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57 Teresa Esposito UNA LETTERA INEDITA PER LA STORIA DEL COLLEZIONISMO DELLA MAIOLICA DI CASTELLI D’ABRUZZO: SPUNTI DI RIFLESSIONE Qualche tempo fa è emersa sul mercato antiquario una lettera, inedita, oggi custodita in collezio- ne privata. Si tratta di un bifolio scritto con un’elegante e minuta calligrafia, su quattro pagine. L’epistola, seppur mancante della busta, risulta ben conservata ma, soprattutto, firmata e datata. Infatti al verso della seconda carta si legge Bellante 25 luglio 1842 ed in calce, la firma del mittente, Antonio Spera. L’esame del recto della prima carta rivela, invece, sul margine superiore sinistro la presenza di un bollo a secco, ancora non identificato, e svela, solo in parte, il destinatario del ma- noscritto. A quest’ultimo il mittente si rivolge definendolo Gentilissimo Signor Marchese. La missiva è stata stilata con l’intento di fornire un’esatta descrizione di due vasi di Castelli d’Abruzzo, a seguito della richiesta avanzata dal destinatario in una precedente e pregiatissima lettera. La meticolosità dell’estensore, sgomentato di fronte al delicato compito assegnato, poiché sono cose nelle quali per nulla mi conosco, è tale da apporre ai piedi di questa lettera anche un pezzetto di carta con il disegno della forma e colla indicazione de’ punti ne’ quali si trovano i piccoli quadri che l’abbellano. Il contenuto della lette- ra ci consente di riflettere su alcuni aspetti intimamente legati allo studio della storia della cerami- ca. Difatti, l’epistola costituisce una preziosa testimonianza, preunitaria, sia nell’ambito della sto- ria del commercio ceramico, sia in quello del collezionismo della maiolica di Castelli d’Abruzzo. In ultimo, il manoscritto, verosimilmente, potrebbe testificare anche l’attività, forse sottobanco o parzialmente nascosta, di Antonio Spera quale acquirente, per conto di terzi, di manufatti cera- mici. Prima di addentrarci nel vivo della disamina sul contenuto del documento s’impone, dove- rosa, la restituzione del profilo biografico del mittente e del presunto destinatario. Per ciò che concerne il primo non vi sono più dubbi, poiché è stato finalmente possibile sciogliere il suo co- gnome 1 . Al contrario, resta ancora nell’ombra dell’anonimato il destinatario, per il quale è possi- bile avanzare solo supposizioni. L’ipotesi più accreditata individuerebbe il marchese Luigi Drago- netti (L’Aquila 1791 – L’Aquila 1871) come probabile destinatario della lettera. D’altronde proprio a quest’ultimo, patriota e uomo politico 2 , è dedicato l’opuscolo Critica delle principali teorie prodotte sulla respirazione umana 3 che il dicianovenne Antonio Spera (Bellante 1811 – Città Sant’Angelo 1874) 4 , suo devotissimo servo, scrive e poi dà alle stampe, a L’Aquila, nel 1830. In quello stesso anno il bellantese sostiene presso il Real Liceo di L’Aquila 5 l’esame per concorrere alla mezza piazza franca, poi ottenuta, ai fini dell’ammissione al Collegio Medico Cerusico di Napoli dove, un anno più tardi, è ricordato come il migliore degli alunni 6 . Si giunge così al 3 febbraio del 1832 quando lo 1 Il presente studio è stato, in parte, già presentato in occasione del Secondo Convegno di Studi sulla ceramica abruzze- se, umbro-marchigiana e laziale, tenutosi a Tolentino il 19 settembre 2014, a cura di Nadir Stringa presso il Convento di S. Nicola. Recenti acquisizioni hanno consentito di integrare il quadro tracciato in precedenza. Ringrazio sentitamente: la Dott.ssa Maria Adelaide Lorenzetti del Segretariato ai Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, la Dott.ssa Luciana D’Annunzio, la Dott.ssa Franca Saraullo e il Dott. Enrico Cannella dell’Archivio di Stato di Teramo, la Dott.ssa Lorena D’Agostino della Biblioteca Padre Candido Donatelli di Giulianova, la Dott.ssa Marcella Pantalone della Biblioteca del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, la Dott.ssa Marcela Kubovova della Biblioteca del MIC di Faenza ed infine la Dott.ssa Rachele Ragnetti e il Prof. Fernando Filipponi. Esprimo, inoltre, la mia più sentita riconoscenza al Prof. Claudio Paolinelli. 2 ETTORRE, 1891, passim; RIVERA, 1898, pp. 76-88. 3 SPERA, 1830, pp. 3-44: 3-7. 4 Per l’atto di nascita di Antonio Spera: ARCHIVIO DI STATO DI TERAMO (d’ora in poi AST), 1811, b. 159. Per l’atto di morte: AST, 1874, b. 57/b. 5 AST, 1830, b. 68/a, fasc. 354. Il marchese Luigi Dragonetti è stato amministratore del Reale Liceo di L’Aquila dal 1822 al 1869 come ricordano: ETTORE, 1891, p. 22; RIVERA, 1898, p. 76. 6 Estratto..., 1873, p. 37.

