Architettura del Ventennio

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GIOVANNI OGGIANA STORIA DELL'ARCHITETTURA ARCHITETTURA DEL “VENTENNIO”

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GIOVANNIOGGIANA STORIA DELL'ARCHITETTURA

ARCHITETTURA DEL “VENTENNIO”

Corso di Geometria Descrittiva – Architettura del “Ventennio”

Il Ventennio FascistaPer “Ventennio” si intende il periodo che va dalla “Marcia su Roma” () all'Armistizio dell'8 settembre 1943. Cioè dalla nascita alla caduta della dittatura fascista che, al pari di quella nazista e stalinista, ha ricercato insistentemente una rappresentazione ufficiale di regime che decantasse con sufficiente retorica la “gloria raggiunta”.

In Italia la ricerca dello “Stile ufficiale dell'architettura fascista” si risolve nella concorrenza tra due modi di intendere l'architettura e il fascismo stesso:

● il Novecento, un'ennesima riproposizione del neoclassicismo, questa volta più marziale e pulito, che rendesse esplicito il richiamo alla potenza imperiale romana;

● il Razionalismo, una versione italica del Movimento Moderno che, rompendo nettamente col passato, bene rappresentava l'aspetto rivoluzionario del Fascismo;

Tra le due correnti ebbe la meglio la prima senza però sottrarre alla seconda lo spazio vitale attraverso cui produrre un consistente numero di opere tali da non sfigurare in un ipotetico paragone con le maggiori architetture del Movimento Moderno.

Il NovecentoUno dei primi esponenti dell'architettura assimilabile al movimento cosidetto “Novecento” fu Giovanni Muzio, amico di Mario Sironi, che tra il 1919 ed il 1923 costruì la cosiddetta "Ca' Brutta", opera manifesto di uno stile che in nome di un dichiarato "ritorno all'ordine" rifiutava sia il Liberty, sia le nascenti tendenze razionaliste, traendo dal neoclassicismo lombardo ottocentesco un linguaggio semplificato ed austero che d'altra parte non rifiutava totalmente la modernità.

Giovanni Muzio - Ca' Brutta

Alcune delle realizzazioni degli architetti novecentisti hanno evidenti assonanze con le metafisiche piazze di De Chirico.

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Oltre le opere di Giovanni Muzio possiamo annoverare in questo filone le opere di Emilio Lancia e le prime opere di Giò Ponti.

Anche se non fece parte del “Novecento” Marcello Piacentini fu il maggior esponente di questo classicismo marziale. Egli legò il suo nome alle più grandi operazioni urbanistiche degli anni '20: Piazza della Vittoria a Brescia e a Genova, via della Conciliazione a Roma etc.

PERCHÉ È SBAGLIATO CHIAMARLA “ARCHITETTURA FASCISTA”Spesso l'architettura neoclassica del ventennio è stata liquidata come “Architettura Fascista”. In realtà questa definizione è quantomeno limitata rispetto alla portata del fenomeno.

Il neoclassicismo degli anni '20 infatti è una delle ondate di riferimento all'architettura classica che ha investito ciclicamente il mondo accademico dal '700 in poi. Spesso questo ritorno in auge corrispondeva alla scoperta di nuovi siti archeologici e, difatti, la fine del XIX secolo è interessato dall'approfondimento degli studi sul sito di Olimpia.

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I ruderi di Olimpia appariranno più semplici e marziali grazie al diffuso ricorso all'ordine dorico e ad una maggiore simmetria e staticità nella composizione scultorea.

La diffusione dei disegni e delle immagini provenienti dagli scavi di Olimpia indurranno un nuovo flusso neoclassico che si concretizzerà ad esempio nella sede della Federal Reserve a Washington (1913), nell'altare della Patria a Roma (1911), nel Palais de Tokio a Parigi (1937).

1913 - Sede della Federal Reserve a Washington

1911 - Gruppo scultoreo nel Ponte Vittorio Emanuele II a Roma

1937 - Palais de Tokio a Parigi. Costruito per l'Esposizione Universale..

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Il movimento “Novecento” si inserisce, quindi, in un ampio riflusso neoclassico internazionale. Solo successivamente il regime mussoliniano sarà persuaso dell'adozione delle forme neoclassiche per rafforzare l'accostamento retorico alla gloria dell'Impero Romano.

Il Razionalismo ItalianoCon il termine razionalismo italiano si intendono tutte quelle correnti architettoniche che partendo dal futurismo si sono sviluppate in Italia negli anni venti e anni trenta del XX secolo in collegamento con Il Movimento Moderno internazionale, proseguendo in vario modo in frange sino agli anni settanta.

