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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE TESI DI LAUREA IN DIRITTO PENALE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA CORRUZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA E IL FENOMENO DELLA CORRUZIONE DEL PARLAMENTARE Relatore Candidato Ch.mo Prof. Amilcare D’Andrea Giuseppe Amarelli Matr. M09001009 Anno Accademico 2016/2017

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE

TESI DI LAUREA IN

DIRITTO PENALE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

LA CORRUZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA E IL

FENOMENO DELLA CORRUZIONE DEL PARLAMENTARE

Relatore Candidato

Ch.mo Prof. Amilcare D’Andrea

Giuseppe Amarelli Matr. M09001009

Anno Accademico 2016/2017

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A mia madre.

A Maria Livia, complice compagna di vita.

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LA CORRUZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA E IL

FENOMENO DELLA CORRUZIONE DEL

PARLAMENTARE

INDICE

Capitolo I

Cenni storici e comparatistici: la corruzione dall'età

antica ai giorni nostri, nel tempo e nello spazio

1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al

Parlamento………………………………………………………………..pag. 8

SEZIONE I. Brevi cenni storici.

1. La corruzione da una sponda all'altra del mar Ionio……………….. .pag. 16

2. La morale cristiana, il medioevo e l'epoca moderna………………...pag. 19

SEZIONE II. Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil law,

common law, e diritto transnazionale

1. La Francia e l’ unilateralità delle condotte……………..………………pag. 26

2. La Spagna e la dubbia bilateralità…………………………………….pag. 35

3. La Germania e l'anticipazione del controllo penale…………..………pag. 41

4. Il Regno Unito e il controllo dei reati funzionali. In particolare: la

corruzione del parlamentare esclusivamente come vendita di potere

decisionale…….........................................................................................pag. 45

5. Gli Stati Uniti d'America: tra lezioni di criminologia e suggerimenti per una

regolamentazione internazionale………………………………………..pag. 52

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6. La corruzione oltre i confini nazionali……………………………….pag. 63

Capitolo II

La rilevanza economica, sociale e politica della corruzione

1. La rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo

occidentale................................................................................................pag. 71

2. La devianza tra impatto economico e psicologico……………….......pag. 79

3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima

diffusa”………………………………………………………………….pag. 84

4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad

oggi………………………………………………………………….......pag. 88

4.1 Segue: i fattori che alimentano la corruzione……………….pag. 97

5. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica……………..pag. 100

Capitolo III

Le risposte del legislatore

1. Quadro normativo del post-Tangentopoli…………………………...pag. 103

2. La legge 190/2012…………………………………………………..pag. 110

2.1 Segue. L’abbandono dell’esclusività dell’azione penale: la tutela

amministrativa…………………………………………….…...pag. 116

3. La repressione penale nella legge 190/2012. I principi

ispiratori……………………………………………………………….pag. 127

4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto sulla dogmatica e

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sui giudizi……………..........................................................................pag. 133

4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso………………….pag. 141

4.1. b. Segue: dolo……………………………………………..pag. 148

4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze………….pag. 150

5. Il concorso di persone e i rapporti con altre figure di reato………...pag. 153

5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite……pag. 156

5.1. b. Segue: in particolare, corruzione e concussioni………..pag. 161

6. Critiche……………………………………………………………..pag. 164

6.1. a. Le corruzioni al vaglio della determinatezza-tassatività: il

principio di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319

c.p.…………………………...………………………………….pag. 169

6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente…………………………..pag. 176

7. La legge 27 maggio 2015, n. 69…………………………………....pag. 186

8. Corruzione politico-amministrativa, lobbying e corruzione

privata…………………………………………………………………pag. 190

8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla corruzione in Francia con

obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle

imprese………………………………………………………….pag. 207

Capitolo IV

La corruzione nel sistema politico e la corruzione del

parlamentare

1. Crisi dei partiti e disciplina della politica…………………………...pag. 213

2. Qualifiche soggettive………………………………………………..pag. 234

3. La corruzione del parlamentare. Introduzione………………………pag. 244

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4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana………………...pag. 247

5. Tra diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare…………..pag. 252

6. Popolo, nazione e vincolo di mandato……………………………...pag. 256

7. Immunità…………………………………………………………….pag. 264

7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti

dati nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la

corruzione……………………………………………………....pag. 272

8. Casistica al vaglio della Giunta per le autorizzazioni a

procedere………………………………………………………………pag. 277

9. Discrezionalità, voto e corruzioni…………………………………..pag. 281

9.1 Segue: Il Leading-Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del

Tribunale di Napoli in tema di corruzione del

parlamentare................................................................................pag. 289

Conclusioni…………………………………………………………….pag. 300

Bibliografia……………………………………………………………pag. 307

Ringraziamenti…………………………………………………………pag. 319

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CAPITOLO I

Cenni storici e comparatistici: la corruzione

dall’età antica ai giorni nostri, nel tempo e nello

spazio

1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al Parlamento - SEZIONE I. Brevi

cenni storici - 1. La corruzione da una sponda all’altra del mar Ionio - 2. La morale cristiana, il

medioevo e l’epoca moderna - SEZIONE II. Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil

law, common law, e diritto transnazionale - 1. La Francia e l’unilateralità delle condotte - 2. La

Spagna e la dubbia bilateralità - 3. La Germania e l’anticipazione del controllo penale - 4. Il

Regno Unito e il controllo dei reati funzionali. In particolare: la corruzione del parlamentare

esclusivamente come vendita di potere decisionale – 5. Gli Stati Uniti d’America: tra lezioni di

criminologia e suggerimenti per una regolamentazione internazionale - 6. La corruzione oltre i

confini nazionali

“Le norme sociali, la cultura, la storia di un paese,

svolgono un ruolo cruciale nella trasmissione o meno di

comportamenti inclini alla corruzione.

Alcune teorie considerano la corruzione

un caso di frequency-dependent

equilibrum [Andvig e Moene 1990],

in cui la persistenza del fenomeno corruttivo dipende

dalla sua stessa frequenza. […]

In un contesto di questo tipo, l’individuo

trova minore convenienza a rimanere onesto,

e quindi corrompe o si lascia corrompere”1

1. Introduzione. La corruzione dalle amministrazioni locali al Parlamento

Corrumpere: deteriorare, infrangere. In senso figurato, guastare sul

1 N. FIORINO e E. GALLI, La Corruzione in Italia, Il Mulino 2013, pagg. 62 e ss.

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piano interiore, traviare, viziare nel proprio essere.

La corruzione ha un’origine antica, anche più dell’etimo da cui la

parola trae origine. Oggi la semantica tende a circoscrivere sempre più spesso

il significato di questo termine negli ambiti della politica e delle istituzioni,

come a segnare una crepa, una rottura della integrità richiesta dal rivestimento

di un ruolo, un cedere all’avidità, l’abbandonarsi ad un tradimento che

infrange un patto di fiducia stipulato con chi ha concesso un determinato

potere. L’agente è dipinto inghiottito da una fame atavica di accumulo,

possesso, guadagno, in un contesto di accidia istituzionale.

Accanto alla questione relativa all’individuazione dei comportamenti

corruttivi di rilievo penale ed alla conseguente necessità di stabilire una

comune soglia di “minimo garantito”, bisogna affiancare anche il significato

del termine legato all’etica decadente, richiamato da una morale violenta

spesso espressione di un ordinamento violento, come ad esempio uno stato

teocratico: la corruzione può anche coincidere con la ricerca voluttuosa

dell’imperfezione umana. Sappiamo bene che non sono rari i casi di accuse di

corruzione morale o materiale, per varie e spesso indefinite condotte tenute, da

parte di regimi per mantenere l’ordine costituito.

Da queste prime riflessioni si comprende da subito l’esigenza , per gli

obblighi di criminalizzazione in materia, di circoscrivere l’ambito di interesse

rispetto a tematiche correlate nel contesto economico, politico e sociale.

Il penalista si trova di fronte ad un bivio: affrontare tout court i delitti di

corruzione, meccanicamente organizzati nel parto positivista del codice

Rocco, anche se novellati negli anni, oppure alzare lo sguardo con la

consapevolezza delle varie concause e delle eterogenee conseguenze che

vanno a stratificare interdisciplinarmente la materia.

Per questi motivi, legati agli aspetti criminologici, politici, economici, i

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paesi di lingua inglese, tedesca e spagnola differenziano la corruzione “in

generale”, penale ed extra-penale, in cui rientrano anche i delitti di corruzione

stricto sensu e concussione, determinate forme di peculato, abuso d’ufficio e

finanziamento illecito ai partiti, dal delitto penalmente previsto, tramite una

bipartizione lemmatica: corruption e bribery, Korruption e Bestechung,

corrupciòn e cohecho2.

Come si può intuire dalle premesse, questo studio non prescinderà dalle

analisi economiche, statistiche, sociologiche, criminologiche e politiche, per

fornire un quadro completo della realtà perché, come insegna la scuola

tedesca, un diritto penale lontano dalla realtà è un diritto penale inefficace3. Il

modello integrato di scienza penale deve confrontarsi con le nuove questioni

sociali e le loro origini.

“Da tempo si avanza – al punto che l’osservazione può dirsi scontata tra

i penalisti delle ultime generazioni – l’idea di una dogmatica e di una

sistematica penalistiche ‘orientate in senso politico-criminale’. Connaturata a

questa evoluzione è l’esigenza, che il diritto penale dovrebbe avvertire, di

offrire una giustificazione delle proprie decisioni sulla base delle conseguenze

che esse, non solo in seno al sistema giuridico, ma anche in relazione a

‘situazioni di fatto’, sono destinate a produrre. Ciò comporta la assunzione,

come ‘forma di pensiero del giurista’, del vincolo a una serie di variabili

empirico-sociali, con la necessità dunque di farsi guidare anche dal

Leitgedanke costituito dalla ‘natura delle cose’ (Natur der Sache), per dirla

con Radbruch”4.

2 Cfr. A. SPENA, Il “turpe mercato”. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica, Giuffrè,

Milano 2003, pag. 3. 3 Cfr. C. ROXIN, Strafrecht Allgemeiner Teil, Vol. 2, Monaco 2003, pagg. 227 e ss.; W. HASSEMER,

Warum Strafe sein muss. Ein Plädoyer, Berlino, 2009, pag. 94. 4 G. FORTI, Paradigmi distributivi” e scelte di tutela nella riforma penale-societaria. Un’analisi

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In relazione al tema trattato, non è possibile oggi negare l’enorme

difficoltà con cui si cerca di porre rimedio ad un problema insito da tempo

nella subcultura italiana, aggravato anche dal cronico ritardo dei legislatori

italiani, sottovalutando che “una patologia alla lunga porta, come in tutti gli

organismi, a uno stato di immunodeficienza irreversibile”5. La stessa

previsione, ad esempio, del reato di concussione così come delineato nel

nostro codice, una specifica fattispecie di reato contro la Pubblica

Amministrazione non previsto in molti ordinamenti (se non come fattispecie di

estorsione aggravata), dimostra l’esistenza ben radicata di una condotta che,

evidentemente, caratterizza il settore pubblico italiano. A questo si aggiungano

i numerosi casi di corruzione ambientale o endemica, allorché all’interno di un

dato sistema – ente, articolazione amministrativa etc. – la corruzione non è un

atto criminoso isolato, bensì si atteggia a vera e propria prassi: un modus

operandi e addirittura vivendi diffuso, tale da instaurare una permanente

induzione verso detta fattispecie delittuosa.

La questione sembra acquisire rilevanza in fasi alterne nel dibattito

pubblico, inscindibilmente legata allo scandalo di turno che investe alti

esponenti della società, inducendo così la classe politica a proporre, e più

raramente ad approvare, progetti di riforma. “La rappresentazione della

criminalità economico-amministrativa si presenta scissa in due versioni:

generalmente le notizie si connotano per un alto grado di tolleranza nei

confronti di questi atti, avvertiti per lo più alla stregua di ‘peccati veniali’ (di

Kavaliersdelikte), e la cui persecuzione non trova efficace riscontro e

condivisione nella coscienza sociale anche per l’alto tasso di tecnicismo che li

critica, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2009, 04, pag. 1609.

5 G. FERRERO, Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della legalità,

Editori Riuniti, Roma 1996, pag. 87.

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contraddistingue. L’impostazione indulgenziale scema del tutto però quando

questi reati assumono vaste proporzioni, ossia quando coinvolgono numerose

vittime, ovvero quando il dissesto economico […] assume le dimensioni del

disastro”6. Questo non è sempre legato alla gravità della situazione, ma

all’approvazione democratica in campo politico, accentuando il carattere di

reato massmediatico della “corruzione che si intende combattere”. Come

venne fatto notare, successivamente all’emersione di Tangentopoli, “nel teatro

dei mass media si sentono spesso recite strumentali ad interessi di parte, nelle

quali i fatti sono deformati, e i temi della giustizia degradati a strumento di

pressione e (forse) merce di scambio nel mercato politico”7.

La capillarizzazione del fenomeno corruttivo ci invita a citare a titolo

meramente esemplificativo, oltre l’inchiesta “mani pulite” del 1992 e le

conseguenti dissoluzione dei partiti dell’area di governo, delegittimazione e

clima di radicale sfiducia verso il “vecchio” ceto politico che ne sono derivate,

anche le recenti inchieste come “Expo Milano 2015”.

La retata sull’Expo di Milano è scattata a maggio 2014: “uno choc, una

sorta di risveglio collettivo dopo anni di torpore generale”, a ricordarci la

continua presenza di un sistema e, inoltre, la sua evoluzione. L’esposizione

universale – che per l’Italia doveva essere la vetrina di un riscatto

internazionale – si dimostrava infettata da un giro di tangenti, a quanto pare

gestite inoltre da soggetti arrestati e condannati più volte all’epoca di Mani

Pulite. Vent’anni dopo si dimostrano ancora capaci di manovrare

l’assegnazione di appalti per opere di grande rilievo, una “gerontocrazia”

espressione della fine di un partito, ma non del potere. L’essere pregiudicato,

6 C. E. PALIERO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed “effetti penali” dei

media), in Riv. it. dir. proc. pen. 2006, 49, pag. 497. 7 D. PULITANÒ, La giustizia penale alla prova del fuoco, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 01, pag. 3.

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il casellario firmato da certe condanne, si è dimostrato un curriculum capace

di accrescere autorevolezza nel settore.8

Nel 2012 si parlava di una perdita di denaro pubblico in Italia di 60

miliardi di euro l’anno la quale, alla luce dei 120 miliardi di euro (l’1% del

PIL dell’Unione) persi per lo stesso fenomeno criminale analizzato sul

territorio comunitario, ha portato a ritenere che metà dell’attività criminosa

corruttiva del continente europeo fosse “territorializzata” in Italia9.

È risaputo che le statistiche, pur essendo altamente affidabili non

possono pienamente soddisfare l’esigenza di valutazione di una fattispecie

“estremamente difficile da definire e ancor più da misurare e valutare”10

. Nel

diritto penale, in generale, il ricorso a dati statistici non può dirsi mai

“tranquillizzante”, visti soprattutto i dubbi di scientificità degli stessi, ma

ancora più cristallizzato è il dubbio in un settore come quello della corruzione,

spesso caratterizzato da “criminalità sommersa” e “cifre oscure”.

Ma di sicuro è un necessario e indiscutibile punto di partenza, in quanto

il numero rivela un fatto, e “un positivo governo dei processi ha a che fare con

i fatti; oltre che con i valori, anche i fatti vanno considerati nell’argomentare e

controllare le soluzioni; ed i fatti (a differenza dei valori ultimi) sono

assoggettabili a verifica o falsificazione empirica”11

.

Al di là del danno erariale, un’importante quantificazione del fenomeno

è data dalle statistiche giudiziarie sui procedimenti penali e sulle condanne per

reati di corruzione; dai sondaggi condotti sull’intera popolazione, relativi a

8 R. CANTONE, Il male italiano, Milano, 2016, p. 35.

9 Cfr. Corte dei Conti, Sezioni Riunite, Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2012,

Relazione scritta del Procuratore Generale Lodovico Principato, 16 febbraio 2012, p. 100. 10

Cfr. N. FIORINO e E. GALLI, La corruzione in Italia, Il Mulino 2013, pag. 17. 11

A. BONDI, A. DI MARTINO G. FORNASARI, Reati contro la pubblica amministrazione, Torino,

2004, pp. 20 – 21.

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esperienze dirette, e dagli indicatori basati sulla percezione di esperti riguardo

alla diffusione del fenomeno12

. Come nel 2012, siamo spinti a “ritenere la

sussistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione praticata

e corruzione denunciata e sanzionata: se la prima è ampiamente lievitata, la

seconda, invece, si è in modo robusto ridimensionata”13

.

La corruzione, come si cercherà di evidenziare in questo lavoro, si

alimenta di potere situazionale, addirittura fino ad indebolire lo strumento

terapeutico, il politico-legislatore, dalle amministrazioni locali al Parlamento.

Come un retrovirus, attacca specificamente le cellule deputate al sistema di

difesa, la produzione legislativa e il controllo amministrativo, lasciandoci

sprovvisti di protezione. Immuno-compromessi, si è maggiormente esposti a

tutte le altre infezioni. Per questo motivo si affronterà anche la disciplina della

politica. La corruzione rimane ancora una “questione morale”

inscindibilmente legata alla classe politico-amministrativa, la prima ad ergersi

a tutrice del bene pubblico e della trasparenza spesso, però, con “recite

strumentali”.

“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri,

dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione,

bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La

questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato

da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra

tra bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di

12

A. VANUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in B. Mattarella – M. Pelissero (a

cura di), La legge anticorruzione: prevenzione e repressione della corruzione, cit., pg. 29. 13

COMMISSIONE PER LO STUDIO E LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE NELLA

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. La corruzione in Italia. Per una politica di prevenzione.

Analisi del fenomeno. Profili internazionali e proposte di riforma. Ministero per la pubblica

amministrazione e la semplificazione, Roma, ottobre 2012, p. 12.

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governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco

perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco

perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento

soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause

politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si

continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di

allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude”14

14

E. BERLINGUER, da un’intervista a La Repubblica, 28 luglio 1981. La “questione morale”

sollevata nel 1981 dal segretario del PCI Enrico Berlinguer, in una nota intervista con Eugenio

Scalfari sul quotidiano La Repubblica, fu uno dei primi tentativi di inserire la questione della

corruzione ( e delle tematiche affini in primis la concussione) nell’agenda politica.

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SEZIONE I

Brevi cenni storici

1. La corruzione da una sponda all’altra del mar Ionio

Il dono proposto al soggetto gerarchicamente superiore, idoneo a creare

un rapporto sinallagmatico, sin dalle epoche più antiche è stato identificato

con un termine che distinguesse dall’offerta disinteressata. È stato infatti

evidenziato, quando i curatori inglesi del codice di Hammurabi tradussero una

(tra le 282 sentenze raccolte) sentenza di condanna nei confronti del giudice

che cambia la sua decisione, che nella cultura dei mesopotamici si parla solo

di questa forma retroattiva di corruzione. Il re mesopotamico minaccia

l’espulsione permanente dagli uffici a quei giudici che si fanno corrompere per

cambiare parere, poiché l’assenza di questa norma compromette la sacralità

che circonda il giudizio. Vi è un costume, nella società mesopotamica, di

offrire doni nella società, ma è (rectius, sembra essere, in base alle attuali

conoscenze) solo questo dono (tatu) ad essere punito15

.

Nella civiltà ebraica le critiche sociali si riferivano al dono non proprio

disinteressato (shohadh) in ambito giudiziario. Sul monte Sinai, dopo aver

dettato i suoi comandamenti, Dio diede a Mosè altre istruzioni per Israele:

“Non dare notizie false. Non dar mano a un empio facendo da testimone

iniquo. Non seguire la folla per fare il male e non deporre in un processo,

piegando in favore dei più per pervertire la giustizia. Non favorire nemmeno il

più povero nel suo processo […]. Non violare il diritto del povero del tuo

15

Cfr JOHN T. NOONAN JR., Bribes (Macmillan Publishing Company, New York City, New York,

U.S.A 1984. Tradotto dall’americano da S. FUSINA e A. CARRER)

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popolo nel suo processo. Tieniti lontano dalla causa menzognera. Non fare

morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole. Non

accettare regali, perché il regalo acceca i chiaroveggenti e sovverte la causa

dei giusti”16

.

Il fenomeno comincia a sistematizzarsi nell’antica Grecia, dove è

possibile trovare i primi riscontri che permettono di intendere la corruzione

come atto economicamente dannoso per la collettività. Nel 324 a. C., con una

eccezionale alleanza politica tra i democratici radicali anti-macedoni e i

moderati pacifisti, si mise in stato di accusa l’allora celebre (per le orazioni

contro Filippo II di Macedonia) Demostene, per essersi impossessato delle

somme depositate sull’Acropoli dal tesoriere Arpalo, destinate ai giochi

olimpici. L’accusa fu diretta dal membro della sua stessa fazione, l’anti-

macedone Iperide, che con il fervore delle sue orazioni (che lo resero celebre)

portò intenso interesse e conseguente terremoto politico nella polis, nonché

alla condanna17

. L’epitaffio, dopo il suicido di Demostene, ha una carica

evocativa, atta a dimostrare che corruzione e demagogia sono complementari

nella Atene democratica del V e del VII secondo a.C.: “Invidiare chi si lascia

corrompere, ridere se lo riconosce apertamente, assolvere chi è stato colto in

flagranza di reato, odiare chi vorrebbe metterlo sotto accusa”18

.

A Roma, come l’ Aulularia rappresentava nei teatri cittadini tra il 200 e

il 191 a.C., cominciava a delinearsi il declino dell’integrità morale dell’Urbe.

Catone il Censore segnalò il malcostume politico e sociale del Senato,

16

Esodo 23:1.3, 6-8. 17

Cfr. PLUTARCO, Vita di Demostene, in Vite Parallele, introduzione e traduzione di C.CARENA,

Einaudi, 1982. 18

C. A. BRIOSCHI, Breve storia della corruzione. Dall’età antica ai giorni nostri,TEA, Milano 2004,

pag. 31.

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l’evasione fiscale e l’abuso di potere: “I ladri di beni privati passano la vita in

carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori”19

.

Il percorso corruttivo partiva proprio dai governatori locali, i soggetti

più inclini alla violazione della legge. Le campagne elettorali richiedevano un

investimento imponente di denaro e di conseguenza ogni romano illustre

doveva finanziarsi indebitandosi e firmando compromessi e clientele20

.

Successivamente, tra il 73 e il 71 a. C., viene a delinearsi quello che poi è stato

definito come “l’archetipo originario del tangentocrate incallito”21

. Il

propretore di Sicilia Verre rubò all’erario romano oltre quaranta milioni di

sesterzi e spalancò le porte ad un “puerile” Cicerone, investito di un enorme

prestigio perché a difendere Verre era Quinto Ortensio Ortalo, considerato il

più grande avvocato dell’epoca. Interessante è analizzare l’accusa formulata

da Cicerone, che focalizza sulla prepotenza della nobiltà corrotta, ma non

sull’istituzione senatoria, nei cui confronti viene ricordata la dignità di tale

ordine affinché estromettesse i membri indegni22

. Il successo editoriale delle

Verrine, che segnarono la condanna a morte di Verre, portarono il giovane

Cicerone al centro della scena politica romana.

Qualcuno direbbe che la presenza della corruzione nella Grecia antica e

nella Roma imperiale non ha impedito la nascita e lo sviluppo della grande

civiltà ellenica e romana. Ogni democrazia impone il conferimento di poteri, e

ogni potere, quindi ogni organismo democratico racchiude, teoricamente in

stato latente, la corruzione. Potrebbe allora considerarsi impossibile estirpare,

ma necessario prevenire e reprimere, ogni sua manifestazione.

19

A. GELLO, Noctes Atticae: liber III, Giardini, Pisa 1993, pag. 173 20

F. GATTUSO, Nell’antica Roma la corruzione nacque con il latte della lupa, su storiain. 21

C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 40. 22

Cfr. PLUTARCO, op. cit., pag. 121.

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Come emerge dai successi di chi ha accusato già dall’antica Grecia, da

sempre si nota anche l’elemento massmediatico che porta a far coincidere il

tutore-oratore con il “paladino dell’interesse pubblico”, anche con risvolti

demagogici intesi a stravolgere un determinato ordine politico. Al contrario, se

comunque non viene condannata, la decomposizione del tessuto democratico

va difficilmente ad arrestarsi. Il rischio è sempre quello di sprofondare

nell’antipolitica, nell’estremismo della repressione, nel populismo che

vorrebbero porci anche nella condizione di abbandonare il concetto stesso di

democrazia.

2. La morale cristiana, il medioevo e l’epoca moderna.

La corruzione, intesa come rapporto strutturato su sinallagmi sia

genetici che funzionali tra soggetti delle stesse classi sociali o gerarchicamente

distanti, sembra affievolirsi tra il 400 d.C e l’anno mille23

. Un dato molto

interessante, in quanto verso la fine dell’Impero romano d’Occidente emerge

nel tessuto sociale la grande diffusione della morale cristiana. Ma verrà solo ad

inserirsi differentemente nel tessuto sociale, perché tra l’espansione del nuovo

credo e il reale esercizio del potere si instaurano nuove (e si infittiscono le)

esistenti casistiche della corruzione. Cominciano a piantarsi le radici, nella

cultura cristiana, giustificate dalle letture del Nuovo Testamento, di quelle che

saranno le pratiche simoniache24

. E’ celebre l’episodio in cui Simone, appena

23

J. T. NOONAN JR., Ungere le ruote. Storia della corruzione politica dal 3000 a.C. alla Rivoluzione

francese, SugarCo 1987, pp. 72-73. 24

“Or vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche, e faceva

stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un qualcosa di grande. Tutti, dal più piccolo al più

grande, gli davano ascolto, dicendo: Questi è la ‘potenza di Dio’, quella che è chiamata ‘la

Grande’.” (Atti, 8,9-10).

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conosciuti gli apostoli Pietro e Giovanni arrivati da Gerusalemme per

battezzare alcuni convertiti, “offrì [loro] del denaro dicendo: ‘Date anche a me

questo potere affinché qualsiasi persona, a cui imporrò le mani riceva lo

Spirito Santo’ ”25

.

Dalla documentazione di Sant’Agostino sulla casistica della corruzione

di giudici e funzionari, si rinviene che oltre le offerte d’oro e d’argento, i

munera classici, abbiamo “presenti di ospitalità”, offerte e persino elogi e

adulazioni nei confronti di chi riveste un ruolo di autorità26

. Ormai nel IV

secolo si era instaurata la consuetudine di versare somme di denaro per i nuovi

ruoli ecclesiastici. Insieme alla vendita delle indulgenze, la corruzione

raggiungerà livelli impressionanti27

. Non mancano naturalmente le condanne

degli stessi membri ecclesiastici: la predicazione di San Francesco d’Assisi

(1181-1226), il gioachimismo, corrente di pensiero sviluppatasi sugli scritti e

sugli insegnamenti di Gioacchino da Fiore (ca. 1130 –1202) e i Carmina

burana, tra goliardia e satira.

Verso il 1300 la corruzione ha ispirato il Sommo Poeta stilnovista, nel

De Monarchia prima, e anche nella Divina Commedia poi. I versi che

descrivono la quinta bolgia dell’ottavo cerchio, impressi nel XXI canto

dell’Inferno, sono una testimonianza importante della corruzione del XIII

secolo: “Ogn’uom v’è barattier28

, fuor che Bonturo; / del no, per li denar, vi si

fa ita”29

. Il contrappasso fa sì che nell’immaginario dantesco vengano puniti

25

Atti, 8,18. 26

J.T. NOONAN, Ungere le ruote, op. cit., pagg. 99-129. 27

C. A. BRIOSCHI, op. cit., pagg. 51-52. 28

I Barattieri sono i funzionari che, per denaro o altre regalie, accettano di tornare sulle proprie

decisioni. 29

Inferno, XXI, 41-42.

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con l’immersione nella pece nera, come ad immergerli nel dolore dell’oscurità

e ad imbrattarli indelebilmente, segnandoli per sempre per la perenne

umiliazione. Dietro di loro, la violenza dei colpi dei mefisti, che con uncini

affilati, lentamente dilaniano i peccatori. L’ottavo girone, luogo di punizione

dei peccatori fraudolenti, mette in evidenza come per Dante la frode sia il

vizio tipico dell’uomo che ha scelto la strada del malcostume: è il peccato che

si pone agli antipodi della giustizia e dell’amore divino, anche perché, spesso,

viene praticato da chi predica l’onestà e difficilmente riesce ad essere punito.

Lo stesso Bonturo Dati, l’uomo politico di Lucca citato da Dante e accusato di

baratteria/corruzione passiva, viene pubblicamente scagionato da ogni

imputazione30

.

Il capitolo più buio che aprirà le porte al cristianesimo protestante è

caratterizzato proprio dalla vendita delle indulgenze. Dal XIV al XVI secolo si

introdusse la possibilità di ottenere le indulgenze con oblatio, offerta di denaro

finalizzata al supporto economico di opere della Chiesa. Ben presto numerose

chiese o opere di apostolato o di carità vennero pagate e mantenute grazie alla

vendita delle indulgenze. Un riflesso sociologico atto a mostrare sia la

perversione dell’approfittamento della redenzione del peccatore, sia la

perversione di un sistema che oggettivamente educava ad una corruzione

morale oltre che temporale. Il puro e semplice commercio che si diffuse sulla

base del peccato, arrivò a completarsi con l’istituzione della questua, cioè la

richiesta di denaro per ottenere un’indulgenza, denaro che veniva raccolto dai

quaestores mandati da vescovi, ed enti ecclesiastici vari. Vista la pressione del

clero, si educavano i fedeli alla concordanza dei concetti di pena e colpa,

convincendo che il potere dell’indulgenza fosse non solo di espiare la pena

30

C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 54-55.

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temporale, ma anche il peccato vero e proprio, la colpa di essersi lasciati

corrompere dal vizio. Si sono poste le basi di un’educazione indiretta al

commercio dei valori e alla mercificazione del pentimento, il che rendeva

meno necessario pentirsi con umiltà e sincerità davanti a Dio, perdendo ogni

contorno di percezione ultraterrena del valore morale. In questo modo, si

rendeva più ostico trovare “stimoli ultraterreni” per evitare le reiterazioni dei

peccati e la stessa caratterizzazione sociale positiva del riflesso religioso.31

Fu questo che dalle riflessioni “proibite”, tra la fine del 1300 e il 1400,

di Girolamo Savonarola32

e Bernardino da Siena33

portò al distacco completo

dato dalle tesi di Lutero della Riforma Protestante, che sviluppò il suo cavallo

di battaglia sulla condanna alla corruzione34

. Parlando di Lutero, si è detto:

“ognuno può giudicare il suo credo come vuole. Ma non c’è dubbio che da

esso prese avvio il mondo moderno. Facendo del credente ‘il sacerdote di se

stesso’, senza l’intermediario del prete, l’obbligò ad assumersi le proprie

responsabilità, senza possibilità di mettersene al riparo dietro le spalle del

confessore: giuoco che si presta agl’imbrogli che tutti noi cattolici vediamo,

sappiamo, e purtroppo pratichiamo. E infine separando in maniera definitiva e

perentoria, secondo il principio dei ‘due regni’, lo spirituale dal temporale, egli

fondò lo Stato laico moderno redento da ogni ipoteca e vassallaggio

clericale”35

.

31

Cfr. Enchiridion indulgentiarum o Manuale delle indulgenze, pubblicato su Acta Apostolicae Sedis

il 29 luglio 1968. 32

Religioso e politico italiano, appartenente all’ordine dei frati domenicani, nel 1497 fu scomunicato

da papa Alessandro VI. L’anno dopo fu bruciato sul rogo e le sue opere furono inserite nel 1559

nell’Indice dei libri proibiti. Si segnala, tra le altre, G. SAVONAROLA, Trattato sul governo della

città di Firenze, Piemme, Casale Monferrato 1996. 33

Sacerdote italiano dell’Ordine dei Frati Minori. Cfr. B. DA SIENA, Sui contratti e sull’usura,

Cantagalli, Siena 1980. 34

C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 57. 35

I. MONTANELLI, L’Italia della controriforma, RCS, Milano 1997, pag.477.

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Questa riflessione non ha tenuto conto però della critica marxista contenuta

nella Critica della filosofia del diritto di Hegel: “Lutero ha distrutto la fede

nell'autorità per ripristinare l'autorità della fede; ha trasformato i preti in laici

per fare dei laici preti; ha liberato l'uomo dalla religione esteriore per fare della

religione l'uomo interiore”.

Questo diede molto spazio infatti anche all’etica calvinista, che, come

sappiamo, è caratterizzata da molte similitudini con la stessa mentalità

capitalista. È stato anche affermato che la religiosità calvinista fu una pre-

condizione culturale insita nella popolazione europea assai utile al formarsi del

pensiero capitalista36

. Naturalmente, lo scontro tra il concetto di liberismo e

dogmatica teologica, ha sempre impedito agli storici di considerare Calvino tra

i fondatori della democrazia liberale, quali Hobbes, Locke e Montesquieu. Al

di là degli sviluppi del capitalismo (comunque inscindibilmente legati al

fenomeno corruttivo), necessario è ricordare che il teologo francese , nel

trasmettere ideali di responsabilità nei confronti di Dio ai governanti, giunge

alla condanna dei sistemi politici assolutistici ed oligarchici, teorizzando quale

sola organizzazione politica atta a garantire la giustizia e la libertà, il sistema

democratico regolato dalle leggi.

Quindi, mentre in Europa si diffondevano le dottrine luterane e

calviniste, in Italia, Stato lontano dall’unità, ma in balia di altri stati unitari

(Asburgo e dinastia dei Luigi), caratterizzata quindi da frammentarietà e

dispersione di senso civico, di appartenenza e solidarietà, prendeva forma il

concetto dell’ Homo politicus controverso del rinascimento: “Non si curi [il

principe] di incorrere nell’infamia di quei vizî, senza quali possa difficilmente

36

Cfr. MAX WEBER , Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (L’etica protestante

e lo spirito del capitalismo) tradotto da A. M. MARIETTI, Fabbri, Milano 1998.

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salvare lo Stato; perché se si considera bene tutto, si troverà qualche cosa che

parrà virtù, e seguendola sarebbe la ruina sua, e qualcun’altra che parrà

vizio, e seguendola ne riesce la securtà e il benessere suo”37

.

La differente concezione italiana rispetto all’Europa38

è evidente

nell’opera di Francesco Guicciardini, storico e consigliere dei Medici. Reo

confesso di aver badato ai suoi interessi particolari, nell’apologia della

condizione umana generale e particolare del suo tempo arriva a dedurre una

“saggezza che rasenta la corruzione”39

. “Il dio del Guicciardini è il suo

particolare. Ed è un dio non meno assorbente che il dio degli ascetici, o lo

Stato del Machiavelli. Tutti gli ideali scompaiono. Ogni vincolo religioso,

morale, politico, che tiene insieme un popolo, è spezzato. Non rimane sulla

scena del mondo che l’individuo. Ciascuno per sé, verso e contro tutti. Questo

non è più corruzione, contro la quale si gridi: è saviezza, è dottrina predicata e

inculcata, è l’arte della vita”40

.

L’assenza della concettualizzazione dello Stato unitario ha

caratterizzato “un’arretratezza che viene fatta risalire addirittura alla

fondazione dello Stato nazionale, e che sarebbe espressione di un ‹‹vizio

d’origine›› culturale. […] L’Italia è corrotta perché non è mai stata, non è né

37

N. MACHIAVELLI, Il Principe, Salerno, Roma 2006. Secondo GIUSEPPE PREZZOLINI, egli

“scoprì che il male è inerente all’azione politica diretta al bene comune. Ai ritratti ideali degli

statisti dotati di angelica purezza e di abilità superiore, egli contrappose la dure e penosa realtà di

un capo politico che si assume i peccati degli uomini per aumentare il loro benessere, senza timore

di camminare sui sentieri del male” (G. PREZZOLINI, Vita di Niccolò Machiavelli fiorentino,

Rusconi, Milano 1982). 38

“La politica è forza e astuzia; ogni tensione morale ne è esclusa; e portarvela è da ingenui. Coloro

che fanno politica e ruotano attorno al potere, a ogni livello di esso, esercitano un’attività che si

traduce in arbitrio, prepotenza e occasione di illecita fortuna”(G. GALASSO, Storia d’Europa –

Vol. II, Laterza, Bari, 1996, pag. 187)una politica “che confidava più nella forza dell’oro che non

del ferro” (G. VOLPE, citato da C. A. BRIOSCHI, op. cit., pag. 64). 39

Cit. C. A. BRIOSCHI, op. cit. 40

F. DE SANCTIS, Storia della letteratura italiana, Feltrinelli, Milano 1967.

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25

può essere moderna”41

.

È questa la riflessione conclusiva che si vuole portare all’attenzione del

lettore al completamento dell’excursus storico effettuato. Gli uomini delegano

altri uomini come loro a perseguire il bene collettivo, con interessi personali,

che possono, da un momento all’altro, in base alle condizioni organizzative e

repressive della società, scegliere subdolamente di perseguire. Un conflitto di

interessi è latente e pronto a manifestarsi proprio in base alle “condizioni

climatiche”, ma anche soggettive, dei possibili soggetti delegati. E così la

possibilità che avvengano episodi di corruzione, quindi, dipende, oltre che dal

margine di discrezionalità e controllo del delegato alla posizione di potere,

oltre che dalla predisposizione soggettiva alla criminalità in base al contesto in

cui si sviluppa l’educazione nei confronti del bene pubblico del soggetto

scelto, anche da una variabile calcolata in base alla storia di una società, storia

del concetto di unità e sviluppo del senso civico e del senso di appartenenza.

41

Cfr. M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana. Il Mulino, 1996.

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SEZIONE II

Ricostruzione comparatistica della corruzione: civil law, common law, e

diritto transnazionale

1. La Francia e l’unilateralità delle condotte

In Francia, i commis di Stato, gli uomini politici e i manager privati

sono legati da un comune senso di appartenenza, quasi da “circolo”, che si

forma nelle grandi scuole statali. Pensiamo, ad esempio, all’Ecole Nationale

d’Administration (Scuola nazionale di amministrazione, in acronimo ENA)

con sede a Strasburgo, responsabile per la formazione dell’alta funzione

pubblica francese. Fu istituita il 9 ottobre 1945 dal governo provvisorio

presieduto da Charles de Gaulle. L’obiettivo era garantire la formazione di una

nuova classe dirigente per la nuova Repubblica in seguito alla sconfitta del

regime collaborazionista di Vichy. Protagonista della sua creazione fu il

ministro Michel Debré. L’obiettivo era di creare una classe amministrativa

unitaria tramite un concorso unico, affermando quindi il principio

meritocratico contro quello clientelare e/o di cooptazione42

. E invece, questa

istituzione ha creato un sistema di interscambio di interessi privati dentro

l’amministrazione, pur essendo perfettamente legale. Questa circolazione di

persone e di interessi ha permesso di coniare un lemma preciso: pantouflage,

usato anche in altre lingue per definire proprio questa rotazione permanente tra

pubblico e privato e che vede grandi commis di Stato passare all’impresa

privata e poi tornare alla burocrazia statale senza soluzione di continuità.

42

M. N. BLESSING, France’s “old boy” business network under fire, in Agence France Press, 14

marzo 1995.

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La contiguità fortissima tra settore economico-privato e mondo politico

che preesiste alla corruzione, ha dato modo di sviluppare una differenza

palpabile tra corruzione politica e corruzione amministrativa.

La corruzione politica si è capillarmente diffusa attraverso forme di rete

molto elaborate e sofisticate. Il coinvolgimento del livello amministrativo

negli scambi corrotti avviene, invece, prevalentemente perché per il soggetto

politico diventa funzionale e indispensabile alla conclusione dello scambio

stesso. Abbiamo esempi didascalici ed esempi scientificamente meno evidenti.

Autorevole dottrina ha definito il caso francese come un caso di “schizofrenia

della corruzione”43

. In Italia la contiguità fortissima tra settore economico-

privato e mondo politico non preesiste alla corruzione, ma lascia sulla sua

strada le “impronte criminogene”, il substrato attraverso cui la corruzione si

sviluppa e si consolida44

.

In Francia, con la complessità delle democrazie - e in particolare con

l’aumento esponenziale delle esigenze economiche del sistema dei partiti

politici, e con la rete già a disposizione del pantouflage, attraverso il canale

del singolo grand commis che intende prepararsi la strada per un passaggio

verso la grande impresa45

- si crea un percorso non a senso unico e anche

difficile da seguire e reprimere: il passaggio è spesso di andata e ritorno, a

seconda delle convenienze e anche dei cambi di governo. La rete si completa

agevolmente per una diffusione veloce della corruzione nel mondo politico.

Da qui si cominciano ad evidenziare le similitudini con Spagna e Italia, nel

cerchio della c.d. corruzione sistemica46

, per gli alti livelli di integrazione

43

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, La corruzione in Europa, Carocci, Roma 1998, pagg. 83, 84. 44

M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana, Il Mulino, Bologna, 1996. 45

Y. MÈNY, La corruption de la Republique, Fayard, Parigi 1992, pag. 78. 46

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit. pag. 84.

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dell’attività politica, amministrativa, ed economica, caratterizzati da pratiche

criminose, tanto da indurre alla convinzione che comportamenti illeciti, quali

la prestazione dell’indebito, facciano parte di una prassi consolidata,

neutralizzandone quasi completamente i risvolti criminosi.

Ulteriore schermo protettivo tra la produzione delle tangenti e la loro

gestione macroeconomica è dato dalla predilezione anche della Francia per i

conti anonimi in Svizzera, dall’uso di società off-shore funzionali al lavaggio

dei proventi della corruzione, o come casseforti di fondi neri47

, e, se si pensa

allo scandalo legato al tesoriere del Partito Repubblicano Gerard Longuet48

,

dalle ricompense non in denaro ai gestori degli scambi per conto dei partiti.

Delicata è la questione della criminalità organizzata. Primo esempio

degno di nota è il caso che nacque all’inizio del 1994 con l’assassinio della

deputata Yann Piat, uccisa da due sicari in moto mentre stava uscendo di casa

il 25 febbraio 1994. La donna da tempo aveva avviato una battaglia politica

contro la corruzione presente nel suo distretto, il Var, nel Dipartimento della

Costa Azzurra. Aveva denunciato “collusioni politico-mafiose” su cui

affermava di avere un dossier. Le indagini sull’omicidio di polizia e magistrati

contabili hanno ben ricostruito una fitta rete di corruzione organizzata

all’interno del sud-est della Francia. In conseguenza essi hanno indagato sui

legami tra il senatore della zona Maurice Arreckx e il “ padrino” Jean Louis

Fargette, esule in Italia, e hanno avuto conferma di un incontro a Sanremo in

cui “Fargette ha discusso con notabili del Var la ripartizione delle commissioni

occulte sviluppate dagli appalti pubblici”49

. La vicenda ha visto poi uno

47

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pp. 88-89. 48

Des abus de sociaux ont ètè commis au profit de Gerard Longuet, in Le Monde, 21 settembre 1996. 49

P. SAUVAGNARGUES, Mise en examen de trois notables pour corruption dans le cadre de

l’enquête sur l’assasinat du deputè Yann Piat, in Agence France Presse, 20 maggio 1994. E. U.

SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 88, 89.

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sviluppo ulteriore con il suicidio (oggi messo in dubbio) dei fratelli Saincene,

il 14 maggio del 1994. I due uomini sarebbero stati in possesso di una copia

del dossier della Piat: “Un repertorio delle commissioni intascate dal suo

partito (il partito repubblicano, n.d.a.) sulla vendita a basso prezzo dei terreni

militari a società controllate da italiani catalogati come mafiosi dalla polizia

romana”50

. Il 16 giugno 2008 la Prima Corte di Assise di Var ha condannato il

mandante Gerard Finale e l’esecutore materiale Lucien Ferri all’ergastolo,

mentre il conducente del motociclo, Marco Di Caro, la pena di venti anni di

reclusione. L’indagine sulle collusioni tra omicidio e mondo politico francese,

rilanciata da alcune inchieste giornalistiche e da un libro, oggi ritirato dal

mercato (L’Affaire Yann Piat: Des assassins au coeur du pouvoir), si è

conclusa il 5 luglio 2008 con l’archiviazione dell’inchiesta.

Da questi sconcertanti avvenimenti si sono concentrate le analisi

politiche, sociologiche e criminologiche sui rapporti tra corruzione e

criminalità organizzata in Francia. Secondo i criminologi la corruzione in

Francia sembra esistere dove vi siano già attività mafiose51

. Questo ha portato

la comunità scientifica ad opinione conforme: in prospettiva storica, la

corruzione politica filo-mafiosa in Francia sembra essere un fenomeno che o si

manifesta dove vi sia già un sostrato culturale mafioso o si mostra ai margini

della società in momenti di grandi cambiamenti economici, politici e culturali.

Quindi si può dedurre che la Francia non si presenta come un paese ad alto

tasso di corruzione52

.

50

L’assassinat de Yann Piat serait lie a une affaire de commission occultes, in Le Monde, 12

settembre 1996, E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 88, 89. 51

Ci si riferisce in particolare alla milieu marsigliese, protagonista della c.d. French connection (J.

PIERRAT, Une histoire du milieu, Grand banditisme et haute pègre en France, Denoël, 2003). 52

Y. MÈNY, Francia: la fine dell’etica repubblicana?, in D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, (a cura di),

Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995, pag. 9.

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Dopo la comparazione storico-sociologica, che ha messo in rilievo la

tipicità del substrato sociale francese del pantouflage, è necessario per il

giurista affrontare la comparazione codicistica. Nel Code Pènal sono costituite

le ipotesi di corruzione passiva e attiva, rispettivamente agli artt. 432-11 e

433-1.

Ex art. 432-11, “De la corruption passive et du trafic d’influence

commis par des personnes exerçant une fonction publique”, è punito un

soggetto titolare di autorità pubblica, incaricato di pubblico servizio, o

investito di un mandato elettivo pubblico che solleciti o riceva, senza diritto, in

qualsiasi momento, direttamente o indirettamente, offerte, promesse, doni o

qualunque altro vantaggio sia al fine di compiere o astenersi dal compiere un

atto della sua funzione, della sua missione o del suo mandato, sia al fine di

abusare della sua influenza reale o supposta in vista di far ottenere da

un’autorità o da una amministrazione pubblica distinzione, impieghi,

commesse o qualsiasi altra decisione favorevole.

Ex art. 433-1, “De la corruption active et du trafic d’influence commis

par les particuliers”, costituisce ipotesi di corruzione attiva il fatto del privato

di offrire, senza diritto, in ogni momento direttamente o indirettamente le

stesse utilità previste dall’art. 432-11 alle medesime persone (funzionari

pubblici in genere) al fine di ottenere da costoro, in controprestazione,

l’astensione o il compimento di un atto del proprio ufficio oppure l’uso

indebito delle loro influenze per far ottenere un beneficio al privato.

Il pactum sceleris è caratterizzato quindi dal favore amministrativo da

un lato e dall’utilità dall’altro. I delitti di corruzione sono divisi prettamente

per la qualifica soggettiva della parte contrattuale.

In particolare, il funzionario ha uno spettro di azione criminale

circoscritto in due possibilità: la ricezione dell’utilità, che può corrispondere

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quindi alle condotte degli artt. 318 e 319 del codice penale italiano, e la

sollecitazione, che in Italia trova una regolamentazione simile nell’art. 317,

articolo che regola la concussione. Per la completezza di una riflessione

comparata, sia a livello cultural-sociologico sia a livello giuridico, bisogna

precisare che la concussion esiste nel sistema penale francese, ma, ex art. 432-

10 code pénal, si configura solo ove vi sia una netta posizione di superiorità e

dominio del pubblico ufficiale53

. In caso di “parità delle parti”, invece,

rientrerà nella fattispecie ex art. 423-11 code pénal.

Ulteriore novità, cui si è recentemente uniformata la normativa italiana,

è la figura della corruzione passiva per traffico d’influenze nel mondo

dell’amministrazione pubblica onde far ottenere al privato, da colui che

concorre nella corruzione, un beneficio o meglio un’utilità allorchè non ne

abbia diritto o “accelerandone indebitamente le modalità di appercezione”54

.

Il delitto di traffico di influenze55

esige che il funzionario, beneficiario

dei doni, agisca, in funzione di intermediario, utilizzando le proprie influenze

reali o supposte, al fine di far ottenere al privato un vantaggio o una decisione

favorevole dalla autorità pubblica56

, delitto che può anche essere commesso

dal privato, abusando delle sue influenze reali o presupposte per far

beneficiare un terzo di una azione dell’autorità pubblica57

.

Nel modello francese, vediamo quindi un criterio ricostruttivo

53

N. BARTONE, Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano 2003,

pag. 246. 54

N. BARTONE, op. cit., pag. 247 55

P. SEMERARO, I delitti di millantato credito e traffico d’influenza, Giuffrè, Milano 2000. 56

Chambre criminelle de la Cour de Cassation 1 ottobre 1984, in Bull crim. “Le dèlit de trafic

d’influence exige que le fonctionnaire, bènèficiaire des dons, soit considèrè ou se prèsente comme

un intermèdiaire dont l’influence rèelle ou soupposèe serait de nature à faire obtenir un avantage

ou dècision favorable d’une autoritè ou d’une administration”. 57

Trafic d'influence “normale”. Nel caso in cui sia pubblico ufficiale, invece, il trafic d'influence è

“qualificato”.

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improntato all’unilateralità delle condotte. In particolare, la corruzione passiva

mediante sollecitazione come un delitto di mera condotta, verrà punito

indipendentemente dal fatto che la persona sollecitata accetti la proposta,

quindi il tentativo si confonde col delitto consumato58

; nella corruzione attiva,

specularmente, la condotta della proposta del privato integra il reato59

.

Nell’Europa continentale, quello francese si dimostra il sistema punitivo più

vicino al sistema penale dei paesi anglosassoni È inoltre evidente una forte

scissione tra la condotta e la punibilità del pubblico ufficiale e del privato

semplificando alla nascita la struttura del mercimonio.

Dal 1988 è iniziata una stagione di riforme per la lotta alla corruzione

in Francia., in cui si è agito fortemente sia sul lato pubblico che privato. In

quell’anno venne approvata la legge sulla transparence financière de la vie

politique che ha stabilito che il Presidente della Repubblica, i membri del

governo, i parlamentari, i presidenti delle assemblee regionali e dipartimentali

e i sindaci delle città con più di tremila abitanti devono fornire informazioni

sul loro patrimonio iniziale e su quello finale: le dichiarazioni dei deputati e

dei senatori vanno presentate ai rispettivi uffici di presidenza, quelle degli altri

soggetti interessati alla Commission pour la transparence financière de la vie

politique, composta dal vicepresidente del Consiglio di Stato e dai primi

presidenti della Corte di Cassazione e della Corte dei conti. La dichiarazione

del Presidente della Repubblica è pubblicata sul Journal Officiel. Vengono

introdotte norme molto stringenti per quanto riguarda il finanziamento dei

partiti politici e delle campagne elettorali, con limiti di spesa per candidati e

finanziatori e viene introdotto l’obbligo di pubblicazione dei bilanci sul

58

M. DELMAS MARTY, Droit pènal des affairs, P.S., Parigi 1996, pag. 88. 59

A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pag., 95.

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33

Journal Officiel60

.

La Francia ha compreso da tempo l’importanza delle commissioni di

studio per affrontare la corruzione: nell’aprile del 1992, con l’obiettivo di

studiare misure di moralizzazione della vita pubblica, venne nominata la

Commissione Bouchery (Commission de prevéntion de la corruption)61

. Il

rapporto, oltre all’approccio generale di carattere preventivo-repressivo,

suggeriva rimedi di carattere specifico nei cosiddetti “settori caldi”

particolarmente esposti, quali i servizi pubblici, l’urbanistica e la concessione

dei finanziamenti. Il rapporto proponeva anche l’elaborazione di codici

deontologici a livello delle singole amministrazioni62

. Molte di queste

raccomandazioni furono recepite dalla legge Sapin del 199363

che istituì,

inoltre, il Service centrale de prévention de la corruption (SCPC)

presso il

Ministero della Giustizia. Quest’organo è diretto da un magistrato dell’ordine

giudiziale. La composizione dell’ufficio è formata da magistrati degli ordini

giudiziali, finanzieri o amministrativi, e da impiegati statali provenienti dai

diversi ministeri (Economia, Interno, Giustizia, Pubblica istruzione) e tutti i

membri sono vincolati al segreto professionale. I compiti del Service sono di

collaborazione con le autorità giudiziarie che indagano su fatti di corruzione,

di consulenza e formazione per le amministrazioni pubbliche. Ha il dovere di

denunciare al Procuratore della Repubblica, ma il suo ruolo si esaurisce con

l’apertura dell’inchiesta giudiziaria. Attraverso le informazioni raccolte, il

60

COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, Rapporto al

Presidente del-la Camera dei deputati , Roma, 1996. 61

Il rapporto della Commissione è contenuto nel volume Prevention de la corruption et trasparence

de la vie economique, Paris, Documenation Française, 1993. 62

B.G.MATTARELLA, Le regole dell’onesta: etica, politica, amministrazione; il Mulino, Bologna,

2007. 63

Loi n.93-122 du 29 janvier 1993, relative à la prevention de la corruption et à la transparence de

lavie économique et des procédures publigues

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SCPC elabora un resoconto di attività annuale rimesso al Primo ministro ed al

Ministro della Giustizia, e poi reso pubblico. Il fascicolo può contenere anche

delle proposte al Governo tra cui progetti di riforme in materia di politica di

prevenzione della corruzione. Tra gli altri interventi di rilievo della legge

Sapin si possono menzionare la nuova disciplina del finanziamento delle

campagne elettorali e dei partiti politici e le varie innovazioni in materia di

attività economiche (determinazione di prezzi e tariffe, pubblicità,

insediamenti commerciali, delegazione di servizio pubblico, contratti pubblici,

patrimonio immobiliare degli enti pubblici). Sono state anche introdotte nuove

norme in materia di funzioni e procedimenti negli enti locali e di controllo sui

loro atti64

.