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Teresa Esposito

una Lettera inedita Per La storia deL coLLezionismo deLLa maioLica di casteLLi d’aBruzzo: sPunti di rifLessione

Qualche tempo fa è emersa sul mercato antiquario una lettera, inedita, oggi custodita in collezio-ne privata. Si tratta di un bifolio scritto con un’elegante e minuta calligrafia, su quattro pagine. L’epistola, seppur mancante della busta, risulta ben conservata ma, soprattutto, firmata e datata. Infatti al verso della seconda carta si legge Bellante 25 luglio 1842 ed in calce, la firma del mittente, Antonio Spera. L’esame del recto della prima carta rivela, invece, sul margine superiore sinistro la presenza di un bollo a secco, ancora non identificato, e svela, solo in parte, il destinatario del ma-noscritto. A quest’ultimo il mittente si rivolge definendolo Gentilissimo Signor Marchese. La missiva è stata stilata con l’intento di fornire un’esatta descrizione di due vasi di Castelli d’Abruzzo, a seguito della richiesta avanzata dal destinatario in una precedente e pregiatissima lettera. La meticolosità dell’estensore, sgomentato di fronte al delicato compito assegnato, poiché sono cose nelle quali per nulla mi conosco, è tale da apporre ai piedi di questa lettera anche un pezzetto di carta con il disegno della forma e colla indicazione de’ punti ne’ quali si trovano i piccoli quadri che l’abbellano. Il contenuto della lette-ra ci consente di riflettere su alcuni aspetti intimamente legati allo studio della storia della cerami-ca. Difatti, l’epistola costituisce una preziosa testimonianza, preunitaria, sia nell’ambito della sto-ria del commercio ceramico, sia in quello del collezionismo della maiolica di Castelli d’Abruzzo. In ultimo, il manoscritto, verosimilmente, potrebbe testificare anche l’attività, forse sottobanco o parzialmente nascosta, di Antonio Spera quale acquirente, per conto di terzi, di manufatti cera-mici. Prima di addentrarci nel vivo della disamina sul contenuto del documento s’impone, dove-rosa, la restituzione del profilo biografico del mittente e del presunto destinatario. Per ciò che concerne il primo non vi sono più dubbi, poiché è stato finalmente possibile sciogliere il suo co-gnome1. Al contrario, resta ancora nell’ombra dell’anonimato il destinatario, per il quale è possi-bile avanzare solo supposizioni. L’ipotesi più accreditata individuerebbe il marchese Luigi Drago-netti (L’Aquila 1791 – L’Aquila 1871) come probabile destinatario della lettera. D’altronde proprio a quest’ultimo, patriota e uomo politico2, è dedicato l’opuscolo Critica delle principali teorie prodotte sulla respirazione umana3 che il dicianovenne Antonio Spera (Bellante 1811 – Città Sant’Angelo 1874)4, suo devotissimo servo, scrive e poi dà alle stampe, a L’Aquila, nel 1830. In quello stesso anno il bellantese sostiene presso il Real Liceo di L’Aquila5 l’esame per concorrere alla mezza piazza franca, poi ottenuta, ai fini dell’ammissione al Collegio Medico Cerusico di Napoli dove, un anno più tardi, è ricordato come il migliore degli alunni6. Si giunge così al 3 febbraio del 1832 quando lo

