuali spese per la gestione della contabilità (se siete possessori di partita Iva).

Inserire la possibilità di ricevere rimborsi spese come pasti e viaggi ed eventuali assicurazioni aggiuntive in caso di uso della propria auto.

Prevedere, se viene richiesta la reperibilità, una maggiorazione di oneri, oppure l’inserimento di benefit (telefono cellulare, posta elettronica gratuita, ecc.).

Inserire una clausola di salvaguardia per il recesso ante tempus (prima della scadenza prevista dal contratto) da parte del collaboratore (e non del di recesso unilaterale non concordato del contratto, il committente può comunque rivalersi sul lavoratore).

Considerare, se calcolate il vostro compenso sulla base di quello di un lavoratore dipendente, circa 3 mensilità in più sia perché i dipendenti hanno mensilità aggiuntive (tredicesima, quattordicesima, tfr), sia per favorire la propria attività personale, sia per ammortizzare gli investimenti professionali fatti. La formula da utilizzare è moltiplicare il mensile per 15 e poi dividerlo per 12. Il risultato va moltiplicato per i mesi di durata della prestazione.

CLAUSOLE DI GARANZIA

Inserire una clausola che preveda la partecipare del collaboratore all’eventuale formazione nell’azienda in cui si collabora, o la possibilità di assentarsi per partecipare ad attività formative attinenti la prestazione.

Inserire una dichiarazione di diritto di prelazione del collaboratore sull’assunzione di personale collaboratore o dipendente, a tempo determinato o indeterminato.

Legare l’eventuale clausola di non concorrenza o esclusività da parte del collaboratore solo al periodo della validità del contratto in atto e, comunque, stabilire che sia remunerata, altre formule sono da considerarsi vessatorie e, quindi, da evitare.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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CLAUSOLE E ULTERIORI INDICAZIONI DI DEFINIZIONE DEL RAPPORTO

Evidenziare bene nel contratto a che titolo si è collaborato e in quale misura (collaborazione coordinata, associazione in partecipazione, diritto d’autore, attività relative ad altre casse previdenziali, ecc.)

Fare attenzione, nei contratti d’associazione in partecipazione, alla clausola di partecipazione ai soli utili di impresa e non, invece, alle eventuali perdite. Assicurarsi, poi, di avere la possibilità di accesso periodico ai libri contabili della società.

Evitare, per i procacciatori d’affari, la sottoscrizione di impegno a raggiungere obiettivi predeterminati di vendita poco credibili.

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Con la presente scrittura privata, redatta in duplice copia, a valere a tutti gli effetti di legge

TRA

...di seguito denominato “Committente”, con sede presso il... in via... prov. (...); partita Iva / codice fiscale...,

E

Il/La Sig./ra... di seguito denominato/a “Collaboratore”, nato/a a... il .../.../... , domiciliato/a a... (...)

in via... n..., codice fiscale...;

PREMESSO

- che le parti, come sopra rappresentate, convengono di dare un ordinamento al rapporto di collaborazione, teso a migliorare le condizioni di lavoro del Collaboratore per le attività prestate a favore dell’Azienda/ente facendo ricorso a quanto previsto e consentito dal comma 4 dell’art. 61 del dlgs n. 276/2003 in applicazione della legge 30 del 2003;

- che il Committente svolge l’attività di... e che, in relazione al progetto (programma di lavoro o fase di esso) denominato “… ....” intende avvalersi dell’apporto del lavoro del Collaboratore;

- che a sua volta il Collaboratore si è reso disponibile a prestare la propria opera lavorativa;

- che è esclusivo interesse delle parti stipulare un contratto conte¬nente gli elementi specifici della collaborazione coordinata e continuativa a progetto;

- che il Committente non richiede al Collaboratore l’esclusività della sua prestazione (ATTENZIONE: qualora invece il Committente richieda un rapporto di esclusività, va prevista una clausola apposita che chiarisca i termini e gli ambiti in cui ha effetto l’esclusiva, con relativa indennità economica aggiuntiva).

visto l’articolo 409 del Titolo III del codice di procedura civile;

visto l’art. 50, co. 1, lett. c-bis del Tuir, dpr 917/86, come modificato dall’art. 34 della legge 342/00 in materia di assimilazione fiscale;

visto l’art. 2, co. 26, della legge 335/95 e successive modifiche, in relazione alle materie previdenziali e assistenziali;

visto il Titolo VII, capo I, del dlgs n. 276/2003 in applicazione della legge 30 del 2003;

tutto ciò premesso e convenuto fra le parti

SI STIPULA QUANTO SEGUE

1. La premessa che precede fa parte integrante ed essenziale del presente atto e ne costituisce il primo patto.

2. Il contratto ha natura di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, e viene conferito ai sensi e per gli effetti del Titolo VII, capo I, del dlgs n. 276/2003 in applicazione della legge 30 del 2003 e dell’art. 409 n. 3 del codice di procedura civile trattandosi di

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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prestazioni prevalentemente personali e senza vincolo di subordinazione.

3. Il Collaboratore presterà la propria opera in piena autonomia gestionale, organizzativa e operativa, salvo il necessario coordinamento generale e programmatico con il Committente. Pertanto tale attività lavorativa sarà svolta a titolo di collaborazione coordinata e continuativa a progetto con lavoro proprio e senza vincolo di subordinazione nel quadro di un rapporto unitario e continuativo.

4. Il Collaboratore dovrà svolgere a favore del Committente la funzione di... con le mansioni di... nell’ambito del progetto (oppure programma di lavoro, oppure fase di progetto o programma) di seguito dedotto nel suo contenuto caratterizzante e, comunque, allegato integralmente al presente contratto: ...

5. Il lavoratore avrà ampia autonomia nella definizione dei tempi, orari e modalità d’esecuzione operando anche con modalità di telelavoro e concordando le modalità d’utilizzo della sede e degli strumenti tecnici messi a disposizione dall’Azienda o dal lavoratore. Nel coordinamento dell’attività del Collaboratore con quella del Committente si terrà conto:

a. ai sensi dell’art. 62, comma d, del dlgs n. 276/2003, nei casi in cui sia indispensabile per la particolarità dell’incarico una forma di coordinamento con il Committente, che definisca anche l’esecuzione temporale della prestazione, sarà il lavoratore nella sua autonomia a indicare autonomamente la fascia di presenza presso una sede stabilita dal Committente o attraverso modalità condivise, coordinando questa scelta con il Committente e con gli eventuali altri lavoratori in relazione agli obiettivi dell’incarico ricevuto;

b. qualora sussistano le necessità di cui alla lettera a), il collaboratore potrà altresì modificare periodicamente la propria disponibilità con gli stessi criteri di cui alla lettera a) del presente articolo;

c. se necessario e/o richiesto, in riferimento alla lettera a), un impegno maggiore rispetto alla disponibilità data, il lavoratore avrà la facoltà di rimodulare, concordandolo con il Committente, recuperando la disponibilità aggiuntiva successivamente, nella massima autonomia e libertà e in relazione unicamente al risultato da raggiungere.

6. Il Collaboratore avrà facoltà di utilizzare sia i propri strumenti sia quelli messi a disposizione dal Committente per un corretto e puntuale adempimento della sua prestazione.

7. Il lavoratore è tenuto ad osservare rigorosamente il pieno rispetto della riservatezza e delle regole del segreto a proposito di fatti, informazioni, notizie o altro di cui avrà comunicazione o prenderà conoscenza nello svolgimento dell’incarico in oggetto. Tali informazioni non potranno in nessun modo essere cedute a terzi. Il lavoratore è tenuto a non svolgere attività che creano danno all’immagine e pregiudizio al Committente.

8. Il presente contratto avrà inizio dal... con scadenza al...

(oppure) Il presente contratto avrà inizio dal... e avrà scadenza determinabile indicativamente al… perché legata alla durata effettiva del progetto, programma di lavoro o fase di esso, non presumibile con certezza al momento della stipula del presente contratto).

ATTENZIONE: se, per motivi professionali oggettivi, come ad esempio avviene nella formazione professionale, non si fosse in grado di sapere in anticipo i “carichi” di

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lavoro effettivi e/o le giornate o periodi richiesti, si può inserire la seguente dicitura: “Nell’ambito del progetto o programma di lavoro definiti dal Committente la cui durata è determinabile e indicata nel contratto individuale, le parti perfezioneranno la durata effettiva della prestazione, in relazione alle commesse esterne non interamente programmabili in termini temporali ma previste nel progetto o programma di lavoro di cui all’oggetto del contratto di collaborazione. La definizione di quanto sopra avverrà attraverso la forma delle lettere d’incarico, in cui sarà indicata la durata effettiva della singola prestazione in relazione alla definizione delle commesse esterne previste nel progetto o programma di lavoro”.

9. Il compenso lordo annuo per la prestazione è stabilito in Euro ... … omnicomprensivo di tutte le ritenute previdenziali, assistenziali e fiscali previste dalla normativa vigente escluse quelle a carico del Committente.

10. La corresponsione del compenso avverrà, nell’arco di ogni anno, con 11 acconti mensili più un saldo di pari importo che saranno messi in pagamento entro il giorno... di ogni mese, a partire dal mese successivo a quello di inizio della prestazione, mediante prospetto paga così come definito dalla legge 342/2000 in materia di assimilazione fiscale.

ATTENZIONE: a. Questo contratto tipo si basa su un rapporto di 12 mesi. Se il rapporto effettivo sarà di diversa durata, le previsioni che trovate qui indicate vanno riproporzionate a seconda della durata inferiore o superiore ai 12 mesi.

b. In caso del possesso di partita Iva da parte del lavoratore il paragrafo precedente deve avere la seguente dicitura: “La corresponsione del compenso avverrà, nell’arco di ogni anno, con 11 acconti mensili più un saldo di pari importo che saranno messi in pagamento entro il giorno 5 di ogni mese, a partire dal mese successivo a quello di inizio della prestazione, mediante presentazione di fattura con possibilità di rivalsa del 4% sui costi contributivi così come stabilito dalla normativa vigente. In questa ipotesi non vanno indicati i successivi paragrafi 11, 17 e 20.

11. Il compenso annuo, di cui all’art. 9, s’intende corrisposto a fronte di una prestazione espletata per 11 mesi. Il Collaboratore ha diritto nel mese residuo, previo accordo con il Committente, a non essere vincolato a prestazione alcuna.

12. Le spese di viaggio, vitto e alloggio, relative a trasferte debitamente e preventivamente autorizzate dal Committente, o suo incaricato, saranno rimborsate dietro presentazione di apposita documentazione entro 5 giorni o anticipate nel rispetto della normativa in materia e del regolamento del Committente.

