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IL NICODEMO Anno VIII - Numero 74 pro-manuscripto 2/99 Febbraio v Fogli della Comunità 19 marzo SAN GIUSEPPE AUGURI di Buon Onomastico al nostro Parroco Ministri straordinari dell’Eucaristia Una marcia in più alla pastorale parrocchiale Giornata della donna Problemi e proposte MALATI DI MENTE Un altro volto di Cristo crocifisso LA PASSIONE DI MARIA Una meditazione di Angelina Lanza QUARESIMA Tempo di ascolto e di conversione IL NICODEMO E’ COME UNO SPECCHIO: RIFLETTE E FA RIFLETTERE QUESTIONI ETICHE DI SCOTTANTE ATTUALITÀ PENA DI MORTE FECONDAZIONE ETEROLOGA DONAZIONE DI ORGANI Sommario a pagina 2

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Parrocchia

S. Maria

della Visitazione

Pace del MelaIL NICODEMO

Anno VIII - Numero 74 pro-manuscripto 2/99 Febbraio

v

Fogli della Comunità

19 marzoSAN GIUSEPPE

AUGURI di Buon Onomastico

al nostro Parroco

Ministri straordinaridell’Eucaristia

Una marcia in più allapastorale parrocchiale

Giornata della

donna

Problemi e proposte

MALATI DI MENTE

Un altro volto di Cristo

crocifisso

LA PASSIONE DIMARIA

Una meditazione di Angelina Lanza

QUARESIMATempo di ascolto e di conversione

IL NICODEMO E’ COME UNO SPECCHIO: RIFLETTE E FA RIFLETTERE

QUESTIONI ETICHE DISCOTTANTE ATTUALITÀ

PENA DI MORTE

FECONDAZIONE ETEROLOGA

DONAZIONE DI ORGANI

Sommario a pagina 2

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

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SOMMARIO

2 La Comunità si arricchisce di un nuovocarismadi Maria Calderone

3 Il Cammino Pasquale della Quaresimadi fr. Egidio Palumbo, carmelitano

4 Il dolore ci avvicina a Cristodi Teresa Borgia

5 Cambogia, la riconciliazione tra i fratellidi don Battista Personeni, sdb

7 Incamminiamoci verso il Terzo Millenniodi Lori D’Amico

8 Mater dolorosadi Angelina Lanza

10 La donna tra la carriera e la famigliadi Gabriella La Rocca

10 Famiglia, lavoro e impegno ecclesialedi Maria Jose Calderone

11 Donne...di Angela Calderone

12 Perché dire no alla pena di mortedi Sara Pontuale

13 A proposito di fecondazione artificialedi Carmelo Parisi

14 Il trapianto di organidi Angela Calderone

15 Passeggiando per via Cucinottadi Mimmo Parisi

17 Interventi sulle colture delle patate edell’olivo nel mese di marzoa cura della SOAT di Spadafora

18 Malati di mente a Giammoroa cura di Franco Biviano

18 Volti che dovremmo saper riconosceredi Antonella Lipari

19 I fatti nostria cura di Franco Biviano

20 Consiglieri o... fuggiaschi?di Franco Biviano

LA COMUNITA’ SI

ARRICCHISCE DI

UN NUOVO CARISMA

di Maria Calderone

Ieri, nella parrocchia di S. Caterina, il nostro arcivescovomons. Giovanni Marra, ha conferito a 19 fratelli della nostraComunità Parrocchiale il mandato di “Ministro straordi-nario dell’Eucaristia”. Oggi il parroco, don Giuseppe Trifi-rò, presenta i 19 neo-ministri alla Comunità per farliconoscere.

Il loro compito è quello di mettersi a servizio degli anzianie dei malati della Comunità, portando la comunione ognidomenica, direttamente nelle loro case, perché anch’essi fan-no parte integrante dell’assemblea riunita in chiesa per cele-brare la Pasqua del Signore. In questo modo si dà loro lapossibilità di partecipare alla mensa della Parola e del PaneEucaristico, affinché trovino più forza e più gioia nell’offrireal Signore le loro sofferenze.

Ringraziamo il Signore per questo dono concesso alla no-stra Comunità e preghiamo il Padre perché possiamo crescereinsieme nell’amore fraterno e nella carità.

Invitiamo tutta la Comunità a pregare per i nuovi Ministristraordinari, affinché svolgano il loro servizio nel migliormodo possibile, nell’umiltà e nella donazione.

I NUOVI MINISTRI STRAORDINARI

1. Maria Amendolia Calderone2. Giovanni Bisbano3. Conchita Calderone4. Anna Cavallaro5. Girolamo Geraci6. Maria Isgrò7. Francesca Maiorana8. Maria Parisi9. Maria Rita Parisi

10. Stefano Parisi11. Suor Clara Passalacqua12. Maria Puleo13. Angela Salvatore14. Angelo Salvatore15. Suor Ignazia Sanfilippo16. Suor Giuseppina Titolo17. Antonino Trifirò18. Giuseppe Trifirò19. Maria Valentini

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Ø

ASCOLTO DELLA PAROLA

Il cammino pasquale della QuaresimaScopriamo il significato di parole antiche e sempre nuove: elemosina, preghiera, digiuno, conversione

di fr. Egidio Palumbo, carmelitano

Il tempo liturgico della Qua-resima è un tempo di più in-tensa partecipazione almistero pasquale di Cristo;

cioè un tempo in cui ci impegniamopiù seriamente a morire con Cristoall’uomo vecchio (egoismo, eccentri-cità, sete di potere…), per rivivere conLui nella dimensione dell’uomo nuo-vo, ovvero lasciarsi orientare nellescelte di vita dall’amore verso Dio everso il prossimo. Ora, poiché già conil battesimo siamo morti in Cristo e ri-sorti con Lui, ma spesso, a motivo del-le nostre infedeltà al vangelo,sfiguriamo l’immagine dell’uomonuovo in noi, il tempo della Quaresimaci chiama — come persone e come po-polo di Dio — a ravvivare il dono delbattesimo attraverso un cammino pe-nitenziale, dove il primo protagonistanon siamo noi con i nostri sforzi e lenostre penitenze, ma è Dio che, in Cri-sto Gesù, ci santifica con la sua pre-senza e la sua grazia trasformante.

DAVANTI AL VOLTODI DIO. Consi-derando che nella liturgia domenicaledi quest’anno stiamo ascoltando e me-ditando il vangelo secondo Matteo,vogliamo innanzitutto evidenziarecome questo evangelista ci aiuta acompiere in modo autentico il cammi-no pasquale della Quaresima.

La pagina evangelica del “Mercole-dì delle Ceneri” è presa, come ognianno, proprio dal vangelo di Matteo.In Mt 6,1-6.16-18 siamo invitati daGesù all’elemosina, alla preghiera, aldigiuno. L’invito all’elemosina qui nonè l’obolo da dare al povero, ma, moltodi più, è un’opera di giustizia: significacapacità di “curvarsi” sulle situazionidi bisogno, lasciarsi interpellare dalpovero, impegnarsi perché i beni diquesta terra siano distribuiti secondocriteri di uguaglianza e di fraternità.Se fatta davanti a Dio, e non per appa-rire e ricevere consenso dagli altri, l’e-lemosina ravviva in noi l’uomo nuovo

facendoci crescere come fratelli re-sponsabili e custodi di ogni uomo, e inparticolare dei più emarginati. Poi l’in-vito alla preghiera. Esso è finalizzato arendere sempre più vivo il dialogo conDio nell’ascolto assiduo della sua Pa-rola. Se non è vissuta per “sprecareparole” davanti a Dio e per appariresanti davanti agli uomini, la preghieraravviva in noi l’uomo nuovo facendocicrescere come figli che “hanno tempoper Dio Padre” e sono aperti a discer-nere e a misurarsi sui suoi progetti. Eancora l’invito al digiuno. Esso ha unaduplice finalità: primo, prepararci adaccogliere la venuta di Cristo Sposodella Chiesa (Mt 9,14-15) — poichénon va mai dimenticato che la celebra-zione delle “nozze” tra Cristo e laChiesa avviene nell’evento della Pa-squa (Ef 5,25-27); secondo, impararea vivere come figli di Dio, sapendo chetutto ciò che riceviamo è dono Suo.Vissuto davanti a Dio Padre, e non perapparire davanti agli uomini, il digiu-no ci educa ad assumere un rapportosobrio, misurato e responsabile con larealtà e con le cose, a vivere cioè comefratelli del creato.

Ma vi è un’altra pagina del vangelodi Matteo che caratterizza la Quaresi-ma: quella delle tentazioni di Gesù neldeserto (Mt 4,1-11). È una pagina cheapre le domeniche di Quaresima. I“quaranta giorni” della Quaresimaevocano proprio i “quaranta giorni” diGesù nel deserto, dove egli viene ten-tato (e lo sarà per tutto l’arco della suaesistenza, fino alla croce) dalla logicadiabolica del potere economico (“di’che questi sassi diventino pane”), delpotere religioso (“gettati giù, poichésta scritto: Ai suoi angeli darà ordini atuo riguardo, ed essi ti sorreggerannocon le loro mani…”) e del potere poli-tico (“gli mostrò i regni del mondo conla loro gloria e gli disse: tutte questecose io ti darò, se prostrandoti mi ado-rerai”). “Se sei Figlio di Dio…”: Gesùè tentato sulla sua identità di Figlio diDio e di Fratello dell’umanità, è tenta-to di provare a fare in modo miracoli-

stico e spettacolare il Padreterno sullaterra. Gesù resiste a queste tentazionie prende le distanze da questa logicatutta umana, rimanendo saldo nellasua vocazione di Figlio obbediente alPadre e di Fratello e Servo dell’umani-tà.

LA CONVERSIONE E IL PERDONO.Sono due parole-chiavi della Quaresi-ma che vogliamo ora brevemente con-siderare.

Nella Bibbia si parla di “conversio-ne dell’uomo” e di “conversione diDio” nel contesto dell’Alleanza e deldono della Parola come luce e guida.Noi credenti siamo chiamati alla con-versione perché infedeli all’Alleanza ealla Parola; Dio, invece, si converte anoi perché ci ama sempre, perché hasempre cura di noi. Da qui anche laconsapevolezza che il male non è frut-to di pura fatalità, ma appartiene allanostra responsabilità, è il frutto dellenostre decisioni sbagliate e del nostroagire fallimentare. Nella Bibbia si usa-no due espressioni per indicare la con-versione: la prima è “ritornare a…”(teshuvah) o anche “volgere lo sguar-do verso…”, la seconda è “cambiarementalità” (metànoia). “Ritornare a”implica una conversione a “U” dellapropria esistenza: ritornare indietro

tAmbrogio da Fossano, L’elemosi-na di S. Benedetto (Milano, Mu-seo del Castello Sforzesco)

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4dalla strada sbagliata e intraprenderequella giusta, volgendo lo sguardoverso Dio e ascoltando la sua Parola.“Cambiare mentalità” chiede di assu-mere una logica diversa, una visionediversa della realtà, un modo diversodi pensare, di decidere, di orientarsinella vita. Secondo la fede biblica ilcammino di conversione è possibilenon a motivo dei nostri meriti e dei no-stri sforzi ascetici, ma perché Dio stes-so, per primo, è “ritornato a noi”, si è“convertito a noi” chiamandoci pernome, perdonando in anticipo il no-stro peccato (Os 14,5; 11,8-9; 12; 14;Ger 31,20; Sal 85; 126; il libro delprofeta Giona). Se mi converto è per-ché Dio mi ha già perdonato!

Con la venuta di Gesù questa realtànon viene annullata, ma purificata,rinnovata e riattualizzata. Egli inizia lasua predicazione proprio con l’esorta-zione alla conversione (Mc 1,15), nar-ra la parabola del PadreMisericordioso che va in cerca del fi-glio perduto (Lc 15), perdona in anti-cipo la peccatrice (Lc 7,36-50; Gv8,1-11), perdona in anticipo i suoicrocifissori (Lc 23,34) e i suoi disce-poli paurosi e infedeli (Lc 24,36; Gv20,19-26). “Noi amiamo perché egli— Gesù — ci ha amati per primo”(1Gv 4,19).

Riguardo al perdono di Dio, cheprecede e muove la nostra conversio-ne, esso innanzitutto è gratuito, poi-ché Dio è il Misericordioso (Es 34,6-7) e in Gesù si è manifestato come“grazia e verità” (Gv 1,14.16-17);inoltre, ci fa conoscere il nostro pecca-to (Lc 7,36-50) e, nello stesso tempo,ri-crea il cuore dell’uomo, lo rinnova(Sal 51,12), gli offre sempre una pos-sibilità di poter recuperare la dignitàperduta (si leggano le guarigioni diGesù a ciechi, ai sordi, ai paralitici...).Infine, il perdono di Dio ri-costituiscela responsabilità dell’uomo ad un livel-lo di maggiore impegno verso Dio everso gli altri (Mt 5,23-26; 18,21-35),cioè a saper essere attenti ascoltatoridella sua Parola, e custodi dei fratelli(Mt 6,12.14-15) e di tutto il creato(Mt 6,25-34).