Con la Loi Sapin 2 sur la trasparence, la lutte contre la corruption et la

modernisation de la vie économique , sono in via di adozione molte novità -

nel quadro di nuove misure anti corruzione – e specifiche tutele avverso

misure di ritorsione nei confronti di colui che segnala gli illeciti nel posto di

lavoro (il c.d. lanceur d’alerte cioè colui che “ révèle ou témoigne, dans

l’intérêt général et de bonne foi, d’un crime ou d’un délit, de manquements

graves à la loi ou au règlement, ou de faits présentant des risques ou des

préjudices graves pour l’environnement, la santé ou la sécurité publiques.”65

).

Se queste persone saranno nel mirino dei loro superiori, i giudici del

lavoro dovranno bloccare eventuali procedure di licenziamento, finché non si

arriverà a un giudizio definitivo. Ai lanceur d’alerte, una volta denunciato il

malaffare, dovrà essere garantito l’anonimato. Inoltre, La “gola profonda”

64

COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, Rapporto al

Presidente della Camera dei deputati , Roma, 1996 65

“Colui che rivela, nell’interesse generale e in buona fede, un crimine, un reato, una violazione grave

della legge o fatti che presentino rischi gravi per l’ambiente, la salute e la sicurezza pubblica”

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potrà fare le sue denunce al “Défenseur des droits”, una sorta di ombudsman

nazionale, che avrà un budget a disposizione, per pagare le spese relative agli

avvocati che i “lanceur d’alerte” dovranno sostenere. In questo modo si

assicurerà a queste persone una vita dignitosa, in caso di licenziamento. Finora

chi denunciava il malaffare dall’interno di un ente finiva abbandonato a se

stesso66

Inoltre, la legge francese imporrà alle aziende con più di 50 dipendenti,

alle amministrazioni pubbliche e ai comuni con oltre 3.500 abitanti di mettere

in piedi una procedura consolidata, attraverso la quale poter puntare il dito

contro i corrotti. Se il meccanismo non funzionerà, il “whistleblower” sarà

autorizzato a fare la denuncia ai media.67

2. La Spagna e la dubbia bilateralità

L’ordinamento giuridico penale spagnolo, con particolare attenzione al

fenomeno corruttivo e alla regolamentazione del reato, rappresenta una delle

eredità più complesse degli sconvolgimenti politici del ‘900 in Europa, per via

soprattutto del regime di dittatura durato fino agli anni ‘70. In netto ritardo ha

potuto cominciare ad acquisire una dialettica civile e politica, in quanto fuori

dai ritmi dell’evoluzione europea, bloccato per (altri) 20 anni in una gestione e

regolamentazione della società violenta e anacronistica. Con la morte di

Francisco Franco la società spagnola ha subito l’impatto di due eventi

fondamentali: la concezione “ideologica” del reato di corruzione, legata

66

Come avvenne per Stéphanie Gibaud, una funzionaria di Ubs che ha svelato evasioni fiscali per 12

miliardi di euro. 67

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06/13/corruzione-la-francia-discute-la-legge-sulla-protezione-

dei-whistleblower-destra-contraria-ma-maggioranza-ce/2821825/

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soprattutto alle accuse al potere dei movimenti, associazioni, personaggi

politici e giornali filofranchisti, con conseguente scarsa credibilità

dell’opinione pubblica e la ripresa economica, affiancata al processo di

liberalizzazione nazionale e transnazionale che ha immesso nei circuiti

pubblici e privati una grande quantità di denaro in una società debole e in

“ricostruzione”68

.

Per analizzare il background socio-criminologico, bisogna affrontare il

concetto di “familismo amorale”, un concetto sociologico necessario per

comprendere il quadro in cui si è esteso lo scenario corruttivo di molta parte

delle culture dell’Europa meridionale e dell’area mediterranea, Italia e Spagna

in particolare.

Introdotto da Edward C. Banfield, in studi effettuati peraltro in un paese

italiano, la dizione “familismo amorale” intende un paradigma atto a

descrivere la tendenza che sarebbe tipica di alcune culture, ad obbedire alla

seguente regola di condotta: massimizzare unicamente i vantaggi materiali e

immediati della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si

comportino allo stesso modo69

.

Oltre al familismo, bisogna tener conto, tra le basi sociologiche della

corruzione, anche della lunga permanenza al potere del Partido Socialista

Obrero Español (PSOE), che governò ininterrottamente il paese dal 1982 fino

al 1996, ignorando che quarant’anni di dittatura avevano impedito

l’assunzione di responsabilità individuali, l’emergere di iniziative

organizzative e, soprattutto, l’azione collettiva.

Non esistevano né la tradizione né l’esperienza dei meccanismi

68

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 92. 69

Cfr. EDWARD C. BANFIELD , The Moral Basis of a Backward Society ,1958 (in Italia: Le basi

morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna 1976).

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associativi (se non “illegali e paramilitari”), essenziali per il funzionamento di

un sistema democratico. I partiti al potere hanno naturalmente approfittato

delle lacune culturali di educazione civica necessarie per la democrazia. E,

infatti, i casi di malaffare legato a quel periodo sono numerosi70

. Come per il

paradigma del familismo amorale, una situazione analoga, di dimensioni

addirittura maggiori, è accaduta in Italia con la Democrazia Cristiana (DC) e il

partito socialista.

Viceversa i socialdemocratici svedesi (Sveriges Socialdemokratiska

Arbetareparti – SAP), nonostante più di sessant’anni di governo nazionale,

sembrano essere rimasti relativamente immuni di questo tipo di scandali

durante il loro mandati.

Secondo un grande studio empirico-criminologico sulla Spagna71

, il

familismo amorale e l’immaturità delle istituzioni legate alla permanenza di un

unico partito, completano il quadro dello scenario corruttivo spagnolo insieme

ad altre due peculiarità: il finanziamento dei partiti non adeguatamente

regolato, che finiva per trasformarli in “catalizzatori della corruzione”72

,

caratterizzati da un bassissimo radicamento nella società (irrilevante per il

finanziamento), traducibile in una militanza quasi nulla, un alto grado di

personalismo e una tendenza alla imprecisione ideologica; infine, il

mantenimento, nonostante i cambiamenti (per di più, visto il partito, che

dovevano essere di stampo “socialista”) di strutture sociali particolaristiche e

70

Giusto per citare i più celebri, la vicenda delle presunte influenze di cui fu accusato Juan Guerra,

fratello del vicepresidente del Governo Alfonso Guerra; il caso Ibercorp in cui era implicato il

governatore della Banca di Spagna Mariano Rubio; il caso del Direttore General e della Guardia

Civile Luis Roldán e di altre irregolarità nella gestione delle infrastrutture e dei ricorsi pubblici. 71

Cfr. P. HEYWOOD, Dalla dittatura alla democrazia: le mutevoli forme di corruzione in Spagna, in

D. DELLA PORTA, Y. MÈNY, op. cit. 72

P. HEYWOOD, op. cit., pag. 94

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personalizzate tipiche dell’ancient règime73

, espressione della evidente

debolezza dello sviluppo post-dittatoriale che si è cercato di nascondere

inutilmente sotto l’inconsistente e menzognero velo della “modernità”. Non

mancano autori che invece hanno concentrato l’osservazione sul punto di vista

dell’organizzazione economica e tributaria. È stata evidenziata la debolezza

sia del sistema fiscale spagnolo come causa dell’alto tasso di evasione74

, con

conseguente economia sommersa, sia la debolezza del controllo finanziario

interno ai ministeri come causa dell’alto tasso di appropriazioni indebite75

.

Passiamo adesso all’indagine e alla comparazione codicistica. In

riferimento al codigo espanol, rispetto alla fattispecie di cohecho, previsto

dall’art. 420 c.p., si è sempre lamentato un deficit di offensività dovuto

all’incapacità delle condotte considerate di ledere il principio di imparzialità76

.

Il concetto di corruzione gradualmente è stato incorporato in varie “zone” del

codice penale. Vi è stata una importante modifica alla riforma nell’anno

201577

, per garantire il corretto svolgimento della funzione pubblica,

finalizzata a reprimere azioni che perseguono profitto ledendo il principio di

imparzialità e obiettività.

L’essenza di questo crimine nel codigo è data dalla violazione dei

73

Secondo M. HEIBERG, The making of the Basque nation, in Cambridge studies in social

anthropology, Cambridge University Press, 1989, lo stato centrale, povero finanziariamente e

inefficiente sotto il profilo amministrativo, fu costretto a contare su mediatori regionali, i quali

svolgevano funzioni di collegamento tra il centro e la periferia sulla base di reti clientelari. 74

P. DAVISON, The sleaze factor: where “rougery” is the name of the game, in The Independent, 28

ottobre 1994. 75

S.COLL, Spanish socialists struggling for support, in The Washington Post, 11 giugno 1994. 76

Cfr. F. MORALES PRATS, M. J. RODRIGEZ PUERTA, Comento a Lib. II, Tit. XIX, Cap.V, cit., p.

1706. 77

La legge organica 1/2015 del 30 marzo, che modifica la legge Organica 10/1995 del 23 novembre,

cattura l'attenzione soprattutto per una nuova sezione nel titolo "Delitti contro la corruzione nel

settore privato", caratterizzata dalla specificazione dei pagamenti di tangenti per ottenere un

vantaggio competitivo. Nella sfera pubblica le pene sono aumentate e aumentano anche termini di

prescrizione. Ugualmente prescrizione sale a 15 anni e ha introdotto il reato di finanziamento

illegale ai partiti politici.

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doveri ufficiali delle autorità e dei funzionari, anche in base ad un rinvio a

norme extrapenali che disciplinano tali funzioni, come l’importante Estatuto

básico del Empleado Público per tutto il personale di applicazione della

Pubblica Amministrazione.

Anche la dottrina spagnola, come quella italiana, si è interrogata

sull’autonomia dei reati di cohecho activo e cohecho pasivo, dove la qualifica

di attivo o passivo è attribuita in dipendenza della condizione soggettiva

dell’autore del delitto78

. A differenza della dottrina italiana, sebbene

tradizionalmente la dottrina spagnola abbia accolto la tesi del carattere

bilaterale del delitto di cohecho79

oggi può dirsi che questa concezione sia

stata praticamente abbandonata tanto dalla dottrina quanto dalla

giurisprudenza, che ritengono trattarsi di due delitti tra loro autonomi ed

indipendenti, ciascuno dei quali viene commesso conformemente alla sua

dinamica tipica. A tal riguardo, l’argomento fondamentale viene tratto dal

diritto positivo, che incrimina come delitto consumato anche la solicitud di

dádiva da parte del funzionario, che non sia accettata dal particular (si parla di

“auto-ofrecimiento” o “auto-corrupción”), e il tentativo di corruzione da parte

del particular, che ofrece la dádiva80

. Una volta ammesso che si è in presenza

di una condotta tipica inequivocabilmente monosoggettiva, non sembra

rilevante il fatto che tale condotta può condurre, tra l’altro solo in via

eventuale e senza che anche da tale circostanza dipenda la punibilità del

78

Cfr. M. GOMEZ TOMILLO (a cura di), Comentaros al còdigo penal, II ed., Valladolid, 2011 cit., p.

1577; F. MUÑOZ CONDE, Derecho Penal. Parte especial, XVIII ed., Valencia, 2010, cit., p. 1019;

F. MORALES PRATS, M. J. RODRIGEZ PUERTA, Commento a Lib. II, Tit. XIX, Cap.V -

Nuevo Codigo Penal, in Comentarios a la Parte Especial del Derecho Penal, a cura di Quintero

Olivares, II ed., Navarra, 2009, cit., p. 1671; I. VALEIJE ALVAREZ, El tratamiento penal de la

corrupciòn del funcionario: el delito de cohecho, Madrid, 1996, , cit., p. 38. 79

Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, El tratamiento penal de la corrupciòn del funcionario: el delito de

cohecho, Madrid, 1996, cit., p. 39. 80

Cfr. F. MUÑOZ CONDE, Derecho Penal, cit., p. 1019.

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soggetto attivo (di cui già si sono verificati tutti i presupposti), al

raggiungimento effettivo dell’accordo criminoso (la struttura plurisoggettiva

cui si fa riferimento)81

.

Per quanto riguarda la distinzione tra concussione, corruzione e oggi

anche induzione indebita “non è detto che un sistema che non preveda

un’apposita incriminazione della concussione, e nel quale, per assunto, non

emergano problemi analoghi a quelli che da noi si incontrano nella distinzione

fra corruzione e concussione, sia necessariamente migliore di uno in cui

invece tali problemi sorgono”82

. Ma la mancanza in Spagna di tale

perfezionamento concettuale è dovuto proprio dalla mancanza di un delitto di

concusión dotato di un ruolo centrale nel sistema dei delitti dei funzionari

pubblici83

.

In particolare, come conseguenza di tale confusione concettuale, quelle

condotte che nel diritto italiano sono punite a titolo di concusión, raramente

sono sanzionate ricorrendo alla norma sulle exacciónes illegales, facendosi

rientrare, quando possibile, quasi sempre nelle fattispecie del cohecho o della

estafa84

.

Da una analisi comparata emergono anche concordanze con

l’ordinamento italiano non solo di repressione a posteriori, ma anche di

dissuasione rispetto a certe pratiche, talmente diffuse in certi settori della

pubblica amministrazione da apparire ineliminabili. Ad esempio, dall’art. 422

c.p., che disciplina il cohecho en consideración del cargo o función emerge

81

Cfr. GIULIA DE MAGISTRIS, I delitti di corruzione in un confronto fra l'ordinamento italiano e

spagnolo, in Diritto penale Contemporaneo, 2014 82

Cfr. A. SPENA, Per una critica dell'art. 319-quater c.p., cit., p. 9. 83

Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, Aspectos problematicos del delito de concusión (diferencias con el

cohecho), in Revista General de Derecho, 1994, p. 6524. 84

Cfr. I. VALEIJE ALVAREZ, Aspectos problematicos, cit., p. 6535.

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una lotta alle prassi consistenti, come in Italia, nell’offerta ai pubblici

funzionari di utilità di varia natura non già per il compimento, da parte di

questi ultimi, di un atto determinato del loro ufficio, ma, più genericamente,

per l’esercizio delle loro funzioni o in considerazione delle funzioni stesse.

In Italia nel Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche

amministrazioni (D.P.R. 16 aprile 2013 n. 62), si stabilisce che “il dipendente

non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di

modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni

di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali”.

In Spagna, sulla base dell’art. 54.6 della Ley 7/2007, recante l’Estatuto

Básico del Empleado Publico,: “Se rechazará cualquier regalo, favor o

servicio en condiciones ventajosas que vaya más allá de los usos habituales,

sociales y de cortesía, sin perjuicio de lo establecido en el Código Penal”. Di

conseguenza, ricade nell’art 318 c.p. italiano e dell’art. 422 c.p. spagnolo,

quindi nell’ambito del penalmente rilevante, ogni ipotesi in cui un pubblico

funzionario, in connessione con l’esercizio delle proprie funzioni in un caso, o

anche meramente in considerazione delle stesse nell’altro, riceva una qualsiasi

dazione che ecceda gli usi abituali e sociali e che vada oltre i limiti delle

normali relazioni di cortesia.

3. La Germania e l’anticipazione del controllo penale

Nella Repubblica federale della Germania il termine corruzione è

riferito soprattutto alle gerarchie amministrative dello Stato. Le condanne

avvengono statisticamente quando, a seguito dell’accordo del pubblico

ufficiale col privato, gli utili risultano sproporzionati ad un costo limitato.

Riportiamo la puntuale descrizione del procuratore anticorruzione di

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Francoforte, Wolfgang Schaupensteiner: “Casi di corruzione esistono ovunque

in Germania, anche se con intensità diversa. Le città capitali della corruzione

sono: Francoforte, Monaco, Düsseldorf, Darmstadt, Hanau, Berlino, Hannover

e Dresda. La corruzione si annida ovunque vi siano rapporti di servizio tra

istituzioni pubbliche e privati richiedenti. In cambio di contanti vengono

rilasciate licenze di commercio (Düsseldorf), visti a cittadini cinesi (Berlino),

possono essere acquistati patente di guida (Magonza e Francoforte), permessi

di soggiorni (Amburgo), contratti per la rimozione forzata ed informazione da

insiders. La corruzione si pratica in presenza di qualsiasi assegnazione di

commissioni e soprattutto nei rapporti di fornitura: ad esempio fornitura degli

strumenti di sicurezza alla polizia (Düsseldorf, Hannover), o forniture alle

mense. Si paga inoltre per ottenere licenze edilizie, contratti per le

segnaletiche, per lo smaltimento dei rifiuti e per l’alloggio degli esuli.

Soprattutto nel settore dell’edilizia pubblica esiste uno standard di corruzione

ad alto livello organizzativo. Gli appalti vengono concessi in base ad una

percentuale fissa (il 3-5% ed in casi eccezionali fino al 20% della somma

totale). Ci sono modelli di manipolazione collaudati nella fase di

progettazione, di assegnazione e di esecuzione della costruzione. Gli accordi

sui prezzi sono all’ordine del giorno. I prezzi che risultano da accordi collusivi

superano in media il 30% dei prezzi praticati sul libero mercato (punte

massime raggiungono il 260%). I danni annualmente causati da accordi illeciti

sui prezzi raggiungono i 10 miliardi di marchi all’anno (circa 5 milioni di

euro, n.d.a.). Gli imprenditori offrono vantaggi di ogni genere in cambio di

favori e attribuzioni di concessioni, ad esempio viaggi, case, navi, automobili,

mobili, animali da allevamento, piccoli aerei, biglietti d’ingresso e strumenti

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elettronici. Le attenzioni più velate consistono in contratti di consulenze, in

perizie e attività secondarie”85

.

Si può dedurre che il problema della corruzione in Germania è

costituito più dalla “top level corruption” che dalla “low level corruption”:

corruzione politica piuttosto che corruzione burocratica, dove è più “naturale”

che l’accordo corruttivo possa in certi casi incontrare il favore sociale e

politico senza particolari indebolimenti strutturali.

Nello Strafgesetzbuch86

si delineano due criteri prevalenti alla base

della qualificazione del reato di corruzione: la contrarietà o meno dell’atto

pubblico al dovere d’ufficio del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico

servizio e la posizione dei “contraenti” al momento della conclusione del

contratto illecito87

. Il codice (§§ 331 e 332) prende in considerazione,

rispettivamente, la “corruzione passiva per atti di ufficio” e la “corruzione

passiva per atti contrari ai doveri d’ufficio”88

. In entrambi i casi è punito il

pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che chiede, si fa

promettere o accetta come ricompensa per un atto del suo ufficio (§ 331) o

contrario ai doveri del suo ufficio (§ 332), che ha già compiuto o che deve

ancora compiere, un’utilità indebita. In materia di “corruzione attiva per atti di

ufficio” o “corruzione attiva per atti contrari ai doveri di ufficio” la

regolamentazione è compresa nei §§ 333 e 334: è punito chiunque offre,

promette o concede ad un pubblico ufficiale, ad un incaricato di un pubblico

85

W . J. SHAUPENSTEINER, Korrumption in Deutschland, in Korruption in Deutschland.

Ursachen, Ersch einungsformen, Bekämpfungsstrategien, Friedrich Elbert Stiftung, Berlino, 1995. 86

Codice penale tedesco. 87

N. BARTONE, Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Giuffrè, Milano 2003,

pag. 248. 88

Ampiamente sul punto B. HUBER, Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione

con quello di altri paesi, in Riv. trim. dir. per. ec., 1999; H. WELZEL, Das Deutsche Strafrecht, X

ed. Berlino 1967.

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servizio o ad un soldato delle Forze Armate un’utilità indebita come

ricompensa perché questi compia un atto del suo ufficio rimesso alla sua

discrezionalità (§ 333) oppure per aver compiuto o per compiere in futuro un

atto contrario ai suoi doveri di ufficio (§ 334).

In tutte le tipologie di delitto esaminate, che dalla dottrina dominante

tedesca vengono ricomprese nella tripartizione dottrinale “corruzione propria o

impropria, corruzione passiva o attiva, corruzione antecedente o susseguente”,

vengono sanzionati sia il corrotto che il corruttore, tranne che nella corruzione

attiva impropria susseguente come nel codice penale italiano: non è punito il

privato che non elargisce nulla al funzionario pubblico che ha adempiuto

conformemente al proprio dovere, dopo che si è esaurita la sua attività.

In Germania la condotta punibile del privato si realizza sia con l’offerta

che con la promessa anche se non accettata e si punisce la dazione quando è

sollecitata dal funzionario pubblico.

L’analisi prosegue con un termine fondamentale nella qualificazione

della responsabilità, il termine “gewährt”, participio passato di “concedere”,

che presuppone una pregressa “sollecitazione” del funzionario pubblico alla

quale accede il privato che si orienta, in posizione di parità contrattuale con

l’altra parte, ad elargire e cioè, per l’appunto, concedere quanto richiesto in

cambio del provvedimento favorevole89

. Il momento in cui il funzionario

pubblico chieda al privato l’utilità indebita quale ricompensa dell’attività da

svolgere, sebbene quest’ultimo non acceda alle richieste corruttive, configura

il momento consumativo del delitto di corruzione propria ed impropria.

Il § 332 individua quale momento consumativo della corruzione

89

N. BARTONE, op. cit., pag. 249.

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propria, passiva e antecedente (cioè finalizzata al compimento di un atto futuro

contrario ai doveri di ufficio) la mera dichiarazione dell’autore di essere

disposto, nei confronti della persona interessata, a violare i suoi doveri di

ufficio compiendo l’atto, sebbene non vi sia una richiesta in forma esplicita;

infine il delitto di corruzione attiva, propria ed impropria, si perfeziona già con

la semplice offerta di denaro al funzionario pubblico, anche se costui non ne

accetti l’utilità. Per tale ipotesi il legislatore italiano ha invece previsto una

norma ad hoc: l’art. 322 c.p.., rubricato “istigazione alla corruzione”. Come è

stato giustamente rilevato, la Germania ha seguito le tendenze anglosassoni

annichilendo il tentativo e qualificando il reato come reato di mera condotta90

.

Inoltre, le nuove formule incriminatrici si accontentano

dell’accettazione del pubblico ufficiale e della concessione del privato di una

ricompensa “für die Dienstausübung” (“per lo svolgimento della funzione”)91

senza la necessaria determinabilità dell’oggetto della corruzione.

4. Il Regno Unito e controllo dei reati funzionali. In particolare: la

corruzione del parlamentare esclusivamente come vendita di potere

decisionale

Patria del processo accusatorio, il sistema anglosassone è sempre stato

considerato maggiormente garantista in ragione dell’autonomia ed

indipendenza riconosciuta dal mercato, conservando tra i loro valori una

maggiore indipendenza dal potere giudiziario e tutelando più intensamente il

90

A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pagg. 100 e ss. 91

Cfr. G. FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di concussione e corruzione, in Riv.

it. dir. e proc. pen. 2000, pag. 883.

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46

principio della c.d. buona fede contrattuale92

.

Peculiarità dell’ordinamento inglese è la mancanza di una costituzione

scritta. La conseguenza è diretta: norme di natura e rango costituzionale

devono inevitabilmente ricavarsi attraverso il processo interpretativo di un

tessuto normativo stratificatosi nel tempo e nel quale è fondamentale la

continuità storica. Tali elementi assumono un ruolo di primo piano nella vasta

materia dell’organizzazione e dell’attività amministrativa. Concetti quali

accountability, programmi basati sulla logica Best Value e, in generale, le

dottrine che hanno dato corpo al c.d. New Public Management ritrovano la

propria matrice d’origine proprio negli ambienti amministrativi e accademici

britannici.

La Gran Bretagna era tra i paesi più corrotti nel diciottesimo secolo. Vi

è stata con la modernizzazione comunque una evidente riduzione.

Francis Bacon nel 1621, mentre ricopriva la carica di Lord cancelliere

del regno, fu accusato di corruzione di fronte alla Camera dei Lord. Reo

confesso, non mancò comunque di ricordare ai giudici che i “ vizi dell’epoca”

andavano distinti dai “ vizi dell’uomo”: secondo Bacon la prassi delle

bustarelle era accettata di fatto nell’organizzazione della società britannica,

anche se non era evidentemente recepita in astratto nel corpus giudicio allora

vigente. E ricordava: “Uno dei sette savi era solito dire che le leggi sono come

le ragnatele, le quali se acchiappano le mosche sono sfondate dai mosconi”.

Samuel Pepys (1663 – 1703), esponente di alto rango della Marina

Militare, fu bersaglio di un’indagine parlamentare che mirava a mettere sotto

controllo la sua attività di appaltatore e i suoi rapporti con fornitori di svariate

92

Cfr. E. GLAESER e A. SHLEIFER citati in La corruzione in Italia, N. FIORINO e E. GALLI. Il

Mulino 2013, pag. 62.

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materie prime. Ciò che lo rende un interessante caso di studio è

l’impressionante meticolosità con cui registrò quotidianamente sul suo diario i

numerosi doni che oliavano la macchina amministrativa che egli stesso

gestiva. Il suo processo si concluse con un’assoluzione.

Warren Hastings(1732 – 1818), tra i creatori dell’India inglese, Fu

accusato di malversazione e corruzione ed oggetto di un’accesa campagna di

stampa da parte di Edmund Burke, storico e politico dell’epoca. Hastings non

ebbe difficoltà ad ammettere la percezione di cospicue tangenti, ma spiegò

candidamente che quel denaro era stato utilizzato a vantaggio della East India

Company. Il processo, durato molti anni, si concluse con l’assoluzione da

parte della camera dei Pari.

Come è evidente, la tangente esisteva, ma non la vergogna e lo stigma

che dovrebbe accompagnarla.

Il reato di bribery nasce come tipica figura di reato di common law93

. In

particolare, il Pubblic Bodies Corrupt Practices Act del 1889 incriminava per

una sorta di “corruzione passiva” chi, in qualità di membro, ufficiale o

impiegato di corpo pubblico – con una condotta qualificata, corruptly (lett.

“corrottamente”)94

– sollecitava o riceveva o accettava di ricevere, per sé o per

altri, un qualsiasi dono, ricompensa o vantaggio, come stimolo o ricompensa

per fare od omettere di fare qualcosa in un affare o in una transazione, attuale

o futura, in cui egli sia competente; colpevole a titolo di misdemeanor, è

invece la persona che, ai predetti fini, dava, prometteva o offriva un dono, una

ricompensa o un vantaggio ad un membro, ufficiale o impiegato di un corpo

93

F. MCAULEY, II Reato di Corruzione nelle Tradizioni della Legge Commune, in AA. VV., La

Corruzione: Profili Storici, Attuali, Europei e Sovranazionali, Cedam, Padova 2003. 94

Il dettato legislativo richiede una condotta corruptly (lett. “corrottamente”). Sulla definizione

dell’avverbio si rimanda a A.SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pagg. 82 e ss.

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pubblico95

.

Successivamente, nel Prevention of Corruption Act del 1906 veniva

punita la condotta di quell’agente, inteso come ogni persona impiegata o che

agisce per qualcun altro, che accettava o otteneva, o si accordava per accettare

o tentava di ottenere, da una qualsiasi persona un qualche dono o

remunerazione come stimolo o ricompensa per fare o omettere di fare, o per

aver fatto od omesso di fare un atto in relazione agli affari del datore di lavoro,

o per favorire o sfavorire una persona in relazione ad un affare del suo datore

di lavoro; dall’altro lato si puniva altresì, come colpevole di un reato

autonomo, chiunque ai predetti fini dava o accettava di dare od offrire una

remunerazione all’agente.

Tra le norme-cardine del sistema anticorruttivo britannico, merita una

menzione particolare il Corrupt Practices Act del 1882, che fissava i primi

limiti alle spese elettorali di candidati e partiti. Tra il 1868 e il 1880 gli esborsi

economici che doveva affrontare ogni rappresentate eletto alla Camera bassa si

aggiravano, in media, intorno a 5.700 sterline per le contee e a 2.565 sterline

per i borough96

. Purtroppo la consuetudine aveva reso obbligatorie altre

numerose pratiche che permettevano di gonfiare e quindi permettere ancora

un’ampia infiltrazione corruttiva per procacciarsi fondi per i rimborsi. I limiti

di spesa in termini reali sono addirittura diventati più restrittivi: nel 1994, il

limite massimo di spesa nelle elezioni politiche era soltanto di circa

cinquemila sterline per candidato (circa seimila euro) in ogni circoscrizione

elettorale parlamentare (in Gran Bretagna ce ne sono 651). Bisogna dare atto

che questa legge controllando i modi in cui può essere speso il denaro ha

95

Ibidem, pagg. 78, 79. 96

H. J. HANHAM, Elections and party management: politics in the time of Disraeli and Gladston,

Londra, 1959, pag. 25.

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conseguentemente ridotto gli incentivi alla corruzione più radicata nel terreno

del common law: la corruzione elettorale.

Sotto questo profilo il Corrupt Practices Act ha rappresentato un

indubbio successo: ha cristallizzato sociologicamente una nuova prassi

direttamente nella coscienza sociale e civica: a) le spese individuali e del

partito per le elezioni devono mantenersi su una scala relativamente ridotta; b)

lo Stato ha il dovere di limitare rigorosamente la spesa elettorale affinché si

abbia una competizione corretta (in altre democrazie, in particolare negli Stati

Uniti, non viene riconosciuto nessuno di questi principi, anzi il secondo viene

generalmente considerato non democratico). Per apprezzare l’impatto effettivo

di queste regola basta guardare oggi alla pubblicità televisiva dei partiti: nel

Regno Unito gli spot sono illegali, così come stabilito dopo la prima guerra

mondiale, secondo lo spirito della legge del 1882, dalla autorità preposte alla

trasmissione di programmi televisivi. Vennero così imposti, con uno scarso

dibattito e in pratica senza alcun dissenso pubblico, dei doveri di imparzialità

politica per le reti televisive, e durante le elezioni – regola valida ancora oggi

– fu garantito ad ogni partito un certo numero di “ trasmissioni politiche”

gratuite per far conoscere il proprio messaggio. Con un solo deciso intervento

fu così eliminata quella che è la principale causa della spesa elettorale dei

partiti negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, Italia compresa: su questa

“educazione”, nelle elezioni politiche del 1992 i tre maggiori partiti britannici

spesero nel complesso meno di 20 milioni di sterline (meno di 25 milioni di

euro) nella campagna nazionale; nelle elezioni presidenziali del 1988 negli

Stati Uniti vennero spesi dai due partiti circa 150 milioni di dollari (125

milioni di euro) soltanto in pubblicità televisiva, e questa cifra non include le

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somme spese nelle precedenti elezioni primari all’interno dei partiti.97

Ma quello che va soprattutto rilevato, è che questa è una casistica

limitata che non concreta la forma della vendita diretta di potere decisionale,

quindi quello che gran parte del mondo ha scelto di definire corruzione.

Un aspetto molto importante, soprattutto a livello criminologico,

emerso solo recentemente, e caratterizzato da un’alta concezione di “etica

pubblica”, riguarda proprio il Parlamentare, codificando una condotta in un

regolamento che si instaura a priori dell’eventuale intervento penale: sul finire

del secolo scorso il Parlamento inglese, in seguito a preoccupanti segnali, ha

creato il Comitato Nolan98

, il quale ha investigato per alcuni anni sugli

standard di correttezza nella vita pubblica ed ha emanato una serie di

raccomandazioni. La causa scatenante di questa indagine è stata l’apparire di

una serie di scandali, i più clamorosi registrati in Inghilterra99

che hanno

coinvolto membri del Parlamento, in particolare deputati della maggioranza

che, si è scoperto, accettavano denaro da soggetti economici per presentare

interrogazioni parlamentari100

. Dal punto di vista formale questi

comportamenti costituiscono tecnicamente corruzione: abbiamo soggetti che

rivestono un ruolo pubblico, che accettano denaro per compiere un atto

contrario ai doveri connessi alla loro funzione. Nel caso di specie, la

qualificazione della condotta è data da dei parlamentari che hanno inseguito

97

A. ADONIS, Gran Bretagna: la virtù civica alla prova, in D. DELLA PORTA, Y. MÉNY (a cura

di), Corruzione e democrazia: sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995, pag. 145. Per

un’analisi relativamente recente delle spese per le elezioni nel Regno Unito, si veda THE REPORT

OF THE HANSARD SOCIETY COMMISSION, Election Campaigns. An Agenda for Change,

Hansard Society, Londra 1991. 98

Committee on Standards in Public Life, è un commissione indipendente dal governo (NDPB)

istituita nel 1994 dal primo ministro John Major e presieduto dal giudice Michal Nolan. 99

Ci si riferisce allo scandalo Cash-for-questions. Cfr. all’indirizzo

http://en.wikipedia.org/wiki/Cashfor-questions_affair. 100

A. SKED, So Mr Macmillan: how was it for you?, in “The Independent”, 4 marzo 1994.

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un interesse privato (molto tutelato nel common law) rispetto ad un interesse

collettivo. Ed in effetti questi comportamenti sono stati percepiti come corrotti

dall’opinione pubblica inglese nonché sanzionati in base ai regolamenti interni

della Camere, ma non in base a norme sulla corruzione: non c’è in questo caso

vendita di potere decisionale così come previsto dal diritto penale inglese e

quindi si configurano come fenomeni diversi da quelli registrati nel resto

dell’Unione europea101

. La dottrina ha considerato questi fatti come semplici

degenerazioni di una realtà radicata e caratteristica della società capitalista

inglese, che ammette molto più di altri Stati in cui si manifesta: il lobbying.

L’attività di lobbying troppo e troppo spesso si confonde nella

corruzione. Di sicuro, non regolare questa attività non stabilisce limiti

all’attività stessa, ma anche regolamentandola (sia pure non codificandola)

bisogna ben delinearla e comprendere che ad essere illecito è il suo lato

maggiore, non il suo lato minore, altrimenti si costituisce una barriera verso

una corruzione più vasta, solo perchè si sceglie di non valutarla come

“corruzione”. Infatti formalmente in molti paesi la corruzione soddisfa varie

esigenze, come quella, legittima, dei gruppi economici di perorare la propria

causa presso entità istituzionali, depauperando e sottraendo così alcune delle

giustificazioni morali di essa.

La dottrina giuridica britannica si è scissa successivamente in due parti:

da un lato, vi era chi sosteneva che il corrupt contract, il mero accordo

corruttivo fosse il fulcro del reato e pertanto entrambe le parti fossero

colpevoli di corruzione; dall’altro, invece, si argomentava che le previsioni

della condotta tipica non necessitano della bilateralità per far scattare la

sanzione penale. La lettura complessiva viene poi coordinata con il momento

101

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pagg. 132, 133.

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consumativo del reato, che muove dalla necessità di individuare il soggetto

attivo ed il soggetto passivo della condotta.

Per quanto riguarda la configurazione del reato, dal luglio 2011 è

entrato in vigore nel Regno Unito il Bribery Act 2010 con il quale è stata

disciplinata sia la corruzione nell’ambito della Pubblica Amministrazione sia

la corruzione privata, con abrogazione della precedente normativa.

La legge britannica ridefinisce, dunque, il concetto di corruzione

(naturalmente già preesistente) e recepisce la convenzione internazionale

OCSE sugli illeciti pagamenti a funzionari stranieri, contemplando il bribery

come la concessione di un vantaggio ad un altro soggetto affinché

quest’ultimo abbia un comportamento “inappropriato” (improper): la

principale differenza rispetto alla normativa italiana è che nel Regno Unito si

commette bribery sia quando il soggetto corrotto è pubblico sia quando esso è

privato.

Come vedremo a differenza degli U.S.A., l’offerta o la sollecitazione

non accolte non costituiscono una vera e propria corruzione, ma vengono

punite a titolo di tentativo di reato102

.

5. Gli Stati Uniti d’America: tra lezioni di criminologia e suggerimenti per

una regolamentazione internazionale

Il soggetto si rende autore del reato di bribery per il fatto di dare o

ricevere denaro od una qualsiasi cosa di valore con il proposito di influenzare

l’ufficiale di un pubblico ufficio o di una persona che svolga funzioni

102

Cfr. R. A. ANDERSON (a cura di), Wharton’s Criminal law and procedure, Vol. IV, pag. 459; R.M.

PERKINS, Criminal law, Shield edition, pag. 469.

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ufficiali103

.

È necessario sin da subito a fini comparatistici far notare che la prima

normativa organica antitrust nord- americana, lo Sherman Act, viene firmata

dal presidente Benjamin Harrison nel 1890. In Italia entrerà in vigore solo con

la legge del 10 ottobre 1990, n. 287, recante “Norme per la tutela della

concorrenza e del mercato”.

Si comprende subito la formazione di un sistema politico che nasce per

servire il mercato. Vediamo un sistema di tutela del libero mercato,

pacificamente riconosciuto dalla dottrina, prodromico al contenimento della

corruzione. In questa ottica di corruzione-mercato, la tutela è stata adottata

storicamente dagli Stati Uniti un secolo prima rispetto a quella italiana104

.

Ma non sono sempre e solo la regolamentazione e la penalizzazione di

un sistema a ridurre l’impatto corruttivo. Nell’ottica di una scienza penale

integrata, è ormai assodato che il valore della scrittura penale è tale solo se

riesce a ricomprendere in sé gli elementi fondamentali di un’analisi che riesca

a tenere fede ad elementi imprescindibili della società che permettono a priori

una certa soglia di immunità o di inclinazione: istruzione, estrazione sociale,

elevata presenza di determinate etnie in un determinato territorio, elevata

presenza nel corpo politico di esponenti di sesso femminile, ed altre variabili,

primo fra tutti il livello culturale. È stato fatto notare che, nell’alternativa se

rispettare i principi aziendali ben definiti o massimizzare i propri benefici, si

preferisce la seconda opzione: “L’etica è bella, ma gli affari sono affari”105

.

103

Cfr. A. SPENA, Il “turpe mercato”, op. cit., pag. 86. 104

Sul punto Cfr. M. MAGATTI in op.cit. 105

Frase citata da F. Vincke, “The State and the Civil Society in the Fight against Corruption”, in the

Eighth International Anticorruption Conference, Lima, 7 novembre 1997). sul punto JORGE F.

MALEM SEGNA, “Globalizzazione, commercio internazionale e corruzione”, ed. Il Mulino 2004,

p. 200.

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In tali contesti si mostra sempre fondamentale e imprescindibile

l’approccio che il legislatore deve dimostrare di possedere nei confronti di

determinati disegni di legge, finalizzato al superamento di una concezione

anche espressione dell’arretratezza sociale, in particolare per l’espandersi della

corruzione106

.

Per questo approccio integrato alla scienza penale, è pietra miliare del

processo di evoluzione penal-criminologica l’abbandono di quell’approccio

eziologico della devianza che in Italia era stato teorizzato un secolo prima da

Cesare Lombroso, per occuparsi di uno studio le cui variabili si affidano a

schemi maggiormente statistici con maggiore affidabilità scientifica, grazie al

pensiero del sociologo statunitense, padre della criminologia del ventesimo

secolo, Edwin H. Sutherland107

, capace di portare alla luce ontologicamente i

reati commessi dai c.d. white collar criminals.

Per comprendere il pensiero di Sutherland, in particolare sul paradigma

dell’associazione differenziale e comportamento sub-culturale, è necessario

toccare gli studi del sociologo francese Émile Durkheim, considerato, con Karl

Marx, Vilfredo Pareto, Max Weber, Georg Simmel e Herbert Spencer, uno dei

padri fondatori della moderna sociologia108

. Viene introdotto il concetto di

“anomìa”.

Per anomìa, Durkheim intende uno stato di dissonanza cognitiva tra le

aspettative normative e la realtà vissuta. Può essere di due tipi: acuta, di solito

106

Cfr. N. FIORINO, E GALLI. La corruzione in Italia. Il Mulino 2013, pag. 55 e ss. 107

Tra le sue opere, E. SUTHERLAND, Principles of Criminology, University of Chicago Press,

Chicago 1924; ID., 24,000 Homeless Men’ Philadelphia, J.B. Lippincott, 1936, ID., The

Professional Thief: by a Professional Thief, University of Chicago Press, Chigago, 193ι; ID.,

‘White Collar Crime’, Il crimine dei colletti bianchi. La versione integrale, (a cura di G. FORTI),

Milano, 1987, pag. 8. 108

Oltre ad essere il fondatore della prima rivista dedicata alle scienze sociali, l’Année Sociologique.

Tra le sue opere, di particolare rilievo per il penalista, E. DURKHEIM, Le Suicide, étude de

sociologie, 1897.

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per un cambiamento “unico” e “improvviso”, o cronica, per un continuo

mutamento sociale, proprio di una moderna società industriale. Durkheim, ne

La divisione del lavoro sociale (1893), e nel più noto Il Suicidio (1897), tende

a non soffermarsi sul punto di vista soggettivo, ma sull’oggettività dei

momenti di assenza di norme e quindi anomia, mancanza di regole atte a

mantenere, entro certi limiti appropriati, il comportamento dell’individuo.

Inoltre poiché per Durkheim le regole morali vengono sempre codificate in

leggi, l’anomìa non si configura solo come mancanza di norme sociali, ma

soprattutto come mancanza di regolazione morale109

. Successivamente, il

termine verrà elaborato da Robert King Merton110

, individuando tra le cause di

disorganizzazione normativa non solo la presenza di un ambito “non regolato”,

bensì anche l’iperproduzione di regole.

In questo contesto, vi è una parte della società che si svincola dalle

regole collettive assumendone di proprie, e caratterizzando quindi una

associazione differenziale. In questo modo si struttura, in un’ottica di

integrazione e non di anarchismo criminale da integrare, questa fedeltà ad un

impianto normativo che sviluppa il comportamento sub-culturale.

I soggetti protagonisti sono soggetti quindi iperintegrati. Una

contraddizione enorme con l’impianto special-preventivo che si pone come

fine la risocializzazione del delinquente. Il white collar criminal è gia

ipersocializzato. La valutazione costi-benefici inoltre spinge il colletto bianco

a delinquere, anche a fronte di pene particolarmente gravi.

Il terremoto causato da questa nuova concezione, per l’America degli

109

Cfr. R. MARRA, Suicidio, diritto e anomia, Esi, Napoli, 1987. 110

Pseudonimo di Meyer R. Scholnick (1910 – 2003), è stato un sociologo statunitense della corrente

funzionalista. Tra le sue opere, tutte tradotte in italiano dall’editore Angeli, si segnala Teoria e

struttura sociale, (1949), Libertà e controllo nella società moderna (1955), Ricerca sociologica

(1963), Sociologia teoretica (1967), La sociologia della scienza (1973).

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anni quaranta e cinquanta, è evidente. Viene totalmente annullato un caposaldo

della politica e della giustificazione della “bontà” dell’accettato capitalismo: la

virtù morale non coincide con la potenza economica111

.

Il paradigma dell’associazione differenziale e del comportamento sub-

culturale, si completa di altri due elementi sociali.

1) apprendimento, che consiste nella trasmissione della cultura illegalista

tra diversi funzionari in successione, concetto, che si può perfettamente

rinvenire nella “ dazione ambientale”, teorizzato dalla magistratura

inquirente e successivamente dalla dottrina alla vigilia dello scandalo di

Tangentopoli112

.

2) neutralizzazione, sia soggettiva che oggettiva. Da un punto di vista

soggettivo il white collar criminal rielabora l’intera propria condotta in

una forte autolegittimazione, un processo interiore che conduce ad

autoassoluzione a tutti gli effetti. Da un punto di vista oggettivo,

invece, è empiricamente considerata un’elevata possibilità di restare

impunito per questi tipi di reati.

Stranamente, l’opera verrà pubblicata nel 1983, molto dopo la sua morte

(1953), e dopo il c.d. “scandalo Watergate”, lo scandalo nato dalla scoperta

dell’infiltrazione di cinque persone legate al partito repubblicano e

all’amministrazione Nixon, dovute all’evidenza di alcune intercettazioni

111

G. FORTI, Normatività ed empiria nel lavoro del criminologo. Il “caso” Sutherland, in Riv. it. Dir.

proc. pen., 1987, pag. 366. 112

Cfr. A. PAGLIARO, Per una modifica delle norme in tema di corruzione e concussione, in Riv.

trim. dir. Pen. econ., 1995, pagg. 55 e ss.; D. PULITANÒ, La giustizia penale alla prova del fuoco,

op. cit., pagg. 3 e ss.; G. FORTI, L’insostenibile pesantezza della “tangente ambientale”:

inattualità di disciplina e disagi applicativi nel rapporto corruzione-concussione, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1996, 02, pagg. 476 e ss.) e anche dalla giurisprudenza (cfr. Cass., sez. VI, 19 ottobre

2001, Berlusconi, in Cass. Pen., 2002, 205; Trib. Roma 20 luglio 2000, Basca, in Giur. merito,

2002, 110; Cass., sez. VI, 21 novembre 2002, Argirò, in Cass. pen., 2005, 1238; Cass., sez. VI, 4

settembre 2001, Querci, in Foro amm. C.d.S., 2002, 352; Cass., sez. VI, 13 aprile 2000, Pivetti, in

Riv. Pen., 2001, 268.

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illegali effettuate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico

alloggiato appunto all’hotel da cui prenderà il nome l’intero caso, che si

concluderà con la confessione di Richard Nixon e le sue dimissioni dalla Casa

Bianca nel 1974. Celebre fu l’inchiesta sul Washington Post di Bob Woodward

e Carl Bernstein dal quale nacque lo scandalo.

Le indagini fecero emergere una realtà ignota all’opinione pubblica

statunitense: “fondi neri” e artifici contabili creati al fine di non far comparire

nei registri societari alcuni pagamenti a funzionari di governi esteri.

L’attenzione fu presto spostata dai contributi che le società commerciali

nordamericane elargivano con la finalità di influenzare classe politica ed

economica del paese ai contributi per le campagne elettorali all’estero.

L’inchiesta che avrebbe poi portato all’attenzione generale la questione

dei pagamenti con finalità corruttive all’estero iniziò nel luglio del 1973,

quando il Watergate Special Prosecutor Archibald Cox chiese di comunicare

volontariamente eventuali pagamenti illegali nella campagna elettorale

presidenziale americana del 1972. Le informazioni ottenute fecero sorgere il

sospetto che numerose multinazionali avessero contribuito illegalmente alla

campagna elettorale e avessero anche trasferito fondi a governi e a partiti

politici stranieri. Nel processo, nelle udienze tenute davanti al Congresso

emersero fatti ed eventi che, oltre ad evidenziare una pratica diffusa fra le

società nordamericane, danneggiavano anche la stabilità e la credibilità di

molti governi113

e portarono il presidente Carter nel 1977 a promulgare il

Foreign Corrupt Practices Act (FCPA), norma che proibisce alle società

americane di corrompere funzionari stranieri con la finalità di ottenere o

113

A. POSADAS, Combating Corruption under International Law, in Duke Journal of Comparative

and International Law, vol. 10, 2000, pp. 348

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mantenere affari.

Dall’iceberg del Watergate quindi emersero una serie di implicazioni

che rappresentavano le derive del capitalismo, scoperte che portarono alla

prima, vera e propria evoluzione della normativa anticorruttiva, con

fondamentali ripercussioni in ottica internazionalista. Grazie alla scoperta di

enormi contributi illeciti da parte delle imprese, in particolare legate

all’estrazione e gestione del petrolio114

, fortemente interessati a controllare la

politica dei prezzi, le perforazioni, e i controlli, la legislazione nazionale e nei

rapporti con gli stati esteri115

, la letteratura americana del periodo – con

particolare riferimento alla campagna per la rielezione del Presidente Nixon –

è la prima ad occuparsi della corporate corruption e della enorme diffusione

delle tangenti corrisposte dagli enti collettivi ai soggetti politici.

La risposta quindi completa il quadro atto alla comparazione.

1) la regolamentazione per via legislativa del finanziamento della politica,

che in questo sistema è per la gran parte proveniente dal finanziamento

privato del processo elettorale, sulla base della trasparenza e di limiti

all’importo di donazioni.

2) l’adozione di codici di comportamenti etico per tutte e tre le branche

dello Stato, le cui disposizioni vanno ad aggiungersi a quelle previste

dal codice penale, nonché di meccanismi e procedure per assicurarne il

rispetto, con l’accento posto con forza sulla prevenzione.

3) Il riconoscimento del ruolo di controllo e denuncia affidato agli organi

di informazione, ruolo costituzionalmente protetto dal Primo

114

Principale finanziatrice fu la Gulf Oil, che in base a un rapporto del 1974, risulta aver occultato

pagamenti illeciti per dieci milioni di dollari, inclusi quelli destinati alla campagna elettorale di

Nixon, dal 1960 al 1974. 115

Cfr. M. B. CLINARD, Corporate Corruption: The Abuse of Power, 1990

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Emendamento ed esercitato con molto vigore, nell’ambito di un’etica

dell’informazione cui gli operatori del settore si sforzano di attenersi, a

tutela di una credibilità collettiva che è condizione per poter esercitare

quel ruolo: “In the First Amendment the Founding Fathers gave the

free press the protection it must have to fulfill its essential role in our

democracy. The press was to serve the governed, not the governors. The

Government’s power to censor the press was abolished so that the press

would remain forever free to censure the Government. The press was

protected so that it could bare the secrets of government and inform the

people. Only a free and unrestrained press can effectively expose

deception in government”116

.

Un’ultima considerazione comparativa riguarda l’atto di un funzionario

di concepire e progettare un reato, commesso da parte di un soggetto che non

lo avrebbe realizzato se non a cagione dell’inganno, della persuasione o del

raggiro da parte del funzionario stesso, strumento di cui dispongono le agenzie

di controllo penale nordamericane per la lotta alla corruzione: il c.d.

“entrapment”117

. Nel 1932 il caso Sorrells era destinato a divenire il caso-

guida statunitense in tema di entrapment: all’inizio degli anni Trenta, sul finire

del proibizionismo, un agente governativo, fingendosi un turista, contatta un

116

Sentenza del 1971 la Supreme Court degli Stati Uniti,chiamata a decidere su una controversia che

vedeva contrapposti due princìpi costituzionali: la libertà di stampa e il segreto di Stato. New York

Times Co. v. United States, 403 U.S. 713, 714 (1971). Trad.: “Nel Primo Emendamento i Padri

Fondatori hanno dato alla libera stampa la protezione che essa deve avere per realizzare il suo

essenziale ruolo nella nostra democrazia. La stampa doveva servire i governati, non i governanti.

Il potere del Governo di censurare la stampa fu abolito affinché la stampa rimanesse per sempre

libera di censurare il Governo. La stampa fu protetta affinché potesse rivelare i segreti del

governo ed informare il popolo. Solo una stampa libera ed indomita può effettivamente svelare gli

inganni del governo.” 117

La definizione è di W. R. LA FAVE, A. W. SCOTT JR., Substantive Criminal Law, West Group,

1986, pag. 420.

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certo Sorrells e intrattiene con lui una conversazione sulle comuni esperienze

di guerra. Una volta accattivatasene la confidenza, il provocatore chiede a

Sorrells del liquore, peraltro per ben due volte rifiutatogli. Ritornato alla carica

per la terza volta, facendo leva sulla solidarietà di corpo fondata su di una

presunta commilitanza nella stessa divisione, ottiene finalmente mezzo gallone

di whiskey e può procedere all’incriminazione. La Corte tuttavia assolve

l’imputato, riconoscendogli l’esimente della provocazione (c.d. Entrapment

defense) in base alla considerazione che l’agente provocatore “ ha adescato un

soggetto altrimenti innocente inducendolo alla commissione del reato con

ripetute e persistenti sollecitazioni, abusando della confidenza instauratasi per

il fatto di essere compagni di guerra”. Determinante per la Corte risulta il fatto

che “il disegno criminoso sia stato originato dall’ufficiale del governo che ha

instillato nell’animo di una persona non incline al delitto l’idea di commettere

un reato, per riuscire a prenderla in trappola”118

.