13. Qualora sopravvengano eventi comportanti impossibilità temporanea di esecuzione della prestazione quali malattia, infortunio e maternità, le parti concordano che non vi sarà, a carico del lavoratore, nessun vincolo di prestazione e la stessa rimarrà sospesa:

a) nel caso di infortunio sul lavoro fino a guarigione clinica;

b) nel caso di malattia per un periodo massimo di 90 giorni nell’anno solare;

c) nel caso di maternità, per il periodo compreso nei due mesi precedenti la data presunta del parto e i 5 mesi successivi alla data effettiva, per un periodo complessivo di 180 giorni.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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é considerata sospensione giustificata della prestazione anche l’astensione anticipata della maternità dovuta a eventi che mettano a rischio la gravidanza. Tali eventi dovranno essere certificati e il Committente potrà richiedere un’apposita verifica medica. In tali casi la scadenza del contratto individuale sarà prorogato per eguale periodo;

d) per gravi e comprovati motivi familiari e per congedi parentali, entro un limite massimo di 30 giorni l’anno;

e) il Collaboratore dovrà comunicare preventivamente e comunque tempestivamente al Committente l’impossibilità di eseguire la prestazione, al fine di permettere al Committente stesso di intervenire con soluzioni alternative;

f) qualora sopravvengano eventi comportanti l’impossibilità temporanea della prestazione di cui al precedente comma, il Collaboratore presenterà tempestivamente al Committente, e comunque entro 48 ore, la documentazione sanitaria;

g) al fine di sovvenire al bisogno del Collaboratore nei periodi di malattia e maternità, la parte committente si dichiara disponibile ad attivare forme di assistenza aggiuntive a quanto disposto dall’INPS, valendosi, con il consenso del Collaboratore, di istituzioni esterne (es. società di mutuo soccorso o assicurazioni), i cui costi saranno sostenuti dal Committente stesso. A tale scopo il Committente metterà a disposizione Euro… l’anno.

14. Al Collaboratore è garantita la partecipazione ai corsi di formazione o aggiornamento professionale in relazione all’incarico assegnato, con eventuali costi a carico del Committente.

Ove possibile, ciò vale anche per quelli organizzati per i dipendenti.

15. Per prestazioni e attività inerenti all’esecuzione di progetti o programmi di lavoro o fasi di esso analoghi a quelli oggetto del presente contratto, è garantito il diritto di prelazione. Pertanto il Committente stesso s’impegna a proporre la possibilità di accendere un nuovo contratto al contraente del presente contratto entro i 12 mesi successivi alla scadenza del presente accordo, per lo svolgimento di mansioni analoghe a quelle svolte in precedenza per il Committente.

16. Il contratto individuale potrà essere risolto nei seguenti casi: a) per scadenza del termine concordato;

b) per sopravvenuta impossibilità della prestazione oggetto dell’incarico;

c) per revoca da parte del Committente, così come disposto al successivo punto a.1);

d) per morte, interdizione, inabilitazione del Collaboratore;

e) per rinuncia del Collaboratore così come disposto al successivo comma b.1);

a.1) nello specifico il Committente può rescindere il contratto quando si verifichino:

- gravi inadempienze contrattuali;

- sospensione ingiustificata della prestazione superiore a 15 giorni;

- commissione di reati tra quelli previsti dall’art. 15 della legge n. 55/90 e successive modifiche;

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- danneggiamento o furto di beni.

In caso di inadempienza di cui sopra il Committente può risolvere il contratto, salvo il diritto al pagamento dei compensi maturati fino al momento dell’interruzione.

Qualora il Committente intenda far valere il presente articolo, dovrà darne motivata comunicazione al Collaboratore mediante raccomandata A/r. Il Collaboratore potrà espletare le procedure di conciliazione come al punto 22 del presente contratto.

b.1) il Collaboratore può risolvere il contratto con comunicazione scritta spedita mediante raccomandata A/r con un preavviso di 30 giorni. In caso di mancato preavviso il Collaboratore sarà tenuto a corrispondere un indennizzo pari al corrispettivo che gli sarebbe spettato nel periodo di preavviso non prestato.

17. Il Committente si impegna ad ottemperare alle norme vigenti in materia previdenziale e fiscale e a stipulare idonea copertura assicurativa contro gli infortuni in favore del Collaboratore (Assicurazione obbligatoria Inail).

18. Il Committente assume la responsabilità civile per i fatti compiuti dal Collaboratore nell’esercizio delle funzioni che siano strettamente connesse all’incarico conferito, ai sensi dell’art. 2049 del codice civile.

19. Per i fini previsti dal presente contratto, le parti concordano di prevedere modalità di conciliazione, tentando la bonaria composizione delle controversie di lavoro insorte tra Committente e Collaboratore, nonché della valutazione di possibili diversità interpretative del presente contratto. A questo fine i contraenti possono chiedere l’assistenza e/o delegare terzi a cui conferiscono mandato. Il tentativo di conciliazione sarà effettuato entro 10 giorni dal ricevimento della richiesta di una delle parti e si dovrà concludere entro i successivi 15 giorni.

20. Il Collaboratore dichiara espressamente di essere esente da Iva ai sensi dell’art. 5, comma 2, dpr 26/10/1972, n. 633 e successive modificazioni e si impegna ad effettuare le necessarie comunicazioni all’Inps per l’iscrizione nella gestione separata.

21. Il presente contratto, le cui spese di bollo sono a carico del Committente, viene redatto in due originali e sarà sottoposto a registrazione solo in caso d’uso, ai sensi delle disposizioni vigenti.

22. In caso di controversie in ordine all’interpretazione ed esecuzione del presente contratto, le parti dichiarano di accettare la competenza del Foro di...

Letto, confermato e controfirmato. ..., li ...

Il Committente

Il Collaboratore

Il Collaboratore dichiara di aver preso conoscenza e di approvare espressamente per iscritto le condizioni del presente contratto.

Il Collaboratore

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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CLAUSOLE DI ULTERIORE TUTELA ECONOMICA

Lo schema di contratto riportato è l’esempio di un contratto fra privati contenente alcune disposizioni assolutamente inderogabili e poche altre norme che possono essere oggetto di trattativa. Norme assolutamente da inserire nel contratto sono quelle contenute negli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 12, 13, 16, cioè quelle che indicano gli obblighi definiti dalla legge per i Co. Pro., ma che hanno valore per tutti, e altre che definiscono alcuni diritti fondamentali del lavoratore.

La mancanza di una sola di queste disposizioni rende il contratto meno accettabile per il venir meno, a nostro avviso, di uno o più elementi essenziali che garantiscono il lavoratore. Le altre norme, altrettanto importanti, come i punti 11, 15, 17, 18 e 19, possono però essere oggetto di differenziazione e trattativa. Inoltre, quando nel contratto individuale si definisce la parte che riguarda la sospensione per riposo psicofisico e le assenze per malattia, maternità, infortunio, è bene fare riferimento alle modalità descritte nei punti 5 e 7. In questo modo si supera il “limite” del codice civile che impone al lavoro non dipendente l’assenza di compenso in caso di mancata prestazione. Nel contratto prima riportato, infatti, la retribuzione è stabilita per 12 mesi ma suddivisa in 11 mensilità, così da garantire il riposo e il recupero psicofisico retribuito del collaboratore. Allo stesso modo nel contratto si suggerisce di disciplinare istituti come malattia, maternità e infortunio. Viene stabilito infatti, oltre alla possibilità di sospendere la prestazione, un conguaglio tra le prestazioni già previste per legge e il compenso erogato dal committente attraverso l’attivazione di un sussidio mutualistico (il costo può essere dedotto fiscalmente dal committente) che, se si realizza con società di mutuo soccorso, non viene considerato compenso.

NOTA BENE: nel caso si debba redigere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, non a progetto, si può utilizzare lo stesso schema togliendo i riferimenti, segnalati in corsivo, al contratto a progetto e al Dlgs 276/03 che ha applicato la legge 30. Nel caso si tratti di un rapporto di prestazione d’opera con Partita Iva non vanno indicati, oltre ai riferimenti al contratto a progetto, i paragrafi 11, 17 e 20.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI

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CAPITOLO 2 | LE TUTELE SOCIALI

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Hanno l’obbligo di versare i contributi previdenziali presso la Gestione separata Inps tutti i lavoratori che svolgono la propria attività attraverso: contratti a progetto; collaborazioni coordinate e continuative; mini co.co.co., associazioni in partecipazione, Partite Iva individuali; lavoro autonomo occasionale, assegni di ricerca, dottorati di ricerca e medici con contratti di formazione specialistica, ecc. (l’elenco completo su www.inps.it).

I contributi sono calcolati sul reddito lordo e l’aliquota dovuta è pari al:

27% per gli iscritti non pensionati e non iscritti ad altre casse (+ 0,72% per le prestazioni minori).

18% per pensionati e iscritti non in via esclusiva, .

I lavoratori autonomi e i professionisti pagano integralmente i contributi dovuti, mentre gli associati in partecipazione versano il 45% e il restante 55% è a carico dell’associante.

Tutti gli altri iscritti alla Gestione separata, versano 1/3 dei contributi dovuti e i restanti 2/3 sono a carico del committente.

I redditi prodotti tramite cessione diritto d’autore non prevedono alcun versamento previdenziale e, di conseguenza, questi lavoratori non sono iscritti alla gestione separata e sono esclusi dalle prestazioni spettanti agli iscritti.

ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS

L’indennità di maternità spetta a tutte le lavoratrici iscritte alla gestione separata, purché non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Per averne diritto è necessario aver versato almeno tre mesi di contribuzione nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo di maternità e aver presentato domanda scritta alla Sede Inps di appartenenza e al committente entro il 7° mese di gravidanza e non oltre un anno dall’ultimo giorno indennizzabile, pena la decadenza dal diritto.

L’indennità, legata all’astensione obbligatoria dal lavoro, è calcolata per ogni giorno del periodo indennizzabile (due mesi precedenti la data del parto, i tre successivi ed eventuali periodi di astensione obbligatoria anticipata o prorogata disposta dal Servizio ispettivo della Direzione provinciale del lavoro), ed è pari all’80% di 1/365 del reddito negli stessi dodici mesi precedenti l’inizio del congedo di maternità.

Il pagamento dell’indennità di maternità è erogato direttamente dall’Inps (il modulo per la domanda e le informazioni dettagliate sono disponibili su www.inps.it, ma è consigliabile rivolgersi ad un patronato per informazioni e presentazione della domanda).

