ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di...

24
nallaptd - it. 2-11' L J I< 1c 479 Anno CXXXII ARCHIVIO STORICO ITALIANO FONDATO DA G. P. VIEUSSEUX E PUBBLICATO DALLA DEPUTAZIONE TOSCANA DI STORIA PATRIA 1 9 7 4 DISP. I alY0 5700 LEO S. OLSCHKI„EDITORE FIRENZE 1976

Transcript of ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di...

Page 1: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

nallaptd - it.

2-11' L J I< 1c

479 Anno CXXXII

ARCHIVIOSTORICO ITALIANO

FONDATO DA G. P. VIEUSSEUXE PUBBLICATO

DALLA DEPUTAZIONE TOSCANA DI STORIA PATRIA

1 9 7 4

DISP. I

alY0 5700

LEO S. OLSCHKI„EDITOREF I R E N Z E

1976

Page 2: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

370 Domenico Caccamo

droni, che giurono di mantenerli e difenderli per servizio del re edella republica, con obligo di mettere e levare quei presidi che il reet il senato volessero pro tempore, secondo le congiunture; ma laverità è che di presente la nobiltà non si lascia dare alcun precettoin questo particolare [Consideri il lettore che tanto l'autore dellapresente scrittura, quanto quello della scrittura alla quale sono fattele suddette opposizioni erono ambedue informatissimi delle cose diPolonia, ma che uno era servitore del gran maresciallo e l'altro delre, e faccia il giudizio che li piace della passione dell'uno e dell'al-tro in sostenere i loro padroni].

Milano dei secoli IX-XIIin contributi dell'ultimo trentennio*

1. « La città nostra che sorge su di una mirabile, preziosae fertile pianura dove l'aere è temperato ..., a uguale distanzatra due meravigliosi fiumi, Ticino e Adda, è considerata in ragio-ne del luogo la 134,ù fiorente. Ci sono forse qui paludi o putridistagni con le loro nebbie maleodoranti che corrompono l'aria?No di certo; anzi, limpide sorgenti e fiumi della fertilità [ . ]e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi,di frutti, di fieno e di ogni altro bene, come è evidente, e ciòin ragione del clima, delle acque, della sua fertile e bellissimapianura ».'

Sul finire del sec. XIII Bonvesin de la Riva, l'« umile frati-cello » orgogliosamente innamorato della sua città, descrivevacosì Milano, il centro economico più vitale della valle padana,il fulcro politico e militare della resistenza contro l'Impero,l'antesignana delle prime e risolutrici lotte comunali per l'affer-mazione dei propri diritti, Milano « secunda Roma » quale siostinarono a definirla storiografi antichi e recenti rivendicando-le puntigliosamente tale titolo a discapito della rivale Pavía.2

* Estratto da una ricerca accademica di qualche anno addietro e com-pletato da riletture e ripensamenti il presente lavoro vuol essere un raffrontotra storiografia recente ed antica (che è come dire un metodo di studio deiproblemi e delle fonti) per quanto riguarda un periodo capitale del Comunedi Milano, significativo, oltre che in sé, anche e soprattutto nel quadro dellaciviltà medievale dell'Italia transpadana.

BONVESIN DE LA RIVA, De magnalibus urbis Mediolani, a cura di F.Novati, in « Bullettino dell'Istituto Storico Italiano», XX (1898). Bonvesin,nato fra il 1240 e il 1243, scrisse nel 1288 la sua opera.

Page 3: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

372 Maria Serena Mazzi

Ma ciò che interessa al cronista non sono più le glorie cittadineconseguite nella conquista per l'autonomia dall'Impero, bensìl'opulenza, l'abbondanza, la ricchezza di Milano, il benesseredei suoi abitanti, la fertilità del suo territorio: grani, frumento,legumi d'ogni sorta, frutti, e tutte le materie prime che fannodella capitale lombarda un luogo felicemente e densamente po-polato.

Le cifre fornite a questo proposito dall'Autore sembranouniformarsi più all'intento elogiativo e celebrativo del modellostorico -letterario, cui fra' Bonvesin si ispira, che alla realtà:200.000 abitanti, infatti, porrebbero Milano al di sopra dellastessa Parigi e a grande distanza dalle altre città europee, tantoche sembra di poter invocare in questo caso un eccesso dellozelante scrittore. Tuttavia il Lopez non solo mostra di crederea queste cifre, ma si spinge fino ad affermare che « sul finiredel Duecento Milano è probabilmente la città più popolosa del-l'Europa cattolica (superata forse ancora, ma per poco, da Co-stantinopoli greca) ».3 Tali dati aveva invece contestato il Be-loch ritenendoli eccessivi e fantastici e proponendo una popo-lazione di 60.000 abitanti circa. Il Carli, accettando per buo-

2 La tradizione cronistica milanese, dall'anonimo autore dell'Opusculumde situ civitatis Mediolani (RR.II.SS., I, 2, pp. 203 sgg.) a Landolfo Seniore,Bonvesin de la Riva, Galvano Fiamma, sono concordi nel dare a Milano, ba-sandosi su antica tradiz ione, l 'appella t ivo di « secunda Roma », mentre afavore di Pavia si leva un'unica voce, quella dell'Autore del Liber de laudibuscivitatis Ticinensis, Opicino de Canistris. Secondo il Fiamma, i versi elogiativisarebbero stati scolpiti sull'arco di Porta Romana, che peraltro andò distruttonella demolizione della città operata nel 1162 dalle truppe dei Comuni italianiper ordine di Federico I. La questione accese un vivace dibattito tra eruditipavesi e milanesi ne l sec . XVIII (c fr . G. Giumbn, Memorie spettanti allastoria, al governo ed alla descrizione della città e della campagna di Milanone' secoli bassi, Milano 1854, vol. II, pp. 481 sgg.), e ancora nel 1896 (cfr.P. MOIRAGFII, Curiosità pavesi, Pavia 1896, I, pp. 58 sgg. ). Sull 'intera que-s t ione , in par te deformata , fa lsa ta e sopra t tu t to esagera ta dagl i amori d i' patria', spese una parola chiarificatrice e parzialmente risolutiva A. CoLomno,Milano 'secunda Roma' e la lapide encomiastica dell'antica porta Romana, in« Archivio Storico Lombardo », LXXXIII (1956), pp. 149-69.

3 R. S. LOPEZ, La nascita dell'Europa, Torino 1966, p. 289.4 K. I . BELOCH, Beviilkerungsgeschichte Italiens, Berlin-Leipzig 1937, vol.

III, p. 176.

f

Milano nei secoli IX-XII 373

ne le cifre date da Bonvesin per il 1288, calcola l'andamentodella popolazione milanese sulla base dell'esercito, moltiplican-done il numero dei componenti per un coefficiente 5, il qualecoefficiente però, del resto, oggi, in base a studi recenti, non èpiù ritenuto valido. All'epoca di Corrado il Salico Milano avreb-be avuto dunque 45.000 abitanti, saliti a 60-65.000 alla finedel sec. XI. Nel 1162 la cifra sarebbe di 90.000, 160-165.000nel 1266 e infine 175-180.000 nel 1288.5

Sui dati demografici forniti dal Sombart 6 si basa invece ilPieri per il calcolo delle milizie comunali impegnate nella batta-glia di Legnano, arrivando a concludere che non più di 50.000abitanti dovesse avere Milano e una fanteria al di sotto dei 5 o6000 uomini, cioè lontano da un quarto o un quinto della po-polazione totale.'

Un illustre medievista disse una volta che gli pareva assaisingolare che Milano fosse stata fondata dov'era stata fondata,cioè nel bel mezzo di una pianura dove le paludi non facevanocerto difetto, e tra due fiumi ma non su un fiume, che è in ge-nere la caratteristica distintiva di un insediamento. E ancorapiù strano appariva agli occhi suoi il fatto che i milanesi l'aves-sero ricostruita esattamente nello stesso luogo anche dopo la di-struzione perpetrata dal Barbarossa. Simile opinione espresse ilLopez durante una conferenza tenuta in occasione del XIV Cor-so Internazionale d'Alta Cultura di Venezia nel 1972. La confe-renza aveva per tema I caratteri originali della città medievale.'A titolo d'esempio si potrebbe considerare il diverso comporta-mento tenuto dai lodigiani per la ricostruzione della loro città.Essi infatti chiesero ed ottennero dall'imperatore il permesso di

5 F. CARTA, Il mercato nell'età del Comune, Padova 1936, pp. 22-28.6 W. SOMBART, Der moderne Kapitalismus, Miinchen 1924, I, p. 213.7 P. PIERI, L'evoluzione delle milizie comunali italiane, in «Rivista Sto-

rica Italiana », XLV (1933), pp. 563-614; ripubblicato in Scritti vari, Torino1966, pp. 31-90.

8 I risultati del Corso sono stati raccolti nel volume Concetto, storia, mitie immagini del Medio Evo, Firenze 1973, ma le osservazioni del Lopez sullacittà lombarda, udite da chi scrive, non vi sono riportate.

Page 4: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

374 Maria Serena Mazzi

riedificarla sì in altro luogo, ma sempre sulle rive di un fiume edi un fiume importante quale l'Adda. Tale posizione permise al-la città di servirsi della via fluviale per i suoi commerci e di ar-ricchirsi coi traffici dei milanesi e dei piacentini, costretti a ser-virsi dell'Adda e del porto lodigiano anche dai continui ostacoliche il transito delle merci incontrava sul Lambro.

Le osservazioni del Lopez servono a sottolineare, se ce nefosse bisogno, che, se alla fine del Duecento Milano apparivaagli occhi del cronista — sia pur con le esagerazioni dovute alsuo intento encomiastico — così quale egli la descrive, ciò nonera dovuto a un dono della natura particolarmente benigna ver-so la città lombarda, né tanto meno ad una situazione ambienta-le fortunata rispetto ad altri centri urbani, ma al lavoro e allafatica degli uomini nel corso di almeno tre secoli. Furono pro-prio questi uomini che seppero assicurare alla città un fiorentesviluppo, superando ostacoli climatici e ambientali.

Non che l'evoluzione economica di Milano nei secc. XI-XIII sia un fatto isolato ed originale: aumento della popolazio-ne, aumento dei traffici, formazione di un artigianato localespecializzato e di una civiltà cittadina e mercantesca, sono fatto-ri comuni di una medesima linea evolutiva riscontrabile in granparte delle città italiane, Firenze, Siena, Genova, Venezia, edeuropee. Il Cipolla' mette anzi in evidenza che, rispetto ad al-tre città italiane, lo sviluppo di Milano fu più lento e la veraeccezionalità dell'economia milanese si rivelò a partire dai pri-mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quandonell'Europa in tiera si manifestarono i momenti del ristagno edella crisi. Mentre infatti quasi ovunque diminuiva la produzio-ne e il bosco e la palude riguadagnavano terreno, la città lom-barda sarebbe apparsa in piena espansione economica e in unperiodo di intensa attività costruttrice e rinnovatrice.

Tale peculiarità dell'economia milanese, con particolare ri-guardo alle vicende agrarie, non ha mancato di suscitare un cer-

9 C. M. CIPOLLA, Per la storia delle terre della « bassa » Lombardia, inStudi in onore di A. Sapori, Milano 1957, vol. I.

t

Milano nei secoli IX-XII 375

to scetticismo in alcuni studiosi, i quali hanno accolto le affer-mazioni del Cipolla con un eccesso di cautele che la scarsità del-le notizie possedute e la naturale diffidenza dello storico ad ac-cettare simili « eccezioni » possono in parte aver motivato. Purriconoscendo la pochezza dei dati che ancor oggi si posseggono,il Chittolini parla invece, per questo periodo, di un « ritmo dicrescita particolarmente vivace ». « I secc. XV e XVI, in tuttala pianura, sono ... percorsi da una vera febbre di miglioramen-ti agrari e fondiari. Quando finalmente si farà la storia di quel-la grande « croissance » che conobbe l'agricoltura della bassa 'lombarda dall'età comunale al sec. XIX — allorché Cattaneo eJacini ne celebreranno la splendida maturità — risulterà piùchiaro il posto avuto dai secoli rinascimentali, sino alla « estatedi San Martino » del tardo Cinquecento ».10

Si ricordi anche che la tragica epidemia del 1348 era stataper Milano un evento di portata quasi trascurabile. Mentregran parte dell'Europa conosceva carestie, peste, calo demografi-co, spopolamento, con uno squilibrio dell'intero ciclo economi-co, la città lombarda e la sua campagna non vivevano che inminima parte la « crisi » del sec. XIV destinata a segnare unalunga battuta d'arresto nella crescita dell'economia europea.

t indubbio che, quantunque più lenta nei secc. XI -XIII,un'evoluzione vi fu e che fu opera del lento ma inarrestabilelavorio degli uomini che disboscarono, dissodarono, bonificaro-no, costruirono, si preoccuparono di creare vie di comunicazio-ne o di impadronirsene, ed anche, a dispetto dei cinquanta fiu-mi milanesi vantati da Bonvesin, di costruire sistemi di irriga-zione, canali che li congiungessero all'Adda e al Ticino o alLambro, per aprirsi una via diretta al Po, chiave di tutto iltraffico padano."

IO G. CHITTOLINI, Un problema aperto: la crisi della proprietà ecclesia-stica fra quattro e cinquecento, in « Rivista Storica Italiana », LXXXV (1973),p. 355.

11 Sulla posizione di Milano rispetto ai corsi d'acqua e i problemi da essaderivanti cfr. G. C. BASCAPÈ, Il Naviglio di Milano, Milano 1949-50; e peruna visione più ampia del problema delle acque lombarde, cfr. Comunicazioni

Page 5: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

376 Maria Serena Mazzi

2. Tentare un bilancio storiografico del periodo compresofra il Mille e gli inizi del sec. XIII, dal secondo dopoguerra adoggi, significa ripercorrere due secoli di storia comunale milane-se densi di avvenimenti decisivi per la formazione delle struttu-re urbane e della società cittadina, per l'organizzazione politicae istituzionale, per l'autonomia nei confronti del potere imperia-le. Lo studio del periodo comunale è d'altra parte uno di queitemi che facilmente e pericolosamente si sono prestati, nel tem-po, a stabilire consonanze di carattere ideologico e politico, perchi ne scriveva, fra attualità e passato. Intere generazioni di sto-rici si sono specchiate nel Comune medievale e per ognuna diesse c'è stato, nel Comune, un principio informatore vitale,esclusivo ed accentratore, che nel suo mutarsi e sovrapporsi se-gue le alterne vicende di una società in trasformazione, si adat-ta ai nuovi crismi politici, acconsente alla formulazione di nuo-vi modelli culturali. Nel Comune hanno riposato per mezzo se-colo gli ideali del Romanticismo; per gli storici quali Sismondi,Balbo, Capponi fu l'idea di libertà, l'anelito all'indipendenza— la religione di tutta un'epoca — lo spirito propulsore deiComuni. Venne un momento in cui però lo spirito di libertànon bastò più: si vide nel Comune formarsi una società nuova,tutto un fermento di forze in ascesa che premono sulle altre ele costringono in fondo alla scena, un eterno momento di con-trasti sociali. Erano i problemi assillanti del sec. XX, lotta diclasse, socialismo, capitalismo e proletariato, borghesia e popo-lo, che si riproponevano in sede storiografica. Ci vollero unaguerra mondiale, un filosofo e un dittatore per ingigantire neglistorici il senso di nazione e far dimenticare la lotta delle classie il fatto sociale. Il rinato gusto per la storia politica, delleguerre, delle trattative diplomatiche, delle azioni di governo,

al X Congresso storico lombardo, in « Archivio Storico Lombardo », LXXXIX(1969), vol. II, pp. 5-299, dove sono raccolti i risultati del Congresso svoltosia Cremona e Piacenza nel novembre 1962 sul tema appunto La storia delleacque lombarde: il problema della navigazione padana. Infine P. VACCARI, Idiritti concessi alle città lombarde sulle acque e sui fiumi nell'alto Medioevo,in « Archivio Storico Lombardo», LXXXV (1958), pp. 204 sgg.

