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U UN ESEMPIO DI ANALISI TERRITORIALE: LA REGIONE MOLISE’’ PROF.SSA EMILIA SARNO

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  • Università Telematica Pegaso Un esempio di analisi territoriale: la regione Molise

    Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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    Indice

    1 IL TERRITORIO MOLISANO --------------------------------------------------------------------------------------------- 3

    2 LA PROBLEMATICA DEMOGRAFICA -------------------------------------------------------------------------------- 9

    3 LE STRUTTURE INSEDIATIVE ----------------------------------------------------------------------------------------- 13

    4 IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO E LA RICERCA DI UN MODELLO DI SVILUPPO -------------- 17

    BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21

    SITOGRAFIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 26

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    1 Il territorio molisano Due fattori ambientali contraddistinguono la regione italiana del Molise: l’assenza di estese

    zone pianeggianti e la presenza di fiumi - il Sangro, il Trigno, il Biferno, il Fortore e il Volturno1

    (fig. 1). La superficie della regione è divisa quasi equamente tra zone di montagna, il 55,3% del

    territorio, e zone collinari, il 44,7%; le piane di Venafro e di Larino si possono considerare appena

    delle oasi. Qui, però, come faceva magistralmente notare la Simoncelli (1969), l’Appennino2 risulta

    meno accentuato di quello abruzzese e si scompone nei pilastri calcarei dei Monti della Meta e del

    Matese. Questa differenza è stata anche all’origine della discussione scientifica, avvenuta nella

    seconda metà dell’Ottocento, sul posizionamento di questa regione nell’Italia centrale o in quella

    meridionale3. In realtà, il Molise è terra di transizione, con tratti che richiamano le aree confinanti,

    benché la sua appartenenza per secoli al Regno di Napoli lo leghi, dal punto di vista socio-culturale,

    all’Italia meridionale.

    Dal punto di vista ambientale, creste montuose e ripidi versanti (Prezioso, 1995), con i

    caratteri più aspri e articolati della regione (Ciaschi, Pesaresi, 2007), permettono di individuare

    l’area, non a caso denominata Alto Molise, bagnata dal fiume Sangro e al confine con l’Abruzzo.

    Muovendosi da Nord a Sud o a Ovest di quest’area, i rilievi si addolciscono, mentre i monti della

    Meta e il Matese segnano il confine con le regioni del Lazio e della Campania. I monti della Meta,

    anche denominati Mainarde, si estendono al pari di una barriera naturale rocciosa, che si innalza

    bruscamente con pareti a strapiombo. Da qui, «nasce il Volturno, attraversa la piana di Venafro,

    scorre tra i gruppi del Matese» per poi defluire verso sud-ovest nella regione campana

    (Prezioso,1995, p. 61). Insomma, le Mainarde appaiono come un naturale baluardo del corso del

    Volturno e della piana di Venafro che «pare che prolunghi nel territorio molisano la ricca e verde

    campagna della Terra di Lavoro4» (Simoncelli, 1969, p. 13).

    Allo stesso modo si impone il massiccio del Matese, a confine tra Campania e Molise. «Il

    Massiccio del Matese occupa una superficie di oltre 1000 km2; è compreso tra le regioni Campania

    a sud-ovest, Molise a nord-est, è delimitato nel suo complesso dai fiumi Volturno, Biferno,

    1 Il territorio della regione si sviluppa tra cinque solchi vallivi principali. Quello del Sangro, del Trigno, del Biferno, del Fortore e del Volturno. 2 L’Appennino è il sistema montuoso che attraversa tutta la penisola italiana. 3 Per il dibattito vedi Castagnoli, 2011. 4 E’ la denominazione nell’età medievale e moderna di parte dell’attuale regione Campania.

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    Tammaro e Calore che gli scorrono attorno, racchiudendolo» (Mainelli, 2007, p.13). Qui le cime

    più alte sono Monte Miletto (m. 2050), La Gallinola (m. 1923), Monte Mutria (m. 1823).

    Le montagne segnano così i confini5 naturali del territorio molisano che nel suo interno

    conosce, come si anticipava, declivi collinari e rilievi minori come la Montagnola Molisana6, vetta

    a ridosso del comune di Frosolone, nell’area occidentale della regione, dove è possibile imbattersi

    in innumerevoli grotte e condotti carsici, o come i monti Frentani7, situati nel Basso Molise, poco

    lontano dalla costa. I sistemi montuosi, diversi per altitudine e per formazione, sono la

    testimonianza di una situazione geologica molto articolata e complessa.