Questa è una figura che possiamo affermare di trovare in quasi tutti gli

ordinamenti. La figura del c.d. “agente provocatore” nel diritto penale degli

Stati Uniti presenta un modello di disciplina di spiccato rilievo, non solo

all’interno dei sistemi di common law, ma in assoluto. L’entrapment, è frutto

di una elaborazione giurisprudenziale razionalizzata ex post dalla dottrina e

rappresenta, ad oggi, la miglior forma di contrasto alla corruzione negli Stati

Uniti119

. In Italia la figura dell’agente provocatore esiste solo dal 1990

caratterizzata da una disciplina eterogenea e assolutamente tassativa, e ne sono

118

C. DE MAGLIE, L’agente provocatore, un’indagine dommatica e politico-criminale, Giuffrè,

Milano 1991, pag. 157; cfr. Sorrells v. United States (1932), in J. MICHAEL, H. WECHSLER (a

cura di), Criminal Law and its Administration, Chicago, 1940, pagg. 1196 e ss. 119

SENATO DELLA REPUBBLICA, d.d.l. del 2 marzo 2010, n. 2044, recante “misure per

contrastare fenomeni corruttivi tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione”, pag. 2.

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esclusi, tra gli altri, i reati di corruzione120

. Solo nel 2010 abbiamo avuto un

disegno di legge firmato da ventitré senatori, peraltro non appartenenti alla

maggioranza parlamentare, che ha timidamente provato ad introdurre la

versione nostrana dell’entrapment, il c.d. “test d’integrità”121

.

La caratteristica fondamentale dell’entrapment nordamericano, risiede

nella sua innovativa qualificazione: il sistema nordamericano impernia la

questione interamente sul provocato, sui criteri di qualificazione del suo

“fatto”, sul suo destino processuale. Il provocatore è comunque oscurato

riducendone al minimo il significato della sua azione, a differenza degli

ordinamenti di civil law la cui attenzione è sempre focalizzata sulla figura

dell’agente provocatore. Il provocato ha sempre rivestito un ruolo accessorio,

di complemento della fenomenologia, indispensabile ma di marginale interesse

sub specie iuris122

.

Possiamo concludere che il modello anticorruttivo statunitense non si

discosta molto da quello britannico: i due sistemi sono a condotta di base non

necessariamente bilaterale, discostandosi quindi dal c.d. “modello mercantile”;

però richiedono il riferimento ad un atto determinato o determinabile come

oggetto di corruzione123

.

La differenza fondamentale è data dalla “letteratura” delle previsioni

legali di Regno Unito e Stati Uniti per il reato di bribery, che puniscono il

120

D.p.r. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 12-quater l. n. 556/1992, art. 14 l. n. 269/1998 e art. 4 l. n.

438/2001, rispettivamente relativi a traffi co di stupefacenti, riciclaggio, pedofilia e terrorismo. Si

veda per un’ampia trattazione dell’agente provocatore nell’ordinamento italiano R. MINNA, A.

SUTERA SARDO, Agente provocatore. Profili sostanziali e processuali, Giuffrè, Milano 2003. Per

una approfondita disamina, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, tra

l’istituto dell’agente provocatore e eventuali violazioni dei diritti processuali si veda A. BALSAMO,

Operazioni sotto copertura ed equo processo: la val enza innovativa della giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen. 2008, 6, pagg. 2641 e ss. 121

D.d.l 2044/2010, cfr. nota n. 94. 122

C. DE MAGLIE, op. cit., pagg. 155, 156. 123

A. SPENA, op. cit., pag. 77.

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privato perché corrompe il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico

servizio. Tutti i codici penali europei anche quelli non più vigenti, al contrario,

impostano la corruzione esattamente all’inverso, nel senso che l’ “attore

principale” del reato è il soggetto della pubblica amministrazione, mentre il

privato appare in secondo piano per estensione. La definizione di bribery tratta

dal Black’s Law Dictionary è assolutamente esplicativa: “ Bribery is the

offering, giving, receiving, or soliciting of any item of value to influence the

actions of an official or other person in charge of a public or legal duty. The

bribe is the gift bestowed to influence the recipient’s conduct. It may be any

money, good, right in action, property, preferment, privilege, emolument,

object of value, advantage, or mer ely a promise or undertaking to induce or

influence the action, vote, or influence of a person in an official or public

capacity”. Il codice penale italiano, essendo impostato logicamente

all’inverso, prevede una norma apposta, l’art. 321, che estende le pene al

corruttore.

Ancora, quello che è evidente, è il ruolo fondamentale che le tecniche

investigativo-probatorie di common law hanno avuto e hanno nel panorama

internazionale della regolamentazione e del contrasto alla corruzione, che

naturalmente deve essere inquadrato in un diritto penale e processuale penale

come strumento giuridico di regolazione di obblighi, diritti e potestà che

presidiano l’attribuzione di responsabilità ai cittadini e di un processo penale

come uso della reazione punitiva nei confronti degli infrattori dichiarati tali

secondo procedure stabilite.

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6. La corruzione oltre i confini nazionali

L’habitat ideale per la corruzione, per assunto criminologico, è dato dal

“luogo” in cui vi è molto denaro e poco controllo. Se pensiamo al proliferarsi

dei canali finanziari e bancari internazionali, e alla maggiore dimensione della

criminalità internazionale, convenzionalmente intesa come il complesso delle

attività delinquenziali le cui modalità di realizzazione implicano il

superamento dei confini di un dato ordinamento giudico124

, ci sembra

immediatamente più chiaro come sia impossibile contenere entro i confini di

uno stato alcune fattispecie criminose. In particolare, nella materia affrontata,

questo avviene secondo due declinazioni:

a) la corruzione transazionale, in cui gli elementi tipici della condotta

si realizzano, in tutto o in parte, in territorio estero ed è pertanto la corruzione

a frammentarsi in un contesto geografico multinazionale: il locus commissi

delicti investe anche il territorio di uno Stato straniero;

b) la corruzione del pubblico agente straniero, dove il carattere

internazionale deriva dal coinvolgimento nel reato di un agente estraneo alla

pubblica amministrazione del paese d’origine (da cui poi la dottrina ha distinto

la corruzione del pubblico agente straniero tout court e la corruzione del

pubblico agente internazionale)125

: il bene giuridico leso o messo in pericolo

trascende la dimensione puramente interna.

Il primo passo verso la costruzione di strumenti internazionali è stato

fatto dalle Nazioni Unite con una Risoluzione adottata nel 1975, che

condannava il ricorso a qualsiasi pratica corruttiva, comprese quelle che si

124

S. MANACORDA, La corruzione internazionale del pubblico agente, Jovene,

Napoli 1999, pag. 12. 125

S. MANACORDA, op. cit. , pag. 37.

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manifestavano nelle transazioni commerciali internazionali in violazione delle

regole e delle leggi dei paesi di destinazione, riaffermando al contempo il

diritto di ogni Stato di legiferare sul punto e stimolando comunque alla

creazione di una cooperazione internazionale126

.

Successivamente, il Comitato delle società transazionali elaborò un

progetto di Accordo sui pagamenti illeciti, emanato nel 1979. Il testo

prevedeva l’armonizzazione delle legislazioni interne su tre punti essenziali: la

previsione delle condotte tipiche, la definizione della categoria dei soggetti

attivi e i criteri di attribuzione della competenza127

.

La Commission des sociètès transnationales dal 1974 ha dedicato i

propri sforzi all’elaborazione di un progetto di Code de conduite: il progetto si

proponeva di porre a carico delle società transazionali una serie di obblighi per

la tutela dei paesi stranieri ed in primo luogo dei paesi in via di sviluppo. Tra

le norme di rispetto, ve n’era anche una espressamente dedicata alla

corruzione, senza peraltro, com’è ovvio visto lo strumento di soft law,

disciplinare un’eventuale sanzione penale. Tutti questi provvedimenti hanno

incontrato le velate resistenza degli Stati, probabilmente timorosi di vedersi

condizionare nelle scelte di politica criminale da strumenti sovranazionali. Ma

naturalmente vi erano anche dei difetti nelle direttive e nei progetti emanati.

Ad esempio, il Code de conduite si guardava bene dall’istituire un

principio di solidarietà internazionale, fatta eccezione per i generici richiami

alla cooperazione intergovernativa per il conseguimento degli obiettivi

enunciati nel progetto: per il paese di origine vige solo un generico obbligo di

imporre il rispetto del principio di non ingerenza alle proprie imprese. Ancora,

126

S.MANACORDA, op. cit., pag. 160. 127

S.MANACORDA, op. cit., pag. 161

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la descrizione della condotta difettava di ogni precisione128

.

Sorvolando quindi questi iniziali tentativi, il merito del primo atto

internazionale vincolante ufficialmente sottoscritto in sede internazionale

spetta all’Organizzazione degli Stati Americani (O.A.S.), la quale, il 29 marzo

1996, ha concluso l’accordo definivo sulla Inter-American Convention Against

Corruption.

Fondamentale è notare come la Convenzione interamericana non si apra

con un obbligo di incriminazione, bensì con una lista di misure di carattere

preventivo129

. Solo successivamente procede all’incriminazione della

corruzione interna e di quella transazionale, prevedendo, accanto alle

fattispecie corruttive “tradizionali”, anche l’ipotesi di “arricchimento illecito”,

riferito alla condotta del pubblico ufficiale che abbia avuto un “sensibile

incremento” del proprio patrimonio senza poter fornire una giustificazione

ragionevole al riguardo130

. Da questo “compromesso” tra l’interesse latino-

americano ad una reciproca assistenza legale e ad un’eventuale estradizione,

da una parte, e le pretese nordamericane ad una criminalizzazione

transfrontaliera in campo economico dall’altra, è nato un interessante esempio

per la futura realizzazione di una normativa globale, cominciata con la

Convenzione dell’Organisation de coopération et de développement

économiques (OCSE) “sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri

nelle transazioni commerciali internazionali”, firmata a Parigi il 17 dicembre

1997.

128

L’individuazione dei presupposti di fatto – effettuata mediante il riferimento a contratti tipici – in

presenza dei quali sorge l’obbligo per gli Stati di predisporre sanzioni penali costituisce infatti una

soluzione tecnica inadeguata per l’effettiva estensione delle fattispecie incriminatrici interne alla

corruzione dell’intraneus straniero. Cfr. S.MANACORDA, op. cit., pag. 165. 129

S. SPITALIERI, La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, tesi di laurea. 130

L. SALAZAR, Recenti sviluppi internazionale nella lotta alla corruzione (...e conseguenti obblighi

di recepimento da parte italiana), in Cass. pen. 1998, 05, pag. 941.

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Questo rappresenta il primo risultato reale di una serie di iniziative

internazionali che crescevano e venivano considerati in maniera direttamente

proporzionale all’emergere della corruzione negli affari internazionali131

. Essa

obbliga ciascuno Stato aderente132

a prendere “les mèsures nècessaires,

confermèment à ses principes juridiques, pour ètablir la responsabilitè des

personnes morales es cas de corruption d’un agent public ètranger” (art. 2,

rubricato appunto responsabilitè des personnes morales)133

. L’art. 1 della

Convenzione vincola gli Stati firmatari ad incriminare la corruzione attiva di

funzionario straniero ed internazionale nel quadro delle transazioni d’affari

internazionali; la punibilità è poi estesa alle ipotesi di concorso, istigazione e

di tentativo di reato. Si tratta, quindi, esclusivamente della corruzione attiva,

del fatto, cioè, di chi promette o paga la tangente verso paesi membri o terzi,

lasciando a questi ultimi il compito di perseguire ed eventualmente sanzionare

la corruzione passiva dei loro funzionari134

. Obbliga quindi gli Stati parte a

prevedere come illecito penale all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici

la corruzione (attiva) del pubblico ufficiale straniero così come avviene per i

pubblici funzionari nazionali, nel quadro delle transazioni economiche

internazionali135

.

131

G. SACERDOTI, La Convenzione OCSE del 1997 sulla lotta contro la corruzione dei pubblici

ufficiale stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. Scritto destinato agli studi in onore

di Francesco Capotorti, in Riv. it. dir. proc. pen. 1998, 04, pagg. 1349 e ss. 132

L'Italia l'ha ratificata con l. n. 300/2000 133

S. VINCIGUERRA, M. CERESA-GASTALDO, A. ROSSI, La responsabilità dell’ente per il reato

commesso nel suo interesse (d. Lgs. 231/2001), Cedam, Padova 2004, pag. 3. 134

L. BORLINI, P. MAGRINI, La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla

dimensione ONU, in Dir. comm. Internaz. 2007, 01, pagg. 15 e ss. 135

Cfr. OECD Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International

Business Transactions, art. 1.1. In questo senso, tra gli altri, G. SACERDOTI, La convenzione

OCSE del 1997 e la sua laboriosa attuazione in Italia, in ID. (a cura di), Responsabilità d’impresa

e strumenti internazionali anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n. 231/2001,

Milano, 2003, pag. 75; S. MANACORDA, La corruzione internazionale, op. cit., pag. 253; P.

MAGRINI, L’attuazione della Convenzione OCSE contro la corruzione negli Stati membri: il

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Siccome parliamo di una regolamentazione non self executing, i

Commentari alla Convenzione al punto 3 stabiliscono che l’art. 1 contiene una

norma che le parti devono rispettare, ma non le obbliga a riprendere la sua

specifica formulazione per definire il reato nelle rispettive legislazioni interne.

Per esempio, una legge generale in materia di corruzione di funzionari, che

non si riferisca in modo specifico alla corruzione di un pubblico ufficiale

straniero, e una disposizione di legge limitata alla corruzione di un pubblico

ufficiale straniero sarebbero ambedue conformi al presente articolo136

.

Si trova, in questa disposizione, una prima concreta manifestazione del

principio di equivalenza funzionale, che costituisce la pietra angolare della

Convenzione OCSE137

.

L’esegesi dell’articolo ci conduce, leggendo il comma 1 dell’articolo de

quo, alla cristallizzazione dell’impegno di ogni Stato parte ad adottare le

misure necessarie affinché costituisca reato, in virtù della propria legge,

l’offer, la promise o la give, corresponsione, effettuata intentionally,

direttamente o tramite un intermediario, di un vantaggio indebito (undue),

pecuniario o di altra natura, ad un pubblico funzionario straniero, per questi o

per un terzo affinché l’ufficiale compia o si astenga da compiere atti in

relazione a doveri d’ufficio, al fine di conseguire o conservare un affare o un

altro vantaggio indebito nell’ambito del commercio internazionale138

. Al

comma 2, le parti si impegnano ad adottare le misure necessarie per stabilire

che la complicità (complicity), l’istigazione (incitment), il favoreggiamento

quadro comparato, in G. SACERDOTI (a cura di), Responsabilità d’impresa e strumenti

internazionali anticorruzione. Dalla convenzione OCSE 1997 al Decreto n° 231/2001, Egea,

Milano 2003, pag. 95. 136

G. SACERDOTI, La Convenzione OCSE e la sua laboriosa attuazione, op. cit. pag. 75. 137

L. BORLINI, P. MAGRINI, La lotta alla corruzione internazionale dall’ambito OCSE alla

dimensione ONU, in Dir. comm. Internaz. 2007, 01, pp. 15 ss. 138

Ibidem

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(aiding and abetting), o l’autorizzazione (authorisation) a compiere un atto di

corruzione di un pubblico ufficiale straniero, costituiscono ugualmente reato.

In secondo luogo, il tentativo (attempt) e l’associazione ai fini della corruzione

(conspiracy to bribe) di un pubblico ufficiale straniero devono essere

considerati illeciti penali alla stessa stregua del tentativo e dell’associazione ai

fini della corruzione di un pubblico ufficiale della predetta parte139

.

In Italia, successivamente abbiamo avuto la Raccomandazione 20

ottobre del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 1998 con la quale

si invitavano gli Stati membri a “promuovere la adozione di misure (anche di

natura penale) finalizzate a rendere le imprese responsabili per i reati

commessi nell’esercizio della loro attività, indipendentemente dai regimi di

responsabilità civile in vigore”140

: una scelta molto innovativa per la lotta alla

corruzione. Dopo una lunghe discussioni tra Camera dei deputati e Senato

della Repubblica - iniziata con il d.d.l. 4 dicembre 1998, n. 5491, e conclusa

con l’approvazione il 19 settembre 2000–, ai sensi della l. 29 settembre 2000,

n. 300, corrompere funzionari stranieri diventava reato perseguibile anche in

139

Cfr. OECD, Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International

Business Transactions, art. 1, co. 2. Il successivo co. 3 si limita a disporre che i reati di cui ai

precedenti commi sono di seguito denominati “corruzione di pubblici uffi ciali stranieri”. 140

La stessa Relazione della Commissione Ministeriale per la riforma del codice penale (c.d.

Commissione Grosso) affronta il problema della responsabilità degli enti collettivi, evidenziando

come “ la introduzione di un sistema di sanzioni applicate direttamente alle persone giuridiche sia

sollecitata da ragioni interne al sistema penale. Solo la introduzione di una responsabilità (penale

o amministrativa) di tali soggetti, di contenuto assimilabile a sanzioni penali, consente un assetto

razionale delle sanzioni e degli altri istituti fondamentali del diritto penale dell’impresa. Già

attualmente, le persone giuridiche sono coinvolte nel sistema penale come soggetti civilmente

obbligati per il pagamento delle pene pecuniarie e il risarcimento del danno. Nella prassi il

coinvolgimento va oltre (ipotesi di oblazione solo condizionata e di patteggiamenti per i reati di

impresa). I costi talora sono assurdamente moltiplicati, in proporzione del numero degli imputati.

Una razionalizzazione del sistema con la introduzione di sanzioni dirette per la persona giuridica

consentirebbe il superamento di tali distorsioni”, E. AMATI, La responsabilità da reato degli enti.

Casi e materiali, Utet, Torino 2007, pag. 9

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69

Italia141

.

A livello internazionale, la lotta contro la corruzione si dimostra

fondamentale nelle politiche internazionali e nazionali in difesa dello Stato

sociale di diritto, per le sue ricadute sui diritti umani, in quanto la violenza del

libero mercato e le conseguenze negative dell’economia nel suo complesso

possono essere ridotte solo dalla credibilità dei dirigenti pubblici, importante

in tutte le società in ogni tempo, ma estremamente necessario in tempi di crisi

economica e sociale.

L’armonizzazione giuridica dei vari codici penali agli standard

internazionali, è un elemento necessario per una lotta efficace contro la

corruzione politico-amministrativa.

Dopo aver sfiorato le linee generali delle culture sociologiche e

criminologiche dei maggiori ordinamenti e della cultura giuridica

transnazionale, nel tempo e nello spazio, è ora il momento di affrontare le

141

Art. 3. (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi

delle Comunita’ europee e di funzionari delle Comunita’ europee e di Stati esteri)

1. Dopo l’articolo 322 del codice penale sono inseriti i seguenti: "Art. 322-bis. - (Peculato,

concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità

europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri). - Le disposizioni degli articoli

314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche: 1) ai membri della

Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della

Corte dei conti delle Comunità europee; 2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma

dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle

Comunità europee; 3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ent e pubblico o

privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari

o agenti delle Comunità europee; 4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati

che istituiscono le Comunità europee; 5) a coloro che, nell’ambito di altri Stati membri

dell’Unione europea svolgono funzioni e’ attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e

degli incaricati di un pubblico servizio. Le disposizioni degli articoli 321 e 322, primo e secondo

comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità e’ dato, offerto o promesso: 1) alle persone

indicate nel primo comma del presente articolo; 2) a persone che esercitano funzioni o attività

corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito

di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per

procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali. Le persone

indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni

corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi […].

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vicende corruttive nella realtà italiana e la risposta del nostro legislatore.

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CAPITOLO II

La rilevanza economica, sociale e politica della

corruzione

1. Rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo occidentale - 2. La devianza tra

impatto economico e psicologico - 3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima

diffusa” - 4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad oggi - 5. Segue: i

fattori che alimentano la corruzione - 6. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica

“La verità è che ogni forza economica

è sempre anche una forza politica,

specialmente nei paesi retti con metodo democratico.

Lo scopo ultimo che ogni detentore di fattori

persegue con la ricerca del massimo profitto

non è di servire la collettività,

ma di conseguire la maggiore disponibilità possibile

di mezzi per raggiungere i propri fini particolari;

e se questo scopo può essere più facilmente raggiunto

nel campo politico che sul mercato delle merci e dei servigi,

è proprio il calcolo economico

quello che porta gli interessati

a preferire la strada di minore resistenza”142

1. Rilevanza politico-economica della corruzione nel mondo occidentale

Nel delitto di corruzione il bene giuridico tutelato è, oggi, non più solo

l’imparzialità, correttezza, probità dei funzionari pubblici, non più solo

l’interesse affinché gli atti di ufficio non siano oggetto di mercimonio o di

142

E. ROSSI, Critica del capitalismo, Edizioni di Comunità, 1948, p. 151

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compravendita privata, ma anche la tutela della concorrenza, del mercato e

dell’equilibrio economico (addirittura, secondo un filone della magistratura,

questi reati dovrebbero rientrare nei delitti contro l’economia e non contro la

p.a.). È avvenuta una evoluzione di notevole importanza storica che ha portato

ad una estremizzazione nell’organizzazione e gestione della cosa pubblica in

ottica liberal-privatistica, proprio a partire dal fenomeno della globalizzazione

prevalentemente di stampo capitalista.

Il contesto economico in cui confrontarsi oggi è dato da una nuova

forma di capitalismo, orientata ad una esaltazione del libero mercato e della

produzione ed a una riduzione del peso dello Stato e dello sviluppo umano. Il

neocapitalismo è inteso come evoluzione del liberismo “classico”,

geneticamente modificato delle crisi auto-generate sia dei governi che dei

diritti, del risparmio e dei sistemi bancari.

La gestione della res publica è stata tesa all’esaltazione del libero

mercato, dell’efficienza privatistica, e ad una riduzione del peso

dello Stato nella vita pubblica. E la corruzione pubblica si struttura nella

relazione tra il privato e il pubblico. La fattispecie principale è composta

infatti dal privato che concede denaro o altra utilità per avere favori e privilegi

dal settore pubblico e/o l’amministratore pubblico lucra sulla privatizzazione.

Più avanzano le privatizzazioni, più si riduce la sfera pubblica, più si

sottovaluta e non si regola il conflitto di interessi in capo ad un soggetto tra

lavoro pubblico e lavoro privato e più aumenta la corruzione. Lo Stato si

trasforma in un ottimo cliente, esigente anche al di sotto del minimo

indispensabile, ma solvibile nei confronti di privati che corrompono al fine di

prevalere, secondo le regole del mercato, su altri privati.

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Il “nesso di causalità” evidente e accertato si esplica nel modello di

Pubblica Amministrazione dello Stato capitalista: basti pensare al modello

manageriale del New Public Management. La struttura di una P.A. ad

immagine e somiglianza del modello privatistico e la politica di

privatizzazione di scuola neoliberista causano direttamente aumento della

corruzione. Ci si allontana totalmente dalla teoria dei beni pubblici che al

valore economico invece affianca “l’ulteriore valore costituito dal capitale

sociale, dalla coesione sociale, dalle relazioni sociali create, nonché il

significato sociale e l’identità culturale, il benessere individuale e quello delle

comunità; inoltre sarebbe da considerare anche il valore politico (cioè il valore

aggiunto per la sfera pubblica, ottenuto stimolando e sostenendo il dialogo

democratico e la partecipazione attiva dei cittadini) ed il valore ecologico, in

termini di promozione dello sviluppo sostenibile”143

.

Lo Stato, oggi, generalmente inteso nella sua estrinsecazione, nei paesi

occidentali o “occidentalizzandi” svolge continuamente acquisti di beni e

servizi, per poi finanziare la realizzazione di grandi opere pubbliche di

interesse collettivo. Questo avviene nella gran parte dei casi con l’istituto e

strumento amministrativo dell’appalto, finalizzato a gestire questa quota di

risorse pubbliche. La quantificazione del denaro e, in generale, degli affari

mossi dagli Stati ha un valore enorme. Per comprendere meglio l’infiltrazione

dell’infrazione nella società moderna, faremo riferimento ad uno studio

nordamericano degli anni settanta144

, in cui veniva evidenziato che la

143

JOHN BENINGTON, From private choice to public value, in

https://www.researchgate.net/profile/John_Benington/publication/252055942_From_Private_Choi

ce_to_Public_Value/links/0046352c1963754faf000000.pdf , pp. 12 ss. 144

S. ROSE ACKERMAN, The Economics of Corruption, in Journal of Political Economy, Vol. IV,

1975, pagg. 187-203.

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corruzione può radicarsi su vari livelli. L’accordo illecito interviene ad alterare

in modo discrezionale il prezzo di ciò che viene acquistato dall’ente e in tutte

quelle situazioni in cui è possibile la formazione di una posizione di rendita a

partire dalle decisioni di spesa degli enti pubblici.

La corruzione può inserirsi nel processo, in un primo livello, infettando

la regolarità o la decisione di acquisto di un particolare bene o servizio, la

selezione dei fornitori, la procedura di aggiudicazione della gara, i controlli

sull’esecuzione dei lavori, le modalità di pagamento.145

Un altro livello è

legato alla distribuzione di risorse e servizi o concessione di autorizzazioni da

parte di uffici statali, in particolare la concessione di crediti agevolati, la

vendita di beni, l’assegnazione di licenze o concessioni per l’esercizio di

particolari attività e più in generale tutti quei provvedimenti che aumentano il

valore di mercato di beni di proprietà dei privati. Il terzo livello si riferisce

invece al potere coattivo di cui dispone l’ente pubblico, che si può tradurre in

potere di imporre costi ai privati; nel caso di specie, questi ultimi sono disposti

a pagare una tangente pur di evitare o ritardare sanzioni o provvedimenti

punitivi. Si può ricordare, a titolo esemplificativo, l’indagine sulla Guardia di

Finanza condotta durante l’inchiesta su Tangentopoli.

In Italia lo studio è stato approfondito146

mettendo in luce un “quarto

livello”: quello cioè che riguarda la sfera delle decisioni di politica fiscale,

industriale ed economica147

. Secondo alcuni Autori, la prova più evidente

145

M. MAGATTI, Corruzione politica e società italiana. Il rapporto degradato tra partiti politici e

interessi economici come sintomo della crisi della democrazia: una analisi approfondita, il Mulino,

Bologna, 1996, pagg. 41 e ss. 146

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 73. 147

M. MAGATTI, op. cit., pag. 53.

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dell’esistenza di questo quarto livello è la c.d. “maxi-tangente Enimont”, ove

lo scambio corrotto diventa un’enorme e complessa operazione politica e

finanziaria in cui le scelte di fondo della politica industriale italiana vengono

piegate agli interessi di enormi imprenditori. A fondamento di questa

operazione (la creazione di un grande polo chimico nazionale di joint venture

tra il gruppo pubblico ENI e quello privato Montedison) vi era comunque il

ruolo di grande dispensatore di finanziamenti illegali ai partiti che l’ENI aveva

svolto per lungo tempo e che prevedeva sistemi consolidati per la creazione di

fondi neri distratti dalle casse dell’impresa pubblica e poi ridistribuiti a partiti

politici148

: una fitta rete di collegamenti derivante da una certa “esperienza”

nel campo. Dopo anni di “controllo pubblico”, il settore privato nella

gestione di settori strategici era una novità. Si parlava di una provvista di

fondi neri per almeno 140 miliardi di lire destinati ai partiti. ENI

e Montedison possedevano il 40% di quote ciascuno, mentre il restante 20%

era nelle mani del mercato azionario. Nel 1988 Gardini aveva ricevuto

da Ciriaco De Mita e da Achille Occhetto, maggioranza e opposizione,

“sufficienti garanzie” sugli sgravi fiscali in seguito al conferimento delle

attività chimiche di Montedison alla joint venture Enimont: ma il relativo

decreto-legge decadde per due volte in Parlamento149

. La "tangente",

finalizzata a raggiungere il sistema politico per approvare la defiscalizzazione

delle plusvalenze della Montedison derivanti dall'attribuzione di parte delle

attività a Enimont, presupposto fondamentale di tutta l’attività di Gardini per

entrare nell'impresa della nascita dell'Enimont stessa, passò per buona parte

(circa 2/3, pari a 90 miliardi di lire), sotto forma di titoli di Stato (in gran

148

E. U. SAVONA, L. MEZZANOTTE, op. cit., pag. 74 149

Marco Magrini. Gardini, i giorni del silenzio, Il Sole 24 ORE, 22 luglio 2003.

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parte CCT), attraverso conti speciali detenuti presso lo IOR (che garantiva le

giuste coperture per la sua natura off shore)150

.

Come accennavamo sopra, da queste ricostruzioni si è anche suggerito

di inquadrare i reati di corruzione quali fattispecie di reati contro l’economia,

superando lo schema attuale che li inserisce nell’alveo dei reati contro la P.A. :

“Nella prospettiva del Parlamento europeo, la corruzione – il cui costo

ammonterebbe a 120 miliardi di euro annui, pari all’1% del Pil dell’Unione –

costituisce, oltre che una modalità di azione privilegiata dalla criminalità

organizzata, un gravissimo attentato all’economia europea, perché altera la

libera concorrenza, incidendo negativamente sulla qualità dei servizi, sottrae

masse finanziarie al prelievo fiscale, scoraggia gli investimenti (anche delle

imprese straniere) e quindi frena lo sviluppo e l’occupazione. Se è vero che

uno dei nemici dell’area dell’euro è la differenza di produttività tra gli Stati

membri e che ciò crea una differenza in termini di competitività, che non può

essere risolta con una svalutazione monetaria e che comporta programmi di

austerità severi e politicamente insostenibili, che mirano a una svalutazione

interna, non v’è dubbio che la corruzione sistemica nel settore pubblico,

rappresentando uno dei principali ostacoli all’efficienza, agli investimenti

esteri diretti e all’innovazione, e dunque ad un sano e corretto sviluppo,

impedisce in tal modo il corretto funzionamento della stessa unione monetaria.

150

Cfr. G NUZZI, Vaticano s.p.a. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici

della Chiesa, Chiarelettere, Milano, 2014.

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In questa ottica, la corruzione non è soltanto un reato contro la pubblica

amministrazione, ma è uno dei più gravi reati contro l’economia”151

.

La corruzione ha un impatto sull’economia, e l’economia ha un impatto

sulla corruzione: si pensi alla scelta economica della globalizzazione dei

mercati, delle industrie e delle merci, alle esportazioni di capitali all’estero e

alle agevolazioni dei traffici illeciti che questo comporta. Lo stesso CPI

(Corruption Perception Index) elaborato dal Transparency International152

si

confronta con indicatori di produzione come il tasso di crescita del Prodotto

Interno Lordo, Prodotto Nazionale Lordo, costo del rischio di investimento, il

costo del credito, il livello degli investimenti diretti esteri. Ad alti livelli di

corruzione corrisponde un basso livello di PNL e un basso tasso di crescita del

PIL, un alto fattore di rischio per gli investimenti, un alto costo del denaro ed

un complessivo effetto di scoraggiamento degli investimenti esteri.

Automaticamente, nelle democrazie, questo comporta scelte politiche

insostenibili e programmi caratterizzati da austerità. L’impatto sulle imprese è

la deviazione dal corretto sviluppo economico, caratterizzato dall’istigazione

verso investimenti orientati alla corruzione.

È stato anche registrato che un basso livello di corruzione è solitamente

associato ad una regolamentazione che favorisce la nascita di nuove imprese, e

che permette di dare inizio ad un’attività economica in un tempo medio

151

F. ROBERTI Criminalità organizzata e corruzione. In “La Legge Anticorruzione” a cura di

Alessandro Jazzetti e Almerina Bove. Vol I Riforma dei reati contro la P.A., collana di Diritto e

Economia. Ed. Giapeto, 2014. 152

Transparency International è un’organizzazione non governativa, no profit, leader nel mondo per

la sua azione di contrasto alla corruzione e di promozione dell’etica. È presente in oltre 90 paesi.

Transparency International Italia è il capitolo nazionale per l’Italia. E’ stato fondato nel 1996

(http://www.transparency.it).

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contenuto, mentre procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono

generalmente associate ad alti livelli di corruzione153

.

In un paese dove è ben radicata la criminalità organizzata si possono

analizzare altri effetti distorsivi: a) l’alterazione del funzionamento dei prezzi

sul sistema dei mercati; b) sul piano del reclutamento delle risorse umane,

l’alterazione del mercato dell’offerta di lavoro, con la prospettazione di facili

guadagni in attività illegali; c) la chiusura di imprese sane; d) l’inibizione

dell’avvio e dello sviluppo di nuove attività; e) l’inquinamento degli appalti

pubblici (anche sotto il profilo della inefficacia della spesa pubblica) ; f) in

generale, la distorsione dell’allocazione delle risorse finanziarie154

.

Al di fuori dei contesti mafiosi, la corruzione si manifesta in settori in

cui sono coinvolti ingenti capitali e dove le decisioni dello Stato diventano il

fulcro dell’evoluzione infrastrutturale tramite concessione ai “privati” della

realizzazione: lavori pubblici e costruzioni, armi e difesa, prodotti energetici e

telecomunicazioni, industria farmaceutica e sanità e, infine, rapporti di alta

finanza e mercato degli investimenti esteri155

.

Da questa ricostruzione, emerge come il “sistema-corruzione” sia

improntato, alla stregua di una industria alla massimizzazione delle risorse156

.

153

M. ARNONE e E. ILIOPOLUS. “La corruzione costa, effetti economici, istituzionali e sociali”,

Vita e pensiero, 2005, pag. 41 e ss. 154

Cfr. F. OFRIA, “Effetti distorsivi sull’economia legale: la corruzione”, ed. Rubettino 2006. 155

In op. cit. pag. 56 e ss. 156

A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,

effetti, in B.G. MATTARELLA – M. PELISSERO, La legge anticorruzione , Giappichelli, Torino,

2013

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2. La devianza tra impatto economico e psicologico

L’Italia, “sopravvissuta” a “Mani Pulite”, non è mai effettivamente

uscita da quella stagione di scandali politici e di conseguente tracollo

economico dovuto all’utile e al denaro pubblico sottratto. La stessa

repressione, esaurita la fase del clamore mediatico, in cui vertici della polizia e

della magistratura riescono con l’adozione di misure cautelari ad avere

progressi di carriera, nei dibattimenti è andata scemando, traducendosi se non

proprio nelle assoluzioni, quasi sicuramente nella prescrizione dei reati

ascritti, rafforzando sociologicamente il senso di impunità e di impotenza del

cittadino, stimolandolo a non “colpevolizzare troppo” il “sistema” e, se si

presenta l’occasione, a farne parte.

Sistema: un ambiente in cui si creano vere e proprie norme non scritte.

Si tratta di regole informali di condotta che sottendono ad una identificazione

tacita di partner affidabili. All’interno dei rapporti si differenziano i ruoli,

aumentano i profitti, si attenua il “disagio psicologico”, e, soprattutto, si

emargina chi non sta al gioco157

. I “tutori” di queste norme si differenziano a

seconda del contesto in cui incide la prassi criminale. Dalle cerchie protette

del riconoscimento si modellano indulgenza generalizzata e si esorcizza ogni

stigma morale, rendendo la corruzione sistemica una pratica naturale e

accettata per affari pubblici e privati, distruggendo ogni resistenza morale e

ogni effetto dissuasivo della sanzione penale, guadagnando continuamente

spazio anche nei momenti in cui maggiormente sembra venire attaccata.

157

A. VANNUCCI. Il caso italiano. Un nuovo paradigma contro la corruzione. Ed. Il Mulino,

Bologna,2012.

http://www.rivistailmulino.it/journal/articlefulltext/index/Article/Journal:RWARTICLE:36946.

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“Tutti – o quasi tutti – gli agenti pubblici che operano in quella

organizzazione sono coinvolti in una rete informale di relazioni, entro la quale

norme non scritte, ma di comune conoscenza, regolano la distribuzione di

profitti, funzioni e ruoli” 158

, con una minuziosa spartizione delle competenze:

raccolta e redistribuzione delle tangenti, la socializzazione dei nuovi entrati,

l’emarginazione degli onesti ed infine la protezione da intrusioni di organi di

controllo.

Si individua uno schema che ufficializza le “regole del gioco” in base al

quale “tutti – o quasi tutti – gli agenti privati che hanno contatti con

l’organizzazione pubblica conoscono le dinamiche materiali di condotta e

sono disponibili a pagare tangenti per entrare nella rete della corruzione,

avendo accesso alla ripartizione di rendite”159

.

Sulla scia di tali studi, emerge un sistema-burocrazia come habitat

ideale del modello corruttivo. Per questo motivo la corruzione si considera

diffusa in modo capillare anche dopo “mani pulite” e con tendenza addirittura

ad accrescersi, proprio grazie ai meccanismi di reclutamento e di carriera dei

pubblici dipendenti, nonché alla vischiosità e inefficienza delle procedure160

.

In particolare, alla luce della breve panoramica sulle ricerche svolte in campo

nazionale e internazionale, possiamo dedurre che il sistema italiano conferma

quanto la corruzione sia inscindibilmente legata al problema di mantenimento

e protezione di una politica, nonostante Tangentopoli, caratterizzata da

discrezionalità regolativa nella gestione di grandi risorse attribuite

all’amministrazione dello Stato, da indeterminatezza, complessità e ipertrofia

158

A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,

effetti. Pag. 46. 159

A.VANNUCCI. La prevenzione della corruzione in La corruzione in Italia: cause, dimensioni,

effetti. Pag. 46. 160

“La corruzione in Italia”, in op. cit., pag. 101 e ss.

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normativa, con conseguenze negative sull’efficienza dell’amministrazione

pubblica, a favore della macchinosità burocratica che condiziona l’attività

delle imprese e cerca di recuperare le perdite agendo con la tassazione,

aumentando il carico fiscale. Il risultato finale, unito anche alla “crisi dei

partiti” successiva a Tangentopoli, è la sfiducia nel funzionamento della

democrazia. Sotto altro profilo ma nella medesima linea, si ritiene che il

livello di corruzione nel Paese sia influenzato negativamente dal grado di

libertà economica, dalla qualità dello Stato sociale di diritto, e anche dal

profilo liberale del diritto penale, relativo alle sanzioni penali attese ed

effettivamente eseguite, profilo che non può essere avulso da una visione di

sistema.161

Dalla descrizione di questo assetto istituzionale, ritorniamo

circolarmente al rapporto con gli investimenti, sempre utilizzando il CPI,

sintesi tra organizzazione istituzionale, gli investimenti diretti esteri (IDE) ed

il PIL: la corruzione agisce sui rendimenti degli IDE incidendo a sua volta sul

PIL nazionale.

Consideriamo la corruzione come un “bene-attività”. Sia sul lato della

domanda che dell’offerta possono essere apprezzati rendimenti di scala

crescenti, nel senso che un aumento di questi beni-attività implica un costo

minore per la loro realizzazione. Messa in atto la prima condotta corruttiva,

nell’ottica del corrotto, la conseguenza è un abbassamento dell’efficacia

dissuasiva connessa alla minaccia rappresentata dalle sanzioni e dal

conseguente biasimo morale; dal lato del corruttore, tramite le

“diversificazioni” e le “complicazioni”, come, ad esempio, le creazioni ad hoc

161

In questo senso è proprio l’opera DELLA PORTA D., VANNUCCI A., Mani impunite. Vecchia e

nuova corruzione in Italia, Laterza, Bari- Roma,2007.

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di imprese per la diluizione di responsabilità, l’individuazione di intermediari,

l’apertura di conti bancari nei cc.dd. paradisi fiscali, che vanno a caratterizzare

la “complessità” del sistema per la perpetrazione della condotta, soprattutto

nel caso di episodi di grande corruzione, si va a costituire un potente incentivo

per la reiterazione della condotta, anche secondo un’ottica di ottimizzazione

delle risorse in base alla proiezione interiore in “economie di scala”.

La corruzione genera corruzione, secondo un processo pandemico in

senso sia orizzontale che verticale, sia a livello qualitativo che quantitativo.

Possiamo notare che la corruzione politico-amministrativa può

manifestarsi in diverse forme: corruzione politica, in senso soggettivo, per la

qualità dell’autore, o in senso oggettivo, per la natura degli interessi coinvolti;

corruzione burocratica, quando essa trova il suo sostrato fondamentale

nell’apparato e nel funzionamento della pubblica amministrazione; corruzione

elevata a sistema, quando essa appare radicata nelle principali leve socio-

decisionali-economiche del Paese e con connotati di stabilità anche nei modi

di esplicazione e di coinvolgimento. Sicuramente, la corruzione rappresenta

una “tassa occulta” con disfunzioni su tutto l’apparato pubblico e conseguente

crisi politica162

. I danni morali ed economici si intersecano a vicenda, creando

una viziosa circolarità tra elevato costo ed inefficienza delle transazioni

commerciali e scarsa fiducia dei cittadini nelle istituzioni, per via delle

conseguenze macroeconomiche sull’allocazione delle risorse, e in generale

sull’inefficacia o insufficienza degli interventi della spesa pubblica.

L’appello del Presidente dell’ANAC del 2015 sembra sintetizzare la

necessarietà del percorso da noi selezionato: individuare più concretamente le

162

Cfr. S. BELLIGNI, Corruzione, malcostume amministrativo e strategie etiche. Il ruolo dei codici,

Corep, Torino 1999, pag. 25.

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relazioni tra il dato percettivo e la sua reale incidenza sui rapporti economici e

politici, contribuirebbe maggiormente ad individuare un reale e tangibile punto

di partenza della analisi sociologica del fenomeno, per meglio comprendere gli

strumenti di riforma da adottarsi per un diritto penale della prevenzione

piuttosto che della repressione163

.

Infatti, prima della riforma del 2012 veniva ricordato che “sul piano

della repressione sono stati fatti grandissimi passi avanti, molto meno sul

piano della prevenzione. Per esempio, io credo che lo Stato debba mettere in

campo una serie di strutture di prevenzione dell’infiltrazione (mafiosa) nel

mondo dell’economia, in questo momento in particolare, che per esempio è un

momento di crisi, dove c’è il rischio che capitali mafiosi possano essere

utilizzati per l’immissione in un circuito economico che ha bisogno tantissimo

di denaro.”164

Questo si rende necessario in quanto il fenomeno, che si approfondirà

nel corso del lavoro, del pactum sceleris arriva a costituirsi anche tra privato e

parlamentare, rendendosi capace di viziare lo stesso percorso legislativo sia al

fine di favorire determinati interessi, che di proteggere la stessa classe politica,

già fortemente protetta ai sensi dell’art. 68 Cost. , e che per questo motivo si

caratterizza come la forma più pericolosa di corruzione.

163

http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/01/14/news/luiss_lotta_alla_corruzione-

104979184/?refresh_ce 164

R. CANTONE, Da un'intervista a Cattolica & Dintorni, 18 dicembre 2009

https://www.youtube.com/watch?v=sVuNaOA5KTg min. 2.05.

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3. Nello scheletro dello Stato: il problema del “reato a vittima diffusa”

In Italia il fenomeno corruttivo può dire di essersi dispiegato in tutte le

proprie potenzialità: “La corruzione dei politici e dei pubblici amministratori

[…] è ‘istituzione’ sovranazionale. Ma da noi ha superato, per estensione e

capillarità, ogni limite di tollerabilità sociale e di decenza”165

.

La stagione post-bellica, come è noto, aveva portato ad una

organizzazione partitica della rappresentanza espressione della volontà

democratica successiva alla deriva autoritaria in cui l’Italia era sprofondata.

Per un’analisi reale del fenomeno corruttivo, è necessario il richiamo

all’evento che spazzò via tutti i partiti costituitisi durante la “Prima

Repubblica”.

L’inchiesta denominata “mani pulite” portò alla luce una rete di

corruzione tra mondo politico e finanziario fondata su un sistema di regole

illecite che assicuravano un flusso costante di finanziamenti ai partiti da parte

delle imprese che entravano in contatto con le Pubbliche Amministrazioni per

prestare il proprio lavoro ed i propri servizi attraverso la pratica delle tangenti.

Dalla scomparsa delle vecchie formazioni ne emersero di nuove che diedero

vita alla “Seconda Repubblica”. Si era raggiunto un livello catastrofico

insuperabile di debito pubblico, e bisognava cominciare a sottostare a vincoli

esterni come l’appartenenza all’Unione Europea e ai suoi obblighi. Questo fu

il motivo per il quale il sistema esplose166

, non potendosi espandere oltre. La

pressione fiscale era divenuta insostenibile per il cittadino. Proprio in questo

senso, gli studiosi rilevano l’incidenza, sulla nascita e lo sviluppo di “mani

165

F. MANTOVANI, Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen.

1999, 04, pag. 1201. 166

In questo senso, “La corruzione in Europa”, E.U. SAVONA, L. MEZZANOTTE

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pulite”, di una serie di fattori concomitanti che hanno dato origine ad un

circolo virtuoso, ritenuto per molti versi irripetibile, come la coincidenza con

un sentimento popolare etico e la fiducia nella magistratura. Tuttavia, è stato,

altresì, osservato come, dopo i successi iniziali, le potenzialità di sviluppo

dell’indagine siano andate esaurendosi. Gli effetti, prodotti da provvedimenti

adottati dalla stessa classe politica in propria difesa e dall’affermarsi di

pratiche corruttive più sofisticate, hanno reso più difficile la loro

individuazione e repressione. Non si può negare che la vasta inchiesta

giudiziaria potrebbe addirittura aver contribuito alla “evoluzione della specie”,

inducendo ad una raffinata elaborazione ed evoluzione della corruzione. E’

nota l’affermazione di Piercamillo Davigo, riportata negli studi

sull’argomento: “Gli organi repressivi esercitano sulla devianza criminale la

funzione tipica dei predatori: migliorano la specie predata. Abbiamo

acchiappato le specie più lente, lasciando libere quelle più veloci”167

. È

innegabile comunque un “riduttivismo” da parte delle politiche post-

tangentopoli, esattamente come se la corruzione non fosse più un problema.

La corruzione italiana resta per molti aspetti un fenomeno la cui

interpretazione si confronta con una particolare complessità168

rispetto

all’analisi giuridico-criminologica di altre fattispecie di delitti. Lo stesso

termine “Tangentopoli” è un lemma che inizialmente stava ad indicare il

malcostume diffuso nella città di Milano, successivamente è stato innalzato

dai mass-media come una metafora di un sistema largamente praticato di

167

Citato, tra gli altri, in “La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da mani pulite”, A.

VANNUCCI, pag. 23, in “Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani

pulite”, a cura di G. FORTI 168

A. VANNUCCI, op. cit., in G. FORTI (a cura di), Il prezzo della tangente., op. cit., pag. 6, al quale

si rimanda per un’approfondita e documentata analisi delle modalità attraverso le quali è stato

realizzato lo scambio corrotto in Italia a partire dal 1992.

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comportamenti illegali orientati al profitto, diffusi nel mondo politico, nella

pubblica amministrazione e tra le imprese169

: con la sua catena di confessioni e

denunce incrociate di politici, burocrati e imprenditori, lo scenario si

dimostrava senza precedenti nella storia delle moderne democrazie

occidentali170

e, soprattutto, in espansione.

Non interessava solo una “zona”, ma si dimostrava aderente al tessuto

gerarchico-amministrativo, allo scheletro dello Stato. E, nel panorama

europeo, restava un caso isolato. Lo studio dei reati previsti dal legislatore agli

artt. 317 e ss. c.p.. si basava infatti su un campione numericamente ridotto di

illeciti “conosciuti”171

, che giungono a conoscenza dell’autorità giudiziaria in

percentuali esigue. Questo è dovuto soprattutto alla struttura tipica del reato,

che incide sulle denunce. La corruzione è definita, da questo punto di vista,

come un c.d. “reato a vittima diffusa”172

e pertanto manca l’interesse da parte

delle vittime a far uscire dal sommerso questo tipo di devianza criminale. A

questo si aggiunge l’inconsistente visibilità delle tracce di denaro, per non

parlare delle “altre utilità”, in un Paese-esempio di economia sommersa e di

burocrazia clientelare indotta dalla pachidermica pubblica amministrazione173

.

Le ragioni di una diffusione così particolare di questa categoria di reati

contro la pubblica amministrazione, secondo gli interpreti, sono varie.

169

Termine coniato dal giornalista di Repubblica Piero Colaprico cfr. D. PULITANÒ, La giustizia

penale alla prova del fuoco, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, pagg. 3-4. essa, secondo un’efficace

espressione è “ad un tempo, la città del vizio ed il campo di battaglia dove il bene è chiamato a

fronteggiare il male”, cfr. T. PADOVANI, Il problema di «tangentopoli» tra normalità

dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, pag. 448. 170

A. VANNUCCI, La corruzione, op. cit., pag. 3. 171

P. DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia, La corruzione in Italia. Percezione sociale e

controllo penale, Laterza, Bari 2007, pag. 313.pag. 4. 172

cfr. P. DAVIGO, cfr. http://ilbuoncaffe.blogspot.com/2010/05/le-interviste-del-buon-caffe.html 173

P. DAVIGO, G. MANNOZZI, op. cit., pag. 5.

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Un filone, che rientra nelle teorie classiche, identifica la fonte nei

provvedimenti concernenti la tassazione, secondo cui, come già per Tacito,

“corruptissima re publica plurimae leges”174

. Maggiore è il grado di difficoltà

delle leggi e minore la trasparenza procedurale, più è probabile che si

verifichino episodi di corruzione175

. Un’altra teoria si concentra invece sulla

controversa figura, nel mondo dell’incerto confine tra pubblico e privato,

dell’incaricato di un servizio pubblico e della sua attività discrezionale,

portatore di un congenito conflitto d’interessi che non sempre lo Stato riesce a

prevenire o a controllare176

. Per la natura stessa del proprio incarico, chi fa

parte del settore pubblico si può trovare in una posizione facilitata nel

perseguire obiettivi di tipo personale e quindi in conflitto con gli interessi della

collettività. Altri individuano nell’attività di finanziamento dei partiti politici

l’origine degli scandali che hanno più o meno colpito tutti i diversi paesi

industrializzati177

. E poi vi sono teorie più recenti, come quella che ascrive le

responsabilità per il diffuso mercimonio di potere pubblico alla

modernizzazione troppo rapida e disordinata178

, chi alla disponibilità

finanziaria destinata all’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica

amministrazione179

, chi alle crescenti spinte criminogene sociali180

, chi ancora

174

TACITO, Annales, III, 27. 175

V. TANZI, H. R. DAVOODI, Corruption, public investment and growth, in G. T. ABED, S.

GUPTA (a cura di), Governance, Corruption and Economic Performance, IMF, Washington 2002. 176

M. ARNONE, E. ILIOPULOS, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e

Pensiero, Milano 2005, pag. 26. 177

A. VANNUCCI, D. DELLA PORTA, Corruzione politica e amministrazione pubblica. Risorse,

attori, meccanismi, Il Mulino, 1994. 178

A. PIZZORNO, Prefazione a A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione. I meccanismi dello

scambio occulto in Italia, Società Aperta, Milano 2002, pag.3. 179

M. ARNONE, P. DAVIGO, Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione, Vita e Pensiero,

2005. 180

F. MANTOVANI, Criminalità sommergente e cecità politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen.

1999, 04, op. cit., pag.1201, secondo cui “le moderne società, e in primis quelle c.d. “civili” e

“progredite” e segnatamente la nostra, lamentano gli effetti criminali e potenziano le cause

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all’inadeguato controllo penale per i reati limitrofi o funzionali alla

corruzione. Alla luce di quanto premesso, per comprendere appieno il

fenomeno corruttivo, o quantomeno provare a farlo, è necessaria una

preliminare analisi statistica.

4. Statistiche e riflessioni: la corruzione politica da Tangentopoli ad oggi

L’analisi statistica della corruzione deve tener conto di un importantissimo

elemento valutativo: la differenza tra i delitti commessi e quelli denunciati,

che caratterizzano la c.d. “cifra nera” o “cifra oscura”. La corruzione è in

Italia, infatti, un “reato sommerso”, reato dalla “cifra oscura” molto elevata, a

differenza, ad esempio, degli omicidi volontari, dove al contrario la cifra nera

è prossima allo zero.

Nella maggior parte delle analisi spesso utilizzate si è stati in grado di

evidenziare delle costanti controproducenti per l’analisi stessa, quali la

tendenza al silenzio e alla segretezza, elementi costitutivi di un insormontabile

ostacolo rispetto ad una efficace attività di indagine. Questo costituisce uno

dei fattori più importanti che concorrono a determinare l’elevata cifra oscura e

incalcolabile di tale tipologia di reati. Basti pensare che, quando si parla di

corruzione, da un lato si parla di un tipico reato-contratto bilateralmente

illecito, rispetto al quale entrambi i partner sono punibili, caratterizzato dalla

criminogene […], perché stanno facendo terra bruciata di ambedue le “controspinte” alla

criminalità: la primaria controspinta culturale, perché la c.d. cultura dominante sta smembrando il

sistema di controlli extrapenali e dei valori anticrimine, sostituiti con un solido sistema di disvalori

criminogeni; la complementare controspinta penale, perché la c.d. “politica criminale”, assurta a

politica criminogena e talora criminosa, sta demolendo anche i residui controlli penali della

criminalità, attraverso la “de vittimizzazione” del diritto e del processo penale, dimentica che “valore

non è soltanto ‘l’uomo-reo’, ma anche e ancor prima ‘l’uomo-vittima’”, e contrapponendo alla

“criminalità reale” la “pena virtuale”. Due insanie, le suddette, che ogni giorno presentano il

conto”.