1 Il presente studio è stato, in parte, già presentato in occasione del Secondo Convegno di Studi sulla ceramica abruzze-se, umbro-marchigiana e laziale, tenutosi a Tolentino il 19 settembre 2014, a cura di Nadir Stringa presso il Convento di S. Nicola. Recenti acquisizioni hanno consentito di integrare il quadro tracciato in precedenza. Ringrazio sentitamente: la Dott.ssa Maria Adelaide Lorenzetti del Segretariato ai Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, la Dott.ssa Luciana D’Annunzio, la Dott.ssa Franca Saraullo e il Dott. Enrico Cannella dell’Archivio di Stato di Teramo, la Dott.ssa Lorena D’Agostino della Biblioteca Padre Candido Donatelli di Giulianova, la Dott.ssa Marcella Pantalone della Biblioteca del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, la Dott.ssa Marcela Kubovova della Biblioteca del MIC di Faenza ed infine la Dott.ssa Rachele Ragnetti e il Prof. Fernando Filipponi. Esprimo, inoltre, la mia più sentita riconoscenza al Prof. Claudio Paolinelli.2 ETTORRE, 1891, passim; RIVERA, 1898, pp. 76-88.3 SPERA, 1830, pp. 3-44: 3-7.4 Per l’atto di nascita di Antonio Spera: ARCHIVIO DI STATO DI TERAMO (d’ora in poi AST), 1811, b. 159. Per l’atto di morte: AST, 1874, b. 57/b.5 AST, 1830, b. 68/a, fasc. 354. Il marchese Luigi Dragonetti è stato amministratore del Reale Liceo di L’Aquila dal 1822 al 1869 come ricordano: ETTORE, 1891, p. 22; RIVERA, 1898, p. 76. 6 Estratto..., 1873, p. 37.

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Spera risulta laureato in Medi-cina e Chirurgia presso il pre-stigioso ateneo napoletano7. Successivamente, nel 1837, è presente nell’elenco dei medici chirurghi autorizzati dal co-mune di Bellante8. La sua lun-ga carriera di dottore è costel-lata da numerosi successi professionali tanto da merita-re, nel 1868, il conferimento della cittadinanza onoraria di Montepagano, nonché un ar-ticolo, apparso il 14 dicembre 1864 sul Corriere delle Mar-che, in cui il Prof. Raffaele D’Ortensio gli rivolge sperti-cati elogi9. Ciononostante l’e-sistenza di Antonio Spera, me-dico e poeta dilettante10, è anche segnata dall’esilio di ben oltre 12 anni patito per ge-nerosi sentimenti patriottici. Nel 184511 il Dottor Spera, as-sieme al più anziano fratello Venanzio12 è uno dei membri della Guardia urbana, la forza civica armata del paese, sorta a difesa dell’ordine pubblico.