Accogliendo il perdono gratuito diDio, si aprono per noi le porte dellaconversione: ritorniamo al Padre rico-stituiti come figli e fratelli. È il cammi-no pasquale della Quaresima.q

RIFLESSIONI

IL DOLORE CI AVVICINA

A CRISTO

All’uomo che è nel dolore Dio rivela il proprio volto

di Teresa Borgia

La nostra vita è in gran partetesa a evitare il dolore, ma ildolore non è poi tutto dabuttare. C’è una sofferenza

che è di troppo e una sofferenza chematura, un dolore che ci tortura e cidistrugge e un dolore che ci avvisa e cimette in guardia. Nel nostro corpo, in-fatti, il dolore è come un guardiano, uncampanello, un sistema di allarme e didifesa. Il dolore rivela allo-ra le sue varie sfaccettatu-re, il suo essere esperienzamultidimensionale: rispo-sta a stimoli nocivi, espres-sione di conflitti emotivi,frutto di esperienze che rie-mergono dagli archivi dellanostra memoria. E’ condi-zionato da mille altri fattoried è anche “un modo parti-colare di comunicare”.

Il dolore è spesso un“messaggio”, una richiestanon verbale di aiuto, di ap-poggio, di protezione. Equesto sempre di più, manmano che il dolore invec-chia e, da acuto e momen-taneo, diventa cronico,persistente e dura nel tem-po. Il dolore è sempre unsegnale, ma il motivo non èlegato soltanto al corpo; inquesta esperienza la psichenon sta a guardare.

Attraverso il dolore e icomportamenti che loesprimono, il soggetto lan-cia “messaggi in codice”;può utilizzare il sintomo dolore per re-golare a suo favore rapporti familiari,lavorativi, sociali, può utilizzare lapropria situazione per imporre la pro-pria volontà all’altro. C’è da una partela tentazione di fare del dolore il pro-prio “Dio”, il proprio centro di inte-

resse assoluto, l’idolo da adorare, ilmezzo per esercitare il controllo suglialtri e manipolarli a proprio piacimen-to; dall’altra la tentazione a lasciarperdere tutto, perché ci si crede inutilie abbandonati da tutti, anche da Dio.Questo dolore spirituale nasce dallaperdita di significato, di uno scopo, diuna speranza, dalla sensazione di sen-tire lontano, indifferente anche Dio. Ilmalato ha bisogno di sentirsi collegatoa un più largo quadro di significati spi-

rituali, che diano senso al suo doloreinserendolo in un orizzonte più vasto.All'uomo che è nel dolore Dio rivela ilproprio volto, facendosi presente: “Ioti conoscevo per sentito dire, ma ora imiei occhi ti vedono” (Gb 42, 5). AGiobbe Dio vuole far comprendere

tFra Umile da Petralia, Ecce Homo, 1664(Calvaruso)

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Ø

DALLE MISSIONI

CAMBOGIA

LA RICONCILIAZIONE

TRA I FRATELLIL’impegno per creare un futuro di amore, dove

regnavano l’odio e la paura.

(continuazione e fine)

di don Battista Personeni, sdb

Come dopo un terribile terre-moto, dare tranquillità aglianimi lacerati dal dolore ericostruire ciò che fu raso al

suolo dalla furia distruttrice dell’odioè un compito che può essere affronta-to solo da eroi. Tra i nostri missionariche già lavoravanonella missione dellaThailandia e altri cheavevano già fattoun’esperienza neicampi profughi sifece avanti un foltogruppo pronto a de-dicarsi a questo nuo-vo progetto diricostruzione deicuori dei giovani,più che ricostruirestrutture ambientali.In un paese dove orasi poteva accedere,ma che era ancoraimpregnato da un si-stema socialista av-verso allo straniero e alla religione,mandare dei missionari sembrava es-sere una decisione non poco azzarda-ta. Secondo calcoli umani era uninvestire uomini e soldi destinati al fal-limento. Ma i calcoli e i piani del mis-sionario non sono fatti al computer,ma in ginocchio, consultandosi conChi sa leggere il cuore degli uomini. Econ questa sicurezza i Superiori han-no scelto, tra i tanti che volevano ini-ziare l’opera, i primi due pionieri chepartivano come “operatori di pace”.Una valigetta, pochi soldi in tasca euna grande carica di entusiasmo. Era-

no fratel Roberto Panetto e padre Wal-ter Brigolin.

Non una casa, non un punto di ap-poggio, non un amico cui rivolgersi incaso di necessità. Cercano alloggio inun caseggiato che chiamavano alber-go. Una stanza tetra e buia con due let-ti senza materassi, ma solo una stuoia.Il servizio ha una giara d’acqua che

doveva servire… a tutto. Di notte i topiportavano via il sapone e gli scarafaggiatterravano sulle loro facce mentredormivano. Raccontavano questi pic-coli inconvenienti con delle grasse ri-sate, come se avessero dovuto farparte della loro vita di svago.

I primi tre mesi furono impiegatiper imparare bene la lingua khmer (inparte affine a quella Thai, quindi nondifficile per i nostri avventurieri di Cri-sto), per creare contatti con ufficialigovernativi e fare giuste amicizie conchi era interessato alla nostra opera.Non fu difficile. Si comprese subitoche il Signore ci apriva tutte le strade.

che gli sta accanto, che si occupa dilui, anche ora nel dolore, come un pa-dre, o meglio ancora come una madreche si prende cura del suo bambino.Perché è certo che il suo grido noncade nel vuoto e le sue lacrime Dio leraccoglie come il bene più prezioso:“Tu, o Dio… le mie lacrime nell’otretuo raccogli” (Sal 56, 9).

L’esperienza di dolore porta con sémomenti di angoscia e di tristezza, in-terrogativi e sensi di colpa, desideriodi amore e momenti di rabbia, e con-duce al ripiegamento su se stessi. Mapuò diventare anche un “momentocreativo”, riscoperta di una ricchezzainteriore, approfondimento di relazio-ni o creazione di un nuovo modo di vi-vere e di amare. Il senso dellasofferenza non può essere spiegato,ma solo trovato e vissuto dall’interno.La salvezza di Dio ci è stata donata daColui che si è incarnato, cioè che si ècalato fino in fondo dentro la nostravita, compresa la sofferenza e la mor-te. Il Figlio di Dio non ha predicato,ma “narrato” con la sua stessa vita, lasua sofferenza e la sua morte. Cristoha vissuto nella sua carne, nella suapsiche e nel suo spirito le varie espres-sioni del dolore profondo: angoscia,smarrimento, sconforto, tristezza. Haprovato il dolore fisico della Passione edella morte in croce, il dolore psicolo-gico dell’angoscia fino ai limiti estre-mi, l’intrecciarsi del dolore sociale equello spirituale dell’incomprensione,della derisione, dell’abbandono deisuoi, del dubbio dell’abbandono delPadre. Ma questo suo dolore, che nonl’ha separato dal Padre e dalla realizza-zione del suo progetto d’amore, è di-ventato motivo di redenzione e diprofonda guarigione. Il dolore è spes-so il “luogo” della solitudine, ma è an-che la sfida alla condivisione, dallaquale non possiamo tirarci fuori. Aquesto ci spinge l’amore che Dio ci hadonato e che abita in noi. Prendiamocicura come meglio possiamo di quelliche soffrono, perché non è lecito “pas-sare oltre” con indifferenza, ma dob-biamo “fermarci” accanto a chi soffre,come il Samaritano del Vangelo, per-ché è attraverso la nostra condivisionee il nostro amore che la persona chesoffre può intendere e accettare il pro-prio dolore, scoprirne nuovi significa-ti, trascenderlo e viverlo per amore.q

tAlunni della scuola dei padri Salesiani a Phom Penh

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6Il problema economico era sulle spalledel sottoscritto, come lo è in gran par-te ancora ora.

Dopo mesi di trattative con il Mini-stero interessato ad avere centri di ad-destramento al lavoro, si firmò unprimo “memorandum” che noi ci im-pegnavamo a prendere uno dei loroorfanotrofi e a trasformarlo in scuoladi addestramento al lavoro. Io stessoho avuto l’onore di firmare quel primoconcordato il 12 settembre 1992.L’impegno era per tre anni. Si trattavadi tre capannoni cadenti a circa 30 kmdalla capitale, senza recinzione, su unterreno che era diventato bosco perl’abbandono. Non importava: era giàuna conquista avere un posto con deigiovani per formare la prima famigliadi una sessantina di membri: Si com-però subito qualche rottame di mac-china, un gruppo elettrogeno perprodurci l’elettricità, si fece pulizia nelterreno circostante, si costruì un murodi cinta per proteggerci da visite not-turne indesiderate e si adattò la pago-da non più usata dai monaci comedormitorio per i nostri giovani. Il tuttosi fece con un valido aiuto concessocidalla Conferenza Episcopale Italiana(CEI).

Il nostro sogno, però, era quello diavere in un prossimo futuro una strut-tura giuridica riconosciuta dal Gover-no per potere possedere e creareun’opera che fosse riconosciuta dallalegge, ma che fosse anche indipenden-te nella gestione. In pochi mesi fu rico-nosciuta la nostra opera come“Fondazione Don Bosco”.

Si iniziò così a programmare un du-plice progetto: 1) la fondazione di unascuola di addestramento al lavoro chepotesse accogliere almeno 600 giova-ni; 2) raggiungere i villaggi per portareaiuti alle famiglie più povere invo-gliandole a mandare i loro figli allascuola elementare, dando loro un aiu-to mensile di circa 20 dollari, parte indenaro e parte in materiali: sapone,dentifricio, detersivi, materiale scola-stico. Questo è il progetto che fu chia-mato “adozione a distanza”

Il contatto con tanta povertà ci hafatto capire quanto fosse importantel’educazione per salvare questi bambi-ni dallo sfruttamento e dalla vita disor-dinata che li avrebbe coinvolti infuturo. Le bambine erano poi la por-zione di queste giovani vite che ci face-

vano più compassione. E' vero che peril Signore non esiste maschio o fem-mina, ma esiste la persona da aiutare eda salvare, ma i nostri missionari sen-tivano il bisogno di un aiuto indispen-sabile, specializzato per lavorare incampo femminile: le suore Figlie diMaria Ausiliatrice (FMA) , comune-mente chiamate Salesiane. DallaThailandia anch’esse hanno accettatosubito l’invito e si sono affiancate alnostro lavoro già ben avviato. Oggi ilprogetto delle adozioni a distanza èuna realtà che fa giungere gli aiuti aquasi 2000 bambini e bambine.

E il primo progetto? Qui entriamoin una fase che ha dell’incredibile omeglio del miracoloso. Si comperò unterreno di 10 ettari con pochi soldi, sifece un progetto con costruzione dicapannoni, aule scolastiche, dormitoriper gli orfani… e si chiamò “progetto2000”, perché si pensava di realizzar-lo in gran parte per il 2000. Invece il24 maggio 1996, festa di Maria Ausi-liatrice, si inaugurava la nuova opera,completata in anticipo, con la presen-za del Primo Ministro della Cambogiae del corpo diplomatico quasi al com-pleto, nonché di tanti benefattori che

avevano contribuito alla realizzazionedell’opera.

Nel frattempo le suore realizzaronoanch’esse il loro centro per le ragazzeche oggi ne ospita circa 300.

E difficoltà non ce ne furono? Ecome! Il mare non è sempre bonaccia,a volte è anche più o meno mosso, manoi abbiamo sempre avuto un buon ti-moniere, la nostra Madonna, MariaAusiliatrice, e come don Bosco, i suoifigli devono dire che “senza la Madon-na non possiamo fare nulla e tutto ciòche si è fatto è frutto della Sua inter-cessione, del Suo aiuto”.

Questo monumento di grazia pen-so che non sarà mai finito, perché il Si-gnore stesso ci ha assicurato che “ipoveri li avremo sempre con noi” equindi l’impegno dei buoni di aiutarcinon terminerà mai, come non termi-nerà mai l’impegno dei nostri missio-nari a donare tutta la loro esistenza percreare un futuro migliore, basato sullafratellanza in questo paese, dove nelpassato si è iniettato nel cuore di tuttisolo l’odio e la paura. Ora sta sorgen-do il sole dell’amore che sa cambiare ilvolto cupo del dolore in quello del sor-riso e della pace.q

GIÀ PRONTO IL CALCO DIDON SILVIO

Ad integrazione del resoconto della tavola rotonda su Don Silvio Cuci-notta, pubblicato sul numero scorso, diamo notizia che in quell’occasione èstato presentato un calco in gesso del busto dell’illustre pacese, realizzato al-cuni anni fa dallo scultore Giuseppe Pagano. Nello scusarci per l’involontariadimenticanza, pubblichiamo la foto dello scultore e della sua opera.

