Anno Accademico 2016/2017 - giurisprudenzapenale.com · criminologia e suggerimenti per una...
Transcript of Anno Accademico 2016/2017 - giurisprudenzapenale.com · criminologia e suggerimenti per una...
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
TESI DI LAUREA IN
DIRITTO PENALE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
LA CORRUZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA E IL
FENOMENO DELLA CORRUZIONE DEL PARLAMENTARE
Relatore Candidato
Ch.mo Prof. Amilcare D’Andrea
Giuseppe Amarelli Matr. M09001009
Anno Accademico 2016/2017
2
3
A mia madre.
A Maria Livia, complice compagna di vita.
4
LA CORRUZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA E IL
FENOMENO DELLA CORRUZIONE DEL
PARLAMENTARE
INDICE
Capitolo I
Cenni storici e comparatistici: la corruzione dall'età
antica ai giorni nostri, nel tempo e nello spazio
1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al
Parlamento………………………………………………………………..pag. 8
SEZIONE I. Brevi cenni storici.
1. La corruzione da una sponda all'altra del mar Ionio……………….. .pag. 16
2. La morale cristiana, il medioevo e l'epoca moderna………………...pag. 19
SEZIONE II. Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil law,
common law, e diritto transnazionale
1. La Francia e l’ unilateralità delle condotte……………..………………pag. 26
2. La Spagna e la dubbia bilateralità…………………………………….pag. 35
3. La Germania e l'anticipazione del controllo penale…………..………pag. 41
4. Il Regno Unito e il controllo dei reati funzionali. In particolare: la
corruzione del parlamentare esclusivamente come vendita di potere
decisionale…….........................................................................................pag. 45
5. Gli Stati Uniti d'America: tra lezioni di criminologia e suggerimenti per una
regolamentazione internazionale………………………………………..pag. 52
5
6. La corruzione oltre i confini nazionali……………………………….pag. 63
Capitolo II
La rilevanza economica, sociale e politica della corruzione
1. La rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo
occidentale................................................................................................pag. 71
2. La devianza tra impatto economico e psicologico……………….......pag. 79
3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima
diffusa”………………………………………………………………….pag. 84
4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad
oggi………………………………………………………………….......pag. 88
4.1 Segue: i fattori che alimentano la corruzione……………….pag. 97
5. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica……………..pag. 100
Capitolo III
Le risposte del legislatore
1. Quadro normativo del post-Tangentopoli…………………………...pag. 103
2. La legge 190/2012…………………………………………………..pag. 110
2.1 Segue. L’abbandono dell’esclusività dell’azione penale: la tutela
amministrativa…………………………………………….…...pag. 116
3. La repressione penale nella legge 190/2012. I principi
ispiratori……………………………………………………………….pag. 127
4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto sulla dogmatica e
6
sui giudizi……………..........................................................................pag. 133
4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso………………….pag. 141
4.1. b. Segue: dolo……………………………………………..pag. 148
4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze………….pag. 150
5. Il concorso di persone e i rapporti con altre figure di reato………...pag. 153
5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite……pag. 156
5.1. b. Segue: in particolare, corruzione e concussioni………..pag. 161
6. Critiche……………………………………………………………..pag. 164
6.1. a. Le corruzioni al vaglio della determinatezza-tassatività: il
principio di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319
c.p.…………………………...………………………………….pag. 169
6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente…………………………..pag. 176
7. La legge 27 maggio 2015, n. 69…………………………………....pag. 186
8. Corruzione politico-amministrativa, lobbying e corruzione
privata…………………………………………………………………pag. 190
8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla corruzione in Francia con
obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle
imprese………………………………………………………….pag. 207
Capitolo IV
La corruzione nel sistema politico e la corruzione del
parlamentare
1. Crisi dei partiti e disciplina della politica…………………………...pag. 213
2. Qualifiche soggettive………………………………………………..pag. 234
3. La corruzione del parlamentare. Introduzione………………………pag. 244
7
4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana………………...pag. 247
5. Tra diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare…………..pag. 252
6. Popolo, nazione e vincolo di mandato……………………………...pag. 256
7. Immunità…………………………………………………………….pag. 264
7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti
dati nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la
corruzione……………………………………………………....pag. 272
8. Casistica al vaglio della Giunta per le autorizzazioni a
procedere………………………………………………………………pag. 277
9. Discrezionalità, voto e corruzioni…………………………………..pag. 281
9.1 Segue: Il Leading-Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del
Tribunale di Napoli in tema di corruzione del
parlamentare................................................................................pag. 289
Conclusioni…………………………………………………………….pag. 300
Bibliografia……………………………………………………………pag. 307
Ringraziamenti…………………………………………………………pag. 319
8
CAPITOLO I
Cenni storici e comparatistici: la corruzione
dall’età antica ai giorni nostri, nel tempo e nello
spazio
1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al Parlamento - SEZIONE I. Brevi
cenni storici - 1. La corruzione da una sponda all’altra del mar Ionio - 2. La morale cristiana, il
medioevo e l’epoca moderna - SEZIONE II. Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil
law, common law, e diritto transnazionale - 1. La Francia e l’unilateralità delle condotte - 2. La
Spagna e la dubbia bilateralità - 3. La Germania e l’anticipazione del controllo penale - 4. Il
Regno Unito e il controllo dei reati funzionali. In particolare: la corruzione del parlamentare
esclusivamente come vendita di potere decisionale – 5. Gli Stati Uniti d’America: tra lezioni di
criminologia e suggerimenti per una regolamentazione internazionale - 6. La corruzione oltre i
confini nazionali
“Le norme sociali, la cultura, la storia di un paese,
svolgono un ruolo cruciale nella trasmissione o meno di
comportamenti inclini alla corruzione.
Alcune teorie considerano la corruzione
un caso di frequency-dependent
equilibrum [Andvig e Moene 1990],
in cui la persistenza del fenomeno corruttivo dipende
dalla sua stessa frequenza. […]
In un contesto di questo tipo, l’individuo
trova minore convenienza a rimanere onesto,
e quindi corrompe o si lascia corrompere”1
1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al Parlamento
Corrumpere: deteriorare, infrangere. In senso figurato, guastare sul
1 N. FIORINO e E. GALLI, La Corruzione in Italia, Il Mulino 2013, pagg. 62 e ss.
9
piano interiore, traviare, viziare nel proprio essere.
La corruzione ha un’origine antica, anche più dell’etimo da cui la
parola trae origine. Oggi la semantica tende a circoscrivere sempre più spesso
il significato di questo termine negli ambiti della politica e delle istituzioni,
come a segnare una crepa, una rottura della integrità richiesta dal rivestimento
di un ruolo, un cedere all’avidità, l’abbandonarsi ad un tradimento che
infrange un patto di fiducia stipulato con chi ha concesso un determinato
potere. L’agente è dipinto inghiottito da una fame atavica di accumulo,
possesso, guadagno, in un contesto di accidia istituzionale.
Accanto alla questione relativa all’individuazione dei comportamenti
corruttivi di rilievo penale ed alla conseguente necessità di stabilire una
comune soglia di “minimo garantito”, bisogna affiancare anche il significato
del termine legato all’etica decadente, richiamato da una morale violenta
spesso espressione di un ordinamento violento, come ad esempio uno stato
teocratico: la corruzione può anche coincidere con la ricerca voluttuosa
dell’imperfezione umana. Sappiamo bene che non sono rari i casi di accuse di
corruzione morale o materiale, per varie e spesso indefinite condotte tenute, da
parte di regimi per mantenere l’ordine costituito.
Da queste prime riflessioni si comprende da subito l’esigenza , per gli
obblighi di criminalizzazione in materia, di circoscrivere l’ambito di interesse
rispetto a tematiche correlate nel contesto economico, politico e sociale.
Il penalista si trova di fronte ad un bivio: affrontare tout court i delitti di
corruzione, meccanicamente organizzati nel parto positivista del codice
Rocco, anche se novellati negli anni, oppure alzare lo sguardo con la
consapevolezza delle varie concause e delle eterogenee conseguenze che
vanno a stratificare interdisciplinarmente la materia.
Per questi motivi, legati agli aspetti criminologici, politici, economici, i
10
paesi di lingua inglese, tedesca e spagnola differenziano la corruzione “in
generale”, penale ed extra-penale, in cui rientrano anche i delitti di corruzione
stricto sensu e concussione, determinate forme di peculato, abuso d’ufficio e
finanziamento illecito ai partiti, dal delitto penalmente previsto, tramite una
bipartizione lemmatica: corruption e bribery, Korruption e Bestechung,
corrupciòn e cohecho2.
Come si può intuire dalle premesse, questo studio non prescinderà dalle
analisi economiche, statistiche, sociologiche, criminologiche e politiche, per
fornire un quadro completo della realtà perché, come insegna la scuola
tedesca, un diritto penale lontano dalla realtà è un diritto penale inefficace3. Il
modello integrato di scienza penale deve confrontarsi con le nuove questioni
sociali e le loro origini.
“Da tempo si avanza – al punto che l’osservazione può dirsi scontata tra
i penalisti delle ultime generazioni – l’idea di una dogmatica e di una
sistematica penalistiche ‘orientate in senso politico-criminale’. Connaturata a
questa evoluzione è l’esigenza, che il diritto penale dovrebbe avvertire, di
offrire una giustificazione delle proprie decisioni sulla base delle conseguenze
che esse, non solo in seno al sistema giuridico, ma anche in relazione a
‘situazioni di fatto’, sono destinate a produrre. Ciò comporta la assunzione,
come ‘forma di pensiero del giurista’, del vincolo a una serie di variabili
empirico-sociali, con la necessità dunque di farsi guidare anche dal
Leitgedanke costituito dalla ‘natura delle cose’ (Natur der Sache), per dirla
con Radbruch”4.
2 Cfr. A. SPENA, Il “turpe mercato”. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica, Giuffrè,
Milano 2003, pag. 3. 3 Cfr. C. ROXIN, Strafrecht Allgemeiner Teil, Vol. 2, Monaco 2003, pagg. 227 e ss.; W. HASSEMER,
Warum Strafe sein muss. Ein Plädoyer, Berlino, 2009, pag. 94. 4 G. FORTI, Paradigmi distributivi” e scelte di tutela nella riforma penale-societaria. Un’analisi
11
In relazione al tema trattato, non è possibile oggi negare l’enorme
difficoltà con cui si cerca di porre rimedio ad un problema insito da tempo
nella subcultura italiana, aggravato anche dal cronico ritardo dei legislatori
italiani, sottovalutando che “una patologia alla lunga porta, come in tutti gli
organismi, a uno stato di immunodeficienza irreversibile”5. La stessa
previsione, ad esempio, del reato di concussione così come delineato nel
nostro codice, una specifica fattispecie di reato contro la Pubblica
Amministrazione non previsto in molti ordinamenti (se non come fattispecie di
estorsione aggravata), dimostra l’esistenza ben radicata di una condotta che,
evidentemente, caratterizza il settore pubblico italiano. A questo si aggiungano
i numerosi casi di corruzione ambientale o endemica, allorché all’interno di un
dato sistema – ente, articolazione amministrativa etc. – la corruzione non è un
atto criminoso isolato, bensì si atteggia a vera e propria prassi: un modus
operandi e addirittura vivendi diffuso, tale da instaurare una permanente
induzione verso detta fattispecie delittuosa.
La questione sembra acquisire rilevanza in fasi alterne nel dibattito
pubblico, inscindibilmente legata allo scandalo di turno che investe alti
esponenti della società, inducendo così la classe politica a proporre, e più
raramente ad approvare, progetti di riforma. “La rappresentazione della
criminalità economico-amministrativa si presenta scissa in due versioni:
generalmente le notizie si connotano per un alto grado di tolleranza nei
confronti di questi atti, avvertiti per lo più alla stregua di ‘peccati veniali’ (di
Kavaliersdelikte), e la cui persecuzione non trova efficace riscontro e
condivisione nella coscienza sociale anche per l’alto tasso di tecnicismo che li
critica, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2009, 04, pag. 1609.
5 G. FERRERO, Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della legalità,
Editori Riuniti, Roma 1996, pag. 87.
12
contraddistingue. L’impostazione indulgenziale scema del tutto però quando
questi reati assumono vaste proporzioni, ossia quando coinvolgono numerose
vittime, ovvero quando il dissesto economico […] assume le dimensioni del
disastro”6. Questo non è sempre legato alla gravità della situazione, ma
all’approvazione democratica in campo politico, accentuando il carattere di
reato massmediatico della “corruzione che si intende combattere”. Come
venne fatto notare, successivamente all’emersione di Tangentopoli, “nel teatro
dei mass media si sentono spesso recite strumentali ad interessi di parte, nelle
quali i fatti sono deformati, e i temi della giustizia degradati a strumento di
pressione e (forse) merce di scambio nel mercato politico”7.
La capillarizzazione del fenomeno corruttivo ci invita a citare a titolo
meramente esemplificativo, oltre l’inchiesta “mani pulite” del 1992 e le
conseguenti dissoluzione dei partiti dell’area di governo, delegittimazione e
clima di radicale sfiducia verso il “vecchio” ceto politico che ne sono derivate,
anche le recenti inchieste come “Expo Milano 2015”.
La retata sull’Expo di Milano è scattata a maggio 2014: “uno choc, una
sorta di risveglio collettivo dopo anni di torpore generale”, a ricordarci la
continua presenza di un sistema e, inoltre, la sua evoluzione. L’esposizione
universale – che per l’Italia doveva essere la vetrina di un riscatto
internazionale – si dimostrava infettata da un giro di tangenti, a quanto pare
gestite inoltre da soggetti arrestati e condannati più volte all’epoca di Mani
Pulite. Vent’anni dopo si dimostrano ancora capaci di manovrare
l’assegnazione di appalti per opere di grande rilievo, una “gerontocrazia”
espressione della fine di un partito, ma non del potere. L’essere pregiudicato,
6 C. E. PALIERO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed “effetti penali” dei
media), in Riv. it. dir. proc. pen. 2006, 49, pag. 497. 7 D. PULITANÒ, La giustizia penale alla prova del fuoco, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 01, pag. 3.
13
il casellario firmato da certe condanne, si è dimostrato un curriculum capace
di accrescere autorevolezza nel settore.8
Nel 2012 si parlava di una perdita di denaro pubblico in Italia di 60
miliardi di euro l’anno la quale, alla luce dei 120 miliardi di euro (l’1% del
PIL dell’Unione) persi per lo stesso fenomeno criminale analizzato sul
territorio comunitario, ha portato a ritenere che metà dell’attività criminosa
corruttiva del continente europeo fosse “territorializzata” in Italia9.
È risaputo che le statistiche, pur essendo altamente affidabili non
possono pienamente soddisfare l’esigenza di valutazione di una fattispecie
“estremamente difficile da definire e ancor più da misurare e valutare”10
. Nel
diritto penale, in generale, il ricorso a dati statistici non può dirsi mai
“tranquillizzante”, visti soprattutto i dubbi di scientificità degli stessi, ma
ancora più cristallizzato è il dubbio in un settore come quello della corruzione,
spesso caratterizzato da “criminalità sommersa” e “cifre oscure”.
Ma di sicuro è un necessario e indiscutibile punto di partenza, in quanto
il numero rivela un fatto, e “un positivo governo dei processi ha a che fare con
i fatti; oltre che con i valori, anche i fatti vanno considerati nell’argomentare e
controllare le soluzioni; ed i fatti (a differenza dei valori ultimi) sono
assoggettabili a verifica o falsificazione empirica”11
.
Al di là del danno erariale, un’importante quantificazione del fenomeno
è data dalle statistiche giudiziarie sui procedimenti penali e sulle condanne per
reati di corruzione; dai sondaggi condotti sull’intera popolazione, relativi a
8 R. CANTONE, Il male italiano, Milano, 2016, p. 35.
9 Cfr. Corte dei Conti, Sezioni Riunite, Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2012,
Relazione scritta del Procuratore Generale Lodovico Principato, 16 febbraio 2012, p. 100. 10
Cfr. N. FIORINO e E. GALLI, La corruzione in Italia, Il Mulino 2013, pag. 17. 11
A. BONDI, A. DI MARTINO G. FORNASARI, Reati contro la pubblica amministrazione, Torino,
2004, pp. 20 – 21.
14
esperienze dirette, e dagli indicatori basati sulla percezione di esperti riguardo
alla diffusione del fenomeno12
. Come nel 2012, siamo spinti a “ritenere la
sussistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione praticata
e corruzione denunciata e sanzionata: se la prima è ampiamente lievitata, la
seconda, invece, si è in modo robusto ridimensionata”13
.
La corruzione, come si cercherà di evidenziare in questo lavoro, si
alimenta di potere situazionale, addirittura fino ad indebolire lo strumento
terapeutico, il politico-legislatore, dalle amministrazioni locali al Parlamento.
Come un retrovirus, attacca specificamente le cellule deputate al sistema di
difesa, la produzione legislativa e il controllo amministrativo, lasciandoci
sprovvisti di protezione. Immuno-compromessi, si è maggiormente esposti a
tutte le altre infezioni. Per questo motivo si affronterà anche la disciplina della
politica. La corruzione rimane ancora una “questione morale”
inscindibilmente legata alla classe politico-amministrativa, la prima ad ergersi
a tutrice del bene pubblico e della trasparenza spesso, però, con “recite
strumentali”.
“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri,
dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione,
bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La
questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato
da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra
tra bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di
12
A. VANUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in B. Mattarella – M. Pelissero (a
cura di), La legge anticorruzione: prevenzione e repressione della corruzione, cit., pg. 29. 13
COMMISSIONE PER LO STUDIO E LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE NELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. La corruzione in Italia. Per una politica di prevenzione.
Analisi del fenomeno. Profili internazionali e proposte di riforma. Ministero per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, Roma, ottobre 2012, p. 12.
15
governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco
perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco
perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento
soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause
politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si
continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di
allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude”14
14
E. BERLINGUER, da un’intervista a La Repubblica, 28 luglio 1981. La “questione morale”
sollevata nel 1981 dal segretario del PCI Enrico Berlinguer, in una nota intervista con Eugenio
Scalfari sul quotidiano La Repubblica, fu uno dei primi tentativi di inserire la questione della
corruzione ( e delle tematiche affini in primis la concussione) nell’agenda politica.
16
SEZIONE I
Brevi cenni storici
1. La corruzione da una sponda all’altra del mar Ionio
Il dono proposto al soggetto gerarchicamente superiore, idoneo a creare
un rapporto sinallagmatico, sin dalle epoche più antiche è stato identificato
con un termine che distinguesse dall’offerta disinteressata. È stato infatti
evidenziato, quando i curatori inglesi del codice di Hammurabi tradussero una
(tra le 282 sentenze raccolte) sentenza di condanna nei confronti del giudice
che cambia la sua decisione, che nella cultura dei mesopotamici si parla solo
di questa forma retroattiva di corruzione. Il re mesopotamico minaccia
l’espulsione permanente dagli uffici a quei giudici che si fanno corrompere per
cambiare parere, poiché l’assenza di questa norma compromette la sacralità
che circonda il giudizio. Vi è un costume, nella società mesopotamica, di
offrire doni nella società, ma è (rectius, sembra essere, in base alle attuali
conoscenze) solo questo dono (tatu) ad essere punito15
.
Nella civiltà ebraica le critiche sociali si riferivano al dono non proprio
disinteressato (shohadh) in ambito giudiziario. Sul monte Sinai, dopo aver
dettato i suoi comandamenti, Dio diede a Mosè altre istruzioni per Israele:
“Non dare notizie false. Non dar mano a un empio facendo da testimone
iniquo. Non seguire la folla per fare il male e non deporre in un processo,
piegando in favore dei più per pervertire la giustizia. Non favorire nemmeno il
più povero nel suo processo […]. Non violare il diritto del povero del tuo
15
Cfr JOHN T. NOONAN JR., Bribes (Macmillan Publishing Company, New York City, New York,
U.S.A 1984. Tradotto dall’americano da S. FUSINA e A. CARRER)
17
popolo nel suo processo. Tieniti lontano dalla causa menzognera. Non fare
morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole. Non
accettare regali, perché il regalo acceca i chiaroveggenti e sovverte la causa
dei giusti”16
.
Il fenomeno comincia a sistematizzarsi nell’antica Grecia, dove è
possibile trovare i primi riscontri che permettono di intendere la corruzione
come atto economicamente dannoso per la collettività. Nel 324 a. C., con una
eccezionale alleanza politica tra i democratici radicali anti-macedoni e i
moderati pacifisti, si mise in stato di accusa l’allora celebre (per le orazioni
contro Filippo II di Macedonia) Demostene, per essersi impossessato delle
somme depositate sull’Acropoli dal tesoriere Arpalo, destinate ai giochi
olimpici. L’accusa fu diretta dal membro della sua stessa fazione, l’anti-
macedone Iperide, che con il fervore delle sue orazioni (che lo resero celebre)
portò intenso interesse e conseguente terremoto politico nella polis, nonché
alla condanna17
. L’epitaffio, dopo il suicido di Demostene, ha una carica
evocativa, atta a dimostrare che corruzione e demagogia sono complementari
nella Atene democratica del V e del VII secondo a.C.: “Invidiare chi si lascia
corrompere, ridere se lo riconosce apertamente, assolvere chi è stato colto in
flagranza di reato, odiare chi vorrebbe metterlo sotto accusa”18
.
A Roma, come l’ Aulularia rappresentava nei teatri cittadini tra il 200 e
il 191 a.C., cominciava a delinearsi il declino dell’integrità morale dell’Urbe.
Catone il Censore segnalò il malcostume politico e sociale del Senato,
16
Esodo 23:1.3, 6-8. 17
Cfr. PLUTARCO, Vita di Demostene, in Vite Parallele, introduzione e traduzione di C.CARENA,
Einaudi, 1982. 18
C. A. BRIOSCHI, Breve storia della corruzione. Dall’età antica ai giorni nostri,TEA, Milano 2004,
pag. 31.
18
l’evasione fiscale e l’abuso di potere: “I ladri di beni privati passano la vita in
carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori”19
.
Il percorso corruttivo partiva proprio dai governatori locali, i soggetti
più inclini alla violazione della legge. Le campagne elettorali richiedevano un
investimento imponente di denaro e di conseguenza ogni romano illustre
doveva finanziarsi indebitandosi e firmando compromessi e clientele20
.
Successivamente, tra il 73 e il 71 a. C., viene a delinearsi quello che poi è stato
definito come “l’archetipo originario del tangentocrate incallito”21
. Il
propretore di Sicilia Verre rubò all’erario romano oltre quaranta milioni di
sesterzi e spalancò le porte ad un “puerile” Cicerone, investito di un enorme
prestigio perché a difendere Verre era Quinto Ortensio Ortalo, considerato il
più grande avvocato dell’epoca. Interessante è analizzare l’accusa formulata
da Cicerone, che focalizza sulla prepotenza della nobiltà corrotta, ma non
sull’istituzione senatoria, nei cui confronti viene ricordata la dignità di tale
ordine affinché estromettesse i membri indegni22
. Il successo editoriale delle
Verrine, che segnarono la condanna a morte di Verre, portarono il giovane
Cicerone al centro della scena politica romana.
Qualcuno direbbe che la presenza della corruzione nella Grecia antica e
nella Roma imperiale non ha impedito la nascita e lo sviluppo della grande
civiltà ellenica e romana. Ogni democrazia impone il conferimento di poteri, e
ogni potere, quindi ogni organismo democratico racchiude, teoricamente in
stato latente, la corruzione. Potrebbe allora considerarsi impossibile estirpare,
ma necessario prevenire e reprimere, ogni sua manifestazione.
19
A. GELLO, Noctes Atticae: liber III, Giardini, Pisa 1993, pag. 173 20
F. GATTUSO, Nell’antica Roma la corruzione nacque con il latte della lupa, su storiain. 21
C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 40. 22
Cfr. PLUTARCO, op. cit., pag. 121.
19
Come emerge dai successi di chi ha accusato già dall’antica Grecia, da
sempre si nota anche l’elemento massmediatico che porta a far coincidere il
tutore-oratore con il “paladino dell’interesse pubblico”, anche con risvolti
demagogici intesi a stravolgere un determinato ordine politico. Al contrario, se
comunque non viene condannata, la decomposizione del tessuto democratico
va difficilmente ad arrestarsi. Il rischio è sempre quello di sprofondare
nell’antipolitica, nell’estremismo della repressione, nel populismo che
vorrebbero porci anche nella condizione di abbandonare il concetto stesso di
democrazia.
2. La morale cristiana, il medioevo e l’epoca moderna.
La corruzione, intesa come rapporto strutturato su sinallagmi sia
genetici che funzionali tra soggetti delle stesse classi sociali o gerarchicamente
distanti, sembra affievolirsi tra il 400 d.C e l’anno mille23
. Un dato molto
interessante, in quanto verso la fine dell’Impero romano d’Occidente emerge
nel tessuto sociale la grande diffusione della morale cristiana. Ma verrà solo ad
inserirsi differentemente nel tessuto sociale, perché tra l’espansione del nuovo
credo e il reale esercizio del potere si instaurano nuove (e si infittiscono le)
esistenti casistiche della corruzione. Cominciano a piantarsi le radici, nella
cultura cristiana, giustificate dalle letture del Nuovo Testamento, di quelle che
saranno le pratiche simoniache24
. E’ celebre l’episodio in cui Simone, appena
23
J. T. NOONAN JR., Ungere le ruote. Storia della corruzione politica dal 3000 a.C. alla Rivoluzione
francese, SugarCo 1987, pp. 72-73. 24
“Or vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche, e faceva
stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un qualcosa di grande. Tutti, dal più piccolo al più
grande, gli davano ascolto, dicendo: Questi è la ‘potenza di Dio’, quella che è chiamata ‘la
Grande’.” (Atti, 8,9-10).
20
conosciuti gli apostoli Pietro e Giovanni arrivati da Gerusalemme per
battezzare alcuni convertiti, “offrì [loro] del denaro dicendo: ‘Date anche a me
questo potere affinché qualsiasi persona, a cui imporrò le mani riceva lo
Spirito Santo’ ”25
.
Dalla documentazione di Sant’Agostino sulla casistica della corruzione
di giudici e funzionari, si rinviene che oltre le offerte d’oro e d’argento, i
munera classici, abbiamo “presenti di ospitalità”, offerte e persino elogi e
adulazioni nei confronti di chi riveste un ruolo di autorità26
. Ormai nel IV
secolo si era instaurata la consuetudine di versare somme di denaro per i nuovi
ruoli ecclesiastici. Insieme alla vendita delle indulgenze, la corruzione
raggiungerà livelli impressionanti27
. Non mancano naturalmente le condanne
degli stessi membri ecclesiastici: la predicazione di San Francesco d’Assisi
(1181-1226), il gioachimismo, corrente di pensiero sviluppatasi sugli scritti e
sugli insegnamenti di Gioacchino da Fiore (ca. 1130 –1202) e i Carmina
burana, tra goliardia e satira.
Verso il 1300 la corruzione ha ispirato il Sommo Poeta stilnovista, nel
De Monarchia prima, e anche nella Divina Commedia poi. I versi che
descrivono la quinta bolgia dell’ottavo cerchio, impressi nel XXI canto
dell’Inferno, sono una testimonianza importante della corruzione del XIII
secolo: “Ogn’uom v’è barattier28
, fuor che Bonturo; / del no, per li denar, vi si
fa ita”29
. Il contrappasso fa sì che nell’immaginario dantesco vengano puniti
25
Atti, 8,18. 26
J.T. NOONAN, Ungere le ruote, op. cit., pagg. 99-129. 27
C. A. BRIOSCHI, op. cit., pagg. 51-52. 28
I Barattieri sono i funzionari che, per denaro o altre regalie, accettano di tornare sulle proprie
decisioni. 29
Inferno, XXI, 41-42.
21
con l’immersione nella pece nera, come ad immergerli nel dolore dell’oscurità
e ad imbrattarli indelebilmente, segnandoli per sempre per la perenne
umiliazione. Dietro di loro, la violenza dei colpi dei mefisti, che con uncini
affilati, lentamente dilaniano i peccatori. L’ottavo girone, luogo di punizione
dei peccatori fraudolenti, mette in evidenza come per Dante la frode sia il
vizio tipico dell’uomo che ha scelto la strada del malcostume: è il peccato che
si pone agli antipodi della giustizia e dell’amore divino, anche perché, spesso,
viene praticato da chi predica l’onestà e difficilmente riesce ad essere punito.
Lo stesso Bonturo Dati, l’uomo politico di Lucca citato da Dante e accusato di
baratteria/corruzione passiva, viene pubblicamente scagionato da ogni
imputazione30
.
Il capitolo più buio che aprirà le porte al cristianesimo protestante è
caratterizzato proprio dalla vendita delle indulgenze. Dal XIV al XVI secolo si
introdusse la possibilità di ottenere le indulgenze con oblatio, offerta di denaro
finalizzata al supporto economico di opere della Chiesa. Ben presto numerose
chiese o opere di apostolato o di carità vennero pagate e mantenute grazie alla
vendita delle indulgenze. Un riflesso sociologico atto a mostrare sia la
perversione dell’approfittamento della redenzione del peccatore, sia la
perversione di un sistema che oggettivamente educava ad una corruzione
morale oltre che temporale. Il puro e semplice commercio che si diffuse sulla
base del peccato, arrivò a completarsi con l’istituzione della questua, cioè la
richiesta di denaro per ottenere un’indulgenza, denaro che veniva raccolto dai
quaestores mandati da vescovi, ed enti ecclesiastici vari. Vista la pressione del
clero, si educavano i fedeli alla concordanza dei concetti di pena e colpa,
convincendo che il potere dell’indulgenza fosse non solo di espiare la pena
30
C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 54-55.
22
temporale, ma anche il peccato vero e proprio, la colpa di essersi lasciati
corrompere dal vizio. Si sono poste le basi di un’educazione indiretta al
commercio dei valori e alla mercificazione del pentimento, il che rendeva
meno necessario pentirsi con umiltà e sincerità davanti a Dio, perdendo ogni
contorno di percezione ultraterrena del valore morale. In questo modo, si
rendeva più ostico trovare “stimoli ultraterreni” per evitare le reiterazioni dei
peccati e la stessa caratterizzazione sociale positiva del riflesso religioso.31
Fu questo che dalle riflessioni “proibite”, tra la fine del 1300 e il 1400,
di Girolamo Savonarola32
e Bernardino da Siena33
portò al distacco completo
dato dalle tesi di Lutero della Riforma Protestante, che sviluppò il suo cavallo
di battaglia sulla condanna alla corruzione34
. Parlando di Lutero, si è detto:
“ognuno può giudicare il suo credo come vuole. Ma non c’è dubbio che da
esso prese avvio il mondo moderno. Facendo del credente ‘il sacerdote di se
stesso’, senza l’intermediario del prete, l’obbligò ad assumersi le proprie
responsabilità, senza possibilità di mettersene al riparo dietro le spalle del
confessore: giuoco che si presta agl’imbrogli che tutti noi cattolici vediamo,
sappiamo, e purtroppo pratichiamo. E infine separando in maniera definitiva e
perentoria, secondo il principio dei ‘due regni’, lo spirituale dal temporale, egli
fondò lo Stato laico moderno redento da ogni ipoteca e vassallaggio
clericale”35
.
31
Cfr. Enchiridion indulgentiarum o Manuale delle indulgenze, pubblicato su Acta Apostolicae Sedis
il 29 luglio 1968. 32
Religioso e politico italiano, appartenente all’ordine dei frati domenicani, nel 1497 fu scomunicato
da papa Alessandro VI. L’anno dopo fu bruciato sul rogo e le sue opere furono inserite nel 1559
nell’Indice dei libri proibiti. Si segnala, tra le altre, G. SAVONAROLA, Trattato sul governo della
città di Firenze, Piemme, Casale Monferrato 1996. 33
Sacerdote italiano dell’Ordine dei Frati Minori. Cfr. B. DA SIENA, Sui contratti e sull’usura,
Cantagalli, Siena 1980. 34
C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 57. 35
I. MONTANELLI, L’Italia della controriforma, RCS, Milano 1997, pag.477.
23
Questa riflessione non ha tenuto conto però della critica marxista contenuta
nella Critica della filosofia del diritto di Hegel: “Lutero ha distrutto la fede
nell'autorità per ripristinare l'autorità della fede; ha trasformato i preti in laici
per fare dei laici preti; ha liberato l'uomo dalla religione esteriore per fare della
religione l'uomo interiore”.
Questo diede molto spazio infatti anche all’etica calvinista, che, come
sappiamo, è caratterizzata da molte similitudini con la stessa mentalità
capitalista. È stato anche affermato che la religiosità calvinista fu una pre-
condizione culturale insita nella popolazione europea assai utile al formarsi del
pensiero capitalista36
. Naturalmente, lo scontro tra il concetto di liberismo e
dogmatica teologica, ha sempre impedito agli storici di considerare Calvino tra
i fondatori della democrazia liberale, quali Hobbes, Locke e Montesquieu. Al
di là degli sviluppi del capitalismo (comunque inscindibilmente legati al
fenomeno corruttivo), necessario è ricordare che il teologo francese , nel
trasmettere ideali di responsabilità nei confronti di Dio ai governanti, giunge
alla condanna dei sistemi politici assolutistici ed oligarchici, teorizzando quale
sola organizzazione politica atta a garantire la giustizia e la libertà, il sistema
democratico regolato dalle leggi.
Quindi, mentre in Europa si diffondevano le dottrine luterane e
calviniste, in Italia, Stato lontano dall’unità, ma in balia di altri stati unitari
(Asburgo e dinastia dei Luigi), caratterizzata quindi da frammentarietà e
dispersione di senso civico, di appartenenza e solidarietà, prendeva forma il
concetto dell’ Homo politicus controverso del rinascimento: “Non si curi [il
principe] di incorrere nell’infamia di quei vizî, senza quali possa difficilmente
36
Cfr. MAX WEBER , Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (L’etica protestante
e lo spirito del capitalismo) tradotto da A. M. MARIETTI, Fabbri, Milano 1998.
24
salvare lo Stato; perché se si considera bene tutto, si troverà qualche cosa che
parrà virtù, e seguendola sarebbe la ruina sua, e qualcun’altra che parrà
vizio, e seguendola ne riesce la securtà e il benessere suo”37
.
La differente concezione italiana rispetto all’Europa38
è evidente
nell’opera di Francesco Guicciardini, storico e consigliere dei Medici. Reo
confesso di aver badato ai suoi interessi particolari, nell’apologia della
condizione umana generale e particolare del suo tempo arriva a dedurre una
“saggezza che rasenta la corruzione”39
. “Il dio del Guicciardini è il suo
particolare. Ed è un dio non meno assorbente che il dio degli ascetici, o lo
Stato del Machiavelli. Tutti gli ideali scompaiono. Ogni vincolo religioso,
morale, politico, che tiene insieme un popolo, è spezzato. Non rimane sulla
scena del mondo che l’individuo. Ciascuno per sé, verso e contro tutti. Questo
non è più corruzione, contro la quale si gridi: è saviezza, è dottrina predicata e
inculcata, è l’arte della vita”40
.
L’assenza della concettualizzazione dello Stato unitario ha
caratterizzato “un’arretratezza che viene fatta risalire addirittura alla
fondazione dello Stato nazionale, e che sarebbe espressione di un ‹‹vizio
d’origine›› culturale. […] L’Italia è corrotta perché non è mai stata, non è né
37
N. MACHIAVELLI, Il Principe, Salerno, Roma 2006. Secondo GIUSEPPE PREZZOLINI, egli
“scoprì che il male è inerente all’azione politica diretta al bene comune. Ai ritratti ideali degli
statisti dotati di angelica purezza e di abilità superiore, egli contrappose la dure e penosa realtà di
un capo politico che si assume i peccati degli uomini per aumentare il loro benessere, senza timore
di camminare sui sentieri del male” (G. PREZZOLINI, Vita di Niccolò Machiavelli fiorentino,
Rusconi, Milano 1982). 38
“La politica è forza e astuzia; ogni tensione morale ne è esclusa; e portarvela è da ingenui. Coloro
che fanno politica e ruotano attorno al potere, a ogni livello di esso, esercitano un’attività che si
traduce in arbitrio, prepotenza e occasione di illecita fortuna”(G. GALASSO, Storia d’Europa –
Vol. II, Laterza, Bari, 1996, pag. 187)una politica “che confidava più nella forza dell’oro che non
del ferro” (G. VOLPE, citato da C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 64). 39
Cit. C. A. BRIOSCHI, op. cit. 40
F. DE SANCTIS, Storia della letteratura italiana, Feltrinelli, Milano 1967.
25
può essere moderna”41
.
È questa la riflessione conclusiva che si vuole portare all’attenzione del
lettore al completamento dell’excursus storico effettuato. Gli uomini delegano
altri uomini come loro a perseguire il bene collettivo, con interessi personali,
che possono, da un momento all’altro, in base alle condizioni organizzative e
repressive della società, scegliere subdolamente di perseguire. Un conflitto di
interessi è latente e pronto a manifestarsi proprio in base alle “condizioni
climatiche”, ma anche soggettive, dei possibili soggetti delegati. E così la
possibilità che avvengano episodi di corruzione, quindi, dipende, oltre che dal
margine di discrezionalità e controllo del delegato alla posizione di potere,
oltre che dalla predisposizione soggettiva alla criminalità in base al contesto in
cui si sviluppa l’educazione nei confronti del bene pubblico del soggetto
scelto, anche da una variabile calcolata in base alla storia di una società, storia
del concetto di unità e sviluppo del senso civico e del senso di appartenenza.
41
Cfr. M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana. Il Mulino, 1996.
26
SEZIONE II
Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil law, common law, e
diritto transnazionale
1. La Francia e l’unilateralità delle condotte
In Francia, i commis di Stato, gli uomini politici e i manager privati
sono legati da un comune senso di appartenenza, quasi da “circolo”, che si
forma nelle grandi scuole statali. Pensiamo, ad esempio, all’Ecole Nationale
d’Administration (Scuola nazionale di amministrazione, in acronimo ENA)
con sede a Strasburgo, responsabile per la formazione dell’alta funzione
pubblica francese. Fu istituita il 9 ottobre 1945 dal governo provvisorio
presieduto da Charles de Gaulle. L’obiettivo era garantire la formazione di una
nuova classe dirigente per la nuova Repubblica in seguito alla sconfitta del
regime collaborazionista di Vichy. Protagonista della sua creazione fu il
ministro Michel Debré. L’obiettivo era di creare una classe amministrativa
unitaria tramite un concorso unico, affermando quindi il principio
meritocratico contro quello clientelare e/o di cooptazione42
. E invece, questa
istituzione ha creato un sistema di interscambio di interessi privati dentro
l’amministrazione, pur essendo perfettamente legale. Questa circolazione di
persone e di interessi ha permesso di coniare un lemma preciso: pantouflage,
usato anche in altre lingue per definire proprio questa rotazione permanente tra
pubblico e privato e che vede grandi commis di Stato passare all’impresa
privata e poi tornare alla burocrazia statale senza soluzione di continuità.
42
M. N. BLESSING, France’s “old boy” business network under fire, in Agence France Press, 14
marzo 1995.
27
La contiguità fortissima tra settore economico-privato e mondo politico
che preesiste alla corruzione, ha dato modo di sviluppare una differenza
palpabile tra corruzione politica e corruzione amministrativa.
La corruzione politica si è capillarmente diffusa attraverso forme di rete
molto elaborate e sofisticate. Il coinvolgimento del livello amministrativo
negli scambi corrotti avviene, invece, prevalentemente perché per il soggetto
politico diventa funzionale e indispensabile alla conclusione dello scambio
stesso. Abbiamo esempi didascalici ed esempi scientificamente meno evidenti.
Autorevole dottrina ha definito il caso francese come un caso di “schizofrenia
della corruzione”43
. In Italia la contiguità fortissima tra settore economico-
privato e mondo politico non preesiste alla corruzione, ma lascia sulla sua
strada le “impronte criminogene”, il substrato attraverso cui la corruzione si
sviluppa e si consolida44
.
In Francia, con la complessità delle democrazie - e in particolare con
l’aumento esponenziale delle esigenze economiche del sistema dei partiti
politici, e con la rete già a disposizione del pantouflage, attraverso il canale
del singolo grand commis che intende prepararsi la strada per un passaggio
verso la grande impresa45
- si crea un percorso non a senso unico e anche
difficile da seguire e reprimere: il passaggio è spesso di andata e ritorno, a
seconda delle convenienze e anche dei cambi di governo. La rete si completa
agevolmente per una diffusione veloce della corruzione nel mondo politico.
Da qui si cominciano ad evidenziare le similitudini con Spagna e Italia, nel
cerchio della c.d. corruzione sistemica46
, per gli alti livelli di integrazione
43
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, La corruzione in Europa, Carocci, Roma 1998, pagg. 83, 84. 44
M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana, Il Mulino, Bologna, 1996. 45
Y. MÈNY, La corruption de la Republique, Fayard, Parigi 1992, pag. 78. 46
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit. pag. 84.
28
dell’attività politica, amministrativa, ed economica, caratterizzati da pratiche
criminose, tanto da indurre alla convinzione che comportamenti illeciti, quali
la prestazione dell’indebito, facciano parte di una prassi consolidata,
neutralizzandone quasi completamente i risvolti criminosi.
Ulteriore schermo protettivo tra la produzione delle tangenti e la loro
gestione macroeconomica è dato dalla predilezione anche della Francia per i
conti anonimi in Svizzera, dall’uso di società off-shore funzionali al lavaggio
dei proventi della corruzione, o come casseforti di fondi neri47
, e, se si pensa
allo scandalo legato al tesoriere del Partito Repubblicano Gerard Longuet48
,
dalle ricompense non in denaro ai gestori degli scambi per conto dei partiti.
Delicata è la questione della criminalità organizzata. Primo esempio
degno di nota è il caso che nacque all’inizio del 1994 con l’assassinio della
deputata Yann Piat, uccisa da due sicari in moto mentre stava uscendo di casa
il 25 febbraio 1994. La donna da tempo aveva avviato una battaglia politica
contro la corruzione presente nel suo distretto, il Var, nel Dipartimento della
Costa Azzurra. Aveva denunciato “collusioni politico-mafiose” su cui
affermava di avere un dossier. Le indagini sull’omicidio di polizia e magistrati
contabili hanno ben ricostruito una fitta rete di corruzione organizzata
all’interno del sud-est della Francia. In conseguenza essi hanno indagato sui
legami tra il senatore della zona Maurice Arreckx e il “ padrino” Jean Louis
Fargette, esule in Italia, e hanno avuto conferma di un incontro a Sanremo in
cui “Fargette ha discusso con notabili del Var la ripartizione delle commissioni
occulte sviluppate dagli appalti pubblici”49
. La vicenda ha visto poi uno
47
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pp. 88-89. 48
Des abus de sociaux ont ètè commis au profit de Gerard Longuet, in Le Monde, 21 settembre 1996. 49
P. SAUVAGNARGUES, Mise en examen de trois notables pour corruption dans le cadre de
l’enquête sur l’assasinat du deputè Yann Piat, in Agence France Presse, 20 maggio 1994. E. U.
SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 88, 89.
29
sviluppo ulteriore con il suicidio (oggi messo in dubbio) dei fratelli Saincene,
il 14 maggio del 1994. I due uomini sarebbero stati in possesso di una copia
del dossier della Piat: “Un repertorio delle commissioni intascate dal suo
partito (il partito repubblicano, n.d.a.) sulla vendita a basso prezzo dei terreni
militari a società controllate da italiani catalogati come mafiosi dalla polizia
romana”50
. Il 16 giugno 2008 la Prima Corte di Assise di Var ha condannato il
mandante Gerard Finale e l’esecutore materiale Lucien Ferri all’ergastolo,
mentre il conducente del motociclo, Marco Di Caro, la pena di venti anni di
reclusione. L’indagine sulle collusioni tra omicidio e mondo politico francese,
rilanciata da alcune inchieste giornalistiche e da un libro, oggi ritirato dal
mercato (L’Affaire Yann Piat: Des assassins au coeur du pouvoir), si è
conclusa il 5 luglio 2008 con l’archiviazione dell’inchiesta.
Da questi sconcertanti avvenimenti si sono concentrate le analisi
politiche, sociologiche e criminologiche sui rapporti tra corruzione e
criminalità organizzata in Francia. Secondo i criminologi la corruzione in
Francia sembra esistere dove vi siano già attività mafiose51
. Questo ha portato
la comunità scientifica ad opinione conforme: in prospettiva storica, la
corruzione politica filo-mafiosa in Francia sembra essere un fenomeno che o si
manifesta dove vi sia già un sostrato culturale mafioso o si mostra ai margini
della società in momenti di grandi cambiamenti economici, politici e culturali.
Quindi si può dedurre che la Francia non si presenta come un paese ad alto
tasso di corruzione52
.
50
L’assassinat de Yann Piat serait lie a une affaire de commission occultes, in Le Monde, 12
settembre 1996, E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 88, 89. 51
Ci si riferisce in particolare alla milieu marsigliese, protagonista della c.d. French connection (J.
PIERRAT, Une histoire du milieu, Grand banditisme et haute pègre en France, Denoël, 2003). 52
Y. MÈNY, Francia: la fine dell’etica repubblicana?, in D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, (a cura di),
Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995, pag. 9.
30
Dopo la comparazione storico-sociologica, che ha messo in rilievo la
tipicità del substrato sociale francese del pantouflage, è necessario per il
giurista affrontare la comparazione codicistica. Nel Code Pènal sono costituite
le ipotesi di corruzione passiva e attiva, rispettivamente agli artt. 432-11 e
433-1.
Ex art. 432-11, “De la corruption passive et du trafic d’influence
commis par des personnes exerçant une fonction publique”, è punito un
soggetto titolare di autorità pubblica, incaricato di pubblico servizio, o
investito di un mandato elettivo pubblico che solleciti o riceva, senza diritto, in
qualsiasi momento, direttamente o indirettamente, offerte, promesse, doni o
qualunque altro vantaggio sia al fine di compiere o astenersi dal compiere un
atto della sua funzione, della sua missione o del suo mandato, sia al fine di
abusare della sua influenza reale o supposta in vista di far ottenere da
un’autorità o da una amministrazione pubblica distinzione, impieghi,
commesse o qualsiasi altra decisione favorevole.
Ex art. 433-1, “De la corruption active et du trafic d’influence commis
par les particuliers”, costituisce ipotesi di corruzione attiva il fatto del privato
di offrire, senza diritto, in ogni momento direttamente o indirettamente le
stesse utilità previste dall’art. 432-11 alle medesime persone (funzionari
pubblici in genere) al fine di ottenere da costoro, in controprestazione,
l’astensione o il compimento di un atto del proprio ufficio oppure l’uso
indebito delle loro influenze per far ottenere un beneficio al privato.
Il pactum sceleris è caratterizzato quindi dal favore amministrativo da
un lato e dall’utilità dall’altro. I delitti di corruzione sono divisi prettamente
per la qualifica soggettiva della parte contrattuale.
In particolare, il funzionario ha uno spettro di azione criminale
circoscritto in due possibilità: la ricezione dell’utilità, che può corrispondere
31
quindi alle condotte degli artt. 318 e 319 del codice penale italiano, e la
sollecitazione, che in Italia trova una regolamentazione simile nell’art. 317,
articolo che regola la concussione. Per la completezza di una riflessione
comparata, sia a livello cultural-sociologico sia a livello giuridico, bisogna
precisare che la concussion esiste nel sistema penale francese, ma, ex art. 432-
10 code pénal, si configura solo ove vi sia una netta posizione di superiorità e
dominio del pubblico ufficiale53
. In caso di “parità delle parti”, invece,
rientrerà nella fattispecie ex art. 423-11 code pénal.
Ulteriore novità, cui si è recentemente uniformata la normativa italiana,
è la figura della corruzione passiva per traffico d’influenze nel mondo
dell’amministrazione pubblica onde far ottenere al privato, da colui che
concorre nella corruzione, un beneficio o meglio un’utilità allorchè non ne
abbia diritto o “accelerandone indebitamente le modalità di appercezione”54
.
Il delitto di traffico di influenze55
esige che il funzionario, beneficiario
dei doni, agisca, in funzione di intermediario, utilizzando le proprie influenze
reali o supposte, al fine di far ottenere al privato un vantaggio o una decisione
favorevole dalla autorità pubblica56
, delitto che può anche essere commesso
dal privato, abusando delle sue influenze reali o presupposte per far
beneficiare un terzo di una azione dell’autorità pubblica57
.
Nel modello francese, vediamo quindi un criterio ricostruttivo
53
N. BARTONE, Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano 2003,
pag. 246. 54
N. BARTONE, op. cit., pag. 247 55
P. SEMERARO, I delitti di millantato credito e traffico d’influenza, Giuffrè, Milano 2000. 56
Chambre criminelle de la Cour de Cassation 1 ottobre 1984, in Bull crim. “Le dèlit de trafic
d’influence exige que le fonctionnaire, bènèficiaire des dons, soit considèrè ou se prèsente comme
un intermèdiaire dont l’influence rèelle ou soupposèe serait de nature à faire obtenir un avantage
ou dècision favorable d’une autoritè ou d’une administration”. 57
Trafic d'influence “normale”. Nel caso in cui sia pubblico ufficiale, invece, il trafic d'influence è
“qualificato”.
32
improntato all’unilateralità delle condotte. In particolare, la corruzione passiva
mediante sollecitazione come un delitto di mera condotta, verrà punito
indipendentemente dal fatto che la persona sollecitata accetti la proposta,
quindi il tentativo si confonde col delitto consumato58
; nella corruzione attiva,
specularmente, la condotta della proposta del privato integra il reato59
.
Nell’Europa continentale, quello francese si dimostra il sistema punitivo più
vicino al sistema penale dei paesi anglosassoni È inoltre evidente una forte
scissione tra la condotta e la punibilità del pubblico ufficiale e del privato
semplificando alla nascita la struttura del mercimonio.
Dal 1988 è iniziata una stagione di riforme per la lotta alla corruzione
in Francia., in cui si è agito fortemente sia sul lato pubblico che privato. In
quell’anno venne approvata la legge sulla transparence financière de la vie
politique che ha stabilito che il Presidente della Repubblica, i membri del
governo, i parlamentari, i presidenti delle assemblee regionali e dipartimentali
e i sindaci delle città con più di tremila abitanti devono fornire informazioni
sul loro patrimonio iniziale e su quello finale: le dichiarazioni dei deputati e
dei senatori vanno presentate ai rispettivi uffici di presidenza, quelle degli altri
soggetti interessati alla Commission pour la transparence financière de la vie
politique, composta dal vicepresidente del Consiglio di Stato e dai primi
presidenti della Corte di Cassazione e della Corte dei conti. La dichiarazione
del Presidente della Repubblica è pubblicata sul Journal Officiel. Vengono
introdotte norme molto stringenti per quanto riguarda il finanziamento dei
partiti politici e delle campagne elettorali, con limiti di spesa per candidati e
finanziatori e viene introdotto l’obbligo di pubblicazione dei bilanci sul
58
M. DELMAS MARTY, Droit pènal des affairs, P.S., Parigi 1996, pag. 88. 59
A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pag., 95.
33
Journal Officiel60
.
La Francia ha compreso da tempo l’importanza delle commissioni di
studio per affrontare la corruzione: nell’aprile del 1992, con l’obiettivo di
studiare misure di moralizzazione della vita pubblica, venne nominata la
Commissione Bouchery (Commission de prevéntion de la corruption)61
. Il
rapporto, oltre all’approccio generale di carattere preventivo-repressivo,
suggeriva rimedi di carattere specifico nei cosiddetti “settori caldi”
particolarmente esposti, quali i servizi pubblici, l’urbanistica e la concessione
dei finanziamenti. Il rapporto proponeva anche l’elaborazione di codici
deontologici a livello delle singole amministrazioni62
. Molte di queste
raccomandazioni furono recepite dalla legge Sapin del 199363
che istituì,
inoltre, il Service centrale de prévention de la corruption (SCPC)
presso il
Ministero della Giustizia. Quest’organo è diretto da un magistrato dell’ordine
giudiziale. La composizione dell’ufficio è formata da magistrati degli ordini
giudiziali, finanzieri o amministrativi, e da impiegati statali provenienti dai
diversi ministeri (Economia, Interno, Giustizia, Pubblica istruzione) e tutti i
membri sono vincolati al segreto professionale. I compiti del Service sono di
collaborazione con le autorità giudiziarie che indagano su fatti di corruzione,
di consulenza e formazione per le amministrazioni pubbliche. Ha il dovere di
denunciare al Procuratore della Repubblica, ma il suo ruolo si esaurisce con
l’apertura dell’inchiesta giudiziaria. Attraverso le informazioni raccolte, il
60
COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, Rapporto al
Presidente del-la Camera dei deputati , Roma, 1996. 61
Il rapporto della Commissione è contenuto nel volume Prevention de la corruption et trasparence
de la vie economique, Paris, Documenation Française, 1993. 62
B.G.MATTARELLA, Le regole dell’onesta: etica, politica, amministrazione; il Mulino, Bologna,
2007. 63
Loi n.93-122 du 29 janvier 1993, relative à la prevention de la corruption et à la transparence de
lavie économique et des procédures publigues
34
SCPC elabora un resoconto di attività annuale rimesso al Primo ministro ed al
Ministro della Giustizia, e poi reso pubblico. Il fascicolo può contenere anche
delle proposte al Governo tra cui progetti di riforme in materia di politica di
prevenzione della corruzione. Tra gli altri interventi di rilievo della legge
Sapin si possono menzionare la nuova disciplina del finanziamento delle
campagne elettorali e dei partiti politici e le varie innovazioni in materia di
attività economiche (determinazione di prezzi e tariffe, pubblicità,
insediamenti commerciali, delegazione di servizio pubblico, contratti pubblici,
patrimonio immobiliare degli enti pubblici). Sono state anche introdotte nuove
norme in materia di funzioni e procedimenti negli enti locali e di controllo sui
loro atti64
.
Con la Loi Sapin 2 sur la trasparence, la lutte contre la corruption et la
modernisation de la vie économique , sono in via di adozione molte novità -
nel quadro di nuove misure anti corruzione – e specifiche tutele avverso
misure di ritorsione nei confronti di colui che segnala gli illeciti nel posto di
lavoro (il c.d. lanceur d’alerte cioè colui che “ révèle ou témoigne, dans
l’intérêt général et de bonne foi, d’un crime ou d’un délit, de manquements
graves à la loi ou au règlement, ou de faits présentant des risques ou des
préjudices graves pour l’environnement, la santé ou la sécurité publiques.”65
).
Se queste persone saranno nel mirino dei loro superiori, i giudici del
lavoro dovranno bloccare eventuali procedure di licenziamento, finché non si
arriverà a un giudizio definitivo. Ai lanceur d’alerte, una volta denunciato il
malaffare, dovrà essere garantito l’anonimato. Inoltre, La “gola profonda”
64
COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, Rapporto al
Presidente della Camera dei deputati , Roma, 1996 65
“Colui che rivela, nell’interesse generale e in buona fede, un crimine, un reato, una violazione grave
della legge o fatti che presentino rischi gravi per l’ambiente, la salute e la sicurezza pubblica”
35
potrà fare le sue denunce al “Défenseur des droits”, una sorta di ombudsman
nazionale, che avrà un budget a disposizione, per pagare le spese relative agli
avvocati che i “lanceur d’alerte” dovranno sostenere. In questo modo si
assicurerà a queste persone una vita dignitosa, in caso di licenziamento. Finora
chi denunciava il malaffare dall’interno di un ente finiva abbandonato a se
stesso66
Inoltre, la legge francese imporrà alle aziende con più di 50 dipendenti,
alle amministrazioni pubbliche e ai comuni con oltre 3.500 abitanti di mettere
in piedi una procedura consolidata, attraverso la quale poter puntare il dito
contro i corrotti. Se il meccanismo non funzionerà, il “whistleblower” sarà
autorizzato a fare la denuncia ai media.67
2. La Spagna e la dubbia bilateralità
L’ordinamento giuridico penale spagnolo, con particolare attenzione al
fenomeno corruttivo e alla regolamentazione del reato, rappresenta una delle
eredità più complesse degli sconvolgimenti politici del ‘900 in Europa, per via
soprattutto del regime di dittatura durato fino agli anni ‘70. In netto ritardo ha
potuto cominciare ad acquisire una dialettica civile e politica, in quanto fuori
dai ritmi dell’evoluzione europea, bloccato per (altri) 20 anni in una gestione e
regolamentazione della società violenta e anacronistica. Con la morte di
Francisco Franco la società spagnola ha subito l’impatto di due eventi
fondamentali: la concezione “ideologica” del reato di corruzione, legata
66
Come avvenne per Stéphanie Gibaud, una funzionaria di Ubs che ha svelato evasioni fiscali per 12
miliardi di euro. 67
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06/13/corruzione-la-francia-discute-la-legge-sulla-protezione-
dei-whistleblower-destra-contraria-ma-maggioranza-ce/2821825/
36
soprattutto alle accuse al potere dei movimenti, associazioni, personaggi
politici e giornali filofranchisti, con conseguente scarsa credibilità
dell’opinione pubblica e la ripresa economica, affiancata al processo di
liberalizzazione nazionale e transnazionale che ha immesso nei circuiti
pubblici e privati una grande quantità di denaro in una società debole e in
“ricostruzione”68
.
Per analizzare il background socio-criminologico, bisogna affrontare il
concetto di “familismo amorale”, un concetto sociologico necessario per
comprendere il quadro in cui si è esteso lo scenario corruttivo di molta parte
delle culture dell’Europa meridionale e dell’area mediterranea, Italia e Spagna
in particolare.
Introdotto da Edward C. Banfield, in studi effettuati peraltro in un paese
italiano, la dizione “familismo amorale” intende un paradigma atto a
descrivere la tendenza che sarebbe tipica di alcune culture, ad obbedire alla
seguente regola di condotta: massimizzare unicamente i vantaggi materiali e
immediati della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si
comportino allo stesso modo69
.
Oltre al familismo, bisogna tener conto, tra le basi sociologiche della
corruzione, anche della lunga permanenza al potere del Partido Socialista
Obrero Español (PSOE), che governò ininterrottamente il paese dal 1982 fino
al 1996, ignorando che quarant’anni di dittatura avevano impedito
l’assunzione di responsabilità individuali, l’emergere di iniziative
organizzative e, soprattutto, l’azione collettiva.
Non esistevano né la tradizione né l’esperienza dei meccanismi
68
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 92. 69
Cfr. EDWARD C. BANFIELD , The Moral Basis of a Backward Society ,1958 (in Italia: Le basi
morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna 1976).
37
associativi (se non “illegali e paramilitari”), essenziali per il funzionamento di
un sistema democratico. I partiti al potere hanno naturalmente approfittato
delle lacune culturali di educazione civica necessarie per la democrazia. E,
infatti, i casi di malaffare legato a quel periodo sono numerosi70
. Come per il
paradigma del familismo amorale, una situazione analoga, di dimensioni
addirittura maggiori, è accaduta in Italia con la Democrazia Cristiana (DC) e il
partito socialista.
Viceversa i socialdemocratici svedesi (Sveriges Socialdemokratiska
Arbetareparti – SAP), nonostante più di sessant’anni di governo nazionale,
sembrano essere rimasti relativamente immuni di questo tipo di scandali
durante il loro mandati.
Secondo un grande studio empirico-criminologico sulla Spagna71
, il
familismo amorale e l’immaturità delle istituzioni legate alla permanenza di un
unico partito, completano il quadro dello scenario corruttivo spagnolo insieme
ad altre due peculiarità: il finanziamento dei partiti non adeguatamente
regolato, che finiva per trasformarli in “catalizzatori della corruzione”72
,
caratterizzati da un bassissimo radicamento nella società (irrilevante per il
finanziamento), traducibile in una militanza quasi nulla, un alto grado di
personalismo e una tendenza alla imprecisione ideologica; infine, il
mantenimento, nonostante i cambiamenti (per di più, visto il partito, che
dovevano essere di stampo “socialista”) di strutture sociali particolaristiche e
70
Giusto per citare i più celebri, la vicenda delle presunte influenze di cui fu accusato Juan Guerra,
fratello del vicepresidente del Governo Alfonso Guerra; il caso Ibercorp in cui era implicato il
governatore della Banca di Spagna Mariano Rubio; il caso del Direttore General e della Guardia
Civile Luis Roldán e di altre irregolarità nella gestione delle infrastrutture e dei ricorsi pubblici. 71
Cfr. P. HEYWOOD, Dalla dittatura alla democrazia: le mutevoli forme di corruzione in Spagna, in
D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, op. cit. 72
P. HEYWOOD, op. cit., pag. 94
38
personalizzate tipiche dell’ancient règime73
, espressione della evidente
debolezza dello sviluppo post-dittatoriale che si è cercato di nascondere
inutilmente sotto l’inconsistente e menzognero velo della “modernità”. Non
mancano autori che invece hanno concentrato l’osservazione sul punto di vista
dell’organizzazione economica e tributaria. È stata evidenziata la debolezza
sia del sistema fiscale spagnolo come causa dell’alto tasso di evasione74
, con
conseguente economia sommersa, sia la debolezza del controllo finanziario
interno ai ministeri come causa dell’alto tasso di appropriazioni indebite75
.
Passiamo adesso all’indagine e alla comparazione codicistica. In
riferimento al codigo espanol, rispetto alla fattispecie di cohecho, previsto
dall’art. 420 c.p., si è sempre lamentato un deficit di offensività dovuto
all’incapacità delle condotte considerate di ledere il principio di imparzialità76
.
Il concetto di corruzione gradualmente è stato incorporato in varie “zone” del
codice penale. Vi è stata una importante modifica alla riforma nell’anno
201577
, per garantire il corretto svolgimento della funzione pubblica,
finalizzata a reprimere azioni che perseguono profitto ledendo il principio di
imparzialità e obiettività.
L’essenza di questo crimine nel codigo è data dalla violazione dei
73
Secondo M. HEIBERG, The making of the Basque nation, in Cambridge studies in social
anthropology, Cambridge University Press, 1989, lo stato centrale, povero finanziariamente e
inefficiente sotto il profilo amministrativo, fu costretto a contare su mediatori regionali, i quali
svolgevano funzioni di collegamento tra il centro e la periferia sulla base di reti clientelari. 74
P. DAVISON, The sleaze factor: where “rougery” is the name of the game, in The Independent, 28
ottobre 1994. 75
S.COLL, Spanish socialists struggling for support, in The Washington Post, 11 giugno 1994. 76
Cfr. F. MORALES PRATS, M. J. RODRIGEZ PUERTA, Comento a Lib. II, Tit. XIX, Cap.V, cit., p.
1706. 77
La legge organica 1/2015 del 30 marzo, che modifica la legge Organica 10/1995 del 23 novembre,
cattura l'attenzione soprattutto per una nuova sezione nel titolo "Delitti contro la corruzione nel
settore privato", caratterizzata dalla specificazione dei pagamenti di tangenti per ottenere un
vantaggio competitivo. Nella sfera pubblica le pene sono aumentate e aumentano anche termini di
prescrizione. Ugualmente prescrizione sale a 15 anni e ha introdotto il reato di finanziamento
illegale ai partiti politici.
39
doveri ufficiali delle autorità e dei funzionari, anche in base ad un rinvio a
norme extrapenali che disciplinano tali funzioni, come l’importante Estatuto
básico del Empleado Público per tutto il personale di applicazione della
Pubblica Amministrazione.
Anche la dottrina spagnola, come quella italiana, si è interrogata
sull’autonomia dei reati di cohecho activo e cohecho pasivo, dove la qualifica
di attivo o passivo è attribuita in dipendenza della condizione soggettiva
dell’autore del delitto78
. A differenza della dottrina italiana, sebbene
tradizionalmente la dottrina spagnola abbia accolto la tesi del carattere
bilaterale del delitto di cohecho79
oggi può dirsi che questa concezione sia
stata praticamente abbandonata tanto dalla dottrina quanto dalla
giurisprudenza, che ritengono trattarsi di due delitti tra loro autonomi ed
indipendenti, ciascuno dei quali viene commesso conformemente alla sua
dinamica tipica. A tal riguardo, l’argomento fondamentale viene tratto dal
diritto positivo, che incrimina come delitto consumato anche la solicitud di
dádiva da parte del funzionario, che non sia accettata dal particular (si parla di
“auto-ofrecimiento” o “auto-corrupción”), e il tentativo di corruzione da parte
del particular, che ofrece la dádiva80
. Una volta ammesso che si è in presenza
di una condotta tipica inequivocabilmente monosoggettiva, non sembra
rilevante il fatto che tale condotta può condurre, tra l’altro solo in via
eventuale e senza che anche da tale circostanza dipenda la punibilità del
78
Cfr. M. GOMEZ TOMILLO (a cura di), Comentaros al còdigo penal, II ed., Valladolid, 2011 cit., p.
1577; F. MUÑOZ CONDE, Derecho Penal. Parte especial, XVIII ed., Valencia, 2010, cit., p. 1019;
F. MORALES PRATS, M. J. RODRIGEZ PUERTA, Commento a Lib. II, Tit. XIX, Cap.V -
Nuevo Codigo Penal, in Comentarios a la Parte Especial del Derecho Penal, a cura di Quintero
Olivares, II ed., Navarra, 2009, cit., p. 1671; I. VALEIJE ALVAREZ, El tratamiento penal de la
corrupciòn del funcionario: el delito de cohecho, Madrid, 1996, , cit., p. 38. 79
Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, El tratamiento penal de la corrupciòn del funcionario: el delito de
cohecho, Madrid, 1996, cit., p. 39. 80
Cfr. F. MUÑOZ CONDE, Derecho Penal, cit., p. 1019.
40
soggetto attivo (di cui già si sono verificati tutti i presupposti), al
raggiungimento effettivo dell’accordo criminoso (la struttura plurisoggettiva
cui si fa riferimento)81
.
Per quanto riguarda la distinzione tra concussione, corruzione e oggi
anche induzione indebita “non è detto che un sistema che non preveda
un’apposita incriminazione della concussione, e nel quale, per assunto, non
emergano problemi analoghi a quelli che da noi si incontrano nella distinzione
fra corruzione e concussione, sia necessariamente migliore di uno in cui
invece tali problemi sorgono”82
. Ma la mancanza in Spagna di tale
perfezionamento concettuale è dovuto proprio dalla mancanza di un delitto di
concusión dotato di un ruolo centrale nel sistema dei delitti dei funzionari
pubblici83
.
In particolare, come conseguenza di tale confusione concettuale, quelle
condotte che nel diritto italiano sono punite a titolo di concusión, raramente
sono sanzionate ricorrendo alla norma sulle exacciónes illegales, facendosi
rientrare, quando possibile, quasi sempre nelle fattispecie del cohecho o della
estafa84
.
Da una analisi comparata emergono anche concordanze con
l’ordinamento italiano non solo di repressione a posteriori, ma anche di
dissuasione rispetto a certe pratiche, talmente diffuse in certi settori della
pubblica amministrazione da apparire ineliminabili. Ad esempio, dall’art. 422
c.p., che disciplina il cohecho en consideración del cargo o función emerge
81
Cfr. GIULIA DE MAGISTRIS, I delitti di corruzione in un confronto fra l'ordinamento italiano e
spagnolo, in Diritto penale Contemporaneo, 2014 82
Cfr. A. SPENA, Per una critica dell'art. 319-quater c.p., cit., p. 9. 83
Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, Aspectos problematicos del delito de concusión (diferencias con el
cohecho), in Revista General de Derecho, 1994, p. 6524. 84
Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, Aspectos problematicos, cit., p. 6535.
41
una lotta alle prassi consistenti, come in Italia, nell’offerta ai pubblici
funzionari di utilità di varia natura non già per il compimento, da parte di
questi ultimi, di un atto determinato del loro ufficio, ma, più genericamente,
per l’esercizio delle loro funzioni o in considerazione delle funzioni stesse.
In Italia nel Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni (D.P.R. 16 aprile 2013 n. 62), si stabilisce che “il dipendente
non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di
modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni
di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali”.
In Spagna, sulla base dell’art. 54.6 della Ley 7/2007, recante l’Estatuto
Básico del Empleado Publico,: “Se rechazará cualquier regalo, favor o
servicio en condiciones ventajosas que vaya más allá de los usos habituales,
sociales y de cortesía, sin perjuicio de lo establecido en el Código Penal”. Di
conseguenza, ricade nell’art 318 c.p. italiano e dell’art. 422 c.p. spagnolo,
quindi nell’ambito del penalmente rilevante, ogni ipotesi in cui un pubblico
funzionario, in connessione con l’esercizio delle proprie funzioni in un caso, o
anche meramente in considerazione delle stesse nell’altro, riceva una qualsiasi
dazione che ecceda gli usi abituali e sociali e che vada oltre i limiti delle
normali relazioni di cortesia.
3. La Germania e l’anticipazione del controllo penale
Nella Repubblica federale della Germania il termine corruzione è
riferito soprattutto alle gerarchie amministrative dello Stato. Le condanne
avvengono statisticamente quando, a seguito dell’accordo del pubblico
ufficiale col privato, gli utili risultano sproporzionati ad un costo limitato.
Riportiamo la puntuale descrizione del procuratore anticorruzione di
42
Francoforte, Wolfgang Schaupensteiner: “Casi di corruzione esistono ovunque
in Germania, anche se con intensità diversa. Le città capitali della corruzione
sono: Francoforte, Monaco, Düsseldorf, Darmstadt, Hanau, Berlino, Hannover
e Dresda. La corruzione si annida ovunque vi siano rapporti di servizio tra
istituzioni pubbliche e privati richiedenti. In cambio di contanti vengono
rilasciate licenze di commercio (Düsseldorf), visti a cittadini cinesi (Berlino),
possono essere acquistati patente di guida (Magonza e Francoforte), permessi
di soggiorni (Amburgo), contratti per la rimozione forzata ed informazione da
insiders. La corruzione si pratica in presenza di qualsiasi assegnazione di
commissioni e soprattutto nei rapporti di fornitura: ad esempio fornitura degli
strumenti di sicurezza alla polizia (Düsseldorf, Hannover), o forniture alle
mense. Si paga inoltre per ottenere licenze edilizie, contratti per le
segnaletiche, per lo smaltimento dei rifiuti e per l’alloggio degli esuli.
Soprattutto nel settore dell’edilizia pubblica esiste uno standard di corruzione
ad alto livello organizzativo. Gli appalti vengono concessi in base ad una
percentuale fissa (il 3-5% ed in casi eccezionali fino al 20% della somma
totale). Ci sono modelli di manipolazione collaudati nella fase di
progettazione, di assegnazione e di esecuzione della costruzione. Gli accordi
sui prezzi sono all’ordine del giorno. I prezzi che risultano da accordi collusivi
superano in media il 30% dei prezzi praticati sul libero mercato (punte
massime raggiungono il 260%). I danni annualmente causati da accordi illeciti
sui prezzi raggiungono i 10 miliardi di marchi all’anno (circa 5 milioni di
euro, n.d.a.). Gli imprenditori offrono vantaggi di ogni genere in cambio di
favori e attribuzioni di concessioni, ad esempio viaggi, case, navi, automobili,
mobili, animali da allevamento, piccoli aerei, biglietti d’ingresso e strumenti
43
elettronici. Le attenzioni più velate consistono in contratti di consulenze, in
perizie e attività secondarie”85
.
Si può dedurre che il problema della corruzione in Germania è
costituito più dalla “top level corruption” che dalla “low level corruption”:
corruzione politica piuttosto che corruzione burocratica, dove è più “naturale”
che l’accordo corruttivo possa in certi casi incontrare il favore sociale e
politico senza particolari indebolimenti strutturali.
Nello Strafgesetzbuch86
si delineano due criteri prevalenti alla base
della qualificazione del reato di corruzione: la contrarietà o meno dell’atto
pubblico al dovere d’ufficio del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico
servizio e la posizione dei “contraenti” al momento della conclusione del
contratto illecito87
. Il codice (§§ 331 e 332) prende in considerazione,
rispettivamente, la “corruzione passiva per atti di ufficio” e la “corruzione
passiva per atti contrari ai doveri d’ufficio”88
. In entrambi i casi è punito il
pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che chiede, si fa
promettere o accetta come ricompensa per un atto del suo ufficio (§ 331) o
contrario ai doveri del suo ufficio (§ 332), che ha già compiuto o che deve
ancora compiere, un’utilità indebita. In materia di “corruzione attiva per atti di
ufficio” o “corruzione attiva per atti contrari ai doveri di ufficio” la
regolamentazione è compresa nei §§ 333 e 334: è punito chiunque offre,
promette o concede ad un pubblico ufficiale, ad un incaricato di un pubblico
85
W . J. SHAUPENSTEINER, Korrumption in Deutschland, in Korruption in Deutschland.
Ursachen, Ersch einungsformen, Bekämpfungsstrategien, Friedrich Elbert Stiftung, Berlino, 1995. 86
Codice penale tedesco. 87
N. BARTONE, Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano 2003,
pag. 248. 88
Ampiamente sul punto B. HUBER, Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione
con quello di altri paesi, in Riv. trim. dir. per. ec., 1999; H. WELZEL, Das Deutsche Strafrecht, X
ed. Berlino 1967.
44
servizio o ad un soldato delle Forze Armate un’utilità indebita come
ricompensa perché questi compia un atto del suo ufficio rimesso alla sua
discrezionalità (§ 333) oppure per aver compiuto o per compiere in futuro un
atto contrario ai suoi doveri di ufficio (§ 334).
In tutte le tipologie di delitto esaminate, che dalla dottrina dominante
tedesca vengono ricomprese nella tripartizione dottrinale “corruzione propria o
impropria, corruzione passiva o attiva, corruzione antecedente o susseguente”,
vengono sanzionati sia il corrotto che il corruttore, tranne che nella corruzione
attiva impropria susseguente come nel codice penale italiano: non è punito il
privato che non elargisce nulla al funzionario pubblico che ha adempiuto
conformemente al proprio dovere, dopo che si è esaurita la sua attività.
In Germania la condotta punibile del privato si realizza sia con l’offerta
che con la promessa anche se non accettata e si punisce la dazione quando è
sollecitata dal funzionario pubblico.
