Anno xxxii n° 7 22 febbraio 2015

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ANNO XXXII N° 7 - 22 Febbraio 2015 1.00 Abbonamento annuo ordinario 30,00 - sostenitore 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno DALLA CASSAZIONE UN'INIEZIONE DI RAGIONEVOLEZZA A pag. 2 ANCHE I SORdI AvRANNO uN’ASSISTENzA SPIRITuALE A pag. 4 IL DESERTO A pag. 5 TesTimoni di viTa consacraTa A pag. 6 Don Patrizio Spina nel 25° di sacerdozio celebra con il Papa A pag. 7 Nel cammino di fede di que- st’anno, guidati dalla prima let- tera di san Paolo ai Corinti, siamo invitati a vivere con spirito di conversione il periodo della qua- resima che ci prepara alla Santa Pasqua. Mi chiedo che cosa può sugge- rirci ciò che san Paolo scrive ai Corinti? Nel capitolo 15 della prima lettera egli parla della re- surrezione dai morti che alcuni Corinti mettevano in dubbio, mettendo così in dubbio anche la stessa resurrezione di Gesù e con essa tutto il fondamento della fede cristiana. Si tratta, quindi, per ciascuno di noi di riscoprire il senso della resurrezione di Gesù e, in essa, il rapporto di fede che stabiliamo con i nostri defunti. Il culto dei morti non è solo espres- sione di un affetto umano che non si interrompe con la morte, ma per il cri- stiano deve essere vissuto nella fede della futura resurrezione in Gesù, quindi senza mai trascurare di pregare per i defunti e perché Dio abbia mi- sericordia di loro come di ciascuno di noi. Noi, per loro, offriamo a Dio il sacrificio stesso di Gesù, partecipando alla santa messa con la quale of- friamo al Padre Gesù stesso. Con la santa messa, attraverso Gesù, chie- diamo al Padre misericordia, perdono e vita per i nostri defunti. Nella fede, però, dobbiamo interro- garci anche su come affrontiamo tutti i segni di morte che incontriamo nella nostra vita: il male, il peccato, la sof- ferenza, il dolore, le contrarietà, i fal- limenti, ecc. Si tratta di momenti pesanti e difficili nei quali però non dobbiamo perdere la speranza: l’ultima parola è dell’amore di Gesù che ha vinto il male e la morte. In Lui, e nel suo amore, anche noi possiamo vincere il male che incontriamo dentro e fuori di noi, non lasciarci sopraffare e non limitarci solo al lamento o, peggio, cadere nella disperazione. Oltre questi momenti di morte dobbiamo credere nella potenza dell’amore di Dio. La conversione che ci viene chiesta nella quaresima è credere alle nuove pos- sibilità di vita che la Parola di Dio ci indica e ci dona, oltre di diversi mo- menti di morte che ci toccano come persone e come comunità. Il cammino quaresimale è la strada di un’autentica conversione che la Chiesa stessa in nome di Gesù ci indica. Il sussidio preparato dai nostri Uffici diocesani ci accompagna in questo cammino, aiutandoci a diventare sempre più Chiesa che ha un cuor solo e un’anima sola, che crede nella resurrezione di Cristo, pronta, quindi, a celebrare la Pasqua insieme con il suo Signore risorto. Esso è scandito dai cinque verbi che ci propone il prossimo convegno ec- clesiale della Chiesa italiana, che si terrà a Firenze nel novembre di que- st’anno: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Che questi verbi diventino il nostro modo di vivere da cristiani. Con la mia benedizione San Benedetto, 18 febbraio 2015 + Carlo Bresciani, vescovo LE CENERI CI RICORDANO Non possiamo barare il peccato è dentro di noi La nostra quaresima inizia con una celebrazione, l’imposizione delle ceneri, che chiede a ciascuno di noi di convertirsi. Ci pone dinnanzi a Dio per cui non possiamo barare. Neppure autoingannarci. Implacabile il calendario. Immersi in mille faccende “ruit ora”, scorre il tempo come sta scritto davanti ad una statua maestosa nella scalea di ingresso di un grande monastero benedettino, a Praglia sui colli Euganei nei pressi di Padova. L’affanno del nostro tempo, i minuti sempre contati, i giorni che paiono più corti delle già impegnative 24 ore, il vivere delle ore persino in un ambiente artificiale come internet, ci sorprende sempre. Certo vi è anche chi si annoia o perché il lavoro gli è venuto meno o perché la solitudine non può riempirgli la vita come capita talvolta a molti anziani. Ma pure in questo caso ci sorprende quel tempo straordinario per un cattolico che è la quaresima. La stessa nostra in- fanzia ce l’ha con- segnata piena di ri- cordi in un clima so- ciale che sembrava più favorevole o presunto tale. Ora abitiamo una cultura che ufficialmente è laica, che sembra non supportare una scelta religiosa. Tutto è più difficile dunque? Non è as- solutamente detto. Quando non è la società, l’ambiente nel quale viviamo ad aiutarci a vivere da cristiani, si è spinti a cercare l’originalità della nostra fede. Tutti parlano di cambiare il mondo. In questa crisi economica, che sembra infinita, in un Paese come il nostro si ritiene che a cambiare, ad essere più onesti, più disponibili, debbano essere sempre gli altri. La colpa di tutto è dei politici, della burocrazia, della scuola che non funziona. Maleducati ed egoisti sono i miei vicini di casa. Prepotente è la moglie, disinteressato è il marito assorbito dalla sua carriera, dal suo lavoro. Così non vi è più tempo per noi e per figli. Insomma il peccato è altrove. È di altri. È della suocera, della nuora, del marito, della moglie, dell’insegnante. La nostra quaresima inizia invece con una celebrazione, l’imposizione delle ceneri, che chiede a ciascuno di noi di convertirsi. Ci pone dinnanzi a Dio per cui non possiamo barare. Neppure autoingannarci. Il primo atto di chi vuol cambiare, ricentrare la propria vita, incomincia dall’ammettere che occorre prima cambiare se stessi. Il che ci domanda di dare tempo a noi stessi, di guidare la nostra giornata e non lasciarci bere la giornata da altro, da altri. Il rischio è di consumarsi dentro, di svuotarsi, di non avere più nulla da dare in famiglia e fuori di essa. Torna dunque pressante l’invito a fermarsi a pregare, a sostare sulla Parola Dio. Sussidio a pag. 3 Quaresima 2015 EDITORIALE I 20 nuovi cardinali di Bergoglio CHI SONO E PERCHE’ HA SCELTO LORO La nomina di nuovi cardinali non è mai un caso all’interno del Vaticano. Chi esercita il Ministero Petrino sa che il suo ruolo non è eterno e quindi si impegna sin dai giorni della sua elezione per lasciare in eredità al Popolo di Dio una Chiesa sempre più conforme alla sua natura di Sposa di Cri- sto. E’ quello che distingue questo ufficio da tutti i poteri se- colari che guidano la Terra: il senso di responsabilità. Nessuna potestà (e tanto più quella del Papa) nasce da se stessa ma deriva da una Volontà superiore, seguendo il Suo disegno. Quello operato da Bergoglio in questi giorni è il più vasto rimpasto del Collegio Cardinalizio degli ultimi anni e avviene a pochi mesi da un Sinodo complicato, in cui sono emerse non poche divisioni. Imporre la porpora significa ampliare, de facto, la platea dei grandi elettori del futuro vescovo di Roma, inserendovi figure nuove, più in linea con quello che la massima carica ecclesiale vuole. E vuol dire anche far penetrare all’interno della Curia idee fresche che provengono dalle diverse realtà del mondo, non solo quelle dell’Occidente. Non è casuale che queste investiture avvengano proprio quando si fa caldo il dibattito attorno alla riforma degli uffici vaticani, fortemente voluta da Francesco. Si allarga così il fronte di cardinali provenienti dalle “periferie” tanto care a Bergoglio, prelati che hanno vissuto a con- tatto con miseria, criminalità, privazione della dignità umana, schiavitù e con gli altri mali prodotti dall’uomo. Affinché nei sacri palazzi torni anche la voce degli ul- timi. Stefano Cicchini (Interris) segue a pag. 2

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ANNO XXXII N° 7 - 22 Febbraio 2015 € 1.00

Abbonamento annuo ordinario € 30,00 - sostenitore € 50,00 - Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno

DALLA CASSAZIONEUN'INIEZIONE DI

RAGIONEVOLEZZA

A pag. 2

ANCHE I SORdI AvRANNO uN’ASSISTENzA SPIRITuALE

A pag. 4

IL DESERTO

A pag. 5

TesTimoni di viTa consacraTa

A pag. 6

Don PatrizioSpina nel 25° di sacerdozio

celebra con il Papa

A pag. 7

Nel cammino di fede di que-st’anno, guidati dalla prima let-tera di san Paolo ai Corinti, siamoinvitati a vivere con spirito diconversione il periodo della qua-resima che ci prepara alla SantaPasqua.Mi chiedo che cosa può sugge-rirci ciò che san Paolo scrive aiCorinti? Nel capitolo 15 dellaprima lettera egli parla della re-surrezione dai morti che alcuniCorinti mettevano in dubbio,mettendo così in dubbio anche lastessa resurrezione di Gesù e conessa tutto il fondamento dellafede cristiana. Si tratta, quindi, per ciascuno di

noi di riscoprire il senso della resurrezione di Gesù e, in essa, il rapporto difede che stabiliamo con i nostri defunti. Il culto dei morti non è solo espres-sione di un affetto umano che non si interrompe con la morte, ma per il cri-stiano deve essere vissuto nella fede della futura resurrezione in Gesù,quindi senza mai trascurare di pregare per i defunti e perché Dio abbia mi-sericordia di loro come di ciascuno di noi. Noi, per loro, offriamo a Dio ilsacrificio stesso di Gesù, partecipando alla santa messa con la quale of-

friamo al Padre Gesù stesso. Con lasanta messa, attraverso Gesù, chie-diamo al Padre misericordia, perdonoe vita per i nostri defunti.Nella fede, però, dobbiamo interro-garci anche su come affrontiamo tuttii segni di morte che incontriamo nellanostra vita: il male, il peccato, la sof-ferenza, il dolore, le contrarietà, i fal-limenti, ecc. Si tratta di momentipesanti e difficili nei quali però non

dobbiamo perdere la speranza: l’ultima parola è dell’amore di Gesù che havinto il male e la morte. In Lui, e nel suo amore, anche noi possiamo vincereil male che incontriamo dentro e fuori di noi, non lasciarci sopraffare e nonlimitarci solo al lamento o, peggio, cadere nella disperazione. Oltre questimomenti di morte dobbiamo credere nella potenza dell’amore di Dio. Laconversione che ci viene chiesta nella quaresima è credere alle nuove pos-sibilità di vita che la Parola di Dio ci indica e ci dona, oltre di diversi mo-menti di morte che ci toccano come persone e come comunità. Il camminoquaresimale è la strada di un’autentica conversione che la Chiesa stessa innome di Gesù ci indica. Il sussidio preparato dai nostri Uffici diocesani ciaccompagna in questo cammino, aiutandoci a diventare sempre più Chiesache ha un cuor solo e un’anima sola, che crede nella resurrezione di Cristo,pronta, quindi, a celebrare la Pasqua insieme con il suo Signore risorto.Esso è scandito dai cinque verbi che ci propone il prossimo convegno ec-clesiale della Chiesa italiana, che si terrà a Firenze nel novembre di que-st’anno: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Che questi verbidiventino il nostro modo di vivere da cristiani. Con la mia benedizioneSan Benedetto, 18 febbraio 2015 + Carlo Bresciani, vescovo

LE CENERI CI RICORDANONon possiamo barare

il peccato è dentro di noiLa nostra quaresima inizia con una celebrazione, l’imposizione delle

ceneri, che chiede a ciascuno di noi di convertirsi. Ci pone dinnanzi

a Dio per cui non possiamo barare. Neppure autoingannarci.

Implacabile il calendario. Immersi in mille faccende “ruit ora”, scorreil tempo come sta scritto davanti ad una statua maestosa nella scalea diingresso di un grande monastero benedettino, a Praglia sui colliEuganei nei pressi di Padova. L’affanno del nostro tempo, i minutisempre contati, i giorni che paiono più corti delle già impegnative 24ore, il vivere delle ore persino in un ambiente artificiale come internet,ci sorprende sempre. Certo vi è anche chi si annoia o perché il lavorogli è venuto meno o perché la solitudine non può riempirgli la vita

come capita talvolta a molti anziani.Ma pure in questo caso ci

sorprende quel tempostraordinario per un

cattolico che è laquaresima. Lastessa nostra in-fanzia ce l’ha con-segnata piena di ri-

cordi in un clima so-ciale che sembrava più

favorevole o presunto tale.Ora abitiamo una cultura che

ufficialmente è laica, che sembra nonsupportare una scelta religiosa. Tutto è più difficile dunque? Non è as-solutamente detto. Quando non è la società, l’ambiente nel qualeviviamo ad aiutarci a vivere da cristiani, si è spinti a cercare l’originalitàdella nostra fede. Tutti parlano di cambiare il mondo. In questa crisieconomica, che sembra infinita, in un Paese come il nostro si ritieneche a cambiare, ad essere più onesti, più disponibili, debbano esseresempre gli altri. La colpa di tutto è dei politici, della burocrazia, dellascuola che non funziona. Maleducati ed egoisti sono i miei vicini dicasa. Prepotente è la moglie, disinteressato è il marito assorbito dallasua carriera, dal suo lavoro. Così non vi è più tempo per noi e per figli.Insomma il peccato è altrove. È di altri. È della suocera, della nuora,del marito, della moglie, dell’insegnante. La nostra quaresima inizia invece con una celebrazione, l’imposizionedelle ceneri, che chiede a ciascuno di noi di convertirsi. Ci ponedinnanzi a Dio per cui non possiamo barare. Neppure autoingannarci.Il primo atto di chi vuol cambiare, ricentrare la propria vita, incominciadall’ammettere che occorre prima cambiare se stessi. Il che ci domandadi dare tempo a noi stessi, di guidare la nostra giornata e non lasciarcibere la giornata da altro, da altri. Il rischio è di consumarsi dentro, disvuotarsi, di non avere più nulla da dare in famiglia e fuori di essa. Torna dunque pressante l’invito a fermarsi a pregare, a sostare sullaParola Dio.