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massima “privatezza” della realizzazione181

, e, dall’altro, di un reato ad

espansione lesiva ritardata182

che garantisce alla corruzione le note di una

bassissima propensione alla denuncia.

Il numero di condanne che ci sono in Italia su 100.000 abitanti è inferiore

al numero di condanne in Finlandia, uno dei paesi meno corrotti al mondo.

Attenendoci a questi dati, non potremmo dire che l’Italia è un Paese corrotto.

Per questo motivo si farà riferimento ad una specifica analisi statistica del

fenomeno.

L’indagine presa in esame è stata strutturata in maniera innovativa se si

vuole approfondire specificatamente la “corruzione politica”, intesa come

quella quota dei reati legati alla corruzione che coinvolge direttamente

detentori di cariche politico-amministrative a livello locale, regionale e

nazionale. I dati utilizzati provengono dalla banca dati delle sentenze della

Corte di Cassazione (dal 1985 a oggi) e dai casi considerati nelle

autorizzazioni a procedere del Parlamento. I dati riguardano naturalmente non

solo il reato proprio alla lettera del codice penale, ma anche le vicende

giudiziarie che riguardano evidenti episodi di corruzione anche se sono stati

penalmente perseguiti attraverso altre fattispecie di reato (come i reati

associativi o i reati di criminalità economica e altri).

Ecco l’andamento dei reati per tipologia e periodo, attenendosi alle

sentenze della Corte di Cassazione:

181

P. DAVIGO, G. MANNOZZI, op. cit., pag. 34. 182

D. NELKEN, Tangentopoli, in M.BARGAGLI, U. GATTI (a cura di), La criminalità in Italia, il

Mulino, Bologna 2002, pag. 60.

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Dopo la curva discendente del decennio di Tangentopoli, la corruzione ritorna

a crescere. Qui abbiamo il rilevamento della distribuzione regionale.

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Le tangenti sono più diffuse al Nord mentre le “altre utilità”, il favore e

il voto di scambio, sono maggiori al Sud. La Campania è al primo posto per

corruzione politica, seguita da Lombardia e poi Sicilia. Nel 45% dei casi i

corrotti offrono soprattutto un accesso particolaristico ad appalti e affidamenti,

mentre nel 54% dei casi le risorse scambiate dal corruttore sono tangenti, le

quali risultano più diffuse al Nord (oltre il 60%), anche se in misura minore

rispetto al periodo precedente a Tangentopoli, mentre il voto di scambio (8%)

e i favori (5%) sono maggiormente presenti nel periodo successivo,

specialmente al Sud (dove raggiungono rispettivamente il 13% e il 9%). Nelle

sentenze della Cassazione i reati più contestati – sempre con riferimento ai

politici considerati nella ricerca – risultano la corruzione per un atto contrario

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ai doveri di ufficio (17%) e la concussione (11%). Il finanziamento illecito ai

partiti è indicato in misura minore (6%). Più rilevanti sono invece i reati

associativi (l’associazione a delinquere e quella di stampo mafioso, che

insieme raggiungono il 12%). È da notare che i reati di corruzione in senso

stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo (tra il decennio prima di

Tangentopoli – 1985-1994 – e i due successivi). Viceversa cala sensibilmente

dopo il 1994 il finanziamento illecito ai partiti (dal 29% al 7%) e salgono gli

‘altri reati’ (tra cui in particolare i reati associativi): dal 35% al 46.5%. Questi

ultimi sono in forte crescita nell’ultimo decennio, soprattutto al Sud, dove

incidono per il 18% più che altrove. I reati di corruzione sono maggiormente

presenti a livello comunale (55%), mentre quelli associativi a livello regionale

(46%).

Nella categoria “altri reati” sono ricompresi i reati associativi

(associazione a delinquere, associazione per delinquere di tipo mafioso,

scambio elettorale politico-mafioso, rispettivamente artt. 416, 416bis, 416ter

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c.p., e in più il concorso esterno in associazione di tipo mafioso), la

concussione (art. 317 c.p.), l’abuso di ufficio (art. 323 c.p.), la turbativa della

libertà degli incanti (art. 353 c.p.)183

. Emerge una riduzione della

politicizzazione in senso stretto, espressa dalla “discesa” del finanziamento

illecito ai partiti, in quanto dai vantaggi illeciti tesi a sostenere i partiti ci si è

spostati tramite reti associative all’utilizzo per fini privati della corruzione. Le

reti che veicolano gli scambi si mostrano sempre più “privatizzate”, orientate

al perseguimento di vantaggi personali.

Le tangenti (da sole o con altre utilità o favori) sono la risorsa

prevalente di scambio, ma non sempre le risorse scambiate tra corruttore e

corrotto hanno una natura monetaria, anche se l’analisi delle vicende della

Cassazione e di quelle relative alle Autorizzazioni a procedere consentono di

ricavare un quadro d’insieme dell’ammontare delle risorse monetarie

scambiate nei fatti di corruzione considerati:

183

Risultati emersi dall’VIII rapporto Res su “la corruzione politica al Nord e al Sud – I cambiamenti

da Tangentopoli ad oggi”, realizzato dalla Fondazione Res a cura di Rocco Sciarrone presentato a

Palermo il 16 dicembre 2016.

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I settori di attività dove appaiono prevalenti i fenomeni corruttivi vanno

dall’edilizia pubblica e privata ai servizi, alla sanità, alle infrastrutture, allo

smaltimento dei rifiuti. La corruzione nell’edilizia riguarda in netta

maggioranza i Comuni (83% dei casi per l’edilizia pubblica e 65% per quella

privata), così come quella relativa a servizi pubblici, trasporti e forniture

(77%). La corruzione nel settore sanitario e nei servizi sociali si manifesta

soprattutto nelle Regioni (58,3%), mentre l’Amministrazione Centrale è

maggiormente coinvolta per le grandi infrastrutture. (La categoria “altro” si

riferisce a: alberghi e ristorazione, beni immobili, calamità naturali,

commercio, editoria, energie, formazione, grandi eventi, scommesse,

agroalimentari e più settori).

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Gli scambi corruttivi risultano più diffusi nei Comuni e nelle Regioni,

rispettivamente nel 52% e nel 25% dei casi; il coinvolgimento di questi due

livelli di governo è in forte crescita a partire dalla metà degli anni Novanta. Il

processo di decentramento del potere locale che si è sviluppato a partire dagli

anni Ottanta ha dunque visto una progressiva crescita della corruzione politica

a livello locale e regionale.

Non è facile però stabilire l’appartenenza politica dei politici corrotti.

Infatti, a livello comunale, vi sono affiliazioni a liste civiche a prescindere da

appartenenza “ideologica”. A ciò si aggiunge il cambiamento intervenuto a

metà degli anni Novanta nelle forze politiche, con la scomparsa dei principali

partiti protagonisti della Prima Repubblica. Il campione ricavato dai dati delle

sentenze della Cassazione (che coprono anche il decennio tra la metà degli

anni Ottanta e gli anni Novanta) include quindi 212 politici afferenti per la

maggior parte alla Dc e al Psi, ma anche alle altre forze del pentapartito e al

Pci/Pds. Essi sono tenuti distinti dai politici appartenenti alle nuove

formazioni della Seconda Repubblica, raggruppate in schieramenti di

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Centrosinistra, Centro e Centrodestra. Nel complesso, nell’ambito dei casi

considerati dalle sentenze della Cassazione, appaiono prevalenti i politici

legati alle forze della Prima Repubblica. Seguono, nelle nuove formazioni, i

politici del Centrodestra, che fanno registrare per gli ultimi due decenni una

presenza pari al 32%.

Da questa analisi statistica della corruzione politico-amministrativa

possiamo dedurre un trait d’union tra creazione/trasformazione della

corruzione, indebolimento dei partiti politici e processo di decentramento

politico verso gli enti locali e le regioni degli ultimi decenni. I partiti hanno

svolto in passato un’importante funzione di protezione e organizzazione del

sistema della corruzione che è venuto alla luce con le indagini di “mani

pulite”. La scomparsa delle formazioni politiche tradizionali, nella fase

successiva a Tangentopoli, ha però reso queste organizzazioni più deboli e

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vulnerabili alle influenze esterne, meno capaci di selezionare la classe politica

volta a ricoprire cariche politico-amministrative, verso una “privatizzazione”

degli scambi corrotti. Dall’oligopolio dei partiti si è passato alla creazione di

un mercato concorrenziale, dove non giocano singoli, ma sempre più spesso

“società”, “squadre”.

Basta dare uno sguardo alla popolazione carceraria attuale, per

comprendere che vi è un problema politico di repressione dei crimini dei

colletti bianchi. Per ogni spacciatore in carcere (6820), a Berlino e dintorni,

c’è quasi un “colletto bianco” (5973, cioè l’ 11,7% del totale) condannato con

sentenza definitiva per reati economici, finanziari, truffe fiscali, etc. Da noi no:

nonostante i disastri causati dalla pirateria economica, finanziaria, fiscale, i

delinquenti di quel tipo finiscono assai di rado in galera: ne abbiamo 312, pari

allo 0,9% dei nostri carcerati. Neppure il 3% rispetto ai detenuti per

“spaccio”..184

5. Segue: i fattori che alimentano la corruzione

Possiamo sintetizzare i fattori che alimentano la corruzione

economico/politica con: C = f (R;D;I; -A; -CM; Ct1, Ct2, Ct3, ecc.)185

.

La stessa decisione, la consapevolezza, di offrire o accettare tangenti,

intese come utilità di ogni tipo, dipende da un calcolo razionale legato a

molteplici fattori. Un primo fattore è dato dalle rendite (R): le occasioni di

184

Dossier detenuti del 14 marzo 2017, http://www.corriere.it/cronache/17_marzo_15/spacciatori-

carceri-colletti-bianchi-fuori-prigioni-f5b64e5a-08ff-11e7-ad7d-ff5901e5d6f1.shtml 185

VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in MATTARELLA, PELISSERO

(a cura di), La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, Giappichelli,

Torino, 2013, p. 38 ss.; BECKER, Crime and Punishment. An Economic Approach, in Journal of

Political Economy, 1968, 76, p. 169-217.

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corruzione aumentano innanzitutto quanto più ricche sono le rendite create

dall’intervento pubblico. A questo si aggiunge la discrezionalità (D): il potere

di espropriare, distribuire o creare incide enormemente, in quanto più ampia è

la discrezionalità, più facili saranno i movimenti corruttivi. Rileva in questo

senso anche la c.d. “discrezionalità di fatto”. Questo in Italia spesso avviene

con l’inflazione normativa e regolativa o l’attribuzione di poteri eccezionali o

emergenziali.

Ad incidere sull’estensione della corruzione vi è anche un elemento di

matrice economica, una variabile fondamentale della funzione: la possibilità

per gli agenti pubblici di utilizzare come risorsa di scambio informazioni

riservate e confidenziali (I) che possono essere impiegate a vantaggio del

corruttore, aumentando la sua probabilità di ottenere una rendita quale esito

finale della procedura. Questo fattore è strettamente legato alla trasparenza dei

processi decisionali, che in Italia si confonde/nasconde nella complessità delle

procedure e nei contenuti oscuri e difficilmente intellegibili delle disposizioni

normative, anche grazie alla dipendenza dal potere politico dei mezzi di

comunicazione e di molti dei professionisti dell’informazione addetti dalla

propria testata a studiare e comunicare i processi normativi.

A seguire, si presenta un fattore della formula che sottende il controllo

disciplinare, contabile, penale, sociale e politico degli agenti che esercitano il

potere pubblico, che risulta scarso ed inadeguato: la responsabilizzazione, o

meglio, accountability (A), rendicontabilità della funzione svolta.

Non manca la variabile del costo morale della corruzione (CM), la

quale costituisce elemento di matrice socio-culturale dipendente da molteplici

fattori quali le convenzioni, le tradizioni sociali, il senso civico, l’etica del

lavoro, il senso dello Stato dei funzionari. Gli individui sono più o meno

vulnerabili alle occasioni di corruzione in base all’appartenenza a determinati

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valori interiorizzati, per cui quanto maggiore è il costo morale di un individuo,

tanto più forte sarà la sua disposizione favorevole al rispetto della legge, che

accresce il disagio derivante dall’agire in violazione dell’accordo fiduciario.

Infine, ma non meno importante, è l’incidenza della diffusione nel

tempo ed in un determinato contesto politico-amministrativo del fenomeno

corruttivo (Ct1, Ct2, Ct3, ecc.). Si stabilizzano vere e proprie ‘strutture di

governo’, meccanismi che garantiscono l’adempimento nelle transazioni

corrotte e l’elaborazione di vere e proprie ‘regole del gioco’ che disciplinano i

rapporti tra corrotti e corruttori e addirittura il costituirsi di figure ‘garanti’ del

rispetto dei patti di corruzione. Più sono alti i livelli di diffusione passata della

corruzione, più avremo rendimenti crescenti, abbattendo rischi e svantaggi: il

passato condiziona la presenza e l’efficacia dei patti occulti attuali. Possiamo

tradurre questa variabile con ‘eredità della corruzione’, che si ripercuote nel

presente stilando un vero e proprio curriculum in base all’esperienza di

corruzione passata, perfettamente qualificata a diffondere competenze

d’illegalità, per fornire servizi di intermediazione e protezione e, soprattutto,

per escludere il lavoratore regolare (“onesto”) dal circuito.

Alcuni hanno ritenuto che “la corruzione è un reato basato sul calcolo,

non sulla passione. Le persone tendono a corrompere o a essere corrotte

quando i rischi sono bassi, le multe e punizioni minime, e le ricompense

grandi”186

. La propensione alla corruzione è stata rappresentata dalla seguente

formula:

C = M + S – R

186

Vedi R. KLITGAARD, International Cooperation Against Corruption, 1997

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dove la corruzione (C) è tanto più probabile quanto più alta è la somma

di monopolio (M) e segretezza (S), unita a una bassa responsabilità civile e

penale (R). Il meccanismo di corruzione nel caso di un valore di corruzione

molto alto equivale, nella teoria dei giochi, al caso di “n” persone nella

situazione del dilemma del prigioniero dove l’equilibrio si risolve con la

convenienza per tutti della corruzione, cioè ogni “giocatore” - politico,

portaborse, agente, ufficiale, e azienda venditrice - tende alla scelta che

massimizza l’utile, cioè alla corruzione187

.

La formula di Klitgaard evidenzia dunque come un’elevata

responsabilità civile e penale possa minimizzare la propensione alla

corruzione, essendo stato provato che agire sulla concorrenza impedisce un

controllo sufficiente sulla qualità e spesso non è possibile agire sulla

segretezza (ad es. settore militare). Naturalmente anche le pene non

costituiscano un credibile deterrente, in materia di responsabilità civile e

penale, in assenza di: strutture gestionali bene organizzate, persone qualificate

preposte alla gestione, procedure gestionali rigorose, adeguati controlli,

sistema giudiziario rapido ed efficiente.

6. Gli effetti politico-culturali della corruzione sistemica

Apparenza di un progresso del sistema economico-produttivo, tramite il

momentaneo superamento della macchina amministrativa: questa è la

conseguenza nel breve periodo nel caso di corruzione in grandi appalti. E’

187

R. KLITGAARD, Combating corruption - includes related article on anti-corruption strategy. UN

Chronicle, Spring 1998.

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incontestabile, però, che nel lungo periodo la diffusione sistemica della

corruzione incida negativamente sulla crescita economica e sulla razionale

distribuzione delle risorse188

. La corruzione frena lo sviluppo tecnologico e di

conseguenza la crescita economica: il mercato della tangente si dimostra molto

più vantaggioso della ricerca e dell’innovazione.

L’efficienza e l’economicità delle opere pubbliche realizzate scemano

proprio perché il profitto del privato corruttore è realizzato lucrando sui costi

di produzione e/o manutenzione delle opere pubbliche finanziate189

. Altra

conseguenza, che sarebbe poi la causa fondamentale grazie alla quale vennero

alla luce gli scandali degli anni novanta, è data dal fatto che ad elevati livelli di

corruzione è tendenzialmente collegato un abbassamento del gettito delle

entrate dello Stato190

.

Ma al di là delle conseguenze economiche, già ampiamente affrontate

nelle rispettive sezioni tematiche, ci interessa analizzare le conseguenze

politiche, le ferite che vengono causate alle moderne democrazie dalle

condotte corruttive. Viene pregiudicata la governance, a livello sia

istituzionale che socio-culturale, ma soprattutto la stessa legittimazione degli

apparati pubblici. Come è naturale che sia a seguito di eventi corruttivi, si

perde la fiducia dei consociati nel momento in cui a governare è la logica del

profitto e non l’imparzialità e il principio di legalità191

. Essi si ritrovano a non

188

ARNONE, ILIOPULUS, La corruzione costa, Effetti economici istituzionali e sociali, Milano,

2005; FORTI, L’insostenibile pesantezza della tangente, cit. sub nota n. 11, p. 508 ss.; ID., Unicità

o ripetibilità della corruzione sistematica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione

‘sostenibile’ dei crimini politico-amministrativi, in Riv. Trim. dir. Pen. Ec., 1997, p. 1092;

STELLA, La filosofia della proposta anticorruzione, in Riv. Trim. dir.Pen. Ec., 1994, p. 935. 189

DELLA PORTA, MÉNY, I circoli viziosi della corruzione in Italia, in Corruzione e democrazia.

Sette paesi a confronto, Napoli, 1995, p. 56. 190

COPPIER, Corruzione e crescita. Teorie ed evidenze di una relazione complessa, Roma, 2005. 191

GREEN, I crimini dei colletti bianchi. Mentire e rubare tra diritto e morale, BASILE (a cura di), p.

236.

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seguire le regole alla base del patto sociale, a non osservare le fondamentali

regole etiche che disciplinano la corretta convivenza civile. Da questa

riflessione è possibile dedurre che una delle principali cause della corruzione è

data dalla sfiducia dei consociati nella capacità della pubblica amministrazione

di essere imparziale e efficiente. Questo è uno degli effetti criminogeni di se

stessa. La stessa sfiducia si alimenta anche per via della minaccia che la

corruzione (che si identifica, in questo secondo passaggio, per il cittadino, con

le istituzioni) rappresenta per l’incolumità pubblica, stando alle relazioni che

sono state evidenziate tra il livello di corruzione e, ad esempio, il numero di

decessi per eventi sismici, o per crollo di ponti autostradali. L’83 % delle morti

per eventi sismici si sono verificate in Paesi ad altissimo tasso di corruzione,

essendo il settore delle costruzioni uno dei più sensibili al fenomeno

corruttivo, dove la corruzione costituisce spesso lo strumento per abbassare i

costi delle opere e violare le regole in tema di sicurezza192

.

192

FIORITTO, La corruzione nei lavori pubblici, in Corruzione pubblica. Repressione penale e

prevenzione amministrativa, PALAZZO (a cura di), Firenze, 2011, p. 77 ss.

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CAPITOLO III

Le risposte del legislatore

1. Quadro normativo del post-Tangentopoli - 2. La legge 190/2012 - 2.1 Segue. L’abbandono

dell’esclusività dell’azione penale: la tutela amministrativa - 3. La repressione penale nella legge

190/2012. I principi ispiratori - 4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto

sulla dogmatica e sui giudizi - 4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso - 4.1. b. Segue: dolo -

4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze - 5. Il concorso di persone e i rapporti con

altre figure di reato - 5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite - 5.1. b. Segue: in

particolare, corruzione e concussioni - 6. Critiche - 6.1. a. Le corruzioni al vaglio della

determinatezza-tassatività: il principio di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319 c.p. -

6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente - 7. La legge 27 maggio 2015, n. 69 - 8. Corruzione politico-

amministrativa, lobbying e corruzione privata- 8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla

corruzione in Francia con obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle imprese

“Dove un superiore, pubblico interesse

non imponga un momentaneo segreto,

la casa dell’amministrazione

dovrebbe essere di vetro.”193

1. Quadro normativo del post-Tangentopoli

Con l’inchiesta Tangentopoli, l’esigenza di risposte da parte del

legislatore diventa un obbligo ineludibile, sia sul fronte della prevenzione che

sul fronte della repressione.

Con questa inchiesta, oltre a mettersi in luce problemi applicativi sul

piano giudiziario e a mostrare un sistema di controllo preventivo carente,

193

FILIPPO TURATI, discorso tenuto nel 1908 presso la sede della Camera dei Deputati

dall’onorevole, leader del partito socialista, auspicando il superamento del buio della Pubblica

Amministrazione, che nella sua intangibile burocraticità era ormai espressione di un male

imperscrutabile.

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cambia radicalmente il rapporto tra elettorato e partito: il rappresentante

politico non è più considerata persona eccelsa rappresentativa di una certa

concezione della società, credibile e lodevole personaggio di elevata cultura e

senso di comunità, ma soggetto espressione di interessi parziari, pronto a

mettere in discussione il proprio ideale per un interesse che soddisfi sia la

sfera pubblica che quella personale o anche solo quella personale. Questa

inchiesta danneggia, ma non distrugge il sistema e soprattutto convalida

l’esistenza di problemi ben radicati. La critica giurisdizionale è stata mossa

proprio nei confronti di quei provvedimenti successivi a seguito degli scandali,

come l’assenza di una riforma strutturale sul piano preventivo, vista

soprattutto la vigenza ancora di una confusa e farraginosa normativa

amministrativa e dei codici etici della pubblica amministrazione: “una

patologia alla lunga porta, come in tutti gli organismi, a uno stato di

immunodeficienza irreversibile”194

.

Sul piano della legislazione penale, a differenza di criminalità

organizzata e lotta al terrorismo, nessuna legislazione speciale è stata attuata

immediatamente per completare la distruzione del sistema danneggiato con

l’inchiesta, ad esempio tramite pratiche repressive almeno sui casi evidenti,

potenziando indagini e coercizione.

L’azione intrapresa fu un timido tentativo di fusione. Si agì sul piano

penale con provvedimenti di ispirazione amministrativa, a tratti positivi, a

tratti negativi, ma sicuramente senza una visione di insieme e un progetto

politico omogeneo.

194 G. FERRERO, Come uscire da Tangentopoli. Il fallimento delle istituzioni e il ritorno della

legalità, Editori Riuniti, Roma 1996, pag. 87.

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La prima riforma dei reati contro la P.A. era avvenuta con la legge n. 86

del 1990 e nel settore amministrativo con la legge n. 241 del 1990, riforma

incentrata sulla trasparenza e sul potenziamento dei rapporti tra P.A. e

cittadino.

In particolare, la riforma penale del ‘90 ha inteso sottolineare la

struttura funzionale-oggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e incaricato di

pubblico servizio, svincolandole dal rapporto soggettivo di dipendenza dallo

Stato o altro ente pubblico. Eliminato l’equivoco riferimento al “rapporto di

dipendenza dalla pubblica amministrazione”, i pubblici agenti sono oggi

collegati al solo elemento oggettivo della natura della mansione svolta,

richiedendosi lo svolgimento di attività regolamentata da norme di diritto

pubblico o da atti autoritativi. Avremo “pubblica funzione” e non “pubblico

servizio” se tale attività sarà caratterizzata dalla presenza di poteri autoritativi

o certificativi e dalla formazione e manifestazione della volontà della p.a. Si

guarda, quindi, alla disciplina dell’attività in concreto esercitata dal soggetto e

singolarmente considerata. Questo, in quanto nel nostro ordinamento la

soggettività pubblica di un ente non è sempre accompagnata dalla

regolamentazione pubblicistica della sua attività, ma, a volte, la regola è

proprio di senso opposto, soprattutto nel settore dell’economia pubblica.195

A distanza di quattro anni, con la l. 109/94 (la c.d. Legge Merloni), la

politica del risanamento alla fonte, ai principi, si attenua nonostante il contesto

istituzionale dissestato, e si introducono disposizioni di natura emergenziale

intese a regolare “direttamente” la contrattazione, l’aggiudicazione di appalti e

lavori pubblici regionali e locali, imponendo forme di pubblicità come la

195

Cass. Pen. Sez. Un. 24 settembre 1998, Citaristi, CP 1999, 112.

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pubblicazione delle gare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e

nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea196

.

Una data importante è il 17 dicembre 1997, dove viene firmata a Parigi

la Convenzione dell’OCSE per la lotta alla corruzione di pubblici ufficiali

stranieri nelle operazioni economiche internazionali, entrata in vigore in Italia

con la L. n. 330/2000, introducendo nel nostro ordinamento l’art. 322 bis c.p.,

per la lotta alla corruzione “delle persone che esercitano funzioni o attività

corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico

servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche

internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un

indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”.

La responsabilità che da sempre viene contestata al Legislatore italiano

è la tendenza ad intervenire solo quando la risoluzione delle endemiche

problematiche che affliggono il Paese risulti obbligata da un collasso

economico, o da una evidenza catastrofale, in situazione emergenziale. Il

carattere “necessario e urgente” della risoluzione di questioni politiche si

traduce in reazione dello Stato in termini repressivi ma confusionari e, come

vedremo, si scontrerà anche con il diritto vivente.

L’evoluzione normativa del nostro Paese, ha, quindi, sempre seguìto

più l’emozione197

che la riflessione rigorosa, indipendentemente dai ritardi. Un

esempio è offerto dalle modalità con le quali il nostro paese ha ratificato la

Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 27 gennaio

196

La Legge Merloni rappresenterà il primo passo verso l’approvazione del “Codice dei contratti

pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” introdotto con il D.Lgs. 163/2006, che provvederà alla

sua materiale abrogazione. 197

L. HINNA, M. MARCONI, in Corruzione. La tassa più iniqua. Ed. Donzelli, 2012, pag. 148

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1999, la c.d. Convenzione di Strasburgo (penale e civile)198

, sintesi di visioni

internazionalistiche delle vicende corruttive tese ad un approccio preventivo

piuttosto che repressivo, che ha permesso anche la costituzione del gruppo

GRECO (Groupe Européen contre la Corruption), cui partecipa l’Italia

fornendo periodicamente delle visite di monitoring. A distanza di oltre dieci

anni con le leggi n. 110/2012, nelle materie penali, e la n. 112/2012, nelle

materie civili, viene ratificata la convenzione del 1999, dando esecuzione in

maniera poco soddisfacente a quegli impegni contratti dagli Stati finalizzati a

prevedere l’incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva sia di

funzionari nazionali che stranieri, di corruzione attiva e passiva nel settore

privato, del cosiddetto traffico di influenze, dell’autoriciclaggio e

l’esecuzione, negli aspetti civilistici e riparatori, in favore delle persone che

avevano subito un danno risultante da un atto di corruzione.

Un altro fallimento della politica emergenziale, causato soprattutto

dalla sua dipendenza dal potere esecutivo e dall’assenza di risorse riservate

alla propria azione, fu l’istituzione “sommaria” dell’Alto Commissariato

Anticorruzione199

con l. 16 gennaio 2003, n. 3.

Il suo obiettivo si identificava “nella prevenzione e nel contrasto della

corruzione e delle altre forme di illecito all’ interno della pubblica

amministrazione”. Sicuramente un primo passo verso l’istituzionalizzazione di

un ente di elevata carica simbolica atto alla vigilanza e all’analisi del

fenomeno corruttivo, è stato però abolito nel 2008, ma le sue funzioni sono

state trasferite al Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT). La differenza

198

Cfr. R. GAROFOLI, La nuova disciplina dei reati contro la Pubblica Amministrazione, in Diritto

Penale Contemporaneo, 15 gennaio 2013. 199

http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/pubblica_a

mministrazione/app_notizia_22474.html

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fondamentale fu data dal rapporto di dipendenza col Ministro della funzione

pubblica e non con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel 2009 si prosegue verso l’instaurazione di un sistema più maturo a

duraturo, sulla scia dello schema che aveva affidato al SAeT le competenze

dell’Alto Commissariato. Il legislatore italiano di quegli anni introdurrà con il

decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 una normativa volta

all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e

trasparenza200

.

Le funzioni dell’Alto Commissario, trasferite al Servizio anticorruzione

e trasparenza (SAeT), vengono ora affidate alla Commissione indipendente

per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche

(CiVIT) . Ad essa sono imposti oneri di vigilanza sull’ integrità e sull’etica dei

pubblici ufficiali, ed ulteriori funzioni di implementazione della loro

sensibilità e integrità. Tra i suoi compiti specifici vi è l’approvazione di veri e

propri “piani anticorruzione”, predisposti dal Dipartimento della funzione

pubblica, seguendo i criteri generali di indirizzo fissati dal Comitato

Interministeriale. Per il rispetto dei parametri internazionali, la Civit, nata

come Commissione indipendente per la trasparenza delle amministrazioni

pubbliche, è stata, poi, trasformata in Authority indipendente (Anac). Il decreto

attribuisce alla CiVIT il ruolo di Autorità nazionale anticorruzione avente

finalità di operare attività di controllo201

.

200

La vicenda è ricostruita da G. SCIULLO, L’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto

della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione. Quale ruolo per i

controlli. Milano, Angeli, 2009. Cfr. F. MERLONI. L’applicazione della legislazione anticorruzione

nelle regioni e negli enti locali tra discipline unitarie e autonomia organizzativa in Istituzioni del

Federalismo. Rivista di Studi Giuridici e Politici 2/2013 aprile/giugno. Ed. Maggioli. 201

Cfr. C. DI MARZIO. Le nuove norme introdotte dalla legge anticorruzione (L. N. 190/2012) in

materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A”, in Rivista

amministrativa della Repubblica italiana, pag. 518.

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Per quanto riguarda invece “collezione” dei ritardi, la condotta

dell’Italia non si mostra differente nei confronti della Convenzione ONU -

Convenzione di Merida, sottoscritta il 31 ottobre 2003 e ratificata nel 2009

con la L. n. 116202

.

Leggendo il testo normativo, in particolare il titolo V, si scorge

l’introduzione di un sistema di restituzione dei beni o somme illecitamente

ottenuti quale provento dell’attività illecita.

Al fine di garantire tutela nei confronti delle vittime dei reati di

peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità,

corruzione e istigazione alla corruzione posti in essere da membri della Corte

penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari

delle Comunità europee e di Stati esteri, viene modificato l’art. 322 bis. c.p.,

introdotto con la già menzionata Convenzione OCSE del 1997.

Il testo novellato punisce le condotte non soltanto di coloro che

procurano a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche

internazionali ma anche qualora tale fine sia perseguito allo scopo di ottenere

o di mantenere un’attività economica o finanziaria203

. L’art. 4, invece, incide

202

“Agli obblighi posti agli Stati parte per l'adozione di efficaci politiche di prevenzione della

corruzione è dedicato l’intero titolo II, che prevede diverse misure miranti al tempo stesso a

coinvolgere il settore pubblico e il settore privato. Esse includono meccanismi istituzionali, quali la

creazione di uno specifico organo anticorruzione, codici di condotta e politiche favorevoli al buon

governo, allo stato di diritto, alla trasparenza e alla responsabilità. Da notare specialmente che la

Convenzione sottolinea il ruolo importante della società civile, in particolare di organizzazioni non

governative e di iniziative a livello locale, e invita gli Stati parte a incoraggiare attivamente la

partecipazione dell'opinione pubblica e la sensibilizzazione di essa al problema della corruzione.”

leg16.camera.it/561?appro=511 203

La legge 190/2012 e la legge 237/2012, intervenendo sui suddetti articoli, non hanno modificato

però gli aspetti introdotti dalla legge in commento.

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sul dettato del d.lgs 231/2001, inserendo un nuovo articolo in tema di

responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche204

.

La L. 190/2012 con l’art. 1, comma 2 ha individuato quale Autorità

nazionale anticorruzione la già menzionata Commissione per la valutazione, la

trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT), in

sostituzione dell’articolo 6 che designava il Ministro per la pubblica

amministrazione e la semplificazione, soggetto cui venivano trasferite le

competenze dell’Alto Commissario anticorruzione, già soppresso nel 2008205

.

2. La legge 190/2012

Entrate in vigore il 28 di novembre del 2012, le “Disposizioni per la

prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica

amministrazione” contenute nella legge n. 190 del 2012 recavano

provvedimenti atti sia a reprimere che a prevenire le condotte deviate, e

costituirono un tentativo organico contro la corruzione, essendo fortemente

orientate, dai suggerimenti interni ed esterni, ad una alta sensibilizzazione e

consapevolezza del ruolo del pubblico ufficiale e incaricato del pubblico

servizio come organi espressione della Costituzione, e ad essa, e quindi ai

consociati, legati da un obbligo di fedeltà.

La legge nasce dalle pressioni europee ma anche dalle pressioni della

magistratura, che più volte aveva esortato il Legislatore a non dedicarsi

204

Il nuovo articolo 25-decies è volto a sanzionare l’ente in relazione alla commissione del delitto di

induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, di

cui all’art. 377-bis, c.p. Laddove si ravvisi in relazione alla commissione del delitto una responsabilità

della persona giuridica, dovrà applicarsi all’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote. 205

La soppressione è avvenuta con l’art.12, comma 6 bis del d.lgs 112/2008 in ragione di esigenze di

semplificazione e ottimizzazione delle attività della P.A.

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esclusivamente ad un lavoro di repressione, ma ad ispirarsi innanzitutto a

principi di efficace prevenzione e perseguimento dei fenomeni corruttivi, tra

l’altro ordinati anche dalle istituzioni internazionali ed agli obblighi assunti ai

tavoli dell’Europa206

.

Per vedere quanto queste disposizioni fossero orientate alla costruzione

della “casa di vetro” della Pubblica Amministrazione analizzeremo nel

dettaglio la struttura della riforma, sicuramente orientata maggiormente a

tutelare il diritto alla trasparenza e il pubblico interesse preventivo che alla

cura della determinatezza penale. Sono presenti norme con fini di modifica,

aggiustamento o perfezionamento di discipline già esistenti e norme che

introducono strumenti di prevenzione nuovi che risentono dei modelli

utilizzati nelle esperienze internazionali207

.

Scorrendo il testo possiamo sicuramente cogliere nelle norme penali,

nelle modifiche e/o integrazioni al codice penale, in materia di repressione

della corruzione, l’ispirazione dei precetti dettati dalle principali istituzioni

intergovernative e sovranazionali impegnate nella lotta ai fenomeni corruttivi

come espresso dalle Convenzioni ratificate dall’Italia. Si intravedono delle

novità, come l’introduzione di strumenti tipici del diritto amministrativo in

chiave preventiva, tramite norme corpose e articolate, dove è possibile

intravedere sicuramente un maggior lavoro svolto, al contrario della

repressione penale e sua determinatezza208

, tentando di seguire le direttive che

da tempo giungevano dal mondo scientifico. Per quasi venti anni si erano

formate commissioni di studio composte da autorevoli esperti, in particolare, 206

D. STASIO. Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N. 2/2013. 207

F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 662 208

M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –

PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag. 60.

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quella nominata dal Presidente della Camera e presieduta da Sabino Cassese

nel 1996209

che individuava cinque aree di intervento (assetto normativo, i

rapporti politica e amministrazione, il corpo amministrativo, l’attività

amministrativa e i controlli nell’area privata); quella nominata dal Ministro

della funzione pubblica e presieduta da Gustavo Minervini nello stesso anno; e

quella nominata dal Ministro della funzione pubblica e presieduta da Roberto

Garofoli nel 2011, determinante per l’elaborazione di emendamenti al disegno

di legge210

. Il legislatore aveva acquisito consapevolezza che la corruzione in

senso ampio sebbene fosse da considerarsi un fenomeno multiforme, segue

logiche e schemi ripetitivi e, pertanto, la sua prevenzione richiede una

strategia articolata con alla base un forte studio e una grande

consapevolezza211

.

Un attenta analisi, però, mette in evidenza anche una scelta deludente,

che condannerà la legge a violente critiche, in quanto evidente il dolo delle

omissioni: si è scelto di non legiferare su alcune tematiche che meritavano la

maggiore considerazione sul tema: la disciplina dei controlli; la regolazione

dei gruppi di pressione e del lobbying; il rafforzamento dei corpi ispettivi (e di

quelli tecnici); l’accentramento dei concorsi pubblici212

. In verità, sono

presenti alcuni commi dedicati ai contratti pubblici, ma la legge non disciplina

i “settori caldi”, i settori maggiormente esposti al rischio di corruzione, come

l’urbanistica, la sanità e i servizi pubblici, in particolare quelli locali, gli

209

Il rapporto è pubblicato in Lotta alla corruzione, Laterza, Roma.-Bari, 1998. 210

La corruzione in Italia, per una politica di prevenzione – Rapporto finale della commissione

ministeriale per l'elaborazione di misure per la prevenzione della corruzione, in

http.//www.governo.it/governoinformal/dovumenti/201210022/rapporto_corruzioneDEF.pdf 211

M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, in MATTARELLLA – PELISSERO (a cura di ) La legge

anti-corruzione, op.cit., pag. 60. 212

F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 663.

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ambiti in cui le cronache degli ultimi decenni hanno testimoniato come l’uso

distorto del potere amministrativo e della macchina del decentramento e

l’influenza di fattori esogeni all’amministrazione stessa possano diventare

paradossalmente la regola.

Nonostante le novità apparenti della legge, il corpus normativo si

presenta strutturalmente discontinuo, e, tramite un lavoro di manutenzione, e

non distruzione e ricostruzione (si pensi alle numerose modifiche del Testo

Unico del pubblico impiego) che poteva essere finalizzata magari ad una

sistemazione organica dei singoli interventi, si dimostra superficiale in tema di

tempi di attuazione e poco preoccupata delle risorse che inevitabilmente

saranno impiegate e dell’assenza di sanzioni e poteri sostitutivi in caso di

inerzia delle amministrazioni213

, generando incertezze applicative e resistenze

all’interno dell’amministrazione214

.

La scelta politica della legge era: “tentare di occuparsi” della corruzione

“amministrativa”, non di quella “politica”. Per fare qualche esempio, essa ha

puntato sulla trasparenza amministrativa, ma nessuna norma ha affrontato il

problema della trasparenza nel finanziamento della politica; ha “potenziato” i

codici di comportamento dei dipendenti pubblici, ma continuando a non

prevedere nulla per i politici; ha affrontato il problema del conflitto di

interesse dei primi, non di quello dei secondi. La classe politica, figlia e

partecipe di scandali, ha scelto di affrontare i difetti dell’amministrazione,

sorvolando sui propri, dei tesorieri di partito, dei consiglieri regionali, dei

213

Ibidem 214

M. CLARICH, Sulle resistenze all’interno dell’amministrazione si gioca il successo della legge

anticorruzione, in Guida al diritto, Il Sole 24 Ore, n˚ 47, novembre 2012

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sindaci215

.

Quando infatti elogiamo le influenze dei suggerimenti internazionali per

la lotta alla corruzione, sorvoliamo su come gli strumenti legislativi adottati

negli altri Paesi plasmano regole poste a protezione dell’integrità della politica

nella lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. I politici

rappresentano il popolo, e ad esso rispondono, ma attualmente non c’è alcuna

norma nel nostro ordinamento che si preoccupi che questi rappresentino il

popolo “in maniera corretta”216

.

Grave omissione commessa dal legislatore riguarda anche la disciplina

del lobbying, dei gruppi di pressione. Nessuna norma per contenere lo spoils

system, l’introduzione di incompatibilità e regole di comportamento per i

titolari degli uffici di staff, la centralizzazione dei concorsi pubblici, il

rafforzamento dei corpi tecnici e dei corpi ispettivi, l’introduzione di controlli

randomizzati sulle amministrazioni217

. Si è tralasciata la regolamentazione

della corruzione privata, che, spesso, in alcune declinazioni del pactum

sceleris è presupposto di quella amministrativa. Si ricordano le parole

dell’allora Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso: “forse bisognava

reinserire il reato di falso in bilancio [che ora abbiamo con la legge 69/2015] e

magari fare un bel reato di falsa fatturazione”218

. Un’altra critica costruttiva,

in quanto il falso in bilancio è spesso finalizzato alla costituzione di fondi

occulti, da utilizzare per il pagamento di tangenti..

215

M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –

PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag. 62 216

B.G. MATTARELLA, Le regole dell’onesta: etica, politica, amministrazione; il Mulino, Bologna,

2007. 217

M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione in MATTARELLLA –

PELIS-SERO (a cura di ) La legge anticorruzione, op.cit., p. 62. 218

Da “il Fatto Quotidiano” del 19 ottobre 2012.

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Cercando di soffermarci sugli aspetti positivi, sulle uniche “armi” messe

a disposizione, la scelta di puntare in maniera decisa sulla trasparenza della

pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di risorse

pubbliche, rappresenta comunque un punto di svolta. Il potere di disporre di

risorse è connaturato nelle cariche politiche e dirigenziali. Questo comprende

una percentuale di possibilità nella condotta di utilizzarle in modo improprio o

inefficiente, anche se non necessariamente criminoso. Infatti, se una pubblica

amministrazione ha intenzione di destinare denaro pubblico a un beneficiario,

ha chiaramente il potere e le forze per trovare il modo di farlo. Non un

deterrente, ma comunque un limite, è proprio la trasparenza: si introduce una

sorta di tracciabilità in cui tutti possono verificare come le risorse pubbliche

vengono erogate.

La legge sul procedimento amministrativo del 7 agosto 1990, n. 241 era

orientata in questa direzione, e anche i progressi successivi come il

potenziamento del diritto d’accesso, come diritto degli individui ad accedere ai

documenti o alle informazioni che li riguardano, alla pubblicità di tutte le

informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività della pubblica

amministrazione e il diritto all’accesso civico della legge delega 124/2015,

meglio conosciuta come “Legge Madia”.

Da questo punto di vista, la legge 190 del 2012 rappresenta comunque

una evoluzione del percorso.

La trasparenza dell’attività amministrativa è principio costituzionale,

diritto-mezzo per la tutela dei diritti sociali e civili. La legge contiene anche

una delega legislativa per il riordino della disciplina inerente agli obblighi di

pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche

amministrazioni, che nel complesso della legge costituiscono un corpus atto a

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comprimere inopportune rendite di posizione219

. Unite a queste norme,

abbiamo quelle sugli incarichi, sui divieti per i condannati e sugli appalti,

interventi che hanno lo scopo di sancire l’incompatibilità naturale tra le

condanne per determinati reati e l’assunzione di incarichi pubblici, che

prefigurano un perfezionamento tanto del sindacato “informale” dei privati

sull’operato dell’amministrazione e sull’elargizione di benefici pubblici

quanto l’introduzione di nuove norme in un settore tradizionalmente esposto al

rischio di scambi occulti220

.

Stando ai numeri, dopo la legge, nel 2013, l’Italia salì in classifica nel

Corruption Perception Index di Transparency International, migliorando il

proprio punteggio da 42/100 a 43/100. Tra i Paesi europei l’Italia rimase però

tra gli ultimi posti221

.

2.1 Segue. L’abbandono dell’esclusività dell’azione penale: la tutela

amministrativa

Comprensive di strumenti innovativi, le norme per la prevenzione

rappresentano il fondamento della creazione normativa del 2012. Il controllo

superiore e centrale è affidato al Dipartimento della funzione pubblica e alla

CiVIT, il cui ruolo di Autorità nazionale anticorruzione avente finalità di

219

M. CLARICH – B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in MATTARELLLA –

PELISSERO (a cura di ) La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, p. 67. 220

F. DI CRISTINA, La prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(Legge 190/2012) in Studium iuris, 6/2013, p. 663. 221

http://www.transparency.org/cpi2013/results

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operare attività di controllo222

, è istituzionalizzato all’art. 1 della Legge 190

che richiama l’art. 13 del d.lgs. n. 150/2009. Con l’entrata in vigore della

legge del 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione del decreto legge del 31

agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di

obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, ha assunto la

denominazione A.N.A.C., Autorità Nazionale Anticorruzione e per la

valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, con funzioni di

natura analitica, di ricerca e di proposta, di amministrazione attiva, consultiva

e di controllo223

.

Come esempio di amministrazione attiva, l’Anac approva il Piano

Triennale di Prevenzione della corruzione, che deve essere adottato entro il 31

gennaio di ogni anno e deve essere trasmesso al Dipartimento della funzione

pubblica.

Viene ulteriormente rafforzato il compito informativo in materia di

valutazione, trasparenza e integrità nelle pubbliche amministrazioni con il

comma 2 lett. g dell’art. 1. L’Anac deve “riferire al Parlamento, presentando

una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull’attività di contrasto

della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e

sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia” 224

.

Questa norma riesce a dare un controllo parlamentare sull’azione

222 Cfr. C. DI MARZIO. Le nuove norme introdotte dalla legge anticorruzione (L. N. 190/2012) in

materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A”, in Rivista

amministrativa della Repubblica italiana, pag. 518. 223

G. SCIULLO, L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura di)

MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag.72 224

Cfr. Il Rapporto sulla trasparenza dei Ministeri, dell'agosto 2012; il Rapporto sulla trasparenza

degli enti pubblici nazionali, dell'ottobre 2012; Valutazione e trasparenza nelle pubbliche

amministrazioni. Primo monitoraggio del d.lgs. 150/2009 nelle amministrazioni centrali e

regionali, del marzo 2011; la Relazione Civit al Ministro per l'attuazione del programma di

Governo sull'attività del 2010.

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dell’Esecutivo, e quindi mantiene un importante carattere democratico della

Repubblica Parlamentare. In circolarità tra diritto e società, la relazione

rappresenta il “veicolo” conoscitivo che permette di mettere a disposizione dei

membri delle due Camere dati maggiori in un formato più “strutturato”

rispetto a quanto di norma avviene attraverso le manifestazioni ordinarie di

sindacato ispettivo225

.

Come esempio di attività di ricerca, fondata su idonei meccanismi

circolari di scambi di informazioni, sia in senso verticale tra amministrazioni

collocate in rapporto gerarchico, sia orizzontale tra varie amministrazioni dello

stesso livello, l’Anac analizza le cause e i fattori della corruzione e individua

gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto. In questo

modo vengono a svilupparsi modelli di risk management mediante i quali è

possibile stimare il rischio per poi elaborare delle strategie per governarlo,

tramite l’Integrity Risk Management (IRM), strumento per l’identificazione

dei rischi relativi al fenomeno corruttivo, indicatore che sintetizza fattori

chiave che influenzano il rischio corruzione, che analizza le minacce attuali,

potenziali e/o emergenti, provenienti da fonti esterne ed interne, che individua

diversi profili di vulnerabilità di un soggetto pubblico, tramite il monitoraggio

dell’esposizione al rischio di un soggetto pubblico e l’adozione di effettive

misure di controllo del rischio corruzione, anche al fine di considerare i

mutamenti delle circostanze e del contesto operativo.

Incide in tale ambito anche la corretta impostazione e la gestione dei

rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali in relazione ai compiti

affidati alle stesse dal comma 5 dell’art. 1, nell’elaborazione di piani di

225

D. SICLARI, Il controllo parlamentare sugli atti non normativi, in R. DICKMANN – S.

STAIANO (a cura di), Funzioni parlamentari non legislative e dorma di governo, Giufrrè, Milano,

2008, pp. 352-353

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prevenzione che forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione

al rischio corruzione degli uffici e degli interventi organizzativi per prevenire

tale rischio226

.

Bisogna poi affermare che la legge 190 ha limitato da noi il fenomeno

del pantouflage. Con una modifica all’articolo 53 del D.lgs 165/2001

(inserendo il comma 16 ter) , dispone: ”I dipendenti che, negli ultimi tre anni

di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle

pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono

svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di

pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati

destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i

medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di

quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti

privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche

amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei

compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”.

In base al dettato su riportato, e per dare un esempio dell’attività

consultiva dell’Anac, ricordiamo il parere del 18 febbraio 2015

AG/08/2015/AC, che cerca di chiarificare la non limpida norma.

Secondo l’Anac, detta normativa “mira a ridurre il rischio di situazioni

di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla

cessazione del rapporto di lavoro. Si intende, dunque, evitare che, durante il

periodo di servizio, il dipendente stesso possa precostituirsi delle situazioni

lavorative vantaggiose sfruttando la sua posizione e il suo potere all’interno

226

F. FERRARO – S.GAMBACURTA, Anticorruzione, Commento alla riforma, La legge 6 novembre

2012, n.190 e i provvedimenti attuativi, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (Rimini),

2013, pag. 43

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dell’amministrazione per ottenere un lavoro presso il soggetto privato in cui

entra in contatto”.

La norma è rivolta ai dipendenti nel senso più ampio del termine, tale

da ricomprendere anche i soggetti legati alla P.A. da un rapporto di lavoro a

tempo determinato o autonomo. All’Anac, infatti, spetta “esprimere pareri

facoltativi in materia di autorizzazione, di cui all’art. 53 del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, allo svolgimento

di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli

enti pubblici nazionali, ,con particolare riferimento all’applicazione del com-

ma 16-ter, introdotto dal comma 42, lett.l), del presente articolo” (art. 1,

comma 2, lett. e legge 190/2012).

Secondo il comma 2, lett. f, l’Anac “esercita la vigilanza e il controllo

sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle

pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul

rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dai

commi 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti”. E al

comma 3: “Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f, la

Commissione [adesso Anac] esercita poteri ispettivi mediante richiesta di

notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e

ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4

e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell’attività

amministrativa previste dai commi 15 a 36 del presente articolo e dalle altre

disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comporta-menti o atti contrastanti

con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le altre

amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali,

dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma”.

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La disposizione del comma 2 lett. f va letta in combinato disposto al

comma 3, configurando un ampliamento dei poteri di controllo, sia sui singoli

atti che su attività e riferendosi sia a quei profili di legittimità (vigilanza) sia ai

profili di merito (effettiva applicazione ed efficacia)227

.

I poteri ispettivi consistono nella richiesta di notizie, informazioni, atti e

documenti. Dall’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 150/2009, emerge anche la

possibilità di “richiedere indagini, accertamenti e relazioni dell’Ispettorato

per la funzione pubblica”. Presentano altresì carattere strumentale i doveri di

comunicazione aventi ad oggetto informazioni, dati e atti, stabiliti dai commi

27, 39 e 82 in favore dell’Anac. L’art. 34 bis del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,

“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con

modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha inserito un’indicazione

specifica delle finalità ulteriori cui può essere diretta la richiesta di indagini,

ossia “ai fini degli accertamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto e

all’imposta sui redditi”. Per gli stessi fini, sempre il comma 2 dell’art. 34 bis,

appena menzionato, prevede che “l’Autorità (…) si avvale, sulla base di intese

con il Ministro dell’economia e delle finanze, della Guardia di Finanza”.

All’esito di tali controlli, l’Anac può disporre misure prescrittive concernenti

l’adozione di atti o la rimozione di atti e comportamenti.

Infatti, come espressione del potere di controllo abbiamo la previsione

del comma 82, disposizione, assente nell’originario disegno di legge e inserita

nel corso dell’iter parlamentare sulla base di un’indicazione formulata dalla

Commissione Garofoli, Stabilisce che il provvedimento di revoca del

segretario comunale o provinciale (ammesso ai sensi dell’art. 100 del d.lgs. 18

227

G. SCIULLO, L'organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in (a cura di)

MATTARELLA – PELISSERO, La legge anticorruzione, Giappichelli, Torino, 2013, pag.75

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agosto 200, n. 267 “per violazione dei doveri di ufficio”) è “comunicato dal

prefetto all’Autorità nazionale anticorruzione, che si esprime entro trenta

giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l’Autorità

rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di

prevenzione della corruzione”.

Nel dicembre 2013 è stato presentato alle Camere il Rapporto sul primo

anno di attuazione della legge n. 190/2012.

Le prime constatazioni sull’impatto della legge permettono delle

riflessioni importanti sul problema della pubblica amministrazione italiana.

L’Autorità ha immediatamente sollecitato dopo l’entrata in vigore della legge,

a nominare i Responsabili della Prevenzione della Corruzione (RPC), e al 28

novembre 2013 molti ministeri risultavano inadempienti. Ritardi analoghi

erano presenti a livello di enti nazionali e territoriali. Inoltre, il problema

dell’assenza di una concezione fortemente nomofilattica della legge nella sua

ottica preventivo-amministrativa (dovuta alla difficoltà e alla rarità dei ricorsi

sul territorio nazionale) ha permesso ad un gruppo eterogeneo di soggetti,

tramite interpretazioni discutibili, di eludere l’applicazione della legge

minando l’integrità della p.a. La legge e i decreti legislativi, infatti, hanno

comunque accresciuto responsabilità dirigenziali con la possibile, quanto

pericolosa conseguenza che i dirigenti reagiscano adottando il loro potere con

un approccio meramente formale e mediatico. Questo rischia di aumentare il

carattere pachidermico del procedimento amministrativo, aumentando la

corruzione. L’Autorità poi avverte che il trasferimento di tali poteri di

inconferibilità e incompatibilità in capo al Ministro della pubblica

amministrazione e semplificazione operato dal d.l. n. 69/2013, contenente

“Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, convertito con

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modificazioni dalla legge n. 98/2013, oltre che creare incertezze e

disorientamento nelle amministrazioni, non ha consentito di affrontare alcuni

problemi emersi con riferimento a numerosi casi concreti, per i quali sarebbe

stato opportuno fornire tempestivi chiarimenti e che risultano, allo stato,

parzialmente irrisolti.