    Figura 1 La carta evidenzia le caratteristiche orografiche del Molise e i corsi dei

    fiumi (fonte: blogspot.it/2013/01/italia-molise.html)

    «La configurazione attuale è il risultato complessivo della continua evoluzione

    paleogeografica e dei notevoli sconvolgimenti tettonici che a più riprese, ma particolarmente nella

    fase parossistica dell’orogenesi appenninica (Mio-Pleistocene), hanno deformato e disarticolato le

    unità tettoniche preesistenti, complicandone ulteriormente la geometria dei rapporti e,

    5 La regione Molise confina, da nord a sud, con le regioni Abruzzo, Lazio, Campania e Puglia, mentre l’Adriatico segna il confine nord-est. 6 L’area ha un’estensione di circa 6586 ha e il range altitudinale varia dagli 800 m.l.s. a 1401 m.l.s. 7 Nei monti Frentani le vette più importanti sono il Monte Mauro (1042 m) ed il monte Castel Fraiano (1412 m).

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    successivamente, contribuendone alla dislocazione dei diversi corpi geologici fino

    all’individuazione delle unità morfologiche attualmente presenti sul territorio8».

    Il contesto geologico-strutturale è fortemente condizionato da imponenti stress tettonici, che

    rendono elevato il rischio sismico in tutto il territorio regionale (fig. 2). Da esso dipende anche una

    struttura geo-litologica complessa o a scarsa coesione, per cui avvengono fenomeni franosi di

    grosse dimensioni (Aucelli, Vitiello, 2007). I fenomeni franosi sono maggiormente diffusi nell’area

    centro-orientale, che coincide con la valle del Biferno e dove i calanchi stanno diventando

    attrazione turistica9.

    La valle del Biferno, il fiume più importante della regione, divide il Molise in due parti10.

    Infatti, il corso del Biferno, alimentato da un gran bacino intermontano a nord del Matese, dalla

    Piana di Bojano scorre per circa 93 km in direzione nord-ovest verso il mare Adriatico.

    L’abbondanza delle sue acque, ora sufficientemente sfruttata dall’acquedotto campano e dalla

    costruzione della diga del Liscione, è dovuta al complesso di sorgenti matesine, che danno al suo

    corso, nonostante il carattere torrentizio, anche quello di perennità, e ai tributi di ben 45 confluenti.

    Figura 2 Le zone sismiche del Molise

    8 Cfr. l’inquadramento geologico del Molise a cura della Regione Molise: www. ftp://ftp.ingv.it/pro/gndt/Pubblicazioni/POP_Molise/Report/capitolo_1_par_12_3.pdf. 9 Si fa riferimento ai calanchi presenti in Basso Molise nell’area comunale di Montenero di Bisaccia. 10 In passato è stato necessario costruire su di esso numerosi ponti sia per le comunicazioni interne sia perché era passaggio obbligato per i collegamenti tra la costa e le zone interne.

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    Il Ranieri annotò, nel suo studio antropogeografico del 1956, prima quindi della captazione

    delle acque, il forte scarto tra le portate medie e massime. Lo scarto, acuito dalla piovosità e

    nevosità, provocava le piene che ancora oggi sono parzialmente temute.

    La valle del Biferno forma dagli Appennini fino al mare un rettangolo approssimato, che

    dal punto di vista geologico include le tre principali componenti del versante adriatico della

    Penisola italiana: «le sabbie marine del Pliocene, un misto di conglomerato, arenaria, argilla e

    calcare nella media valle e calcare nelle montagne, insieme a terreni alluvionali lungo il fiume»

    (Barker, 2001, p. 19). In virtù dei fattori geo-morfologici e climatici, la valle può essere suddivisa in

    tre sezioni: alta, media e bassa. Il paesaggio vallivo, quindi, oltre il tratto, alto, di montagna del

    versante adriatico del Matese, è prevalentemente collinare, mentre, a circa 20 km dal mare, dopo

    una strozzatura, appunto l’odierna diga di Ponte del Liscione, assume le caratteristiche del

    bassopiano. Si integra così il paesaggio di morbide colline dai ripidi pendii con quello costiero,

    mentre la struttura geologica di sabbie e argille ha spinto da sempre a costruire gli insediamenti

    sulle rocce calcaree che affacciano sulla valle, come attestano gli scavi archeologici11.

    Se Il Biferno divide a metà il Molise centro-orientale, il fiume Trigno segna il confine con

    l’Abruzzo, formando una valle trasversale nel sistema appenninico, mentre il Fortore segna il

    confine con la provincia di Foggia, correndo entrambi verso la costa adriatica. Quest’ultima, alta

    per 14 km e bassa per 22 km, ha subìto, nel corso degli ultimi 150 anni, a causa di un’erosione

    accentuata, un vero e proprio arretramento che ha interferito anche con le strutture portuali

    (Aucelli, Pappone, Rosskopf, 2008).