Milano nei secoli IX-XII 377

per la genesi della classe dirigente, erano gli interrogativi che lecompetizioni mondiali, il nazionalismo, le crisi di governo pro-ponevano.

A partire dal secondo dopoguerra simili pericolose proiezio-ni e le conseguenti deformazioni dell'oggetto storico diventanosempre più rare, e insieme si pongono le premesse per un se-rio rinnovamento. Vengono ripudiate, ad esempio, le tradizio-nali divisioni per « generi » che avevano settorializzato danno-samente la ricerca e si dà risalto, in particolare per la storiaurbana, all'elemento economico -sociale che scavalca quello istitu-zionale, mentre l'attenzione si rivolge all'epoca precomunale(secc. IX-XI), cioè all'accertamento di quel complesso di condi-zioni che hanno reso possibile il costituirsi delle citta.12 Unospazio sempre maggiore conquistano infine le ricerche di topo-grafia urbana 13 con l'eventuale concorso dell'archeologia.

La storia comunale milanese ha seguito quasi puntualmentetutte queste fasi. Ha cominciato a segnare una battuta d'arrestocon gli inizi del Novecento, quando, come osservava GiorgioFalco per Torino, « mentre Napoli, Pisa, Firenze erano appro-date al materialismo storico, (essa) continuava a veleggiare inpieno oceano d'erudizione »," e, nonostante avvenimenti di ri-lievo quali la nuova e fortunata edizione del Liber Consuetudi-num, quali un'imponente Storia di Milano promossa dalla fon-dazione Treccani e curata per il primo periodo comunale daGianluigi Barni, quali lo studio del Violante sulla società preco-munale, avvenuti nel periodo del secondo dopoguerra, si ha tut-tavia la sensazione che di quel progresso nell'indagine storica,di cui si parlava, e soprattutto della messa a punto di nuove tec-niche e di nuove discipline, il territorio milanese non abbia usu-fruito in modo adeguato.

12 Cfr. Comitato Internazionale di Scienze Storiche, X Congresso Interna-zionale di Scienze Storiche. Relazioni, vol. 7, Firenze 1955.

13 Cfr. F. VERCAUTEREN, Travaux d'histoire du Moyen-Age (19454954),in Relazioni del X Congresso, cit., vol. VI, Sintesi generali di orientamento,pp. 41-165.

14 G. FALCO, Pagine sparse di storia e di vita, Milano -Napoli 1960, p. 547.

Page 6: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

378 Maria Serena Mazzi

Per una visione completa della società precomunale milane-se, a partire dal secondo dopoguerra, si dispone ancor oggi del-l'unica opera del Violante " che pure rimane, anche a distanzadi vent'anni, opera validissima e illumina non di rado qualcheperiodo dell'età comunale. Al centro della sua società milanesel'Autore pone l'azione politico -religiosa di Ariberto d'Intimianoche, impegnando nei vari momenti del suo sviluppo tutti gli ele-menti della civitas, contribuì a dare un volto nuovo e ben defi-nito alla società precomunale milanese. Ma occorreva insiemecomprendere le trasformazioni economiche e sociali avvenutenei secc. IX e X, comprendere chi fossero i mercanti della Mila-no di Ariberto e in genere della pianura padana e come avesse-ro accumulato il loro denaro e come fossero soliti impiegarlo.Per tale via il Violante ha finito con l'affrontare i grandi motividella storiografia europea sull'alto medioevo: cesura o continui-tà nei traffici internazionali, circolazione dell'oro e dell'argento,non identità fra società feudale ed economia curtense. La suavisione di tali problemi è dominata dall'idea della continuità:nel commercio, nell'evoluzione dell'economia agraria, nel perma-nere della classe dei negoziatori, continuità tra l'elemento feuda-le e quello comunale, aspetti, entrambi, sia pure contrapposti,di un medesimo sviluppo.

Il Violante esamina un periodo di cui fissa forse troppo ri-gorosamente i termini: 680, pace fra Longobardi e Bizantini,che apre il commercio fra i porti di Venezia e Comacchio e leprincipali città della valle del Po, e il 1045, morte di Aribertod'Intimíano. Egli non vede una cesura nell'evoluzione dell'eco-nomia agraria italiana dal sec. VIII al X, cioè tra l'organizzazio-ne curtense e la ripresa dei commerci, poiché il sistema curten-se genera nel suo seno i germi della propria dissoluzione e laestensione massima del sistema pone le premesse della ripresadel commercio dall'inizio del sec. X. È lo sviluppo della grande

15 C. VIOLANTE, La società milanese nell'età precomunale, Bari 1953.L'opera è stata di recente ristampata (Bari 1974) con qualche ritocco e l'ag-giunta di un indice dei nomi di luogo.

Milano nei secoli IX-XII 379

proprietà che porta alla creazione di mercati curtensi, destinatiallo smercio della sovraproduzione di prodotti agricoli e all'im-portazione di prodotti provenienti dal commercio esterno.

Il rinnovamento dell'organismo economico -sociale si compienel cinquantennio a cavallo dei secc. IX e X. All'inizio del sec.X il Violante mette in evidenza due fenomeni di grande impor-tanza per questa trasformazione: il primo è che i negoziatoricomprano possessi fondiari, il secondo che i livellari non presta-no più né operae né angariae e cominciano a pagare i canoni indenaro. Sintomo di progresso è anche l'aumento dei prezzi deiterreni e delle case in atto dalla metà del sec. IX alla metà del-l'XI.

Per il pieno periodo comunale, fino agli albori del sec.XIII, non si dispone di sintesi applicate ai temi della storiaeconomica e sociale. Solo parzialmente ha cercato di porre rime-dio a tali carenze la Storia di Milano promossa dalla Fondazio-ne Treccani e curata per il periodo in questione dal Barni," chetuttavia non evade dai limiti di una tenace adesione ai temi con-sueti della storiografia politica tradizionale. Cosicché le fasi del-lo sviluppo economico cui si è accennato, rurale e cittadino, letrasformazioni dell'economia agricola come del commercio e del-le manifatture, devono essere indagate altrove, ricostruite par-zialmente e approssimativamente sulla base di interventi, più omeno recenti, di peso e di ampiezza discontinui. Proficui contri-buti ha recato la scuola del Violante con l'approfondimento diproblemi e interessi, dall'ambiente naturale, alle tecniche agra-rie, alle istituzioni civili ed ecclesiastiche, alla spiritualità, che

16 G. L. BARNI, Dal governo dei vescovi a quello dei cittadini (1002-1097);Milano sotto l'egemonia (1097-1152); La lotta contro il Barbarossa (1152-1183),in Storia di Milano, Milano 1954, vol. III e IV. Il Barni ha fatto opera egregianel riassumere con obiettività e completezza i risultati degli studi e nel fare ilpunto della situazione allo stato attuale delle conoscenze. Il Comune del Barninasce nel clima rivoluzionario maturatosi a Milano da lungo tempo e in occa-sioni diverse, dalla rivolta dei valvassori, che è la prima espressione di insoffe-renza di gerarchie, fino al movimento patarino. L'ordinamento comunale siperfeziona e l'autonomia cittadina compie chiari progressi fino alla lotta apertacontro il Barbarossa: i consoli sono diventati giudici e capi delle milizie, ildiritto consuetudinario si è sovrapposto alla legislazione imperiale.

Page 7: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

380 Maria Serena Mazzi

la Società milanese indicava chiaramente come suggestive lineedi ricerca.

Che il risveglio dell'economia milanese dopo il Mille sia in-dissolubilmente legato, come nel resto d'Europa, ad un « suc-cesso agricolo » è ormai innegabile. Le numerose citazioni neidocumenti di questo periodo " di terreni arativi, oliveti, frutte-ti, vigne, orti, prati, testimoniano della messa a coltura di vastezone e di una differenziazione delle colture che altro non sonose non il risultato di una vittoria dell'uomo, del contadino con-tro boschi, paludi e incolto. Le campagne milanesi e lombardegodranno per secoli di un sviluppo progressivo che ha conosciu-to solo in parte, secondo l'opinione di numerosi studiosi, le gra-vi crisi granarie, demografiche, gli spopolamenti, gli arretramen-ti delle colture del sec. XIV. E tuttavia il paesaggio che traspa-re dalle fonti alterna ai boschi, numerosissimi, di cerri, di casta-

Milano si avvale di due importantissime raccolte di documenti che in-tervengono a colmare, sia pure in modo parziale, le grosse lacune provocatedalla mancanza di un Liber iurium e di statuti consolari, e dalla distruzionedell'antico Archivio del Comune. La prima, riguardante gli Atti del Comunedi Milano fino al 1216, fu pubblicata da Cesare Manaresi nel 1919 e contieneuna serie di documenti, per la maggior parte politici e giudiziari; solo in mi-nima parte vi sono statuti, ordinamenti, privilegi e lettere del Comune, tuttiemanati dalla cancelleria del Comune o con la collaborazione di funzionati co-munali, dal 1177, data della prima carta pubblicata, dove compaiono i consolimilanesi nella pubblica assemblea alla presenza dell'arcivescovo Giordano e delpopolo, fino al 1216, cioè all'anno della redazione del Liber Consuetudinum eall'epoca del definitivo consolidamento dell'istituto podestarile. La raccolta èstata arricchita da G. L. BARNI, Aggiunte agli Atti del Comune di Milano,in Studi in onore di C. Manaresi, Milano 1953, pp. 1-28. La seconda delle dueraccolte investe il campo dei documenti privati del territorio milanese e co-masco nel sec. XI. Iniziata nel 1933 da Cesare Manaresi (C. MANARESI-E. VIT-TANTI, Gli atti privati milanesi e comaschi del sec. XI (a. 1001-1025), Milano1933), è stata proseguita e portata a termine da Caterina Santoro (C. MANARE-SI-C. SANTORO, Gli atti privati milanesi e comaschi del sec. XI (a. 1026-1050),Milano 1960; a. 1051-1074, Milano 1965; a. 1075-1100, Milano 1969). Si trattadi una nutrita serie di documenti notatili di diritto privato, atti riguardanti ven-dite, acquisti, donazioni, lasciti di beni immobili, contratti di livello dai quali,è superfluo notarlo, è possibile ricavare una messe di notizie. Per quanto ri-guarda le coltivazioni, un modestissimo esempio: nel 1051 un Vuifredo mila-nese vende a Pietro notaio 42 pertiche di vigne e castagni, di vigne si parlaancora in documenti del 1053, 1056, 1060, 1062, e ancora vigne accanto acampis, pratis, silvis, o clausuris, pascuis, pratis, compaiono in documenti del1056, 1057, 1059, 1062, ecc. (Cfr. C. MANARESI-C. SANTORO, Gli atti privati,cit., vol. III).

Milano nei secoli IX-XII 381

gni, di mandorli, di noci, di querce, ai vigneti, agli oliveti, aifrutteti, agli arativi, vaste estensioni di terreni incolti e paludo-si. Seguendo con occhio più attento e con ben altro impegno eperseveranza non sarebbe impossibile ricostruire, anche dai solidocumenti privati editi per il sec. XI, un panorama particola-reggiato della campagna milanese. Il Fumagalli ha calcolato peril sec. X l'andamento del rapporto fra coltivato e incolto. Consi-derato che a nord del Po la distinzione fra alta e bassa pianuraè molto netta, trattandosi di due zone idrologicamente diverse,povera d'acqua la prima per quanto ricca è la seconda, separatedalla cosidetta linea delle resorgive, egli calcola che a nord ditale linea il coltivato prevalga sull'incolto, ma scendendo a sudil rapporto coltivato/incolto sembra farsi progressivamente fa-vorevole a quest'ultimo. La demarcazione, per il territorio fraTicino e Adda, corre press'a poco all'altezza di Milano."

Alle vicende di questo successo agricolo, su cui molto restaancora da scrivere, è indissolubilmente legata l'opera di bonificae di sistemazione idraulica svoltasi nella sua prima vittoriosa fa-se nel sec. XII. Comincia a delinearsi in quel periodo, tutto unsistema di canali di navigazione e irrigui e un altro di collettorie di emungimento. La canalizzazione serve anche al prosciuga-mento delle paludi e a scongiurare piene e inondazioni dei fiu-mi, come nel caso del canale Muzza, scavato nel sec. XII," cheassorbe quasi tutta l'acqua dell'Adda. E tuttavia il problemadella regolamentazione dei corsi d'acqua doveva essere ancoraurgente se nell'ottobre del 1111 i fiumi straripano provocandogravi danni anche alla città.'

Le grandi imprese di bonifica, di scavo dei canali irrigui e

18 V. FUMAGALLI, Note per una storia agraria altomedioevale, in « StudiMedievali », IX (1968), pp. 359-78; in particolare, cfr. alle pp. 372-73.

19 F. CARLI (Il mercato nell'età del Comune, cit.) fa risalire la costruzionedel canale al periodo 1220-1286. Al sec. XII è invece attribuito da G. HAUSS-MANN, Il suolo d'Italia nella storia, in Storia d'Italia, vol. I, I caratteri origi-nali, Torino 1972, p. 84.

20 Octubri vero mense seguente flumina per continuam pluviam in tantumcreverunt quod non solum villas set ipsam civitatem in mirum modum perturba-rent (LANDOLFO JUNIORE, Historia Mediolanensis, MGH, SS., XX, p. 32).