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7DOCUMENTI DEL MAGISTERO

INCAMMINIAMOCI VERSO IL TERZO MILLENNIO

Non c’è autentico pellegrinaggio se non si arriva ad amare di più Dio e il prossimo

di Lori D’Amico

Benedetto sia Dio, Padre delSignore nostro Gesù Cri-sto, che ci ha benedetti conogni benedizione spiritua-

le nei cieli, in Cristo. In Lui ci hascelti prima della creazione del mon-do, per essere santi e immacolati alsuo cospetto nell’amore, predesti-nandoci a essere suoi figli adottiviper opera di Gesù Cristo, secondo ilbeneplacito della sua volontà… Eglici ha fatto conoscere il mistero dellasua volontà, secondo quanto, nellasua benevolenza, aveva in Lui pre-stabilito per realizzarlo nella pienez-za dei tempi: il disegno cioè diricapitolare in Cristo tutte le cose,quelle del cielo come quelle della ter-ra (Ef 1, 3-5; 9-10).

Da queste parole emerge con evi-denza che la storia della salvezza trovain Gesù Cristo il suo punto culminantee il significato supremo. Il GrandeGiubileo dell’anno 2000 è alle porte eGiovanni paolo II, nella bolla di indi-zione Incarnationis Mysterium, mettein evidenza proprio Lui. “Gesù”, scri-ve il Papa, “è la vera novità che superaogni attesa dell’umanità e tale rimarràper sempre, attraverso il succedersi del-le epoche storiche” (n. 1). Il Giubileo ècome un invito a una festa nuziale.Esso verrà celebrato contemporanea-mente a Roma e in tutte le chiese parti-colari sparse per il mondo e avrà, percosì dire, due centri: da una parte lacittà dove la Provvidenza ha volutoporre la sede del successore di Pietro,dall’altra la Terra Santa nella quale ilFiglio di Dio è nato come uomo pren-dendo la nostra carne da una verginedi nome Maria. Il Grande Giubileoavrà inizio nella notte di Natale 1999con l’apertura della “Porta Santa”.Questo segno evoca il passaggio cheogni cristiano è chiamato a compieredal peccato alla Grazia. Gesù ha detto:“Io sono la porta: se uno entra attra-verso di me, sarà salvo” (Gv 10,9), perindicare che nessuno può avere acces-

so al padre se non per mezzo suo. Pas-sare per quella porta significaconfessare che Gesù Cristo è il Signo-re, rinvigorendo la fede in Lui per vive-re per vivere la vita nuova che Egli ci hadonato. Il Papa augu-ra che il Natale 1999sia una solennità ra-diosa di luce, il prelu-dio per un’esperienzaparticolarmente pro-fonda di Grazia e dimisericordia divina,che si protrarrà finoalla chiusura dell’An-no Giubilare nel gior-no dell’Epifania diNostro Signore GesùCristo, il 6 gennaiodell’anno 2001. Ognicredente deve acco-gliere l’invito degliangeli che annuncia-no incessantemente:“Gloria a Dio nel piùalto dei cieli e pace interra agli uomini cheEgli ama” (Lc 2, 14). Il tempo delprossimo Natale sarà così il cuore pul-sante dell’Anno Santo, che immetterànella vita della Chiesa l’abbondanzadei doni dello Spirito per una nuovaevangelizzazione, sospingendoci ver-so la conversione e la penitenza e su-scitando interesse da parte di quantisono alla ricerca di un segno propizioche li aiuti a scorgere le tracce dellapresenza di Dio nel nostro tempo.

Un altro tema importante toccatodal documento è quello dell’indulgen-za, “uno degli elementi costitutividell’evento giubilare” (n. 9). Scrive inproposito il Pontefice: “Tutto viene daCristo, ma poiché noi apparteniamo aLui, anche ciò che è nostro diventa suoe acquista una forza che risana. Eccocosa si intende quando si parla di “te-soro della Chiesa”, che sono le operebuone dei santi. Pregare per ottenerel’indulgenza significa entrare in questacomunione spirituale e quindi aprirsitotalmente agli altri. Anche nell’ambi-

to spirituale, infatti, nessuno vive per sestesso” (n. 10).

Nella bolla di indizione del Giubileoil Papa dà anche un’indicazione im-portante sul senso profondo del pelle-

grinaggio che “evoca ilcammino personale delcredente sulle orme delRedentore” (n. 7). Oggic’è il rischio che il pelle-grinaggio diventi unagita turistica, che non simetta in cammino ilcuore e che manchi l’au-tentico atteggiamentoreligioso. Non solo: for-se, con la facilità dei tra-sporti e la mobilitàdiventata abituale, il pel-legrinaggio ha perdutogran parte della caricasimbolica che aveva nelpassato, quando era se-gnato dalla fatica e dalsacrificio. Vale a direche non c’è autenticopellegrinaggio se non si

arriva ad amare di più Dio e il prossi-mo. Nella bolla il Pontefice parla an-che del “carattere ecumenico delGiubileo”, un concetto che egli raf-forza citando S. Ireneo: “Non possia-mo permetterci di dare al mondol’immagine di terra arida, dopo che ab-biamo ricevuto la Parola di Dio comepioggia scesa dal cielo; né potremo maipretendere di divenire un unico pane,se impediamo alla farina di essereamalgamata per opera dell’acqua cheè stata riversata in noi” (n. 4).

Il Giubileo è l’occasione per laChiesa di riflettere sui due millennipassati, di riesaminare la nostra storiaper vedere dove siamo stati mancanti eper deciderci a cambiare. Sì, è festa,ma anche conversione, impegno a farein modo che il prossimo millennio siamigliore di quelli passati. Per questo labolla Incarnationis Mysterium rinnoval’invito ad aprire “i nostri occhi ai biso-gni di quanti vivono nella povertà enell’emarginazione” (n. 12).q

tLa “Porta Santa”(San Pietro in Vaticano)

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

8MEDITAZIONI

MATER DOLOROSA

Il Crocifisso è il libro eterno in cui si trova spiegato il mistero del dolore

di Angelina Lanza

Il sopraggiungere dellaQuaresima, come deve av-vicinare tutti i cristiani allaPassione di Gesù, dovrebbe

anche, in quelli che sono particolar-mente devoti di Maria, destare più vivoe più efficace il ricordo dei suoi Dolo-ri. Quale cuore di figlio può assistereai patimenti della Madre, senza amaree soffrire profondamente? Maria èmadre nostra in un senso spiritualecosì alto, che supera la bellezza, la po-tenza, l’intimità di ogni idea di mater-nità terrena.

Accostiamoci a Lei, piangente aipiedi della Croce, con venerazione econ amore tenerissimo. Facciamolecompagnia nella sua desolazione. Do-niamole il conforto di vedere che quelSangue preziosissimo non cadde inva-no sulle anime nostre; che Esso è il no-stro unico amore, come fu il suo; chenel raccoglierlo con Lei, nell’offrirlocon Lei, noi ci facciamo partecipidell’ineffabile sacrificio, e porgiamoalla Divinità del Padre quell’unicoomaggio ch’Egli esige, e di cui Gesù cidiede l’esempio.

Noi allevieremo così i dolori di Ma-ria, misticamente perpetuati nellaChiesa; e santificheremo insieme l’a-nima nostra.

Mentre un’altra turba di empi passaoggi sotto la Croce di Gesù, scuotendola testa e bestemmiando, noi, figli fe-deli del Crocifisso e dell’Addolorata,stringiamoci a Lei, silenziosamente;contempliamo questi due abissi di do-lore, che sono un dolore solo.

Solo chi si rifugia sulla vetta delCalvario con Gesù e Maria, può innal-zarsi tanto su se stesso da intravvedereil mistero dell’espiazione. Gesù Croci-fisso è il libro eterno in cui si trova in-teramente svolto e spiegato questopoema del santo dolore; chi meno vilegge, meno ne intende, e vede molti-plicarsi intorno a sé e dentro di sé lepiù terribili e pericolose interrogazionidella ragione e della natura. Ma chi af-

fissa l’occhio nel Crocifisso con umiltàe con perseveranza, giunge ad inten-dere tanto, quanto gli è necessario perinnamorarsene e riprodurlo in sé.

Fu detto che Maria riflette nell’ani-ma sua immacolata, come in unospecchio tersissimo, la Passione delFiglio. Ella sola, ch’era il più alto degliesseri creati, poteva come un’aquilaguardare nel Sole divino e assorbirnetutti i raggi. Ora, per chi mediti bene,la divinità di Gesù non è mai così pale-se e così presente, come negli obbrobrivoluti del Pretorio e del Calvario. Ap-punto in questa ultima rivelazione mi-steriosa della missione del Cristo, inquesta conclusione inumana e sovru-mana della sua carriera terrena, Ma-ria, la Creatura di chiarissima visione ed’intelletto più che angelico, dovevaadorare perfettamente la Divinità delFiglio. E questa Divinità, a Lei così

evidente, subiva, in quel punto, le offe-se più atroci, era più vilipesa e calpe-stata che mai. Per questo forse funecessario che Maria assistesse, im-mobile, silenziosa, impietrita al marti-rio di Gesù; per il valore di riparazionedei suoi atti segreti, di fronte al più or-rendo delitto dell'umanità.

Intendere, riparare, contemplare,riprodurre in sé per una compassionee uno strazio ineffabile, di creatura ri-spetto a Dio, di madre rispetto al Cri-sto; questa fu la maniera altissima diadorazione della Vergine Addolorata.

***Noi vediamo bene, anche con la no-

stra corta veduta umana, che Maria èla massima santità creata. Ma vediamoinsieme che la sua perfezione si com-pie nel dolore, nella sua partecipazio-ne alla Passione redentrice di Gesù, eche questo dolore materno è la condi-zione della nostra salvezza. Essa ci hacomprati a caro prezzo, come Gesù.Come Gesù, Essa ha sborsato volonta-riamente un riscatto pesantissimo, perpura carità e misericordia. ComeGesù, è vittima per i nostri peccati, madi un martirio interno senza eguale.

Ella è dunque tutta nostra, sebbenein modo diverso da Gesù, la cui Divi-nità, la cui comunicazione eucaristica,lo rende intimo e compenetrato allanostra vita spirituale come solo ilCreatore può essere unito alla creatu-ra. L’avvicinarsi di Dio all’anima uma-na è un mistero d’amore che vinceogni ricerca, e non subisce paragoni.

Ma la Madonna è la Madre; e que-sto nome è ineffabile veramente,quando lo attribuiamo a Lei. Essa è in-sieme Madre e Sorella della nostraumanità. E’ pura creatura, tutta comenoi, fuorché nell’esenzione dal pecca-to: e ciò crea, tra Lei e noi, un’altrasorta d’intimità, di figliolanza soavis-sima, che deriva da quella di Gesù, e ciè necessaria per volontà di Gesù.

Ciò che è avvenuto delle anime chesi sono separate da questa figliolanza,il miserabile naufragio in cui sono pre-cipitati i popoli che hanno rinnegata

Angelina Lanza Damiani (Pa-lermo 1879- Gibilmanna 1936),delicata poetessa e profonda mi-stica, è una figura di spicco nellastoria della Chiesa siciliana. Su-bito riconosciuta come stella diprima grandezza nell’ambienterosminiano, in questi ultimi anniviene proposta per un ritratto sto-rico-critico dalla Facoltà Teologi-ca Siciliana di Palermo. Il suonome viene ricordato, insieme alnostro don Silvio Cucinotta, fra ipoeti siciliani che meglio hannosaputo rievocare l’incanto e l’at-mosfera serafica di Gibilmanna.Le opere maggiori della Lanzasono: La fonte di Mnemosine(1912), La completa offerta disé a Dio (1933) e La casa sullamontagna (1941). In occasionedella Quaresima, offriamo ai no-stri lettori, per un primo approc-cio, una sua meditazione suMaria Addolorata. Ringraziamoi Padri Rosminiani per il cordialeassenso.

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9

Maria, prova a sufficienza quale luogoDio voglia dare alla Vergine Santissi-ma nella nostra venerazione. Di più,Gesù ci addita instancabilmente Ma-ria come l’interceditrice perpetua: daLei tutte le grazie. Ma le fonti doveessa attinge la pietà inesauribile delsuo Cuore umano, sono ai piedi dellaCroce.