Sussidio a pag. 3

Quaresima 2015EDITORIALE

I 20 nuovi cardinali di Bergoglio CHI SONO E PERCHE’ HA SCELTO LORO

La nomina di nuovi cardinali non è mai un caso all’interno del Vaticano. Chiesercita il Ministero Petrino sa che il suo ruolo non è eterno e quindi si impegnasin dai giorni della sua elezione per lasciare in eredità al Popolo di Dio unaChiesa sempre più conforme alla sua natura di Sposa di Cri-sto. E’ quello che distingue questo ufficio da tutti i poteri se-colari che guidano la Terra: il senso di responsabilità.Nessuna potestà (e tanto più quella del Papa) nasce da sestessa ma deriva da una Volontà superiore, seguendo il Suodisegno. Quello operato da Bergoglio in questi giorni è il piùvasto rimpasto del Collegio Cardinalizio degli ultimi anni e

avviene a pochi mesi da un Sinodo complicato, in cui sono emerse non pochedivisioni. Imporre la porpora significa ampliare, de facto, la platea dei grandielettori del futuro vescovo di Roma, inserendovi figure nuove, più in linea conquello che la massima carica ecclesiale vuole. E vuol dire anche far penetrareall’interno della Curia idee fresche che provengono dalle diverse realtà delmondo, non solo quelle dell’Occidente. Non è casuale che queste investitureavvengano proprio quando si fa caldo il dibattito attorno alla riforma degli uffici

vaticani, fortemente voluta da Francesco. Si allargacosì il fronte di cardinali provenienti dalle “periferie”tanto care a Bergoglio, prelati che hanno vissuto a con-tatto con miseria, criminalità, privazione della dignitàumana, schiavitù e con gli altri mali prodotti dall’uomo.Affinché nei sacri palazzi torni anche la voce degli ul-timi. Stefano Cicchini (Interris)

segue a pag. 2

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Anno XXXII

22 Febbraio 2015

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Continua dalla prima pagina

Parola del SignorePRIMA DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B

LE VIE DEL SIGNORE SONO VERITA’ E GRAZIA

dal vanGeLo secondo marco

Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana;stava con le fiere e gli angeli lo servivano.Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio ediceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".(Marco1,12-15)

Inizia con questa domenica il TEMPO della QUARESIMA, che la liturgia ci mette a disposi-zione per prepararci al momento culminante della storia della salvezza: la morte e resurrezionedi Gesù Cristo. Qual è il modo migliore di prepararsi a questo evento? Sicuramente seguendol’incoraggiamento che ci viene da Gesù nel vangelo di oggi, “CONVERTIRSI E CREDEREAL VANGELO” . Ma cosa significa convertirsi al vangelo, credere al vangelo ? Sostanzialmentesignifica che dobbiamo convertirci e credere a Gesù e al suo insegnamento, dobbiamo cercaredi imitare il suo modo di vivere e di pensare. Conversione che viene dal greco “metanoia” diper sé significa cambiare mentalità, quindi cambiare modo di pensare, nel nostro caso specificoadeguarsi a quelli che sono gli insegnamenti che ci vengono da Cristo, soprattutto il suo coman-damento nuovo: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Certo non è facile amare (finoalla morte) chi ci sta antipatico, chi ci dà fastidio o addirittura il nostro ….. nemico; tutto al piùpossiamo provare ad ignorarli, ma amarli ce ne passa! Eppure, questo è il più grande insegna-mento, comandamento, che il Signore ci chiede di seguire, non solo, egli ci ha mostrato con il

suo esempio come si deve fare: egli dopo essere stato consegnatodai suoi stessi confratelli ebrei (sacerdoti, scribi, farisei) ai più acer-rimi nemici del suo popolo, i dominatori romani, dopo essere statofrustato, schiaffeggiato, deriso, inchiodato alla croce, riesce a dire:PADRE, PERDONA LORO PERCHE’ NON SANNO QUELLOCHE FANNO. Noi non riusciamo neanche a immaginare le sue sof-ferenze fisiche e morali, come sicuramente neanche riusciamo a pen-sare a quanto amore egli deve avere per noi, per chiedere al Padre diperdonarci, si perché dobbiamo sempre ricordarci che Gesù è stato

messo a morte per i nostri peccati, quindi anche per i miei. Egli è morto per me. Dio ha percorso ilcalvario, è salito sulla croce, è morto per me, singolarmente, personalmente per me. Se riuscissi apenetrare la grandezza e la portata di questo pensiero, di questo amore, come potrei non corrispon-derlo, eppure la mia miseria, la mia inadeguatezza, il mio orgoglio, la mia superbia, fanno si che ionon corrisponda a questo amore, e lo tradisca ogni volta che non seguo il suo insegnamento, ognivolta che volgo le spalle al suo Vangelo. Ecco allora, che Gesù, mi…., ci viene incontro con amo-revole sollecitudine, e ci invita e ci incoraggia dicendoci: CONVERTITEVI E CREDETE AL VAN-GELO, cambiate la vostra mentalità, modo di pensare e seguitemi sulla via dell’amore e dellasalvezza. Egli ci dice: PRENDETE OGNI GIORNO LA VOSTRA CROCE E SEGUITEMI, affin-ché io possa aiutarvi a compiere delle opere anche più grandi delle mie, anche ad amare i vostri ne-mici. Signore, vieni incontro alla mia debolezza, aiutami a camminare sulle tue vie, aumenta la miafede in te e nel tuo Vangelo, affinché possa essere degno di essere chiamato cristiano. RICCARDO

PILLOLE DI SAGGEZZAL’UNIONE CON CRISTO PRESUPPONE FONDAMENTALMENTE CHE SI RIPORTI

IN LUI IL CENTRO ULTIMO DELLA NOSTRA ESISTENZA, IL CHE SIGNIFICA LA RINUNCIA TOTALE ALL’EGOISMO (TEILHARD DE CHARDIN)

La Cassazione con la sua ultima sentenza hanuovamente confermato un orientamento giu-risprudenziale che riafferma con chiarezzadiversi punti importanti:- in Italia non può essere introdotto il matrimoniotra persone dello stesso sesso, come sottolineatocostantemente anche dalla Corte costituziona-le;- il divieto di matrimonio tra persone dellostesso sesso non costituisce in alcun modo di-scriminazione nei loro confronti; essi hannoaltresì diritto ad “un grado di protezione e tutelaequiparabile a quello matrimoniale” esclusiva-mente quando si tratta di diritti fondamentali (enon per un generico "diritto al matrimonio");- le convenzioni internazionali non obbliganoin alcun modo a introdurre il matrimonio omo-sessuale, ma lo lasciano alla piena autonomiadella legislazione nazionale. Quindi, basta dire:" Ce lo chiede l'Europa!".Stavolta la sentenza era stata richiesta a frontedel divieto di procedere alle pubblicazioni dimatrimonio, previste per le coppie di personeeterosessuali, a favore di una coppia di personeomosessuali. Nonostante sia in primo che insecondo grado fosse stato negato il diritto allepubblicazioni, è stato necessario l’interventodella Cassazione. La Cassazione ha introdottoun altro importante elemento di novità, cheindica la strada che il legislatore potrà percorrere,sottolineando l'esigenza di un “trattamento omo-

geneo di tutte le si-tuazioni che presen-tano un deficit odun’assenza di tuteladei diritti dei com-ponenti l’unione de-rivante dalla man-canza di uno statutoprotettivo delle re-lazioni diverse daquelle matrimonia-li”. In altre parole illegislatore deve re-golamentare le unio-ni di fatto senza di-stinzioni tra quelletra stesso sesso e ses-so diverso ("tutte le situazioni"), e soprattuttodeve tener distinte le unioni di fatto dallafamiglia fondata sul matrimonio.Ciò conferma quanto segnalato dal Forum e damolti altri nell’audizione in Senato sulla propostadi testo base della sen. Cirinnà: non è corri-spondente al dettato costituzionale l’equipara-zione delle unioni di fatto al matrimonio (comedi fatto fa il testo base Cirinnà); la diversa di-sciplina tra le coppie di persone dello stessosesso e tra quelle di sesso diverso (previstasempre dal Cirinnà) non ha ragion d’essere,poiché questa sì discriminatoria. Inoltre, perquanto attiene ai diritti fondamentali delle

persone non serve una legge ad hoc poiché lepersone – tutte le persone - ne godono indipen-dentemente dal loro status di coniuge o di com-ponente di una convivenza. Cm ribadito dallasentenza. È evidente ancora una volta che iltesto Cirinnà non è adeguato a far fronte allepur legittime aspirazioni delle coppie omoses-suali, ci aspettiamo dunque che la CommissioneGiustizia del Senato abbandoni questo testobase, e individui una nuova soluzione, appropriatama soprattutto condivisa, senza introdurre formedi simil-matrimonio o di impropria assimilazionedelle unioni di fatto alla famiglia fondata sulmatrimonio tra uomo e donna. Daniele Nardi 

LE CENERI CI RICORDANO

DALLA CASSAZIONE UN'INIEZIONE DI RAGIONEVOLEZZA(E IL TESTO CIRINNA’ SE NE VA IN PENSIONE)

Pregare individualmente e pregare liturgica-mente significa credere profondamente che èDio prima di tutto che ci viene incontro. Parte-cipare alla liturgia è concedersi uno stacco, unacesura dal quotidiano. È come abitare in unazona franca. È un sospendere il tempo, il fluiredegli impegni quotidiani per ridare un senso, unamotivazione a ciò che si vive in fretta. La pre-ghiera rigenera. Riattiva anche la carità. MadreTeresa di Calcutta, per essere stata una donna diattività, di impegno per i poveri incominciava lasua giornata con almeno due ore di preghiera.Perdita di tempo? Alle sorelle della famosa casadella morte di Calcutta, chiedeva nel pomeriggioalmeno un’ora di adorazione. In fondo da checosa nasce quel volontariato, quelle borse dellaspesa, quell’aiuto donato a chi è in difficoltàsenza che la destra sappia ciò che fa la sinistrase non dalla certezza che non si può amare Dioche non si vede se si ama il prossimo che si vede.Sorga la carità anche dalla capacità di evitare lospreco, ecco il senso dell’astinenza. È vero chegli economisti ci invitano a consumare per far ri-partire l’economia. Allora facciamo in modo checon la nostra carità consumi chi non può consu-mare neanche il necessario per vivere. E se èconsentito facciamo in maniera che la nostra ca-rità sia anche una protesta per le troppe ingiusti-zie della nostra società. Quaresima sia tempo dirigenerazione per ciascuno perché si rigeneri lasocietà intera. Bruno Cescon

GiussaniCome si ama veramentedi Antonio Anastasio

Un giorno, mentre ero in università a studiare, scrissiuna breve poesia. Ero inquieto e pieno di domandesull’amicizia, sugli affetti, sul destino. Avevo scrittocosì come mi veniva, su di un pezzo di carta strac-ciato da un quaderno. La misi in una busta e la inviaia don Giussani, che a quel tempo insegnava in Cat-tolica e teneva le assemblee con tutti gli studentidell’ateneo. Di lì a poco ci furono gli esercizi degliuniversitari e lui lesse la mia poesia e la commentò.In seguito mi fece sapere che voleva conoscermi e così iniziò il miorapporto con lui. La sua iniziativa verso il cuore di ogni personaera sconfinata. Anche se non lo vedevo di frequente, ci furono in-contri decisivi per la comprensione della mia strada e per le deci-sioni più importanti della mia vita. Come nessun altro lui spiegavaquello che vivevo, metteva in luce le domande che avevo dentro ele prendeva sul serio.

Tra queste domande una non finiva e non finisce maidi riproporsi: come amare veramente? Come fare ilbene per coloro che ci sono stati messi accanto? Nelcorso degli anni del mio ministero sacerdotale ho do-vuto confrontarmi molte volte con questa domanda, siacon i ragazzi che con gli adulti. Vivere la carità non èfacile, spesso ci si sente bloccati dalla propria incapa-cità; eppure è un bisogno innato del nostro cuore. DonGiussani, in modo geniale, ci ha insegnato ad unirel’esigenza della carità all’educazione di noi stessi. Si vain caritativa per imparare la gratuità, per riscoprirequanto siamo impotenti di fronte al bisogno altrui e rea-lizzare quindi che anche il nostro bisogno lo colma soloun Altro. Nei dieci anni con la Casa di sant’Antonio in

Spagna questo lavoro di educazione alla carità ha segnato ogni ini-ziativa e ogni incontro. Facevamo tante assemblee con i volontaried ogni volta negli interventi si riproponevano le stesse obiezioni,le stesse difficoltà nel vivere la gratuità: quelle che ogni uomo haperfino in casa propria. Finché qualcuno non rifaceva la domanda:«Ma perché faccio quest’opera per aiutare i senzatetto? Perché tulo fai?». E la risposta: «Per tornare a scoprire quello che il Signoreha fatto e fa con me». Lui con la sua misericordia risponde al mio

bisogno infinito di essere amato e sempre perdonato. Non mi bastasaperlo per averlo visto una volta, ho bisogno di tornare a speri-mentarlo ogni volta. Davanti a un senzatetto, disoccupato e lontanodalla famiglia, fai quello che puoi, ti senti impotente e a tua voltabisognoso. A volte siamo tentati di fare da soli, di fare noi. Comedice Sant’Agostino: Ci sono alcuni che più facilmente distribui-scono tutti i loro beni ai poveri, piuttosto che loro stessi divenirepoveri in Dio. (En. In Ps. 71,3). Questa povertà è necessaria perchédescrive ciò che abbiamo nel cuore veramente: il bisogno di Lui.Perciò andiamo dai poveri, non perché sappiamo già che il poveroè Gesù, ma per tornare a scoprire che quel povero è Gesù. Abbiamobisogno di riscoprire il nostro vero e più profondo bisogno, di guar-dare davvero a quell’inquietudine che ci costituisce e che solamentetrova pace nel rapporto con il Signore. Don Giussani ci ha inse-gnato a riconoscere il nostro bisogno più vero, a vivere la carità pervedere nel volto dell’altro che aiutiamo la stessa necessità che cicostituisce. La povertà dell’altro è la nostra, quella che spesso na-scondiamo a noi stessi. Se la guardiamo, questa povertà ci rendepronti anche a riconoscere Chi la può colmare e abbracciare. Alloraanche l’altro, il prossimo, diventa sacro, sacramento, perché ci ri-vela il volto di Colui che ci ama fino in fondo.