ANTONIO SANT'ELIA E L'ARCHITETTURA FUTURISTAAntonio Sant'Elia (1888 - 1916) è l'esponente più rappresentativo dell'architettura futurista. Il suo futurismo è architettura in "movimento", lo spazio architettonico che si lega al tempo in un progetto sistemico della scienza tecnologica della macchina. L’universo dell’architettura si amplia e viene ad interessare la dimensione urbana, appunto la Città Nuova il più importante progetto di questo architetto del 1913-1914, nel quale si immagina in una raccolta di schizzi e progetti la Milano del futuro.

IL GRUPPO 7 E IL M.I.A.R.Dopo la prematura scomparsa di Sant'Elia, morto al fronte, gli anni '20 sono dominati dal neoclassicismo del gruppo “Novecento”.

In questo clima nel 1926 si forma il “Gruppo sette” di cui fanno parte Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava, Giuseppe Terragni e Ubaldo Castagnola, sostituito l’anno dopo da Adalberto Libera. L’esordio avviene prima con una serie di articoli su Rassegna Italiana e poi con l’esposizione del 1928 architettura razionale di Roma, che non suscita particolari reazioni. Il gruppo cerca di definire lo stile più adatto al regime fascista, di cui molti giovani architetti (come Terragni e Giuseppe Pagano) sono sostenitori convinti.

In particolare gli scritti su Rassegna Italiana teorizzeranno:

● che “ dall'uso costante della razionalità, dalla perfetta rispondenza dell'edificio agli scopi che si propone, siamo certi debba risultare, appunto per selezione, lo stile”;

● che ” l'architettura non può più essere individuale” per poterla ricondurre “ alla diretta derivazione delle esigenze del nostro tempo”;

● “all'eclettismo elegante dell'individualismo opponiamo lo spirito della costruzione in serie”

● ”Da noi esiste un tale substrato classico e lo spirito della tradizione (non le forme le quali sono ben diversa cosa) è così profondo in Italia, che

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evidentemente e quasi meccanicamente la nuova architettura non potrà non conservare una tipica impronta nostra”.

Quasi tutti i punti indicano il solco del Movimento Moderno ma l'ultima affermazione, in realtà, rivela che il "Gruppo 7" è incline alla mediazione tra tradizione e “Spirito Nuovo”, tra classicismo e funzionalismo. Così vuole capire del classico la struttura geometrica, il ritmo, la proporzione, la raffinatezza dei materiali e dei particolari architettonici. Nello stesso tempo il Gruppo non vuole radicalizzare le posizioni anche per non urtare il regime, anzi si illude di poter trovare proprio nel Fascismo una spinta innovatrice, tentando di identificare lo stile razionale come stile fascista. Dopo le prime opere costruite, come il Novocomum di Como (1929) sempre di Terragni, si comprende però, che la mediazione è impossibile e che il razionalismo è qualcosa di più che un semplice cambiamento di stile. Il Gruppo intanto si amplia e si forma, quindi, nel 1930 il M.I.A.R., Movimento Italiano Architettura Razionale, che comprende una cinquantina di architetti divisi per ambito regionale.

Quando nel 1932 viene organizzata una nuova esposizione dell'Architettura Razionale alla Galleria Bardi di Roma, nasce una ardente polemica con i tradizionalisti. A sfavore del gruppo dei razionalisti gioca l'esplicito richiamo ed identificazione con il Fascismo, che negli anni seguenti apparirà chiaramente improponibile, ed il portare la disputa sul concetto di stile, che è favorevole al classicismo e vuota di quei caratteri di impegno sociale e di trasformazione dell’ambiente costruito, che sono propri del Movimento Moderno. Accade così che il sindacato architetti ritira l’appoggio alla mostra e che il M.I.A.R. si spezza tanto che il movimento viene sciolto. Da questo momento il Razionalismo Italiano è di fatto sconfitto e dopo i primi incarichi pubblici si disperderà realizzando rare strutture importanti come la città di Sabaudia, o riuscendo solo ad esprimersi compiutamente nelle lontane colonie, con realizzazioni solo di recente riscoperte, come la cittadina di Portolago nell’Isola di Leros, nel Dodecaneso.

Piazza a Sabaudia Veduta di Portolago (Lakki, Dodecaneso)

Il Movimento Moderno che il Gruppo sette ha tentato di sviluppare in Italia lascerà il campo, negli anni trenta, a quel “neoclassicismo semplificato" di Marcello Piacentini, che sarà l'architettura trionfante del tempo del regime Fascista.(Eur, via della Conciliazione, centro storico di Brescia ecc.). Di questa sconfitta pagheranno le conseguenze i due maggiori Architetti razionalisti italiani Terragni , (tra i fondatori del Gruppo sette), e Pagano, che da convinti fascisti, verranno fortemente colpiti, provocando in loro un profondo ripensamento, che assieme alla guerra finirà per travolgerli. Nel dopo guerra sebbene nell'architettura italiana predomini il razionalismo, si avranno validi architetti ma dalla personalità oscillante e non si avrà più un movimento unitario, come il "Gruppo 7" aveva tentato di costruire.