Le libere professioniste possono continuare a fatturare nei mesi di astensione obbligatoria, ma in tale caso non sarà loro erogata l’indennità di maternità.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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ISCRITTI A CASSE LIBERO PROFESSIONALI

Hanno diritto all’indennità di maternità le iscritte che non percepiscono tale indennità da altri enti o istituti previdenziali. L’indennità di maternità spetta in caso di gravidanza e puerperio, adozione, affidamento, aborto spontaneo o terapeutico, ed è pari all’ 80% dei 5/12 del reddito del secondo anno anteriore alla data dell’evento. È comunque garantita un’indennità minima (per il 2012 pari a 4.753,00 euro) mentre l’indennità massima erogabile è pari a 5 volte la minima (23.765,00 euro nel 2011).

L’indennità è erogata a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività. Per ottenerla è necessario presentarne domanda alla propria cassa previdenziale entro 180 giorni dalla data del parto, dell’effettivo ingresso del bambino in famiglia, oppure dalla data dell’aborto.

ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS

Hanno diritto all’assegno al nucleo familiare i lavoratori iscritti alla Gestione separata, se non pensionati e non iscritti presso altre casse di previdenza obbligatoria.

Per ottenerlo è necessario che il 70% del reddito complessivo familiare sia derivante da lavoro dipendente, al raggiungimento di tale requisito concorre anche il reddito da lavoro assoggettato alla contribuzione in gestione separata.

L’importo dell’assegno varia in relazione al nucleo familiare, ai redditi e alle tabelle in vigore per calcolare gli importi da corrispondere.

Gli assegni al nucleo familiare sono erogati per tante mensilità quante quelle accreditate nell’anno e per ottenerli è necessario presentare richiesta alla sede Inps di appartenenza (il modulo per la domanda e le informazioni dettagliate sono disponibili su www.inps.it).

Anche i lavoratori autonomi iscritti in via esclusiva alla gestione separata hanno diritto all’assegno al nucleo familiare. In questo caso, concorre al raggiungimento del 70% del reddito da lavoro dipendente anche il reddito da lavoro autonomo, se però assoggettato alla gestione separata.

ISCRITTI A CASSE LIBERO PROFESSIONALI

Gli iscritti alle casse professionali non hanno diritto a prestazioni familiari, salvo diversa previsione di prestazioni simili delle singole casse.

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ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS

Hanno diritto all’indennità di malattia degenza domiciliare, oltre all’indennità per malattia ospedalizzata, gli iscritti alla gestione separata che versano, obbligatoriamente, il contributo aggiuntivo dello 0,72%. Le indennità di malattia sono corrisposte a condizione che l’iscritto abbia versato 3 mensilità negli ultimi 12 mesi e che, nel 2012, abbia percepito un reddito inferiore a 65.535,40 euro (tetto pari al massimale contributivo diminuito del 30%).

L’indennità in caso di ricovero ospedaliero può essere erogata per un massimo di 180 giorni nell’anno solare ed è pari ad un importo variabile, in relazione ai periodi di contributi accreditati, dall’8% al 16% di 1/365 del massimale annuo (nel 2012 l’indennità giornaliera può variare da 21,07 euro a 42,15).

L’indennità di degenza è erogata per un numero massimo di giornate pari a 1/6 della durata complessiva del rapporto di lavoro avuto nei 12 mesi precedenti la malattia.

Il numero di tali giornate non può comunque essere inferiore a 20 né superiore a 61.

L’indennizzo giornaliero è pari ad un importo variabile, in relazione ai periodi di contributi accreditati, dal 4% all’8% di 1/365 del massimale annuo (nel 2012 l’indennità giornaliera può variare da 10,53 euro a 21,07 euro).

Le norme valide per i collaboratori a progetto si applicano, dal 1 gennaio 2012, anche ai liberi professionisti iscritti alla gestione separata. Ad oggi non ci sono, però, ancora le circolari attuative.

L’Inps sostiene che non rientrano tra le categorie tutelate in caso di malattia domiciliare gli associati in partecipazione, gli assegnisti di ricerca e i dottorandi.

ISCRITTI A CASSE LIBERO PROFESSIONALI

Se non prevista dalla cassa previdenziale tra le prestazioni assistenziali, ai lavoratori autonomi non spetta l’indennità di malattia. Quando prevista, è legata al reddito e vincolata al rispetto di un plafond annualmente stanziato dalla cassa.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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È un obbligo per ogni azienda nominare un Rappresentante per la sicurezza (Rls) e un medico competente. In caso di infortunio e/o malattia professionale i lavoratori e le lavoratrici, obbligatoriamente assicurati all’Inail, hanno diritto alle prestazioni economiche, sanitarie e riabilitative da parte dell’ Istituto assicuratore.

Possono essere all’Inail i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto, compresi quelli per prestazioni occasionali dette mini co.co.co. Sono esclusi dall’obbligo di iscrizione all’Inail i professionisti possessori di partita iva.

In caso di infortunio il lavoratore è obbligato a informare immediatamente il committente. In caso di infortunio non guaribile in tre giorni, il committente dovrà fare la denuncia all’Inail, allegando il certificato medico, entro due giorni da quando ne ha avuto notizia.

Invece, nella malaugurata circostanza di infortunio mortale o con prognosi funesta, la denuncia deve essere fatta entro 24 ore dall’evento. Se le cause del decesso sono attribuibili all’infortunio o alla malattia professionale, il coniuge e i figli a carico possono richiedere la liquidazione della rendita ai superstiti all’Inail.

Anche il contributo assicurativo all’Inail, come quello previdenziale, è ripartito nella misura di 2/3 a carico del committente e di 1/3 a carico del lavoratore, mentre è esclusivamente a carico del lavoratore autonomo, se obbligato all’iscrizione Inail.

La denuncia assicurativa e il versamento del contributo devono essere effettuati dal committente. Il contributo assicurativo è calcolato in modo complesso: in base al tasso applicabile all’attività svolta, all’ammontare dei compensi effettivamente percepiti nei limiti del minimale e del massimale stabiliti e rivalutati annualmente con decreto ministeriale. È importante, in caso di infortunio e/o malattia professionale rivolgersi ad un Patronato per avere l’assistenza necessaria ad una tutela tempestiva e a una corretta informazione sui propri diritti.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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Quello che è stato chiamato dalla stampa “Bonus Precari” in realtà è riservato solo ai contratti a progetto iscritti alla Gestione Separata Inps e non vale per tutte le altre forme di lavoro iscritte alla gestione separata.

Tale indennità è pari al 30% del reddito percepito nell’anno precedente, ma non può superare i 4.000 euro.

Per ottenerla i requisiti sono: lavorare per un solo committente che ha interrotto il rapporto di lavoro; aver conseguito nell’anno precedente un reddito lordo compreso tra 5.000 euro e 20.000 euro; essere senza contratto di lavoro da almeno due mesi, aver accreditato almeno tre mesi di contributi nell’anno precedente e almeno un mese nell’anno in corso (è importante sapere che la gestione separata considera una mensilità non un lavoro della durata di un mese ma il reddito pari o superiore ad un dodicesimo del minimale previsto per i lavoratori autonomi Inps, ossia, 1.212,67 euro nel 2011 e 1.244,17 nel 2012).

Per ricevere il bonus occorre presentare domanda (telematicamente o di persona) presso la sede Inps competente, entro 30 giorni dalla data in cui sono presenti tutte le condizioni. Ci si può anche rivolgere ad un patronato che gratuitamente vi assiste nella compilazione e nell’invio del modulo.

Come per tutti gli altri ammortizzatori sociali, anche questa indennità prevede, per l’erogazione, che insieme alla domanda sia consegnata una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale.

I requisiti stabiliti sono così ristretti che nei tre ani di sperimentazione sono stati spesi solo 24 dei 200 milioni di euro previsti. Al momento non sono servite ne le proteste dei sindacati ne le proposte di modifica e allargamento del bonus presentate dai parlamentari del PD.

NON SPETTA NULLA A: PARTITE IVA INDIVIDUALI CON ISCRIZIONE IN GESTIONE SEPARATA; ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE; COLLABORAZIONI OCCASIONALI; PRESTAZIONI REMUNERATE CON CESSIONE DIRITTO D’AUTORE; ASSEGNISTI DI RICERCA; DOTTORANDI

ISCRITTI A CASSE LIBERO PROFESSIONALI

I liberi professionisti iscritti alle casse professionali non hanno diritto ad alcuna prestazione Inps, ma l’ente previdenziale autonomo di appartenenza potrebbe avere previsto, tra le prestazioni assistenziali, trattamenti specifici per i periodi di crisi e di inattività.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI

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CAPITOLO 3 | FISCO E PARTITA IVA

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Libero professionista è colui che si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un servizio svolto con lavoro prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Perciò, le differenze del lavoro autonomo, anche occasionale, rispetto alla collaborazione coordinata oppure a progetto, sono: assenza di coordinamento con l’attività del committente, mancanza dell’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale, piena autonomia del lavoratore circa il tempo e il modo della prestazione.

L’apertura della partita IVA non ha nessun costo, è sufficiente recarsi presso l’Agenzia delle Entrate competente (in base al domicilio fiscale) e presentare, entro 30 giorni dall’inizio effettivo dell’attività, un apposito modulo nel quale indicare, tra l’altro: i propri dati anagrafici; il luogo di svolgimento dell’attività; il tipo di attività svolta; l’eventuale volontà di avvalersi di regimi fiscali agevolati. Per svolgere tale adempimento ci si può avvalere di un intermediario abilitato (commercialisti, associazioni di categoria, caaf, altri soggetti abilitati) che può richiedere un compenso per l’attività svolta. Il professionista, una volta aperta la partita Iva, è tenuto a una serie di adempimenti contabili e fiscali quali, a puro titolo esemplificativo, emissione e conservazione delle fatture, tenuta dei registri contabili, liquidazione e versamento periodico dell’Iva e dichiarazioni fiscali annuali.

La legislazione fiscale italiana prevede l’obbligo di aprire la partita Iva quando si svolge in maniera abituale un’attività di lavoro autonomo, anche se non esclusiva o continuativa. Quest’obbligo, quindi, non riguarda i lavoratori autonomi occasionali o i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. La determinazione dell’abitualità dell’attività svolta va valutata caso per caso perché non esiste una soglia di compensi, superata la quale, sorge l’obbligo di aprire la partita Iva, né regole che permettono di individuare in maniera netta le differenze che distinguono le attività abituali da quelle occasionali

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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Non è possibile in astratto stabilire se sia più vantaggioso svolgere la propria attività come lavoratore autonomo con partita Iva o con contratti di collaborazione a progetto. Di certo, l’apertura di una partita Iva comporta una serie di adempimenti che, per la loro complessità, richiedono l’assistenza di un professionista.