L’analisi prosegue con un termine fondamentale nella qualificazione
della responsabilità, il termine “gewährt”, participio passato di “concedere”,
che presuppone una pregressa “sollecitazione” del funzionario pubblico alla
quale accede il privato che si orienta, in posizione di parità contrattuale con
l’altra parte, ad elargire e cioè, per l’appunto, concedere quanto richiesto in
cambio del provvedimento favorevole89
. Il momento in cui il funzionario
pubblico chieda al privato l’utilità indebita quale ricompensa dell’attività da
svolgere, sebbene quest’ultimo non acceda alle richieste corruttive, configura
il momento consumativo del delitto di corruzione propria ed impropria.
Il § 332 individua quale momento consumativo della corruzione
89
N. BARTONE, op. cit., pag. 249.
45
propria, passiva e antecedente (cioè finalizzata al compimento di un atto futuro
contrario ai doveri di ufficio) la mera dichiarazione dell’autore di essere
disposto, nei confronti della persona interessata, a violare i suoi doveri di
ufficio compiendo l’atto, sebbene non vi sia una richiesta in forma esplicita;
infine il delitto di corruzione attiva, propria ed impropria, si perfeziona già con
la semplice offerta di denaro al funzionario pubblico, anche se costui non ne
accetti l’utilità. Per tale ipotesi il legislatore italiano ha invece previsto una
norma ad hoc: l’art. 322 c.p.., rubricato “istigazione alla corruzione”. Come è
stato giustamente rilevato, la Germania ha seguito le tendenze anglosassoni
annichilendo il tentativo e qualificando il reato come reato di mera condotta90
.
Inoltre, le nuove formule incriminatrici si accontentano
dell’accettazione del pubblico ufficiale e della concessione del privato di una
ricompensa “für die Dienstausübung” (“per lo svolgimento della funzione”)91
senza la necessaria determinabilità dell’oggetto della corruzione.
4. Il Regno Unito e controllo dei reati funzionali. In particolare: la
corruzione del parlamentare esclusivamente come vendita di potere
decisionale
Patria del processo accusatorio, il sistema anglosassone è sempre stato
considerato maggiormente garantista in ragione dell’autonomia ed
indipendenza riconosciuta dal mercato, conservando tra i loro valori una
maggiore indipendenza dal potere giudiziario e tutelando più intensamente il
90
A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pagg. 100 e ss. 91
Cfr. G. FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di concussione e corruzione, in Riv.
it. dir. e proc. pen. 2000, pag. 883.
46
principio della c.d. buona fede contrattuale92
.
Peculiarità dell’ordinamento inglese è la mancanza di una costituzione
scritta. La conseguenza è diretta: norme di natura e rango costituzionale
devono inevitabilmente ricavarsi attraverso il processo interpretativo di un
tessuto normativo stratificatosi nel tempo e nel quale è fondamentale la
continuità storica. Tali elementi assumono un ruolo di primo piano nella vasta
materia dell’organizzazione e dell’attività amministrativa. Concetti quali
accountability, programmi basati sulla logica Best Value e, in generale, le
dottrine che hanno dato corpo al c.d. New Public Management ritrovano la
propria matrice d’origine proprio negli ambienti amministrativi e accademici
britannici.
La Gran Bretagna era tra i paesi più corrotti nel diciottesimo secolo. Vi
è stata con la modernizzazione comunque una evidente riduzione.
Francis Bacon nel 1621, mentre ricopriva la carica di Lord cancelliere
del regno, fu accusato di corruzione di fronte alla Camera dei Lord. Reo
confesso, non mancò comunque di ricordare ai giudici che i “ vizi dell’epoca”
andavano distinti dai “ vizi dell’uomo”: secondo Bacon la prassi delle
bustarelle era accettata di fatto nell’organizzazione della società britannica,
anche se non era evidentemente recepita in astratto nel corpus giudicio allora
vigente. E ricordava: “Uno dei sette savi era solito dire che le leggi sono come
le ragnatele, le quali se acchiappano le mosche sono sfondate dai mosconi”.
Samuel Pepys (1663 – 1703), esponente di alto rango della Marina
Militare, fu bersaglio di un’indagine parlamentare che mirava a mettere sotto
controllo la sua attività di appaltatore e i suoi rapporti con fornitori di svariate
92
Cfr. E. GLAESER e A. SHLEIFER citati in La corruzione in Italia, N. FIORINO e E. GALLI. Il
Mulino 2013, pag. 62.
47
materie prime. Ciò che lo rende un interessante caso di studio è
l’impressionante meticolosità con cui registrò quotidianamente sul suo diario i
numerosi doni che oliavano la macchina amministrativa che egli stesso
gestiva. Il suo processo si concluse con un’assoluzione.
Warren Hastings(1732 – 1818), tra i creatori dell’India inglese, Fu
accusato di malversazione e corruzione ed oggetto di un’accesa campagna di
stampa da parte di Edmund Burke, storico e politico dell’epoca. Hastings non
ebbe difficoltà ad ammettere la percezione di cospicue tangenti, ma spiegò
candidamente che quel denaro era stato utilizzato a vantaggio della East India
Company. Il processo, durato molti anni, si concluse con l’assoluzione da
parte della camera dei Pari.
Come è evidente, la tangente esisteva, ma non la vergogna e lo stigma
che dovrebbe accompagnarla.
Il reato di bribery nasce come tipica figura di reato di common law93
. In
particolare, il Pubblic Bodies Corrupt Practices Act del 1889 incriminava per
una sorta di “corruzione passiva” chi, in qualità di membro, ufficiale o
impiegato di corpo pubblico – con una condotta qualificata, corruptly (lett.
“corrottamente”)94
– sollecitava o riceveva o accettava di ricevere, per sé o per
altri, un qualsiasi dono, ricompensa o vantaggio, come stimolo o ricompensa
per fare od omettere di fare qualcosa in un affare o in una transazione, attuale
o futura, in cui egli sia competente; colpevole a titolo di misdemeanor, è
invece la persona che, ai predetti fini, dava, prometteva o offriva un dono, una
ricompensa o un vantaggio ad un membro, ufficiale o impiegato di un corpo
93
F. MCAULEY, II Reato di Corruzione nelle Tradizioni della Legge Commune, in AA. VV., La
Corruzione: Profili Storici, Attuali, Europei e Sovranazionali, Cedam, Padova 2003. 94
Il dettato legislativo richiede una condotta corruptly (lett. “corrottamente”). Sulla definizione
dell’avverbio si rimanda a A.SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pagg. 82 e ss.
48
pubblico95
.
Successivamente, nel Prevention of Corruption Act del 1906 veniva
punita la condotta di quell’agente, inteso come ogni persona impiegata o che
agisce per qualcun altro, che accettava o otteneva, o si accordava per accettare
o tentava di ottenere, da una qualsiasi persona un qualche dono o
remunerazione come stimolo o ricompensa per fare o omettere di fare, o per
aver fatto od omesso di fare un atto in relazione agli affari del datore di lavoro,
o per favorire o sfavorire una persona in relazione ad un affare del suo datore
di lavoro; dall’altro lato si puniva altresì, come colpevole di un reato
autonomo, chiunque ai predetti fini dava o accettava di dare od offrire una
remunerazione all’agente.
Tra le norme-cardine del sistema anticorruttivo britannico, merita una
menzione particolare il Corrupt Practices Act del 1882, che fissava i primi
limiti alle spese elettorali di candidati e partiti. Tra il 1868 e il 1880 gli esborsi
economici che doveva affrontare ogni rappresentate eletto alla Camera bassa si
aggiravano, in media, intorno a 5.700 sterline per le contee e a 2.565 sterline
per i borough96
. Purtroppo la consuetudine aveva reso obbligatorie altre
numerose pratiche che permettevano di gonfiare e quindi permettere ancora
un’ampia infiltrazione corruttiva per procacciarsi fondi per i rimborsi. I limiti
di spesa in termini reali sono addirittura diventati più restrittivi: nel 1994, il
limite massimo di spesa nelle elezioni politiche era soltanto di circa
cinquemila sterline per candidato (circa seimila euro) in ogni circoscrizione
elettorale parlamentare (in Gran Bretagna ce ne sono 651). Bisogna dare atto
che questa legge controllando i modi in cui può essere speso il denaro ha
95
Ibidem, pagg. 78, 79. 96
H. J. HANHAM, Elections and party management: politics in the time of Disraeli and Gladston,
Londra, 1959, pag. 25.
49
conseguentemente ridotto gli incentivi alla corruzione più radicata nel terreno
del common law: la corruzione elettorale.
Sotto questo profilo il Corrupt Practices Act ha rappresentato un
indubbio successo: ha cristallizzato sociologicamente una nuova prassi
direttamente nella coscienza sociale e civica: a) le spese individuali e del
partito per le elezioni devono mantenersi su una scala relativamente ridotta; b)
lo Stato ha il dovere di limitare rigorosamente la spesa elettorale affinché si
abbia una competizione corretta (in altre democrazie, in particolare negli Stati
Uniti, non viene riconosciuto nessuno di questi principi, anzi il secondo viene
generalmente considerato non democratico). Per apprezzare l’impatto effettivo
di queste regola basta guardare oggi alla pubblicità televisiva dei partiti: nel
Regno Unito gli spot sono illegali, così come stabilito dopo la prima guerra
mondiale, secondo lo spirito della legge del 1882, dalla autorità preposte alla
trasmissione di programmi televisivi. Vennero così imposti, con uno scarso
dibattito e in pratica senza alcun dissenso pubblico, dei doveri di imparzialità
politica per le reti televisive, e durante le elezioni – regola valida ancora oggi
– fu garantito ad ogni partito un certo numero di “ trasmissioni politiche”
gratuite per far conoscere il proprio messaggio. Con un solo deciso intervento
fu così eliminata quella che è la principale causa della spesa elettorale dei
partiti negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, Italia compresa: su questa
“educazione”, nelle elezioni politiche del 1992 i tre maggiori partiti britannici
spesero nel complesso meno di 20 milioni di sterline (meno di 25 milioni di
euro) nella campagna nazionale; nelle elezioni presidenziali del 1988 negli
Stati Uniti vennero spesi dai due partiti circa 150 milioni di dollari (125
milioni di euro) soltanto in pubblicità televisiva, e questa cifra non include le
50
somme spese nelle precedenti elezioni primari all’interno dei partiti.97
Ma quello che va soprattutto rilevato, è che questa è una casistica
limitata che non concreta la forma della vendita diretta di potere decisionale,
quindi quello che gran parte del mondo ha scelto di definire corruzione.
Un aspetto molto importante, soprattutto a livello criminologico,
emerso solo recentemente, e caratterizzato da un’alta concezione di “etica
pubblica”, riguarda proprio il Parlamentare, codificando una condotta in un
regolamento che si instaura a priori dell’eventuale intervento penale: sul finire
del secolo scorso il Parlamento inglese, in seguito a preoccupanti segnali, ha
creato il Comitato Nolan98
, il quale ha investigato per alcuni anni sugli
standard di correttezza nella vita pubblica ed ha emanato una serie di
raccomandazioni. La causa scatenante di questa indagine è stata l’apparire di
una serie di scandali, i più clamorosi registrati in Inghilterra99
che hanno
coinvolto membri del Parlamento, in particolare deputati della maggioranza
che, si è scoperto, accettavano denaro da soggetti economici per presentare
interrogazioni parlamentari100
. Dal punto di vista formale questi
comportamenti costituiscono tecnicamente corruzione: abbiamo soggetti che
rivestono un ruolo pubblico, che accettano denaro per compiere un atto
contrario ai doveri connessi alla loro funzione. Nel caso di specie, la
qualificazione della condotta è data da dei parlamentari che hanno inseguito
97
A. ADONIS, Gran Bretagna: la virtù civica alla prova, in D. DELLA PORTA, Y. MÉNY (a cura
di), Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995, pag. 145. Per
un’analisi relativamente recente delle spese per le elezioni nel Regno Unito, si veda THE REPORT
OF THE HANSARD SOCIETY COMMISSION, Election Campaigns. An Agenda for Change,
Hansard Society, Londra 1991. 98
Committee on Standards in Public Life, è un commissione indipendente dal governo (NDPB)
istituita nel 1994 dal primo ministro John Major e presieduto dal giudice Michal Nolan. 99
Ci si riferisce allo scandalo Cash-for-questions. Cfr. all’indirizzo
http://en.wikipedia.org/wiki/Cashfor-questions_affair. 100
A. SKED, So Mr Macmillan: how was it for you?, in “The Independent”, 4 marzo 1994.
51
un interesse privato (molto tutelato nel common law) rispetto ad un interesse
collettivo. Ed in effetti questi comportamenti sono stati percepiti come corrotti
dall’opinione pubblica inglese nonché sanzionati in base ai regolamenti interni
della Camere, ma non in base a norme sulla corruzione: non c’è in questo caso
vendita di potere decisionale così come previsto dal diritto penale inglese e
quindi si configurano come fenomeni diversi da quelli registrati nel resto
dell’Unione europea101
. La dottrina ha considerato questi fatti come semplici
degenerazioni di una realtà radicata e caratteristica della società capitalista
inglese, che ammette molto più di altri Stati in cui si manifesta: il lobbying.
L’attività di lobbying troppo e troppo spesso si confonde nella
corruzione. Di sicuro, non regolare questa attività non stabilisce limiti
all’attività stessa, ma anche regolamentandola (sia pure non codificandola)
bisogna ben delinearla e comprendere che ad essere illecito è il suo lato
maggiore, non il suo lato minore, altrimenti si costituisce una barriera verso
una corruzione più vasta, solo perchè si sceglie di non valutarla come
“corruzione”. Infatti formalmente in molti paesi la corruzione soddisfa varie
esigenze, come quella, legittima, dei gruppi economici di perorare la propria
causa presso entità istituzionali, depauperando e sottraendo così alcune delle
giustificazioni morali di essa.
La dottrina giuridica britannica si è scissa successivamente in due parti:
da un lato, vi era chi sosteneva che il corrupt contract, il mero accordo
corruttivo fosse il fulcro del reato e pertanto entrambe le parti fossero
colpevoli di corruzione; dall’altro, invece, si argomentava che le previsioni
della condotta tipica non necessitano della bilateralità per far scattare la
sanzione penale. La lettura complessiva viene poi coordinata con il momento
101
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 132, 133.
52
consumativo del reato, che muove dalla necessità di individuare il soggetto
attivo ed il soggetto passivo della condotta.
Per quanto riguarda la configurazione del reato, dal luglio 2011 è
entrato in vigore nel Regno Unito il Bribery Act 2010 con il quale è stata
disciplinata sia la corruzione nell’ambito della Pubblica Amministrazione sia
la corruzione privata, con abrogazione della precedente normativa.
La legge britannica ridefinisce, dunque, il concetto di corruzione
(naturalmente già preesistente) e recepisce la convenzione internazionale
OCSE sugli illeciti pagamenti a funzionari stranieri, contemplando il bribery
come la concessione di un vantaggio ad un altro soggetto affinché
quest’ultimo abbia un comportamento “inappropriato” (improper): la
principale differenza rispetto alla normativa italiana è che nel Regno Unito si
commette bribery sia quando il soggetto corrotto è pubblico sia quando esso è
privato.
Come vedremo a differenza degli U.S.A., l’offerta o la sollecitazione
non accolte non costituiscono una vera e propria corruzione, ma vengono
punite a titolo di tentativo di reato102
.
5. Gli Stati Uniti d’America: tra lezioni di criminologia e suggerimenti per
una regolamentazione internazionale
Il soggetto si rende autore del reato di bribery per il fatto di dare o
ricevere denaro od una qualsiasi cosa di valore con il proposito di influenzare
l’ufficiale di un pubblico ufficio o di una persona che svolga funzioni
102
Cfr. R. A. ANDERSON (a cura di), Wharton’s Criminal law and procedure, Vol. IV, pag. 459; R.M.
PERKINS, Criminal law, Shield edition, pag. 469.
53
ufficiali103
.
È necessario sin da subito a fini comparatistici far notare che la prima
normativa organica antitrust nord- americana, lo Sherman Act, viene firmata
dal presidente Benjamin Harrison nel 1890. In Italia entrerà in vigore solo con
la legge del 10 ottobre 1990, n. 287, recante “Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato”.
Si comprende subito la formazione di un sistema politico che nasce per
servire il mercato. Vediamo un sistema di tutela del libero mercato,
pacificamente riconosciuto dalla dottrina, prodromico al contenimento della
corruzione. In questa ottica di corruzione-mercato, la tutela è stata adottata
storicamente dagli Stati Uniti un secolo prima rispetto a quella italiana104
.
Ma non sono sempre e solo la regolamentazione e la penalizzazione di
un sistema a ridurre l’impatto corruttivo. Nell’ottica di una scienza penale
integrata, è ormai assodato che il valore della scrittura penale è tale solo se
riesce a ricomprendere in sé gli elementi fondamentali di un’analisi che riesca
a tenere fede ad elementi imprescindibili della società che permettono a priori
una certa soglia di immunità o di inclinazione: istruzione, estrazione sociale,
elevata presenza di determinate etnie in un determinato territorio, elevata
presenza nel corpo politico di esponenti di sesso femminile, ed altre variabili,
primo fra tutti il livello culturale. È stato fatto notare che, nell’alternativa se
rispettare i principi aziendali ben definiti o massimizzare i propri benefici, si
preferisce la seconda opzione: “L’etica è bella, ma gli affari sono affari”105
.
103
Cfr. A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pag. 86. 104
Sul punto Cfr. M. MAGATTI in op.cit. 105
Frase citata da F. Vincke, “The State and the Civil Society in the Fight against Corruption”, in the
Eighth International Anticorruption Conference, Lima, 7 novembre 1997). sul punto JORGE F.
MALEM SEGNA, “Globalizzazione, commercio internazionale e corruzione”, ed. Il Mulino 2004,
p. 200.
54
In tali contesti si mostra sempre fondamentale e imprescindibile
l’approccio che il legislatore deve dimostrare di possedere nei confronti di
determinati disegni di legge, finalizzato al superamento di una concezione
anche espressione dell’arretratezza sociale, in particolare per l’espandersi della
corruzione106
.
Per questo approccio integrato alla scienza penale, è pietra miliare del
processo di evoluzione penal-criminologica l’abbandono di quell’approccio
eziologico della devianza che in Italia era stato teorizzato un secolo prima da
Cesare Lombroso, per occuparsi di uno studio le cui variabili si affidano a
schemi maggiormente statistici con maggiore affidabilità scientifica, grazie al
pensiero del sociologo statunitense, padre della criminologia del ventesimo
secolo, Edwin H. Sutherland107
, capace di portare alla luce ontologicamente i
reati commessi dai c.d. white collar criminals.
Per comprendere il pensiero di Sutherland, in particolare sul paradigma
dell’associazione differenziale e comportamento sub-culturale, è necessario
toccare gli studi del sociologo francese Émile Durkheim, considerato, con Karl
Marx, Vilfredo Pareto, Max Weber, Georg Simmel e Herbert Spencer, uno dei
padri fondatori della moderna sociologia108
. Viene introdotto il concetto di
“anomìa”.
Per anomìa, Durkheim intende uno stato di dissonanza cognitiva tra le
aspettative normative e la realtà vissuta. Può essere di due tipi: acuta, di solito
106
Cfr. N. FIORINO, E GALLI. La corruzione in Italia. Il Mulino 2013, pag. 55 e ss. 107
Tra le sue opere, E. SUTHERLAND, Principles of Criminology, University of Chicago Press,
Chicago 1924; ID., 24,000 Homeless Men’ Philadelphia, J.B. Lippincott, 1936, ID., The
Professional Thief: by a Professional Thief, University of Chicago Press, Chigago, 193ι; ID.,
‘White Collar Crime’, Il crimine dei colletti bianchi. La versione integrale, (a cura di G. FORTI),
Milano, 1987, pag. 8. 108
Oltre ad essere il fondatore della prima rivista dedicata alle scienze sociali, l’Année Sociologique.
Tra le sue opere, di particolare rilievo per il penalista, E. DURKHEIM, Le Suicide, étude de
sociologie, 1897.
55
per un cambiamento “unico” e “improvviso”, o cronica, per un continuo
mutamento sociale, proprio di una moderna società industriale. Durkheim, ne
La divisione del lavoro sociale (1893), e nel più noto Il Suicidio (1897), tende
a non soffermarsi sul punto di vista soggettivo, ma sull’oggettività dei
momenti di assenza di norme e quindi anomia, mancanza di regole atte a
mantenere, entro certi limiti appropriati, il comportamento dell’individuo.
Inoltre poiché per Durkheim le regole morali vengono sempre codificate in
leggi, l’anomìa non si configura solo come mancanza di norme sociali, ma
soprattutto come mancanza di regolazione morale109
. Successivamente, il
termine verrà elaborato da Robert King Merton110
, individuando tra le cause di
disorganizzazione normativa non solo la presenza di un ambito “non regolato”,
bensì anche l’iperproduzione di regole.
In questo contesto, vi è una parte della società che si svincola dalle
regole collettive assumendone di proprie, e caratterizzando quindi una
associazione differenziale. In questo modo si struttura, in un’ottica di
integrazione e non di anarchismo criminale da integrare, questa fedeltà ad un
impianto normativo che sviluppa il comportamento sub-culturale.
I soggetti protagonisti sono soggetti quindi iperintegrati. Una
contraddizione enorme con l’impianto special-preventivo che si pone come
fine la risocializzazione del delinquente. Il white collar criminal è gia
ipersocializzato. La valutazione costi-benefici inoltre spinge il colletto bianco
a delinquere, anche a fronte di pene particolarmente gravi.
Il terremoto causato da questa nuova concezione, per l’America degli
109
Cfr. R. MARRA, Suicidio, diritto e anomia, Esi, Napoli, 1987. 110
Pseudonimo di Meyer R. Scholnick (1910 – 2003), è stato un sociologo statunitense della corrente
funzionalista. Tra le sue opere, tutte tradotte in italiano dall’editore Angeli, si segnala Teoria e
struttura sociale, (1949), Libertà e controllo nella società moderna (1955), Ricerca sociologica
(1963), Sociologia teoretica (1967), La sociologia della scienza (1973).
56
anni quaranta e cinquanta, è evidente. Viene totalmente annullato un caposaldo
della politica e della giustificazione della “bontà” dell’accettato capitalismo: la
virtù morale non coincide con la potenza economica111
.
Il paradigma dell’associazione differenziale e del comportamento sub-
culturale, si completa di altri due elementi sociali.
1) apprendimento, che consiste nella trasmissione della cultura illegalista
tra diversi funzionari in successione, concetto, che si può perfettamente
rinvenire nella “ dazione ambientale”, teorizzato dalla magistratura
inquirente e successivamente dalla dottrina alla vigilia dello scandalo di
Tangentopoli112
.
2) neutralizzazione, sia soggettiva che oggettiva. Da un punto di vista
soggettivo il white collar criminal rielabora l’intera propria condotta in
una forte autolegittimazione, un processo interiore che conduce ad
autoassoluzione a tutti gli effetti. Da un punto di vista oggettivo,
invece, è empiricamente considerata un’elevata possibilità di restare
impunito per questi tipi di reati.
Stranamente, l’opera verrà pubblicata nel 1983, molto dopo la sua morte
(1953), e dopo il c.d. “scandalo Watergate”, lo scandalo nato dalla scoperta
dell’infiltrazione di cinque persone legate al partito repubblicano e
all’amministrazione Nixon, dovute all’evidenza di alcune intercettazioni
111
G. FORTI, Normatività ed empiria nel lavoro del criminologo. Il “caso” Sutherland, in Riv. it. Dir.
proc. pen., 1987, pag. 366. 112
Cfr. A. PAGLIARO, Per una modifica delle norme in tema di corruzione e concussione, in Riv.
trim. dir. Pen. econ., 1995, pagg. 55 e ss.; D. PULITANÒ, La giustizia penale alla prova del fuoco,
op. cit., pagg. 3 e ss.; G. FORTI, L’insostenibile pesantezza della “tangente ambientale”:
inattualità di disciplina e disagi applicativi nel rapporto corruzione-concussione, in Riv. it. dir.
proc. pen., 1996, 02, pagg. 476 e ss.) e anche dalla giurisprudenza (cfr. Cass., sez. VI, 19 ottobre
2001, Berlusconi, in Cass. Pen., 2002, 205; Trib. Roma 20 luglio 2000, Basca, in Giur. merito,
2002, 110; Cass., sez. VI, 21 novembre 2002, Argirò, in Cass. pen., 2005, 1238; Cass., sez. VI, 4
settembre 2001, Querci, in Foro amm. C.d.S., 2002, 352; Cass., sez. VI, 13 aprile 2000, Pivetti, in
Riv. Pen., 2001, 268.
57
illegali effettuate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico
alloggiato appunto all’hotel da cui prenderà il nome l’intero caso, che si
concluderà con la confessione di Richard Nixon e le sue dimissioni dalla Casa
Bianca nel 1974. Celebre fu l’inchiesta sul Washington Post di Bob Woodward
e Carl Bernstein dal quale nacque lo scandalo.
Le indagini fecero emergere una realtà ignota all’opinione pubblica
statunitense: “fondi neri” e artifici contabili creati al fine di non far comparire
nei registri societari alcuni pagamenti a funzionari di governi esteri.
L’attenzione fu presto spostata dai contributi che le società commerciali
nordamericane elargivano con la finalità di influenzare classe politica ed
economica del paese ai contributi per le campagne elettorali all’estero.
L’inchiesta che avrebbe poi portato all’attenzione generale la questione
dei pagamenti con finalità corruttive all’estero iniziò nel luglio del 1973,
quando il Watergate Special Prosecutor Archibald Cox chiese di comunicare
volontariamente eventuali pagamenti illegali nella campagna elettorale
presidenziale americana del 1972. Le informazioni ottenute fecero sorgere il
sospetto che numerose multinazionali avessero contribuito illegalmente alla
campagna elettorale e avessero anche trasferito fondi a governi e a partiti
politici stranieri. Nel processo, nelle udienze tenute davanti al Congresso
emersero fatti ed eventi che, oltre ad evidenziare una pratica diffusa fra le
società nordamericane, danneggiavano anche la stabilità e la credibilità di
molti governi113
e portarono il presidente Carter nel 1977 a promulgare il
Foreign Corrupt Practices Act (FCPA), norma che proibisce alle società
americane di corrompere funzionari stranieri con la finalità di ottenere o
113
A. POSADAS, Combating Corruption under International Law, in Duke Journal of Comparative
and International Law, vol. 10, 2000, pp. 348
58
mantenere affari.
Dall’iceberg del Watergate quindi emersero una serie di implicazioni
che rappresentavano le derive del capitalismo, scoperte che portarono alla
prima, vera e propria evoluzione della normativa anticorruttiva, con
fondamentali ripercussioni in ottica internazionalista. Grazie alla scoperta di
enormi contributi illeciti da parte delle imprese, in particolare legate
all’estrazione e gestione del petrolio114
, fortemente interessati a controllare la
politica dei prezzi, le perforazioni, e i controlli, la legislazione nazionale e nei
rapporti con gli stati esteri115
, la letteratura americana del periodo – con
particolare riferimento alla campagna per la rielezione del Presidente Nixon –
è la prima ad occuparsi della corporate corruption e della enorme diffusione
delle tangenti corrisposte dagli enti collettivi ai soggetti politici.
La risposta quindi completa il quadro atto alla comparazione.
1) la regolamentazione per via legislativa del finanziamento della politica,
che in questo sistema è per la gran parte proveniente dal finanziamento
privato del processo elettorale, sulla base della trasparenza e di limiti
all’importo di donazioni.
2) l’adozione di codici di comportamenti etico per tutte e tre le branche
dello Stato, le cui disposizioni vanno ad aggiungersi a quelle previste
dal codice penale, nonché di meccanismi e procedure per assicurarne il
rispetto, con l’accento posto con forza sulla prevenzione.
3) Il riconoscimento del ruolo di controllo e denuncia affidato agli organi
di informazione, ruolo costituzionalmente protetto dal Primo
114
Principale finanziatrice fu la Gulf Oil, che in base a un rapporto del 1974, risulta aver occultato
pagamenti illeciti per dieci milioni di dollari, inclusi quelli destinati alla campagna elettorale di
Nixon, dal 1960 al 1974. 115
Cfr. M. B. CLINARD, Corporate Corruption: The Abuse of Power, 1990
59
Emendamento ed esercitato con molto vigore, nell’ambito di un’etica
dell’informazione cui gli operatori del settore si sforzano di attenersi, a
tutela di una credibilità collettiva che è condizione per poter esercitare
quel ruolo: “In the First Amendment the Founding Fathers gave the
free press the protection it must have to fulfill its essential role in our
democracy. The press was to serve the governed, not the governors. The
Government’s power to censor the press was abolished so that the press
would remain forever free to censure the Government. The press was
protected so that it could bare the secrets of government and inform the
people. Only a free and unrestrained press can effectively expose
deception in government”116
.
Un’ultima considerazione comparativa riguarda l’atto di un funzionario
di concepire e progettare un reato, commesso da parte di un soggetto che non
lo avrebbe realizzato se non a cagione dell’inganno, della persuasione o del
raggiro da parte del funzionario stesso, strumento di cui dispongono le agenzie
di controllo penale nordamericane per la lotta alla corruzione: il c.d.
“entrapment”117
. Nel 1932 il caso Sorrells era destinato a divenire il caso-
guida statunitense in tema di entrapment: all’inizio degli anni Trenta, sul finire
del proibizionismo, un agente governativo, fingendosi un turista, contatta un
116
Sentenza del 1971 la Supreme Court degli Stati Uniti,chiamata a decidere su una controversia che
vedeva contrapposti due princìpi costituzionali: la libertà di stampa e il segreto di Stato. New York
Times Co. v. United States, 403 U.S. 713, 714 (1971). Trad.: “Nel Primo Emendamento i Padri
Fondatori hanno dato alla libera stampa la protezione che essa deve avere per realizzare il suo
essenziale ruolo nella nostra democrazia. La stampa doveva servire i governati, non i governanti.
Il potere del Governo di censurare la stampa fu abolito affinché la stampa rimanesse per sempre
libera di censurare il Governo. La stampa fu protetta affinché potesse rivelare i segreti del
governo ed informare il popolo. Solo una stampa libera ed indomita può effettivamente svelare gli
inganni del governo.” 117
La definizione è di W. R. LA FAVE, A. W. SCOTT JR., Substantive Criminal Law, West Group,
1986, pag. 420.
60
certo Sorrells e intrattiene con lui una conversazione sulle comuni esperienze
di guerra. Una volta accattivatasene la confidenza, il provocatore chiede a
Sorrells del liquore, peraltro per ben due volte rifiutatogli. Ritornato alla carica
per la terza volta, facendo leva sulla solidarietà di corpo fondata su di una
presunta commilitanza nella stessa divisione, ottiene finalmente mezzo gallone
di whiskey e può procedere all’incriminazione. La Corte tuttavia assolve
l’imputato, riconoscendogli l’esimente della provocazione (c.d. Entrapment
defense) in base alla considerazione che l’agente provocatore “ ha adescato un
soggetto altrimenti innocente inducendolo alla commissione del reato con
ripetute e persistenti sollecitazioni, abusando della confidenza instauratasi per
il fatto di essere compagni di guerra”. Determinante per la Corte risulta il fatto
che “il disegno criminoso sia stato originato dall’ufficiale del governo che ha
instillato nell’animo di una persona non incline al delitto l’idea di commettere
un reato, per riuscire a prenderla in trappola”118
.
Questa è una figura che possiamo affermare di trovare in quasi tutti gli
ordinamenti. La figura del c.d. “agente provocatore” nel diritto penale degli
Stati Uniti presenta un modello di disciplina di spiccato rilievo, non solo
all’interno dei sistemi di common law, ma in assoluto. L’entrapment, è frutto
di una elaborazione giurisprudenziale razionalizzata ex post dalla dottrina e
rappresenta, ad oggi, la miglior forma di contrasto alla corruzione negli Stati
Uniti119
. In Italia la figura dell’agente provocatore esiste solo dal 1990
caratterizzata da una disciplina eterogenea e assolutamente tassativa, e ne sono
118
C. DE MAGLIE, L’agente provocatore, un’indagine dommatica e politico-criminale, Giuffrè,
Milano 1991, pag. 157; cfr. Sorrells v. United States (1932), in J. MICHAEL, H. WECHSLER (a
cura di), Criminal Law and its Administration, Chicago, 1940, pagg. 1196 e ss. 119
SENATO DELLA REPUBBLICA, d.d.l. del 2 marzo 2010, n. 2044, recante “misure per
contrastare fenomeni corruttivi tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione”, pag. 2.
61
esclusi, tra gli altri, i reati di corruzione120
. Solo nel 2010 abbiamo avuto un
disegno di legge firmato da ventitré senatori, peraltro non appartenenti alla
maggioranza parlamentare, che ha timidamente provato ad introdurre la
versione nostrana dell’entrapment, il c.d. “test d’integrità”121
.
La caratteristica fondamentale dell’entrapment nordamericano, risiede
nella sua innovativa qualificazione: il sistema nordamericano impernia la
questione interamente sul provocato, sui criteri di qualificazione del suo
“fatto”, sul suo destino processuale. Il provocatore è comunque oscurato
riducendone al minimo il significato della sua azione, a differenza degli
ordinamenti di civil law la cui attenzione è sempre focalizzata sulla figura
dell’agente provocatore. Il provocato ha sempre rivestito un ruolo accessorio,
di complemento della fenomenologia, indispensabile ma di marginale interesse
sub specie iuris122
.
Possiamo concludere che il modello anticorruttivo statunitense non si
discosta molto da quello britannico: i due sistemi sono a condotta di base non
necessariamente bilaterale, discostandosi quindi dal c.d. “modello mercantile”;
però richiedono il riferimento ad un atto determinato o determinabile come
oggetto di corruzione123
.
La differenza fondamentale è data dalla “letteratura” delle previsioni
legali di Regno Unito e Stati Uniti per il reato di bribery, che puniscono il
120
D.p.r. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 12-quater l. n. 556/1992, art. 14 l. n. 269/1998 e art. 4 l. n.
438/2001, rispettivamente relativi a traffi co di stupefacenti, riciclaggio, pedofilia e terrorismo. Si
veda per un’ampia trattazione dell’agente provocatore nell’ordinamento italiano R. MINNA, A.
SUTERA SARDO, Agente provocatore. Profili sostanziali e processuali, Giuffrè, Milano 2003. Per
una approfondita disamina, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, tra
l’istituto dell’agente provocatore e eventuali violazioni dei diritti processuali si veda A. BALSAMO,
Operazioni sotto copertura ed equo processo: la val enza innovativa della giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen. 2008, 6, pagg. 2641 e ss. 121
D.d.l 2044/2010, cfr. nota n. 94. 122
C. DE MAGLIE, op. cit., pagg. 155, 156. 123
A. SPENA, op. cit., pag. 77.
62
privato perché corrompe il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico
servizio. Tutti i codici penali europei anche quelli non più vigenti, al contrario,
impostano la corruzione esattamente all’inverso, nel senso che l’ “attore
principale” del reato è il soggetto della pubblica amministrazione, mentre il
privato appare in secondo piano per estensione. La definizione di bribery tratta
dal Black’s Law Dictionary è assolutamente esplicativa: “ Bribery is the
offering, giving, receiving, or soliciting of any item of value to influence the
actions of an official or other person in charge of a public or legal duty. The
bribe is the gift bestowed to influence the recipient’s conduct. It may be any
money, good, right in action, property, preferment, privilege, emolument,
object of value, advantage, or mer ely a promise or undertaking to induce or
influence the action, vote, or influence of a person in an official or public
capacity”. Il codice penale italiano, essendo impostato logicamente
all’inverso, prevede una norma apposta, l’art. 321, che estende le pene al
corruttore.
Ancora, quello che è evidente, è il ruolo fondamentale che le tecniche
investigativo-probatorie di common law hanno avuto e hanno nel panorama
internazionale della regolamentazione e del contrasto alla corruzione, che
naturalmente deve essere inquadrato in un diritto penale e processuale penale
come strumento giuridico di regolazione di obblighi, diritti e potestà che
presidiano l’attribuzione di responsabilità ai cittadini e di un processo penale
come uso della reazione punitiva nei confronti degli infrattori dichiarati tali
secondo procedure stabilite.
63
6. La corruzione oltre i confini nazionali
L’habitat ideale per la corruzione, per assunto criminologico, è dato dal
“luogo” in cui vi è molto denaro e poco controllo. Se pensiamo al proliferarsi
dei canali finanziari e bancari internazionali, e alla maggiore dimensione della
criminalità internazionale, convenzionalmente intesa come il complesso delle
attività delinquenziali le cui modalità di realizzazione implicano il
superamento dei confini di un dato ordinamento giudico124
, ci sembra
immediatamente più chiaro come sia impossibile contenere entro i confini di
uno stato alcune fattispecie criminose. In particolare, nella materia affrontata,
questo avviene secondo due declinazioni:
a) la corruzione transazionale, in cui gli elementi tipici della condotta
si realizzano, in tutto o in parte, in territorio estero ed è pertanto la corruzione
a frammentarsi in un contesto geografico multinazionale: il locus commissi
delicti investe anche il territorio di uno Stato straniero;
b) la corruzione del pubblico agente straniero, dove il carattere
internazionale deriva dal coinvolgimento nel reato di un agente estraneo alla
pubblica amministrazione del paese d’origine (da cui poi la dottrina ha distinto
la corruzione del pubblico agente straniero tout court e la corruzione del
pubblico agente internazionale)125
: il bene giuridico leso o messo in pericolo
trascende la dimensione puramente interna.
Il primo passo verso la costruzione di strumenti internazionali è stato
fatto dalle Nazioni Unite con una Risoluzione adottata nel 1975, che
condannava il ricorso a qualsiasi pratica corruttiva, comprese quelle che si
124
S. MANACORDA, La corruzione internazionale del pubblico agente, Jovene,
Napoli 1999, pag. 12. 125
S. MANACORDA, op. cit. , pag. 37.
64
manifestavano nelle transazioni commerciali internazionali in violazione delle
regole e delle leggi dei paesi di destinazione, riaffermando al contempo il
diritto di ogni Stato di legiferare sul punto e stimolando comunque alla
creazione di una cooperazione internazionale126
.
Successivamente, il Comitato delle società transazionali elaborò un
progetto di Accordo sui pagamenti illeciti, emanato nel 1979. Il testo
prevedeva l’armonizzazione delle legislazioni interne su tre punti essenziali: la
previsione delle condotte tipiche, la definizione della categoria dei soggetti
attivi e i criteri di attribuzione della competenza127
.
La Commission des sociètès transnationales dal 1974 ha dedicato i
propri sforzi all’elaborazione di un progetto di Code de conduite: il progetto si
proponeva di porre a carico delle società transazionali una serie di obblighi per
la tutela dei paesi stranieri ed in primo luogo dei paesi in via di sviluppo. Tra
le norme di rispetto, ve n’era anche una espressamente dedicata alla
corruzione, senza peraltro, com’è ovvio visto lo strumento di soft law,
disciplinare un’eventuale sanzione penale. Tutti questi provvedimenti hanno
incontrato le velate resistenza degli Stati, probabilmente timorosi di vedersi
condizionare nelle scelte di politica criminale da strumenti sovranazionali. Ma
naturalmente vi erano anche dei difetti nelle direttive e nei progetti emanati.
Ad esempio, il Code de conduite si guardava bene dall’istituire un
principio di solidarietà internazionale, fatta eccezione per i generici richiami
alla cooperazione intergovernativa per il conseguimento degli obiettivi
enunciati nel progetto: per il paese di origine vige solo un generico obbligo di
imporre il rispetto del principio di non ingerenza alle proprie imprese. Ancora,
126
S.MANACORDA, op. cit., pag. 160. 127
S.MANACORDA, op. cit., pag. 161
65
la descrizione della condotta difettava di ogni precisione128
.
Sorvolando quindi questi iniziali tentativi, il merito del primo atto
internazionale vincolante ufficialmente sottoscritto in sede internazionale
spetta all’Organizzazione degli Stati Americani (O.A.S.), la quale, il 29 marzo
1996, ha concluso l’accordo definivo sulla Inter-American Convention Against
Corruption.
Fondamentale è notare come la Convenzione interamericana non si apra
con un obbligo di incriminazione, bensì con una lista di misure di carattere
preventivo129
. Solo successivamente procede all’incriminazione della
corruzione interna e di quella transazionale, prevedendo, accanto alle
fattispecie corruttive “tradizionali”, anche l’ipotesi di “arricchimento illecito”,
riferito alla condotta del pubblico ufficiale che abbia avuto un “sensibile
incremento” del proprio patrimonio senza poter fornire una giustificazione
ragionevole al riguardo130
. Da questo “compromesso” tra l’interesse latino-
americano ad una reciproca assistenza legale e ad un’eventuale estradizione,
da una parte, e le pretese nordamericane ad una criminalizzazione
transfrontaliera in campo economico dall’altra, è nato un interessante esempio
per la futura realizzazione di una normativa globale, cominciata con la
Convenzione dell’Organisation de coopération et de développement
économiques (OCSE) “sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri
nelle transazioni commerciali internazionali”, firmata a Parigi il 17 dicembre
1997.
128
L’individuazione dei presupposti di fatto – effettuata mediante il riferimento a contratti tipici – in
presenza dei quali sorge l’obbligo per gli Stati di predisporre sanzioni penali costituisce infatti una
soluzione tecnica inadeguata per l’effettiva estensione delle fattispecie incriminatrici interne alla
corruzione dell’intraneus straniero. Cfr. S.MANACORDA, op. cit., pag. 165. 129
S. SPITALIERI, La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, tesi di laurea. 130
L. SALAZAR, Recenti sviluppi internazionale nella lotta alla corruzione (...e conseguenti obblighi
di recepimento da parte italiana), in Cass. pen. 1998, 05, pag. 941.
66
Questo rappresenta il primo risultato reale di una serie di iniziative
internazionali che crescevano e venivano considerati in maniera direttamente
proporzionale all’emergere della corruzione negli affari internazionali131
. Essa
obbliga ciascuno Stato aderente132
a prendere “les mèsures nècessaires,
confermèment à ses principes juridiques, pour ètablir la responsabilitè des
personnes morales es cas de corruption d’un agent public ètranger” (art. 2,
rubricato appunto responsabilitè des personnes morales)133
. L’art. 1 della
Convenzione vincola gli Stati firmatari ad incriminare la corruzione attiva di
funzionario straniero ed internazionale nel quadro delle transazioni d’affari
internazionali; la punibilità è poi estesa alle ipotesi di concorso, istigazione e
di tentativo di reato. Si tratta, quindi, esclusivamente della corruzione attiva,
del fatto, cioè, di chi promette o paga la tangente verso paesi membri o terzi,
lasciando a questi ultimi il compito di perseguire ed eventualmente sanzionare
la corruzione passiva dei loro funzionari134
. Obbliga quindi gli Stati parte a
prevedere come illecito penale all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici
la corruzione (attiva) del pubblico ufficiale straniero così come avviene per i
pubblici funzionari nazionali, nel quadro delle transazioni economiche
internazionali135
.
131
G. SACERDOTI, La Convenzione OCSE del 1997 sulla lotta contro la corruzione dei pubblici
ufficiale stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. Scritto destinato agli studi in onore
di Francesco Capotorti, in Riv. it. dir. proc. pen. 1998, 04, pagg. 1349 e ss. 132
L'Italia l'ha ratificata con l. n. 300/2000 133
S. VINCIGUERRA, M. CERESA-GASTALDO, A. ROSSI, La responsabilità dell’ente per il reato
commesso nel suo interesse (d. Lgs. 231/2001), Cedam, Padova 2004, pag. 3. 134
L. BORLINI, P. MAGRINI, La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla
dimensione ONU, in Dir. comm. Internaz. 2007, 01, pagg. 15 e ss. 135
Cfr. OECD Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International
Business Transactions, art. 1.1. In questo senso, tra gli altri, G. SACERDOTI, La convenzione
OCSE del 1997 e la sua laboriosa attuazione in Italia, in ID. (a cura di), Responsabilità d’impresa
e strumenti internazionali anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n. 231/2001,
Milano, 2003, pag. 75; S. MANACORDA, La corruzione internazionale, op. cit., pag. 253; P.
MAGRINI, L’attuazione della Convenzione OCSE contro la corruzione negli Stati membri: il
67
Siccome parliamo di una regolamentazione non self executing, i
Commentari alla Convenzione al punto 3 stabiliscono che l’art. 1 contiene una
norma che le parti devono rispettare, ma non le obbliga a riprendere la sua
specifica formulazione per definire il reato nelle rispettive legislazioni interne.
Per esempio, una legge generale in materia di corruzione di funzionari, che
non si riferisca in modo specifico alla corruzione di un pubblico ufficiale
straniero, e una disposizione di legge limitata alla corruzione di un pubblico
ufficiale straniero sarebbero ambedue conformi al presente articolo136
.
Si trova, in questa disposizione, una prima concreta manifestazione del
principio di equivalenza funzionale, che costituisce la pietra angolare della
Convenzione OCSE137
.
L’esegesi dell’articolo ci conduce, leggendo il comma 1 dell’articolo de
quo, alla cristallizzazione dell’impegno di ogni Stato parte ad adottare le
misure necessarie affinché costituisca reato, in virtù della propria legge,
l’offer, la promise o la give, corresponsione, effettuata intentionally,
direttamente o tramite un intermediario, di un vantaggio indebito (undue),
pecuniario o di altra natura, ad un pubblico funzionario straniero, per questi o
per un terzo affinché l’ufficiale compia o si astenga da compiere atti in
relazione a doveri d’ufficio, al fine di conseguire o conservare un affare o un
altro vantaggio indebito nell’ambito del commercio internazionale138
. Al
comma 2, le parti si impegnano ad adottare le misure necessarie per stabilire
che la complicità (complicity), l’istigazione (incitment), il favoreggiamento
quadro comparato, in G. SACERDOTI (a cura di), Responsabilità d’impresa e strumenti
internazionali anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n° 231/2001, Egea,
Milano 2003, pag. 95. 136
G. SACERDOTI, La Convenzione OCSE e la sua laboriosa attuazione, op. cit. pag. 75. 137
L. BORLINI, P. MAGRINI, La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla
dimensione ONU, in Dir. comm. Internaz. 2007, 01, pp. 15 ss. 138
Ibidem
68
(aiding and abetting), o l’autorizzazione (authorisation) a compiere un atto di
corruzione di un pubblico ufficiale straniero, costituiscono ugualmente reato.
In secondo luogo, il tentativo (attempt) e l’associazione ai fini della corruzione
(conspiracy to bribe) di un pubblico ufficiale straniero devono essere
considerati illeciti penali alla stessa stregua del tentativo e dell’associazione ai
fini della corruzione di un pubblico ufficiale della predetta parte139
.
In Italia, successivamente abbiamo avuto la Raccomandazione 20
ottobre del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 1998 con la quale
si invitavano gli Stati membri a “promuovere la adozione di misure (anche di
natura penale) finalizzate a rendere le imprese responsabili per i reati
commessi nell’esercizio della loro attività, indipendentemente dai regimi di
responsabilità civile in vigore”140
: una scelta molto innovativa per la lotta alla
corruzione. Dopo una lunghe discussioni tra Camera dei deputati e Senato
della Repubblica - iniziata con il d.d.l. 4 dicembre 1998, n. 5491, e conclusa
con l’approvazione il 19 settembre 2000–, ai sensi della l. 29 settembre 2000,
n. 300, corrompere funzionari stranieri diventava reato perseguibile anche in
139
Cfr. OECD, Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International
Business Transactions, art. 1, co. 2. Il successivo co. 3 si limita a disporre che i reati di cui ai
precedenti commi sono di seguito denominati “corruzione di pubblici uffi ciali stranieri”. 140
La stessa Relazione della Commissione Ministeriale per la riforma del codice penale (c.d.
Commissione Grosso) affronta il problema della responsabilità degli enti collettivi, evidenziando
come “ la introduzione di un sistema di sanzioni applicate direttamente alle persone giuridiche sia
sollecitata da ragioni interne al sistema penale. Solo la introduzione di una responsabilità (penale
o amministrativa) di tali soggetti, di contenuto assimilabile a sanzioni penali, consente un assetto
razionale delle sanzioni e degli altri istituti fondamentali del diritto penale dell’impresa. Già
attualmente, le persone giuridiche sono coinvolte nel sistema penale come soggetti civilmente
obbligati per il pagamento delle pene pecuniarie e il risarcimento del danno. Nella prassi il
coinvolgimento va oltre (ipotesi di oblazione solo condizionata e di patteggiamenti per i reati di
impresa). I costi talora sono assurdamente moltiplicati, in proporzione del numero degli imputati.
Una razionalizzazione del sistema con la introduzione di sanzioni dirette per la persona giuridica
consentirebbe il superamento di tali distorsioni”, E. AMATI, La responsabilità da reato degli enti.
Casi e materiali, Utet, Torino 2007, pag. 9
69
Italia141
.
A livello internazionale, la lotta contro la corruzione si dimostra
fondamentale nelle politiche internazionali e nazionali in difesa dello Stato
sociale di diritto, per le sue ricadute sui diritti umani, in quanto la violenza del
libero mercato e le conseguenze negative dell’economia nel suo complesso
possono essere ridotte solo dalla credibilità dei dirigenti pubblici, importante
in tutte le società in ogni tempo, ma estremamente necessario in tempi di crisi
economica e sociale.
L’armonizzazione giuridica dei vari codici penali agli standard
internazionali, è un elemento necessario per una lotta efficace contro la
corruzione politico-amministrativa.
Dopo aver sfiorato le linee generali delle culture sociologiche e
criminologiche dei maggiori ordinamenti e della cultura giuridica
transnazionale, nel tempo e nello spazio, è ora il momento di affrontare le
141
Art. 3. (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi
delle Comunita’ europee e di funzionari delle Comunita’ europee e di Stati esteri)
1. Dopo l’articolo 322 del codice penale sono inseriti i seguenti: "Art. 322-bis. - (Peculato,
concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità
europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri). - Le disposizioni degli articoli
314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche: 1) ai membri della
Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della
Corte dei conti delle Comunità europee; 2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma
dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle
Comunità europee; 3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ent e pubblico o
privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari
o agenti delle Comunità europee; 4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati
che istituiscono le Comunità europee; 5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri
dell’Unione europea svolgono funzioni e’ attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e
degli incaricati di un pubblico servizio. Le disposizioni degli articoli 321 e 322, primo e secondo
comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità e’ dato, offerto o promesso: 1) alle persone
indicate nel primo comma del presente articolo; 2) a persone che esercitano funzioni o attività
corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito
di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per
procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali. Le persone
indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni
corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi […].
70
vicende corruttive nella realtà italiana e la risposta del nostro legislatore.
71
CAPITOLO II
La rilevanza economica, sociale e politica della
corruzione
1. Rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo occidentale - 2. La devianza tra
impatto economico e psicologico - 3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima
diffusa” - 4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad oggi - 5. Segue: i
fattori che alimentano la corruzione - 6. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica
“La verità è che ogni forza economica
è sempre anche una forza politica,
specialmente nei paesi retti con metodo democratico.
Lo scopo ultimo che ogni detentore di fattori
persegue con la ricerca del massimo profitto
non è di servire la collettività,
ma di conseguire la maggiore disponibilità possibile
di mezzi per raggiungere i propri fini particolari;
e se questo scopo può essere più facilmente raggiunto
nel campo politico che sul mercato delle merci e dei servigi,
è proprio il calcolo economico
quello che porta gli interessati
a preferire la strada di minore resistenza”142
1. Rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo occidentale
Nel delitto di corruzione il bene giuridico tutelato è, oggi, non più solo
l’imparzialità, correttezza, probità dei funzionari pubblici, non più solo
l’interesse affinché gli atti di ufficio non siano oggetto di mercimonio o di
142
E. ROSSI, Critica del capitalismo, Edizioni di Comunità, 1948, p. 151
72
compravendita privata, ma anche la tutela della concorrenza, del mercato e
dell’equilibrio economico (addirittura, secondo un filone della magistratura,
questi reati dovrebbero rientrare nei delitti contro l’economia e non contro la
p.a.). È avvenuta una evoluzione di notevole importanza storica che ha portato
ad una estremizzazione nell’organizzazione e gestione della cosa pubblica in
ottica liberal-privatistica, proprio a partire dal fenomeno della globalizzazione
prevalentemente di stampo capitalista.
Il contesto economico in cui confrontarsi oggi è dato da una nuova
forma di capitalismo, orientata ad una esaltazione del libero mercato e della
produzione ed a una riduzione del peso dello Stato e dello sviluppo umano. Il
neocapitalismo è inteso come evoluzione del liberismo “classico”,
geneticamente modificato delle crisi auto-generate sia dei governi che dei
diritti, del risparmio e dei sistemi bancari.
La gestione della res publica è stata tesa all’esaltazione del libero
mercato, dell’efficienza privatistica, e ad una riduzione del peso
dello Stato nella vita pubblica. E la corruzione pubblica si struttura nella
relazione tra il privato e il pubblico. La fattispecie principale è composta
infatti dal privato che concede denaro o altra utilità per avere favori e privilegi
dal settore pubblico e/o l’amministratore pubblico lucra sulla privatizzazione.
Più avanzano le privatizzazioni, più si riduce la sfera pubblica, più si
sottovaluta e non si regola il conflitto di interessi in capo ad un soggetto tra
lavoro pubblico e lavoro privato e più aumenta la corruzione. Lo Stato si
trasforma in un ottimo cliente, esigente anche al di sotto del minimo
indispensabile, ma solvibile nei confronti di privati che corrompono al fine di
prevalere, secondo le regole del mercato, su altri privati.
73
Il “nesso di causalità” evidente e accertato si esplica nel modello di
Pubblica Amministrazione dello Stato capitalista: basti pensare al modello
manageriale del New Public Management. La struttura di una P.A. ad
immagine e somiglianza del modello privatistico e la politica di
privatizzazione di scuola neoliberista causano direttamente aumento della
corruzione. Ci si allontana totalmente dalla teoria dei beni pubblici che al
valore economico invece affianca “l’ulteriore valore costituito dal capitale
sociale, dalla coesione sociale, dalle relazioni sociali create, nonché il
significato sociale e l’identità culturale, il benessere individuale e quello delle
comunità; inoltre sarebbe da considerare anche il valore politico (cioè il valore
aggiunto per la sfera pubblica, ottenuto stimolando e sostenendo il dialogo
democratico e la partecipazione attiva dei cittadini) ed il valore ecologico, in
termini di promozione dello sviluppo sostenibile”143
.
Lo Stato, oggi, generalmente inteso nella sua estrinsecazione, nei paesi
occidentali o “occidentalizzandi” svolge continuamente acquisti di beni e
servizi, per poi finanziare la realizzazione di grandi opere pubbliche di
interesse collettivo. Questo avviene nella gran parte dei casi con l’istituto e
strumento amministrativo dell’appalto, finalizzato a gestire questa quota di
risorse pubbliche. La quantificazione del denaro e, in generale, degli affari
mossi dagli Stati ha un valore enorme. Per comprendere meglio l’infiltrazione
dell’infrazione nella società moderna, faremo riferimento ad uno studio
nordamericano degli anni settanta144
, in cui veniva evidenziato che la
143
JOHN BENINGTON, From private choice to public value, in
https://www.researchgate.net/profile/John_Benington/publication/252055942_From_Private_Choi
ce_to_Public_Value/links/0046352c1963754faf000000.pdf , pp. 12 ss. 144
S. ROSE ACKERMAN, The Economics of Corruption, in Journal of Political Economy, Vol. IV,
1975, pagg. 187-203.
74
corruzione può radicarsi su vari livelli. L’accordo illecito interviene ad alterare
in modo discrezionale il prezzo di ciò che viene acquistato dall’ente e in tutte
quelle situazioni in cui è possibile la formazione di una posizione di rendita a
partire dalle decisioni di spesa degli enti pubblici.
La corruzione può inserirsi nel processo, in un primo livello, infettando
la regolarità o la decisione di acquisto di un particolare bene o servizio, la
selezione dei fornitori, la procedura di aggiudicazione della gara, i controlli
sull’esecuzione dei lavori, le modalità di pagamento.145
Un altro livello è
legato alla distribuzione di risorse e servizi o concessione di autorizzazioni da
parte di uffici statali, in particolare la concessione di crediti agevolati, la
vendita di beni, l’assegnazione di licenze o concessioni per l’esercizio di
particolari attività e più in generale tutti quei provvedimenti che aumentano il
valore di mercato di beni di proprietà dei privati. Il terzo livello si riferisce
invece al potere coattivo di cui dispone l’ente pubblico, che si può tradurre in
potere di imporre costi ai privati; nel caso di specie, questi ultimi sono disposti
a pagare una tangente pur di evitare o ritardare sanzioni o provvedimenti
punitivi. Si può ricordare, a titolo esemplificativo, l’indagine sulla Guardia di
Finanza condotta durante l’inchiesta su Tangentopoli.
In Italia lo studio è stato approfondito146
mettendo in luce un “quarto
livello”: quello cioè che riguarda la sfera delle decisioni di politica fiscale,
industriale ed economica147
. Secondo alcuni Autori, la prova più evidente
145
M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana. Il rapporto degradato tra partiti politici e
interessi economici come sintomo della crisi della democrazia: una analisi approfondita, il Mulino,
Bologna, 1996, pagg. 41 e ss. 146
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 73. 147
M. MAGATTI, op. cit., pag. 53.
75
dell’esistenza di questo quarto livello è la c.d. “maxi-tangente Enimont”, ove
lo scambio corrotto diventa un’enorme e complessa operazione politica e
finanziaria in cui le scelte di fondo della politica industriale italiana vengono
piegate agli interessi di enormi imprenditori. A fondamento di questa
operazione (la creazione di un grande polo chimico nazionale di joint venture
tra il gruppo pubblico ENI e quello privato Montedison) vi era comunque il
ruolo di grande dispensatore di finanziamenti illegali ai partiti che l’ENI aveva
svolto per lungo tempo e che prevedeva sistemi consolidati per la creazione di
fondi neri distratti dalle casse dell’impresa pubblica e poi ridistribuiti a partiti
politici148
: una fitta rete di collegamenti derivante da una certa “esperienza”
nel campo. Dopo anni di “controllo pubblico”, il settore privato nella
gestione di settori strategici era una novità. Si parlava di una provvista di
fondi neri per almeno 140 miliardi di lire destinati ai partiti. ENI
e Montedison possedevano il 40% di quote ciascuno, mentre il restante 20%
era nelle mani del mercato azionario. Nel 1988 Gardini aveva ricevuto
da Ciriaco De Mita e da Achille Occhetto, maggioranza e opposizione,
“sufficienti garanzie” sugli sgravi fiscali in seguito al conferimento delle
attività chimiche di Montedison alla joint venture Enimont: ma il relativo
decreto-legge decadde per due volte in Parlamento149
. La "tangente",
finalizzata a raggiungere il sistema politico per approvare la defiscalizzazione
delle plusvalenze della Montedison derivanti dall'attribuzione di parte delle
attività a Enimont, presupposto fondamentale di tutta l’attività di Gardini per
entrare nell'impresa della nascita dell'Enimont stessa, passò per buona parte
(circa 2/3, pari a 90 miliardi di lire), sotto forma di titoli di Stato (in gran
148
E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 74 149
Marco Magrini. Gardini, i giorni del silenzio, Il Sole 24 ORE, 22 luglio 2003.
76
parte CCT), attraverso conti speciali detenuti presso lo IOR (che garantiva le
giuste coperture per la sua natura off shore)150
.
Come accennavamo sopra, da queste ricostruzioni si è anche suggerito
di inquadrare i reati di corruzione quali fattispecie di reati contro l’economia,
superando lo schema attuale che li inserisce nell’alveo dei reati contro la P.A. :
“Nella prospettiva del Parlamento europeo, la corruzione – il cui costo
ammonterebbe a 120 miliardi di euro annui, pari all’1% del Pil dell’Unione –
costituisce, oltre che una modalità di azione privilegiata dalla criminalità
organizzata, un gravissimo attentato all’economia europea, perché altera la
libera concorrenza, incidendo negativamente sulla qualità dei servizi, sottrae
masse finanziarie al prelievo fiscale, scoraggia gli investimenti (anche delle
imprese straniere) e quindi frena lo sviluppo e l’occupazione. Se è vero che
uno dei nemici dell’area dell’euro è la differenza di produttività tra gli Stati
membri e che ciò crea una differenza in termini di competitività, che non può
essere risolta con una svalutazione monetaria e che comporta programmi di
austerità severi e politicamente insostenibili, che mirano a una svalutazione
interna, non v’è dubbio che la corruzione sistemica nel settore pubblico,
rappresentando uno dei principali ostacoli all’efficienza, agli investimenti
esteri diretti e all’innovazione, e dunque ad un sano e corretto sviluppo,
impedisce in tal modo il corretto funzionamento della stessa unione monetaria.
150
Cfr. G NUZZI, Vaticano s.p.a. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici
della Chiesa, Chiarelettere, Milano, 2014.
77
In questa ottica, la corruzione non è soltanto un reato contro la pubblica
amministrazione, ma è uno dei più gravi reati contro l’economia”151
.
La corruzione ha un impatto sull’economia, e l’economia ha un impatto
sulla corruzione: si pensi alla scelta economica della globalizzazione dei
mercati, delle industrie e delle merci, alle esportazioni di capitali all’estero e
alle agevolazioni dei traffici illeciti che questo comporta. Lo stesso CPI
(Corruption Perception Index) elaborato dal Transparency International152
si
confronta con indicatori di produzione come il tasso di crescita del Prodotto
Interno Lordo, Prodotto Nazionale Lordo, costo del rischio di investimento, il
costo del credito, il livello degli investimenti diretti esteri. Ad alti livelli di
corruzione corrisponde un basso livello di PNL e un basso tasso di crescita del
PIL, un alto fattore di rischio per gli investimenti, un alto costo del denaro ed
un complessivo effetto di scoraggiamento degli investimenti esteri.
Automaticamente, nelle democrazie, questo comporta scelte politiche
insostenibili e programmi caratterizzati da austerità. L’impatto sulle imprese è
la deviazione dal corretto sviluppo economico, caratterizzato dall’istigazione
verso investimenti orientati alla corruzione.
È stato anche registrato che un basso livello di corruzione è solitamente
associato ad una regolamentazione che favorisce la nascita di nuove imprese, e
che permette di dare inizio ad un’attività economica in un tempo medio
151
F. ROBERTI Criminalità organizzata e corruzione. In “La Legge Anticorruzione” a cura di
Alessandro Jazzetti e Almerina Bove. Vol I Riforma dei reati contro la P.A., collana di Diritto e
Economia. Ed. Giapeto, 2014. 152
Transparency International è un’organizzazione non governativa, no profit, leader nel mondo per
la sua azione di contrasto alla corruzione e di promozione dell’etica. È presente in oltre 90 paesi.
Transparency International Italia è il capitolo nazionale per l’Italia. E’ stato fondato nel 1996
(http://www.transparency.it).
78
contenuto, mentre procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono
generalmente associate ad alti livelli di corruzione153
.
In un paese dove è ben radicata la criminalità organizzata si possono
analizzare altri effetti distorsivi: a) l’alterazione del funzionamento dei prezzi
sul sistema dei mercati; b) sul piano del reclutamento delle risorse umane,
l’alterazione del mercato dell’offerta di lavoro, con la prospettazione di facili
guadagni in attività illegali; c) la chiusura di imprese sane; d) l’inibizione
dell’avvio e dello sviluppo di nuove attività; e) l’inquinamento degli appalti
pubblici (anche sotto il profilo della inefficacia della spesa pubblica) ; f) in
generale, la distorsione dell’allocazione delle risorse finanziarie154
.
Al di fuori dei contesti mafiosi, la corruzione si manifesta in settori in
cui sono coinvolti ingenti capitali e dove le decisioni dello Stato diventano il
fulcro dell’evoluzione infrastrutturale tramite concessione ai “privati” della
realizzazione: lavori pubblici e costruzioni, armi e difesa, prodotti energetici e
telecomunicazioni, industria farmaceutica e sanità e, infine, rapporti di alta
finanza e mercato degli investimenti esteri155
.
Da questa ricostruzione, emerge come il “sistema-corruzione” sia
improntato, alla stregua di una industria alla massimizzazione delle risorse156
.
153
M. ARNONE e E. ILIOPOLUS. “La corruzione costa, effetti economici, istituzionali e sociali”,
Vita e pensiero, 2005, pag. 41 e ss. 154
Cfr. F. OFRIA, “Effetti distorsivi sull’economia legale: la corruzione”, ed. Rubettino 2006. 155
In op. cit. pag. 56 e ss. 156
A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,
effetti, in B.G. MATTARELLA – M. PELISSERO, La legge anticorruzione , Giappichelli, Torino,
2013
79
2. La devianza tra impatto economico e psicologico
L’Italia, “sopravvissuta” a “Mani Pulite”, non è mai effettivamente
uscita da quella stagione di scandali politici e di conseguente tracollo
economico dovuto all’utile e al denaro pubblico sottratto. La stessa
repressione, esaurita la fase del clamore mediatico, in cui vertici della polizia e
della magistratura riescono con l’adozione di misure cautelari ad avere
progressi di carriera, nei dibattimenti è andata scemando, traducendosi se non
proprio nelle assoluzioni, quasi sicuramente nella prescrizione dei reati
ascritti, rafforzando sociologicamente il senso di impunità e di impotenza del
cittadino, stimolandolo a non “colpevolizzare troppo” il “sistema” e, se si
presenta l’occasione, a farne parte.
Sistema: un ambiente in cui si creano vere e proprie norme non scritte.
Si tratta di regole informali di condotta che sottendono ad una identificazione
tacita di partner affidabili. All’interno dei rapporti si differenziano i ruoli,
aumentano i profitti, si attenua il “disagio psicologico”, e, soprattutto, si
emargina chi non sta al gioco157
. I “tutori” di queste norme si differenziano a
seconda del contesto in cui incide la prassi criminale. Dalle cerchie protette
del riconoscimento si modellano indulgenza generalizzata e si esorcizza ogni
stigma morale, rendendo la corruzione sistemica una pratica naturale e
accettata per affari pubblici e privati, distruggendo ogni resistenza morale e
ogni effetto dissuasivo della sanzione penale, guadagnando continuamente
spazio anche nei momenti in cui maggiormente sembra venire attaccata.
157
A. VANNUCCI. Il caso italiano. Un nuovo paradigma contro la corruzione. Ed. Il Mulino,
Bologna,2012.
http://www.rivistailmulino.it/journal/articlefulltext/index/Article/Journal:RWARTICLE:36946.
80
“Tutti – o quasi tutti – gli agenti pubblici che operano in quella
organizzazione sono coinvolti in una rete informale di relazioni, entro la quale
norme non scritte, ma di comune conoscenza, regolano la distribuzione di
profitti, funzioni e ruoli” 158
, con una minuziosa spartizione delle competenze:
raccolta e redistribuzione delle tangenti, la socializzazione dei nuovi entrati,
l’emarginazione degli onesti ed infine la protezione da intrusioni di organi di
controllo.
Si individua uno schema che ufficializza le “regole del gioco” in base al
quale “tutti – o quasi tutti – gli agenti privati che hanno contatti con
l’organizzazione pubblica conoscono le dinamiche materiali di condotta e
sono disponibili a pagare tangenti per entrare nella rete della corruzione,
avendo accesso alla ripartizione di rendite”159
.
Sulla scia di tali studi, emerge un sistema-burocrazia come habitat
ideale del modello corruttivo. Per questo motivo la corruzione si considera
diffusa in modo capillare anche dopo “mani pulite” e con tendenza addirittura
ad accrescersi, proprio grazie ai meccanismi di reclutamento e di carriera dei
pubblici dipendenti, nonché alla vischiosità e inefficienza delle procedure160
.
In particolare, alla luce della breve panoramica sulle ricerche svolte in campo
nazionale e internazionale, possiamo dedurre che il sistema italiano conferma
quanto la corruzione sia inscindibilmente legata al problema di mantenimento
e protezione di una politica, nonostante Tangentopoli, caratterizzata da
discrezionalità regolativa nella gestione di grandi risorse attribuite
all’amministrazione dello Stato, da indeterminatezza, complessità e ipertrofia
158
A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,
effetti. Pag. 46. 159
A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,
effetti. Pag. 46. 160
“La corruzione in Italia”, in op. cit., pag. 101 e ss.
81
normativa, con conseguenze negative sull’efficienza dell’amministrazione
pubblica, a favore della macchinosità burocratica che condiziona l’attività
delle imprese e cerca di recuperare le perdite agendo con la tassazione,
aumentando il carico fiscale. Il risultato finale, unito anche alla “crisi dei
partiti” successiva a Tangentopoli, è la sfiducia nel funzionamento della
democrazia. Sotto altro profilo ma nella medesima linea, si ritiene che il
livello di corruzione nel Paese sia influenzato negativamente dal grado di
libertà economica, dalla qualità dello Stato sociale di diritto, e anche dal
profilo liberale del diritto penale, relativo alle sanzioni penali attese ed
effettivamente eseguite, profilo che non può essere avulso da una visione di
sistema.161
Dalla descrizione di questo assetto istituzionale, ritorniamo
circolarmente al rapporto con gli investimenti, sempre utilizzando il CPI,
sintesi tra organizzazione istituzionale, gli investimenti diretti esteri (IDE) ed
il PIL: la corruzione agisce sui rendimenti degli IDE incidendo a sua volta sul
PIL nazionale.
Consideriamo la corruzione come un “bene-attività”. Sia sul lato della
domanda che dell’offerta possono essere apprezzati rendimenti di scala
crescenti, nel senso che un aumento di questi beni-attività implica un costo
minore per la loro realizzazione. Messa in atto la prima condotta corruttiva,
nell’ottica del corrotto, la conseguenza è un abbassamento dell’efficacia
dissuasiva connessa alla minaccia rappresentata dalle sanzioni e dal
conseguente biasimo morale; dal lato del corruttore, tramite le
“diversificazioni” e le “complicazioni”, come, ad esempio, le creazioni ad hoc
161
In questo senso è proprio l’opera DELLA PORTA D., VANNUCCI A., Mani impunite. Vecchia e
nuova corruzione in Italia, Laterza, Bari- Roma,2007.
82
di imprese per la diluizione di responsabilità, l’individuazione di intermediari,
l’apertura di conti bancari nei cc.dd. paradisi fiscali, che vanno a caratterizzare
la “complessità” del sistema per la perpetrazione della condotta, soprattutto
nel caso di episodi di grande corruzione, si va a costituire un potente incentivo
per la reiterazione della condotta, anche secondo un’ottica di ottimizzazione
delle risorse in base alla proiezione interiore in “economie di scala”.
La corruzione genera corruzione, secondo un processo pandemico in
senso sia orizzontale che verticale, sia a livello qualitativo che quantitativo.
Possiamo notare che la corruzione politico-amministrativa può
manifestarsi in diverse forme: corruzione politica, in senso soggettivo, per la
qualità dell’autore, o in senso oggettivo, per la natura degli interessi coinvolti;
corruzione burocratica, quando essa trova il suo sostrato fondamentale
nell’apparato e nel funzionamento della pubblica amministrazione; corruzione
elevata a sistema, quando essa appare radicata nelle principali leve socio-
decisionali-economiche del Paese e con connotati di stabilità anche nei modi
di esplicazione e di coinvolgimento. Sicuramente, la corruzione rappresenta
una “tassa occulta” con disfunzioni su tutto l’apparato pubblico e conseguente
crisi politica162
. I danni morali ed economici si intersecano a vicenda, creando
una viziosa circolarità tra elevato costo ed inefficienza delle transazioni
commerciali e scarsa fiducia dei cittadini nelle istituzioni, per via delle
conseguenze macroeconomiche sull’allocazione delle risorse, e in generale
sull’inefficacia o insufficienza degli interventi della spesa pubblica.
L’appello del Presidente dell’ANAC del 2015 sembra sintetizzare la
necessarietà del percorso da noi selezionato: individuare più concretamente le
162
Cfr. S. BELLIGNI, Corruzione, malcostume amministrativo e strategie etiche. Il ruolo dei codici,
Corep, Torino 1999, pag. 25.
83
relazioni tra il dato percettivo e la sua reale incidenza sui rapporti economici e
politici, contribuirebbe maggiormente ad individuare un reale e tangibile punto
di partenza della analisi sociologica del fenomeno, per meglio comprendere gli
strumenti di riforma da adottarsi per un diritto penale della prevenzione
piuttosto che della repressione163
.
Infatti, prima della riforma del 2012 veniva ricordato che “sul piano
della repressione sono stati fatti grandissimi passi avanti, molto meno sul
piano della prevenzione. Per esempio, io credo che lo Stato debba mettere in
campo una serie di strutture di prevenzione dell’infiltrazione (mafiosa) nel
mondo dell’economia, in questo momento in particolare, che per esempio è un
momento di crisi, dove c’è il rischio che capitali mafiosi possano essere
utilizzati per l’immissione in un circuito economico che ha bisogno tantissimo
di denaro.”164
Questo si rende necessario in quanto il fenomeno, che si approfondirà
nel corso del lavoro, del pactum sceleris arriva a costituirsi anche tra privato e
parlamentare, rendendosi capace di viziare lo stesso percorso legislativo sia al
fine di favorire determinati interessi, che di proteggere la stessa classe politica,
già fortemente protetta ai sensi dell’art. 68 Cost. , e che per questo motivo si
caratterizza come la forma più pericolosa di corruzione.
163
http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/01/14/news/luiss_lotta_alla_corruzione-
104979184/?refresh_ce 164
R. CANTONE, Da un'intervista a Cattolica & Dintorni, 18 dicembre 2009
https://www.youtube.com/watch?v=sVuNaOA5KTg min. 2.05.
84
3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima diffusa”
In Italia il fenomeno corruttivo può dire di essersi dispiegato in tutte le
proprie potenzialità: “La corruzione dei politici e dei pubblici amministratori
[…] è ‘istituzione’ sovranazionale. Ma da noi ha superato, per estensione e
capillarità, ogni limite di tollerabilità sociale e di decenza”165
.