Page 8: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

382 Maria Serena Mazzi

di drenaggio sono frutto di un'organizzazione collettiva che risa-le proprio al periodo comunale. Un significativo esempio in que-sto campo è rappresentato dal cistercense monastero di Chiara-valle che già nel 1138 acquistava il diritto di ricavare acque dal-la Vettabbia e cominciava ad utilizzare le acque sorgive dei fon-tanili per l'irrigazione invernale dei prati nel sistema delle mar-cite." Documenti del 1198, 1253 e 1254 accennano a pratimarci o mercidi che forse possono identificarsi appunto con leattuali marcite. Non stupisce quindi che si cominci a parlaredi allevamento di bestiame non destinato esclusivamente a lavo-ri agricoli e testimoniato fiorente nel sec. XIV. L'opera di cana-lizzazione servì contemporaneamente a collegare Milano coi prin-cipali corsi d'acqua. Si cominciò col costruire un canale di picco-le dimensioni, il Naviglietto di Porta Tosa, che percorreva gliattuali corsi di porta Vittoria e XXII Marzo e proseguiva finoa raggiungere il Lambro. Forse nelle intenzioni del Comune ilcanale doveva essere reso navigabile in modo da unire Milanoal Lambro e quindi al Po, la principale via commerciale, il cen-tro dei traffici della valle padana. Ma nella realtà non lo fumai. Altri importanti veicoli commerciali, Ticino e Adda, furo-no raggiunti, il primo col Ticinello, iniziato nel 1157 insiemealle opere di fortificazione di Mastro Guitelmo contro il Barba-rossa, e in seguito col Naviglio di Gaggiano, chiamato poi sem-plicemente Naviglio Grande, reso navigabile solo nel 1269-1270;e il secondo in epoca più tarda col Naviglio della Martesana, co-struito fra il 1457 e il 1460."

Le complesse opere di bonifica di cui si è parlato, come tut-te le migliorie apportate agli appezzamenti insieme col loro al-

21 Cfr. F. CARLI, Il mercato nell'età del Comune, cit., p. 38; atm() SE-RENI (Agricoltura e mondo rurale, in Storia d'Italia, vol. I, cit., p. 177) riferi-sce tale avvenimento alla data 1134, ma ciò appare meno probabile essendostato fondato il monastero stesso nel 1135. Sull'attività dei monasteri nel-l'opera di disboscamento e di bonifica, cfr. La bonifica benedettina, Roma, s.d.(ma 1965).

22 Cfr. A. FumAGALLI, Antichità longobardico-milanesi, Milano 1972, t. II,pp. 135-46.

23 Cfr. G. C. BASCAPÈ, Il Naviglio, eh.

Milano nei secoli IX-XII 383

largamento anche in senso quantitativo, si sono svolte sotto laspinta della pressione demografica: non c'è migliore testimonian-za del crescente investimento nella terra proprio di tali migliora-menti e dell'azione dissodatrice. La frantumazione delle grandiproprietà si registra soprattutto a danno di elementi della nobil-tà comitale e ad avvantaggiarsene sono quasi sempre degli entiecclesiastici, i quali tendono, direttamente o indirettamente permezzo di intermediari, rappresentati per lo più da preti e reli-giose, ad accaparrarsi un gran numero di terre con operazionidi vario genere, dalle donazioni pie ai prestiti dissimulati." Manon di rado, e via via più frequenti a partire dalla metà delsec. XI, i compratori sono dei laici, negotiatores, monetieri, no-tai, attestanti lo sviluppo di una classe cittadina che cominciaad investire il proprio denaro nella terra diventando da piccoliartigiani e commercianti veri e propri uomini d'affari. Contem-poraneamente si diffondono i contratti d'affitto nella forma piùfrequente che è quella del livello ventinovennale, reso prolunga-bile e di fatto pressoché ereditario, in cui il censo viene stabili-to in denaro. t un nuovo segno, secondo il Violante, che la mo-neta ha ripreso a circolare con tutto il suo valore di strumentodi scambio. Una simile trasformazione nella proprietà terrieramette in moto un duplice e reversibile processo su cui ci infor-ma il Violante: la formazione di « un ceto di cittadini, artigia-ni, preti, giudici e notai, aventi capacità di prendere terre in li-vello per un censo in denaro e la volontà di crearsi con il pos-sesso della terra una solida base economica ed elevata considera-zione sociale. Naturalmente, come l'esistenza di questo, diciamopure, ceto medio, crea la richiesta di terre in livello a condizio-ne indiretta, così l'elevarsi delle condizioni contribuisce alla for-

24 Sull'argomento cfr. C. VIOLANTE, Per lo studio dei prestiti dissimulatiin territorio milanese (sec. X -XI), in Studi in onore di A. Fanfani, Milano1962, vol. I, pp. 641-735; e ancora dello stesso autore, Les préts sur gagefoncier dans la vie économique et sociale de Milan au XI° siècle, in « Cahiers decivilisation médiévale », V (1962) pp. 147-68; 437-59. Si cfr. poi G. ROSSETTI,Motivi economico -sociali e religiosi in atti di cessione di beni a chiese del ter-ritorio milanese nei secoli Milano 1967.

Page 9: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

384 Maria Serena Mazzi

mazione di un ceto medio di piccoli e medi proprietari che talo-ra sono o diventano preti, giudici, notai, artigiani, mercanti »."

Sintomo di progresso è anche l'aumento dei prezzi dei terre-ni testimoniato costante dal principio del sec. XI alla metà delXIII. Il prezzo della terra fertile oscillava nel primo quarto delsec. XI da una media di cinque ad una di sette soldi la pertica.Più di un secolo dopo, circa nel 1144, la terra vignata si aggira-va intorno ad una media di 20 soldi mentre il prezzo dell'incol-to passava da 3 soldi a 8 soldi e 4 denari. E ancora, nel sec.XIII, e precisamente nel 1240 al tempo del primo estimo, ilvalore dei fondi denunciati era di 2 lire la pertica per la terralavorativa e di 8 soldi per l'incolto. Il Violante produce unaricca documentazione per anticipare l'aumento del prezzo deiterreni almeno alla metà del sec. IX.'

Nella graduale sostituzione di personaggi laici ad enti eccle-siastici nella proprietà terriera si è voluto vedere inoltre un pro-gressivo indebolimento della proprietà ecclesiastica che preparala grande crisi dei secc. XIV e XV. Secondo il Cipolla anzi pro-prio la crisi economica della Chiesa, ridotta alla vigilia della Ri-forma ad essere una « potenza di rovine », fu alla base del rin-novato movimento di investimento nella terra. In possesso divaste estensioni di terreno ma povera di capitali la Chiesa infat-ti si trovò costretta ad affittare a prezzi bassissimi che rendeva-no vantaggiosa più d'ogni altra l'attività agricola: in tal modosi preparò il rilancio delle bonifiche agrarie del sec. XV.' s IlChittolini rileva le grosse difficoltà in cui gli enti ecclesiasticivenivano a trovarsi nel momento della liquidazione dei migliora-menti, allo scadere del contratto d'affitto, anticipati in generedai fittavoli. Trattandosi di somme ingentissime, che eccedeva-

25 C. VIOLANTE, La società milanese, cit., p. 96.26 Cfr. F. CARLI, Il mercato nell'età del Comune, cit., pp. 59-60.27 Cfr. C. VIOLANTE, La società milanese, cit., pp. 110 sgg.28 Cfr. C. M. CIPOLLA, Une crise ignorée. Comment s'est perdue la pro-

priété ecclésiastique dans l 'Italie du Nord entre le XI' et le XVIe siècle, in« Annales », II (1947), pp. 317-27; e dello stesso autore, Per la storia delleterre, cit.

Milano nei secoli IX-XII 385

no di gran lunga la disponibilità finanziaria dei proprietari, simetteva in moto il meccanismo del rinnovo automatico dell'in-vestitura eodem ficto, col quale la proprietà ecclesiastica precipi-tava in una definitiva spirale di saccheggio. Nella migliore delleipotesi, si poteva sfuggire alla clausola del rinnovo trovandochi offrisse un canone superiore e fosse disposto anche a sobbar-carsi il peso di forti anticipazioni. Ma ciò non risolveva il pro-blema della liquidazione dei miglioramenti e del progressivo au-mento della situazione debitoria degli enti ecclesiastici." LaRossetti scorge il motivo di tale crisi nell'imprudenza da partedegli enti ecclesiastici proprietari di terre d'aver fissato stabil-mente i canoni d'affitto poiché ciò li avrebbe condotti, sul fini-re del sec. XII, a ricevere un reddito minimo, inadeguato perterre diventate nel frattempo di gran lunga più produttive." Ineffetti tra la fine del sec. XII e gli inizi del XIII si assiste aduna trasformazior.e nel pagamento dei censi: dal censo in dena-ro si ritorna ai versamenti in prodotti naturali.' I più frequen-ti sono cereali, frumento, segale, miglio, solo raramente sononominati olio, legumi o noci. Essi vengono calcolati secondouna quantità fissa o una quota parziaria del prodotto totale colti-vato. Tale mutamento sarebbe non già da attribuirsi ad unadeficienza di moneta in circolazione, che è impensabile in un pe-riodo di espansione basato su un'economia di scambio, bensì adun interesse preciso, da parte soprattutto dei grossi produttori,a ricevere prodotti di alto valore commerciale che potevano es-sere facilmente venduti sul mercato cittadino. Per il Romeo ta-le tendenza si riscontra nei documenti varesini a partire dai pri-mi decenni del sec. XII e nei documenti ticinesi, lodigiani, cre-

29 Sui problemi della crisi della proprietà ecclesiastica, cfr. G. CHITTOLINI,Un problema aperto, cit., pp. 353-93.

30 G. ROSSETTI, Motivi economico -sociali e religiosi, Cit.31 Sull 'evoluzione dei canoni cfr. L. A. KO'TELNIKOVA, L'evoluzione dei

canoni fondiari dall'XI al XIV secolo in territorio lucchese, in « Studi Me-dievali », IX (1968), pp. 601-55, che premette alla ricerca specifica anche unabreve rassegna storiografica.

25

Page 10: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

386 Maria Serena Mazzi

rnonesi e mantovani dalla fine dello stesso secolo." Il Violanteafferma che la tendenza verso un progressivo ritorno ai canonimisti o in natura si manifesta negli atti privati milanesi primache altrove, già nella seconda metà del sec. XI, e ricorda moltoa proposito a questo riguardo la norma del Liber Consuetudi-num che vieta ai rustici di accedere al mercato cittadino pervendervi le uve riservandone il diritto ai signori aventi giurisdi-zione." In effetti fin dal 1063 si trovano pagamenti in prodottipur continuando a sussistere censi in denaro. Una mina d'olioviene pattuita in un documento appunto di quell'anno, segale,

32 Cfr. R. ROMEO, Il Comune rurale d i Origgio nel secolo XIII, Assisi1970, pp. 52 sgg. Le pagine del Romeo, già pubblicate nella « Rivista StoricaItaliana», LXIX (1957), pp. 340-77; 473-507, riferite ad Origgio, un piccoloborgo rurale distante da Milano una ventina di chilometri e posto sotto lagiurisdizione feudale del monastero di S. Ambrogio, rappresentano un validocontributo, sia pur particolare, all'indagine sul territorio milanese, sulla distri-buzione del possesso e sui rapporti tra città e contado, tra signorie feudali-ecclesiastiche del contado e comuni cittadini. Fra le non numerose indagini dicarattere particolare, tese ad investigare in profondità problemi locali ma as-similabili u t ilmente in un quadro più vasto, s i r icordano, di G. ROSSETTI,Società e istituzioni nel contado lombardo durante il Medioevo: Cologno Mon-zese, sec. VIII -X, t. I, Milano 1968; Ancora sui a loca sanctorum » riprendendoil tema della penetrazione in Cologno del monastero milanese di Sant'Ambro-gio, in «Nuova Rivista Storica » LVII (1937), pp. 439-47; e di R. PERELLICIPPO, Ricerche sul borgo di Velate e sul santuario di S. Maria del Monte inetà medioevale, in « Nuova Rivista Storica», LVI (1972), pp. 642-74. Velatee quindi il Monte di S. Maria si trovano al centro del territorio chiamato, contermine medievale, Seprio, in una regione delimitata dal Ticino e dal Seveso,mentre Cologno Monzese si colloca nell'immediato suburbio milanese. Inoltre,di C. VIOLANTE, L'arcivescovo Ariberto II (1018-1045) e il monastero di S. Am-brogio di Milano, in Contributi dell'Istituto di Storia Medioevale dell'UniversitàCattolica del S. Cuore, II, Milano 1972, pp. 608-23; Le origini del monasterodi S. Dionigi di Milano, in Studi storici in onore di O. Bertolini, II, Pisa 1973,pp. 735-809; mentre altre ricerche sono rivolte alla pieve di Cesano Boscone eal castello di Baggio: M. L. CORSI, Note sulla famiglia da Baggio (secoli IX-XIII ) , in Contributi, cit., I, pp. 166-204; G. C. ANDENNA, Una famiglia mila-nese di « cives » proprietari terrieri nella pieve Cesano Boscone: i Cagapisto,in Contributi, cit., II, pp. 641-86.

33 Cfr. C. VIOLANTE, I vescovi dell'Italia centro -settentrionale e lo sviluppodell'economia monetaria nei secoli XI e XII, in Vescovi e diocesi in Italia nelMedioevo (secc. IX-XIII),Atti del II Convegno di Storia della Chiesa in Ita-lia (Roma, 5-9 settembre 1961), Padova 1964, p. 203, n. l e 3. Lo studio, ap-parso anche in « Economia e Storia», VIII (1961), pp. 339-43, è stato di re-cente ripubblicato in C. VIOLANTE, Studi sulla cristianità medievale, Milano1972, pp. 325-48.

Milano nei secoli IX-XII 387

panico e grano in un contratto del giugno 1064, un moggio difrumento nel novembre dello stesso anno, ancora segale e mi-glio in affitti del 1066, 1074, 1080.Del 1079 è un canone mi-sto, 4 moggi di segale e panico e 4 denari. Olio deve invecepagare un certo Adamo pistor per una vigna affittata nel feb-braio 1098.34

Per Velate, luogo non lontano dal borgo di Origgio studia-to dal Romeo e situato in una zona morfologicamente simile, ilPerelli Cippo non registra una tendenza precisa nel pagamentodel fitto, che avviene indifferentemente in denaro o in natura."

Le affermazioni del Violante su una classe di cittadini cheinveste in terre del contado inducono a pensare ad un'estensio-ne sempre crescente della proprietà sottomessa al dominio dellacittà. Ma in realtà per il contado milanese la situazione richiede-rebbe un esame analitico nelle diverse zone. Come avverte ilRomeo l'« affermazione che nella seconda metà del sec. XIII ilcontado sia già passato per buona parte nelle mani dei cittadinidominanti nel Comune di popolo », non trova rispondenza intutto il territorio.36 Per quanto lo stato degli studi non consen-ta di rilevare con esattezza, sulla carta topografica, la distribu-zione della proprietà, è possibile osservare, ad esempio, che,mentre la grande maggioranza dei proprietari o livellari menzio-nati nelle carte relative a Cologno Monzese sono indicati comecittadini milanesi, lo stesso non si verifica per Origgio dove èsporadica la menzione di cittadini proprietari e altrettanto irrile-vante è il numero di abitanti di Origgio trasferitisi in città."Forse non sarà inutile ricordare però che Cologno è situato nel-l'immediato suburbio della città.