Dal punto di vista fiscale, tralasciando l’ipotesi di regimi agevolati, il reddito da lavoro autonomo e da contratto di collaborazione, sono soggetti alle stesse aliquote Irpef ma sono diverse le detrazioni riconosciute per i redditi da lavoro dipendente e assimilati (quali, ad esempio, quelli derivanti da contratti a progetto). Inoltre, nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, si tiene conto delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività.

Di contro però il reddito del lavoratore autonomo potrebbe essere soggetto a un’ulteriore imposta, l’Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive la cui aliquota è diversa in ogni regione e che generalmente varia tra il 4% e il 5%). È bene ricordare che l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 45/2008) ha stabilito che i lavoratori che rispettino i requisiti per aderire al regime dei contribuenti minimi (nella sua originaria formulazione), pur non avvalendosi di tale regime, possono considerarsi esclusi dall’ambito di applicazione dell’Irap. Negli altri casi l’esclusione andrà valutata caso per caso.

In sintesi, escludendo l’eventualità di redditi da lavoro autonomo soggetti a Irap, dal punto di vista strettamente fiscale non ci sono differenze tra le due tipologie reddituali e la possibilità di dedurre le spese per l’attività può compensare le minori detrazioni spettanti.

La differenza dal punto di vista previdenziale è però tale da poter affermare che, a parità di reddito, l’attività di lavoro autonomo è, in linea di massima, meno conveniente di un contratto a progetto.

Per completezza, occorre considerare che i contributi previdenziali versati nell’anno d’imposta dai lavoratori autonomi, sono interamente deducibili dal reddito.

La determinazione del reddito da lavoro autonomo avviene secondo il principio di cassa, ossia compensi percepiti al netto delle spese pagate nel periodo di imposta.

I compensi percepiti sono, nella maggior parte dei casi, soggetti ad una ritenuta d’acconto pari al 20% che il committente, agendo come sostituto d’imposta, trattiene all’atto del pagamento e versa allo Stato per conto del lavoratore autonomo a titolo di acconto sulle imposte dovute.

Per quanto riguarda i costi, sono deducibili le spese documentate (provate da documento fiscalmente valido) effettivamente sostenute (pagate nel periodo di imposta considerato) e inerenti all’attività professionale svolta. Sono, deducibili le spese per consulenze, per i beni strumentali, per i materiali di consumo e quelle relative all’immobile nel quale è svolta l’attività (al 50% se l’attività è svolta presso la propria abitazione). Per alcune spese, tuttavia, la deducibilità è limitata a una percentuale del costo effettivamente sostenuto: è il caso, ad esempio, delle spese relative a auto e moto (deducibili al 40%) e delle spese telefoniche (deducibili all’80%).

Il reddito così determinato diventa la base per il calcolo sia dei contributi previdenziali sia dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

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La normativa fiscale prevede un’area di esenzione Irpef, cioè una fascia di reddito che per tipologia reddituale e/o per effetto delle detrazioni non è soggetta a imposta sul reddito delle persone fisiche.

Per semplificare gli adempimenti dei contribuenti di minori dimensioni e garantire loro un risparmio fiscale, la finanziaria 2008 ha introdotto un regime agevolato noto come regime dei contribuenti minimi, oggetto di importanti modifiche nel corso del 2011.

Coloro che adottano questo regime fiscale sono esenti dalla tenuta delle scritture contabili, sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore, sono esonerati dall’Irap e dagli adempimenti Iva (di conseguenza, non addebitano l’Iva in fattura e non hanno diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti). Sono tenuti alla sola emissione, numerazione e conservazione delle fatture.

Il reddito dei contribuenti minimi è determinato con criteri in parte diversi da quelli generali ed è soggetto ad un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali.

I contributi previdenziali si possono dedurre per intero dal reddito ed è ammessa la compensazione di perdite riportate da anni precedenti.

Per accedere al regime dei contribuenti minimi è necessario non avvalersi di lavoratori dipendenti né collaboratori, non superare i 30.000 euro di compensi percepiti nell’anno e 15.000 euro di acquisti di beni strumentali nel triennio. Inoltre, tale regime è applicabile solo se si soddisfa l’ulteriore condizione che si tratti di persone fisiche che non abbiano svolto attività d’impresa, artistica o professionale nei tre anni precedenti (a meno che non si tratti del periodo di pratica obbligatoria) e che inizino una nuova attività (o l’hanno iniziata dopo il primo gennaio 2008), ossia che non costituisca mera prosecuzione di un’attività precedentemente svolta anche in forma di lavoro dipendente o di collaborazione.

Il contribuente, inoltre, può avvalersi di tale regime agevolato solo per l’anno di inizio dell’attività e per i quattro anni successivi. Tuttavia, in caso di soggetto di età inferiore a 35 anni, il periodo si protrae anche oltre i cinque anni, fino al periodo d’imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età.

A fronte di tali più stringenti requisiti, il legislatore ha reso il regime dei contribuenti minimi molto conveniente dal punto di vista fiscale riducendo l’aliquota dell’imposta sostituiva al 5% (originariamente era pari al 20%). A seguito di tale variazione, è stato disposto che i compensi percepiti dai contribuenti aderenti a tale regime non siano più soggetti a ritenuta d’acconto.

La volontà di aderire al regime agevolato deve essere manifestata al momento dell’apertura della partita Iva e l’adesione al regime dei minimi deve essere chiaramente indicata sulle fatture emesse.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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l titolare del diritto d’autore, è l’ideatore di un’opera di ingegno. Si tratta di un diritto personale, e come tale, irrinunciabile ed inalienabile. Possono essere tuttavia trasferiti i diritti relativi “non già all’opera in sé, quanto alla sua utilizzazione”. Questi redditi, quando sono prodotti dall’autore o dai suoi eredi, non sono soggetti all’IVA. I diritti percepiti nella qualità di autore, beneficiano di una deduzione forfetaria del 25%. “La deduzione incide sul reddito e quindi anche sul calcolo della ritenuta d’acconto del 20%, che dovrà essere calcolata sul 75% del compenso percepito”.

I redditi da diritto d’autore percepiti da persone fisiche di età inferiore a 35 fruiscono della deduzione del 40%. Di conseguenza, la base imponibile da adottare per il calcolo dell’imposta, e quindi anche della ritenuta d’acconto sarà la seguente: se il percettore ha meno di 35 anni, la base imponibile sarà pari al 60% del compenso, altrimenti la base imponibile sarà pari al 75% del compenso.

Per i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto dal 2001 è in vigore l’assimilazione fiscale al reddito di lavoro dipendente, pertanto il regime e le regole fiscali sono le stesse dei lavoratori dipendenti. Per questo oltre ad avere diritto alle detrazioni e all’applicazione degli scaglioni di reddito come per i dipendenti i Collaboratori coordinati e continuativi possono compilare il modello 730 per la dichiarazione dei redditi a condizione che il rapporto di collaborazione sia in essere nei mesi di Giugno e Luglio.

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Oltre a coloro che hanno conseguito esclusivamente redditi esenti da Irpef per la loro natura (es. alcune borse di studio e i redditi soggetti ad imposta sostitutiva), rientrano nell’area di esenzione anche coloro che, a puro titolo esemplificativo, hanno conseguito:

un reddito complessivo non superiore a 8.000 euro nel quale concorre un reddito di lavoro dipendente o assimilato con periodo di lavoro non inferiore a 365 giorni e il sostituto d’imposta che non ha operato ritenute;

un reddito complessivo non superiore a 4.800 euro nel quale concorre uno dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro (es. redditi derivanti da attività commerciali o da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente);

un reddito complessivo non superiore a 7.500 euro nel quale concorre un reddito di pensione con periodo di pensione non inferiore a 365 giorni e il sostituto d’imposta che non ha operato ritenute; questo limite è elevato a 7.750 euro nel caso il contribuente abbia un’età pari o superiore a 75 anni.

L’area di esenzione si allarga ulteriormente nel caso di uno o più familiari a carico per effetto delle relative detrazioni, considerando a carico qualsiasi familiare a cui si provvede e avente un reddito personale non superiore a 2.840,51 euro.

Questi soggetti non sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi, ma possono farlo qualora abbiano un credito nei confronti dello Stato da recuperare.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI

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CAPITOLO 4 | A DOMANDA RISPONDO

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ESISTE UN TERMINE PERENTORIO ENTRO CUI L’AZIENDA DEVE PAGARE IL LAVORATORE ATIPICO? SE L’AZIENDA, QUANDO ASSEGNA UN INCARICO, NON CONSEGNA LA DOCUMENTAZIONE FIRMATA AL LAVORATORE, IN CHE MODO QUESTI PUÒ TUTELARSI IN CASO DI MANCATO PAGAMENTO?

In un contratto di collaborazione, a progetto, a partita Iva o altro contratto atipico non subordinato, il termine del pagamento deve essere indicato nel contratto scritto stipulato tra lavoratore e committente. Purtroppo, tranne che per il contratto a progetto, la forma scritta del contratto di collaborazione non è ancora obbligatoria in Italia.

Senza un contratto scritto, quindi, non esiste, ai fini della prova, la documentazione comprovante i termini della pattuizione iniziale. Ormai sono anni che chiediamo di rendere obbligatorio il contratto scritto per tutte le forme di lavoro. In caso di mancato pagamento, dunque, non resta che intentare una vertenza di conciliazione sindacale e, nei casi più ostici, rivolgersi al giudice.

SE UNA FATTURA EMESSA DA UN PROFESSIONISTA NON VIENE SALDATA NEI TEMPI CONCORDATI, IN QUALI MODI È POSSIBILE RECUPERARE IL CREDITO?

In caso di mancato pagamento di una fattura, la procedura standard è procedere con un sollecito tramite lettera, in cui si evidenzia che la fattura risulta non pagata. In questo modo si evita di mettere in cattiva luce chi può avere commesso solo uno sbaglio o una dimenticanza. Dopo qualche settimana si verifica la situazione con una telefonata, e in caso di ulteriore inadempienza è bene inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno che chieda fermamente il saldo del debito entro un lasso di tempo ragionevole, oltre al quale si procederà per vie legali.

ESISTE UNA DURATA MASSIMA PER UN CONTRATTO A PROGETTO? PER ESEMPIO, UN PROGETTO PUÒ DURARE 5 ANNI OPPURE ESSERE PROLUNGATO SENZA STILARE UN NUOVO CONTRATTO? E QUANTI CONTRATTI A PROGETTO PUÒ FARE UNA SINGOLA AZIENDA A UN LAVORATORE?