Tra i principali esponenti vale la pena di soffermarsi su:

● Adalberto Libera

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● Luigi Carlo Daneri

● Giuseppe Terragni

ADALBERTO LIBERAFiglio di un ufficiale austro-ungarico riparato in Italia prima della Grande Guerra, Libera ebbe modo di studiare presso la facoltà di architettura di Roma. Qui entrò in contatto con il Gruppo 7 da cui prese lo spunto per fondare, diventandone presidente, il M.I.A.R.

Tra le sue opere principali citiamo:

● Palazzo dei congressi dell'EUR (1938);

● Villa di Curzio Malaparte a Capri (1938);

● Cattedrale di Cristo Re a La Spezia (1956-1969);

Palazzo dei Congressi EUR Villa Malaparte Cattedrale di Cristo Re a La Spezia

LUIGI CARLO DANERINato in provincia di Genova si è laureato in Ingegneria Civile. Negli anni trenta si dedicò alle ricerche del Movimento Moderno. Nel 1932 partecipò alla V Triennale di Milano con il gruppo degli architetti liguri. Nel 1934 vinse il concorso per le case alte alla Foce di Genova. L'attività si interruppe per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Durante il dopoguerra, per la ricostruzione di Genova, partecipò alla progettazione per INA-Casa. Una grave malattia gli rese difficile proseguire il lavoro per un decennio, prima della morte, nel 1972.

L'opera di Daneri si distingue per una riproposizione – da più parti definita manierista – dei principi architettonici di Le Corbusier. Citiamo ad esempio il Quartiere INA di Quezzi ispirato al Plan Obus per Algeri, le case alte di Piazza Rossetti alla Foce del Bisagno a Genova e la Casa Littoria di Sturla ispirata alla Ville Savoye.

Luigi Carlo Daneri - Quartiere Ina (Biscione) a Genova – Quezzi (1956)

Le Corbusier - Plan Obus per Algeri (1931)

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L.C. Daneri - Case Alte di Piazza Rossetti alla Foce (1937) Case Alte (1937)

L.C. Daneri - Casa Littoria a Genova Sturla (1936 - 1938)

Le Corbusier - Ville Savoye a Poissy (1929 - 1931)

GIUSEPPE TERRAGNIGiuseppe Terragni è uno dei protagonisti più significativi dell'architettura moderna italiana. Diplomatosi nel 1921 si iscrive alla Scuola Superiore di Architettura presso il Politecnico di Milano, dove consegue la laurea nel 1926. Dal 1927 farà parte prima del Gruppo 7 e poi del M.I.A.R.

Tra le sue prime opere c'è l'isolato a cinque piani Novocomum. Definito la prima casa moderna italiana è un edificio i cui angoli sono chiusi da grossi corpi cilindrici che sembrano riproporre in chiave moderna una sorta di ordine gigante ma che si ricollega a certe realizzazioni contemporanee avanguardiste quali il Centro sociale di Mosca di Golosov.

Ilya Alexandrovich Golosov - Casa del Popolo (1927)

Giuseppe Terragni - Novocomum a Como (1929)

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Ma è tra il 1932 e il 1936 che costruirà l'opera che lo consacra a livello internazionale: La "Casa del Fascio". L'architetto-artista lombardo crede nell'architettura come espressione di principi ideali, e avverte la necessità di riconoscersi in un movimento, sia in architettura che in politica.

Nel 1936 realizza l'Asilo Sant'Elia e nel 1940 parteciperà al concorso per il Danteum.

Asilo d'Infanzia "Sant'Elia" Ricostruzione digitale del "Danteum"

L'artista viene poi richiamato alle armi e inviato prima in Jugoslavia e poi in Russia. Tornerà seriamente provato, sia fisicamente che psicologicamente, condizione che poi l'avrebbe portato alla morte. La sua è una vicenda umana: Giuseppe Terragni ha passato infatti l'intera esistenza nell'illusione di poter tradurre in chiave democratica e civile i connotati etici e sociali del fascismo, attraverso l'architettura. Terragni ha solo 39 anni quando realizza che i suoi ideali sono falliti: crollato psichicamente, il 19 luglio del 1943 cade fulminato da una trombosi cerebrale sul pianerottolo delle scale di casa della fidanzata, a Como.

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