Appunti sviluppo

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SVILUPPO, APPRENDIMENTO E CONTESTI EDUCATIVI Prof. Paola Perucchini 1. Lo studio dello sviluppo del bambino La psicologia dello sviluppo ha come obiettivo lo studio scientifico del comportamento dell’individuo nel suo arco di vita e dei cambiamenti che esso presenta con il passare del tempo. L’indagine scientifica, fondata sulla raccolta accurata e sistematica di dati empirici, è ciò che distingue la psicologia dello sviluppo da altri modi di analizzare i bambini, basati su impressioni, intuizioni o supposizioni personali. Tutti coloro che hanno a che fare con i bambini, dai genitori agli insegnanti, comprese babysitter e pediatri, sviluppano delle conoscenze intuitive che servono a risolvere i problemi quotidiani e, in generale, ad allevare ed educare i bambini. Anche esperti famosi possono fornire consigli e indicazioni guida basati su opinioni, esperienze personali, conoscenze di casi particolari, intuizioni e non su risultati di ricerca. L’indagine scientifica, al contrario, necessita il rispetto di una serie di regole e procedure che permettono di giungere a conclusioni valide. Tale indagine richiede molto tempo e la scoperta di procedure e metodologie che permettono di analizzare i fenomeni oggetto di studio. Non a caso la quantità di conoscenze scientifiche accumulate sul comportamento del bambino è ancora ridotta rispetto alle domande che aspettano risposta. 1.1 Traiettorie evolutive comuni e differenze tra bambini L’obiettivo di acquisire conoscenze che permettono di comprendere la natura del bambino e del suo sviluppo si concentra su due aspetti: la descrizione del comportamento del bambino e dei suoi cambiamenti e la spiegazione di come avvengono tali cambiamenti. Quest’ultimo aspetto è molto più complesso del primo e i risultati ottenuti sono minori di quelli raggiunti nell’ambito della descrizione. Per lungo tempo e per la maggior parte degli studiosi, la descrizione del comportamento del bambino e dei suoi cambiamenti ha portato ad individuare le tappe principali dello sviluppo, ovvero le traiettorie comuni dello sviluppo che corrispondono all’insieme di abilità, comportamenti e conoscenze che caratterizzano i bambini di diverse età. Sono stati così delineati gli stadi dello sviluppo, come è avvenuto nelle teorie di Freud (gli stadi dello sviluppo psicosessuale) e di Piaget (gli stadi dello sviluppo dell’intelligenza). Gli stadi consentono di descrivere le caratteristiche principali e comuni dello sviluppo dei bambini e di confrontare il comportamento del singolo bambino con tale traiettoria comune. Generalmente la descrizione dello

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SVILUPPO, APPRENDIMENTO E CONTESTI EDUCATIVI

Prof. Paola Perucchini

1. Lo studio dello sviluppo del bambino

La psicologia dello sviluppo ha come obiettivo lo studio scientifico del comportamento dell’individuo nel suo arco di vita e dei cambiamenti che esso presenta con il passare del tempo. L’indagine scientifica, fondata sulla raccolta accurata e sistematica di dati empirici, è ciò che distingue la psicologia dello sviluppo da altri modi di analizzare i bambini, basati su impressioni, intuizioni o supposizioni personali. Tutti coloro che hanno a che fare con i bambini, dai genitori agli insegnanti, comprese babysitter e pediatri, sviluppano delle conoscenze intuitive che servono a risolvere i problemi quotidiani e, in generale, ad allevare ed educare i bambini. Anche esperti famosi possono fornire consigli e indicazioni guida basati su opinioni, esperienze personali, conoscenze di casi particolari, intuizioni e non su risultati di ricerca. L’indagine scientifica, al contrario, necessita il rispetto di una serie di regole e procedure che permettono di giungere a conclusioni valide. Tale indagine richiede molto tempo e la scoperta di procedure e metodologie che permettono di analizzare i fenomeni oggetto di studio. Non a caso la quantità di conoscenze scientifiche accumulate sul comportamento del bambino è ancora ridotta rispetto alle domande che aspettano risposta.

1.1 Traiettorie evolutive comuni e differenze tra bambini

L’obiettivo di acquisire conoscenze che permettono di comprendere la natura del bambino e del suo sviluppo si concentra su due aspetti: la descrizione del comportamento del bambino e dei suoi cambiamenti e la spiegazione di come avvengono tali cambiamenti. Quest’ultimo aspetto è molto più complesso del primo e i risultati ottenuti sono minori di quelli raggiunti nell’ambito della descrizione.