Può esistere un progetto della durata di 5 anni, ad esempio, un progetto di ricerca o di aggiornamento professionale complesso. Purtroppo, l’attuale legislazione dà anche la possibilità di ripetere lo stesso progetto o progetti simili per un numero imprecisato di volte purché il contratto precedente non sia prorogato, ma si disponga un nuovo contratto. Teoricamente, un’azienda può stipulare con un solo lavoratore anche molti progetti con singoli obbiettivi da raggiungere che insieme formano la sua attività lavorativa. Più pragmaticamente, le aziende stipulano un unico contratto in cui inseriscono attività diverse con differenti obbiettivi da raggiungere.

È LEGALE CHIEDERE A UN COLLABORATORE A PROGETTO DI UTILIZZARE UN BADGE PER ACCEDERE IN AZIENDA E CONTEGGIARGLI LE ORE? COME CI SI DEVE COMPORTARE SE A FINE MESE IL DATORE CONTESTA AL LAVORATORE DI “ESSERE SOTTO CON LE ORE”?

L’assoggettamento a un orario di lavoro e a un vincolo di presenza è considerato dalla giurisprudenza un criterio ausiliario, e non primario, per determinare che quel rapporto di lavoro sia subordinato anziché a progetto (vedi capitolo 1). Le circolari ministeriali sulle collaborazioni a progetto hanno ulteriormente complicato il quadro parlando di coordinazione temporale con il committente e facendo diventare possibile l’indicazione di un orario di lavoro. Quando però si chiede il rispetto di un orario senza che sia stato il collaboratore a indicarlo e allegarlo al progetto, allora si potrebbe trattare dell’esercizio, da parte del committente, del potere direttivo, gerarchico e, se il mancato rispetto dell’orario dovesse avere conseguenze, anche del potere disciplinare. Questi ultimi sono invece criteri primari per poter dire che

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si è di fronte ad un lavoro subordinato. Assolto il compito di coordinazione con l’attività del committente nella sede aziendale, anche la possibilità di lavorare da casa non potrebbe essere negata in assoluto.

Cosa fare? Se si hanno le condizioni di trattare civilmente con il committente si può suggerire di determinare una fascia oraria, o stabilire i tempi del lavoro da casa e quelli da prestare in azienda o, ancora, come rendere più rispondente l’effettiva attività al progetto formale.

Purtroppo il Governo Berlusconi, legiferando sui contratti a progetto, ha voluto dare per scontato che i due contraenti, committente e lavoratore, fossero alla pari nella pattuizione del contratto. In realtà, spessissimo ci si trova di fronte a datori di lavoro che impongono le loro decisioni confidando sull’estrema ricattabilità dei lavoratori e sulle difficoltà a farsi giustizia legalmente.

Se non è praticabile una discussione civile, pena la perdita del posto, vi consigliamo di tenere copia o testimonianza di tutte le imposizioni e/o richiami, e di tutte le dimostrazioni che quello che state svolgendo è, in realtà, un lavoro dipendente da poter usare per eventuali vertenze sindacali o legali, quando riterrete di volerlo fare e di averne le condizioni.

È LEGITTIMO CHE A UN COLLABORATORE A PROGETTO SI CHIEDA DI COMPILARE IL MODULO PER LA RICHIESTA DI FERIE? I CONTRATTI DI MOLTI COLLABORATORI PREVEDONO PROGETTI FITTIZI, IN REALTÀ GLI È RICHIESTO DI LAVORARE “A CIÒ CHE CAPITA” E SONO PAGATI CON UN FISSO MENSILE. È LEGALE?

QUALI PROVE OCCORRE PRESENTARE PER DIMOSTRARE LA CONDIZIONE DI “DIPENDENTI MASCHERATI” ? COSA SI GUADAGNA E COSA CI SI PERDE A CONTESTARE UN ABUSO DEL CONTRATTO A PROGETTO?

Chiedere di indicare il periodo di ferie e, soprattutto, pagarle sono indicatori di lavoro subordinato: nel lavoro autonomo non si possono elargire compensi in assenza di prestazione (vedi capitolo 1).

Se il vostro committente non è escluso dall’obbligo di applicare il lavoro a progetto, l’assenza di un contratto scritto o di un progetto scritto può essere un elemento che aiuta, anche se da solo non basta, a dimostrare la subordinazione del rapporto di lavoro.

Quando si impugna legalmente un rapporto di lavoro a progetto (ma anche a partita Iva, associazione in partecipazione, cessione dei diritti d’autore, occasionale e così via) si può chiedere il rispetto del contratto o della pattuizione su cui è basato il rapporto di lavoro, oppure si può contestare la sua natura chiedendo al sindacato o a un legale di transare per il risarcimento del danno subito. Una terza via è chiedere al giudice di sancire che quel rapporto era di lavoro dipendente (a tempo indeterminato o determinato) stabilendo a seconda dei casi l’assunzione a tempo indeterminato o il risarcimento per la differenza fra quanto pagato dal committente per il contratto a progetto e quanto dovuto nel lavoro dipendente.

Ovviamente, non essendo protetti dai licenziamenti illegittimi, se si contestano le modalità di lavoro o, ancor più, la legittimità del tipo di prestazione si rischia il licenziamento. Per questo, quando possibile, anche se si ritiene di avere di fronte datori di lavoro corretti o amici è sempre bene cautelarsi con clausole contrattuali idonee (capitolo 1 - Consigli utili per la contrattazione individuale).

ALLO SCADERE DEL CONTRATTO A PROGETTO, SPESSO SI CHIEDE AL COLLABORATORE DI APRIRE LA PARTITA IVA PENA LA FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO. COSA COMPORTA QUESTO PASSAGGIO PER IL LAVORATORE?

In generale la partita Iva ha costi di apertura, eventuale chiusura, e spese di gestione. Oltre a ciò, chi ha partita iva deve versare personalmente l’intero importo dei contributi previdenziali, versare in anticipo alcune imposte e non può fare il 730 (vedi capitoli 1 e 3).

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CHE COSA DEVE FARE UN COLLABORATORE A PROGETTO IN CASO DI MALATTIA O INFORTUNIO SUL LAVORO? A QUALI INDENNITÀ HA DIRITTO? HA OBBLIGHI DURANTE IL PERIODO DI ASTENSIONE DAL LAVORO?

In caso di malattia si deve avvisare tempestivamente il committente e inviare il certificato di malattia all’Inps e al committente entro il termine perentorio di 2 giorni dal rilascio.

In caso di infortunio sul lavoro si deve avvisare subito il committente, ed è lui a dover fare la denuncia all’Inail. Per le pratiche e le verifiche che riguardano il lavoratore, vista la complessità, consigliamo di andare al Patronato.

Le indennità sono diverse se la malattia ha decorso ospedaliero o domiciliare e ulteriormente differenti in caso d’infortunio. Durante la malattia si è tendenzialmente soggetti a visita fiscale come i lavoratori dipendenti. Le visite d’accertamento possono essere svolte tutti i giorni, compresi i festivi. Per il settore privato la fascia oraria delle visite è dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19; per il settore pubblico dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 (vedi capitolo 2).

È LEGITTIMO CHE, IN CASO DI MALATTIA, A UN COLLABORATORE A PROGETTO A CUI È RICHIESTA LA PRESENZA QUOTIDIANA IN AZIENDA VENGANO DECURTATE DALLA BUSTA PAGA LE ORE DI ASSENZA?

Teoricamente in assenza di prestazione il committente non dovrebbe erogare un compenso al collaboratore. La collaborazione, però, dovrebbe essere legata a un risultato da raggiungere e non a una presenza oraria, anche quando essa è ammessa. Quindi, se il collaboratore raggiunge il risultato o mantiene la prestazione richiesta, il compenso non dovrebbe essere decurtato. È probabile che, nel caso citato, le caratteristiche di una vera collaborazione siano poco presenti. È quindi buona regola rivolgersi a un sindacato per verificare meglio la propria situazione e i propri diritti.

PER IL COLLABORATORE A PROGETTO ESISTE LA POSSIBILITÀ DI ANDARE IN PATERNITÀ? IN QUALI SITUAZIONI? Questa indennità spetta anche ai padri iscritti alla Gestione separata alle stesse condizioni dei dipendenti: se la madre è morta, o gravemente invalida, o ha abbandonato il minore.

PER I LIBERI PROFESSIONISTI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS ESISTE L’INDENNITÀ DI MALATTIA PER RICOVERO OSPEDALIERO O DEGENZA DOMICILIARE? È PREVISTA LA TUTELA IN CASO DI MATERNITÀ A RISCHIO?

Per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps è prevista l’indennità per ricovero ospedaliero e per maternità. L’ex Ministro del lavoro Damiano ha esteso loro anche la tutela per la maternità a rischio. La manovra economica del Governo Monti ha esteso anche ai professionisti iscritti all’Inps la possibilità di usufruire dell’indennità di malattia con decorso domiciliare (vedi capitolo 2).

NON MI È STATO FATTO UN CONTRATTO REGOLARE PERCHÉ IL DATORE DI LAVORO SOSTIENE CHE LA PRATICA PER PAGARE I CONTRIBUTI È COMPLESSA. SI TRATTA DAVVERO DI UNA PROCEDURA ONEROSA?

La procedura è semplice e si svolge on line. Normalmente la fa il Commercialista del committente e, per ogni busta paga o compenso a cui segue l’F24, il costo varia tra i 20 e i 40 euro.

L’INCARICO DI PRESTAZIONE OCCASIONALE OLTRE I 5000 EURO È DA CONSIDERARSI UN CONTRATTO A PROGETTO ANCHE SE NON È STATO FIRMATO ALCUN CONTRATTO A PROGETTO? ESISTE UN LIMITE DI LETTERE D’INCARICO CHE UN’AZIENDA PUÒ FARE A UN COLLABORATORE NELL’ARCO DELL’ANNO?

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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Non è obbligatorio che si arrivi alla definizione del progetto se si superano i 5000 euro. Infatti, i contratti di collaborazione occasionale possono essere stipulati con più committenti. I limiti e le differenze fra contratto a progetto, collaborazione occasionale e lavoro autonomo occasionale sono sia di carattere contributivo che di modalità di espletamento della prestazione (vedi capitoli 1 e 2).