Tre anni più tardi, in qualità di Capitano della Guardia Nazionale13, egli proietta Bellante nelle vicende storiche del 1848, carat-terizzato dalle insurrezioni popolari tendenti ad ottenere riforme di tipo democratico, o più pro-priamente costituzionali, che interessarono l’Europa intera. Dagli atti della sentenza della Gran Corte Criminale di Teramo si apprende che lo Spera, capo della congrega dei liberali14, il 30 maggio del 1848 decide di non fare celebrare la messa, cantando il Te Deum, per festeggiare l’o-

7 Ibidem.8 AST, 1837, b. 119, fasc. 25. 9 Estratto..., 1873, p. 38.10 Ad oggi sono noti due sonetti: il primo dedicato al patriota Emidio Mezzopreti-Gomez, il secondo in onore di Bo-naventura Palamolla, intendente della Provincia di Teramo. Il 1 giugno 1862 (...), 1862, pp. 12-13; AST, 1833, b. 415, fasc. 5.11 AST, 1845, b. 1023.12 Venanzio Spera nasce a Bellante nel 1802 e ivi muore nel 1881. AST, 1881, b. 59. Dalla denunzia di successione stilata alla morte di Antonio Spera si è riusciti a risalire all’interno albero genealogico della famiglia Spera. AST, 1874, vol. VI, b. 3.13 AST, 1848, b. 630, c. 15. Per approfondimenti si rimanda a: LOPEZ, 1984, pp. 8-9; DI GIROLAMO, 2006, p. 25, n. 10. 14 Ibidem. La congrega era formata da Nicodemo e Ferdinando Brandarelli (farmacista il primo e proprietario il secon-do), i fabbri Antonio e Costantino Merlonetti, il vetturale Michele Biondi e il calzolaio Raffaele Zucconi.

Lettera di Antonio Spera, Bellante 25 luglio 1842, c. 1, recto. Collezione privata

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nomastico del re Ferdinando, sovvertendo così una consuetudine ormai consolidata. In alternati-va, a causa del suo delirio politico, propone una messa in memoria delle vittime dell’insurrezione napoletana del 15 maggio. Nel corso della cerimonia Antonio Spera, effervescente demagogo15, avreb-be poi pronunciato una dura invettiva contro il Governo arrivando prima a maledire l’intera stirpe borbonica per passare subito dopo a definire il re ladro, tiranno, assassino ed usurpatore delle so-stanze altrui16. L’episodio, assieme ad altri17, determina, il 17 marzo 1853, la condanna in contuma-cia dei fratelli Spera. Difatti il giudice infligge ben trent’anni ai ferri ad Antonio e ventiquattro a suo fratello Venanzio. Malgrado ciò i due, veri promotori delle rivolte, riusciranno a fuggire non scontando neppure un giorno di condanna. Nella fattispecie, anche questi intensi sentimenti pa-triottici hanno, plausibilmente, accumunato Antonio Spera e Luigi Dragonetti. Basti ricordare che quest’ultimo, nel 1815, esordisce sulla scena pubblica celebrando, in un discorso, l’impresa di Gioacchino Murat in favore dell’indipendenza italiana. E che sul suo capo, all’indomani del moto rivoluzionario scoppiato a L’Aquila l’8 settembre 1841, pende un’accusa di crimenlese proprio come nel caso dello Spera18. Se, inoltre, si presta fede alla lettera, datata 15 marzo 180919 , trascrit-

15 LOPEZ, 1984, p. 16.16 LOPEZ, 1984, pp. 12-13. 17 Nella sentenza del processo si riferisce di numerosi banchetti consumati dai membri della congrega dei liberali e non, in cui per dare a tali gozzoviglie l’aria democratica, si fregiavano le vivande con bandiere tricolori. LOPEZ, 1984, pp. 10-11. Al dicembre di quello stesso anno risalgono, invece, le lievi percosse contro il sindaco di Bellante (Pietro Tattoni) ed alcuni agenti della forza pubblica, aggravate dalla resistenza con violenza. A pesare sulla condanna dei fratelli Spera incide poi il ritrovamento, nel corso di una perquisizione, di carte ritenute criminose e dunque tendenti al disordine governativo. LOPEZ, 1984, p. 29, n. 22. Si veda anche: BONANNI, 1974, p. 28. 18 L’insurrezione aquilana segue di pochi anni la rivolta della città di Penne del 1837, repressa spietatamente dalle trup-pe borboniche comandate dal colonnello Gennaro Tanfano. Tutto inizia la notte dell’8 settembre con l’uccisione dello stesso Tanfano e del suo attendente. ETTORRE, 1891, p. 27; RIVERA, 1898, p. 79. In seguito, a dispetto dell’asso-luzione dalle accuse più gravi, il Dragonetti, dopo vari mesi di prigionia, è condannato all’esilio a Montecassino, dove effettivamente rimane dal 1842 al 1846.19 ROSA, 1857, pp. 67, 137.