Per i rapporti tra città e contado il Romeo è incline a consi-derare il periodo del primo Comune, il Comune consolare, co-me una fase di sostanziale unità fra città e campagna. Essa vie-

4 C. MANARESI-C. SANTORO, Gli atticumenti n. 445, 454, 459, 470, 546, 591,

35 Cfr. R. PERELLI CIPPO, Ricerche,36 Cfr. R. ROMEO, Il comune rurale,37 Cfr. R. ROMEO, Il comune rurale,

privati, cit., vol. III e IV, cfr . i do-604, 611, 856.cit.cit., pp. 10 sgg.cit., pp. 10 sgg.

Page 11: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

388 Maria Serena Mazzi

ne garantita dalla partecipazione al governo di quegli elementi,nobili e laici, proprietari di giurisdizioni feudali nel contado eda gran tempo trasferiti in città. « Ed è appunto l'espulsionedi questi ceti dal governo comunale che determina, con la rottu-ra tra le fazioni, anche la scissione fra il centro urbano con lezone del contado più vicino da una parte, e dall'altra quelle zo-ne periferiche dove la nobiltà proprietaria di diritti feudali sem-bra conservare ancora nel Duecento un grado notevole di influen-za e di potere locale. Non, dunque, contrapposizione netta tra.la città e tutto il contado [..] ma sì certamente, per la cittàora dominata dai popolari, problema di rovesciare e distruggerei residui centri della potenza nobiliare, tuttora saldamente arroc-cata, dopo l'espulsione dalla città, in larghe zone del contado,donde trae alimento la sua lotta contro il Comune a regime dipopolo »."

Non a caso nella prima metà del sec. XIII il mercato citta-dino mette in atto una vera e propria politica di subordinazio-ne dei mercati rurali, riservando solo per sé la libertà commer-ciale, vale a dire l'esenzione da ogni tassa di transito e da ognidazio, e imponendo invece a tutti i mercati del distretto il paga-mento di determinati dazi e disciplinandone la compravendita ei giorni di mercato."

La suggestione che si ricava dalle fonti, cronistiche e docu-mentarie, è di una città immersa nella sua campagna quasi sen-za soluzione di continuità. Il distacco è scandito dalle mura,che Milano ha voluto imponenti soprattutto nella fase della lot-ta contro il Barbarossa, ma le messi si spingono a ridosso dellacerchia muraria e all'interno si proseguono, per un'ideale conti-nuità, gli spazi verdi, le colture, i broli ', le piazze (pasquari)dove in tempi non lontani il bestiame circolava liberamente.'Landolfo il Vecchio ci testimonia nella prima metà del sec. XI

' 8 R. ROMEO, Il comune rurale, cit., pp. 10-11.39 Cfr. P. CARLI, Il mercato nell'età del Comune, cit., pp. 376 sgg.4° Cfr. G. P. BOGNETTI, Problemi di metodo e oggetti di studio nella

storia della città italiana dell'Alto Medioevo, in La città nell'Alto Medioevo,VI, Spoleto 1959, pp. 62 e 71.

Milano nei secoli IX-XII 389

della presenza di zone coltivate nella città. Durante l'assedio po-sto dai nobili fuorusciti in occasione della lotta con i cives, in-fatti, le scorte alimentari del popolo in città vengono quasi deltutto a mancare, non essendovi altra fonte di approvvigiona-mento oltre a quello che si poteva produrre entro la cerchiamurarla.° Nel 1161 poi Federico I distrugge blavas Mediola-nensium circa civitatem usque in fossatum." Una risorsa alimen-tare non indifferente era rappresentata dalle foreste abbondantidi selvaggina che ancora alla metà del sec. XII ricoprivano unalarga porzione del suolo milanese e si spingevano a ridosso del-la città, per quanto simili affermazioni vadano fatte con cautela,come insegna il Fumagalli, per non scivolare in « apocalitti-che » immagini di un paesaggio medievale nereggiante di selveimpenetrabili.° Nel 1161 i milanesi, affamati e stremati dall'as-sedio, si impadroniscono, in una sortita, del cervo che i caccia-tori imperiali, di ritorno da una battuta, stavano trasportandoagli accampamenti." Un altro accenno alla caccia è del 1164, al-lorché il vicario imperiale insediato da Federico I al governodei milanesi dispersi nei borghi dopo la distruzione della città,vieta di praticarla tam civibus quam rusticis id est ut nemovenaretur cum cane aut rete, neque pedicam aut laceolos pone-ret, neque fossa faceret."

Nel primo cinquantennio del Mille l'equilibrio alimentare è

41 Iam enim civitas aliquot transactis temporibus fame, quae ferro du-rior est, fere erat consumpta, in tantum ut pane vino que omnino careret,nisi quantum infra civitatis ambitum aratores poterant metere et vinitorespoterant cultura diligenti laborare. (LANDULPHI SENIORIS, Mediolanensis hi-storiae libri quatuor, RR.II.SS.2 t. IV, p. II, 1. II, par. 26, p. 65).

42 Annales Mediolanenses, Libellus Tristitiae, MGH, SS. , XVIII, p.371; e ancora, più avanti, sed imperator usque in fossata circa civitatemblavas eorum conculcavit (p. 372).

" Cfr . V. FUMAGALLI, Storia agraria e luoghi comuni, in « Studi Me-dievali », IX (1968), pp. 949-65.

44 Eodem tempore venatores imperatoris qui erat apud Morimondumet quibus a consulibus fiducia data erat, captum cervum imperatori porta-bant; et cum fuerunt ante lucem ad pontem Credarium, quidam de Medio-lanensibus abstulerunt eis et carnes et cetera quae habebant. (Annales Me-diolanenses, Libellus, cit., p. 372).

45 Annales Mediolanenses, Libellus, cit., p. 376.

Page 12: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

390 Maria Serena Mazzi

ancora così precario che le fonti parlano di una carestia durataventicinque anni e gridano al miracolo per una pioggia provvi-denziale caduta dopo un'ardente siccità. La descrizione del cro-nista, Landolfo il Vecchio, rende con drammatica evidenza latrepidazione degli agricoltori davanti ai campi asciutti e copertidi polvere, e il loro stupore nel ritrovare dopo mesi di siccità isemi intatti, senza che avessero germinato." Simili incidenti cli-matici si ripetono con grande frequenza nel corso di questi an-ni — non era raro che il maltempo o la neve impedissero persi-no i lavori di aratura " — mettendo a nudo la debolezza di tut-to un sistema di organizzazione nel provvedere le scorte alimen-tari. Eppure il Carli mette in evidenza per Milano, già nella pri-ma metà del sec. XIII, un'avanzata politica annonaria, volta adimpedire l'esodo dal distretto delle derrate alimentari essenzia-li, grani, vino, uova, pesce, frutta, verdura, e a favorire l'impor-tazione da altri distretti di cereali, legumi e altri prodotti ali-mentari. Milano continua ancora a favorire l'immigrazione sen-za timore che l'inurbamento provochi uno squilibrio demografi-co -economico e compra annualmente dall'estero grano per 6000lire di terzuoli, come si sa dai provvedimenti del 1255 del po-destà Aveno da Mantova. Il grano, immagazzinato fino alla pri-mavera, veniva gettato sul mercato in coincidenza col nuovoraccolto, in modo da esercitare sul prezzo un'efficace azione mo-deratrice."

46 LANDULPIII SENIORIS, Mediolanensis bistoriae, cit., 1. II, par . 28,pp. 69-70: Venientes autem aratores et bubulci cum terrarum sulcos dili-genti cura solito more superassent, ut sulculi cultoribus suis sinum ad de-bitum recipiendum per semina aperuissent, ut largius ac babundantius ara-tores semina sererent Itaque seminatis seminibus fugatisque a coelo nu-bibus, cultores de die in diem seria rura manicantes circuibant. Intereatantum a ventis siccata, nec coelorum imbri bus madida nec in iemalibusfrigoribus desti per fusis pruinis astricta sed pulverulenta quasi Aegyptiacaet infructuosa iacebat. Iam enim iemps transierat, et agrorum cultores di-gitis semina fusoque pulvere disco perientes, ipsa sana et integra reperie-bant, ac si semper in vasis tutissimis ea servassent. Quibus visis seminibusomninoque ebetati ineffabiliter mirabantur.

47 Cfr. ad esempio, gli Annales Mediolanenses, cit., p. 376, all 'anno1165.

48 Cfr. F. CARLI, Il mercato nell'età del Comune, cit., p. 389.

Milano nei secoli IX-XII 391

Ancora a proposito del rapporto città --campagna il Bosisioesprime la convinzione che per Milano, almeno durante il perio-do comunale, si possa sfatare il mito della prevalenza dell'unasull'altra." A dimostrazione che non esistono barriere fra cittàe campagna, tra cives e rustici, egli cita non solo la presenza dibroli, orti, vigne, stalle entro la cerchia muraria e di cui si ègià parlato, ma anche l'atteggiamento di tutti gli scrittori, dalsec. VIII al XIII, i quali rendono omaggio alla campagna co-me fonte di floridezza, senza recare traccia alcuna della polemi-ca antirurale altrove così diffusa da diventare un modello lette-rario. Lo stesso termine « ambrosiano » è « termine più com-prensivo che esclusivo; prima che significato politico stricto sen-su, ebbe significato religioso, si ricollegò all'idea di un privile-gio spirituale di Milano e di un vastissimo territorio intorno adessa ».5° Alla sua robusta campagna e ai rustici lombardi la cit-tà si sarebbe accostata « non con lo spirito della sopraffazionema con quello della collaborazione vantaggiosa ». Non è dellostesso parere il Barni che da una definizione di Alberico da Ro-sciate, rusticus dicitur qui moratur in villa et civis qui in civita-te, crede di poter dedurre l'orgoglio e la coscienza dei cittadinidi avere determinati privilegi e diritti, di essere ben saldamentedivisi da quella cerchia di mura, ed anche un atteggiamentosprezzante nei confronti dei rustici." In verità la definizionenon pare tanto gravida di sottintesi, ma non si può non concor-dare con la conclusione dell'Autore che il Comune milanese delsec. XII o del principio del XIII non esercitò alcuna forma digenerosità verso i rustici, i quali d'altra parte erano impegnatiin un insanabile conflitto con i domini, fossero o no dei cittadi-ni. Ripercorrendo infatti le norme del Liber Consuetudinum,come il Barni ha fatto, la situazione di contrasto fra le due par-

49 A. Bosisio, Il contributo rurale nella formazione dello spirito cit-tadino, in « Archivio Storico Lombardo », LXXXV (1960), pp. 56-65.

50 A. Bosisio, Il contributo rurale, cit., p. 57.51 G. L. BARNI, Cives e rustici a Milano alla fine del XII secolo e agli

inizi del XIII secondo il Liber Consuetudinum Mediolani, in « Rivista Sto-rica Italiana », LXIX (1957), pp. 5-60.

Page 13: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

392 Maria Serena Mazzi Milano nei secoli IX-XII 393

ti appare chiaramente: « è ... una lotta continua tra i signori ei rustici, lotta in cui questi aspiravano ad una migliore situazio-ne, sia pure spesso solo concepita come negazione delle pretesedei domini, mentre da parte di costoro si tentava ancora, sepossibile, di riaffermare in pieno gli antichi diritti anche convincoli de corpore » .52 Si ha anzi la visione di due momenti suc-cessivi nel primo dei quali i domini trattarono per cedere ai ru-stici una parte dei loro diritti signorili, spinti da un reale biso-gno di avere capitali liquidi necessari alle esigenze imposte dal-la società nuova. Il secondo momento è quello nel quale i domi-ni che avevano fatto le cessioni o, più frequentemente, i lorodiscendenti tentano di recuperare gli antichi diritti, contandospesso sulla mancanza di documenti comprovanti l'avvenuta ces-sione.

Gli elementi di giudizio sono purtroppo assai scarsi per rico-struire nella sua interezza il tessuto dei rapporti fra città e con-tado, fra cives e rustici. Basti pensare al silenzio quasi assolutosulle classi rurali del territorio milanese, per le quali bisogna ri-salire ad un vecchio se pur valido studio di Giovanni Seregnisulla popolazione agricola lombarda," o utilizzare le poche pagi-ne che il Rasi ha dedicato alle corporazioni agricole, viste comeassociazioni « a sfondo sindacale », della cui esistenza gli sem-bra di poter rintracciare testimonianza in alcune norme del Li-ber Consuetudinum." In particolare nel par. 5 del cap. 6 dovesi stabilisce che i coloni, i quali abbiano risolto anzi tempo ícontratti che li legavano ai domini, non possano essere accoltida nessun altro dominus, ed anzi Puniversitas dei coloni è impe-gnata a risarcire il danno subito."

52 G. L . I3ARNI, CiVCS e rustici, cit. , p. 39.53 G. SEREGNI, La popolazione agricola della Lombardia nell'età bar-

barica, in « Archivio Storico Lombardo », XXII (1895), pp. 5-77.54 P. RASI, Le corporazioni agricole ed il Liber Consuetudinum Medio-

lani, in Scritti in memoria di A. Visconti, Milano 1955, pp. 351-58; P. RASI,Le corporazioni fra gli agricoltori, Milano 1940.

55 E. BESTA-G. L. BARNI, Liber Consuetudinum Mediolani anni MCCXVI,Milano 1949, cap. 6, par. 5, pp. 75-76.

Scarsissime notizie si ricavano sull'insediamento. Da unelenco delle pievi nella campagna milanese per il sec. XII " sipuò immaginare una campagna densamente popolata, costellatadi paesi, poiché ogni pieve aveva parecchie chiese dipendenti ecomprendeva quindi parecchi centri rurali.5 L'osservazione tro-va occasionalmente e parzialmente conferma in un ruolo di con-tribuenti delle terre pavesi redatto alla fine del sec. XII, nel qua-le la popolazione della zona intus Papiam et Mediolanum appa-re sparpagliata in una miriade di piccoli agglomerati." Ma natu-ralmente i dati sono a tal punto insufficienti che non è possibi-le neppure configurare in via ipotetica un assetto territoriale, enon si dispone di uno studio specifico sull'argomento. Solo do-po una attenta e approfondita ricostruzione delle strutture am-ministrative, civili ed ecclesiastiche, e dei loro territori, contee,foci, vici,diocesi, pievi, sarà possibile capire la storia dell'aspet-to fisico del paesaggio e dell'insediamento umano, in virtù deltenace legame che vincola l'uno e l'altro alle istituzioni.