Questo fiume di grazie intercesso-rie, infinito come la Misericordia divi-na, sgorgò una volta da quella paroladi Gesù morente, con la quale ci affidòtutti come figli a Maria, nella personadi Giovanni. E per esser fatta degna diudire, di accogliere, di attuare quellaparola, Maria ha patito tanto, che lasua Passione è solo di poco inferiorealla Passione di Gesù. Ecco il misterodei Dolori di Maria.

***Noi veneriamo sette afflizioni

dell’immacolato Cuore materno,quando c’inchiniamo davanti aquell’immagine di Maria Addolorata,che è così cara al nostro popolo, con ilsuo manto nero, con le sue mani con-giunte, i sette simbolici pugnali con-ficcati nel petto. Solo i quattro ultimidolori appartengono alla Passione; mail sacrificio di Maria comincia col pri-mo dolore, ch’è la profezia di Simeo-ne.

Nessuno può approfondire losguardo nelle tristezze segrete di Ma-ria, durante quei trentatré anni di si-lenziosa offerta. Giunto il giornodell’olocausto, noi vediamo soltantouna Madre, la più veramente e perfet-tamente Madre fra le donne, nell’atto

di raggiungere il Figlio, noverato frai malfattori, sulla via del supplizio.La vediamo accompagnarsi a Lui,tra la folla dei bestemmiatori e deicarnefici; giungere alla vetta dellacollina infame, e assistere immobileal martirio del suo Unigenito, che èinsieme il suo Creatore. Nessunopuò approfondire lo sguardo nellaPassione di Maria sul Calvario.

Se è vero che dal peso dei pati-menti che Dio addossa ad un’animasi debba desumere il grado di santitàa cui la destina, noi dovremmo, di ri-scontro, per figurare a noi stessi ciòche sentì la madre nostra nei trenta-tré anni di attesa, ciò che sentì final-mente ai piedi della Croce nel giornodell’olocausto, considerare la gloriae l’altezza della Maternità divina edella Regalità celeste di Maria. Maciò non è della vita presente.

***Seguiamo intanto la Santissima

fra le donne, nella sua vita terrena,accompagniamola nel suo Calvario,dall’istante del primo incontro condivino Condannato fino all’ultimodei suoi sette Dolori, l’adorazionealla Salma sacrosanta, prima dellachiusura del Sepolcro.

Quaranta giorni di meditazionesu tale oceano di amarezze non sonotroppi! Una intera vita umana nonbasterebbe!

San Gabriele dell’Addolorataquasi non meditò altro nei sei annidella sua vita religiosa, che furonotutti un volo verso la santità. A unnovizio confratello, che un sabato glichiese se avesse fatto la meditazione

sul paradiso, come per quel giorno eracostume in comunità, rispose: “Il mioparadiso sono i Dolori della cara Ma-dre mia”.

Dedichiamo a Maria la nostra Qua-resima. Facciamo in modo che quelCuore, immacolato e fortissimo neldolore, ci sia esempio, ci sia perseve-ranza, ci sia amore verso Gesù Croci-fisso; che Esso c’insegni quellamisteriosa scienza del patire volonta-riamente per Dio che è la sola e perfet-ta scienza dei santi.q

(Da: ANGELINA LANZA, Paginespirituali, vol. II, Domodossola-Mila-no 19502, pp. 122-128)

tStatua dell’Addolorata portata in processione

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10FESTA DELLA DONNA

LA DONNA TRA LA

CARRIERA E LA FAMIGLIA

Realizzare se stesse nel lavoro senza rinunciare allamaternità, ai propri bisogni più profondi. Sembra essere

questa, alla vigilia del terzo millennio, la nuova“questione femminile”

di Gabriella La Rocca

Il problema che si pone oggi,alle soglie del terzo millen-nio, è che le donne vorreb-bero affermarsi nel mondo

del lavoro, formarsi una famiglia, ave-re dei figli. Di conseguenza esse vor-rebbero conciliare lavoro ed amore e,nello stesso tempo, riavere se stesse,condannandosi ad un’eterna insoddi-sfazione. Definite “avventuriere dellavita”, non sono ancora riuscite a dareuna forma compiuta a questo deside-rio.

Ripercorrendo i 50 anni di lotta del-le donne per una propria identità, daldopoguerra ad oggi, ci si accorge chela lacerazione che si sta vivendo ha unaspetto oggettivo ed un aspetto sog-gettivo. Da una parte esistono ostacolioggettivi. La società, così, ha cercatodi prendere atto del fatto che le donneoggi lavorano, pur se con qualche ri-serva; ha cercato di migliorare i servizisociali, di potenziare l’assistenza do-miciliare, di modificare gli orari deinegozi e degli uffici pubblici; non hafavorito, invece, il part-time e la flessi-bilità occupazionale. Ma gli ostacolinascono anche dentro le donne, cioè,nascono quando esse si sentono ina-deguate, quando pensano di dover es-sere per i figli quello che le madri sonostate per loro. Impossibile a realizzar-si: si deve avere il coraggio di esserequello che si è oggi. Non si può preten-dere di raggiungere la perfezione intutto ciò che si fa.

La solitudine delle donne, dentro alcuore della famiglia, le porta a colpe-volizzarsi in modo spaventoso. E que-sto avviene quando qualcosa nonfunziona, quando un figlio è in diffi-

coltà o, semplicemente un po’ triste,quando la coppia traballa o la casa è indisordine. Certo le leggi del mercatodel lavoro non aiutano. Chi osa “voleretutto” è consapevole dei rischi checorre.

Nella carriera di una donna, unagravidanza viene vissuta come un in-ciampo e, nel peggiore dei casi, comeun passo falso che riporta al principiodella salita. Eppure, come afferma ladottrina cattolica, i figli sono una ric-chezza, la realizzazione di un deside-rio che non riguarda solo le donne maanche gli uomini, sono le risorse delfuturo. Dio stesso, quando creò l’uo-mo e la donna, disse loro: “Siate fe-condi e moltiplicatevi, riempite laterra”. La maternità non deve esserevista come un ostacolo alla corsa delledonne verso il potere. La vita di unadonna può e deve essere armonica epiena. Una realizzazione fondata suuna rinuncia (di un incarico, di un fi-glio, di un amore) non avrebbe senso,anche se tenere insieme queste dueanime può essere complicato.q

Una conciliazione

difficile, ma possibile

FAMIGLIA,LAVORO EIMPEGNOECCLESIALE

di Maria Jose Calderone

Essere donna ed essere ope-ratrice pastorale non è cosafacile. Se poi si è madre eimpegnata nel lavoro ester-

no, diventa ancora meno facile. Tutta-via è possibile.

Essere donna significa portarsi die-tro un bagaglio culturale pieno di pri-vazioni, di rinunce, di conquiste e didifferenze sociali, visto che ad unadonna molte volte tutto è negato, adun uomo invece no. Ma molto spessole donne, etichettate come casalingheperfette, nutrono e coltivano dentro leloro mura domestiche un grande amo-re nascosto, chiuso nel proprio intimo,che è quello verso Dio. E’ un amorenascosto perché prima di tutto viene lafamiglia con le sue priorità.

Ciò infatti è testimoniato da tantigruppi di donne che aderiscono adun’associazione come “L’ora di guar-dia” e si riuniscono in casa per recitareil Rosario, come se fossero delle om-bre. Così come quelle donne che, anzi-ché guardare le telenovelas, ascoltano,contemporaneamente al disbrigo dellefaccende domestiche, “Radio Maria”.Molte volte, però, ci sono altre donneche, aiutate da una diversa cultura e daun diverso contesto familiare, riesco-no ad esprimere fuori dalle pareti do-mestiche il loro amore verso Dio e laChiesa, cercando di conciliare gli oraridi lavoro, le faccende domestiche el’impegno nella comunità ecclesiale.

Si giunge così ad essere operatrice

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

11pastorale.

Io sono una di queste.Conciliare il tutto non è facile, ma,

come ho espresso prima, è possibile.Importante è volerlo. E’ vero che a vol-te le forze mi mancano e sono sopraf-fatta dalla fatica, qualche voltadimentico qualcosa e molto spesso miaddormento su un divano, ma è anchevero che il mondo che sta intorno a meè pieno di luce, di soddisfazioni, per-ché dopo tanti sacrifici so di essere enon di avere. Essere per me è impor-tante.

Il bisogno di ricercare questa digni-tà è venuto fuori in seguito ad un pe-riodo particolare della mia vita, in cuiho avuto dei momenti difficili. Dopoun’attenta analisi introspettiva e lasensazione reale che non ero sola, hoincominciato a credere giorno dopogiorno. Per capire ho studiato la Paroladi Dio, ho incominciato a leggere lavita dei santi e a contemplare il Silen-zio. Nel silenzio ho raggiunto l’eb-brezza dello Spirito Santo, quelfervore e quel calore che avvolge e ri-scalda. Certo, anch’io ho tante diffi-coltà, molte volte mi trovo asopportare comportamenti che nonsono consoni al mio modo di essere esu me stessa sono molto severa. Moltevolte mi scoraggio, ho paura, ma ad untratto tutto si rasserena e il buon Diomi riempie e mi ripaga di tutte le mieamarezze. L’ambiente che frequentonon è facile: parlo di continuo con i ra-gazzi e non approvo il loro modo di es-sere, ma quando mi trovo a parlare diDio e della sua Parola avverto che han-no voglia di conoscerlo e ciò mi lusin-ga.

La severità su me stessa è dovuta alfatto che conosco le tentazioni e adesse rispondo attuando il buon senso,venuto fuori dalla consapevolezza diessere cristiana, di avere Dio dalla miaparte, di essere la sua serva, di avere ti-more di Lui. E di tutto ciò sono orgo-gliosa. Mi sento una persona che nellavita ha vinto e continuerà a vincereperché dentro di me c’è la forza delloSpirito Santo.

In conclusione, le difficoltà obietti-ve non mancano, ma la consapevolez-za dell’importanza della missioneevangelizzatrice, che noi laici operato-ri pastorali abbiamo, aiuta a superaretutti gli ostacoli.q

DONNE…di Angela Calderone

Dal momento che tra unasettimana ricorre l’8marzo – festa della donna- colgo l’occasione perraccontare l’esperienza ditre donne forse pococonosciute dal grandepubblico. Sono donne chehanno scelto di vivere perchi soffre, di lottare perrealizzare gli ideali in cuicredono, di ribellarsi adun potere ingiusto.

Ventiquattro anni, impe-gnata sul “fronte” umanita-rio, Simona Torretta è statal’unica italiana a non lascia-

re la città di Baghdad durante gli ultimibombardamenti. Nonostante i missiliCruise e i caccia Tornado, questa ra-gazza romana, studentessa di antro-pologia, volontaria in iniziative diassistenza scolastica e umanitaria,non ha lasciato l’Iraq. Niente eroismi,per carità. Ma non ha voluto interrom-pere i progetti dell’organizzazionenon governativa, la ONG “Un ponteper…”, di cui fa parte e che per primanel ’91 ha portato aiuti concreti allapopolazione, stretta tra l’incudine del-la dittatura e il martello dell’embargointernazionale.

Simona è andata per la prima voltain Iraq nel ’94 per un festival culturale.Era stata colpita da quella gente che,nonostante la povertà causata da ventianni di guerre, manteneva l’orgoglio.Così, una volta tornata in Italia, hacontattato “Un ponte per…”. Volevafare qualcosa di concreto e fu subitocoinvolta in un progetto. Oggi coordi-na un’iniziativa per procurare mate-riale didattico e riparare edificiscolastici. Ha molta voglia di fare, an-che in condizioni limite, con l’aspira-zione di riscatto per le persone cui dàaiuto.

L’eurodeputata più giovane: Vero-nica Palm. E’ ancora una ragazzina,ma sa parlare chiaro. Sogna un mondopiù giusto, meno razzista, con un lavo-ro per tutti. E’ pronta a combatterecon la noia delle Commissioni, con lapalude della burocrazia. Veronica èstata definita un “grillo parlante” di 25anni. E’ subentrata, prima fra i social-democratici non eletti nel ’94, adun’altra deputata passata a fine set-tembre all’Assemblea di Stoccolma. Ilsuo stile: andare dritta al cuore deiproblemi.

Dichiara: “In questa società i ricchidiventano sempre più ricchi, i poverisempre più poveri. E’ tutto sbagliato.Però si può ricominciare a costruireper gli altri. L’importante è comunica-

re, superare le incomprensioni. Senzaarrendersi mai”. Veronica proviene daLinkoping, una città che si trova adun’ottantina di chilometri da Stoccol-ma. Il padre, operaio statale impegna-to nel sindacato; la madre, maestradella scuola materna. A 15 anni Vero-nica faceva già parte della sezione lo-cale dello SSU, l’organizzazione deigiovani socialdemocratici. Era una ra-gazza decisa, con ideali che, esatta-mente dieci anni dopo, si è portata aStrasburgo. Si tratta delle ricette clas-siche della socialdemocrazia. Nientedi originale, però sono idee che Vero-nica sta portando in Europa con loslancio dei ventenni.