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22 Febbraio 2015 PAG

Papa Francesco, nel Messaggio per la Quaresima 2015

“La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò

avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eu-

caristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza

che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo

appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro

soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono

con lui” (1 Cor 12,26)” Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati

i confini della Chiesa visibile in due direzioni. In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella

preghiera. Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di

bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, for-

miamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo

non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i

santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno

vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore

non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini….. La loro gioia per

la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di

durezza di cuore. D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone

in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è

missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini”.

Le parole di Papa Francesco contengono indicazioni chiare e preziose per vivere laquaresima come un autentico rinnovamento per la Chiesa, per le parrocchie e peri singoli fedeli.Il metodo Il metodo che si suggerisce per intraprendere questo cammino ci vienedato da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Si tratta di fare un discerni-mento comunitario che richiede una Chiesa "in uscita" e gioiosa, che abita il quo-tidiano delle persone e che, grazie allo stile povero e solidale, rinnova la storia diciascuno, ridona speranza e riapre la nostra vita morta alla festa della risurrezione.In questo modo gli ambienti abitualmente abitati, come la famiglia, la scuola, lafabbrica o l’ufficio, la strada, la città, il creato, l’universo digitale e la rete, diven-tano quelle periferie esistenziali verso cui indirizzare la missione della comunitàcristiana. Accogliamo l’invito della Chiesa italiana a coinvolgerci nel camminoverso il Convegno di Firenze 2015, secondo uno stile sinodale, seguendo le indi-cazioni della Traccia che propone cinque azioni. Sono verbi che esprimono il de-siderio della Chiesa di contribuire al dischiudersi di un’umanità nuovae indicano la direzione da intraprendere: uscire, annunciare, abitare, educare,

trasfigurare.Le proposte a) Un segno da costruire in Chiesa. Una Croce per dire «in GesùCristo il nuovo umanesimo». Di domenica in domenica costruiremo in Chiesa, at-traverso dei pannelli ed un gioco di colori, una croce che parli anche di Risurre-zione. Sono i cinque colori che richiamano il Convegno di Firenze e i colori dell’anno liturgico.Verranno riportati anche i cinque verbi da coniugare: uscire, trasfigurare, abitare, educare, annun-ciare. b) Un incontro da vivere nelle vicarie.Un convenire ogni settimana, in una diversa vicaria, per cam-minare insieme verso la Pasqua e farsi attenti alle periferie esistenziali. Gli incontri saranno preparatiinsieme dai presbiteri e se possibile dai consigli pastorali con il contributo di alcuni uffici: sarà motivoper lavorare insieme nelle diverse zone della diocesi.

Questo il programma:c) Una celebrazione da pre-

parare in comunità. Nella ce-lebrazione dell’Eucaristia epoi nella vita di ogni giorno,come chiesa, come parrocchiee personalmente, siamo chia-mati a coniugare i cinqueverbi indicati dalla Traccia diFirenze 2015. Il gruppo lettori,gli educatori e quanti animanola liturgia evidenzieranno ognidomenica in particolare unadelle cinque azioni su cui ri-flettere e da incarnare attra-verso la costruzione dellacroce in un particolare mo-mento della celebrazione Eu-caristica. Le comunità che loriterranno opportuno, per va-lorizzare il legame tra le do-meniche di quaresima el’iniziazione cristiana, po-tranno pregare per i ragazziche vivranno i sacramentidella Prima Confessione,della Prima Comunione edella Cresima.d) 24 ore per Gesù. La nottedi riconciliazione. Dopol’esperienza proposta l’annopassato, che si è rivelata sor-

DIOCESI DISAN BENEDETTO DEL TRONTORIPATRANSONEMONTALTO

Incontri quaresimali nelle zone pastorali della diocesi

CUPRAMARITTIMAVENERDÌ

ORE 21:00

FEBBRAIO27USCIRE / Segni di risurrezione in una comunità

inclusiva Vicaria Madonna di San Giovanni

PORTO SAN BENEDETTO DEL TRONTOVENERDÌ MARZO6

TRASFIGURARE / Segni di risurrezione nel mondo della famiglia Vicaria P. Giovanni dello Spirito Santo

CASTIGNANOVENERDÌ MARZO13

ABITARE /da risorti per un nuovo umanesimo Vicaria B. Maria Assunta Pallotta

PORTO D’ASCOLI SS. ANNUNZIATAVENERDÌ MARZO20EDUCARE/ Segni di risurrezione nel mondo

del lavoro Vicaria S. Giacomo della Marca

VILLA LEMPAVENERDÌ MARZO27

ANNUNCIARE / Giornata dei Missionari martiri Vicaria Montesanto

MERCOLEDÌ APRILE1GMG diocesana Pastorale Giovanile

IN CRISTOCROCIFISSOE RISORTO+UMANITÀ

prendentemente molto positiva anche nella nostra Diocesi, quest’anno papa Francesco nel messaggioper la quaresima ripropone la Notte di veglia e di preghiera dedicata al Sacramento della Riconcilia-zione. Ci ritroveremo nella notte tra il 13 e il 14 marzo presso la Chiesa dell'Adorazione dei Padri Sa-cramentini. Ogni vicaria e ogni parrocchia potrà programmare un tempo di preghiera notturna con lapresenza di presbiteri disponibili ad accogliere i penitenti.

Mercoledì delle Ceneri 18 febbraio Un’iniziativa per il mercoledì delle ceneri e/o venerdìsanto: digiunare con un pugno di riso

INIZIAMO LA QUARESIMA

CON UN PUGNO DI RISO

Il Mercoledì delle Ceneri, come il Venerdì Santo, è

giorno di digiuno per tutti, grandi e bambini. La

Chiesa digiuna, non perché disprezza il cibo – nel

cristianesimo nessun cibo è impuro, perché tutto è

stato creato dalla bontà di Dio! – ma per ricordarci

che abbiamo tutti fame di Dio e della sua

Parola. Come ha ripetuto Gesù: «Non di solo pane

vive l’uomo, ma di quanto esce dalla bocca di

Dio». Ti invitiamo per questo a mangiare a pranzo o a sera, in questo giorno di digiuno, solo un

pugno di riso. Questo gesto è ricco anche di un secondo significato: è segno della

volontà di condividere qualcosa con chi fatica a trovare cibo. Per quante persone

nel mondo, per quanti bambini un pugno di riso è l’unico pasto di una intera

giornata! Puoi, allora, donare ciò che hai risparmiato digiunando, offrendolo

nella carità

1ª di Quaresima - 22 febbraio 2015Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto (Mc 1,12)

uSCIRE Gesù viene spinto nel deserto dove affronta il tentatore. Anche l’uomodi oggi ha a che fare con un mondo ‘desertificato’ pieno di tentazioni e rischia disoccombere. Cristo vince il tentatore ed esce verso la Galilea per proclamare a tuttila buona notizia. Facciamo nostra la prima via che ci propone il Convegno di Fi-renze: uSCIRE. Usciamo anche noi dalle chiese, forti dell’incontro con Gesù, perportare nelle nostre case e in ogni ambiente di vita l’annuncio di liberazione, perdire che Dio è alleato dell’uomo, per annunciare che la croce non distrugge ma èquell’arcobaleno che parla di salvezza.❖Durante la celebrazione Eucaristica iniziamo a costruire la croce portando il co-lore viola, segno che dobbiamo andare per annunciare Cristo crocifisso e risorto.

❖ La Vicaria Madonna di S. Giovanni (Grottammare, Cupra, Ripatransone e Cossignano) si ritrovavenerdì 27 febbraio 2015 alle ore 21.00 a Cupra Marittima e prova ad essere una comunità inclusivaascoltando lo smarrimento della gente, raccogliendo la vita buona che viene anche da coloro che sonoconsiderati ‘scarto’ dalla nostra società, chiedendosi come curare le ferite e quali gesti di umanità èpossibile e doveroso porre.❖ Personalmente mettiamoci in atteggiamento di dialogo con fratelli di altre fedi e culture promuo-vendo l’incontro e lo scambio dei doni.ANNuNCIARE Il cammino verso la Pasqua richiede in ognuno un cambiamento nel proprio stiledi vita. Per rinnovarci nel profondo occorre in primo luogo riconoscere di aver bisogno di Dio e dellasua salvezza. Ciò è stimolato dall’ascolto della sua parola, ma domanda anche la disponibilità per-sonale a entrare nell’alleanza che ci viene offerta, rinunciando a orientare la nostra vita secondo criterie interessi egoistici. Un alleanza da vivere non solo con Dio ma anche con i fratelli con chi fa unagrossa fatica ad essere fedele.ABITARE Proviamo a guardare il deserto che ci circonda, scopriamo la solitudine di tante personeche vivono nel nostro territorio e a segnalarle alla Caritas parrocchiale perché la comunità venga in-contro al bisogno di relazione e di compagnia.EduCARE NEL DESERTO …IL POZZO DELL’ACQUA a cura dell’Ufficio ecumenismo e dialogo religioso Abbiamo celebrato da poco la “Settimana di

preghiera per l’unità dei cristiani” e anche il tema di questo anno: «Dammi un po’ d’acqua da bere»

(Gv. 4,7) è stato un invito ad uscire come Gesù, ad andare incontro all’altro offrendo quello che

siamo e che abbiamo, accogliendo e ricevendo quello che l’altro è. L’incontro tra Gesù e la Sama-

ritana ci invita ad assaporare nel deserto del mondo l’acqua da diversi pozzi e anche ad offrirne un

poco della nostra. Nella diversità, infatti, tutti ci arricchiamo vicendevolmente. Nessuna persona,

nessuna cultura, da sola, è sufficiente. Pertanto, l’immagine che appare dalle parole “Dammi un po’

d’acqua da bere” è un’immagine che parla di complementarità: bere l’acqua dal pozzo di qualcun

altro è il primo passo per sperimentare il proprio modo di essere e per poi giungere ad uno scambio

di doni che arricchisce. Laddove i doni degli altri vengono rifiutati, viene causato molto danno alla

società e alla Chiesa. Quando riconosciamo che tutti abbiamo delle necessità, la complementarietà

prende corpo nella nostra vita in un modo più ricco. “Dammi un po’ d’acqua da bere” presuppone

che sia Gesù sia la Samaritana chiedano ciò di cui hanno bisogno, l’uno dall’altra

TRASFIGuRARE In questa prima domenica di quaresima è quanto mai opportuno valorizzarela processione d’ingresso della celebrazione eucaristica. Seguendo la croce gloriosa del Signore, cir-condata dal profumo dell’incenso e dai lumi accesi, e l’Evangeliario, icona del Cristo che parla allasua Chiesa, colui che presiede e i ministri si avviano all’altare portando il colore viola da mettere sulsupporto collocato vicino all’altare per iniziare a costruire la croce. Il viola è il colore della quaresimaed evoca la penitenza, la conversione, la morte. Per essere una Chiesa in uscita è necessario prima,come popolo intraprendere coralmente l’itinerario della conversione, in cammino verso il Signore eSalvatore per poter poi andare verso i fratelli.

Page 4: Anno xxxii n° 7 22 febbraio 2015

4 Anno XXXII

22 Febbraio 2015PAG

Dopo il grande Discorso della Pianura, Lctorna a informarci sull’accoglienza che la pa-rola di Gesù riceve da tre persone fra loro tantodiverse: da un centurione pagano, Lc 7,1-10;da Giovanni Battista, 7,18-35; dalla peccatricericonoscente, 7,36-50. Nell’interno di questaserie Luca inserisce la risurrezione di un ra-gazzo di Nain, 7,11-17. Con il ricordo delgruppetto di donne che seguiva Gesù, 8,1-3,Lc termina il cosiddetto “piccolo inciso”, cioèi brani che non hanno il parallelo con il testodi Marco. Questa volta leggiamo Lc 7,1-10.Per il parallelo con Mt 8,5-10; si veda la Seriesu Matteo, n, 42.

1. La frase introduttiva. «Quando ebbe

terminato di rivolgere tutte le

sue parole al popolo che stava

in ascolto, Gesù entrò in Ca-

fàrnao» (Lc 7,1). Riprendequasi parola per parolal’espressione con la quale Mtconclude il Discorso dellaMontagna (Mt 7,28).

2. La decisione del centu-

rione pagano di ricorrere a

Gesù. «Il servo di un centu-

rione era ammalato e stava per morire. Il cen-

turione l’aveva molto caro. 3Perciò, avendo

udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni an-

ziani dei Giudei a pregarlo di venire e di sal-

vare il suo servo. 4Costoro, giunti da Gesù, lo

supplicavano con insistenza: «Egli merita che

tu gli conceda quello che chiede – dicevano –

, 5perché ama il nostro popolo ed è stato lui a

costruirci la sinagoga» (Lc 7,2-5). “Centurione” sta a indicare un ufficiale

dell’esercito romano che comandava circacento soldati. Luca si compiace nel fare un’ot-tima presentazione di questo individuo. E’ unuomo di grande delicatezza, per cui evita – luipagano – di avvinarsi personalmente a Gesùin quanto agli ebrei non era permesso di acco-gliere pagani nelle loro case; per questo siserve di «alcuni anziani dei Giudei», personeinfluenti e in autorità. Lc riporta volentieril’elogio che i richiedenti fanno di quel centu-rione: è in ottimi rapporti con noi ebrei e purebenefico in quanto ci ha costruito «la sina-goga». Non è la sinagoga di pietre bianche cheil pellegrino vede ancora oggi a Cafarnao, maquella di pietre nere che sono ancora in partevisibili sotto le pietre bianche. Lc farà un’ot-tima – e prolungata – presentazione di duecenturioni. Di Cornelio, «centurione della co-orte detta Italica» (At 10,1) che operava a Ce-sarea marittima: «Era religioso e timorato diDio con tutta la sua famiglia; faceva molte ele-mosine al popolo e pregava sempre Dio» (At10,2). E ancora: «Il centurione Cornelio, uomogiusto e timorato di Dio, stimato da tutta la na-zione dei Giudei…» (At 10,22). L’altro è Giu-lio che, durante il viaggio verso Roma per il

processo in un tribunale imperiale, trattò«Paolo con benevolenza» (At 27,3) e, in occa-sione del naufragio, gli risparmiò la vita (At27,42-44). Luca vuole ripetere a noi lettori:«Chi non è contro di voi, è per voi» (Lc 9,50)

3. Signore io non son degno che tu entri

sotto il mio tetto. «6Gesù si incamminò con

loro. Non era ormai molto distante dalla casa,

quando il centurione mandò alcuni amici a

dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono

degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per que-

sto io stesso non mi sono ritenuto degno di ve-

nire da te; ma di’ una parola e il mio servo

sarà guarito. 8Anch’io infatti sono nella con-

dizione di subalterno e ho dei soldati sotto di

me e dico a uno: “Va’!”, ed

egli va; e a un altro:

“Vieni!”, ed egli viene; e al

mio servo: “Fa’ questo!”,

ed egli lo fa» (Lc 7,6-8).Ora il centurione – senzavolerlo – fa di sé stessoun’ottima presentazione colmanifestare i sentimentiprofondi che lo animano,improntati alla fiducia scon-

finata verso Gesù, che chiama Kýrios, Signore,e impreziositi dalla più schietta umiltà. «Di’una parola», eipè lògô, comanda con la Parola,che ti sostituisce.