Ai castelli della pianura lombarda Bascapè e Perogalli " at-tribuiscono un ruolo eminentemente difensivo. Ecco dunque lazona di confine popolarsi di rocche allorché incominciarono leperiodiche campagne dei milanesi contro i pavesi: Landriano,Vidigulfo, Bascapè, Caste] Lambro ecc. costituivano la catenache proteggeva Milano. E così sulle frontiere fra Milano e Lo-di. Presieduti in genere dai capitani o feudatari delle pievi, cioè

56 Cfr . G. Gummi, Memorie, cit., VII, pp. 307 sgg.9 La deduzione è s ta ta fa t ta da F . CARLI (Il mercato nell'età del Co-

mune, cit. , p. 12). Risulta infatti che in genere una pieve contasse qualchedecina di villaggi. Sull 'organizzazione delle pievi cfr. A. PALESTRA, L'ori-gine e l'ordinamento della Pieve in Lombardia, in « Archivio Storico Lom-bardo », LXXXVI1I (1963), pp. 358-98.

" C f r . C . M. CIPOLLA, Popolazione e proprietari delle campagne attra-verso un ruolo di contribuenti del secolo XII, in «Bollettino della SocietàPavese di Storia Patria », XLVI (1946), pp. 85-93.

" G . C . BASCAPÙ-C. PEROGALLI, Castelli della pianura lombarda, Mi-lano 1960. Cfr. anch... C. PEROGALLI, Castelli della Lombardia, Milano 1969,che contiene una descriz ione di 34 castell i della Lombardia , con tavole acolori, una carta e un glossario castellano oltre a un testo introduttivo connutrita bibliografia.

Page 14: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

394 Maria Serena Mazzi

dei centri rurali più importanti, questi castelli di confine non di-minuirono col fiorire dei Comuni nei secc. XI e XII. Parecchidi essi sono legati al ricordo del Barbarossa e delle sue campa-gne contro Milano: Cassano, ove il ponte sull'Adda avrebbe ce-duto sotto il peso dell'esercito imperiale, Trezzo, Corno Vec-chio e Corno Giovine, Carcano, S. Colombano al Lambro doveFederico I giunse nel 1161. Un simile censimento dei castellilombardi riguarda ovviamente il castrum inteso come insedia-mento militare o come residenza feudale, mentre non si ha no-tizia di ricerche intorno alla seconda accezione del termine ca-strum, cioè di villaggio fortificato, borgata, e della diffusione diquest'ultimo come forma caratteristica dell'organizzazione terri-toriale del contado e dell'insediamento umano, se si eccettua-no alcuni accenni fatti dal Bognetti per un periodo anteriore alMille."

3. I primi affari di carattere commerciale pare si trattasse-ro in Milano in quelle assemblee, i con ventus ante ecclesiam,aventi compiti di carattere amministrativo, che già Rotari am-metteva e che divennero poi di uso così generale da dare il no-me al luogo stesso dove avvenivano. A Milano il Foro pubblicodinanzi alla cattedrale si chiamerà infatti Asamblatorium. Sulmercato cittadino del sec. X esiste per Milano un documentoimportante. Si tratta di un diploma del 952 di Ottone I." Es-so interveniva di fatto a regolarizzare uno stato di cose già esi-stente, poiché vi si faceva dono al monastero di S. Ambrogiodi alcune aree in una piazza adiacente adibita però già da tem-

60 Cfr. P. VACCARI, La territorialità come base dell'ordinamento giuri-dico del contado nell'Italia Medievale, Milano 1963, e, in particolare, Il« castrum » come elemento di organizzazione territoriale, pp. 159-72.

61 G. BOGNETTI, I beni comunali e l'organizzazione del villaggio nel-l'Italia superiore fino al Mille, in « Rivista Storica Italiana », LXXVII (1965),pp. 469-99.

62 J documento, illustrato da G. GIULINI, Memorie, cit., I, p. 352,pubblicato dal PORRO, Codex Diplomaticum Langobardiae, n. 599, a. 952,16 febbraio, è ammesso anche dal SICKEL, MGH, Diplomata Regum et Im-peratorum, t . I, n. 145. Cfr . F. CARLI, Il mercato nell'Alto Medio Evo,Padova 1934, pp. 261-65.

Milano nei secoli IX-XII 395

po a pubblico mercato. Infatti, diviso il piazzale in cinque aree,su di esse sorgevano botteghe o stationes, con tutta probabilitàdi proprietà del monastero, che con esse aveva sostituito i ban-chi mobili. La donazione di Ottone I, dunque, altro non era senon il riconoscimento di un'alienazione arbitraria, secondo il di-ritto vigente, delle proprietà regali.

Nell'organizzazione del mercato locale sembra di poter rico-noscere l'assoluta preminenza del vescovo. Intanto, GalvanoFiamma afferma che egli riscuoteva un legno per ogni carro dilegna che entrava in città, un pesce per ogni sporta di pesce edun pane per ogni infornata," da cui si può dedurre forse cheegli godesse del diritto di riscuotere i dazi. t ancora l'arcivesco-vo inoltre che nel 1098 ribadisce i regolamenti della fiera deiSS. Protasio e Gervasio, istituita due secoli prima da Ansel-mo II, morto nell'896. Non c'è traccia di autorizzazione regia,però questa volta la decisione è presa col comune conscilium to-tius civitatis. Ce ne dà notizia una preziosa iscrizione posta nel-l'atrio di S. Ambrogio." 11 15 luglio 1100 viene consacrata aMilano una chiesa dedicata al Santo Sepolcro e per l'occasioneè approvato un secondo mercato con garanzia di pace otto gior-ni prima e dopo tale data. Il 9 maggio 1105 è la volta dell'isti-tuzione di un terzo mercato. L'occasione è data dal fortunosorinvenimento di alcune reliquie presso la chiesa di S. Maria allaPorta.

63 Il passo di Galvano Fiamma è riportato da G. GIULINI, Memorie,cit., XII, p. 592.

64 In nomine Sanctae Trinitatis. Ad eius honorem et Sanctorum Pro-tasii et Gervasii Marthyrum. Statutum est ab archiepiscopo Anselmo et eiuspostea successoribus sub nomine excommunicationis et communi consciliototius civitatis ut non liceat alicui in eorum festivitate curtadiam tollere etin jus sibi proprium usurpare. Iterum con firmaverunt per octo dies antefestum et per octum post festum firmam pacem omnibus hominibus ad so-lemnitatem venientibus et redeuntibus. Adam et Pagano huic bono opemdantibus. Anno D.ni MIIC. L'iscrizione è riportata in F. CARLI, II mercatonell'Alto Medio Evo, cit., tav. f.t. [164], il quale si chiede anche se i duecittadini, Adam e Pagano, che si adoperarono a far approvare tale decreto,siano consiglieri del vescovo o del Comune nascente.

Page 15: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

396 Maria Serena Mazzi

Il Barni " scorge nell'istituzione di questi tre grossi mercatiun riflesso della crociata cui, proprio il 13 settembre 1100,prendeva parte anche un corpo di spedizione milanese guidatodall'arcivescovo Anselmo da Bovisio, insieme con Goffredo daRho e il feudatario Alberto da Biandrate. Conseguenze menoimmediate, ma forse più incisive sull'economia milanese, le cro-ciate le avrebbero prodotte con la discoperta d'un mondo scono-sciuto all'Occidente medievale. Il raffinato, il civile Oriente isla-mico conquistava con le stoffe preziose, i profumi, i gioielli, lespezie, i mercati europei: « ma tutto ciò doveva essere pagatoin buona valuta e non con concessioni feudali spesso ridotte aldiritto di percepire prodotti della terra, spalle di maiale o gior-nate di lavoro. Può darsi che certe vendite da parte di dominiloci ai rustici di comuni rurali come quella di Vimodrone nel1170 o come quella a Fara Basiliana nel 1118 riguardante di-strictus et honor, fossero anche le conseguenze economiche diquesti nuovi desideri che divenivano nuove esigenze. Era neces-sario avere un capitale in ricchezza mobiliare per poter acquista-re oggetti belli, preziosi e comodi dei quali ormai si era presoil gusto. E il danaro si otteneva solo, da parte dei signori, ven-dendo immobili e i diritti anche di carattere pubblico ad essipertinenti. Così dalla ricchezza immobiliare si passava a quellamobiliare e così noi vediamo, specialmente nelle città di mare,famiglie nobili darsi all'attività mercantile ».«'

Certamente il vistoso fenomeno non si può addebitare inte-ramente alle crociate. Alla metà del sec. XII Milano è già unimportantissimo centro di smistamento dell'Italia settentriona-le. Lì fanno capo le correnti di importazione delle materie pri-me, che saranno distribuite ai centri minori per le manifatturedi pelletterie e tessuti, lana, cotone, materie coloranti, pelli, e itraffici di spezie da esportare nell'Europa settentrionale. Sem-

65 G. L. BARNI, Milano e le pr ime Crocia te , in Att i del Convegno diStudi su la Lombardia e l 'Oriente, Milano 1962, pp. 31-35.

66 G. L. BARNI, Milano e le prime Crociate, cit . , p . 35.

Mano nei serali IX-XII 397

pre a Milano si raccolgono i t e s s u t i delle Fiandre e della Fran-cia, le pellicce della Germania.

I primi mercanti, i negotiatores milanesi compaiono in docu-menti del 769, 796 e 856 come sottoscrittori. Un capitolare diCarlomagno accenna a negotiatores che si recavano presso gliAvari e gli Slavi." Nel 988 un giudice, Remedio, si dichiaravafiglio di Angifredo, negoziante di Milano." Nel 1035 il messodell'imperatore Corrado, Arioaldo, apre il suo tribunale nellacasa del negoziante Pietro." Mercatores nomina anche Landolfoil Vecchio e parla dei loro pacifici e sicuri negozi al tempo feli-ce in cui comandavano i « duchi », prima che prendessero ilpotere pochi capitanei e valvassori, cioè forse prima del trien-nio 1042-1045." Il Violante 7' constata nei secc. VIII, IX e Xla presenza ininterrotta di negotiatores di professione, che sielevano sempre di più socialmente attraverso gli investimentiterrieri, pur continuando tutti ad avere dimora in città, a dimo-strazione che in quest'ultima era accentrata la vita economica. Imercanti si raggruppano attorno al vescovo che ne appare il na-turale protettore. La consuetudine è tradita da un passo di Lan-dolfo il Vecchio in cui Ariberto appare nell'elogio di UbertoCancellano orphanorum pater sacerdotum ornamentum, vidua-rum, pauperum et mercatorum protector.'

67 E. VERGA, La Camera dei Mercanti in Milano, Milano 1914, pp. 4-5.68 Cfr. F. SCHUPFER, La società milanese all 'epoca del Risorgimento

del Comune, Bologna 1870, p. 80, e F. CARLI, Il mercato nell'età del Co-mune, cit. , p. 300.

69 Cfr. G. GIULINI, Memorie, cit. , 11, p . 203 . La no t iz ia è r ipor ta taanche in E. VERGA, La camera dei mercanti, c i t . , p . 4 e F . O uni , Il mercatonell'età del Comune, cit. , p. 300.

7° Omnes enim mercatores et rustici, aratores et bebulci, secure proprianegotia agentes victitabant (LANDULPHI SENIORIS, Mediolanensis histo-riae, cit. , par. 26, p. 64).

71 C. VIOLANTE, La società milanese, cit. , pp. 49 sgg. Le fonti principaliper l 'evoluzione della classe dei negoziatori, attraverso anche il favore e laprotezione imperiali sono indicate dal Violante nelle Formulae imperiales ecuria Ludovici Pii (MGH, Leges, s . I I I , Formulae Merovingi et Karoliniaevi, pars prior, p . 314, a . 828), nel Capitulare de disciplina Palatii Acjui-sgranensis, a. 809 (MGH, Leges, I , p . 1 5 8 ) e ne l l e Honorantie CivitatisPapie (MGH, SS, XXX).

72 Cfr. C. VIOLANTE, La società milanese, cit. , p. 64.

Page 16: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

398 Maria Serena Mazzi

Il vescovo e la Chiesa rappresentano inoltre una potenzacon cui il mercante deve fare i conti. La Chiesa milanese, comeosserva il Violante, avendo possessi e diritti nelle valli di Ble-nio, di Leventina e di Riviera, dominava dalla metà del sec. Xquei passi alpini che da Costanza>Zurigo e Coira, attraverso ilLucomagno e S. Bernardino conducevano a Milano, cioè le piùimportanti vie commerciali.

Quando si emanciperanno anche da questi vincoli con laChiesa, i negoziatori assumeranno una loro posizione precisa inseno alla società milanese. La costituzione, nell'anno 1067, deidue legati apostolici, Mainardo, vescovo di Selva Candida, eGiovanni Minuto, per la riforma del clero milanese, con la qua-le si impongono pene pecuniarie ai trasgressori, li vede già co-stituiti in classe. Clericus autem vel laicus pro ordinis ac digni-tatis sua quanl i tale ac potestate tali mulctetur damno: ut si qui-dem de ordine capitaneorum fuerit, XX denariorum libras, vas-sorum autem X, negotiatorum V, reliquorum vero pro qualitateet possibilitate componat." Il Violante esprime la convinzioneche la classe dei negoziatori di professione sia sopravvissuta feli-cemente alla crisi della conquista carolingia. Anzi, essi avrebbe-ro approfittato « della evoluzione interna dello stesso sistemacurtense per difendere e quindi intensificare la propria attivitàeconomica, diventare proprietari terrieri ed in seguito liberarsidi ogni vincolo economico o servitù politica e dare la scalata alpotere cittadino »." Il Bosisio non condivide questa inflessibilelinea evoluzionistica, sembrandogli, quello dei negoziatori mila-nesi, non il progresso di una classe preesistente e già ordinatagiuridicamente, ma il formarsi di una classe nuova costituita daelementi audaci e progressisti."

73 Cfr. F. CARLI, Il mercato nell'età del Comune, cit., Appendice, p.424. La costituzione è pubblicata in RR.II.SS., t. IV, 33, 85.