    La costa, d’altra parte ha un gran peso anche per le condizioni climatiche regionali, perché

    l’assenza di una catena montuosa costiera che ostacoli le correnti fredde provenienti da Nord e

    Nord-Est durante il periodo invernale, unitamente alla posizione del Massiccio del Matese che

    ostacola le correnti temperate di origine marina di provenienza sud-occidentale, danno luogo a

    caratteri di continentalità al clima del Molise (Tognetti, 2008). Tale carattere finisce per accentuarsi

    con l’aumentare dell’altitudine e per influenzare le tipologie vegetazionali che insistono sul

    territorio.

    Insomma, un territorio non esteso, ma dalla complessa struttura, dove fenomeni franosi e

    l’erosione sono alla base di un costante dissesto idrogeologico, che trova corrispondenza nella

    11 Vedi De Benedittis, 2008; Sarno, 2013.

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    classificazione dei suoli. Essi evidenziano limitazioni12 per la loro tessitura nella quale affiora

    un’elevata componente argillosa, falde superficiali e calcare; queste caratteristiche contribuiscono

    ai fenomeni di erosione (Colombo e Reale, 2008).

    Tuttavia, pur non essendovi suoli particolarmente fertili, essi sono stati ampiamente sfruttati,

    infatti la carta della naturalità (fig. 3), elaborata in base alle pressioni antropiche, mostra che il

    grado di naturalità di gran parte del territorio regionale è influenzato dagli usi agricoli e che solo

    alcune aree occidentali, coincidenti con il Matese, l’Alto Molise e le Mainarde, siano caratterizzate

    da un’elevata naturalità (Ottaviano, 2008, p. 368).

    Tali risultati motivano da sé perché in Alto Molise vi siano le principali aree protette di

    questa regione, benché diversi siti siano ornai riconosciuti per il loro valore naturalistico. Qui,

    infatti, ricade una riserva naturale statale costituita da due nuclei, Montedimezzo e Collemeluccio,

    distanti l’uno dall’altro circa 20 km. Essa costituisce una delle sei riserve MaB istituite

    dall’UNESCO in Italia, per l’attuazione del progetto Man and Biosphere, volto allo studio delle

    relazioni uomo/natura nel pieno rispetto della fauna e della flora.

    Montedimezzo è un complesso forestale dall’estensione di circa 291 ettari ad un’altitudine

    compresa tra i 903 e i 1284 metri slm; le essenze arboree presenti sono il cerro e il faggio con una

    minima compresenza dell’abete bianco. L’abetina di Collemeluccio, un consistente nucleo di 363

    ettari ad un’altitudine che varia tra i 792 ed i 1.075 m., è «un bosco relitto di abete bianco» (Prozzo,

    2009, p. 75). Completano quest’area ad alta naturalità, l’area delle Mainarde che fa parte del Parco

    Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise e la Riserva Naturale Orientata di Pesche.

    In tal modo, il paesaggio montano molisano è complessivamente protetto, mentre le altre

    due macro-componenti paesaggistiche, quella collinare e quella costiera, maggiormente sfruttate

    dall’uomo, non sono concretamente tutelate, benché ricercatori e associazioni ambientaliste si

    stiano impegnando ad individuare Siti di Importanza Comunitaria (SIC) o Zone di Protezione

    Speciale (ZPS).

    12 Queste la classificazione dei suoli molisani: Classe III (cioè suoli che presentano limitazioni che riducono sensibilmente la scelta delle colture), seguono poi la IV (suoli che presentano limitazioni la cui gravità è tale da restringere la scelta delle colture), e ancora la II (suoli che comunque presentano qualche limitazione) e la VI (suoli adatti al pascolo). Vedi Ottaviano, 2008.

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    Figura 3 Il grado di naturalità in Molise: in evidenza l’Alto Molise, sezione caratterizzata

    da elevata naturalità (fonte: Ottaviano, 2008).

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    2 La problematica demografica

    Il limitato carico demografico del Molise, 314.725 residenti secondo la rilevazione ISTAT

    del 2013, è il risultato di diversi fattori e ha la sua origine nell’età moderna e precisamente nella

    seconda metà del Seicento, quando la crisi economica e la diffusione della peste ne falcidiano la

    popolazione (Sarno, 2008). Il connubio estremamente incisivo è rappresentato da carestia e

    pestilenza. La diffusione virale è facilitata dalla crisi economica del Mezzogiorno, cominciata

    lentamente nei primi decenni del Seicento e accentuatasi dal 1647, con la decadenza delle

    manifatture, la ridotta produttività cerealicola, nonché la battuta d’arresto dell’esportazione

    dell’olivo e del vino (Brancaccio, 2005). Ma, se nel Regno di Napoli la perdita complessiva della

    popolazione è del 20% (Del Panta et Al., 1996), il Molise, allora denominato Contado del Molise,