Una scrittrice ribelle: Assia Dje-bar. Figlia dell’Algeria coloniale, hascelto questo nome dopo aver scritto a20 anni un romanzo d’amore. Impos-

tSimona Torretta

Ø

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12sibile firmarlo, nel ’56, per una donnain Algeria. Così, Fatima Zohra Imal-haiene sceglie di chiamarsi Djebar,“l’intransigente”; e Assia che, nel dia-letto tunisino significa “la consolatri-ce”.

All’inizio scriveva per il piacere dicreare delle architetture estetiche. Poi,per la necessità di spiegare la tragediadel suo Paese natale attraverso la ri-cerca storiografica, che è la sua spe-cializzazione universitaria. Pubblicatanti libri, gira reportage come “Lanouba des femmes du Mont Che-noua” sulle algerine che vivono nei vil-laggi di montagna: un film che vince,nel ’79, il premio della Critica Interna-zionale alla Mostra del cinema di Ve-nezia.

Assia scrive per confessare, denun-ciare, testimoniare l’orrore. Per farluce sulla morte che da qualche anno–da quando gli integralisti del FronteIslamico di Salvezza hanno vinto leelezioni e sono stati messi fuori leggedai militari- insanguina le stradedell’Algeria. Ma Assia scrive anche perraccontare le donne, portarle fuori da-gli antri bui, dai cortili ombreggiatiche le nascondono. Scrive per svelare,almeno idealmente, gli occhi delle so-relle algerine velati dal chador.

Il padre di Assia, un insegnante, a11 anni le regala un privilegio raro,un’arma che cambierà il suo futuro: lapossibilità di continuare a studiare allascuola francese, mentre le altre coeta-nee vengono velate per rispetto dellatradizione. Finiti gli studi, per più ditrent’anni Assia vive in un peregrinarecontinuo e inquieto tra Francia e Alge-ria. Dal ’92, quando la vendetta deifondamentalisti è cominciata, la morteè ovunque. E Assia ha scelto di allonta-narsi ancora di più (“un esilio nell’esi-lio”, lo ha definito lei). Qualche annofa ha accettato la direzione di un cen-tro studi all’Università di Baton Rou-ge, Louisiana.

Sono donne forti, coraggiose chedimostrano quanto sia ricco l’univer-so femminile. Appartengono a diversenazioni, professano diverse religioni;comunque, realizzano con le loro ope-re principi che stanno alla base dellareligione cristiana e che tutti noi do-vremmo impegnarci a perseguire: l’a-more verso il prossimo, la carità, lasolidarietà.q

OPINIONI

PERCHÉ DIRE NOALLA PENA DI MORTE

di Sara Pontuale

La vita è il regalo più bello, ilprimo, il più grande che ilPadre ci ha fatto. Dio ci hadonato la vita perché noi la

facessimo fruttare, come tutto ciò checi ha concesso.

Trovare il modo di dire “Grazie” perquesto enorme regalo sembra impos-sibile, eppure è tanto facile: bisognavivere, questo vuole Dio, e dare agli al-tri la possibilità di vivere. Il dono dellavita cammina di pari passo con un al-tro dono che il Padre ci ha fatto, l’amo-re verso ogni creatura. E’ difficileperché amare significa aiutare, sop-portare, perdonare.

Questi due doni, però, non sonosempre rispettati. Non sono purtrop-po ignote a noi le notizie di suicidi eomicidi. Sono azioni orribili che van-no punite adeguatamente. In moltipaesi l’unica punizione per gli omicidiè la pena di morte.

Ogni volta che penso ad essa sentouna rabbia che scorre nelle mie vene,perché non riesco a capire come l’uo-mo, capace di amare, possa deciderecrudelmente la morte per un altrouomo. E’ orribile: si pensa a punire“sperando” che la punizione possa es-sere esemplare, ma che cosa si è risol-to? Niente. E’ solo un evento dannosoe inutile. Gli assassini hanno per casoterminato di uccidere? Hanno forsetimore della legge che punisce ucci-dendo?

La verità è che la vita ha perso il suovalore. E’ una falsa giustizia quella checondanna l’omicida e si macchia dellasua stessa colpa.

E non dipende, si badi bene, dallareligione alla quale si appartiene: l’a-more e il rispetto per la vita sono senti-menti innati in ogni uomo. Non dicoche si debba incoraggiare a compiere ireati peggiori, ma si può punire unuomo anche solo limitando la sua li-bertà.

E poi, quante volte la giustizia ha

sbagliato? La perfezione non è di per-tinenza dell’uomo.

Tante volte mi sono sentita dire: “Seci fosse la pena di morte anche in Ita-lia, non saremmo al punto in cui sia-mo. Che venga anche qui”. Iorimanevo come una “scema” a sentire, mentre ora penso che avrei dovuto ri-spondere che Dio ha donato l’Amore,che noi dobbiamo esercitare verso tut-ti e, come ho detto all’inizio, amare si-gnifica perdonare. Quando la giustiziaviene ben usata, l’assenza della pena dimorte si può vedere come una formadi perdono, poiché viene punito l’omi-

cida, il cui reato è il più riprovevole eturpe, dandogli però la possibilità dipagare e di cambiare. E’ lo stesso com-portamento che il Padre usa quandonoi siamo in peccato: ci perdona, aiu-tandoci a migliorare.

Ha suscitato la mia commozione lanotizia che, in occasione della visitadel Papa in terra americana, è statograziato un condannato a morte. Poi èsubentrata nuovamente la rabbia, per-ché penso che questa terribile punizio-ne non dovrebbe esistere, poichérifletto sempre sulla nostra condizionedi fronte a Dio: ogni nostro grave pec-cato è una spina nel fianco del Signo-re, eppure Lui non ci ha condannati amorte, ma ci ha donato la Redenzionee la Vita.q

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13OPINIONI

A proposito di fecondazione artificialedi Carmelo Parisi

Il 2 febbraio scorso è appro-data, nell’aula di Monteci-torio, la discussione sullaproposta di legge per la

normativa sulla fecondazione artifi-ciale e si è subito scatenata una furi-bonda tempesta che ha interessatonon solo il Parlamento ma l’intero no-stro Paese.

Il testo del provvedimento di legge èdifatti naufragato perché, con una vo-tazione che ha interessato, trasversal-mente, quasi tutti i gruppiparlamentari, è stato bocciato nei suoidue punti chiave, riguardanti, il pri-mo, il principio secondo cui alla fe-condazione assistita avrebbero potutoricorrere non solo le coppie regolar-mente unite in matrimonio ma anchequelle semplicemente conviventi, il se-condo, che le coppie sterili avrebberopotuto fare ricorso, per l’inseminazio-ne artificiale assistita, al seme di undonatore esterno (la cosiddetta “fe-condazione eterologa”).

La bagarre iniziata alla Camera etra i vari schieramenti politici si è este-sa, in breve, ai dibattiti televisivi, agliarticoli su tutti i giornali, agli editoria-li, più o meno illuminati, dei nostrimaggiori quotidiani nazionali, ai con-vegni e a tavole rotonde varie.

Il tema, in realtà, è scottante e moltosentito per le implicazioni di ordine ci-vile, sociale, morale e religioso checomporta e sono sorte disquisizioni suquesiti fondamentali quali: si può con-siderare coppia solamente quella rego-larmente sposata o è sufficiente essereconviventi da un certo periodo di tem-po, più o meno lungo? Il figlio di unacoppia sterile appartiene a tutti gli ef-fetti a quella coppia oppure è comun-que figlio del donatore esterno che hadonato il seme? E se lo è non sarebbeallora meglio proibire la fecondazioneeterologa? Quesiti che sono di talepeso da aver fatto rizzare i capelli a fi-losofi e teologi, figurarsi a noi comunimortali.

Ma l’appunto più arrogante, acre,ostile ed ingiurioso, e che coinvolge la

Chiesa Cattolica, è stato quello di unborioso e gonfio ex direttore ed oraeditorialista del suo giornale, quando,nel vanaglorioso tentativo di senten-ziare sull’argomento, ha attaccato an-che Sua Santità Giovanni Paolo II,osando affermare che il suo pontifica-to si è contraddistinto per “l’identifi-cazione della morale con lasessuofobia” e quando, nel medesimoeditoriale, parlando del CardinaleRuini, che aveva commentato favore-volmente il voto trasversale della Ca-mera, lo ha definito ignorante e “capo

dell’ala conservatrice e retrograda del-la Chiesa”. Come se la Chiesa Cattoli-ca in materia di matrimonio eprocreazione della prole, non avesseuna dottrina univoca, ma potesseavere un atteggiamento conservatoreed un altro progressista. Prepotente,insolente e presuntuoso: tale mi èsembrato, nello sproloquio dal suopulpito.

Il tema, dicevo, è importantissimoe, purtroppo, come al solito, in argo-menti di siffatta portata, l’Italia è ingrave ritardo, mancando ancora diuna legge che regolamenti la feconda-zione artificiale. E per capire che ope-riamo con gravissima lentezza ed inclima di vero e proprio “Far West”, ba-sti sapere che nel nostro paese opera-no ben 260 centri che si occupano diprocreazione artificiale assistita (180privati e 80 pubblici) mentre negliStati Uniti d’America, che vantanouna popolazione quasi cinque voltesuperiore alla nostra, di centri ne ope-

rano 300.E’ urgente quindi una regolamenta-

zione seria secondo principi che primadi essere definiti soltanto religiosi,sono anche civili, morali e soprattuttoetici.

E’ giusto assecondare solo le aspet-tative, pur legittime, di una coppia ste-rile o bisogna tenere in maggioreconsiderazione i diritti di chi dovrà na-scere? E’ giusto soddisfare il desideriodegli adulti e negare il diritto del figlioa sapere da chi è nato? Si può dare ri-conoscimento giuridico ad una coppiadi fatto, che convive da un periodo ditempo più o meno lungo, o non è, inverità, la nostra stessa Costituzione lasuprema garante dei diritti del figlioche deve crescere all’interno della fa-miglia intendendosi per tale solo quel-la regolarmente sposata? Nelmatrimonio esiste un contrassegnogiuridico che va oltre la volontà indivi-duale e che obbliga la stessa comunitàa farsi garante dell’unione. Credo chequesta volontà di tradurre l’unione difatto in un vincolo giuridico manchiprincipalmente proprio a coloro chehanno scelto di convivere di fatto.

Se passasse il principio contrario sirischierebbe di aprire l’accesso alla fe-condazione artificiale anche ai single oalle coppie gay. Vogliamo che i figli si“comprino” sui banconi dei super-mercati che possono esporre gli ovulifecondati? Sapete quale destino at-tende gli embrioni umani ibernati, inquesta Italia senza regole? Verrannodonati o distrutti entro 5 anni, e saran-no le coppie che firmano il “consensoinformato” preventivo a decidere dellaloro sorte! Sono talmente tanti cheormai gli addetti ai lavori parlano di“smaltimento” dei cosiddetti embrioni“soprannumerari”.

Questo mi ha infastidito soprattut-to: nelle argomentazioni di quantihanno gridato allo scandalo per labocciatura della proposta di legge, deidiritti del nascituro se ne sono occupa-ti veramente in pochi. Per qualcuno(come per quel tronfio onnisapiente )il nascituro non ha diritti in quanto,essendo nascituro, quindi di là da ve-nire, non può averne. Non esiste,quindi non ha diritti.

Semplicemente immorale!Un’altra argomentazione dei fauto-

ri della fecondazione artificiale allar-gata a tutti i costi, sarebbe quella che Ø

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

14

OPINIONI

IL TRAPIANTO DI ORGANI

di Angela Calderone

…se uno sconosciuto avesse bisogno di

un tuo gesto di solidarietà…

…se tu avessi bisogno del gesto di solida-

rietà di uno sconosciuto.

“Em e n t r edormiva,Dio pre-se una

delle sue costole, mettendocarne al suo posto; poi lacostola tolta all’uomo for-mò la donna”.

Lui era Adamo, lei Eva. Ilpasso è tratto dal Libro del-la Genesi (2,21-22). Si par-la del primo clamoroso “trapianto”.La presenza di Dio risolve a priori, nelracconto biblico, la questione etica.Non è così quando, più modestamen-te, operano gli umani. Come nel casolegato alla nuova legge sui trapianti,votata già dalla Camera, che ritorna alSenato per la definitiva approvazione.

Diverse le novità introdotte dallalegge.