74 C. VIOLANTE, La società milanese, cit., p. 5175 Cfr. A. Bosisio, Note per la storia della società precomunale mila-

nese, in « Archivio Storico Italiano », CXII (1954), pp. 233-51. L'articolo,una recensione al libro del Violante, è fortemente critico nei confronti delleposizioni dell'Autore, il quale intravede anche il fenomeno comunale comeun pacifico e progressivo sviluppo del sistema feudale. La « straordinaria

Milano nei secoli IX-XII 399

Dell'esistenza del commercio laniero, la Santoro " ha trova-to notizia fin dai tempi di Carlomagno nel Regesto di Farfa.Nel 799, infatti, Sarengo, abitante nel territorio milanese, aven-do ottenuto in affitto dal monastero di Farfa alcune terre a Roz-zano, nel milanese, s'impegnava a corrispondere il canone an-nuo di dieci mancusi in oro o in argento o in panni. La notiziaresta però senza altri apporti fino alle Consuetudini milanesi,dove si trova un altro accenno nel cap. XXXII a proposito deldazio imposto ai panni colorati di Como, Monza e dell'Isola Co-macina. In un documento del 13 aprile 1211 Oprando Bracco,giudice milanese, s'impegna a pagare ad un suo parente, Giaco-mo' Bracciforte di Piacenza, 28 lire meno 2 soldi per un drap-po d'Inghilterra.n E ancora il 10 febbraio 1224 Guifredo Sola-serio cede alcuni crediti a favore di Arderico Bisollo e Giacomode Grosso, essi pure milanesi, i quali nove anni prima gli aveva-no dato 100 lire perché le trafficasse nel commercio di panni efustagni."

È lecito pensare che i mercanti avessero già da tempo unapropria organizzazione, poiché in atti del 1159 e del 1177 essaappare già perfettamente costituita con Consules mercatorum iquali prendono parte a sentenze e intervengono nella stipulazio-ne di trattati politici." Per l'anno 1172 c'è anche un accenno al-la corporazione da parte di Galvano Fiamma. Essa avrebbe avu-

moltiplicazione delle concessioni feudali non è salutare crescenza, è feno-meno di tumefazione e presagio di morte del sistema ... quella dei cives èrivoluzione... Sono, questi, elementi esterni a quella struttura (feudale),cresciuti e diventati forti in essa, ma con mezzi, come la mercatura e l'in-vestimento, ad essa estranei .. », afferma invece il Bosisio.

76 C. SANTORO, La matricola dei mercanti di lana sottile di Milano,Milano 1940.

77 C. SANTORO, La matricola, cit., Appendice, doc. n. 1.78 Cfr. C. SANTORO, La matricola, cit.; la pergamena, conservata nella

Biblioteca Trivulziana, è citata anche da G. BISCARO, Gli estimi del Comunedi Milano nel secolo XIII, in « Archivio Storico Lombardo », LV (1928),p. 384.

79 Cfr. C. SANTORO, Dalla «Universitas Mercatorum » alle Corporazionidel le Art i , in «I l Commercio Lombardo », XIV (1956), ripubblicato inScritti rari e inediti, Università degli Studi di Milano 1969, pp. 231-38.

Page 17: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

400 Maria Serena Mazzi Milano nei secoli IX-XII 401

to l'incarico di verificare il peso legale delle monete, di control-lare che le misure dei panni fossero conformi a quelle scolpitein marmo nella Pescheria, di occuparsi della manutenzione deiponti e delle strade.° L'Universitas mercatorum assumeva inol-tre la tutela dei creditori e costituiva un foro speciale al qualeera devoluta la trattazione delle cause fra mercanti. Nelle Con-suetudini milanesi del 1216 un intero capitolo, il XXVIII, fudedicato a riassumere le consuetudini dei mercanti quae anti-quís temporíbus et novis observantur.' Ma durante il sec.XIII, anzi a partire dalla seconda metà del XII, l'attività deimercanti si accrebbe, e così la loro potenza economica. Bastipensare, per averne una prova indiretta, al peso che la borghe-sia mercantile dovette sostenere nel finanziare le guerre controFederico I e Federico II poi. Nel settembre 1158 Milano do-vette pagare 9000 marche d'argento, soccorrere inoltre i fuggia-schi di Crema, riedificare Tortona, sostenere gran parte dellespese per la fondazione di Alessandria. Infine, secondo il Giuli-ni, durante il primo assedio, spese in fortificazioni più di 50.000marche d'argento.

Il potere economico e politico di questi uomini d'affari sem-bra definitivamente riconosciuto nel 1228 con la delimitazionedell'area del Broletto nuovo, chiamata piazza dei Mercanti, do-ve si accentrò tutta la vita amministrativa ed economica dellacittà. Lì fu eretto il Palazzo della Ragione, lì intorno si adden-sarono il Palazzo dei Notai, le scuole Palatine, la loggia degliOsii, il Palazzo dei Giureconsulti. Quel ridotto codice mercanti-le allora non apparve più adeguato e, compilandosi nel 1330gli statuti milanesi, fu intfodotto un vero e proprio codice ri-guardante i mercanti. Poiché gli statuti sono andati perduti e

8° Cfr. E. VERGA, La camera dei mercanti, cit., p. 8.81 Cfr. E. BESTA-G. L. BARNI, Liber Consuetudinum, cit. , cap. 28,

pp. 132-34. Il par. 1 dice esplicitamente: Verum quia negotiatores et eorumconsules speciales consuetudines suas habent, quae in nostra civitate anti-quis temporibus et novis observantur et illas in hoc opere comprehenderenecesse est, videamus ergo quae sint. Segue, fra l'altro, la regolamentazionedei pesi e delle misure, sempre riferiti ai valori fissi conservati nella Pe-scheria.

così è accaduto anche alla riforma del 1351, per avere notiziesicure sulla legislazione mercantile occorre rifarsi alla redazionedegli statuti di Milano del 1396, ordinata da Gian Galeazzo Vi-sconti, rielaborata e pubblicata un secolo dopo, nel 1498, manon molto dissimile da quella del 1330, secondo quanto ha di-mostrato il Lattes.° Gli Statuta Mercatorum del 1396 riconfer-mano e ampliano il quadro già offerto dal Líber Consuetudi-num del 1216. I Consoli dei mercanti dovevano ogni anno fareil collaudo delle strade ed iscriverle in apposito registro. Inol-tre, il mercante che, percorrendole, fosse derubato avrebbe avu-to diritto all'aiuto della corporazione. P manifesta la preoccupa-zione costante della sicurezza delle strade e delle rappresaglie.Sono i mercanti stessi a prendere parte attiva alla costruzionedelle vie di comunicazione attraverso le Alpi o a cercare di otte-nere la libertà di passaggio per i valichi alpini — Gottardo eSempione per le fiere di Champagne, e il passo di Jougne perla Lorena — ad occuparsi dei dazi e delle dogane, a conclude-re, da soli o col concorso dell'autorità politica, trattati di com-mercio coi governi stranieri. Il più antico trattato giunto fino anoi è, secondo il Verga, quello del 10 dicembre 1268 con la Re-pubblica di Venezia. ° Ma fin dal sec. XII l'economia mercanti-le, l'esigenza degli scambi condiziona la politica estera della cit-tà. Occorreva avere via libera verso Genova, il Piemonte, laFrancia, verso Lucca e Pisa, Chiavenna e Coira, Verona e ilBrennero, Venezia, Piacenza e Bologna." Ma gli ostacoli nonerano pochi. Il marchese del Monferrato sbarrava la strada versoil Piemonte e la Francia, Como si ergeva sull'itinerario Chiaven-na-Coira, Pavia e i marchesi Malaspina impedivano il passaggioper Genova per Lucca e per Pisa, e così Lodi la via per Piacen-

82 A. LArrEs, Il diritto consuetudinario delle città lombarde, Milano1899.

83 Cfr. E. VERGA, La camera dei mercanti, cit." Per il problema dei passi alpini cfr. G. L. BARNI, La politica di Fe-

derico I circa i passi retici ed il problema del castello di Serravalle in Val diBlenio, in Atti del Convegno di Studi per i rapporti scientifici e culturali italo-svizzeri, Milano 1956, pp. 197-204.

26

Page 18: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

402 Maria Serena Mazzi

za e Bologna; per Verona e Venezia bisognava assicurarsi inol-tre Cassano e la Ghiara d'Adda. Da qui sorse un complesso si-stema di alleanze e di ostilità. Ne sono una testimonianza laspietata lotta contro Como e contro Lodi, parzialmente distrut-ta nel 1111 e da quel momento nemica giurata di Milano, dicui correrà a lamentarsi con l'imperatore," e l'alleanza con Cre-ma, Cremona, Piacenza.

Il Vaccari ha messo in evidenza come i rapporti commercia-li della Lombardia sud -occidentale gravitino sul porto di Vene-zia dall'età romana al sec. XI e si spostino invece su Genova apartire dal sec. XII." Al centro del territorio collegato con lacittà ligure è Pavia: la « strada di Lombardia le unisce ». Ma-dalla metà del sec. XII Piacenza abbandona l'antica strada e netraccia una nuova, più breve, attraverso la vai di Trebbia, il col-le della Scoffera, la valle del Bisagno. Subito i mercanti milane-si stringono vantaggiosi trattati con Piacenza ed i marchesi Ma-laspina, si sottopongono ai disagi di una via più lunga per ilgrande arco piacentino, per sfuggire così ad ogni dipendenzadai nemici comaschi. L'orientamento delle città lombarde versoGenova è reso possibile, secondo quanto dice il Vaccari, dalmutamento avvenuto a partire dal sec. IX nell'economia geno-vese, che diventa economia commerciale con capitale mobiliarein continuo aumento, e dai progressi compiuti dall'agricolturalombarda, la quale era in grado ormai, non solo di provvedereal consumo interno senza ricorrere alle importazioni, ma anchedi esportare granaglie, destinate nella massima parte al merca-to genovese. Mentre Venezia poteva acquistare grano ovunque,in Emilia come in Puglia, la città ligure doveva rifornirsi inLombardia e in cambio offriva le materie prime per le manifat-ture, non tanto lana e lino, le cui esigenze erano soddisfatte dal-la produzione locale, ma cotone, pelli che venivano da Maiorca

" Cfr. A. CARETTA, Le cinque ambascerie lodigiane presso Federico I, in« Archivio Storico Lodigiano », VIII (1960), pp. 55-74.

86 P. VACCARI, Da Venezia a Genova. Un capitolo di storia delle relazionicommerciali nell'Alto Medioevo,in Studi in onore di G. Luzzatto, Milano 1949,1, pp. 86-95.

Milano nei secoli IX-XII 403

e dalla Sicilia, spezie, sale, allume, degno, piante da tinta, seta,zendadi, ornamenti preziosi provenienti da Oriente. Della pro-duzione di lino nella campagna milanese si ha notizia già alla me-tà del sec. XII. Nel sec. XIV pare che Venezia ritorni invecenell'antica posizione di privilegio commerciale con la Lom-bardia.

Anche il Barni " sostiene che Genova nel sec. XII stava di-ventando sempre di più il porto di Milano. Nella zona nord -oc-cidentale della città marittima, attorno alla chiesa di S. Ambro-gio, era la contrada dei milanesi, li erano raggruppate case ebotteghe che un furioso incendio distrusse nel 1122, li era ilcentro degli interessi milanesi. Questi commerci milanesi in Li-guria sembrano svolgersi sotto la protezione della Chiesa, chepossedeva sicuramente beni nella regione e nella città di Geno-va. Ancora nel 1162 il profugo arcivescovo milanese, rifugiato-si in Francia presso il papa dopo la distruzione di Milano, im-plorava ed otteneva da Alessandro III la conferma dei suoi di-ritti su quella marca Januensis dove, ormai dal 1133, la chiesagenovese aveva visto concesso al suo capo il titolo arcivesco-vile.

Le cronache non riportano notizie delle relazioni commercia-li nel sec. XII fra Genova e Milano, e anche gli atti ufficialidel Comune sono scarsi di informazioni a questo riguardo. Visi trova infatti un solo trattato politico fra le due città." Lafonte primaria è rappresentata dai registri notarili di Genova es-sendosi perduti quelli milanesi. Sui registri genovesi si è appun-to basato il Kru2ger 9° per le sue notizie sui mercanti milanesi.

I notai della città ligure nominano 89 milanesi, complessiva-mente un numero molto maggiore degli altri lombardi, ma sen-

87 devastavit blavas, legumina et linum Mediolanensium (Annales Me-diolanenses, Libellus, cit., p. 368, a. 1160 maggio).

88 G. L. BARNI, Beni della Chiesa milanese in Genova e nella Liguriaorientale, in Scritti in memoria di A. Visconti, Milano 1955, pp. 41-51.

89 C. MANARESI, Atti, cit., n. 35, 36, 40, 41.9° H. C. KRUEGER, Notizie su Milano e sui milanesi nei registri notarili

genovesi, in «Bollettino della Società Pavese di Storia Patria », XII (1952),pp. 25-41.

Page 19: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

404 Maria Serena Mazzi

z'altro inferiore alla frequenza dei francesi. Evidentemente lefiere di Champagne e delle Fiandre erano preferite dal commer-cio genovese del sec. XII. I documenti dimostrano inoltre che ímilanesi non partecipavano al commercio d'oltremare di Geno-va anche quando i loro investimenti costituivano parte del cari-co delle navi partenti. Nel commercio terrestre i milanesi svol-gevano una duplice attività: importavano a Genova merci dellaLombardia e del Piemonte per il consumo interno di Genova odella Liguria o di porti più lontani nel Mediterraneo e ne espor-tavano articoli venuti d'oltremare, costituendo così uno sboccoper il traffico genovese nel Mediterraneo. Il grosso delle merciche Milano immetteva sul mercato genovese era costituito daitessuti, in modo particolare i fustagni; solo eccezionalmente so-no menzionati uno schiavo, un mulo e vestiti già confezionati.Per il decennio 1 1 5 4 -1 1 6 4 la fonte principale è il Cartulario diGiovanni Scriba, appena cinque frammenti ma ben 1300 atti,la maggior parte dei quali di natura commerciale.9' Il Carli di-mostra come la cessazione parziale o totale del commercio mila-nese dovesse essere un duro colpo per Genova, portando a ri-prova il numero degli atti rogati negli anni 1159 e 1162, incoincidenza con gli attacchi del Barbarossa, rispettivamente ze-ro e 2 in confronto ai 25 del 1157, 21 del 1158, 22 del1160, 17 del 1161. Il Krueger vede invece in tutto l'arco ditempo 1156-1176 una forte limitazione negli scambi commercia-li fra Milano e Genova, dovuta alla posizione filoimperiale deigenovesi, naturalmente invisa ai milanesi nemici dell'Impero.

Accanto ai negotiatores è frequente nelle fonti la menzionedi vari tipi di artifices.' Un ruolo di prestigio occupano gli ar-gentarii e gli aurifices," ma fin dal sec. X numerosi sono i ferra-

" Il cartulario è stato pubblicato da Chiaudano nella collezione Testiper la storia del diritto commerciale, Torino 1935, vol. 2; cfr. F. CARLI, Ilmercato nell'età del Comune, cit., pp. 198-201.

92 Cfr. C. SANTORO, Dalla «Universitas Mercatorum», cit." Sull'oreficeria milanese cfr. R. GILDA, Appunti per una storia dell'ore-

ficeria milanese, in « Archivio Storico Lombardo », LXXXIV (1959), pp. 139-46.