4. Gesù loda e propone la fede del centu-

rione. «All’udire questo, Gesù lo ammirò e,

volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io

vi dico che neanche in Israele ho trovato una

fede così grande!» (Lc 7,9). Queste parole diGesù convalidano e impreziosiscono tuttequelle cose dette riguardo al centurione e lopromuovono a modello per Israele e la Chiesadi tutti i tempi.

5. Ora il primato va alla Parola, il mira-

colo è in seconda linea. «E gli inviati, quando

tornarono a casa, trovarono il servo guarito»(Lc 7,10). Non ci si aspettava una finale cosìmodesta! Luca vuole che il lettore sposti l’at-tenzione sulla Parola di Gesù. Lungo le pun-tate precedenti, Luca ha ripetutamentesottolineato lo stupore e gli effetti divini che laparola di Gesù suscitava negli ascoltatori.Questa volta Luca aspetta che quella Parola di-vina sia accolta dal lettore nel suo vivere quo-tidiano e, per quanto possibile, vengacomunicata agli altri. Conclusione. Le paroledel centurione: “Signore, non son degno…” leripetiamo dopo l’invito a ricevere la comu-nione. Riscopriamo il legame intrinseco cheintercorre tra Parola e Eucaristia: è la Parolaconsacratoria che ci dà l’Eucaristia|! In con-creto, per esempio, impegniamoci a non arri-vare mai a Messa cominciata; come anche ainteriorizzare nella giornata la Parola procla-mata nella celebrazione.

[email protected]

L’accoglienza del messaggio di Gesù

43. GuARIGIONE dEL SERvO dEL CENTuRIONE

dOMENICA 22 FEBBRAIO

Ore 11.15 Acquaviva PicenaParrocchia S. Niccolò: S. Messa per la festa dell’Anziano

LuNEdì 23 FEBBRAIO

Ore 20.45 San Benedetto Tr. - Biancazzurro: Incontro di formazione per i Diaconi

MARTEdì 24 FEBBRAIO

Ore 19.15 Grottammare Chiesa di S. Agostino:S. Messa per il decennale della mortedi d. L. Giussani

vENERdì 27 FEBBRAIO

Ore 16.00 San Benedetto Tr. - Cattedrale: Confessioni

Ore 21.00 Cupra MarittimaStazione quaresimale

SABATO 28 FEBBRAIO

Ore 10.30 San Benedetto Tr. - Ospedale “S. Maria del Soccorso”: Inaugurazione U.O. Chirurgia generale

Ore 16.00 Zona ind. Acquaviva Roland: Tavola Rotonda “Lavoro libero e creativo”

Impegni Pastorali del Vescovo daL 22 febbraio aL 1 marzo 2015

Nel corso degli ultimi mesi si sono intensificati gliincontri istituzionali tra Sua Ecc. Mons Giovannid'Ercole e i non udenti del territorio, rappresentatidall'Ente Nazionale Sordi, Sezione Provinciale diAscoli Piceno e dal MAS Marche, il MovimentoApostolico Sordo. Momenti di incontro preziosi,nel corso dei quali è stato possibile spiegare ad uninterlocutore d'eccezione e particolarmente inte-ressato, come la sordità, generando isolamento so-ciale, sia responsabile della scarsa partecipazionedei fedeli, impossibilitati a seguire le SS Messe, epiù in generale, a partecipare ai momenti di for-mazione religiosa, come la catechesi. Si è affron-tata anche un’altra questione molto importante ecioè il valore sociale della Diocesi in termini di in-

tegrazione, e quindi la grande perdita che deriva al sordo dal non riuscire ad essere parte attiva epropositiva delle iniziative parrocchiali, cuori pulsanti della comunità religiosa. L'incontro con ladelegazione provinciale dell' ENS di Ascoli Piceno e quindi con il Presidente Alessandro Ma-lizia, ha offerto una panoramica sulle differenti barriere di comunicazione esistenti, cui corrispon-dono differenti tipi di sordità e un elenco di soluzioni su come abbattere queste barriere, rendendodefinitivamente fruibili i momenti di incontro nella diocesi. Figure professionali, ovvero interpretidi Lingua dei Segni Italiana e strumenti tecnologici, ovvero sottotitolazione in simultanea e pro-iezione dei testi, ma anche Impianto di Amplificazione ad Induzione Magnetica. La sordità è unfenomeno che non riguarda solo gli associati dell'Ente Nazionale Sordi, cioè le persone nateo divenute sorde in età evolutiva. Si tratta di un fenomeno molto più diffuso, soprattutto se siguarda agli anziani, inesorabilmente protagonisti di queste esperienze di isolamento e proprio nelperiodo più fragile del percorso esistenziale. La risposta di Sua Eccellenza Mons.Giovanni d'Ercolenon ha tardato ad arrivare. Anzi, proprio il 1 Gennaio, in occasione della Tradizionale S. Messadi inizio anno, alla presenza dei sordi del territorio e di un'interprete LIS che ha tradotto in Linguadei Segni la funzione, è stato ufficializzato l'intento della diocesi di rendere accessibili le S.Messe della Cattedrale, sia mediante la presenza di un'interprete LIS che attraverso la proiezionee sottotitolazione in simultanea, con promessa di attivarsi anche per l'installazione di un Impiantoad Induzione Magnetica, tecnologia presente in diverse cattedrali europee e in Italia a Genova,attraverso cui è possibile migliorare la capacità di ascolto ai sordi protesizzati . Un sentiero apertodunque, che il tempo perfezionerà, con l'obiettivo di arrivare a rendere accessibili tutte le funzioni.Per ora, saranno garantite tutte le S. Messe delle 1° Domeniche del Mese e quelle più importanti(ore 11,30), grazie alla collaborazione di Sandra Felicioni - interprete professionista ANIOS - perla traduzione in LIS e all'Ente Nazionale Sordi per la proiezione dei Testi. L’ANIOS è associazioneinterpreti di lingua dei segni italiana che garantisce professionalità alla figura dell’interprete LIS;è membro dell’EFSLI, European Forum of Sign Language Interpreters, ed è inserita nell’elencodelle associazioni professionali che rilasciano l’attestato di qualità istituito dal Ministero delloSviluppo Economico ai sensi della legge n. 4/2013. In data 12 Gennaio infine, l'Episcopio ha ospi-tato una delegazione del MAS, Movimento Apostolico Sordo Marche e Abruzzo il quale, incollaborazione con l'ENS ha scelto la location ascolana per la tradizionale celebrazione della Do-menica delle Palme, il 29 Marzo 2015. L'isolamento culturale che nel corso degli anni ha subito

la persona sorda, spesso af-fidata agli istituti per sordi,allora denominati "sordo-muti", non ha impedito lacrescita spirituale, grazie aMovimenti come il Mas,che, adeguando i contenutireligiosi alle esigenze di co-municazione, si è fatto pro-motore del percorsoformativo spirituale delsordo. La presenza diPadre vincenzo di Blasio,

Assistente Ecclesiastico Nazionale del Movimento, ha chiarito a Sua Eccellenza D’Ercole, lematrici culturali e i dettagli operativi della tradizionale "Pasqua del Sordo", che da oltre ventianni si organizza nelle principali città differenti della Penisola, radunando annualmente centinaiadi sordi da tutta Italia, e che per il 2015 sarà ospitata nella diocesi Ascolana. Dunque, la cittàdi Ascoli - non mancherà la tradizionale collaborazione con il Comune di Ascoli Piceno che hagià offerto la propria disponibilità - la Diocesi di Ascoli e la comunità tutta, è pronta ad accoglierei sordi. Un ringraziamento particolare alla sensibilità di Sua Eccellenza Giovanni d'Ercole, peressere arrivato con modestia ed umiltà di ascolto delle esigenze specifiche dove non tutti riesconosempre ad arrivare.

Proprietà: “confraternita SS.mo Sacramento e cristo Morto”

Via Forte - S. Benedetto del Tr. (AP) REGISTRAZIONE TRIB. DI AScOLI PIcENO N. 211 del 24/5/1984

DIR. RESPONSABILE: Pietro Pompei [email protected] REDAZIONE E AMM.NE 63074 S. Benedetto Tr. (AP) Via Forte, 16 - Tel. 0735 581855 (int. 2-5)

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Anche i sordi della provincia di Ascoli Picenoavranno un’assistenza spirituale

Page 5: Anno xxxii n° 7 22 febbraio 2015

5Anno XXXII

22 Febbraio 2015 PAG

Don Ulderico Ceroni

Caro Papa Francesco, mi chiamo Junes ti scrivo queste parole per ringraziarti dei saluti che ci hai inviato tramite il vescovo. Io ti invidio per tutto il bene che fai. Ti ammiro perché riesci anche, con poche parole, a tirare su il morale della gente che sta veramente in difficoltà, e lo fai anche con una telefonata.Io credo che bisogna ascoltare i detenuti, tutti e non solo buttarli in cella oppure farli andare ai corsi vari o in palestra, oppure quando urlano dargli le punizioni.Penso che bisogna ascoltare cosa hanno dentro che li fa stare male e vedere se c'è qualcosa che si può fare. Per aiutare un detenuto, non dobbiamo guardare se è nero, se è giallo, se è bianco, ma dobbiamoguardare solo il suo problema.

Tanti saluti Caro Papa Francesco da Junes

CARISSIMO PAPA FRANCESCO,

LE SCRIVO PER RINGRAZIARLA DEI SUOI SALUTILei è un grande supporto per tutti coloro che si trovano in situazioni spiacevoli, il suo sorriso, la sua

semplicità sono avvolgenti. Le chiedo umilmente di essere presente con la preghiera affinché il potere

divino sia al fianco di ogni prete, nel mio caso vicino al cappellano del carcere, cosicché sia capace di

risolvere con diligenza ogni situazione. Sono davvero felice di scriverle questa lettera perché cosi

posso informarla della grande stima che nutro nei suoi confronti e posso anche complimentarmi con

Lei dei bellissimi gesti che fa e che allietano ogni persona. Il mondo non è mai stato perfetto ma

ultimamente ci sono problemi moto seri e difficili da risolvere. Sappia che io credo in Lei e credo nelle

sua capacità, che sono enormi. Le auguro con tutto il cuore che la vita le sorrida sempre e che Dio le

sia vicino nelle sue grandi imprese e anche nei problemi e preoccupazioni personali, spero un giorno

di poterla incontrare e dirle tutto questo di persona anche se mi basterebbe stringerle la mano,

abbracciarla e incrociare il suo sguardo per un secondo.

Carissimo Papa Francesco le invio un abbraccio forte forte e distinti saluti Alessio

L'udito è una cosa incredibile, ci aiuta a vivere con tutto ciò che ci circonda.Sentire lo scricchiolio di una sedia, un passo, un ticchettio..è INCREDIBILE...anche se questi suoni nonmi ricordano il caos della vita fuori dal carcere, con tutti quei rumori assordanti che a volte sembrano unasinfonia tra alti e bassi. La vista è una cosa meravigliosa basta chiudere gli occhi per rendersi conto diquale potere abbia. Gabriele

dal carcere di marino del Tronto

Lettere a Papa Francesco

... pensieri sparsi

IL DESERTO

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6 Anno XXXII

22 Febbraio 2015PAG

Mentre i bambini nella grande aula del palasport giocavano elanciavano grida di divertimento, due donne al piano di sopra siconfidavano pensieri, affondavano con le parole negli angoli delcuore di una di loro, una dolce signora i cui occhi non smettonodi brillare nemmeno per un attimo, nonostante tutto quello cheabbiano veduto: droga, prostituzione, vite sprecate, violenza.Suor Charo parla di quello che si trova a vivere ogni giorno comese fosse per nulla straordinario, come se fosse il lavoro di tuttiquello di andare in strada a ridare una spe-ranza alle ragazze che non ne hanno maiavuta. Suor Charo e le sue sorelle, le suoreOblate, vogliono far sentire alle ragazze pro-stituite o tossicodipendenti l’abbraccio di Dioche loro per prime hanno sentito tempo fa eche sentono ancora vivo su di sé. «Le suoreOblate hanno soltanto questo carisma: acco-gliere e accompagnare la donna prostituita,impegnandosi a cambiare il contesto nel qualeè nato questo disagio. Bisogna lottare control’ingiustizia e le regole del sistema che creanoquesto malessere», dice suor Charo. Potendoriassumere l’intervista in una parola, si po-trebbe scrivere “verità”: suor Charo è unadonna vera ed è di Cristo, che non si stanca mai di sostenerla einfonderle il coraggio che le serve per compiere la sua missione.Suor Charo, quando è arrivata a San Benedetto del Tronto?Sono stata a Grottammare dal 1987 al 1997, avevo a che farecon i tossicodipendenti. Mi ha chiamata un giorno il vescovoChiaretti, una persona molto sensibile; rimase colpito dalle vi-cende delle ragazze di strada e sapendo che c’era una congrega-zione che aveva come carisma questo ha voluto la nostrapresenza in diocesi. Mentre prima noi lavoravamo per strada, inpiazza, portavamo i tossicodipendenti a curarsi nelle strutture,ora abbiamo una casa d’accoglienza dove portiamo una volta asettimana le ragazze di strada. Così loro sanno che ci siamo e sehanno bisogno di qualcosa possono contattarci. Possono venirea casa a riposarsi e vedere di sistemare i loro documenti perchémolte sono clandestine: in questo ci aiutano le forze dell’ordine.Cosa dite alle ragazze di strada?Di rado le ragazze ci trattano male: quando lo fanno è perché c’èqualcuno che le sta controllando o perché non possono perderetempo e ci dicono di andare via, ma la sera dopo si fermano aparlare con noi, dipende dal momento in cui capitiamo. Chie-diamo loro se hanno bisogno di qualcosa, di essere portate daldottore, diamo loro il nostro numero di telefono e se vogliono cicontattano.