• Intanto, la divisione, riportata inun’apposita tessera sanitaria, di cittadi-ni e cittadine in due categorie: donatorie non donatori. Questo in seguito aduna scelta individuale che si effettua aldiciottesimo anno di età.. Per i minori ladecisione spetta ai genitori (assenso dientrambi). Per quanto riguarda i nasci-turi, nessuno può esprimere intenzionisu chi non è ancora nato. Esclusi anchegli orfani affidati a istituti.

• La norma cosiddetta del silenzio-assenso, per cui “la mancata espres-sione della volontà…equivale ad as-

senso alla donazione di organi, tessutie cellule successivamente al decesso”.Questo, naturalmente, dopo che leASL avranno fornito tutte le informa-zioni utili. Dopo che si è stati informati,il silenzio potrà essere considerato un

“sì” implicito.Non è questa, comun-

que, nel nostro ordinamen-to la prima legge in tema ditrapianti. Il codice Zanar-delli prima e il codice Roccopoi, prevedevano pene se-vere per qualsiasi forma diutilizzazione del cadavereal di fuori di poche eccezio-ni: studi anatomici e autop-sie. Il primo tentativo di

affrontare il problema del prelievo diparti da cadavere fu fatto al 38° Con-gresso della Società Italiana di Oftal-mologia (1951) per il prelievo dellacornea.

Si dovette aspettare il 1957 per ave-re la prima legge in materia. La leggen. 235/57 autorizzava, infatti, il pre-lievo dal cadavere delle cornee e delbulbo oculare se il soggetto in vita neaveva dato l’autorizzazione. Altre leg-gi si sono poi susseguite, fino all’ema-nazione della legge n. 578/93 checonsente di stabilire con certezza qualisiano i criteri cui fare riferimento peraccertare l’avvenuto decesso.

L’Italia prova dunque a risalire laclassifica europea che la vede all’ulti-mo posto, insieme alla Grecia, per nu-mero di donatori di organi. Ma perchétanta paura sui trapianti o sugliespianti di organo? Diversi sono i fat-tori in questione. Ad esempio, credereche al momento dell’espianto degli or-

gani la persona non sia definitivamen-te morta; una certa disinformazionesulla natura e sulle condizioni di ac-certamento della morte cerebrale; laconsapevolezza di un traffico reale diorgani di bambini e di adulti; una di-minuita fiducia e un certo scetticismonei confronti dei medici e degli opera-tori della sanità.

La posizione ufficiale della Chiesacattolica e della stragrande maggio-ranza delle confessioni religiose è a fa-vore dei trapianti. Così anche gliuomini di scienza, gli eticisti, gli psico-logi, i filosofi e ogni altro gruppo diimpegno sociale si professa positiva-mente per i trapianti. Eppure a livellodi società –e cioè di consapevolezza edi accettazione da parte della gente- ilcammino va molto lento. Tanto dastrutturare leggi che inducano i citta-dini ad esprimere la propria volontànell’adesione o meno ai trapianti.

“Donare i propri organi è un gestod’amore moralmente lecito, a pattoche sia un atto libero e spontaneo”, hadichiarato il cardinale Joseph Ratzin-ger, prefetto della Congregazione va-ticana della Dottrina della Fede.Anch’io penso che donare gli organidebba concepirsi come un gesto d’a-more nei confronti di chi ne ha biso-gno. Si tratta di un atto gratuito, didisponibilità, che ogni uomo puòcompiere in qualsiasi momento. Tut-tavia, senza la formazione delle perso-nalità, senza una cultura dei trapianti,l’intervento legale di fatto dichiarereb-be il corpo del cittadino “res publica”,statalizzandolo.

Da un anno circa faccio partedell’A.I.D.O., l’Associazione ItalianaDonatori Organi. Porto sempre conme un documento in cui, oltre i mieidati personali, è scritto che io sono di-sponibile, di fronte ad una evenienza,ad offrire i miei organi per aiutarechiunque ne avesse bisogno.

Chiunque sia iscritto all’A.I.D.O.sa come è difficile affrontare questotema, riflettere sulla possibilità di que-sto evento. Per acconsentire al prelie-vo dei propri organi o di quelli di uncongiunto bisogna fare un dono molto“costoso”. Per il senso di coscienza ci-vile, di solidarietà, per amore degli al-tri, bisogna “donare” le emozioni, leresistenze, le paure, le speranze pro-prie di ciascuno di noi di fronte allamorte.q

nel nostro Paese adottare un bambinoitaliano è molto difficoltoso. Ed allo-ra? Correggiamo questa legge invecedi farne una che leda i diritti della partepiù indifesa che è poi il figlio che sivuole a tutti i costi.

Condivido pienamente l’osserva-zione arguta e sottile di Giuseppe An-zani: “Si invoca tanto la libertà discelta, ma allora cerchiamo di essererealisti. In Italia se due individui adultie responsabili vogliono stipulare un

contratto di locazione devono farlo ri-spettando determinate leggi. E la vitadel nascituro? Forse che un bambino èmeno importante di due locali più ser-vizi?”.

Auspichiamo, perciò, una legge se-ria e responsabile e, a dire il vero, sonofiducioso nel nostro Parlamento. Fi-nalmente la discussione generale, inquesti ultimi giorni, si è pacatamenteindirizzata nel binario della giusta di-fesa di valori altamente etici.q

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

15SUL FILO DELLA MEMORIA

PASSEGGIANDO PER VIA

CUCINOTTAdi Mimmo Parisi

Amo il movimento e quasigiornalmente mi capita diandare in giro per il paeseportandomi al seguito la

mia cagnetta, considerata ormai damolti un’appendice di me stesso. Neivari incontri che facciamo (in veritàpochi, data l’esigua minoranza di gen-te che usa ancora muoversi a piedi)noto, dopo il rituale saluto, che alcunibuttano subito lo sguardo oltre le miespalle per accertarsi della presenza delpiccolo animale. Le rare volte che leidecide di rimanere in casa, più pro-pensa com’è a poltrire che a cammina-re, mi costringe poi a trovaregiustificazioni varie per tutti i bimbettiche incontro per strada, ansiosi di co-noscere i motivi della sua assenza.Molti di loro si limitano a chiamarlacon il suo nome (“Miny”); altri invece,dando prova del loro coraggio, si spin-gono fino a farle qualche carezza, rice-vendone talvolta in cambio qualcheringhio di disapprovazione. E sì, an-che lei, al pari di tanti esseri umani,soffre di una velata forma di gelosiache manifesta a volte in maniera inde-siderata, quando un bambino, pen-sando di gratificarla le porge unacarezza. Mi segue lentamente, direianzi svogliatamente, lungo l’itinerariodi andata, facendomi addirittura capi-re quando, secondo lei, è arrivato ilmomento d’invertire rotta e di tornarea casa.

“Motus in fine velocior” avevanosentenziato gli antichi romani, riferen-dosi ai cavalli che verso la fine del viag-gio accelerano l’andatura quandosentono l’odore della stalla. Analogomotto si può adattare benissimo allamia cagnetta che, nel ritorno versocasa, mi precede addirittura di alcunipassi. In effetti non ama il movimentoe le strade che io percorro non posso-no certamente interessarla più di tan-to, se non per quel poco che c’è daannusare, mentre io su quelle stessestrade rivivo attraverso i ricordi un

segmento della mia vita a me tantocaro. Un vero “Amarcord”, tanto perusare un termine che fu del grande re-gista Fellini, specie quando mi capitadi percorrere le vecchie strade del pae-se dove le case che le fiancheggianonon hanno subito variazioni nel tem-po.

Una delle strade che percorro qua-si giornalmente è la via Don Silvio Cu-cinotta, anche per il semplice fatto chein essa risiedo. Ai tempi della mia fan-ciullezza questa strada non esistevaancora, ma era rappresentata in partedalla “vinella Ficara”. Più che unastrada era una carreggiabile moltostretta, tanto da impedire il transito si-multaneo di due carretti che si muove-vano in senso contrario e per questomotivo veniva evitata dai mezzi di allo-ra, quasi tutti a trazione animale. Ini-ziava dall’attuale via Cirino e, dopodue curve a esse tuttora esistenti, s’im-metteva sullo stesso tracciato dell’at-tuale via Don Silvio Cucinotta. Laprima parte, come adesso, era abitatadalle famiglie Costa, imparentate fraloro. Verso la metà, delimitata da unmuro sulla sinistra e da una recinzionesulla destra, s’intravedeva la “casa deimuti”, ancora esistente ed attualmen-te abitata dal sig. Nino Ficarra, comeerede. Subito dopo, sempre sulla de-stra, la casa di De Gaetano, inteso“Peppi d’u locu ranni”, quelle di Cuz-zupè e di don Peppino Ciraolo, per fi-nire poi sul lato sinistro con la casa delprof. Cucinotta, figlio dell’esimio dott.Eugenio, che fu il nostro medico con-dotto per moltissimi anni. Alla finedella prima curva la strada si perdevain un viottolo di campagna dove c’eraun traliccio della corrente elettrica co-nosciuto da tutti noi come “cabina”.Era lì, infatti, che ogni sera ed ognimattina si recava un nostro carissimoamico, il sig. Giovanni Bonarrigo,per accendere e spegnere le luci che il-luminavano le strade del paese. Avevaavuto quell’incarico dall’allora Socie-tà Generale Elettrica della Sicilia che,

in cambio di questo servizio, gli forni-va gratuitamente l’energia elettricaper la sua abitazione (che non dovevaessere molta, visto che allora non esi-stevano sul mercato elettrodomesticidi alcun genere). Per questo lavoro siserviva di una canna abbastanza lun-ga, in cima alla quale c’era attaccatoun uncino che serviva ad abbassare oad alzare un’apposita levetta che apri-va o chiudeva i contatti elettrici.

Il Bonarrigo era un uomo moltospassoso, sempre allegro e con l’estrodi combinare scherzi d’ogni genere ad

alcuni soggetti che, senza volerlo, glioffrivano da soli l’occasione propizia.Fra questi ultimi faceva spicco un cer-to Duca, al quale i paesani avevano ap-pioppato il soprannome di un ortaggioche, al solo nominarlo, anche involon-tariamente, lo faceva esplodere di rab-bia violenta. Chiunque parlasse con luidoveva stare attentissimo a non diremai che quel giorno avrebbe magaripreferito mangiare una buona insalatacon pomodori e cipolla. Quest’ultimaparola era per lui come una dichiara-zione di guerra o l’innesco di unabomba e, da uomo istintivo qual era, siscagliava sul malcapitato investendolodi parolacce e passando pure a vie difatto. Essendo uomo molto gracile enon valutando appieno le potenzialitàdell’avversario, come spesso accade inqueste faccende, andava per menare erimaneva menato. Sia il Duca che ilBonarrigo si recavano ogni giorno a

tMimmo Parisi con la sua cagnetta

Ø

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

16Messina col treno per ragioni di lavo-ro. Spesso, quindi, s’incontravano, onel tragitto di andata o in quello di ri-torno, e in quell’ora abbondante diviaggio al Bonarrigo non mancavanocerto le occasioni per combinarnequalcuna delle sue. Come quella voltache il Duca, tornando verso casa co-modamente seduto (si fa per dire) suun sedile in duro legno di un vagone diterza classe, stanco per il lavoro che loaveva portato in quel giorno da uncapo all’altro della città di Messina,non solo trovò il modo di appisolarsi,ma si mise pure a russare tenendo labocca aperta. Il Bonarrigo non stettesu a pensarci due volte e, dopo aver

confezionato una specie di sigaro rica-vato dal foglio di un giornale, glielomise in bocca facendo bene attenzionea non svegliarlo e gli dette pure fuocoservendosi di un cerino. Al primo re-spiro, il poverino si trovò con la gola edi polmoni invasi dal fumo, dette ingrandi starnuti e colpi di tosse e pocomancò che non rimanesse soffocato.Tutto questo, naturalmente, con gran-de sollazzo dei presenti, ossia dell’in-tero vagone, trattandosi quella volta diuna vettura senza scompartimenti.

Un’altra volta il Bonarrigo, rimastosenza posto a sedere in un treno affol-latissimo, quando già si era rassegnatoa rimanere in piedi per tutta la duratadel viaggio, spingendosi un po’ inavanti lungo il corridoio, notò il Ducadentro uno scompartimento in mezzoad altri viaggiatori. Ad uno di questiche uscì in corridoio per recarsi in ba-gno , il Bonarrigo, chiamandolo da

parte, fece capire, in maniera del tuttoconfidenziale, che quell’ometto sedu-to in fondo allo scompartimento eraaffetto da scabbia e che quindi sarebbestato prudente stare alla larga. La noti-zia si propagò in un baleno, gli occu-panti si dileguarono all’istantecambiando addirittura vettura ed ilBonarrigo trovò così il suo posto a se-dere accanto all’ignaro Duca che sichiedeva, ancora frastornato, il moti-vo di quell’improvvisa fuga.