Nonostante la legge sia estremamente criticabile, emerge comunque

un’Autorità intenta ad implementare la lotta alla corruzione, e che dimostra da

subito il carattere indipendente dell’Autorità stessa.

La legge contiene un particolare strumento, che permette di istituire

presso le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo la c.d. white list, un

elenco di imprese tenute esenti dal presentare la documentazione antimafia

alle amministrazioni pubbliche, in quanto considerate non a rischio di

infiltrazioni. Le Prefetture sono onerate di controllare la permanenza di questo

status in riferimento alle figure amministrative del rappresentante legale,

direttore o responsabile tecnico, e le imprese sono obbligate a comunicare, a

pena di esclusione dalla white list ogni variazione dell’assetto proprietario.

Inoltre, la CiVIT ha il compito di approvare il Piano Triennale di

Prevenzione della corruzione, che deve essere adottato entro il 31 gennaio di

ogni anno e trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica.

Al comma 9 è infatti stabilito che ”Il piano di cui al comma 5 risponde

alle seguenti esigenze:

a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui al comma 16, anche

ulteriori rispetto a quelle indicate nel Piano nazionale anticorruzione,» e

dopo le parole «rischio di corruzione, nell’ambito delle quali è più elevato il

rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate

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nell’esercizio delle competenze previste dall’articolo 16, comma 1, lettera a-

bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)

b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di

formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio

di corruzione;

c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi della

lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato

ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza

del piano;

d) definire le modalità di monitoraggio del rispetto dei termini, previsti dalla

legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)

e) definire le modalità di monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione e i

soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a

procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi

economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di

parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i

dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti

dell’amministrazione;

(lettera così modificata dall’art. 41 del d.lgs. n. 97 del 2016)

f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli

previsti da disposizioni di legge”.

Risulta necessario richiamare anche il c.d. Codice di comportamento

dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, entrato in vigore con il d.P.R.

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del 16 aprile 2013 n. 62228

, il quale stabilisce che “il dipendente non accetta,

per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore

effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e

nell’ambito delle consuetudini internazionali”. L’art. 4 individua il limite tra

regalia d’uso socialmente ammessa e donativo penalmente illecito229

.

Nonostante sia ancora indefinito in realtà il riferimento alla controprestazione

del pubblico ufficiale, si può affermare però che la L. 190/2012 ha dato

rilevanza alle condotte in cui qualsiasi passaggio di utilità tra soggetto

pubblico e privato trovi la sua giustificazione nell’attività esercitata dal

pubblico ufficiale in ragione del suo ruolo o della sua qualità.

La legge fa più volte riferimento alla necessità di attivare percorsi di

formazione dei dipendenti sui temi di legalità e dell’etica pubblica230

.

Questa sensibilizzazione ha comunque permesso di introdurre strumenti

di segnalazione interna affidati alla tecnica statunitense del c.d.

whistleblowing231

, introdotto negli Stati Uniti durante la guerra di

indipendenza per combattere la corruzione nelle forniture militari, prevedendo

una taglia per i responsabili.

228

Entrato in vigore il 19 giugno 2013, recante il “codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a

norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n.165”, l’articolo 54 del D.Lgs.

165/2011 conteneva, infatti, la delega al governo a prevedere il divieto “di chiedere o di accettare, a

qualsiasi titolo, compensi, regali, o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie

funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle

normali relazioni di cortesia”. 229

Il quinto comma dello stesso articolo precisa, però, che “ai fini del presente articolo, per regali o

altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150

euro, anche sotto forma di sconto”. 230

L’art. 1 comma 11 individua la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione come soggetto

delegato a gestire tale processo. Cfr. L. HINNA E M. MARCONI, in op. cit. pag. 160. 231

Cfr. G. FRASCHINI, Whistleblowing e sistemi di protezione: stato dell’arte e considerazioni.

Rapporto sulla ricerca svolta dal Trasparency International Italia, in G. FRASCHINI, N. PARISI,

D.RINOLDI, Il Whistleblowing nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno, Roma 2011, p. 66

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Il whistlebower , il “soffiatore nel fischietto”, si ispira a quella politica

di controllo inter pares che invita tutti ad essere arbitri e poliziotti dell’altro se

il tema è il bene comune e le risorse sono pubbliche.

L’esigenza di una gestione del genere del controllo è espressa nel

brocardo latino di Giovenale quis custodiet ipsos custode, che impone, però, di

individuare dei presupposti affinché il sistema del whistleblowing funzioni,

tenendo conto soprattutto che in Italia, “nella nostra cultura, ancora influenzata

pesantemente da sentimenti ambigui, vicini talvolta a omertà e collusione, il

whistleblower viene considerato un delatore, un traditore”232

: innanzitutto il

fatto oggetto di denunce deve essere percepito come grave, il secondo è

l’esistenza di una cittadinanza attiva che spinga alla difesa dei valori condivisi.

Questo schema ha trovato riscontro in Inghilterra, laddove nel 1998,

con il Public Interest Disclosure (Pida), è stata introdotta una norma che mira

a tutelare i lavoratori che forniscono informazioni utili ad individuare

fenomeni di corruzione all’interno delle proprie aziende.

È naturale che, allo stato attuale, la prevista garanzia dell’anonimato

per il dipendente denunciante, tipica del procedimento disciplinare interno,

almeno fino a quando la contestazione non risulti fondata, in tutto o in parte,

sulla segnalazione, scontrandosi con il sistema penale, sarà destinata nel

procedimento ad infrangersi di fronte alle esigenze di necessaria rivelazione

dell’identità dell’accusatore in nome della riespansione delle garanzie legate al

diritto fondamentale di difesa in capo all’accusato. Non manca chi, proprio per

ovviare a tali aporie sistemiche, auspica il ricorso sul piano preventivo ad una

figura speciale di agente provocatore (entrapment) opportunamente

232

Cit. L. HINNA E M. MARCONI, in op. cit. pag. 162.

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disciplinata come già del resto previsto in altri settori dell’ordinamento

(criminalità organizzata)233

.

La legge 190 del 2012, con i progetti sul controllo, con i piani di

prevenzione, obblighi preventivi di comunicazione ed informazione,

introducendo norme per una maggiore trasparenza per l’uso delle risorse

pubbliche, per l’accesso all’informazione, per la pubblicazione obbligatoria

della situazione patrimoniale dei titolari di incarichi politici, di carattere

elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, a livello statale,

regionale e locale, e per la responsabilità per il danno all’immagine della

pubblica amministrazione, nonostante le omissioni dolose su alcuni temi

fondamentali, “colposamente” ha comunque introdotto delle norme che

permettono di avere un impatto educativo e organizzativo diverso dal passato

e, tramite nuove collocazioni dogmatiche delle condotte lesive, un impatto

socio-culturale abbastanza significativo per l’implementazione, ancora

necessaria, della lotta alla corruzione.

3. La repressione penale nella legge 190/2012. I principi ispiratori

Per comprendere la parte repressiva della riforma risulta prodromico

ricordare che nei rapporti GRECO era già stata segnalata la necessità che la

previsione di cui al previgente art. 317 c.p., non conosciuta nelle restanti

codificazioni europee, poteva consentire al vero corruttore di sfuggire alle

sanzioni presentandosi come vittima di concussione. Si richiedeva al

233

CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto

“integrato”, Torino 2012, cit. 179.

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legislatore italiano, infatti, di operare in modo da evitare che l’applicazione del

reato di concussione potesse funzionare quale strumento di possibile esonero

di responsabilità per la corruzione internazionale. Le pressioni del legislatore

europeo e della giurisprudenza della Corte di Cassazione, ergo dei giudizi

concreti e delle condotte di altri (o tra più) territori, permisero di cominciare

una riflessione sulle nuove fattispecie di comportamenti illeciti che

caratterizzavano le nuove forme con cui si manifestava il fenomeno corruttivo.

Il legislatore italiano è intervenuto sia per spacchettare il reato di

concussione, sia per modificare le figure di reato già esistenti, sia per inserire

inasprimenti di pena, sia per introdurre nuove figure di reato.

La ratio dell’introduzione del nuovo art. 319 quater sta quindi “proprio

nell’esigenza, più volte manifestata in sede internazionale, di evitare il più

possibile che si aprano spazi di impunità per il privato che effettui dazioni o

promesse indebite di denaro o altre utilità ai pubblici funzionari, adeguandosi

a prassi di corruzione diffusa in determinati settori”234

.

La legge soprattutto sul versante penale lascia irrisolti una serie di

problemi che impediscono di organizzare sistematicamente la lotta al

fenomeno corruttivo. Inoltre, stando al rapporto GRECO, “un fattore decisivo

che ostacola l’efficacia del regime sanzionatorio esistente riguarda la

questione della prescrizione in Italia e, più in particolare, il rischio che i

procedimenti penali per corruzione non vadano a termine perché sono

prescritti”; il rapporto si conclude con la seguente raccomandazione “al fine di

garantire che i procedimenti siano definiti prima della scadenza dei termini di

prescrizione: (i)effettuare uno studio sull’impatto che la prescrizione ha sui

234

GAROFOLI, La nuova legge anticorruzione, tra prevenzione e repressione, p. 17, rielaborazione

della relazione svolta al Convegno "Il contrasto alla corruzione: le prospettive aperte dopo la legge

6 novembre 2012, n. 190", tenuto in Corte di Cassazione il 17 aprile 2013aprile 2013.

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procedimenti per corruzione al fine di stabilire l’entità e le cause dei problemi

che potrebbero essere identificati a seguito di tale indagine; (ii) adottare un

piano di azione specifico per affrontare e risolvere, entro tempi stabiliti, i

problemi che dovessero emergere dall’indagine; (iii) rendere pubblici i

risultati di questa attività di studio”235

.

Lasciando anche irrisolti i problemi sul falso in bilancio e

sull’autoriciclaggio, la legge 190 non ha rappresentato uno strumento di

riforma strutturale dei reati contro la P.A., ma è intervenuta esclusivamente nel

risistemare materialmente le quattro macroaree di illeciti.

Qualcosa di buono ne è comunque uscito dalle pressioni.

Se vogliamo, guardando esclusivamente ad un principio di fondo, e ad

un primo impatto educativo-sociologico (poi deviato dalla pena) la riscrittura

dell’art. 318 c.p. può rappresentare un passo in avanti , in quanto da ipotesi

minore, la corruzione per esercizio della funzione diverrà archetipo dei reati

corruttivi, cercando di “determinare” la condotta della corruzione per

asservimento, una figura che da decenni suscitava l’interesse dell’interprete, il

quale era stato chiamato a risolvere il problema del suo inquadramento

all’interno di un sistema – qual era quello delineato dal codice penale del 1930

– che è sempre stato permeato dal requisito dell’atto d’ufficio, elemento

centrale dei delitti di corruzione.236

Purtroppo, come vedremo, ci saranno

molte incongruenze con il diritto vivente e in relazione alla corruzione per

235

Rapporto del GRECO sul punto, in D. STASIO , Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N.

2/2013. Cassazione Penale 236

Cfr. MANES, L’atto d'ufficio nelle fattispecie di corruzione, in Riv. it. dir.e proc. pen, 2000, p.

925 e CINGARI, I delitti di corruzione, in Delitti contro la pubblica amministrazione, a cura di

Palazzo, ESI, 2011, p. 166.

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asservimento, l’art. 318 c.p. si mostrerà inadatto a ricomprenderla,

insufficiente e, addirittura, controproducente.

Tale ipotesi – in passato descritta ricorrendo ad espressioni quali quella

del c.d. “pubblico ufficiale a libro paga del privato” o della c.d. corruzione “a

futura memoria”237

, è definibile come quella situazione in cui “il soggetto

pubblico viene dal privato pagato in maniera forfettaria o periodicamente, non

perché compia o ometta un determinato atto, ma perché sia disponibile a

compiere o ad omettere tutti gli atti che dovessero essere utili al privato, che lo

sovvenziona”238

.

Essa costituisce, insieme all’elaborazione dell’ipotesi di indebita

dazione di utilità ex art. 319 quater c.p. e all’introduzione dell’ipotesi di

traffico d’influenze ex art. 346 bis, una nuova collocazione dogmatica della

responsabilità penale della Pubblica Amministrazione. L’art. 318 c.p.,

precedentemente ipotesi di valenza minoritaria, che prevedeva la corruzione

impropria per atto conforme ai doveri d’ufficio, si trasforma in norma che

scolpisce i lineamenti dell’archetipo del reato di corruzione passiva, del quale

le altre incriminazioni costituiscono, ciascuna, un sottoinsieme. Una scelta

ispirata in generale ad un criterio iniziale di razionalità sistematica.

Questa legge ha delimitato le ipotesi di concussione, modificando la

struttura del reato, scindendo la costrizione dall’induzione ed eliminando

l’incaricato di pubblico servizio quale soggetto attivo qualificato dal reato

mediante costrizione (poi re-inserito con la legge 69/2015). Nella

formulazione dell’art.317 c.p. il reato poteva essere commesso esclusivamente

237

Fiandaca, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione, in Riv. it. dir. e

proc. pen., 2000, p. 883 238

Davigo, Falso in bilancio, concussione e corruzione, in Falso in bilancio, concussione e

corruzione: esperienze a confronto. Aspetti sostanziali e processuali, Manna (a cura di), Cacucci,

1998, p. 27.

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131

dal pubblico ufficiale, ferme le regole del concorso dell’extraneus nel reato

proprio. È intervenuta aumentando il minimo edittale della pena detentiva da

anni quattro ad anni sei di reclusione e, come già precisato, eliminando dal

delitto di concussione la condotta per induzione con l’introduzione del reato di

cui di cui all’art. 319 quater (Induzione indebita a dare o promettere utilità).

Nella attuale formulazione, difatti, il delitto di concussione può realizzarsi solo

nella forma esplicita, attraverso una condotta costrittiva, mentre nella

previgente disposizione, costrizione ed induzione si mostravano quali condotte

alternative ed equivalenti239

. La legge ha anche introdotto, infine, l’ulteriore

figura di reato di cui all’art. 346 bis c.p.240

per le condotte lesive dei principi di

imparzialità e trasparenza dell’agire pubblico241

.

Lo sdoppiamento del reato di concussione in concussione (per

costrizione) ed induzione indebita a dare o promettere utilità, è espressione

della volontà di differenziare sia le condotte abusive, sia le stesse conseguenze

delle condotte medesime sul soggetto passivo242

.

239

DOLCINI-VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. 2012, n. ,

p. 243, 240

Art. 1, comma 75, lett. r: “Dopo l’art. 346 è inserito il seguente: Art. 346 bis (traffico di influenze

illecite). Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando

relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio,

indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come

prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico

servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di

ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a

tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio

patrimoniale.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro

o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un

pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio

di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.” 241

PAOLO IELO, Prime Note sulla Riforma dei Reati contro la P.A., Sostitutore Procuratore, Gruppo

Reati contro l’economia, Procura di Roma, in Resp. amm. soc., n. 1, 2013 242

CASARTELLI-ROSSI, Le misure anticorruzione, Torino, 2013, p. 99.

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Nella attuale fattispecie di concussione, l’abuso del soggetto pubblico si

manifesta attraverso una condotta costrittiva satura di violenza psichica che

determina nel soggetto passivo uno stato di soggezione.

Nella induzione indebita, l’abuso del pubblico ufficiale o dell’incaricato

di un pubblico servizio, si manifesta attraverso una condotta di persuasione e

di pressione che induce il soggetto passivo ad effettuare il versamento o la

promessa, pur non essendo costretto. Da questo discende la giustificazione del

suo assoggettamento alla pena ai sensi del secondo comma dell’art. 319 quater

c.p. “Il termine costringe dell’art. 317 c.p., modificato dalla legge n. 190 del

2012, significa qualunque violenza morale attuata con abuso di qualità o di

poteri che si risolva in una minaccia, esplicita o implicita, di un male ingiusto

recante lesione non patrimoniale o patrimoniale, costituita da danno emergente

o a lucro cessante. Rientra invece nell’induzione ai sensi del successivo art.

319 quater la condotta del pubblico ufficiale che prospetti conseguenze

sfavorevoli derivanti dall’applicazione della legge per ottenere il pagamento o

la promessa indebita di denaro o altra utilità. In questo caso è punibile anche il

soggetto indotto che mira ad un risultato illegittimo a lui favorevole, salva

l’irretroattività della legge penale”243

.

Così, la concussione si distinguerebbe dalla induzione indebita dalla

differente modalità attuativa dell’abuso nonché dalla differente intensità della

pressione esercitata sul soggetto passivo244

.

È evidente in questa breve analisi della concussione la tendenza al

paternalismo dello Stato italiano, mostratasi con un legislatore che, spinto

dalle pressioni di provenienza internazionale, ha deciso, più che rivoluzionare

243

Cass. VI, 5 dicembre 2012, n. 3251, in Diritto & Giustizia, 2013, 23 gennaio 2013. 244

SPADARO-PASTORE, Il penalista. Legge anticorruzione, 2012, Milano, p. 50

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in toto il sistema, di comportarsi come un pater familias moralizzatore,

imponendo al privato di dar fondo a tutte le sue forze per resistere alla mela

offerta dal serpente: “Giustissimo verrebbe da dire, ma poco realistico, in un

sistema socio-economico complesso, in cui il funzionario può essere anche

estremamente scaltro. […] La legge sembra esigere dalla parte spesso più

debole del rapporto con la P.A. un dovere di resistenza (sembrerebbe nella

sola induzione), ma nei confronti dei funzionari poco onesti”245

.

Come è stato giustamente fatto notare, “può sembrare un paradosso, ma

a ripercorrerla, la vicenda dell’anticorruzione (la nascita, la genesi,

l’approvazione) è tutta un grande paradosso, che ha partorito una leggina

mediocre, una bandierina da piantare sulle macerie della corruzione italiana

elevata ormai a sistema, per consentire all’ Italia, e al governo Monti, di

riscuotere comunque il plauso della comunità internazionale a prescindere

dalla concreta efficacia delle nuove norme.”246

Vediamo nello specifico l’impatto della riforma sulle corruzioni.

4. La nuova corruzione per (mero?) asservimento: l’impatto sulla

dogmatica e sui giudizi

In ossequio alla legge Severino e al suo dettato, la nostra analisi si

svolgerà affrontando in parallelo la corruzione “funzionale” e la corruzione

propria, cercando di dedurne la corruzione per asservimento della funzione

pubblica, sul piano dogmatico e sul piano interpretativo, per comprenderne la

245

C. DI MARZIO, in op. cit, pag. 540. 246

STASIO D. Le questioni sul tappeto. In Cassazione penale, N. 2/2013.

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collocazione in termini di determinatezza-tassatività e tipicità, e la portata del

disvalore.

L’ Art. 1, comma 75, lett. f, l. n. 190 del 2012 ha modificato l’art. 318

c.p., rubricandolo “corruzione per l’esercizio della funzione”, per molti una

“novità concettuale importante”247

, un’inedita ipotesi di reato che da subito ha

caratterizzato l’intervento della Corte di Cassazione e non soltanto sulle

controversie di natura intertemporale.

La formulazione si presenta innanzitutto comprensiva di condotte

disomogenee che, unita all’ampia forbice edittale della pena della reclusione

da uno a cinque anni248

impone la differenziazione delle condotte nel momento

sanzionatorio. Ciò comporta una discrezionalità maggiore e quindi ancora una

volta “fiducia nel giudice”. Come è stato fatto notare, non possono evitarsi

perplessità sul piano del rispetto del principio di proporzionalità della pena

nella riunione in un’unica figura di reato di condotte connotate da un

differente disvalore astratto249

, per non parlare di come le differenti situazioni

tipizzate si riflettono sul piano dell’elemento psicologico250

. Sopravvive sul

filo del rasoio il principio di ragionevolezza praticato dal giudice251

.

L’attenzione dell’interprete si sposta dall’atto all’esercizio delle

funzioni e dei poteri. Innovativo che non ci sia alcun riferimento all’atto

legittimo adottato o ancora da adottare del pubblico agente, in netta

contrapposizione alla figura della corruzione propria. La giurisprudenza infatti

247

BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione: un primo commento, in

federalismi.it, pag. 5 ss. 248

L’art. 1, lett. e della l. 27 maggio 2015, n. 69, ha innalzato il massimo edittale della pena da cinque

a sei anni. 249

MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, E.S.I., 2012, p. 163 250

Cfr. SEMINARA, La riforma dei reati di corruzione e concussione, cit., p. 1237 251

In senso critico, cfr. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica

amministrazione, in Dir. pen. cont. riv. trim., (www.penalecontemporaneo.it), 2012, n. 3/4, p. 7 ss.

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era arrivata ad espandere la configurabilità della corruzione impropria non

soltanto riguardo agli atti vincolati del pubblico ufficiale, ma anche con

riguardo a quelli discrezionali, sempre quando questi non si presentassero

strettamente contrari ai doveri d’ufficio252

. Concettualmente si era superata la

dicotomia tra atto illegittimo della corruzione propria e atto legittimo della

corruzione impropria253

per vera e propria necessità. Nella realtà fattuale non

era più possibile far riferimento agli atti sia per il processo di

dematerializzazione dell’evoluzione tecnologica, ma anche per via di

un’infinità di problemi pratici che emergevano dalle critiche dell’analisi

giudiziaria. Ci riferiamo in particolare ai casi gravi e frequenti caratterizzati

dalla stabilità del rapporto tra le parti, tale da non esaurirsi nel mero

compimento di un atto conforme o contrario ai doveri d’ufficio, ma

espressione di un’influenza o accordo con il privato in grado di controllare

l’intera attività del funzionario pubblico o del politico: fatti di corruzione

diventati “sistemici”, svincolati dalla periodicità della prestazione criminosa,

spesso tramite una vera e propria messa a libro paga. Si è trattato quindi di

ripensare i delitti di corruzione.

Quello che però sconvolge, oltre l’imprecisione che consente

sovrapposizione e difficoltà interpretative, come la relazione tra l’art. 318 e

l’art. 319 quater (induzione indebita)254

, è come possa questa istanza che

tende a reprimere una figura molto grave e strutturata di corruzione, a sua

volta tendente a diventare sistema, un’istanza quindi tecnicamente repressiva,

prevedere una pena minore, se appunto l’articolo non vuole reprimere solo la

252

Cass. pen. Sez. VI, 8 novembre 1996, n. 10851 ; Sez. VI, 17 novembre 1994. 253

Cfr. CINGARI, La corruzione per l'esercizio della funzione, cit., p. 406 ss. 254

RONCO, L’imputazione della concussione e il nuovo delitto di induzione indebita: le aporie di una

riforma, in Arch. pen., 2013, fasc. 1, p. 47 ss.

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condotta di chi ha effettuato un singolo atto in esercizio delle sue funzioni

“una sola volta” e con un pactum “eccezionale”, ma anche l’asservimento

della funzione.

Sembrerebbe tristemente giustificarsi in una concezione che ritiene

questa fattispecie, mostrandosi priva di quel riscontro materiale rappresentato

dall’atto prodotto, oggetto del pactum sceleris, come “oggettivamente meno

grave”255

, quando al contrario si può convenire che “piegare una funzione o un

servizio alla realizzazione di un interesse privato è ontologicamente più grave

che piegare a quell’interesse un atto, espressione di quella funzione o di quel

servizio, ipotesi sanzionata, con pena assai più grave, nell’art. 319”256

.

Come approfondiremo nei paragrafi seguenti, con la sentenza del 3

maggio 2013 n. 19189, i giudici della VI Sezione non hanno qualificato con

l’entrata in vigore della nuova disposizione una abolitio criminis, totale o

parziale, della previgente corruzione impropria, ma hanno precisato che si è

inteso omologare la corruzione per asservimento della funzione pubblica agli

interessi del privato alla figura della corruzione per atto conforme ai doveri

d’ufficio. In un nuovo enunciato legislativo le previgenti classi di fattispecie

sono state collegate a quelle nuove, relative ai casi in cui il pubblico ufficiale

si pone a disposizione del corruttore in violazione dei doveri di imparzialità,

onestà e vigilanza che in virtù della legge incombono su di lui257

.

255

Interpretazione confermata e approvata da SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in Dir.

Pen., 2013, cit., p. 8 ss 256

IELO, Prime note sulla riforma dei reati contro la PA, cit., p. 15 257

Cfr. PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, in Legge anticorruzione, in questa rivista,

2012, suppl. al fasc. n. 11, pag. 7; PADOVANI, La messa a “libro paga” del pubblico ufficiale

ricade nel nuovo reato di corruzione impropria, in Guida dir., 2012, n. 48, Inserto 13, p. IX ss.;

PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione. La disciplina nuova dei delitti di concussione e

corruzione, in Arch. pen., 2012, fasc. 3, p. 783 ss.; SEMINARA, La riforma dei reati di corruzione

e concussione come problema giuridico e culturale, in Dir. pen. proc., 2012, p. 1235 ss.;

ANDREAZZA-PISTORELLI, Novità legislative: l. 6 novembre 2012, n. 190 recante

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Il pactum sceleris tra intraneus ed extraneus rappresenta, ora,

l’elemento costitutivo del reato. Esso ha ad oggetto l’esercizio dei poteri o

delle funzioni da parte del pubblico agente. Il sodalizio e gli intenti in comune

del “contratto” tra il pubblico funzionario o politico e il privato vengono

onorati con un compenso, costituito da denaro o altra utilità258

. L’accordo

anche se non compare esplicitamente nella norma è un requisito ritenuto

implicito in quanto strutturalmente non può esserci ricezione o accettazione

della promessa se non c’è un soggetto che dà o promette. Sono necessarie due

condotte corrispondenti che convergono in seguito ad un accordo espresso o

tacito.

Da questo assunto possiamo scindere la corruzione antecedente, in cui

il fatto consiste nel ricevere o accettarne la promessa per sé o per un terzo di

un compenso non dovuto, in denaro o in altra utilità, per l’esercizio della

funzione o per compiere un atto o una serie di atti del suo ufficio anche se non

determinati, dalla corruzione susseguente, dove la condotta consiste nella

ricezione, da parte del pubblico funzionario, del denaro o di altra utilità dopo

l’esercizio della funzione o del servizio, svolto senza alcuna pressione esterna

e quindi, secondo un accordo molto più tenue e incostante. È necessario citare

“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica

amministrazione”, in Dir. pen. cont., p. 2 ss.; VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore

penale. Alcune disincantate osservazioni sulla recente legge anticorruzione, in Dir. pen. cont.,

(www.penalecontemporaneo.it), p. 14 ss.; IELO, Prime note sulla riforma dei reati contro la PA, in

Resp. amm. soc., n. 1, 2013, p. 14 ss.; FORNASARI, Il significato della riforma dei delitti di

corruzione (e incidenze “minori” su altri delitti contro la P.A.), in Giur. it., 2012, p. 2690 ss.;

CINGARI, La corruzione per l'esercizio della funzione, in AA.VV., La legge anticorruzione, a cura

di Mattarella-Pelissero, Giappichelli, 2013, p. 405 ss.; BENUSSI, I delitti contro la pubblica

amministrazione, t. I, Giuffrè, 2013, p. 649 ss.; GAMBARDELLA, Dall’atto alla funzione

pubblica: la metamorfosi legislativa della corruzione “impropria”, in Arch. pen., 2013, fasc. 1, p.

51 ss. 258

Cfr. BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione, cit., p. 5 ss.; IELO, Prime

note sulla riforma dei reati contro la PA, cit., p. 16; CINGARI, La corruzione per l'esercizio della

funzione, cit., p. 408 ss.

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anche la distinzione scolastica tra corruzione passiva, dell’intraneus che riceve

il compenso non dovuto o ne accetta la promessa, e attiva, che riguarda il fatto

dell’extraneus che dà o promette il denaro per acquistare la “parzialità” del

pubblico funzionario. È infatti proprio l’esistenza dell’accordo a scindere

molte delle figure riformate dalla istigazione alla corruzione ex art. 322

comma 1 c.p., dove l’offerta e la promessa di denaro o altra utilità non sono

accettate dall’agente pubblico. Per questo motivo la Suprema Corte ha ritenuto

sussistente la continuità normativa con le previgenti disposizioni di cui ai

commi 1 e 3 dell’art. 322 c.p. (come sostituite dall’art. 1, comma 75, della l. n.

190 del 2012), facendo salvi quei comportamenti che hanno assunto rilevanza

penale a seguito dell’introduzione della fattispecie di corruzione per

l’esercizio delle funzioni, di cui all’art. 318 c.p., per i quali non potrà

chiedersene applicazione retroattiva.

Con la riforma, il legislatore ha perfezionato le figure dei soggetti attivi.

Nell’art. 318 vengono inclusi nella figura di corrotto punibile come pubblico

agente non più solo coloro che rivestono la qualità di pubblico impiegato, ma

tutti gli incaricati di un pubblico servizio, eliminando quindi la limitazione

dell’art. 320 comma 1 c.p., ossia indipendentemente che sia legato all’ente

pubblico da un rapporto di lavoro subordinato che lo faccia entrare a far parte

dell’organizzazione stessa dell’ente in qualità di addetto all’uno o all’altro

degli apparati organizzativi: non si richiede più per la configurabilità del reato

che l’incaricato di un pubblico servizio possieda anche la qualità di un

pubblico impiegato.

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È bene notare che gli incaricati di un pubblico servizio che non sono

pubblici impiegati qualificano una nuova incriminazione, operando il comma

1 dell’art. 2 c.p.259

.

Essendo inoltre unificate le due fattispecie di corruzione antecedente e

susseguente, si è agito anche sulla figura del corruttore privato, l’estraneo

all’ufficio260

, non essendo più possibile la soluzione legislativa prevista

dall’art. 321 c.p., secondo la quale il privato non era punibile se la retribuzione

fosse intervenuta dopo il compimento dell’atto d’ufficio, nell’ipotesi di

corruzione impropria susseguente261

, in questo modo facendo “terra bruciata”

intorno al fenomeno corruttivo, incriminando fatti spesso considerati solo

frutto di malcostume262

. Oltre all’estensione ai membri degli organi

delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati

esteri ex art. 322 bis c.p., ricordiamo che soggetto attivo può essere il

funzionario di fatto, e anche coloro che sono legalmente incaricati dall’autorità

giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza in forza della clausola di

riserva espressa del comma 2 dell’art. 2639 c.c. “fuori dai casi di applicazione

delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica

amministrazione”. Per quanto riguarda il curatore fallimentare che è un

pubblico ufficiale263

, qualora si dovesse rendere responsabile del reato di cui

259

Cfr. ANDREAZZA-PISTORELLI, Novità legislative: l. 6 novembre 2012, n. 190, cit., p. 5 ss. 260

Il soggetto che compra potrebbe essere anche un altro pubblico ufficiale, non partecipe della

funzione pubblica oggetto del pactum sceleris. 261

Cfr. PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, cit., p. 8 262

BRUNELLI, Le disposizioni penali nella legge contro la corruzione, cit. p. 6 263

“L’interesse della p.a. può essere leso o posto in pericolo non solo durante il tempo in cui il

pubblico ufficiale esercita le sue mansioni ma, in base all’art. 360 c.p., anche quando il soggetto

investito del pubblico ufficio abbia perduto la qualifica, sempre però, che il fatto da lui commesso

si riferisca alle funzioni o al servizio svolto, cioè sia in qualche modo connesso con le mansioni da

lui già esercitate. Così, ad es, il curatore di un fallimento è stato ritenuto pubblico ufficiale anche

dopo l’omologazione del concordato fallimentare e fino a quando questo non sia stato

integralmente eseguito, in quanto soltanto in quel momento vengono a cessare i compiti di natura

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all’art. 228 l.f. (interesse privato del curatore negli atti del fallimento), si

applicheranno le sole norme sulla corruzione in forza dell’espressa clausola

dell’articolo menzionato “salvo che al fatto non siano applicabili gli artt.

317,318, 319, 321, 322, e 323 del codice penale”, se il fatto consiste in un

vero e proprio pactum sceleris avente ad oggetto l’esercizio della funzione

svolta.

Dato che l’accettare una promessa presuppone l’altrui promettere, la

dazione e la promessa devono trovarsi in rapporto causale. La dazione è

definita come il trasferimento di un bene dalla sfera di disponibilità di un

soggetto a quella di un altro; la promessa è un qualsiasi impegno ad eseguire

una prestazione futura, con requisiti di serietà, esistenza di destinatario e

suscettibile di attuazione. La promessa non ha qui significato e forma

civilistica , nel senso di “dichiarazione unilaterale idonea a produrre effetti

obbligatori”, bensì il significato usuale di “impegno ad eseguire una

prestazione futura”. Non è rilevante l’eventuale riserva mentale del privato al

momento di promettere o consegnare il denaro o l’utilità, cioè se all’atto di

prestare la promessa, sia deciso a non mantenervi fede. La promessa vale per il

suo significato oggettivo e il suo adempimento non rientra fra gli elementi

costituitivi del reato.

pubblica derivanti dalle sue funzioni. Allo stesso modo il testimone è stato ritenuto pubblico

ufficiale e conserva tale sua qualità finché il processo non si esaurisce per effetto del passaggio in

giudicato della sentenza.” C. BENUSSI, Diritto penale della Pubblica Amministrazione, Wolters

Kluwers, 2016, cit. p. 31.

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4.1. a. Segue: oggetto dell’accordo criminoso

Con l’art. 318 c.p. si punirebbe l’esercizio, parziale e messo in vendita,

delle funzioni e dei poteri del pubblico funzionario. La “funzione” denota

l’attività dei pubblici poteri il cui sbocco giuridico prescinde dell’emanazione

di un atto264

, ma che designa pertanto, all’interno dell’area precettiva dell’art.

318 c.p., l’insieme delle attività e compiti attribuiti dalla legge al pubblico

funzionario. Il “potere” indica l’attività posta in essere da un agente pubblico

all’interno della gamma dei fini pubblici indicati dalla legge. In questo senso,

la titolarità del potere non appartiene in via generale e astratta a tutti i soggetti

dell’ordinamento, ma soltanto a quelli individuati dalla norma attributiva del

potere e si esercita mediante la produzione di un atto tipico.

Con l’inciso “per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri” si

comprende allora qualsiasi atto che costituisca concreto esercizio di poteri

inerenti all’ufficio ricoperto dal pubblico agente e, quindi, anche un qualsiasi

comportamento materiale, attivo od omissivo, posto in essere dal pubblico

funzionario, nell’esercizio delle sue mansioni come, ad esempio, la

sostituzione di una pratica. Questa nozione ingloba oltre che pareri e proposte,

anche gli atti di diritto privato della p.a. attinenti all’ufficio o al servizio

svolto. Come abbiamo detto, la riforma ha spostato l’attenzione dall’atto

all’esercizio delle funzioni: la prova del fatto non richiede l’individuazione

dell’atto specifico, prestazione della promessa o dell’offerta, ma

l’accertamento dell’esistenza della promessa e della dazione che sia avvenuta

in ragione delle funzioni esercitate dal soggetto pubblico e dei conseguenti

264

GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Giuffrè, 1988, p. 445 ss.; GUASTINI, La sintassi del

diritto, Giappichelli, 2011, p. 339 ss.

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favori oggetto della pattuizione, ergo la prova della sussistenza di un nesso

causale tra la funzione o il servizio svolto e la promessa o dazione indebita del

denaro o altra utilità. Si tratta di reato proprio funzionale, quindi si richiede

che l’attività del mercimonio rientri nella competenza o nella sfera di

influenza dell’ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto, nel senso che

occorre che sia “espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione”265

esercitata. Rileva, quindi, la condotta considerata nel suo complesso, come

rilevano quelle situazioni in cui l’intraneus viene trovato iscritto nel libro paga

di gruppi imprenditoriali, o risultano esserne stati comprati i servigi a futura

memoria. Sembra quindi accertato il cambiamento dogmatico e

conseguentemente sanzionatorio della riforma anche sull’equiparazione: viene

equiparata la corruzione per l’esercizio della funzione alla più grave figura di

asservimento, più o meno duraturo, della pubblica funzione a interessi privati.

L’unica nuova disposizione sembra investire sia l’asservimento, in tutto

o in parte, della funzione sia il baratto di un atto o di una serie di atti conformi

al dovere di ufficio, determinati o meno, sia atti contrari ai doveri di ufficio

non esattamente individuati e caratterizzati dalla violazione da parte

dell’intraneus oltre che di un dovere specifico dell’ufficio (compresi gli ordini

e le istruzioni ricevute) anche di un dovere istituzionale generico, come la

segretezza, la fedeltà, l’obbedienza, la correttezza, etc. L’attività promessa o

realizzata dovrebbe rientrare nella competenza funzionale del pubblico

ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio e rappresentare

l’esplicazione dei poteri inerenti all’ufficio o al servizio compiuto. Non è

necessaria la competenza specifica del funzionario, essendo sufficiente che

l’attività compravenduta rientri nella competenza “generica” dell’ufficio al

265

Cass. pen. , Sez. IV, 4 maggio 2006, n. 33435.

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quale lo stesso appartiene, anche se non espressamente investito di quelle

specifiche mansioni. Sarà sufficiente che l’agente si trovi, per ragioni del suo

ufficio, nella concreta possibilità o di compiere personalmente quell’attività

per la quale ha accettato l’utilità o la promessa, o di influire positivamente su

di essa e/o di esercitare una qualche forma di ingerenza, anche se meramente

“di fatto”. Rimane esclusa dalla portata della norma l’attività compiuta

semplicemente in occasione dell’ufficio, che viene svolta a margine o

collateralmente o in concomitanza con le attività di ufficio, come anche

l’attività compiuta in relazione all’autorevolezza o al prestigio derivatogli

dalla carica rivestita. Deve quindi escludersi il reato di corruzione passiva nel

caso in cui il pubblico ufficiale prometta o ponga eventualmente in essere il

suo intervento prezzolato, avvalendosi della sua qualità, senza che detto

intervento comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o

sia in qualche maniera a questi collegabile.

Ai sensi dell’art. 319 c.p., invece, il compenso deve essere dato o

promesso all’intraneus per: a) omettere o ritardare un atto dell’ ufficio; b)

compiere un atto contrario ai doveri di ufficio. Viene quindi considerato uno

specifico atto di ufficio, con i dubbi che conseguono interpretando tale atto

come ogni concreto esercizio di poteri inerenti all’ufficio. L’omissione, il non

compimento, e il ritardo, compimento dopo la scadenza del termine,

costituiscono di per sé atti contrari ai doveri di ufficio.

Altra difficoltà a cavallo tra le fattispecie è la definizione di atto

d’ufficio discrezionale, potendo scegliere il p.u. tra più comportamenti

giuridici e in ordine all’ an, quid, quomodo, quando. La dottrina ha cercato di

regolamentare la discrezionalità imponendo a questi atti il soddisfacimento

dell’interesse pubblico e il giusto perseguimento della “causa” del potere, e il

rispetto dei principi di logicità e imparzialità. Si ritenga che rientri nell’art.

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319 c.p. l’atto discrezionale viziato, secondo i canoni del diritto

amministrativo, da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. In

particolare, l’eccesso di potere persegue un interesse diverso da quello

pubblico ovvero una causa diversa da quella assegnata al potere esercitato,

viola un precetto di logica e imparzialità, si lascia fuorviare da un vizio di

imparzialità, che può essere errore, dolo o violenza morale. La Corte

Costituzionale già da tempo ha affermato che il sindacato del giudice penale

riguarda tutti i tipici vizi dell’atto amministrativo, compreso, quindi, l’eccesso

di potere266

.

Il discrimine tra gli art. 318 e 319 c.p. sembrerebbe evidente.

Sicuramente è esclusa la teoria della motivazione che, valorizzando

l’atteggiamento psicologico dell’agente, configura la corruzione propria

quando il pubblico ufficiale contraente si sia lasciato motivare dal compenso

concordato o percepito. Un processo motivazionale interno non può

trasformare un atto da conforme a contrario.267

Si avrebbe invece corruzione propria se il privato offre denaro o altra

utilità al soggetto pubblico o per indurlo a esercitare il potere discrezionale in

modo difforme da quello suggerito dall’equilibrata valutazione disinteressata

della situazione concreta o perché rinunci ad una valutazione comparativa

degli interessi, indipendentemente dalla circostanza che l’atto poi emanato

coincida con quello che sarebbe stato emesso in assenza del patto corruttivo.

L’importante sentenza Lockheed, confermando la responsabilità ex art.

319 c.p. aveva affermato: “il comportamento complessivo dell’imputato

dimostra che … egli sin dal maggio 1970 aveva promesso di rimuovere e

266

Corte Costituzionale 8 luglio 1971, n. 168, in Giust.Pen., 1972, I, 50. 267

Cfr. C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., p. 303.

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superare ogni ostacolo che si frapponeva o si sarebbe nel futuro

eventualmente frapposto all’acquisto dei 14 aerei C130. Con ciò egli

evidentemente rinunciava preventivamente alla valutazione comparativa degli

interessi contrapposti”, quindi i corruttori “erano ben consapevoli che i

corrotti si impegnavano preventivamente, contro i doveri del loro ufficio, a

non esercitare quel potere di libero apprezzamento dei contrapposti interessi

che era inerente alle loro funzioni”268

.

Il pubblico funzionario che, potendo scegliere fra più linee di condotta,

sceglie quella che assicura il vantaggio del privato che, comprandolo, lo ha

spinto a privilegiare la propria posizione, per violazione del dovere d’ufficio

dell’esclusiva ricerca dell’interesse pubblico, sarebbe condannabile ex l’art.

319 c.p. sulla base che l’atto non trova causa determinante nell’interesse

pubblico ma nell’interesse privato.

Ritornando all’art. 318 c.p., la prova dell’accordo criminoso deve

essere deducibile dall’insieme delle modalità dei fatti accertati nel processo,

senza la necessaria dimostrazione di un accordo localizzato nel tempo e nello

spazio, e senza una necessaria forma specifica, potendo essere anche solo

verbale.

Emerge la differenza fondamentale con la previgente figura della

corruzione impropria, che richiedeva che la dazione di denaro o altra utilità

rilevassero se e in quanto avessero assunto il carattere della “retribuzione”, il

ruolo di corrispettivo per il compimento di un atto d’ufficio o per l’atto già

compiuto dal pubblico funzionario269

. La retribuzione inglobava una

268

Corte Cost. integrata 2 agosto 1979,n. 221, in Cass. Pen., 1979, 1368. 269

Il previgente art. 318 c.p. (corruzione per un atto di ufficio) disciplinava il fatto del pubblico

ufficiale che, per compiere un atto del suo ufficio, riceveva, per sé o per un terzo, in denaro od altra

utilità, una retribuzione che non gli era dovuta, o ne accettava la promessa, punito con la reclusione

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concezione di punibilità possibile per chi svolge il proprio dovere solo se

l’utilità e il denaro versato dal privato avessero avuto una consistenza tale da

poterlo considerare “retributivo” dell’atto. La Corte di Cassazione si era

espressa, precisando già che il concetto di proporzione riguardava soltanto la

corruzione impropria, e si riferiva alla “retribuzione non dovuta” per il

compimento di un atto dell’ufficio, e non pure la corruzione propria relativa al

compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio, ipotesi, questa, in cui non

si faceva riferimento al concetto di “retribuzione”, essendo sufficiente che la

ratio fosse correlata all’atto contrario ai doveri di ufficio che il pubblico

ufficiale doveva compiere o aveva compiuto270

.

Anche se vi è il superamento dell’elemento della “retribuzione” non si

consente di conferire eterogeneità alla fattispecie. Esso denotava la

caratteristica di “corrispettivo” nello scambio, nel contratto criminale, al quale

conferire il carattere della proporzione. Per incontrare il riscontro

giurisprudenziale, esso “deve essere inteso nel senso di mancanza di

sproporzione manifesta tra la prestazione del privato e quella del pubblico

ufficiale”271

.

Col passaggio dalla corruzione “impropria” alla corruzione

“funzionale”, non dovendosi più parametrare la condotta all’atto, è venuta

meno anche la necessità di conservare tale requisito, richiedendosi soltanto la

ricezione o l’accettazione della promessa di “denaro o altra utilità”, dai quali

saranno esclusi i piccoli donativi ex art. 1 comma 4 l.n. 190/2012 che, nel

disciplinare il Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche

da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceveva la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già

compiuto, la pena era della reclusione fino a un anno. 270

Cass. Pen., Sez. Un., 24 gennaio 1996, n. 2780.. 271

Cass. Pen., Sez. VI, 9 febbraio 1994, n. 4072; Sez. VI, 26 settembre 1989, n. 16837; Sez. II, 21

novembre 1983, n. 3264, in C.E.D. Cass., n. 163610.

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amministrazioni fa salvi i regali d’uso purché di modico valore e nei limiti

delle normali relazioni di cortesia. Questo però sembrerebbe più che

“risolvere” a livello penale, “determinare indeterminatezza”, con violazione

del principio di legalità. Ad essa sembra essere preferibile un’automatica

interpretazione conforme alla Costituzione, al principio di offensività, che

esige che si estromettano dal tipo legale i fatti inoffensivi del bene protetto,

quindi parametrando i munuscula alla struttura del fatto “dentro” al bene

giuridico protetto.

Per quanto riguarda l’esistenza di un’obbligazione non ancora

adempiuta dal privato nei confronti del pubblico funzionario, che subordina

l’esercizio della sua funzione per favorire l’adempimento dell’obbligazione, si

qualifica abuso di ufficio e non corruzione. La corruzione si qualificherà se il

privato condizionerà l’estinzione della sua obbligazione al compimento

dell’attività richiesta e il pubblico ufficiale accetterà la condizione, vendendo

la sua funzione.

Infine è necessario ricordare che oggetto materiale è il denaro o altra

utilità. Il denaro è la moneta metallica, il biglietto di Stato, il biglietto di

banca, avente corso legale in Italia o all’Estero, il che non la qualifica come

un’espressione pleonastica, ma apporta chiarezza perché comprende non solo

la moneta, ma anche le carte di pubblico credito che, agli effetti della legge

penale, vengono equiparate al denaro in forza dell’art. 458 c.p.

L’utilità comprende qualunque bene o prestazione che possa

rappresentare un vantaggio per un pubblico ufficiale, che abbia o meno un

valore patrimoniale. È da escludersi che l’utilità possa comprendere

esclusivamente un vantaggio patrimoniale o almeno materiale perché non

idonea ad integrare la controprestazione per il compimento dell’atto. In questo

modo potranno costituire utilità anche mutui, fideiussioni, restituzioni di un

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debito, viaggi gratuiti, etc. La Cassazione ha fatto ricomprendere anche i

vantaggi sociali con ricadute patrimoniali mediate e indirette, come le

sponsorizzazioni, e anche le prestazioni sessuali. Negli ultimi anni i metodi

impiegati, soprattutto per la dazione di denaro al pubblico ufficiale, si sono

evoluti in maniera sofisticata: dalla consegna brevi manu si è passati alla

creazione di provviste di denaro mediante l’utilizzo di fatture relative ad

operazioni inesistenti oppure il pagamento di compensi per presunte

consulenze, il rimborso di spese elettorali, di viaggio o di rappresentanza, il

ricorso a meccanismi di triangolazioni tattiche a favore di parenti, etc. Il

denaro può essere ricevuto dal pubblico funzionario per sé o per un terzo. La

condotta rimane quindi “tipica” anche se il denaro o l’utilità siano consegnati

ad un’altra persona fisica o giuridica.

4.1. b. Segue: dolo

Nel caso della corruzione per l’esercizio della funzione antecedente, la

qualità di pubblico agente deve sussistere nel momento in cui il fatto tipico è

commesso. Ex art. 360, invece, la corruzione susseguente è configurabile

anche dopo la cessazione della carica. La corruzione antecedente si

concretizza nell’ipotesi di accordo tra pubblico agente e privato per la

compravendita di un atto che deve essere ancora compiuto; con la seconda

ipotesi di corruzione susseguente, invece, si intende la compravendita che ha

ad oggetto un atto già compiuto. Tuttavia, la nuova presentazione dell’art. 318

c.p. farebbe assumerne un nuovo ruolo alla preposizione “per”, che

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permetterebbe di eliminare ogni riferimento al superamento, anche parziale,

dell’ipotesi di corruzione impropria susseguente272

.

Anche in relazione a questo, ci si è chiesti se la preposizione “per”

all’interno della nuova formulazione dell’art. 318 c.p. vada intesa in senso

finalistico o causale: concludendo nel senso che se si accogliesse la prima

soluzione ermeneutica, confortata dai lavori parlamentari, saremmo al cospetto

di una abolitio criminis parziale per quanto concerne la corruzione impropria

susseguente dell’agente pubblico273

. La preposizione “per” può assumere una

connotazione di “causa”, per coloro che collegano l’indebita dazione di denaro

o altra utilità o la sua promessa, all’esercizio della funzione o del potere da

parte dell’agente pubblico, che li sta esercitando, o li ha esercitati274

, oppure

una connotazione di “finalità”, che determina il presupposto della

remunerazione indebita o la sua promessa: oggetto di tale accordo è il mero

esercizio delle sue funzioni o poteri.

In questo modo possiamo qualificare due forme di dolo differenti a

seconda che si verifichi corruzione per l’esercizio della funzione antecedente o

susseguente: nel primo caso avremo la configurazione del dolo specifico, in

quanto la pattuizione correttiva deve essere “mezzo” per raggiungere lo scopo,

rappresentato dall’esercizio delle funzioni o dei poteri, scopo il cui effettivo

conseguimento è irrilevante per la consumazione del reato; nel secondo caso

avremo la configurazione del dolo generico, mancando lo scopo al quale sono

finalizzate le azioni del corruttore o del corrotto, e consisterà nella

rappresentazione e volontà di accettare il pagamento o la promessa, per

272

Cfr. CINGARI, La corruzione per l’esercizio della funzione, cit., p. 412 ss.; BENUSSI, I delitti

contro la pubblica amministrazione, cit., p. 653 273

MONGILLO, La corruzione tra sfera interna, cit., p. 166. 274

Cfr. in tal senso PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. IX,

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l’intraneus, e di dare o promettere denaro o altra utilità come compenso per

l’avvenuto esercizio delle funzioni o dei poteri in favore dell’extraneus. In

base all’art. 47 c.p. ultimo comma il reato è escluso dall’errore del pubblico

funzionario sul carattere indebito del denaro ricevuto, in quanto errore su

legge extra penale che ricade sul fatto: tra gli elementi del fatto compare come

elemento essenziale, infatti, il carattere “indebito” della dazione o della

promessa. Ugualmente, nella corruzione propria antecedente avremo dolo

specifico. Dolo generico nella corruzione propria susseguente, insieme alla

consapevolezza che l’atto è contrario ai doveri di ufficio che, al contrario,

caratterizzerà errore su norma extra-penale e corruzione per l’esercizio della

funzione.

4.1. c. Segue: consumazione, tentativo e circostanze

Nelle corruzioni, il delitto si consuma nel luogo e nel momento in cui

interviene l’accordo, ossia nell’accettazione della promessa o della

retribuzione, non richiedendosi che la promessa sia eseguita o il denaro

consegnato. Questo accadimento seguente qualifica a pieno titolo il fatto

lesivo penalmente rilevante, segnando il momento consumativo sostanziale del

reato275

. Si deduce che la corruzione è stata costruita secondo uno schema a

forma contratta: in particolare, in cui la forza terminologica della sospensione

dell’atto è dato dalla parola “promessa”, e secondo uno schema principale, con

il ricevimento del denaro e dell’utilità, che rappresenterebbe la figura madre

della corruzione. La sua sottofattispecie si configura invece con l’accettazione

della promessa, che il legislatore ha voluto sanzionare al pari della ricezione,

275

C. BENUSSI, Diritto penale della Pubblica amministrazione, p. 280.

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anticipando la soglia di punibilità a fini repressivi tempestivi: punire in primo

luogo il fatto della dazione e in via sussidiaria la promessa accettata e non

mantenuta. Secondo dottrina, le norme sulla corruzione andrebbero così lette:

il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri

(art. 318) o per omettere, ritardare o per compiere un atto contrario ai suoi

doveri (art. 319) riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, è punito

…; le stesse pene si applicano anche nel caso di accettazione della promessa

non mantenuta276

. A rigor di logica, nell’ottica di una repressione oltre che

tempestiva anche effettiva, il legislatore sarebbe dovuto intervenire, sul

modello della disciplina dell’art. 644 ter per il delitto di usura, spostando il

dies a quo del termine di decorrenza della prescrizione dal momento in cui si

perfeziona il pactum al ricevimento del denaro.