Lettera di Antonio Spera, Bellante 25 luglio 1842, c. 2, verso, particolare. Collezione privata

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ta da Concezio Rosa nelle sue Notizie storiche delle maioliche di Castelli, gli ambiti di reciproco interes-se si possono estendere fino a contemplare la maiolica castellana. Nell’epistola, indirizzata a Ge-sualdo Fuina (Castelli 1755 – Castelli 1822), uno degli ultimi maestri della maiolica castellana, il marchese Dragonetti20 richiede le mostre di ogni specie di piattini da chicchere con l’orlo a piano inclinato alla moderna, e non già coll’orlo concavo all’antica. Aggiunge, nel prosieguo della missiva, di attendere il ce-ramista in questa fiera di maggio offrendogli fin da ora la sua casa senza ombra di cerimonie. Quest’ultima affermazione palesa la frequentazione, diretta o indiretta, delle celebri fiere, considerate tra i principali mercati di smercio della produzione di maiolica di Regno. D’altro canto persino nell’e-spistola dello Spera si fa riferimento ad esse. Nel secondo paragrafo, al recto della prima carta, il medico bellantese, dovendo assolvere un incarico precedentemente ricevuto, scrive rammaricato che il suo viaggio per Sinigaglia forse non avrà più luogo, salvo poi aggiungere qualche riga più avanti che i comandi ch’Ella mi ha dato per Sinigaglia saranno per me eseguiti, se si vorrà, in Ascoli dove andrò a bello posto appena ricevuto il di lei riscontro. Seguitando nella lettura, al verso della stessa carta, si presenta anche un’altra valida alternativa quando si asserisce di poter altrimenti darne la commissione ad altri colà o per Ancona. Questi stralci ribadiscono il ruolo privilegiato assunto dalla città di Senigallia21 nell’am-bito della commercializzazione delle maioliche durante il periodo borbonico. Da Senigallia, vero punto di contatto tra Oriente ed Occidente, i manufatti, da un lato affluiscono via mare dai porti di Giulianova, Calvano di Atri e Pescara, in quantità notevoli22 , dall’altro hanno un’ampia diffu-sione dato che essi riprendono spesso la via del mare ed in questo caso soprattutto su imbarcazioni appartenen-ti alla marineria veneta fino a toccare i principali porti dell’Adriatico23. Al termine del medesimo paragra-fo, l’accorto Antonio Spera non tralascia neanche le dovute precisazioni di ordine economico e, riferendosi al denaro che potrà occorrere per concludere quell’affare, chiosa scrivendo che esso potrà essere inviato a suo comodo spedita la commissione, o quando l’avrà esatto da chi ne le ha dato l’incarico. Pertanto il bifolio è in primis una preziosa testimonianza, preunitaria, nell’ambito della storia del commercio ceramico nelle Marche e, contemporaneamente, svela il ruolo in qualità d’intermedia-rio dello Spera. Nondimeno, il terzo paragrafo al verso della prima carta introduce il nucleo più consistente dell’intero documento, ossia la descrizione dei due vasi della più fina tra le rozze crete di Castelli dipinti dal Grue24 in possesso dello Spera25. Quest’ultimo si mostra pieno della più viva gratitudi-ne e ringrazia senza fine dell’interesse che il gentilissimo signor marchese ha preso e vorrà prendere per la vendita dei suoi vasi. Proprio al fine di obbedire al comando di dare alcuna idea de’ vasi stessi e de’ soggetti onde sono istoriati, il Dottor Spera riporta, innanzitutto, le misure degli stessi annotando che essi senza manichi han forma elegante, danno due palmi ed un pollice in altezza compresovi il coperchio, ed un palmo di diametro ove più si allargano cioè circa tre pollici sotto l’orlo. Successivamente ritiene utile affiggere, sul margine inferiore sinistro al verso della seconda carta, il disegno della forma colla indicazione de’ punti ne’ quali si trovano i piccoli quadri che l’abbellano. In ambe le stoviglie sono dipinti quattro quadri nel I, II e IV ordine. Nel terzo poi otto. Segue, da ultimo, la corposa ed esatta descrizione di entrambi i manufatti.