Per lungo tempo e per la maggior parte degli studiosi, la descrizione del comportamento del bambino e dei suoi cambiamenti ha portato ad individuare le tappe principali dello sviluppo, ovvero le traiettorie comuni dello sviluppo che corrispondono all’insieme di abilità, comportamenti e conoscenze che caratterizzano i bambini di diverse età. Sono stati così delineati gli stadi dello sviluppo, come è avvenuto nelle teorie di Freud (gli stadi dello sviluppo psicosessuale) e di Piaget (gli stadi dello sviluppo dell’intelligenza). Gli stadi consentono di descrivere le caratteristiche principali e comuni dello sviluppo dei bambini e di confrontare il comportamento del singolo bambino con tale traiettoria comune. Generalmente la descrizione dello sviluppo del bambino in termini di stadi è associata all’idea che tali traiettorie evolutive siano universali, ovvero valide per tutti gli esseri umani. Tale universalità viene da alcuni studiosi criticata, mettendo in luce le differenze nei percorsi di sviluppo che si riscontrano nei bambini di diverse culture e anche all’interno della stessa cultura.

In anni più recenti gli studiosi hanno indagato le molteplici differenze evidenti nello sviluppo dei bambini: si parla a questo proposito di differenze interindividuali. Due principali tipi di differenze sono stati riscontrati nello sviluppo dei bambini: differenze di ritmo e di stile di sviluppo. Le prime hanno a che fare con la diversa velocità con cui i bambini acquisiscono certe abilità. Ad esempio, ci sono bambini che imparano a camminare da soli a 11 mesi e altri a 16 mesi. Le differenze di stile si riferiscono al diverso modo dei bambini di acquisire una specifiche abilità: ad esempio, un bambino può imparare a camminare essendo per lungo tempo andato a carponi, e un altro lo può fare non avendo mai camminato a carponi.

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Differenze di ritmo e di stile sono state evidenziate nello sviluppo del linguaggio. L’età in cui compaiono le prime parole varia molto da bambino a bambino: in media essi iniziano a parlare tra 11 e 13 mesi; tuttavia i più precoci pronunciano le prime parole a 8 mesi e i più “pigri” a 18 mesi. Anche nel numero di parole prodotte a 20 mesi si manifestano ampie differenze interindividuali: in media i bambini usano 147 parole, ma alcuni ne possiedono 5 e altri oltre seicento. Nell’acquisizione delle prime 50 parole sono stati identificati due diversi stili: alcuni bambini imparano prevalentemente i nomi degli oggetti e sono stati definiti bambini con uno stile di acquisizione referenziale. Altri bambini imparano soprattutto pronomi, nomi propri, verbi e formule, e vengono chiamati bambini dallo stile espressivo.

1.2 La spiegazione del cambiamento evolutivo

Come detto sopra, uno degli aspetti trattati dagli psicologi dello sviluppo riguarda la spiegazione di come avviene il cambiamento evolutivo. Tradizionalmente lo sviluppo è stato considerato come dipendente da due fattori:

o la maturazione biologica dell’individuo, legata al patrimonio genetico

o l’influenza dell’ambiente, ovvero l’apprendimento e l’educazione.

L’innatismo ha ritenuto che lo sviluppo dipendesse unicamente dalla maturazione biologica. Al contrario l’ambientalismo considera lo sviluppo influenzato esclusivamente o principalmente dalle pratiche educative e dall’apprendimento. Più recentemente l’approccio interazionista si è posto in una posizione intermedia, sostenendo che lo sviluppo risulta dall’interazione tra un organismo dotato di determinate predisposizioni e particolari condizioni ambientali. Il dibattito tuttavia è tutt’ora aperto e si centra sul ruolo dei due fattori nello sviluppo delle diverse capacità che vengono acquisite dal bambino alle diverse età.