Milano nei secoli IX-XII 405

i fabri, che appaiono quali possessori di beni nel contado, ipistores, tenuti in grande considerazione poiché compaiono co-me testimoni in importanti atti privati," e ancora mulinarii, ca-ligari." La prima notizia dei sarti si ha, secondo la Bologna,'in una sentenza del 12 luglio 1174, pubblicata negli Atti delComune di Milano, in cui compare in qualità di testimone uncerto Petrus sertor. Sarti compaiono ancora in tre sentenze del1204, 1206 e 1209 e di loro parlano Bonvesin de la Riva eGalvano Fiamma. Di una corporazione vera e propria si ha noti-zia nel 1385 in una ratifica degli statuti del para tico, registratadal Registro delle Provvisioni del 1385-1388, il cui testo perònon è pervenuto. Bisogna attendere la conferma degli statuti,operata da Giangaleazzo Maria Sforza nel 1492, e la loro tra-scrizione nei registri ducali per conoscere l'organizzazione dellacorporazione.

Secondo i dati forniti da Bonvesin, Milano avrebbe avutonel 1288 un esercito di quarantamila uomini. Il Carli ne ammet-te ventimila nel 1162, mentre il Pieri " calcola un numero dicirca cinque o seimila fanti e un numero di poco superiore dicavalieri impegnati nella battaglia di Legnano del 1176. Del re-sto, come si è già visto, egli è in netto contrasto con í dati de-mografici forniti dagli storiografi milanesi, e poiché calcola chel'esercito sia sempre lontano dal rappresentare un quarto o unquinto della popolazione totale, occorre ricordare che egli abbas-sa il numero complessivo della popolazione a cinquantamila uni-

Sull'importanza economica dei molíni cfr. G. L. BARNI, I molini nelmilanese fino al Liber Consuetudinum Mediolani anni MCCXVI, in « Archi-vio Storico Lombardo», LXXXVIII (1963), pp. 63-74.

95 Nel 992 a Milano già si assiste ad una sorta di localizzazione profes-sionale nella via ubi Calegaria dicitur. (PoRRo, Codex, cit., n. 818; cfr. F.CARLI, Il mercato nell'Alto Medio Evo, cit., p. 368).

96 G. BOLOGNA, La corporazione dei sarti a Milano dal sec. XIV alsec. XVII, in Studi in onore di A. Fanfani, cit., II, pp. 179-226. L'Autricepubblica lo statuto del 1492 e l'approvazione del precedente statuto del 1385,illustra gli scopi e le vicende dell'arte, esamina il contenuto delle norme sta-tutarie e segue l'attività dei sarti fino alla soppressione della loro associa-zione nel 1774, mettendo in rilievo i contrasti con la manodopera lombarda

97 P. PIERI, L'evoluzione delle milizie, cit.

Page 20: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

406 Maria Serena Mazzi

tà. Comunque sia, è certo che l'arte degli armaioli fosse a Mila-no particolarmente fiorente," anche se nel Liber Consuetudi-num Mediolani, e precisamente nel capitolo dedicato alle tariffedei dazi, si trovano tassati a 4 denari per ogni lira di valoreusberghi e panciere, con l'evidente significato che esisteva di ta-li manufatti un commercio di importazione.

Un discorso a parte meritano i monetieri. Nel sec. X essicompaiono nelle Honorantie civitatis Papie, nel 949 il papaAlessandro III confermava con una sua bolla all'arcivescovo diMilano, Oberto, fra gli altri suoi diritti, la zecca che da Lotarioera stata donata a Manasse, suo predecessore. Il Lopez sostienela sopravvivenza dell'associazione e dei privilegi dei monetieri.Da collegi obbligatori a corporazioni privilegiate a gruppi legatidal giuramento, ad associazioni simili alle arti dell'età comuna-le." I monetieri lombardi « esercitano una professione a caval-lo tra l'artigianato e il commercio, importante ... perché la mo-neta è rara ed essi soli la fabbricano e ne posseggono in quanti-tà ragguardevole. Nel 1036, per esempio, il monetiere Pietro diGiovanni legò al monastero di S. Ambrogio ottanta lire in dena-ro liquido oltre a vaste proprietà terriere. Per contro, pochi an-ni prima, un conte lombardo non era riuscito a pagare un debi-to di cinque lire se non vendendo case e campi in trentadue lo-calità diverse. Che cosa permetteva a un monetiere di spenderetanto più di un conte? »." Sembra innanzitutto che il corpo

98 Sull 'a r te degli armaioli a Milano qualche notiz ia s i può trovare inArti e Corporazioni nella storia d'Italia, Spoleto, 1966, che è il catalogo diuna mostra sulle arti in I ta lia . L 'intervento riguardante Milano è dovuto aA. Rosario Natale. I l più antico ricordo degli spadari a Milano si trova inun documento del 14 aprile 1066 (cfr. Gli atti privati, cit . , III, n. 467).

99 R. S. LOPEZ, Un millennio di storia delle associazioni di monetieri,in Studi in onore di G. Luzzatto, Milano 1950, pp. 74-117. Di monetieri siè occupato ancora con un articolo, An aristocracy of money in the early midd-le ages, in « Speculum », XXVIII (1953), pp. 53 sgg. ; Monete e monetierinell'Italia barbarica, in Moneta e scambi nell'alto Medioevo, Spoleto 1961,pp. 84 sgg. , e ancora, a proposito di una famiglia di monetieri milanesi, di-scesi da Benedetto Rozo, figlio di Giovanni, semplice monetarius ne l 936 emagister monete nel 941, Il commercio dell'Europa post -carolingia, in I pro-blemi comuni dell'Europa post -carolingia, Spoleto 1954, II , pp. 576-98.

100 R. S. LOPEZ, Il commercio, cit. , pp. 595-96.

Milano nei secoli IX-XII 407

dei monetieri trattenesse due denari per ogni soldo coniato, madovendo per contro versare alle pubbliche autorità un fitto an-nuo di dodici lire, si dovrebbe presupporre la coniazione di ven-titremila denari prima che si pagassero le spese di coniazione esi cominciasse ad intascare un guadagno. I monetieri inoltreavevano il diritto di comprare ad un tasso fissato tutto l'oro otte-nuto nei fiumi del regno e naturalmente di rivenderlo con profit-to. Sembra poi che esercitassero il prestito a interesse ed è cer-to che in molti casi agivano da agenti d'affari per i più grandienti ecclesiastici e che investivano in terre larga parte dei loroguadagni. Il prestigio sociale che hanno raggiunto è documenta-to dall'appellativo di nobilis bomo talora rivolto ad alcuni di lo-ro, e dagli inviti a far da assessori al tribunale missatíco.

Il Violante fa risalire alla fine del sec. X l'affermazione del-le prime famiglie di monetieri, che si legano alle famiglie di me-di e anche grandi proprietari del contado tendenti a trasferirsiin città. « Non di rado il patrimonio di queste famiglie di pos-sessori finisce — per eredità o per varie operazioni economiche— nelle mani di coloro che praticano la mercatura o lavoranoalla zecca. [ ...] Diventando proprietari di terreni nel contadoe di suolo edificatorio e di case nella città e nel suburbio, igrandi monetieri e negoziatori si trasformano da artigiani e dapiccoli trafficanti in uomini d'affari »."

Nel sec. XII il Comune si sostituisce all'arcivescovo nel di-ritto di battere moneta e amministrare la zecca. Fra il 1135 e il1142, e forse anche prima, i milanesi istituirono una monetachiamata denari tercioli o anche novi in contrapposto ai vete-res, rimpicciolita, di minor peso e modulo. Alla metà del sec.XIII si avrà a Milano l'equivalente del fiorino e cioè l'ambro-sino d'oro. Nel settembre 1155 Federico I privava il Comunedi Milano moneta, tbeloneo et omni districtu,'°2 trasferendo a

101 C. VIOLANTE, Per lo studio dei prestiti dissimulati, cit., pp. 692-93.

182 Cfr. la Bannitio Mediolani, MGH, Leges, s. IV, Constitutiones, I,n. 154-155, pp. 216-18: Mediolanenses moneta, theloneo et omni districtoac potestate secul ari et omnibus regalibus nostra auctoritate esse privandos.[...] quo Mediolatunses privavimus Cremonensibus donavimus

Page 21: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

408 Maria Serena Mazzi

Cremona il diritto di batter moneta, ma in verità non risultache la città ribelle abbia mai ottemperato a simile divieto, tan-to che Federico dovette ripetere di nuovo l'ordine e passare ta-le prerogativa a Como.'"

Scarse notizie si hanno sulle arti e sulle corporazioni milane-si 1" e sulla produzione manifatturiera. Il cronista GalvanoFiamma spiega quali artigiani costituissero il nucleo principaledella Credenza di S. Ambrogio, l'associazione delle libere corpo-razioni di mestiere avvenuta nel 1198: sono macellai e beccai,fornai e farinai, calzolai, ciabattini, fabbri, lanaioli, speziali, mu-ratori. Le fonti parlano poi di labores, specie di case di lavorodove si imparava il mestiere. Dalla seconda metà del sec. XIIsi ha notizia di fustagni e cotone milanesi, ma secondo il Carlia Milano si fabbricavano anche tessuti di seta. L'inventario diS. Giulia alla metà del sec. X menziona la seta fra le contribu-zioni annue che gli abitanti di Chama dovevano versare.'" LoZanoni " afferma che nel sec. XII l'industria della lana era giàfiorente e dunque la sua origine non era strettamente dipenden-te dalla presenza degli Umiliati.

Un esempio di indagine sulla milanese arte della lana, pur-troppo per un periodo posteriore a quello considerato, ci è of-

M Cfr. MGII, Leges, s. IV, Constitutiones I, n. 156, pp. 218-19; G. L.BARNI, Riflessi giuridici della lotta tra Comuni e Federico I nelle Consue-tudini milanesi, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, Milano 1956,I, pp. 449-68.

104 Gli studi a tale proposito sono di vecchia data e insufficienti: cfr.G. B. VASCO, Delle università delle arti e dei mestieri, Milano, 1793; G.PAGANI, Alcune notizie sulle antiche corporazioni milanesi d'arti e mestieri,in « Archivio Storico Lombardo», XIX (1892); F. MEDA, Le corporazionimilanesi d'arti e mestieri, Milano 1894; L. GAMBI RASIO, Le corporazionid'arti e mestieri nel Medioevo, Siena, 1897; A. Sown, Le associazioni in Ita-lia avanti le origini del Comune, Modena 1898; A. VISCONTI, Premessa sto-rica al Catalogo di Collegi professionali e Corporazioni d'arte e mestieri dellavecchia Milano, a cura di C. Santoro, Milano 1955; C. SANTORO, Collegi pro-fessionali e corporazioni d'arte e mestieri della vecchia Milano, in «Cittàdi Milano », VIII (1955), pp. 143-46.

105 Cfr. F. CARLI, Il Mercato nell'Alto Medio Evo, cit., p. 293.106 L. ZANONI, Gli Umiliati nei loro rapporti con l'eresia, l'industria della

l ana e i Comuni nei sec . XI e XII I , Milano 1911; ristampa anastatica,Roma 1970.

Milano nei secoli IX-XII 409

ferto dalla Santoro," la quale, sulla base 'dei dati forniti dallamatricola dei mercanti di lana sottile, dove le iscrizioni inizianocol 1393, è in grado di ricavare alcune osservazioni interessan-ti. Innanzi tutto uno stretto legame tra le vicende politico-socia-li e quelle dell'industria che si contrae e si espande sulle oscilla-zioni delle prime. Basterà fare una considerazione sulla necessi-tà di orientare la politica estera in modo tale da mantenere buo-ni rapporti commerciali con i paesi d'oltralpe importatori di ma-terie prime. Fino all'inizio del sec. XIII, infatti, l'economia ru-rale lombarda soddisfaceva anche la richiesta di lana, dopodichéfu necessario importare dalla Francia, dall'Inghilterra e dalledue Borgogne. La strada che conduce dal Brabante alla Lombar-dia attraverso la pianura renana, entrata in gioco alla fine delsec. XIII, circa nel 1280, è soprattutto strada di mercanti mila-nesi che approvvigionano la città di materie prime, in primoluogo lana." Un secondo dato che è possibile ricavare dalla ma-tricola è la distribuzione dei lanaioli, l'accentramento delle fab-briche di lana. « Studiando la distribuzione dei lanaioli oltreche secondo le porte anche secondo le parrocchie emerge un ele-mento di interesse anche maggiore, e cioè che si distribuironoper molta parte lungo la fossa esterna della città, evidentemen-te per il bisogno di utilizzare il corso d'acqua per il trasportodella merce e per tutte le operazioni inerenti alla fabbricazionedei panni »." Così la Porta Nuova risulta la più affollata,proprio perché aveva inizio lì il Naviglio e le sue acque eranopiù pulite. « Al perfezionamento della tecnica della lavorazionedei panni e alla diffusione di quest'arte hanno contribuito certa-mente gli Umiliati che in Milano e contado aprirono nel sec.

107 C. SANTORO, La matricola dei mercanti di lana sottile di Milano, Mi-lano 1940.

108 Cfr. H. LAURENT, Un grand commerce d'exportation au Moyen Age.La draperie des Pays Bas en France et dans les pays mediterranées (XII -XVsec.), Paris 1935; L. GAUTHIER, Les Lombards dans les deux Bourgognes,Paris 1907; C. M. CIPOLLA, La via delle lane inglesi verso la Lombardia, in« Bollettino della Società Pavese di Storia Patria», XLVI (1946), pp. 95-97.L'Autore prende spunto da A. DEROISY, Les routes des laines anglaises versla Lombardie, in « Revue du Nord », XXV (1939), pp. 40-60.

109 C. SANTORO, La matricola, cit., p. XXII.

Page 22: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

410 Maria Serena Mazzi

XIII numerose case; vi concorse però anche il formarsi dell'or-ganizzazione capitalistica di tale industria, la costituzione cioèdi una classe intermedia tra i grandi importatori e gli artigiani,la classe del mercante imprenditore che, acquistata dal grossistala materia prima, l'affidava per la lavorazione ad operai specia-lizzati e portava poi il prodotto finito sul pubblico mercato, te-nendo sempre conto della situazione economica e regolando inconformità di questa e delle esigenze del consumatore la produ-zione, i vari tipi e i relativi costi »."°

Non è difficile notare, da quanto si è venuto riassumendo,come il campo del commercio, dell'artigianato, della produzionesia povero di ricerche, le quali non si sono poi mai applicate,sempre escludendo l'opera del Violante, alle classi e ai conflittidi classe, nonché all'evoluzione sociale.'"