È una situazione a rischio quella che vivete? È pericolosoavere a che fare con queste ragazze controllate da delin-quenti?Facile non è ma non è quello che ci preoccupa più di tanto. Al-l’inizio era più duro: a me personalmente hanno minacciato dimorte ed è brutto perché almeno per una settimana quandouscivo di casa vedevo una faccia strana che mi metteva paura.Quando avevo paura pensavo: “Mi sono fatta suora per fare que-

sta missione. Se devo morire non succedeniente, vuol dire che questo devo fare”. Come è cominciato il suo percorso di fede?Sono originaria delle Isole Canarie e la mia èuna famiglia credente. Si faceva molta caritànel mio paese, si aiutavano le persone. Ri-cordo che mia madre una volta aiutò unadonna, la quale si era sentita male nella notte:mio fratello aveva portato la donna dal dottoree per un po’ di giorni mia madre le aveva datoil latte e le uova delle nostre capre e galline.Poi è venuta a sapere che la donna aveva avutoun aborto che le aveva provocato un‘emorra-gia. Mia madre preoccupata pensava: “E secon le mie cure le avessi procurato del male?”.

Mia madre non poteva sapere il motivo del malessere delladonna, sapeva solo che era una persona che stava male e andavacurata. Vedere questo in famiglia fa molto bene ai figli, perchécresci nella sicurezza che l’altro merita un aiuto, qualunque cosaabbia fatto. Questa è la lezione più importante che ho ricevutodalla mia famiglia.Come si è fatto sentire il signore dentro di lei?Gesù si è fatto sentire molto presto. Mia madre era incinta di miasorella e io avevo 5 anni. Un giorno vedo passare una suora perstrada: io e mio fratello eravamo in casa, con la porta aperta e ioda dentro lo potevo vedere che giocava appena fuori dalla porta.Io non sapevo che la donna fosse una suora e quando questa siavvicinò al bambino e cominciava a fargli le boccacce, mi pre-occupai e andai subito a chiamare mia madre che era al fiume alavare i panni, non lontano da lì. Le dissi che una signora si vo-leva portare via il bambino e lei si precipitò da lui. Non dimen-tico la faccia di mia madre quando ha visto che la donna in realtàera una suora! Si è girata verso di me, mi ha sorriso e mi ha detto:“No, quella donna non si vuole portare via il bambino, quella èuna suora”. E io le chiesi: “E che cos’è una suora?”, “Le suoresono delle donne che fanno del bene ai bambini, agli anziani einsegnano a scuola”, mi rispose. In quel momento (avevo 5 anni)io ho desiderato essere così: aiutare gli altri. In tutti i momentiimportanti della mia vita questo è stato il mio leitmotiv, pensavo

di essere come quella suora. Alle Canarie ho incontrato le suoreoblate, perché loro andavano in giro per i Paesi a chiedere l’ele-mosina. Invitarono una mia vicina al loro collegio: non si entravanecessariamente per farsi suora, si poteva anche solo studiare.Entrai anch’io in convento e dopo un anno che stavo lì io nondissi ai miei genitori che volevo diventare suora, dissi loro chemi piacerebbe studiare, perché lì si studiava gratuitamente e imiei genitori non potevano permettersi di mandarmi a scuolaperché eravamo 5 figli. Con questa “scusa” quindi sono entratain collegio.I suoi genitori hanno accettato di buon grado questa suascelta?All’inizio mio padre ha detto di no, lui avendo vissuto la guerraspagnola era spaventato a quest’idea perché in caso di guerra isacerdoti e le suore sono i primi a cadere. Io gli ho risposto: “Vabene, voi amate i figli, volete la felicità per loro, ma quando laloro felicità non corrisponde con la vostra, a voi non va bene”.Ho pianto tanto quel giorno e dopo la discussione sono uscita dicasa. Quando sono rientrata mia madre mi ha confidato cheanche mio padre aveva pianto (io al pensiero mi commuovo an-cora oggi). Poi egli mi ha sussurrato: “Se è questa la tua felicità,vai in convento” e mia madre ha aggiunto: “Io che ho aiutato aconvincere tuo padre a lasciarti andare adesso mi pento!”. In quale territorio operate?In Italia operiamo nella provincia di Ascoli Piceno, ma siamomolte poche e ci siamo invecchiate. A San Benedetto abbiamoun istituto vicino l’ospedale: con noi ci sono 7 ragazze, le qualicercano di superare il trauma della prostituzione. Le ragazzesono africane, dell’Europa dell’est ma c’è anche qualche italiana.C’è qualcuna che è riuscita a scappare da quel mondo?Sì ce ne sono molte. E poi dove vanno? Vengono da voi o scappano?Qualcuna anche se scappa da quel mondo rimane qui, perché unavolta che è al sicuro i suoi ex protettori non si fanno vivi. Io sonostata nove anni a Cividale (UD) e sono passate quasi 200 donne.Molte di loro, almeno cinquanta, mi contattano ancora. Ieri peresempio mi ha chiamato una ragazza che non sentivo da cinqueanni e che ora sta al Sud. Mi ha mandato le foto delle torte cheha fatto, della carne del pesce che cucina; ogni tanto le ragazzemi mettono al corrente della loro vita.Potendo riassumere la sua opera in una parola quale sa-rebbe? Cos’è che la spinge ad andare lì ogni giorno?Penso che quello che faccio sia un completarmi. Penso cheognuno a seconda della propria libertà, capacità e anche voca-zione si esprima e si realizzi in un modo di fare: questo è il mio,quello di accompagnare queste donne.

Testimoni di vita consacrataSuor Charo: “L’altro merita un aiuto, qualunque cosa abbia fatto”Intervistiamo suor Charo, dell’ordine delle Oblate, sulla sua vita e vocazione ad aiutare le ragazze di strada Di Floriana Palestini

Confesso subito la difficoltà nel dover rovistare tra isentimenti, per cercare quelli adatti per esprimere lamia ammirazione per un apostolato come quello chesvolgono le Oblate del SS.mo Redentore, tra mille dif-ficoltà e pericoli. Le ho conosciute per caso e sonconvinto che molti cristiani della nostra diocesi nonsanno neppure della loro esistenza, non solo tra noi,ma in senso assoluto. La mia storia religiosa, nono-stante l'accumularsi degli anni, non aveva neppure im-maginato che vi potessero essere delle donne capacidi tanta abnegazione e coraggio nel portare in certi am-bienti il linguaggio del vangelo. Si è squarciato il velodella mia "omertà" cristiana, abituata a ghettizzarecerto male dal quale era bene che il cristiano si tenesselontano. Siamo cresciuti con il catechismo del "nonfare" e quando mi fu detto quello che queste suore fa-cevano, la mia meraviglia che sostituì l'incredulità,ebbe bisogno di alcuni giorni prima di riordinare leidee. Trovai che quelle donne ammassate sotto i pontidella superstrada, avevano un'anima con tante poten-zialità di salvezza e tanti travestiti che sfuggivo comepeste, avevano dei sentimenti; anche i tossici avevanobisogno di una buona parola; certe malattie non face-vano più spavento, in una disperazione condivisa.Non ricordo se nel frattempo qualcuno aveva scritto il"diario di un povero cristiano", io tale mi sentii con lesicurezze delle mie belle "pratiche di pietà" che mi fa-cevano guardare lontano, nelle terre di missione, la vo-

glia di aiutare il mio prossimo. E l'unica scusante sitrasformò in domanda:"Ma non avete paura di andarelungo la bonifica, di sedervi attorno ai falò delle pro-stitute per parlare con loro, accogliere le loro confi-denze, visitare i malati terminali, in lotta con l'aids,prendervi carico delle crisi da tossicodipendenza?".Oggi c'è suor Charo, con il sorriso che mai l'abban-dona, a farci ripercorrere la strada delle beatitudini cheilluminarono con tanta intensità il cuore della loro fon-datrice, la Venerabile Antonia Maria della Misericor-dia. Sono trascorsi più di cent'anni dalla morte dellafondatrice delle Oblate del SS.mo Redentore e in que-st’anno dedicato alla vita consacrata, vogliamo daretestimonianza del difficile e rischioso apostolato diqueste suore. È stato giustamente scritto che sono lenuove samaritane del XXI secolo, che praticando ra-dicalmente la parabola evangelica, non ritengono piùsufficiente aprire le porte delle loro case nelle ore de-putate alla carità ed al soccorso, alla stessa educazionee formazione, ma vanno nelle “periferie” tanto care apapa Francesco, portano nelle loro case "i feriti" percurarli o si caricano sulle spalle i loro fardelli di ango-sce e di smarrimenti per non abbandonarli più. Questesuore non aspettano in casa che qualcuno bussi allaloro porta, vanno per le strade per diventare, senzasoste e senza orari, in ogni stagione e tempo, compa-gne di strada e di speranza. e le ho sentite chiederescusa per non averlo fatto prima. Pp

Le nostre suore di trincea- Le samaritane del ventunesimo secolo.

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7Anno XXXII

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Era da un po’ di tempo che ci stavo pensando… a cosa? Secelebrare o meno il mio 25° di Ordinazione Presbiterale… caratte-rialmente sono un po’ introverso, anche se non lo do sempre avedere, e anche per la mia storia personale riflettevo sul cosa avreipotuto fare o avremmo potuto insieme alla comunità parrocchialeche ora mi ospita, questa del Sacro Cuore a Martinsicuro. Poi ungiorno di fine agosto, esattamente il 28, giorno in cui mio padre ri-cordava il suo compleanno, ho scritto una semplice lettera al Papachiedendogli la grazia di poter celebrare a Santa Marta con lui inoccasione appunto di quello che poi sarebbe stato il mio anniversario,il 28 aprile 2015. Ho scritto e imbustato e spedito con una sempliceaffrancatura… I primi di dicembre mi arriva una lettera in bustabianca indirizzata al “Signore Don Patrizio..” Stavo quasi percestinarla senza neanche aprirla: senza mittente e poi quella strana(almeno per me) intestazione. La apro invece.Il segretario particolare del Papa mi diceva che avrei potuto ce-lebrare a Santa Marta il 9 febbraio, lunedì, e che non potevoportare con me altri. Nella mia lettera facevo richiesta di essere ac-compagnato da don Lucasz che era appena arrivato dalla Polonia…ma no, dovevo andare solo. Sono partito per Roma già ladomenica sera e il mattino successivo ero in Vaticano alle 6,15.Troppo presto e le guardie svizzere mi hanno chiesto gentilmentedi aspettare, incuranti del freddo gelido. “Guardie vaticane, ma pursempre svizzere” -mi son detto – “con l’orologio ingoiato!”. Unavolta entrati ci fanno accomodare in una stanza.Ci sono altri confratelli che, come me, stanno aspettando di potervivere questa esperienza. L’orario della Messa arriva. Alle 7 menoqualche minuto ci fanno accomodare, noi presbiteri, in cappella ead ognuno viene dato il suo posto. Non ne siamo tanti, o perlomenoa me non sembra; ad attenderci anche alcuni Vescovi e qualche

Cardinale. Riconosco Sean O’Malley, cardinale cappuccino.Entra il Papa, è solo. Senza ministranti o accoliti o diaconio seminaristi e senza cerimoniere. Va alla sede, moltosemplice, di legno con un leggio. Inizia la Messa, legge l’an-tifona di ingresso e inizia la celebrazione. Mi sono sento acasa: tutto è estremamente semplice e vero. Semplice lacappella Santa Marta e semplice la celebrazione: una cele-brazione vera che mi fa sentire a casa, appunto. Solo che apresiedere c’è il Papa. Ho la grazia di essere collocato inprima fila e fisso intensamente e più volte il Papa cercando,inutilmente, di incrociare il suo sguardo. Il Papa celebra.Tiene la sua omelia dove parla del “lavoro di Dio che è lacreazione di cui noi siamo signori e non padroni”… “per cuil’attenzione a custodire il creato che non è roba da Verdi mada cristiani” … e tutto ciò che poi hanno riportato i giornali.Sono attento alla celebrazione. Nessun “manierismo” oinchino di troppo, niente che non conosca di già. Tutto è sor-prendentemente “normale”. Il Papa poi si comunica e beveal calice e si siede. A distribuire la comunione ai laici presentipensa un prete di una parrocchia romana . A me tocca di attingere ilSangue di Cristo dal calice dove il Papa ha bevuto. So di aver fattoun ragionamento infantile, ma se non ho potuto incrociare il suosguardo, mi dico in quel momento, voglio bere il Sangue di Cristodal suo calice, quasi un voler toccare le sue vesti … Non sapevoche poi il Papa ci avrebbe ricevuti. Terminata la celebrazioneil Papa va in sacrestia da solo e noi usciamo da un’altra parte. Unavolta lasciati i paramenti ci viene nuovamente detto di tornare incappella perché il Papa ci avrebbe salutati e dicono di portareanche quello che avremmo voluto presentargli. “Io non ho portatonulla, non sapevo che avrei potuto farlo… l’unica cosa che ho

chiesto era se dovevo andare in talareo meno. Yoannis, un prete egizianointerprete del Papa per la linguaaraba e al quale mi ero rivolto peravere informazioni sull’abbigliamentoda indossare, mi aveva risposto sbri-gativamente su Whatsapp che potevoandare in clergyman e nient’altro…Arriva il mio turno. Ora gli sguardisi incontrano. Il Papa ha uno sguardobuono. Non sento l’imbarazzo di unosguardo indagatore, che vorrebbescrutarmi. Mi abbraccia. Ho la nettapercezioni che mi abbracci anchecon lo sguardo, con lo sguardo av-volgente di un padre o di un amicovero. Gli vado vicino, non riesco aparlare. Gli dico che celebrerò 25

anni di sacerdozio e lui mi “ringrazia per il mio ministero”, mi in-coraggia “ad andare avanti con gioia” e mi invita  “a pregare perlui”. Gli chiedo di benedirmi e mi inginocchio. Lui pone sulla miatesta le sue mani e mi benedice in silenzio. Mi rialzo, sonocommosso e non so dire niente. Non mi servono le parole, non neconosco di appropriate. So dirgli soltanto “Grazie” e “Preghi perme”. Mi congeda con un sorriso. Uscito fuori di Santa Martapiango. Ripenso ai miei 25 anni di Messa, ai miei errori ed infedeltà.Capisco quanto Dio mi sia sempre stato vicino. E’ tanto, è troppo!Chiamo subito un amico prete e gli dico quanto sto vivendo, poi dasolo me ne torno a casa.E so di non essere solo, e so di volercelebrare il mio 25° di Sacerdozio.