1.3 Molteplici forme di apprendimento

Nel tentativo di spiegare l’apprendimento di nuove abilità e nuovi comportamenti, i comportamentisti hanno individuato un unico processo che si basa sull’associazione tra stimoli e risposte. In particolare viene appreso un nuovo comportamento, e quindi una nuova abilità, per effetto del rinforzo; esso è ciò che segue il comportamento messo in atto da un individuo e si distingue in positivo e in negativo: si parla di rinforzo positivo, ad esempio premi e lodi, quando costituisce una conseguenza piacevole del comportamento; si definisce negativo il rinforzo quando la conseguenza è spiacevole, come ad esempio le punizioni e i rimproveri. Ad esempio, nel contesto educativo, il bambino impara a tenere in ordine e pulita la classe in funzione delle lodi dell’insegnante quando il bambino butta la cartaccia nel cestino, e dei rimproveri quando al contrario butta le cartacce per terra.

Con il tempo tale spiegazione è apparsa troppo semplicistica e gli studiosi hanno iniziato a ritenere che non si possa elaborare un modello unitario, perché non tutto si apprende nello stesso modo e nelle stesse condizioni e quindi esistono molteplici forme di apprendimento. Le varie forme di apprendimento si distinguono sulla base di diversi fattori, quali il contenuto, la situazione, il discorso, la cultura, il contesto relazionale, l’attività. Esse si accomunano per il fatto che l’esito dell’apprendimento è in ogni caso qualcosa che resta, in altre parole qualcosa che viene conservato in memoria e recuperato e reso disponibile successivamente, che sia una conoscenza, una capacità, un comportamento, un saper fare o dire, un’abilità percettiva, motoria, manuale, linguistica, relazionale. Tra le diverse forme di apprendimento ci sono quelle caratterizzate da

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o qualcosa che si automatizza, come ad esempio scrivere sulla tastiera del computer o usare il mouse, o i risultati di semplici operazioni di addizioni e sottrazioni;

o qualcosa che si costruisce attraverso processi di comprensione, come ad esempio il sistema di scrittura o le teorie scientifiche;

o qualcosa che si interiorizza a partire dall’interazione sociale con qualcuno più competente, ad esempio nell’apprendimento delle procedure nelle operazioni matematiche.

La pluralità delle forme di acquisizione si rispecchia nei diversi termini utilizzati in ambito psicologico ed educativo: sviluppo, apprendimento, socializzazione, insegnamento, formazione. Tali termini si riferiscono a processi che seppure hanno lo stesso esito, differiscono per ciò che viene appreso, per il contesto in cui si realizza l’apprendimento e per il ruolo assunto dal bambino e da chi gli sta vicino. “Sviluppo” viene generalmente utilizzato per sottolineare la spontaneità del processo di acquisizione, rispetto a capacità che sono tipiche degli esseri umani, senza far riferimento al ruolo attivo delle persone che si occupano del bambino; ad esempio si parla di sviluppo motorio e sviluppo sociale. “Apprendimento” rimanda all’acquisizione di un comportamento o abilità attraverso l’intervento di qualcuno o qualcosa esterno al bambino; ad esempio, apprendere la scrittura. “Socializzazione” si riferisce all’acquisizione, attraverso le interazioni con gli altri, dei modi d’uso di specifiche competenze e delle modalità di comportamento che permettono di partecipare efficacemente alla vita sociale; alcuni studiosi parlano di socializzazione emotiva riferendosi ad modo di esprimere e controllare le emozioni, o di socializzazione linguistica, facendo riferimento all’acquisizione dei modi di utilizzo della lingua. “Insegnamento” rimanda al ruolo di chi si impegna a far acquisire conoscenze o capacità al bambino; prevalentemente ci si riferisce al contesto scolastico e alle discipline scolastiche, o comunque a capacità che non sono spontanee; ad esempio insegnare la lettura o a guidare la macchina. Si parla di “formazione” nel caso degli adulti in contesti lavorativi relativamente a conoscenze concettuali; ad esempio i corsi di formazione continua.

1.4 I contesti educativi

Qualsiasi apprendimento si realizza in un contesto, ovvero in un ambiente più o meno organizzato in cui vi possono essere altri individui. Si può allora parlare di contesto educativo come l’insieme delle risorse materiali, umane e simboliche utilizzate allo scopo di educare, sviluppare e far apprendere i bambini.

Le risorse materiali si riferiscono al mobilio, agli oggetti, al materiale educativo, ecc. Le risorse umane sono costituite dalle persone coinvolte nell’educazione e che possono essere a diretto contatto con i bambini (ad es. genitori e insegnanti) o da loro alquanto distanti (ad es. il pediatra e il dirigente scolastico). Per risorse simboliche si intendono i sistemi simbolici utilizzati nel contesto, come il linguaggio, la scrittura e la numerazione, i libri, il computer, ecc.