Poco più avanti, sempre sullo stes-so viottolo, accanto alla ex cabina, c’ètuttora un cancelletto che delimita unorto, dal quale usciva molto spesso unaltro personaggio tanto caro a noi ra-gazzi che lo indicavamo con il vezzeg-giativo di “zu Vannittu” per via dellasua bassa e tarchiata statura. Percor-rendo il viottolo, egli si recava in unsuo podere in Contrada Tre Alberi,dove nel mese di giugno di ogni anno,quando le messi erano mature, lo sipoteva sentire e vedere battere ritmi-camente una zappa senza manico conl’intento di spaventare ed allontanare ipasseri che si posavano nel suo grano.“Chi faciti, zu Vanni?”, domandavo iocon tutta l’ingenuità che oggi riscon-tro nelle domande del mio nipotino.“Cacciu i pàssiri di ‘nte lavuri”, ri-spondeva lui con infinita pazienza. Iltermine “lavuri” in questo caso si rife-riva evidentemente al grano. Portavaquasi sempre con sé un piccolo fucilead avancarica di cui andava orgoglio-samente fiero perché in parte se l’eracostruito da solo. Fedele ad un suodetto che recitava: “Teni ‘a scupettasempi ghina picchì ‘a caccia po’ essirivicina”, era sempre pronto a far fuocosu qualsiasi tordo o beccafico che glicapitasse a tiro. Com’era d’uso a queitempi, annusava e masticava tabacco,guadagnandosi in tal modo il sopran-nome di “Tabaccusu”. L’usanza delsoprannome oggi è un po’ passata dimoda anche a Pace, ma ricordo chenessuno sfuggiva a questa prassi, tan-to che il soprannome finiva col diven-tare più importante del cognomestesso, specie quando non si riuscivaad individuare una persona . Ce n’era-no per tutti i gusti e talvolta bastavasoltanto una parola che all’orecchio diqualcuno suonava strana perché essarimanesse appiccicata come sopran-nome a chi l’aveva pronunciata. Un ti-

zio che era stato in Francia per ragionidi lavoro, quando s’incontrò in paesecon un vecchio amico, al momento delcommiato, si lasciò sfuggire un “au re-voir”, ed ecco che da quel momento inpoi si vide appioppato il soprannomedi “Arruà”. Consoliamoci con il fattoche questa mania non era un’esclusivadel nostro paese, ma era diffusa su tut-to il territorio nazionale e forse pureall’estero ed è notizia di qualche mesefa che a Sottomarina-Chioggia, dovela maggior parte della popolazioneporta lo stesso nome e cognome, perevitare casi di omonimia, il Fisco haautorizzato i contribuenti ad apporreaccanto alle proprie generalità anche ilsoprannome. Come dire che tutto ilmondo è paese.

Per tornare a quella che fu la no-stra cara “vinella Ficara”, oggi, mentrela percorro, non posso fare a meno diricordare con affetto quelle poche ebrave persone che in essa risiedevanoe che oggi, purtroppo, non fanno piùparte di questo mondo. Quando sonogià alla fine dell’antica “vinella”, dovel’attuale strada s’immette sulla ViaBonfiglio (già via Vittorio Emanuele),il mio pensiero riverente va all’inquili-no dell’ultima casa a sinistra. Mi sem-bra ancora di vedere l’austera figuradel nostro vecchio medico condottocav. Eugenio Cucinotta che, a passospedito, con le braccia incrociate die-tro la schiena ed il corpo proteso inavanti, si reca a piedi, come spessousava fare, al domicilio di un suo am-malato. E mi rivedo bambino, quandoinsieme ai miei compagni delle ele-mentari facevo la fila nel suo ambula-torio di via Regina Margherita n. 214(nell’attuale casa del sig. Nino La Spa-da) per farmi immunizzare dal vaiolo.Mi pare di respirare ancora l’odoreacre, ma per me piacevole, dell’alcoolche bruciava in una spiritiera posta sudi un tavolo e di vedere quel piccolo bi-sturi che di volta in volta veniva steri-lizzato sulla fiamma primadell’incisione sul nostro braccio sini-stro.

Percorrendo altre vie che rap-presentano oggi il nostro centro sto-rico potranno emergere altrisimpatici personaggi di cui magariparleremo in un prossimo numerode “Il Nicodemo”.q

ê Il tracciato della vecchia via Ficara

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

17AGRICOLTURA

Interventi sulle colture

della patata e dell’olivo

nel mese di marzoa cura della SOAT di Spadafora

Le colture più diffuse nel no-stro territorio, sono la pata-ta, tra le colture ortive el’olivo tra quelle arboree.

Al fine di ottenere da entrambe unabuona produzione, è di fondamentaleimportanza curare sia la concimazio-ne che la difesa delle piante da even-tuali malattie.

Va detto che le indicazioni relativealle due tecniche sopra citate sono dimassima, in quanto ci sono diversi fat-tori che possono determinare un mi-croclima aziendale particolare.

Patata

Per quanto riguarda la concimazio-ne della patata, gli apporti di sostanzenutritive nel mese di marzo sono cor-relati all’epoca di semina. Infatti seessa è stata effettuata nel periodo no-vembre-dicembre, in tale mese si do-vrà procedere alla secondaconcimazione azotata che va effettua-

ta a circa 30 giorni dalla rincalzaturacon 50 kg/ettaro di azoto in formaprontamente assimilabile (circa 2 ql dinitrato ammonico, ad esempio).Qua-lora la semina sia stata effettuata nelperiodo di gennaio, al momento dellarincalzatura va effettuata una conci-mazione azotata anche in questo casocon 50 kg/ettaro di azoto.

LottaLa malattia della patata più

diffusa nei nostri ambienti è laperonospora.

Essa si manifesta sulla parteaerea della pianta con ingialli-menti e necrosi (aree rinsecchi-te) sia delle foglie che del fusto.Sui tuberi invece provoca areenecrotiche sulla buccia e all’in-terno.

In presenza di elevata umidi-tà e livelli di temperatura supe-riori a 10°C è consigliabileintervenire ogni 10 giorni im-piegando i seguenti prodotti:

Ossicloruro di rame (formulaticommerciali al 50% di rame - dose daetichetta);

Solfato di rame (formulati 25%rame - dose da etichetta);

Idrossido di rame (formulati al 56%di rame - dose da etichetta);

Anilazina (formulati al 38% di p. a.- dose da etichetta);

Cymoxanil (formulati al 50% di p.a. - dose da etichetta; se usato in asso-ciazione con il rame si dimezza ladose).

Qualora comparissero sulla pianta isintomi del patogeno, si dovrà effet-tuare una difesa di tipo curativo, im-piegando i formulati commerciali checontengono i seguenti principi attivi:

Cymoxanil;Metalaxyl;Benalaxyl;Oxadixyl.

Olivo- Tecnica agronomicaPer quanto riguarda la coltivazione

dell’olivo, in corrispondenza della ri-presa vegetativa della pianta, è neces-saria la somministrazione di unaconcimazione azotata, con un quanti-tativo di azoto pari a 100 kg/ettaro diurea (circa 700 gr/pianta) o 250kg/ettaro di solfato di ammonio(circa 1 kg e 800 grammi per pianta).

- LottaAnche per l’olivo, viste le abbon-

danti precipitazioni meteoriche verifi-catesi nel mese di febbraio, conl’aumento delle temperature del mesedi marzo, potrebbero verificarsi lecondizioni ottimali per lo sviluppodell’Occhio di pavone. Gli interventi in

caso di forti infestazioni, vanno effet-tuati con Ossicloruro di rame al 50%(dosi da etichetta) oppure con polti-glia bordolese o Solfato di rame al 25%(dosi da etichetta).

In presenza di foglie di colore nero edunque di fumaggine, della qualesono responsabili diversi funghi che sisviluppano sulla melata emessa dallapianta o quella che si deposita sui ramiin seguito ad attacco di insetti, nelmese di marzo si può intervenire conprodotti a base di rame (Ossicloruro dirame o poltiglia bordolese).q

Attenzione!In caso di adesione da parte delle

aziende al Reg. C.E.E. 2078/92, ci sideve attenere per i trattamenti a quan-to previsto dal disciplinare.

Per approfondimenti e chiarimenti,contattare i tecnici della

S.O.A.T. n°1Via Sicilia, 6 - Spadafora (ME)tel e fax 090-9941703

tTuberi di patate

tFoglie di ulivo colpite da “occhio di pavone”

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Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

18HANDICAP PSICHICI

Malati di

mente a

Giammoroa cura di Franco Biviano

Dal mese di marzo 1998 èpresente a Giammoro, invia Libertà, nei locali prece-dentemente occupati

dall’Asilo Nido Comunale, una Co-munità Terapeutica Assistita, formulaburocratica che indica semplicementela presenza di una struttura nella qualevengono ospitate persone malate dimente. Al contrario di quello che è av-venuto in altri centri della nostra Pro-vincia, che hanno rifiutato la presenza

di questa C.T.A. per timore di compro-mettere la propria immagine, gli abi-tanti di Giammoro hanno instauratosin dal primo momento un rapporto dicordialità con i responsabili e con glistessi ospiti della struttura sanitaria.Ad un anno dall’insediamento, abbia-mo ritenuto opportuno rivolgere alcu-ne domande al dott. Paolo De Leo,dirigente medico della Comunità diGiammoro.

Dott. De Leo, innanzitutto vorrem-mo chiederle qual è il tipo di assistenzache gli ammalati ricevono in questastruttura.

In seno alla nostra C.T.A. si effettuaassistenza continua di 24 ore al gior-

no, grazie alla presenza di infermieried agenti tecnici. In tutto operano 13infermieri e 10 agenti tecnici. Il servi-zio viene effettuato in tre turni: dalle 7alle 13, dalle 13 alle 20 e dalle 20 alle 7.Oltre me, sono presenti una psicologa,la dottoressa Matilde Buzzanca, eun’assistente sociale, la sig.ra RosaMaria Munafò.

Quanti sono attualmente gli amma-lati ospitati e da dove vengono?

Attualmente ospitiamo 20 ammala-ti con turbe psichiatriche residenti fraSpadafora e Milazzo (con qualche ec-cezione). Sono quasi tutti ex ricovera-ti dell’Ospedale Psichiatrico“Mandalari” di Messina.

Come viene esplicata praticamentela vostra attività di assistenza?

Il ruolo della nostra struttura è uncompletamento dei vari servizi offertidal Dipartimento di Salute Mentale.In questa C.T.A. il paziente cronico o

sub-cronico vienetrattato per peri-odi medio-lunghicon lo scopo dellariabilitazione, ovepossibile. L’ospiteviene accudito, ri-educato ad assu-merecomportament ipiù idonei, a so-cializzare, in ma-niera dafacilitarne il rein-serimento nellavita di società.Possiamo dire che

lo scopo principale della C.T.A. è quel-lo di far tornare il paziente alla vita diorigine, evitando traumatismi e pre-giudizi da parte della società stessache deve accoglierli.

Per svolgere la vostra opera, usufrui-te di collaborazione esterna?

Per raggiungere le nostre finalità èfondamentale il supporto di volontari,delle famiglie e dei cittadini. La pre-senza di volontari, soprattutto, rendepiù facile al paziente la ripresa dellavita normale e allevia la sua condizionedi solitudine.

La nostra C.T.A. si avvale dell’aiutodi alcuni gruppi di volontari che colla-borano con i nostri operatori nelle va-

rie attività educative e ricreative.Siamo molto grati a tutti coloro che cihanno fornito il loro supporto esternoe la loro solidarietà. Tanto i cittadiniche l’Amministrazione Comunalehanno dimostrato sensibilità e dispo-nibilità. Sono certo che una maggioreinformazione (molti ancora non co-noscono nemmeno l’esistenza di que-sta struttura) contribuirà ad unapresenza più consistente di volontari ead una collaborazione più sentita daparte dei cittadini. In questo modo lapermanenza degli ammalati saràmeno traumatica, più terapeutica ededucativa e potremo raggiungere conmaggiore facilità gli obiettivi che ciprefiggiamo.q

Volti chedovremmosaperriconoscere

di Antonella Lipari

Li vedi camminare, sono om-bre, ombre che rasentanole pareti azzurre, quasi vo-gliano sostenersi.

Vanno avanti come macchine, a vol-te gridano, si scuotono, dibattono leloro braccia in cerca di difesa, oppurescuotono le spalle e stanno zitti perore.

Siedono per terra e fissano gli occhispenti lontano, ancora più lontano,dove nessuno sa arrivare.

Attraversano la strada guardandosiintorno come spauriti.