    registra una contrazione13del 25%. Particolarmente colpito, acquisisce un ruolo demografico

    secondario nella seconda metà del Seicento, come e forse più di altre regioni italiane, ad esempio

    l’Umbria e le Marche, (Malanima, 1998). In realtà, come sottolinea Brancaccio (2005) il Contado

    aveva già accumulato alcuni scarti rispetto al resto del Paese per il ridotto numero dei componenti

    dei nuclei familiari; ad essi si aggiungono la crisi economica, il forte carico fiscale (Fondi, 1970) e

    l’alta mortalità maschile per il lavoro bracciantile (Delille, 1998). Perciò, dopo la crisi secentesca,

    qui non è favorita una ripresa veloce dell’andamento demografico. L’area molisana recupera la

    risorsa umana lentamente, raggiungendo nel 1788 i 178.457 abitanti, con un andamento inferiore

    rispetto all’Abruzzo e alle altre province confinanti (Fondi, 1970); il raddoppiamento - 394.956

    unità - avviene solo nel 1901.

    Peraltro, la stabilizzazione ottocentesca è compromessa dai flussi migratori. La messa in

    crisi, per l’Unità d’Italia, della produzione cerealicola, la scarsa diffusione dei prodotti artigianali

    per la mancanza di adeguate vie di comunicazioni, il ribasso del prezzo della lana e la complessiva

    crisi zootecnica minano i pilastri dell’economia molisana14. Questo territorio conosce consistenti

    flussi migratori con circa 370.000 espatri tra il 1876 e il 1940.

    13I fuochi erano i nuclei familiari conteggiati nelle Numerazioni del Regno di Napoli per il pagamento delle tasse. In Molise, le fonti registrano nel 1608 17.107 fuochi o nucleo familiare e considerando per ciascun fuoco 6 membri vi dovevano essere circa 100.000 abitanti; nel 1669 a 13 anni dall’epidemia, si registravano 12.805 fuochi, quindi circa 75000 abitanti. La fonte dei dati è Masciotta, 2006, I vol. A Campobasso, centro principale, la riduzione è ben del 40%; cfr. Sarno, 2008. 14 Vedi; Simoncelli, 1969; Citarella, 1992.

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    Il fenomeno si ripete nel secondo dopoguerra, quando si registrano circa 260.000 espatri tra

    il 1946 e il 1986, a cui bisogna aggiungere gli spostamenti interregionali - circa ventimila - tra gli

    anni Cinquanta e gli anni Settanta (Massullo, 2000; Sarno, 2009). Se pure il fenomeno si

    ridimensiona dalla metà degli anni Settanta, i molisani, anche di recente, scelgono il trasferimento

    interregionale o anche verso altri stati (Casacchia, Crisci, 2011), o comunque forme di

    pendolarismo, mentre il saldo naturale è negativo, come mostrano i dati ISTAT 2013, con 2269 nati

    e 3561 morti.

    Se si analizza il bilancio demografico ISTAT del 2013 relativo ai 136 comuni molisani,

    emerge che sessantaquattro comuni non superano i mille residenti, altri cinquantotto sfiorano i

    4000, mentre undici comuni presentano una situazione demografica solida: all’incirca tra i 4.500 e

    11.000 residenti15. Inoltre, circa un terzo dei residenti in regione vive nei tre centri maggiori,

    appunto a Campobasso, Isernia e Termoli. Lo svuotamento dei piccoli paesi è ormai una realtà che

    fa gridare allo spopolamento, a favore dei centri maggiori. Il problema sembra inoltre incidere

    maggiormente sull’assetto della provincia isernina e principalmente dell’Alto Molise. Infatti,

    mentre la provincia di Campobasso ha perso, nel corso dell’ultimo secolo, circa il 15% della

    popolazione, quella di Isernia circa il 34%.

    La figura 4 documenta gli incrementi e i decrementi in percentuale dei residenti in Molise,

    nel periodo 1986 – 2013, e chiarisce quanto siano elevati i decrementi e quanto siano limitati gli

    incrementi. Questi ultimi riguardano solo 25 comuni e sono concentrati in alcune aree: quella

    costiera, quella del Molise centrale, coincidente con l’hinterland di Campobasso fino al comune di

    Bojano, e quella del Molise occidentale, coincidente con l’hinterland di Isernia fino al comune di

    Venafro. Ben 111 comuni, invece, hanno perso continuativamente popolazione, in media del 28%,

    ma alcuni raddoppiano, triplicano e persino quadruplicano tale valore.