ANCONA – Il pomeriggio di Domenica 8 Feb-braio ha visto il Pontificio Seminario RegionaleMarchigiano popolarsi di una sessantina digiovani provenienti da tutte le Marche, giuntiper vivere assieme il terzo incontro di catechesie preghiera “Nord – Sud – Ovest – Est”. Traquesti anche un gruppo di ragazzi della diocesidi San Benedetto del Tronto, accompagnati daDon Roberto Traini in qualità di direttore delCentro Vocazionale Diocesano. Il tema sceltoper l’occasione è stato “La vittoria di Cristo sulmale”, e si è articolato in momenti e luoghi dif-ferenti. In primis il ritrovo nell’atrio, dopo unabreve fase di accoglienza e fraternità, cui èseguita la visione di una sequenza del film “TheTruman Show” che invitava a riflettere su alcuniaspetti dell’illusorietà di una vita perfetta. Ha

chiosato poi questa tappa la vi-deo-proiezione del versetto 4 delprimo capitolo del Vangelo di Gio-vanni. Di seguito i ragazzi sonostati accompagnati, bendati dai se-minaristi, in auditorium, esercizioche ha anche sollecitato ciascunoa dare una prova di fiducia neiconfronti del proprio accompagna-tore. Dopo un iniziale disorienta-mento dovuto all’atmosfera, volu-tamente cupa, è seguita la lettura di un brano delcapitolo 5 del Vangelo Marco. Con il ritorno poidella “visibilità” per tutti in platea, ha avutoluogo una testimonianza di alcuni ragazzi chevivono nella Comunità Cenacolo, sita a Montorsodi Loreto. Assaporare il racconto di alcuni stralci

di vita di queste persone, è stata permolti una provocazione toccanteche ha fatto emergere la prospettivadi una speranza che è offerta a tuttida Cristo, per mezzo della fede, an-che nei momenti più inaspettati. Lafase conclusiva si è poi svolta nellacappella dove attendeva i convenutiun antico ed espressivo crocifissodel Seminario, illuminato opportu-namente tra le tenebre circostanti.

Questa cornice si è rivelata idonea per la catechesitenuta da Don Claudio Marchetti che, basandosisul brano del Vangelo di Marco 5,6-17 ha illustratocome l’azione salvifica di Gesù sia offerta gra-tuitamente a tutti. I presenti sono stati quindiinvitati a fare un momento di meditazione per-

sonale, dove ciascuno ha potuto rievocare men-talmente un’occasione in cui ha sperimentatol’incontro con Cristo. Al termine poi, in un climapiù gioioso -sottolineato da luci e canti-, sonostate rinnovate le promesse battesimali di rinunciaalle seduzioni del male. A ciascuno è stata con-segnata una piccola pergamena sulla quale eraformulato l’invito “Racconta ciò che il Signoreha fatto nella tua vita …” per continuare in unsecondo momento la propria riflessione, unavolta tornati nella quotidianità. Già la disponibilitànel mettersi in discussione nelle varie tappe, èstata un chiaro segno di apprezzamento dellaserata e nel congedarsi molti ragazzi hannotenuto a ringraziare l’equipe formativa ed i se-minaristi che hanno organizzato l’incontro, espri-mendo le loro risonanze positive. Silvio Giampieri

MARTINSICURO – Parrocchia Sacro Cuore

Don Patrizio Spina nel 25° di sacerdozio celebra con il Papa

Si è chiuso oggi (12 febbraio), a Brindisi, il XIV convegno di pastoralegiovanile con a tema un passo delle “Città Invisibili” di Italo Calvino:“Il cantiere e le stelle”. Nel suo intervento conclusivo, il responsabile delServizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, don Michele Fa-labretti, ha ribadito la necessità di “progettare i processi altrimenti il ri-schio è quello di procedere per tentativi. Il progettare ha a che fare con ilmandato. La famosa pastorale organica intelligente ecoraggiosa non si è declinata in modo omogenea. I ve-scovi sono pieni di mille altri pensieri, ma la pastoralegiovanile deve percepire la linea pastorale per poi pro-grammare il cammino. Noi abbiamo bisogno comeChiesa d’imparare a star dentro ai nostri territori, di stardentro alla Chiesa da fratelli”. Nel corso dei lavori èstato presentato anche il cammino dei giovani italianiverso la Gmg di Cracovia del 2016. A don Falabretti ab-biamo chiesto di tracciare un bilancio del convegno.Quali prospettive di lavoro emergono dai lavori?“Spero che sia emerso il senso del cammino che stiamopercorrendo: l’anno scorso abbiamo riflettuto sul ‘saperessere’ ovvero sulla cura educativa e sullo spendersi per i ragazzi. Oraspendersi per i ragazzi occorre farlo con intelligenza ed ecco quest’annola riflessione sul ‘saper fare’. Tutte queste cose messe insieme devonodiventare un modo di pensare e di fare. Nell’azione educativa dobbiamoragionare in termini di sfide e non di problemi. Lavorare sulla program-mazione significa trovare la strada: il metodo è tracciare un percorso che

permette di fare dei passi. Organizzarsi non è la mania di chi vuol teneretutto sotto controllo, ma è la condizione perché la cura possa tradursi inazioni concrete. Di questo convegno portiamo a casa il processo, le re-lazioni, gli sguardi. Ci prendiamo per mano e la fatica la condividiamocon gli altri”.Programmare, progettare: sono state parole chiave diquesti giorni. Ma che Chiesa vogliamo costruire con i giovani? “È

evidente che non possiamo più fare una pastorale di con-servazione ma siamo chiamati a una pastorale di ‘uscita’,che va verso gli altri e non preoccupata di conservare leproprie strutture. La cura degli altri ci chiede - ed è questala grande frontiera della pastorale giovanile italiana - diconsiderare il giovane nella sua totalità. Intendo dire chenon possiamo salutare il giovane nel giorno della Cresimae dargli appuntamento alla Gmg. Dobbiamo aprire la sfidadell’adolescenza che va verso la giovinezza, domo riem-pire i vuoti che abbiamo lasciato”. In questa sfida laChiesa italiana lamenta un ritardo? “Ci siamo fidati unpo’ troppo dei grandi eventi come la Gmg. Abbiamo cre-duto che questi potessero aiutarci a costruire dei cammini

pastorali. In realtà il nostro faro devono essere le persone con le loro età,esistenze e condizioni. Dobbiamo guardare alle persone e prendercenecura camminando con loro. Poi verranno gli eventi. Quindi niente piùspazio alla pastorale dei “navigatori solitari”? “Non possiamo usarei giovani per rimpolpare le fila della nostra realtà ecclesiale. Questo èfare reclutamento, e i giovani oggi chiedono di essere accompagnati e

non reclutati. Su questo bisogna che la comunità impari sempre più a en-trare in sinergia con le sue varie realtà associative e religiose. Il vero edu-catore è quello che sente di avere un mandato e non pensa di essere unbattitore libero. È finito il tempo di fare educazione per carismi. L’edu-cazione non è un carisma ma un compito che si può assumere ma insiemeagli altri. Tutti son chiamati a lavorare con i giovani. L’educazione è undovere di restituzione di ciò che altri hanno fatto per me”. È indubbio,tuttavia, che i giovani, gravati in modo particolare dalla crisi, sianouna periferia esistenziale cui guardare con estrema sollecitudine,come ripetuto più volte da Papa Francesco… “Non posso non sentirequesta provocazione come vera. Non posso non percepire che il Papa ef-fettivamente sta indicando in ogni fragilità umana un luogo dove andarea vivere e servire. Quindi anche tra i giovani. Sono convinto che non esi-sta povertà più grande che dover crescere perché in questa crescita si ri-schia di restare soli. La speranza è cercare di non lasciare nessun giovanediventare grande da solo”. La Chiesa italiana cammina verso Firenze.Qual è il contributo che può dare la pastorale giovanile al prossimoConvegno ecclesiale nazionale? “Il contributo lo scriveremo insiemenei prossimi mesi. Certamente l’esperienza passata, la vitalità dei nostrigiovani rappresentano una risorsa da spendere in vista di Firenze ma nonda strumentalizzare, come dicevo poso fa, a fini di reclutamento. L’ap-pello non è tanto ai giovani ma soprattutto a chi li educa o chi vuole as-sumersi il compito di educarli. I giovani fanno parte del popolo di Dio enon vanno trattati come un categoria a se stante. La categoria vera è laloro cura, l’educazione”.

TERZO INCONTRO DI CATECHESI E PREGHIERA PER GIOVANI IN SEMINARIO

CONVEGNO CEI "I giovani chiedono di essere accompagnati e non reclutati"Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei: "Siamo chiamati a una pastorale di 'uscita'. La cura degli altri cichiede di considerare il giovane nella sua totalità. Non possiamo salutarlo nel giorno della Cresima e dargli appuntamento alla Gmg". In passato "ci siamo fidatiun po' troppo dei grandi eventi". Invece "dobbiamo guardare alle persone e prendercene cura camminando con loro. Poi verranno gli eventi" Daniele Rocchi

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Roma, 5 dicembre 2014 - Una profonda crisidella cultura sistemica. Siamo una società li-quida che rende liquefatto il sistema. Senza or-dine sistemico, i singoli soggetti sono a disagio,si sentono abbandonati a se stessi, in una obbli-gata solitudine: vale per il singolo imprenditorecome per la singola famiglia. Tale estraneità portaa un fatalismo cinico e a episodi di secessionismosommerso, ormai presenti in varie realtà locali.Lasocietà delle sette giare. La profonda crisi dellacultura sistemica induce a una ulteriore propen-sione della nostra società a vivere in orizzontale.Interessi e comportamentiindividuali e collettivi si ag-gregano in mondi non dia-loganti. Non comunicandoin verticale, restano mondiche vivono in se stessi e dise stessi. L'attuale realtà ita-liana si può definire comeuna «società delle settegiare», cioè contenitori ca-ratterizzati da una ricca po-tenza interna, mondi in cui le dinamiche piùsignificative avvengono all'interno del loro paral-lelo sobollire, ma senza processi esterni di scam-bio e di dialettica. Le sette giare sono: i poterisovranazionali, la politica nazionale, le sedi isti-tuzionali, le minoranze vitali, la gente del quoti-diano, il sommerso, il mondo dellacomunicazione. I poteri sovranazionali. Siamosempre più condizionati dal circuito sovranazio-nale, senza che mai corrisponda alle aspettativecollettive. La finanza internazionale si regola e ciregola attraverso lo strumento del mercato conprocedure che vivono di vita propria, senza in-nervare una reale dialettica con le realtà nazionali.E le autorità comunitarie, con i vincoli cui sonosottoposti gli Stati (direttive, controlli, parametri,patti di stabilità, fiscal compact), comportano unacrescente cessione di sovranità (quasi una suddi-tanza), che spinge a un crescente egoismo nazio-nale e a un continuo confronto duro sui relativiinteressi. La politica nazionale. Non riuscendoa modificare i circuiti di potere sovraordinato, lapolitica è riconfinata nell'ambito nazionale, conla reazione di rilanciare il primato della politica.In una società molto frammentata e molecolare siera creato un vuoto di decisionalità e di orienta-mento complessivo. Su questo vuoto si è costruitaun'onda di rivincita sulla rappresentanza, sui corpiintermedi, sulle istituzioni locali, stimolando cosìuna empatia consensuale. Ma il primato della po-litica rischia di restare senza efficacia collettiva,a causa della perdita di sovranità verso l'alto e nonavendo potere reale verso il basso, perché la vo-lontà decisionale e la decretazione d'urgenza sup-portata dai voti di fiducia non sempre riescono apassare all'incasso sul piano dell'amministrazionecorrente e dei comportamenti collettivi. La poli-tica rischia di restare confinata al gioco della solapolitica. Le istituzioni. Vivono in una dinamicatutta loro: abbiamo grandi enti pubblici vuoti dicompetenze il cui funzionamento è appaltato asocietà esterne di consulenza o di informatica,personale pubblico (anche giudiziario) che sentela tentazione di fare politica o passa a occuparealtri ruoli (di garanzia o di gestione operativa), uncostante rimpallo delle responsabilità fra le di-verse sedi di potere, rincorse infinite fra decisionie ricorsi conseguenti. La giara sobolle in pienainefficacia collettiva. Le minoranze vitali. Imedio-piccoli imprenditori concentrati sull'exporte sulla presenza internazionale nel manifatturiero,ma anche nell'agroalimentare, nel turismo, nel di-

gitale, nel terziario di qualità, costituiscono un in-sieme variegato che si è rivelato molto competi-tivo. Tendono però a non fare gruppo.Preferiscono vivere ancorati alle loro dinamicheaziendali, con una durezza della competizioneche alimenta il loro gene egoista, riducendo le re-lazioni verso l'esterno. I vari protagonisti si sen-tono poco assistiti dal sistema pubblico, cosìaumenta il loro congenito individualismo e si ri-ducono le loro appartenenze associative e di rap-presentanza. La gente del quotidiano. È un altromondo che vive di se stesso. Qui non c'è mobilità

verticale, né perseguita sin-golarmente, né espressa inaggregazioni intermedie(sindacali, professionali,sociali). C'è una sospen-sione delle aspettative. Èun terreno dove possonoincubarsi crescenti dise-guaglianze e imprevedibilitensioni sociali. Emergesolo la voglia dei nuovi di-

ritti nella sfera individuale, con rivendicazionisoggettive (il diritto di avere un figlio anche inetà avanzata, alla dolce morte, ad avere un matri-monio di tipo paritario) che però riguardano unaminoranza attivista incapace di indurre grandi tra-sformazioni sociali, come era invece avvenutonegli anni '70 (anni di grandi battaglie sui diritti,ma anche di grandi desideri collettivi). Il som-merso. Consente a famiglie e imprese di reggere,è il riferimento adattativo di milioni di italiani.C'è una recrudescenza della propensione di tuttia nascondersi, proteggersi e sommergersi, che ri-guarda l'occupazione, la formazione del reddito,la propensione al risparmio, anch'esso sommerso,in nero, cash. Il mondo del sommerso rinforzacosì l'estraneità alle generali politiche di sistema.I media. Incardinati al binomio opinione-evento,i grandi media si allontanano dal rigoroso man-dato di aderenza alla realtà e di sua rappresenta-zione. E i media digitali personali rispondonosempre più alla tendenza dei singoli alla introfles-sione. La pratica diffusa del selfie è l'evidenza fe-nomenologica della concezione dei media comespecchi introflessi piuttosto che strumenti attra-verso i quali scoprire il mondo e relazionarsi conesso. La politica sia arte di guida. Le sette giarevanno connesse tramite una crescita della politicacome funzione di rispecchiamento e orienta-mento della società, come arte di guida e non coa-zione di comando, riprendendo la sua funzione dipromotore dell'interesse collettivo, se si vuoleevitare che la dinamica tutta interna alle settegiare porti a una perdita di energia collettiva, auna inerte accettazione dell'esistente, al consoli-damento della deflazione che stiamo attraver-sando. Una deflazione economica, ma anchedelle aspettative individuali e collettive, della mo-bilità verticale individuale e di gruppo, della rap-presentanza degli interessi, della capacità digoverno ordinario (malgrado la proliferazione de-cretizia di tipo verticistico). E di fronte al pro-blema del capitale inagito del Paese, il Presidentedel Censis, Giuseppe De Rita, richiama le paroledel frate francescano Bernardino da Feltre: «Mo-neta potest esse considerata vel rei vel, si movi-mentata est, capitale». È la prima volta che iltermine «capitale» con logica di «moneta movi-mentata» entra nella cultura occidentale, qualchesecolo prima di Marx e di Weber: se le risorse li-quide non si movimentano, restano sterili, sonosolo cose.