Prima della riforma del ‘90, che introdusse nel nostro sistema anche il

delitto di istigazione alla corruzione attiva, la configurabilità del tentativo nei

delitti di corruzione era un problema relativo al solo tentativo di corruzione

passiva: il tentativo di corruzione attiva si riteneva regolato dall’art. 322 c.p.

che , anche oggi, punisce l’extraneus che offre o promette denaro o altra utilità

al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio, per l’esercizio delle

sue funzioni o dei suoi poteri qualora l’offerta o la promessa non sia

accettata277

. Essendo state introdotte, dopo la riforma del ‘90, pene specifiche

per il pubblico funzionario che solleciti la promessa o la dazione di denaro o

276

Ivi, p. 281. 277

La dottrina tradizionale propendeva per l’esclusione del tentativo in generale, configurandosi al

massimo in trattative iniziate e non concluse con la conseguenza che, nel caso in cui la condotta si

fosse arrestata al compimento da parte del solo intraneus di atti idonei diretti in modo non

equivoco a ottenere la dazione o la promessa da parte dell’extraneus non si sarebbe potuto

ipotizzare il tentativo. A questo veniva obiettato che il nostro ordinamento le norme sul tentativo

non richiedono che gli atti idonei e non equivoci siano posti in essere da tutti i concorrenti

necessari del reato plurisoggettivo. Cfr C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., p. 282.

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altra utilità da parte di un privato, la dottrina ha escluso che possa essere

configurato il tentativo di corruzione passiva.

L’esclusione del tentativo fa venir meno anche la configurabilità della

desistenza.

Per quanto riguarda le circostanze, sono applicabili alcune aggravanti e

attenuanti comuni e le attenuanti speciali ex art. 323 bis e per l’art. 319,

l’aggravante speciale dell’art. 319 bis c.p.. Essendo indiscutibilmente la

corruzione un delitto determinato da motivi di lucro, dalla venalità del

pubblico ufficiale, sarà applicabile l’aggravante prevista dall’art. 61, n. 7,

inerente la gravità del danno patrimoniale. La Corte Costituzionale, nella

sentenza relativa all’affare Lockheed, si è pronunciata a favore della

configurazione di un danno patrimoniale di rilevante gravità, purché a

risentirne sia la persona offesa e, quindi, la p.a.278

. Del pari sarà applicabile

l’attenuante ex art. 62 n. 4, soprattutto a seguito dell’art. 2 della l. 7 febbraio

1990 n. 19 che ha ampliato la portata dell’attenuante ai delitti determinati da

motivi di lucro. Nel caso in cui ricorra la circostanza ad effetto speciale

prevista dall’art. 323 bis co. 2 sarà possibile applicare la causa di non

punibilità della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis.

La giurisprudenza dell’art. 319 c.p. ritiene che l’aggravante del nesso

teleologico di cui all’art. 61 n. 2 c.p. non sia configurabile rispetto ad illeciti

penali, come l’abuso di ufficio, l’omissione di rapporto, rivelazione di segreti,

che alla corruzione sono legati da un immediato rapporto esecutivo, in forme

intrinsecamente espressive della violazione dei doveri di ufficio. Circostanza,

al contrario che potrà essere applicata a quegli illeciti penali come concorso in

contrabbando, nel falso, nell’associazione per delinquere, che pur

278

Cort. Cost. integrata 2 agosto 1979, n. 221, in Cass. Pen., 1979, 1368.

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indirettamente e in via mediata derivanti dal fatto corruttivo, si pongano oltre

forme tipiche direttamente esplicative della violazione degli stessi doveri.

Inoltre, per l’incompatibilità con un reato a concorso necessario e non

potendo ricorrere in presenza di fatto doloso del coautore del reato, ma solo

quando ricorre “il fatto doloso della persona offesa”, che nella corruzione

propria è soltanto la p.a., è esclusa la circostanza attenuante del concorso del

fatto doloso della persona offesa ex art. 62, n.5.

5. Il concorso di persone e i rapporti con altre figure di reato

Chi istighi il pubblico funzionario ad accettare denaro, utilità o

promessa, risponderà di concorso in corruzione, non diversamente da chi

istighi il privato a promettere o a dare il denaro al pubblico ufficiale, contando

poco che i veri interessati al pactum siano non tanto gli autori del pactum

stesso, ma gli istigatori, interesse che rileverà soltanto ai fini della

commisurazione della pena. Se pensiamo ad un permesso a costruire o ad un

appalto, l’istigatore nell’ombra è il vero destinatario dell’atto in oggetto. Ciò

non toglie che la sua responsabilità lo inquadrerà sempre nella fattispecie di

istigatore, mentre il suo emissario occuperò quello di autore. Nel momento di

commisurazione della pena, il giudice potrà analizzare e penalizzare il

“motore” e beneficiario della compravendita della pubblica funzione.

L’attenuante della minima partecipazione può manifestarsi ad esempio,

nei casi di atti compiuti mediante delibere collegiali, per l’aggravante di cui

all’art. 112 n. 1. Naturalmente è possibile che sia corrotto solo un membro del

collegio.

Soltanto la pluralità di accordi corruttivi permette la qualificazione di

pluralità di reati. Se un solo accordo riguarda il compimento di più attività, il

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reato rimane unico, così come rimane unico se alla promessa segua poi

l’effettiva dazione, che qualifica la corruzione come fattispecie delittuosa a

condotta mista alternativa, che permette la sua manifestazione nella realtà

fattuale in più forme restando unica la violazione. Se il patto ha come oggetto

il mercimonio dell’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico

funzionario, ma segue il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio,

in base al principio di specialità si applicherà la corruzione propria.

Nella corruzione propria, se l’azione corruttrice si arresta allo stadio

dell’intermediazione, l’intermediario potrà rispondere tanto a titolo di

concorso morale in corruzione propria, come nel caso in cui abbia fatto

nascere o rafforzare il proposito criminoso dell’esecutore materiale mediante

parole e/o comportamenti suscettibili di essere considerati e valutati come

contributo causale alla realizzazione dell’evento , quanto a titolo di concorso

materiale, come nel caso in cui agevoli fattivamente, con un provato

contributo causale, il conseguimento dell’obiettivo finale.

Sul ruolo dell’intermediario, la semplice percezione di somme ingenti

di denaro sine titulo non è sufficiente ad addebitare il concorso in corruzione e

quindi al pubblico funzionario, potendo essere di fronte ad una condotta di

millantato credito o traffico di influenze illecite.

In tema di concorso anomalo, la giurisprudenza ha affermato che la

prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal

concorrente va effettuata in concreto, con riferimento alla personalità

dell’imputato e alle circostanze ambientali nelle quali si svolge l’azione. “In

questa prospettiva, non può essere considerata imprevedibile dal concorrente

corrotto l’ipotesi retrospettiva di una pregressa attività di induzione o

coercizione del correo dal momento che il concorrente –pubblico ufficiale che

accetta denaro da un privato sa perfettamente che sta commettendo un reato,

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sicché, con tale sua condotta, egli aderisce consapevolmente alla pregressa

condotta del correo che ha determinato l’esito sfociato nel pagamento, sia che

esso sia qualificabile come concussione che come corruzione”.279

A rafforzare il complesso collegamento interpersonale tra corruttore e

corrotto, sia sul pactum che sulla stessa organizzazione delinquenziale, la

giurisprudenza ha ritenuto ipotizzabile l’esistenza del vincolo associativo di

cui all’art. 416 c.p.

Per quanto riguarda i reati di corruzione e truffa aggravata commessi

dal pubblico funzionario, colui che da o promette, nella corruzione, non è

vittima di un errore ed agisce su un piano di parità con l’intraneus nel

concludere il negozio giuridico illecito. È senz’altro ipotizzabile il concorso

(es. un artificio alla base o idoneo a completare il pactum).

Tra il delitto di favoreggiamento personale e quello di corruzione

propria si ritiene sussistente il concorso di reati, tutelando le norme beni

giuridici diversi, come nel caso di condotta contraria ai doveri di ufficio e con

tale condotta aiuti taluno, dopo che fu commesso un delitto punito con la

sanzione detentiva, ad eludere le investigazioni o le ricerche dell’autorità.

Ancora, è possibile il concorso tra finanziamento illecito ai partiti e

corruzione: il bene giuridico, da un lato, è il buon andamento della p.a,

dall’altro la tutela del metodo democratico.

Il delitto di corruzione propria concorre con l’art. 353 c.p., a tutela della

libera concorrenza e garanzia degli interessi della p.a., non assorbendone

l’intero disvalore del fatto.

La differenza tra millantato credito e corruzione è abbastanza netta.

Viene qui punita la “condotta mistificatrice” idonea a screditare la pubblica

279

C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., cit. p. 310.

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amministrazione, vantando un potere di influenza in realtà inesistente o

esistente in dimensione minore rispetto al rapporto “magnificato”. Essendo il

bene la tutela dell’onore e del prestigio della p.a., non viene punito il

compratore, colui che accetta, vittima di un raggiro, una truffa ai suoi danni.

5.1. a Segue: in particolare, il traffico di influenze illecite

Per quanto riguarda il reato di cui all’art. 346 bis c.p., questo si fonda

sulla compravendita non già di un atto dell’ufficio o della funzione pubblica,

bensì di un’attività di influenza indebita: si punisce la condotta di chi dà o

promette denaro o altro vantaggio patrimoniale ad un pubblico funzionario o a

qualsiasi altra persona perché, sfruttando le relazioni esistenti e reali e, quindi,

non millantate con l’intraneus, possa esercitare un’indebita influenza su

quest’ultimo per fargli compiere un atto contrario ai doveri di ufficio od

omettere o ritardare un atto del suo ufficio. La condotta rientra nei delitti dei

privati contro la p.a.

Questa fattispecie, sollecitata dalla dottrina, introdotta in adempimento

degli obblighi di incriminazione provenienti dall’art. 18 della convenzione

ONU contro la corruzione, era prevista nella c.d Proposta di Cernobbio,

elaborata nel contesto di Tangentopoli da parte di un gruppo di magistrati della

Procura della Repubblica di Milano unitamente ad alcuni avvocati e docenti

universitari, nonché nel d.d.l. n. 3286 presentato alla Camera dei Deputati il 4

dicembre 2007, di ratifica della Convenzione penale del Consiglio d’Europa

sulla corruzione firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1999, fino ad arrivare al

d.d.l. N 4434, che verrà trasformato in legge 6 novembre 2012 n. 190.

Fondandosi sulla compravendita di un’attività di influenza indebita sul

pubblico funzionario, non può essere ricondotta né alla tipicità dei delitti di

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corruzione né a quella del millantato credito. Si pensi al soggetto che, venuto a

conoscenza delle difficoltà di Caio per l’apertura di un esercizio commerciale

a causa di un’insufficiente metratura del locale, si dichiari disposto ad aiutarlo

per fargli ottenere l’autorizzazione, affermando di conoscere molto bene

Sindaco e Assessore al commercio, garantendogli che, dietro il pagamento di

una somma, potrebbe eliminare ogni ostacolo. Sempre rispetto alla vendita di

fumo del millantato credito (che per questo motivo non punisce il privato) la

norma in esame va ad ampliare, con molto ritardo, l’area del penalmente

rilevante: il residuo e ristretto ambito dell’art. 346 c.p. viene completato con la

nuova norma al fine di introdurre un reato che ostacola la corruzione, e che

permette di punire il mediatore ed il privato.

La norma, da tempo presente in vari ordinamenti europei, mira a punire

la condotta di chi versa e/o riceve denaro o altri vantaggi di natura

patrimoniale per far compiere un’attività illecita di favore sfruttando le reali ed

effettive relazioni esistenti con il pubblico ufficiale competente ad emanare

quel determinato atto contrario ai doveri di ufficio. Al pari della corruzione e a

differenza del millantato credito, la fattispecie è improntata quindi su un

rapporto sinallagmatico, di scambio tra chi indebitamente da o promette

denaro o altro vantaggio patrimoniale e chi offre la propria mediazione illecita

e riceve l’indebito compenso per influenzare le decisioni dell’intraneus.

Nessun rapporto diretto sorge tra il privato e l’intraneus che deve compiere

l’atto cui aspira il privato.

Il reato in questione tende a punire una corruzione più sofisticata,

attuata mediante triangolazione, dove si inseriscono:

1) il soggetto che acquista l’influenza, dando o promettendo denaro o altro

vantaggio patrimoniale;

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2) il mediatore o l’intermediario che, sfruttando i suoi rapporti, relazionali

in genere, con la pubblica amministrazione, offre la propria mediazione

illecita e riceve l’indebito compenso per influenzare le decisioni

dell’intraneus, facendogli adottare l’atto contrario ai doveri d’ufficio o

omettere/ritardare l’atto d’ufficio

3) il titolare delle pubbliche funzioni o del servizio pubblico dal quale si

vorrebbe ottenere il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio

oppure l’omissione o il ritardo di un atto di ufficio.

Il pactum sceleris, l’oggetto del disvalore, mette in pericolo il corretto e

trasparente esercizio della pubblica funzione e l’imparzialità della p.a. La

norma reprime atti preparatori rilevanti o prodromici alla corruzione che, per

la loro equivocità e/o per la loro inidoneità a determinare un pericolo attuale

per il bene tutelato, non raggiungono neppure la soglia del tentativo.

Soggetto attivo è qualsiasi privato cittadino. Se l’agente riveste la qualità di

pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio ricorre l’aggravante del

secondo comma: i soggetti sono i filtri tra corrotto e corruttore che compiono

affari illegali per conto di uno o più imprenditori privati con la p.a., concetto

che permette di punire anche il privato che paga o promette.

La condotta tipica è configurata in due forme alternative e concorrendo

entrambe, qualificano unicità di reato: condotta del farsi dare o promettere

denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della mediazione illecita o

come mezzo per remunerare l’intraneus, con l’evidente intento del legislatore

di tipizzare la condotta di chi guadagna con la mediazione e reprimere i traffici

illeciti prodromici alla corruzione per il caso che l’accordo corruttivo non si

perfezioni. In questo modo avremmo istigazione alla corruzione se il

mediatore successivamente promette o da denaro o altro vantaggio

patrimoniale all’intraneus con mancata accettazione, o corruzione consumata

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nel caso di accettazione. Se invece, qualora l’intraneus, mosso solo

dall’amicizia che lo lega al mediatore, gratuitamente favorisca il privato

raccomandatogli, procurandogli intenzionalmente un vantaggio ingiusto con

una condotta in violazione di norma di legge o regolamento, si configurerà il

reato di abuso di ufficio, addebitato al titolo di concorso al mediatore e

all’extraneus favorito.

La dazione o la promessa di denaro o altro vantaggio patrimoniale

potranno assumere i connotati patrimoniali più variegati. Al di là delle

definizioni di dazione, promessa e denaro già affrontati supra, rileva qui la

definizione di vantaggio patrimoniale, che non lascia spazio alcuno di

comprensione sulla voluta esclusione del termine utilità. Il vantaggio

patrimoniale è da intendersi come utilità suscettibile di valutazione economica,

nozione riferita al complesso dei rapporti giuridici a carattere patrimoniale.

Per la Cassazione non sarebbe, ad esempio, vantaggio un singolo esame

universitario, ma il superamento di un esame di concorso funzionale al

conseguimento di un posto di lavoro o all’esercizio di una professione280

. In

altre pronuncia invece la giurisprudenza ha precisato che il requisito del

vantaggio patrimoniale deve essere riferito al complesso dei rapporti giuridici

a carattere patrimoniale e sussiste, pertanto, non solo quando l’abuso di ufficio

sia diretto a procurare beni materiali o altro, ma anche quando sia volto a

creare un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui

nel cui interesse l’atto è stato posto in essere. È stato così ravvisato nelle

seguenti ipotesi: illegittima attribuzione a dipendenti pubblici di un posto di

lavoro o di un’attività lavorativa retribuita o di una qualifica superiore non

spettante al soggetto; abusivo rilascio di un’autorizzazione all’esercizio di

280

Cfr. Cass pen. Sezione VI 17 giugno 2008 n. 24663

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un’attività commerciale; abusivo rilascio di un permesso da costruire ed

omessa attivazione di procedure demolitorie; indebita vittoria in un concorso

pubblico mediante rivelazione della traccia del tema della prova scritta;

omessa valutazione dei titoli presentati da un candidato; etc.281

.

Innegabile è l’eccessiva “prudenza” del riformatore, che ha voluto

circoscrivere le utilità a quelle strettamente economiche, lasciando fuori

dall’orbita della rilevanza penale quelle ipotesi in cui l’intermediario si muova

per un ritorno di altro genere. Certamente resta gravemente fuori anche la

condotta del faccendiere che, ad esempio, pretenda, in cambio

dell’intercessione, una prestazione sessuale. La giurisprudenza, come in altri

contesti – concussione ed estorsione – si trova costretta dove può ad allargare

a casi del genere l’ambito di applicazione delle fattispecie con tutte le

drammatiche conseguenze sul piano della tipicità.

La clausola di riserva “fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli

articoli 319 e 319 ter” mira ad evitare duplicazioni sanzionatorie individuando

un presupposto negativo del fatto tipico: il mediatore, se corrompe realmente

l’intraneus o tenti di corromperlo risponderà di concorso in corruzione o

istigazione alla corruzione e non di traffico di influenze illecite.

La differenza rispetto ai reati di corruzione risiede nel fatto che il

prezzo della mediazione non è diretto, neppure in parte, all’ intraneus, ma solo

a retribuire l’opera del mediatore. Qualora poi questi ad insaputa del privato

versasse al pubblico ufficiale anche una minima parte del compenso ricevuto,

risponderà allora di concorso in corruzione attiva. Il disvalore consiste,

dunque, in comportamenti prodromici all’accordo corruttivo, concretamente

idonei a mettere in pericolo i beni dell’imparzialità e del buon andamento della

281

Cfr. C. BENUSSI, Diritto penale della p.a., pp. 455-456

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pubblica amministrazione che però risulteranno lesi solo con il concreto

esercizio dell’influenza illecita accompagnata da una dazione o da una

promessa indebita di denaro a favore dell’intraneus o con l’accettazione da

parte di quest’ultimo del denaro offertogli dal mediatore per il compimento di

un atto contrario ai doveri d’ufficio, che integrerà il reato di cui all’art. 319

c.p.

5.1. b. Segue: in particolare, corruzione e concussioni

Da sempre controversa è la distinzione tra corruzione e concussione,

con i problematici risvolti pratico-processuali.

Prima della legge 190/2012 vi erano tre teorie fondamentali:

a) La teoria dell’iniziativa, che puntava sulla differenziazione terminologica

secondo cui la condotta del pubblico ufficiale concussore sarebbe sempre

attiva, quella del pubblico ufficiale corrotto sempre passiva. Con la legge del

1990, questa teoria ha totalmente perso fondamento essendo stato introdotto ai

commi 3 e 4 dell’art. 322 c.p. l’istigazione alla corruzione attiva, la

sollecitazione rivolta dall’intraneus al privato di promessa o dazione di denaro

o altra utilità.

b) La teoria della posizione o accordo delle volontà e del metus publicae

potestatis, che ha cercato nei rapporti tra le volontà dei soggetti l’elemento

differenziatore. In questo modo, l’attenzione cala sul diverso modo con cui

l’intraneus trae l’illecita utilità. Nella corruzione, con libera contrattazione,

con accordo di volontà liberamente e consapevolmente concluso, si instaura

un illecito rapporto consensuale tra i due soggetti, su un piano sostanziale di

parità. Nella concussione, invece, si verifica una coartazione della volontà del

privato. La volontà del privato non sarebbe spontanea. A questo poi veniva a

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sommarsi il criterio del metus publicae potestatis, atto ad illuminare tutta

l’azione concussoria. Nella concussione la condotta prevaricatrice del

pubblico funzionario è la “causa determinante” della volontà altrui: il pubblico

funzionario con la sua autorità e i suoi poteri, costringe il soggetto passivo a

sottostare all’ingiusta richiesta.

c) La teoria del danno e del vantaggio, che si concentrava sul processo

motivazionale del privato. Essa qualificava come concussione la situazione in

cui il privato certat de damno evitando, agisce per evitare un danno ingiusto, e

corruzione la situazione in cui il privato agisce de lucro captando, per

conseguire un vantaggio ingiusto. In questa logica, come ulteriore elemento di

distinzione, si faceva riferimento alla contrarietà o meno dell’atto ai doveri di

ufficio: nel caso di atto conforme ai doveri di ufficio, si avrebbe concussione

se l’iniziativa è del pubblico ufficiale, corruzione se è del privato; nel caso di

atto contrario ai doveri di ufficio, supponendo che ci sia sempre un accordo

per raggiungere il comportamento contrario, sarà sempre corruzione propria.

La possibilità di trovare criteri risolutivi emerse soprattutto con

Tangentopoli, per il sistema di illegalità diffusa e la complessità della vicenda

corruttiva e la pluralità degli atti compiuti, che non resero possibile sempre

sussumere i fatti nella corruzione.

Con la legge 190 del 2012 si è dato adito alla teoria dell’accordo delle

volontà in quanto, con il nuovo art. 317 c.p., si è delineata un’unica fattispecie

delittuosa modulata esclusivamente sulla costrizione, a differenza della ex-

concussione mediante induzione di cui all’attuale art. 319 quater c.p.

In questo caso, il discrimen tra “induzione indebita a dare o promettere

utilità” e corruzione non potrà che essere individuato nel tipo di rapporto

intercorrente tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario mentre

nell’induzione indebita esprime la sola volontà prevaricatrice del pubblico

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ufficiale che finisce per condizionare il libero esplicarsi di quella del privato

che, per evitare maggiori pregiudizi, sceglie di sottostare e accettare. Si

verifica una soggezione della volontà del privato innescata dalla condotta di

abuso del pubblico funzionario che sfrutta a suo favore la situazione di

debolezza psicologica in cui è venuto a trovarsi il primo. La volontà del

privato è allora concussa dall’abuso dell’intraneus, che costituisce la vera

causa determinante della volontà altrui. Una forma di metus publicae

potestatis da intendersi come prevaricazione, assente nell’accordo delle libere

volontà della corruzione.

Nelle concussioni il dominus dell’affare illecito è e rimane il pubblico

funzionario, con la sua autorità e i suoi poteri . In entrambe le corruzioni, è

l’abuso di potere il centro della condotta e sulla posizione non paritaria.

Per quanto riguarda il fenomeno della concussione ambientale, si

configurerà l’induzione indebita a dare o promettere utilità ogniqualvolta

l’induzione non è caratterizzata da rapporto sinallagmatico ma dalla condotta

dell’abuso dell’intraneus, che sfrutta la prassi diffusa di illegalità in quel dato

ambiente pubblico, spingendo il privato a soggiacere alle indebite richieste. Se

invece sarà dimostrato che il privato si è inserito o voleva inserirsi

volontariamente in questo sistema diffuso, si avrà corruzione, con le

problematiche che vedremo tra corruzione propria, per l’esercizio delle

funzioni e appunto, ambientale o sistemica.

Resta comunque un’ampia difficoltà di sussunzione tra la concussione

mediante induzione e la sollecitazione di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 322 c.p.,

difficoltà che sarebbe, a questo punto, stata ridotta riconducendo l’attività

induttiva dell’intraneus nella famiglia delle corruzioni anziché dar vita ad una

figura indeterminata e di discutibile paternità sul suo fondamento

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criminologico. Qui ritorna necessario anche il criterio del danno o del

vantaggio, ma che comunque porrà difficilmente delle risoluzioni collocative

efficienti di fattispecie complesse. Basti pensare al caso emblematico del

pubblico ufficiale che, nel corso di una verifica fiscale legittima, minaccia un

accertamento “non sommario” se non avviene un pagamento indebito. In

questo caso il privato che versa la tangente non lo fa per evitare un sopruso

ingiusto, ma ne consegue un guadagno ingiusto, anche per il solo timore che,

per distrazione o ipertrofia normativa amministrativa, esso possa senza dolo

“non avere le carte in regola”. Si avrà comunque una condotta concussiva

mediante induzione, che dovrà essere punita con sanzioni differenti in

relazione al disvalore delle singole condotte.

6. Critiche

Forti critiche sono state mosse contro la legge Severino.

Partiamo dalla tecnica legislativa utilizzata: la legge, è “esteticamente”

un mostro giuridico. Due articoli, dei quali il primo è strutturato in 83 commi

mentre il secondo si limita ad introdurre la clausola di invariazione finanziaria.

Per quanto riguarda il clima politico e la concussione, è evidente che la

riforma avrebbe inciso profondamente su processi come il Rubygate,

favorendo la difesa di Silvio Berlusconi, all’epoca dei fatti Presidente del

Consiglio dei Ministri, che in primo grado era stato condannato per

prostituzione minorile e concussione per costrizione a sette anni di carcere e

all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, grazie soprattutto all’introduzione

dello “spacchettamento” e della punibilità di chi viene indotto a commettere il

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165

reato282

. Questo venne ampiamente comunicato e argomentato in una relazione

della Corte di Cassazione atta a far comprendere come la riforma avrebbe

potuto incidere pesantemente sul processo che vedeva imputato il leader del

Pdl, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio dei Ministri.283

Il problema del “chi era vittima veniva indicato come complice” risiede

nella mens legis, che voleva essere espressione di una scelta paternalista dello

Stato, in cui “la punibilità, infatti, del soggetto indotto nel delitto di cui all’art.

319 quater c.p. vorrebbe, nelle intenzioni del legislatore, fungere da norma

propulsiva di un nuovo modo di porsi del privato nel rapporto con la pubblica

amministrazione; costui non può più cedere nei confronti di una blanda spinta

a pagare, se non vuole essere coinvolto nella responsabilità penale”, ma per il

processo è stato traumatico nei confronti delle testimonianze.

Ma soprattutto perde la veste di concussore l’incaricato di pubblico

servizio (poi “rivestito” con la legge 69/2015): “Già a una rapidissima lettura

risulta evidente come, nel confronto delle disposizioni precedente ed attuali,

non si è proceduto a una scissione pura e semplice; nell’attuale concussione è

‘scomparso’ il riferimento, quale possibile soggetto attivo del reato,

all’incaricato di pubblico servizio (nel caso Berlusconi); nella nuova ipotesi di

induzione è ’apparsa’ la punibilità di quella che, fino al 28 novembre 2012, era

soltanto la parte offesa del delitto (nel caso i poliziotti)”. Quindi è ben chiaro

che se i protagonisti del processo avessero cambiato ruolo sarebbe cambiato lo

stesso processo e probabilmente anche la sentenza. In questo modo

“le evidenti differenze delle norme incriminatrici, in assenza di disposizioni

transitorie, rimbalzano sull’interprete e sulla giurisprudenza” che avrebbe

282

I poliziotti che rilasciarono la invano spacciata marocchina per la nipotina di Mubarak erano

testimoni fondamentali e, fino a quel momento, solo parte lesa nel processo. 283

Relazione n. 19 del 3 maggio 2013 a cura di R. CANTONE.

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avuto “ il compito di stabilire se le modifiche normative hanno modificato

l’area del penalmente rilevante”. Questo il cuore del documento redatto

dall’ex P.M. anticamorra Raffaele Cantone.

“Tale ragione può essere reperita nella possibilità che egli ha di opporsi

alla pretesa illegittima e tale possibilità va individuata nella conservazione di

un margine di autodeterminazione, che esiste sia quando la pressione del

pubblico agente è più blanda sia quando egli ha un interesse a soddisfare la

pretesa del pubblico funzionario, perché ne consegue per lui un indebito

beneficio”. I poliziotti che ricevettero la telefonata da Parigi dell’allora

premier Berlusconi avevano quindi la possibilità di opporsi e certamente non

hanno conseguito un beneficio nell’aver assecondato la richiesta del Cavaliere.

Ragionamento che sembrerebbe, quindi, far evaporare nel penalmente

irrilevante l’ipotesi di concussione per Berlusconi.284

La legge inoltre, che avrebbe dovuto affrontare il tema della corruzione

in tutte le sue manifestazioni, ha lasciato fuori: i rapporti tra spese politiche e

finanziamenti, il tema dei controlli, la disciplina della prescrizione, il reato di

falso in bilancio, e l’autoriciclaggio. L’impressione prima facie che si ricava

dalla lettura della norma è che “ha posto più problemi di quelli che voleva

risolvere, perché nelle norme c’è mancanza di indicazioni nitide”285

. Per

quanto riguarda lo sdoppiamento delle condotte di concussione per costrizione

e per induzione, ha creato due fattispecie comportamentali difficilmente

distinguibili nella pratica, generando, altresì, problemi connessi

284

Relazione n. 19 del 3 maggio 2013, a cura del dott. Raffaele Cantone, cit.

http://www.penalecontemporaneo.it/d/2271-la-relazione-del-massimario-della-cassazione-sulla-

giurisprudenza-in-materia-di-concussione-e-induz 285

Vito D’Ambrosio, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione,, nella requisitoria della

legge Severino all’esame delle Sezioni Unite.

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all’applicabilità delle contestate condotte a fatti commessi prima dell’entrate

in vigore della legge286

.

Sul versante criminal-repressivo è stato rilevato: “in realtà, per i fatti

oggi descritti dalla nuova norma, è venuto meno un efficace strumento di

persuasione, che in passato era utilizzato dai giudici per ottenere una

testimonianza dal corruttore: si fa riferimento al fatto che, spesso, si

prospettava al privato una qualificazione come vittima di concussione,

garantendogli, in sostanza, l’impunità per i fatti confessati, ma ottenendo così

di far emergere le responsabilità di pubblici ufficiali corrotti.”287

In generale, si può ritenere che, in seguito all’introduzione della nuova

fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità e alla novità

costituita dall’incriminazione del privato indotto, l’obiettivo repressivo delle

investigazioni risulta notevolmente frustrato, in quanto viene ora negata la

possibilità di servirsi delle dichiarazioni delle vittime quali soggetti informati

sui fatti. L’introduzione della figura autonoma di reato di cui all’art. 319

quater c.p., ed in particolare del suo secondo comma, permette oggi di

prevedere anche la punibilità del privato. La ratio è stata individuata dalle

Sezioni Unite della Cassazione proprio nell’esigenza di “chiudere ogni

possibile spazio d’impunità al privato, non costretto ma semplicemente

indotto” alla dazione o promessa indebita288

.

286

Questione poi affrontata e risolta dalle Sezioni Unite Corte di cassazione il 14 marzo 2014 con

udienza del 24 ottobre sentenza n. 12228. Ancora problematica risulta la questione relativa alla

linea di demarcazione tra fattispecie di concussione, prevista dal novellato art. 317 c.p. e quella di

induzione indebita a dare o promettere utilità (prevista dall’art. 319 quater c.p.) soprattutto con

riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quelle di induzione. 287

G. DE MAGISTRIS, I delitti di corruzione in un confronto fra l’ordinamento italiano e spagnolo, in Diritto

penale Contemporaneo. 288

Cfr. Cass. Pen. Sezioni Unite, 14 marzo 2014, n. 12228.

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Altra causa del fallimento della nuova normativa è la mancanza di

volontà di essersi fatta sintesi di quella fase di metabolizzazione parlamentare

e civica degli anni ‘90 che senz’altro sarebbe servita a consentire ai più la

digeribilità della nuova normativa introdotta289

.

Oggettivamente criticabile è la lettura della legge in relazione alla legge

n. 251 del 2005, che impone, in attesa di una riforma completa della

prescrizione, che ogni intervento che si proponga il fine di inasprire il sistema

sanzionatorio nei confronti dei reati di corruzione, dovrebbe necessariamente

intervenire sul sistema di computo della prescrizione in via eccezionale per

essere effettiva, o rischia di risultare vana, in quanto è dimostrato dalle

statistiche, ed è stato più volte evidenziato dagli studi in sede europea290

, che

la repressione del fenomeno corruttivo in Italia trova il suo principale ostacolo

nel sistema attuale di calcolo e nei termini troppo brevi della prescrizione.

Attualmente, nel 2017, si discute alle Camere la riforma del processo

penale che in particolare si affronta il tema della prescrizione.

La nuova legge ne allunga i termini. Materialmente, i tempi di

prescrizione sembra saranno allungati istituendo due periodi durante i quali il

suo decorso sarà sospeso: fra la sentenza di primo grado e quella di appello,

per un massimo di 18 mesi, e fra quella di appello e di Cassazione, per lo

stesso periodo di tempo. In pratica, da quando sarà introdotta la legge, la

prescrizione potrà scattare fino a 3 anni più tardi rispetto ad oggi, per effetto

dei due nuovi periodi.

La repressione del meccanismo che invoglia alcuni avvocati a cercare

di raggiungere la prescrizione facendo allungare il processo, piuttosto che

289

Cfr. C. DI MARZIO, in op. cit, pag. 539. 290

Cfr. in particolare dal rapporto del GRECO del 23 marzo 2012

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dimostrare l’innocenza del proprio cliente dovrà scontrarsi con il problema dei

tempi già molto ampi dei processi, danneggiando il diritto dell’imputato a

essere giudicato in tempi ragionevoli come sancito dall’articolo 111 Cost. e

dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

6.1. a. Le corruzioni al vaglio della determinatezza-tassatività: principio

di legalità in relazione ai nuovi articoli 318 e 319 c.p.

Questa riflessione comincia dall’analisi intertemporale. La riforma,

imposta dalla duplice necessità di adeguare la risposta sanzionatoria alla

metamorfosi qualitativa del fenomeno corruttivo e di uniformare il nostro

ordinamento agli accordi di diritto sovranazionale ratificati e vincolanti, hanno

determinato il crearsi all’interno della norma di una dimensione “generale” ed

di una “speciale”291

, senza alcuna abolitio criminis e al contrario con una

specifica estensione della punibilità, ricomprendendo tutte le ipotesi astratte

più altre nuove. Stando all’interpretazione autentica del legislatore, si ritiene

che la nuova figura di corruzione per l’esercizio della funzione, “sia in grado

di offrire copertura normativa sia alle ipotesi di corruzione impropria - sino ad

oggi ricadenti nella previgente disposizione - sia ai casi di corruzione per

l’esercizio della funzione in cui è individuabile un accordo avente ad oggetto

‘la compravendita’ dell’esercizio della funzione del pubblico agente senza

291

Cfr. PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. X; BENUSSI, I delitti contro la pubblica

amministrazione, cit., p. 695 ss. Si precisa che “quanto ai rapporti tra le due norme ricavabili

dall'avvicendamento delle due versioni dell'art. 318 c.p., l'elemento del "generico" esercizio delle

funzioni o dei poteri ha sostituito, nella struttura linguistica della disposizione, lo "specifico"

compimento dell'atto "non illegittimo", requisito quest'ultimo ormai scomparso”. Cfr.

GAMBARDELLA, Profili di diritto intertemporale della nuova corruzione per l'esercizio della

funzione, in Cass. pen., fasc.11, 2013, pag. 3857.

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riferimento dunque ad uno specifico atto”292

. Questa fattispecie generale, sotto

il profilo di diritto intertemporale si pone in rapporto di continuità normativa

con le previgenti disposizioni sulla corruzione impropria dando luogo a una

successione di norme modificative che comporterà, per le condotte realizzate

anteriormente all’entrata in vigore della riforma, l’applicabilità, ai sensi e per

gli effetti di cui all’art. 2, comma 4 c.p., della normativa anteriore in quanto

più favorevole, prevedendo la reclusione da sei mesi a tre anni, rispetto

all’attuale “da uno a sei anni”.

Per quanto riguarda le condotte che prima della riforma venivano

qualificate dalla giurisprudenza come corruzione propria pur non essendo stati

identificati l’atto o la condotta oggetto del pactum sceleris, come ad esempio

la messa “a libro paga” dell’agente pubblico, oppure quelle ipotesi in cui al

momento della stipulazione del patto corruttivo non era specificato con

precisione l’atto futuro da compiere o quello già compiuto, che ora

rientrerebbero nel novellato art. 318 c.p., dovrebbe applicarsi quest’ultima in

quanto più favorevole.

Sul punto la giurisprudenza prevalente di legittimità riteneva, nel caso

in cui venisse accertata la consegna del denaro al pubblico ufficiale eseguita in

ragione delle funzioni esercitate e per retribuirne i favori293

, che la mancata

individuazione in concreto del singolo atto contro i doveri del proprio ufficio,

da omettersi, ritardarsi o compiersi, non facesse venir meno il delitto di cui

all’art. 319 c.p.. Il reato di corruzione propria sussisteva anche quando

nell’insieme del servizio reso dal pubblico ufficiale vi fosse stato un totale

292

SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, cit., p. 8. 293

Sez. VI, 15 febbraio 1999, n. 3945, in questa rivista, 2000, p. 1223; Sez. VI, 5 febbraio 1998, n.

2894, ivi, 1999, p. 3405, con nota di RAMPIONI, I delitti di corruzione e il requisito costitutivo

dell'atto di ufficio: tra interpretazioni abroganti e suggestioni riformatrici; Sez. VI, 5 marzo 1996,

ivi, 1997, 1338; Sez. VI, 29 ottobre 1992, ivi, 1994, p. 1518.

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asservimento della funzione agli interessi del privato, ove la commistione di

interessi fosse tale da vanificare la funzione di controllo richiesta dal pubblico

ufficiale, concretizzandosi una sostanziale rinuncia allo svolgimento della

funzione in cambio di provati pagamenti in suo favore294

.

Per comprendere il destino delle fattispecie in cui si è fatto a meno

dell’atto di ufficio295

è necessario comprendere se tutte le condotte oggi

devono essere sussunte nella corruzione funzionale ex art. 318 c.p., oppure se

è necessario sottrarre a tale trasmigrazione normativa una tipologia di casi che

continua a risultare penalmente rilevante ex art. 319 c.p.

La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover definire le condotte relative

a patti corruttivi che non hanno ad oggetto un atto specificamente individuato

da compiere o già compiuto, e le condotte di semplice “messa a libro paga”

come sussumibili nella nuova corruzione per la funzione come nella

corruzione propria secondo il diritto vivente. Questo perché l’oggetto

materiale del reato è considerato sia l’accordo per il compimento di un atto

non necessariamente individuato ab origine ma quantomeno collegato a un

genus di atti preventivamente individuabili, sia l’accordo che abbia ad oggetto

l’asservimento “in generale” della funzione pubblica agli interessi del privato

corruttore, senza ulteriori specificazioni, altresì per futuri favori296

. La

specialità sincronica in astratto sviluppa un concorso di norme ex art. 15 c.p.,

294

Sez. VI, 9 dicembre 2003, n. 2622, in C.E.D. Cass., n. 227246. In dottrina, in tal senso, cfr. le

osservazioni di DAVIGO-MANNOZZI, La corruzione in Italia, cit., p. 294 ss. 295

Cfr., in proposito, FORNASARI, Il significato della riforma dei delitti di corruzione, cit., p. 2691

ss. 296

Sez. un., 26 marzo 2003, n. 25887, GIORDANO, Cass. Pen, 2003, p. 3310 ss.; Sez. un., 27

settembre 2007, n. 2451, MAGERA, ivi, 2008, p. 898 ss.; Sez. un., 26 febbraio 2009, RIZZOLI, n.

24468, ivi, 2009, p. 4113 ss. Per ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza, cfr.

GAMBARDELLA, L’irretroattività, in Trattato di diritto penale. Parte generale, vol. I, diretto da

CADOPPI-CANESTRARI-MANNA-PAPA, Utet, 2012, p. 239 ss.

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dove genus sarebbe considerato l’art. 318 c.p., species l’art. 319 c.p.297

che,

secondo l’art. 15, imporrebbe di applicare l’art. 319 in quanto norma

speciale298

. Ma così non è, in quanto presenti delle variabili fondamentali: le

condotte in esame, in precedenza, erano punite grazie ad un’interpretazione

non letterale dell’art. 319 c.p., estensiva, in base ad una prassi consolidata;

questo implica che siamo di fronte ad un problema che interessa il divieto di

analogia, se si cerca di punire una condotta non prevista, ed il limite

dell’interpretazione estensiva, se si cerca di estendere la punibilità di una

norma.

Non si può negare che la nuova corruzione per l’esercizio della

funzione si adatti molto meglio a quelle condotte in cui non v’è riscontro

materiale dell’atto. Sembrerebbe maggiormente appagante una soluzione in

termini di sussidiarietà sul piano “funzionale” dell’art. 318 c.p. rispetto all’art.

319 c.p., dato che l’applicazione dell’art. 318 c.p. postula la mancata

identificazione dell’atto compravenduto299

. Muovendo allora dalla funzione

“sussidiaria” della corruzione ex art. 318 c.p., essendo tutti i casi concreti in

cui l’atto d’ufficio non era identificato compiutamente ricondotti in passato

alla norma oggi speciale dell’art. 319 c.p. attraverso una interpretazione

estensiva in assenza di norma determinata e in presenza di fatti gravi e

condotte manifestamente lesive dell’ordine pubblico, dovrebbero essere puniti

dal 318 c.p., fatta salva la regola dell’art. 2, comma 4, c.p.

L’orientamento di una parte della dottrina ricorda che la messa a “libro

paga” del pubblico agente deve oggi essere perseguita attraverso il nuovo art.

297

Cfr. PADOVANI, Metamorfosi e trasfigurazione, cit., p. 786, secondo cui si tratta di una specialità

unilaterale per specificazione. 298

Cfr. VALENTINI, Dentro lo scrigno del legislatore penale, cit., p. 15, 299

Così PADOVANI, La messa a “libro paga”, cit., p. X.

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318 c.p., perché “la riformulazione dell’art. 318, formalmente estensiva

dell’area dell’illecito, non è tale rispetto al diritto giurisprudenziale, e

risulterebbe invece in bonam partem dislocando sul terreno della corruzione

impropria fatti in precedenza valutati come corruzione propria”300

. Ma a

prescindere dalla dottrina, questo orientamento sembrerebbe rappresentare una

volontà autentica del Legislatore, che in questo modo “esce allo scoperto”,

palesando che, con la nuova ipotesi di reato ha voluto effettivamente chiarire

che la giurisprudenza formatasi nel recente passato sul punto è da respingere

perché non corretta301

. In pratica la disciplina dell’art. 15 c.p. potrebbe essere

derogata, come consentito dalla stessa norma, capovolgendo la prevalenza

della lex specialis in favore di quella generale in quanto l’art. 318 c.p. prevede

con maggiore precisione una condotta concreta di messa a “libro paga” o di

corruzione di tipo sistemico.

Invero, anche questa soluzione si mostra insoddisfacente. Bisogna

quindi differenziare casi che possono rientrare nell’art. 318 c.p. e altri che

possono rientrare nell’art. 319 c.p.

E’ stato giustamente ricordato che la nuova formulazione dell’art. 318

c.p. ha scelto esplicitamente di non introdurre una figura di corruzione per la

funzione costruita su di un “modello mercantile” della condotta criminosa,

preferendo un “modello clientelare”, strutturato sulla semplice infedeltà del

pubblico agente, che priva di centralità il momento sinallagmatico tra la

dazione o promessa e uno specifico atto d’ufficio302

. Il distacco dalla visione

mercantile verso quella clientelare sposta l’attenzione all’esercizio della

funzione, e il contenuto offensivo non è più racchiuso nell’atto, ma nel patto,

300

PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, cit., p. 7 e p. 17. 301

SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, cit., p. 8. 302

SPENA, Il «turpe mercato», cit., p. 20 ss., p. 564 ss.

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diventando il pericolo del malfunzionamento (pratico, non “morale”) della p.a.

soltanto eventuale. “La nuova corruzione per asservimento della funzione

sanziona gli accordi tra privato e soggetto pubblico, allorché la dazione o la

promessa siano finalizzati al compimento di generici servigi da parte di

quest’ultimo a favore del primo; quando cioè il pubblico agente, dietro

compenso, si impegni a porsi o a restare a disposizione del privato per presenti

o future necessità di varia natura”303

: esplicitamente, il pactum sceleris non è

(e forse non serve che debba essere) determinabile. Sembrerebbe allora che

l’art. 318 c.p. abbia il compito di tutelare il bene giuridico della fiducia dei

cittadini circa la lealtà, correttezza e fedeltà dei pubblici agenti, che impone

quindi un’attenzione maggiore all’imparzialità piuttosto che al buon

andamento della p.a, come invece è chiaro nell’art. 319 c.p., che tutela

entrambi i beni giuridici.

Per questa suddivisione concettuale alcuni casi in cui non è evidente

un’infedeltà pura, dove il patto non sembra quasi manifestarsi in alcuna forma

evidente, anche se astrattamente riconducibili al paradigma dell’asservimento

della funzione pubblica ad interessi privati, in totale assenza del riferimento

all’atto d’ufficio, dovrebbe continuare concretamente a rilevare ai sensi del

delitto di corruzione propria in quanto sussiste una evidente omogeneità di

disvalore tra alcune ipotesi di asservimento della funzione precedentemente

assegnate alla corruzione propria (si pensi ad esempio alla verifica fiscale

superficiale compiuta da agenti della Guardia di finanza a fronte di un

corrispettivo non dovuto) e la compravendita del singolo provvedimento

amministrativo illegittimo (quale ad esempio un permesso di costruire una

303

M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 187 ss

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abitazione privata). Nei casi di infedeltà pura nei quali non è accertato un

nesso sinallagmatico, l’ambito applicativo resterebbe l’art. 318 c.p.

Inoltre, dovrebbero essere sussunti all’interno del campo applicativo del

delitto di cui all’art. 318 c.p. i casi di asservimento delle funzioni o dei poteri

agli interessi dei privati dietro compenso, allorché si tratti di un’attività dovuta

e priva di spazi di discrezionalità. Si deve trattare chiaramente di funzioni o

poteri che ineriscono concretamente all’ufficio o al servizio dell’agente

pubblico: l’attività svolta deve rientrare nella sua competenza funzionale. È

stato infatti precisato che “la corruzione per l’esercizio della funzione si

applica nei soli casi di conformità ai doveri, sostituita dall’art. 319 c.p. quando

l’accordo verta altresì sul compimento anche solo di un atto contrario ai doveri

dell’ufficio, oppure sulla omissione o ritardo di un atto dovuto”304

.

Seppure il patto corruttivo non abbia ad oggetto uno specifico atto

individuale, ma sia tuttavia possibile stabilire il genere di atti o comportamenti

che il funzionario si è impegnato a compiere (o ha compiuto) a favore del

privato, prendendo in considerazione la sfera di competenza funzionale

dell’agente, le caratteristiche del corruttore e le modalità del pagamento

concordate, si avrà condotta ex art. 319 c.p.305

. Se l’agente pubblico si accorda

con il privato corruttore, nel senso di mettere a disposizione di quest’ultimo la

sua funzione o i suoi poteri in relazione al compimento di eventuali e non

specificati atti (o comportamenti) che si riflettono a vantaggio del privato, si

avrà una condotta ex art. 318 c.p.

La dazione o promessa è infatti finalizzata non ad ottenere un

determinato o determinabile atto d’ufficio dal pubblico agente, ma a creare i

304

M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 189. 305

Cfr. CINGARI, I delitti di corruzione, cit., p. 178.

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presupposti per un legame duraturo, un accordo sigillato da fedeltà, per future

attività che al momento del patto non sono né determinate né determinabili. In

questo caso sarà esclusivamente la funzione l’oggetto del pactum sceleris e

realmente senza più alcun riferimento all’atto come lascia intendere la norma.

Sarebbero, queste, condotte allora meno gravi sì, ma solo in vista di un

futuro autonomo articolo che reprima quantomeno l’asservimento

continuativo, totale o parziale, della funzione306

. Correttamente possono allora

queste allocarsi in una diversa norma che le punisca in modo meno severo,

tutelandosi in questi casi la semplice fedeltà e lealtà dei pubblici agenti.

Queste suddivisioni concettuali, avrebbero permesso realmente anche di

scindere in maniera equa le condotte ante riforma, nonché di scindere le

interpretazioni estensive permesse, in quanto necessarie all’epoca, dalle

interpretazioni “estreme” ovvero di non permetterle successivamente307

.

6.1. b Segue: tipicità e diritto vivente

La discrasia tra fattispecie corruttive e prassi incriminatrice era quindi

evidente.

Questo, come abbiamo detto sopra, ha reso necessario il superamento

del paradigma punitivo fondato sull’atto e della corruzione propria/impropria,

verso un nuovo assetto disciplinare comprensivo di una corruzione funzionale

che prescinde dal riferimento all’atto d’ufficio e ma che lega la corrispettività

del pactum all’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico agente e,

306

Sulla proposta di legge “Ferranti e altri” presentata alla Camera dei deputati il 25 gennaio 2012, cfr.

CINGARI, I delitti di corruzione, cit., p. 164; MONGILLO, La corruzione tra sfera interna, cit.,

p. 118. 307

Cfr. GAMBARDELLA, Dall’atto alla funzione pubblica, cit., p. 68 ss.

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dall’altro, sul mantenimento della figura di corruzione ex art. 319 c.p. In

questo schema ci si chiede se la sfera di operatività della corruzione funzionale

debba essere circoscritta all’esercizio legittimo delle funzioni o dei poteri o

possa estendersi anche all’ambito di esercizio illegittimo, in particolare nella

forma del patto corruttivo avente ad oggetto un atto contrario ai doveri di

ufficio non individuato ma determinabile.

Queste riflessioni sono destinate a determinare rapporti tra le norme in

termini di specialità e sussidiarietà, con soluzioni spesso contrastanti,

soprattutto per quella che viene definita corruzione in incertis actis. Evidente

poi è la riflessione sulla compressione legislativa di declinazioni della

corruzione molto eterogenee, soprattutto in termini di disvalore, nell’unico art.

318 c.p., e la differente dosimetria delle pene, caratterizzata da un trattamento

sanzionatorio sensibilmente più mite nella corruzione funzionale rispetto alla

corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.

A differenza della concussione, a seguito dell’entrata in vigore della

legge 190/2012, sulle innovazioni apportate alla disciplina della corruzione

non ha fatto seguito una vivace interlocuzione giudiziale. Questo perché

mentre la disciplina della concussione ha imposto un assetto normativo

totalmente innovativo, privo di riferimenti e corrispondenze nel diritto vivente,

imponendo ex novo inediti criteri di interpretazione, l’intervento di riforma in

materia di corruzione ha agito su un tessuto interpretativo fortemente attivo,

che aveva impresso precedenti nel diritto vivente.

Nell’art. 318 c.p sono state compresse molte eterogenee forme di

corruzione.

Ma fino all’entrata in vigore della riforma, le forme di cosiddetta

corruzione funzionale erano state sussunte nell’art. 319 c.p.: integrava il reato

di corruzione propria sia l’accordo per il compimento di un atto non

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necessariamente individuato ab origine, ma almeno collegato ad un genus di

atti preventivamente individuabili, sia l’accordo che aveva ad oggetto

l’asservimento, più o meno sistematico, della funzione pubblica agli interessi

del privato corruttore, che si realizzava nel caso in cui il privato prometteva o

consegnava al soggetto pubblico, che accettava denaro o altre utilità, per

assicurarsene, senza ulteriori specificazioni, i futuri favori308

. Si ricorda

l’affermazione secondo cui l’asservimento della funzione pubblica agli

interessi del privato corruttore deve considerarsi la più allarmante e la più

subdola modalità corruttiva, “perché determina un permanente

condizionamento dell’attività istituzionale del pubblico ufficiale (…); anche

nella ipotesi considerata, invero, il requisito della individuazione è certamente

integrato dal comportamento-tipo (asservimento della funzione) che

costituisce la controprestazione promessa all’erogatore di denaro e che può

articolarsi anche in plurimi interventi, non specificamente previsti o

programmati, ma agevolmente prevedibili”309

.

L’interpretazione fondamentale era costituzionalmente orientata:

superata la centralità dell’atto, il riferimento era alla contrarietà dei doveri di

ufficio, non specifici, ma generici che regolano l’attività amministrativa ex art.

97 Cost.: i doveri di fedeltà imparzialità e di perseguimento esclusivo degli

interessi pubblici, ratio dei reati contro la pubblica amministrazione310

. La

scelta di sussumere sotto l’art. 319 c.p. l’ipotesi della messa a disposizione

della pubblica amministrazione o della c.d. “iscrizione a libro paga” del

privato, risultava soprattutto funzionale al contrasto della corruzione

“politica”, della rete sistemica di rapporti stabili e di favori reciproci tra

308

Cass. Pen Sez. fer. 25.8.2009 n. 34834, Ferro. 309

Cass. Pen., Sez. IV, 4.5.2006, Battistella. 310

Cfr. Cass.Pen. Sez. VI 26.2.2007 e.,rv. 236624; Cass Pen. Sez VI, 15.6.2008, L. e altri, rv. 241081

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l’ambito politico dell’amministrazione e quello imprenditoriale privato. Ad

assumere rilievo era in particolare l’accettazione, da parte del pubblico agente,

di un pagamento indebito quale compenso per l’assunzione di un ruolo che

tendeva ad essere permanente: quello di trafficante di influenze311

.