    Il dibattito scientifico e socio-politico attuale non si sottrae certo all’analisi dello

    spopolamento regionale da più punti di vista, conducendo e sviluppando indagini geo-demografiche

    (Muscarà, 2008; Sarno, 2012b), in continuità con il processo migratorio (Sarno, 2009b) o

    esaminando le problematiche economiche (Fuschi et Al., 2007) e quelle ambientali (Ciaschi,

    Pesaresi, 2007). L’ente regionale sta provando ad affrontare questa situazione problematica, nella

    quale qualche elemento positivo sussiste: la presenza di immigrai e di pendolari.

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    Figura 4 Limitati gli aumenti di popolazione diffusa la contrazione (ns. elaborazione)

    La presenza di immigrati non è nuova per il Molise, dal momento che gruppi di albanesi e

    croati si sono insediati nella zona costiera, tra il XV e il XVI secolo (Sarno, 2009). La figura 5

    sintetizza i dati attuali della distribuzione degli immigrati stabilmente presenti in Molise; non siamo

    di fronte a numeri elevati, ma è interessante che risultino in tutti i comuni, anche i più piccoli.

    15 Gli undici comuni, che presentano una taglia demografica consistente (all’incirca tra 5.000 e 11.000 residenti) sono: Agnone, Bojano, Campomarino, Guglionesi, Larino, Montenero di Bisaccia, Riccia, San Martino in Pensilis, Santa Croce di Magliano, Trivento, Venafro.

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    Figura 5 Immigrati in Molise: maggiormente presenti indiani e cinesi (ns. elaborazione)

    Inoltre, una recente ricerca, nella quale le utenze telefoniche fisse sono state utilizzate come

    indicatore non convenzionale, ha individuato forme di pendolarismo periodico in alcune aree del

    Molise, in quanto turisti e professionisti vi dimorano periodicamente (Sarno, 2012a). A fronte di

    una diffusa diminuzione della popolazione locale, il Molise può provare a recuperare la risorsa

    umana aprendo le porte agli immigrati o accogliendo pendolari a breve o a lungo termine.

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    3 Le strutture insediative

    Coerentemente all’orografia del territorio e alla struttura demografica, il Molise presenta un

    assetto insediativo tipicamente rurale, costellato di piccoli comuni, in tutto 136. Per secoli l’area

    molisana ha conciso con la sola provincia di Campobasso, mentre oggi il territorio è suddiviso nelle

    due province di Campobasso e Isernia. Poiché era un’area di transizione dal carico demografico

    limitato, dopo l’Unità d’Italia, nel 1861, è stata accorpata amministrativamente con la regione

    Abruzzo ed ha ottenuto il riconoscimento dell’autonomia regionale solo nel dicembre del 1963.

    Sebbene l’area molisana sia stata territorializzata in tempi molto antichi, come dimostra il

    sito paleolitico La Pineta poco distante dalla città di Isernia16, e la diffusa presenza dei Sanniti e dei

    Romani sia ampiamente attestata17, tuttavia, i processi di stampo feudale, come la transumanza e il

    latifondismo, tipici del Mezzogiorno moderno, hanno condizionato la diffusione e lo sviluppo dei

    centri urbani.

    Questo paesaggio rimane, in qualche misura, inalterato nei secoli, se l’abate Pacichelli,

    nella sua opera del 1703, rileva che in Contado di Molise18 non vi sono che terre e castelli a

    testimonianza dell’impronta tipicamente feudale, dove pochi centri si distinguevano, appunto

    Venafro, Isernia, Campobasso, Bojano19. Termoli, a sua volta, pur essendo centro di riferimento per

    il Molise sull’Adriatico, gli appartiene solo dal 1811 secondo la geografia amministrativa disegnata

    nel decennio murattiano (1806-1805).

    Se Venafro è un centro in evoluzione dal punto di vista industriale in raccordo con l’area

    laziale e campana20, emergono in modo netto i tre poli più significativi del Molise per taglia

    demografica e continuità storica: Campobasso ed Isernia per il ruolo amministrativo e di

    16 In località La Pineta, a sud dell’attuale città, sono stati rinvenuti nel 1978 i resti di un insediamento paleolitico che è oggetto di scavi archeologici e di studi che hanno portato alla luce un’area complessivamente di 20000mq, abitata circa 736.000 anni fa. 17 I Sanniti sono un antico popolo italico. Essi formano uno stato nell’attuale Italia centrale l’antico Sannio tra il VI-V secolo a.C., occupando anche il Molise. I Romani, dopo aver sconfitto i Sanniti, occupano il Molise nel III secolo a. C. 18 La provincia del Contado di Molise, costituitasi intorno al XI-XII secolo, coincideva parzialmente con l’attuale regione Molise. La fascia costiera apparteneva alla provincia della Capitanata. 19 Vedi G. B. Pacichelli Il Regno di Napoli in prospettiva, 1703 e ristampato per l’edizione A. Forni, Sala Bolognese, 1979.