La stagione post-bellica, come è noto, aveva portato ad una
organizzazione partitica della rappresentanza espressione della volontà
democratica successiva alla deriva autoritaria in cui l’Italia era sprofondata.
Per un’analisi reale del fenomeno corruttivo, è necessario il richiamo
all’evento che spazzò via tutti i partiti costituitisi durante la “Prima
Repubblica”.
L’inchiesta denominata “mani pulite” portò alla luce una rete di
corruzione tra mondo politico e finanziario fondata su un sistema di regole
illecite che assicuravano un flusso costante di finanziamenti ai partiti da parte
delle imprese che entravano in contatto con le Pubbliche Amministrazioni per
prestare il proprio lavoro ed i propri servizi attraverso la pratica delle tangenti.
Dalla scomparsa delle vecchie formazioni ne emersero di nuove che diedero
vita alla “Seconda Repubblica”. Si era raggiunto un livello catastrofico
insuperabile di debito pubblico, e bisognava cominciare a sottostare a vincoli
esterni come l’appartenenza all’Unione Europea e ai suoi obblighi. Questo fu
il motivo per il quale il sistema esplose166
, non potendosi espandere oltre. La
pressione fiscale era divenuta insostenibile per il cittadino. Proprio in questo
senso, gli studiosi rilevano l’incidenza, sulla nascita e lo sviluppo di “mani
165
F. MANTOVANI, Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen.
1999, 04, pag. 1201. 166
In questo senso, “La corruzione in Europa”, E.U. SAVONA, L. MEZZANOTTE
85
pulite”, di una serie di fattori concomitanti che hanno dato origine ad un
circolo virtuoso, ritenuto per molti versi irripetibile, come la coincidenza con
un sentimento popolare etico e la fiducia nella magistratura. Tuttavia, è stato,
altresì, osservato come, dopo i successi iniziali, le potenzialità di sviluppo
dell’indagine siano andate esaurendosi. Gli effetti, prodotti da provvedimenti
adottati dalla stessa classe politica in propria difesa e dall’affermarsi di
pratiche corruttive più sofisticate, hanno reso più difficile la loro
individuazione e repressione. Non si può negare che la vasta inchiesta
giudiziaria potrebbe addirittura aver contribuito alla “evoluzione della specie”,
inducendo ad una raffinata elaborazione ed evoluzione della corruzione. E’
nota l’affermazione di Piercamillo Davigo, riportata negli studi
sull’argomento: “Gli organi repressivi esercitano sulla devianza criminale la
funzione tipica dei predatori: migliorano la specie predata. Abbiamo
acchiappato le specie più lente, lasciando libere quelle più veloci”167
. È
innegabile comunque un “riduttivismo” da parte delle politiche post-
tangentopoli, esattamente come se la corruzione non fosse più un problema.
La corruzione italiana resta per molti aspetti un fenomeno la cui
interpretazione si confronta con una particolare complessità168
rispetto
all’analisi giuridico-criminologica di altre fattispecie di delitti. Lo stesso
termine “Tangentopoli” è un lemma che inizialmente stava ad indicare il
malcostume diffuso nella città di Milano, successivamente è stato innalzato
dai mass-media come una metafora di un sistema largamente praticato di
167
Citato, tra gli altri, in “La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da mani pulite”, A.
VANNUCCI, pag. 23, in “Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani
pulite”, a cura di G. FORTI 168
A. VANNUCCI, op. cit., in G. FORTI (a cura di), Il prezzo della tangente., op. cit., pag. 6, al quale
si rimanda per un’approfondita e documentata analisi delle modalità attraverso le quali è stato
realizzato lo scambio corrotto in Italia a partire dal 1992.
86
comportamenti illegali orientati al profitto, diffusi nel mondo politico, nella
pubblica amministrazione e tra le imprese169
: con la sua catena di confessioni e
denunce incrociate di politici, burocrati e imprenditori, lo scenario si
dimostrava senza precedenti nella storia delle moderne democrazie
occidentali170
e, soprattutto, in espansione.
Non interessava solo una “zona”, ma si dimostrava aderente al tessuto
gerarchico-amministrativo, allo scheletro dello Stato. E, nel panorama
europeo, restava un caso isolato. Lo studio dei reati previsti dal legislatore agli
artt. 317 e ss. c.p.. si basava infatti su un campione numericamente ridotto di
illeciti “conosciuti”171
, che giungono a conoscenza dell’autorità giudiziaria in
percentuali esigue. Questo è dovuto soprattutto alla struttura tipica del reato,
che incide sulle denunce. La corruzione è definita, da questo punto di vista,
come un c.d. “reato a vittima diffusa”172
e pertanto manca l’interesse da parte
delle vittime a far uscire dal sommerso questo tipo di devianza criminale. A
questo si aggiunge l’inconsistente visibilità delle tracce di denaro, per non
parlare delle “altre utilità”, in un Paese-esempio di economia sommersa e di
burocrazia clientelare indotta dalla pachidermica pubblica amministrazione173
.
Le ragioni di una diffusione così particolare di questa categoria di reati
contro la pubblica amministrazione, secondo gli interpreti, sono varie.
169
Termine coniato dal giornalista di Repubblica Piero Colaprico cfr. D. PULITANÒ, La giustizia
penale alla prova del fuoco, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, pagg. 3-4. essa, secondo un’efficace
espressione è “ad un tempo, la città del vizio ed il campo di battaglia dove il bene è chiamato a
fronteggiare il male”, cfr. T. PADOVANI, Il problema di «tangentopoli» tra normalità
dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, pag. 448. 170
A. VANNUCCI, La corruzione, op. cit., pag. 3. 171
P. DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia, La corruzione in Italia. Percezione sociale e
controllo penale, Laterza, Bari 2007, pag. 313.pag. 4. 172
cfr. P. DAVIGO, cfr. http://ilbuoncaffe.blogspot.com/2010/05/le-interviste-del-buon-caffe.html 173
P. DAVIGO, G. MANNOZZI, op. cit., pag. 5.
87
Un filone, che rientra nelle teorie classiche, identifica la fonte nei
provvedimenti concernenti la tassazione, secondo cui, come già per Tacito,
“corruptissima re publica plurimae leges”174
. Maggiore è il grado di difficoltà
delle leggi e minore la trasparenza procedurale, più è probabile che si
verifichino episodi di corruzione175
. Un’altra teoria si concentra invece sulla
controversa figura, nel mondo dell’incerto confine tra pubblico e privato,
dell’incaricato di un servizio pubblico e della sua attività discrezionale,
portatore di un congenito conflitto d’interessi che non sempre lo Stato riesce a
prevenire o a controllare176
. Per la natura stessa del proprio incarico, chi fa
parte del settore pubblico si può trovare in una posizione facilitata nel
perseguire obiettivi di tipo personale e quindi in conflitto con gli interessi della
collettività. Altri individuano nell’attività di finanziamento dei partiti politici
l’origine degli scandali che hanno più o meno colpito tutti i diversi paesi
industrializzati177
. E poi vi sono teorie più recenti, come quella che ascrive le
responsabilità per il diffuso mercimonio di potere pubblico alla
modernizzazione troppo rapida e disordinata178
, chi alla disponibilità
finanziaria destinata all’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica
amministrazione179
, chi alle crescenti spinte criminogene sociali180
, chi ancora
174
TACITO, Annales, III, 27. 175
V. TANZI, H. R. DAVOODI, Corruption, public investment and growth, in G. T. ABED, S.
GUPTA (a cura di), Governance, Corruption and Economic Performance, IMF, Washington 2002. 176
M. ARNONE, E. ILIOPULOS, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e
Pensiero, Milano 2005, pag. 26. 177
A. VANNUCCI, D. DELLA PORTA, Corruzione politica e amministrazione pubblica. Risorse,
attori, meccanismi, Il Mulino, 1994. 178
A. PIZZORNO, Prefazione a A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione. I meccanismi dello
scambio occulto in Italia, Società Aperta, Milano 2002, pag.3. 179
M. ARNONE, P. DAVIGO, Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione, Vita e Pensiero,
2005. 180
F. MANTOVANI, Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen.
1999, 04, op. cit., pag.1201, secondo cui “le moderne società, e in primis quelle c.d. “civili” e
“progredite” e segnatamente la nostra, lamentano gli effetti criminali e potenziano le cause
88
all’inadeguato controllo penale per i reati limitrofi o funzionali alla
corruzione. Alla luce di quanto premesso, per comprendere appieno il
fenomeno corruttivo, o quantomeno provare a farlo, è necessaria una
preliminare analisi statistica.
4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad oggi
L’analisi statistica della corruzione deve tener conto di un importantissimo
elemento valutativo: la differenza tra i delitti commessi e quelli denunciati,
che caratterizzano la c.d. “cifra nera” o “cifra oscura”. La corruzione è in
Italia, infatti, un “reato sommerso”, reato dalla “cifra oscura” molto elevata, a
differenza, ad esempio, degli omicidi volontari, dove al contrario la cifra nera
è prossima allo zero.
Nella maggior parte delle analisi spesso utilizzate si è stati in grado di
evidenziare delle costanti controproducenti per l’analisi stessa, quali la
tendenza al silenzio e alla segretezza, elementi costitutivi di un insormontabile
ostacolo rispetto ad una efficace attività di indagine. Questo costituisce uno
dei fattori più importanti che concorrono a determinare l’elevata cifra oscura e
incalcolabile di tale tipologia di reati. Basti pensare che, quando si parla di
corruzione, da un lato si parla di un tipico reato-contratto bilateralmente
illecito, rispetto al quale entrambi i partner sono punibili, caratterizzato dalla
criminogene […], perché stanno facendo terra bruciata di ambedue le “controspinte” alla
criminalità: la primaria controspinta culturale, perché la c.d. cultura dominante sta smembrando il
sistema di controlli extrapenali e dei valori anticrimine, sostituiti con un solido sistema di disvalori
criminogeni; la complementare controspinta penale, perché la c.d. “politica criminale”, assurta a
politica criminogena e talora criminosa, sta demolendo anche i residui controlli penali della
criminalità, attraverso la “de vittimizzazione” del diritto e del processo penale, dimentica che “valore
non è soltanto ‘l’uomo-reo’, ma anche e ancor prima ‘l’uomo-vittima’”, e contrapponendo alla
“criminalità reale” la “pena virtuale”. Due insanie, le suddette, che ogni giorno presentano il
conto”.
89
massima “privatezza” della realizzazione181
, e, dall’altro, di un reato ad
espansione lesiva ritardata182
che garantisce alla corruzione le note di una
bassissima propensione alla denuncia.
Il numero di condanne che ci sono in Italia su 100.000 abitanti è inferiore
al numero di condanne in Finlandia, uno dei paesi meno corrotti al mondo.
Attenendoci a questi dati, non potremmo dire che l’Italia è un Paese corrotto.
Per questo motivo si farà riferimento ad una specifica analisi statistica del
fenomeno.
L’indagine presa in esame è stata strutturata in maniera innovativa se si
vuole approfondire specificatamente la “corruzione politica”, intesa come
quella quota dei reati legati alla corruzione che coinvolge direttamente
detentori di cariche politico-amministrative a livello locale, regionale e
nazionale. I dati utilizzati provengono dalla banca dati delle sentenze della
Corte di Cassazione (dal 1985 a oggi) e dai casi considerati nelle
autorizzazioni a procedere del Parlamento. I dati riguardano naturalmente non
solo il reato proprio alla lettera del codice penale, ma anche le vicende
giudiziarie che riguardano evidenti episodi di corruzione anche se sono stati
penalmente perseguiti attraverso altre fattispecie di reato (come i reati
associativi o i reati di criminalità economica e altri).
Ecco l’andamento dei reati per tipologia e periodo, attenendosi alle
sentenze della Corte di Cassazione:
181
P. DAVIGO, G. MANNOZZI, op. cit., pag. 34. 182
D. NELKEN, Tangentopoli, in M.BARGAGLI, U. GATTI (a cura di), La criminalità in Italia, il
Mulino, Bologna 2002, pag. 60.
90
Dopo la curva discendente del decennio di Tangentopoli, la corruzione ritorna
a crescere. Qui abbiamo il rilevamento della distribuzione regionale.
91
Le tangenti sono più diffuse al Nord mentre le “altre utilità”, il favore e
il voto di scambio, sono maggiori al Sud. La Campania è al primo posto per
corruzione politica, seguita da Lombardia e poi Sicilia. Nel 45% dei casi i
corrotti offrono soprattutto un accesso particolaristico ad appalti e affidamenti,
mentre nel 54% dei casi le risorse scambiate dal corruttore sono tangenti, le
quali risultano più diffuse al Nord (oltre il 60%), anche se in misura minore
rispetto al periodo precedente a Tangentopoli, mentre il voto di scambio (8%)
e i favori (5%) sono maggiormente presenti nel periodo successivo,
specialmente al Sud (dove raggiungono rispettivamente il 13% e il 9%). Nelle
sentenze della Cassazione i reati più contestati – sempre con riferimento ai
politici considerati nella ricerca – risultano la corruzione per un atto contrario
92
ai doveri di ufficio (17%) e la concussione (11%). Il finanziamento illecito ai
partiti è indicato in misura minore (6%). Più rilevanti sono invece i reati
associativi (l’associazione a delinquere e quella di stampo mafioso, che
insieme raggiungono il 12%). È da notare che i reati di corruzione in senso
stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo (tra il decennio prima di
Tangentopoli – 1985-1994 – e i due successivi). Viceversa cala sensibilmente
dopo il 1994 il finanziamento illecito ai partiti (dal 29% al 7%) e salgono gli
‘altri reati’ (tra cui in particolare i reati associativi): dal 35% al 46.5%. Questi
ultimi sono in forte crescita nell’ultimo decennio, soprattutto al Sud, dove
incidono per il 18% più che altrove. I reati di corruzione sono maggiormente
presenti a livello comunale (55%), mentre quelli associativi a livello regionale
(46%).
Nella categoria “altri reati” sono ricompresi i reati associativi
(associazione a delinquere, associazione per delinquere di tipo mafioso,
scambio elettorale politico-mafioso, rispettivamente artt. 416, 416bis, 416ter
93
c.p., e in più il concorso esterno in associazione di tipo mafioso), la
concussione (art. 317 c.p.), l’abuso di ufficio (art. 323 c.p.), la turbativa della
libertà degli incanti (art. 353 c.p.)183
. Emerge una riduzione della
politicizzazione in senso stretto, espressa dalla “discesa” del finanziamento
illecito ai partiti, in quanto dai vantaggi illeciti tesi a sostenere i partiti ci si è
spostati tramite reti associative all’utilizzo per fini privati della corruzione. Le
reti che veicolano gli scambi si mostrano sempre più “privatizzate”, orientate
al perseguimento di vantaggi personali.
Le tangenti (da sole o con altre utilità o favori) sono la risorsa
prevalente di scambio, ma non sempre le risorse scambiate tra corruttore e
corrotto hanno una natura monetaria, anche se l’analisi delle vicende della
Cassazione e di quelle relative alle Autorizzazioni a procedere consentono di
ricavare un quadro d’insieme dell’ammontare delle risorse monetarie
scambiate nei fatti di corruzione considerati:
183
Risultati emersi dall’VIII rapporto Res su “la corruzione politica al Nord e al Sud – I cambiamenti
da Tangentopoli ad oggi”, realizzato dalla Fondazione Res a cura di Rocco Sciarrone presentato a
Palermo il 16 dicembre 2016.
94
I settori di attività dove appaiono prevalenti i fenomeni corruttivi vanno
dall’edilizia pubblica e privata ai servizi, alla sanità, alle infrastrutture, allo
smaltimento dei rifiuti. La corruzione nell’edilizia riguarda in netta
maggioranza i Comuni (83% dei casi per l’edilizia pubblica e 65% per quella
privata), così come quella relativa a servizi pubblici, trasporti e forniture
(77%). La corruzione nel settore sanitario e nei servizi sociali si manifesta
soprattutto nelle Regioni (58,3%), mentre l’Amministrazione Centrale è
maggiormente coinvolta per le grandi infrastrutture. (La categoria “altro” si
riferisce a: alberghi e ristorazione, beni immobili, calamità naturali,
commercio, editoria, energie, formazione, grandi eventi, scommesse,
agroalimentari e più settori).
95
Gli scambi corruttivi risultano più diffusi nei Comuni e nelle Regioni,
rispettivamente nel 52% e nel 25% dei casi; il coinvolgimento di questi due
livelli di governo è in forte crescita a partire dalla metà degli anni Novanta. Il
processo di decentramento del potere locale che si è sviluppato a partire dagli
anni Ottanta ha dunque visto una progressiva crescita della corruzione politica
a livello locale e regionale.
Non è facile però stabilire l’appartenenza politica dei politici corrotti.
Infatti, a livello comunale, vi sono affiliazioni a liste civiche a prescindere da
appartenenza “ideologica”. A ciò si aggiunge il cambiamento intervenuto a
metà degli anni Novanta nelle forze politiche, con la scomparsa dei principali
partiti protagonisti della Prima Repubblica. Il campione ricavato dai dati delle
sentenze della Cassazione (che coprono anche il decennio tra la metà degli
anni Ottanta e gli anni Novanta) include quindi 212 politici afferenti per la
maggior parte alla Dc e al Psi, ma anche alle altre forze del pentapartito e al
Pci/Pds. Essi sono tenuti distinti dai politici appartenenti alle nuove
formazioni della Seconda Repubblica, raggruppate in schieramenti di
96
Centrosinistra, Centro e Centrodestra. Nel complesso, nell’ambito dei casi
considerati dalle sentenze della Cassazione, appaiono prevalenti i politici
legati alle forze della Prima Repubblica. Seguono, nelle nuove formazioni, i
politici del Centrodestra, che fanno registrare per gli ultimi due decenni una
presenza pari al 32%.
Da questa analisi statistica della corruzione politico-amministrativa
possiamo dedurre un trait d’union tra creazione/trasformazione della
corruzione, indebolimento dei partiti politici e processo di decentramento
politico verso gli enti locali e le regioni degli ultimi decenni. I partiti hanno
svolto in passato un’importante funzione di protezione e organizzazione del
sistema della corruzione che è venuto alla luce con le indagini di “mani
pulite”. La scomparsa delle formazioni politiche tradizionali, nella fase
successiva a Tangentopoli, ha però reso queste organizzazioni più deboli e
97
vulnerabili alle influenze esterne, meno capaci di selezionare la classe politica
volta a ricoprire cariche politico-amministrative, verso una “privatizzazione”
degli scambi corrotti. Dall’oligopolio dei partiti si è passato alla creazione di
un mercato concorrenziale, dove non giocano singoli, ma sempre più spesso
“società”, “squadre”.
Basta dare uno sguardo alla popolazione carceraria attuale, per
comprendere che vi è un problema politico di repressione dei crimini dei
colletti bianchi. Per ogni spacciatore in carcere (6820), a Berlino e dintorni,
c’è quasi un “colletto bianco” (5973, cioè l’ 11,7% del totale) condannato con
sentenza definitiva per reati economici, finanziari, truffe fiscali, etc. Da noi no:
nonostante i disastri causati dalla pirateria economica, finanziaria, fiscale, i
delinquenti di quel tipo finiscono assai di rado in galera: ne abbiamo 312, pari
allo 0,9% dei nostri carcerati. Neppure il 3% rispetto ai detenuti per
“spaccio”..184
5. Segue: i fattori che alimentano la corruzione
Possiamo sintetizzare i fattori che alimentano la corruzione
economico/politica con: C = f (R;D;I; -A; -CM; Ct1, Ct2, Ct3, ecc.)185
.
La stessa decisione, la consapevolezza, di offrire o accettare tangenti,
intese come utilità di ogni tipo, dipende da un calcolo razionale legato a
molteplici fattori. Un primo fattore è dato dalle rendite (R): le occasioni di
184
Dossier detenuti del 14 marzo 2017, http://www.corriere.it/cronache/17_marzo_15/spacciatori-
carceri-colletti-bianchi-fuori-prigioni-f5b64e5a-08ff-11e7-ad7d-ff5901e5d6f1.shtml 185
VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in MATTARELLA, PELISSERO
(a cura di), La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, Giappichelli,
Torino, 2013, p. 38 ss.; BECKER, Crime and Punishment. An Economic Approach, in Journal of
Political Economy, 1968, 76, p. 169-217.
98
corruzione aumentano innanzitutto quanto più ricche sono le rendite create
dall’intervento pubblico. A questo si aggiunge la discrezionalità (D): il potere
di espropriare, distribuire o creare incide enormemente, in quanto più ampia è
la discrezionalità, più facili saranno i movimenti corruttivi. Rileva in questo
senso anche la c.d. “discrezionalità di fatto”. Questo in Italia spesso avviene
con l’inflazione normativa e regolativa o l’attribuzione di poteri eccezionali o
emergenziali.
Ad incidere sull’estensione della corruzione vi è anche un elemento di
matrice economica, una variabile fondamentale della funzione: la possibilità
per gli agenti pubblici di utilizzare come risorsa di scambio informazioni
riservate e confidenziali (I) che possono essere impiegate a vantaggio del
corruttore, aumentando la sua probabilità di ottenere una rendita quale esito
finale della procedura. Questo fattore è strettamente legato alla trasparenza dei
processi decisionali, che in Italia si confonde/nasconde nella complessità delle
procedure e nei contenuti oscuri e difficilmente intellegibili delle disposizioni
normative, anche grazie alla dipendenza dal potere politico dei mezzi di
comunicazione e di molti dei professionisti dell’informazione addetti dalla
propria testata a studiare e comunicare i processi normativi.
A seguire, si presenta un fattore della formula che sottende il controllo
disciplinare, contabile, penale, sociale e politico degli agenti che esercitano il
potere pubblico, che risulta scarso ed inadeguato: la responsabilizzazione, o
meglio, accountability (A), rendicontabilità della funzione svolta.
Non manca la variabile del costo morale della corruzione (CM), la
quale costituisce elemento di matrice socio-culturale dipendente da molteplici
fattori quali le convenzioni, le tradizioni sociali, il senso civico, l’etica del
lavoro, il senso dello Stato dei funzionari. Gli individui sono più o meno
vulnerabili alle occasioni di corruzione in base all’appartenenza a determinati
99
valori interiorizzati, per cui quanto maggiore è il costo morale di un individuo,
tanto più forte sarà la sua disposizione favorevole al rispetto della legge, che
accresce il disagio derivante dall’agire in violazione dell’accordo fiduciario.
Infine, ma non meno importante, è l’incidenza della diffusione nel
tempo ed in un determinato contesto politico-amministrativo del fenomeno
corruttivo (Ct1, Ct2, Ct3, ecc.). Si stabilizzano vere e proprie ‘strutture di
governo’, meccanismi che garantiscono l’adempimento nelle transazioni
corrotte e l’elaborazione di vere e proprie ‘regole del gioco’ che disciplinano i
rapporti tra corrotti e corruttori e addirittura il costituirsi di figure ‘garanti’ del
rispetto dei patti di corruzione. Più sono alti i livelli di diffusione passata della
corruzione, più avremo rendimenti crescenti, abbattendo rischi e svantaggi: il
passato condiziona la presenza e l’efficacia dei patti occulti attuali. Possiamo
tradurre questa variabile con ‘eredità della corruzione’, che si ripercuote nel
presente stilando un vero e proprio curriculum in base all’esperienza di
corruzione passata, perfettamente qualificata a diffondere competenze
d’illegalità, per fornire servizi di intermediazione e protezione e, soprattutto,
per escludere il lavoratore regolare (“onesto”) dal circuito.
Alcuni hanno ritenuto che “la corruzione è un reato basato sul calcolo,
non sulla passione. Le persone tendono a corrompere o a essere corrotte
quando i rischi sono bassi, le multe e punizioni minime, e le ricompense
grandi”186
. La propensione alla corruzione è stata rappresentata dalla seguente
formula:
C = M + S – R
186
Vedi R. KLITGAARD, International Cooperation Against Corruption, 1997
100
dove la corruzione (C) è tanto più probabile quanto più alta è la somma
di monopolio (M) e segretezza (S), unita a una bassa responsabilità civile e
penale (R). Il meccanismo di corruzione nel caso di un valore di corruzione
molto alto equivale, nella teoria dei giochi, al caso di “n” persone nella
situazione del dilemma del prigioniero dove l’equilibrio si risolve con la
convenienza per tutti della corruzione, cioè ogni “giocatore” - politico,
portaborse, agente, ufficiale, e azienda venditrice - tende alla scelta che
massimizza l’utile, cioè alla corruzione187
.
La formula di Klitgaard evidenzia dunque come un’elevata
responsabilità civile e penale possa minimizzare la propensione alla
corruzione, essendo stato provato che agire sulla concorrenza impedisce un
controllo sufficiente sulla qualità e spesso non è possibile agire sulla
segretezza (ad es. settore militare). Naturalmente anche le pene non
costituiscano un credibile deterrente, in materia di responsabilità civile e
penale, in assenza di: strutture gestionali bene organizzate, persone qualificate
preposte alla gestione, procedure gestionali rigorose, adeguati controlli,
sistema giudiziario rapido ed efficiente.
6. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica
Apparenza di un progresso del sistema economico-produttivo, tramite il
momentaneo superamento della macchina amministrativa: questa è la
conseguenza nel breve periodo nel caso di corruzione in grandi appalti. E’
187
R. KLITGAARD, Combating corruption - includes related article on anti-corruption strategy. UN
Chronicle, Spring 1998.
101
incontestabile, però, che nel lungo periodo la diffusione sistemica della
corruzione incida negativamente sulla crescita economica e sulla razionale
distribuzione delle risorse188
. La corruzione frena lo sviluppo tecnologico e di
conseguenza la crescita economica: il mercato della tangente si dimostra molto
più vantaggioso della ricerca e dell’innovazione.
L’efficienza e l’economicità delle opere pubbliche realizzate scemano
proprio perché il profitto del privato corruttore è realizzato lucrando sui costi
di produzione e/o manutenzione delle opere pubbliche finanziate189
. Altra
conseguenza, che sarebbe poi la causa fondamentale grazie alla quale vennero
alla luce gli scandali degli anni novanta, è data dal fatto che ad elevati livelli di
corruzione è tendenzialmente collegato un abbassamento del gettito delle
entrate dello Stato190
.
Ma al di là delle conseguenze economiche, già ampiamente affrontate
nelle rispettive sezioni tematiche, ci interessa analizzare le conseguenze
politiche, le ferite che vengono causate alle moderne democrazie dalle
condotte corruttive. Viene pregiudicata la governance, a livello sia
istituzionale che socio-culturale, ma soprattutto la stessa legittimazione degli
apparati pubblici. Come è naturale che sia a seguito di eventi corruttivi, si
perde la fiducia dei consociati nel momento in cui a governare è la logica del
profitto e non l’imparzialità e il principio di legalità191
. Essi si ritrovano a non
188
ARNONE, ILIOPULUS, La corruzione costa, Effetti economici istituzionali e sociali, Milano,
2005; FORTI, L’insostenibile pesantezza della tangente, cit. sub nota n. 11, p. 508 ss.; ID., Unicità
o ripetibilità della corruzione sistematica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione
‘sostenibile’ dei crimini politico-amministrativi, in Riv. Trim. dir. Pen. Ec., 1997, p. 1092;
STELLA, La filosofia della proposta anticorruzione, in Riv. Trim. dir.Pen. Ec., 1994, p. 935. 189
DELLA PORTA, MÉNY, I circoli viziosi della corruzione in Italia, in Corruzione e democrazia.
Sette paesi a confronto, Napoli, 1995, p. 56. 190
COPPIER, Corruzione e crescita. Teorie ed evidenze di una relazione complessa, Roma, 2005. 191
GREEN, I crimini dei colletti bianchi. Mentire e rubare tra diritto e morale, BASILE (a cura di), p.
236.
102
seguire le regole alla base del patto sociale, a non osservare le fondamentali
regole etiche che disciplinano la corretta convivenza civile. Da questa
riflessione è possibile dedurre che una delle principali cause della corruzione è
data dalla sfiducia dei consociati nella capacità della pubblica amministrazione
di essere imparziale e efficiente. Questo è uno degli effetti criminogeni di se
stessa. La stessa sfiducia si alimenta anche per via della minaccia che la
corruzione (che si identifica, in questo secondo passaggio, per il cittadino, con
le istituzioni) rappresenta per l’incolumità pubblica, stando alle relazioni che
sono state evidenziate tra il livello di corruzione e, ad esempio, il numero di
decessi per eventi sismici, o per crollo di ponti autostradali. L’83 % delle morti
per eventi sismici si sono verificate in Paesi ad altissimo tasso di corruzione,
essendo il settore delle costruzioni uno dei più sensibili al fenomeno
corruttivo, dove la corruzione costituisce spesso lo strumento per abbassare i
costi delle opere e violare le regole in tema di sicurezza192
.
192
FIORITTO, La corruzione nei lavori pubblici, in Corruzione pubblica. Repressione penale e
prevenzione amministrativa, PALAZZO (a cura di), Firenze, 2011, p. 77 ss.
103
CAPITOLO III
Le risposte del legislatore
1. Quadro normativo del post-Tangentopoli - 2. La legge 190/2012 - 2.1 Segue. L’abbandono
dell’esclusività dell’azione penale: la tutela amministrativa - 3. La repressione penale nella legge
190/2012. I principi ispiratori - 4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto
sulla dogmatica e sui giudizi - 4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso - 4.1. b. Segue: dolo -
4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze - 5. Il concorso di persone e i rapporti con
altre figure di reato - 5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite - 5.1. b. Segue: in
particolare, corruzione e concussioni - 6. Critiche - 6.1. a. Le corruzioni al vaglio della
determinatezza-tassatività: il principio di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319 c.p. -
6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente - 7. La legge 27 maggio 2015, n. 69 - 8. Corruzione politico-
amministrativa, lobbying e corruzione privata- 8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla
corruzione in Francia con obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle imprese
“Dove un superiore, pubblico interesse
non imponga un momentaneo segreto,
la casa dell’amministrazione
dovrebbe essere di vetro.”193
1. Quadro normativo del post-Tangentopoli
Con l’inchiesta Tangentopoli, l’esigenza di risposte da parte del
legislatore diventa un obbligo ineludibile, sia sul fronte della prevenzione che
sul fronte della repressione.
Con questa inchiesta, oltre a mettersi in luce problemi applicativi sul
piano giudiziario e a mostrare un sistema di controllo preventivo carente,
193
FILIPPO TURATI, discorso tenuto nel 1908 presso la sede della Camera dei Deputati
dall’onorevole, leader del partito socialista, auspicando il superamento del buio della Pubblica
Amministrazione, che nella sua intangibile burocraticità era ormai espressione di un male
imperscrutabile.
104
cambia radicalmente il rapporto tra elettorato e partito: il rappresentante
politico non è più considerata persona eccelsa rappresentativa di una certa
concezione della società, credibile e lodevole personaggio di elevata cultura e
senso di comunità, ma soggetto espressione di interessi parziari, pronto a
mettere in discussione il proprio ideale per un interesse che soddisfi sia la
sfera pubblica che quella personale o anche solo quella personale. Questa
inchiesta danneggia, ma non distrugge il sistema e soprattutto convalida
l’esistenza di problemi ben radicati. La critica giurisdizionale è stata mossa
proprio nei confronti di quei provvedimenti successivi a seguito degli scandali,
come l’assenza di una riforma strutturale sul piano preventivo, vista
soprattutto la vigenza ancora di una confusa e farraginosa normativa
amministrativa e dei codici etici della pubblica amministrazione: “una
patologia alla lunga porta, come in tutti gli organismi, a uno stato di
immunodeficienza irreversibile”194
.
Sul piano della legislazione penale, a differenza di criminalità
organizzata e lotta al terrorismo, nessuna legislazione speciale è stata attuata
immediatamente per completare la distruzione del sistema danneggiato con
l’inchiesta, ad esempio tramite pratiche repressive almeno sui casi evidenti,
potenziando indagini e coercizione.
L’azione intrapresa fu un timido tentativo di fusione. Si agì sul piano
penale con provvedimenti di ispirazione amministrativa, a tratti positivi, a
tratti negativi, ma sicuramente senza una visione di insieme e un progetto
politico omogeneo.
194 G. FERRERO, Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della
legalità, Editori Riuniti, Roma 1996, pag. 87.
105
La prima riforma dei reati contro la P.A. era avvenuta con la legge n. 86
del 1990 e nel settore amministrativo con la legge n. 241 del 1990, riforma
incentrata sulla trasparenza e sul potenziamento dei rapporti tra P.A. e
cittadino.
In particolare, la riforma penale del ‘90 ha inteso sottolineare la
struttura funzionale-oggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e incaricato di
pubblico servizio, svincolandole dal rapporto soggettivo di dipendenza dallo
Stato o altro ente pubblico. Eliminato l’equivoco riferimento al “rapporto di
dipendenza dalla pubblica amministrazione”, i pubblici agenti sono oggi
collegati al solo elemento oggettivo della natura della mansione svolta,
richiedendosi lo svolgimento di attività regolamentata da norme di diritto
pubblico o da atti autoritativi. Avremo “pubblica funzione” e non “pubblico
servizio” se tale attività sarà caratterizzata dalla presenza di poteri autoritativi
o certificativi e dalla formazione e manifestazione della volontà della p.a. Si
guarda, quindi, alla disciplina dell’attività in concreto esercitata dal soggetto e
singolarmente considerata. Questo, in quanto nel nostro ordinamento la
soggettività pubblica di un ente non è sempre accompagnata dalla
regolamentazione pubblicistica della sua attività, ma, a volte, la regola è
proprio di senso opposto, soprattutto nel settore dell’economia pubblica.195
A distanza di quattro anni, con la l. 109/94 (la c.d. Legge Merloni), la
politica del risanamento alla fonte, ai principi, si attenua nonostante il contesto
istituzionale dissestato, e si introducono disposizioni di natura emergenziale
intese a regolare “direttamente” la contrattazione, l’aggiudicazione di appalti e
lavori pubblici regionali e locali, imponendo forme di pubblicità come la
195
Cass. Pen. Sez. Un. 24 settembre 1998, Citaristi, CP 1999, 112.
106
pubblicazione delle gare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e
nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea196
.
Una data importante è il 17 dicembre 1997, dove viene firmata a Parigi
la Convenzione dell’OCSE per la lotta alla corruzione di pubblici ufficiali
stranieri nelle operazioni economiche internazionali, entrata in vigore in Italia
con la L. n. 330/2000, introducendo nel nostro ordinamento l’art. 322 bis c.p.,
per la lotta alla corruzione “delle persone che esercitano funzioni o attività
corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico
servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche
internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un
indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”.
La responsabilità che da sempre viene contestata al Legislatore italiano
è la tendenza ad intervenire solo quando la risoluzione delle endemiche
problematiche che affliggono il Paese risulti obbligata da un collasso
economico, o da una evidenza catastrofale, in situazione emergenziale. Il
carattere “necessario e urgente” della risoluzione di questioni politiche si
traduce in reazione dello Stato in termini repressivi ma confusionari e, come
vedremo, si scontrerà anche con il diritto vivente.
L’evoluzione normativa del nostro Paese, ha, quindi, sempre seguìto
più l’emozione197
che la riflessione rigorosa, indipendentemente dai ritardi. Un
esempio è offerto dalle modalità con le quali il nostro paese ha ratificato la
Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 27 gennaio
196
La Legge Merloni rappresenterà il primo passo verso l’approvazione del “Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” introdotto con il D.Lgs. 163/2006, che provvederà alla
sua materiale abrogazione. 197
L. HINNA, M. MARCONI, in Corruzione. La tassa più iniqua. Ed. Donzelli, 2012, pag. 148
107
1999, la c.d. Convenzione di Strasburgo (penale e civile)198
, sintesi di visioni
internazionalistiche delle vicende corruttive tese ad un approccio preventivo
piuttosto che repressivo, che ha permesso anche la costituzione del gruppo
GRECO (Groupe Européen contre la Corruption), cui partecipa l’Italia
fornendo periodicamente delle visite di monitoring. A distanza di oltre dieci
anni con le leggi n. 110/2012, nelle materie penali, e la n. 112/2012, nelle
materie civili, viene ratificata la convenzione del 1999, dando esecuzione in
maniera poco soddisfacente a quegli impegni contratti dagli Stati finalizzati a
prevedere l’incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva sia di
funzionari nazionali che stranieri, di corruzione attiva e passiva nel settore
privato, del cosiddetto traffico di influenze, dell’autoriciclaggio e
l’esecuzione, negli aspetti civilistici e riparatori, in favore delle persone che
avevano subito un danno risultante da un atto di corruzione.
Un altro fallimento della politica emergenziale, causato soprattutto
dalla sua dipendenza dal potere esecutivo e dall’assenza di risorse riservate
alla propria azione, fu l’istituzione “sommaria” dell’Alto Commissariato
Anticorruzione199
con l. 16 gennaio 2003, n. 3.
Il suo obiettivo si identificava “nella prevenzione e nel contrasto della
corruzione e delle altre forme di illecito all’ interno della pubblica
amministrazione”. Sicuramente un primo passo verso l’istituzionalizzazione di
un ente di elevata carica simbolica atto alla vigilanza e all’analisi del
fenomeno corruttivo, è stato però abolito nel 2008, ma le sue funzioni sono
state trasferite al Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT). La differenza
198
Cfr. R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la Pubblica Amministrazione, in Diritto
Penale Contemporaneo, 15 gennaio 2013. 199
http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/pubblica_a
mministrazione/app_notizia_22474.html
108
fondamentale fu data dal rapporto di dipendenza col Ministro della funzione
pubblica e non con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel 2009 si prosegue verso l’instaurazione di un sistema più maturo a
duraturo, sulla scia dello schema che aveva affidato al SAeT le competenze
dell’Alto Commissariato. Il legislatore italiano di quegli anni introdurrà con il
decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 una normativa volta
all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e
trasparenza200
.
Le funzioni dell’Alto Commissario, trasferite al Servizio anticorruzione
e trasparenza (SAeT), vengono ora affidate alla Commissione indipendente
per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche
(CiVIT) . Ad essa sono imposti oneri di vigilanza sull’ integrità e sull’etica dei
pubblici ufficiali, ed ulteriori funzioni di implementazione della loro
sensibilità e integrità. Tra i suoi compiti specifici vi è l’approvazione di veri e
propri “piani anticorruzione”, predisposti dal Dipartimento della funzione
pubblica, seguendo i criteri generali di indirizzo fissati dal Comitato
Interministeriale. Per il rispetto dei parametri internazionali, la Civit, nata
come Commissione indipendente per la trasparenza delle amministrazioni
pubbliche, è stata, poi, trasformata in Authority indipendente (Anac). Il decreto
attribuisce alla CiVIT il ruolo di Autorità nazionale anticorruzione avente
finalità di operare attività di controllo201
.
200
La vicenda è ricostruita da G. SCIULLO, L’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto
della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione. Quale ruolo per i
controlli. Milano, Angeli, 2009. Cfr. F. MERLONI. L’applicazione della legislazione anticorruzione
nelle regioni e negli enti locali tra discipline unitarie e autonomia organizzativa in Istituzioni del
Federalismo. Rivista di Studi Giuridici e Politici 2/2013 aprile/giugno. Ed. Maggioli. 201
Cfr. C. DI MARZIO. Le nuove norme introdotte dalla legge anticorruzione (L. N. 190/2012) in
materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A”, in Rivista
amministrativa della Repubblica italiana, pag. 518.
109
Per quanto riguarda invece “collezione” dei ritardi, la condotta
dell’Italia non si mostra differente nei confronti della Convenzione ONU -
Convenzione di Merida, sottoscritta il 31 ottobre 2003 e ratificata nel 2009
con la L. n. 116202
.
Leggendo il testo normativo, in particolare il titolo V, si scorge
l’introduzione di un sistema di restituzione dei beni o somme illecitamente
ottenuti quale provento dell’attività illecita.
Al fine di garantire tutela nei confronti delle vittime dei reati di
peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità,
corruzione e istigazione alla corruzione posti in essere da membri della Corte
penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari
delle Comunità europee e di Stati esteri, viene modificato l’art. 322 bis. c.p.,
introdotto con la già menzionata Convenzione OCSE del 1997.
Il testo novellato punisce le condotte non soltanto di coloro che
procurano a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche
internazionali ma anche qualora tale fine sia perseguito allo scopo di ottenere
o di mantenere un’attività economica o finanziaria203
. L’art. 4, invece, incide
202
“Agli obblighi posti agli Stati parte per l'adozione di efficaci politiche di prevenzione della
corruzione è dedicato l’intero titolo II, che prevede diverse misure miranti al tempo stesso a
coinvolgere il settore pubblico e il settore privato. Esse includono meccanismi istituzionali, quali la
creazione di uno specifico organo anticorruzione, codici di condotta e politiche favorevoli al buon
governo, allo stato di diritto, alla trasparenza e alla responsabilità. Da notare specialmente che la
Convenzione sottolinea il ruolo importante della società civile, in particolare di organizzazioni non
governative e di iniziative a livello locale, e invita gli Stati parte a incoraggiare attivamente la
partecipazione dell'opinione pubblica e la sensibilizzazione di essa al problema della corruzione.”
leg16.camera.it/561?appro=511 203
La legge 190/2012 e la legge 237/2012, intervenendo sui suddetti articoli, non hanno modificato
però gli aspetti introdotti dalla legge in commento.
110
sul dettato del d.lgs 231/2001, inserendo un nuovo articolo in tema di
responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche204
.
La L. 190/2012 con l’art. 1, comma 2 ha individuato quale Autorità
nazionale anticorruzione la già menzionata Commissione per la valutazione, la
trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT), in
sostituzione dell’articolo 6 che designava il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, soggetto cui venivano trasferite le
competenze dell’Alto Commissario anticorruzione, già soppresso nel 2008205
.
2. La legge 190/2012
Entrate in vigore il 28 di novembre del 2012, le “Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica
amministrazione” contenute nella legge n. 190 del 2012 recavano
provvedimenti atti sia a reprimere che a prevenire le condotte deviate, e
costituirono un tentativo organico contro la corruzione, essendo fortemente
orientate, dai suggerimenti interni ed esterni, ad una alta sensibilizzazione e
consapevolezza del ruolo del pubblico ufficiale e incaricato del pubblico
servizio come organi espressione della Costituzione, e ad essa, e quindi ai
consociati, legati da un obbligo di fedeltà.
La legge nasce dalle pressioni europee ma anche dalle pressioni della
magistratura, che più volte aveva esortato il Legislatore a non dedicarsi
204
Il nuovo articolo 25-decies è volto a sanzionare l’ente in relazione alla commissione del delitto di
induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, di
cui all’art. 377-bis, c.p. Laddove si ravvisi in relazione alla commissione del delitto una responsabilità
della persona giuridica, dovrà applicarsi all’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote. 205
La soppressione è avvenuta con l’art.12, comma 6 bis del d.lgs 112/2008 in ragione di esigenze di
semplificazione e ottimizzazione delle attività della P.A.
111
esclusivamente ad un lavoro di repressione, ma ad ispirarsi innanzitutto a
principi di efficace prevenzione e perseguimento dei fenomeni corruttivi, tra
l’altro ordinati anche dalle istituzioni internazionali ed agli obblighi assunti ai
tavoli dell’Europa206
.
Per vedere quanto queste disposizioni fossero orientate alla costruzione
della “casa di vetro” della Pubblica Amministrazione analizzeremo nel
dettaglio la struttura della riforma, sicuramente orientata maggiormente a
tutelare il diritto alla trasparenza e il pubblico interesse preventivo che alla
cura della determinatezza penale. Sono presenti norme con fini di modifica,
aggiustamento o perfezionamento di discipline già esistenti e norme che
introducono strumenti di prevenzione nuovi che risentono dei modelli
utilizzati nelle esperienze internazionali207
.
Scorrendo il testo possiamo sicuramente cogliere nelle norme penali,
nelle modifiche e/o integrazioni al codice penale, in materia di repressione
della corruzione, l’ispirazione dei precetti dettati dalle principali istituzioni
intergovernative e sovranazionali impegnate nella lotta ai fenomeni corruttivi
come espresso dalle Convenzioni ratificate dall’Italia. Si intravedono delle
novità, come l’introduzione di strumenti tipici del diritto amministrativo in
chiave preventiva, tramite norme corpose e articolate, dove è possibile
intravedere sicuramente un maggior lavoro svolto, al contrario della
repressione penale e sua determinatezza208
, tentando di seguire le direttive che
da tempo giungevano dal mondo scientifico. Per quasi venti anni si erano
formate commissioni di studio composte da autorevoli esperti, in particolare, 206
D. STASIO. Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N. 2/2013. 207
F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione
(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 662 208
M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –
PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag. 60.
112
quella nominata dal Presidente della Camera e presieduta da Sabino Cassese
nel 1996209
che individuava cinque aree di intervento (assetto normativo, i
rapporti politica e amministrazione, il corpo amministrativo, l’attività
amministrativa e i controlli nell’area privata); quella nominata dal Ministro
della funzione pubblica e presieduta da Gustavo Minervini nello stesso anno; e
quella nominata dal Ministro della funzione pubblica e presieduta da Roberto
Garofoli nel 2011, determinante per l’elaborazione di emendamenti al disegno
di legge210
. Il legislatore aveva acquisito consapevolezza che la corruzione in
senso ampio sebbene fosse da considerarsi un fenomeno multiforme, segue
logiche e schemi ripetitivi e, pertanto, la sua prevenzione richiede una
strategia articolata con alla base un forte studio e una grande
consapevolezza211
.
Un attenta analisi, però, mette in evidenza anche una scelta deludente,
che condannerà la legge a violente critiche, in quanto evidente il dolo delle
omissioni: si è scelto di non legiferare su alcune tematiche che meritavano la
maggiore considerazione sul tema: la disciplina dei controlli; la regolazione
dei gruppi di pressione e del lobbying; il rafforzamento dei corpi ispettivi (e di
quelli tecnici); l’accentramento dei concorsi pubblici212
. In verità, sono
presenti alcuni commi dedicati ai contratti pubblici, ma la legge non disciplina
i “settori caldi”, i settori maggiormente esposti al rischio di corruzione, come
l’urbanistica, la sanità e i servizi pubblici, in particolare quelli locali, gli
209
Il rapporto è pubblicato in Lotta alla corruzione, Laterza, Roma.-Bari, 1998. 210
La corruzione in Italia, per una politica di prevenzione – Rapporto finale della commissione
ministeriale per l'elaborazione di misure per la prevenzione della corruzione, in
http.//www.governo.it/governoinformal/dovumenti/201210022/rapporto_corruzioneDEF.pdf 211
M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, in MATTARELLLA – PELISSERO (a cura di ) La legge
anti-corruzione, op.cit., pag. 60. 212
F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione
(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 663.
113
ambiti in cui le cronache degli ultimi decenni hanno testimoniato come l’uso
distorto del potere amministrativo e della macchina del decentramento e
l’influenza di fattori esogeni all’amministrazione stessa possano diventare
paradossalmente la regola.
Nonostante le novità apparenti della legge, il corpus normativo si
presenta strutturalmente discontinuo, e, tramite un lavoro di manutenzione, e
non distruzione e ricostruzione (si pensi alle numerose modifiche del Testo
Unico del pubblico impiego) che poteva essere finalizzata magari ad una
sistemazione organica dei singoli interventi, si dimostra superficiale in tema di
tempi di attuazione e poco preoccupata delle risorse che inevitabilmente
saranno impiegate e dell’assenza di sanzioni e poteri sostitutivi in caso di
inerzia delle amministrazioni213
, generando incertezze applicative e resistenze
all’interno dell’amministrazione214
.
La scelta politica della legge era: “tentare di occuparsi” della corruzione
“amministrativa”, non di quella “politica”. Per fare qualche esempio, essa ha
puntato sulla trasparenza amministrativa, ma nessuna norma ha affrontato il
problema della trasparenza nel finanziamento della politica; ha “potenziato” i
codici di comportamento dei dipendenti pubblici, ma continuando a non
prevedere nulla per i politici; ha affrontato il problema del conflitto di
interesse dei primi, non di quello dei secondi. La classe politica, figlia e
partecipe di scandali, ha scelto di affrontare i difetti dell’amministrazione,
sorvolando sui propri, dei tesorieri di partito, dei consiglieri regionali, dei
213
Ibidem 214
M. CLARICH, Sulle resistenze all’interno dell’amministrazione si gioca il successo della legge
anticorruzione, in Guida al diritto, Il Sole 24 Ore, n˚ 47, novembre 2012
114
sindaci215
.
Quando infatti elogiamo le influenze dei suggerimenti internazionali per
la lotta alla corruzione, sorvoliamo su come gli strumenti legislativi adottati
negli altri Paesi plasmano regole poste a protezione dell’integrità della politica
nella lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. I politici
rappresentano il popolo, e ad esso rispondono, ma attualmente non c’è alcuna
norma nel nostro ordinamento che si preoccupi che questi rappresentino il
popolo “in maniera corretta”216
.
Grave omissione commessa dal legislatore riguarda anche la disciplina
del lobbying, dei gruppi di pressione. Nessuna norma per contenere lo spoils
system, l’introduzione di incompatibilità e regole di comportamento per i
titolari degli uffici di staff, la centralizzazione dei concorsi pubblici, il
rafforzamento dei corpi tecnici e dei corpi ispettivi, l’introduzione di controlli
randomizzati sulle amministrazioni217
. Si è tralasciata la regolamentazione
della corruzione privata, che, spesso, in alcune declinazioni del pactum
sceleris è presupposto di quella amministrativa. Si ricordano le parole
dell’allora Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso: “forse bisognava
reinserire il reato di falso in bilancio [che ora abbiamo con la legge 69/2015] e
magari fare un bel reato di falsa fatturazione”218
. Un’altra critica costruttiva,
in quanto il falso in bilancio è spesso finalizzato alla costituzione di fondi
occulti, da utilizzare per il pagamento di tangenti..
215
M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –
PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag. 62 216
B.G. MATTARELLA, Le regole dell’onesta: etica, politica, amministrazione; il Mulino, Bologna,
2007. 217
M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione in MATTARELLLA –
PELIS-SERO (a cura di ) La legge anticorruzione, op.cit., p. 62. 218
Da “il Fatto Quotidiano” del 19 ottobre 2012.
115
Cercando di soffermarci sugli aspetti positivi, sulle uniche “armi” messe
a disposizione, la scelta di puntare in maniera decisa sulla trasparenza della
pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di risorse
pubbliche, rappresenta comunque un punto di svolta. Il potere di disporre di
risorse è connaturato nelle cariche politiche e dirigenziali. Questo comprende
una percentuale di possibilità nella condotta di utilizzarle in modo improprio o
inefficiente, anche se non necessariamente criminoso. Infatti, se una pubblica
amministrazione ha intenzione di destinare denaro pubblico a un beneficiario,
ha chiaramente il potere e le forze per trovare il modo di farlo. Non un
deterrente, ma comunque un limite, è proprio la trasparenza: si introduce una
sorta di tracciabilità in cui tutti possono verificare come le risorse pubbliche
vengono erogate.
La legge sul procedimento amministrativo del 7 agosto 1990, n. 241 era
orientata in questa direzione, e anche i progressi successivi come il
potenziamento del diritto d’accesso, come diritto degli individui ad accedere ai
documenti o alle informazioni che li riguardano, alla pubblicità di tutte le
informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività della pubblica
amministrazione e il diritto all’accesso civico della legge delega 124/2015,
meglio conosciuta come “Legge Madia”.
Da questo punto di vista, la legge 190 del 2012 rappresenta comunque
una evoluzione del percorso.
La trasparenza dell’attività amministrativa è principio costituzionale,
diritto-mezzo per la tutela dei diritti sociali e civili. La legge contiene anche
una delega legislativa per il riordino della disciplina inerente agli obblighi di
pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni, che nel complesso della legge costituiscono un corpus atto a
116
comprimere inopportune rendite di posizione219
. Unite a queste norme,
abbiamo quelle sugli incarichi, sui divieti per i condannati e sugli appalti,
interventi che hanno lo scopo di sancire l’incompatibilità naturale tra le
condanne per determinati reati e l’assunzione di incarichi pubblici, che
prefigurano un perfezionamento tanto del sindacato “informale” dei privati
sull’operato dell’amministrazione e sull’elargizione di benefici pubblici
quanto l’introduzione di nuove norme in un settore tradizionalmente esposto al
rischio di scambi occulti220
.
Stando ai numeri, dopo la legge, nel 2013, l’Italia salì in classifica nel
Corruption Perception Index di Transparency International, migliorando il
proprio punteggio da 42/100 a 43/100. Tra i Paesi europei l’Italia rimase però
tra gli ultimi posti221
.
2.1 Segue. L’abbandono dell’esclusività dell’azione penale: la tutela
amministrativa
Comprensive di strumenti innovativi, le norme per la prevenzione
rappresentano il fondamento della creazione normativa del 2012. Il controllo
superiore e centrale è affidato al Dipartimento della funzione pubblica e alla
CiVIT, il cui ruolo di Autorità nazionale anticorruzione avente finalità di
219
M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –
PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, p. 67. 220
F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione
(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 663. 221
http://www.transparency.org/cpi2013/results
117
operare attività di controllo222
, è istituzionalizzato all’art. 1 della Legge 190
che richiama l’art. 13 del d.lgs. n. 150/2009. Con l’entrata in vigore della
legge del 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione del decreto legge del 31
agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di
obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, ha assunto la
denominazione A.N.A.C., Autorità Nazionale Anticorruzione e per la
valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, con funzioni di
natura analitica, di ricerca e di proposta, di amministrazione attiva, consultiva
e di controllo223
.
Come esempio di amministrazione attiva, l’Anac approva il Piano
Triennale di Prevenzione della corruzione, che deve essere adottato entro il 31
gennaio di ogni anno e deve essere trasmesso al Dipartimento della funzione
pubblica.
Viene ulteriormente rafforzato il compito informativo in materia di
valutazione, trasparenza e integrità nelle pubbliche amministrazioni con il
comma 2 lett. g dell’art. 1. L’Anac deve “riferire al Parlamento, presentando
una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull’attività di contrasto
della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e
sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia” 224
.
Questa norma riesce a dare un controllo parlamentare sull’azione
222 Cfr. C. DI MARZIO. Le nuove norme introdotte dalla legge anticorruzione (L. N. 190/2012) in
materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A”, in Rivista
amministrativa della Repubblica italiana, pag. 518. 223
G. SCIULLO, L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura di)
MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag.72 224
Cfr. Il Rapporto sulla trasparenza dei Ministeri, dell'agosto 2012; il Rapporto sulla trasparenza
degli enti pubblici nazionali, dell'ottobre 2012; Valutazione e trasparenza nelle pubbliche
amministrazioni. Primo monitoraggio del d.lgs. 150/2009 nelle amministrazioni centrali e
regionali, del marzo 2011; la Relazione Civit al Ministro per l'attuazione del programma di
Governo sull'attività del 2010.
118
dell’Esecutivo, e quindi mantiene un importante carattere democratico della
Repubblica Parlamentare. In circolarità tra diritto e società, la relazione
rappresenta il “veicolo” conoscitivo che permette di mettere a disposizione dei
membri delle due Camere dati maggiori in un formato più “strutturato”
rispetto a quanto di norma avviene attraverso le manifestazioni ordinarie di
sindacato ispettivo225
.
Come esempio di attività di ricerca, fondata su idonei meccanismi
circolari di scambi di informazioni, sia in senso verticale tra amministrazioni
collocate in rapporto gerarchico, sia orizzontale tra varie amministrazioni dello
stesso livello, l’Anac analizza le cause e i fattori della corruzione e individua
gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto. In questo
modo vengono a svilupparsi modelli di risk management mediante i quali è
possibile stimare il rischio per poi elaborare delle strategie per governarlo,
tramite l’Integrity Risk Management (IRM), strumento per l’identificazione
dei rischi relativi al fenomeno corruttivo, indicatore che sintetizza fattori
chiave che influenzano il rischio corruzione, che analizza le minacce attuali,
potenziali e/o emergenti, provenienti da fonti esterne ed interne, che individua
diversi profili di vulnerabilità di un soggetto pubblico, tramite il monitoraggio
dell’esposizione al rischio di un soggetto pubblico e l’adozione di effettive
misure di controllo del rischio corruzione, anche al fine di considerare i
mutamenti delle circostanze e del contesto operativo.
Incide in tale ambito anche la corretta impostazione e la gestione dei
rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali in relazione ai compiti
affidati alle stesse dal comma 5 dell’art. 1, nell’elaborazione di piani di
225
D. SICLARI, Il controllo parlamentare sugli atti non normativi, in R. DICKMANN – S.
STAIANO (a cura di), Funzioni parlamentari non legislative e dorma di governo, Giufrrè, Milano,
2008, pp. 352-353
119
prevenzione che forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione
al rischio corruzione degli uffici e degli interventi organizzativi per prevenire
tale rischio226
.
Bisogna poi affermare che la legge 190 ha limitato da noi il fenomeno
del pantouflage. Con una modifica all’articolo 53 del D.lgs 165/2001
(inserendo il comma 16 ter) , dispone: ”I dipendenti che, negli ultimi tre anni
di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono
svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di
pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati
destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i
medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di
quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti
privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche
amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei
compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”.
In base al dettato su riportato, e per dare un esempio dell’attività
consultiva dell’Anac, ricordiamo il parere del 18 febbraio 2015
AG/08/2015/AC, che cerca di chiarificare la non limpida norma.
Secondo l’Anac, detta normativa “mira a ridurre il rischio di situazioni
di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla
cessazione del rapporto di lavoro. Si intende, dunque, evitare che, durante il
periodo di servizio, il dipendente stesso possa precostituirsi delle situazioni
lavorative vantaggiose sfruttando la sua posizione e il suo potere all’interno
226
F. FERRARO – S.GAMBACURTA, Anticorruzione, Commento alla riforma, La legge 6 novembre
2012, n.190 e i provvedimenti attuativi, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (Rimini),
2013, pag. 43
120
dell’amministrazione per ottenere un lavoro presso il soggetto privato in cui
entra in contatto”.
La norma è rivolta ai dipendenti nel senso più ampio del termine, tale
da ricomprendere anche i soggetti legati alla P.A. da un rapporto di lavoro a
tempo determinato o autonomo. All’Anac, infatti, spetta “esprimere pareri
facoltativi in materia di autorizzazione, di cui all’art. 53 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, allo svolgimento
di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli
enti pubblici nazionali, ,con particolare riferimento all’applicazione del com-
ma 16-ter, introdotto dal comma 42, lett.l), del presente articolo” (art. 1,
comma 2, lett. e legge 190/2012).
Secondo il comma 2, lett. f, l’Anac “esercita la vigilanza e il controllo
sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle
pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul
rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dai
commi 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti”. E al
comma 3: “Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f, la
Commissione [adesso Anac] esercita poteri ispettivi mediante richiesta di
notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e
ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4
e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell’attività
amministrativa previste dai commi 15 a 36 del presente articolo e dalle altre
disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comporta-menti o atti contrastanti
con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le altre
amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali,
dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma”.
121
La disposizione del comma 2 lett. f va letta in combinato disposto al
comma 3, configurando un ampliamento dei poteri di controllo, sia sui singoli
atti che su attività e riferendosi sia a quei profili di legittimità (vigilanza) sia ai
profili di merito (effettiva applicazione ed efficacia)227
.
I poteri ispettivi consistono nella richiesta di notizie, informazioni, atti e
documenti. Dall’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 150/2009, emerge anche la
possibilità di “richiedere indagini, accertamenti e relazioni dell’Ispettorato
per la funzione pubblica”. Presentano altresì carattere strumentale i doveri di
comunicazione aventi ad oggetto informazioni, dati e atti, stabiliti dai commi
27, 39 e 82 in favore dell’Anac. L’art. 34 bis del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con
modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha inserito un’indicazione
specifica delle finalità ulteriori cui può essere diretta la richiesta di indagini,
ossia “ai fini degli accertamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto e
all’imposta sui redditi”. Per gli stessi fini, sempre il comma 2 dell’art. 34 bis,
appena menzionato, prevede che “l’Autorità (…) si avvale, sulla base di intese
con il Ministro dell’economia e delle finanze, della Guardia di Finanza”.
All’esito di tali controlli, l’Anac può disporre misure prescrittive concernenti
l’adozione di atti o la rimozione di atti e comportamenti.
Infatti, come espressione del potere di controllo abbiamo la previsione
del comma 82, disposizione, assente nell’originario disegno di legge e inserita
nel corso dell’iter parlamentare sulla base di un’indicazione formulata dalla
Commissione Garofoli, Stabilisce che il provvedimento di revoca del
segretario comunale o provinciale (ammesso ai sensi dell’art. 100 del d.lgs. 18
227
G. SCIULLO, L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura di)
MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag.75
122
agosto 200, n. 267 “per violazione dei doveri di ufficio”) è “comunicato dal
prefetto all’Autorità nazionale anticorruzione, che si esprime entro trenta
giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l’Autorità
rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di
prevenzione della corruzione”.
Nel dicembre 2013 è stato presentato alle Camere il Rapporto sul primo
anno di attuazione della legge n. 190/2012.
Le prime constatazioni sull’impatto della legge permettono delle
riflessioni importanti sul problema della pubblica amministrazione italiana.
L’Autorità ha immediatamente sollecitato dopo l’entrata in vigore della legge,
a nominare i Responsabili della Prevenzione della Corruzione (RPC), e al 28
novembre 2013 molti ministeri risultavano inadempienti. Ritardi analoghi
erano presenti a livello di enti nazionali e territoriali. Inoltre, il problema
dell’assenza di una concezione fortemente nomofilattica della legge nella sua
ottica preventivo-amministrativa (dovuta alla difficoltà e alla rarità dei ricorsi
sul territorio nazionale) ha permesso ad un gruppo eterogeneo di soggetti,
tramite interpretazioni discutibili, di eludere l’applicazione della legge
minando l’integrità della p.a. La legge e i decreti legislativi, infatti, hanno
comunque accresciuto responsabilità dirigenziali con la possibile, quanto
pericolosa conseguenza che i dirigenti reagiscano adottando il loro potere con
un approccio meramente formale e mediatico. Questo rischia di aumentare il
carattere pachidermico del procedimento amministrativo, aumentando la
corruzione. L’Autorità poi avverte che il trasferimento di tali poteri di
inconferibilità e incompatibilità in capo al Ministro della pubblica
amministrazione e semplificazione operato dal d.l. n. 69/2013, contenente
“Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, convertito con
123
modificazioni dalla legge n. 98/2013, oltre che creare incertezze e
disorientamento nelle amministrazioni, non ha consentito di affrontare alcuni
problemi emersi con riferimento a numerosi casi concreti, per i quali sarebbe
stato opportuno fornire tempestivi chiarimenti e che risultano, allo stato,
parzialmente irrisolti.
Nonostante la legge sia estremamente criticabile, emerge comunque
un’Autorità intenta ad implementare la lotta alla corruzione, e che dimostra da
subito il carattere indipendente dell’Autorità stessa.
La legge contiene un particolare strumento, che permette di istituire
presso le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo la c.d. white list, un
elenco di imprese tenute esenti dal presentare la documentazione antimafia
alle amministrazioni pubbliche, in quanto considerate non a rischio di
infiltrazioni. Le Prefetture sono onerate di controllare la permanenza di questo
status in riferimento alle figure amministrative del rappresentante legale,
direttore o responsabile tecnico, e le imprese sono obbligate a comunicare, a
pena di esclusione dalla white list ogni variazione dell’assetto proprietario.
Inoltre, la CiVIT ha il compito di approvare il Piano Triennale di
Prevenzione della corruzione, che deve essere adottato entro il 31 gennaio di
ogni anno e trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica.
Al comma 9 è infatti stabilito che ”Il piano di cui al comma 5 risponde
alle seguenti esigenze:
a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui al comma 16, anche
ulteriori rispetto a quelle indicate nel Piano nazionale anticorruzione,» e
dopo le parole «rischio di corruzione, nell’ambito delle quali è più elevato il
rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate
124
nell’esercizio delle competenze previste dall’articolo 16, comma 1, lettera a-
bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)
b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di
formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio
di corruzione;
c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi della
lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato
ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza
del piano;
d) definire le modalità di monitoraggio del rispetto dei termini, previsti dalla
legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;
(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)
e) definire le modalità di monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione e i
soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a
procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi
economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di
parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i
dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti
dell’amministrazione;
(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)
f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli
previsti da disposizioni di legge”.
Risulta necessario richiamare anche il c.d. Codice di comportamento
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, entrato in vigore con il d.P.R.
125
del 16 aprile 2013 n. 62228
, il quale stabilisce che “il dipendente non accetta,
per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore
effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e
nell’ambito delle consuetudini internazionali”. L’art. 4 individua il limite tra
regalia d’uso socialmente ammessa e donativo penalmente illecito229
.
Nonostante sia ancora indefinito in realtà il riferimento alla controprestazione
del pubblico ufficiale, si può affermare però che la L. 190/2012 ha dato
rilevanza alle condotte in cui qualsiasi passaggio di utilità tra soggetto
pubblico e privato trovi la sua giustificazione nell’attività esercitata dal
pubblico ufficiale in ragione del suo ruolo o della sua qualità.
La legge fa più volte riferimento alla necessità di attivare percorsi di
formazione dei dipendenti sui temi di legalità e dell’etica pubblica230
.
Questa sensibilizzazione ha comunque permesso di introdurre strumenti
di segnalazione interna affidati alla tecnica statunitense del c.d.
whistleblowing231
, introdotto negli Stati Uniti durante la guerra di
indipendenza per combattere la corruzione nelle forniture militari, prevedendo
una taglia per i responsabili.
228
Entrato in vigore il 19 giugno 2013, recante il “codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a
norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n.165”, l’articolo 54 del D.Lgs.
165/2011 conteneva, infatti, la delega al governo a prevedere il divieto “di chiedere o di accettare, a
qualsiasi titolo, compensi, regali, o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie
funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle
normali relazioni di cortesia”. 229
Il quinto comma dello stesso articolo precisa, però, che “ai fini del presente articolo, per regali o
altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150
euro, anche sotto forma di sconto”. 230
L’art. 1 comma 11 individua la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione come soggetto
delegato a gestire tale processo. Cfr. L. HINNA E M. MARCONI, in op. cit. pag. 160. 231
Cfr. G. FRASCHINI, Whistleblowing e sistemi di protezione: stato dell’arte e considerazioni.
Rapporto sulla ricerca svolta dal Trasparency International Italia, in G. FRASCHINI, N. PARISI,
D.RINOLDI, Il Whistleblowing nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno, Roma 2011, p. 66
126
Il whistlebower , il “soffiatore nel fischietto”, si ispira a quella politica
di controllo inter pares che invita tutti ad essere arbitri e poliziotti dell’altro se
il tema è il bene comune e le risorse sono pubbliche.
L’esigenza di una gestione del genere del controllo è espressa nel
brocardo latino di Giovenale quis custodiet ipsos custode, che impone, però, di
individuare dei presupposti affinché il sistema del whistleblowing funzioni,
tenendo conto soprattutto che in Italia, “nella nostra cultura, ancora influenzata
pesantemente da sentimenti ambigui, vicini talvolta a omertà e collusione, il
whistleblower viene considerato un delatore, un traditore”232
: innanzitutto il
fatto oggetto di denunce deve essere percepito come grave, il secondo è
l’esistenza di una cittadinanza attiva che spinga alla difesa dei valori condivisi.
Questo schema ha trovato riscontro in Inghilterra, laddove nel 1998,
con il Public Interest Disclosure (Pida), è stata introdotta una norma che mira
a tutelare i lavoratori che forniscono informazioni utili ad individuare
fenomeni di corruzione all’interno delle proprie aziende.
È naturale che, allo stato attuale, la prevista garanzia dell’anonimato
per il dipendente denunciante, tipica del procedimento disciplinare interno,
almeno fino a quando la contestazione non risulti fondata, in tutto o in parte,
sulla segnalazione, scontrandosi con il sistema penale, sarà destinata nel
procedimento ad infrangersi di fronte alle esigenze di necessaria rivelazione
dell’identità dell’accusatore in nome della riespansione delle garanzie legate al
diritto fondamentale di difesa in capo all’accusato. Non manca chi, proprio per
ovviare a tali aporie sistemiche, auspica il ricorso sul piano preventivo ad una
figura speciale di agente provocatore (entrapment) opportunamente
232
Cit. L. HINNA E M. MARCONI, in op. cit. pag. 162.
127
disciplinata come già del resto previsto in altri settori dell’ordinamento
(criminalità organizzata)233
.
La legge 190 del 2012, con i progetti sul controllo, con i piani di
prevenzione, obblighi preventivi di comunicazione ed informazione,
introducendo norme per una maggiore trasparenza per l’uso delle risorse
pubbliche, per l’accesso all’informazione, per la pubblicazione obbligatoria
della situazione patrimoniale dei titolari di incarichi politici, di carattere
elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, a livello statale,
regionale e locale, e per la responsabilità per il danno all’immagine della
pubblica amministrazione, nonostante le omissioni dolose su alcuni temi
fondamentali, “colposamente” ha comunque introdotto delle norme che
permettono di avere un impatto educativo e organizzativo diverso dal passato
e, tramite nuove collocazioni dogmatiche delle condotte lesive, un impatto
socio-culturale abbastanza significativo per l’implementazione, ancora
necessaria, della lotta alla corruzione.
3. La repressione penale nella legge 190/2012. I principi ispiratori
Per comprendere la parte repressiva della riforma risulta prodromico
ricordare che nei rapporti GRECO era già stata segnalata la necessità che la
previsione di cui al previgente art. 317 c.p., non conosciuta nelle restanti
codificazioni europee, poteva consentire al vero corruttore di sfuggire alle
sanzioni presentandosi come vittima di concussione. Si richiedeva al
233
CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto
“integrato”, Torino 2012, cit. 179.
128
legislatore italiano, infatti, di operare in modo da evitare che l’applicazione del
reato di concussione potesse funzionare quale strumento di possibile esonero
di responsabilità per la corruzione internazionale. Le pressioni del legislatore
europeo e della giurisprudenza della Corte di Cassazione, ergo dei giudizi
concreti e delle condotte di altri (o tra più) territori, permisero di cominciare
una riflessione sulle nuove fattispecie di comportamenti illeciti che
caratterizzavano le nuove forme con cui si manifestava il fenomeno corruttivo.
Il legislatore italiano è intervenuto sia per spacchettare il reato di
concussione, sia per modificare le figure di reato già esistenti, sia per inserire
inasprimenti di pena, sia per introdurre nuove figure di reato.
La ratio dell’introduzione del nuovo art. 319 quater sta quindi “proprio
nell’esigenza, più volte manifestata in sede internazionale, di evitare il più
possibile che si aprano spazi di impunità per il privato che effettui dazioni o
promesse indebite di denaro o altre utilità ai pubblici funzionari, adeguandosi
a prassi di corruzione diffusa in determinati settori”234
.
La legge soprattutto sul versante penale lascia irrisolti una serie di
problemi che impediscono di organizzare sistematicamente la lotta al
fenomeno corruttivo. Inoltre, stando al rapporto GRECO, “un fattore decisivo
che ostacola l’efficacia del regime sanzionatorio esistente riguarda la
questione della prescrizione in Italia e, più in particolare, il rischio che i
procedimenti penali per corruzione non vadano a termine perché sono
prescritti”; il rapporto si conclude con la seguente raccomandazione “al fine di
garantire che i procedimenti siano definiti prima della scadenza dei termini di
prescrizione: (i)effettuare uno studio sull’impatto che la prescrizione ha sui
234
GAROFOLI, La nuova legge anticorruzione, tra prevenzione e repressione, p. 17, rielaborazione
della relazione svolta al Convegno "Il contrasto alla corruzione: le prospettive aperte dopo la legge
6 novembre 2012, n. 190", tenuto in Corte di Cassazione il 17 aprile 2013aprile 2013.
129
procedimenti per corruzione al fine di stabilire l’entità e le cause dei problemi
che potrebbero essere identificati a seguito di tale indagine; (ii) adottare un
piano di azione specifico per affrontare e risolvere, entro tempi stabiliti, i
problemi che dovessero emergere dall’indagine; (iii) rendere pubblici i
risultati di questa attività di studio”235
.
Lasciando anche irrisolti i problemi sul falso in bilancio e
sull’autoriciclaggio, la legge 190 non ha rappresentato uno strumento di
riforma strutturale dei reati contro la P.A., ma è intervenuta esclusivamente nel
risistemare materialmente le quattro macroaree di illeciti.
Qualcosa di buono ne è comunque uscito dalle pressioni.
Se vogliamo, guardando esclusivamente ad un principio di fondo, e ad
un primo impatto educativo-sociologico (poi deviato dalla pena) la riscrittura
dell’art. 318 c.p. può rappresentare un passo in avanti , in quanto da ipotesi
minore, la corruzione per esercizio della funzione diverrà archetipo dei reati
corruttivi, cercando di “determinare” la condotta della corruzione per
asservimento, una figura che da decenni suscitava l’interesse dell’interprete, il
quale era stato chiamato a risolvere il problema del suo inquadramento
all’interno di un sistema – qual era quello delineato dal codice penale del 1930
– che è sempre stato permeato dal requisito dell’atto d’ufficio, elemento
centrale dei delitti di corruzione.236
Purtroppo, come vedremo, ci saranno
molte incongruenze con il diritto vivente e in relazione alla corruzione per
235
Rapporto del GRECO sul punto, in D. STASIO , Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N.
2/2013. Cassazione Penale 236
Cfr. MANES, L’atto d'ufficio nelle fattispecie di corruzione, in Riv. it. dir.e proc. pen, 2000, p.
925 e CINGARI, I delitti di corruzione, in Delitti contro la pubblica amministrazione, a cura di
Palazzo, ESI, 2011, p. 166.
130
asservimento, l’art. 318 c.p. si mostrerà inadatto a ricomprenderla,
insufficiente e, addirittura, controproducente.
Tale ipotesi – in passato descritta ricorrendo ad espressioni quali quella
del c.d. “pubblico ufficiale a libro paga del privato” o della c.d. corruzione “a
futura memoria”237
, è definibile come quella situazione in cui “il soggetto
pubblico viene dal privato pagato in maniera forfettaria o periodicamente, non
perché compia o ometta un determinato atto, ma perché sia disponibile a
compiere o ad omettere tutti gli atti che dovessero essere utili al privato, che lo
sovvenziona”238
.