20 Il Rosa non riporta nè specifica il nome il battesimo del Marchese in questione dandolo per scontato.21 Per ulteriori approfondimenti sulle fiere di Ancona, Ascoli e Senigallia si rinvia a: BONVINI MAZZANTI, 1968, pp. 486-505; BATTISTELLA, 1985, pp. 206-232; PICCIONI, 1993, passim. Per il ruolo assunto dalla fiera di Senigallia: ANSELMI, 1905, pp. 617-625; ANSELMI, 1908, pp. 7-24; MARCUCCI, 1914, passim; ANSELMI, 1969, passim; DE LUCIA, 1969, pp. 239-261; BOJANI, 1988, pp. 87-102; PAOLINELLI, 2004, pp. 37-49; PIERUCCI, 2004, pp. 26-32; PIERUCCI, 2017, pp. 70-93.22 PIERUCCI, 2004, p. 28. 23 Ibidem.24 Probabilmente Antonio Spera, non intendendosi di maiolica castellana per sua stessa ammissione, riporta quanto riferitogli da altri o da chi gli ha venduto o regalato i vasi.25 Non è da escludere che i due vasi siano stati regalati al medico bellantese, come d’altronde accaduto con la copia della Trasfigurazione di Raffaello donatagli dall’artista abruzzese Giovanni Falchini. BINDI, 1883, pp. 114-115.

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Nella stesura Antonio Spera non manca di utilizzare la terminologia medica, lasciando così trasparire la sua formazione, come acca-de quando egli riferisce sull’episodio del primo quadro nel secondo ordine di uno dei due vasi. Nella scena di lotta tra Sansone e il leone, quest’ultimo offre allo spettatore il dorso forzato a piegarsi da fuora in dentro verso l’ileo sinistro dell’ag-gressore. Non si trascura neppure qualche stoccata agli usi e costumi del clero aquilano stando a quanto si legge nell’analisi del quar-to ordine dell’altro vaso dove si rappresenta un prete con una bottiglia di vino nella sinistra mano (sarà forse aquilano) e col bicchiere che regge nella destra offre a bere ad una giovinetta. La certosina esposizione sottoposta all’attenzione del Prof. Fernando Filipponi, notevole conoscitore della maiolica di Castelli d’Abruzzo, ha con-sentito di individuare i due esemplari citati nella missiva. Essi sono attualmente custoditi in due differenti e prestigiosi musei italiani: il Museo Paparella Treccia di Pescara ed il Museo di San Martino di Napoli. I due gran-di vasi da parata, realizzati verosimilmente tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX sec., sono oggi attribuiti26 , in considerazione delle evidenze stilistiche, allo splendido deco-ratore rococò Gesualdo Fuina, ultimo espo-nente della maiolica artistica di Castelli. En-trambi gli oggetti dimostrano di risentire dell’influenza combinata di Saverio Grue (Atri 1731 – Napoli 1799 o 1800), figlio del ben più celebre Dr. Grue, e di Berardino Gentili il Giovane (Castelli 1727 – Castelli 1813) ed in passato sono stati più volte asse-gnati a Saverio Grue27. Tuttavia Fiocco e Gherardi giustamente notano, nel 2015, che nella produzione del Fuina è più spiccata l’ade-renza alla fase finale del rococò e al gusto di Luigi