CIR: ENNESIMA TRAGEdIA, SOLITE RESPONSABILITA’

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati – CIR è sconcertato dalle no-tizie che disegnano ora dopo ora un quadro sempre più drammaticodell’ennesima tragedia nel Mediterraneo. “E’ evidente che le forzemesse in campo a livello europeo con l’Operazione Triton sonoassolutamente insufficienti a fronteggiare i numeri sempre più ele-vati di persone che cercano di raggiungere le coste europee: il man-dato è più ristretto - i suoi mezzi di soccorso non si spingono piùin acque internazionali e libiche - e la sua dotazione finanziaria èsolamente 1/3 di quella che l’Italia ha stanziato per Mare Nostrum.Il soccorso in mare deve essere assolutamente potenziato, riportatoai livelli che l’Italia ha garantito sino a novembre” dichiara Chri-stopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati. Ancheperché gli arrivi via mare non si stanno fermando: nel solo mese di gennaio 2015 sono sbarcatiin Italia 3.518 migranti, 1.400 persone in più di quelle arrivate nello stesso periodo dello scorsoanno. Inoltre sempre più difficili e precarie sembrano le condizioni in cui i migranti sono costrettia viaggiare. E’ evidente che un forte investimento deve essere fatto ancora in materia di salvataggioe soccorso in mare, sia a livello nazionale che europeo, rinforzando gli strumenti oggi messi incampo. “Crediamo però che il salvataggio in mare, per quanto necessario, non possa essere l’unicarisposta. Debbono essere messe in atto misure di ingresso protetto che diano ai rifugiati alternativeconcrete all’unica disponibile ora, ovvero quella di mettersi nelle mani dei trafficanti di morte.”Continua Christopher Hein “Stiamo parlando di misure ben precise che potrebbero essere realiz-zate con cambiamenti a livello nazionale e comunitario: dal rilascio di visti umanitari, all’aperturadi programmi di reinsediamento e canali umanitari, all’attivazione di sponsorizzazioni fino allapossibilità di chiedere asilo dal territorio di paesi terzi. Passi necessari per salvare migliaia di viteumane, altrimenti l’unica cosa che ci resta da fare è aspettare la prossima annunciata tragedia delMediterraneo”. UFFICIO STAMPA CIR Valeria Carlini

La tragedia di Lampedusa è inac-cettabile.  Ancora una volta l’Eu-ropa può solo provare a contare imorti, uomini, donne,  bambini,privati oltre che della vita dellastessa identità. Non ci è dato saperecon precisione quale fosse la lorocittadinanza, né come si siano im-barcati alla ricerca di una nuovavita. Sappiamo però alcune cose e su queste vo-gliamo fare sentire la nostra voce. La prima. Perstessa ammissione della portavoce di “Frontex”,Isabella Cooper, fin tanto che il mandato di “Tri-ton” resta solo quello di offrire assistenza tecnicaagli stati membri sul pattugliamento delle fron-tiere “non ci si può aspettare di più”. La verità èche dopo “Mare Nostrum”,  non esiste nel Me-diterraneo un sistema di protezione e soccorso.Ciò è inaccettabile. Uniamo il nostro sdegno aquello di tante realtà della società civile italianache chiedono una grande mobilitazione europeaper assicurare un sistema di protezione e soc-corso.  In assenza di tale misura la commozioneassume le spiacevoli sembianze della retorica.La seconda. L’Europa non può assistere impo-tente alla disgregazione della Libia. Questopaese va aiutato, politicamente e tramite unpiano pluriennale di cooperazione internazio-

nale, a stabilizzarsi, a ricomporre il suo tessutosociale e istituzionale, ad essere un partner cre-dibile dell’Europa anche nella gestione dei flussimigratori, nel pieno rispetto dei diritti umani edel diritto all’assistenza umanitaria. La terza.Tra i morti vi sono molti cittadini di paesi afri-cani che scappano dalla dittatura, dalla persecu-zione, dalla repressione, dalla guerra civile.Anche in questo caso chiediamo più Europa,maggiore e più incisiva condizionalità degli aiutiai governi al soddisfacimento di standard accet-tabili di democrazia e rispetto dei diritti. Chie-diamo inoltre che vengano stabiliti canali sicuriper i richiedenti asilo, nel rispetto del dirittoumanitario. Il rispetto per i morti e per le loro fa-miglie ci impone di fare tre passi avanti nelle di-rezioni indicate, altrimenti tragedie come quelladi questi giorni sono destinate a ripetersi. Nonpossiamo accettarlo.

Le «Considerazioni generali» del 48° Rapporto Censis(Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socioeconomica fondato nel 1964)

sulla situazione sociale del Paese/2014Il Paese delle sette giare c'è una profonda crisi della cultura sistemica. Poteri sovranazionali, politica na-zionale, istituzioni, minoranze vitali, gente del quotidiano, sommerso e comunica-zione sono sette mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi in unparallelo sobbollire. La politica sia arte di guida.

LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA NON E' ACCETTABILE!

Suor Anna Maria - 1° anniversario della nascita in cielo.

Rotella - 14 febbraio: è giorno di festa! E’ un anno chesei andata in Cielo, un anno che il Signore ti ha tuttaper se. Certo non si può negare quell’umana nostalgiadel tuo sorriso e delle tue parole, sempre così maternee colme di incoraggiamento, ma questo velo di tri-stezza non può coprire la gioia di saperti nella Verità enell’Amore. La tua presenza nelle nostre vite è tangi-bile e spesso ci ritroviamo a parlare di te e di cosa avre-sti fatto in questa o quella occasione…. “Eh, se ti vedesse Suor Anna!” E’ una frase che ripetospesso alle mie (tue) figlie, perché sei per tutti noi unesempio di vita, una severa ed amorevole presenza, checi osserva, ci guida, ci indica la via. No, la nostra fa-miglia non vive nel tuo ricordo, ma nella tua presenza. Ti vogliamo bene, Suor Anna!

Rossana Albino Angelica e Rachele

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da montalto marche a cura di Lauretanumda ripatransone a cura di Silvio Giampieri

IMPARIAMO A CONOSCERE LA STORIA DELLE NOSTRE PARROCCHIE

Fu però il secolo XIX a vedere dapprimail decadimento e poi, come spesso ci in-segna la storia, la rinascita della Comu-nità monastica clariana montaltese. Lalegge della soppressione generale di tuttigli Ordini religiosi del 10 giugno 1810segnò indelebilmente la storia della Co-munità di Santa Chiara di Montalto, cheper evitare di essere sciolta aprì per al-cuni anni, all'interno del Monastero, uneducandato femminile. Soltanto nel 1853 Monsignor Eleonoro Aronne, Vescovo diocesano, potéripristinare la stretta osservanza della Regola e della Clausura papale. Con la soppressione italianadel 1° aprile 1864 le Monache, per disposizione del Demanio, furono espulse dal Monastero, chefu messo all'asta con quanto vi era all'interno. Le Monache, soggiornarono per ben dodici anni,ospiti della Contessa Paradisi, nella villetta del Romitorio, situata sempre a Montalto. Il ritornoin pieno possesso del loro bene avvenne allorché il Signor Nicola Pasqualini, consorte della stessaContessa Paradisi, nel 1876, riscattò l'edificio monastico di Santa Chiara, versando alla cassa de-maniale una cospicua somma di denaro. Attraverso un finto atto di vendita esso venne restituitoalle Monache, che il 23 settembre rientrarono definitivamente nel Monastero costituendo, secondole leggi del tempo, una “Pia Società”: erano dodici coriste e sei converse. Dato lo stato di rovinadel caseggiato e lo squallore in cui vennero a trovarsi in pochi anni morirono quasi tutte, rimanendosolo in numero di tre. Nel 1893 però tale Anna Menini di Ferrara arrivò nelle Marche e decise difarsi Monaca a Montalto, seguita da altre sue coetanee, e la Comunità, ormai quasi estintasi, si ri-popolò. Nel 1951, sotto il Papa Pio XII, la Comunità poté finalmente definirsi “Ente religioso”.Alla fine degli anni cinquanta, e per quasi tutti i sessanta, le Monache, spinte da necessità econo-miche, furono costrette a chiedere la Clausura costituzionale per poter gestire un pensionato perbambine in età scolare. Clausura papale che poi tornarono ad abbracciare con fedeltà e impegno,dal momento che il 4 ottobre 1958 nacque la Federazione “Santa Chiara” delle Monache Clarissed’Italia, sotto la guida dei Frati Minori Conventuali. Il Monastero di Montalto vi entrò da subitoa farne parte, e oggi, grazie anche alla presenza di Monache provenienti da altri continenti, puòvantare nuovamente un numero pressoché costante di dieci religiose.

IL VESCOVO CARLO VISITA GLI AMMALATI IN OCCASIONE DELLA NOVENA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES A RIPATRANSONE

Nel contesto della Novena in onore della Ma-donna di Lourdes, svoltasi presso la chiesa diSanta Maria della Valle di Ripatransone, nel po-meriggio di Lunedì 9 Febbraio, c’è stata la gra-dita partecipazione del nostro Vescovo CarloBresciani che ha voluto condividere una tappa diquesto cammino spirituale con i fedeli ripani. Inmodo molto opportuno quest’anno si è pensatodi collocare in questo periodo di preghiera, unavisita del nostro pastore diocesano presso il lo-cale RSA, verso le ore 16,00 del pomeriggio, non

scoraggiata nemmeno dalle avverse condizioni atmosferiche. In questa struttura sono infatti ospitialcuni malati che versano in varie condizioni di lungodegenza, ed il Vescovo Carlo ha potuto cosìportare loro una parola di conforto tangibile ed al tempo stesso ha avuto occasione di amministraread alcuni il sacramento dell’unzione degli infermi. Come ha ricordato Papa Francesco in una suacatechesi sui sacramenti della vita cristiana, si tratta di una prassi che era già in Atto al tempodegli Apostoli e descritta nella lettera di Giacomo (5, 14-15) nella quale è possibile sperimentarela vicinanza di tutta la chiesa per mezzo dei suoi ministri, nel momento della tribolazione fisica.Al tempo stesso il Pontefice ha invitato tutto il popolo di Dio a non concepirla come il preludiodella morte, ma bensì come il segno tangibile della vicinanza di Cristo e dell’appartenenza a Lui,suggellata appunto con l’unzione -come per altri sacramenti-, di coloro che si trovano nella ma-lattia e nella sofferenza, sperimentando per questo ancora più forte l’unione alla Sua passione.Dopo questo momento di incontro con i più deboli il Vescovo si è recato nella suddetta chiesa perpresiedere la celebrazione eucaristica, molto partecipata, come del resto tutti gli appuntamenti diquesto periodo speciale. Assieme ai fedeli il presule si è poi raccolto nella piccola “grotta” edificatain una cappella, per esprimere una supplica ai piedi della Vergine, affidando così tutti i sofferential suo Cuore Immacolato. L’augurio per tutti è di vivere il tempo della memoria liturgica dellaMadonna di Lourdes con una rinnovata attenzione a chi si trova in condizioni di bisogno, conse-gnando con fiducia tutte le preoccupazioni terrene nelle mani di Maria.