Essa costituisce, insieme all’elaborazione dell’ipotesi di indebita
dazione di utilità ex art. 319 quater c.p. e all’introduzione dell’ipotesi di
traffico d’influenze ex art. 346 bis, una nuova collocazione dogmatica della
responsabilità penale della Pubblica Amministrazione. L’art. 318 c.p.,
precedentemente ipotesi di valenza minoritaria, che prevedeva la corruzione
impropria per atto conforme ai doveri d’ufficio, si trasforma in norma che
scolpisce i lineamenti dell’archetipo del reato di corruzione passiva, del quale
le altre incriminazioni costituiscono, ciascuna, un sottoinsieme. Una scelta
ispirata in generale ad un criterio iniziale di razionalità sistematica.
Questa legge ha delimitato le ipotesi di concussione, modificando la
struttura del reato, scindendo la costrizione dall’induzione ed eliminando
l’incaricato di pubblico servizio quale soggetto attivo qualificato dal reato
mediante costrizione (poi re-inserito con la legge 69/2015). Nella
formulazione dell’art.317 c.p. il reato poteva essere commesso esclusivamente
237
Fiandaca, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione, in Riv. it. dir. e
proc. pen., 2000, p. 883 238
Davigo, Falso in bilancio, concussione e corruzione, in Falso in bilancio, concussione e
corruzione: esperienze a confronto. Aspetti sostanziali e processuali, Manna (a cura di), Cacucci,
1998, p. 27.
131
dal pubblico ufficiale, ferme le regole del concorso dell’extraneus nel reato
proprio. È intervenuta aumentando il minimo edittale della pena detentiva da
anni quattro ad anni sei di reclusione e, come già precisato, eliminando dal
delitto di concussione la condotta per induzione con l’introduzione del reato di
cui di cui all’art. 319 quater (Induzione indebita a dare o promettere utilità).
Nella attuale formulazione, difatti, il delitto di concussione può realizzarsi solo
nella forma esplicita, attraverso una condotta costrittiva, mentre nella
previgente disposizione, costrizione ed induzione si mostravano quali condotte
alternative ed equivalenti239
. La legge ha anche introdotto, infine, l’ulteriore
figura di reato di cui all’art. 346 bis c.p.240
per le condotte lesive dei principi di
imparzialità e trasparenza dell’agire pubblico241
.
Lo sdoppiamento del reato di concussione in concussione (per
costrizione) ed induzione indebita a dare o promettere utilità, è espressione
della volontà di differenziare sia le condotte abusive, sia le stesse conseguenze
delle condotte medesime sul soggetto passivo242
.
239
DOLCINI-VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. 2012, n. ,
p. 243, 240
Art. 1, comma 75, lett. r: “Dopo l’art. 346 è inserito il seguente: Art. 346 bis (traffico di influenze
illecite). Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando
relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio,
indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come
prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico
servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di
ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a
tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio
patrimoniale.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro
o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un
pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio
di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.” 241
PAOLO IELO, Prime Note sulla Riforma dei Reati contro la P.A., Sostitutore Procuratore, Gruppo
Reati contro l’economia, Procura di Roma, in Resp. amm. soc., n. 1, 2013 242
CASARTELLI-ROSSI, Le misure anticorruzione, Torino, 2013, p. 99.
132
Nella attuale fattispecie di concussione, l’abuso del soggetto pubblico si
manifesta attraverso una condotta costrittiva satura di violenza psichica che
determina nel soggetto passivo uno stato di soggezione.
Nella induzione indebita, l’abuso del pubblico ufficiale o dell’incaricato
di un pubblico servizio, si manifesta attraverso una condotta di persuasione e
di pressione che induce il soggetto passivo ad effettuare il versamento o la
promessa, pur non essendo costretto. Da questo discende la giustificazione del
suo assoggettamento alla pena ai sensi del secondo comma dell’art. 319 quater
c.p. “Il termine costringe dell’art. 317 c.p., modificato dalla legge n. 190 del
2012, significa qualunque violenza morale attuata con abuso di qualità o di
poteri che si risolva in una minaccia, esplicita o implicita, di un male ingiusto
recante lesione non patrimoniale o patrimoniale, costituita da danno emergente
o a lucro cessante. Rientra invece nell’induzione ai sensi del successivo art.
319 quater la condotta del pubblico ufficiale che prospetti conseguenze
sfavorevoli derivanti dall’applicazione della legge per ottenere il pagamento o
la promessa indebita di denaro o altra utilità. In questo caso è punibile anche il
soggetto indotto che mira ad un risultato illegittimo a lui favorevole, salva
l’irretroattività della legge penale”243
.
Così, la concussione si distinguerebbe dalla induzione indebita dalla
differente modalità attuativa dell’abuso nonché dalla differente intensità della
pressione esercitata sul soggetto passivo244
.
È evidente in questa breve analisi della concussione la tendenza al
paternalismo dello Stato italiano, mostratasi con un legislatore che, spinto
dalle pressioni di provenienza internazionale, ha deciso, più che rivoluzionare
243
Cass. VI, 5 dicembre 2012, n. 3251, in Diritto & Giustizia, 2013, 23 gennaio 2013. 244
SPADARO-PASTORE, Il penalista. Legge anticorruzione, 2012, Milano, p. 50
133
in toto il sistema, di comportarsi come un pater familias moralizzatore,
imponendo al privato di dar fondo a tutte le sue forze per resistere alla mela
offerta dal serpente: “Giustissimo verrebbe da dire, ma poco realistico, in un
sistema socio-economico complesso, in cui il funzionario può essere anche
estremamente scaltro. […] La legge sembra esigere dalla parte spesso più
debole del rapporto con la P.A. un dovere di resistenza (sembrerebbe nella
sola induzione), ma nei confronti dei funzionari poco onesti”245
.
Come è stato giustamente fatto notare, “può sembrare un paradosso, ma
a ripercorrerla, la vicenda dell’anticorruzione (la nascita, la genesi,
l’approvazione) è tutta un grande paradosso, che ha partorito una leggina
mediocre, una bandierina da piantare sulle macerie della corruzione italiana
elevata ormai a sistema, per consentire all’ Italia, e al governo Monti, di
riscuotere comunque il plauso della comunità internazionale a prescindere
dalla concreta efficacia delle nuove norme.”246
Vediamo nello specifico l’impatto della riforma sulle corruzioni.
4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto sulla
dogmatica e sui giudizi
In ossequio alla legge Severino e al suo dettato, la nostra analisi si
svolgerà affrontando in parallelo la corruzione “funzionale” e la corruzione
propria, cercando di dedurne la corruzione per asservimento della funzione
pubblica, sul piano dogmatico e sul piano interpretativo, per comprenderne la
245
C. DI MARZIO, in op. cit, pag. 540. 246
STASIO D. Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N. 2/2013.
134
collocazione in termini di determinatezza-tassatività e tipicità, e la portata del
disvalore.
L’ Art. 1, comma 75, lett. f, l. n. 190 del 2012 ha modificato l’art. 318
c.p., rubricandolo “corruzione per l’esercizio della funzione”, per molti una
“novità concettuale importante”247
, un’inedita ipotesi di reato che da subito ha
caratterizzato l’intervento della Corte di Cassazione e non soltanto sulle
controversie di natura intertemporale.
La formulazione si presenta innanzitutto comprensiva di condotte
disomogenee che, unita all’ampia forbice edittale della pena della reclusione
da uno a cinque anni248
impone la differenziazione delle condotte nel momento
sanzionatorio. Ciò comporta una discrezionalità maggiore e quindi ancora una
volta “fiducia nel giudice”. Come è stato fatto notare, non possono evitarsi
perplessità sul piano del rispetto del principio di proporzionalità della pena
nella riunione in un’unica figura di reato di condotte connotate da un
differente disvalore astratto249
, per non parlare di come le differenti situazioni
tipizzate si riflettono sul piano dell’elemento psicologico250
. Sopravvive sul
filo del rasoio il principio di ragionevolezza praticato dal giudice251
.
L’attenzione dell’interprete si sposta dall’atto all’esercizio delle
funzioni e dei poteri. Innovativo che non ci sia alcun riferimento all’atto
legittimo adottato o ancora da adottare del pubblico agente, in netta
contrapposizione alla figura della corruzione propria. La giurisprudenza infatti
247
BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione: un primo commento, in
federalismi.it, pag. 5 ss. 248
L’art. 1, lett. e della l. 27 maggio 2015, n. 69, ha innalzato il massimo edittale della pena da cinque
a sei anni. 249
MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, E.S.I., 2012, p. 163 250
Cfr. SEMINARA, La riforma dei reati di corruzione e concussione, cit., p. 1237 251
In senso critico, cfr. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica
amministrazione, in Dir. pen. cont. riv. trim., (www.penalecontemporaneo.it), 2012, n. 3/4, p. 7 ss.
135
era arrivata ad espandere la configurabilità della corruzione impropria non
soltanto riguardo agli atti vincolati del pubblico ufficiale, ma anche con
riguardo a quelli discrezionali, sempre quando questi non si presentassero
strettamente contrari ai doveri d’ufficio252
. Concettualmente si era superata la
dicotomia tra atto illegittimo della corruzione propria e atto legittimo della
corruzione impropria253
per vera e propria necessità. Nella realtà fattuale non
era più possibile far riferimento agli atti sia per il processo di
dematerializzazione dell’evoluzione tecnologica, ma anche per via di
un’infinità di problemi pratici che emergevano dalle critiche dell’analisi
giudiziaria. Ci riferiamo in particolare ai casi gravi e frequenti caratterizzati
dalla stabilità del rapporto tra le parti, tale da non esaurirsi nel mero
compimento di un atto conforme o contrario ai doveri d’ufficio, ma
espressione di un’influenza o accordo con il privato in grado di controllare
l’intera attività del funzionario pubblico o del politico: fatti di corruzione
diventati “sistemici”, svincolati dalla periodicità della prestazione criminosa,
spesso tramite una vera e propria messa a libro paga. Si è trattato quindi di
ripensare i delitti di corruzione.
Quello che però sconvolge, oltre l’imprecisione che consente
sovrapposizione e difficoltà interpretative, come la relazione tra l’art. 318 e
l’art. 319 quater (induzione indebita)254
, è come possa questa istanza che
tende a reprimere una figura molto grave e strutturata di corruzione, a sua
volta tendente a diventare sistema, un’istanza quindi tecnicamente repressiva,
prevedere una pena minore, se appunto l’articolo non vuole reprimere solo la
252
Cass. pen. Sez. VI, 8 novembre 1996, n. 10851 ; Sez. VI, 17 novembre 1994. 253
Cfr. CINGARI, La corruzione per l'esercizio della funzione, cit., p. 406 ss. 254
RONCO, L’imputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una
riforma, in Arch. pen., 2013, fasc. 1, p. 47 ss.
136
condotta di chi ha effettuato un singolo atto in esercizio delle sue funzioni
“una sola volta” e con un pactum “eccezionale”, ma anche l’asservimento
della funzione.
Sembrerebbe tristemente giustificarsi in una concezione che ritiene
questa fattispecie, mostrandosi priva di quel riscontro materiale rappresentato
dall’atto prodotto, oggetto del pactum sceleris, come “oggettivamente meno
grave”255
, quando al contrario si può convenire che “piegare una funzione o un
servizio alla realizzazione di un interesse privato è ontologicamente più grave
che piegare a quell’interesse un atto, espressione di quella funzione o di quel
servizio, ipotesi sanzionata, con pena assai più grave, nell’art. 319”256
.
Come approfondiremo nei paragrafi seguenti, con la sentenza del 3
maggio 2013 n. 19189, i giudici della VI Sezione non hanno qualificato con
l’entrata in vigore della nuova disposizione una abolitio criminis, totale o
parziale, della previgente corruzione impropria, ma hanno precisato che si è
inteso omologare la corruzione per asservimento della funzione pubblica agli
interessi del privato alla figura della corruzione per atto conforme ai doveri
d’ufficio. In un nuovo enunciato legislativo le previgenti classi di fattispecie
sono state collegate a quelle nuove, relative ai casi in cui il pubblico ufficiale
si pone a disposizione del corruttore in violazione dei doveri di imparzialità,
onestà e vigilanza che in virtù della legge incombono su di lui257
.
255
Interpretazione confermata e approvata da SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in Dir.
Pen., 2013, cit., p. 8 ss 256
IELO, Prime note sulla riforma dei reati contro la PA, cit., p. 15 257
Cfr. PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, in Legge anticorruzione, in questa rivista,
2012, suppl. al fasc. n. 11, pag. 7; PADOVANI, La messa a “libro paga” del pubblico ufficiale
ricade nel nuovo reato di corruzione impropria, in Guida dir., 2012, n. 48, Inserto 13, p. IX ss.;
PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione. La disciplina nuova dei delitti di concussione e
corruzione, in Arch. pen., 2012, fasc. 3, p. 783 ss.; SEMINARA, La riforma dei reati di corruzione
e concussione come problema giuridico e culturale, in Dir. pen. proc., 2012, p. 1235 ss.;
ANDREAZZA-PISTORELLI, Novità legislative: l. 6 novembre 2012, n. 190 recante
137
Il pactum sceleris tra intraneus ed extraneus rappresenta, ora,
l’elemento costitutivo del reato. Esso ha ad oggetto l’esercizio dei poteri o
delle funzioni da parte del pubblico agente. Il sodalizio e gli intenti in comune
del “contratto” tra il pubblico funzionario o politico e il privato vengono
onorati con un compenso, costituito da denaro o altra utilità258
. L’accordo
anche se non compare esplicitamente nella norma è un requisito ritenuto
implicito in quanto strutturalmente non può esserci ricezione o accettazione
della promessa se non c’è un soggetto che dà o promette. Sono necessarie due
condotte corrispondenti che convergono in seguito ad un accordo espresso o
tacito.
Da questo assunto possiamo scindere la corruzione antecedente, in cui
il fatto consiste nel ricevere o accettarne la promessa per sé o per un terzo di
un compenso non dovuto, in denaro o in altra utilità, per l’esercizio della
funzione o per compiere un atto o una serie di atti del suo ufficio anche se non
determinati, dalla corruzione susseguente, dove la condotta consiste nella
ricezione, da parte del pubblico funzionario, del denaro o di altra utilità dopo
l’esercizio della funzione o del servizio, svolto senza alcuna pressione esterna
e quindi, secondo un accordo molto più tenue e incostante. È necessario citare
“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica
amministrazione”, in Dir. pen. cont., p. 2 ss.; VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore
penale. Alcune disincantate osservazioni sulla recente legge anticorruzione, in Dir. pen. cont.,
(www.penalecontemporaneo.it), p. 14 ss.; IELO, Prime note sulla riforma dei reati contro la PA, in
Resp. amm. soc., n. 1, 2013, p. 14 ss.; FORNASARI, Il significato della riforma dei delitti di
corruzione (e incidenze “minori” su altri delitti contro la P.A.), in Giur. it., 2012, p. 2690 ss.;
CINGARI, La corruzione per l'esercizio della funzione, in AA.VV., La legge anticorruzione, a cura
di Mattarella-Pelissero, Giappichelli, 2013, p. 405 ss.; BENUSSI, I delitti contro la pubblica
amministrazione, t. I, Giuffrè, 2013, p. 649 ss.; GAMBARDELLA, Dall’atto alla funzione
pubblica: la metamorfosi legislativa della corruzione “impropria”, in Arch. pen., 2013, fasc. 1, p.
51 ss. 258
Cfr. BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione, cit., p. 5 ss.; IELO, Prime
note sulla riforma dei reati contro la PA, cit., p. 16; CINGARI, La corruzione per l'esercizio della
funzione, cit., p. 408 ss.
138
anche la distinzione scolastica tra corruzione passiva, dell’intraneus che riceve
il compenso non dovuto o ne accetta la promessa, e attiva, che riguarda il fatto
dell’extraneus che dà o promette il denaro per acquistare la “parzialità” del
pubblico funzionario. È infatti proprio l’esistenza dell’accordo a scindere
molte delle figure riformate dalla istigazione alla corruzione ex art. 322
comma 1 c.p., dove l’offerta e la promessa di denaro o altra utilità non sono
accettate dall’agente pubblico. Per questo motivo la Suprema Corte ha ritenuto
sussistente la continuità normativa con le previgenti disposizioni di cui ai
commi 1 e 3 dell’art. 322 c.p. (come sostituite dall’art. 1, comma 75, della l. n.
190 del 2012), facendo salvi quei comportamenti che hanno assunto rilevanza
penale a seguito dell’introduzione della fattispecie di corruzione per
l’esercizio delle funzioni, di cui all’art. 318 c.p., per i quali non potrà
chiedersene applicazione retroattiva.
Con la riforma, il legislatore ha perfezionato le figure dei soggetti attivi.
Nell’art. 318 vengono inclusi nella figura di corrotto punibile come pubblico
agente non più solo coloro che rivestono la qualità di pubblico impiegato, ma
tutti gli incaricati di un pubblico servizio, eliminando quindi la limitazione
dell’art. 320 comma 1 c.p., ossia indipendentemente che sia legato all’ente
pubblico da un rapporto di lavoro subordinato che lo faccia entrare a far parte
dell’organizzazione stessa dell’ente in qualità di addetto all’uno o all’altro
degli apparati organizzativi: non si richiede più per la configurabilità del reato
che l’incaricato di un pubblico servizio possieda anche la qualità di un
pubblico impiegato.
139
È bene notare che gli incaricati di un pubblico servizio che non sono
pubblici impiegati qualificano una nuova incriminazione, operando il comma
1 dell’art. 2 c.p.259
.
Essendo inoltre unificate le due fattispecie di corruzione antecedente e
susseguente, si è agito anche sulla figura del corruttore privato, l’estraneo
all’ufficio260
, non essendo più possibile la soluzione legislativa prevista
dall’art. 321 c.p., secondo la quale il privato non era punibile se la retribuzione
fosse intervenuta dopo il compimento dell’atto d’ufficio, nell’ipotesi di
corruzione impropria susseguente261
, in questo modo facendo “terra bruciata”
intorno al fenomeno corruttivo, incriminando fatti spesso considerati solo
frutto di malcostume262
. Oltre all’estensione ai membri degli organi
delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati
esteri ex art. 322 bis c.p., ricordiamo che soggetto attivo può essere il
funzionario di fatto, e anche coloro che sono legalmente incaricati dall’autorità
giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza in forza della clausola di
riserva espressa del comma 2 dell’art. 2639 c.c. “fuori dai casi di applicazione
delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica
amministrazione”. Per quanto riguarda il curatore fallimentare che è un
pubblico ufficiale263
, qualora si dovesse rendere responsabile del reato di cui
259
Cfr. ANDREAZZA-PISTORELLI, Novità legislative: l. 6 novembre 2012, n. 190, cit., p. 5 ss. 260
Il soggetto che compra potrebbe essere anche un altro pubblico ufficiale, non partecipe della
funzione pubblica oggetto del pactum sceleris. 261
Cfr. PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, cit., p. 8 262
BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione, cit. p. 6 263
“L’interesse della p.a. può essere leso o posto in pericolo non solo durante il tempo in cui il
pubblico ufficiale esercita le sue mansioni ma, in base all’art. 360 c.p., anche quando il soggetto
investito del pubblico ufficio abbia perduto la qualifica, sempre però, che il fatto da lui commesso
si riferisca alle funzioni o al servizio svolto, cioè sia in qualche modo connesso con le mansioni da
lui già esercitate. Così, ad es, il curatore di un fallimento è stato ritenuto pubblico ufficiale anche
dopo l’omologazione del concordato fallimentare e fino a quando questo non sia stato
integralmente eseguito, in quanto soltanto in quel momento vengono a cessare i compiti di natura
140
all’art. 228 l.f. (interesse privato del curatore negli atti del fallimento), si
applicheranno le sole norme sulla corruzione in forza dell’espressa clausola
dell’articolo menzionato “salvo che al fatto non siano applicabili gli artt.
317,318, 319, 321, 322, e 323 del codice penale”, se il fatto consiste in un
vero e proprio pactum sceleris avente ad oggetto l’esercizio della funzione
svolta.
Dato che l’accettare una promessa presuppone l’altrui promettere, la
dazione e la promessa devono trovarsi in rapporto causale. La dazione è
definita come il trasferimento di un bene dalla sfera di disponibilità di un
soggetto a quella di un altro; la promessa è un qualsiasi impegno ad eseguire
una prestazione futura, con requisiti di serietà, esistenza di destinatario e
suscettibile di attuazione. La promessa non ha qui significato e forma
civilistica , nel senso di “dichiarazione unilaterale idonea a produrre effetti
obbligatori”, bensì il significato usuale di “impegno ad eseguire una
prestazione futura”. Non è rilevante l’eventuale riserva mentale del privato al
momento di promettere o consegnare il denaro o l’utilità, cioè se all’atto di
prestare la promessa, sia deciso a non mantenervi fede. La promessa vale per il
suo significato oggettivo e il suo adempimento non rientra fra gli elementi
costituitivi del reato.
pubblica derivanti dalle sue funzioni. Allo stesso modo il testimone è stato ritenuto pubblico
ufficiale e conserva tale sua qualità finché il processo non si esaurisce per effetto del passaggio in
giudicato della sentenza.” C. BENUSSI, Diritto penale della Pubblica Amministrazione, Wolters
Kluwers, 2016, cit. p. 31.
141
4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso
Con l’art. 318 c.p. si punirebbe l’esercizio, parziale e messo in vendita,
delle funzioni e dei poteri del pubblico funzionario. La “funzione” denota
l’attività dei pubblici poteri il cui sbocco giuridico prescinde dell’emanazione
di un atto264
, ma che designa pertanto, all’interno dell’area precettiva dell’art.
318 c.p., l’insieme delle attività e compiti attribuiti dalla legge al pubblico
funzionario. Il “potere” indica l’attività posta in essere da un agente pubblico
all’interno della gamma dei fini pubblici indicati dalla legge. In questo senso,
la titolarità del potere non appartiene in via generale e astratta a tutti i soggetti
dell’ordinamento, ma soltanto a quelli individuati dalla norma attributiva del
potere e si esercita mediante la produzione di un atto tipico.
Con l’inciso “per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri” si
comprende allora qualsiasi atto che costituisca concreto esercizio di poteri
inerenti all’ufficio ricoperto dal pubblico agente e, quindi, anche un qualsiasi
comportamento materiale, attivo od omissivo, posto in essere dal pubblico
funzionario, nell’esercizio delle sue mansioni come, ad esempio, la
sostituzione di una pratica. Questa nozione ingloba oltre che pareri e proposte,
anche gli atti di diritto privato della p.a. attinenti all’ufficio o al servizio
svolto. Come abbiamo detto, la riforma ha spostato l’attenzione dall’atto
all’esercizio delle funzioni: la prova del fatto non richiede l’individuazione
dell’atto specifico, prestazione della promessa o dell’offerta, ma
l’accertamento dell’esistenza della promessa e della dazione che sia avvenuta
in ragione delle funzioni esercitate dal soggetto pubblico e dei conseguenti
264
GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Giuffrè, 1988, p. 445 ss.; GUASTINI, La sintassi del
diritto, Giappichelli, 2011, p. 339 ss.
142
favori oggetto della pattuizione, ergo la prova della sussistenza di un nesso
causale tra la funzione o il servizio svolto e la promessa o dazione indebita del
denaro o altra utilità. Si tratta di reato proprio funzionale, quindi si richiede
che l’attività del mercimonio rientri nella competenza o nella sfera di
influenza dell’ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto, nel senso che
occorre che sia “espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione”265
esercitata. Rileva, quindi, la condotta considerata nel suo complesso, come
rilevano quelle situazioni in cui l’intraneus viene trovato iscritto nel libro paga
di gruppi imprenditoriali, o risultano esserne stati comprati i servigi a futura
memoria. Sembra quindi accertato il cambiamento dogmatico e
conseguentemente sanzionatorio della riforma anche sull’equiparazione: viene
equiparata la corruzione per l’esercizio della funzione alla più grave figura di
asservimento, più o meno duraturo, della pubblica funzione a interessi privati.
L’unica nuova disposizione sembra investire sia l’asservimento, in tutto
o in parte, della funzione sia il baratto di un atto o di una serie di atti conformi
al dovere di ufficio, determinati o meno, sia atti contrari ai doveri di ufficio
non esattamente individuati e caratterizzati dalla violazione da parte
dell’intraneus oltre che di un dovere specifico dell’ufficio (compresi gli ordini
e le istruzioni ricevute) anche di un dovere istituzionale generico, come la
segretezza, la fedeltà, l’obbedienza, la correttezza, etc. L’attività promessa o
realizzata dovrebbe rientrare nella competenza funzionale del pubblico
ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio e rappresentare
l’esplicazione dei poteri inerenti all’ufficio o al servizio compiuto. Non è
necessaria la competenza specifica del funzionario, essendo sufficiente che
l’attività compravenduta rientri nella competenza “generica” dell’ufficio al
265
Cass. pen. , Sez. IV, 4 maggio 2006, n. 33435.
143
quale lo stesso appartiene, anche se non espressamente investito di quelle
specifiche mansioni. Sarà sufficiente che l’agente si trovi, per ragioni del suo
ufficio, nella concreta possibilità o di compiere personalmente quell’attività
per la quale ha accettato l’utilità o la promessa, o di influire positivamente su
di essa e/o di esercitare una qualche forma di ingerenza, anche se meramente
“di fatto”. Rimane esclusa dalla portata della norma l’attività compiuta
semplicemente in occasione dell’ufficio, che viene svolta a margine o
collateralmente o in concomitanza con le attività di ufficio, come anche
l’attività compiuta in relazione all’autorevolezza o al prestigio derivatogli
dalla carica rivestita. Deve quindi escludersi il reato di corruzione passiva nel
caso in cui il pubblico ufficiale prometta o ponga eventualmente in essere il
suo intervento prezzolato, avvalendosi della sua qualità, senza che detto
intervento comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o
sia in qualche maniera a questi collegabile.
Ai sensi dell’art. 319 c.p., invece, il compenso deve essere dato o
promesso all’intraneus per: a) omettere o ritardare un atto dell’ ufficio; b)
compiere un atto contrario ai doveri di ufficio. Viene quindi considerato uno
specifico atto di ufficio, con i dubbi che conseguono interpretando tale atto
come ogni concreto esercizio di poteri inerenti all’ufficio. L’omissione, il non
compimento, e il ritardo, compimento dopo la scadenza del termine,
costituiscono di per sé atti contrari ai doveri di ufficio.
Altra difficoltà a cavallo tra le fattispecie è la definizione di atto
d’ufficio discrezionale, potendo scegliere il p.u. tra più comportamenti
giuridici e in ordine all’ an, quid, quomodo, quando. La dottrina ha cercato di
regolamentare la discrezionalità imponendo a questi atti il soddisfacimento
dell’interesse pubblico e il giusto perseguimento della “causa” del potere, e il
rispetto dei principi di logicità e imparzialità. Si ritenga che rientri nell’art.
144
319 c.p. l’atto discrezionale viziato, secondo i canoni del diritto
amministrativo, da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. In
particolare, l’eccesso di potere persegue un interesse diverso da quello
pubblico ovvero una causa diversa da quella assegnata al potere esercitato,
viola un precetto di logica e imparzialità, si lascia fuorviare da un vizio di
imparzialità, che può essere errore, dolo o violenza morale. La Corte
Costituzionale già da tempo ha affermato che il sindacato del giudice penale
riguarda tutti i tipici vizi dell’atto amministrativo, compreso, quindi, l’eccesso
di potere266
.
Il discrimine tra gli art. 318 e 319 c.p. sembrerebbe evidente.
Sicuramente è esclusa la teoria della motivazione che, valorizzando
l’atteggiamento psicologico dell’agente, configura la corruzione propria
quando il pubblico ufficiale contraente si sia lasciato motivare dal compenso
concordato o percepito. Un processo motivazionale interno non può
trasformare un atto da conforme a contrario.267
Si avrebbe invece corruzione propria se il privato offre denaro o altra
utilità al soggetto pubblico o per indurlo a esercitare il potere discrezionale in
modo difforme da quello suggerito dall’equilibrata valutazione disinteressata
della situazione concreta o perché rinunci ad una valutazione comparativa
degli interessi, indipendentemente dalla circostanza che l’atto poi emanato
coincida con quello che sarebbe stato emesso in assenza del patto corruttivo.
L’importante sentenza Lockheed, confermando la responsabilità ex art.
319 c.p. aveva affermato: “il comportamento complessivo dell’imputato
dimostra che … egli sin dal maggio 1970 aveva promesso di rimuovere e
266
Corte Costituzionale 8 luglio 1971, n. 168, in Giust.Pen., 1972, I, 50. 267
Cfr. C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., p. 303.
145
superare ogni ostacolo che si frapponeva o si sarebbe nel futuro
eventualmente frapposto all’acquisto dei 14 aerei C130. Con ciò egli
evidentemente rinunciava preventivamente alla valutazione comparativa degli
interessi contrapposti”, quindi i corruttori “erano ben consapevoli che i
corrotti si impegnavano preventivamente, contro i doveri del loro ufficio, a
non esercitare quel potere di libero apprezzamento dei contrapposti interessi
che era inerente alle loro funzioni”268
.
Il pubblico funzionario che, potendo scegliere fra più linee di condotta,
sceglie quella che assicura il vantaggio del privato che, comprandolo, lo ha
spinto a privilegiare la propria posizione, per violazione del dovere d’ufficio
dell’esclusiva ricerca dell’interesse pubblico, sarebbe condannabile ex l’art.
319 c.p. sulla base che l’atto non trova causa determinante nell’interesse
pubblico ma nell’interesse privato.
Ritornando all’art. 318 c.p., la prova dell’accordo criminoso deve
essere deducibile dall’insieme delle modalità dei fatti accertati nel processo,
senza la necessaria dimostrazione di un accordo localizzato nel tempo e nello
spazio, e senza una necessaria forma specifica, potendo essere anche solo
verbale.
Emerge la differenza fondamentale con la previgente figura della
corruzione impropria, che richiedeva che la dazione di denaro o altra utilità
rilevassero se e in quanto avessero assunto il carattere della “retribuzione”, il
ruolo di corrispettivo per il compimento di un atto d’ufficio o per l’atto già
compiuto dal pubblico funzionario269
. La retribuzione inglobava una
268
Corte Cost. integrata 2 agosto 1979,n. 221, in Cass. Pen., 1979, 1368. 269
Il previgente art. 318 c.p. (corruzione per un atto di ufficio) disciplinava il fatto del pubblico
ufficiale che, per compiere un atto del suo ufficio, riceveva, per sé o per un terzo, in denaro od altra
utilità, una retribuzione che non gli era dovuta, o ne accettava la promessa, punito con la reclusione
146
concezione di punibilità possibile per chi svolge il proprio dovere solo se
l’utilità e il denaro versato dal privato avessero avuto una consistenza tale da
poterlo considerare “retributivo” dell’atto. La Corte di Cassazione si era
espressa, precisando già che il concetto di proporzione riguardava soltanto la
corruzione impropria, e si riferiva alla “retribuzione non dovuta” per il
compimento di un atto dell’ufficio, e non pure la corruzione propria relativa al
compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio, ipotesi, questa, in cui non
si faceva riferimento al concetto di “retribuzione”, essendo sufficiente che la
ratio fosse correlata all’atto contrario ai doveri di ufficio che il pubblico
ufficiale doveva compiere o aveva compiuto270
.
Anche se vi è il superamento dell’elemento della “retribuzione” non si
consente di conferire eterogeneità alla fattispecie. Esso denotava la
caratteristica di “corrispettivo” nello scambio, nel contratto criminale, al quale
conferire il carattere della proporzione. Per incontrare il riscontro
giurisprudenziale, esso “deve essere inteso nel senso di mancanza di
sproporzione manifesta tra la prestazione del privato e quella del pubblico
ufficiale”271
.
Col passaggio dalla corruzione “impropria” alla corruzione
“funzionale”, non dovendosi più parametrare la condotta all’atto, è venuta
meno anche la necessità di conservare tale requisito, richiedendosi soltanto la
ricezione o l’accettazione della promessa di “denaro o altra utilità”, dai quali
saranno esclusi i piccoli donativi ex art. 1 comma 4 l.n. 190/2012 che, nel
disciplinare il Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceveva la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già
compiuto, la pena era della reclusione fino a un anno. 270
Cass. Pen., Sez. Un., 24 gennaio 1996, n. 2780.. 271
Cass. Pen., Sez. VI, 9 febbraio 1994, n. 4072; Sez. VI, 26 settembre 1989, n. 16837; Sez. II, 21
novembre 1983, n. 3264, in C.E.D. Cass., n. 163610.
147
amministrazioni fa salvi i regali d’uso purché di modico valore e nei limiti
delle normali relazioni di cortesia. Questo però sembrerebbe più che
“risolvere” a livello penale, “determinare indeterminatezza”, con violazione
del principio di legalità. Ad essa sembra essere preferibile un’automatica
interpretazione conforme alla Costituzione, al principio di offensività, che
esige che si estromettano dal tipo legale i fatti inoffensivi del bene protetto,
quindi parametrando i munuscula alla struttura del fatto “dentro” al bene
giuridico protetto.
Per quanto riguarda l’esistenza di un’obbligazione non ancora
adempiuta dal privato nei confronti del pubblico funzionario, che subordina
l’esercizio della sua funzione per favorire l’adempimento dell’obbligazione, si
qualifica abuso di ufficio e non corruzione. La corruzione si qualificherà se il
privato condizionerà l’estinzione della sua obbligazione al compimento
dell’attività richiesta e il pubblico ufficiale accetterà la condizione, vendendo
la sua funzione.
Infine è necessario ricordare che oggetto materiale è il denaro o altra
utilità. Il denaro è la moneta metallica, il biglietto di Stato, il biglietto di
banca, avente corso legale in Italia o all’Estero, il che non la qualifica come
un’espressione pleonastica, ma apporta chiarezza perché comprende non solo
la moneta, ma anche le carte di pubblico credito che, agli effetti della legge
penale, vengono equiparate al denaro in forza dell’art. 458 c.p.
L’utilità comprende qualunque bene o prestazione che possa
rappresentare un vantaggio per un pubblico ufficiale, che abbia o meno un
valore patrimoniale. È da escludersi che l’utilità possa comprendere
esclusivamente un vantaggio patrimoniale o almeno materiale perché non
idonea ad integrare la controprestazione per il compimento dell’atto. In questo
modo potranno costituire utilità anche mutui, fideiussioni, restituzioni di un
148
debito, viaggi gratuiti, etc. La Cassazione ha fatto ricomprendere anche i
vantaggi sociali con ricadute patrimoniali mediate e indirette, come le
sponsorizzazioni, e anche le prestazioni sessuali. Negli ultimi anni i metodi
impiegati, soprattutto per la dazione di denaro al pubblico ufficiale, si sono
evoluti in maniera sofisticata: dalla consegna brevi manu si è passati alla
creazione di provviste di denaro mediante l’utilizzo di fatture relative ad
operazioni inesistenti oppure il pagamento di compensi per presunte
consulenze, il rimborso di spese elettorali, di viaggio o di rappresentanza, il
ricorso a meccanismi di triangolazioni tattiche a favore di parenti, etc. Il
denaro può essere ricevuto dal pubblico funzionario per sé o per un terzo. La
condotta rimane quindi “tipica” anche se il denaro o l’utilità siano consegnati
ad un’altra persona fisica o giuridica.
4.1. b. Segue: dolo
Nel caso della corruzione per l’esercizio della funzione antecedente, la
qualità di pubblico agente deve sussistere nel momento in cui il fatto tipico è
commesso. Ex art. 360, invece, la corruzione susseguente è configurabile
anche dopo la cessazione della carica. La corruzione antecedente si
concretizza nell’ipotesi di accordo tra pubblico agente e privato per la
compravendita di un atto che deve essere ancora compiuto; con la seconda
ipotesi di corruzione susseguente, invece, si intende la compravendita che ha
ad oggetto un atto già compiuto. Tuttavia, la nuova presentazione dell’art. 318
c.p. farebbe assumerne un nuovo ruolo alla preposizione “per”, che
149
permetterebbe di eliminare ogni riferimento al superamento, anche parziale,
dell’ipotesi di corruzione impropria susseguente272
.
Anche in relazione a questo, ci si è chiesti se la preposizione “per”
all’interno della nuova formulazione dell’art. 318 c.p. vada intesa in senso
finalistico o causale: concludendo nel senso che se si accogliesse la prima
soluzione ermeneutica, confortata dai lavori parlamentari, saremmo al cospetto
di una abolitio criminis parziale per quanto concerne la corruzione impropria
susseguente dell’agente pubblico273
. La preposizione “per” può assumere una
connotazione di “causa”, per coloro che collegano l’indebita dazione di denaro
o altra utilità o la sua promessa, all’esercizio della funzione o del potere da
parte dell’agente pubblico, che li sta esercitando, o li ha esercitati274
, oppure
una connotazione di “finalità”, che determina il presupposto della
remunerazione indebita o la sua promessa: oggetto di tale accordo è il mero
esercizio delle sue funzioni o poteri.
In questo modo possiamo qualificare due forme di dolo differenti a
seconda che si verifichi corruzione per l’esercizio della funzione antecedente o
susseguente: nel primo caso avremo la configurazione del dolo specifico, in
quanto la pattuizione correttiva deve essere “mezzo” per raggiungere lo scopo,
rappresentato dall’esercizio delle funzioni o dei poteri, scopo il cui effettivo
conseguimento è irrilevante per la consumazione del reato; nel secondo caso
avremo la configurazione del dolo generico, mancando lo scopo al quale sono
finalizzate le azioni del corruttore o del corrotto, e consisterà nella
rappresentazione e volontà di accettare il pagamento o la promessa, per
272
Cfr. CINGARI, La corruzione per l’esercizio della funzione, cit., p. 412 ss.; BENUSSI, I delitti
contro la pubblica amministrazione, cit., p. 653 273
MONGILLO, La corruzione tra sfera interna, cit., p. 166. 274
Cfr. in tal senso PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. IX,
150
l’intraneus, e di dare o promettere denaro o altra utilità come compenso per
l’avvenuto esercizio delle funzioni o dei poteri in favore dell’extraneus. In
base all’art. 47 c.p. ultimo comma il reato è escluso dall’errore del pubblico
funzionario sul carattere indebito del denaro ricevuto, in quanto errore su
legge extra penale che ricade sul fatto: tra gli elementi del fatto compare come
elemento essenziale, infatti, il carattere “indebito” della dazione o della
promessa. Ugualmente, nella corruzione propria antecedente avremo dolo
specifico. Dolo generico nella corruzione propria susseguente, insieme alla
consapevolezza che l’atto è contrario ai doveri di ufficio che, al contrario,
caratterizzerà errore su norma extra-penale e corruzione per l’esercizio della
funzione.
4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze
Nelle corruzioni, il delitto si consuma nel luogo e nel momento in cui
interviene l’accordo, ossia nell’accettazione della promessa o della
retribuzione, non richiedendosi che la promessa sia eseguita o il denaro
consegnato. Questo accadimento seguente qualifica a pieno titolo il fatto
lesivo penalmente rilevante, segnando il momento consumativo sostanziale del
reato275
. Si deduce che la corruzione è stata costruita secondo uno schema a
forma contratta: in particolare, in cui la forza terminologica della sospensione
dell’atto è dato dalla parola “promessa”, e secondo uno schema principale, con
il ricevimento del denaro e dell’utilità, che rappresenterebbe la figura madre
della corruzione. La sua sottofattispecie si configura invece con l’accettazione
della promessa, che il legislatore ha voluto sanzionare al pari della ricezione,
275
C. BENUSSI, Diritto penale della Pubblica amministrazione, p. 280.
151
anticipando la soglia di punibilità a fini repressivi tempestivi: punire in primo
luogo il fatto della dazione e in via sussidiaria la promessa accettata e non
mantenuta. Secondo dottrina, le norme sulla corruzione andrebbero così lette:
il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri
(art. 318) o per omettere, ritardare o per compiere un atto contrario ai suoi
doveri (art. 319) riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, è punito
…; le stesse pene si applicano anche nel caso di accettazione della promessa
non mantenuta276
. A rigor di logica, nell’ottica di una repressione oltre che
tempestiva anche effettiva, il legislatore sarebbe dovuto intervenire, sul
modello della disciplina dell’art. 644 ter per il delitto di usura, spostando il
dies a quo del termine di decorrenza della prescrizione dal momento in cui si
perfeziona il pactum al ricevimento del denaro.
Prima della riforma del ‘90, che introdusse nel nostro sistema anche il
delitto di istigazione alla corruzione attiva, la configurabilità del tentativo nei
delitti di corruzione era un problema relativo al solo tentativo di corruzione
passiva: il tentativo di corruzione attiva si riteneva regolato dall’art. 322 c.p.
che , anche oggi, punisce l’extraneus che offre o promette denaro o altra utilità
al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio, per l’esercizio delle
sue funzioni o dei suoi poteri qualora l’offerta o la promessa non sia
accettata277
. Essendo state introdotte, dopo la riforma del ‘90, pene specifiche
per il pubblico funzionario che solleciti la promessa o la dazione di denaro o
276
Ivi, p. 281. 277
La dottrina tradizionale propendeva per l’esclusione del tentativo in generale, configurandosi al
massimo in trattative iniziate e non concluse con la conseguenza che, nel caso in cui la condotta si
fosse arrestata al compimento da parte del solo intraneus di atti idonei diretti in modo non
equivoco a ottenere la dazione o la promessa da parte dell’extraneus non si sarebbe potuto
ipotizzare il tentativo. A questo veniva obiettato che il nostro ordinamento le norme sul tentativo
non richiedono che gli atti idonei e non equivoci siano posti in essere da tutti i concorrenti
necessari del reato plurisoggettivo. Cfr C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., p. 282.
152
altra utilità da parte di un privato, la dottrina ha escluso che possa essere
configurato il tentativo di corruzione passiva.
L’esclusione del tentativo fa venir meno anche la configurabilità della
desistenza.
Per quanto riguarda le circostanze, sono applicabili alcune aggravanti e
attenuanti comuni e le attenuanti speciali ex art. 323 bis e per l’art. 319,
l’aggravante speciale dell’art. 319 bis c.p.. Essendo indiscutibilmente la
corruzione un delitto determinato da motivi di lucro, dalla venalità del
pubblico ufficiale, sarà applicabile l’aggravante prevista dall’art. 61, n. 7,
inerente la gravità del danno patrimoniale. La Corte Costituzionale, nella
sentenza relativa all’affare Lockheed, si è pronunciata a favore della
configurazione di un danno patrimoniale di rilevante gravità, purché a
risentirne sia la persona offesa e, quindi, la p.a.278
. Del pari sarà applicabile
l’attenuante ex art. 62 n. 4, soprattutto a seguito dell’art. 2 della l. 7 febbraio
1990 n. 19 che ha ampliato la portata dell’attenuante ai delitti determinati da
motivi di lucro. Nel caso in cui ricorra la circostanza ad effetto speciale
prevista dall’art. 323 bis co. 2 sarà possibile applicare la causa di non
punibilità della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis.
La giurisprudenza dell’art. 319 c.p. ritiene che l’aggravante del nesso
teleologico di cui all’art. 61 n. 2 c.p. non sia configurabile rispetto ad illeciti
penali, come l’abuso di ufficio, l’omissione di rapporto, rivelazione di segreti,
che alla corruzione sono legati da un immediato rapporto esecutivo, in forme
intrinsecamente espressive della violazione dei doveri di ufficio. Circostanza,
al contrario che potrà essere applicata a quegli illeciti penali come concorso in
contrabbando, nel falso, nell’associazione per delinquere, che pur
278
Cort. Cost. integrata 2 agosto 1979, n. 221, in Cass. Pen., 1979, 1368.
153
indirettamente e in via mediata derivanti dal fatto corruttivo, si pongano oltre
forme tipiche direttamente esplicative della violazione degli stessi doveri.
Inoltre, per l’incompatibilità con un reato a concorso necessario e non
potendo ricorrere in presenza di fatto doloso del coautore del reato, ma solo
quando ricorre “il fatto doloso della persona offesa”, che nella corruzione
propria è soltanto la p.a., è esclusa la circostanza attenuante del concorso del
fatto doloso della persona offesa ex art. 62, n.5.
5. Il concorso di persone e i rapporti con altre figure di reato
Chi istighi il pubblico funzionario ad accettare denaro, utilità o
promessa, risponderà di concorso in corruzione, non diversamente da chi
istighi il privato a promettere o a dare il denaro al pubblico ufficiale, contando
poco che i veri interessati al pactum siano non tanto gli autori del pactum
stesso, ma gli istigatori, interesse che rileverà soltanto ai fini della
commisurazione della pena. Se pensiamo ad un permesso a costruire o ad un
appalto, l’istigatore nell’ombra è il vero destinatario dell’atto in oggetto. Ciò
non toglie che la sua responsabilità lo inquadrerà sempre nella fattispecie di
istigatore, mentre il suo emissario occuperò quello di autore. Nel momento di
commisurazione della pena, il giudice potrà analizzare e penalizzare il
“motore” e beneficiario della compravendita della pubblica funzione.
L’attenuante della minima partecipazione può manifestarsi ad esempio,
nei casi di atti compiuti mediante delibere collegiali, per l’aggravante di cui
all’art. 112 n. 1. Naturalmente è possibile che sia corrotto solo un membro del
collegio.
Soltanto la pluralità di accordi corruttivi permette la qualificazione di
pluralità di reati. Se un solo accordo riguarda il compimento di più attività, il
154
reato rimane unico, così come rimane unico se alla promessa segua poi
l’effettiva dazione, che qualifica la corruzione come fattispecie delittuosa a
condotta mista alternativa, che permette la sua manifestazione nella realtà
fattuale in più forme restando unica la violazione. Se il patto ha come oggetto
il mercimonio dell’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico
funzionario, ma segue il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio,
in base al principio di specialità si applicherà la corruzione propria.
Nella corruzione propria, se l’azione corruttrice si arresta allo stadio
dell’intermediazione, l’intermediario potrà rispondere tanto a titolo di
concorso morale in corruzione propria, come nel caso in cui abbia fatto
nascere o rafforzare il proposito criminoso dell’esecutore materiale mediante
parole e/o comportamenti suscettibili di essere considerati e valutati come
contributo causale alla realizzazione dell’evento , quanto a titolo di concorso
materiale, come nel caso in cui agevoli fattivamente, con un provato
contributo causale, il conseguimento dell’obiettivo finale.
Sul ruolo dell’intermediario, la semplice percezione di somme ingenti
di denaro sine titulo non è sufficiente ad addebitare il concorso in corruzione e
quindi al pubblico funzionario, potendo essere di fronte ad una condotta di
millantato credito o traffico di influenze illecite.
In tema di concorso anomalo, la giurisprudenza ha affermato che la
prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal
concorrente va effettuata in concreto, con riferimento alla personalità
dell’imputato e alle circostanze ambientali nelle quali si svolge l’azione. “In
questa prospettiva, non può essere considerata imprevedibile dal concorrente
corrotto l’ipotesi retrospettiva di una pregressa attività di induzione o
coercizione del correo dal momento che il concorrente –pubblico ufficiale che
accetta denaro da un privato sa perfettamente che sta commettendo un reato,
155
sicché, con tale sua condotta, egli aderisce consapevolmente alla pregressa
condotta del correo che ha determinato l’esito sfociato nel pagamento, sia che
esso sia qualificabile come concussione che come corruzione”.279
A rafforzare il complesso collegamento interpersonale tra corruttore e
corrotto, sia sul pactum che sulla stessa organizzazione delinquenziale, la
giurisprudenza ha ritenuto ipotizzabile l’esistenza del vincolo associativo di
cui all’art. 416 c.p.
Per quanto riguarda i reati di corruzione e truffa aggravata commessi
dal pubblico funzionario, colui che da o promette, nella corruzione, non è
vittima di un errore ed agisce su un piano di parità con l’intraneus nel
concludere il negozio giuridico illecito. È senz’altro ipotizzabile il concorso
(es. un artificio alla base o idoneo a completare il pactum).
Tra il delitto di favoreggiamento personale e quello di corruzione
propria si ritiene sussistente il concorso di reati, tutelando le norme beni
giuridici diversi, come nel caso di condotta contraria ai doveri di ufficio e con
tale condotta aiuti taluno, dopo che fu commesso un delitto punito con la
sanzione detentiva, ad eludere le investigazioni o le ricerche dell’autorità.
Ancora, è possibile il concorso tra finanziamento illecito ai partiti e
corruzione: il bene giuridico, da un lato, è il buon andamento della p.a,
dall’altro la tutela del metodo democratico.
Il delitto di corruzione propria concorre con l’art. 353 c.p., a tutela della
libera concorrenza e garanzia degli interessi della p.a., non assorbendone
l’intero disvalore del fatto.
La differenza tra millantato credito e corruzione è abbastanza netta.
Viene qui punita la “condotta mistificatrice” idonea a screditare la pubblica
279
C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., cit. p. 310.
156
amministrazione, vantando un potere di influenza in realtà inesistente o
esistente in dimensione minore rispetto al rapporto “magnificato”. Essendo il
bene la tutela dell’onore e del prestigio della p.a., non viene punito il
compratore, colui che accetta, vittima di un raggiro, una truffa ai suoi danni.
5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite
Per quanto riguarda il reato di cui all’art. 346 bis c.p., questo si fonda
sulla compravendita non già di un atto dell’ufficio o della funzione pubblica,
bensì di un’attività di influenza indebita: si punisce la condotta di chi dà o
promette denaro o altro vantaggio patrimoniale ad un pubblico funzionario o a
qualsiasi altra persona perché, sfruttando le relazioni esistenti e reali e, quindi,
non millantate con l’intraneus, possa esercitare un’indebita influenza su
quest’ultimo per fargli compiere un atto contrario ai doveri di ufficio od
omettere o ritardare un atto del suo ufficio. La condotta rientra nei delitti dei
privati contro la p.a.
Questa fattispecie, sollecitata dalla dottrina, introdotta in adempimento
degli obblighi di incriminazione provenienti dall’art. 18 della convenzione
ONU contro la corruzione, era prevista nella c.d Proposta di Cernobbio,
elaborata nel contesto di Tangentopoli da parte di un gruppo di magistrati della
Procura della Repubblica di Milano unitamente ad alcuni avvocati e docenti
universitari, nonché nel d.d.l. n. 3286 presentato alla Camera dei Deputati il 4
dicembre 2007, di ratifica della Convenzione penale del Consiglio d’Europa
sulla corruzione firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1999, fino ad arrivare al
d.d.l. N 4434, che verrà trasformato in legge 6 novembre 2012 n. 190.
Fondandosi sulla compravendita di un’attività di influenza indebita sul
pubblico funzionario, non può essere ricondotta né alla tipicità dei delitti di
157
corruzione né a quella del millantato credito. Si pensi al soggetto che, venuto a
conoscenza delle difficoltà di Caio per l’apertura di un esercizio commerciale
a causa di un’insufficiente metratura del locale, si dichiari disposto ad aiutarlo
per fargli ottenere l’autorizzazione, affermando di conoscere molto bene
Sindaco e Assessore al commercio, garantendogli che, dietro il pagamento di
una somma, potrebbe eliminare ogni ostacolo. Sempre rispetto alla vendita di
fumo del millantato credito (che per questo motivo non punisce il privato) la
norma in esame va ad ampliare, con molto ritardo, l’area del penalmente
rilevante: il residuo e ristretto ambito dell’art. 346 c.p. viene completato con la
nuova norma al fine di introdurre un reato che ostacola la corruzione, e che
permette di punire il mediatore ed il privato.
La norma, da tempo presente in vari ordinamenti europei, mira a punire
la condotta di chi versa e/o riceve denaro o altri vantaggi di natura
patrimoniale per far compiere un’attività illecita di favore sfruttando le reali ed
effettive relazioni esistenti con il pubblico ufficiale competente ad emanare
quel determinato atto contrario ai doveri di ufficio. Al pari della corruzione e a
differenza del millantato credito, la fattispecie è improntata quindi su un
rapporto sinallagmatico, di scambio tra chi indebitamente da o promette
denaro o altro vantaggio patrimoniale e chi offre la propria mediazione illecita
e riceve l’indebito compenso per influenzare le decisioni dell’intraneus.
Nessun rapporto diretto sorge tra il privato e l’intraneus che deve compiere
l’atto cui aspira il privato.
Il reato in questione tende a punire una corruzione più sofisticata,
attuata mediante triangolazione, dove si inseriscono:
1) il soggetto che acquista l’influenza, dando o promettendo denaro o altro
vantaggio patrimoniale;
158
2) il mediatore o l’intermediario che, sfruttando i suoi rapporti, relazionali
in genere, con la pubblica amministrazione, offre la propria mediazione
illecita e riceve l’indebito compenso per influenzare le decisioni
dell’intraneus, facendogli adottare l’atto contrario ai doveri d’ufficio o
omettere/ritardare l’atto d’ufficio
3) il titolare delle pubbliche funzioni o del servizio pubblico dal quale si
vorrebbe ottenere il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio
oppure l’omissione o il ritardo di un atto di ufficio.
Il pactum sceleris, l’oggetto del disvalore, mette in pericolo il corretto e
trasparente esercizio della pubblica funzione e l’imparzialità della p.a. La
norma reprime atti preparatori rilevanti o prodromici alla corruzione che, per
la loro equivocità e/o per la loro inidoneità a determinare un pericolo attuale
per il bene tutelato, non raggiungono neppure la soglia del tentativo.
Soggetto attivo è qualsiasi privato cittadino. Se l’agente riveste la qualità di
pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio ricorre l’aggravante del
secondo comma: i soggetti sono i filtri tra corrotto e corruttore che compiono
affari illegali per conto di uno o più imprenditori privati con la p.a., concetto
che permette di punire anche il privato che paga o promette.
La condotta tipica è configurata in due forme alternative e concorrendo
entrambe, qualificano unicità di reato: condotta del farsi dare o promettere
denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della mediazione illecita o
come mezzo per remunerare l’intraneus, con l’evidente intento del legislatore
di tipizzare la condotta di chi guadagna con la mediazione e reprimere i traffici
illeciti prodromici alla corruzione per il caso che l’accordo corruttivo non si
perfezioni. In questo modo avremmo istigazione alla corruzione se il
mediatore successivamente promette o da denaro o altro vantaggio
patrimoniale all’intraneus con mancata accettazione, o corruzione consumata
159
nel caso di accettazione. Se invece, qualora l’intraneus, mosso solo
dall’amicizia che lo lega al mediatore, gratuitamente favorisca il privato
raccomandatogli, procurandogli intenzionalmente un vantaggio ingiusto con
una condotta in violazione di norma di legge o regolamento, si configurerà il
reato di abuso di ufficio, addebitato al titolo di concorso al mediatore e
all’extraneus favorito.
La dazione o la promessa di denaro o altro vantaggio patrimoniale
potranno assumere i connotati patrimoniali più variegati. Al di là delle
definizioni di dazione, promessa e denaro già affrontati supra, rileva qui la
definizione di vantaggio patrimoniale, che non lascia spazio alcuno di
comprensione sulla voluta esclusione del termine utilità. Il vantaggio
patrimoniale è da intendersi come utilità suscettibile di valutazione economica,
nozione riferita al complesso dei rapporti giuridici a carattere patrimoniale.
Per la Cassazione non sarebbe, ad esempio, vantaggio un singolo esame
universitario, ma il superamento di un esame di concorso funzionale al
conseguimento di un posto di lavoro o all’esercizio di una professione280
. In
altre pronuncia invece la giurisprudenza ha precisato che il requisito del
vantaggio patrimoniale deve essere riferito al complesso dei rapporti giuridici
a carattere patrimoniale e sussiste, pertanto, non solo quando l’abuso di ufficio
sia diretto a procurare beni materiali o altro, ma anche quando sia volto a
creare un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui
nel cui interesse l’atto è stato posto in essere. È stato così ravvisato nelle
seguenti ipotesi: illegittima attribuzione a dipendenti pubblici di un posto di
lavoro o di un’attività lavorativa retribuita o di una qualifica superiore non
spettante al soggetto; abusivo rilascio di un’autorizzazione all’esercizio di
280
Cfr. Cass pen. Sezione VI 17 giugno 2008 n. 24663
160
un’attività commerciale; abusivo rilascio di un permesso da costruire ed
omessa attivazione di procedure demolitorie; indebita vittoria in un concorso
pubblico mediante rivelazione della traccia del tema della prova scritta;
omessa valutazione dei titoli presentati da un candidato; etc.281
.
Innegabile è l’eccessiva “prudenza” del riformatore, che ha voluto
circoscrivere le utilità a quelle strettamente economiche, lasciando fuori
dall’orbita della rilevanza penale quelle ipotesi in cui l’intermediario si muova
per un ritorno di altro genere. Certamente resta gravemente fuori anche la
condotta del faccendiere che, ad esempio, pretenda, in cambio
dell’intercessione, una prestazione sessuale. La giurisprudenza, come in altri
contesti – concussione ed estorsione – si trova costretta dove può ad allargare
a casi del genere l’ambito di applicazione delle fattispecie con tutte le
drammatiche conseguenze sul piano della tipicità.
La clausola di riserva “fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli
articoli 319 e 319 ter” mira ad evitare duplicazioni sanzionatorie individuando
un presupposto negativo del fatto tipico: il mediatore, se corrompe realmente
l’intraneus o tenti di corromperlo risponderà di concorso in corruzione o
istigazione alla corruzione e non di traffico di influenze illecite.
La differenza rispetto ai reati di corruzione risiede nel fatto che il
prezzo della mediazione non è diretto, neppure in parte, all’ intraneus, ma solo
a retribuire l’opera del mediatore. Qualora poi questi ad insaputa del privato
versasse al pubblico ufficiale anche una minima parte del compenso ricevuto,
risponderà allora di concorso in corruzione attiva. Il disvalore consiste,
dunque, in comportamenti prodromici all’accordo corruttivo, concretamente
idonei a mettere in pericolo i beni dell’imparzialità e del buon andamento della
281
Cfr. C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., pp. 455-456
161
pubblica amministrazione che però risulteranno lesi solo con il concreto
esercizio dell’influenza illecita accompagnata da una dazione o da una
promessa indebita di denaro a favore dell’intraneus o con l’accettazione da
parte di quest’ultimo del denaro offertogli dal mediatore per il compimento di
un atto contrario ai doveri d’ufficio, che integrerà il reato di cui all’art. 319
c.p.
5.1. b. Segue: in particolare, corruzione e concussioni
Da sempre controversa è la distinzione tra corruzione e concussione,
con i problematici risvolti pratico-processuali.
Prima della legge 190/2012 vi erano tre teorie fondamentali:
a) La teoria dell’iniziativa, che puntava sulla differenziazione terminologica
secondo cui la condotta del pubblico ufficiale concussore sarebbe sempre
attiva, quella del pubblico ufficiale corrotto sempre passiva. Con la legge del
1990, questa teoria ha totalmente perso fondamento essendo stato introdotto ai
commi 3 e 4 dell’art. 322 c.p. l’istigazione alla corruzione attiva, la
sollecitazione rivolta dall’intraneus al privato di promessa o dazione di denaro
o altra utilità.
b) La teoria della posizione o accordo delle volontà e del metus publicae
potestatis, che ha cercato nei rapporti tra le volontà dei soggetti l’elemento
differenziatore. In questo modo, l’attenzione cala sul diverso modo con cui
l’intraneus trae l’illecita utilità. Nella corruzione, con libera contrattazione,
con accordo di volontà liberamente e consapevolmente concluso, si instaura
un illecito rapporto consensuale tra i due soggetti, su un piano sostanziale di
parità. Nella concussione, invece, si verifica una coartazione della volontà del
privato. La volontà del privato non sarebbe spontanea. A questo poi veniva a
162
sommarsi il criterio del metus publicae potestatis, atto ad illuminare tutta
l’azione concussoria. Nella concussione la condotta prevaricatrice del
pubblico funzionario è la “causa determinante” della volontà altrui: il pubblico
funzionario con la sua autorità e i suoi poteri, costringe il soggetto passivo a
sottostare all’ingiusta richiesta.
c) La teoria del danno e del vantaggio, che si concentrava sul processo
motivazionale del privato. Essa qualificava come concussione la situazione in
cui il privato certat de damno evitando, agisce per evitare un danno ingiusto, e
corruzione la situazione in cui il privato agisce de lucro captando, per
conseguire un vantaggio ingiusto. In questa logica, come ulteriore elemento di
distinzione, si faceva riferimento alla contrarietà o meno dell’atto ai doveri di
ufficio: nel caso di atto conforme ai doveri di ufficio, si avrebbe concussione
se l’iniziativa è del pubblico ufficiale, corruzione se è del privato; nel caso di
atto contrario ai doveri di ufficio, supponendo che ci sia sempre un accordo
per raggiungere il comportamento contrario, sarà sempre corruzione propria.
La possibilità di trovare criteri risolutivi emerse soprattutto con
Tangentopoli, per il sistema di illegalità diffusa e la complessità della vicenda
corruttiva e la pluralità degli atti compiuti, che non resero possibile sempre
sussumere i fatti nella corruzione.
Con la legge 190 del 2012 si è dato adito alla teoria dell’accordo delle
volontà in quanto, con il nuovo art. 317 c.p., si è delineata un’unica fattispecie
delittuosa modulata esclusivamente sulla costrizione, a differenza della ex-
concussione mediante induzione di cui all’attuale art. 319 quater c.p.
In questo caso, il discrimen tra “induzione indebita a dare o promettere
utilità” e corruzione non potrà che essere individuato nel tipo di rapporto
intercorrente tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario mentre
nell’induzione indebita esprime la sola volontà prevaricatrice del pubblico
163
ufficiale che finisce per condizionare il libero esplicarsi di quella del privato
che, per evitare maggiori pregiudizi, sceglie di sottostare e accettare. Si
verifica una soggezione della volontà del privato innescata dalla condotta di
abuso del pubblico funzionario che sfrutta a suo favore la situazione di
debolezza psicologica in cui è venuto a trovarsi il primo. La volontà del
privato è allora concussa dall’abuso dell’intraneus, che costituisce la vera
causa determinante della volontà altrui. Una forma di metus publicae
potestatis da intendersi come prevaricazione, assente nell’accordo delle libere
volontà della corruzione.
Nelle concussioni il dominus dell’affare illecito è e rimane il pubblico
funzionario, con la sua autorità e i suoi poteri . In entrambe le corruzioni, è
l’abuso di potere il centro della condotta e sulla posizione non paritaria.
Per quanto riguarda il fenomeno della concussione ambientale, si
configurerà l’induzione indebita a dare o promettere utilità ogniqualvolta
l’induzione non è caratterizzata da rapporto sinallagmatico ma dalla condotta
dell’abuso dell’intraneus, che sfrutta la prassi diffusa di illegalità in quel dato
ambiente pubblico, spingendo il privato a soggiacere alle indebite richieste. Se
invece sarà dimostrato che il privato si è inserito o voleva inserirsi
volontariamente in questo sistema diffuso, si avrà corruzione, con le
problematiche che vedremo tra corruzione propria, per l’esercizio delle
funzioni e appunto, ambientale o sistemica.
Resta comunque un’ampia difficoltà di sussunzione tra la concussione
mediante induzione e la sollecitazione di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 322 c.p.,
difficoltà che sarebbe, a questo punto, stata ridotta riconducendo l’attività
induttiva dell’intraneus nella famiglia delle corruzioni anziché dar vita ad una
figura indeterminata e di discutibile paternità sul suo fondamento
164
criminologico. Qui ritorna necessario anche il criterio del danno o del
vantaggio, ma che comunque porrà difficilmente delle risoluzioni collocative
efficienti di fattispecie complesse. Basti pensare al caso emblematico del
pubblico ufficiale che, nel corso di una verifica fiscale legittima, minaccia un
accertamento “non sommario” se non avviene un pagamento indebito. In
questo caso il privato che versa la tangente non lo fa per evitare un sopruso
ingiusto, ma ne consegue un guadagno ingiusto, anche per il solo timore che,
per distrazione o ipertrofia normativa amministrativa, esso possa senza dolo
“non avere le carte in regola”. Si avrà comunque una condotta concussiva
mediante induzione, che dovrà essere punita con sanzioni differenti in
relazione al disvalore delle singole condotte.
6. Critiche
Forti critiche sono state mosse contro la legge Severino.
Partiamo dalla tecnica legislativa utilizzata: la legge, è “esteticamente”
un mostro giuridico. Due articoli, dei quali il primo è strutturato in 83 commi
mentre il secondo si limita ad introdurre la clausola di invariazione finanziaria.
Per quanto riguarda il clima politico e la concussione, è evidente che la
riforma avrebbe inciso profondamente su processi come il Rubygate,
favorendo la difesa di Silvio Berlusconi, all’epoca dei fatti Presidente del
Consiglio dei Ministri, che in primo grado era stato condannato per
prostituzione minorile e concussione per costrizione a sette anni di carcere e
all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, grazie soprattutto all’introduzione
dello “spacchettamento” e della punibilità di chi viene indotto a commettere il
165
reato282
. Questo venne ampiamente comunicato e argomentato in una relazione
della Corte di Cassazione atta a far comprendere come la riforma avrebbe
potuto incidere pesantemente sul processo che vedeva imputato il leader del
Pdl, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio dei Ministri.283
Il problema del “chi era vittima veniva indicato come complice” risiede
nella mens legis, che voleva essere espressione di una scelta paternalista dello
Stato, in cui “la punibilità, infatti, del soggetto indotto nel delitto di cui all’art.
319 quater c.p. vorrebbe, nelle intenzioni del legislatore, fungere da norma
propulsiva di un nuovo modo di porsi del privato nel rapporto con la pubblica
amministrazione; costui non può più cedere nei confronti di una blanda spinta
a pagare, se non vuole essere coinvolto nella responsabilità penale”, ma per il
processo è stato traumatico nei confronti delle testimonianze.
Ma soprattutto perde la veste di concussore l’incaricato di pubblico
servizio (poi “rivestito” con la legge 69/2015): “Già a una rapidissima lettura
risulta evidente come, nel confronto delle disposizioni precedente ed attuali,
non si è proceduto a una scissione pura e semplice; nell’attuale concussione è
‘scomparso’ il riferimento, quale possibile soggetto attivo del reato,
all’incaricato di pubblico servizio (nel caso Berlusconi); nella nuova ipotesi di
induzione è ’apparsa’ la punibilità di quella che, fino al 28 novembre 2012, era
soltanto la parte offesa del delitto (nel caso i poliziotti)”. Quindi è ben chiaro
che se i protagonisti del processo avessero cambiato ruolo sarebbe cambiato lo
stesso processo e probabilmente anche la sentenza. In questo modo
“le evidenti differenze delle norme incriminatrici, in assenza di disposizioni
transitorie, rimbalzano sull’interprete e sulla giurisprudenza” che avrebbe
282
I poliziotti che rilasciarono la invano spacciata marocchina per la nipotina di Mubarak erano
testimoni fondamentali e, fino a quel momento, solo parte lesa nel processo. 283
Relazione n. 19 del 3 maggio 2013 a cura di R. CANTONE.
166
avuto “ il compito di stabilire se le modifiche normative hanno modificato
l’area del penalmente rilevante”. Questo il cuore del documento redatto
dall’ex P.M. anticamorra Raffaele Cantone.
“Tale ragione può essere reperita nella possibilità che egli ha di opporsi
alla pretesa illegittima e tale possibilità va individuata nella conservazione di
un margine di autodeterminazione, che esiste sia quando la pressione del
pubblico agente è più blanda sia quando egli ha un interesse a soddisfare la
pretesa del pubblico funzionario, perché ne consegue per lui un indebito
beneficio”. I poliziotti che ricevettero la telefonata da Parigi dell’allora
premier Berlusconi avevano quindi la possibilità di opporsi e certamente non
hanno conseguito un beneficio nell’aver assecondato la richiesta del Cavaliere.
Ragionamento che sembrerebbe, quindi, far evaporare nel penalmente
irrilevante l’ipotesi di concussione per Berlusconi.284
La legge inoltre, che avrebbe dovuto affrontare il tema della corruzione
in tutte le sue manifestazioni, ha lasciato fuori: i rapporti tra spese politiche e
finanziamenti, il tema dei controlli, la disciplina della prescrizione, il reato di
falso in bilancio, e l’autoriciclaggio. L’impressione prima facie che si ricava
dalla lettura della norma è che “ha posto più problemi di quelli che voleva
risolvere, perché nelle norme c’è mancanza di indicazioni nitide”285
. Per
quanto riguarda lo sdoppiamento delle condotte di concussione per costrizione
e per induzione, ha creato due fattispecie comportamentali difficilmente
distinguibili nella pratica, generando, altresì, problemi connessi
284
Relazione n. 19 del 3 maggio 2013, a cura del dott. Raffaele Cantone, cit.
http://www.penalecontemporaneo.it/d/2271-la-relazione-del-massimario-della-cassazione-sulla-
giurisprudenza-in-materia-di-concussione-e-induz 285
Vito D’Ambrosio, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione,, nella requisitoria della
legge Severino all’esame delle Sezioni Unite.
167
all’applicabilità delle contestate condotte a fatti commessi prima dell’entrate
in vigore della legge286
.
Sul versante criminal-repressivo è stato rilevato: “in realtà, per i fatti
oggi descritti dalla nuova norma, è venuto meno un efficace strumento di
persuasione, che in passato era utilizzato dai giudici per ottenere una
testimonianza dal corruttore: si fa riferimento al fatto che, spesso, si
prospettava al privato una qualificazione come vittima di concussione,
garantendogli, in sostanza, l’impunità per i fatti confessati, ma ottenendo così
di far emergere le responsabilità di pubblici ufficiali corrotti.”287
In generale, si può ritenere che, in seguito all’introduzione della nuova
fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità e alla novità
costituita dall’incriminazione del privato indotto, l’obiettivo repressivo delle
investigazioni risulta notevolmente frustrato, in quanto viene ora negata la
possibilità di servirsi delle dichiarazioni delle vittime quali soggetti informati
sui fatti. L’introduzione della figura autonoma di reato di cui all’art. 319
quater c.p., ed in particolare del suo secondo comma, permette oggi di
prevedere anche la punibilità del privato. La ratio è stata individuata dalle
Sezioni Unite della Cassazione proprio nell’esigenza di “chiudere ogni
possibile spazio d’impunità al privato, non costretto ma semplicemente
indotto” alla dazione o promessa indebita288
.
286
Questione poi affrontata e risolta dalle Sezioni Unite Corte di cassazione il 14 marzo 2014 con
udienza del 24 ottobre sentenza n. 12228. Ancora problematica risulta la questione relativa alla
linea di demarcazione tra fattispecie di concussione, prevista dal novellato art. 317 c.p. e quella di
induzione indebita a dare o promettere utilità (prevista dall’art. 319 quater c.p.) soprattutto con
riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quelle di induzione. 287
G. DE MAGISTRIS, I delitti di corruzione in un confronto fra l’ordinamento italiano e spagnolo, in Diritto
penale Contemporaneo. 288
Cfr. Cass. Pen. Sezioni Unite, 14 marzo 2014, n. 12228.
168
Altra causa del fallimento della nuova normativa è la mancanza di
volontà di essersi fatta sintesi di quella fase di metabolizzazione parlamentare
e civica degli anni ‘90 che senz’altro sarebbe servita a consentire ai più la
digeribilità della nuova normativa introdotta289
.
Oggettivamente criticabile è la lettura della legge in relazione alla legge
n. 251 del 2005, che impone, in attesa di una riforma completa della
prescrizione, che ogni intervento che si proponga il fine di inasprire il sistema
sanzionatorio nei confronti dei reati di corruzione, dovrebbe necessariamente
intervenire sul sistema di computo della prescrizione in via eccezionale per
essere effettiva, o rischia di risultare vana, in quanto è dimostrato dalle
statistiche, ed è stato più volte evidenziato dagli studi in sede europea290
, che
la repressione del fenomeno corruttivo in Italia trova il suo principale ostacolo
nel sistema attuale di calcolo e nei termini troppo brevi della prescrizione.
Attualmente, nel 2017, si discute alle Camere la riforma del processo
penale che in particolare si affronta il tema della prescrizione.
La nuova legge ne allunga i termini. Materialmente, i tempi di
prescrizione sembra saranno allungati istituendo due periodi durante i quali il
suo decorso sarà sospeso: fra la sentenza di primo grado e quella di appello,
per un massimo di 18 mesi, e fra quella di appello e di Cassazione, per lo
stesso periodo di tempo. In pratica, da quando sarà introdotta la legge, la
prescrizione potrà scattare fino a 3 anni più tardi rispetto ad oggi, per effetto
dei due nuovi periodi.
La repressione del meccanismo che invoglia alcuni avvocati a cercare
di raggiungere la prescrizione facendo allungare il processo, piuttosto che
289
Cfr. C. DI MARZIO, in op. cit, pag. 539. 290
Cfr. in particolare dal rapporto del GRECO del 23 marzo 2012
169
dimostrare l’innocenza del proprio cliente dovrà scontrarsi con il problema dei
tempi già molto ampi dei processi, danneggiando il diritto dell’imputato a
essere giudicato in tempi ragionevoli come sancito dall’articolo 111 Cost. e
dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
6.1. a. Le corruzioni al vaglio della determinatezza-tassatività: principio
di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319 c.p.