Parlano a se stessi, come se davantial loro sguardo ci fosse un altro uomoche li ascolta, e ci litigano, e non rie-scono a farsi mai capire da quell’uo-mo.

E poi li incontri e ti dicono: “Mi daiuna sigaretta, mi dai una sigaretta?”

Ed hanno paura dell’acqua, di la-varsi, ... e per ore possono chiederti“come chiami tu?”

Gli occhi assenti, potresti guardarliper giorni.

Ognuno di loro esprime un bisogno

tUn momento di festa alla CTA di Giammoro con amma-lati, operatori e volontari

Page 19: Anno VIII - Numero 74 pro-manuscripto 2/99 Febbraio IL ...Parrocchia S. Maria della Visitazione Pace del Mela IL NICODEMO Anno VIII - Numero 74 pro-manuscripto 2/99 Febbraio v Fogli

Il Nicodemo - Febbraio 1999 - n. 74

19diverso, vuole stare da solo e giocarecon un pupo di stoffa o un piccolo ca-mion di plastica con la ruspa, oppurevogliono stare dietro ai tuoi passi e se-guire la tua ombra.

A volte vogliono abbracciarti, strin-gerti, ma nessuno “li vuole”, non sonodi nessuno.

Non esistono chiavi di verità, i loroocchi sono un mistero, sono il mare in-finito.

E sembrano raccontarsi tante favo-le o preghiere, li vedi macinare discor-si per ore; e puoi leggere la tristezza, lospavento, lo smarrimento.

Quanto amore negato, e quellemani sole in cerca di un conforto,

sempre quel dito in bocca quasi a cer-care il capezzolo di una mamma.

Perché fa tanta paura accostarsiall’uomo della follia, perché tanti pre-giudizi e vergogne, quanti sussurri evoci soffocate nel descrivere gli atteg-giamenti, le cose “strane” che dice efa.

E’ l’uomo della croce che parla, èl’uomo della strada che parla con lavoce del “Figlio”, che ha il suo volto echiede ascolto e consolazione.

Siamo uomini e donne della do-menica, nel quotidiano scordiamoquante lacrime i nostri occhi, le no-stre labbra, i nostri gesti continuanoa seminare.q

I FATTI

NOSTRIa cura di Franco Biviano

• La Giunta Municipale ha deciso di offrire

l’ultima chance agli oltre 1200 utenti dell’ac-

quedotto comunale che da diversi anni non

pagano l’acqua. Ciò è stato possibile grazie al

comportamento colpevolmente omissivo de-

gli amministratori, per cui il credito arretrato

vantato dal Comune ha raggiunto, al 31 di-

cembre scorso, la bella cifra di un miliardo e

250 milioni. Adesso ai morosi viene addirittura

offerta la possibilità di usufruire, a richiesta,

della rateizzazione del pagamento. Si tratta di

una palese ingiustizia nei confronti dei cittadi-

ni che hanno sempre pagato puntualmente

quanto dovuto, ma, se serve ad eliminare una

cancrena, ben venga. Il forte dubbio è che an-

che questa volta si faccia … un buco nell’ac-

qua. Eppure basterebbe un minimo di senso

civico per comprendere che pagando quei sol-

di (corrispettivo di un bene ricevuto e consu-

mato!!) si consentirebbe la realizzazione di

opere e servizi per l’intera collettività.

• La potatura, la sramatura e la cimatura

degli alberi situati su aree di pertinenza comu-

nale dovrebbero essere operazioni prevedibili

e programmabili. Invece l’Ufficio Tecnico Co-

munale si è accorto, improvvisamente, dell’ur-

genza di procedere alle suddette operazioni,

per cui il Sindaco ha dovuto fare ricorso ad

una ordinanza.

• Dietro sollecitazione dell’Ufficio del Ge-

nio Civile e della Prefettura di Messina, il Sin-

daco ha disposto la pulizia generale del

torrente Muto, eliminando le discariche abu-

sive presenti, nonché la chiusura di tutti i var-

chi di accesso esistenti mediante

collocazione di tubi in conglomerato cemen-

tizio.

• Sono stati aggiudicati alla ditta GE.KA

s.n.c. di Michele Petretta i lavori di sostituzio-

ne di alcuni tratti della condotta fognaria dis-

sestati e mancanti in via Miroddi, via Luca,

via Milone, via Rosati, via Pace-Giammoro,

via Calderone, via Curriel per l’importo di £.

51.994.817, al netto del ribasso d’asta

dell’1,51%.

• Sono stati aggiudicati alla ditta Euroser-

vizi di Giuseppe Silvestro, che ha offerto il ri-

basso dell’1% (unica offerta pervenuta), i

lavori di manutenzione degli Uffici della Dele-

gazione Municipale di Giammoro

• La fornitura di 80 cassonetti per la rac-

colta dei rifiuti solidi urbani e di 30 campane

per la raccolta differenziata (10 per il vetro e

l’alluminio, 10 per la carta; 10 per la plastica)

è stata affidata alla ditta TECH.SERVIZI s.r.l.

di Siracusa per l’importo di £. 49.921.720, al

netto del ribasso d’asta del 19, 74%.

FLASH

MUSICALI

a cura di Lori D’Amico

u LA CAREY CANTA L’OPE-RA. Mariah Carey fa la cantanted’Opera, ma soltanto in un film: ladiva del pop ha appena finito di re-citare in “Lo scapolo”, una pellico-la in cui la si vede intonare un’arialirica in italiano. Il film, con ChrisO’Donnel, racconta la storia di unuomo che ha fatto una scommessa:se troverà moglie in 24 ore, vinceràcento milioni di dollari. L’ex mogliedi Tony Mottola canta effettiva-mente un’aria, ma i suoi acuti sonostati doppiati.

u KARAOKE ANCHE LIRI-CO. Dopo il grande successo nelcampo della musica popolare, ilkaraoke debutta ora nella lirica conl’uscita in Gran Bretagna di unaserie di cd che permetterà ad ogniaspirante soprano, baritono o te-nore di interpretare le arie più fa-mose delle maggiori opere italianee francesi. I cd di “Cantolopera”includono, infatti, 140 arie tratteda 58 opere. I dischi, da usare conun computer ed un microfono, tra-smetteranno sullo schermo le pa-role e le note da cantare con tantodi accompagnamento d’orchestra.Volendo, il solista può scegliere diaccoppiare la propria voce a quelladi un artista già affermato per darevita a duetti da brivido.

u PINO DANIELE, NUOVOSINGOLO. Uscirà l’11 marzo ilnuovo album di Pino Daniele inti-tolato “Come un gelato all’equato-re” e conterrà dodici canzoni, tredelle quali vedranno ospite Rossa-na Casale. Il singolo “Neve al sole”è un’invocazione alla donna ama-ta, all’amore e a Dio: “O Signore”,canta Pino Daniele nel ritornello,“quante cose si fanno ancora peramore; o Signore, fa’ che io ritrovilei”.q

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VITA AMMINISTRATIVA

CONSIGLIERI O … FUGGIASCHI?di Franco Biviano

E’ risaputo che “Il Nicode-mo” intende tenere apertigli occhi dei cittadinisull’attività degli Organi-

smi elettivi per educare tutti, soprat-tutto i giovani, all’esercizio del poteredemocratico di controllo. E’ in questafunzione che intendiamo suscitareuna riflessione sul comportamento te-nuto da alcuni Consiglieri Comunali almomento di affrontare la discussionedel progetto di lottizzazione conven-zionata presentata dalla ditta Rosa Pu-leio di Giammoro.

Noi cittadini non abbiamo dato ilnostro voto a manichini, ma a personefisiche reali, con un volto e con idee intesta. Ci sorprende, quindi, che allaprima occasione seria di valutazionedi un fatto importante, due soli Consi-glieri su quindici abbiano preso unaprecisa posizione, mentre gli altri tre-dici hanno abbandonato il campo o sisono astenuti dal votare.

Da elettori non possiamo assoluta-mente avallare un simile comporta-mento. Il mandato elettorale va assoltocol bel tempo e col cattivo tempo.Ogni Consigliere ha i mezzi per infor-marsi e farsi la sua personale convin-zione se una proposta va approvata orespinta. E quando una proposta vienerespinta, i cittadini hanno il sacrosan-to diritto di sapere perché. Ci doman-diamo se alle prossime elezioniamministrative questi Coniglieriavranno l’ardire di riproporre la pro-pria candidatura.

Per dare ai cittadini un’informazio-ne completa, pubblichiamo per interol’intervento del Consigliere FrancescoRusso, uno dei due (l'altro è statoFrancesco De Gaetano) che hannoespresso con chiarezza il proprio voto.

“L’argomento in questione sembraessere diventato l’oggetto misterioso diPace del Mela, come se dietro di questosi mascheri chissà quale mistero o in-trigo da cui più o meno vigliaccamentepare che tutti fuggono.

Io credo di dovere interpretare al

meglio il mandato datomi dai cittadiniPacesi, ed in quest’aula credo di avereil sacrosanto Dovere di assumermi leresponsabilità di Uomo nonché diConsigliere comunale eletto dal Popo-lo, esprimendo in positivo o in negativoquanto ritengo sia utile o nocivo all’in-teresse supremo della Comunità Pace-se che rappresento, a prescindere dallerecondite strategie di Parte o dalle al-chimie di certa Politica.

Pertanto, entrando nell’argomento,pur non avendo la presunzione di esse-re un esperto della Materia, mi permet-to di fare alcune considerazioni.

Preliminarmente apprezzo l’onestàdi chi è presente in que-st’aula assumendosi lapropria responsabilità.

Poi vorrei porre all’at-tenzione, specialmentedei colleghi di maggio-ranza, ed in particolare aquelli assenti, che l’argo-mento in questione è sta-to ritirato dall’Ordine delgiorno del Consiglio Co-munale precedente, es-sendosi rilevato che nell’ambitodell’area in questione era stato rilevatoun abuso edilizio in corso di definizio-ne.

Ecco questo deve far riflettere un po’in tanti. Perché avviene questo? Sicu-ramente perché ai nostri cittadinimancano gli strumenti utili perchévengano assecondati e diretti nellaprogrammazione degli interventi edili-zi, e quindi forse, più che nascondercidietro ipotesi disfattiste e repressive,Consideriamo un attimo che gli impu-tati potenziali di tutto ciò siamo noidella Classe Politico-Amministrativain atto operante a Pace del Mela che ècarente nei confronti dei Cittadini.Siamo sempre pronti a cercare di con-trollare drasticamente ed a reprimere levolenterose iniziative dei Pacesi, comein questo caso, quando invece in epo-che recenti ed anche in atto, risultiamodisponibili al limite del servilismo neiconfronti di capitali esterni che inve-stono nel nostro territorio utilizzandol’area A.S.I. procurando i danni am-

bientali di cui siamo tutti a conoscen-za; e poi finisce che quando operanocapitali esterni, quelle sono iniziativeimprenditoriali da dovere assecondare,quando invece propone gente del Luo-go che da lavoro a Pacesi ecco che scat-tano le illazioni più balorde comePerseguimento di Interessi, Intrallazzi-smo; forse purtroppo invece le dovrem-mo chiamare Invidia, o tendenza alControllo Politico.

Ora sull’argomento ho voluto infor-marmi preliminarmente per cercarnedi capirne di più, ed a quanto mi è datocapire, qualunque cosa si voglia far ap-parire o credere, l’iniziativa propostarisulta assolutamente utile alla Comu-nità Pacese intera per i seguenti motivi:

1)Intanto l’opera è supportata daipareri favorevoli di tutti gli organi tec-nici che si assumono la responsabilità

specifica , e di questo nondebbo temere oltre.

2)L’opera prevede larealizzazione a cura espese della ditta propo-nente di nuova viabilità,di parcheggio e spazio averde determinante unapiazza, che verrà comple-tamente ceduta al Comu-ne, cosa che non so fino ache punto vedremmo mai

realizzata su iniziativa Comunale; anzice ne fossero tante di queste iniziativenell’ambito Comunale

3)L’opera prevede un insediamentoartigianale teso a potenziare un’azien-da locale che già occupa mano d’operalocale, e che con questo suo program-ma operativo non può che creare svi-luppo alla nostra comunità ed ulterioriopportunità alla realtà occupazionalelocale, e stavolta con conseguenze diordine inquinante assolutamente nul-le.

Tali motivi mi rendono assoluta-mente convinto ad esprimere voto fa-vorevole, sicuro che così facendo horeso un servizio non già alla ditta pro-ponente, bensì all’intera Comunità Pa-cese, ed anzi colgo l’occasione peresprimere ai colleghi di questo consi-glio comunale, sicuramente più espertidi me nella materia urbanistica, l’invi-to a che nell’iter di adozione del tantosospirato P.R.G. si creino condizioniper promuovere iniziative del genere”.

23/12/98 Francesco Russo