26 BATTISTELLA, 2004, pp. 75-76: 76; BATTISTELLA, 2005, pp. 231-232; FIOCCO-GHERARDI-MATRICAR-DI, 2012, p. 273. Ed inoltre: Influenza napoletana sulla ceramica di Castelli nell’età dei lumi, relazione presentata da C. Fiocco e G. Gherardi nel corso di un convegno tenutosi ad Ostuni, nel 2015, nell’ambito della mostra Tre secoli di Maiolica di Castelli 1500-1700. Il testo integrale è disponibile all’indirizzo: https://www.maiolicaitaliana.com/pubblicazioni/caro-la-fiocco-gabriella-gherardi/influenza-napoletana-sulla/27 Catalogo generale..., 1905, p. 49; MOCCIA, 1965, p. 36; MOCCIA, 1968, pp. 25, 44; LEVY, 1970, p. 63; FITTIPAL-DI, 1992, pp. 102-105, 269; PAPARELLA TRECCIA, 1998, p. 45; PASTORELLI, 2000, pp. 13-29: 15, 25; FIOC-CO-GHERARDI, 2003, pp. 43-44.

Gesualdo Fuina, Vaso con immagini sacre e profane, rocaille, fiori e motivi a rilievo. Pescara, Museo Paparella Treccia

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XVI e, successivamente, al neoclassico. Secondo le due studiose, grazie ad un ipotetico soggior-no napoletano del Fuina, sarebbe derivata fra l’altro, la sintonia con la porcellana, in particolare quella ferdinadea. Ciò giustificherebbe sia la su-perficie lattea dei vasi sia la loro decorazione a motivi rocaille e a vignette in armonia con la forma stessa dei vasi. Ad avvalorare l’at-tuale attribuzione concorre anche il dato morelliano delle fisionomie28, soprattutto dei volti femminili, presenti sui due vasi. Esse ri-corrono negli oggetti ornati a piccolo fuoco e porpora di Cassio, realizzati dal Fuina verso la metà del nono decennio del XVIII sec. È a queste date, infatti, che il ceramista, forse per ragioni di mercato, inizia ad adottare la decorazione a piccolo fuoco (o a fuoco di muffola o terzo fuoco), propria della porcel-lana, dove i colori vengono applicati sullo smalto già cotto, fissandoli poi a temperatura più bassa, circa 750º, consentendo così una gamma di colori più ampia tra i quali i rossi29. Resta da segnalare, infine, un ultimo risvolto della lettera di An-tonio Spera. Il manoscritto invero restituisce un tassello nella ricostruzione, a ritroso, delle vicende collezionistiche dei due esemplari. Da Bellante, dove nel 1842 sono attestati in casa Spera, essi hanno intrapreso due strade ben distinte. È infatti ormai noto che il vaso al Museo di San Martino di Napoli vi sia giunto, nel 1872, grazie all’acquisto della prestigiosa raccolta di arti decorative del fa-coltoso borghese Diego Bonghi30, mentre l’arrivo del vaso al Museo Paparella Treccia di Pescara rientra nell’ambito delle scorribande fra botteghe antiquarie, fiere ed aste in Italia e in Eu-ropa del Prof. Raffaele Paparella Treccia e della sua fedele compagna Margherita Dev-let31.

Gesualdo Fuina, Vaso con immagini profane, rocaille, fiori e motivi a rilievo. Napoli, Museo di San Martino

28 FIOCCO-GHERARDI-MATRICARDI, ibidem.29 BATTISTELLA, 2005, p. 187. 30 FALCONE, 1854, pp. 277-279; FITTIPALDI, 1992, pp. 9-20: 9-14; PASTORELLI, 2000, p. 13. 31 BURANELLI, 1998, pp. 42-47: 42.