Questa riflessione comincia dall’analisi intertemporale. La riforma,
imposta dalla duplice necessità di adeguare la risposta sanzionatoria alla
metamorfosi qualitativa del fenomeno corruttivo e di uniformare il nostro
ordinamento agli accordi di diritto sovranazionale ratificati e vincolanti, hanno
determinato il crearsi all’interno della norma di una dimensione “generale” ed
di una “speciale”291
, senza alcuna abolitio criminis e al contrario con una
specifica estensione della punibilità, ricomprendendo tutte le ipotesi astratte
più altre nuove. Stando all’interpretazione autentica del legislatore, si ritiene
che la nuova figura di corruzione per l’esercizio della funzione, “sia in grado
di offrire copertura normativa sia alle ipotesi di corruzione impropria - sino ad
oggi ricadenti nella previgente disposizione - sia ai casi di corruzione per
l’esercizio della funzione in cui è individuabile un accordo avente ad oggetto
‘la compravendita’ dell’esercizio della funzione del pubblico agente senza
291
Cfr. PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. X; BENUSSI, I delitti contro la pubblica
amministrazione, cit., p. 695 ss. Si precisa che “quanto ai rapporti tra le due norme ricavabili
dall'avvicendamento delle due versioni dell'art. 318 c.p., l'elemento del "generico" esercizio delle
funzioni o dei poteri ha sostituito, nella struttura linguistica della disposizione, lo "specifico"
compimento dell'atto "non illegittimo", requisito quest'ultimo ormai scomparso”. Cfr.
GAMBARDELLA, Profili di diritto intertemporale della nuova corruzione per l'esercizio della
funzione, in Cass. pen., fasc.11, 2013, pag. 3857.
170
riferimento dunque ad uno specifico atto”292
. Questa fattispecie generale, sotto
il profilo di diritto intertemporale si pone in rapporto di continuità normativa
con le previgenti disposizioni sulla corruzione impropria dando luogo a una
successione di norme modificative che comporterà, per le condotte realizzate
anteriormente all’entrata in vigore della riforma, l’applicabilità, ai sensi e per
gli effetti di cui all’art. 2, comma 4 c.p., della normativa anteriore in quanto
più favorevole, prevedendo la reclusione da sei mesi a tre anni, rispetto
all’attuale “da uno a sei anni”.
Per quanto riguarda le condotte che prima della riforma venivano
qualificate dalla giurisprudenza come corruzione propria pur non essendo stati
identificati l’atto o la condotta oggetto del pactum sceleris, come ad esempio
la messa “a libro paga” dell’agente pubblico, oppure quelle ipotesi in cui al
momento della stipulazione del patto corruttivo non era specificato con
precisione l’atto futuro da compiere o quello già compiuto, che ora
rientrerebbero nel novellato art. 318 c.p., dovrebbe applicarsi quest’ultima in
quanto più favorevole.
Sul punto la giurisprudenza prevalente di legittimità riteneva, nel caso
in cui venisse accertata la consegna del denaro al pubblico ufficiale eseguita in
ragione delle funzioni esercitate e per retribuirne i favori293
, che la mancata
individuazione in concreto del singolo atto contro i doveri del proprio ufficio,
da omettersi, ritardarsi o compiersi, non facesse venir meno il delitto di cui
all’art. 319 c.p.. Il reato di corruzione propria sussisteva anche quando
nell’insieme del servizio reso dal pubblico ufficiale vi fosse stato un totale
292
SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, cit., p. 8. 293
Sez. VI, 15 febbraio 1999, n. 3945, in questa rivista, 2000, p. 1223; Sez. VI, 5 febbraio 1998, n.
2894, ivi, 1999, p. 3405, con nota di RAMPIONI, I delitti di corruzione e il requisito costitutivo
dell'atto di ufficio: tra interpretazioni abroganti e suggestioni riformatrici; Sez. VI, 5 marzo 1996,
ivi, 1997, 1338; Sez. VI, 29 ottobre 1992, ivi, 1994, p. 1518.
171
asservimento della funzione agli interessi del privato, ove la commistione di
interessi fosse tale da vanificare la funzione di controllo richiesta dal pubblico
ufficiale, concretizzandosi una sostanziale rinuncia allo svolgimento della
funzione in cambio di provati pagamenti in suo favore294
.
Per comprendere il destino delle fattispecie in cui si è fatto a meno
dell’atto di ufficio295
è necessario comprendere se tutte le condotte oggi
devono essere sussunte nella corruzione funzionale ex art. 318 c.p., oppure se
è necessario sottrarre a tale trasmigrazione normativa una tipologia di casi che
continua a risultare penalmente rilevante ex art. 319 c.p.
La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover definire le condotte relative
a patti corruttivi che non hanno ad oggetto un atto specificamente individuato
da compiere o già compiuto, e le condotte di semplice “messa a libro paga”
come sussumibili nella nuova corruzione per la funzione come nella
corruzione propria secondo il diritto vivente. Questo perché l’oggetto
materiale del reato è considerato sia l’accordo per il compimento di un atto
non necessariamente individuato ab origine ma quantomeno collegato a un
genus di atti preventivamente individuabili, sia l’accordo che abbia ad oggetto
l’asservimento “in generale” della funzione pubblica agli interessi del privato
corruttore, senza ulteriori specificazioni, altresì per futuri favori296
. La
specialità sincronica in astratto sviluppa un concorso di norme ex art. 15 c.p.,
294
Sez. VI, 9 dicembre 2003, n. 2622, in C.E.D. Cass., n. 227246. In dottrina, in tal senso, cfr. le
osservazioni di DAVIGO-MANNOZZI, La corruzione in Italia, cit., p. 294 ss. 295
Cfr., in proposito, FORNASARI, Il significato della riforma dei delitti di corruzione, cit., p. 2691
ss. 296
Sez. un., 26 marzo 2003, n. 25887, GIORDANO, Cass. Pen, 2003, p. 3310 ss.; Sez. un., 27
settembre 2007, n. 2451, MAGERA, ivi, 2008, p. 898 ss.; Sez. un., 26 febbraio 2009, RIZZOLI, n.
24468, ivi, 2009, p. 4113 ss. Per ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza, cfr.
GAMBARDELLA, L’irretroattività, in Trattato di diritto penale. Parte generale, vol. I, diretto da
CADOPPI-CANESTRARI-MANNA-PAPA, Utet, 2012, p. 239 ss.
172
dove genus sarebbe considerato l’art. 318 c.p., species l’art. 319 c.p.297
che,
secondo l’art. 15, imporrebbe di applicare l’art. 319 in quanto norma
speciale298
. Ma così non è, in quanto presenti delle variabili fondamentali: le
condotte in esame, in precedenza, erano punite grazie ad un’interpretazione
non letterale dell’art. 319 c.p., estensiva, in base ad una prassi consolidata;
questo implica che siamo di fronte ad un problema che interessa il divieto di
analogia, se si cerca di punire una condotta non prevista, ed il limite
dell’interpretazione estensiva, se si cerca di estendere la punibilità di una
norma.
Non si può negare che la nuova corruzione per l’esercizio della
funzione si adatti molto meglio a quelle condotte in cui non v’è riscontro
materiale dell’atto. Sembrerebbe maggiormente appagante una soluzione in
termini di sussidiarietà sul piano “funzionale” dell’art. 318 c.p. rispetto all’art.
319 c.p., dato che l’applicazione dell’art. 318 c.p. postula la mancata
identificazione dell’atto compravenduto299
. Muovendo allora dalla funzione
“sussidiaria” della corruzione ex art. 318 c.p., essendo tutti i casi concreti in
cui l’atto d’ufficio non era identificato compiutamente ricondotti in passato
alla norma oggi speciale dell’art. 319 c.p. attraverso una interpretazione
estensiva in assenza di norma determinata e in presenza di fatti gravi e
condotte manifestamente lesive dell’ordine pubblico, dovrebbero essere puniti
dal 318 c.p., fatta salva la regola dell’art. 2, comma 4, c.p.
L’orientamento di una parte della dottrina ricorda che la messa a “libro
paga” del pubblico agente deve oggi essere perseguita attraverso il nuovo art.
297
Cfr. PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione, cit., p. 786, secondo cui si tratta di una specialità
unilaterale per specificazione. 298
Cfr. VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore penale, cit., p. 15, 299
Così PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. X.
173
318 c.p., perché “la riformulazione dell’art. 318, formalmente estensiva
dell’area dell’illecito, non è tale rispetto al diritto giurisprudenziale, e
risulterebbe invece in bonam partem dislocando sul terreno della corruzione
impropria fatti in precedenza valutati come corruzione propria”300
. Ma a
prescindere dalla dottrina, questo orientamento sembrerebbe rappresentare una
volontà autentica del Legislatore, che in questo modo “esce allo scoperto”,
palesando che, con la nuova ipotesi di reato ha voluto effettivamente chiarire
che la giurisprudenza formatasi nel recente passato sul punto è da respingere
perché non corretta301
. In pratica la disciplina dell’art. 15 c.p. potrebbe essere
derogata, come consentito dalla stessa norma, capovolgendo la prevalenza
della lex specialis in favore di quella generale in quanto l’art. 318 c.p. prevede
con maggiore precisione una condotta concreta di messa a “libro paga” o di
corruzione di tipo sistemico.
Invero, anche questa soluzione si mostra insoddisfacente. Bisogna
quindi differenziare casi che possono rientrare nell’art. 318 c.p. e altri che
possono rientrare nell’art. 319 c.p.
E’ stato giustamente ricordato che la nuova formulazione dell’art. 318
c.p. ha scelto esplicitamente di non introdurre una figura di corruzione per la
funzione costruita su di un “modello mercantile” della condotta criminosa,
preferendo un “modello clientelare”, strutturato sulla semplice infedeltà del
pubblico agente, che priva di centralità il momento sinallagmatico tra la
dazione o promessa e uno specifico atto d’ufficio302
. Il distacco dalla visione
mercantile verso quella clientelare sposta l’attenzione all’esercizio della
funzione, e il contenuto offensivo non è più racchiuso nell’atto, ma nel patto,
300
PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, cit., p. 7 e p. 17. 301
SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, cit., p. 8. 302
SPENA, Il «turpe mercato», cit., p. 20 ss., p. 564 ss.
174
diventando il pericolo del malfunzionamento (pratico, non “morale”) della p.a.
soltanto eventuale. “La nuova corruzione per asservimento della funzione
sanziona gli accordi tra privato e soggetto pubblico, allorché la dazione o la
promessa siano finalizzati al compimento di generici servigi da parte di
quest’ultimo a favore del primo; quando cioè il pubblico agente, dietro
compenso, si impegni a porsi o a restare a disposizione del privato per presenti
o future necessità di varia natura”303
: esplicitamente, il pactum sceleris non è
(e forse non serve che debba essere) determinabile. Sembrerebbe allora che
l’art. 318 c.p. abbia il compito di tutelare il bene giuridico della fiducia dei
cittadini circa la lealtà, correttezza e fedeltà dei pubblici agenti, che impone
quindi un’attenzione maggiore all’imparzialità piuttosto che al buon
andamento della p.a, come invece è chiaro nell’art. 319 c.p., che tutela
entrambi i beni giuridici.
Per questa suddivisione concettuale alcuni casi in cui non è evidente
un’infedeltà pura, dove il patto non sembra quasi manifestarsi in alcuna forma
evidente, anche se astrattamente riconducibili al paradigma dell’asservimento
della funzione pubblica ad interessi privati, in totale assenza del riferimento
all’atto d’ufficio, dovrebbe continuare concretamente a rilevare ai sensi del
delitto di corruzione propria in quanto sussiste una evidente omogeneità di
disvalore tra alcune ipotesi di asservimento della funzione precedentemente
assegnate alla corruzione propria (si pensi ad esempio alla verifica fiscale
superficiale compiuta da agenti della Guardia di finanza a fronte di un
corrispettivo non dovuto) e la compravendita del singolo provvedimento
amministrativo illegittimo (quale ad esempio un permesso di costruire una
303
M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 187 ss
175
abitazione privata). Nei casi di infedeltà pura nei quali non è accertato un
nesso sinallagmatico, l’ambito applicativo resterebbe l’art. 318 c.p.
Inoltre, dovrebbero essere sussunti all’interno del campo applicativo del
delitto di cui all’art. 318 c.p. i casi di asservimento delle funzioni o dei poteri
agli interessi dei privati dietro compenso, allorché si tratti di un’attività dovuta
e priva di spazi di discrezionalità. Si deve trattare chiaramente di funzioni o
poteri che ineriscono concretamente all’ufficio o al servizio dell’agente
pubblico: l’attività svolta deve rientrare nella sua competenza funzionale. È
stato infatti precisato che “la corruzione per l’esercizio della funzione si
applica nei soli casi di conformità ai doveri, sostituita dall’art. 319 c.p. quando
l’accordo verta altresì sul compimento anche solo di un atto contrario ai doveri
dell’ufficio, oppure sulla omissione o ritardo di un atto dovuto”304
.
Seppure il patto corruttivo non abbia ad oggetto uno specifico atto
individuale, ma sia tuttavia possibile stabilire il genere di atti o comportamenti
che il funzionario si è impegnato a compiere (o ha compiuto) a favore del
privato, prendendo in considerazione la sfera di competenza funzionale
dell’agente, le caratteristiche del corruttore e le modalità del pagamento
concordate, si avrà condotta ex art. 319 c.p.305
. Se l’agente pubblico si accorda
con il privato corruttore, nel senso di mettere a disposizione di quest’ultimo la
sua funzione o i suoi poteri in relazione al compimento di eventuali e non
specificati atti (o comportamenti) che si riflettono a vantaggio del privato, si
avrà una condotta ex art. 318 c.p.
La dazione o promessa è infatti finalizzata non ad ottenere un
determinato o determinabile atto d’ufficio dal pubblico agente, ma a creare i
304
M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 189. 305
Cfr. CINGARI, I delitti di corruzione, cit., p. 178.
176
presupposti per un legame duraturo, un accordo sigillato da fedeltà, per future
attività che al momento del patto non sono né determinate né determinabili. In
questo caso sarà esclusivamente la funzione l’oggetto del pactum sceleris e
realmente senza più alcun riferimento all’atto come lascia intendere la norma.
Sarebbero, queste, condotte allora meno gravi sì, ma solo in vista di un
futuro autonomo articolo che reprima quantomeno l’asservimento
continuativo, totale o parziale, della funzione306
. Correttamente possono allora
queste allocarsi in una diversa norma che le punisca in modo meno severo,
tutelandosi in questi casi la semplice fedeltà e lealtà dei pubblici agenti.
Queste suddivisioni concettuali, avrebbero permesso realmente anche di
scindere in maniera equa le condotte ante riforma, nonché di scindere le
interpretazioni estensive permesse, in quanto necessarie all’epoca, dalle
interpretazioni “estreme” ovvero di non permetterle successivamente307
.
6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente
La discrasia tra fattispecie corruttive e prassi incriminatrice era quindi
evidente.
Questo, come abbiamo detto sopra, ha reso necessario il superamento
del paradigma punitivo fondato sull’atto e della corruzione propria/impropria,
verso un nuovo assetto disciplinare comprensivo di una corruzione funzionale
che prescinde dal riferimento all’atto d’ufficio e ma che lega la corrispettività
del pactum all’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico agente e,
306
Sulla proposta di legge “Ferranti e altri” presentata alla Camera dei deputati il 25 gennaio 2012, cfr.
CINGARI, I delitti di corruzione, cit., p. 164; MONGILLO, La corruzione tra sfera interna, cit.,
p. 118. 307
Cfr. GAMBARDELLA, Dall’atto alla funzione pubblica, cit., p. 68 ss.
177
dall’altro, sul mantenimento della figura di corruzione ex art. 319 c.p. In
questo schema ci si chiede se la sfera di operatività della corruzione funzionale
debba essere circoscritta all’esercizio legittimo delle funzioni o dei poteri o
possa estendersi anche all’ambito di esercizio illegittimo, in particolare nella
forma del patto corruttivo avente ad oggetto un atto contrario ai doveri di
ufficio non individuato ma determinabile.
Queste riflessioni sono destinate a determinare rapporti tra le norme in
termini di specialità e sussidiarietà, con soluzioni spesso contrastanti,
soprattutto per quella che viene definita corruzione in incertis actis. Evidente
poi è la riflessione sulla compressione legislativa di declinazioni della
corruzione molto eterogenee, soprattutto in termini di disvalore, nell’unico art.
318 c.p., e la differente dosimetria delle pene, caratterizzata da un trattamento
sanzionatorio sensibilmente più mite nella corruzione funzionale rispetto alla
corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.
A differenza della concussione, a seguito dell’entrata in vigore della
legge 190/2012, sulle innovazioni apportate alla disciplina della corruzione
non ha fatto seguito una vivace interlocuzione giudiziale. Questo perché
mentre la disciplina della concussione ha imposto un assetto normativo
totalmente innovativo, privo di riferimenti e corrispondenze nel diritto vivente,
imponendo ex novo inediti criteri di interpretazione, l’intervento di riforma in
materia di corruzione ha agito su un tessuto interpretativo fortemente attivo,
che aveva impresso precedenti nel diritto vivente.
Nell’art. 318 c.p sono state compresse molte eterogenee forme di
corruzione.
Ma fino all’entrata in vigore della riforma, le forme di cosiddetta
corruzione funzionale erano state sussunte nell’art. 319 c.p.: integrava il reato
di corruzione propria sia l’accordo per il compimento di un atto non
178
necessariamente individuato ab origine, ma almeno collegato ad un genus di
atti preventivamente individuabili, sia l’accordo che aveva ad oggetto
l’asservimento, più o meno sistematico, della funzione pubblica agli interessi
del privato corruttore, che si realizzava nel caso in cui il privato prometteva o
consegnava al soggetto pubblico, che accettava denaro o altre utilità, per
assicurarsene, senza ulteriori specificazioni, i futuri favori308
. Si ricorda
l’affermazione secondo cui l’asservimento della funzione pubblica agli
interessi del privato corruttore deve considerarsi la più allarmante e la più
subdola modalità corruttiva, “perché determina un permanente
condizionamento dell’attività istituzionale del pubblico ufficiale (…); anche
nella ipotesi considerata, invero, il requisito della individuazione è certamente
integrato dal comportamento-tipo (asservimento della funzione) che
costituisce la controprestazione promessa all’erogatore di denaro e che può
articolarsi anche in plurimi interventi, non specificamente previsti o
programmati, ma agevolmente prevedibili”309
.
L’interpretazione fondamentale era costituzionalmente orientata:
superata la centralità dell’atto, il riferimento era alla contrarietà dei doveri di
ufficio, non specifici, ma generici che regolano l’attività amministrativa ex art.
97 Cost.: i doveri di fedeltà imparzialità e di perseguimento esclusivo degli
interessi pubblici, ratio dei reati contro la pubblica amministrazione310
. La
scelta di sussumere sotto l’art. 319 c.p. l’ipotesi della messa a disposizione
della pubblica amministrazione o della c.d. “iscrizione a libro paga” del
privato, risultava soprattutto funzionale al contrasto della corruzione
“politica”, della rete sistemica di rapporti stabili e di favori reciproci tra
308
Cass. Pen Sez. fer. 25.8.2009 n. 34834, Ferro. 309
Cass. Pen., Sez. IV, 4.5.2006, Battistella. 310
Cfr. Cass.Pen. Sez. VI 26.2.2007 e.,rv. 236624; Cass Pen. Sez VI, 15.6.2008, L. e altri, rv. 241081
179
l’ambito politico dell’amministrazione e quello imprenditoriale privato. Ad
assumere rilievo era in particolare l’accettazione, da parte del pubblico agente,
di un pagamento indebito quale compenso per l’assunzione di un ruolo che
tendeva ad essere permanente: quello di trafficante di influenze311
.
Era quindi prevista una corruzione funzionale ex art 319 c.p., con
l’intento proprio di marginalizzare l’art. 318 c.p. in quanto la maggiore attività
del funzionario pubblico è caratterizzata da atti discrezionali. Questa
marginalizzazione è stata espressione di una vera e propria interpetatio
abrogans per fini sia relativi alla prova che alla prescrizione. Condivisibile sul
piano della politica criminale e, soprattutto, come stimolo ad un riordino
legislativo secondo questi canoni, la dottrina non ha però potuto fare a meno di
interrogarsi sull’allargamento del concetto di atto e principio di legalità,
caratterizzandosi per interpretazione estensiva permessa secondo alcuni, in
malam partem secondo altri. La traslazione del contenuto offensivo dal
corretto funzionamento della p.a. agli obblighi di fedeltà del pubblico agente e
alla fiducia dei consociati nelle istituzioni determinava l’anticipazione della
soglia di punibilità a livelli di pericolo di compimento dell’atto. Quello che era
certo, è che si cercavano di abbattere per necessità le barriere linguistiche del
legislatore, sicuramente in funzione decostruttiva della tipicità del fatto.
Con la riforma, non è avvenuta una ratifica dell’esistente, modificando
infatti la struttura concettuale del solo l’art. 318 c.p.
Ampliando lo spettro di azione alla “corruzione per l’esercizio della
funzione” in generale lì dove vi era la corruzione per un atto d’ufficio, la
riforma ha potuto ricomprendere qualunque forma di corruzione qualificata
311
Cfr. Le sentenze relative alla c.d. vicenda Squillante: Cass Pen. Sez. VI, 16.4.1996, n. 1616; Cass.
Pen. Sez. VI, 4.5.2006, n. 33435
180
dalla venalità o da desiderio di utilità indebite nell’esercizio delle funzioni o
dei poteri. Lo spettro comprende le figure dall’accordo corruttivo avente ad
oggetto atti o attività conformi ai doveri di ufficio, la corruzione per
l’esercizio della funzione il cui oggetto, generico, non sia ancora determinabile
in rapporto ai doveri d’ufficio, fino al patto corruttivo concernente l’esercizio
illegittimo delle funzioni o dei poteri, in particolare nel caso di poteri
discrezionali. Ove il fatto riguarda un atto contrario ai doveri di ufficio o un
atto giudiziario si avrebbe in relazione di specialità, rispettivamente, l’art. 319
c.p. e l’art. 319 ter c.p.
Si può dire di essere passati, in contrasto con la struttura accettata da
sempre, di rapporto di specularità e alternatività, ad un rapporto di specialità,
come quello che precedentemente interessava, ad esempio, l’art. 318 c.p. e 319
c.p. da un lato e l’art. 319 ter dall’altro: ampio alveo dell’art. 318 c.p. , atto
specifico all’art. 319 c.p. interpretato sia come atto singolo e determinato sia
come atto genericamente individuabile ma non ancora determinato. Una
discontinuità nella volontà legislativa con il diritto vivente evidente: ex art.
319 c.p. deve discutersi di atto, con tutte le implicazioni probatorie, in cui si
incorpora un contenuto offensivo provato in forma specifica e determinante.
Una scelta dogmatica condivisibile, ad esempio per l’impatto
educativo-sociologico, o meno. Se non fosse per il grave e macroscopico
elemento di discontinuità che è stato voluto allegare alla ricollocazione
dogmatica della figura: la macroscopica inferiorità del disvalore attribuito dal
legislatore alla corruzione funzionale rispetto alla corruzione per atto contrario
ai doveri di ufficio, come emerge dalla diversità dei limiti edittali di pena
(reclusione da uno a sei anni; reclusione da quattro a otto anni).
È possibile che il legislatore abbia avuto una simile volontà? O
intendeva lasciar sussumere ancora ex art. 319 c.p. quelle forme più gravi di
181
corruzione? Già il sorgere di questi interrogativi preannuncia, come vedremo,
che il problema delle possibili interpretazioni contra legem non risulta per
niente risolto.
Abbiamo già accennato come reagì la giurisprudenza sulle questioni di
diritto intertemporale. In particolare, “per i fenomeni corruttivi non
riconducibili all’area dell’art. 319 c.p.” il legislatore avrebbe configurato “una
fattispecie di onnicomprensiva ‘monetizzazzione’ del munus pubblico,
sganciata in se da una logica di formale sinallagma e idonea a superare i limiti
applicativi che il vecchio testo, pur nel contesto di un’interpretazione
ragionevolmente estensiva, presentava in relazione alle situazioni di incerta
individuazione di un qualche comportamento pubblico oggetto di
mercimonio”312
. Ma di maggiore interesse si presentano le successive
pronunzie con le quali la Suprema Corte ha preso in esame situazioni
riconducibili al genus del sistematico mercimonio della pubblica funzione e
dell’asservimento della stessa ad illeciti interessi di privati. In una prima
sentenza si ritiene privo di fondamento il ricorso incentrato essenzialmente
sulla mancata indicazione specifica dell’atto contrario ai doveri d’ufficio dalla
quale secondo la difesa derivava l’impossibilità di sussumere il fatto specifico
nell’art. 319 c.p.: “occorre avere riguardo non ai singoli atti, ma all’insieme
del servizio reso dal p.u. al privato; per cui, anche se ogni atto separatamente
considerato corrisponde ai requisiti di legge, l’asservimento costante alla
funzione, per danaro, agli interessi del privato concreta il reato di corruzione
ex art. 319 c.p.”313
.
312
Cass. Pen. Sez VI 11.1.2013 n. 19189. In senso conforme v. Cass. Pen. Sez VI 11.2.2013 n. 11792. 313
Cass. Pen. Sez VI 10.10.2013 n. 41898.
182
Si torna ad affermare che la mancata individuazione in concreto del
singolo atto non depenalizzi la condotta ove venga provato che la consegna del
denaro al pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni
esercitate e conseguenti favori oggetto del patto. Nel caso di specie, è stato
detto che deve considerarsi atto contrario ai doveri di ufficio anche “l’atto che,
pur formalmente regolare, prescinda per consapevole volontà del pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall’osservanza dei doveri
istituzionali, espressi in nome di qualsiasi livello, compresi quelli di
correttezza e di imparzialità”314
. La tendenza ad una interpretatio abrogans
dell’art. 318 sembra non fermarsi, allargando i confini della discrezionalità
giudiziaria e permettendo, dopo il mutamento “letterale” dell’articolo 318 c.p.,
critiche più sostenute sull’interpretazione contra legem della Suprema Corte.
La sentenza, definita da uno dei suoi commentatori più lucidi315
come
espressione migliore della sostanziale impermeabilità della giurisprudenza
della Suprema Corte alle profonde innovazioni apportate alla disciplina della
corruzione, è quella pronunciata in tema di asservimento della funzione
pubblica della Sezione VI, n. 9883 del 28.2.2014.
Secondo la sentenza, che rispondeva ancora alla richiesta di
derubricazione ex art. 2 comma 4 c.p., dall’art. 319 c.p. all’art. 318 c.p. in
quanto continuerebbe, per la difesa, la corruzione per atto contrario ai doveri
di ufficio ad essere ancorata ad uno specifico o determinato atto, “appare
comunque almeno discutibile che la fattispecie o categoria criminosa
dell’asservimento dell’intera funzione (pubblico ufficiale corrotto posto a c.d.
314
Cfr. anche Cass. Pen. Sez VI 4.6.2014 n. 23354, in cui si ritiene corruzione improprio solo ed
esclusivamente quando l’atto risulti sicuramente identico a quello che sarebbe stato comunque
adottato a tutela del pubblico interesse, con il medesimo contenuto e con le medesime modalità. 315
A. GARGANI, Le fattispecie di corruzione tra riforma legislativa e diritto vivente: il “sentiero
interrotto” della tipicità del fatto, in Diritto penale e processo, 9/2014, pp. 1029 e ss.
183
libro paga del privato corruttore), disegnata dall’evoluzione giurisprudenziale
e pacificamente sussunta nell’ipotesi di corruzione propria (antecedente o
successiva) ex art. 319 c.p., possa o debba essere oggi ricondotta nella
previsione del novellato art. 318 c.p.(prima intestato alla corruzione per un
atto di ufficio), come apparirebbe ad una prima lettura”316
.
In premessa si sollevano da subito perplessità di un atteggiamento che
si porrebbe ex se in contrasto con i canoni di fedeltà e imparzialità integrando
gli estremi dell’art. 319 c.p., con un’attenzione non alla legittimità o meno
dell’atto, ma alle modalità e agli scopi sottostanti o strumentali con cui il
medesimo è in concreto realizzato.
Prosegue la Corte che se “da un lato, il generico riferimento, anticipato
dalla preposizione finalistica ‘per’, all’esercizio delle funzioni e dei poteri del
pubblico ufficiale espresso dal nuovo art. 318 c.p., non consente una
immediata decifrabilità delle concrete forme o espressioni che il mercimonio
di funzioni e poteri possa assumere in concreto”, dall’altro “appare ben
singolare che una disciplina normativa (…) tesa ad armonizzare le disposizioni
sanzionatorie di sempre più diffusi fenomeni di corruzione e a renderne più
agevole l’accertamento e la perseguibilità, offra il fianco a possibili rilievi in
termini di graduazione dell’offensività, di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di
proporzionalità della pena (art. 27 Cost.)”.
Irrazionale si ritiene infatti che la stabile messa a disposizione della
funzione pubblica “al servizio di interessi privati per un tempo prolungato, con
contegni di infedeltà sistematici e in relazione ad atti contrari alla funzione
non predefiniti o non specificamente individuabili ex post” sia sottoposta alla
pena enormemente più mite della reclusione da uno a cinque anni, alla luce
316
Cfr Cass Pen., sez VI, 11.1.2013 n. 19189, Abruzzese
184
dell’evidenza e dell’indiscutibilità della “maggiore offensività” e “del più
elevato disvalore giuridico e sociale” della condotta di asservimento costante e
metodico della funzione pubblica ad interessi di terzi privati.
Viene confermata la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 319 c.p.
L’art. 318 riguarderebbe esclusivamente l’esercizio legittimo delle
funzioni.
In queste parole emerge quindi che la struttura legislativa che tendeva
alla centralità logico-sistematica ha fallito.
La Corte ha dato modo di rilevare che la formulazione dell’art. 318 c.p.
non consentirebbe di decifrare i comportamenti suscettibili di integrare in
concreto il mercimonio di funzioni e poteri. Con conseguente incertezza
applicativa. Un’attività ipersensibile al concetto di determinatezza e un’aperta
critica alla legge.
Spostandosi allora sulle istanze assiologiche che fanno del trattamento
sanzionatorio l’effettivo ponte di contatto con il disvalore socio-giuridico, si
ritiene che sia irrazionale punire l’asservimento della pubblica funzione in
modo assai più mite rispetto al trattamento sanzionatorio comminato dall’art.
319 c.p.
L’ipotesi di asservimento delle funzioni può, così, essere sussunta sotto
l’art. 319 c.p. per violazione dei doveri di fedeltà del pubblico agente, dando
vita, comunque, ad un “persistente contrasto tra diritto vivente e diritto
positivo”, per via dell’assenza del ripristino, nella legge, di criteri ermeneutici
conformi al principio di legalità.317
317
A. GARGANI, Le fattispecie di corruzione tra riforma legislativa e diritto vivente: il “sentiero
interrotto” della tipicità del fatto, in Diritto penale e processo, 9/2014, passim.
185
Nel 2010 la Corte aveva stabilito che il diritto vivente postula “la
mediazione accertativa della giurisprudenza, nel senso che deve riconoscersi ai
giudici un margine di discrezionalità, che comporta una componente
limitatamente creativa dell’interpretazione”, attribuendo allo stesso diritto
vivente “un ruolo centrale nella precisazione del contenuto e della latitudine
applicativa della norma”318
. Il limite a questa attività è la c.d. “linea di rottura”
col diritto positivo319
. I criteri ermeneutici tradizionali evadono, nel caso della
corruzione, il diritto vigente320
in quanto il limite, “la linea di rottura” è stata
ampiamente superata.
Naturalmente il divieto di analogia in questo caso risuona con un’eco
ancora maggiore non esistendo dogmaticamente più alcuna lacuna da colmare,
se non giocando di interpretazione per una vera e propria “questione morale”.
Evidentemente, vi è un problema di congruità e razionalità della
disciplina sanzionatoria, da risolversi al più presto secondo i rimedi previsti
dalla Costituzione, essendo sempre dietro l’angolo la possibilità di abusi a
scapito delle garanzie dell’imputato. Per inseguire la ragionevolezza viene
scavalcata la tipicità, con interpretazioni teleologiche delle fattispecie avulse
dal quadro sistematico.
Questo renderà nella sostanza ancora maggiori le responsabilità della
insufficiente riforma avvenuta con l. 69 del 2015, che non si è minimamente
preoccupata di affrontare la questione.
318
Cass. Pen. Sez. Un. 21.1.2010 n. 18288. 319
Cass. Sez un. 21.1.2010 , n. 18288. 320
A. GARGANI , Le fattispecie di corruzione, p. 1036.
186
7. La legge 27 maggio 2015, n. 69
Oltre ad aver reinserito l’incaricato di un pubblico servizio nella cerchia
dei soggetti attivi della concussione, la legge 27 maggio 2015, n. 69 ha
previsto un aumento del trattamento sanzionatorio per i delitti di corruzione e
induzione indebita a dare o promettere utilità, nonché una nuova circostanza
attenuante ad effetto speciale, che mira ad effettuare una riparazione post-
delictum e che trova fondamento nella minore capacità a delinquere del
colpevole che, successivamente alla commissione del reato, “si sia
efficacemente adoperato” per conseguire in via alternativa uno dei risultati
previsti dalla norma, che sono (naturalmente, prima che tutti i risultati siano
raggiunti autonomamente dagli inquirenti):
1) evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori;
2) collaborare con gli inquirenti per l’individuazione di ulteriori soggetti
responsabili;
3) favorire la raccolta e la conservazione delle prove dei reati o il sequestro
(finalizzato alla confisca) delle somme o delle altre utilità trasferite
all’intraneus.
Per colpire poi i vantaggi conseguiti dall’intraneus dalla commissione
dei delitti di peculato, concussione, induzione indebita e corruzione è stata
introdotta all’art. 322 quater la riparazione pecuniaria, una sorta di riparazione
coattiva di indubbio carattere afflittivo-sanzionatorio (e non già risarcitorio
restando impregiudicato il diritto al risarcimento dei danni) che va ad
aggiungersi agli altri strumenti coercitivi previsti dagli artt. 322 ter, 335 bis 19
d.lg. n. 231/2001, e dalla confisca allargata di cui all’art. 12 sexies d.l. n.
306/1992.
187
La legge ha poi apportato specifiche modifiche agli artt. 165 c.p. e 444
c.p.p. che hanno finito per incidere sull’applicazione delle norme sulla
corruzione. È stato deciso che:
1) il beneficio della sospensione condizionale della pena sia subordinata al
pagamento di una somma –equivalente al profitto del reato ovvero
all’ammontare di quanto indebitamente percepito dall’intraneus – a titolo di
riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del
suo funzionario infedele (ovvero, nel caso di cui all’art. 319 ter,in favore
dell’amministrazione della giustizia), fermo restando il diritto all’ulteriore
eventuale risarcimento del danno (art. 2)
2) il ricorso al patteggiamento sia condizionato alla “restituzione integrale del
prezzo o del profitto del reato” (art. 6).321
Presentando elementi di novità degni di apprezzamento e un’azione
attuata sulle tre necessarie direttrici politico-criminali (inasprimento
sanzionatorio a fini deterrenti, recupero coattivo del vantaggio illecitamente
ottenuto dai pubblici agenti, incentivazione della collaborazione processuale
di corrotti e corruttori), abbiamo anche dei principi di fondo validi (a
differenza della regolamentazione nello specifico) di una disciplina delle false
comunicazione sociali, condotte spesso funzionali alla corruzione: tornano ad
essere un delitto procedibile d’ufficio, salvo le ipotesi di lieve entità (oggetto
di accertamento da parte del Giudice il quale dovrà tener conto “della natura e
delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”).
Ma anche questo nuovo sforzo legislativo non è immune da difetti che
complicano il lavoro dell’interprete e potrebbero ostacolarne l’esito
positivo.
321
Cfr. C. BENUSSI, op. cit., pp.249-250.
188
Per quanto riguarda la riparazione coattiva, la quantificazione
dell’ammontare dovuto a titolo compensativo non è rimessa all’apprezzamento
del giudice né commisurata ai pregiudizi complessivamente subiti
dall’amministrazione di appartenenza, ma forfettariamente calibrata sui
proventi materiali indebitamente ricevuti. Tali peculiarità rendono la misura
del tutto inedita nel nostro sistema penale. Le sue caratteristiche rendono
evidente la natura non solo compensatoria, che appare più affine al
disgorgement anglosassone, di cui la dottrina rileva la natura quasi-punitiva,
che al risarcimento del danno322
, ma anche (e soprattutto) punitivo-
deterrente323
. I problemi maggiori, sono di coordinamento e sovrapposizione
con l’istituto della confisca del prezzo o profitto del reato ex art. 322 ter c.p.
L’unica concreta differenza appare di tipo processuale: la possibilità di
anticipare la confisca in via cautelare attraverso il sequestro. Per queste
ragioni, un’irrogazione cumulativa comporterebbe una violazione del ne bis in
idem sanzionatorio e del principio di proporzione (art. 3 Cost.), scongiurabile
solo attraverso un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente
(CEDU) orientata.
Di fatto, e prescindendo dalle differenze nominalistiche, la somma delle
due misure darebbe luogo ad una pena patrimoniale, formalmente inespressa,
quantificata nel doppio del vantaggio illecito.
322
In chiave civilistica, comunque, la misura: cfr. P. PARDOLESI, Profitto illecito e risarcimento del
danno, Trento, 2005, 323
Cfr. C. BENUSSI, sub art. 322-quater, in E. DOLCINI – G.L. GATTA, Codice penale
commentato, IV ed., Milano, 2015, p. 462; del pari, A. SPENA, Dalla punizione alla riparazione?
Aspirazioni e limiti dell’ennesima riforma anticorruzione (l. 69/2015), in Studium Iuris, 2015?,
cit., § 5 (“pena patrimoniale”); F. CINGARI, Una prima lettura delle nuove norme penali a
contrasto dei fenomeni corruttivi, in Dir. pen. proc., 2015, cit., 810 (“natura sostanzialmente
punitiva”).
189
Per quanto riguarda le responsabilità omissive della legge, possiamo
vedere che:
1) l’art. 317 bis c.p. continua, incomprensibilmente, a non menzionare l’art.
319 quater c.p. tra gli illeciti a cui si applica il regime speciale
dell’interdizione dai pubblici uffici;
2) è rimasta invariata anche l’estensione – operata dalla l. n. 190/2012 –
dell’art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992 all’intero art. 319 quater e non solo al
suo primo comma, con la paradossale conseguenza che l’indotto potrebbe
astrattamente vedersi irrogata tale ipotesi particolarmente severa di confisca,
diversamente dai condannati per fatti di corruzione attiva ex art. 321 c.p., non
richiamato dal predetto art. 12sexies.
3) in seno al d.lgs. n. 231/2001 (art. 25), la dazione/promessa indotta ex art.
319 quater, comma 2, c.p., può ancora determinare per l’ente collettivo
conseguenze sanzionatorie più gravi di una corruzione, sia propria che per
l’esercizio delle funzioni, nonostante sia punita assai meno severamente di
queste ultime ipotesi.324
La novella del 2015 ha però almeno collocato il nuovo reato di
induzione ex art. 319 quater in posizione mediana anche dal punto di vista
della pena edittale, non avendo voluto accogliere le istanze di semplificazione
di un impianto normativo rivelatosi presto fonte di seri disorientamenti
giurisprudenziali, in particolare affiancando alle diverse figure di corruzione
soltanto la concussione mediante costrizione e sopprimendo la nuova
fattispecie induttiva. Tanto meno il legislatore ha virato verso la soluzione
324
V. MONGILLO, Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del
2015, in Diritto Penale Contemporaneo, 15 dicembre 2015,
http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1450033938MONGILLO_2015a.pdf
190
radicale della previsione di un’unica macro-fattispecie di corruzione, secondo
il noto “Progetto Cernobbio” del 1994.
Ha almeno rimediato cosi agli elementi di irragionevolezza del
precedente quadro sanzionatorio. Infatti, l’abuso induttivo del pubblico agente
è ora punito nel massimo più severamente della corruzione propria e più
tenuamente della concussione.
8. Corruzione politico-amministrativa, lobbying e corruzione privata
Muovendoci sulla sottile linea di confine tra legalità e corruzione
politico-amministrativa, notiamo che in Italia non sono ancora presenti delle
norme preventive con caratteri sanzionatori tese a ridurre e controllare il
fenomeno del lobbying, salvo i rari casi dove è possibile qualificare il traffico
di influenze illecite, e, sulle formazioni delle lobby, soprattutto in relazione al
mondo delle multinazionali, prima del contatto con il mondo politico, locale,
nazionale e transnazionale, una sufficiente regolamentazione preventiva e
repressiva della corruzione privata.
In Italia il lobbismo e la rappresentanza degli interessi organizzati
hanno assunto uno sviluppo molto ampio a causa di alcuni fattori legati al
sistema politico. Parliamo di una vera e propria forma di rappresentanza non
regolamentata dal punto di vista normativo; è un esempio di pressione di
gruppi, inizialmente portatori di interessi diffusi, oggi sempre meno,
particolarmente condizionato dalla cultura politica nazionale, e, circolarmente,
a sua volta condizionante la politica. È un modello di relazione istituzionale
più orientato all’esercizio dell’influenza come relazione sociale duratura che
alla comunicazione come processo per il singolo obiettivo.
191
Ma soprattutto, è un sistema basato sui rapporti diretti e immediati tra
lobbista e decisore piuttosto che su forme indirette di pressione
(grassroats325
lobbying).
Il neo-corporativismo e la concertazione che hanno favorito sindacati e
gruppi di datori di lavoro nella partecipazione alle politiche pubbliche (da
questo, l’accezione positiva di portatore di interessi), dimostrano l’enorme
difficoltà che sottende la scrittura legislativa in materia ma ancor più la gravità
dell’assenza di un tentativo, di una legge nazionale in materia di lobby 326
.
La contiguità tra lobbying e corruzione è fortissima. La linea di confine
che divide i due comportamenti è estremamente sottile e possiamo ipotizzare
che proprio aver ammesso il lobbying e dato una forma regolata a questa
attività tramite vere e proprie consuetudini, non codificandola, abbia costituito
una barriera verso una autentica lotta alla corruzione politico-amministrativa.
C’è un intreccio sottile, ma totalmente distruttivo, che lega il
riciclaggio, nazionale e internazionale, al lobbying, alla mafia e all’ecomafia, e
alle grandi opere, ecologiche o meno, che ricorda quanto è necessaria una
regolamentazione di questa materia, anche a livello europeo, per una reale
lotta alla criminalità nazionale e transnazionale.
Basti pensare al problema che sta emergendo, ad esempio, sul Tap, come
riportato in un’inchiesta dell’Espresso del 2 aprile 2017.
La corruzione si lega al riciclaggio, alla mafia, alla legislazione e alla
politica internazionale, soddisfa varie esigenze, come quella, legittima, dei
gruppi economici di perorare la propria causa presso entità istituzionali.
325
In inglese “radici dell’erba”, il termine intende un movimento politico creatosi in modo autonomo
e spontaneo all'interno di una comunità. 326
MARIA CRISTINA ANTONUCCI, Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle
istituzioni politiche europee e italiane, Roma, Carocci, 2012, p. 110
192
Queste esigenze vengono riassorbite dall’attività di lobbying che finisce
per sottrarre così alcune delle giustificazioni morali della corruzione stessa e
marcare l’aspetto “legale” del comportamento corrotto, aumentando la
percezione di criminalità dello stesso e elevando i costi morali connessi allo
scambio corrotto.
Essendo tecnicamente il lobbying inteso anche in una concezione
positiva e permessa, la normativa nazionale ha, per ora, dopo più di una
trentina di disegni di legge dal 1976 (anno cui risale la prima proposta in
materia)327
, regolamentato preventivamente le sole lobby di Montecitorio, con
regolamento in vigore dal 10 marzo 2017328
e che introduce
a Montecitorio il registro pubblico dei portatori di interessi (con porte aperte ai
condannati da più di 10 anni, quindi anche a molti condannati di Mani pulite).
La regolamentazione riguarda esclusivamente il lobbying c.d. “one-
shot” ovvero quella azione di pressione che è specificatamente finalizzata a far
approvare o non far approvare una singola puntuale norma. Ciò lo si ricava dal
fatto che all’articolo 2 si richiede al lobbista di indicare, fin dal momento
dell’iscrizione, chi intende contattare e quali azioni intenda compiere.
Viceversa è noto che il lobbying consiste anche in una attività
permanente di monitoraggio: ed è proprio a seguito di questo monitoraggio
che ci si attiva - quando serve - a contattare il decisore pubblico. ”Risulta
quindi difficile, se non impossibile, indicare fin da principio chi si incontrerà e
cosa si andrà a fare, a meno che non si voglia inserire una descrizione molto
327
Sul punto, SGUEO, Lobbying e lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale, Egea,
Milano, 2012, 145. 328
Approvato il 26 aprile del 2016, il Regolamento dell'attività di rappresentanza di interessi nelle
sedi della Camera dei deputati
193
generica (quindi inutile) e il nominativo di tutti i 630 deputati così da non
rischiare di essere sanzionato”329
.
Non vi è alcuna prevenzione della politica fuori dal Parlamento di
questo fenomeno, al quale hanno tentato di porre rimedio alcune regioni
italiane approvando delle leggi regionali in materia di disciplina del
lobbying330
.
Sul livello penale, visto che la peculiare relazione tra il mediatore e le
istituzioni porta con sé il pericolo di derive patologiche, anche molto gravi,
con il rischio di sovrapposizioni tra condotte lecite e condotte illecite e
identificazione tra la figura del lobbista e quella del c.d. “faccendiere”, la
repressione attualmente potrebbe essere prevista solo ove vi sia l’azione
intermediaria dietro pagamento, come traffico di influenze illecite, e
soprattutto ove, con reali ed effettive relazioni esistenti con il pubblico
ufficiale competente, emani quest’ultimo quel determinato atto richiesto.
Si potrà avere concorso in corruzione, con riguardo alle attività di
lobbying in senso stretto (si ritiene ex art. 318 c.p.) in cui il corruttore si limiti
ad “incentivare economicamente” le decisioni di un pubblico agente già
fermamente convinto di deliberare in senso conforme alle aspettative del
lobbista sulla specifica e circoscritta materia d’interesse dell’ente erogante
(vedi capitolo IV).
329
P. PETRILLO, Il regolamento sulle Lobby alla camera? Meglio di niente, su Publicpolicy.it, 14
febbraio 2017http://www.publicpolicy.it/regolamento-lobby-camera-meglio-di-niente-67097.html 330
L. R. 5/2002 Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale
della Toscana; L. R. 24/2004 Norme per la trasparenza dell'attività politica ed amministrativa del
Consiglio regionale del Molise; L.R. 61/2010 Disciplina sulla trasparenza dell'attività politica e
amministrativa e sull'attività di rappresentanza di interessi particolari; Legge Regionale n. 17 del
2016 (Disciplina per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi nei processi
decisionali pubblici presso il Consiglio regionale
194
Essendo nel ramo politico troppo e troppo spesso intersecati i sottili
conflitti di interessi e le delicate agevolazioni a lobby da cui ricavare svariati
tornaconti, soprattutto a livello “parlamentare”, l’ambito più libero e protetto
di azione pubblica e allo stesso tempo più potenzialmente dannoso, tutte
queste figure, che già erano manifeste durante Tangentopoli, continuano a
rimanere nello scheletro della nostra Nazione. Di sicuro, prima di addentrarci
nell’analisi della corruzione specifica del politico e del parlamentare, e, quindi
nell’analisi che affronterà la configurazione delle corruzioni in senso stretto,
una riflessione su una più forte penalizzazione della corruzione privata sembra
necessaria. Si influirebbe negativamente sul fenomeno di lobbying, agendo
sulla regolamentazione, controllo e “standardizzazione” dell’extraneus nel
senso almeno di ridurre maggiormente una formazione che, già prima di
raggiungere i pubblici uffici, è spesso inclusiva di condotte corruttive secondo
i canoni europei e in linea con le strutture delle corruzioni “pubbliche” del
codice penale. Oltre che, ormai, tutelando, nell’era della privatizzazione e
degli “Stati nel mercato”, sia servizi prevalentemente pubblici erogati da
privati, sia la concorrenza micro e macroeconomica, per una lotta alla
corruzione orientata a 360 gradi.
In queste riforme politiche dell’era del capitalismo, dove le
statalizzazioni sono lontane e dove molti dei diritti essenziali che dovrebbero
essere erogati dallo Stato vengono ormai erogati da aziende grandi e medio
grandi, dalle scuole, alla sanità, all’energia, al progresso e alla ricerca
scientifica e al mondo (mercato) del lavoro, nei modelli estremamente liberali
che tendono a privatizzare e ad aumentare i rischi di infiltrazione nel pubblico,
che tendono a separare “funzione sociale” e “proprietà privata” verso una
sempre più violenta libertà di iniziativa economica, e in assenza di una politica
di “ripubblicizzazione” costituzionalmente orientata almeno in quelli che
195
sarebbero diritti “esclusivi” dello Stato, come sanità e istruzione, è evidente
che non può parlarsi oggi di lotta alla corruzione esclusivamente sul piano
della corruzione “pubblica”.
In questi modelli di governance, l’Italia ha quantomeno bisogno di
maggiore coscienza e responsabilizzazione politico-economica, realizzando
una lotta alla corruzione che non si rivolga “maggiormente” alla corruzione
del “pubblico agente”. E inoltre, non è anche un problema prodromico al
successivo rapporto, ricercatissimo dalle aziende, che si avrà con il settore
pubblico?
Se oramai è assodato che la corruzione è un crimine anche contro
l’economia dello Stato, assecondando una politica economica estremamente
liberale, e avendo rinunciato (si spera, solo per il momento) ad un recupero di
un’organizzazione statale che si riappropri di un’erogazione esclusiva di sanità
(naturalmente, dopo l’instaurazione di un concorso pubblico per i dirigenti
A.S.L. che spesso sono inseriti con nomina politica per agevolare primari e
cliniche private o lobby farmaceutiche331
) e istruzione, sicuramente lontana
dalla statalizzazione di imprese per costruzioni pubbliche ed erogazioni di
servizi in genere, quantomeno non si escluda una buona regolamentazione
della corruzione tra persone (fisiche o giuridiche) private, che influenzano
l’economia dello Stato.
Sempre più aziende, a seguito di deverticalizzazione delle
organizzazioni aziendali, sono a rischio corruzione, essendo soprattutto prassi
ormai consolidata decentrare all’esterno e/o all’estero intere fasi produttive.
331
Confronta questa inchiesta:
milano.repubblica.it/cronaca/2017/03/23/news/tangenti_nella_sanita_arrestato_medico_del_pini-
161192802/
196
Ma soprattutto, per quanto riguarda i servizi amministrativi, vi è il
problema della pratica dell’outsourcing, pratica attraverso la quale un’azienda
delega ad un’organizzazione esterna un’attività necessaria all’esercizio
dell’impresa che però non rientra nelle sue competenze: è il caso delle attività
di contatto con la clientela, spesso affidata a società diverse. Basti pensare alla
responsabilità civile auto, che delega l’istruttoria delle pratiche relative ai
sinistri stradali ad un’altra società o a singoli professionisti. Questo aumenta il
grado di incertezza degli operatori, e si risolve in un rilevante aumento dei
costi , sia perché le tangenti non sono fiscalmente deducibili, sia perché,
essendo tra privati, vi è il rischio maggiore “decisivo, quando si tratta in
particolare di strumenti di innovazione, già rischiosi per loro natura”332
. Stante
allora le debolezze, che affronteremo velocemente, della criminalizzazione
italiana della corruzione privata, la stessa politica di eccessiva privatizzazione
risulterà in contrasto ad ogni lotta alla corruzione.
Naturalmente è necessario precisare che nell’ordinamento italiano,
anche prima della riforma dell’art. 2635 c.c. rubicato “corruzione tra privati”
erano e sono previste svariate norme per controllare (più che contrastare) la
corruzione tra privati.
Innanzitutto vi è l’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti) , che
disciplina la corruzione tra soggetti privati nell’ambito dello svolgimento di
pubblici incanti o delle licitazioni private.
Nella legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942 n. 267), poi, l’art. 233
sanziona il c.d. “mercato di voto”, a tutela della par condicio creditorum e
della regolarità della procedura concorsuale prevedendo che: “Il creditore che
332
G.GALEAZZI, Corruzione, efficienza del sistema produttivo e sviluppo economico, in AA.VV., la
corruzione tra privati, a cura di R. ACQUAROLI e L. FOFFANI, Milano 2003, p. 183.
197
stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore
per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei
creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non
inferiore a euro 103. La somma o le cose ricevute dal creditore sono
confiscate. La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato con il
creditore nell’interesse del fallito.” Ai fini dell’integrazione del reato è
sufficiente la mera stipulazione dell’accordo in vista della prestazione del voto
da parte del creditore, indipendentemente dal pagamento del prezzo della
corruzione e dall’effettivo esercizio del voto.333
Abbiamo poi la c.d. “frode sportiva”, disciplinata dall’art. 1 della l. 13
dicembre 1989, n. 401, che prevede la punizione dell’offerta o della promessa
di denaro o altra utilità o vantaggio ai partecipanti di una competizione
sportiva al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al
suo svolgimento fisiologico. Inoltre, quando si sia in presenza di società
sportive quotate in borsa, la frode sportiva potrebbe provocare un pregiudizio
indiretto nei confronti del pubblico degli azionisti e dei risparmiatori334
.
Infine, il d.lgs. 39/2010 (che ha abrogato l’art 174 ter e lo ha sostituito
con l’art. 28) disciplina la “corruzione dei revisori” prevedendo che: “I
responsabili della revisione legale, i quali, a seguito della dazione o della
promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi
inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la
reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette
l’utilità. Il responsabile della revisione legale e i componenti dell’organo di
333
D.PERRONE, L’introduzione nell’ordinamento italiano della fattispecie di corruzione privata: in
attesa della legge 25 febbraio 2008, n. 34, in Cass. pen., 2009, p. 771 ss. 334
R. ACQUAROLI, L.FOFFANI (a cura di), La corruzione tra privati. Esperienze comparatistiche e
prospettive di riforma, Milano, 2003, p. 21.
198
amministrazione, i soci, e i dipendenti della società di revisione legale, i quali,
nell’esercizio della revisione legale dei conti degli enti di interesse pubblico o
delle società da queste controllate, fuori dei casi previsti dall’articolo 30, per
denaro o altra utilità data o promessa, compiono od omettono atti in
violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da
uno a cinque anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l’utilità. Si
procede d’ufficio”.
Comunque, nei limiti del principio di tassatività e del divieto di
analogia in malam partem, la “corruzione tra privati” veniva punita come
truffa, di cui all’art. 640 c.p. o come appropriazione indebita, di cui all’art. 646
c.p.. nel nostro ordinamento, solo qualora la condotta fosse concretamente
riconducibile nell’alveo di una delle fattispecie, presentando tutti gli elementi
costitutivi indicati dalla norma in questione.
La legge n. 190/2012 (art. 1, comma 76), la quale ha sostanzialmente
riformulato l’art. 2635 c.c., per ottemperare ai numerosi obblighi assunti in
sede internazionale, ha attuato soprattutto la: a) modifica della rubrica
dell’articolo – non più infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità ma
corruzione tra privati; b) estensione dei soggetti attivi del reato – non più
soltanto quelli di cui al primo comma ma anche “chi è sottoposto alla
direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma”; c)
introduzione della punibilità d’ufficio nel caso in cui “dal fatto derivi una
distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”.
Dal cosiddetto Progetto Mirone in una sorta di continuum ideale alla
riforma dei reati societari (d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61), sulla scorta
dell’Azione comune 98/742/GAI, nacque quella che poi verrà chiamata
“infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” di cui all’art. 2635 c.c.,
che, come ancora oggi, incrimina non tanto direttamente la corruzione privata,
199
quanto piuttosto le conseguenze di questa, quando abbiano carattere nocivo
per il patrimonio della società cui fa capo il corrotto.
La riforma corregge alcuni dei difetti che affliggevano la vecchia
formulazione, sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista
politico-criminale. L’innalzamento del minimo edittale e la responsabilità
degli enti rientrano tra le modifiche esplicitamente positive. Tra le modifiche
implicitamente positive troviamo: la modificazione dell’ambito dei soggetti
attivi, la violazione degli obblighi di fedeltà e la deroga al principio della
procedibilità a querela. Altre modifiche, come la “clausola di consunzione”335
hanno un valore che non riesce ad assumere chiarezza e non alterano la
struttura fondamentale delle fattispecie incriminate, nelle quali la corruzione
privata continua non a comprendere una condotta illecita direttamente
incriminata, ma solo un perfezionamento di quella che, in definitiva, continua
ad essere nient’altro che una forma speciale di infedeltà336
.
A differenza di una vera e propria corruzione, la cui struttura si risolve
interamente nella stipulazione di un patto corruttivo337
, i reati incriminati nel
335
Delimita l’ambito di applicazione delle fattispecie incriminatrici ponendo ad apertura del primo
comma una clausola di consunzione (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”), della quale,
per la verità, non è facile capire l’effettiva portata. Per una possibile spiegazione, cfr. A.
MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2701 (si tratterebbe
« di una scelta legislativa volta ad impedire il possibile concorso reale con le fattispecie di
“corruzione” di pubblici funzionari »). Diversamente A. ALESSANDRI, I reati di riciclaggio e
corruzione nell’ordinamento italiano: linee generali di riforma, in Dir. pen. cont. (25 marzo 2013),
20, che la ritiene « del tutto superflua » 336
E. DOLCINI, F. VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. -
Riv. trim., 1/2012, 245; G. ANDREAZZA, L. PISTORELLI, Una prima lettura della l. 6 novembre
2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità
nella pubblica amministrazione). Relazione a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di
Cassazione, in Dir. pen. cont. (20 novembre 2012), 19; A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. («
Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2698 ss.. 337
Cfr. A. SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politicocriminali, in
Riv. trim. dir. pen. ec., 2007, 809-13.
200
nuovo art. 2635 c.c. continuano a ruotare su una doppia causalità338
che dal
patto corruttivo porta alla produzione di un nocumento per la società e/o di
una distorsione della concorrenza, passando attraverso il compimento della
condotta oggetto di corruzione, secondo un modello che ricorda, nelle
movenze, quello di altri delitti contro il patrimonio, quali l’estorsione (art. 629
c.p.) e la truffa (art. 640 c.p.).
In questo contesto, appare tutt’altro che apprezzabile339
la novità
introdotta dal legislatore del 2012, ossia il cambio impresso alla rubrica
dell’articolo.
Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità era, se non altro,
espressione veritiera, che sintetizzava in maniera limpida (solo un po’ troppo
pudica, forse) il contenuto dell’incriminazione; “parlare oggi di corruzione fra
privati, come fa la nuova rubrica, sa tanto di una maldestra e velleitaria truffa
delle etichette.”340
La corruzione, così come intesa a livello pubblicistico, sulla centralità
del pactum, potrebbe, anche se con difficoltà, in assenza di nocumento,
quantomeno pienamente qualificare il tentativo punibile.
La “violazione degli obblighi di fedeltà” (che richiama l’art. 2105
c.c.341
), accanto e in alternativa alla “violazione degli obblighi inerenti
338
Cfr. ad es. R. BARTOLI, Corruzione tra privati, in B.G. MATTARELLA, M. PELISSERO (cur.),
La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013, 439. 339
Di diverso avviso, tuttavia, A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur.
it., 2012, 2699. 340
Cit. A. SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 c.c., in Riv. It. dir. E proc. Pen. 2-
2013, p. 698. 341
Sul lavoratore subordinato (l’agente) nei confronti del suo datore di lavoro (il principale), di non
chiara identificazione. Infatti la Giursiprudenza è anche arrivata a ricomprendere ogni caso in cui il
lavoratore tenga comportamenti in conflitto con finalità e interessi dell’impresa, o che comunque
siano tali da incrinare il rapporto fiduciario con il ‘principale’, quindi in violazione della leale
concorrenza. Cfr. ad es.: Cass. civ. (sez. lav.), 19 aprile 2006, n. 9056 (“Il dovere di fedeltà, sancito
dall’art. 2105 c.c. si sostanzia nell’obbligo del lavoratore di tenere un comportamento leale verso il
201
al[l’]ufficio”, quale contrassegno caratterizzante l’atto oggetto di corruzione,
dal quale il “nocumento per la società” deve discendere, e la deroga al
principio della perseguibilità a querela, riferita al caso in cui “dal fatto derivi
una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi” (quinto
comma) pongono non pochi problemi alla deduzione della ratio della tutela
della norma, che sembra non superare la prima versione “patrimonialistica”
del 2002, ma aprirsi alla tutela del lealismo e della fiducia per distorsione dei
processi decisionali sulla scia del common law, da rinvenirsi ne “la violazione,
o l’induzione a violare, il dovere di buona fede e lealtà che un agente deve al
proprio principale”, o addirittura alla tutela della concorrenza, del libero
mercato e, automaticamente, anche dell’economia pubblica nel momento in
cui uno Stato sceglie di percorrere la strada del liberismo, che quindi
imporrebbe una maggiore punibilità e la procedibilità d’ufficio.
Intervenendo sempre in parte anche su questo ultimo punto, la norma si
pone in precario equilibrio tra le tre forme di tutela, peccando di insufficienza
sulle tre trincee difensive, permettendo di parlare, insieme ad una scarna
regolamentazione preventiva, più che di lotta alla corruzione privata, di
“tentativi di difesa dalla corruzione”.
Interessa in questa sede riconoscere che introdurre nei reati di infedeltà
da corruzione una dimensione pubblicistica prima radicalmente inesistente è
comunque un passo in avanti che il legislatore avrebbe dovuto perfezionare: la
deroga al principio della perseguibilità dei reati a querela della società qualora
datore di lavoro e di tutelarne in ogni modo gli interessi”); Cass. civ. (sez. lav.), 1 febbraio 2008, n.
2474 (“Il lavoratore è tenuto ad astenersi dal porre in essere, non solo i comportamenti
espressamente indicati nell’art. 2105 c.c., ma anche qualsiasi altra condotta che, per la natura e per
le possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura
e nell’organizzazione dell’impresa, ivi compresa la mera preordinazione di attività contraria agli
interessi del datore di lavoro potenzialmente produttiva di danno”).
202
“dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o
servizi”.
Peccato che senso e implicazioni di questa deroga sono agli antipodi
della chiarezza.
Si intende la concorrenza macro-economica? Tutela necessaria, ma
esclusa senza una precisa descrizione di specifiche conseguenze. Attualmente
è assodata l’impossibilità di verifiche empiriche342
. O altrimenti, come in altri
ordinamenti, ma in contrasto logico con tutto il dettato che comunque non ne
permetterebbe attuazione, si tratterebbe di ripensare ad un reato di pericolo
astratto343
e non di danno concreto come effettivamente è. Non è quindi, la
concorrenza così come intesa dalle visioni sovranazionali, come la Decisione
quadro 2003/568/GAI.
Si riferisce alla concorrenza incentrata sulla tutela della libertà di
iniziativa economica dell’imprenditore? Questa sembra già essere risolta (e
attribuita a querela) nella violazione dell’obbligo di fedeltà, che nella
giurisprudenza civile sembra ricomprendere le suddette condotte.
Per esclusione, si può per ora ritenere che il riferimento vada alla
concezione di concorrenza microeconomica, quando investe persone offese in
qualità di consumatori, e l’interesse, pubblico, della società di consumo
privato.
Per questo motivo, concreto e di orientamento del principio, allora,
bisognerebbe quantomeno prediligere le interpretazioni più estreme che
leggono alternatività tra il cagionare “nocumento alla società” oppure una
“distorsione della concorrenza” nella acquisizione di beni o servizi, anche in
342
V. MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, Napoli, 2012, 200 s. 343
A. SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politicocriminali, in Riv.
trim. dir. pen. ec., 2007, 833 s.
203
ossequio all’interpretazione dell’assonanza “salvo che il fatto..” e “salvo che
dal fatto…”344
che permettono di prescindere dal nocumento.
Al di là della posizione intermedia tra le tre tutele, l’importante è che
oggi può dirsi superata l’esclusività della concezione patrimonialistica, verso
un modello di incriminazione nel quale, accanto e in alternativa alla tutela del
patrimonio sociale, comincia a trovare spazio anche una tutela diretta della
concorrenza concepita, in una accezione ‘più moderna’, quale bene facente
capo al pubblico, ai consumatori. Un modello, per dirla con le parole di Spena,
“sincretistico”. Ma sono in cantiere nuovi progetti, che sembrano lasciare il
campo esclusivamente alla concezione lealista.
Il 14 aprile 2017 entra in vigore il d.lgs. 15 marzo 2017, n. 38. Nella
riunione del 14 dicembre 2016, il Consiglio dei Ministri aveva approvato, in
via preliminare, lo schema di disegno di legge con il quale si è data
attuazione alla delega legislativa, contenuta nell’art. 19 l. 12 agosto 2016, n.
170 (c.d. Legge di delegazione europea 2015). Si è intervenuti sulla
corruzione tra privati.
L’ambito di applicazione della fattispecie viene esteso dalle società
commerciali a qualsiasi “ente privato”. L’innovazione in parola ha
comportato l’esigenza di adeguare la rubrica del Titolo XI del Libro V del
Codice civile, che diventa con l’articolo 2 del decreto, “Disposizioni penali
in materia di società, consorzi ed altri enti privati”.
Sul versante dei soggetti attivi, la platea dei “corruttibili” si estende in una
duplice direzione.
344
Cfr. A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2701; A.
SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 c.c., in Riv. It. dir. E proc. Pen. 2-2013,
p. 713.
204
Innanzi tutto, – venendo incontro alle sollecitazioni europee – si introduce la
possibilità che tanto le condotte di corruzione passiva, quanto quelle di
corruzione attiva siano realizzate “anche per interposta persona” (art. 3).
L’espresso riferimento alla responsabilità dell’intermediario nel
rapporto corruttivo non pare, in realtà, realmente innovativa, atteso che alla
medesima si può comunque giungere applicando le norme sul concorso di
persone345
. In secondo luogo, si prevede la punibilità del fatto commesso
“da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita
funzioni direttive diverse proprie dei soggetti di cui al precedente periodo”,
ovvero “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla
redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori”
Passiamo ora a volgere un breve sguardo alla struttura del fatto
incriminato. L’art. 3 del Decreto legislativo, riscrive il primo comma
dell’art. 2635 c.c.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli
amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti
privati, che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, denaro o
altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per
omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti il loro ufficio o degli
obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni”.
La modifica del fatto tipico produrrà un forte impatto sull’assetto
complessivo di questo intervento penale.
345
Cfr. E. LA ROSA, Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: dal modello
“patrimonialistico” a quello “lealistico”, in Diritto Penale contemporaneo, 23 dicembre 2016
205
L’effetto delle suddette modifiche è evidente: avvicinare lo schema
tipico della “Corruzione tra privati” a quello della corruzione propria
antecendente.
La stessa eliminazione dell’evento di danno è un approdo necessario
e soprattutto tardivo. Si è finalmente riusciti a liberare la punibilità
dell’accordo corruttivo dalla verificazione di un “nocumento alla società”,
un elemento sempre stato distonico rispetto allo schema tipico della
corruzione, che ancorava la figura allo schema di una “infedeltà a
seguito della dazione o promessa di utilità”, anche dopo la novella del 2012.
Sul versante delle condotte, nel primo comma dell’art. 2635, entra a
far parte del dettato– accanto alla ricezione e alla accettazione della
promessa- la sollecitazione, in opposizione, nel terzo comma, all’offerta.
L’inserimento di tali particolari modalità di realizzazione unitamente
alla modifica della struttura del fatto tipico, indurrebbe quasi a pensare ad
una autonomia dell’azione scindendo la corruzione tra privati passiva e
corruzione tra privati attiva. Tale lettura risulta, però, smentita dalla
contestuale introduzione di una autonoma incriminazione ex art. 4 del
decreto della “Istigazione alla corruzione tra privati” (art. 2635 bis, c.c.),
riguardante proprio i casi di “sollecitazione non accolta” e di “offerta non
accettata”.
Lo schema di Decreto legislativo lascia invariate le pene edittali
previste per il delitto di “Corruzione tra privati”. Si prevede, però,
l’applicazione obbligatoria della pena accessoria della “interdizione
temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di
cui all’art. 32 bis del codice penale”.
206
Ulteriori novità, sotto il profilo sanzionatorio, riguardano le persone
giuridiche. La sanzione pecuniaria per i casi previsti dall’art. 2635, co. III,
c.c., viene aumentate e fissata “da 400 a 600 quote”.
La grave mancanza anche di questa riforma è, ancora, sul versante
della procedibilità, che si riversa sul bene giuridico che si richiede di
tutelare, rimanendo immutata la procedibilità a querela “salvo che dal fatto
derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o
servizi”.
Anche per il “nuovo” reato di “Istigazione alla corruzione tra
privati” si prevede la procedibilità a querela. In questo caso, senza deroga
alcuna, non potendosi ipotizzare una distorsione di concorrenza come
conseguenza di una condotta che si esaurisce in un semplice “tentativo” di
corruzione.
Si può dire di essere passati ad un modello “lealistico”, dove l’offesa
colpisce la relazione fiduciaria che lega il soggetto “corrotto” alla società o
all’ente nel cui ambito svolge la propria attività.
Ma il bene giuridico della concorrenza, e della stabilità politico-
economica moderna, che assumono una rilevanza fondamentale nella lotta
alla corruzione, continuano ad essere esclusi nella attuale politica criminale,
mantenendo quindi, ancora, la corruzione tra privati, un recinto che vincola
l’offesa maggiormente al singolo soggetto. Resta ferma un prospettiva di
tutela interna all’ente, confermata anche dalla limitazione della
responsabilità da reato della persona giuridica ai soli fatti di corruzione
privata attiva. Ancora si disattende gravemente una parte fondamentale della
Decisione quadro 2003/568/GAI, il cui art. 5 impone la
corresponsabilizzazione della persona giuridica, tanto per i fatti di
corruzione attiva, quanto per quelli di corruzione passiva.
207
Bisognerebbe, oltre che perfezionare gli ambiti trattati, aggiungere il
tassello, tra diritto penale e prevenzione amministrativa sanzionatoria, che lega
la concorrenza alla politica economica e, oggi, sociale, a prevenzione dei
rapporti amministrativi e legislativi, per controllare le imprese che sicuramente
cercheranno di trattare con le amministrazioni, e soprattutto, le grandi lobby
che tratteranno con gli organi politici.
8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla corruzione in Francia con
obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle imprese
La Francia, accettando le politiche di privatizzazione, ha però da
sempre lavorato alla creazione di una forte struttura repressiva, a volte anche
eccessivamente anticipatoria, ma coerente con le responsabilità che con il
capitalismo e la globalizzazione si concedono alle imprese private, a
prescindere che vengano o meno in contatto con il settore pubblico
(influenzandolo comunque). Forse ancora carenti, ma non rispetto all’Italia, si
rivelano le regolamentazioni delle relazioni con il mondo politico e le lobbies.
Membro del Partito Socialista francese, già nel 1993 Michel Sapin,
aveva permesso di far compiere alla Francia un grande passo in avanti con la
Legge Sapin I. Dal 2012, Michel Sapin è tornato al governo francese per la
modernizzazione della legge, che ha portato il 6 dicembre 2016 alla “Legge n
2016-1691 sulla trasparenza, la lotta alla corruzione e la modernizzazione
dell’economia” (cosiddetta legge Sapin II) e la “Legge Organica N. 2016-
1690” sulle competenze e la giurisdizione del “Défenseur des droits” per
l’orientamento e la protezione degli informatori, i lanceurs d’alerte-
“whistleblowers”.
208
La legge è intesa come uno strumento di prevenzione, prevedendo
obblighi concreti per le imprese, con relative sanzioni anche in assenza di un
reato presupposto. La legge non prevede significativi cambiamenti nelle
pratiche vietate.
La legislazione esistente è già una delle più rigorose al mondo e
riguarda la corruzione passiva e attiva sia nazionale che internazionale, così
come il traffico illecito d’influenze nazionale. I cosiddetti “Facilitation
Payments” sono già molto penalizzati e circoscritti.
La nuova legge estenderà la repressione al traffico illecito d’influenze
internazionale. Per quanto riguarda le disposizioni relative ai libri e alle
registrazioni contabili, esse sono già previste.
In funzione repressiva delle moderne tecniche di delocalizzazione delle
imprese per aumentare i profitti, sottraendosi a più imposte e agendo sotto la
vigenza di altre leggi, la Sapin II, dopo due anni di lavoro e tante modifiche in
corso d’opera, stabilisce la giurisdizione extraterritoriale per i pubblici
ministeri francesi.
La legge si applica pienamente alla corruzione da parte delle imprese
francesi d’oltremare e delle società straniere che esercitano tutte o alcune delle
proprie attività sul territorio francese. I procuratori possono avere il potere di
indagare sugli atti, indipendentemente dal fatto che il reato si sia verificato nel
rispetto di leggi locali differenti da quella francese.
Le aziende con oltre 500 dipendenti o un fatturato annuo di oltre 100
milioni di euro dovranno adottare un adeguato Sistema di Gestione della
Compliance e del Rischio Corruzione (Anti-Bribery and Compliance - ABC)
in assenza del quale la società ed i suoi amministratori saranno ritenuti
responsabili dalla Agence Française Anticorruption (AFA), organismo
indipendente costituito dalla legge stessa. A differenza del D.Lgs. 231/01
209
italiano, con la Sapin II, una società può essere sanzionata per il mancato
rispetto dell’adozione di un ABC Management System, senza che sia stato
preventivamente commesso alcun reato presupposto, a differenza della
legislazione italiana che non sanziona la mancata adozione, rispettivamente,
delle Adequate Procedures o del Modello di Organizzazione, Gestione e
Controllo.
La Sezione 17 della Legge definisce chiaramente otto requisiti
obbligatori per un programma di prevenzione della corruzione ed altri requisiti
potranno essere definiti nel tempo. Le otto misure obbligatorie attualmente
previste sono:
1. realizzare un codice di condotta che definisca e illustri i vari tipi di
comportamenti da evitare che possano caratterizzare corruzione o
traffico d’influenza. Questo codice di condotta è integrato nelle regole
interne della società ed è soggetto, in quanto tale, ad un processo di
consultazione con i rappresentanti del personale di cui all’articolo L.