Lo sviluppo del bambino avviene sempre all’interno di contesti educativi e ciascun bambino si sviluppa entrando in contatto con diversi contesti educativi (la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, le attività sportive, ecc.). Nei diversi contesti il grado di strutturazione e organizzazione varia, così come variano i processi di sviluppo e apprendimento che vengono messi in atto.

La famiglia costituisce un contesto educativo abbastanza piccolo per numero di persone coinvolte, non molto strutturato (anche se con ruoli ben definiti) e

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molto poco organizzato. Molti degli apprendimenti che vi si realizzano sono incidentali e informali; si pensi all’acquisizione del linguaggio, delle competenze relazionali, ma anche all’acquisizione delle regole di comportamento sociale in particolari situazioni (dal dottore, al ristorante, al parco). La scuola, dell’infanzia e primaria, è un contesto fortemente strutturato e organizzato, in cui la principale forma di apprendimento è quella derivata dall’insegnamento formale di contenuti altamente simbolici (disegno, scrittura, numerazione, discipline, ecc.). Ciò vale soprattutto nella scuola primaria, ma riguarda anche quella dell’infanzia, come nel caso dell’insegnamento delle stagioni e dei giorni della settimana.

1.5 Livelli di analisi

I contesti educativi e i processi di sviluppo e apprendimento che vi si verificano possono essere analizzati, riprendendo la concettualizzazione di Doise (1982), a quattro livelli; lo stesso comportamento può essere affrontato a diversi livelli di analisi, i quali possono essere integrati tra loro per studiare lo stesso comportamento. I quattro livelli di analisi sono:

o Intrandividuale

o Interindividuale

o Posizionale

o Normativo e delle rappresentazioni

Il livello intraindividuale si riferisce all’individuo e ai suoi processi di funzionamento, in primo luogo la cognizione, che comprendono tutte le capacità, le conoscenze e le modalità di comportamento; gli esiti di questi processi di funzionamento vengono interpretati come derivanti da capacità o manchevolezze dei singoli individui. Un chiaro esempio di analisi del bambino a livello intraindividuale è stata compiuta da Piaget nella sua concezione sullo sviluppo dell’intelligenza.

Il livello interindividuale riguarda tutte le caratteristiche specifiche che possono assumere le interazioni del bambino con i suoi partner, che siano adulti o altri bambini. L’analisi a questo livello viene focalizzata su come il bambino apprende nell’interazione con l’altro. Vygotskij e gli studiosi che sono stati influenzati dal suo pensiero, hanno indagato questi processi parlando di zona di sviluppo prossimale e del ruolo dell’adulto all’interno della zona di sviluppo prossimale (scaffolding).

Il livello posizionale ha a che fare con le caratteristiche dello status sociale ovvero del ruolo che ricoprono i partecipanti della relazione educativa (alunno-insegnante, figlia-genitore, ecc.). Rientrano a questo livello aspetti dell’interazione che non sono immediatamente presenti, come le esperienze pregresse e i significati attribuiti a certe situazioni. La ricerca scientifica si è dedicata poco a questo livello di analisi, che risulta modificare gli esiti degli apprendimenti e pertanto andrebbe sempre tenuto in considerazione.

Il livello normativo e delle rappresentazioni si riferisce alle caratteristiche delle concezioni generali sul bambino e l’educazione in tutti i diversi aspetti (sviluppo, apprendimento, ruolo dell’educatore, ecc.) e delle norme sociali che regolano la relazione educativa. L’analisi a questo livello ha riguardato, ad esempio, le credenze che i genitori e gli insegnanti hanno e come queste influenzano le loro pratiche educative e i conseguenti effetti sullo sviluppo del bambino. O anche le regole implicite ed esplicite che regolano le relazioni tra insegnante e alunno e di conseguenza le azioni e le aspettative reciproche (ad es. il significato delle domande degli insegnanti durante una interrogazione).

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Nell’analizzare i processi educativi in generale o più specificatamente quelli che avvengono nell’ambito scolastico, è importante tenere presente questi quattro livelli e le influenze che determinano sullo sviluppo e l’apprendimento del bambino.