COSA BISOGNA FARE SE IL DATORE DI LAVORO, UNA VOLTA SUPERATI I 5000 EURO LORDI SENZA CONTRIBUTI, DECIDE DI PAGARE NELL’ANNO SUCCESSIVO ANCHE SE IL LAVORO È STATO ULTIMATO, PER ESEMPIO, AD AGOSTO? ENTRO QUANTI GIORNI BISOGNA ASPETTARSI IL PAGAMENTO?

A meno che nel contratto individuale o nella lettera d’incarico non sia definito un termine perentorio, le prestazioni occasionali non sono legate all’obbligo di pagamento entro un determinato periodo. La natura occasionale e limitata nel tempo della prestazione resa richiederebbe un pagamento immediato o in tempi limitati. Il datore di lavoro può anche effettuare il pagamento della prestazione e i relativi versamenti contributivi diversi mesi dopo o nell’anno successivo. I contributi devono, però, essere versati dal committente entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso.

LA COLLABORAZIONE OCCASIONALE PREVEDE QUALCHE TUTELA IN CASO DI MALATTIA E MATERNITÀ?

Anche la collaborazione occasionale ha diritto alle prestazioni erogate dalla Gestione separata ma solo se si sono versati almeno 3 mesi di contributi validi negli ultimi12 mesi (vedi capitolo 2).

LA FRANCHIGIA DEI 5.000 EURO LORDI SENZA CONTRIBUTI VALE PER UNA SINGOLA AZIENDA O È CUMULATIVA PER TUTTE LE AZIENDE PER CUI SI LAVORA?

Il limite dei 5.000 euro si riferisce ai redditi percepiti dal lavoratore autonomo, quindi al totale delle prestazioni svolte per tutti i committenti. Il lavoratore autonomo occasionale ha l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata Inps quando i redditi percepiti per lavoro autonomo occasionale, a fronte di un unico o di una pluralità di rapporti, superino, nell’anno solare, i 5.000,00 euro (art. 44 Dl 269/2006). Il committente ha l’obbligo di curare gli adempimenti successivi, ossia l’apertura della posizione previdenziale del lavoratore (se non ne è già in possesso) e il versamento dei contributi previdenziali. Tale soglia di reddito (contrariamente a quanto avviene per le mini co.co.co.) costituisce sempre una fascia di esenzione e, in caso di superamento di detta fascia nell’anno solare, i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente. In caso di pluralità di rapporti con diversi committenti nello stesso mese, ciascun committente dovrà assoggettare a contribuzione la quota parte del reddito eccedente la fascia esente, determinata in base al rapporto proporzionale tra il compenso erogato nel mese e la somma degli emolumenti erogati, nello stesso mese, dagli altri committenti. A tal fine, in base a quanto disposto dall’Inps, il lavoratore è tenuto a comunicare a ciascun committente, all’inizio del rapporto occasionale, o durante il suo svolgimento, l’eventuale superamento del predetto limite. Eventuali rimborsi spese non rientrano nell’imponibile contributivo.

SE SOLO UNA PARTE DEL COMPENSO SUPERA I 5.000 EURO LORDI SENZA CONTRIBUTI COME BISOGNA IMPOSTARE LA NOTULA? POTRESTE FORNIRE UN ESEMPIO DI NOTULA PER PRESTAZIONI OCCASIONALI OLTRE I 5.000 EURO?

Se solo una parte del compenso supera la franchigia di 5.000 euro, i contributi saranno calcolati solo su tale eccedenza e nella notula occorrerà detrarre un terzo dell’intero contributo (eccedenza moltiplicata per l’aliquota previdenziale a cui si è soggetti). Esempio:

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Liquidazione di compenso per prestazione occasione di euro 6.000,00 (soggetto privo di altra gestione previdenziale obbligatoria)

NOME - COGNOME

Via n. Cap Città C.F.

Spett.le Alfa srl Via n. Cap. Città Partita IVA Codice fiscale

Notula n. 1 del 25 gennaio 2012

Oggetto: prestazione di lavoro autonomo occasionale relativa ad attività di

Compenso per prestazione di lavoro autonomo occasionale Euro 6.000,00

• INPS gest. sep. (1/3 del 27,72% di euro 1.000) Euro 92,40

• Ritenuta Irpef 20% (su euro 6.000) Euro 1.200,00

Netto a pagare Euro 4.707,60

Contributo INPS a carico del committente Euro 184,80

Prestazione di lavoro autonomo occasionale non soggetta ad IVA ai sensi dell’art.5 del DPR.633/72 e successive modificazioni.

Ai fini della corretta applicazione del contributo INPS previsto dall’art. 44 del DL n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003, dichiaro che in seguito al superamento, per l’anno 2012, del limite di euro 5.000,00 di reddito derivante da rapporti di lavoro autonomo occasionale da me percepiti, l’importo del compenso da assoggettare al contributo INPS ammonta ad euro 1.000,00.

Luogo e data Firma

N.B. Le notule di valore superiore a euro 77,47 sono soggette a marca da bollo di euro 1,81.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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POTRESTE FORNIRE UNA NOTULA ESEMPLIFICATIVA COMPLETA?

Liquidazione di compenso per prestazione occasionale inferiore ad euro 5.000,00

NOME - COGNOME

Via n. Cap Città C.F.

Spett.le Alfa srl Via n. Cap. Città Partita IVA Codice fiscale

Notula n. 1 del 25 gennaio 2012

Oggetto: prestazione di lavoro autonomo occasionale relativa ad attività di

Compenso per prestazione di lavoro autonomo occasionale Euro 4.500,00

Ritenuta Irpef 20% Euro 900,00

Netto a pagare Euro 3.600,00

Prestazione di lavoro autonomo occasionale non soggetta ad IVA ai sensi dell’art.5 del DPR.633/72 e successive modificazioni.

Ai fini della corretta applicazione del contributo INPS previsto dall’art. 44 del DL n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003, dichiaro che per l’anno 2012 i redditi derivanti da rapporti di lavoro autonomo occasionale da me percepiti non superano il limite di euro 5.000,00. Il compenso indicato nella presente nota spese non è pertanto da assoggettare al contributo INPS previsto dalla norma citata.

Luogo e data Firma

N.B. Le notule di valore superiore a euro 77,47 sono soggette a marca da bollo di euro 1,81.

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IN CASO DI FALLIMENTO DELLE AZIENDE COMMITTENTI È PREVISTO UN AMMORTIZZATORE SOCIALE PER I PROFESSIONISTI?

No. Non è previsto nessuna forma di ammortizzatore sociale, né il professionista è considerato creditore privilegiato all’interno della procedura fallimentare.

SI POSSONO AVERE LETTERE D’INCARICO DA PIÙ AZIENDE CONTEMPORANEAMENTE?

Sì. Il lavoratore autonomo non è soggetto per definizione ad alcuna forma di coordinamento e la sua attività dovrebbe essere svolta in piena autonomia riguardo tempi e modalità di svolgimento. Deve solo, con più clienti, rispettare i termini e i tempi di esecuzione del lavoro stabiliti con ciascuno. Un committente potrebbe anche richiedere un’attività in esclusiva ma, in quel caso, dovrebbe essere remunerata e circoscritta nel tempo (vedi capitolo 1).

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER ATIPICI, PRECARI, PROFESSIONISTI

CAPITOLO 5 | LE COOPERATIVE TRA PROFESSIONISTI

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

Una cooperativa è una società costituita da più persone per gestire in comune un’impresa che si prefigge lo scopo di fornire, innanzitutto ai soci (scopo mutualistico), beni o servizi per il conseguimento dei quali la cooperativa è sorta.

In particolare, nelle cooperative di lavoro, lo scopo mutualistico è quello di fornire ai soci migliori condizioni di lavoro in termini di stabilità e remunerazione.

La cooperativa è un’impresa a tutti gli effetti, non è un’associazione no-profit, né un’associazione di volontariato.

DEMOCRAZIA: la cooperativa è un’impresa che mette al centro le persone prevedendo un forte controllo da parte dei suoi soci che prendono decisioni secondo il principio “una testa, un voto”.

MUTUALITÀ: il rapporto tra soci e cooperativa è regolato da un patto che descrive vantaggi e obblighi reciproci. Questo patto è ciò che è stato chiamato mutualità.

INTERGENERAZIONALITÀ: l’impresa cooperativa assicura lo sviluppo non solo nel presente ma, garantendo l’indivisibilità del patrimonio, il reimpiego degli utili e lavoro stabile, pone particolare attenzione anche alle nuove generazioni.

Per costituire una cooperativa è necessario che i soci siano almeno 3 e non è previsto alcun limite massimo. Le cooperative devono far riferimento al modello normativo della S.p.a. (società per azioni) o a quello della s.r.l.(società a responsabilità limitata).

Il modello s.r.l. è obbligatorio per le cooperative che hanno meno di 9 soci, i quali devono essere esclusivamente persone fisiche. Tale modello, però, può essere adottato anche dalle cooperative di piccole dimensioni a condizione che abbiano meno di 20 soci o un attivo patrimoniale inferiore ad 1 milione di euro (codice civile). Nel caso in cui vi siano entrambe queste condizioni (almeno 20 soci e 1 milione di euro di attivo patrimoniale), la scelta del modello s.p.a. è obbligata.

Per la cooperativa non è previsto un valore minimo di capitale sociale, come accade per le altre società di capitali. Il codice civile (art. 2525) stabilisce unicamente che il socio cooperatore non può versare una quota di capitale sociale inferiore a 25 euro, né superiore ai 100.000 euro.

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LA PORTA È APERTA: è il consiglio di amministrazione a decidere se ammettere o meno nuovi soci in base ai requisiti stabiliti dallo statuto e alle condizioni economiche della cooperativa. Può inoltre essere prevista la figura del socio speciale, ossia, si offre la possibilità di aderire alla cooperativa sottoscrivendo una quota di capitale sociale inferiore a quella prevista per i soci ordinari o conferendo un apporto mutualistico differenziato sia sul piano qualitativo che quantitativo.

Il socio può recedere in qualsiasi momento dalla cooperativa. Il recesso non può essere parziale: il socio non può richiedere parte del capitale sociale a titolo di recesso e rimanere così ancora socio. il recesso è una scelta definitiva.

Il socio che recede o viene escluso, ha diritto a vedersi restituito il capitale che egli aveva versato al momento della sua ammissione, al valore strettamente nominale.

In una cooperativa di professionisti (o del sapere) è fondamentale che i soci siano “esercenti professioni intellettuali”, coerenti con l’oggetto sociale, ma è prevista anche la presenza di soci “tecnici ed amministrativi”.

Le cooperative hanno gli stessi organi sociali previsti per le società di capitali: assemblea, consiglio di amministrazione, collegio sindacale.