1321-4 del codice del lavoro;
2. garantire un “sistema di allarme interno” per consentire la raccolta di
segnalazioni da parte dei dipendenti circa l’esistenza di comportamenti
o situazioni contrarie al codice di condotta della società;
3. realizzare una mappatura dei rischi, sotto forma di una documentazione
aggiornata regolarmente e progettato per identificare, analizzare e dare
priorità all’esposizione della società a rischi di sollecitazioni esterne per
la corruzione, in base a particolari settori e aree geografiche in cui
opera la società;
210
4. prevedere procedure di due diligence su clienti, fornitori di primo
livello e intermediari a rischio ai sensi degli esiti della mappatura dei
rischi;
5. realizzare procedure di controllo contabile, interne o esterne, destinate a
garantire che libri, registri e conti non siano utilizzati per nascondere la
corruzione o il traffico d’influenza. Questi controlli possono essere
effettuati dal contabile o dai servizi di controllo finanziario interni
dell’azienda o utilizzando un revisore esterno, in occasione di audit di
certificazione di cui all’articolo L. 823- 9 del codice di Commercio;
6. Prevedere un sistema di formazione per i dirigenti ed il personale più
esposto a rischi di corruzione e traffico d’influenza, ai sensi degli esiti
della mappatura dei rischi;
7. prevedere un sistema disciplinare per punire i dipendenti della società
per violazione del codice di condotta della società;
8. prevedere un sistema di controllo e valutazione interna delle misure
attuate.
Costringendo tutte le aziende con più di 50 dipendenti a stabilire un
meccanismo di whistleblowing ed a fornire “protezione contro le ritorsioni” e
garantendo la riservatezza degli informatori, la Sapin II introduce ampie
garanzie per gli stessi.
I magistrati possono infliggere ammende e pene detentive agli individui
che rivelino l’identità di un informatore o creino un “ostacolo” al processo. Il
regime applica tutela anche ai soggetti disinteressati con la dizione “riportando
disinteressatamente e agendo in buona fede” . L’informatore deve avere
conoscenza diretta dei fatti. La legge offre protezione anche a coloro accusati
211
di essere coinvolti, garantendo l’anonimato fino a quando i fatti sono
dimostrati.
Infine, a differenza degli Stati Uniti, gli informatori possono ricevere
supporto finanziario per un importo da determinarsi da un’autorità
indipendente, ma non possono essere premiati.
Le sanzioni e i controlli saranno responsabilità della nuova agenzia
anticorruzione nazionale denominata Agence Française Anticorruption (AFA),
costituita dalla legge346
.
È ormai assodato a livello europeo, e in particolare in Francia, che
“limiter la lutte contre la corruption à l’édiction de nouvelles incriminations
et sanctions penales ne saurait suffire. Tout comme l’antiblanchiment,
l’anticorruption doit allier prévention et répression. Cette indispensable
réorientation de la lutte contre la corruption est l’oeuvre de la loi Sapin II qui
entend également reforcer l’efficacité des poursuites”347
La nuova normativa francese si apre in maniera sensibilmente
differente dalla precedente legge illuminando nuovamente il futuro
dell’anticorruzione , innanzitutto con una nuova Agenzia. Si arricchisce di
strumenti di prevenzione contro i rischi di corruzioni inedite, agendo:
- sulla necessità di impedire il verificarsi di fenomeni inediti, tramite
la consècration d’une obligation de conformité anti corruption
346
Cfr. C. STRAZZERI https://www.linkedin.com/pulse/approvata-definitivamente-la-legge-
anticorruzione-sapin-strazzeri 347
Cit. Marc SEGONDS, Les apports de la Loi du 9 décembre 2016 à l’anticorruption, in Les Revues
Lexisnexis – Droit Pénal, droit pénal général et spécial- pènal des affaires – procèdure pènale,
febbraio 2017, N. 2, p. 13.
212
- Sulla necessità di prevenire la reiterazione della corruzione, tramite
pene relative al programma di mise en conformité unite a sanctions
du non – respect de la peine de programme de mise en confromitè.
Sul piano precisamente penale, non mancano critiche come la mancata
riforma dell’elemento soggettivo del delit de favoritisme348
. Comunque la Loi
Sapin II ha esteso la portata del reato a tutti gli appalti pubblici e a tutti i
contratti di concessione (che comprendono le delegazioni di servizio pubblico
ma anche opere e concessioni). Ha perfezionato il traffico d’influenze illecite
nei confronti di un pubblico ufficiale presso uno Stato straniero, e per il
potenziamento delle indagini, ha esteso la competenza territoriale francese, per
i casi di complicità in territorio francese di fatti di corruzione commessi
all’estero, fino anche all’estensione della competenza extraterritoriale
francese, nei casi di corruzione commessa all’estero non solo da un francese,
ma anche da chi abbia residenza abituale o tutta o parte della sua attività
economica in Francia.
348
Ai sensi dell'articolo 432-14 del codice penale francese come "l'atto compiuto da persone in
possesso un'autorità pubblica o investita di una missione di servizio pubblico o di pubblici uffici eletti
o in qualità di rappresentante, amministratore o agente di Stato, enti locali, istituzioni pubbliche,
aziende semi-pubbliche di interesse nazionale con una missione di servizio pubblico e le società di
economia mista locale o da qualsiasi persona che agisca per conto di uno di quelli di cui sopra per
procurarsi o tentare di sollecitare un'altra persona a un indebito vantaggio per un atto contrario alle
leggi e regole dirette a garantire la libertà di accesso e parità di candidati in materia di appalti pubblici
e concessioni di servizio pubblico”
“Le fait par une personne dépositaire de l'autorité publique ou chargée d'une mission de service
public ou investie d'un mandat électif public ou exerçant les fonctions de représentant, administrateur
ou agent de l'Etat, des collectivités territoriales, des établissements publics, des sociétés d'économie
mixte d'intérêt national chargées d'une mission de service public et des sociétés d'économie mixte
locales ou par toute personne agissant pour le compte de l'une de celles susmentionnées de procurer
ou de tenter de procurer à autrui un avantage injustifié par un acte contraire aux dispositions
législatives ou réglementaires ayant pour objet de garantir la liberté d'accès et l'égalité des candidats
dans les marchés publics et les délégations de service public”
213
CAPITOLO IV
La corruzione nel sistema politico e la
corruzione del parlamentare
1. Crisi dei partiti e disciplina della politica - 2. Qualifiche soggettive - 3. La corruzione del
parlamentare. Introduzione - 4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana - 5. Tra
diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare - 6. Popolo, nazione e vincolo di mandato -
7. Immunità - 7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti dati
nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la corruzione - 8. Casistica al vaglio della Giunta
per le autorizzazioni a procedere - 9. Discrezionalità, voto e corruzioni - 9.1 Segue: Il Leading-
Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del Tribunale di Napoli in tema di corruzione del
parlamentare
“In Italia abbiamo avuto questo fenomeno strano,
che le riforme politiche hanno contribuito alla degenerazione morale,
e questa, a sua volta, raggiunto un certo grado,
ha perturbato maggiormente le funzioni politiche.
Il voto non ha nessuna garanzia di serietà e di onestà,
e nessuna garanzia da’ all’eletto,
per cui in questa nuovissima democrazia si può,
anche di abiezione in abiezione, salire al sommo potere.”349
1. Crisi dei partiti e disciplina della politica
Il percorso intrapreso ci ha condotto ai vertici decisionali, dove la
corruzione investe spesso la discrezionalità, anche legislativa, sia regionale
che centrale, configurando il fenomeno della corruzione del politico, in
349
R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pagg. 23-32, su questo
articolo, lettera del 20 gennaio 1899. Discorso pronunziato dal Senatore Emilio Pascale,
Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione di Roma nella Assemblea generale del 3
gennaio 1899 – Roma, Tip., Forzani 1899 – Luigi LUZZATTI – Decadenza e risorgimento dei
reggimenti parlamentari (nella nuova Antologia del 16 gennaio 1899) - Carlo F. FERRARIS,
Ordinamenti politici ed educazione politica- Padova, Drucker, 1899, pag 27.
214
generale, e del parlamentare in particolare, in cui il principio della
rappresentanza e della sovranità popolare investe completamente la funzione
pubblico-decisionale, che dovrebbe discendere dall’appartenenza ad un ideale
giuridico e anche politico-filosofico di gestione della cosa pubblica, plasmato
dalle variabili socio-economiche della modernità.
Per una attenta analisi del fenomeno della corruzione politica è
necessario anche “toccare” almeno le fondamentali norme relative alla
ricostruzione e regolamentazione dello status degli esponenti politici, con uno
sguardo al ruolo costituzionale dei partiti e alla loro crisi nel sistema. La
regolamentazione dei partiti, il loro finanziamento, sappiamo poter essere
catalizzatore della corruzione esattamente come un alto grado di personalismo
dell’esponente politico e una tendenza alla imprecisione ideologica,
espressione di un evidente arretramento dello sviluppo post-dittatoriale che si
cerca di nascondere inutilmente sotto l’inconsistente e menzognero velo della
“modernità” e del “superamento delle categorie” della “vecchia politica”,
come destra e sinistra.
La nostra Costituzione introduce una specifica disposizione dedicata ai
partiti politici, l’ articolo 49, che incorpora in sé una netta opposizione alla
concezione individualistica della rappresentanza dello Stato liberale, in cui i
partiti erano “emarginati” con indifferenza, come “fenomeni di mero fatto
esterni all’apparato statale”350
.
Essendosi l’elezione trasformata da tempo da atto di designazione dei
rappresentanti a vera e propria scelta, oltre che di persone, di un indirizzo
350
Così, F. BIONDI, Il finanziamento pubblico dei partiti politici. Profili costituzionali, Milano,
Giuffrè, 2012, p. 43.
215
politico, i partiti non hanno potuto non trovare il loro riconoscimento in
Costituzione, soprattutto con il passaggio dallo Stato monoclasse allo Stato
pluriclasse351
.
Nonostante le loro diverse declinazioni nello Stato costituzionale a
democrazia pluralistica, che approdano anche in controverse democrazie
“bipartitiche” e maggioritarie, essi costituiscono comunque “antidoto” alla
democrazia plebiscitaria352
.
L’art. 49 Cost., pur con l’indubbio merito di aver efficacemente
coniugato il carattere associativo dei partiti con la fondamentale funzione
partecipativa nella determinazione dell’indirizzo politico nazionale, nel
definire il rapporto fra Stato e partito353
, risente di una certa ambivalenza,
tanto più se comparata alle norme di analogo tenore contenute in altre
Costituzioni.
Il ruolo interessante, ma contraddittorio, che l’art. 49 riveste si pone a
cavallo tra diritto fondamentale, radicato nella società, e, ammettendo il partito
“a concorrere alla determinazione della politica nazionale”, pubblico potere
interistituzionale, permettendo anche di parlare di Repubblica dei partiti, la cui
351
Sul passaggio dallo Stato monoclasse allo Stato pluriclasse, cfr. M.S. GIANNINI,
L'amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo, Padova, Cedam, 1988, 55 ss.; ID., Stato
sociale: una nozione inutile, in Scritti in onore di C. Mortati, I, Milano, Giuffrè, 1977, 154 ss.; ID.,Il
potere pubblico. Stato e amministrazioni pubbliche, Bologna, il Mulino, 1986; S. CASSESE, Lo
“Stato pluriclasse” in Massimo Severo Giannini, in L'unità del diritto, a cura di S. CASSESE, G.
CARCATERRA, M. D'ALBERTI e A. BIXIO, Bologna, il Mulino, 1994, 11 ss. Sulla progressiva
“erosione” dello Stato e sulla conseguente difficoltà di parlare ancora di “classi”, cfr. S. CASSESE,
L'erosione dello Stato: una vicenda irreversibile?, in Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, a
cura di S. CASSESE e G. GUARINO, Milano, Giuffrè, 2000, 15 s.; ID., La crisi dello Stato, Roma-
Bari, Laterza, 2002. 352
Cfr. P. RIDOLA, voce Partiti politici, in Enc. dir., XXXII, 1982, 66 ss., ora in Id., Democrazia
rappresentativa e parlamentarismo, Torino, Giappichelli, 2011, spec. 12 ss.; E. ROSSI, voce Partiti
politici, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006, 4148.
353
V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione, in Studi per il ventesimo anniversario
dell'Assemblea costituente, II, Firenze, Vallecchi, 1969, 111 s.
216
deviazione è la partitocrazia. Il legislatore, invece di cogliere la sottile
ambiguità, che avrebbe permesso una duplice e attenta regolamentazione del
concetto di partito costituzionalmente inteso, popolare e istituzionale, ha
scelto di non seguire i suggerimenti dottrinali e di agire superficialmente nella
regolamentazione, permettendo al partito di mantenere questa connotazione
fortemente idealistica, ma materialmente ambigua e indefinita.354
In questo modo, l’interesse personale del singolo “tesserato”,
trasmutato in esponente politico, ha avuto sempre più spazio di azione,
favorendosi il cursus honorum “dentro” il partito, piuttosto che nelle
istituzioni locali o nazionali.
Nel corso degli anni il legislatore ha deciso di spostare l’attenzione
sulla disciplina dei singoli esponenti politici. La tendenza si è ulteriormente
acuita in quanto alla regolamentazione superficiale aveva fatto seguito la
profonda crisi dei partiti politici tradizionali e, negli anni più recenti, la crisi
politico-economico-finanziaria. Dalla regolamentazione dell’associazione, si è
avvertita questa esigenza di passare alla regolamentazione del “singolo”355
,
permettendo, sfruttando la tutela costituzionale di principio, di poter dare, da
una parte, una forza non regolata alla capacità del partito di incidere sulla
politica locale (con “troppi mezzi”), dall’altra, una forza timidamente regolata,
con molte lacune, in ottica liberale e pre-Costituzionale, che riduceva il partito
a fenomeno associativo oscurato dalla azione del singolo.
L’assenza di una legislazione sui partiti, che permetterebbe loro il
riposizionamento costituzionale, continua a riversarsi nel diritto vivente, nella
354
Cfr., G. NEGRI, Per uno studio giuridico dei partiti politici, in Il diritto dei partiti in Italia (1945-
1970), a cura di P. UNGARI, Camera dei deputati, Servizio Studi legislazione e inchieste
parlamentari, Roma, 1971, 3 ss. 355
Cfr G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo status degli esponenti politici e la crisi dei
partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.2, 2015,
217
creazione legislativa e nel rapporto con i privati e con la corruzione. L’unica
eccezione alla regolamentazione, è la fissazione di regole sul finanziamento.
Infatti, con la legge n. 96 del 2012 il Parlamento prova ad intervenire sulla
disciplina dei partiti, muovendo, però, ancora una volta, soltanto dalle regole
del finanziamento pubblico, senza perseguire un’organica regolazione della
materia356
.
È proprio in questo contesto, nella continua inattuazione in maniera non
contraddittoria di entrambe le declinazioni dell’art. 49 Cost., che i tentativi di
fornire una disciplina hanno rivolto l’attenzione maggiormente ai “soggetti”, e
quindi alla regolamentazione dello status e della condotta degli esponenti
politici, nelle discipline normative “generali”, a partire dalla legge n. 190 del
2012, passando per la già richiamata legge n. 96 del 2012 e per il
rafforzamento del regime dei controlli.
I fattori che hanno concorso a spostare il fulcro della legislazione dalla
disciplina dei partiti quali fenomeni associativi a quella dei singoli esponenti
della politica sono da ricondursi, oltre che all’ incapacità del sistema politico
di riformarsi e garantire una coerente disciplina dei partiti politici, dalla
corrispondente assenza di principi regolativi al loro interno: per responsabilità
politica, ci saremmo aspettati auto-nomia, e invece abbiamo avuto anarchia.
La crescente espansione dell’area della consuetudine, del “non
normativamente regolato” nei rapporti tra organizzazioni partitiche e singoli
esponenti della politica, ha prodotto effetti critici su un sistema, basato sui
partiti che, però, non gode più della legittimazione di cui fruivano i partiti
costituenti e, allo stesso tempo, indifferente alle esigenze di regolazione.
356
Sulla legge n. 96 del 2012, si rinvia all'analisi di F. BIONDI, Il finanziamento pubblico dei partiti
politici, cit., 107 ss., spec. 120 ss.
218
A questo fattore, si aggiunga il processo di privatizzazione con cui si
cerca (in opposizione a Keynes) di combattere la crisi, con conseguente
restringimento della dimensione della sfera pubblica, la quale si riflette anche
sul progressivo declino dell’ingerenza dei partiti politici nel governo
dell’economia357
. Questo ha imposto una marginalizzazione del ruolo dei
partiti, giustificando quindi una regolamentazione, piuttosto, nei confronti dei
singoli esponenti di governo degli enti territoriali e degli enti pubblici.
Tutto questo si riversa sugli strumenti si formazione e di selezione delle
candidature: le lacune nel processo di formazione della classe politica,
funzione attribuita ai partiti358
, comporta una emergenziale regolamentazione
in direzione dei singoli esponenti della politica.
Il legislatore, però, disciplinando status e condotta di esponenti politici
non parlamentari (come i tesorieri dei partiti), si pone sul crinale tra esigenze
di regolazione dell’organizzazione partitica, da un lato, e dei singoli esponenti
della politica, dall’altro. È proprio a seguito di scandali suscitati dalle inchieste
giudiziarie relative alle figure dei tesorieri di alcuni partiti ed esponenti politici
locali in merito alla destinazione dei fondi assegnati ai gruppi consiliari
regionali, impegnati in un uso distorto dei fondi pubblici ricevuti dai partiti a
titolo di rimborso elettorale, anche a seguito di carenze delle procedure di
controllo interne ed esterne al partito, che i tesorieri sono stati assoggettati a
stringenti obblighi di trasparenza.
357
Cfr. L. ELIA, L'attuazione della Costituzione in materia di rapporti tra partiti e istituzioni, Estratto
dagli Atti del Convegno di studio su «Il ruolo dei partiti nella democrazia italiana»,, 18-19
settembre 1965, 16. 358
Funzione dei partiti politici espressamente riconosciuta anche dalla Corte costituzionale: si cfr., ad
esempio, la sentenza n. 203 del 1975.
219
I principi ispiratori delle regolamentazioni relative ai titolari di cariche
elettive vengono ad identificarsi nei principi di pubblicità e trasparenza, parità
di chances, di prevenzione di conflitti di interessi e di responsabilità.
Alcuni interventi del legislatore, come quelli relativi alla disciplina di
bilancio degli enti territoriali, sebbene siano prevalentemente indirizzati a
regolare l’amministrazione dell’ente di cui l’esponente politico è responsabile,
hanno disciplinato di riflesso anche le condotte dei singoli politici. Basti
pensare alle norme sul c.d. fallimento politico dei Presidenti delle giunte
regionali che hanno introdotto la prima fattispecie di incandidabilità prevista
dall’ordinamento359
.
Il fulcro della regolamentazione dello status degli esponenti della
politica, risiede nel regime delle incompatibilità, ineleggibilità e
incandidabilità. Queste regolamentazioni sono elementi fondamentali per la
disciplina dello status e della condotta degli esponenti politici. Il sistema
policentrico delineato dal titolo V della parte II della Costituzione mantiene
specifici moniti ai controlli sugli organi degli enti territoriali, tra esponenti, di
partito o puramente “politici”, tra cariche elettive e di governo.
Per quanto riguarda il rafforzamento degli obblighi di pubblicità e di
trasparenza posti a carico dei titolari di uffici pubblici e di taluni enti, a partire
359
“Uno dei punti maggiormente qualificanti del d.lg. n. 149 del 2011 è costituito dall'art. 2, che
disciplina la rimozione del presidente della giunta regionale, ex art. 126 Cost., nonché — tra l'altro
— la sua conseguente incandidabilità per un periodo di tempo di dieci anni, in ragione della
dichiarazione di grave dissesto finanziario della regione (c.d. fallimento politico). Sotto questo
profilo, il decreto legislativo ha attuato la delega di cui agli artt. 2 e 17, comma 1, lettera e), della
menzionata legge n. 42 del 2009, ai sensi della quale, tra l'altro, il legislatore delegato è stato
chiamato a disporre la «previsione di meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo
e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari
assegnati alla regione e agli enti locali», precisando poi che «tra i casi di grave violazione di legge
di cui all'articolo 126, primo comma, della Costituzione, rientrano le attività che abbiano causato
un grave dissesto nelle finanze regionali»”. Cit. G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo
status degli esponenti politici e la crisi dei partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico,
fasc.2, 2015, p. 0339A, 12.
220
dalla loro situazione patrimoniale, si ricordi che la disciplina vigente si
struttura sui pilastri della legge n. 441 del 1982, la quale aveva già dettato
disposizioni circa gli obblighi di pubblicità della situazione patrimoniale di
titolari di cariche elettive e di governo (parlamentari, membri del governo,
consiglieri regionali e componenti di giunta regionale, consiglieri provinciali e
componenti di giunta provinciale, consiglieri di comuni capoluogo di
provincia o con popolazione superiore ai quindicimila abitanti, membri del
Parlamento europeo), imponendo ai membri del Parlamento nazionale di
presentare all’ufficio di presidenza della Camera di appartenenza le
dichiarazioni adempienti gli obblighi di trasparenza. In particolare, necessarie
erano: una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni
mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di
partecipazione a società, l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco
di società; la copia dell’ultima dichiarazione dei redditi soggetti all’imposta
sui redditi delle persone fisiche; una dichiarazione concernente le spese
sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero
l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi
propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla
formazione politica della cui lista hanno fatto parte.360
Recentemente è intervenuto l’art. 12 della legge n. 96 del 2012, come
sostituito dall’art. 15, comma 1, del d.l. n. 149 del 2013, il quale ha esteso la
richiamata disciplina “ai soggetti che svolgono le funzioni di tesoriere, o
360
Cfr. Linee guida di indirizzo del Comitato interministeriale (d.P.C.m. 16 gennaio 2013) per la
predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del Piano nazionale
anticorruzione di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, reperibile al sito www.anticorruzione.it;
L'audizione del Presidente della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e
l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) alla Commissione Affari costituzionali, della
Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati, seduta del 24 ottobre 2012, reperibile
al sito www.camera.it
221
funzioni analoghe, dei partiti o dei movimenti politici che hanno ottenuto
almeno un rappresentante eletto al Senato della Repubblica o alla Camera dei
deputati nonché a coloro che in un partito politico assumono il ruolo,
comunque denominato, di: responsabile o rappresentante nazionale,
componente dell’organo di direzione politica nazionale, presidente di organi
nazionali deliberativi o di garanzia”.
A questa va aggiunta la previsione che, qualora detti soggetti non
ricoprano le cariche elettive o di governo, le dichiarazioni relative alla
situazione patrimoniale personale devono essere comunque depositate presso
l’Ufficio di presidenza del Senato della Repubblica per tutta la durata della
legislatura in cui il partito o il movimento politico ha ottenuto eletti. Partorita
dalla crisi dei partiti politici e dall’intento di rafforzare le misure di
trasparenza e di pubblicità in ordine all’impiego dei fondi pubblici erogati, a
vario titolo, ai titolari di cariche elettive e di governo e ai titolari di cariche di
particolare rilievo assunte nelle organizzazioni partitiche, questa legge attua
un’importante estensione degli obblighi di trasparenza ad esponenti politici,
anche se non titolari di cariche elettive, ma che svolgono comunque funzioni
fondamentali nell’ambito dei partiti, come quella di tesoriere.
Altra menzione importante riguarda l’art. 14 del decreto legislativo n.
33 del 2013361
. Si stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute a
361
L’articolo introduce l'obbligo, a carico di tutte le pubbliche amministrazioni, di pubblicare, in
riferimento ai componenti degli organi di indirizzo politico, «i seguenti documenti ed
informazioni: a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o
del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione
della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi
all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi
titolo corrisposti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e
l'indicazione dei compensi spettanti; f) le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio
1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge,
come modificata dal presente decreto, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai
222
pubblicare documenti e informazioni concernenti i titolari di organi di
indirizzo politico, nonché di incarichi politici statali, regionali e locali, con
esplicito richiamo alla legge n. 441 del 1982.
La presentazione del contesto normativo è necessaria per comprendere
il “vincolo” che ha costituito la redazione della riforma 190/2012, che , come
abbiamo detto nel precedente capitolo, sul piano preventivo ha introdotto
comunque molte modificazioni costruttive, introducendo una nozione
amministrativistica di corruzione, in grado di riflettersi abbastanza
positivamente sulla disciplina della condotta di esponenti politici e
amministratori locali.362
La legge n. 190 del 2012 ha considerevolmente
ampliato l’ambito delle amministrazioni assoggettate alla richiamata
disciplina, includendovi anche le società partecipate363
. Principio che la Corte
Costituzionale ha “protetto” senza difficoltà anche in altri ambiti normativi.
Basti ricordare, a titolo di esempio, che con la sentenza n. 39 del 2014,
la Corte ha ritenuto non fondate le numerose questioni di costituzionalità
promosse da talune regioni e dalla Provincia autonoma di Trento contro l’art.
1, comma 4, del decreto legge n. 174 del 2012. La norma impugnata amplia le
introdotte verifiche sui rendiconti delle sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti anche alle partecipazioni in società controllate e alle quali è
affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività regionale e di servizi
strumentali alla regione, oltre che dei risultati definitivi della gestione degli
enti del Servizio sanitario nazionale. Al riguardo, nella sentenza richiamata, la
Corte costituzionale ha osservato che norme che introducono verifiche sui
parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano».
362 Cfr. M. CLARICHE, B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in La legge
anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di B.G. Mattarella e M.
Pelissero, Torino, Giappichelli, 2013, 60 ss. 363
Si cfr., ad esempio, art. 1, comma 20, della legge n. 190 del 2012.
223
rendiconti, estese anche alle partecipazioni in società partecipate e controllate
dagli enti territoriali, rispondono “alla prioritaria esigenza di garantire
l’armonizzazione dei bilanci e dei conti degli enti territoriali, anche nella
prospettiva del necessario raffronto tra i bilanci pubblici degli enti territoriali,
specie per prevenire squilibri di bilancio in riferimento agli artt. 81 e 119 Cost.
e garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica”364
.
Le stesse verifiche sui bilanci e sui rendiconti, tese a rafforzare i
controlli sui singoli esponenti della politica e sugli amministratori, nonché a
garantire l’armonizzazione dei bilanci e il consolidamento dei conti pubblici
sono estese, oggi, anche alle partecipazioni in società controllate dagli enti
territoriali.
L’art. 1, commi 15-16 e 26-36, della legge n. 190 del 2012, detta
disposizioni particolarmente incisive in materia di trasparenza amministrativa,
a cui vengono assoggettati gli esponenti politici e gli amministratori locali. In
tal modo, gli obblighi di condotta vengono comunque rafforzati.
Il rafforzamento del regime delle incompatibilità e dei divieti
desumibili dalla legge n. 190 del 2012 attiene invece prevalentemente al
profilo dell’eguaglianza di chances. Al riguardo, occorre anzitutto richiamare
la rinnovata disciplina del regime delle inconferibilità degli incarichi pubblici,
ora prevista “in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico
ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con
l’amministrazione che conferisce l’incarico” (art. 1, comma 50, lett. c). Oltre
alla pacifica applicazione a coloro che partecipino a organi di indirizzo
politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, la disposizione in
parola andrebbe estesa anche a coloro che partecipano ad organi di indirizzo
364
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 2014; n. 425 del 2004; n. 60 del 2013; n. 138 del 2013
224
non strettamente politico, ma amministrativo. Questo permetterebbe di
precludere il conferimento degli incarichi anche a chi avesse ricoperto cariche
in enti pubblici, o in enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico,
nazionali, regionali e locali365
.
Quello che si manifesta come problema politico è perseverare in questa
tipologia di regolamentazione, anche però dove è lo stesso principio fondante
ad essere pericoloso, e ad opporsi a norme ispirate dall’anticorruzione alla
perdita di chance. Ad esempio, ai sensi dell’art. 8 del d.lg. n. 39 del 2013,
sono previsti divieti circa la conferibilità degli incarichi di direzione nelle
Aziende sanitarie locali a cui sono soggetti gli esponenti della politica che nei
cinque anni precedenti il conferimento dell’incarico siano stati candidati in
elezioni europee, nazionali, regionali e locali in collegi elettorali che
comprendano il territorio della Asl, posizione che andrebbe necessariamente
rivestita mediante concorso pubblico, per mantenere alto un livello di
efficienza nel rispetto del diritto alla salute, e anche del merito, contro criptici
favoreggiamenti a cliniche private, tramite il sostegno “incolore” del politico
regionale di turno.
Quello che comunque resta ancora il percorso fondamentale, intrapreso
per disciplinare lo status degli esponenti politici, è costituito dalla normativa
sulle ineleggibilità e incompatibilità, a cui, negli anni più recenti, si sono
aggiunte le norme sull’incandidabilità e sulla decadenza, evoluzione della
disciplina volta a garantire l’impropria occupazione degli uffici pubblici e
degli incarichi di governo, tramite rafforzamento del principio di
365
In questo senso, F. MERLONI, Nuovi strumenti di garanzia dell'imparzialità delle amministrazioni
pubbliche: l'inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, in La legge anticorruzione .
Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di B.G. Mattarella e M. Pelissero, Torino,
Giappichelli, 2013,, cit., 207.
225
responsabilità dei singoli esponenti politici e i meccanismi di enforcement con
riguardo alla loro condotta. Gli istituti sono, orientati a prevenire situazioni di
conflitto di interessi e ulteriori rischi connessi al cumulo delle cariche e degli
uffici pubblici. Al fine di distinguere gli istituti richiamati rispetto alla loro
diversa incidenza sugli esponenti politici e sulla loro condotta, appare utile la
ricostruzione “in chiave teleologica”366
, in base alla quale l’ineleggibilità serve
a tutelare il diritto di voto (art. 48 Cost.) e l’eguaglianza effettiva tra i
competitori (art. 51 Cost.); mentre l’incompatibilità mira piuttosto ad
assicurare il libero esercizio del mandato parlamentare (art. 67 Cost.), dei
mandati regionali e locali (artt. 121 e 122 Cost.) e l’imparzialità e il buon
andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.). In questo modo è possibile
attuare una distinzione tra il fine dell’ineleggibilità, la tutela della libertà di
voto degli elettori, che non può prescindere dalla necessità di evitare situazioni
in cui i titolari degli uffici possano utilizzarli per influenzare l’elettorato; e
quello dell’incompatibilità, volta invece a scongiurare l’effettiva
inconciliabilità tra due cariche367
.
Questa prospettiva teleologica sul diverso fondamento costituzionale
degli istituti è stata accolta dalla Corte costituzionale, che ha postulato i
principi della disciplina differenziata di ineleggibilità e incompatibilità,
riferibile a tutti i livelli territoriali di governo368
. In questa prospettiva, la
giurisprudenza costituzionale ha quindi potuto distinguere la ratio
366
In questa prospettiva, si cfr. V. MESSERINI, Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle
scelte dei rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali,
comunali, Milano, Giuffrè, 1983, 177 s.; G.E. VIGEVANI, Stato democratico ed eleggibilità,
Milano, Giuffrè, 2001, 151 ss.; nonché, se si vuole, G. RIVOSECCHI, Art. 65, in Commentario
alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, II, Torino, Utet, 2006,
1255 367
G. RIVOSECCHI, Art. 65, cit., pp.1256 ss. 368
Cfr. Corte costituzionale n. 42 del 1961; n. 77 del 1970; n. 235 e n. 1020 del 1988; n. 510 del 1989
226
dell’ineleggibilità da quella dell’incompatibilità369
, per poi individuare diversi
profili finalistici correlati all’ineleggibilità, funzionali alla tutela delle cariche
pubbliche.370
L’attuazione, più particolareggiata, di controllo della specifica
responsabilità dei singoli è data dal più recente istituto della incandidabilità,
un rafforzamento rispetto a determinati obblighi di correttezza dei titolari di
cariche elettive e di governo, essendo inquadrabili come misure che
conseguono ex lege a condotte illegittime sancite da sentenze irrevocabili371
.
Occorre chiarire da subito che tanto l’incandidabilità quanto
l’ineleggibilità incidono direttamente sulla posizione della candidatura,
precludendola; l’incompatibilità, invece, determina l’inconciliabilità della
carica con altro ufficio o funzione assunti dalla stessa persona nel medesimo
tempo, imponendo, conseguentemente, l’opzione in via successiva372
.
Innovativi sono i contenuti del d.lgs. n. 235 del 2012, che, privilegiando
l’istituto dell’incandidabilità alle cariche elettive e di governo, costituisce
l’elemento maggiormente qualificante ai fini della ridefinizione dello status
degli esponenti della politica e degli amministratori pubblici.
La norma di delega, contenuta nell’art. 1, commi 63-65, della legge n.
190 del 2012, comunque non giunge, come sarebbe stato auspicabile, ad una
razionalizzazione complessiva della articolata e contraddittoria normativa in
materia, limitandosi a disciplinare solo alcuni aspetti relativi alle modalità di
369
Si cfr. sentenze n. 42 del 1961, n. 77 del 1970, n. 235 del 1988, n. 1020 del 1988, n. 510 del 1989 370
Sentenza n. 97 del 1991; spunti ulteriori anche nelle sentenze n. 45 del 1977, n. 129 del 1977, n.
162 del 1985 371
Cfr. Sentenza del Cons. St., V, 6 febbraio 2013, n. 753 372
Cfr. V. MICELI, voce Incompatibilità parlamentari, in Enc. giur. it., 1902, 714; L. GALATERIA,
Sui caratteri distintivi tra ineleggibilità ed incompatibilità nel diritto amministrativo, in Scritti
giuridici in memoria di V. E. Orlando, I, Padova, Cedam, 1957, 615 ss.
227
accesso e di mantenimento delle cariche stesse, senza colmare le lacune di una
disciplina tutt’altro che coerente tra i diversi livelli territoriali di governo.
Ed il d.lgs. n. 235 del 2012, pur se a tratti innovativo, interviene
esclusivamente sulle cause di incandidabilità agli organi rappresentativi e sul
divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze
definitive di condanna per delitti non colposi. Queste ultime si aggiungono alle
cause di incandidabilità già note all’ordinamento. Oltre al presidente di giunta
regionale rimosso a seguito di grave dissesto finanziario con riferimento al
disavanzo sanitario - incandidabile alle cariche di deputato e senatore, nonché
alle cariche elettive locali, regionali ed europee per un periodo di tempo di
dieci anni373
- anche i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili
del dissesto finanziario dell’ente locale non sono candidabili, per un periodo di
dieci anni, al Parlamento nazionale e a quello europeo, e alle cariche elettive
di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di giunta regionale, nonché
di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e
dei consigli regionali374
.
La nuova legge disciplina le cause di incandidabilità alla carica di
parlamentare nazionale (artt. 1-3, 13, 15 e 16) ed europeo (artt. 4-5, 13, 15 e
16); il divieto di assunzione e svolgimento di incarichi di governo nazionale
(art. 6); le cause di incandidabilità e quelle di sospensione e decadenza dalle
cariche elettive e di governo regionali (in riferimento a: presidente di giunta
373
Cfr. art. 2, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e
premiali relativi a Regioni, Province e Comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5
maggio 2009, n. 42. 374
Si cfr. l'art. 248, comma 5, del d.lg. n. 267 del 2000, come modificato dall'art. 1, comma 6, del d.lg.
n. 149 del 2011 e dall'art. 3, comma 1, lett. s), del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174
(Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori
disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.
228
regionale, assessore e consigliere regionale, amministratore e componente
degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali ex artt. 7-9 e 13-
16), nonché le cause di incandidabilità e quelle di sospensione e decadenza
dalle cariche elettive locali (in riferimento a: presidente della provincia,
sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e
componente del consiglio di amministrazione di consorzi, presidente e
componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di
amministrazione e presidente delle aziende speciali e istituzioni strumentali
dell’ente locale, presidente e componente degli organi delle comunità montane
ex artt. 10-12, 13, 15 e 16).
Per quanto riguarda la carica di parlamentare nazionale ed europeo, il
decreto legislativo in parola da un lato introduce, negli artt. 1 e 4, l’istituto
dell’incandidabilità, originariamente prevista soltanto per le cariche elettive
locali, stabilendo che essa decorra dalla data del passaggio in giudicato della
sentenza definitiva di condanna, e per un periodo corrispondente al doppio
della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici
uffici, e abbia comunque una durata minima di sei anni (art. 13, comma 1);
dall’altro, stabilisce, per le medesime ipotesi, il divieto di assunzione e
svolgimento di incarichi di governo nazionale (art. 6).
Mentre per la carica di parlamentare ai fini dell’incandidabilità è
richiesta una condanna definitiva ad una pena superiore ai due anni di
reclusione per delitti non colposi, per le cariche regionali e locali, oltre alla
fattispecie richiamata, è configurata come causa di incandidabilità anche una
condanna con sentenza definitiva ad una pena complessivamente superiore ai
sei mesi di reclusione per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o
con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione (artt. 1, comma 1,
lett. c), 7, comma 1, lett. d) e e), 10, comma 1, lett. d) e e). Viene poi prevista
229
la sospensione dal mandato in caso di provvedimento giurisdizionale non
definitivo375
. È invece confermata, anche per le cariche regionali e locali,
l’incandidabilità in caso di condanne per delitti di particolare gravità negli
stessi termini in cui viene introdotta per la carica di parlamentare (artt. 7,
comma 1, lett. a) e b) e 10, lett. a) e b).
Agli artt. 8 e 11 del già richiamato d.lg. n. 235 del 2012 è disposto, per
le cariche elettive rispettivamente regionali e locali, da un lato, la sospensione
dal mandato in caso di provvedimento giurisdizionale non definitivo; e,
dall’altro, la decadenza ex lege in caso di sentenza definitiva di condanna che
costituisce causa di incandidabilità. Quest’ultima è comunque sempre
determinata, ex artt. 1, 4, 7 e 10 del d.lg. n. 235 del 2012, per tutte le cariche
elettive (europee, nazionali, regionali e locali), da sentenze definitive o da
provvedimenti definitivi di applicazione di misure di prevenzione, qualora il
soggetto sia indiziato di “appartenere ad una delle associazioni di cui all’art.
4, comma 1, lett. a) e b), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”
(Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove
disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e
2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) (artt. 7, comma 1, lett. f), e 10, comma 1,
lett. f), del d.lg. n. 235 del 2012).
È invece da escludere che gli istituti della sospensione e decadenza ex
lege dalla carica siano riferibili ai parlamentari. Sul punto, le ambiguità della
legge n. 190 del 2012, che all’art. 1, comma 64, lett. m), attribuiva al
375
si veda Tar Campania, I, ord. 30 ottobre 2014, n. 1801, con la quale, durante il giudizio relativo
all'impugnazione dei provvedimenti prefettizi che avevano disposto la sospensione del sindaco
della città di Napoli, De Magistris, in applicazione dell'art. 11 del d.lg. n. 235 del 2012, viene
sollevata questione di legittimità costituzionale, tra l'altro relativamente ai profili temporali di
applicazione della norma richiamata, concedendo, nelle more del giudizio di costituzionalità, una
misura cautelare interinale al ricorrente
230
legislatore delegato il compito di disciplinare le fattispecie di sospensione e
decadenza in riferimento a tutte le cariche elettive, includendovi, quindi, anche
quella di parlamentare, sono state confermate dall’art. 3 del d.lg. n. 235 del
2012, che afferma espressamente la competenza esclusiva delle giunte di
Camera e Senato ex art. 66 Cost. nell’accertamento delle cause di
incandidabilità sopravvenuta, presupponendo, evidentemente, che la norma
sopra richiamata contenuta nella legge di delega non sia estensibile alla carica
di parlamentare nazionale. Per quanto riguarda invece la carica di
parlamentare europeo, l’art. 5, comma 5, del d.lg. n. 235 del 2012, intesta
l’accertamento delle cause di incandidabilità sopravvenuta all’Ufficio
elettorale nazionale, che sembrerebbe poi tenuto ad adottare la relativa
deliberazione di decadenza e a darne tempestiva comunicazione alla Segreteria
del Parlamento europeo, non potendo, il legislatore delegato, disporre
l’effettiva decadenza di diritto dalla carica a fronte dell’autonomia
dell’Assemblea.
Anche la previsione di decadenza di diritto dalle cariche elettive non è
stata correttamente estesa dal legislatore delegato alla carica di parlamentare,
se non nella misura in cui, stante il disposto dell’art. 66 Cost., sia previamente
accertata dalle giunte parlamentari.
Il d.lg. n. 235 del 2012 nulla aggiunge, in definitiva, a quanto già
previsto dall’art. 1, comma 63, della richiamata legge 190/2012, che preclude
a coloro che versano in una causa di incandidabilità di ricoprire le cariche di
presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di
presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni,
di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle
istituzioni strumentali dell’ente locale di cui all’articolo 114 del d.lg. n. 267
del 2002 (Tuel), di presidente e di componente degli organi esecutivi delle
231
comunità montane. Quanto al divieto di ricoprire incarichi di governo
nazionale, l’art. 6 del menzionato decreto legislativo si limita invece a dettare
una disciplina molto insufficiente e decisamente poco innovativa rispetto al
diritto vigente, estendendo il divieto di ricoprire le cariche di governo
individuate dall’art. 1, comma 2, della legge n. 215 del 2004, in materia di
conflitti di interessi — Presidente del Consiglio dei ministri, ministri, vice
ministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del governo — a
coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità alla carica di deputato
o senatore.
È bene precisare che i richiamati interventi del legislatore non sono
riconducibili ad alcuna tipologia di misure sanzionatorie penali. Si
configurano come istituti volti ad allontanare (incandidabilità) o a precludere
lo svolgimento (sospensione e decadenza) del munus pubblico tutelato, in caso
di radicale inidoneità del soggetto a ricoprire la carica, accertata dall’autorità
giudiziaria, la quale determina conseguenze ex lege.376
Questo decreto non fa altro che porsi in linea di continuità con la già
ben discutibile normativa vigente in tema di conflitto di interessi (legge n. 215
del 2004), senza incidere, cioè, sulla portata del divieto di ricoprire
determinate cariche di governo nei confronti di chi incorra in cause di
incandidabilità. Quello che si pone come necessario è invece muovere dal
376
v. ancora la sentenza del Cons. St., V, 6 febbraio 2013, n. 753, che ha, tra l'altro, dichiarato la
manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale svolte dall'appellante nel
giudizio, in relazione all'art. 7 del d.lg. n. 235 del 2012, in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., in
ragione della richiamata natura non sanzionatoria degli effetti preclusivi nell'accesso alle cariche
determinato dalle misure in parola, da cui consegue che “l'applicazione della richiamata disciplina
ai procedimenti elettorali successivi alla sua entrata in vigore, pur se con riferimento a requisiti
soggettivi collegati a fatti storici precedenti, non dà la stura ad una situazione di retroattività ma
costituisce applicazione del principio generale tempus regit actum che impone, in assenza di
deroghe, l'applicazione della normativa sostanziale vigente al momento dell'esercizio del potere
amministrativo”.
232
presupposto che quest’ultimo debba essere politicamente eliminato anche sotto
il profilo delle potenziali situazioni di conflitto di interessi377
estendendo,
conseguentemente, il divieto di assumere ulteriori cariche meritevoli di
particolare e, quindi, strumentale, tutela.
Tecnicamente, la legge di delega, consentiva di estendere con decreto la
disciplina preventiva sul conflitto di interessi, in particolare vietando
all’incandidabile di ricoprire cariche di particolare rilievo nazionale. Ciò non
soltanto in riferimento al governo della Repubblica, ma anche ad alcune di
quelle cariche, pubbliche o private, di particolare rilievo, per le quali la
legislazione vigente prevede, ad esempio, l’ineleggibilità al Parlamento
nazionale (artt. 7-10 del d.P.R. n. 361 del 1957)
Purtroppo, dalla riforma del titolo V della Costituzione, il
ridimensionamento del sistema dei controlli (e, in particolare, i controlli
preventivi di legittimità sugli atti) ha sempre costituito sotto i più variegati
profili, uno degli elementi maggiormente qualificanti della valorizzazione
dell’autonomia politica degli enti territoriali perseguita dalla riforma
costituzionale.
Mentre infatti, all’indomani dell’entrata in vigore del titolo V,
legislatore e Corte costituzionale muovevano dal presupposto che soltanto
controlli di tipo collaborativo avrebbero potuto essere considerati conformi al
rinnovato quadro costituzionale, la crisi economico-finanziaria e lo scarso
rendimento di tale tipologia di controlli, nelle forme di governo regionali e
locali, hanno poi indotto a mutare prospettiva, verso la regolamentazione dello
status.
377
Cfr., B.G. MATTARELLA, Le regole dell'onestà. Etica, politica, amministrazione, Bologna, il
Mulino, 2007, 95 ss.
233
I soggetti politici prescindono sempre più, in maniera direttamente
proporzionale alla crisi economico-finanziaria, dal ruolo dei partiti politici,
quantomeno nella loro dimensione organizzativa e partecipativa tradizionale,
anche come strumenti di organizzazione dell’offerta politica, per dispiegarsi,
invece, nella valorizzazione della dimensione individuale del diritto di voto e
del rapporto tra elettore ed eletto, e nel conseguente rafforzamento della
disciplina relativa alla condotta dei singoli esponenti politici e dei relativi
controlli. In ossequio al principio di ragionevolezza, questa è anche la
dimensione perseguita dalla Corte Costituzionale. La sentenza n. 1 del 2014
della Corte costituzionale che accolse la questione di costituzionalità sulle c.d.
“liste bloccate” della legge elettorale politica n. 270 del 2005, venne censurata
nella parte in cui la norma non prevedeva il voto di preferenza.
È stata privilegiata, nel difficile bilanciamento dei diritti costituzionali
in base al contesto storico, la tutela del diritto di voto ex art. 48 Cost. rispetto
al diritto di associarsi in partiti ex art. 49 Cost., privilegiando la tutela
dell’eguaglianza del voto nell’ottica finalista del processo.
Sempre alla luce delle stesse premesse circa la crisi della politica, l’art.
67 Cost. viene “combinato” e non più letto isolatamente al fine di recidere il
legame tra elettore ed eletto, liberando il parlamentare da ogni vincolo di
mandato. Esso diventa parametro che, unitamente all’art. 48 Cost., consente,
in virtù della sua stessa presenza nella Carta, quantomeno di far decadere
disposizioni che impediscono all’elettore di “conoscere” i candidati. Questa
interpretazione stabilisce, come vedremo, che l’art. 67 Cost. non può
assolutamente significare che l’elettore non possa contribuire ad una
consapevole realizzazione della rappresentanza politica.
234
2. Qualifiche soggettive
Prima di entrare nel merito dell’analisi penalistica relativa al reato di
corruzione in riferimento al “politico” e, in particolare, al parlamentare che
mercanteggi i propri voti, è necessario l’esatto inquadramento delle qualifiche
soggettive, imponendosi l’esigenza di definire concetto e ruolo di Pubblica
Amministrazione e le figure di Pubblico Ufficiale ed Incaricato di Pubblico
servizio, in particolare in riferimento all’attività politica.
La discrezionalità è una caratteristica predominante della pubblica
amministrazione, ma che rende più complessa la qualificazione di esercizio
delle funzioni, più semplice in attività tecniche, “meccaniche”.
Per Pubblica Amministrazione si intende l’insieme di enti e soggetti –
Stato, ministeri, regioni, province, comuni, autorità o agenzie indipendenti e
tutte le altre figure – che svolgono una funzione pubblica, nell’interesse della
collettività e quindi nell’interesse pubblico. Oggetto della tutela giuridica
dei reati contro la Pubblica amministrazione è ai sensi dell’art. 97 della
Costituzione, il regolare funzionamento nonché il prestigio della P.A. ed, in
generale, il “buon andamento” dell’Amministrazione.
Per quanto riguarda la definizioni di pubblico ufficiale, essa è
rinvenibile nell’art. 357 c.p., come modificato dall’art. 17, l. n. 86/1990, in cui
il legislatore ha voluto non solo ancorare la definizione all’esclusivo ambito
del diritto penale, ma nello stesso tempo ha voluto che la stessa
accompagnasse i reati contro la pubblica amministrazione come un pilastro
dell’intera parte generale e speciale.378
378
STORTONI L., Delitti contro la pubblica amministrazione, in CANESTRARI S. –GAMBERINI
A. -INSOLERA G. –MAZZACUVA N. –SGUBBI F. -STORTONI L. TAGLIARINI F., Diritto
penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna, 1998, 84.
235
“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali
esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme
di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e
dalla manifestazione della volontà della pubblica Amministrazione o dal suo
svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
La liberazione della qualifica in oggetto dalla natura dell’ente per il
quale il soggetto agente opera, mette in luce una certa lungimiranza avuta dal
legislatore379
, anche perché la questione è sempre stata molto più ostica,
soprattutto in relazione al parlamentare.
L’art. 207 del codice Zanardelli, infatti, individuava al comma 1 i
pubblici ufficiali in “coloro che sono rivestiti di pubbliche funzioni, anche
temporanee, stipendiate o gratuite, a servizio dello Stato, delle Province o dei
Comuni, di un istituto sottoposto per legge alla tutela dello Stato, della
Provincia o di un Comune”; al secondo comma i notai; al terzo, gli agenti
della forza pubblica e gli uscieri addetti all’Ordine giudiziario380
. Si
specificava, inoltre, che “ai pubblici ufficiali sono equiparati, agli stessi
effetti, i giurati, gli arbitri, i periti, gli interpreti e i testimoni, durante il tempo
in cui sono esercitate le loro funzioni”
La norma certamente si mostrava non esplicita sul punto in riferimento
alla qualifica di parlamentare, ma in giurisprudenza si era già provveduto ad
inquadrarlo quale pubblico ufficiale, parificabile ai funzionari dell’ordine
379
CADOPPI.A. – VENEZIANI P., Elementi di diritto penale. Parte speciale. Introduzione e analisi
dei titoli, Padova, 2007, 102; ROSINI B., Il pubblico ufficiale, l’incaricato di pubblico servizio e
l’esercente un servizio di pubblica necessità, in Giurisprudenza Penale, a cura di DOMINIONI, O.
–MANTOVANI F., Padova 1998. 380
M.O. DI GIUSEPPE, Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica
amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012.
236
amministrativo o giudiziario, grazie ad un orientamento, risalente al XIX
secolo, dato da un precedente giurisprudenziale francese, al quale i giudici
italiani decisero di uniformarsi.
Il 24 febbraio 1893, a seguito dello scandalo della Compagnie
universelle du canal interocéanique de Panama, in merito al quale numerosi
parlamentari vennero accusati di corruzione, la Corte di Cassazione francese
era investita della delicata questione. Nella sua requisitoria, l’Avvocato
generale Baudouin sostenne che l’art. 177 del Code Penal fosse applicabile
anche ai senatori e ai deputati e, in generale, a persone che rivestivano
mandato elettivo. La dottrina penalistica francese, al contrario, fino al codice
del 1945 argomentava per il rifiuto dell’inquadramento della figura del
parlamentare quale pubblico funzionario. Visto il contrasto con la
Giurisprudenza dell’epoca, si sviluppò un interessante dibattito dottrinale che
coinvolse anche l’Italia. Il principio alla base della tesi negativa era fondato
sul presupposto che i membri delle assemblee legislative, all’atto
dell’elezione, non avessero ricevuto alcun mandato di amministrare né di
giudicare, ma soltanto di deliberare e votare. Non era quindi possibile
l’equiparazione coi funzionari pubblici e coi giudici.
In Italia però, con il codice Rocco del 1930, la collocazione e la
disciplina di tale qualifica soggettiva comincerà a chiarirsi. I diversi filoni
interpretativi al vaglio del legislatore del ‘30 erano fondamentalmente
suddivisi nella considerazione di pubblico ufficiale secondo concezione
soggettiva e oggettiva. A prevalere sarà la concezione soggettiva, che
ancorava la titolarità della qualifica pubblicistica ad un rapporto di dipendenza
dallo Stato o da un altro ente pubblico381
; quella oggettiva, invece, ricollegava
381
B. ROSINI, Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio e l’esercente un servizio di
237
la qualifica medesima all’attività svolta dal soggetto a prescindere dalla natura
del rapporto con l’ente pubblico382
.
Oggi, ai sensi del primo comma dall’art. 357 c.p. un pubblico ufficiale,
può svolgere la “pubblica funzione legislativa, giudiziaria e amministrativa”.
Per quanto riguarda la pubblica funzione legislativa, i soggetti pubblici
a cui, normalmente, può ricondursi l’esercizio di tale tipo di funzione sono: il
Parlamento, il Governo (limitatamente alle attività legislative di sua
competenza: es., decreti legge e decreti delegati), le Regioni e le Province
(queste ultime per quanto attinenti alla loro attività normativa), nonché le
Istituzioni dell’Unione Europea aventi competenze legislative rilevanti
nell’ambito dell’ordinamento nazionale383
. Infatti, in virtù dell’art. 322 bis
c.p., introdotto dalla legge del 29.9.2000, n. 300, devono aggiungersi gli
organi aventi potestà legislativa nell’ambito delle Comunità Europee, quali i
membri della Commissione e del Parlamento.
La pubblica funzione amministrativa viene esplicata nel secondo
comma.
Gli altri poteri riconducibili alla pubblica funzione amministrativa sono
il potere deliberativo, il potere autoritativo ed il potere certificativo della P.A.
Questi poteri non sono connessi a particolari qualifiche soggettive e/o
mansioni dei soggetti agenti.
pubblica necessità, Padova, 1998, 2 ss; L. PICOTTI, Le nuove definizioni penali di pubblico
ufficiale e di incaricato di un pubblico servizio nel sistema dei delitti contro la Pubblica
Amministrazione, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1988, 278. 382
V. MANZINI, in Trattato di diritto penale, V, Torino, 1950, 4 ss.: l’A. evidenzia “come la qualità di
impiegato non è essenziale per la nozione di pubblico ufficiale” dovendosi tale qualità riconoscere
in capo al soggetto, impiegato o meno che eserciti una funzione pubblica. 383
Cfr. ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche
soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè.
238
Il potere deliberativo è quello relativo alla “formazione e
manifestazione della volontà della P.A.”. Questa formula è letta in senso
assai lato e, pertanto, comprensiva di qualsiasi attività che concorra in
qualunque modo ad estrinsecare il potere deliberativo della P.A. In tale
prospettiva, sono stati qualificati come “pubblici ufficiali”, non solo le
persone istituzionalmente preposte ad esplicare tale potere e i soggetti che
svolgono le attività istruttorie o preparative all’iter deliberativo della
P.A., ma anche i loro collaboratori, saltuari ed occasionali, relativamente
a tali attività.
Il potere autoritativo invece si concretizza in tutte quelle attività che
permettono alla P.A. di realizzare i suoi fini mediante veri e propri comandi.
Questo ruolo di supremazia della P.A. è, ad esempio, facilmente individuabile
nel potere della stessa di rilasciare “concessioni” o autorizzazioni ai privati.
Alla luce di queste considerazioni, possono essere qualificati come “pubblici
ufficiali” tutti i soggetti preposti a svolgere tali funzioni.
Il potere certificativo viene normalmente riconosciuto in quello di
rappresentare come certa una determinata situazione sottoposta alla cognizione
di un “pubblico agente”. Anche questa attività di certificazione pubblica è
stata interpretata in senso assai lato, tanto da riconoscere nella stessa, non solo
il potere certificativo fidefacente, ma una vera e propria dichiarazione di
volontà della P.A.
Per quanto riguarda invece l’incaricato di un pubblico servizio, l’art.
358 c.p. riconosce questa qualifica a tutti coloro i quali, a qualunque titolo,
prestano “un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica
funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa
ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine
e della prestazione di opera meramente materiale”.
239
Viene svolta una pubblica attività non riconducibile ad alcuno dei
“poteri” sopra rammentati e non concernente semplici mansioni d’ordine e/o la
prestazione di opera meramente materiale e, in quanto tali, prive di alcun
apporto intellettuale e discrezionale.
Sulla figura dell’incaricato di pubblico servizio possiamo oggi evincere
che il servizio pubblico è disciplinato da norme di diritto pubblico e da atti
autoritativi, ma manca dei tre poteri tipici della pubblica funzione
(deliberativo, autoritativo, certificativo) e non può reggersi sullo svolgimento
o sulla prestazione di mansioni meramente materiali.384
È necessario che la funzione pubblica amministrativa sia:
1) disciplinata da “norme di diritto pubblico e da atti autoritativi”.
2) caratterizzata dalla “formazione e manifestazione della volontà della
pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri
autoritativi o certificativi”.
In relazione al primo criterio va detto che trattasi di indicazioni di base
comuni, ex art. 358 II comma c.p., anche al pubblico servizio385
.
Secondo esponenti di una dottrina386
, i criteri individuati in prima battuta
risultano essere alternativi e non cumulativi..
384
PLANTAMURA, V., Le qualifiche soggettive pubblicistiche, in Trattato di diritto penale, a cura di
A CADOPPI-S. CANESTRARI A.- MANNA M. PAPA-, I delitti contro la pubblica
amministrazione, Milanofiori, Assago, 2008. cit., pag. 911. 385
Cass. VI sez. 2.12.2003, che esclude la qualifica di i.p.s. con riguardo ai soggetti investiti del
compito di selezionare le voci che comporranno il gruppo di cantanti che gareggeranno al Festival
di Sanremo, escludendoli dall’ambito di soggetti che svolgono attività pubblicistica, in quanto tale
selezione è di fatto svolta da una società privata “accademia della canzone di Sanremo”,
nell’ambito della quale poi il servizio RAI sceglie poi i concorrenti. 386
FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, Parte Speciale, vol. I, Zanichelli, 2007, pag.
173.
240
Altra dottrina vuole che l’attività sia regolata da norme di diritto
pubblico e, insieme, connotata da atti di supremazia, con la conseguenza che
la presenza di soli atti autoritativi non basterebbe a determinare la qualifica
pubblicistica dell’attività, in quanto “se è vero che un potere autoritativo o un
potere certificativo, avendo alla radice specifiche fonti legali, segnalano anche
da soli una pubblica funzione […] altrettanto indubbio è che un’attività
privatistica non diventa pubblica, soltanto perché su di essa, o riguardo ad
essa, la legge prevede alcuni specifici interventi dei pubblici poteri”, sicché la
previsione dei “singoli atti autorizzativi o di controllo da parte della p.a.” per
l’esercizio, per esempio, di una società regolata da codice civile non è
sufficiente a considerarla in blocco pubblica, ma occorrerebbe procedere a
distinzioni obbligate individuando l’attività pubblica “là dove o quando norme
pubblicistiche ed atti autoritativi ne governino concretamente lo
svolgimento”387
.
Alla base della differenziazione delle qualifiche di pubblico ufficiale e
incaricato di pubblico servizio, vi è lo stesso comma 2 dell’art. 357 c.p., che
delimita “esternamente” la pubblica funzione e la attività “privatistica”,
nonché “internamente” la pubblica funzione e il pubblico servizio.
L’interprete deve muovere innanzitutto da una analisi relativa alla
macroarea dell’attività, per distinguere ed escludere se rientri nell’area
privatistica con riguardo alla disciplina, tenendo a mente che un singolo atto
privatistico non esclude che la disciplina risulti comunque pubblicistica nel
suo insieme.
387
Cfr.ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche
soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè.
241
In sostanza, il legislatore non definisce la funzione attraverso un criterio
contenutistico388
, ma di disciplina: da un lato, tale funzione deve essere
disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi, in riferimento
all’obiettività della funzione amministrativa, dall’altro, essere la stessa
caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della p.a. o
dal suo svolgersi per mezzo di poteri certificativi e autoritativi, in riferimento
all’organicità della funzione amministrativa.
Nonostante i possibili equivoci interpretativi389
, l’attuale disposizione
può essere compresa solo leggendo insieme gli incisi “norme di diritto
pubblico” e “atti autoritativi”. In questo modo non sarà possibile nessuna
funzione pubblica o pubblico servizio tutte le volte in cui la attività sarà
regolamentata in forma marcatamente privatistica, nelle forme cioè di un
contratto tipico o negli schemi ordinari del procedimento di formazione di un
negozio giuridico privato, anche se è parte una persona giuridica pubblica. La
funzione sarà sicuramente pubblica quando si esplica nelle sue forme più
tipiche e pure, come atti di concessione, licenze, autorizzazioni, dove l’attività
pubblica incide nella sfera giuridica dei terzi tramite carattere, appunto,
autoritativo.
In seguito, l’analisi dell’interprete si deve volgere all’attività
pubblicistica o di servizio pubblico, che non riguarda più la disciplina del
soggetto, ma l’esistenza o meno di poteri tipici autoritativi, certificativi,
deliberativi.
L’analisi diventa di tipo funzionale, diretta ad appurare se quella
specifica attività singolarmente considerata si presenti, nella sua
388
Quali possono essere, ad esempio, il criterio dell’immanenza di un interesse pubblico o quello del
perseguimento di finalità pubblicistiche. 389
Cfr. Ampiamente C. BENUSSI, Diritto penale della pubblica amministrazione, p. 2 e ss.
242
estrinsecazione, caratterizzata dalla possibilità di esercizio di taluni poteri
tipici della pubblica funzione.
Lo stesso soggetto, concretamente, può assumere la qualifica di p.u o
i.p.s. a seconda delle funzioni esercitate o del servizio prestato.
Per aversi pubblico ufficiale, potrà esserci il potere di concorrere a
formare e manifestare la volontà dello Stato o di altro Ente pubblico, e quindi
il potere deliberativo. In tale senso viene ad inaugurarsi il discorso sulla
difficoltà nell’individuare i soggetti la cui volontà sia espressione dell’ente,
non essendo indicato un c.d. livello di rilevanza nella contribuzione390
. In
senso restrittivo gli stessi si riconoscono nell’agente che formi egli stesso
individualmente o congiuntamente la volontà dell’organo.
Pacificamente si individuano tali soggetti al vertice politico-
amministrativo dello Stato o degli enti territoriali, quindi, ministri, presidenti
del consiglio regionale, provinciale, comunale, assessori e coloro che svolgono
funzioni direttive di altri anti pubblici retti da norme pubblicistiche391
.
Per completezza, qualche riflessione a riguardo dell’attività
giurisdizionale, al fine di approfondire i criteri estensivi. In ragione della
reintroduzione nell’art. 357 c.p della dizione “attività giudiziaria” anziché
giurisdizionale da parte della L. 181/1992, ci si deve chiedere se la modifica
letterale abbia alterato i canoni interpretativi della norma, includendo nel
novero dei soggetti che svolgono attività giudiziaria anche cancellieri,
segretari e ufficiali giudiziari. Si ritiene un Pubblico ufficiale, in quanto
svolge la “pubblica funzione giudiziaria” non solo chiunque, al livello
nazionale o comunitario, compia attività come diretta esplicazione di tale
390
ROMANO, in op. cit, Ed. Giuffre, 2008, pag. 287. 391
ROMANO, ivi, in op. cit.
243
potere, ma anche tutta l’attività afferente l’amministrazione della giustizia,
collegata e/o accessoria alla prima, ergo non limitata allo ius dicerie.392
Brevi cenni sull’art. 359 c.p. e sul servizio di pubblica necessità, che ha
subito nel corso degli anni un limitato intervento legislativo. Minore è stata
anche l’attenzione riservata alla qualifica in oggetto da parte della dottrina.393
Esso distingue due diverse categorie di persone esercenti un servizio di
pubblica necessità: “agli effetti della legge penale sono persone che
esercitano un servizio di pubblica necessità: 1) i privati che esercitano
professioni legali o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge
vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando all’opera di essi il
pubblico sia per legge obbligato a valersi; 2) i privati che, non esercitando
una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un
servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica
Amministrazione”.
La natura della figura è mista, in quanto privata è l’essenza dell’attività
svolta, e pubblica la sua disciplina, in ragione della rilevanza giuridica che
riveste. Un esempio potrà senz’altro rivelarsi utile ai fini della comprensione
delle caratteristiche riferite alla qualifica soggettiva. Ebbene nella prima
categoria rientrano coloro che svolgono la professione sanitaria o la
professione forense per il cui esercizio è necessaria una specifica abilitazione
dello Stato.
392
Cfr. ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche
soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè. e in
giurisprudenza: Cass., pen., sez. VI, 12.3.1998, n. 4825, in Giust. pen., 1999, 318; Cass., pen.,
24.9.1998, n. 10619, in Cass. pen., 1999, 2847; Cass., pen., sez. VI, 7.1.1999, n. 4062, in CED
Cass., 2000. 393
Cfr. M.O. DI GIUSEPPE, Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica
amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012
244
Ma, se pensiamo al difensore, esso assumerà oggi la veste di pubblico
ufficiale, ad esempio, nella raccolta della prova dichiarativa ex art. 391 bis
c.p.p., concretandosi, pertanto l’eventualità del reato di falso ideologico in atto
pubblico in caso di verbalizzazione infedele delle dichiarazioni ricevute394
.
Chiusa questa breve parentesi, in definitiva, in questa sede interessa
rilevare che la qualifica di pubblico ufficiale è oggi del tutto svincolata da un
rapporto di dipendenza con la P.A., che rende estremamente necessaria
l’attenta osservazione dell’interprete verso la reale attività posta in essere.
In relazione al parlamentare, la qualifica soggettiva deve essere
analizzata in relazione alla funzione con particolare attenzione alle modalità
di formazione della volontà, in considerazione soprattutto del dettato
costituzionale dell’art. 67.
3. La corruzione del parlamentare. Introduzione
Leggendo i paragrafi precedenti sulla crisi dei partiti e le qualifiche
soggettive alla luce dell’attuale contesto sociopolitico, ancora più evidenti si
mostrano certe assonanze del complesso partitico del nostro paese con il
Governo del Generale Luigi Gerolamo Pelloux.
“In Italia abbiamo avuto questo fenomeno strano, che le riforme
politiche hanno contribuito alla degenerazione morale, e questa, a sua volta,
raggiunto un certo grado, ha perturbato maggiormente le funzioni politiche. Il
voto non ha nessuna garanzia di serietà e di onestà, e nessuna garanzia da’
all’eletto, per cui in questa nuovissima democrazia si può, anche di abiezione
394
Cfr. Cass., pen., Sezioni Unite, 28 settembre 2006, n. 32009
245
in abiezione, salire al sommo potere. […] Ora, un sistema che non consente
agli uomini migliori di occupare i posti, cui avrebbero diritto; che non
migliora quei tristi, che favorisce, anzi li perverte e li conferma alla loro
malizia; un sistema che trae la sua origine dal numero, nelle elezioni e a base
di numeri si svolge nel Parlamento, e al numero assoggetta leggi e
provvedimenti, e al numero sacrifica legalità e giustizia, poiché tutto i ministri
commettono pur di non perdere un voto; un sistema, che non ha controlli né
freni in nessun potere, ed è pure privo di un complesso razionale di
legislazione, ha bisogno ben altro che di leggi meccaniche e riforme
parziali”395
.
Nelle parole pronunciate nel 1889 dal Senatore Emilio Pascale,
Magistrato presso la Corte di Cassazione, emerge la volontà di denunciare una
classe dirigente in piena crisi per via delle rivendicazioni partitiche, che ha
scelto di dimenticare il valore democratico della rappresentanza. Quando la
magistratura è costretta ad intervenire sulla crisi politica, vuol dire che la crisi
politica ha raggiunto il livello più basso, divenendo anche crisi di legalità.
La politica era (è?) “campo chiuso…dove i campioni più scadenti
fingono di combattere ad armi cortesi, allontanando i migliori e dividendosi
senza leggi né riguardi le spoglie del paese”396
.
La “corruzione del Parlamentare” sottende proprio la condotta di “chi
abbia deciso di esprimere un determinato voto o una certa opinione a fronte
395
R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pagg. 23-32, su questo
articolo, lettera del 20 gennaio 1899. Discorso pronunziato dal Senatore Emilio Pascale,
Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione di Roma nella Assemblea generale del 3
gennaio 1899 – Roma, Tip., Forzani 1899 – Luigi LUZZATTI – Decadenza e risorgimento dei
reggimenti parlamentari (nella nuova Antologia del 16 gennaio 1899) - Carlo F. FERRARIS,
Ordinamenti politici ed educazione politica- Padova, Drucker, 1899, pag 27. 396
Op. cit. R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, p. 27.
246
della promessa o della dazione di denaro o, ancor più spesso, di altra
utilità”397
.
Il primo scontro di questa condotta avviene con l’articolo 68 della
Costituzione, secondo cui “i membri del Parlamento non possono essere
chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio
delle loro funzioni”.
Ma sappiamo bene che la Costituzione non è legge certa, da attuare
direttamente senza alcuna ponderazione, ma è un insieme di principi collegati
e controbilanciati tra loro. In base a questa lettura totale della Costituzione,
quale è la ratio dell’art. 68 Cost?
Per il momento, metteremo in luce la versione di una parte della
dottrina e della giurisprudenza della Corte Costituzionale398
, secondo cui l’art.
68 rappresenterebbe una delle modalità di espressione del principio di
uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Secondo questa visione, l’
interpretazione è letterale, per cui sarebbe inammissibile la sottrazione dei
membri del Parlamento alle regole di diritto comune, restando insindacabili
solo gli atti strettamente inerenti la funzione e non quelli compiuti fuori la
sede parlamentare399
.
L’art. 68 Cost. non risolve né esaurisce il problema della condotta.
Secondo l’opinione più accreditata in dottrina, “l’attenzione non va posta sul
voto o sull’opinione espressa, bensì su quel comportamento che sta a monte
dell’esercizio della funzione, che si esplica nel voto o nell’opinione. […]
Stiamo parlando quindi di un momento cronologicamente e logicamente
397
M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 209 398
In Giur. cost. 2006, pag. 3895, con nota di V. GIUFFRE’, Insindacabilità dei parlamentari e fonti
richiamate in atti tipici tra dubbi e questioni aperte, pag. 3912 399
MORTATI. Istituzioni di diritto pubblico, I Cedam, Padova, 1975, pag. 492.
247
anteriore rispetto all’atto parlamentare”400
. In base a questa riflessione, allora,
quale è la reale estensione dell’art. 68 Cost.? Copre l’atto, il voto, l’opinione, o
anche le cause e la formazione della volontà tramite motivazione che ha
indotto il parlamentare a compiere quell’atto, quel voto, quella opinione?
“E’ difficile immaginare che i Costituenti, nel fissare i principi sui quali
si sarebbe dovuto fondare il nostro ordinamento pensassero di voler sottrarre i
Parlamentari dalle usuali conseguenze di legge nel caso in cui il voto o
l’opinione, anziché essere libera espressione del proprio pensiero, derivassero
da un comportamento corruttivo.”401
Partendo da una breve panoramica storica, si giungerà all’analisi
tecnica del reato, al fine di qualificare l’attività svolta dal parlamentare nelle
Camere e fuori dalle stesse, in caso di rilevanza penale, alla stregua del dettato
normativo ex art. 318 o 319 c.p., in particolare nel casi di “corruzione per
asservimento”, e se possa dirsi applicabile il regime di immunità previsto
dall’art. 68 Cost., che non può prescindere dal rapporto tra parlamentare e art.
67 Cost., libertà di svolgimento del mandato politico.
4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana
Lo scandalo della Banca Romana del 1893 rappresenta senz’altro il
primo, più grave caso giudiziario che coinvolgeva rappresentati delle
istituzioni italiane. Il 31 gennaio 1893 il Procuratore del Re, presso il
Tribunale di Roma, presentava domanda di autorizzazione a procedere in
giudizio contro “un brillante deputato ed uomo di lettere”, nei confronti del
400
M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 210 401
op. cit. AMISANO TESI, cit.
248
quale veniva mossa l’accusa di corruzione per sovvenzioni ricevute nel
periodo in cui la Camera votava un disegno di legge di iniziativa governativa
per la proroga del privilegio dei biglietti di banca 402
.
Si concluse per la concessione dell’autorizzazione a procedere.
Indicativa fu la prolusione da parte dell’on. Napoleone Colajanni, improntata
alla prospettazione delle problematiche inerenti l’individuazione del
Parlamentare quale pubblico funzionario.
Il caso non ebbe alcun risvolto giudiziario, ma il sospetto di
coinvolgimento di uomini politici e di occultamento delle prove portò nel
novembre 1893 ad una crisi politica e alle dimissioni del Governo di Giovanni
Giolitti, al quale seguì Francesco Crispi.
Fu trattato come un comune caso di inviolabilità403
, in quanto l’unico
parlamentare contro il quale si decise di procedere, l’on. Rocco de Zerbi, morì
(probabilmente suicida) a Roma il 20 febbraio 1893, “sì che nei suoi confronti
il giudice istruttore non potette che dichiarare l’estinzione dell’azione
penale”404
.
Il magistrato, nell’ordinanza di estinzione del reato in merito alla
posizione di un concorrente, sviluppò il principio in base al quale il membro
del Parlamento va considerato pubblico ufficiale, quanto meno quando esercita
le funzioni di segretario o di relatore di una commissione legislativa405
.
402
Documento n. 128 della legislatura XVIII, 1 Sessione. 403
Atti parlamentari, Legislatura XVIII, 1 session, Discussione, tornata del 3 febbraio 1893, pag.1102
ss. 404
VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri del
Parlamento, in Giust. Pen., 1973, pag. 20 405
L’ordinanza del 15 luglio 1893 può leggersi nell’opera di E. VITALE, La riforma degli istituti di
emissione e gli scandali bancari in Italia, 1892- 1896, Roma, Camera dei Deputati, 1972, vol. III,
pag. 231 a 283
249
Particolarmente interessanti appaiono, sul tema, le riflessioni di uno dei
Padri Costituenti, Piero Calamandrei, parlamentare ed avvocato, in un suo
scritto pubblicato dalla Rivista “il Ponte” nel 1947406
, le quali offrono delle
stimolanti critiche fortemente contestualizzate, politiche oltre che giuridiche.
Calamandrei identifica i propri avversari politici nei fascisti che
“mascherati da moralisti” infangano la reputazione di altri parlamentari, “e il
pubblico si abbevera con gusto a queste accuse, perché non è ancora arrivato,
dopo vent’anni di servitù, a concepire che possa esservi al mondo un governo
di persone perbene; e la libertà gli serve per scagliare finalmente contro gli
antifascisti gli epiteti tenuti in serbo per vent’anni contro i fascisti!”407
Il giurista in relazione al problema, rivolge la sua attenzione
particolarmente al “sentimento di sfiducia del pubblico, e specialmente dei ceti
medi, contro il parlamento: di questo livore e disprezzo, sia pur mascherato
more italico di inchinevole cortigianeria (e accompagnato da quella
ammirazione che in Italia molti provano per i farabutti che son riusciti a far
fortuna) contro gli uomini politici, considerati tutti come ambiziosi ed avidi
avventurieri, che si servono della politica sol per fare i loro interessi”408
.