Talk e laboratori creativi il 28febbraio 2015, dalle ore 16.00alla Roland DG

Il MLAC della diocesi di SanBenedetto del Tronto ha iniziatoun percorso da qualche anno,proponendo alcuni incontri for-mativi sul tema del lavoro cheesprime la dignità di ogni per-sona umana e il bene comune.Occasioni dove poter approfon-dire e confrontarsi, per formarea una nuova cultura del la-

voro. La consapevolezza forte èche tale cambiamento culturaleè possibile solo impegnandoci,con disponibilità e competenza,insieme, anche per trovare unlinguaggio comune, in un dia-logo ma anche in un mettersi inmovimento che sia intergenera-zionale, giovani e adulti.Il prossimo 28 febbraio 2015stimolati dalle parole di papaFrancesco che definisce "il lavoro libero, creativo, par-tecipativo e solidale" (dall'enciclica Evangelii Gaudium)si propone un talk a più voci, dalle ore 16.00. L’incontrosi svolgerà presso un luogo di lavoro: la sede della RolandDG nella zona industriale di Acquaviva Picena, azienda chesi occupa di di periferiche per la stampa, stampa&taglio,incisione e modellazione. L'obiettivo è riscoprire il lavorocome espressione della persona umana, ambito in cui fio-riscono i talenti, dà dignità e contribuisce allo sviluppo in-tegrale. La creatività della persona, le condizioni che nefavoriscono l'espressione (cultura, esperienza, laboriosità,valorizzazione delle capacità delle persone), l’innovazionesaranno al centro dell'attenzione. Un percorso in cui “il la-voro è compimento della persona, della sua creatività” traproposte concrete di formazione in dialogo con l’universitàgrazie agli interventi del responsabile del Consorzio Uni-versitario Piceno Pierluigi Raimondi e il professore AlbertoFelici dell’UNICAM, ma anche un’esperienza di atten-zione alla formazione e alla promozione sociale come laFondazione Lavoroperlapersona con sede a Offida, conGiorgio Tintino, aziende che favoriscono l’innovazione e

l’attenzione dal locale con Gio-vanni Re, dela Roland e GianlucaStraccia imprenditore della Mec-canica Santa Barbara di Spine-toli, e l’insegnamento dellaDottrina Sociale della Chiesa conil nostro vescovo S.E. MonsCarlo Bresciani, sullo sfondo diun’attenzione alla solidarietà,all’etica, alla giustizia, ad un’eco-nomia del dono. A moderare gliinterventi nello stile del talk lagiornalista, del Corriere Adria-tico, Laura Ripani che fa partedell’UCSI delle Marche. Lungoil pomeriggio si avrà la possibi-lità di confrontarsi con i relatorie visionare diversi strumenti distampa su vario materiale del-l’azienda ospitante che coinvol-gerà i partecipanti in modocreativo e attivo. Il Mlac dioce-sano afferma che “La disponi-bilità di molte sensibilità ecompetenze a dialogare in-

sieme nella gratuità, è un segno importante nel co-struire una cultura della reciprocità e del dono per ilnostro tempo, veri motori di innovazione, sociale e lavo-rativa. I momenti di confronto e dialogo sono proposti permettere in moto processi per affrontare questo tempo criticodal punto di vista socio-lavorativo che chiede cambia-mento, un nuovo passo e la creazione di retidi fiducia tra generazioni.”

Monica Vallorani

Il Movimento lavoratori di Azione Cattolica (Mlac)

è formato da giovani e adulti “in uscita” nel mondo

del lavoro nelle sue molteplici sfaccettature. Il Mlac

accompagna i lavoratori a riscoprire la radice spi-

rituale del lavoro e l’insegnamento del Vangelo, per

porre l’uomo e la sua dignità al centro del lavoro.

Il Mlac cura la formazione dei propri membri at-

traverso l’incontro con la parola di Dio, lo studio

della Dottrina sociale della Chiesa e l’attenzione

alle complesse realtà culturali, sociali e economiche

di oggi.

“Un corpo per amare”: così si è chiamato l’ultimo incontro organizzato dallaPastorale Giovanile Diocesana, una serata rivolta ai giovani sui temi dell’af-fettività. Circa 150 tra ragazzi, sacerdoti ed educatori si sono ritrovati nei lo-cali della Parrocchia San Pio V a Grottammare (l’ex Cinema Sibilla), nellaserata di venerdì 13 febbraio, per ascoltare quanto gli ospiti Andrea e LorenaGuerriero avevano loro da dire. Dopo il saluto del Vescovo Carlo, si è accesolo schermo del proiettore con il videoclip di una canzone di Nek, “Se non

ami”: in cui il cantante esterna affermazioni forti: “Se non ami non hai un

vero motivo per vivere, se non ami non ti ami e non ci sei”. Andrea e Lorenahanno sottolineato l’importanza di non cercare fama, successo o storie facili,perché anche se si possiede molto, se nella propria vita manca l’amore ci sisentirà sempre terribilmente vuoti. Nel racconto, entrambi hanno ripercorsoalcune tappe della loro vita, dall’adolescenza al periodo dell’università finoall’incontro con Dio. Due vite, le loro, così diverse e distanti: Andrea chenon si impegnava a fondo in una relazione con una ragazza, ma solo queltanto che basta per trascorrere dei bei momenti, e Lorena la classica “bravaragazza” che subiva a volte la relazione con i ragazzi. Diventati più maturi,dopo una conversione da parte di Andrea e una maggior consapevolezza disé da parte di Lorena, Dio ha voluto farli incontrare e unire in matrimonio.Dopo una breve cena, ai ragazzi presenti è stato consegnato un questionario,per riflettere su alcuni aspetti intimi della loro relazione con l’amico, con ilpartner e con se stessi.

il mLac per il “Lavoro Libero e creativo” coniugi Guerriero: “Si deve amare con cuore e corpo, perché il sentimento deve passare

attraverso carezze, gesti e attenzioni”Venerdì 13 febbraio l’incontro

della Pastorale Giovanile sull’affettività

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AGENZIA GENERALE DI S. BENEDETTO DEL TRONTO

Agente Generale Cinzia AmabiliVia F. crispi, 107 - Tel. e Fax 0735 582101

In Quaresima verso la PasquaIncontro presso i PP. Sacramentini

UN’OCCASIONE IMPORTANTEper conoscere e assaporare un’esperienza profetica

tra le più forti nate dal Concilio Vaticano II°.

Verrà a introdurci alla “QUARESIMA-PASQUA”

FRA MICHELE,della Fraternità di Bose che sta in Assisi:

“Monastero San Masseo”

Sabato 28 Febbraio 2015, ore 16,00 (puntuali: Fra Michele deve ripartire alla 18 - parcheggio in cortile)

La Comunità monastica di Bose (Biella) è una comunità religiosa

formata da monaci di entrambi i sessi, provenienti da chiese cristiane diverse.

La comunità è nata l'8 dicembre 1965, giorno in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II

Il fondatore e priore della comunità è il laico Enzo Bianchi.Bose è frequentata da molti giovani in ricerca, parallelamente a Taizè.

Dall’ Ottobre 2012 la Comunità di Bose ha aperto una fraternità monastica in Assisi, titolata “Monastero di San Masseo”. Avere rapporti con questa esperienza ecclesiale ora ci è più facile.Abbiamo pertanto pensato: vista l’esperienza di un forte gruppo di amici a Bose-Biellalo scorzo agosto e la facilità- possibilità di fare conoscenza- esperienza successivamente(autunno?) della fraternità in Assisi, fosse opportuno prendere un primo contatto con lafraternità in occasione del nostro ormai tradizionale incontro di inizio quaresima.Un cordiale invito Padre Leopoldo e Padre silvano

Monteprandone: Primo Consiglio dell’Unione dei Comuni diMonteprandone, Acquaviva Picena e Monsampolo del Tronto.

Martedì 10 febbraio presso la salaconsiliare del Comune di Monte-prandone si è svolto il primo consi-glio dell’Unione tra i Comuni diMonteprandone (Capofila)- Acqua-viva Picena – Monsampolo delTronto. La seduta è stata presiedutadal Sindaco di Monteprandone,Stefano Stracci. Come disposto dal-l’ordine del giorno dell’assise sonorisultati eletti: Presidente del Consiglio dell’Unione, il consigliere comunale di Monteprandone,Dott.ssa Daniela Morelli, vice presidente il consigliere comunale di Monteprandone Alessio Ca-pecci. Mentre Presidente e Vice-Presidente dell’Unione sono risultati eletti rispettivamente il sin-daco di Acquaviva Picena e il Sindaco di Monsampolo del Tronto. In rappresentanza delle relativeistituzioni di appartenenza hanno portato il loro saluto il consigliere provinciale, prof. Bruno Men-zietti e il vice-presidente della Giunta della Regione Marche, Dott. Canzian. FC.

CORSO DI FORMAZIONE PER I MISNISTRI DELLA COMUNIONE

Inizia lunedì 23 febbraio il corso di formazione perministri della comunione. Dopo i corsi di forma-zione che hanno coinvolto gli animatori liturgici e icatechisti e educatori, ora i ministri straordinari dellacomunione indicati dalle parrocchie della diocesi se-guiranno per cinque serate, un percorso di forma-zione specifico organizzato dall’ufficio liturgicodiocesano.Tutti gli appuntamenti sono al Biancazzurro dalleore 21.00, si inizia con don Patrizio Spina sul “fon-damento biblico”. Il lunedì successivo, don VincentiEfeme proporrà il “Fondamento teologico”. Il terzo incontro 2 marzo don Daniele Cogoni sultema “Culto Eucaristico”. Il 16 marzo l’attenzione è “al malato e alla Pastorale Sanitaria” conPadre Silvano Nicoli e la testimonianza dell’esperienza dell’Unitalsi con Mascia Moretti. L’ultimoappuntamento è previsto il 23 marzo sul “rito della Comunione fuori della Messa” con il diaconoWalter Gandolfi e la professoressa Francesca Benigni. MONICA VALLORANI

Azione Cattolica, in 700 al meeting della PaceSabato, 7 febbraio, si è tenuta la Festa della Pace organizzata dall’ACR diocesana in collaborazionecon il CSI e gli Oratori Diocesani. La festa ha coinvolto circa 700 ragazzi provenienti dalle parrocchiedi S. Paolo Apostolo di Force, S. Caterina di Comunanza, San Basso di Cupra Marittima, San Pio V,Madonna della Speranza e Gran Madre di Dio di Grottammare, San Benedetto Martire, Madonna delSuffragio, San Pio X di San Benedetto del Tronto, Cristo Re e Annunziata di Porto d’Ascoli, ReginaPacis di Centobuchi, Sacro Cuore di Martinsicuro, San Gabriele di Villa Rosa e San Niccolò di Ac-quaviva Picena. Tutto da scoprire in una festa che si è rivestita dei colori della pace; per poterla costru-ire, i ragazzi hanno seguito un percorso che si snodava tra i laboratori di famosi inventori del passatoper poterne scoprire le caratteristiche. Novità di quest’anno, anche agli adulti è stato dedicato unospazio all’interno della Festa della Pace, con un incontro dal titolo “Facciamo la pace? Parlare di pacetra gli adulti” alla quale hanno partecipato una cinquantina di adulti che hanno avuto modo di ascoltarele parole del Vescovo Carlo e una testimonianza delle suore oblate. Per la Festa della Pace 2015 èstato chiesto ai ragazzi di cercare nelle proprie parrocchie delle persone che, lavorando sul territorioe tramite “idee brillanti” o invenzioni, sono riuscite a costruire concretamente tutti i giorni la pace.Ogni parrocchia ha, dunque, candidato un “inventore” che è stato premiato con il “Nobel Acr per lapace”, i vincitori sono stati: per la parrocchia Madonna del Suffragio i coniugi Paola Postiglioni eDavide Pellegrini con i loro figli Viktoria, Viktoras e Bronius. Paola e Davide, entrambi medici, sisono sempre dedicati agli altri, in particolare sono stati in Africa a lavorare 3 mesi gratuitamente inun ospedale per aiutare i più deboli; prestano anche servizio di volontariato presso il Consultorio Fa-migliare e ora si dedicano completamente ai tre figli adottati in Lituania.

Per Comunanza Stefano Sacconi; Stefano viene definito dai suoi parrocchiani il “giullare della pace”,perché porta la pace a tutti con la sua allegria e spensieratezza, suscitando gioia e risate a crepapelle.Impossibile vederlo adirato, anche nei momenti di difficoltà è in grado di cogliere il lato comico epositivo delle cose, così da sminuire i problemi e proporre sempre soluzioni “candidamente geniali”per affrontare tutto con estrema semplicità, generando, negli altri, un grande senso di tranquillità e dipace perché la sua idea di fondo è che nessun problema sia insormontabile se ci si affida alle maniesperte di Gesù e di Maria. Infatti, dopo aver partecipato a diversi pellegrinaggi a Medjugorje, ha vo-luto creare un appuntamento fisso in Parrocchia per raccogliere in preghiera con il “Rosario dei Gio-vani”, un gruppo che ora richiama ogni venerdì sera, nel Salone dell’Oratorio, una folla sempre piùnumerosa. Per la parrocchia Sacro Cuore di Martinsicuro Lisa e Gionni, una coppia che si occupa dibambini in affidamento, impegnandosi ad accoglierli nella propria casa, sostenendoli nella crescita ecreando rapporti con la famiglia originaria per un successivo reintegro nella casa dei genitori naturali;la consapevolezza di dover, prima o poi, affrontare il dolore del distacco rende l’idea del grande attod’amore che essi compiono ogni volta che accolgono un bambino in casa. Per la parrocchia di SanPio X sono state premiate 26 famiglie, rappresentate dalla famiglia Turano, che ogni mese versano inparrocchia in maniera spontanea e silenziosa 10 euro, per i nuclei in difficoltà. Per le parrocchie diSan PioV e Madonna della Speranza di Grottammare, l’Associazione di Promozione Sociale Ameliache opera in tutto il territorio regionale e non solo svolgendo attività di utilità sociale a favore di terzisenza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli utenti, in particolare offre sup-porto a ragazzi che hanno avuto problemi di tossicodipendenza, alcol e altre dipendenze come il giocoe internet; l’associazione non interviene direttamente nella dipendenza in atto ma con un lavoro diorientamento per le famiglie o per le singole persone in difficoltà che si rivolgono a loro, indirizzandoliai servizi competenti e, a volte, anche accompagnandoceli. Per la parrocchia di Force, Testa Fernandoe Testa Ilario che hanno inventato, progettato e realizzato il presepe artistico, simbolo universalmente

riconosciuto di pace e amore, attorno alquale, da molti anni, si ritrova tutto ilpaese facendo sentire tutti fratelli; davantial presepe non c’è mai stata una criticasolo ammirazione per questi due parroc-chiani che hanno messo a disposizione iloro talenti alla comunità.Questi esempi dimostrano come la pacepossa essere intesa in diversi modi e comei mezzi per costruirla possano essere tanti,primi fra tutti noi stessi che siamo chia-mati a metterci a disposizione per gli altri.“Dai vita alla pace”, lo slogan della festa,è stata anche l’occasione per raccogliere ifondi, attraverso l’acquisto di tre matite,che sono stati devoluti per l’acquisto della“pompa volanta” in Burkina Faso, unmacchinario capace di pompare l’acquadal sottosuolo e raccoglierla in cisterne af-finché sia sempre disponibile. Unringraziamento in particolare va al CSIcomitato provinciale di Ascoli Piceno eall'Equipe Diocesana Oratori con cui si èstretta una collaborazione che ha perme-sso la riuscita dell'iniziativa.

Chiappini Janet