Le modalità di svolgimento dell’assemblea sono fondamentalmente le stesse previste per le altre forme societarie, l’unica vera peculiarità è la regola del voto capitario, in base alla quale ogni socio può esprimere un solo voto, indipendentemente dalla propria partecipazione al capitale sociale. Nelle cooperative di lavoro (quindi anche quelle tra professionisti) sussiste una deroga al principio del voto capitario che riguarda i soci finanziatori, che possono esprimere al massimo 1/3 dei voti dell’assemblea allo scopo di evitare l’esercizio di un potere eccessivo nella vita e nelle scelte della società. Il peso della partecipazione in assemblea dei soci finanziatori dipende comunque dalla presenza dei soci cooperatori. Infatti, il rapporto di 1/3 deve sempre essere rispettato in sede assembleare, proporzionalmente ai soci cooperatori presenti.

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER PRECARI, ATIPICI, PROFESSIONISTI.

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Le cooperative sono obbligate, in sede di approvazione di bilancio, a destinare il 30% degli utili netti annuali alla riserva legale e a versare il 3% al Fondo mutualistico per la promozione e sviluppo della cooperazione (come previsto dalla L.59/92). Dopo aver destinato queste quote obbligatorie, la cooperativa può distribuire gli utili ai soci a titolo di dividendi (se la cooperativa è a mutualità prevalente nei limiti previsti dall’art. 2514 c.c.), oppure destinarli a patrimonio nella riserva indivisibile.

La parte degli utili che le cooperative destinano a riserve patrimoniali indivisibili tra i soci non concorre a formare il reddito imponibile della cooperativa a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuire tali riserve patrimoniali tra i soci (sia durante la vita dell’ente, sia al suo scioglimento). Nelle cooperative di lavoro (e nei loro consorzi) a mutualità prevalente (che svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci) il beneficio fiscale si applica al 57% degli utili netti annuali. Mentre per le cooperative agricole e piccola pesca la quota è pari al 77%, per le cooperative di consumo è il 32%, per le cooperative sociali è il 97%. Nelle cooperative a mutualità non prevalente il beneficio si applica limitatamente alla quota del 30% degli utili netti annuali. Tali benefici fiscali sono dettati proprio dal fatto che gli utili della cooperativa non vengono distribuiti tra i soci, ma nuovamente investiti nell’impresa al fine di favorire le nuove generazioni e creare nuove opportunità di crescita e di occupazione. È, quindi, premiato il ruolo sociale dell’impresa cooperativa.

Il ristorno è l’essenza del rapporto mutualistico in quanto consente ai soci di ottenere vantaggi economici direttamente proporzionati alla qualità e all’intensità del rapporto mutualistico. Lo statuto deve indicare i criteri per la ripartizione, determinandoli proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici. L’erogazione del ristorno è rimessa alla volontà dell’assemblea, sia ai fini della determinazione, della misura, sia ai fini delle possibili modalità di attribuzione del ristorno.

Il ristorno è un vantaggio riconosciuto ai soli soci, ma non indistintamente e in modo eguale: il ristorno è attribuito ai soli soci che abbiano avuto scambi mutualistici con la cooperativa, quindi, esclusivamente a coloro che hanno usufruito dei servizi della cooperativa.

Ciò che può essere distribuito è l’utile generato esclusivamente con le transazioni intercorse con i soci e non anche quelle con i non soci: è necessario rapportare il costo del lavoro dei soci con il costo complessivo del lavoro, la percentuale che ne deriva consente alla cooperativa di determinare e documentare la parte degli utili complessivamente ristornabili. Le cooperative di lavoro devono però considerare un ulteriore limite (previsto dall’art. 3 L. 142/01) che stabilisce che il ristorno non può superare il 30% dei trattamenti retributivi complessivi.

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Non siamo una categoria, non siamo una specie da proteggere, non siamo un bersaglio da colpire, non siamo martiri da immolare.

Potremmo essere il futuro, questo sì. E come potremmo rappresentarlo al meglio?

Facendoci diventare una risorsa. Come? Con il nostro lavoro, le nostre competenze, le nostre capacità.

La precarietà è un problema che si colloca nella più generale debolezza strutturale dell’Italia di fronte alla crisi economica internazionale.

In Italia sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali: secondo l’OIL, il FMI, l’OCSE e tutte le altre principali istituzioni sovranazionali, la causa principale è da ritrovare nella crisi globale. Tutto questo ha incentivato il consolidamento di forme e modalità non coperte dal classico diritto del lavoro e dal welfare e, contemporaneamente, al cosiddetto dualismo tra lavoratori protetti e non protetti si sono aggiunte divisioni intergenerazionali, di genere, tra le varie tipologie di impiego, tra professionisti consolidati e giovani professionisti.

A queste si aggiungono le storiche distanze tra Nord e Sud dell’Italia, tra lavoratori regolari e irregolari, tra migranti e autoctoni.

Per questo occorre scegliere una linea di politica economica espansiva, a livello europeo prima ancora che nazionale, una linea di riforme per aumentare gli investimenti pubblici e privati, per mettere le nuove generazioni di lavoratori in condizione tale da essere “assorbiti” dal mercato del lavoro, di essere considerati “investimenti” del sistema economico e sociale, di esprimere le proprie capacità e competenze.

Questo processo può essere agevolato riducendo i margini di abuso ed elusione contrattuale, così come incentivando le forme “proprie” di impiego o reimpiego, accanto ad un’estensione del sistema di ammortizzatori sociali e un ulteriore sviluppo delle politiche attive del lavoro.

Ecco perché non sembra affatto utile rimuovere dallo Statuto dei Lavoratori l’articolo 18 per la parte relativa al licenziamento di natura economica ed organizzativa, né per i lavoratori né tanto meno per le imprese: il 90% delle imprese italiane ha meno di 15 dipendenti (soglia al di sotto della quale già non si applica la norma).

Più in generale, pur rappresentando un “simbolo” in molte discussioni politiche, l’articolo 18 non è il problema.

Affinché il sistema delle imprese recuperi competitività appare evidente come qualsiasi proposta

“Work is life, you know, and without that there is only fear and insecurity”

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debba essere capace di creare occupazione, aiutare le imprese, semplificare le assunzioni, tutelare i lavori.

In una democrazia e in un’economia avanzata come la nostra le tutele sociali devono essere garantite a tutti i cittadini a prescindere dalla modalità con le quali lavorano.

Le questioni da affrontare possono essere ricondotte essenzialmente a tre: tutelare l’ingresso nel lavoro; ridurre la precarietà e tutelare la flessibilità e il lavoro autonomo; tutelare l’uscita dal lavoro e i periodi di non-lavoro.

Le risposte devono trovarsi all’interno di una forte strategia di riunificazione del lavoro capace di parlare alle nuove generazioni e al Paese in generale.

In tal senso, il PD ha discusso ed elaborato una serie di risposte che vanno dalle “ricette” di un contratto di inserimento e reinserimento formativo che incentivi la stabilità e riformi l’apprendistato, alla drastica riduzione delle tipologie contrattuali flessibili a strumenti di inserimento lavorativo a costo inferiore al tempo pieno e indeterminato.

In sintesi, bisogna rendere meno costoso l’uso corretto del lavoro e più costosa la flessibilità, sia attraverso meccanismi di incentivazione legati alla stabilizzazione e alla formazione, sia prevedendo che le retribuzioni di tutti i lavoratori non possano mai essere inferiori al salario previsto dalla contrattazione collettiva nazionale.

A tutto questo si aggiunge l’idea di una retribuzione o un compenso minimo orario, determinato in relazione ai minimi dei contratti nazionali di riferimento per i rapporti di lavoro fuori dal contratto nazionale.

Tutto ciò vale anche per i giovani professionisti a partita IVA. Per questo è necessaria l’introduzione di uno Statuto per i lavoratori autonomi ed i professionisti. È necessario sostenere anche l’imprenditoria giovanile e femminile, finanziandone l’avvio, la formazione, la ricerca, l’innovazione. Un ruolo fondamentale in questa prospettiva lo gioca la formazione continua, che deve essere presente durante la vita lavorativa di tutti, indipendentemente dalle forme di lavoro per sostenere l’occupazione, l’inserimento e la crescita professionale di tutti i lavoratori.

In ogni caso noi, per ora, ci siamo abituati a vivere nella flessibilità. Attendiamo che anche il Paese ne prenda atto.

GIORGIA D’ERRICO E MARIA TERESA ALTORIO

Coordinamento Nazionale Ass. Lavoro&Welfare Giovani

“Work is life, you know, and without that there is only fear and insecurity”John Lennon

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I PROMOTORI DEL MANUALE

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L’associazione 20 Maggio Flessibilità Sicura si è costituita nel 2007, all’interno del Forum del Lavoro del Partito Democratico.

I temi che l’associazione affronta, e le proposte di legge che elabora, sono stimolate dal lavoro del Professore Massimo D’Antona, barbaramente ucciso il 20 maggio del 1999, il cui maggiore impegno è consistito nella ricerca di percorsi e soluzioni che connotassero i partiti del centro sinistra e i sindacati come soggetti della trasformazione e dell’innovazione, spesso mettendo in guardia da posizioni e impostazioni di mera conservazione dell’esistente.

Il 20 maggio è anche il giorno dell’approvazione dello Statuto dei lavoratori, una conquista di civiltà che ha reso concrete ed esigibili le tutele dei lavoratori italiani e ha cambiato profondamente l’assetto sociale e politico del nostro paese.

Abbiamo scelto come nome dell’associazione questa data, così profondamente simbolica, perché siamo convinti che, come ha fatto lo “Statuto dei lavoratori” e come testimonia la vita di Massimo D’Antona”, attraverso lo studio e l’impegno sociale è possibile individuare soluzioni condivise che aprano nuovi processi di trasformazione positiva e affermino regole che tutelino tutti i lavori.

Per farlo, crediamo sia indispensabile rendere saldo il legame tra le funzioni di rappresentanza e proposta (che spettano agli organi dirigenti del Partito e alle rappresentanze parlamentari) e le esigenze e i bisogni delle persone che lavorano in condizioni precarie, in particolare dei giovani e delle giovani che aspettano da tempo un’idea forte di tutela e di speranza per il futuro.

Ogni nostra proposta è frutto di un percorso condiviso, di cui protagonisti sono i lavoratori che vivono la condizione di precarietà e le associazioni che li rappresentano. A partire dalla Conferenza del Lavoro di Genova, e dal lavoro parlamentare che ne è seguito, il Pd è ritornato in forte sintonia con il mondo del lavoro attraverso analisi, idee, proposte credibili e condivise. Ci fa piacere pensare che, nel nostro piccolo, abbiamo dato un contributo perché ciò accadesse.