Calamandrei ricerca le ragioni nel sentimento politico del nostro Paese, e le
identifica in “cause remote, come la solita idea corrente che la politica è una
cosa sporca”. È aggiunge: “Accanto a queste cause remote, altre cause molto
più recenti hanno contribuito a ravvivare negli italiani questo sentimento. In
primo luogo la esperienza ventennale del fascismo, il quale ha screditato
l’esercizio della politica in due modi: da una parte colla propaganda a base
406
Rivista mensile di Politica e Letteratura diretta da PIERO CALAMANDREI - Anno III – N. 10
Ottobre 1947 dal Titolo “la Nuova Italia”, Firenze, il contributo offerto dal Calamandrei s’intitola:
Patologia della corruzione parlamentare di Piero Calamandrei 407
Cfr. op. cit. nota 23. 408
Cfr. op. cit. nota 23.
250
d’irrisione contro i ‘ludi cartacei’ e contro le istituzioni parlamentari, e
dall’altra colla esemplare e in un certo senso scrupolosa corruttela dei propri
gerarchi, che per vent’anni hanno puntualmente mostrato al popolo come fa ad
affermarsi ed a resistere un regime nel quale il libero esercizio del peculato e
della malversazione è riconosciuto come ufficiale appannaggio degli investiti
di cariche pubbliche. Bisogna ricordare infatti, a causa dei profittatori, che
sotto il fascismo la corruzione personale degli uomini politici era considerata
non come una deviazione riprovevole e patologica, ma come un fisiologico
instrumentum regni, come una istituzione complementare e necessaria del
sistema, il quale trovava la sua continua forza motrice e la sua garanzia di
stabilità proprio in questa rete di solidarietà ricattatoria che si stabiliva tra
complici”409
.
Entrando poi nello specifico del fenomeno corruttivo del parlamentare,
richiamando gli studi di Mario Delle Piane, raccolti nel volume “Liberatismo e
parlamentarismo”410
Calamandrei definisce il fenomeno sostenendo che è “più
ristretto e più specifico di quello che genericamente si designa come
parlamentarismo, quando si adopra questa parola nel senso deteriore e
dispregiativo di decadenza politica del sistema parlamentare”.
Nello specificare le differenze tra un contesto politico diffusamente
corrotto, come il ventennio fascista, in cui il fenomeno criminale si combina
con le istanze politiche, in un sistema volto e retto sull’immobilismo culturale,
l’eliminazione della iniziativa socio-politica, e la cancellazione dello spirito
dialettico e la corruzione repubblicana, Calamandrei sottolinea la differenza
della corruzione del singolo rispetto alla corruzione dell’intero sistema,
409
Cit. op. cit. nota 23. 410
Città di Castello, 1946.
251
inquadrandola, “come disonestà personale […] Qui si tratta delle scorrettezze
e degli abusi imputabili individualmente all’uomo politico, in quanto, investito
di un pubblico ufficio col dovere di esercitarlo nell’interesse pubblico, si
industria di conseguire per suo mezzo scopi di personale privato profitto
(“interesse privato in atti di ufficio” direbbe l’art. 324 del codice penale).
Questo del profitto personale è un elemento indispensabile per configurare
quella corruzione di cui l’opinione pubblica accusa gli uomini politici,
considerati appunto come profittatori”. Viene a distinguersi allora il c.d.
elettoralismo dal profittantismo. Il primo sottende la naturale propensione del
politico verso intrighi di palazzo, macchinazioni, accordi finalizzati alla
rielezione; il secondo risponde a logiche di esclusivo profitto personale.
Il profittantismo disonorevole si identifica a contenuto patrimoniale e
privato; le pratiche dell’elettoralismo vengono ritenute inseparabili da ogni
lotta politica e, quindi, condonate. Si rafforza l’idea tra le masse che è
impossibile accettare cariche politiche con proprio sacrificio personale,
unicamente spinti dal raggiungimento del bene comune e da un alto senso di
dovere civico. Se il soggetto ha accettato, vuol dire che qualche movente
personale lo ha spinto; e, purché il movente non sia quello di arricchirsi in
denaro, tutti gli altri moventi, come l’ambizione, vanità, faziosità, sono
considerati legittimi.411
Questa “malattia intermittente, che si riaffaccia soltanto alla vigilia
delle nuove elezioni” che “colpisce gli eleggibili, anzi i rieleggibili”, impone
di imparare a conoscere la “patologia, dunque, non [la] clinica: [le] malattie,
non [i] malati. Conoscere le malattie, e le occasioni di contagio, è soprattutto
utile ai sani”.
411
op. cit. nota 23.
252
L’articolo volge al termine con una panoramica giusfilosofica sui
rimedi. Oltre l’azione legale, predominante deve essere la cura morale. Nell’
educazione politica, più che nella repressione giurisdizionale.
Alla fine, un elogio della libertà di poterne parlare, come primo
rimedio, in opposizione al brutale periodo fascista precedente, che dimostra
l’esistenza di una “garanzia che vi è il modo di risanarle: anch’esse, come
certe piaghe che si risanano colla cura elioterapica, guariscono col tenerle
esposte alla luce del sole.”
5. Tra diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare
Nelle dinamiche di attribuzione del potere di rappresentanza espresso
con il voto, in virtù del combinato disposto degli artt. 1 e 48 Cost., deve
prestarsi particolare cautela nell’interpretazione dell’art. 67 Cost., per il quale i
singoli parlamentari rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato.
L’assenza del vincolo di mandato opera come espressione
dell’autonomia del singolo nel rappresentare le volontà dei propri elettori. I
singoli parlamentari non possono, quindi, considerarsi legati alle rispettive
circoscrizioni elettorali. Già Sieyès aveva precisato che “un deputato è eletto
immediatamente dal collegio elettorale, ma mediatamente dalla nazione, di cui
il collegio è espressione e che dal deputato stesso viene rappresentata”412
.
Non sono, dunque, rappresentanti di interessi territorialmente
circoscritti413
.
412
citato in CARRÉ DE MALBERG, Contribution à la Théorie générale de l'État, tome II, Parigi,
1920, cit., p. 223. 413
ESMEIN A., Éléments de droit constitutionnelfrancais et comparé, 1899., cit., 312; CARRÉ DE
MALBERG, op. ult. cit., II, 245; in particolare, per quanto concerne il nostro ordinamento, v.
SAVIGNANO, Il mandato imperativo, in Ann. Camerino, 1970, 308.
253
L’art. 67 Cost., riconducendo ad unità gli atti con cui i singoli collegi
elettorali scelgono i parlamentari, fa delle elezioni un atto di volontà unitario
del popolo nella sua interezza414
. Lo stesso principio costituzionale della
segretezza del voto ex art. 48 Cost. (seppur implicitamente) privilegia
l’autonomia del rappresentante, rispetto alla dimensione del rapporto. Infatti,
la segretezza del voto non consente di riferire i voti espressi a singoli elettori,
né di valutare la relazione tra la volontà vera dell’elettore e quella dichiarata,
rendendo per ciò stesso estremamente problematica la definizione di un
rapporto tra eletti ed elettori415
.
Potrebbe quindi limitarsi la portata dell’art. 57 Cost., che altrimenti
indurrebbe a ritenere da un lato che i senatori siano rappresentanti delle
singole regioni presso il Governo centrale, e dall’altro, va chiarito che
ciascuna circoscrizione elettorale, cui pure l’art. 56 Cost. fa riferimento, “non
agisce in virtù di un diritto proprio e non compie in proprio nome un atto di
sovranità”, ma “elegge per la nazione intera”416
.
Il divieto di mandato imperativo, in relazione al concetto di obbligo
specifico, impone all’ordinamento di reagire con una sanzione nei confronti di
coloro che violino l’obbligo imposto dalla norma di non tenere, nell’esercizio
delle proprie funzioni, comportamenti vincolati ad accordi intercorsi con i
propri elettori417
. Similarmente alla regolamentazione dell’art. 2034 c.c.
relativo alle c.d. “obbligazioni naturali”, in cui non può essere chiesta la
ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri
414
Cfr. ESMEIN, op. ult. cit., 161 ss. 415
SOLAZZI G., Diritto elettorale politico, Torino-Roma, 1916, 104 416
ESMEIN, Éléments, p. 311. 417
SANDULLI A., Società pluralista e rinnovamento dello Stato, in Posizioni di diritto e posizioni di
fatto nell'esercizio del potere politico (Autori vari), in Quaderni di Iustitia, 1968, 121; ORLANDO
V. E., Del fondamento giuridico[1895] della rappresentanza politica, in Diritto pubblico generale,
Giuffrè, Milano, 1940, cit., 429.
254
morali o sociali (anche se il creditore non avrebbe il diritto di chiedere
giudiziariamente l’adempimento, in caso di una mancata prestazione
volontaria del debitore), così il comportamento (“libero”) del parlamentare,
tenuto a seguito di accordi con l’elettorato non può essere sanzionato. E
l’elettore non avrebbe mezzi giuridici per costringere il parlamentare stesso al
rispetto degli accordi intercorsi.
Quando invece, ai sensi del divieto di mandato imperativo, si limiti ad
escludere la rilevanza giuridica dei mandati conferiti da elettori o gruppi di
elettori ai propri rappresentanti in Parlamento, si tratterebbe di riconoscere
l’inefficacia giuridica dei vincoli contenuti nel mandato conferito dagli
elettori.
Il principio ha trovato maggior riscontro nella seconda qualificazione;
tuttavia non mancano disposizioni la cui ratio è quella di prevedere specifiche
sanzioni per legami instaurati o che possano instaurarsi tra gruppi di interessi e
singoli parlamentari, come abbiamo visto supra con la ratio stessa delle norme
sulle c.d. incompatibilità418
.
L’opinione prevalente è oggi orientata nel considerare il parlamentare
libero di votare secondo indirizzi o suggerimenti che gli vengano dall’esterno,
tra cui comitati di elettori o partiti politici, ma è anche libero di sottrarsene419
.
Il sistema di autonomia ed indipendenza del parlamentare è
testimoniato da una serie di disposizione della Carta Costituzionale. In
particolare si pensi alla seconda parte del comma 2 dell’art. 64 Cost., che
418
Si potrebbe affermare che le norme sull'ineleggibilità tutelano la “genuinità” del voto degli elettori
(volendo impedire che il candidato si trovi, rispetto a questi ultimi, in certe posizioni, che possano
favorire la nascita di legami di sudditanza quanto meno psicologica), mentre le norme
sull'incompatibilità tutelerebbero la “genuinità” dei comportamenti degli eletti, volendo evitare che
questi ultimi si leghino a determinati organismi (DI CIOLO, Incompatibilità ed ineleggibilità
parlamentare, in Enciclopedia, XXI, 41 ss.) 419
Così C. cost. 7 marzo 1964, n. 14, in Giur. cost., 1964, 129 ss.
255
consente alle Camere di riunirsi in seduta segreta e di sottrarsi, sganciandosi
dalla pubblicità dei lavori, al controllo dell’elettorato420
; nonché quella
dell’art. 61 ultimo comma Cost., che, introducendo per le Camere il principio
della prorogatio421
, ne accetta la configurazione come organo permanente e
rende indipendente la qualità di rappresentante del popolo dal fatto
elettorale422
.
L’art. 61 comma 2 cost. stabilisce che finché non sono riunite le nuove
Camere sono prorogati i poteri delle precedenti; “frammenti” di questo
principio sono contenuti negli stessi regolamenti parlamentari423
.
Il sistema elettorale italiano, allora, permette di conferire all’elettore la
possibilità di scegliere i propri rappresentanti, ma con una “regolamentazione”
simile ad un mandato fiduciario in bianco a decidere424
420
v. altresì art. 31 e 57 reg. Senato e art. 63 e 65 reg. Camera. 421
cfr. LA TORRE, Legislatura e sessione, in Studi sulla Costituzione, II, Milano, 1958, 493; ELIA,
La continuità nel funzionamento degli organi costituzionali, Milano, 1958, 61 ss.; BASSANINI,
Gli effetti della fine della legislatura sui procedimenti legislativi pendenti, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1968, 721 ss. e 1186 ss.; TRAVERSA,Proroga e prorogatio, Roma, 1985, 38 ss. 422
v. anche art. 1 reg. Senato e art. 1 reg. Camera. 423
Art. 12 comma 3 (per il quale il Consiglio di Presidenza del Senato rimane in carica fino alla prima
riunione della nuova Assemblea); art. 52 comma 3 (per cui la convocazione in via straordinaria del
Senato può avvenire anche durante il periodo di proroga dei poteri dopo lo scioglimento); e art. 78
comma 1 (che prevede la possibilità di una convocazione immediata dell'Assemblea, in caso di
presentazione di disegni di legge di conversione di decreti-legge, anche qualora il Senato sia sciolto)
del regolamento del Senato. Per quanto concerne il regolamento della Camera, cfr. la disposizione, di
analogo contenuto a quella citata dell'art. 12 reg. Senato, di cui all'art. 12 comma 5. Anche l'art. 2
comma 3 del regolamento della commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi (emanato dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
il 13 novembre 1975 e pubblicato in G.U. 17 novembre 1975, n. 803) stabilisce che la commissione
esercita i propri poteri sino alla riunione delle nuove Camere. Per dei casi in cui si è riunito un organo
parlamentare nella vecchia composizione, dopo lo svolgimento delle elezioni, cfr. la seduta della
commissione d'inchiesta sulla strage di Via Fani e sul terrorismo in Italia, tenutasi il 28 giugno 1983,
con l'evidente svolgimento di funzioni da parte di parlamentari non rieletti, ma ancora in carica fino
alla prima riunione delle nuove Camere, in Atti parl. Cam., Bollettino delle giunte e delle commissioni
parlamentari, 28 giugno 1983, 3; nonché le sedute del comitato parlamentare per i servizi di
informazione e sicurezza e per il segreto di Stato (in Atti parl. Sen., Resoconto delle giunte e delle
commissioni parlamentari, 30 giugno 1987, 2) e dell'Assemblea del Senato (in Atti parl. Sen., IX
legislatura, Resoconto stenografico del 18 e 23 giugno 1987). 424
A favore dell'adozione del sistema proporzionale, si è detto che questo ha il vantaggio di evitare
256
6. Popolo, nazione e vincolo di mandato
Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione.
Di conseguenza i parlamentari si qualificano come rappresentanti del
popolo reale: è lo stesso art. 67, in apparente contraddizione con il seguito, a
voler innanzitutto specificare che a prescindere dalla continuazione del testo
dell’articolo, alla base del sistema italiano repubblicano parlamentare vi è un
legame di rappresentanza tra rappresentanti e rappresentati, tra popolo e
Parlamento425
. Se tutto questo viene letto insieme all’art. 60 Cost, che
stabilisce che le due Camere non possono durare in carica più di cinque anni e
che solo in caso di guerra esse possano essere prorogate, vediamo che dopo
l’atto di fiducia, dopo (salvo imprevisti) cinque anni, si richiede un atto
giudicante del corpo elettorale sull’intera attività posta in essere da ciascuna
Camera.
II legame fiduciario tra Camere e popolo elettore si riflette nel legame
tra l’Esecutivo e il Parlamento. La fiducia che i Parlamentari votano al
Governo si presenta “a immagine e somiglianza” di quella diretta verso il
popolo. In teoria, i rappresentanti, portatori di ideali politici che contengono
diverse concezioni della gestione amministrativa o l’orientamento delle
riforme legislative secondo una certa interpretazione della realtà economico-
sociale, valutano se è possibile dare fiducia ad un certo indirizzo politico
violente oscillazioni conseguenti ai mutamenti di maggioranza e di favorire il compromesso fra i
diversi punti di vista (in tal senso Muir, citato e criticato in LASKY, op. ult. cit., 48 ss.), onde la
tendenza delle Costituzioni dei Paesi, le cui società non siano omogenee, a prevederne
esplicitamente l'adozione (sul dibattito che ha preceduto in Spagna la costituzionalizzazione del
sistema elettorale proporzionale v. Ley electoral y consecuencias politicas (Autori vari), Madrid,
1977; DE CARRERAS e VALLES, Las elecciones, Barcellona, 1977). Sul tentativo di trovare
nella nostra Costituzione la esplicita garanzia dell'adozione del sistema elettorale proporzionale, si
rinvia a MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento. (funzioni), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, 765. 425
CRISAFULLI V- NOCILLA D., voce Nazione, in Enc. dir. 27, Milano, 1977 cit., 811 ss.
257
governativo, di solito espresso nel programma dell’esecutivo. In definitiva, in
ragione delle disposizioni prese in analisi, pur riconoscendo la nostra
Costituzione che la sovranità appartiene al popolo, i veri rappresentanti in
Italia sono i partiti politici426
.
Addirittura, secondo alcuni, il partito sarebbe il solo strumento a
disposizione del cittadino per esercitare la sovranità427
. Tesi letteralmente
estrema e fallibile, in quanto lo stesso art. 49 cost. ha individuato nei singoli
cittadini (e non nei partiti) i titolari del diritto di concorrere (attraverso i
partiti) alla determinazione della politica nazionale428
, ma che stimola
riflessioni.
Questa concezione viene spesso rafforzata dall’introduzione di sistemi
elettorali proporzionali, cercando in queste riforme di rivitalizzare gli stessi
partiti429
. Quello che è certo, è che non si può scindere una legge elettorale
proporzionale da un’efficiente regolamentazione dei partiti politici secondo i
relativi principi costituzionali.
Dai programmi politici, alla base del condizionamento elettorale, i
partiti estrapolano soltanto le fondamentali disposizioni, in questo modo
differenziando l’agire reale dal programma430
. Interpreti di quell’interesse
generale del popolo in senso unitario, i partiti, ai sensi dell’art. 49 Cost.,
mutano e continuamente interpretano, in base anche agli avversari del
momento, quelle disposizioni che possano determinare la “politica nazionale”,
426
ELIA L., Governo (forme di), in Enciclopedia, XIX., Giuffrè, Milano, 1970, 636;; ESPOSITO C., I
partiti nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 1954., cit., 230. 427
BASSO L., Il partito nell'ordinamento democratico moderno, in Indagine sul partito politico. La
regolazione legislativa (ISLE), I, Milano, 1966, 18 ss. 428
GAMBINO, Sovranità popolare e rappresentanza politica, in Politica del diritto, 1983, II, 307 ss. 429
Cfr. KELSEN, La democrazia, Bologna, 1982, 82; MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento.
(funzioni), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p 760 430
CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in St. urb., 1939, 102 ss.
258
“il crogiuolo dei possibili indirizzi politici”431
. A queste seguono altre
disposizioni, che sganciano la volontà che si forma all’interno dei partiti dalla
effettiva volontà degli elettori.
Abbiamo bisogno di norme che si fondino sull’idea che i partiti non
debbano mai essere costretti a legarsi a gruppi economici e di interessi per
assicurare a se stessi adeguati mezzi di sostentamento.
Un altro gruppo di norme va in definitiva ricondotto alla legislazione
ordinaria che dovrebbe sottrarre al corpo elettorale la decisione sull’indirizzo
politico e sul governo, per trasferire il relativo potere di decisione ai
parlamentari, in altri termini ai gruppi ed ai partiti in forma eletta.
Quindi, gli stessi art. 56 e 58 Cost., lo stesso concetto di suffragio
universale relativo a Camera e Senato, assodato che non equivale al
riconoscimento del diritto di voto a tutti i cittadini (lo stesso art. 48 comma 3
cost. prevede che la legge elettorale possa limitare il diritto di voto per
incapacità civile, per effetto di sentenza penale irrevocabile e per indegnità;
mentre gli stessi art. 48 comma 1 e 58 comma 1 cost. derivano ulteriori limiti
dall’età), potrebbe essere interpretato come funzionale al privilegio della
rappresentatività dei partiti-rappresentanti, rispetto al rapporto diretto tra
singolo eletto ed elettori, che più facilmente invece potrebbe instaurarsi in un
sistema a suffragio ristretto: l’universalità del suffragio renderebbe
indispensabile la presenza dei partiti nei circuiti rappresentativi432
.
Al fine di evitare derive estreme di totale recisione del rapporto con gli
elettori, in quanto rappresentanti di tutto il popolo, intervengono le
disposizioni dell’ordinamento generale, come l’iniziativa legislativa popolare
431
CHELI E., Atto politico e funzione di indirizzo politico, Milano, 1961, cit. p. 175. 432
Cfr. CARRÉ DE MALBERG, Contribution, cit., II, 439
259
e la petizione, previsti in Costituzione, o anche i regolamenti parlamentari
quando disciplinano la possibilità di svolgere indagini conoscitive433
, di
richiedere pareri, studi o indagini al Consiglio nazionale della economia e del
lavoro (CNEL), in quanto organo rappresentativo degli interessi economici434
o ad altri organismi, che garantiscono adeguata autonomia ai singoli
parlamentari rispetto ai partiti nelle cui liste sono eletti.
Nel risvolto “elettorale” della attuale crisi politica della rappresentanza,
si sono susseguiti elogi “divini” del maggioritario, fino a volontà politica di
superamento dello stesso, che ha portato alla nascita di sistemi ibridi, spesso
cause primarie dell’ingovernabilità, guardando direttamente alla legge
elettorale invece che, ad esempio, prima alla regolamentazione dei partiti.
Dobbiamo infatti analizzare il c.d premio di maggioranza con il fenomeno
della mobilità parlamentare435
: cioè con l’opinione, largamente diffusa anche
negli ambienti politici, della dottrina dello Stato Liberale contrapposta al
principio di sovranità popolare, che la libertà del parlamentare, di iscriversi a
un gruppo all’inizio della legislatura e di abbandonarlo ogni volta che ne abbia
l’interesse, è assoluta in quanto costituzionalmente garantita dall’art. 67 Cost.
Ma questa lettura imporrebbe la collocazione dell’art. 67 nella prima
parte della Carta Costituzionale, dove invece troviamo espressamente il
concetto di sovranità, che appartiene al Popolo, all’insieme di cittadini dello
Stato: la Nazione diventa entità storico-culturale, comprensiva di
maggioranze, minoranze, che dal popolo agente si plasma. Il principio della
assoluta libertà del parlamentare, che costituiva principio fondamentale di
433
art. 48 reg. Senato e 144 reg. Camera 434
art. 49 reg. Senato e 146, 147 comma 2 reg. Camera
435
Cfr. A. MANNINO, L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato
imperativo. Democrazia e diritto 2009,3/4 p.311-364.
260
rappresentanza dello Stato liberale, non può trovare più applicazione in uno
Stato democratico.
Infatti, ogni candidato al Parlamento deve uniformarsi alla disciplina
interna del funzionamento della propria Camera, al programma elaborato dallo
stesso partito e dalla coalizione, che poi verrà approvato dal corpo elettorale.
Poiché l’elezione è finalizzata all’attuazione della volontà popolare, che
dovrebbe imporre una programmatica ideologica al partito e alla coalizione nel
cui ambito i candidati sono stati eletti, si può pacificamente desumere che il
parlamentare non è libero, ma giuridicamente subordinato al partito e al suo
programma. Questa conclusione è poi rafforzata dalle disposizioni
costituzionali degli artt. 72 e 82 attuate dai rispettivi regolamenti, che rendono
obbligatoria l’iscrizione dei parlamentari a un gruppo che vincola gli iscritti
all’osservanza delle delibere adottate in coerenza di quel canale di
partecipazione democratica dei cittadini all’attività politica dello Stato.
Alla luce di queste considerazioni, possiamo ora leggere
completamente l’art. 67 Cost., per renderlo conforme al sistema costituzionale.
Viene ribadita la subordinazione dei parlamentari alla volontà del popolo,
rappresentando la nazione, oggi non più un’entità astratta, ma l’insieme dei
cittadini viventi, a cui appartiene la sovranità. Al Popolo, concetto statico,
appartiene la sovranità. In virtù di questo assunto, alla Nazione, concetto che
oggi si qualifica come dinamico, entità storico-culturale, spetta di essere
rappresentata da parte del Parlamento.
Il parlamentare rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza
vincolo di mandato. Si rafforza, con il vincolo di mandato, la rappresentanza
della Nazione, declinazione del concetto di sovranità popolare. Questo divieto
può essere coerente solo se inteso: non nei confronti dei partiti e dei gruppi,
interpretazione che comprometterebbe tutto il meccanismo di partecipazione
261
democratica, ma di qualunque altro soggetto esterno ad essi, portatore di ogni
tipologia di interesse, fosse anche un elettore. Il temperamento della
soggezione del parlamentare al partito e al gruppo è attuato dalla stessa
Costituzione. Lo vediamo all’art. 64 , nel richiamo alle norme relative alle
modalità di voto, che se da un lato stabiliscono il principio generale della
pubblicità, quindi del controllo del gruppo, dall’altro riaffermano le esigenze
della libertà quando impongono lo scrutinio segreto, ad esempio per le
votazioni su singole persone, o lo consentono su richiesta del prescritto
numero di parlamentari, come per le votazioni su materie attinenti a diritti di
libertà. Lo stesso articolo subordina la validità delle deliberazioni di ciascuna
camera al solo requisito numerico (la maggioranza dei voti). Nessuno può farsi
portavoce di altri membri della coalizione o del partito: la validità è
indipendente da una qualsiasi valutazione in ordine alla corrispondenza di
ciascun voto alle direttive dei rispettivi gruppi parlamentari.
L’equilibrio parlamentare dal quale dipendono crisi di governo, risiede
nello specifico bilanciamento dei valori contrapposti della soggezione (artt. 72
e 82 Cost.) e della libertà (art. 64 Cost.).
Attualmente, infatti, il problema risiede soprattutto nelle disposizioni
dei regolamenti di entrambe le Camere, che concedono agli eletti la massima
libertà di scegliere il gruppo all’inizio della legislatura (senza rispettare il
vincolo derivante dal collegamento con il partito) o di trasferirsi, anche più
volte, ad un altro gruppo nel corso della stessa.
Ed infatti, nelle ultime legislature è stato confermato che governi che si
erano formati in base alla manifestazione di volontà degli elettori, hanno
mantenuto la loro tenuta politica e la fiducia parlamentare o sono crollati
grazie ad altre maggioranze, con l’apporto decisivo di parlamentari eletti nello
schieramento opposto. La sovranità delle Camere si è imposta in forma
262
dittatoriale come una cupa deriva, rinnegando la volontà popolare, svilendo la
visione democratica, trovando forza nella difesa della concezione liberale. La
crisi ideologica che segue è scontata: il popolo non crede più negli
schieramenti.
La prima azione di lotta alla corruzione del parlamentare è un
restoration/enforcement del contesto, restituire la sovranità al popolo, tramite
il superamento di norme che consentono tali meccanismi di incontrollata
mobilità.
Il “divieto di mandato imperativo” necessita di un ridimensionamento
nel senso che non lo si può certamente leggere in termini di autorizzazione
all’arbitrio o all’abuso, ma solo quale garanzia della indipendenza del
parlamentare e nell’ottica dell’ottimale svolgimento del suo compito
istituzionale di rappresentanza. Basti pensare che le conseguenze della norma
costituzionale sono differenti, infatti, se si parla di disciplina sulla
conformazione del rapporto rappresentativo tra elettori e partiti da una parte, e
tra elettori ed eletti dall’altra, a seconda se abbiano forma di mandati o
istruzioni di natura in senso lato privata, o si pongano come norme di carattere
generale, con una regolamentazione di tipo pubblicistico della materia. Solo
nel primo caso i singoli, le associazioni di elettori, di fatto caratterizzano e
caratterizzeranno il rapporto rappresentativo, anche se non potrebbero però
pretendere che tale caratterizzazione sia sostenuta da garanzie giuridiche.
L’osservanza di patti e accordi sarebbe rimessa alla coscienza del
singolo parlamentare, il quale è libero di votare, se vuole, secondo gli indirizzi
del suo partito, di osservare gli accordi o i patti con i suoi elettori, ma è anche
libero di sottrarsene senza alcuna conseguenza giuridica436
.
436
Così è stato deciso affermato dalla Corte costituzionale. sent. n. 14 del 1964.
263
Al contrario, in disposizioni di carattere pubblicistico, non sarebbe
possibile una influenza di fatto.
È proprio ponendosi contro questa incostituzionalità automatica,
incostituzionalità che vuole vietare a priori ogni regolamentazione
pubblicistica del divieto di mandato, che si permetterebbe un reale attuazione
costituzionale del divieto. In questo modo si penalizza a priori la
regolamentazione pubblica, ma si dà spazio, invece, di fatto,in maniera
incontrollata, a privati accordi: una legge, una norma di regolamento
parlamentare, non equivalgano a priori al mandato di cui all’art. 67 Cost.
Introducendo un limite alla libertà di movimento politico del
parlamentare, si rafforzerebbe l’idea secondo cui il rapporto rappresentativo è
un rapporto di tipo pubblico-politico.
Questa interpretazione permetterebbe un continuo rimodernamento
della classe dirigente nel rispetto della sovranità popolare, contro la
privatizzazione del rapporto di rappresentanza politica, per evitare la sovranità
delle Camere in base al costume, o al malcostume, della classe politico
parlamentare in azione437
.
Il limite di questa linea è scontato. L’importante è che eventuali riforme
in questa direzione non conducano “a irrigidimenti fuori luogo delle
dinamiche politico-parlamentari. Così, ad esempio, trattando del fenomeno del
trasformismo parlamentare, spesso si ragiona, giornalisticamente, di un
‘tradimento’ imputabile al transfuga. Ma chi conosce la complessità della vita
politica sa che bisogna sempre domandarsi chi sia il «traditore». Spesso è
dubbio se sia stato il parlamentare a «tradire» il programma elettorale, o se
invece il «tradimento» sia stato perpetrato dal gruppo parlamentare: nel qual
437
Cfr. M. RICCI, La corruzione del parlamentare, Tesi di Dottorato anno accademico 2014-2015
264
caso il dissenso o la ribellione del singolo sarebbero testimonianza di fedeltà
alle «promesse» fatte al corpo elettorale”438
.
7. Immunità
Le immunità rappresentano una forma di ius singulare che si pone in
netta opposizione al principio di uguaglianza per ragioni pubblicistiche e
internazionalistiche tali da sviluppare quello che in passato veniva visto a tutti
gli effetti come un ingiusto privilegio.
In particolare, le immunità penali si collocano pienamente in quella
terra di nessuno tra diritto penale e diritto pubblico ed internazionale.439
Le classificazioni tipicamente manualistiche tendono a suddividere le
immunità in varie partizioni: la premessa necessaria per approfondire questo
istituto è costituita dalla negazione della natura giuridica unitaria delle
immunità. In questa sede è necessario concentrarsi sulla partizione di diritto
sostanziale e processuale, dove nelle prime si inibisce la sanzione, nelle
seconde si inibisce il processo il quale, venuta meno la qualifica protetta
dall’immunità dell’imputato, di solito, prosegue il suo corso; sulla partizione
tra immunità funzionali e immunità extrafunzionali, dove le prime investono
solo gli atti commessi nell’esercizio della funzione, le seconde si estendono a
tutti i fatti penalmente rilevanti posti in essere440
.
La nostra attenzione si concentrerà sulle cc..dd. immunità sostanziali di
diritto pubblico interno, aventi natura funzionale, e relative alla responsabilità
438
N. ZANON, L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato imperativo.
Democrazia e diritto 2009,3/4 p.311-364. 439
A. PAGLIARO, L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980.
440
Cfr. MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, I, III ed., Milano, 2001, p. 345 ss.
265
penale, finalizzate a sancire la non sindacabilità di atti o dichiarazioni
effettuate nell’esercizio delle proprie funzioni.
Generalmente 441
si tende ad inquadrare le immunità nello schema delle
cause di non punibilità che incidono come motivi di esenzione sull’attività
giurisdizionale442
.
Altra tesi le definisce una deroga al principio di obbligatorietà
dell’azione penale443
.
Le immunità, infatti, in taluni casi inciderebbero sul momento
sanzionatorio penale, come limite tendente a paralizzare l’attività punitiva
dello Stato in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, quindi
come cause di non punibilità in senso stretto, mentre altre inciderebbero sul
momento precettivo, in particolare sull’antigiuridicità, come vere e proprie
cause di giustificazione.444
Come è stato però ricordato, una prima obiezione alla riconducibilità
delle immunità nelle cause di giustificazione riguardava la prevalenza in
astratto della immunità stessa, delineata “semplicemente” dal legislatore, e
non di una valutazione demandata al giudice caso per caso, come avviene
appunto per le cause di giustificazione. Questa obiezione, però, potrebbe
essere smentita dall’evoluzione giurisprudenziale che ha fatto seguito in questi
anni, calando la valutazione del giudice nel bilanciamento da effettuarsi di
volta in volta in relazione al caso concreto445
.
441
MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976, pag. 751-789. 442
LEONE G., L’imputabilità nella teoria del reato, in Riv. it. Dir. pen. 1937, 391. 443
MAGGIORE, Diritto penale, Bologna,1949, I, 140. 444
Cfr. A. GULLO, Le immunità come limite alla tutela penale?, in Rivista italiana diritto e
procedura penale, 2007, pp.178 ss. 445
Ivi, p. 180.
266
Alla “esenzione dell’attività giurisdizionale” bisogna però dare un
ruolo parziale, dovuto in ragione dell’inspiegabilità del fatto che una volta
cessata la carica, i politici non possano essere chiamati a rispondere delle
proprie opinioni. Allo stesso modo, nella “deroga al principio di obbligatorietà
dell’azione penale” si palesa una sostanziale vacuità del principio di esenzione
che sarebbe soltanto parziale, in quanto il parlamentare sarebbe comunque
soggetto ad indagini sulla propria condotta, al fine di verificare se il suo
comportamento integri il reato oppure no446
.
Nel caso della sua collocazione nell’operatività da parte dello Stato del
potere punitivo postumo all’accertamento del reato, secondo la dottrina
maggioritaria447
, una volta constatata la presenza di una causa di esclusione
della pena, quale l’immunità, non si applicherà la sanzione, elemento rivolto ai
Giudici e l’autore andrà esente da sanzione penale, anche se il precetto è
qualificato. Questo presuppone una scindibilità materiale tra precetto e
sanzione.
Per altri Autori l’immunità andrebbe intesa come causa di esclusione
della capacità giuridica penale, retrocedendo verso un momento certamente
antecedente rispetto a quello della causa di esclusione della punibilità,
parlandosi addirittura di incapacità assoluta, qualora l’immunità sia totale448
.
Anche in dottrina allora, in capo al Parlamentare, qualcuno può
intravedere un privilegio449
, qualcun altro un diritto pubblico irrinunciabile,
ma sempre in relazione alla funzione da rispettare450
.
446
G. CONSO, voce Capacità processuale penale, in Encicl. Dir. 1960, Milano, VI, 113. 447
F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, 1969. 448
GALLO M., voce Capacità penale, in Noviss. Dig. It. 1968. 449
BEYER, Immunitat als Privileg, 1966. 450
VON MANGOLDT-KLEIN, Das bonner Grudngesetz, II 1964, p. 969.
267
In generale, la macroarea che sembra accomunare la dottrina è quella
del godimento di un diritto soggettivo costituzionale del parlamentare nei
confronti dello Stato451
.
Questo diritto pubblico parlamentare sarebbe quindi riconosciuto
sempre e solo nell’ottica dell’esercizio delle funzioni. Il fondamento di questo
“potere” conferito dalla norma è nel “dovere” della salvaguardia del pubblico
interesse, nel dovere del pubblico funzionario di realizzare l’atto
esclusivamente nella convinzione che esprima la volontà dell’istituzione, in
questo caso, la più “libera” di tutte, il Parlamento452
.
Parte della dottrina ha sostenuto che la concessione di una immunità
sostanziale risolve sempre un conflitto di interessi, in relazione al quale
l’ordinamento sceglie di dichiarare prevalente l’interesse relativo alla funzione
che il soggetto impersona. In questi casi,l’immunità si qualifica come causa di
giustificazione, non come manifestazione di un pensiero generale, ma
collegato alla funzione453
, con la motivazione della dichiarata prevalenza di un
interesse rispetto ad altro, col primo confliggente454
. L’immunità diventa causa
di giustificazione, prerogativa parlamentare che impedisce l’insorgere
dell’antigiuridicità455
.
Secondo illustre Critica, però, si ritene che vada “respinta la tesi delle
cause di giustificazione: nelle premesse e nelle conclusioni. Le scriminanti,
quali appunto l’esercizio del diritto e l’adempimento del dovere, si fondano su
un giudizio positivo del fatto commesso, perché utile o necessario e perciò
451
HAMANN J.G., Das Grundgesetz fur, D.B.R. 1961, p. 243. 452
CARNELUTTI R., Teoria generale del diritto, 1940, Roma, p. 241. 453
PAGLIARO, in op. cit, 221, 454
PAGLIARO A. , L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980, p.
634. 455
PAGLIARO A . L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980, pag.
637.
268
giuridicamente autorizzato od imposto. Non è invece né utile, né necessario
per un corretto esercizio delle loro funzioni che il Capo dello Stato ed i
parlamentari violino la legge penale e nessuna legge li obbliga o autorizza a
tenere siffatto comportamento”456
.
Ancora, criticamente si pone Vassalli. Premettendo che la possibilità di
includere nell’operato della non punibilità voti espressi nell’esercizio delle
funzioni non è priva di limiti, l’Autore mette comunque in luce l’eventualità,
ad esempio, del riferimento all’art. 51 c.p., che porterebbe fuori dal disposto
costituzionale, garantendo “il parlamentare con una immunità personale
destinata a coprire fatti che anche a mente della Costituzione non potrebbero
essere qualificati come leciti. In altri termini l’art. 68 comma 1 conferma la
liceità di taluni contegni e ne manda non punibili altri che a quelli si
ricollegano rappresentandone una proiezione più vasta”457
.
Secondo questa logica, laddove in un atto parlamentare sia
riscontrabile, ad esempio, il solo scopo diffamatorio, non si tratterebbe più di
un atto posto in essere nell’esercizio delle proprie funzioni ma di un mero
abuso della funzione, non giustificabile.
Nella attuale regolamentazione che discende dall’art. 68 Cost., si
ricordano due leggi fondamentali che ne hanno caratterizzato l’evoluzione
normativa. Con la legge costituzionale n. 3 del 1993, sempre a seguito del
problema politico Tangentopoli che invase tutto il sistema dei partiti, si abolì
l’istituto dell’autorizzazione a procedere. Salvo insindacabilità, i parlamentari
possono oggi essere liberamente sottoposti a processo penale ed anche tratti in
arresto in esecuzione di una sentenza di condanna definitiva, senza che alcuna
456
MANTOVANI F., Diritto penale, Cedam, 2009. cit., p. 735. 457
VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri
del Parlamento, in Giust. Pen., 1973, pag. 209. V. nota 11.
269
autorizzazione debba essere domandata o concessa. La necessità
dell'autorizzazione sorge solo laddove il membro del Parlamento debba essere
oggetto di perquisizione, intercettazione, o limitazione della libertà personale
in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare. La legge ha poi sostituito
anche l’espressione dell’art. 68 Cost. “non possono essere perseguiti” con
quella più ampia “non possono essere chiamati a rispondere”. Da allora è
cominciato il travaglio normativo che ha portato alla legge ordinaria n. 140 del
2003, che ha delineato lo schema processuale di accertamento dell’immunità.
L’irresponsabilità di cui all’art. 68 comma 1 Cost. si applica “in ogni caso per
lapresentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del
giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli
interventi nelle Assemblee enegli altri organi delle Camere, per qualsiasi
espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per
ogni attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica,
connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento”.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale, insieme alla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha concorso a
definire i possibili limiti di effettiva vigenza dell’immunità.
Lo schema procedurale che ha retto fino alle modifiche normative del
2003 è sostanzialmente quello delineato dalla sentenza n. 1150 del 1988: la
Corte pur affermando che spetta alla Camera di appartenenza deliberare
l’insindacabilità, facoltizza tuttavia il giudice ordinario dinanzi al quale sia
pendente un processo al quale giunge la delibera della Camera, a sollevare
conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale. Con la sentenza n.
289 del 1998 si annulla per la prima volta una delibera di insindacabilità della
Camera. Si impone come oggetto di verifica la sussistenza o l’insussistenza di
un legame funzionale tra gli atti e le affermazioni rese dal parlamentare e
270
l’esercizio delle proprie funzioni: questo impone alla Corte una verifica anche
nel merito dell’esistenza del nesso.
Questa sentenza anticipa in qualche modo quella che viene definita
dalla maggior parte della dottrina come la svolta interpretativa della Corte458
:
le sentenze nn. 10 e 11 del 2000. La Corte “non può verificare la correttezza,
sul piano costituzionale, di una pronuncia di insindacabilità senza verificare
se, nella specie, l’insindacabilità sussista”. In particolare, viene precisato un
inciso che verà ripreso in molte altre pronunce successive: il nesso funzionale
tra dichiarazione e attività parlamentare deve essere inteso non “come
semplice collegamento di argomento o di contesto fra attività parlamentare e
dichiarazione, ma come identificabilità della dichiarazione stessa quale
espressione di attività parlamentare”. Bisogna riscontrare “una identità
sostanziale di contenuto tra l’opinione espressa in sede parlamentare e quella
manifestata nella sede ‘esterna’”.
In seguito all’entrata in vigore della legge 140/2003 al fine di bilanciare
la portata dell’art. 68 comma 1 Cost., in particolare in relazione agli artt. 3 e
24 Cost., con la sentenza n. 120 del 2004 la Corte puntualizza
“semplicemente” una avvenuta codificazione del nesso funzionale, concetto
già cristallizzatosi nella giurisprudenza. Ma si spinge oltre, postulando una
sorta di necessità di compiere di volta in volta un giudizio di bilanciamento
degli interessi contrapposti, in quanto è da ritenersi “vana la pretesa di
cristallizzare una regola di composizione del conflitto tra principi
costituzionali che assumono configurazioni di volta in volta diverse e
458
A. PACE, L’art. 68 comma 1 Cost. e la ‘svolta’ interpretativa della Corte Costituzionale nelle
sentenzenn. 10 e 11 del 2000, in Giur. Cost., 2000, pp. 85 ss.
271
richiedono soluzioni non riconducibili nei rigidi limiti di uno schema
preliminare di giudizio”.
Con l’ingresso della figura di un nuovo soggetto giurisdizionale, la
Corte europea dei diritti dell’uomo, il sistema “processuale” si articola quindi
tra quattro attori:
1) il giudice ordinario, che qualora ritenga sussistente l’immunità, su
eccezione di parte o d’ufficio, può definire il giudizio; in caso non ritenga di
condividere la valutazione della Camera, potrà sollevare conflitto di
attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale.
2) la Camera di appartenenza del parlamentare, che può esprimersi
direttamenteo in seguito ad ordinanza del giudice ordinario che attivi la
pregiudiziale parlamentare di cui all’art. 3 l. 140 del 2003;
3) la Corte Costituzionale;
4) la Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale può intervenire a
sindacare la decisione del giudice ordinario di non sollevare conflitto di
attribuzione, ovvero a sindacare, come una sorta di giudice di ultima istanza,
l’operato della stessa Corte Costituzionale in sede di conflitto di
attribuzione.459
Il parlamentare sarebbe titolare di una sorta di “potere di critica
qualificato”, quale concreta situazione oggetto di riconoscimento espresso,”e
non [di] una eccezionale esenzione della giurisdizione penale, ovvero [di] una
causa di esclusione della pena.”460
459
A. GULLO, Le immunità come limite alla tutela penale, p. 196. 460
MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976, cit, pag. 767.
272
7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti dati
nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la corruzione
Secondo l’art. 51 dello Statuto Albertino, “i senatori e i deputati non
sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle
Camere”. L’interpretazione dominante, secondo un criterio “spaziale” (nelle
Camere) voleva una assoluta irresponsabilità, penale, civile e disciplinare.
L’ampia disposizione dello Statuto Albertino, che non consentiva di
richiamare alcun nesso funzionale tra l’esercizio della funzione e l’opinione o
il voto espressi, evidenzia una delle maggiori differenze con la Carta
Costituzionale, dove il richiamo al nesso è garantito e sancito, circoscrivendosi
l’operatività della disposizione all’esercizio delle funzioni parlamentari.
La prima formulazione ufficiale emanata fu: “i membri del Parlamento
non possono essere perseguiti per le opinioni espresse ed i voti dati
nell’esercizio delle funzioni”. Questa formula risulta diversa da quella
prospettata dalla Commissione dei 75 in prima istanza che prevedeva che i
membri “non possono essere chiamati a rispondere”. La versione dei 75 venne
reintrodotta con la L. cost. 29 ottobre 1993, n. 3.
L’introduzione del nesso funzionale, assente nello Statuto Albertino,
era fondamentale per sviluppare una concezione di immunità parlamentare
non come istituto dello jus singulare lesivo dell’art. 3 Cost.461
, ma come
istituto atto a garantire autonomia e indipendenza al parlamentare.
461
PARRELLA, PERLINGIERI, in Commento alla Costituzione italiana, art 68, ESI, 2001, pag 437
e ss.,
273
La precedente esperienza costituzionale tutelava il parlamentare per i
voti e le opinione espresse “nelle Camere”. L’immunità è ora riferita al più
generico esercizio delle “funzioni”462
.
Ancora oggi, però, non vi è orientamento consolidato sulle immunità e
la loro estensione.
Sulla scia di Mortati, bisogna tendere all’armonia interpretativa con la
Carta: se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge tanto più lo saranno i
parlamentari, e l’insindacabilità dei loro atti interesserà solo quelli
strettamente connessi con la funzione pubblica parlamentare. Altre posizioni
tendono comunque ad estenderlo “fuori” dal Parlamento.
La posizione della giurisprudenza della Corte Costituzionale si pone in
equilibrio, consentendo di rivendicare l’immunità parlamentare in presenza di
tre presupposti:
- che la prerogativa dell’art. 68, comma I Cost., non ricopra tutte le opinioni
espresse dal parlamentare;
- che la necessità dell’esistenza di un nesso funzionale tra le opinioni espresse
e l’atto esterno sia giustificata da un nesso anche temporale;
- che contestualmente si dimostri che l’attività esterna altro non è se non il
continuum dell’attività politica.463
In questa sede interessa fissare un presupposto fondamentale: che
l’attività del parlamentare, come ogni attività discrezionale di un p.u., è
caratterizzata da una condotta complessa, composta da un momento
rappresentativo/volitivo e da una fase deliberativa, nell'atto, nel voto e
462
M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 209
463
In Giur. cost., 2006, pag. 3895, con nota di V. GIOFFRE’, Insindacabilità dei parlamentari e fonti
richiamate in atti tipici tra dubbi e questioni aperte, pag. 3912. Cfr. sentenza Corte Cost. 14
novembre 2006, n. 371.
274
nell’opinione. E’ evidente però che, nel caso di corruzione del Parlamentare, il
momento di maggior risalto risiede proprio nel comportamento che sta a
monte dell’esercizio della funzione, e la norma di cui all’art. 68 fa riferimento
al momento finale delle “opinioni espresse” e dei “voti dati”.
Secondo illustrie opinione464
non sussiste, in merito a quanto accennato,
alcuna difficoltà nel ritenere configurabile, a carico di un Parlamentare, il
reato di corruzione, e nella forma della corruzione propria. La corruzione è
infatti un reato plurisoggettivo a concorso necessario, pertanto da un lato
avremmo il pubblico ufficiale corrotto, e dall’altro il corruttore che può essere
qualunque soggetto. Il parlamentare è un pubblico ufficiale465
.
L’elemento materiale del reato, la dazione o la promessa di denaro o
altra utilità per compiere un atto contrario ai doveri del proprio ufficio, viola il
dettato dell’articolo “prodromico” all’art. 68, l’art. 67 Cost., che impone al
Parlamentare di agire libero da ogni condizionamento soggettivo, seguendo
esclusivamente la proprio opinione o voto in base alla sua concezione politica
e al suo intimo convincimento.
In questi casi, la condotta del Parlamentare non può rientrare nella
“bolla” dell’art. 68 Cost., perché la condotta criminale non si identificherebbe
con l’espressione del voto, bensì con la condotta antecedente all’espressione
del voto, quella condotta di ricezione, accettazione, promessa di denaro o
utilità che caratterizza il successivo atto-prodotto della volontà viziata. Questo
464
NUNZIATA M., Corruzione di parlamentare per voto legislativo e sorte dell’atto normativo
approvato in conseguenza. Il Consiglio di Stato , 44 (1993), n. 12, pt. 2, p. 2323-2326. 465
SEVERINO DI BENEDETTO, Commento ex art. 17 L. 26 aprile 1990, n. 86, in Legisl. Pen. 1990,
pag. 334; ZITO A., Il concetto penalistico di Pubblica amministrazione, Le qualifiche. Le qualifiche
soggettive: pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio, in Mondo giud. 1992, pag. 110; 112.
275
ragionamento è in armonia con la ratio della norma che tutela il bene giuridico
della libera formazione della volontà del potere legislativo466
.
Dato che illecito è stato il suo iter formativo, in violazione dell’art. 67
Cost., ciò si riverberebbe sul processo di formazione della legge, risultando
quindi afflitta da un vizio formale e incidendo sull’esistenza dell’atto inficiato
dal pactum sceleris.
La volontà del Parlamentare non si è liberamente formata, e quindi
l’atto è costituzionalmente illegittimo467
, in quanto (penalmente) illecito.
Possono, certamente, verificarsi nella prassi ipotesi di scissione della
volontà del politico, tra quanto voluto e quanto votato. Ma resterà il dato che è
proprio la corruzione ad incidere sulla volontà del Parlamentare, il quale una
volta accertato il mercimonio, è evidente che non sarà più libero di
manifestare il proprio pensiero.
Pertanto, se si desse corso al giudizio di legittimità costituzionale
dell’atto prodotto, non potrebbe che parlarsi di annullamento dello stesso
come epilogo di una vera sanzione, che incide sull’atto, ma anche sul controllo
dell’operato di persone fisiche, qualora intervenga una sentenza di condanna
in via definitiva468
.
Questo in quanto l’art. 67 Cost. è da intendersi come norma
immediatamente precettiva.
L’art. 67 Cost. ha una duplice valenza: da un lato è diritto e garanzia del
parlamentare, dall’altro un dovere. Se violato, va sanzionato il politico e con
466
Cfr. GROSSO, Il delitto di corruzione tra realtà interpretative e prospettive di riforma, in STILE,
Riforma dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, Napoli, Jovene, 1987. 467
cfr. VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri del
Parlamento, in Giust. Pen., 1973, c.196 ss; ZAGREBELSKY G., Le immunità parlamentari, Torino,
Einaudi, 1979; NUSSBAUM, L’immunità parlamentare. Interrogativi e incertezze, in Nuovo dir.,
Roma, 1977, pag. 106. 468
VENTURA, Le sanzioni costituzionali, Milano, Giuffrè, 1981, pag. 61.
276
esso il frutto di tale condotta, un atto, una decisione, una legge, che altrimenti
si riverserà nel mondo reale, e a cui seguiranno conseguenze economiche,
sociologiche, educative, politiche, nella società.
Questa concezione della dottrina sulla pronuncia di illegittimità
costituzionale, che presumibilmente colpirà l’atto oggetto del pactum,
introduce il tema della c.d. prova di resistenza: la questione circa il peso
materiale che il voto del Parlamentare corrotto abbia avuto in termini di
approvazione del provvedimento. Si ritiene che “non può accettarsi che un
parlamentare riceva istruzioni od ordini da alcuno, ma tale sarebbe il risultato
ultimo se si ammettesse che l’atto legislativo approvato in dipendenza di un
accordo illecito permanesse valido ed efficace”469
.
E’ stato precisato anche che, trattandosi di un illecito a fattispecie
alternativa, può completarsi nella sua struttura anche in un momento anteriore
al conseguimento dell’utilità: “Nessun momento funzionale entra a comporre
l’elemento oggettivo del delitto di corruzione, che viene consumato dai due o
più autori già al tempo dello scambio delle obbligazioni. La perseguibilità del
reato sfiora l’atto funzionale senza tuttavia intaccarne l’autonomia”. In questi
casi il reato può, dunque, perfezionarsi in quanto sarà possibile “ritagliare dai
comportamenti dell’uomo politico gli elementi costitutivi della fattispecie
criminosa punibile, senza che alcuna sanzione giuridica ricada sull’atto in
quanto tale”.470
L’atto potrà essere annullato dalla Corte Costituzionale,
allorquando una sentenza penale sia intervenuta ad accertare il reato di
corruzione. Sul controllo di legittimità costituzionale, la Consulta potrà
469
NUNZIATA, Corruzione di parlamentare per voto legislativo e sorte dell’atto normativo
approvato in conseguenza. Il Consiglio di Stato, 44 (1993), n. 12, pt. 2, p. 2323-2326. 470
MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976. pag. 761
277
riscontrare la violazione di legge sulla base di una pronuncia di condanna
intervenuta in via definitiva.
In questo senso nessun attentato alla valenza dell’art. 67 Cost. potrà
dirsi commesso, perché “non è pensabile che si proceda all’accertamento della
rispondenza delle scelte deliberate al pubblico interesse, perché il merito non
può essere autoritativamente sindacato da alcuno. Se quindi non si riscontra
alcun contrasto con parametri costituzionali espressi, ma tuttavia si ravvisa la
violazione di una regola costitutiva della disciplina generale della funzione,
nulla si dovrebbe opporre all’annullamento dell’atto da parte del giudice di
legittimità”471
.
Nell’ottica di uno Stato democratico, allora, il magistrato potrà indagare
se un reato c’è stato, mentre gli elettori potranno giudicare sull’onestà
mostrata dalla fazione politica. Questo è possibile se la legge elettorale venisse
sempre attualizzata insieme alla regolamentazione dei partiti, permettendo,
oltre al nuovo di presentarsi a parità di chance, anche la valutazione
dell’elettore dell’appartenenza politico-ideologica per una coerente gestione
amministrativa. Insieme all’interpretazione di cui sopra di vincolo di mandato,
potrebbe rafforzarsi politicamente la lotta alla corruzione del parlamentare.
8. Casistica al vaglio della Giunta per le autorizzazioni a procedere
L’opinione dominante di chi ha avuto modo di valutare la casistica al
vaglio della Giunta per le autorizzazioni a procedere relativa all’espansione
dell’immunità di cui all’art. 68 Cost. agli atti podromici rispetto all’esercizio
della funzione tipica del Parlamentare, ha avuto spesso modo di denunciare
471
MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976. pag. 761
278
l’esistenza di un sostanziale errore di fondo, commesso troppo spesso dagli
inquirenti, consistente nel qualificare la condotta del politico, come corruzione
propria anziché come corruzione impropria, individuando quale atto contrario
ai doveri di ufficio la proposta di legge, e indicando quale momento di
perfezionamento del reato quello immediatamente antecedente l’iniziativa
legislativa472
.
La Giunta quindi, in particolare nella V legislatura, si è trovata a
dovere, in sostanza, anallizzare la scindibilità o meno del reato di corruzione
tra pactum e atto finale, protetto dall’immunità.
Sempre nella V legislatura, si pervenne inizialmente ad una
dichiarazione di inscindibilità della condotta, di carente motivazione giuridica
per evidente ragioni di ordine politico-istituzionale, al fine di evitare
precedenti che permettessero all’autorità giudiziaria di indagare sulle “volontà
sacre” del parlamentare, sfruttando anche l’ “errata” contestazione di
“corruzione propria”
Ma il secondo approdo fu differente. Il caso riguardava un
parlamentare che, dietro scambio di un cospicuo corrispettivo, aveva accettato
di presentare/far approvare un provvedimento di legge.
La Giunta in quel caso concluse in questo senso: “la irresponsabilità
copre qualsiasi attività preparatoria che della funzione parlamentare tipica
costituisce motivazione o premessa se pur diretta e lontana purché sempre
riconducibile al quadro costituzionale, ai contenuti che il programma politico
della Costituzione, nella sua dinamica articolazione tende a sollecitare e a
realizzare”; ma contestualmente “va rifiutata tutela costituzionale alla
472
NUSSBAUM, L’immunità parlamentare (interrogativi e incertezze), Nuovo Diritto, 1977, p. 106 e
ss.
279
accettazione di denaro o di altri beni materiali che venga a condizionare il
compimento di un atto parlamentare tipico”473
.
In ordine al tema della libera formazione della volontà Parlamentare, si
è ritenuto che insindacabilità vada intesa non in un significato assoluto, ma di
parte: non consentire ad altri, che non siano il Parlamento, di indagare sui
motivi di un atto del parlamentare tipico della sua condotta; la Giunta su
questa linea, avrebbe allora scelto di soddisfare in quel determinato momento
storico esigenze di natura più morale che giuridica: “per quanto assolutista
possa sembrare il nostro giudizio siamo portati a ritenere che la estensione
della irresponsabilità anche agli atti preparatori sia la soluzione giuridica più
corretta”. 474
Nel secondo caso abbiamo una difficile analisi giuridica, legata infatti
ad attività antecedenti, collegate, ma che ontologicamente esulino
dall’esercizio del potere. Quali attività possono considerarsi tipiche?
Dottrina risalente al Capalozza475
, ed avallata dal Barile476
, tendeva ad
estendere il regime della irresponsabilità anche agli atti non tipici della
funzione, ma connessi alla stessa, quali l’ attività di propaganda e
divulgazione dei programmi.
Contra, vediamo l’opinione di Vassalli, che all’epoca presiedeva tale
Organo parlamentare.
Se chiunque ha il diritto di concorrere alle elezioni, verrebbe violato il
principio di uguaglianza attribuendo particolari regimi preferenziali,
riconosciuti al politico se coperto da immunità, svilendo uno dei pilastri del
473
NUSSBAUM, in op. cit., pag. 109 474
NUSSBAUM, in ivi, op. cit. 475
CAPALOZZA, L’immunità parlamentare e l’art. 68, I comma della Costituzione, in Montecitorio,
1949, III, n. 7 p. 18. 476
BARILE, Corso di diritto costituzionale, Padova, 1962, p. 9.
280
principio di democraticità477
. Ma il Vassalli, nonostante la critica di altre
posizioni, concludeva che, escludendo la propaganda e altri atti, di sicuro è
necessario far rientrare la proposta di legge tra gli atti tipici della funzione
parlamentare, quindi nell’alveo dell’irresponsabilità.
Sul concetto di attività collegata, ad esempio, alla proposta di legge,
dottrina postulava che “deve trattarsi di atti compiuti nell’esercizio delle
funzioni parlamentari, quindi la norma non copre atti come le pressioni
illecite, il traffico di influenze, il trascendere a vie di fatto, atti tutti i quali,
anche se compiuti in occasione dell’esercizio delle proprie funzioni, non
costituiscono esercizio di queste”478
Eppure, nel primo caso la Giunta aveva concluso dichiarando che
l’attività rientrante nel regime dell’art. 68 Cost. fosse “non soltanto l’attività
parlamentare tipica, ma anche quella che si pon[e] come inscindibilmente
collegata e strumentale rispetto alla prima, tanto da costituire l’antecedente o
un momento di formazione o addirittura la motivazione, nonché quella
successiva e conseguente a quella tipica del parlamentare e che si trov[a] con
questa nello stesso rapporto d’inscindibilità”479
.
Nella seconda pronuncia, relativa all’inquadramento della pubblica
accusa nella fattispecie nel reato di corruzione propria, ritenuto che l’iter
formativo della volontà politica fosse viziato ed interessato, dunque violativo
del divieto di mandato imperativo ex art. 67 Cost., il reato sarebbe stato
relegato al movente psicologico dell’agente480
, fondando un precedente per
ogni fututo processo, sulla formazione della volontà del parlamentare, sulle
477
VASSALLI, Punti interrogativi sulla estensione della irresponsabilità dei membri del Parlamento,
in Giust. Pen. 1973, I c. 209. 478
BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, 10 ed., Milano, 1972, p. 240. 479
doc. IV n. 136-B della Camera dei deputati, V Legislatura. 480
GIANNITI, Studi sulla corruzione del pubblico ufficiale, Milano, 1970, pag. 165 nota, 42
281
motivazioni che lo avevano indotto ad esercitare in un determinato modo la
propria funzione.
Secondo Vassalli, “non è da escludere che se si fosse imputata la
corruzione per atto conforme ai doveri di ufficio, non si sarebbe avvertito un
urto così diretto con la prerogativa parlamentare” e la Giunta avrebbe potuto
essere diversa pure nel primo dei casi esaminati481
.
9. Discrezionalità, voto e corruzioni
Il parlamentare corrotto è di nuovo nella comune opinione “uomo che
né scuole né esempi hanno educato, e che un sistema politico pone
nell’invidiata posizione di poter sacrificare l’interesse pubblico al proprio. E le
impunità dei più tristi servono da ammaestramento agli altri”482
. E infatti tanto
moderne sembrano dichiarazioni come questa, perché anche al politico attuale
“le magagne della vita parlamentare non gli sono ignote […] di quelle
‘scandalose coalizioni di parlamentari per la conquista del potere’ forse lui
non ne avrà mai fatto parte, ma ha visto sorgere la ‘giornata opaca dei
politicanti e tramontare l’età aurea degli uomini di Stato’; e una volta che egli
lo deplora, si ha il diritto di chiedergli cosa ha fatto, da deputato o da ministro,
per impedire che quell’alba triste sorgesse e per allontanare quel doloroso
tramonto; e la risposta bisogna andarla a cercare nei corridoi di
Montecitorio.”483
481
G. VASSALLI, Punti interrogativi sulla estensione della irresponsabilità dei membri del
parlamento. pag. 202 482
R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pag.24, parole del
Senatore Emilio Pascale, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione nel 1899, 483
R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pag.24, parole del
Senatore Emilio Pascale, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione nel 1899,
282
Le vetuste parole del Senatore Emilio Pascale risuonano ancora oggi, in
quanto più che di singolo atto corruttivo, ci si riferisce ad un problema del
sistema: si ritorna a parlare di malcostume e disinteresse.
Come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, non poche sono
state le pronunce della Suprema Corte di Cassazione, tese a confermare la
sussistenza del reato di corruzione, nella sua forma di corruzione propria ex
art. 319 c.p., allorquando ci si trovasse al cospetto della c.d. corruzione
sistemica, quel rapporto occulto tra i soggetti del reato finalizzato
all’asservimento del p.u. affinche agisca sempre preferendo l’interesse privato
a quello pubblico. E ancora, contrariamente a quanto ambito idealmente, ma
coerentemente a quanto conduce materialmente la riforma Severino, la
fattispecie ex art. 318 c.p. di corruzione impropria continuerà a considerarsi
del tutto residuale, rispetto all’ipotesi di cui all’art. 319 c.p. La corruzione ex
art. 318 c.p. sarà qualificabile ogniqualvolta il p.u. abbia ricevuto una somma
di denaro, una retribuzione, al fine di adottare o far adottare un provvedimento
conforme ai doveri di ufficio, il cui contenuto egli stesso condivideva.
Dopo il vincolo di mandato, allora, lo sguardo dell’interprete deve
concentrarsi sul significato di funzione e sulla corruzione propria e
“impropria”. Questa riflessione permette di investire ogni forma di corruzione
politica.
Se il reato di corruzione propria è posto a tutela dell’uso distorto e
viziato della discrezionalità amministrativa, che permette argomentazione su
difetti di imparzialità e tecnicismo, per coinvolgere la discrezionalità politica
dobbiamo parlare invece di percezione del perseguimento di un indebito
compenso al fine di raggiungere un determinato obiettivo484
.
484
Corte di Cassazione, Sez VI, sent n. 23354 del giugno 2014.
283
Analizziamo il caso che ha interessato il Vicesindaco del comune di
Villafranca Padovana, colto in flagranza di reato all’atto di intascare una
tangente finalizzata ad ottenere l’adozione di un provvedimento
amministrativo teso a modificare la destinazione d’uso di un terreno, da zona
agricola ad area edificabile. Tale variazione avrebbe consentito al corruttore di
procedere all’installazione di ripetitori di telefonia mobile.
Accertata la dazione dalla flagranza, la difesa all’accusa di reato di
corruzione propria veniva strutturata su tre dati: a) l’approvazione del
provvedimento, oggetto del pactum sceleris, che sarebbe stata deliberata da
un’amministrazione ancora da eleggersi, essendo in periodo elettorale:
l’imputato non ne era parte e nessuna certezza poteva assicurare quella
posizione; b) la assoluta inesistenza di un atto amministrativo contrario ai
doveri di ufficio; c) la variazione di destinazione era stata, poi, compiuta senza
il suo ausilio.
La Cassazione nell’articolare la propria decisione si richiamava ad un
suo precedente giudiziario485
che qualificava gli atti contrari ai doveri di
ufficio sia atti illeciti vietati da atti imperativi o illegittimi, sia atti
formalmente regolari che prescindevano per consapevole volontà del pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall’osservanza dei doveri
istituzionali, compresi quelli di correttezza e di imparzialità.
Sul provvedimento contrario ai doveri di ufficio la Corte aveva chiarito
che, ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, occorreva
avere riguardo non ai singoli atti, ma all’insieme del servizio reso dal pubblico
ufficiale al privato; per cui, anche se ogni atto separatamente considerato
corrispondeva ai requisiti di legge, l’asservimento costante della funzione, per
485
Cass. sez. VI n. 41898/2013.
284
denaro, agli interessi del privato integrava il reato di corruzione ex art. 319 c.p.
e non già quello rivendicato dall’imputato di cui all’art. 318 c.p.
La difesa però portava un’altra motivazione a sostegno della
derubricazione: motivazione sull’assenza di individuazione di una condotta
lecita alternativa. Questa argomentazione difensiva trovava un chiaro
precedente in una pronuncia della Cassazione secondo la quale “si configura il
delitto di corruzione impropria e non quello di corruzione propria in relazione
ad un atto adottato dal pubblico ufficiale nell’ambito di attività amministrativa
discrezionale, soltanto qualora sia dimostrato che lo stesso atto sia stato
determinato dall’esclusivo interesse della P.A. e che pertanto sarebbe stato
comunque adottato con il medesimo contenuto e le stesse modalità anche
indipendentemente dalla indebita retribuzione”486
.
Nel limite di una interpretatio abrogans dell’art. 318 c.p., la Corte
respingeva le argomentazioni difensive sul presupposto che l’atto contrario
posto in essere dal Vicesindaco si concretizzava nella “vendita della
discrezionalità amministrativa accordata dalla legge”.
L’interpretatio abrogans veniva scongiurata asserendo che
sicuramente non basta la dazione di denaro non dovuta per qualificare un atto
come contrario ai doveri di ufficio, ma che la condotta viene a qualificarsi
come corruzione propria nel caso di un “pagamento di una somma di denaro al
pubblico ufficiale per il compimento di un atto discrezionale, quando
all’indebito compenso corrisponde la rinuncia al corretto uso della
discrezionalità amministrativa, che invece dovrebbe essere appieno dispiegata,
486
Sez. 6, Sentenza n. 36083 del 9/7/2009 Ud. (dep. 17/9/2009) Rv. 24425
285
a prescindere dalla illegittimità dell’atto secondo gli ulteriori parametri della
relativa valutazione”.487
Vediamo ora la rara giurisprudenza relativa alla corruzione del
parlamentare per l’esercizio del diritto di voto, uno sguardo che permette di
vagliare stimolanti indirizzi.
Partiamo dall’indagato Sen. Nino Randazzo, eletto in una lista schierata
in favore della coalizione dell’on. Prodi,, il quale aveva avuto, intorno al 2007,
contatti con l’on. Silvio Berlusconi per il tramite di un terzo soggetto,
finalizzati a convincerlo a passare nelle fila dell’opposizione. Il “cambio di
schieramento” sarebbe avvenuto previo versamento della somma di due
milioni di euro, tramite un intermediario che ha negato che sia mai stata fatta
richiesta da Berlusconi.
La Procura,pur aderendo alla tesi della configurabilità in astratto del
reato, chiedeva l’archiviazione488
concludendo che non vi erano gli elementi
per sostenere l’accusa in giudizio, probabilmente anche in ragione del fatto
della non esistenza di riferimenti pregressi in giurisprudenza sul “cambio di
casacca”, a differenza, ad esempio, delle dimissioni, caso assai diverso,
secondo il quale, in tema di corruzione propria, “possono rappresentare un atto
contrario ai doveri di ufficio, quando violano il dovere di imparzialità, ossia
risultano poste in essere non già per una scelta discrezionale legittima, di
natura squisitamente politica, ma a fronte del compenso promesso o ricevuto,
con lo scopo di assicurare ad un soggetto privato il maggior beneficio,
configurando quindi una ‘totale svendita’ delle funzioni pubbliche. (Nel caso
di specie la S.C. ha valutato come ‘atti contrari ai doveri di ufficio’ le
487
Cass, sez. VI 4 febbraio 2014 n. 23354. 488
Richiesta di archiviazione datata 7 novembre 2008, Atti del procedimento a carico di Silvio
Berlusconi, Nino Randazzo e Pietro Pilello, pendente presso la Procura della repubblica di Roma.
286
dimissioni concertate di alcuni consiglieri comunali, funzionali allo
scioglimento del Consiglio comunale ed alla “caduta” del sindaco, in quanto
conseguenti alla dazione di somme di denaro e di altre utilità economiche da
parte di un soggetto che voleva evitare che il legale rappresentante dell’ente
territoriale gli revocasse l’incarico di presidente di un consorzio inter-
comunale, il quale aveva affidato, proprio alla società della quale lo stesso
soggetto era direttore generale, il settore dell’approvvigionamento idrico e
delle altre infrastrutture a ciò necessarie)”489
.
La richiesta di archiviazione si giustificava, fondamentalmente, in
relazione alla prova del passaggio di denaro, prezzo del cambio di
schieramento o di una votazione contraria al proprio orientamento,
dichiarando che “di tutto ciò non vi è prova certa nel presente
procedimento”.490
Allora, la condotta posta in essere da Berlusconi era realmente
improntata a convincere i senatori che appoggiavano la coalizione di centro-
sinistra a passare all’opposizione, ma “a prescindere dalle valutazioni di natura
politica che non competono a quest’ufficio, si è trattato di attività non
penalmente rilevanti”491
.
Vogliamo riportare anche queste parole del Pubblico Ministero:
“molteplici ulteriori osservazioni potrebbero essere fatte ma appartengono al
campo della politica, della morale, della sociologia e non certo della
competenza della Procura della Repubblica”492
. Una sorta di
489
Sez. 6, Sentenza n. 36780 del 2/7/2003 Cc. (dep. 25/9/2003 ) Rv. 226803. 490
Richiesta di archiviazione datata 7 novembre 2008, Atti del procedimento a carico di Silvio
Berlusconi, Nino Randazzo e Pietro Pilello, pendente presso la Procura della repubblica di Roma. 491
Ivi 492
Ivi
287
autogiustificazione per i salti mortali compiuti dalla Procura pur di
raggiungere un’archiviazione493
.
Nell’ introduzione e nel richiamo all’art. 67 Cost della Procura nella
richiesta di archiviazione, che accenna alla vicenda dell’on. Cirino Pomicino,
per il quale fu applicata l’insindacabilità dei propri atti494
al quale si contestava
il reato di corruzione per atto contraio ai doveri di ufficio nella qualità di
Presidente della Commissione Bilancio della Camera, si rinviene che il reato
che troveremo di fronte in ogni azione tesa a predeterminare il voto del
Parlamentare, sarà il reato di corruzione propria, in quanto ad essere violati
saranno i doveri istituzionali ledendo i principi al ruolo connesso di libertà ed
indipendenza in ragione di un rapporto di sinallagmaticità.
La Corte Costituzionale, dichiarando non fondata la questione di
legittimità costituzionale della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, con
riferimento all’art. 67 Cost., per essere stata quella legge approvata da
parlamentari i quali avevano dichiarato di dare il loro voto favorevole soltanto
in obbedienza alle direttive del loro rispettivo partito politico, aveva sancito
che “l’art. 67 della Costituzione, collocato fra le norme che attengono
all’ordinamento delle Camere e non fra quelle che disciplinano la formazione
delle leggi, non spiega efficacia ai fini della validità delle deliberazioni, ma è
rivolto ad assicurare la libertà dei membri del Parlamento. Il divieto del
mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare secondo gli
indirizzi del suo partito, ma è anche libero di sottrarsene: nessuna norma
potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del
parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”495
.
493
Cfr. MARCO LILLO, Così hanno salvato il cavaliere, su L’espresso, 26 febbraio 2009. 494
vedi resoconto seduta 142 del 4/2/1997 495
Sentenza della Corte Costituzionale, N. 14 del 1964.
288
Il tema della libertà del voto va ad intrecciarsi con l’esercizio della
funzione legislativa attribuita ex lege al p.u., essendo il voto atto discrezionale
della funzione pubblica.
Sul punto si riportano alcuni passaggi della sentenza della Corte
costituzionale del 2 novembre 1996, n. 379 che ritiene validamente espresso il
voto dei c.d. “pianisti”, ovvero parlamentari che votano in assenza dei propri
colleghi assenti, deputati incriminati per falso ex art. 479 c.p. e sostituzione di
persona ex art. 494 c.p.. La Consulta ha distinto chiaramente gli atti relativi
alle condotte interne alle Camere, per i quali sarebbe predicabile
l’insindacabilità ex art. 68 Cost da quelli che producono effetto anche nella
sfera giuridica di terzi o nell’esercizio di altri poteri pubblici. Si legge infatti in
sentenza che “allorchè il comportamento di un componente di una Camera sia
sussumibile, interamente e senza residui, sotto le norme del diritto
parlamentare e si risolva in una violazione di queste, il principio di legalità ed
i molteplici valori ad esso connessi, quali che siano le concorrenti
qualificazioni che nell’ordinamento generale quello stesso comportamento
riceva (illegittimità, illiceità, ecc.), sono destinati a cedere di fronte al
principio di autonomia delle Camere e al preminente valore di libertà del
Parlamento che quel principio sottende e che rivendica la piena
autodeterminazione in ordine all’organizzazione interna e allo svolgimento dei
lavori. Se viceversa un qualche aspetto di tale comportamento esuli dalla
capacità classificatoria del regolamento parlamentare e non sia per intero
sussumibile sotto la disciplina di questo (perché coinvolga beni personali di
altri membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve
prevalere la ‘grande regola’ dello Stato di diritto ed il conseguente regime
giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema
289
costituzionale, tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della
Costituzione).”496
Ancora una volta, pur ribadendosi la centralità del principio del divieto
di mandato imperativo, secondo cui il Parlamentare non può accettare alcuna
direttiva da alcun potere politico, economico o sociale, si rimane ancorati alla
“legge parlamentare” e si conclude per la totale irrilevanza penale del fatto.