4. Il Bosisio lamentava nel 1936 che le questioni fonda-mentali sull'origine e la formazione del Comune milanese fosse-ro state impostate da un punto di vista quasi esclusivamente giu-ridico-istituzionale."2I problemi che i giuristi cercavano di risol-vere riguardavano l'origine e la derivazione del consolato e delle

110 C. SANTORO, La matricola, cit., p. X.Si è volutamente tralasciata, in questa breve rassegna, la storiografia

sui rapporti del Comune milanese con l'Impero, più in particolare sulle vi-cende della opposizione della città a Federico I, terminata con la lotta armata,pensando di riservare a tale argomento, e soprattutto alla battaglia di Legnano,un successivo intervento. Simili temi hanno infatti avuto un rilievo particolarenelle diverse stagioni storiografiche. Si può dire, anzi, che abbiano come se-gnato l'indice degli umori politico-sociali nelle diverse epoche e si sianoprestati, più di altri, ad interpretazioni differenti, sospese tra realtà e mito,ma sempre significative dal punto di vista del nesso tra l'opera artistico -sto-rica e lo sviluppo politico-sociale dell'ambiente da cui essa si genera. Un segnodei tempi nuovi anche in questo campo è dato da un recente saggio di L.FASOLA, Una famiglia di sostenitori milanesi di Federico I. Per la storia deirapporti dell'imperatore con le forze sociali e politiche della Lombardia, in« Quellen u. Forschungen aus italienische Archiven u. Biblioteken », LII(1973), pp. 116-218.

112 A. Bosisio, Prospettive storiche sull'età precomunale e comunale inMilano negli studi più recenti, in « Archivio Storico Italiano », XCIV (1936),pp. 201-16; cfr. anche, dello stesso autore, Nuovi problemi e studi sull'altoMedioevo milanese e lombardo, in « Archivio Storico Italiano», CXIII (1955),pp. 443-81.

Milano nei secoli IX-XII 411

altre istituzioni comunali, oltre che la loro posizione nei confron-ti del diritto imperiale prima della pace di Costanza. Ma parevaal Bosisio che questa generazione di giuristi non rispondesse inmaniera soddisfacente a « fondamentali esigenze storiche », po-nendosi come obiettivo l'evoluzione delle forme giuridiche e lacontinuità degli istituti, ma non la ricerca dei processi storici,politici, economici e sociali che in certo senso li precedono e licondizionano. Le ricerche di natura giuridica sul Comune milane-se hanno assunto sempre minor peso e incidenza sull'equilibriostoriografico del secondo dopoguerra. A distanza di molti annidalle osservazioni del Bosisio, la Sinatti D'Amico mette in rilievo,a sua volta, che « l'indagine storico -giuridica si è orientata soprat-tutto verso un'analisi delle istituzioni e delle magistrature affer-matesi in Milano, talché si può dire che ci si è preoccupati diricostruire la storia della costituzione milanese dal sec. XII alXV », ma osserva anche che invece « nessuno fino ad oggi haaffrontato il problema della formazione del diritto proprio delComune di Milano e delle città lombarde e quello dell'applica-zione di tali norme ».'"

L'Autrice afferma che nel periodo compreso tra il 1020 e il1070 senza dubbio dovette esserci emanazione di qualche statu-to di cui tuttavia non ci è pervenuta alcuna notizia. Facendoquindi un bilancio, dalla nascita del Comune alla compilazionedel Liber Consuetudinum, esisterebbero solo otto documenti in-dicanti l'attività legislativa svolta dal Comune.

Proprio per una simile scarsezza di materiale legislativo as-sume maggior rilevanza l'edizione critica del Liber Consuetudi-num Mediolani procurata dal Besta e dal Barni."4 Soprattutto

F. SINAM D'AMICO, La gerarchia delle fonti di diritto nelle cittàlombarde, Firenze 1962, pp. 9-10.

114 La prima edizione del Liber Consuetudinum risale al 1869 ad operadi Francesco Berlan; nello stesso anno, a Torino, il Porro faceva uscire un'edi-zione basata su un manoscritto diverso. Il Berlan replicava con Le due edi-zioni milanese e torinese delle Consuetudini di Milano dell'anno 1216. Cennied appunti: giuntovi il testo delle Consuetudini ridotte a buona lezione, Ve-nezia 1872, in maniera polemica e ben documentata. Un'edizione che nonaggiunge niente di nuovo a quella del Porro è stata curata da Todaro dellaGallia in Raccolta degli Statuti municipali italiani, vol. I, Palermo, 1888. E

Page 23: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

412 Maria Serena Mazzi

perché nel proemio i compilatori del 1216 dichiarano esplicita-mente di rifarsi ad una raccolta precedente, ad un libellus chePetrus Iudex de consuetudinibus Mediolani sub certis titulisstudiose posuerat. I curatori credono di poter far risalire que-sto pr imo nucleo ad un periodo compreso tra il 1145 e il1162. Successivamente il libellus circolò, fu usato e subì modifi-cazioni ed aggiunte. Infatti, non tutto ciò che è posteriore al-l'originaria compilazione è da attribuirsi alla commissione del1216. Quest'ultima si sarebbe limitata ad elaborare e ad aggior-nare definitivamente il frutto di stratificazioni successive.

Il Rasi ritiene invece che il nucleo originario sia anterioreal 1145."5

Il Liber contiene, oltre il proemio, ciò che riguarda le nor-me procedurali, sia penali sia civili, e la materia della compra-vendita. Vengono presi in considerazione i rapporti di locazionee conduzione, di società, di mutuo. Seguono due capitoli sulleultime volontà e sulle successioni. Altri argomenti disciplinatisono le prescrizioni, la servitù, i diritti d'acqua e quelli spet-tanti ai proprietari dei mulini. Si entra poi nella parte che con-sidera districta, honores, conditiones, decime, feudi e tutto ciòche con essi ha rapporto.

In particolare alla tradizione manoscritta del Liber Consue-tudinum il Barni ha dedicato due successivi interventi,' il pri-mo dei quali destinato a profilare una storia dei due manoscrit-ti, Ambrosiano e Trivulziano, copie cartacee, entrambi, del sec.XVII, che formano la tradizione del Liber. Egli stesso, nel se-condo articolo segnalato, dette notizia del rinvenimento di unacopia del secolo scorso del Trivulziano, andato distrutto duran-

infine le due edizioni di E. Besta e G. L. Barni; la prima, del 1946 fatta conlo scopo precipuo di mostrare la possibilità di distinguere una parte più an-tica dalle aggiunte successive al testo; la seconda, del 1949, è quella qui con-siderata.

118 P. RASI, Le corporazioni agricole, cit. , p. 353, n. 9.116 G. L. BARNI, I manoscritti del Liber Consuetudinum Mediolani, in

Miscellanea in onore di G. Galbiati, vo l . I I , Milano 1951 ; e ancora , Unmanoscritto sconosciuto del secolo XIX del Liber Consuetudinum Mediolanianni MCCXVI nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, in « Archivio StoricoLombardo », LXXXIII (1956), pp. 126-29.

Milano nei secoli IX-XI( 413

te la guerra. La copia sarebbe una fedele trascrizione eseguitadal Porro che infatti basò la sua edizione proprio sul Tri-vulziano.

Sull'amministrazione comunale fornisce non poche notizieuno scritto del Colombo, pubblicato postumo dal nipote insiemecon un altro utile saggio di topografia milanese,'" che descrivel'origine, lo sviluppo e il funzionamento di quegli organi che ilComune di Milano venne creando nel complicarsi della propriaburocrazia per ragioni contingenti e che si affiancarono ai dueistituti originari, il Parlamento e il Consolato.

La breve rassegna si pone come primo compito la considera-zione di tutto quel complesso di norme che regolavano l'elezio-ne di un ufficiale del Comune. Come si eleggevano, quanto du-ravano in carica, quali requisiti si richiedevano, come venivanoremunerati. Tra gli ufficiali maggiori figurano il cancelliere, gliscribi, il receptor testium, i notai del Consiglio, il camerario otesoriere. Per ciascuno di loro è indicata la data della primacomparsa nei documenti. Ufficiali minori erano considerati inve-ce i magistri molendinorum ai quali spettava la cura di regolareil corso delle acque dei mulini, e di fornire il loro giudizio nel-le controversie con la presentazione di una perizia giurata. Alleloro dirette dipendenze erano i cam pari, preposti ad custodien-dam aquam. C'erano poi gli ufficiali delle misurazioni, addettialla compilazione degli inventari dei beni immobili, in praticaal catasto, gli ufficiali della biada, il cui compito era l'esazionedella tassa sui grani e, di conseguenza, il controllo sulla circola-zione dei medesimi, e infine i portinai, in numero di uno perogni porta.

Nella citata pubblicazione a cura dell'Istituto di Storia Me-dioevale dell'Università di Milano,"8 oltre a notizie su personag-

117 A. COLOMBO, L'amministrazione civica di Milano comunale, in « Archi-vio Storico Lombardo », LXXXVII (1960) pp. 266-93; La topografia di Mi-lano medievale, in « Archivio S torico Lombardo», LXXXVII (1960), pp .294-335.

118 Contributi, cit. , vol. I. Un interessante saggio sulla cultura milanese

Page 24: ARCHIVIO STORICO ITALIANO - mgh-bibliothek.de · e nel suo territorio v'è abbondanza di grani, di vino, di legumi, ... mi decenni del Trecento fino a tutto il Quattrocento, quando

414 Maria Serena Mazzi

gi e famiglie della storia milanese — l'arcivescovo Guido daVelate, la famiglia da Baggio — e ad un inedito sermone dell'aba-te milanese Uberto vissuto nel sec. XII, sono contenute alcu-ne note alla Historia Mediolanensis di Landolfo il Giovane,con particolare riferimento alle vicende religiose."' Di queste ul-time e dell'aggrovigliato risveglio di istanze etico -religiose delsec. XI, si è occupato con profondità e competenza il Violantenell'opera, che resta fondamentale, sulla Pataria.' Nella prefa-zione al libro si può leggere espressa la volontà di « studiaresotto nuova luce il rapporto fra movimenti religiosi popolari eChiesa feudale, tra correnti spirituali e sviluppo sociale e politi-co riguardante l'origine della signoria rurale e del comune. Lagrande importanza del laicato nelle agitazioni religiose e nei mo-vimenti, gli stretti legami fra l'azione dei laici e la chiesa roma-na, le profonde ripercussioni di questi movimenti religiosi sulpiano sociale e politico ... »,'" che è come dire rompere con cer-ti schematismi tradizionali e dilatare l'indagine fino a compren-dere il movimento patarino e con esso la vita spirituale del sec.XI ma l'uno e l'altra nella realtà sociale del tempo.'

è invece pubblicato nel vol. III della Storia di Milano da A. VISCARDI, Lacultura milanese nei secoli VIII -XII, pp. 671-758.

113 Sulla Chiesa milanese come istituzione cfr. E. CATTANEO, Istituzioniecclesiastiche milanesi, in Storia di Milano, cit., vol. IX; Storia e particolaritàdel rito ambrosiano, in Storia di Milano, cit., vol. III, pp. 763-837; P. ZEttst,La Chiesa ambrosiana di fronte alla Chiesa Romana dal 1120 al 1135, in« Studi Medievali », IV (1963), pp. 136-216; C. D. FONSECA, Istituzioni ec-clesiastiche ambrosiane tra i l XII e i l XIII secolo , in Contributi, cit. , 11,pp. 384-428. Uno sguardo alla storia religiosa del sec. XI dà G. PICASSO,Collezioni canoniche milanesi del secolo XII, Milano 1969, pur nell 'ambitodi un'indagine rivolta essenzialmente agli aspetti storico -giuridici.

120 C. VIOLANTE, La Pataria milanese e la Riforma ecclesiastica, Roma1955. L'opera, immediatamente impostasi all'attenzione degli studiosi, è statarecensita più volte, ad esempio, da G. Tabacco nel « Bollettino storico -biblio-grafico subalpino», LIV (1956), pp. 321-29; e ancora, nella «Nuova RivistaStorica», XLI (1957), pp . 311-12; nell '« Archivio S torico I ta l iano», CIV(1957), pp. 515-18; da P. Zerbi in « Aevum », XXXI (1957), pp. 518-31.

121 C. VIOLANTE, La Pataria milanese, d t . , p . IX.122 Q uanto tu t ta l 'opera de l Vio lante su l la sp ir i tua l i tà e la vi ta de l la

Chiesa tenga conto delle strettissime relazioni che intercorrono con la realtàcontemporanea nella sua interezza, si può facilmente accertare ripercorrendola raccolta dei suoi Studi sulla cristianità medioevale, a cura di P. Zerbi, Mi-

Milano nei secoli IX-XII 415

La Pataria è del resto un movimento religioso costituito es-

s e n z i a l m e n t e da laici ai quali si rivolge la predicazione di Aria!-do e di Landolfo Cotta. I cronisti sono discordi circa la compo-sizione sociale dei patarini: Landolfo Seniore e Arnolfo, avversialla Pataria, ne mettono in risalto il carattere popolare per daremaggiore credibilità alla rappresentazione di una turba miserabi-le e insensata. Tuttavia Landolfo è costretto ad ammettere chefra di loro c'è anche aliquantum pars nobilium. « In ciascunadelle due parti avverse dovevano raccogliersi persone di ogni ce-to e di ogni strato sociale, con eccezione della grande maggioran-za del clero ... e di numerosi vassalli vescovili (i capitanei) chesi arroccarono compatti attorno all'arcivescovo » . "-3

Per avversione ai ceti feudali e alle grandi fortune immobi-liari costituite dai benefici ecclesiastici, potevano essere indotti apartecipare al movimento patarino i rappresentanti dei nuovi ce-ti medi, possessori di capitali liquidi oltre che di immobili. Loproverebbero la milizia nelle file patarine del monetiere Naza-rio '" e il fatto che, negli ultimi tempi della vita di Arialdo,luogo di rifugio e di convegno per i patarini fu la chiesa dellaS. Trinità, fondata nel 1036 da Benedetto Rozone, figlio diquel Remedio magister monetae di cui parla anche il Lopez.

MARIA SERENA MAZZI

lano 1972. 11 volume contiene anche un articolo sull'importanza dei laici nelmovimento patarino, col quale si ribadiscono e si ampliano concetti già enun-ciati nel precedente volume sulla Pataria. Sul movimento patarino cfr. ancheG. Micco t t , Per la storia della Pataria milanese, in «Bullettino dell'IstitutoStorico Italiano per il Medio Evo», LXX (1958), pp. 101-67; e C. VIOLANTE,I movimenti patarinici e la Riforma ecclesiastica, in Annuario dell'UniversitàCattolica del S. Cuore, anni accademici 1955-1956 e 1956-1957, Milano 1957,pp. 207-23. Per un'accurata bibliografia sulla Pataria cfr. C. VIOLANTE, LaPataria milanese, cit. , e l'articolo, citato, dello stesso autore, I laici nel mo-vimento patarino, pp. 145-246.

123 C. VIOLANTE, I laici nel movimento patarino, cit. , p. 268.124 Cfr., a parte l'articolo citato del Violante, R. S. LOPEZ, An aristocracy

money, cit., pp. 41-42.