    20 Venafro, di origine romana, si estende nella omonima piana; è attiva la produzione d olio di oliva. Nella piana, a pochi chilometri da Venafro, sorge il nucleo industriale di Venafro-Pozzilli.

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    Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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    coordinamento regionale, Termoli per le funzioni portuali e per il recente attivismo industriale e

    turistico.

    Nel cuore delle montagne, Isernia, fondata dai Sanniti e poi dominata dai Romani, è nodo

    di transito a nord per l’Appennino molisano, ad ovest per le Mainarde e sud per il Matese, per cui

    ha avuto da sempre, per la sua collocazione geografica nel Molise occidentale, una posizione

    vantaggiosa. Il ruolo amministrativo di capoluogo di provincia, oggi messo in discussione per

    l’imminente eliminazione degli enti provinciali, le ha permesso di prevalere su Agnone21, cittadina

    considerata la piccola capitale dell’Alto Molise.

    La dicotomia tra Isernia e Agnone non si ripete nel Molise centrale, dove Campobasso,

    dalla sua fondazione oscura Bojano22, aprendo la strada alla progressiva valorizzazione di

    quest’area e ad un cambiamento toponimico — da Sannio23 a Molise — che rappresenta una vera e

    propria svolta. La vicinanza al Tavoliere24 diventa un vantaggio, perché l’agro di Campobasso era

    crocevia dei tratturi25 e beneficiava del traffico dei transumanti. Se, nel periodo medievale, la città

    assume funzioni difensive e militari, nell’età moderna, la commercializzazione diventa l’effettivo

    elemento caratterizzante di questo spazio urbano. Infatti, acquisisce un peculiare profilo socio-

    economico, che apre la strada alle future designazioni come capoluogo provinciale e regionale. Si

    deve sempre alla classe politica campobassana la valorizzazione di Termoli, che recupera,

    dall’Ottocento in poi, il ruolo strategico sull’Adriatico. Essa, infatti, nei secoli XII e XIII, si era

    imposta come importante nodo di commerci, ma poi aveva conosciuto un lungo periodo di

    decadenza. Oggi, la porta molisana sul mare, è un centro balneare di un certo rilievo e prova a

    concretizzare tanto la sua vocazione turistica quanto quella industriale, ponendosi come punto di

    riferimento del Basso Molise, dove diversi comuni, come Larino26, consistenti dal punto di vista

    demografico, mostrano anche un certo attivismo economico. Insomma, in un tessuto insediativo

    costituito da piccoli comuni, in molti casi di fondazione medievale, alcuni centri hanno acquisito

    funzioni socio-economiche di rilievo (figg. 6.7-8).

    21 Agnone, che ha registrato una forte riduzione della popolazione, con i suoi 5152 abitanti (2013) rimane il centro di riferimento per i servizi che offre e per le attività presenti. 22 Bojano di fondazione sannitica, è oggi un centro di circa 4.000 abitanti. Numerose le aziende presenti principalmente di tipo alimentare. 23 La denominazione Sannio deriva dai Sanniti, antico popolo che ha abitato questo territorio. Vedi nota 17. 24 Il tavoliere è un’estesissima area pianeggiante presente nell’attuale regione italiana della Puglia, dove i transumanti conducevano il bestiame. 25 I tratturi erano la rete viaria utilizzata dai pastori e dalle greggi per spostarsi.

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    Figura 7 La Fontana Fraterna, simbolo d Isernia

    Figura 8 La cattedrale di Campobasso

    26 Larino, ricco di resti archeologici romani, è una cittadina di circa 3500 abitanti situata tra le colline del Basso Molise, circondata da un paesaggio di viti e ulivi.

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    Figura 9 La cattedrale di Termoli

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    4 Il contesto socio-economico e la ricerca di un modello di sviluppo

    Coerentemente alla propria vocazione agricola, l’analisi dei comparti produttivi molisani

    mostra il contributo notevole delle produzioni agricole tra le quali prevalgono le colture cerealicole-

    foraggere, nonché l’ allevamento. In quest’ultimo settore occupano un posto di rilievo i prodotti

    zootecnici alimentari e le carni (Fanelli, 2008). Tuttavia, il sistema agricolo molisano è

    sostanzialmente statico e incide solo per lo 0,6% sul valore aggiunto agricolo nazionale, per diverse

    ragioni: un tessuto produttivo caratterizzato da un’alta frammentazione delle aziende e dalla loro

    dimensione generalmente familiare27. I dati ambientali inoltre hanno il loro peso, perché come

    decresce l’altimetria aumenta la dimensione media delle aziende agricole. La produttività è

    maggiore nelle zone collinari e nella fascia costiera. Qui, le coltivazioni di viti e olivi e le relative

    produzioni vinicole e olearie rappresentano un’importante potenzialità.