Possiamo dedurre, oltre ad un rafforzamento etico della “legge
parlamentare”, che il condizionamento del voto, se in conseguenza
dell’accordo corruttivo, non potrebbe mai dunque essere scriminato o tutelato
dall’art. 67. Non è ammissibile l’insindacabilità assoluta di ogni forma di
coartazione del voto facendo leva sul principio costituzionale, che altrimenti
da norma contro il divieto dai condizionamenti, diverrebbe al contrario norma
a tutela dei condizionamenti.
9.1 Segue: Il Leading-Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del
Tribunale di Napoli in tema di corruzione del parlamentare
Vediamo quindi un episodio che si riferisce esplicitamente al contenuto
del patto corruttivo in relazione all’atto, alla funzione e sulla sua natura
giuridica in politica: la c.d. compravendita dei senatori, condotta che ha
determinato la caduta del governo Prodi nel 2008, sfiduciato grazie al
determinante voto di alcuni ex-alleati. Il 9 maggio 2013 la Procura aveva
chiesto il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi, per l’ex senatore Sergio De
Gregorio e l’ex direttore de “L’Avanti!” Valter Lavitola, in veste di collettore
della tangente.
496
Corte Costituzionale, sentenza n. 379/1996.
290
Il Trib. Di Napoli, sez. I dell’8 luglio 2015, con sentenza n. 11917, ha
condannato ex artt. 110, 319, 321 c.p. Silvio Berlusconi e Valter Lavitola alla
pena di tre anni di reclusione e di cinque anni di interdizione dei pubblici
uffici, in quanto corruttori dell’allora Senatore Sergio De Gregorio
responsabile di diversi atti contrari ai propri doveri d’ufficio e nei confronti
del quale si è proceduto separatamente.
L’ampia istruttoria era giunta ad accertare che Silvio Berlusconi, “quale
istigatore prima e autore materiale poi, nella sua posizione di leader dello
schieramento di centro-destra, al fine di erodere la ridotta maggioranza
numerica che sosteneva l’allora governo di centrosinistra guidato da Romano
Prodi, aveva promesso e quindi consegnato - tramite un suo intermediario
(Valter Lavitola) - una somma di denaro pari a tre milioni di euro all’allora
Senatore Sergio De Gregorio, eletto nelle liste dell’Italia dei Valori e quindi
sostenitore del Governo Prodi”. La modalità di trasferimento del denaro era
avvenuta dal luglio 2006 sino al marzo 2008 tramite un milione in bonifici
bancari e sotto forma di simulato contributo partitico, e tramite la consegna di
due milioni “in nero” e a scadenza dilazionata, al fine di assicurarsi
l’asservimento completo ed effettivo al pactum sceleris: le somme venivano
versate da Berlusconi quale corrispettivo delle manifestazioni di voto contrario
di De Gregorio alle proposte della maggioranza di governo di centro-sinistra.
Oggetto del pactum sceleris non erano quindi le singole condotte di voto
quanto il vero e proprio asservimento: una pluralità di atti contrari al principio
del libero mandato sancito dall’art. 67 Cost.
L’istruttoria fortemente favorita dalla stessa confessione di De
Gregorio, non ha lasciato spazio a dubbi circa la qualificazione delle
condotte richieste dalle fattispecie incriminatrici, ampiamente comprovate
dalle risultanze documentali e dalle dichiarazioni dello stesso Senatore. Da un
291
lato la dazione di denaro da parte di Berlusconi, per mezzo
dell’intermediazione di Lavitola, dall’altro, a concretizzazione dell’accordo
corruttivo, la ricezione da parte di De Gregorio.
Confermata l’esistenza della condotta, la sentenza si sofferma
inizialmente sulla qualifica rivestita dal corrotto (senatore De Gregorio),
proprio al fine di “svincolare del tutto l’agire di uno degli odierni imputati,
Silvio Berlusconi, dalla garanzia costituzionale per le opinioni espresse e i voti
dati nell’esercizio delle sue funzioni, di cui all’art. 68 della Costituzione”
puntualizzando l’irrilevanza che anche uno dei corruttori, Silvio Berlusconi,
fosse a suo tempo parlamentare. L’art. 321 c.p., infatti, estende le pene di cui
all’art. 319 c.p. anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato
di pubblico servizio il denaro o altra utilità non richiedendosi che il corruttore
rivesta una qualifica pubblica. La promessa e poi la dazione di denaro da parte
di Berlusconi, in cambio dell’esercizio prezzolato della funzione parlamentare
di De Gregorio, “non sono riconducibili alla concomitante qualità di Deputato
che il primo rivestiva”.
La garanzia costituzionale potrebbe invece, come vedremo, venire in
rilievo in relazione alle condotte di De Gregorio.
Per quanto riguarda l’atto d’ufficio, sono necessarie alcune premesse
giurisprudenziali.
La Corte aveva già avuto modo di qualificare come atti contrari ai
doveri d’ufficio sia le ipotesi di mancanza di una specifica competenza del
soggetto ad adottare il provvedimento richiesto, sia in presenza di atto
individuabile.
Si è sostenuto che: “è irrilevante che i doveri violati siano estranei alla
specifica sfera di competenza giurisdizionale e territoriale attribuita al
292
pubblico ufficiale, essendo sufficiente che l’atto compiuto sia contrario al suo
generico dovere d’ufficio”497
.
Ed ancora che “è sufficiente una generica competenza dell’agente,
derivante dalla sua appartenenza all’ufficio pubblico, quando questa gli
consenta in concreto una qualsiasi ingerenza (o incidenza) illecita nella
formazione o manifestazione della volontà dell’ente pubblico, culminante
nell’emanazione dell’atto. Tale competenza non va, peraltro, necessariamente
riferita all’atto terminale del procedimento amministrativo, assumendo rilievo
in relazione a qualsiasi segmento (anche non formalizzato) della seriazione
procedimentale, attesa la forza esponenziale che il comportamento -non quindi
l’atto- assume ai fini della realizzazione del reato di cui all’art.319 c.p.” 498
A questro aggiungiamo che “per la sussistenza del delitto di corruzione
per atto contrario ai doveri d’ufficio o del servizio non è necessario che
l’agente abbia una competenza specifica rispetto al compimento dell’atto
essendo sufficiente che, in virtù della sua appartenenza all’organo o all’ufficio
competente, egli abbia una concreta possibilità di interferire o, comunque, di
influire sull’emanazione dell’atto” 499
.
Si cristallizza in cassazione la “smaterializzazione” dell’elemento
materiale del reato. In tema di corruzione propria “non occorre avere riguardo
ai singoli atti, ma all’insieme del servizio reso dal pubblico ufficiale al privato;
per cui, anche se ogni atto separatamente considerato corrisponde ai requisiti
di legge, l’asservimento costante della funzione, per denaro, agli interessi del
privato concreta il reato di corruzione previsto dall’art. 319 c.p.. Ne consegue
che l’atto contrario ai doveri d’ufficio non va inteso in senso formale, dovendo
497
Cass. Sez. II, n.1796/88. 498
Cass., Sez. VI, n.197081/93. 499
Cass. Sez. VI, n. 195523/93.
293
la locuzione ricomprendere qualsivoglia comportamento del pubblico ufficiale
che sia in contrasto con norme giuridiche”. Ciò comporterà che “la mancata
individuazione, in concreto del singolo ‘atto’ (…) non fa venir meno il reato
previsto dall’art. 319 c.p., ove venga accertato che la consegna del denaro al
pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso
esercitate e dei conseguenti favori oggetto della pattuizione”500
.A prescindere
dall’atto, la corruzione non viene meno qualora si accerti che la consegna del
denaro (o di altra utilità) viene effettuata in ragione delle funzioni esercitate
dal pubblico ufficiale ed al fine di corrisponderne i favori501
.
Al fine di individuare la condotta sussumibile nelle fattispecie degli
artt.. 319 (corruzione propria) o 318 (corruzione impropria), è necessario
considerare l’espressione del voto o dell’opinione quale “atto di ufficio” ma
anche dovere del parlamentare che l’atto sia conforme alla propria intima
volontà. L’atto di ufficio sarà un atto caratterizzato dall’ identità tra fatto
voluto e fatto compiuto, dalla corrispondenza tra atto realizzato e intimo
convincimento. In assenza di tale identità, di tale corrispondenza, dovrà
parlarsi di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.502
La giurisprudenza della Corte, sul presupposto anche di una concezione
di “altra utilità” (a seguito di valutazione di fattispecie relativa a richieste di
sponsorizzazioni, promesse di interessamento e mediazioni politiche effettuate
verso soggetti titolari di cariche regionali o ministeriali, e collegate
all’incarico di direttore generale di a.s.l. ricoperto dall’indagata) che
“comprende tutti quei vantaggi sociali le cui ricadute patrimoniali siano
500
Cass. Sez. VI, n. 213884/1999. 501
Cfr. Cass. Sez.VI, n.210048/1997; Cass. Sez. VI, n. 205889/1996; Cass. Sez. VI, n. 205965/1996 502
Cfr. M.S. AMISANO TESI, Le tipologie della corruzione, Giappichelli 2012
294
mediate e indirette”503
, sembra manifestare una lucida coscienza nei confronti
dell’attività politica e di quanto questa sia caratterizzata da interferenza e
influenza, e di come un elemento viziato di corruzione politica, una volta
messo in circolo, si possa espandere in maniera apparentemente “sana”:
- La corruzione si caratterizzerà come propria allorquando il
pubblico ufficiale, pur non essendo competente per l’adozione di un
atto si renderà disponibile, dietro promessa di un compenso, ad
esercitare la propria capacità di influenza per interferire sul
compimento dello stesso.
- Il delitto verrà ad integrarsi anche in base a semplici comportamenti
materiali, purché suscettibili di influenza sull’esito o su singoli
segmenti dell’attività amministrativa.
- Una volta accertatasi la sinallagmaticità tra il compenso corrisposto
al pubblico ufficiale e la sua promessa di asservimento della propria
funzione, sarà irrilevante l’individuazione di uno specifico atto.
Nel caso in esame , l’intera fattispecie in esame inerente il senatore De
Gregorio, si è compiuta prima del voto ed in vista dello stesso, in quanto
l’accordo sinallagmatico intercorso tra i contraenti è avvenuto concretamente
prima della materiale consumazione dell’atto parlamentare, con promessa di
retribuzione, perfezionandosi interamente all’esterno dell’atto parlamentare, in
vista dello stesso ed allo scopo di conseguirne le specifiche utilità.
“Integra il reato di corruzione, in particolare di quella cosiddetta
propria, sia l’accordo per il compimento di un atto non necessariamente
503
Cass.Sez. 6, Sentenza n. 24656 del 18/6/2010, Fattispecie relativa a richieste di sponsorizzazioni,
promesse di interessamento e mediazioni politiche effettuate verso soggetti titolari di cariche
regionali o ministeriali, e collegate all’incarico di direttore generale di a.s.l. ricoperto
dall’indagata.
295
individuato ab origine ma almeno collegato ad un genus di atti
preventivamente individuabili, che l’accordo che abbia ad oggetto
l’asservimento - più o meno sistematico - della funzione pubblica agli interessi
del privato corruttore, che si realizza nel caso in cui il privato prometta o
consegni al soggetto pubblico, che accetta, denaro od altre utilità, per
assicurarsene, senza ulteriori specificazioni, i futuri favori”504
.
Con impatto su tutto il sistema corruttivo, allora, l’ asservimento della
funzione pubblica (atti di ufficio, o funzione pubblica in generale, anche di
fatto) dovrebbe essere un atto contrario ai doveri di ufficio e caratterizza la
corruzione propria.
Nello specifico della corruzione del parlamentare, pubblico ufficiale
caratterizzato dalla libertà per definizione, l’asservimento economico di un
senatore costituisce l’accettazione di un “vincolo di mandato occulto”. Questo
non può che qualificarsi come atto contrario ai doveri dell’Ufficio e per giunta
testualmente vietato dalla fonte suprema, la Costituzione.
Chiarisce la pubblica accusa nel caso in esame: “Non può che ribadirsi
che proprio la caratteristica eminentemente discrezionale dell’attività
parlamentare costituisce dato oggettivo e funzionale per l’inquadramento in
termini di corruzione propria del mercimonio dell’attività o di singoli atti,
proprio alla stregua dei canoni giurisprudenziali consolidati, secondo cui
l’applicabilità residuale della corruzione impropria è in gran parte confinata
agli atti vincolati del pubblico ufficiale”.505
504
Cass. Sez. fer., sentenza n. 34834 del 25/8/2009 ud. - dep. 8/9/2009 Rv. 245182. 505
Memoria del Pubblico ministero procedimento penale a carico di Sergio de Gregorio, Silvio
Berlusconi e Valter Lavitola, presso il Tribunale di Napoli, a firma del dott. Alessandro Milita, dott.
Vincenzo Piscitelli, dott. Fabrizio Vanorio, dott. Henry J. Woodcock, del 12 luglio 2013.
296
E la sentenza del tribunale di Napoli, dopo il preciso riferimento al
ruolo del rappresentante della Nazione di cui all’art. 67 Cost., che implica che
ai parlamentari “è attribuito il delicato e altissimo compito di interpretare
l’interesse comune e il sentire dell’intero popolo”, afferma senza dubbio che
“l’ispirare il proprio agire e lo svolgimento della propria funzione non già
all’espressione del sentire della Nazione o di una sua parte, ma al
perseguimento di interessi particolaristici e individuali, come corrispettivo di
pagamenti in denaro ricevuti, costituisce per il parlamentare una violazione di
tale primo e importantissimo dovere”.
L’art. 67 richiede autonomia: “chi orienti il proprio agire in conformità
alle richieste, alle direttive o anche solo ai desideri del corruttore, per finalità
utilitaristiche e scelte prezzolate, recede a tale dovere che ha assunto su di se
sin dalla proclamazione alla carica di Deputato o di Senatore”.
E infine, in analisi interconnessa al dettato costituzionale, vi è il
riferimento all’art. 54, comma 2 Cost. il quale prescrive ai cittadini cui sono
affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina ed onore, prestando
giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
Questo dovere vige più di ogni altro “in capo a chi riveste la carica di
parlamentare e che senza dubbio vi contravvenga chi scelga di vincolare il
proprio agire a direttive ricevute quale controprestazione di una dazione in
denaro”.
Le condotte poste in essere dal Senatore in aula e in commissione
costituirono una violazione di tali doveri e quindi atti contrari ai doveri
d’ufficio.
L’illecito compiuto da De Gregorio consiste “nell’aver abdicato in
cambio di denaro, precisamente di tre milioni di euro, alla sua libera e
incoercibile facoltà di scegliere se fare eventualmente anche proprio tutto ciò,
297
laddove egli lo avesse ritenuto meglio rispondente all’interesse della Nazione,
o di non farlo nei casi in cui non ne ricorressero le condizioni”. Irrilevante
quindi, nelle valutazioni delle disposizioni del Senatore, la sua vicinanza
ideologica alle posizioni del centro-destra, in ragione dei suoi passati trascorsi
nel partito socialista di Craxi, in quanto il passaggio da uno schieramento
all’altro è stato reso possibile, si è concretizzato, solo in presenza dell’ingente
offerta economica promessagli da Berlusconi.
Per quanto riguarda l’immunità, il tribunale di Napoli afferma che il
criterio discretivo per distinguere ciò che è coperto dall’immunità da ciò che
non lo è risiede nella verifica se, oltre all’opinione e al voto espressi, “residui
una parte della condotta imputata al parlamentare”, che può essere oggetto di
procedimento. Si sostiene quindi, sempre facendo riferimento alla dottrina
maggioritaria sul punto, che “in un patto corruttivo, quello che sicuramente è
insindacabile è l’atto parlamentare con cui l’eletto asseritamene corrotto dà
corso al suo impegno; ma la riunione preparatoria con cui ha stabilito i termini
dell’accordo illecito e le modalità di pagamento della ‘tangente’ sarà fuori
dalla prerogativa. Se invece la condotta incriminata si esaurisce nell’opinione
espressa nell’esercizio della funzione, il fatto sarà interamente insindacabile”.
La condotta di De Gregorio ricade al di fuori dell’immunità
parlamentare di cui all’art. 68 Cost. riflettendosi anche sulla posizione dei
privati corruttori: Berlusconi e Lavitola vengono di conseguenza
condannati ex art. 321 c.p. per aver consegnato ad un pubblico ufficiale denaro
in relazione al compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio di cui all’art. 319
c.p.
La sentenza risponde brevemente nel merito anche alla riforma
Severino: “non v’è questione per quanto concerne l’interessante tema relativo
al mutato testo dell’art. 318 c.p. (...), semplicemente perché il caso in esame
298
rientra a pieno e senza alcun dubbio nella corruzione per atto contrario ai
doveri di ufficio, vista l’integrale e totale violazione dei doveri essenziali del
parlamentare che Berlusconi e Lavitola richiesero a De Gregorio in cambio del
denaro pattuito”.
Questo permette una breve riflessione, allora, sul futuro del nuovo art.
318 c.p., in assenza di attuali prospettive di riforme come stabilito nel capitolo
precedente e come dedotto in queste ultime analisi, a partire da chi ha criticato
queste posizioni del Tribunale di Napoli.
È stato sostenuto che il richiamo ai soli due principi costituzionali non
basti a qualificare il dovere del parlamentare, creando la magistratura uno
statuto del parlamentare, lasciando al giudice la capacità di decidere quali
condotte siano attribuibili al parlamentare e quali no. Sembrerebbe accusarsi
(non esplicitamente) la sentenza di incostituzionalità , che potrebbe veicolare
il sistema in direzione contraria alla separazione dei poteri a favore della
magistratura. Questi problemi sarebbero stati evitabile con la contestazione
dell’art. 318 anche pre-riforma, in quanto atto di ufficio506
.
Sul tema dell’incostituzionalità, si può rispondere che incostituzionale
sarebbe una interpretazione che escluda dall’ambito applicativo dell’art. 319
c.p. i parlamentari, non potendosi allora mai qualificare il suddetto reato se lo
si escludesse anche in questo caso. Abbiamo un accordo di sabotaggio
continuo e prolungato del Governo, in un momento in cui, anche se si vuole
escludere il fattore “forza dell’influenza” in un ambiente politico, il singolo
voto era decisivo. Si ricorda che la maggioranza che sosteneva l’esecutivo
Prodi contava su 158 senatori che si contrapponevano ai 156 dell’opposizione.
506
M.C. UBIALI, In tema di corruzione del parlamentare: la sentenza del tribunale di Napoli sul
Leading-Case Berlusconi-De Gregorio, Nota a Trib. Napoli, sez. I, 8 luglio 2015, n. 11917, imp.
Berlusconi, Lavitola, in Diritto Penale contemporaneo, 19 maggio 2016.
299
Si è costituito un atto di radicale stravolgimento della libera espressione delle
prerogative parlamentari e perciò certamente contrario ai doveri dell’alto
ufficio, oltre che ai sensi degli artt. 54 comma 2 e 67 Cost. , ai sensi dell’art.
357 c.p.
L’art. 318 c.p., in assenza di una efficacie e severa regolamentazione
del fenomeno del lobbying, e di una specifica penalizzazione delle sue
“origini” con un rafforzamento della repressione della corruzione privata,
come rilevato nel capitolo precedente, dovrà essere contestato nei casi di
“incentivi patrimoniali” che non influiscano sulle dinamiche del voto
parlamentare in relazione all’intimo convincimento: si pensi, ad esempio, alle
attività di lobbying in senso stretto, non riconosciute dal nostro ordinamento,
in cui il corruttore si limiti ad “incentivare economicamente” le decisioni di un
deputato o senatore, ma anche consigliere regionale, già fermamente convinto
di deliberare in senso conforme agli interessi del lobbista sulla specifica e
circoscritta materia al vaglio.
Dall’analisi della corruzione del parlamentare e dalla reazione della
moderna giurisprudenza possono emergere prospettive in primis di riforma,
ma anche di miglioramento su tutto il sistema penale tramite intepretazione
costituzionalmente orientata, al fine di combattere la corruzione politico-
amministrativa in ogni ambiente investito dalla discrezionalità. Di riflesso,
combattendo anche la sfiducia nella politica e la sua crisi.
300
Conclusioni
Al fine di fornire al lettore una analisi completa della corruzione
politico-amministrativa, un fenomeno sociale e culturale che si espande in
molteplici direzioni e costringe ad inseguirlo in un’ottica interdisciplinare,
l’elaborato è coscientemente scivolato a volte fuori dai parametri di natura
legislativa e tecnico-giuridica. La ricostruzione storica, comparata, tramite le
analisi giurisprudenziali, statistiche, sociologiche ed economiche riesce a
mettere in evidenza la questione politica come questione etica e morale, che
caratterizza il primo, decisivo, passo verso una efficiente soluzione legislativa.
Le imposizioni europee hanno ormai abbattutto i muri del tecnicismo per
procedere verso forme di legislazione interconnesse ai vari rami del diritto.
Si è visto,però, che il legislatore tende spesso ad attuare direttive al solo
fine di evitare le sanzioni internazionali, e, non di rado, con passività,
contraddittorietà, superficialità. In tema di corruzione abbiamo visto, ad
esempio, dai profili applicativi che “l’innalzamento dei limiti edittali risulta
del tutto svincolato da qualsiasi opzione di teleologia funzionale, ma anche da
più ‘banali’ istanze di proporzione rispetto alla gravità del fatto: parossisti-
camente estranee a qualsiasi dosimetria virtuosa, le scelte sembrano rispondere
al solo obiettivo di innalzare i termini prescrizionali alla luce di una
indifendibile disciplina generale della prescrizione, disciplina su cui un
legislatore ideologicamente onesto dovrà, il prima possibile, inevitabilmente
tornare”507
. Oggi il legislatore ci sta ritornando508
. La riforma realizzata con la
507
G. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione,
in Diritto penale contemporaneo, 3-4/2012 508
DDL n. 2067 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e
all’ordinamento penitenziario”, approvato in Senato il 15 marzo 2017 .
301
legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. ex Cirielli) aveva diminuito il livello di
effettività delle pene dei delitti di corruzione, in quanto ha comportato una
sensibile diminuzione del termine di prescrizione per i delitti di corruzione.509
Tramite l’ excursus storico, con particolare attenzione a “Tangentopoli”,
è stata messa in risalto l’ evoluzione del fenomeno: la corruzione non è più
diretta, con “buste di soldi in cambio di appalti milionari”. Oggi si affrontano
le conseguenze di un’Europa che ha perseverato nelle politiche di
privatizzazione liberal-liberiste, permettendo l’evoluzione del fenomeno
corruttivo in nuove forme. Ora, nell’attesa di una ricostruzione dell’Europa dei
diritti, della fiducia nel pubblico e nella politica, e della gestione pubblica dei
diritti sociali, si combatte contro una corruzione che si è strutturata su più
livelli, più difficile da svelare.
L’analisi sistematica del reato si è svolta nel raffronto in parallelo tra
corruzione “funzionale” e corruzione propria. Si è cercato di dedurre la
corruzione per asservimento della funzione pubblica, sul piano dogmatico e
sul piano interpretativo, per comprenderne la collocazione in termini di
determinatezza-tassatività e tipicità, di gravità della condotta e di reale portata
del disvalore.
Questo ci ha permesso di evidenziarne i limiti, l’insufficiente
repressione, scordinata, e le contraddittorietà insite nella stessa mens legis tra
artt. 318 e 319 c.p. e altri reati, nel loro scontro con la realtà fattuale.
L’analisi comparata ha dedicato particolare attenzione, al fine di trovare
interessanti punti di contatto per evolvere la normativa italiana, per una lotta
internazionale alla corruzione pubblica e privata, all’ultima legge
509
F. CINGARI, La corruzione pubblica: trasformazioni fenomenologiche ed esigenze di riforma, in
Diritto penale contemporaneo, 1/2012.
302
anticorruzione francese, espressione di un ordinamento che, strutturato
sull’unilateralità delle condotte, ha da subito attuato, insieme alle politiche di
privatizzazione, una forta repressione sia della corruzione pubblica che della
corruzione privata e una rigida regolamentazione preventiva sia della
macchina amministrativa che delle imprese.
E’ stato evidenziato un collegamento tra il problema della corruzione
politica e della discrezionalità viziata, che nasce anche in una continua
inattuazione della duplice direzione,popolare e istituzionale, dell’art. 49 Cost.,
lasciando al singolo la possibilità di dirigere e prevalere sul partito nella sua
forma ideale, strumentalizzandolo. In questo modo si crea un trait d’union tra
corruzione politica e corruzione amministrativa. Insieme alla soppressione o
alla non adeguata regolamentazione del finanziamento dei partiti si finisce per
trasformare il partito in catalizzatore della corruzione esattamente come un
alto grado di personalismo dell’esponente politico, nella continua tendenza
verso l’imprecisione ideologica per svincolare atteggiamenti pubblici: un
arretramento dello sviluppo post-dittatoriale e un favoreggiamento della
malpolitica che si cerca di nascondere inutilmente sotto l’inconsistente e
menzognero velo della “modernità” e del “superamento delle categorie” della
“vecchia politica”, come “destra e sinistra”.
L’elaborato ha criticato l’assolutizzazione del principio di
insindacabilità degli atti politici, tutelando senza esitazione il principio di
separazione dei poteri.
Dalla deduzione costituzionale dello “statuto penale del Parlamentare”,
tra i limiti dell’immunità, un’attenta analisi del vincolo di mandato, e dell’atto
pubblico “voto” nei due momenti, volitivo ed attuativo, tramite i
consolidamenti giurisprudenziali e le ultime pronunce, è possibile condurre
quindi, al momento, una migliore repressione del fenomeno corruttivo nei casi
303
caratterizzati da discrezionalità politico-amministrativa, che si qualificherebbe,
in estrema sintesi, nella forma impropria solo quando il pubblico ufficiale
investito dal potere discrezionale sia già orientato, prima del decisivo contatto
con il corruttore, verso quell atto, voto, concessione (come nel lobbying in
senso stretto). In tutti gli altri casi, compreso l’asservimento della funzione, si
qualificherebbe corruzione propria.
Al tramontare delle utopie codicistiche, superata l’alternativa verità-
metodo, attraverso una giurisprudenza che ha necessità di trovare la regola
iuris non preesistente al fatto, ma frutto di una ermeneutica che ex post si
adatti ai principi, il diritto penale deve soprattutto relazionarsi a fattispecie
complesse come i reati contro la p.a. che nelle regolamentazioni riescono a
sfuggire agli stessi principi supremi. Il diritto penale è oggi espressione di una
dialettica tra dogmatica e politica criminale interconnesse ad altre scienze,
proprio perché dinamicamente condizionate dalla crescente
giurisprudenzializzazione del diritto orientata alla ricerca di una regola iuris
non preesistente al fatto. È necessario guardare anche alla giurisprudenza per
legiferare, al fine di recuperare le ragioni della stessa legalità e quelle della
equità in modo da assicurare l’espansione ermeneutica, sul piano orizzontale,
al limite della “qualitativa” riconoscibilità del precetto proprio sul piano
applicativo, come abbiamo visto nelle interpretazioni su tutti i livelli della
corruzione. A partire dai concetti di diritto flou e di pluralisme ordonné di
Mireille Delmas-Marty, è necessario porsi criticamente nei confronti dei
fenomeni che accompagnano il processo di internazionalizzazione del diritto
penale: il sistema delle fonti acquista una dimensione pluralistica, e la logica
304
flou della società liquida non esime il sistema penalistico, comportando la
deformazione del perimetro delle categorie tradizionali.510
I testi normativi sempre più aperti e meno equi, espressioni della crisi
della politica, allora, vengono obbligatoriamente investiti da un giudice
europeista, non soggetto alla legge, ma al diritto di cui è fonte, tendendo alla
implementazione, così come per le opzioni legislative di politica criminale, e
al vaglio della motivazione, secondo criteri di coerenza e ragionevolezza in
ossequio alle regole di sussidiarietà anche per il momento applicativo della
norma penale, libera da pregiudizi in cui il “fatto” finisce per influenzare il
diritto511
.
Alla luce della “decadenza” di una legalità giuspositivista è necessaria
una riforma finalizzata ad una lotta a 360 gradi, della corruzione pubblica,
della corruzione privata, dei reati economici, del lobbying non solo ex art. 318
c.p. o 346 bis c.p., insieme ad una rigida regolamentazione delle imprese, della
pubblica ammministrazione, dei partiti, dello status di esponenti politici,dal
livello locale al livello centrale, fino ai regolamenti parlamentari, in un’unica
ratio tendente al bene comune e alla tutela della rappresentanza del cittadino e
dei suoi diritti.
La attenta valutazione deve confrontarsi con la realtà. Si pensi ad uno
dei punti “di principio” positivi della riforma del ‘90, come il c.d. delatore
interno (Whistle-blower). La prevista garanzia dell’anonimato per il
dipendente denunciante, tipica del procedimento disciplinare interno, almeno
510
Lo statuto penale, persa la sua tradizionale unitarietà, si diversifica, ora, in funzione del tipo di
autore e del tipo di fatto . Cfr. PALIERO, Il diritto liquido. Pensieri post-delmasiani sulla
dialettica delle fonti penali, in Riv. it. dir. proc. pen. 2014, 1099 ss.; 511
DONINI, Europeismo giudiziario e scienza penale, Milano 2012, 76 ss. Si rinvia anche alla mia
tesi di laurea in Giurisprudenza, Determinatezza e interpretazione nel diritto penale, a.a. 2013-
2014.
305
fino a quando la contestazione non risulti fondata, in tutto o in parte, sulla
segnalazione, scontrandosi con il sistema penale sarà destinata nel
procedimento ad infrangersi di fronte alle esigenze di necessaria rivelazione
dell’identità dell’accusatore in nome della riespansione delle garanzie legate al
diritto fondamentale di difesa in capo all’accusato. Non manca chi, proprio per
ovviare a tali aporie sistemiche, auspica il ricorso sul piano preventivo ad una
figura speciale di agente provocatore (entrapment) opportunamente
disciplinata come, già del resto, previsto in altri settori dell’ordinamento
(criminalità organizzata)512
.
Alla luce delle osservazioni maturate sin qui, dunque, sembra trovare
conferma l’evidente assunto secondo cui gli statuti penali delle funzioni
pubbliche, dai regolamenti parlamentari allo statuto della pubblica
amministrazione si troveranno ancora in crisi di effettività nel controllo dei
fatti criminosi ad esso riferibili. Per questo l’elaborato ha suggerito azioni
anche interpretative, alle luce della dottrina e delle ultime pronunce. Ma è
necessario ragionare su un’idea razionale di ‘riforma delle riforme’513
per i
reati di cui al Capo I del titolo II del Libro II del codice penale vigente
integrata da una rigida regolamentazione dell’ambito privatistico-lobbystico,
delle comunicazioni sociali e dei bilanci, che tenga conto anche del contesto
regionale e parlamentare. Una riforma studiata insieme ad una nuova
regolamentazione amministrativa, dei partiti e dello status dell’esponente
politico.
Una rivoluzione legislativa interconnessa a tutti i livelli coinvolti si
rende sempre più necessaria, così come il superamento di opzioni di riforma
512
CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto
“integrato”, Torino 2012, cit. 179. 513
MUSCO, L’illusione penalistica, Milano 2004, 128;
306
“a tavolino” basate su congetture di politica criminale avulse da dati certi della
realtà, che trasmutano in riforme di compromesso, “a metà”, spesso anche in
reazione emergenziale per perdite dagli altri rami dell’ordinamento.
Coerentemente con il metodo dela scienza penale integrata, a cui questo
lavoro fa riferimento, partendo dal versante storico, economico e socio-
criminologico del fenomeno della corruzione, si è cercato di individuare le
condotte nei confronti delle quali trovi effettivamente legittimazione il ricorso
al diritto penale. Il presente lavoro non è giustificazione di giurisprudenza
estensivo-analogica, ma critica politico-giuridica finalizzata ad una solida
costruzione legislativa a fini anticorruttivi, dove il diritto penale rimane
extrema ratio.
È a questo cantiere politico-giuridico-economico nel rispetto della
Costituzione che questo lavoro vuole fornire il suo critico contributo.
307
Bibliografia
ACKERMAN S. ROSE, The Economics of Corruption, in Journal of Political Economy,
Vol. IV, 1975.
ACQUAROLI R., FOFFANI L. (a cura di), La corruzione tra privati. Esperienze
comparatistiche e prospettive di riforma, Milano, 2003.
ADONIS A., Gran Bretagna: la virtù civica alla prova, in D. DELLA PORTA, Y. MÉNY (a
cura di), Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995.
ALESSANDRI A., I reati di riciclaggio e corruzione nell’ordinamento italiano: linee
generali di riforma, in Dir. pen. cont. (25 marzo 2013).
AMATI E., La responsabilità da reato degli enti. Casi e materiali, Utet, Torino 2007.
AMISANO TESI M.. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012.
ANDERSON R.A. (a cura di), Wharton’s Criminal law and procedure, Vol. IV.
ANDREAZZA G., PISTORELLI L., Una prima lettura della l. 6 novembre 2012, n. 190
(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione). Relazione a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di
Cassazione, in Dir. pen. cont.,20 novembre 2012.
ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, Milano, 1969.
ANTONUCCI M. C. , Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle istituzioni
politiche europee e italiane, Roma, Carocci, 2012.
ARNONE M e ILIOPOLUS E., La corruzione costa, effetti economici, istituzionali e sociali,
Vita e pensiero, Milano 2005.
ARNONE M., DAVIGO P., Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione, Vita e
Pensiero, Milano 2005.
BALBI G., Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica
amministrazione, in Diritto penale contemporaneo, 3-4/2012.
BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica
amministrazione, in Dir. pen. cont. riv. trim., (www.penalecontemporaneo.it), 2012, n. 3/4.
BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, 10 ed., Milano, 1972.
BALSAMO A., Operazioni sotto copertura ed equo processo: la val enza innovativa della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen. 2008.
BANFIELD EDWARD C. , The Moral Basis of a Backward Society ,1958 (in Italia: Le basi
morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna 1976.
BARILE, Corso di diritto costituzionale, Padova, 1962.
BARTOLI R., Corruzione tra privati, in B.G. MATTARELLA, M. PELISSERO (cur.), La
legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013.
BARTONE N., Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano
2003.
BARTONE N., Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano
2003.
BASSANINI, Gli effetti della fine della legislatura sui procedimenti legislativi pendenti, in
Riv. trim. dir. pubbl., 1968.
BASSO L., Il partito nell'ordinamento democratico moderno, in Indagine sul partito
politico. La regolazione legislativa (ISLE), I, Milano, 1966.
BECKER, Crime and Punishment. An Economic Approach, in Journal of Political Economy,
1968.
BELLIGNI S., Corruzione, malcostume amministrativo e strategie etiche. Il ruolo dei codici,
Corep, Torino 1999.
BENINGTON J., From private choice to public value, in
308
https://www.researchgate.net/profile/John_Benington/publication/252055942_From_Private_
Choice_to_Public_Value/links/0046352c1963754faf000000.pdf.
BENUSSI C., sub art. 322-quater, in E. DOLCINI – G.L. GATTA, Codice penale
commentato, IV ed., Milano, 2015.
BERLINGUER E., intervista a La Repubblica, 28 luglio 1981.
BEYER, Immunitat als Privileg, 1966.
BIONDI F., Il finanziamento pubblico dei partiti politici. Profili costituzionali, Milano,
Giuffrè, 2012.
BLESSING M.N., France’s “old boy” business network under fire, in Agence France Press,
14 marzo 1995. http://www.ena.fr.
BONDI A., DI MARTINO A., FORNASARI G., Reati contro la pubblica amministrazione,
Torino, 2004.
BORLINI L., MAGRINI P., La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla
dimensione ONU, in Dir. comm. Internaz. 2007, 01.
BRIOSCHI C. A., Breve storia della corruzione. Dall’età antica ai giorni nostri, TEA,
Milano 2004.
BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione: un primo commento, in
federalismi.it.
CADOPPI.A. – VENEZIANI P., Elementi di diritto penale. Parte speciale. Introduzione e
analisi dei titoli, Padova, 2007.
CALAMANDREI P. Patologia della corruzione parlamentare “La Nuova Italia”, in Rivista
mensile di Politica e Letteratura Anno III – N. 10 Ottobre 1947 Firenze.
CAPALOZZA, L’immunità parlamentare e l’art. 68, I comma della Costituzione, in
Montecitorio, 1949, III, n. 7.
CARNELUTTI R., Teoria generale del diritto, 1940, Roma,.
CARRÉ DE MALBERG, Contribution à la Théorie générale de l'État, tome II, Parigi, 1920.
CASARTELLI-ROSSI, Le misure anticorruzione, Torino, 2013.
CASSESE S., La crisi dello Stato, Roma-Bari, Laterza, 2002.
CASSESE S., L'erosione dello Stato: una vicenda irreversibile?, in Dallo Stato monoclasse
alla globalizzazione, a cura di S. CASSESE e G. GUARINO, Milano, Giuffrè, 2000.
CASSESE S., Lo “Stato pluriclasse” in Massimo Severo Giannini, in L'unità del diritto, a
cura di S. CASSESE, G. CARCATERRA, M. D'ALBERTI e A. BIXIO, Bologna, il Mulino,
1994.
CHELI E., Atto politico e funzione di indirizzo politico, Milano, 1961.
CINGARI F., La corruzione pubblica: trasformazioni fenomenologiche ed esigenze di
riforma, in Diritto penale contemporaneo, 1/2012.
CINGARI F., Una prima lettura delle nuove norme penali a contrasto dei fenomeni
corruttivi, in Dir. pen. proc., 2015.
CINGARI, I delitti di corruzione, in Delitti contro la pubblica amministrazione, a cura di
Palazzo, ESI, 2011.
CINGARI, La corruzione per l'esercizio della funzione, in AA.VV., La legge anticorruzione, a
cura di Mattarella-Pelissero, Giappichelli, 2013.
CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di
contrasto “integrato”, Torino 2012.
CLARICH M. , MATTARELLA B.G., La prevenzione della corruzione, in MATTARELLA –
PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013.
CLARICH M., Sulle resistenze all’interno dell’amministrazione si gioca il successo della
legge anticorruzione, in Guida al diritto, Il Sole 24 Ore, n˚ 47, novembre 2012.
CLINARD M.B., Corporate Corruption: The Abuse of Power, 1990.
COLL S., Spanish socialists struggling for support, in The Washington Post, 11 giugno 1994.
309
CONSO G., voce Capacità processuale penale, in Encicl. Dir. 1960, Milano, VI.
COPPIER, Corruzione e crescita. Teorie ed evidenze di una relazione complessa, Roma,
2005.
CRISAFULLI V- NOCILLA D., voce Nazione, in Enc. dir. 27, Milano, 1977.
CRISAFULLI V., I partiti nella Costituzione, in Studi per il ventesimo anniversario
dell'Assemblea costituente, II, Firenze, Vallecchi, 1969.
CRISAFULLI V., Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in St. urb., 1939.
DA SIENA B., Sui contratti e sull’usura, Cantagalli, Siena 1980.
DAVIGO P. http://ilbuoncaffe.blogspot.com/2010/05/le-interviste-del-buon-caffe.html
DAVIGO P., MANNOZZI G., La corruzione in Italia, La corruzione in Italia. Percezione
sociale e controllo penale, Laterza, Bari 2007.
DAVIGO, Falso in bilancio, concussione e corruzione, in Falso in bilancio, concussione e
corruzione: esperienze a confronto. Aspetti sostanziali e processuali, Manna (a cura di),
Cacucci, 1998.
DAVISON P., The sleaze factor: where “rougery” is the name of the game, in The
Independent, 28 ottobre 1994.
DE CARRERAS e VALLES, Las elecciones, Barcellona, 1977.
DE MAGISTRIS G., I delitti di corruzione in un confronto fra l’ordinamento italiano e
spagnolo, in Diritto penale Contemporaneo, 6 maggio 2014.
DE MAGLIE C., L’agente provocatore, un’indagine dommatica e politico-criminale,
Giuffrè, Milano 1991.
DE SANCTIS F., Storia della letteratura italiana, Feltrinelli, Milano 1967.
DELLA PORTA D., VANNUCCI A., Mani impunite. Vecchia e nuova corruzione in Italia,
Laterza, Bari- Roma,2007.
DELLA PORTA, MÉNY, I circoli viziosi della corruzione in Italia, in Corruzione e
democrazia. Sette paesi a confronto, Napoli, 1995.
DELMAS- MARTY M., Droit pènal des affairs, P.S., Parigi 1996.
DI BENEDETTO S., Commento ex art. 17 L. 26 aprile 1990, n. 86, in Legisl. Pen. 1990.
DI CIOLO, Incompatibilità ed ineleggibilità parlamentare, in Enciclopedia, XXI.
DI CRISTINA F., La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica
amministrazione (Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013.
DI GIUSEPPE M.O., Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica
amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012.
DI MARZIO C.. Le nuove norme introdotte dalla legge anticorruzione (L. N. 190/2012) in
materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A”, in Rivista
amministrativa della Repubblica italiana. a. 2013 n. 9/10 (2013:set-ott).
DOLCINI E., VIGANÒ F., Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen.
Cont., 1/2012.
DONINI M., Europeismo giudiziario e scienza penale, Milano 2012.
DURKHEIM E., Le Suicide, étude de sociologie, 1897.
E. VITALE, La riforma degli istituti di emissione e gli scandali bancari in Italia, 1892-
1896, Roma, Camera dei Deputati, 1972, vol. III.
ELIA L., Governo (forme di), in Enciclopedia, XIX., Giuffrè, Milano, 1970.
ELIA L., L'attuazione della Costituzione in materia di rapporti tra partiti e istituzioni,
Estratto dagli Atti del Convegno di studio su «Il ruolo dei partiti nella democrazia italiana»,,
18-19 settembre 1965.
ELIA, La continuità nel funzionamento degli organi costituzionali, Milano, 1958.
ESMEIN A., Éléments de droit constitutionnel francais et comparé, 1899.
ESPOSITO C., I partiti nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 1954.
F. FERRARIS F.C., Ordinamenti politici ed educazione politica- Padova, Drucker, 1899.
310
FERRARO F. , GAMBACURTA S., Anticorruzione, Commento alla riforma, La legge 6
novembre 2012, n.190 e i provvedimenti attuativi, Maggioli Editore, Santarcangelo di
Romagna (Rimini), 2013.
FERRERO G., Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della
legalità, Editori Riuniti, Roma 1996.
FERRERO G., Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della
legalità, Editori Riuniti, Roma 1996.
FIANDACA G., Esigenze e prospettive di riforma dei reati di concussione e corruzione, in
Riv. it. dir. e proc. pen. 2000.
FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione, in Riv.
it. dir. e proc. pen., 2000.
FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, Parte Speciale, vol. I, Zanichelli, 2007.
FIORINO N. - GALLI E., La Corruzione in Italia. Il Mulino 2013.
FIORITTO, La corruzione nei lavori pubblici, in Corruzione pubblica. Repressione penale e
prevenzione amministrativa, PALAZZO (a cura di), Firenze, 2011.
FORNASARI, Il significato della riforma dei delitti di corruzione (e incidenze “minori” su
altri delitti contro la P.A.), in Giur. it., 2012.
FORTI G., L’insostenibile pesantezza della “tangente ambientale”: inattualità di disciplina e
disagi applicativi nel rapporto corruzione-concussione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, 02.
FORTI G., Normatività ed empiria nel lavoro del criminologo. Il “caso” Sutherland, in Riv.
it. Dir. proc. pen., 1987.
FORTI G., Paradigmi distributivi” e scelte di tutela nella riforma penale-societaria.
Un’analisi critica, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2009, 04.
FORTI G., Unicità o ripetibilità della corruzione sistematica? Il ruolo della sanzione penale
in una prevenzione ‘sostenibile’ dei crimini politico-amministrativi, in Riv. Trim. dir. Pen.
Ec., 1997.
FRASCHINI G., Whistleblowing e sistemi di protezione: stato dell’arte e considerazioni.
Rapporto sulla ricerca svolta dal Trasparency International Italia, in G. FRASCHINI, N.
PARISI, D.RINOLDI, Il Whistleblowing nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno,
Roma 2011.
G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo status degli esponenti politici e la crisi dei
partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.2, 2015.
GALASSO G., Storia d’Europa – Vol. II, Laterza, Bari, 1996.
GALATERIA L., Sui caratteri distintivi tra ineleggibilità ed incompatibilità nel diritto
amministrativo, in Scritti giuridici in memoria di V. E. Orlando, I, Padova, Cedam, 1957.
GALEAZZI G., Corruzione, efficienza del sistema produttivo e sviluppo economico, in
AA.VV., la corruzione tra privati, a cura di R. ACQUAROLI e L. FOFFANI, Milano 2003.
GALLO M., voce Capacità penale, in Noviss. Dig. It. 1968.
GAMBARDELLA, Dall’atto alla funzione pubblica: la metamorfosi legislativa della
corruzione “impropria”, in Arch. pen., 2013, fasc. 1.
GAMBARDELLA, L’irretroattività, in Trattato di diritto penale. Parte generale, vol. I,
diretto da CADOPPI-CANESTRARI-MANNA-PAPA, Utet, 2012.
GAMBARDELLA, Profili di diritto intertemporale della nuova corruzione per l'esercizio
della funzione, in Cass. pen., fasc.11, 2013.
GAMBINO, Sovranità popolare e rappresentanza politica, in Politica del diritto, 1983, II.
GARGANI A., Le fattispecie di corruzione tra riforma legislativa e diritto vivente: il
“sentiero interrotto” della tipicità del fatto, in Diritto penale e processo, 9/2014.
GAROFOLI R. , La nuova legge anticorruzione, tra prevenzione e repressione,
rielaborazione della relazione svolta al Convegno "Il contrasto alla corruzione: le prospettive
aperte dopo la legge 6 novembre 2012, n. 190", tenuto in Corte di Cassazione il 17 aprile
311
2013aprile 2013.
GAROFOLI R., La nuova disciplina dei reati contro la Pubblica Amministrazione, in Diritto
Penale Contemporaneo, 15 gennaio 2013.
GATTUSO F., Nell’antica Roma la corruzione nacque con il latte della lupa, su storiain.net .
GELLO A., Noctes Atticae: liber III, Giardini, Pisa 1993.
GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, vol. II, Giuffrè, 1988,
GIANNINI M.S., Il potere pubblico. Stato e amministrazioni pubbliche, Bologna, il Mulino,
1986.
GIANNINI M.S., L'amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo, Padova, Cedam,
1988.
GIANNINI M.S., Stato sociale: una nozione inutile, in Scritti in onore di C. Mortati, I,
Milano, Giuffrè, 1977.
GIANNITI M.S., Studi sulla corruzione del pubblico ufficiale, Milano, 1970.
GIUFFRE’ V., Insindacabilità dei parlamentari e fonti richiamate in atti tipici tra dubbi e
questioni aperte, in Giur. cost. 2006.
GLAESER E. e SHLEIFER A., citati in La corruzione in Italia, N. FIORINO e E. GALLI. Il
Mulino 2013.
GOMEZ TOMILLO M. (a cura di), Comentaros al còdigo penal, II ed., Valladolid, 2011.
GREEN, I crimini dei colletti bianchi. Mentire e rubare tra diritto e morale, BASILE (a cura
di). Università Bocconi Editore, Milano, 2008.
GROSSO, Il delitto di corruzione tra realtà interpretative e prospettive di riforma, in STILE,
Riforma dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, Napoli, Jovene, 1987.
GUASTINI, La sintassi del diritto, Giappichelli, 2011.
GULLO A., Le immunità come limite alla tutela penale?, in Rivista italiana diritto e
procedura penale, 2007.
HAMANN J.G., Das Grundgesetz fur, D.B.R. 1961.
HANHAM H.J., Elections and party management: politics in the time of Disraeli and
Gladston,Londra, 1959.
HASSEMER W., Warum Strafe sein muss. Ein Plädoyer, Berlino, 2009.
HEIBERG M., The making of the Basque nation, in Cambridge studies in social
anthropology, Cambridge University Press, 1989.
HEYWOOD P., Dalla dittatura alla democrazia: le mutevoli forme di corruzione in Spagna,
in, D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, (a cura di), Corruzione e democrazia: sette paesi a
confronto, Liguori, Napoli, 1995.
HINNA L., MARCONI M., in Corruzione. La tassa più iniqua. Ed. Donzelli, 2012.
HUBER B., Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione con quello di altri
paesi, in Riv. trim. dir. per. ec., 1999.
IELO P., Prime Note sulla Riforma dei Reati contro la P.A., Sostitutore Procuratore, Gruppo
Reati contro l’economia, Procura di Roma, in Resp. amm. soc., n. 1, 2013.
J. T. NOONAN JR., Ungere le ruote. Storia della corruzione politica dal 3000 a.C. alla
Rivoluzione francese, SugarCo 1987.
JORGE F. MALEM SEGNA, “Globalizzazione, commercio internazionale e corruzione”, ed.
Il Mulino 2004.
KELSEN, La democrazia, Bologna, 1982, 82.
KLITGAARD R., Combating corruption - includes related article on anti-corruption
strategy. UN Chronicle, Spring 1998.
KLITGAARD R., International Cooperation Against Corruption, 1997.
LA FAVE W.R, SCOTT JR. A.V., Substantive Criminal Law, West Group, 1986.
LA ROSA E., Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: dal modello
“patrimonialistico” a quello “lealistico”, in Diritto Penale contemporaneo, 23 dicembre
312
2016.
LA TORRE, Legislatura e sessione, in Studi sulla Costituzione, II, Milano, 1958.
LEONE G., L’imputabilità nella teoria del reato, in Riv. it. Dir. pen. 1937.
LUZZATTI L. , Decadenza e risorgimento dei reggimenti parlamentari nella nuova
Antologia del 16 gennaio 1899.
M.O. DI GIUSEPPE, Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica
amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012.
MACHIAVELLI N., Il Principe, Salerno, Roma 2006.
MAGATTI M., Corruzione politica e società italiana, Il Mulino, Bologna, 1996.
MAGATTI M., Corruzione politica e società italiana. Il Mulino, 1996.
MAGATTI M., Corruzione politica e società italiana. Il rapporto degradato tra partiti
politici e interessi economici come sintomo della crisi della democrazia: una analisi
approfondita, il Mulino, Bologna, 1996.
MAGGIORE, Diritto penale, Bologna,1949, I, 140.
MAGRINI P., L’attuazione della Convenzione OCSE contro la corruzione negli Stati
membri: il quadro comparato, in G. SACERDOTI (a cura di), Responsabilità d’impresa e
strumenti internazionali anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n°
231/2001, Egea, Milano 2003.
MANACORDA S., La corruzione internazionale del pubblico agente, Jovene, Napoli 1999.
MANES, L’atto d'ufficio nelle fattispecie di corruzione, in Riv. it. dir.e proc. pen, 2000.
MANNINO A., L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato
imperativo. Democrazia e diritto 2009,3/4.
MANTOVANI F., Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc.
pen. 1999, 04.
MANTOVANI F., Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc.
pen. 1999, 04.
MANTOVANI F., Diritto penale, Cedam, 2009.
MANZINI V., in Trattato di diritto penale, V, Torino, 1950, 4 ss.: l’A. evidenzia “come la
qualità di impiegato non è essenziale per la nozione di pubblico ufficiale” dovendosi tale
qualità riconoscere in capo al soggetto, impiegato o meno che eserciti una funzione pubblica.
MARRA R., Suicidio, diritto e anomia, Esi, Napoli, 1987.
MATTARELLA B.G., Le regole dell’onesta: etica, politica, amministrazione; il Mulino,
Bologna, 2007.
MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento. (funzioni), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981.
MCAULEY F., II Reato di Corruzione nelle Tradizioni della Legge Commune, in AA. VV.,
La Corruzione: Profili Storici, Attuali, Europei e Sovranazionali, Cedam, Padova 2003.
MELCHIONDA A., Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012.
MÈNY Y., Francia: la fine dell’etica repubblicana?, in D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, (a
cura di), Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995.
MÈNY Y., La corruption de la Republique, Fayard, Parigi 1992.
MERLONI F., Nuovi strumenti di garanzia dell'imparzialità delle amministrazioni
pubbliche: l'inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, in La legge anticorruzione .
Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di B.G. Mattarella e M. Pelissero, Torino,
Giappichelli, 2013.
MERLONI F.. L’applicazione della legislazione anticorruzione nelle regioni e negli enti
locali tra discipline unitarie e autonomia organizzativa, in Istituzioni del Federalismo.
Rivista di Studi Giuridici e Politici 2/2013 aprile/giugno. Ed. Maggioli.
MESSERINI V., Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle scelte dei
rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali,
comunali, Milano, Giuffrè, 1983.
313
MICELI V., voce Incompatibilità parlamentari, in Enc. giur. it., 1902.
MICHAEL J., WECHSLER H. (a cura di), Criminal Law and its Administration, Chicago,
1940.
MINNA R. , SUTERA SARDO A., Agente provocatore. Profili sostanziali e processuali,
Giuffrè, Milano 2003.
MONGILLO V., La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, E.S.I., Napoli,
2012.
MONGILLO V., Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n.
69 del 2015, in Diritto Penale Contemporaneo, 15 dicembre 2015,
http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1450033938MONGILLO_2015a.pdf.
MONTANELLI I., L’Italia della controriforma, RCS, Milano 1997.
MORALES PRATS F., RODRIGEZ PUERTA M. J., Commento a Lib. II, Tit. XIX, Cap.V -
Nuevo Codigo Penal, in Comentarios a la Parte Especial del Derecho Penal, a cura di
Quintero Olivares, II ed., Navarra, 2009.
MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976.
MORTATI. Istituzioni di diritto pubblico, I Cedam, Padova, 1975.
MUÑOZ CONDE F., Derecho Penal. Parte especial, XVIII ed., Valencia, 2010.
MUSCO, L’illusione penalistica, Milano 2004.
NEGRI G., Per uno studio giuridico dei partiti politici, in Il diritto dei partiti in Italia (1945-
1970), a cura di P. UNGARI, Camera dei deputati, Servizio Studi legislazione e inchieste
parlamentari, Roma, 1971.
NELKEN D., Tangentopoli, in BARGAGLI M., GATTI U. (a cura di), La criminalità in
Italia, il Mulino, Bologna 2002.
NOONAN JR. JOHN T., Bribes Macmillan Publishing Company, New York City, New York,
U.S.A 1984. (Tradotto dall’americano da S. FUSINA e A. CARRER).
NUNZIATA M., Corruzione di parlamentare per voto legislativo e sorte dell’atto normativo
approvato in conseguenza. Il Consiglio di Stato , 44 (1993), n. 12.
NUSSBAUM, L’immunità parlamentare. Interrogativi e incertezze, in Nuovo dir., Roma,
1977.
NUZZI G., Vaticano s.p.a. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici
della Chiesa, Chiarelettere, Milano, 2014.
OFRIA F., “Effetti distorsivi sull’economia legale: la corruzione”, ed. Rubettino 2006.
ORLANDO V. E., Del fondamento giuridico[1895] della rappresentanza politica, in Diritto
pubblico generale, Giuffrè, Milano, 1940.
PACE A., L’art. 68 comma 1 Cost. e la ‘svolta’ interpretativa della Corte Costituzionale nelle
sentenzenn. 10 e 11 del 2000, in Giur. Cost., 2000.
PADOVANI T., Il problema di «tangentopoli» tra normalità dell’emergenza ed emergenza
della normalità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996.
PADOVANI T., La messa a “libro paga” del pubblico ufficiale ricade nel nuovo reato di
corruzione impropria, in Guida dir., 2012, n. 48.
PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione. La disciplina nuova dei delitti di concussione e
corruzione, in Arch. pen., 2012, fasc. 3.
PAGLIARO A. , L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen.
1980.
PAGLIARO A., Per una modifica delle norme in tema di corruzione e concussione, in Riv.
trim. dir. Pen. econ., 1995.
PALIERO C.E., La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed “effetti penali” dei
media), in Riv. it. dir. proc. pen. 2006.
PALIERO, Il diritto liquido. Pensieri post-delmasiani sulla dialettica delle fonti penali, in
Riv. it. dir. proc. pen. 2014.
314
PARDOLESI, Profitto illecito e risarcimento del danno, Trento, 2005.
PARRELLA, PERLINGIERI, in Commento alla Costituzione italiana, art 68, ESI, 2001.
PERKINS R. M., Criminal law, Shield edition, 1957.
PERRONE D., L’introduzione nell’ordinamento italiano della fattispecie di corruzione
privata: in attesa della legge 25 febbraio 2008, n. 34, in Cass. pen., 2009.
PETRILLO P., Il regolamento sulle Lobby alla camera? Meglio di niente, su Publicpolicy.it,
14 febbraio 2017http://www.publicpolicy.it/regolamento-lobby-camera-meglio-di-niente-
67097.html.
PICOTTI L., Le nuove definizioni penali di pubblico ufficiale e di incaricato di un pubblico
servizio nel sistema dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, in Riv. trim. dir. pen. ec.,
1988.
PIERRAT J., Une histoire du milieu, Grand banditisme et haute pègre en France, Denoël,
2003.
PIZZORNO A-, Prefazione a VANNUCCI A., Il mercato della corruzione. I meccanismi
dello scambio occulto in Italia, Società Aperta, Milano 2002.
PLANTAMURA, V., Le qualifiche soggettive pubblicistiche, in Trattato di diritto penale, a
cura di A CADOPPI - S. CANESTRARI A.- MANNA M. PAPA-, I delitti contro la pubblica
amministrazione, Milanofiori, Assago, 2008.
PLUTARCO, Vita di Demostene, in Vite Parallele, introduzione e traduzione di C.CARENA,
Einaudi, 1982.
POSADAS A., Combating Corruption under International Law, in Duke Journal of
Comparative and International Law, vol. 10, 2000.
PREZZOLINI G., Vita di Niccolò Machiavelli fiorentino, Rusconi, Milano 1982.
PULITANÒ D., La giustizia penale alla prova del fuoco, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 01.
PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, in Legge anticorruzione, 2012, suppl. al
fasc. n. 11.
RICCI M., La corruzione del parlamentare, Tesi di Dottorato anno accademico 2014-2015.
RICCI R., Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899.
RIDOLA P., voce Partiti politici, in Enc. dir., XXXII, 1982, ora in Id., Democrazia
rappresentativa e parlamentarismo, Torino, Giappichelli, 2011.
RIVOSECCHI G., Art. 65, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO, A.
CELOTTO, M. OLIVETTI, II, Torino, Utet, 2006.
RIVOSECCHI G., La disciplina della politica. Lo status degli esponenti politici e la crisi dei
partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.2, 2015.
ROBERTI F., Criminalità organizzata e corruzione. In “La Legge Anticorruzione” a cura di
Alessandro Jazzetti e Almerina Bove. Vol I Riforma dei reati contro la P.A., collana di
Diritto e Economia. Ed. Giapeto, 2014.
ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le
qualifiche soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè,
2008.
RONCO, L’imputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie
di una riforma, in Arch. pen., 2013, fasc. 1.
ROSINI B., Il pubblico ufficiale, l’incaricato di pubblico servizio e l’esercente un servizio di
pubblica necessità, in Giurisprudenza Penale, a cura di DOMINIONI, O. –MANTOVANI F.,
Padova 1998.
ROSINI B., Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio e l’esercente un servizio
di pubblica necessità, Padova, 1998.
ROSSI E., Critica del capitalismo, Edizioni di Comunità, 1948.
ROSSI E., voce Partiti politici, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE,
Milano, Giuffrè, 2006.
315
ROXIN C., Strafrecht Allgemeiner Teil, Vol. 2, Monaco 2003.
SACERDOTI G., La convenzione OCSE del 1997 e la sua laboriosa attuazione in Italia, in
ID. (a cura di), Responsabilità d’impresa e strumenti internazionali anticorruzione. Dalla
convenzione OCSE 1997 al Decreto n. 231/2001, Milano, 2003.
SACERDOTI G., La Convenzione OCSE del 1997 sulla lotta contro la corruzione dei
pubblici ufficiale stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. Scritto destinato agli
studi in onore di Francesco Capotorti, in Riv. it. dir. proc. pen. 1998, 04.
SALAZAR L., Recenti sviluppi internazionale nella lotta alla corruzione (...e conseguenti
obblighi di recepimento da parte italiana), in Cass. pen. 1998, 05.
SANDULLI A., Società pluralista e rinnovamento dello Stato, in Posizioni di diritto e
posizioni di fatto nell'esercizio del potere politico (Autori vari), in Quaderni di Iustitia, 1968.
SAUVAGNARGUES P., Mise en examen de trois notables pour corruption dans le cadre de
l’enquête sur l’assasinat du deputè Yann Piat, in Agence France Presse, 20 maggio 1994.
SAVIGNANO, Il mandato imperativo, in Ann. Camerino, 1970.
SAVONA E.U., MEZZANOTTE L., La corruzione in Europa, Carocci, Roma 1998.
SCIULLO G., L’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle
altre forme di illecito nella pubblica amministrazione. Quale ruolo per i controlli. Milano,
Angeli, 2009.
SCIULLO G., L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura
di) MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013.
SCIULLO G., L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura
di) MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013.
SEGONDS M., Les apports de la Loi du 9 décembre 2016 à l’anticorruption, in Les Revues
Lexisnexis – Droit Pénal, droit pénal général et spécial- pènal des affaires – procèdure
pènale, febbraio 2017, N. 2.
SEMERARO P., I delitti di millantato credito e traffico d’influenza, Giuffrè, Milano 2000.
SEMINARA, La riforma dei reati di corruzione e concussione come problema giuridico e
culturale, in Dir. pen. proc., 2012.
SGUEO, Lobbying e lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale, Egea, Milano,
2012.
SHAUPENSTEINER W. J., Korrumption in Deutschland, in Korruption in Deutschland.
Ursachen, Ersch einungsformen, Bekämpfungsstrategien, Friedrich Elbert Stiftung, Berlino,
1995.
SICLARI D., Il controllo parlamentare sugli atti non normativi, in R. DICKMANN – S.
STAIANO (a cura di), Funzioni parlamentari non legislative e dorma di governo, Giufrrè,
Milano, 2008.
SKED A., So Mr Macmillan: how was it for you?, in “The Independent”, 4 marzo 1994.
SOLAZZI G., Diritto elettorale politico, Torino-Roma, 1916.
SPADARO-PASTORE, Il penalista. Legge anticorruzione, Milano, 2012.
SPENA A., Dalla punizione alla riparazione? Aspirazioni e limiti dell’ennesima riforma
anticorruzione (l. 69/2015), in Studium Iuris, 2015.
SPENA A., Il “turpe mercato”. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica, Giuffrè,
Milano 2003.
SPENA A., La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 c.c., in Riv. It. dir. E proc. Pen.
2-2013.
SPENA A., Per una critica dell'art. 319-quater c.p., in Diritto penale contemporaneo, 28
marzo 2013.
SPENA A., Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politicocriminali, in
Riv. trim. dir. pen. ec., 2007.
316
SPITALIERI S., La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, tesi di laurea.
STASIO D. Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N. 2/2013.
STELLA, La filosofia della proposta anticorruzione, in Riv. Trim. dir.Pen. Ec., 1994.
STORTONI L., Delitti contro la pubblica amministrazione, in CANESTRARI S. –
GAMBERINI A. -INSOLERA G. –MAZZACUVA N. –SGUBBI F. -STORTONI L.
TAGLIARINI F., Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna, 1998.
STRAZZERI C. https://www.linkedin.com/pulse/approvata-definitivamente-la-legge-
anticorruzione-sapin-strazzeri.
SUTHERLAND E. , ‘White Collar Crime’, Il crimine dei colletti bianchi. La versione
integrale, (a cura di G. FORTI), Milano, 1987.
SUTHERLAND E., 24,000 Homeless Men, Philadelphia, J.B. Lippincott, 1936.
SUTHERLAND E., Principles of Criminology, University of Chicago Press, Chicago 1924.
SUTHERLAND E., The Professional Thief: by a Professional Thief, University of Chicago
Press, Chigago, 1931.
TACITO, Annales, III, 27.
TANZI V., DAVOODI H. R., Corruption, public investment and growth, in G. T. ABED, S.
GUPTA (a cura di), Governance, Corruption and Economic Performance, IMF, Washington
2002.
TRAVERSA S., Proroga e prorogatio, Roma, 1985.
UBIALI M.C., In tema di corruzione del parlamentare: la sentenza del tribunale di Napoli
sul Leading-Case Berlusconi-De Gregorio, Nota a Trib. Napoli, sez. I, 8 luglio 2015, n.
11917, imp. Berlusconi, Lavitola, in Diritto Penale contemporaneo, 19 maggio 2016.
VALEIJE ALVAREZ I., Aspectos problematicos del delito de concusión (diferencias con el
cohecho), in Revista General de Derecho, 1994.
VALEIJE ALVAREZ I., El tratamiento penal de la corrupciòn del funcionario: el delito de
cohecho, Madrid, 1996.
VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore penale. Alcune disincantate osservazioni
sulla recente legge anticorruzione, in Dir. pen. cont., 7 febbraio 2013.
VANNUCCI A., DELLA PORTA D., Corruzione politica e amministrazione pubblica.
Risorse, attori, meccanismi, Il Mulino, 1994.
VANNUCCI A., Il caso italiano. Un nuovo paradigma contro la corruzione. Ed. Il
Mulino,Bologna,2012.
http://www.rivistailmulino.it/journal/articlefulltext/index/Article/Journal:RWARTICLE:3694
6.
VANNUCCI A., La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in MATTARELLA,
PELISSERO (a cura di), La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della
corruzione, Giappichelli, Torino, 2013.
VANNUCCI A.. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause,
dimensioni, effetti, in B.G. MATTARELLA – M. PELISSERO, La legge anticorruzione ,
Giappichelli, Torino, 2013.
VANUCCI A. La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in B. Mattarella – M.
Pelissero (a cura di), La legge anticorruzione: prevenzione e repressione della corruzione,
Giappichelli, Torino, 2013.
VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri del
Parlamento, in Giust. Pen., 1973.
VENTURA T., Le sanzioni costituzionali, Milano, Giuffrè, 1981.
VIGEVANI G.E., Stato democratico ed eleggibilità, Milano, Giuffrè, 2001.
VINCIGUERRA S., CERESA-GASTALDO M., ROSSI A., La responsabilità dell’ente per il
reato commesso nel suo interesse (d. Lgs. 231/2001), Cedam, Padova 2004.
VON MANGOLDT-KLEIN, Das bonner Grudngesetz, II 1964.
317
WEBER M. , Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (L’etica protestante e
lo spirito del capitalismo) tradotto da A. M. MARIETTI, Fabbri, Milano 1998.
WELZEL H., Das Deutsche Strafrecht, X ed. Berlino 1967.
ZAGREBELSKY G., Le immunità parlamentari, Torino, Einaudi, 1979.
ZANON N., L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato
imperativo. Democrazia e diritto 2009,3/4.
ZITO A., Il concetto penalistico di Pubblica amministrazione, Le qualifiche. Le qualifiche
soggettive: pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio, in Mondo giud. 1992.
GIURISPRUDENZA
Cass. Pen Sez.VI, sent. n.210048 del 1997;
Cass. Pen. Sez. II, sent. n.1796 del 1988.
Cass. Pen. sez. VI sent. n. 41898 del 2013.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 195523 del 1993.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 213884 del 1999.
Cass. Pen., Sez. VI, n.197081 del 1993.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 205889 del 1996;
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 205965 del 1996
Corte Cost. sent. n. 14 del 1964.
Corte Cost. sent. n. 510 del 1989
Corte Cost. sent. n. 77 del 1970,
Corte Cost. sent. n. 10 del 2000;
Corte Cost. sent. n. 1020 del 1988,
Corte Cost. Sent. n. 1020 del 1988;
Corte Cost. sent. n. 11 del 2000;
Corte Cost. sent. n. 1150 del 1988;
Corte Cost. sent. n. 120 del 2004;
Corte Cost. sent. n. 129 del 1977,
Corte Cost. Sent. n. 138 del 2013
Corte Cost. Sent. n. 162 del 1985
Corte Cost. sent. n. 203 del 1975.
Corte Cost. sent. n. 235 del 1988,
Corte Cost. sent. n. 289 del 1998;
Corte Cost. sent. n. 42 del 1961,
Corte Cost. sent. n. 42 del 1961;
Corte Cost. sent. n. 425 del 2004;
Corte cost. sent. n. 45 del 1977,
Corte Cost. Sent. n. 510 del 1989
Corte Cost. sent. n. 60 del 2013;
Corte Cost. sent. n. 77 del 1970;
Corte cost. sent. n. 97 del 1991;
Corte Cost., sent. n. 14 del 1964.
Corte Cost., sent. n. 39 del 2014;
Corte Cost., sent.n. 379/1996.
Corte. cost. sent. n. 14 del 7 marzo 1964, , in Giur. cost., 1964.
318
Corte Cost. sent. n. 168 del 8 luglio 1971, , in Giust.Pen., 1972, I, 50.
Corte Cost. integrata sent. n. 221 del 2 agosto 1979, , in Cass. Pen., 1979,
Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 3264 del 21 novembre 1983, , in C.E.D. Cass., n. 163610.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 16837 del 26 settembre 1989;
Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 4072 del 9 febbraio 1994,
Cass. Pen., Sez. Un., 24 gennaio 1996, n. 2780..
Cass Pen. Sez. VI, sent. n. 1616 del 16.4.1996;
Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 10851 del 8 novembre 1996,;
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 2894 del 5 febbraio 1998, con nota di RAMPIONI, I delitti di
corruzione e il requisito costitutivo dell'atto di ufficio: tra interpretazioni abroganti e
suggestioni riformatrici;
Cass., pen., sez. VI, sent. n. 4825 del 12 marzo 1998, , in Giust. pen., 1999, 318;
Cass. pen., sent. n. 10619, del 24 settembre 1998, in Cass. pen., 1999, 2847;
Cass., pen., sez. VI, sent. n. 4062 del 7 gennaio 1999, , in CED Cass., 2000.
Cass Pen. Sez. VI, sent. n. 3945 del 15 febbraio 1999,;
Cass. Pen. Sez. un., sent. n. 25887 del 26 marzo 2003, GIORDANO,
Cass. Pen. Sez. 6, Sent. n. 36780 del 2 luglio 2003 Cc. (dep. 25/9/2003 ) Rv. 226803.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 2622 del 9 dicembre 2003, , in C.E.D. Cass., n. 227246.
Cass. civ. (sez. lav.), sent. n. 9056 del 19 aprile 2006,
Cass. pen. , Sez. IV, sent. n. 33435 del 4 maggio 2006,
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 33435 del 4 maggio 2006,
Cass., pen., Sezioni Unite, sent. n. 32009 del 28 settembre 2006,
Corte Cost. sent. n. 371 del 14 novembre 2006,.
Cass pen Sez. un., sent. n. 2451 del 27 settembre 2007;
Cass. civ. (sez. lav.), sent. n. 2474 del 1 febbraio 2008,
Cass pen. Sezione VI sent. n. 24663 del 17 giugno 2008
Cass. Pen Sez. un., sent. n. 24468, del 26 febbraio 2009, RIZZOLI,
Cass. Pen Sez. fer. Sent. n. 34834, del 25 agosto 2009,
Cass. Pen. n. 36083 del 9 luglio 2009 Ud. (dep. 17/9/2009) Rv. 24425
Cass. Pen. Sez. Un. Sent. n. 18288 del 21 gennaio 2010.
Cass. Pen. Sez. VI, Sent. n. 24656 del 18 giugno 2010,
Cass. Pen. VI, sent. n. 3251 del 5 dicembre 2012, , in Diritto & Giustizia, 2013, 23 gennaio
2013.
Cass Pen., sez VI, sent. n. 19189 del 11 gennaio 2013 Abruzzese
Cons. St., V, sent n. 753 del 6 febbraio 2013,
Cass. Pen. Sez VI sent. n. 41898 del 10 ottobre 2013.
Cass. Pen. sez. VI sent. n. 23354 del 4 febbraio 2014.
Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 9883 del 28 febbraio 2014.
Cass. Pen. Sez. Un., sent. n. 12228 del 14 marzo 2014,.
Cass. Pen., Sez VI, sent n. 23354 del giugno 2014.
Cass. Pen. Sez VI sent. n. 23354 del 4 giugno 2014
Tar Campania, I, ord. n. 1801, 30 ottobre 2014,
319
RINGRAZIAMENTI
Il primo, infinito, ringraziamento, va a mio padre e alle mie sorelle.
Hanno sempre saputo trovare ora le parole, ora i silenzi, per farmi sapere che
erano dalla mia parte, e che per sempre sarebbe stato così.
Al Ch.mo Prof. Giuseppe Amarelli rivolgo, oltre che la mia gratitudine
per gli stimoli didattici e i pungoli anticonformisti che non ha mai lesinato a
rivolgermi, la mia stima professionale. Relatore, inoltre, che, nonostante la
frenesia dell’ambiente accademico, non ha mai perso occasione per
dimostrarsi disponibile e gentile.
Specifici ringraziamenti voglio rivolgerli a Madame Caroline Savi e
Madame Juliette Tricot, docenti rispettivamente di diritto italiano e diritto
penale presso l’Università di Paris X, che mi hanno accompagnato nell'attività
di ricerca e di redazione di parte della presente tesi in una terra straniera,
quella francese, attraverso inviti a conferenze, consigli e approfondimenti
proposti circa possibili affinità e divergenze osservate in seno al nostro e al
loro sistema giuridico.
Infine, voglio dire grazie ai colleghi e ai compagni di viaggio che ho
incontrato, che hanno lasciato che mi sentissi sempre in un luogo adatto a
poter essere chiamato casa.
320