Un momento di particolare impegno dell’Associazione è stato la costituzione del Coordinamento dei Parlamentari del PD contro la precarietà.

Attraverso il Coordinamento è stato possibile fare numerose interrogazioni parlamentari e presentare molte proposte di Legge sia sul tema della precarietà, sia sull’università, sui beni culturali, sugli stage e il praticantato, sulla riforma delle professioni, sullo statuto del lavoro autonomo, sulla revisione del “bonus precari” e sul Cuif, il Contratto Unico d’Inserimento Formativo.

Da questa attività e dalla proficua collaborazione con l’ Associazione Lavoro & Welfare, con i Giovani Democratici e con il Dipartimento Economia e Lavoro del PD, sono nate la campagna Precarietà Zero e la conferenza Generazioni ad Alta Risoluzione.

L’adesione alla Associazione 20 Maggio è gratuita. Per aderire basta compilare la scheda disponibile su tutelareilavori.it. Sul nostro sito è possibile anche consultare gli archivi, le banche dati e conoscere le proposte e l’attività dell’Associazione 20 maggio.

associazione 20 maggioFlessibilità sicura

www.tutelareilavori.it [email protected]

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L’ Associazione “Lavoro&Welfare”, presidente Cesare Damiano, si propone di affermare a livello politico, sociale e culturale la centralità

del lavoro e del welfare. Il lavoro, in tutte le sue forme, è la massima espressione della creatività

umana, è fonte di reddito, ma anche socialità e certezza di futuro ed è fondamento della dignità della persona. Affinché il lavoro rappresenti tutto questo è indispensabile che

sia di qualità, tutelato, sicuro e non precario.

Troppo estesa è invece l’insicurezza che mortifica la dignità della persona e impedisce la possibilità di progettare il proprio avvenire, troppi sono ancora gli infortuni e le morti sul lavoro.

E soprattutto troppo è il lavoro che non c’é. Siamo convinti che non si possa immaginare un futuro positivo per questo paese senza affrontare e risolvere i nodi legati alle questioni del lavoro e del welfare che devono rappresentare la priorità per l’agenda politica.

L’Associazione nasce con queste priorità e dopo poco più di due anni di vita conta oltre duemila iscritti, tra Soci e Aderenti, in tutto il territorio nazionale. Siamo presenti in quasi tutte le regioni con coordinamenti regionali e provinciali.

Per un’ associazione come la nostra, il tesseramento riveste un’importanza strategica sia perché assicura risorse preziose per l’attività di ogni giorno sia perché rinnova o avvia un rapporto democratico con donne e uomini che hanno progetti ed obiettivi comuni. È possibile trovare tutte le informazioni sulle modalità d’iscrizione sul sito dell’Associazione. L’iscrizione all’Associazione da diritto a ricevere la Rivista e partecipare ai seminari e ai corsi di formazione.

Negli anni scorsi abbiamo svolto un‘intensa attività seminariale con numerose iniziative in tutto il territorio nazionale, ma in particolare abbiamo dato un forte impulso all’attività formativa sui temi del mercato del lavoro, delle relazioni industriali, dello sviluppo, della previdenza, del welfare, della sicurezza sul lavoro.

Nel 2012 intendiamo, in particolare, approfondire il tema delle ricadute della crisi globale sul mercato del lavoro e sulle politiche di welfare con la partecipazione di personalità di alto prestigio a livello nazionale ed europeo.

Dal 2002 è attiva la rivista LavoroWelfare, che quest’anno compie 10 anni, e che abbiamo scelto di rinnovare, a partire dall’ultimo numero del 2011, con un nuovo stile nella grafica e nei contenuti.

www.lavorowelfare.it [email protected]

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I Giovani democratici sono l’organizzazione giovanile del Partito democratico e raccolgono iscritti dai 14 ai 29 anni.

Autonomi dal Partito democratico, si ispirano ai valori dell’uguaglianza, della libertà, della giustizia sociale e della laicità dello stato.

In questi anni hanno organizzato campagne per i diritti civili, contro la precarietà, per la remunerazione degli stage, per un trasparente finanziamento della politica.

In particolare sui temi del lavoro e della lotta alla precarietà abbiamo sviluppato numerose iniziative e campagne dando un contributo importante all’iniziativa dei movimenti giovanili e studenteschi sviluppatisi in questi anni a partire dal movimento “Il nostro tempo è adesso”, dalla campagna Precarietà Zero e dalla conferenza Generazioni ad Alta Risoluzione.

Inoltre dalla proficua collaborazione con l’Associazione 20 maggio - Flessibilità Sicura, l’Associazione Lavoro & Welfare e con il Dipartimento Economia e Lavoro del PD, abbiamo contribuito ad elaborare e sono state presentate molte proposte di Legge sia sul tema della precarietà, sugli stage e il praticantato, sullo statuto del lavoro autonomo, sulla revisione del “bonus precari” e sul Cuif, il Contratto Unico d’Inserimento Formativo.

Presenti in tutta Italia con più di cinquantamila iscritti, sono nelle scuole con la Federazione degli Studenti e nelle università con la Rete Universitaria Nazionale.

www.giovanidemocratici.net

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Messaggio promozionale riguardante le forme pensionistiche complementari. Prima dell’adesione ai Piani Individuali Pensionistici (PIP) gestiti da Unipol Assicurazioni, leggere la Nota Informativa, il Regolamento e le Condizioni Generali di contra  o che possono essere richiesti alle agenzie di Unipol Assicurazioni e consultati sul sito internet www.unipolassicurazioni.it, alla sezione previdenza complementare.

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INSIEME SALUTE LA MUTUA SANITARIA INTEGRATIVA AL FIANCO DEI “LAVORATORI ATIPICI”

Insieme Salute è una mutua sanitaria ad adesione volontaria aperta a tutti i cittadini, fondata nel 1994, conta oggi più di 10.000 soci. Non ha scopo di lucro, unico scopo della mutua è quello di assistere il proprio associato quando intervengono problemi di salute. In questi casi il socio può usufruire di prestazioni sanitarie offerte da professionisti, strutture pubbliche e private, evitando lunghi tempi di attesa, avendo garantito il rimborso delle spese sostenute o avendo accesso gratuito a servizi sanitari a pagamento.

Insieme Salute ha sviluppato una vasta esperienza nel rispondere ai bisogni sanitari dei lavoratori parasubordinati. In collaborazione con la Consulta delle professioni Cgil, con con il Sindacato Traduttori Editoriali (S.TRAD.E), con Acta e altre associazioni di lavoratori autonomi nel corso degli anni si sono definite forme di assistenza specifiche comprendenti sussidi in caso di malattia, di gravidanza, di impossibilità di svolgere la normale attività lavorativa.

DISTINTIVITÀ

Insieme Salute non ha scopo di lucro anche per questo le quote associative sono molto contenute. Gli eventuali avanzi di gestione vengono accantonati e rimangono a disposizione dei soci, di anno in anno, di generazione in generazione.

Insieme Salute assiste l’associato per tutta la vita: nessuno può essere escluso né per limiti di età, né per condizioni di salute. Solo l’associato può recedere dal vincolo associativo.

Le quote associative sono detraibili dal reddito ( si recupera sempre il 19%).

Le quote associative non cambiano in base alle condizioni di salute o all’età. Non sono richieste visite preventive per essere ammessi.

I soci sono partecipi della vita sociale della mutua. L’associato è sempre invitato alle assemblee e agli eventi culturali promossi dalla mutua.

OPERATIVITÀ

Per assistere al meglio i propri associati Insieme Salute ha studiato procedure e prassi volte alla semplificazione e alla trasparenza. Di seguito qualche esempio:

Regolamenti trasparenti, facilmente comprensibili, senza cavilli e postille.

No call center: operatori competenti e assunti stabilmente. Burocrazia minima.

Non ci sono moduli da compilare per richiedere il rimborso. I rimborsi si chiedono via fax, e-mail o posta o recandosi presso i nostri uffici.

Rimborsi certi e rapidi.

RIFERIMENTI

INSIEME SALUTE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSOVia Giovanni da Procida, 24 - 20149 Milano (MI)

Tel: 02/37052067 Fax: 02/37052072 Mail: [email protected]: www.insiemesalute.org

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AUTORI Davide Imola, Cristian Perniciano, Rosangela Lapadula, Paolo Scaramuccia, Marilisa Monaco

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Cristina Clausi Schettini

DISEGNI E VIGNETTE di Arnald tratte dal sito diversamenteoccupati.it e di Davide Amoretti

HANNO COLLABORATO Sandra Biondo, Marco Bruscolini, Giorgia D’Errico, Andrea Dili, Angela Potetti, Fausto Raciti, Paolo Scaramuccia, Stefania Trombetti, Riccardo Zelinotti, Alessandro Viggiani e la Rete dei Redattori Precari che, assieme ai GD del Piemonte, hanno formulato le domande e orientato i contenuti del manuale.

SI RINGRAZIA L’INPS dal cui sito internet, www.inps.it, sono estrapolate parti del testo relativo alle tutele sociali

SI RINGRAZIANO tutte le amiche e gli amici delle associazioni che sostengono l’iniziativa e in particolare: Maria Teresa Altorio, Aldo Amoretti, Cristian Andruccioli, Salvo Barrano, Laura Calderone, Marco Calvetto, Giovanni Carghini, Mario Castagna, Alessandra Cataldi, Cristina Cazzullo, Franca Cecchini, Valerio Ceffa, Franco Cesari, Julian Colabelo, Lia Colpo, Antonella Dalu, Patrizio Di Nicola, Matteo Di Pietro, Silvia Del Vecchio, Mario Esposti, Nicoletta Galante, Giuseppe Guardascione, Mauro Iengo, Simone Imola, Antonio Levy, Andrea Macchia, Margherita Malorgio, Elisa Mariano, Valerio Marinelli, Enzo Milazzo, Enrico Moretti, Gianluigi Nocella, Filippo Pecci, Emanuele Perugini, Francesco Ricciardi, Laura Ricciardi, Antonio Ruda, Luca Schiaffino, Laura Specchio, Riccardo Sanna, Marcello Turci e tutti i parlamentari del “Coordinamento PD contro la precarietà”. Un ringraziamento particolare va ai compagni del dipartimento Economia e Lavoro del PD Stefano Fassina, Emilio Gabaglio, Armando Cirillo, Lucio Caffarelli, Valentino Filippetti, Enrico Ceccotti, Melania Orgitano.

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