Era quindi prevista una corruzione funzionale ex art 319 c.p., con

l’intento proprio di marginalizzare l’art. 318 c.p. in quanto la maggiore attività

del funzionario pubblico è caratterizzata da atti discrezionali. Questa

marginalizzazione è stata espressione di una vera e propria interpetatio

abrogans per fini sia relativi alla prova che alla prescrizione. Condivisibile sul

piano della politica criminale e, soprattutto, come stimolo ad un riordino

legislativo secondo questi canoni, la dottrina non ha però potuto fare a meno di

interrogarsi sull’allargamento del concetto di atto e principio di legalità,

caratterizzandosi per interpretazione estensiva permessa secondo alcuni, in

malam partem secondo altri. La traslazione del contenuto offensivo dal

corretto funzionamento della p.a. agli obblighi di fedeltà del pubblico agente e

alla fiducia dei consociati nelle istituzioni determinava l’anticipazione della

soglia di punibilità a livelli di pericolo di compimento dell’atto. Quello che era

certo, è che si cercavano di abbattere per necessità le barriere linguistiche del

legislatore, sicuramente in funzione decostruttiva della tipicità del fatto.

Con la riforma, non è avvenuta una ratifica dell’esistente, modificando

infatti la struttura concettuale del solo l’art. 318 c.p.

Ampliando lo spettro di azione alla “corruzione per l’esercizio della

funzione” in generale lì dove vi era la corruzione per un atto d’ufficio, la

riforma ha potuto ricomprendere qualunque forma di corruzione qualificata

311

Cfr. Le sentenze relative alla c.d. vicenda Squillante: Cass Pen. Sez. VI, 16.4.1996, n. 1616; Cass.

Pen. Sez. VI, 4.5.2006, n. 33435

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dalla venalità o da desiderio di utilità indebite nell’esercizio delle funzioni o

dei poteri. Lo spettro comprende le figure dall’accordo corruttivo avente ad

oggetto atti o attività conformi ai doveri di ufficio, la corruzione per

l’esercizio della funzione il cui oggetto, generico, non sia ancora determinabile

in rapporto ai doveri d’ufficio, fino al patto corruttivo concernente l’esercizio

illegittimo delle funzioni o dei poteri, in particolare nel caso di poteri

discrezionali. Ove il fatto riguarda un atto contrario ai doveri di ufficio o un

atto giudiziario si avrebbe in relazione di specialità, rispettivamente, l’art. 319

c.p. e l’art. 319 ter c.p.

Si può dire di essere passati, in contrasto con la struttura accettata da

sempre, di rapporto di specularità e alternatività, ad un rapporto di specialità,

come quello che precedentemente interessava, ad esempio, l’art. 318 c.p. e 319

c.p. da un lato e l’art. 319 ter dall’altro: ampio alveo dell’art. 318 c.p. , atto

specifico all’art. 319 c.p. interpretato sia come atto singolo e determinato sia

come atto genericamente individuabile ma non ancora determinato. Una

discontinuità nella volontà legislativa con il diritto vivente evidente: ex art.

319 c.p. deve discutersi di atto, con tutte le implicazioni probatorie, in cui si

incorpora un contenuto offensivo provato in forma specifica e determinante.

Una scelta dogmatica condivisibile, ad esempio per l’impatto

educativo-sociologico, o meno. Se non fosse per il grave e macroscopico

elemento di discontinuità che è stato voluto allegare alla ricollocazione

dogmatica della figura: la macroscopica inferiorità del disvalore attribuito dal

legislatore alla corruzione funzionale rispetto alla corruzione per atto contrario

ai doveri di ufficio, come emerge dalla diversità dei limiti edittali di pena

(reclusione da uno a sei anni; reclusione da quattro a otto anni).

È possibile che il legislatore abbia avuto una simile volontà? O

intendeva lasciar sussumere ancora ex art. 319 c.p. quelle forme più gravi di

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corruzione? Già il sorgere di questi interrogativi preannuncia, come vedremo,

che il problema delle possibili interpretazioni contra legem non risulta per

niente risolto.

Abbiamo già accennato come reagì la giurisprudenza sulle questioni di

diritto intertemporale. In particolare, “per i fenomeni corruttivi non

riconducibili all’area dell’art. 319 c.p.” il legislatore avrebbe configurato “una

fattispecie di onnicomprensiva ‘monetizzazzione’ del munus pubblico,

sganciata in se da una logica di formale sinallagma e idonea a superare i limiti

applicativi che il vecchio testo, pur nel contesto di un’interpretazione

ragionevolmente estensiva, presentava in relazione alle situazioni di incerta

individuazione di un qualche comportamento pubblico oggetto di

mercimonio”312

. Ma di maggiore interesse si presentano le successive

pronunzie con le quali la Suprema Corte ha preso in esame situazioni

riconducibili al genus del sistematico mercimonio della pubblica funzione e

dell’asservimento della stessa ad illeciti interessi di privati. In una prima

sentenza si ritiene privo di fondamento il ricorso incentrato essenzialmente

sulla mancata indicazione specifica dell’atto contrario ai doveri d’ufficio dalla

quale secondo la difesa derivava l’impossibilità di sussumere il fatto specifico

nell’art. 319 c.p.: “occorre avere riguardo non ai singoli atti, ma all’insieme

del servizio reso dal p.u. al privato; per cui, anche se ogni atto separatamente

considerato corrisponde ai requisiti di legge, l’asservimento costante alla

funzione, per danaro, agli interessi del privato concreta il reato di corruzione

ex art. 319 c.p.”313

.

312

Cass. Pen. Sez VI 11.1.2013 n. 19189. In senso conforme v. Cass. Pen. Sez VI 11.2.2013 n. 11792. 313

Cass. Pen. Sez VI 10.10.2013 n. 41898.

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Si torna ad affermare che la mancata individuazione in concreto del

singolo atto non depenalizzi la condotta ove venga provato che la consegna del

denaro al pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni

esercitate e conseguenti favori oggetto del patto. Nel caso di specie, è stato

detto che deve considerarsi atto contrario ai doveri di ufficio anche “l’atto che,

pur formalmente regolare, prescinda per consapevole volontà del pubblico

ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall’osservanza dei doveri

istituzionali, espressi in nome di qualsiasi livello, compresi quelli di

correttezza e di imparzialità”314

. La tendenza ad una interpretatio abrogans

dell’art. 318 sembra non fermarsi, allargando i confini della discrezionalità

giudiziaria e permettendo, dopo il mutamento “letterale” dell’articolo 318 c.p.,

critiche più sostenute sull’interpretazione contra legem della Suprema Corte.

La sentenza, definita da uno dei suoi commentatori più lucidi315

come

espressione migliore della sostanziale impermeabilità della giurisprudenza

della Suprema Corte alle profonde innovazioni apportate alla disciplina della

corruzione, è quella pronunciata in tema di asservimento della funzione

pubblica della Sezione VI, n. 9883 del 28.2.2014.

Secondo la sentenza, che rispondeva ancora alla richiesta di

derubricazione ex art. 2 comma 4 c.p., dall’art. 319 c.p. all’art. 318 c.p. in

quanto continuerebbe, per la difesa, la corruzione per atto contrario ai doveri

di ufficio ad essere ancorata ad uno specifico o determinato atto, “appare

comunque almeno discutibile che la fattispecie o categoria criminosa

dell’asservimento dell’intera funzione (pubblico ufficiale corrotto posto a c.d.

314

Cfr. anche Cass. Pen. Sez VI 4.6.2014 n. 23354, in cui si ritiene corruzione improprio solo ed

esclusivamente quando l’atto risulti sicuramente identico a quello che sarebbe stato comunque

adottato a tutela del pubblico interesse, con il medesimo contenuto e con le medesime modalità. 315

A. GARGANI, Le fattispecie di corruzione tra riforma legislativa e diritto vivente: il “sentiero

interrotto” della tipicità del fatto, in Diritto penale e processo, 9/2014, pp. 1029 e ss.

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libro paga del privato corruttore), disegnata dall’evoluzione giurisprudenziale

e pacificamente sussunta nell’ipotesi di corruzione propria (antecedente o

successiva) ex art. 319 c.p., possa o debba essere oggi ricondotta nella

previsione del novellato art. 318 c.p.(prima intestato alla corruzione per un

atto di ufficio), come apparirebbe ad una prima lettura”316

.

In premessa si sollevano da subito perplessità di un atteggiamento che

si porrebbe ex se in contrasto con i canoni di fedeltà e imparzialità integrando

gli estremi dell’art. 319 c.p., con un’attenzione non alla legittimità o meno

dell’atto, ma alle modalità e agli scopi sottostanti o strumentali con cui il

medesimo è in concreto realizzato.

Prosegue la Corte che se “da un lato, il generico riferimento, anticipato

dalla preposizione finalistica ‘per’, all’esercizio delle funzioni e dei poteri del

pubblico ufficiale espresso dal nuovo art. 318 c.p., non consente una

immediata decifrabilità delle concrete forme o espressioni che il mercimonio

di funzioni e poteri possa assumere in concreto”, dall’altro “appare ben

singolare che una disciplina normativa (…) tesa ad armonizzare le disposizioni

sanzionatorie di sempre più diffusi fenomeni di corruzione e a renderne più

agevole l’accertamento e la perseguibilità, offra il fianco a possibili rilievi in

termini di graduazione dell’offensività, di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di

proporzionalità della pena (art. 27 Cost.)”.

Irrazionale si ritiene infatti che la stabile messa a disposizione della

funzione pubblica “al servizio di interessi privati per un tempo prolungato, con

contegni di infedeltà sistematici e in relazione ad atti contrari alla funzione

non predefiniti o non specificamente individuabili ex post” sia sottoposta alla

pena enormemente più mite della reclusione da uno a cinque anni, alla luce

316

Cfr Cass Pen., sez VI, 11.1.2013 n. 19189, Abruzzese

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dell’evidenza e dell’indiscutibilità della “maggiore offensività” e “del più

elevato disvalore giuridico e sociale” della condotta di asservimento costante e

metodico della funzione pubblica ad interessi di terzi privati.

Viene confermata la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 319 c.p.

L’art. 318 riguarderebbe esclusivamente l’esercizio legittimo delle

funzioni.

In queste parole emerge quindi che la struttura legislativa che tendeva

alla centralità logico-sistematica ha fallito.

La Corte ha dato modo di rilevare che la formulazione dell’art. 318 c.p.

non consentirebbe di decifrare i comportamenti suscettibili di integrare in

concreto il mercimonio di funzioni e poteri. Con conseguente incertezza

applicativa. Un’attività ipersensibile al concetto di determinatezza e un’aperta

critica alla legge.

Spostandosi allora sulle istanze assiologiche che fanno del trattamento

sanzionatorio l’effettivo ponte di contatto con il disvalore socio-giuridico, si

ritiene che sia irrazionale punire l’asservimento della pubblica funzione in

modo assai più mite rispetto al trattamento sanzionatorio comminato dall’art.

319 c.p.

L’ipotesi di asservimento delle funzioni può, così, essere sussunta sotto

l’art. 319 c.p. per violazione dei doveri di fedeltà del pubblico agente, dando

vita, comunque, ad un “persistente contrasto tra diritto vivente e diritto

positivo”, per via dell’assenza del ripristino, nella legge, di criteri ermeneutici

conformi al principio di legalità.317

317

A. GARGANI, Le fattispecie di corruzione tra riforma legislativa e diritto vivente: il “sentiero

interrotto” della tipicità del fatto, in Diritto penale e processo, 9/2014, passim.

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Nel 2010 la Corte aveva stabilito che il diritto vivente postula “la

mediazione accertativa della giurisprudenza, nel senso che deve riconoscersi ai

giudici un margine di discrezionalità, che comporta una componente

limitatamente creativa dell’interpretazione”, attribuendo allo stesso diritto

vivente “un ruolo centrale nella precisazione del contenuto e della latitudine

applicativa della norma”318

. Il limite a questa attività è la c.d. “linea di rottura”

col diritto positivo319

. I criteri ermeneutici tradizionali evadono, nel caso della

corruzione, il diritto vigente320

in quanto il limite, “la linea di rottura” è stata

ampiamente superata.

Naturalmente il divieto di analogia in questo caso risuona con un’eco

ancora maggiore non esistendo dogmaticamente più alcuna lacuna da colmare,

se non giocando di interpretazione per una vera e propria “questione morale”.

Evidentemente, vi è un problema di congruità e razionalità della

disciplina sanzionatoria, da risolversi al più presto secondo i rimedi previsti

dalla Costituzione, essendo sempre dietro l’angolo la possibilità di abusi a

scapito delle garanzie dell’imputato. Per inseguire la ragionevolezza viene

scavalcata la tipicità, con interpretazioni teleologiche delle fattispecie avulse

dal quadro sistematico.

Questo renderà nella sostanza ancora maggiori le responsabilità della

insufficiente riforma avvenuta con l. 69 del 2015, che non si è minimamente

preoccupata di affrontare la questione.

318

Cass. Pen. Sez. Un. 21.1.2010 n. 18288. 319

Cass. Sez un. 21.1.2010 , n. 18288. 320

A. GARGANI , Le fattispecie di corruzione, p. 1036.

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7. La legge 27 maggio 2015, n. 69

Oltre ad aver reinserito l’incaricato di un pubblico servizio nella cerchia

dei soggetti attivi della concussione, la legge 27 maggio 2015, n. 69 ha

previsto un aumento del trattamento sanzionatorio per i delitti di corruzione e

induzione indebita a dare o promettere utilità, nonché una nuova circostanza

attenuante ad effetto speciale, che mira ad effettuare una riparazione post-

delictum e che trova fondamento nella minore capacità a delinquere del

colpevole che, successivamente alla commissione del reato, “si sia

efficacemente adoperato” per conseguire in via alternativa uno dei risultati

previsti dalla norma, che sono (naturalmente, prima che tutti i risultati siano

raggiunti autonomamente dagli inquirenti):

1) evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori;

2) collaborare con gli inquirenti per l’individuazione di ulteriori soggetti

responsabili;

3) favorire la raccolta e la conservazione delle prove dei reati o il sequestro

(finalizzato alla confisca) delle somme o delle altre utilità trasferite

all’intraneus.

Per colpire poi i vantaggi conseguiti dall’intraneus dalla commissione

dei delitti di peculato, concussione, induzione indebita e corruzione è stata

introdotta all’art. 322 quater la riparazione pecuniaria, una sorta di riparazione

coattiva di indubbio carattere afflittivo-sanzionatorio (e non già risarcitorio

restando impregiudicato il diritto al risarcimento dei danni) che va ad

aggiungersi agli altri strumenti coercitivi previsti dagli artt. 322 ter, 335 bis 19

d.lg. n. 231/2001, e dalla confisca allargata di cui all’art. 12 sexies d.l. n.

306/1992.

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La legge ha poi apportato specifiche modifiche agli artt. 165 c.p. e 444

c.p.p. che hanno finito per incidere sull’applicazione delle norme sulla

corruzione. È stato deciso che:

1) il beneficio della sospensione condizionale della pena sia subordinata al

pagamento di una somma –equivalente al profitto del reato ovvero

all’ammontare di quanto indebitamente percepito dall’intraneus – a titolo di

riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del

suo funzionario infedele (ovvero, nel caso di cui all’art. 319 ter,in favore

dell’amministrazione della giustizia), fermo restando il diritto all’ulteriore

eventuale risarcimento del danno (art. 2)

2) il ricorso al patteggiamento sia condizionato alla “restituzione integrale del

prezzo o del profitto del reato” (art. 6).321

Presentando elementi di novità degni di apprezzamento e un’azione

attuata sulle tre necessarie direttrici politico-criminali (inasprimento

sanzionatorio a fini deterrenti, recupero coattivo del vantaggio illecitamente

ottenuto dai pubblici agenti, incentivazione della collaborazione processuale

di corrotti e corruttori), abbiamo anche dei principi di fondo validi (a

differenza della regolamentazione nello specifico) di una disciplina delle false

comunicazione sociali, condotte spesso funzionali alla corruzione: tornano ad

essere un delitto procedibile d’ufficio, salvo le ipotesi di lieve entità (oggetto

di accertamento da parte del Giudice il quale dovrà tener conto “della natura e

delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”).

Ma anche questo nuovo sforzo legislativo non è immune da difetti che

complicano il lavoro dell’interprete e potrebbero ostacolarne l’esito

positivo.

321

Cfr. C. BENUSSI, op. cit., pp.249-250.

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Per quanto riguarda la riparazione coattiva, la quantificazione

dell’ammontare dovuto a titolo compensativo non è rimessa all’apprezzamento

del giudice né commisurata ai pregiudizi complessivamente subiti

dall’amministrazione di appartenenza, ma forfettariamente calibrata sui

proventi materiali indebitamente ricevuti. Tali peculiarità rendono la misura

del tutto inedita nel nostro sistema penale. Le sue caratteristiche rendono

evidente la natura non solo compensatoria, che appare più affine al

disgorgement anglosassone, di cui la dottrina rileva la natura quasi-punitiva,

che al risarcimento del danno322

, ma anche (e soprattutto) punitivo-

deterrente323

. I problemi maggiori, sono di coordinamento e sovrapposizione

con l’istituto della confisca del prezzo o profitto del reato ex art. 322 ter c.p.

L’unica concreta differenza appare di tipo processuale: la possibilità di

anticipare la confisca in via cautelare attraverso il sequestro. Per queste

ragioni, un’irrogazione cumulativa comporterebbe una violazione del ne bis in

idem sanzionatorio e del principio di proporzione (art. 3 Cost.), scongiurabile

solo attraverso un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente

(CEDU) orientata.

Di fatto, e prescindendo dalle differenze nominalistiche, la somma delle

due misure darebbe luogo ad una pena patrimoniale, formalmente inespressa,

quantificata nel doppio del vantaggio illecito.

322

In chiave civilistica, comunque, la misura: cfr. P. PARDOLESI, Profitto illecito e risarcimento del

danno, Trento, 2005, 323

Cfr. C. BENUSSI, sub art. 322-quater, in E. DOLCINI – G.L. GATTA, Codice penale

commentato, IV ed., Milano, 2015, p. 462; del pari, A. SPENA, Dalla punizione alla riparazione?

Aspirazioni e limiti dell’ennesima riforma anticorruzione (l. 69/2015), in Studium Iuris, 2015?,

cit., § 5 (“pena patrimoniale”); F. CINGARI, Una prima lettura delle nuove norme penali a

contrasto dei fenomeni corruttivi, in Dir. pen. proc., 2015, cit., 810 (“natura sostanzialmente

punitiva”).

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Per quanto riguarda le responsabilità omissive della legge, possiamo

vedere che:

1) l’art. 317 bis c.p. continua, incomprensibilmente, a non menzionare l’art.

319 quater c.p. tra gli illeciti a cui si applica il regime speciale

dell’interdizione dai pubblici uffici;

2) è rimasta invariata anche l’estensione – operata dalla l. n. 190/2012 –

dell’art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992 all’intero art. 319 quater e non solo al

suo primo comma, con la paradossale conseguenza che l’indotto potrebbe

astrattamente vedersi irrogata tale ipotesi particolarmente severa di confisca,

diversamente dai condannati per fatti di corruzione attiva ex art. 321 c.p., non

richiamato dal predetto art. 12sexies.

3) in seno al d.lgs. n. 231/2001 (art. 25), la dazione/promessa indotta ex art.

319 quater, comma 2, c.p., può ancora determinare per l’ente collettivo

conseguenze sanzionatorie più gravi di una corruzione, sia propria che per

l’esercizio delle funzioni, nonostante sia punita assai meno severamente di

queste ultime ipotesi.324

La novella del 2015 ha però almeno collocato il nuovo reato di

induzione ex art. 319 quater in posizione mediana anche dal punto di vista

della pena edittale, non avendo voluto accogliere le istanze di semplificazione

di un impianto normativo rivelatosi presto fonte di seri disorientamenti

giurisprudenziali, in particolare affiancando alle diverse figure di corruzione

soltanto la concussione mediante costrizione e sopprimendo la nuova

fattispecie induttiva. Tanto meno il legislatore ha virato verso la soluzione

324

V. MONGILLO, Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del

2015, in Diritto Penale Contemporaneo, 15 dicembre 2015,

http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1450033938MONGILLO_2015a.pdf

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radicale della previsione di un’unica macro-fattispecie di corruzione, secondo

il noto “Progetto Cernobbio” del 1994.

Ha almeno rimediato cosi agli elementi di irragionevolezza del

precedente quadro sanzionatorio. Infatti, l’abuso induttivo del pubblico agente

è ora punito nel massimo più severamente della corruzione propria e più

tenuamente della concussione.

8. Corruzione politico-amministrativa, lobbying e corruzione privata

Muovendoci sulla sottile linea di confine tra legalità e corruzione

politico-amministrativa, notiamo che in Italia non sono ancora presenti delle

norme preventive con caratteri sanzionatori tese a ridurre e controllare il

fenomeno del lobbying, salvo i rari casi dove è possibile qualificare il traffico

di influenze illecite, e, sulle formazioni delle lobby, soprattutto in relazione al

mondo delle multinazionali, prima del contatto con il mondo politico, locale,

nazionale e transnazionale, una sufficiente regolamentazione preventiva e

repressiva della corruzione privata.

In Italia il lobbismo e la rappresentanza degli interessi organizzati

hanno assunto uno sviluppo molto ampio a causa di alcuni fattori legati al

sistema politico. Parliamo di una vera e propria forma di rappresentanza non

regolamentata dal punto di vista normativo; è un esempio di pressione di

gruppi, inizialmente portatori di interessi diffusi, oggi sempre meno,

particolarmente condizionato dalla cultura politica nazionale, e, circolarmente,

a sua volta condizionante la politica. È un modello di relazione istituzionale

più orientato all’esercizio dell’influenza come relazione sociale duratura che

alla comunicazione come processo per il singolo obiettivo.

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Ma soprattutto, è un sistema basato sui rapporti diretti e immediati tra

lobbista e decisore piuttosto che su forme indirette di pressione

(grassroats325

lobbying).

Il neo-corporativismo e la concertazione che hanno favorito sindacati e

gruppi di datori di lavoro nella partecipazione alle politiche pubbliche (da

questo, l’accezione positiva di portatore di interessi), dimostrano l’enorme

difficoltà che sottende la scrittura legislativa in materia ma ancor più la gravità

dell’assenza di un tentativo, di una legge nazionale in materia di lobby 326

.

La contiguità tra lobbying e corruzione è fortissima. La linea di confine

che divide i due comportamenti è estremamente sottile e possiamo ipotizzare

che proprio aver ammesso il lobbying e dato una forma regolata a questa

attività tramite vere e proprie consuetudini, non codificandola, abbia costituito

una barriera verso una autentica lotta alla corruzione politico-amministrativa.

C’è un intreccio sottile, ma totalmente distruttivo, che lega il

riciclaggio, nazionale e internazionale, al lobbying, alla mafia e all’ecomafia, e

alle grandi opere, ecologiche o meno, che ricorda quanto è necessaria una

regolamentazione di questa materia, anche a livello europeo, per una reale

lotta alla criminalità nazionale e transnazionale.

Basti pensare al problema che sta emergendo, ad esempio, sul Tap, come

riportato in un’inchiesta dell’Espresso del 2 aprile 2017.

La corruzione si lega al riciclaggio, alla mafia, alla legislazione e alla

politica internazionale, soddisfa varie esigenze, come quella, legittima, dei

gruppi economici di perorare la propria causa presso entità istituzionali.

325

In inglese “radici dell’erba”, il termine intende un movimento politico creatosi in modo autonomo

e spontaneo all'interno di una comunità. 326

MARIA CRISTINA ANTONUCCI, Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle

istituzioni politiche europee e italiane, Roma, Carocci, 2012, p. 110

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Queste esigenze vengono riassorbite dall’attività di lobbying che finisce

per sottrarre così alcune delle giustificazioni morali della corruzione stessa e

marcare l’aspetto “legale” del comportamento corrotto, aumentando la

percezione di criminalità dello stesso e elevando i costi morali connessi allo

scambio corrotto.

Essendo tecnicamente il lobbying inteso anche in una concezione

positiva e permessa, la normativa nazionale ha, per ora, dopo più di una

trentina di disegni di legge dal 1976 (anno cui risale la prima proposta in

materia)327

, regolamentato preventivamente le sole lobby di Montecitorio, con

regolamento in vigore dal 10 marzo 2017328

e che introduce

a Montecitorio il registro pubblico dei portatori di interessi (con porte aperte ai

condannati da più di 10 anni, quindi anche a molti condannati di Mani pulite).

La regolamentazione riguarda esclusivamente il lobbying c.d. “one-

shot” ovvero quella azione di pressione che è specificatamente finalizzata a far

approvare o non far approvare una singola puntuale norma. Ciò lo si ricava dal

fatto che all’articolo 2 si richiede al lobbista di indicare, fin dal momento

dell’iscrizione, chi intende contattare e quali azioni intenda compiere.

Viceversa è noto che il lobbying consiste anche in una attività

permanente di monitoraggio: ed è proprio a seguito di questo monitoraggio

che ci si attiva - quando serve - a contattare il decisore pubblico. ”Risulta

quindi difficile, se non impossibile, indicare fin da principio chi si incontrerà e

cosa si andrà a fare, a meno che non si voglia inserire una descrizione molto

327

Sul punto, SGUEO, Lobbying e lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale, Egea,

Milano, 2012, 145. 328

Approvato il 26 aprile del 2016, il Regolamento dell'attività di rappresentanza di interessi nelle

sedi della Camera dei deputati

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generica (quindi inutile) e il nominativo di tutti i 630 deputati così da non

rischiare di essere sanzionato”329

.

Non vi è alcuna prevenzione della politica fuori dal Parlamento di

questo fenomeno, al quale hanno tentato di porre rimedio alcune regioni

italiane approvando delle leggi regionali in materia di disciplina del

lobbying330

.

Sul livello penale, visto che la peculiare relazione tra il mediatore e le

istituzioni porta con sé il pericolo di derive patologiche, anche molto gravi,

con il rischio di sovrapposizioni tra condotte lecite e condotte illecite e

identificazione tra la figura del lobbista e quella del c.d. “faccendiere”, la

repressione attualmente potrebbe essere prevista solo ove vi sia l’azione

intermediaria dietro pagamento, come traffico di influenze illecite, e

soprattutto ove, con reali ed effettive relazioni esistenti con il pubblico

ufficiale competente, emani quest’ultimo quel determinato atto richiesto.

Si potrà avere concorso in corruzione, con riguardo alle attività di

lobbying in senso stretto (si ritiene ex art. 318 c.p.) in cui il corruttore si limiti

ad “incentivare economicamente” le decisioni di un pubblico agente già

fermamente convinto di deliberare in senso conforme alle aspettative del

lobbista sulla specifica e circoscritta materia d’interesse dell’ente erogante

(vedi capitolo IV).

329

P. PETRILLO, Il regolamento sulle Lobby alla camera? Meglio di niente, su Publicpolicy.it, 14

febbraio 2017http://www.publicpolicy.it/regolamento-lobby-camera-meglio-di-niente-67097.html 330

L. R. 5/2002 Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale

della Toscana; L. R. 24/2004 Norme per la trasparenza dell'attività politica ed amministrativa del

Consiglio regionale del Molise; L.R. 61/2010 Disciplina sulla trasparenza dell'attività politica e

amministrativa e sull'attività di rappresentanza di interessi particolari; Legge Regionale n. 17 del

2016 (Disciplina per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi nei processi

decisionali pubblici presso il Consiglio regionale

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Essendo nel ramo politico troppo e troppo spesso intersecati i sottili

conflitti di interessi e le delicate agevolazioni a lobby da cui ricavare svariati

tornaconti, soprattutto a livello “parlamentare”, l’ambito più libero e protetto

di azione pubblica e allo stesso tempo più potenzialmente dannoso, tutte

queste figure, che già erano manifeste durante Tangentopoli, continuano a

rimanere nello scheletro della nostra Nazione. Di sicuro, prima di addentrarci

nell’analisi della corruzione specifica del politico e del parlamentare, e, quindi

nell’analisi che affronterà la configurazione delle corruzioni in senso stretto,

una riflessione su una più forte penalizzazione della corruzione privata sembra

necessaria. Si influirebbe negativamente sul fenomeno di lobbying, agendo

sulla regolamentazione, controllo e “standardizzazione” dell’extraneus nel

senso almeno di ridurre maggiormente una formazione che, già prima di

raggiungere i pubblici uffici, è spesso inclusiva di condotte corruttive secondo

i canoni europei e in linea con le strutture delle corruzioni “pubbliche” del

codice penale. Oltre che, ormai, tutelando, nell’era della privatizzazione e

degli “Stati nel mercato”, sia servizi prevalentemente pubblici erogati da

privati, sia la concorrenza micro e macroeconomica, per una lotta alla

corruzione orientata a 360 gradi.

In queste riforme politiche dell’era del capitalismo, dove le

statalizzazioni sono lontane e dove molti dei diritti essenziali che dovrebbero

essere erogati dallo Stato vengono ormai erogati da aziende grandi e medio

grandi, dalle scuole, alla sanità, all’energia, al progresso e alla ricerca

scientifica e al mondo (mercato) del lavoro, nei modelli estremamente liberali

che tendono a privatizzare e ad aumentare i rischi di infiltrazione nel pubblico,

che tendono a separare “funzione sociale” e “proprietà privata” verso una

sempre più violenta libertà di iniziativa economica, e in assenza di una politica

di “ripubblicizzazione” costituzionalmente orientata almeno in quelli che

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sarebbero diritti “esclusivi” dello Stato, come sanità e istruzione, è evidente

che non può parlarsi oggi di lotta alla corruzione esclusivamente sul piano

della corruzione “pubblica”.

In questi modelli di governance, l’Italia ha quantomeno bisogno di

maggiore coscienza e responsabilizzazione politico-economica, realizzando

una lotta alla corruzione che non si rivolga “maggiormente” alla corruzione

del “pubblico agente”. E inoltre, non è anche un problema prodromico al

successivo rapporto, ricercatissimo dalle aziende, che si avrà con il settore

pubblico?

Se oramai è assodato che la corruzione è un crimine anche contro

l’economia dello Stato, assecondando una politica economica estremamente

liberale, e avendo rinunciato (si spera, solo per il momento) ad un recupero di

un’organizzazione statale che si riappropri di un’erogazione esclusiva di sanità

(naturalmente, dopo l’instaurazione di un concorso pubblico per i dirigenti

A.S.L. che spesso sono inseriti con nomina politica per agevolare primari e

cliniche private o lobby farmaceutiche331

) e istruzione, sicuramente lontana

dalla statalizzazione di imprese per costruzioni pubbliche ed erogazioni di

servizi in genere, quantomeno non si escluda una buona regolamentazione

della corruzione tra persone (fisiche o giuridiche) private, che influenzano

l’economia dello Stato.

Sempre più aziende, a seguito di deverticalizzazione delle

organizzazioni aziendali, sono a rischio corruzione, essendo soprattutto prassi

ormai consolidata decentrare all’esterno e/o all’estero intere fasi produttive.

331

Confronta questa inchiesta:

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Ma soprattutto, per quanto riguarda i servizi amministrativi, vi è il

problema della pratica dell’outsourcing, pratica attraverso la quale un’azienda

delega ad un’organizzazione esterna un’attività necessaria all’esercizio

dell’impresa che però non rientra nelle sue competenze: è il caso delle attività

di contatto con la clientela, spesso affidata a società diverse. Basti pensare alla

responsabilità civile auto, che delega l’istruttoria delle pratiche relative ai

sinistri stradali ad un’altra società o a singoli professionisti. Questo aumenta il

grado di incertezza degli operatori, e si risolve in un rilevante aumento dei

costi , sia perché le tangenti non sono fiscalmente deducibili, sia perché,

essendo tra privati, vi è il rischio maggiore “decisivo, quando si tratta in

particolare di strumenti di innovazione, già rischiosi per loro natura”332

. Stante

allora le debolezze, che affronteremo velocemente, della criminalizzazione

italiana della corruzione privata, la stessa politica di eccessiva privatizzazione

risulterà in contrasto ad ogni lotta alla corruzione.

Naturalmente è necessario precisare che nell’ordinamento italiano,

anche prima della riforma dell’art. 2635 c.c. rubicato “corruzione tra privati”

erano e sono previste svariate norme per controllare (più che contrastare) la

corruzione tra privati.

Innanzitutto vi è l’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti) , che

disciplina la corruzione tra soggetti privati nell’ambito dello svolgimento di

pubblici incanti o delle licitazioni private.

Nella legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942 n. 267), poi, l’art. 233

sanziona il c.d. “mercato di voto”, a tutela della par condicio creditorum e

della regolarità della procedura concorsuale prevedendo che: “Il creditore che

332

G.GALEAZZI, Corruzione, efficienza del sistema produttivo e sviluppo economico, in AA.VV., la

corruzione tra privati, a cura di R. ACQUAROLI e L. FOFFANI, Milano 2003, p. 183.

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stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore

per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei

creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non

inferiore a euro 103. La somma o le cose ricevute dal creditore sono

confiscate. La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato con il

creditore nell’interesse del fallito.” Ai fini dell’integrazione del reato è

sufficiente la mera stipulazione dell’accordo in vista della prestazione del voto

da parte del creditore, indipendentemente dal pagamento del prezzo della

corruzione e dall’effettivo esercizio del voto.333

Abbiamo poi la c.d. “frode sportiva”, disciplinata dall’art. 1 della l. 13

dicembre 1989, n. 401, che prevede la punizione dell’offerta o della promessa

di denaro o altra utilità o vantaggio ai partecipanti di una competizione

sportiva al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al

suo svolgimento fisiologico. Inoltre, quando si sia in presenza di società

sportive quotate in borsa, la frode sportiva potrebbe provocare un pregiudizio

indiretto nei confronti del pubblico degli azionisti e dei risparmiatori334

.

Infine, il d.lgs. 39/2010 (che ha abrogato l’art 174 ter e lo ha sostituito

con l’art. 28) disciplina la “corruzione dei revisori” prevedendo che: “I

responsabili della revisione legale, i quali, a seguito della dazione o della

promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi

inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la

reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette

l’utilità. Il responsabile della revisione legale e i componenti dell’organo di

333

D.PERRONE, L’introduzione nell’ordinamento italiano della fattispecie di corruzione privata: in

attesa della legge 25 febbraio 2008, n. 34, in Cass. pen., 2009, p. 771 ss. 334

R. ACQUAROLI, L.FOFFANI (a cura di), La corruzione tra privati. Esperienze comparatistiche e

prospettive di riforma, Milano, 2003, p. 21.

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amministrazione, i soci, e i dipendenti della società di revisione legale, i quali,

nell’esercizio della revisione legale dei conti degli enti di interesse pubblico o

delle società da queste controllate, fuori dei casi previsti dall’articolo 30, per

denaro o altra utilità data o promessa, compiono od omettono atti in

violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da

uno a cinque anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l’utilità. Si

procede d’ufficio”.

Comunque, nei limiti del principio di tassatività e del divieto di

analogia in malam partem, la “corruzione tra privati” veniva punita come

truffa, di cui all’art. 640 c.p. o come appropriazione indebita, di cui all’art. 646

c.p.. nel nostro ordinamento, solo qualora la condotta fosse concretamente

riconducibile nell’alveo di una delle fattispecie, presentando tutti gli elementi

costitutivi indicati dalla norma in questione.

La legge n. 190/2012 (art. 1, comma 76), la quale ha sostanzialmente

riformulato l’art. 2635 c.c., per ottemperare ai numerosi obblighi assunti in

sede internazionale, ha attuato soprattutto la: a) modifica della rubrica

dell’articolo – non più infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità ma

corruzione tra privati; b) estensione dei soggetti attivi del reato – non più

soltanto quelli di cui al primo comma ma anche “chi è sottoposto alla

direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma”; c)

introduzione della punibilità d’ufficio nel caso in cui “dal fatto derivi una

distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”.

Dal cosiddetto Progetto Mirone in una sorta di continuum ideale alla

riforma dei reati societari (d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61), sulla scorta

dell’Azione comune 98/742/GAI, nacque quella che poi verrà chiamata

“infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” di cui all’art. 2635 c.c.,

che, come ancora oggi, incrimina non tanto direttamente la corruzione privata,

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quanto piuttosto le conseguenze di questa, quando abbiano carattere nocivo

per il patrimonio della società cui fa capo il corrotto.

La riforma corregge alcuni dei difetti che affliggevano la vecchia

formulazione, sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista

politico-criminale. L’innalzamento del minimo edittale e la responsabilità

degli enti rientrano tra le modifiche esplicitamente positive. Tra le modifiche

implicitamente positive troviamo: la modificazione dell’ambito dei soggetti

attivi, la violazione degli obblighi di fedeltà e la deroga al principio della

procedibilità a querela. Altre modifiche, come la “clausola di consunzione”335

hanno un valore che non riesce ad assumere chiarezza e non alterano la

struttura fondamentale delle fattispecie incriminate, nelle quali la corruzione

privata continua non a comprendere una condotta illecita direttamente

incriminata, ma solo un perfezionamento di quella che, in definitiva, continua

ad essere nient’altro che una forma speciale di infedeltà336

.

A differenza di una vera e propria corruzione, la cui struttura si risolve

interamente nella stipulazione di un patto corruttivo337

, i reati incriminati nel

335

Delimita l’ambito di applicazione delle fattispecie incriminatrici ponendo ad apertura del primo

comma una clausola di consunzione (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”), della quale,

per la verità, non è facile capire l’effettiva portata. Per una possibile spiegazione, cfr. A.

MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2701 (si tratterebbe

« di una scelta legislativa volta ad impedire il possibile concorso reale con le fattispecie di

“corruzione” di pubblici funzionari »). Diversamente A. ALESSANDRI, I reati di riciclaggio e

corruzione nell’ordinamento italiano: linee generali di riforma, in Dir. pen. cont. (25 marzo 2013),

20, che la ritiene « del tutto superflua » 336

E. DOLCINI, F. VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. -

Riv. trim., 1/2012, 245; G. ANDREAZZA, L. PISTORELLI, Una prima lettura della l. 6 novembre

2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità

nella pubblica amministrazione). Relazione a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di

Cassazione, in Dir. pen. cont. (20 novembre 2012), 19; A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. («

Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2698 ss.. 337

Cfr. A. SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politicocriminali, in

Riv. trim. dir. pen. ec., 2007, 809-13.

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nuovo art. 2635 c.c. continuano a ruotare su una doppia causalità338

che dal

patto corruttivo porta alla produzione di un nocumento per la società e/o di

una distorsione della concorrenza, passando attraverso il compimento della

condotta oggetto di corruzione, secondo un modello che ricorda, nelle

movenze, quello di altri delitti contro il patrimonio, quali l’estorsione (art. 629

c.p.) e la truffa (art. 640 c.p.).

In questo contesto, appare tutt’altro che apprezzabile339

la novità

introdotta dal legislatore del 2012, ossia il cambio impresso alla rubrica

dell’articolo.

Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità era, se non altro,

espressione veritiera, che sintetizzava in maniera limpida (solo un po’ troppo

pudica, forse) il contenuto dell’incriminazione; “parlare oggi di corruzione fra

privati, come fa la nuova rubrica, sa tanto di una maldestra e velleitaria truffa

delle etichette.”340

La corruzione, così come intesa a livello pubblicistico, sulla centralità

del pactum, potrebbe, anche se con difficoltà, in assenza di nocumento,

quantomeno pienamente qualificare il tentativo punibile.

La “violazione degli obblighi di fedeltà” (che richiama l’art. 2105

c.c.341

), accanto e in alternativa alla “violazione degli obblighi inerenti

338

Cfr. ad es. R. BARTOLI, Corruzione tra privati, in B.G. MATTARELLA, M. PELISSERO (cur.),

La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013, 439. 339

Di diverso avviso, tuttavia, A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur.

it., 2012, 2699. 340

Cit. A. SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 c.c., in Riv. It. dir. E proc. Pen. 2-

2013, p. 698. 341

Sul lavoratore subordinato (l’agente) nei confronti del suo datore di lavoro (il principale), di non

chiara identificazione. Infatti la Giursiprudenza è anche arrivata a ricomprendere ogni caso in cui il

lavoratore tenga comportamenti in conflitto con finalità e interessi dell’impresa, o che comunque

siano tali da incrinare il rapporto fiduciario con il ‘principale’, quindi in violazione della leale

concorrenza. Cfr. ad es.: Cass. civ. (sez. lav.), 19 aprile 2006, n. 9056 (“Il dovere di fedeltà, sancito

dall’art. 2105 c.c. si sostanzia nell’obbligo del lavoratore di tenere un comportamento leale verso il

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al[l’]ufficio”, quale contrassegno caratterizzante l’atto oggetto di corruzione,

dal quale il “nocumento per la società” deve discendere, e la deroga al

principio della perseguibilità a querela, riferita al caso in cui “dal fatto derivi

una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi” (quinto

comma) pongono non pochi problemi alla deduzione della ratio della tutela

della norma, che sembra non superare la prima versione “patrimonialistica”

del 2002, ma aprirsi alla tutela del lealismo e della fiducia per distorsione dei

processi decisionali sulla scia del common law, da rinvenirsi ne “la violazione,

o l’induzione a violare, il dovere di buona fede e lealtà che un agente deve al

proprio principale”, o addirittura alla tutela della concorrenza, del libero

mercato e, automaticamente, anche dell’economia pubblica nel momento in

cui uno Stato sceglie di percorrere la strada del liberismo, che quindi

imporrebbe una maggiore punibilità e la procedibilità d’ufficio.

Intervenendo sempre in parte anche su questo ultimo punto, la norma si

pone in precario equilibrio tra le tre forme di tutela, peccando di insufficienza

sulle tre trincee difensive, permettendo di parlare, insieme ad una scarna

regolamentazione preventiva, più che di lotta alla corruzione privata, di

“tentativi di difesa dalla corruzione”.

Interessa in questa sede riconoscere che introdurre nei reati di infedeltà

da corruzione una dimensione pubblicistica prima radicalmente inesistente è

comunque un passo in avanti che il legislatore avrebbe dovuto perfezionare: la

deroga al principio della perseguibilità dei reati a querela della società qualora

datore di lavoro e di tutelarne in ogni modo gli interessi”); Cass. civ. (sez. lav.), 1 febbraio 2008, n.

2474 (“Il lavoratore è tenuto ad astenersi dal porre in essere, non solo i comportamenti

espressamente indicati nell’art. 2105 c.c., ma anche qualsiasi altra condotta che, per la natura e per

le possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura

e nell’organizzazione dell’impresa, ivi compresa la mera preordinazione di attività contraria agli

interessi del datore di lavoro potenzialmente produttiva di danno”).

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“dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o

servizi”.

Peccato che senso e implicazioni di questa deroga sono agli antipodi

della chiarezza.

Si intende la concorrenza macro-economica? Tutela necessaria, ma

esclusa senza una precisa descrizione di specifiche conseguenze. Attualmente

è assodata l’impossibilità di verifiche empiriche342

. O altrimenti, come in altri

ordinamenti, ma in contrasto logico con tutto il dettato che comunque non ne

permetterebbe attuazione, si tratterebbe di ripensare ad un reato di pericolo

astratto343

e non di danno concreto come effettivamente è. Non è quindi, la

concorrenza così come intesa dalle visioni sovranazionali, come la Decisione

quadro 2003/568/GAI.

Si riferisce alla concorrenza incentrata sulla tutela della libertà di

iniziativa economica dell’imprenditore? Questa sembra già essere risolta (e

attribuita a querela) nella violazione dell’obbligo di fedeltà, che nella

giurisprudenza civile sembra ricomprendere le suddette condotte.

Per esclusione, si può per ora ritenere che il riferimento vada alla

concezione di concorrenza microeconomica, quando investe persone offese in

qualità di consumatori, e l’interesse, pubblico, della società di consumo

privato.

Per questo motivo, concreto e di orientamento del principio, allora,

bisognerebbe quantomeno prediligere le interpretazioni più estreme che

leggono alternatività tra il cagionare “nocumento alla società” oppure una

“distorsione della concorrenza” nella acquisizione di beni o servizi, anche in

342

V. MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, Napoli, 2012, 200 s. 343

A. SPENA, Punire la corruzione privata? Un inventario di perplessità politicocriminali, in Riv.

trim. dir. pen. ec., 2007, 833 s.

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ossequio all’interpretazione dell’assonanza “salvo che il fatto..” e “salvo che

dal fatto…”344

che permettono di prescindere dal nocumento.

Al di là della posizione intermedia tra le tre tutele, l’importante è che

oggi può dirsi superata l’esclusività della concezione patrimonialistica, verso

un modello di incriminazione nel quale, accanto e in alternativa alla tutela del

patrimonio sociale, comincia a trovare spazio anche una tutela diretta della

concorrenza concepita, in una accezione ‘più moderna’, quale bene facente

capo al pubblico, ai consumatori. Un modello, per dirla con le parole di Spena,

“sincretistico”. Ma sono in cantiere nuovi progetti, che sembrano lasciare il

campo esclusivamente alla concezione lealista.

Il 14 aprile 2017 entra in vigore il d.lgs. 15 marzo 2017, n. 38. Nella

riunione del 14 dicembre 2016, il Consiglio dei Ministri aveva approvato, in

via preliminare, lo schema di disegno di legge con il quale si è data

attuazione alla delega legislativa, contenuta nell’art. 19 l. 12 agosto 2016, n.

170 (c.d. Legge di delegazione europea 2015). Si è intervenuti sulla

corruzione tra privati.

L’ambito di applicazione della fattispecie viene esteso dalle società

commerciali a qualsiasi “ente privato”. L’innovazione in parola ha

comportato l’esigenza di adeguare la rubrica del Titolo XI del Libro V del

Codice civile, che diventa con l’articolo 2 del decreto, “Disposizioni penali

in materia di società, consorzi ed altri enti privati”.

Sul versante dei soggetti attivi, la platea dei “corruttibili” si estende in una

duplice direzione.

344

Cfr. A. MELCHIONDA, Art. 2635 c.c. (« Corruzione fra privati »), in Giur. it., 2012, 2701; A.

SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 c.c., in Riv. It. dir. E proc. Pen. 2-2013,

p. 713.

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Innanzi tutto, – venendo incontro alle sollecitazioni europee – si introduce la

possibilità che tanto le condotte di corruzione passiva, quanto quelle di

corruzione attiva siano realizzate “anche per interposta persona” (art. 3).

L’espresso riferimento alla responsabilità dell’intermediario nel

rapporto corruttivo non pare, in realtà, realmente innovativa, atteso che alla

medesima si può comunque giungere applicando le norme sul concorso di

persone345

. In secondo luogo, si prevede la punibilità del fatto commesso

“da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita

funzioni direttive diverse proprie dei soggetti di cui al precedente periodo”,

ovvero “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla

redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori”

Passiamo ora a volgere un breve sguardo alla struttura del fatto

incriminato. L’art. 3 del Decreto legislativo, riscrive il primo comma

dell’art. 2635 c.c.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli

amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei

documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti

privati, che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, denaro o

altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per

omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti il loro ufficio o degli

obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni”.

La modifica del fatto tipico produrrà un forte impatto sull’assetto

complessivo di questo intervento penale.

345

Cfr. E. LA ROSA, Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: dal modello

“patrimonialistico” a quello “lealistico”, in Diritto Penale contemporaneo, 23 dicembre 2016

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L’effetto delle suddette modifiche è evidente: avvicinare lo schema

tipico della “Corruzione tra privati” a quello della corruzione propria

antecendente.

La stessa eliminazione dell’evento di danno è un approdo necessario

e soprattutto tardivo. Si è finalmente riusciti a liberare la punibilità

dell’accordo corruttivo dalla verificazione di un “nocumento alla società”,

un elemento sempre stato distonico rispetto allo schema tipico della

corruzione, che ancorava la figura allo schema di una “infedeltà a

seguito della dazione o promessa di utilità”, anche dopo la novella del 2012.

Sul versante delle condotte, nel primo comma dell’art. 2635, entra a

far parte del dettato– accanto alla ricezione e alla accettazione della

promessa- la sollecitazione, in opposizione, nel terzo comma, all’offerta.

L’inserimento di tali particolari modalità di realizzazione unitamente

alla modifica della struttura del fatto tipico, indurrebbe quasi a pensare ad

una autonomia dell’azione scindendo la corruzione tra privati passiva e

corruzione tra privati attiva. Tale lettura risulta, però, smentita dalla

contestuale introduzione di una autonoma incriminazione ex art. 4 del

decreto della “Istigazione alla corruzione tra privati” (art. 2635 bis, c.c.),

riguardante proprio i casi di “sollecitazione non accolta” e di “offerta non

accettata”.

Lo schema di Decreto legislativo lascia invariate le pene edittali

previste per il delitto di “Corruzione tra privati”. Si prevede, però,

l’applicazione obbligatoria della pena accessoria della “interdizione

temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di

cui all’art. 32 bis del codice penale”.

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Ulteriori novità, sotto il profilo sanzionatorio, riguardano le persone

giuridiche. La sanzione pecuniaria per i casi previsti dall’art. 2635, co. III,

c.c., viene aumentate e fissata “da 400 a 600 quote”.

La grave mancanza anche di questa riforma è, ancora, sul versante

della procedibilità, che si riversa sul bene giuridico che si richiede di

tutelare, rimanendo immutata la procedibilità a querela “salvo che dal fatto

derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o

servizi”.

Anche per il “nuovo” reato di “Istigazione alla corruzione tra

privati” si prevede la procedibilità a querela. In questo caso, senza deroga

alcuna, non potendosi ipotizzare una distorsione di concorrenza come

conseguenza di una condotta che si esaurisce in un semplice “tentativo” di

corruzione.

Si può dire di essere passati ad un modello “lealistico”, dove l’offesa

colpisce la relazione fiduciaria che lega il soggetto “corrotto” alla società o

all’ente nel cui ambito svolge la propria attività.

Ma il bene giuridico della concorrenza, e della stabilità politico-

economica moderna, che assumono una rilevanza fondamentale nella lotta

alla corruzione, continuano ad essere esclusi nella attuale politica criminale,

mantenendo quindi, ancora, la corruzione tra privati, un recinto che vincola

l’offesa maggiormente al singolo soggetto. Resta ferma un prospettiva di

tutela interna all’ente, confermata anche dalla limitazione della

responsabilità da reato della persona giuridica ai soli fatti di corruzione

privata attiva. Ancora si disattende gravemente una parte fondamentale della

Decisione quadro 2003/568/GAI, il cui art. 5 impone la

corresponsabilizzazione della persona giuridica, tanto per i fatti di

corruzione attiva, quanto per quelli di corruzione passiva.

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Bisognerebbe, oltre che perfezionare gli ambiti trattati, aggiungere il

tassello, tra diritto penale e prevenzione amministrativa sanzionatoria, che lega

la concorrenza alla politica economica e, oggi, sociale, a prevenzione dei

rapporti amministrativi e legislativi, per controllare le imprese che sicuramente

cercheranno di trattare con le amministrazioni, e soprattutto, le grandi lobby

che tratteranno con gli organi politici.

8.1 Segue: La loi Sapin II e la lotta alla corruzione in Francia con

obiettivo primario la regolamentazione pubblica delle imprese

La Francia, accettando le politiche di privatizzazione, ha però da

sempre lavorato alla creazione di una forte struttura repressiva, a volte anche

eccessivamente anticipatoria, ma coerente con le responsabilità che con il

capitalismo e la globalizzazione si concedono alle imprese private, a

prescindere che vengano o meno in contatto con il settore pubblico

(influenzandolo comunque). Forse ancora carenti, ma non rispetto all’Italia, si

rivelano le regolamentazioni delle relazioni con il mondo politico e le lobbies.

Membro del Partito Socialista francese, già nel 1993 Michel Sapin,

aveva permesso di far compiere alla Francia un grande passo in avanti con la

Legge Sapin I. Dal 2012, Michel Sapin è tornato al governo francese per la

modernizzazione della legge, che ha portato il 6 dicembre 2016 alla “Legge n

2016-1691 sulla trasparenza, la lotta alla corruzione e la modernizzazione

dell’economia” (cosiddetta legge Sapin II) e la “Legge Organica N. 2016-

1690” sulle competenze e la giurisdizione del “Défenseur des droits” per

l’orientamento e la protezione degli informatori, i lanceurs d’alerte-

“whistleblowers”.

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La legge è intesa come uno strumento di prevenzione, prevedendo

obblighi concreti per le imprese, con relative sanzioni anche in assenza di un

reato presupposto. La legge non prevede significativi cambiamenti nelle

pratiche vietate.

La legislazione esistente è già una delle più rigorose al mondo e

riguarda la corruzione passiva e attiva sia nazionale che internazionale, così

come il traffico illecito d’influenze nazionale. I cosiddetti “Facilitation

Payments” sono già molto penalizzati e circoscritti.

La nuova legge estenderà la repressione al traffico illecito d’influenze

internazionale. Per quanto riguarda le disposizioni relative ai libri e alle

registrazioni contabili, esse sono già previste.

In funzione repressiva delle moderne tecniche di delocalizzazione delle

imprese per aumentare i profitti, sottraendosi a più imposte e agendo sotto la

vigenza di altre leggi, la Sapin II, dopo due anni di lavoro e tante modifiche in

corso d’opera, stabilisce la giurisdizione extraterritoriale per i pubblici

ministeri francesi.