    Al pari delle aziende agricole, anche le imprese industriali si presentano di piccole e medie

    dimensioni, per il numero di stabilimenti e di addetti. L’attuale struttura industriale, per la quale

    sono stati determinanti gli investimenti statali negli anni Settanta del secolo scorso, è indirizzata

    principalmente al mercato interno, con una scarsa apertura all’internazionalizzazione, (Forleo,

    2005; Sarno, 2012a). Inoltre, il complessivo sistema produttivo è ancorato a settori tradizionali e

    penalizzato da una diffusa modestia nella dotazione dei servizi (Fuschi e altri, 2007), benché alcuni

    dati dell’Associazione Industriali del Molise segnalino la presenza di aziende con specializzazioni

    innovative attinenti al turismo, all’ambiente o al terziario avanzato (Quirino, Rosa, 2010).

    Il settore manifatturiero è prevalente, seguito poi dall’industria alimentare28. Se si guarda

    alla localizzazione geografica, le aree industriali del Molise sono principalmente due: l’area di

    Pozzilli-Venafro e quella di Termoli. Nella prima sono presenti industrie meccaniche e

    metallurgiche, elettroniche e chimiche, alimentari e tessili, nella seconda primeggia lo stabilimento

    della FIAT29. Tuttavia, queste aziende appaiono oggi come cattedrali nel deserto e l’area di

    Pozzilli-Venafro un’oasi, poiché la struttura industriale regionale, nella maggioranza dei casi,

    presenta un carattere artigianale e unilocalizzato.

    27 Vedi il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 – Regione Molise. 28 Vedi Rapporto UnionCamere Molise, 2011. 29 FIAT ( Fabbrica Italiana Automobili Torino) è il marchio automobilistico italiano più importante e ha stabilimenti in diverse regioni italiane.

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    Se il Molise, come la Calabria, registra il più alto tasso30 di imprenditorialità, ben il 44, 4%,

    esso corrisponde ad unità produttive a conduzione familiare, tanto nel settore primario, quanto nel

    secondario. Per tali motivi, i risultati dell’ indagine condotta nel 2010 dalla Confindustria

    collocano, in relazione agli indici sintetici di sviluppo economico, le province di Campobasso e

    Isernia rispettivamente al settantanovesimo e all’ottantesimo numero d’ordine, quindi ad un livello

    medio-basso (Quirino, Rosa, 2010).

    Come chiarisce il rapporto sull’economia regionale redatto dalla Banca d’Italia, nel 2103 è

    ulteriormente avvenuta «una riduzione del prodotto interno lordo del 3,6 per cento, tra le più

    marcate in Italia», mentre «l’attività industriale si è ridotta31». Di conseguenza il tasso di

    disoccupazione si è attualmente attestato32 oltre il 13%. Peraltro, anche il terziario risente dei limiti

    strutturali del Molise; «assorbe una quota complessiva occupati pari a circa 74.000 unità, ovvero il

    62,0% del totale regionale (rispetto al 66,6% dell’Italia). Una quota considerevole degli addetti al

    terziario opera nell’ambito della Pubblica Amministrazione, mentre sono poco sviluppati i servizi

    avanzati (servizi finanziari, ricerca, marketing), concentrati, tra l’altro, prevalentemente nelle aree

    maggiormente urbanizzate33».

    Le criticità diffuse comprovano quanto i poli urbani, sinteticamente presentati nel paragrafo

    precedente, siano deboli anche rispetto ad altre realtà urbane del Mezzogiorno (Viganoni, 2007),

    pur essendo stato superato lo storico sottodimensionamento nella dotazione dei servizi (Talia, 2007)

    e parzialmente l’isolamento causato dai limiti nella viabilità e nei trasporti. Questi centri, al pari di

    altri sistemi urbani meridionali, soffrono di un insufficiente livello di internazionalizzazione, di

    scarsa attenzione per la pianificazione, di scelte politiche inefficaci34. Questi elementi, unitamente

    al fatto che il Molise sia un’area di transizione con un carico demografico limitato, concorrono alla

    messa in crisi dell’autonomia di questa regione35. Il dibattito in corso in Italia, sul ruolo delle

    istituzioni regionali e sulla possibilità di programmare macro-regioni, investe così anche il Molise.

    Le proposte sono diverse: il ritorno con l’Abruzzo o l’accorpamento con territori pugliesi o campani

    (Landini et Al., 2011; Sarno, 2012b).

    30 Per questi dati vedi http://www.istat.it/it/ Competitività dei settori produttivi, 2011. 31 Vedi Banca d’Italia, Economie regionale - l’Economia del Molise, 2014. 32 Vedi Banca d’Italia, Economie regionale - l’Economia del Molise, 2014. 33 Vedi: Assessorato All’Agricoltura, Programma di sviluppo rurale della regione Molise, 2008, p. 12. 34 Vedi: Società Geografica Italiana, L’Italia delle città tra malessere e trasfigurazione, Rapporto Annuale 2008, pp. 145–150. 35 Vi si aggiungono poi motivazioni storiche, come l’aggregazione ad altre province nell’età moderna.

    http://www.istat.it/it/archivio/112353

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    Ciò non significa però tradire i tratti identitari di questo territorio e della sua popolazione.

    E’ un’identità territoriale composita, che non dimentica la radice sannitica, ma neppure quella rurale

    e transumante, che si è arricchita per la presenza degli albanesi e croati e, pur segnata

    dall’emigrazione, è protesa comunque a relazionarsi con le sue comunità all’estero. Per di più, la

    stessa differenziazione dei quadri ambientali e umani - Alto, Medio e Basso Molise - contribuisce a

    costruire un patrimonio di tradizioni e valori basilari per questo territorio (Sarno, 2012b).

    Questi elementi, unitamente ai fattori ambientali, devono essere considerati il punto di

    partenza per la costruzione del modello di sviluppo per questa regione, che non può più ritenere

    l’agricoltura tradizionale, gli investimenti statali e l’occupazione nel settore pubblico i pilastri della

    sua economia. L’agricoltura richiede una riorganizzazione delle aziende, una riduzione della loro

    frammentazione, puntando sull’agricoltura biologica e sulla certificazione di qualità delle

    produzioni olearie e vini-viticole. Lo sviluppo industriale troverebbe così le sue radici proprio nelle

    produzioni locali. Lo stesso orientamento andrebbe utilizzato per la lavorazione delle produzioni

    zootecniche36, che mantengono un ruolo strategico in questo sistema produttivo.

    Il Molise deve così valorizzare la sua vocazione rurale (Pazzagli, 2012) e in continuità

    rafforzare l’industria alimentare. Grazie all’incentivazione delle colture biologiche e della loro

    lavorazione si assiste ad una ripresa delle esportazioni molisane nel settore agroalimentare, come fa

    notare il Rapporto UnionCamere Molise del 2011. Lo stesso Rapporto invita a investire nella tutela

    e nella valorizzazione dell’ambiente per uno sviluppo sostenibile del Molise. Se tale prospettiva si

    concretizza, i tanti piccoli centri rurali di questa regione si avvantaggeranno della produzione e

    commercializzazione dei prodotti alimentari, o punteranno sul turismo rurale, dando vita ad un

    policentrismo necessario alla crescita produttiva di questo territorio.

    L’economia molisana richiede quindi una programmazione ad hoc, sostenuta da progetti

    innovativi, dal potenziamento delle reti telematiche e dei trasporti, utilizzando finanziamenti

    europei (Sarno, 2012a). Tali investimenti dovrebbero rivitalizzare l’auto-propulsività di questa

    regione, puntando sulle tipicità locali da esportare e sul valore turistico del territorio molisano

    (Pozzolo, 2012).

    Il turismo è sicuramente un’opportunità. Tuttavia, tanto sulla costa quanto nelle zone

    montane dell’Alto Molise, esso per ora si presenta come un turismo stagionale, mordi e fuggi, con

    presenze internazionali marginali. Alle grandi potenzialità ambientali e paesaggistiche devono

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    corrispondere un’offerta diversificata e maggiormente attrattiva, l’inserimento del Molise nei

    circuiti del turismo internazionale, l’ampliamento e l’ammodernamento delle strutture ricettive e

    delle infrastrutture (Minguzzi, Presenza, 2008). In tale scenario il turismo rurale potrebbe diventare

    la peculiarità territoriale.

    Per avviare tali percorsi di sviluppo, inoltre, diventa necessaria l’attenzione per una risorsa

    fondamentale: quella umana. Perciò sono significativi i rapporti con le comunità dei molisani

    all’estero e le associazioni che esse hanno fondato. Esse rappresentano un bacino d’utenza

    interessato alle tipicità locali, per stabilire relazioni commerciali e per il ‘turismo di ritorno’.

    Unitamente ai provvedimenti che gli enti locali provano ad attuare per contrastare lo spopolamento,

    il Molise deve rafforzare ed ampliare i legami già esistenti con i corregionali all’estero. Parimenti, è

    importante consolidare le relazioni con i Paesi dell’altra sponda dell’Adriatico, con i quali vi sono

    tratti ambientali e culturali comuni. In tal modo, il Molise potrà realizzare uno sviluppo sostenibile

    e condiviso.

    36 Il ruolo della pesca è comunque limitato e legato alla costa. A Termoli operano flottiglie di piccole dimensioni.

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