La legge si applica pienamente alla corruzione da parte delle imprese

francesi d’oltremare e delle società straniere che esercitano tutte o alcune delle

proprie attività sul territorio francese. I procuratori possono avere il potere di

indagare sugli atti, indipendentemente dal fatto che il reato si sia verificato nel

rispetto di leggi locali differenti da quella francese.

Le aziende con oltre 500 dipendenti o un fatturato annuo di oltre 100

milioni di euro dovranno adottare un adeguato Sistema di Gestione della

Compliance e del Rischio Corruzione (Anti-Bribery and Compliance - ABC)

in assenza del quale la società ed i suoi amministratori saranno ritenuti

responsabili dalla Agence Française Anticorruption (AFA), organismo

indipendente costituito dalla legge stessa. A differenza del D.Lgs. 231/01

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italiano, con la Sapin II, una società può essere sanzionata per il mancato

rispetto dell’adozione di un ABC Management System, senza che sia stato

preventivamente commesso alcun reato presupposto, a differenza della

legislazione italiana che non sanziona la mancata adozione, rispettivamente,

delle Adequate Procedures o del Modello di Organizzazione, Gestione e

Controllo.

La Sezione 17 della Legge definisce chiaramente otto requisiti

obbligatori per un programma di prevenzione della corruzione ed altri requisiti

potranno essere definiti nel tempo. Le otto misure obbligatorie attualmente

previste sono:

1. realizzare un codice di condotta che definisca e illustri i vari tipi di

comportamenti da evitare che possano caratterizzare corruzione o

traffico d’influenza. Questo codice di condotta è integrato nelle regole

interne della società ed è soggetto, in quanto tale, ad un processo di

consultazione con i rappresentanti del personale di cui all’articolo L.

1321-4 del codice del lavoro;

2. garantire un “sistema di allarme interno” per consentire la raccolta di

segnalazioni da parte dei dipendenti circa l’esistenza di comportamenti

o situazioni contrarie al codice di condotta della società;

3. realizzare una mappatura dei rischi, sotto forma di una documentazione

aggiornata regolarmente e progettato per identificare, analizzare e dare

priorità all’esposizione della società a rischi di sollecitazioni esterne per

la corruzione, in base a particolari settori e aree geografiche in cui

opera la società;

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4. prevedere procedure di due diligence su clienti, fornitori di primo

livello e intermediari a rischio ai sensi degli esiti della mappatura dei

rischi;

5. realizzare procedure di controllo contabile, interne o esterne, destinate a

garantire che libri, registri e conti non siano utilizzati per nascondere la

corruzione o il traffico d’influenza. Questi controlli possono essere

effettuati dal contabile o dai servizi di controllo finanziario interni

dell’azienda o utilizzando un revisore esterno, in occasione di audit di

certificazione di cui all’articolo L. 823- 9 del codice di Commercio;

6. Prevedere un sistema di formazione per i dirigenti ed il personale più

esposto a rischi di corruzione e traffico d’influenza, ai sensi degli esiti

della mappatura dei rischi;

7. prevedere un sistema disciplinare per punire i dipendenti della società

per violazione del codice di condotta della società;

8. prevedere un sistema di controllo e valutazione interna delle misure

attuate.

Costringendo tutte le aziende con più di 50 dipendenti a stabilire un

meccanismo di whistleblowing ed a fornire “protezione contro le ritorsioni” e

garantendo la riservatezza degli informatori, la Sapin II introduce ampie

garanzie per gli stessi.

I magistrati possono infliggere ammende e pene detentive agli individui

che rivelino l’identità di un informatore o creino un “ostacolo” al processo. Il

regime applica tutela anche ai soggetti disinteressati con la dizione “riportando

disinteressatamente e agendo in buona fede” . L’informatore deve avere

conoscenza diretta dei fatti. La legge offre protezione anche a coloro accusati

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di essere coinvolti, garantendo l’anonimato fino a quando i fatti sono

dimostrati.

Infine, a differenza degli Stati Uniti, gli informatori possono ricevere

supporto finanziario per un importo da determinarsi da un’autorità

indipendente, ma non possono essere premiati.

Le sanzioni e i controlli saranno responsabilità della nuova agenzia

anticorruzione nazionale denominata Agence Française Anticorruption (AFA),

costituita dalla legge346

.

È ormai assodato a livello europeo, e in particolare in Francia, che

“limiter la lutte contre la corruption à l’édiction de nouvelles incriminations

et sanctions penales ne saurait suffire. Tout comme l’antiblanchiment,

l’anticorruption doit allier prévention et répression. Cette indispensable

réorientation de la lutte contre la corruption est l’oeuvre de la loi Sapin II qui

entend également reforcer l’efficacité des poursuites”347

La nuova normativa francese si apre in maniera sensibilmente

differente dalla precedente legge illuminando nuovamente il futuro

dell’anticorruzione , innanzitutto con una nuova Agenzia. Si arricchisce di

strumenti di prevenzione contro i rischi di corruzioni inedite, agendo:

- sulla necessità di impedire il verificarsi di fenomeni inediti, tramite

la consècration d’une obligation de conformité anti corruption

346

Cfr. C. STRAZZERI https://www.linkedin.com/pulse/approvata-definitivamente-la-legge-

anticorruzione-sapin-strazzeri 347

Cit. Marc SEGONDS, Les apports de la Loi du 9 décembre 2016 à l’anticorruption, in Les Revues

Lexisnexis – Droit Pénal, droit pénal général et spécial- pènal des affaires – procèdure pènale,

febbraio 2017, N. 2, p. 13.

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- Sulla necessità di prevenire la reiterazione della corruzione, tramite

pene relative al programma di mise en conformité unite a sanctions

du non – respect de la peine de programme de mise en confromitè.

Sul piano precisamente penale, non mancano critiche come la mancata

riforma dell’elemento soggettivo del delit de favoritisme348

. Comunque la Loi

Sapin II ha esteso la portata del reato a tutti gli appalti pubblici e a tutti i

contratti di concessione (che comprendono le delegazioni di servizio pubblico

ma anche opere e concessioni). Ha perfezionato il traffico d’influenze illecite

nei confronti di un pubblico ufficiale presso uno Stato straniero, e per il

potenziamento delle indagini, ha esteso la competenza territoriale francese, per

i casi di complicità in territorio francese di fatti di corruzione commessi

all’estero, fino anche all’estensione della competenza extraterritoriale

francese, nei casi di corruzione commessa all’estero non solo da un francese,

ma anche da chi abbia residenza abituale o tutta o parte della sua attività

economica in Francia.

348

Ai sensi dell'articolo 432-14 del codice penale francese come "l'atto compiuto da persone in

possesso un'autorità pubblica o investita di una missione di servizio pubblico o di pubblici uffici eletti

o in qualità di rappresentante, amministratore o agente di Stato, enti locali, istituzioni pubbliche,

aziende semi-pubbliche di interesse nazionale con una missione di servizio pubblico e le società di

economia mista locale o da qualsiasi persona che agisca per conto di uno di quelli di cui sopra per

procurarsi o tentare di sollecitare un'altra persona a un indebito vantaggio per un atto contrario alle

leggi e regole dirette a garantire la libertà di accesso e parità di candidati in materia di appalti pubblici

e concessioni di servizio pubblico”

“Le fait par une personne dépositaire de l'autorité publique ou chargée d'une mission de service

public ou investie d'un mandat électif public ou exerçant les fonctions de représentant, administrateur

ou agent de l'Etat, des collectivités territoriales, des établissements publics, des sociétés d'économie

mixte d'intérêt national chargées d'une mission de service public et des sociétés d'économie mixte

locales ou par toute personne agissant pour le compte de l'une de celles susmentionnées de procurer

ou de tenter de procurer à autrui un avantage injustifié par un acte contraire aux dispositions

législatives ou réglementaires ayant pour objet de garantir la liberté d'accès et l'égalité des candidats

dans les marchés publics et les délégations de service public”

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CAPITOLO IV

La corruzione nel sistema politico e la

corruzione del parlamentare

1. Crisi dei partiti e disciplina della politica - 2. Qualifiche soggettive - 3. La corruzione del

parlamentare. Introduzione - 4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana - 5. Tra

diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare - 6. Popolo, nazione e vincolo di mandato -

7. Immunità - 7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti dati

nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la corruzione - 8. Casistica al vaglio della Giunta

per le autorizzazioni a procedere - 9. Discrezionalità, voto e corruzioni - 9.1 Segue: Il Leading-

Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del Tribunale di Napoli in tema di corruzione del

parlamentare

“In Italia abbiamo avuto questo fenomeno strano,

che le riforme politiche hanno contribuito alla degenerazione morale,

e questa, a sua volta, raggiunto un certo grado,

ha perturbato maggiormente le funzioni politiche.

Il voto non ha nessuna garanzia di serietà e di onestà,

e nessuna garanzia da’ all’eletto,

per cui in questa nuovissima democrazia si può,

anche di abiezione in abiezione, salire al sommo potere.”349

1. Crisi dei partiti e disciplina della politica

Il percorso intrapreso ci ha condotto ai vertici decisionali, dove la

corruzione investe spesso la discrezionalità, anche legislativa, sia regionale

che centrale, configurando il fenomeno della corruzione del politico, in

349

R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pagg. 23-32, su questo

articolo, lettera del 20 gennaio 1899. Discorso pronunziato dal Senatore Emilio Pascale,

Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione di Roma nella Assemblea generale del 3

gennaio 1899 – Roma, Tip., Forzani 1899 – Luigi LUZZATTI – Decadenza e risorgimento dei

reggimenti parlamentari (nella nuova Antologia del 16 gennaio 1899) - Carlo F. FERRARIS,

Ordinamenti politici ed educazione politica- Padova, Drucker, 1899, pag 27.

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generale, e del parlamentare in particolare, in cui il principio della

rappresentanza e della sovranità popolare investe completamente la funzione

pubblico-decisionale, che dovrebbe discendere dall’appartenenza ad un ideale

giuridico e anche politico-filosofico di gestione della cosa pubblica, plasmato

dalle variabili socio-economiche della modernità.

Per una attenta analisi del fenomeno della corruzione politica è

necessario anche “toccare” almeno le fondamentali norme relative alla

ricostruzione e regolamentazione dello status degli esponenti politici, con uno

sguardo al ruolo costituzionale dei partiti e alla loro crisi nel sistema. La

regolamentazione dei partiti, il loro finanziamento, sappiamo poter essere

catalizzatore della corruzione esattamente come un alto grado di personalismo

dell’esponente politico e una tendenza alla imprecisione ideologica,

espressione di un evidente arretramento dello sviluppo post-dittatoriale che si

cerca di nascondere inutilmente sotto l’inconsistente e menzognero velo della

“modernità” e del “superamento delle categorie” della “vecchia politica”,

come destra e sinistra.

La nostra Costituzione introduce una specifica disposizione dedicata ai

partiti politici, l’ articolo 49, che incorpora in sé una netta opposizione alla

concezione individualistica della rappresentanza dello Stato liberale, in cui i

partiti erano “emarginati” con indifferenza, come “fenomeni di mero fatto

esterni all’apparato statale”350

.

Essendosi l’elezione trasformata da tempo da atto di designazione dei

rappresentanti a vera e propria scelta, oltre che di persone, di un indirizzo

350

Così, F. BIONDI, Il finanziamento pubblico dei partiti politici. Profili costituzionali, Milano,

Giuffrè, 2012, p. 43.

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politico, i partiti non hanno potuto non trovare il loro riconoscimento in

Costituzione, soprattutto con il passaggio dallo Stato monoclasse allo Stato

pluriclasse351

.

Nonostante le loro diverse declinazioni nello Stato costituzionale a

democrazia pluralistica, che approdano anche in controverse democrazie

“bipartitiche” e maggioritarie, essi costituiscono comunque “antidoto” alla

democrazia plebiscitaria352

.

L’art. 49 Cost., pur con l’indubbio merito di aver efficacemente

coniugato il carattere associativo dei partiti con la fondamentale funzione

partecipativa nella determinazione dell’indirizzo politico nazionale, nel

definire il rapporto fra Stato e partito353

, risente di una certa ambivalenza,

tanto più se comparata alle norme di analogo tenore contenute in altre

Costituzioni.

Il ruolo interessante, ma contraddittorio, che l’art. 49 riveste si pone a

cavallo tra diritto fondamentale, radicato nella società, e, ammettendo il partito

“a concorrere alla determinazione della politica nazionale”, pubblico potere

interistituzionale, permettendo anche di parlare di Repubblica dei partiti, la cui

351

Sul passaggio dallo Stato monoclasse allo Stato pluriclasse, cfr. M.S. GIANNINI,

L'amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo, Padova, Cedam, 1988, 55 ss.; ID., Stato

sociale: una nozione inutile, in Scritti in onore di C. Mortati, I, Milano, Giuffrè, 1977, 154 ss.; ID.,Il

potere pubblico. Stato e amministrazioni pubbliche, Bologna, il Mulino, 1986; S. CASSESE, Lo

“Stato pluriclasse” in Massimo Severo Giannini, in L'unità del diritto, a cura di S. CASSESE, G.

CARCATERRA, M. D'ALBERTI e A. BIXIO, Bologna, il Mulino, 1994, 11 ss. Sulla progressiva

“erosione” dello Stato e sulla conseguente difficoltà di parlare ancora di “classi”, cfr. S. CASSESE,

L'erosione dello Stato: una vicenda irreversibile?, in Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, a

cura di S. CASSESE e G. GUARINO, Milano, Giuffrè, 2000, 15 s.; ID., La crisi dello Stato, Roma-

Bari, Laterza, 2002. 352

Cfr. P. RIDOLA, voce Partiti politici, in Enc. dir., XXXII, 1982, 66 ss., ora in Id., Democrazia

rappresentativa e parlamentarismo, Torino, Giappichelli, 2011, spec. 12 ss.; E. ROSSI, voce Partiti

politici, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006, 4148.

353

V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione, in Studi per il ventesimo anniversario

dell'Assemblea costituente, II, Firenze, Vallecchi, 1969, 111 s.

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deviazione è la partitocrazia. Il legislatore, invece di cogliere la sottile

ambiguità, che avrebbe permesso una duplice e attenta regolamentazione del

concetto di partito costituzionalmente inteso, popolare e istituzionale, ha

scelto di non seguire i suggerimenti dottrinali e di agire superficialmente nella

regolamentazione, permettendo al partito di mantenere questa connotazione

fortemente idealistica, ma materialmente ambigua e indefinita.354

In questo modo, l’interesse personale del singolo “tesserato”,

trasmutato in esponente politico, ha avuto sempre più spazio di azione,

favorendosi il cursus honorum “dentro” il partito, piuttosto che nelle

istituzioni locali o nazionali.

Nel corso degli anni il legislatore ha deciso di spostare l’attenzione

sulla disciplina dei singoli esponenti politici. La tendenza si è ulteriormente

acuita in quanto alla regolamentazione superficiale aveva fatto seguito la

profonda crisi dei partiti politici tradizionali e, negli anni più recenti, la crisi

politico-economico-finanziaria. Dalla regolamentazione dell’associazione, si è

avvertita questa esigenza di passare alla regolamentazione del “singolo”355

,

permettendo, sfruttando la tutela costituzionale di principio, di poter dare, da

una parte, una forza non regolata alla capacità del partito di incidere sulla

politica locale (con “troppi mezzi”), dall’altra, una forza timidamente regolata,

con molte lacune, in ottica liberale e pre-Costituzionale, che riduceva il partito

a fenomeno associativo oscurato dalla azione del singolo.

L’assenza di una legislazione sui partiti, che permetterebbe loro il

riposizionamento costituzionale, continua a riversarsi nel diritto vivente, nella

354

Cfr., G. NEGRI, Per uno studio giuridico dei partiti politici, in Il diritto dei partiti in Italia (1945-

1970), a cura di P. UNGARI, Camera dei deputati, Servizio Studi legislazione e inchieste

parlamentari, Roma, 1971, 3 ss. 355

Cfr G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo status degli esponenti politici e la crisi dei

partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.2, 2015,

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creazione legislativa e nel rapporto con i privati e con la corruzione. L’unica

eccezione alla regolamentazione, è la fissazione di regole sul finanziamento.

Infatti, con la legge n. 96 del 2012 il Parlamento prova ad intervenire sulla

disciplina dei partiti, muovendo, però, ancora una volta, soltanto dalle regole

del finanziamento pubblico, senza perseguire un’organica regolazione della

materia356

.

È proprio in questo contesto, nella continua inattuazione in maniera non

contraddittoria di entrambe le declinazioni dell’art. 49 Cost., che i tentativi di

fornire una disciplina hanno rivolto l’attenzione maggiormente ai “soggetti”, e

quindi alla regolamentazione dello status e della condotta degli esponenti

politici, nelle discipline normative “generali”, a partire dalla legge n. 190 del

2012, passando per la già richiamata legge n. 96 del 2012 e per il

rafforzamento del regime dei controlli.

I fattori che hanno concorso a spostare il fulcro della legislazione dalla

disciplina dei partiti quali fenomeni associativi a quella dei singoli esponenti

della politica sono da ricondursi, oltre che all’ incapacità del sistema politico

di riformarsi e garantire una coerente disciplina dei partiti politici, dalla

corrispondente assenza di principi regolativi al loro interno: per responsabilità

politica, ci saremmo aspettati auto-nomia, e invece abbiamo avuto anarchia.

La crescente espansione dell’area della consuetudine, del “non

normativamente regolato” nei rapporti tra organizzazioni partitiche e singoli

esponenti della politica, ha prodotto effetti critici su un sistema, basato sui

partiti che, però, non gode più della legittimazione di cui fruivano i partiti

costituenti e, allo stesso tempo, indifferente alle esigenze di regolazione.

356

Sulla legge n. 96 del 2012, si rinvia all'analisi di F. BIONDI, Il finanziamento pubblico dei partiti

politici, cit., 107 ss., spec. 120 ss.

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A questo fattore, si aggiunga il processo di privatizzazione con cui si

cerca (in opposizione a Keynes) di combattere la crisi, con conseguente

restringimento della dimensione della sfera pubblica, la quale si riflette anche

sul progressivo declino dell’ingerenza dei partiti politici nel governo

dell’economia357

. Questo ha imposto una marginalizzazione del ruolo dei

partiti, giustificando quindi una regolamentazione, piuttosto, nei confronti dei

singoli esponenti di governo degli enti territoriali e degli enti pubblici.

Tutto questo si riversa sugli strumenti si formazione e di selezione delle

candidature: le lacune nel processo di formazione della classe politica,

funzione attribuita ai partiti358

, comporta una emergenziale regolamentazione

in direzione dei singoli esponenti della politica.

Il legislatore, però, disciplinando status e condotta di esponenti politici

non parlamentari (come i tesorieri dei partiti), si pone sul crinale tra esigenze

di regolazione dell’organizzazione partitica, da un lato, e dei singoli esponenti

della politica, dall’altro. È proprio a seguito di scandali suscitati dalle inchieste

giudiziarie relative alle figure dei tesorieri di alcuni partiti ed esponenti politici

locali in merito alla destinazione dei fondi assegnati ai gruppi consiliari

regionali, impegnati in un uso distorto dei fondi pubblici ricevuti dai partiti a

titolo di rimborso elettorale, anche a seguito di carenze delle procedure di

controllo interne ed esterne al partito, che i tesorieri sono stati assoggettati a

stringenti obblighi di trasparenza.

357

Cfr. L. ELIA, L'attuazione della Costituzione in materia di rapporti tra partiti e istituzioni, Estratto

dagli Atti del Convegno di studio su «Il ruolo dei partiti nella democrazia italiana»,, 18-19

settembre 1965, 16. 358

Funzione dei partiti politici espressamente riconosciuta anche dalla Corte costituzionale: si cfr., ad

esempio, la sentenza n. 203 del 1975.

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I principi ispiratori delle regolamentazioni relative ai titolari di cariche

elettive vengono ad identificarsi nei principi di pubblicità e trasparenza, parità

di chances, di prevenzione di conflitti di interessi e di responsabilità.

Alcuni interventi del legislatore, come quelli relativi alla disciplina di

bilancio degli enti territoriali, sebbene siano prevalentemente indirizzati a

regolare l’amministrazione dell’ente di cui l’esponente politico è responsabile,

hanno disciplinato di riflesso anche le condotte dei singoli politici. Basti

pensare alle norme sul c.d. fallimento politico dei Presidenti delle giunte

regionali che hanno introdotto la prima fattispecie di incandidabilità prevista

dall’ordinamento359

.

Il fulcro della regolamentazione dello status degli esponenti della

politica, risiede nel regime delle incompatibilità, ineleggibilità e

incandidabilità. Queste regolamentazioni sono elementi fondamentali per la

disciplina dello status e della condotta degli esponenti politici. Il sistema

policentrico delineato dal titolo V della parte II della Costituzione mantiene

specifici moniti ai controlli sugli organi degli enti territoriali, tra esponenti, di

partito o puramente “politici”, tra cariche elettive e di governo.

Per quanto riguarda il rafforzamento degli obblighi di pubblicità e di

trasparenza posti a carico dei titolari di uffici pubblici e di taluni enti, a partire

359

“Uno dei punti maggiormente qualificanti del d.lg. n. 149 del 2011 è costituito dall'art. 2, che

disciplina la rimozione del presidente della giunta regionale, ex art. 126 Cost., nonché — tra l'altro

— la sua conseguente incandidabilità per un periodo di tempo di dieci anni, in ragione della

dichiarazione di grave dissesto finanziario della regione (c.d. fallimento politico). Sotto questo

profilo, il decreto legislativo ha attuato la delega di cui agli artt. 2 e 17, comma 1, lettera e), della

menzionata legge n. 42 del 2009, ai sensi della quale, tra l'altro, il legislatore delegato è stato

chiamato a disporre la «previsione di meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo

e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari

assegnati alla regione e agli enti locali», precisando poi che «tra i casi di grave violazione di legge

di cui all'articolo 126, primo comma, della Costituzione, rientrano le attività che abbiano causato

un grave dissesto nelle finanze regionali»”. Cit. G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo

status degli esponenti politici e la crisi dei partiti, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico,

fasc.2, 2015, p. 0339A, 12.

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dalla loro situazione patrimoniale, si ricordi che la disciplina vigente si

struttura sui pilastri della legge n. 441 del 1982, la quale aveva già dettato

disposizioni circa gli obblighi di pubblicità della situazione patrimoniale di

titolari di cariche elettive e di governo (parlamentari, membri del governo,

consiglieri regionali e componenti di giunta regionale, consiglieri provinciali e

componenti di giunta provinciale, consiglieri di comuni capoluogo di

provincia o con popolazione superiore ai quindicimila abitanti, membri del

Parlamento europeo), imponendo ai membri del Parlamento nazionale di

presentare all’ufficio di presidenza della Camera di appartenenza le

dichiarazioni adempienti gli obblighi di trasparenza. In particolare, necessarie

erano: una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni

mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di

partecipazione a società, l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco

di società; la copia dell’ultima dichiarazione dei redditi soggetti all’imposta

sui redditi delle persone fisiche; una dichiarazione concernente le spese

sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero

l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi

propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla

formazione politica della cui lista hanno fatto parte.360

Recentemente è intervenuto l’art. 12 della legge n. 96 del 2012, come

sostituito dall’art. 15, comma 1, del d.l. n. 149 del 2013, il quale ha esteso la

richiamata disciplina “ai soggetti che svolgono le funzioni di tesoriere, o

360

Cfr. Linee guida di indirizzo del Comitato interministeriale (d.P.C.m. 16 gennaio 2013) per la

predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del Piano nazionale

anticorruzione di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, reperibile al sito www.anticorruzione.it;

L'audizione del Presidente della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e

l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) alla Commissione Affari costituzionali, della

Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati, seduta del 24 ottobre 2012, reperibile

al sito www.camera.it

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funzioni analoghe, dei partiti o dei movimenti politici che hanno ottenuto

almeno un rappresentante eletto al Senato della Repubblica o alla Camera dei

deputati nonché a coloro che in un partito politico assumono il ruolo,

comunque denominato, di: responsabile o rappresentante nazionale,

componente dell’organo di direzione politica nazionale, presidente di organi

nazionali deliberativi o di garanzia”.

A questa va aggiunta la previsione che, qualora detti soggetti non

ricoprano le cariche elettive o di governo, le dichiarazioni relative alla

situazione patrimoniale personale devono essere comunque depositate presso

l’Ufficio di presidenza del Senato della Repubblica per tutta la durata della

legislatura in cui il partito o il movimento politico ha ottenuto eletti. Partorita

dalla crisi dei partiti politici e dall’intento di rafforzare le misure di

trasparenza e di pubblicità in ordine all’impiego dei fondi pubblici erogati, a

vario titolo, ai titolari di cariche elettive e di governo e ai titolari di cariche di

particolare rilievo assunte nelle organizzazioni partitiche, questa legge attua

un’importante estensione degli obblighi di trasparenza ad esponenti politici,

anche se non titolari di cariche elettive, ma che svolgono comunque funzioni

fondamentali nell’ambito dei partiti, come quella di tesoriere.

Altra menzione importante riguarda l’art. 14 del decreto legislativo n.

33 del 2013361

. Si stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute a

361

L’articolo introduce l'obbligo, a carico di tutte le pubbliche amministrazioni, di pubblicare, in

riferimento ai componenti degli organi di indirizzo politico, «i seguenti documenti ed

informazioni: a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o

del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione

della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi

all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi

titolo corrisposti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e

l'indicazione dei compensi spettanti; f) le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio

1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge,

come modificata dal presente decreto, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai

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pubblicare documenti e informazioni concernenti i titolari di organi di

indirizzo politico, nonché di incarichi politici statali, regionali e locali, con

esplicito richiamo alla legge n. 441 del 1982.

La presentazione del contesto normativo è necessaria per comprendere

il “vincolo” che ha costituito la redazione della riforma 190/2012, che , come

abbiamo detto nel precedente capitolo, sul piano preventivo ha introdotto

comunque molte modificazioni costruttive, introducendo una nozione

amministrativistica di corruzione, in grado di riflettersi abbastanza

positivamente sulla disciplina della condotta di esponenti politici e

amministratori locali.362

La legge n. 190 del 2012 ha considerevolmente

ampliato l’ambito delle amministrazioni assoggettate alla richiamata

disciplina, includendovi anche le società partecipate363

. Principio che la Corte

Costituzionale ha “protetto” senza difficoltà anche in altri ambiti normativi.

Basti ricordare, a titolo di esempio, che con la sentenza n. 39 del 2014,

la Corte ha ritenuto non fondate le numerose questioni di costituzionalità

promosse da talune regioni e dalla Provincia autonoma di Trento contro l’art.

1, comma 4, del decreto legge n. 174 del 2012. La norma impugnata amplia le

introdotte verifiche sui rendiconti delle sezioni regionali di controllo della

Corte dei conti anche alle partecipazioni in società controllate e alle quali è

affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività regionale e di servizi

strumentali alla regione, oltre che dei risultati definitivi della gestione degli

enti del Servizio sanitario nazionale. Al riguardo, nella sentenza richiamata, la

Corte costituzionale ha osservato che norme che introducono verifiche sui

parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano».

362 Cfr. M. CLARICHE, B.G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, in La legge

anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di B.G. Mattarella e M.

Pelissero, Torino, Giappichelli, 2013, 60 ss. 363

Si cfr., ad esempio, art. 1, comma 20, della legge n. 190 del 2012.

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223

rendiconti, estese anche alle partecipazioni in società partecipate e controllate

dagli enti territoriali, rispondono “alla prioritaria esigenza di garantire

l’armonizzazione dei bilanci e dei conti degli enti territoriali, anche nella

prospettiva del necessario raffronto tra i bilanci pubblici degli enti territoriali,

specie per prevenire squilibri di bilancio in riferimento agli artt. 81 e 119 Cost.

e garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica”364

.

Le stesse verifiche sui bilanci e sui rendiconti, tese a rafforzare i

controlli sui singoli esponenti della politica e sugli amministratori, nonché a

garantire l’armonizzazione dei bilanci e il consolidamento dei conti pubblici

sono estese, oggi, anche alle partecipazioni in società controllate dagli enti

territoriali.

L’art. 1, commi 15-16 e 26-36, della legge n. 190 del 2012, detta

disposizioni particolarmente incisive in materia di trasparenza amministrativa,

a cui vengono assoggettati gli esponenti politici e gli amministratori locali. In

tal modo, gli obblighi di condotta vengono comunque rafforzati.

Il rafforzamento del regime delle incompatibilità e dei divieti

desumibili dalla legge n. 190 del 2012 attiene invece prevalentemente al

profilo dell’eguaglianza di chances. Al riguardo, occorre anzitutto richiamare

la rinnovata disciplina del regime delle inconferibilità degli incarichi pubblici,

ora prevista “in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico

ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con

l’amministrazione che conferisce l’incarico” (art. 1, comma 50, lett. c). Oltre

alla pacifica applicazione a coloro che partecipino a organi di indirizzo

politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, la disposizione in

parola andrebbe estesa anche a coloro che partecipano ad organi di indirizzo

364

Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 2014; n. 425 del 2004; n. 60 del 2013; n. 138 del 2013

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224

non strettamente politico, ma amministrativo. Questo permetterebbe di

precludere il conferimento degli incarichi anche a chi avesse ricoperto cariche

in enti pubblici, o in enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico,

nazionali, regionali e locali365

.

Quello che si manifesta come problema politico è perseverare in questa

tipologia di regolamentazione, anche però dove è lo stesso principio fondante

ad essere pericoloso, e ad opporsi a norme ispirate dall’anticorruzione alla

perdita di chance. Ad esempio, ai sensi dell’art. 8 del d.lg. n. 39 del 2013,

sono previsti divieti circa la conferibilità degli incarichi di direzione nelle

Aziende sanitarie locali a cui sono soggetti gli esponenti della politica che nei

cinque anni precedenti il conferimento dell’incarico siano stati candidati in

elezioni europee, nazionali, regionali e locali in collegi elettorali che

comprendano il territorio della Asl, posizione che andrebbe necessariamente

rivestita mediante concorso pubblico, per mantenere alto un livello di

efficienza nel rispetto del diritto alla salute, e anche del merito, contro criptici

favoreggiamenti a cliniche private, tramite il sostegno “incolore” del politico

regionale di turno.

Quello che comunque resta ancora il percorso fondamentale, intrapreso

per disciplinare lo status degli esponenti politici, è costituito dalla normativa

sulle ineleggibilità e incompatibilità, a cui, negli anni più recenti, si sono

aggiunte le norme sull’incandidabilità e sulla decadenza, evoluzione della

disciplina volta a garantire l’impropria occupazione degli uffici pubblici e

degli incarichi di governo, tramite rafforzamento del principio di

365

In questo senso, F. MERLONI, Nuovi strumenti di garanzia dell'imparzialità delle amministrazioni

pubbliche: l'inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, in La legge anticorruzione .

Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di B.G. Mattarella e M. Pelissero, Torino,

Giappichelli, 2013,, cit., 207.

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responsabilità dei singoli esponenti politici e i meccanismi di enforcement con

riguardo alla loro condotta. Gli istituti sono, orientati a prevenire situazioni di

conflitto di interessi e ulteriori rischi connessi al cumulo delle cariche e degli

uffici pubblici. Al fine di distinguere gli istituti richiamati rispetto alla loro

diversa incidenza sugli esponenti politici e sulla loro condotta, appare utile la

ricostruzione “in chiave teleologica”366

, in base alla quale l’ineleggibilità serve

a tutelare il diritto di voto (art. 48 Cost.) e l’eguaglianza effettiva tra i

competitori (art. 51 Cost.); mentre l’incompatibilità mira piuttosto ad

assicurare il libero esercizio del mandato parlamentare (art. 67 Cost.), dei

mandati regionali e locali (artt. 121 e 122 Cost.) e l’imparzialità e il buon

andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.). In questo modo è possibile

attuare una distinzione tra il fine dell’ineleggibilità, la tutela della libertà di

voto degli elettori, che non può prescindere dalla necessità di evitare situazioni

in cui i titolari degli uffici possano utilizzarli per influenzare l’elettorato; e

quello dell’incompatibilità, volta invece a scongiurare l’effettiva

inconciliabilità tra due cariche367

.

Questa prospettiva teleologica sul diverso fondamento costituzionale

degli istituti è stata accolta dalla Corte costituzionale, che ha postulato i

principi della disciplina differenziata di ineleggibilità e incompatibilità,

riferibile a tutti i livelli territoriali di governo368

. In questa prospettiva, la

giurisprudenza costituzionale ha quindi potuto distinguere la ratio

366

In questa prospettiva, si cfr. V. MESSERINI, Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle

scelte dei rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali,

comunali, Milano, Giuffrè, 1983, 177 s.; G.E. VIGEVANI, Stato democratico ed eleggibilità,

Milano, Giuffrè, 2001, 151 ss.; nonché, se si vuole, G. RIVOSECCHI, Art. 65, in Commentario

alla Costituzione, a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, II, Torino, Utet, 2006,

1255 367

G. RIVOSECCHI, Art. 65, cit., pp.1256 ss. 368

Cfr. Corte costituzionale n. 42 del 1961; n. 77 del 1970; n. 235 e n. 1020 del 1988; n. 510 del 1989

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dell’ineleggibilità da quella dell’incompatibilità369

, per poi individuare diversi

profili finalistici correlati all’ineleggibilità, funzionali alla tutela delle cariche

pubbliche.370

L’attuazione, più particolareggiata, di controllo della specifica

responsabilità dei singoli è data dal più recente istituto della incandidabilità,

un rafforzamento rispetto a determinati obblighi di correttezza dei titolari di

cariche elettive e di governo, essendo inquadrabili come misure che

conseguono ex lege a condotte illegittime sancite da sentenze irrevocabili371

.

Occorre chiarire da subito che tanto l’incandidabilità quanto

l’ineleggibilità incidono direttamente sulla posizione della candidatura,

precludendola; l’incompatibilità, invece, determina l’inconciliabilità della

carica con altro ufficio o funzione assunti dalla stessa persona nel medesimo

tempo, imponendo, conseguentemente, l’opzione in via successiva372

.

Innovativi sono i contenuti del d.lgs. n. 235 del 2012, che, privilegiando

l’istituto dell’incandidabilità alle cariche elettive e di governo, costituisce

l’elemento maggiormente qualificante ai fini della ridefinizione dello status

degli esponenti della politica e degli amministratori pubblici.

La norma di delega, contenuta nell’art. 1, commi 63-65, della legge n.

190 del 2012, comunque non giunge, come sarebbe stato auspicabile, ad una

razionalizzazione complessiva della articolata e contraddittoria normativa in

materia, limitandosi a disciplinare solo alcuni aspetti relativi alle modalità di

369

Si cfr. sentenze n. 42 del 1961, n. 77 del 1970, n. 235 del 1988, n. 1020 del 1988, n. 510 del 1989 370

Sentenza n. 97 del 1991; spunti ulteriori anche nelle sentenze n. 45 del 1977, n. 129 del 1977, n.

162 del 1985 371

Cfr. Sentenza del Cons. St., V, 6 febbraio 2013, n. 753 372

Cfr. V. MICELI, voce Incompatibilità parlamentari, in Enc. giur. it., 1902, 714; L. GALATERIA,

Sui caratteri distintivi tra ineleggibilità ed incompatibilità nel diritto amministrativo, in Scritti

giuridici in memoria di V. E. Orlando, I, Padova, Cedam, 1957, 615 ss.

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accesso e di mantenimento delle cariche stesse, senza colmare le lacune di una

disciplina tutt’altro che coerente tra i diversi livelli territoriali di governo.

Ed il d.lgs. n. 235 del 2012, pur se a tratti innovativo, interviene

esclusivamente sulle cause di incandidabilità agli organi rappresentativi e sul

divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze

definitive di condanna per delitti non colposi. Queste ultime si aggiungono alle

cause di incandidabilità già note all’ordinamento. Oltre al presidente di giunta

regionale rimosso a seguito di grave dissesto finanziario con riferimento al

disavanzo sanitario - incandidabile alle cariche di deputato e senatore, nonché

alle cariche elettive locali, regionali ed europee per un periodo di tempo di

dieci anni373

- anche i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili

del dissesto finanziario dell’ente locale non sono candidabili, per un periodo di

dieci anni, al Parlamento nazionale e a quello europeo, e alle cariche elettive

di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di giunta regionale, nonché

di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e

dei consigli regionali374

.

La nuova legge disciplina le cause di incandidabilità alla carica di

parlamentare nazionale (artt. 1-3, 13, 15 e 16) ed europeo (artt. 4-5, 13, 15 e

16); il divieto di assunzione e svolgimento di incarichi di governo nazionale

(art. 6); le cause di incandidabilità e quelle di sospensione e decadenza dalle

cariche elettive e di governo regionali (in riferimento a: presidente di giunta

373

Cfr. art. 2, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e

premiali relativi a Regioni, Province e Comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5

maggio 2009, n. 42. 374

Si cfr. l'art. 248, comma 5, del d.lg. n. 267 del 2000, come modificato dall'art. 1, comma 6, del d.lg.

n. 149 del 2011 e dall'art. 3, comma 1, lett. s), del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174

(Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori

disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni

dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.

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regionale, assessore e consigliere regionale, amministratore e componente

degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali ex artt. 7-9 e 13-

16), nonché le cause di incandidabilità e quelle di sospensione e decadenza

dalle cariche elettive locali (in riferimento a: presidente della provincia,

sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e

componente del consiglio di amministrazione di consorzi, presidente e

componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di

amministrazione e presidente delle aziende speciali e istituzioni strumentali

dell’ente locale, presidente e componente degli organi delle comunità montane

ex artt. 10-12, 13, 15 e 16).

Per quanto riguarda la carica di parlamentare nazionale ed europeo, il

decreto legislativo in parola da un lato introduce, negli artt. 1 e 4, l’istituto

dell’incandidabilità, originariamente prevista soltanto per le cariche elettive

locali, stabilendo che essa decorra dalla data del passaggio in giudicato della

sentenza definitiva di condanna, e per un periodo corrispondente al doppio

della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici

uffici, e abbia comunque una durata minima di sei anni (art. 13, comma 1);

dall’altro, stabilisce, per le medesime ipotesi, il divieto di assunzione e

svolgimento di incarichi di governo nazionale (art. 6).

Mentre per la carica di parlamentare ai fini dell’incandidabilità è

richiesta una condanna definitiva ad una pena superiore ai due anni di

reclusione per delitti non colposi, per le cariche regionali e locali, oltre alla

fattispecie richiamata, è configurata come causa di incandidabilità anche una

condanna con sentenza definitiva ad una pena complessivamente superiore ai

sei mesi di reclusione per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o

con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione (artt. 1, comma 1,

lett. c), 7, comma 1, lett. d) e e), 10, comma 1, lett. d) e e). Viene poi prevista

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229

la sospensione dal mandato in caso di provvedimento giurisdizionale non

definitivo375

. È invece confermata, anche per le cariche regionali e locali,

l’incandidabilità in caso di condanne per delitti di particolare gravità negli

stessi termini in cui viene introdotta per la carica di parlamentare (artt. 7,

comma 1, lett. a) e b) e 10, lett. a) e b).

Agli artt. 8 e 11 del già richiamato d.lg. n. 235 del 2012 è disposto, per

le cariche elettive rispettivamente regionali e locali, da un lato, la sospensione

dal mandato in caso di provvedimento giurisdizionale non definitivo; e,

dall’altro, la decadenza ex lege in caso di sentenza definitiva di condanna che

costituisce causa di incandidabilità. Quest’ultima è comunque sempre

determinata, ex artt. 1, 4, 7 e 10 del d.lg. n. 235 del 2012, per tutte le cariche

elettive (europee, nazionali, regionali e locali), da sentenze definitive o da

provvedimenti definitivi di applicazione di misure di prevenzione, qualora il

soggetto sia indiziato di “appartenere ad una delle associazioni di cui all’art.

4, comma 1, lett. a) e b), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”

(Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove

disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e

2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) (artt. 7, comma 1, lett. f), e 10, comma 1,

lett. f), del d.lg. n. 235 del 2012).

È invece da escludere che gli istituti della sospensione e decadenza ex

lege dalla carica siano riferibili ai parlamentari. Sul punto, le ambiguità della

legge n. 190 del 2012, che all’art. 1, comma 64, lett. m), attribuiva al

375

si veda Tar Campania, I, ord. 30 ottobre 2014, n. 1801, con la quale, durante il giudizio relativo

all'impugnazione dei provvedimenti prefettizi che avevano disposto la sospensione del sindaco

della città di Napoli, De Magistris, in applicazione dell'art. 11 del d.lg. n. 235 del 2012, viene

sollevata questione di legittimità costituzionale, tra l'altro relativamente ai profili temporali di

applicazione della norma richiamata, concedendo, nelle more del giudizio di costituzionalità, una

misura cautelare interinale al ricorrente

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legislatore delegato il compito di disciplinare le fattispecie di sospensione e

decadenza in riferimento a tutte le cariche elettive, includendovi, quindi, anche

quella di parlamentare, sono state confermate dall’art. 3 del d.lg. n. 235 del

2012, che afferma espressamente la competenza esclusiva delle giunte di

Camera e Senato ex art. 66 Cost. nell’accertamento delle cause di

incandidabilità sopravvenuta, presupponendo, evidentemente, che la norma

sopra richiamata contenuta nella legge di delega non sia estensibile alla carica

di parlamentare nazionale. Per quanto riguarda invece la carica di

parlamentare europeo, l’art. 5, comma 5, del d.lg. n. 235 del 2012, intesta

l’accertamento delle cause di incandidabilità sopravvenuta all’Ufficio

elettorale nazionale, che sembrerebbe poi tenuto ad adottare la relativa

deliberazione di decadenza e a darne tempestiva comunicazione alla Segreteria

del Parlamento europeo, non potendo, il legislatore delegato, disporre

l’effettiva decadenza di diritto dalla carica a fronte dell’autonomia

dell’Assemblea.

Anche la previsione di decadenza di diritto dalle cariche elettive non è

stata correttamente estesa dal legislatore delegato alla carica di parlamentare,

se non nella misura in cui, stante il disposto dell’art. 66 Cost., sia previamente

accertata dalle giunte parlamentari.

Il d.lg. n. 235 del 2012 nulla aggiunge, in definitiva, a quanto già

previsto dall’art. 1, comma 63, della richiamata legge 190/2012, che preclude

a coloro che versano in una causa di incandidabilità di ricoprire le cariche di

presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di

presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni,

di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle

istituzioni strumentali dell’ente locale di cui all’articolo 114 del d.lg. n. 267

del 2002 (Tuel), di presidente e di componente degli organi esecutivi delle

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comunità montane. Quanto al divieto di ricoprire incarichi di governo

nazionale, l’art. 6 del menzionato decreto legislativo si limita invece a dettare

una disciplina molto insufficiente e decisamente poco innovativa rispetto al

diritto vigente, estendendo il divieto di ricoprire le cariche di governo

individuate dall’art. 1, comma 2, della legge n. 215 del 2004, in materia di

conflitti di interessi — Presidente del Consiglio dei ministri, ministri, vice

ministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del governo — a

coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità alla carica di deputato

o senatore.

È bene precisare che i richiamati interventi del legislatore non sono

riconducibili ad alcuna tipologia di misure sanzionatorie penali. Si

configurano come istituti volti ad allontanare (incandidabilità) o a precludere

lo svolgimento (sospensione e decadenza) del munus pubblico tutelato, in caso

di radicale inidoneità del soggetto a ricoprire la carica, accertata dall’autorità

giudiziaria, la quale determina conseguenze ex lege.376

Questo decreto non fa altro che porsi in linea di continuità con la già

ben discutibile normativa vigente in tema di conflitto di interessi (legge n. 215

del 2004), senza incidere, cioè, sulla portata del divieto di ricoprire

determinate cariche di governo nei confronti di chi incorra in cause di

incandidabilità. Quello che si pone come necessario è invece muovere dal

376

v. ancora la sentenza del Cons. St., V, 6 febbraio 2013, n. 753, che ha, tra l'altro, dichiarato la

manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale svolte dall'appellante nel

giudizio, in relazione all'art. 7 del d.lg. n. 235 del 2012, in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., in

ragione della richiamata natura non sanzionatoria degli effetti preclusivi nell'accesso alle cariche

determinato dalle misure in parola, da cui consegue che “l'applicazione della richiamata disciplina

ai procedimenti elettorali successivi alla sua entrata in vigore, pur se con riferimento a requisiti

soggettivi collegati a fatti storici precedenti, non dà la stura ad una situazione di retroattività ma

costituisce applicazione del principio generale tempus regit actum che impone, in assenza di

deroghe, l'applicazione della normativa sostanziale vigente al momento dell'esercizio del potere

amministrativo”.

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232

presupposto che quest’ultimo debba essere politicamente eliminato anche sotto

il profilo delle potenziali situazioni di conflitto di interessi377

estendendo,

conseguentemente, il divieto di assumere ulteriori cariche meritevoli di

particolare e, quindi, strumentale, tutela.

Tecnicamente, la legge di delega, consentiva di estendere con decreto la

disciplina preventiva sul conflitto di interessi, in particolare vietando

all’incandidabile di ricoprire cariche di particolare rilievo nazionale. Ciò non

soltanto in riferimento al governo della Repubblica, ma anche ad alcune di

quelle cariche, pubbliche o private, di particolare rilievo, per le quali la

legislazione vigente prevede, ad esempio, l’ineleggibilità al Parlamento

nazionale (artt. 7-10 del d.P.R. n. 361 del 1957)

Purtroppo, dalla riforma del titolo V della Costituzione, il

ridimensionamento del sistema dei controlli (e, in particolare, i controlli

preventivi di legittimità sugli atti) ha sempre costituito sotto i più variegati

profili, uno degli elementi maggiormente qualificanti della valorizzazione

dell’autonomia politica degli enti territoriali perseguita dalla riforma

costituzionale.

Mentre infatti, all’indomani dell’entrata in vigore del titolo V,

legislatore e Corte costituzionale muovevano dal presupposto che soltanto

controlli di tipo collaborativo avrebbero potuto essere considerati conformi al

rinnovato quadro costituzionale, la crisi economico-finanziaria e lo scarso

rendimento di tale tipologia di controlli, nelle forme di governo regionali e

locali, hanno poi indotto a mutare prospettiva, verso la regolamentazione dello

status.

377

Cfr., B.G. MATTARELLA, Le regole dell'onestà. Etica, politica, amministrazione, Bologna, il

Mulino, 2007, 95 ss.

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233

I soggetti politici prescindono sempre più, in maniera direttamente

proporzionale alla crisi economico-finanziaria, dal ruolo dei partiti politici,

quantomeno nella loro dimensione organizzativa e partecipativa tradizionale,

anche come strumenti di organizzazione dell’offerta politica, per dispiegarsi,

invece, nella valorizzazione della dimensione individuale del diritto di voto e

del rapporto tra elettore ed eletto, e nel conseguente rafforzamento della

disciplina relativa alla condotta dei singoli esponenti politici e dei relativi

controlli. In ossequio al principio di ragionevolezza, questa è anche la

dimensione perseguita dalla Corte Costituzionale. La sentenza n. 1 del 2014

della Corte costituzionale che accolse la questione di costituzionalità sulle c.d.

“liste bloccate” della legge elettorale politica n. 270 del 2005, venne censurata

nella parte in cui la norma non prevedeva il voto di preferenza.

È stata privilegiata, nel difficile bilanciamento dei diritti costituzionali

in base al contesto storico, la tutela del diritto di voto ex art. 48 Cost. rispetto

al diritto di associarsi in partiti ex art. 49 Cost., privilegiando la tutela

dell’eguaglianza del voto nell’ottica finalista del processo.

Sempre alla luce delle stesse premesse circa la crisi della politica, l’art.

67 Cost. viene “combinato” e non più letto isolatamente al fine di recidere il

legame tra elettore ed eletto, liberando il parlamentare da ogni vincolo di

mandato. Esso diventa parametro che, unitamente all’art. 48 Cost., consente,

in virtù della sua stessa presenza nella Carta, quantomeno di far decadere

disposizioni che impediscono all’elettore di “conoscere” i candidati. Questa

interpretazione stabilisce, come vedremo, che l’art. 67 Cost. non può

assolutamente significare che l’elettore non possa contribuire ad una

consapevole realizzazione della rappresentanza politica.

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2. Qualifiche soggettive

Prima di entrare nel merito dell’analisi penalistica relativa al reato di

corruzione in riferimento al “politico” e, in particolare, al parlamentare che

mercanteggi i propri voti, è necessario l’esatto inquadramento delle qualifiche

soggettive, imponendosi l’esigenza di definire concetto e ruolo di Pubblica

Amministrazione e le figure di Pubblico Ufficiale ed Incaricato di Pubblico

servizio, in particolare in riferimento all’attività politica.

La discrezionalità è una caratteristica predominante della pubblica

amministrazione, ma che rende più complessa la qualificazione di esercizio

delle funzioni, più semplice in attività tecniche, “meccaniche”.

Per Pubblica Amministrazione si intende l’insieme di enti e soggetti –

Stato, ministeri, regioni, province, comuni, autorità o agenzie indipendenti e

tutte le altre figure – che svolgono una funzione pubblica, nell’interesse della

collettività e quindi nell’interesse pubblico. Oggetto della tutela giuridica

dei reati contro la Pubblica amministrazione è ai sensi dell’art. 97 della

Costituzione, il regolare funzionamento nonché il prestigio della P.A. ed, in

generale, il “buon andamento” dell’Amministrazione.

Per quanto riguarda la definizioni di pubblico ufficiale, essa è

rinvenibile nell’art. 357 c.p., come modificato dall’art. 17, l. n. 86/1990, in cui

il legislatore ha voluto non solo ancorare la definizione all’esclusivo ambito

del diritto penale, ma nello stesso tempo ha voluto che la stessa

accompagnasse i reati contro la pubblica amministrazione come un pilastro

dell’intera parte generale e speciale.378

378

STORTONI L., Delitti contro la pubblica amministrazione, in CANESTRARI S. –GAMBERINI

A. -INSOLERA G. –MAZZACUVA N. –SGUBBI F. -STORTONI L. TAGLIARINI F., Diritto

penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna, 1998, 84.

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235

“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali

esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme

di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e

dalla manifestazione della volontà della pubblica Amministrazione o dal suo

svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.

La liberazione della qualifica in oggetto dalla natura dell’ente per il

quale il soggetto agente opera, mette in luce una certa lungimiranza avuta dal

legislatore379

, anche perché la questione è sempre stata molto più ostica,

soprattutto in relazione al parlamentare.

L’art. 207 del codice Zanardelli, infatti, individuava al comma 1 i

pubblici ufficiali in “coloro che sono rivestiti di pubbliche funzioni, anche

temporanee, stipendiate o gratuite, a servizio dello Stato, delle Province o dei

Comuni, di un istituto sottoposto per legge alla tutela dello Stato, della

Provincia o di un Comune”; al secondo comma i notai; al terzo, gli agenti

della forza pubblica e gli uscieri addetti all’Ordine giudiziario380

. Si

specificava, inoltre, che “ai pubblici ufficiali sono equiparati, agli stessi

effetti, i giurati, gli arbitri, i periti, gli interpreti e i testimoni, durante il tempo

in cui sono esercitate le loro funzioni”

La norma certamente si mostrava non esplicita sul punto in riferimento

alla qualifica di parlamentare, ma in giurisprudenza si era già provveduto ad

inquadrarlo quale pubblico ufficiale, parificabile ai funzionari dell’ordine

379

CADOPPI.A. – VENEZIANI P., Elementi di diritto penale. Parte speciale. Introduzione e analisi

dei titoli, Padova, 2007, 102; ROSINI B., Il pubblico ufficiale, l’incaricato di pubblico servizio e

l’esercente un servizio di pubblica necessità, in Giurisprudenza Penale, a cura di DOMINIONI, O.

–MANTOVANI F., Padova 1998. 380

M.O. DI GIUSEPPE, Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica

amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012.

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236

amministrativo o giudiziario, grazie ad un orientamento, risalente al XIX

secolo, dato da un precedente giurisprudenziale francese, al quale i giudici

italiani decisero di uniformarsi.

Il 24 febbraio 1893, a seguito dello scandalo della Compagnie

universelle du canal interocéanique de Panama, in merito al quale numerosi

parlamentari vennero accusati di corruzione, la Corte di Cassazione francese

era investita della delicata questione. Nella sua requisitoria, l’Avvocato

generale Baudouin sostenne che l’art. 177 del Code Penal fosse applicabile

anche ai senatori e ai deputati e, in generale, a persone che rivestivano

mandato elettivo. La dottrina penalistica francese, al contrario, fino al codice

del 1945 argomentava per il rifiuto dell’inquadramento della figura del

parlamentare quale pubblico funzionario. Visto il contrasto con la

Giurisprudenza dell’epoca, si sviluppò un interessante dibattito dottrinale che

coinvolse anche l’Italia. Il principio alla base della tesi negativa era fondato

sul presupposto che i membri delle assemblee legislative, all’atto

dell’elezione, non avessero ricevuto alcun mandato di amministrare né di

giudicare, ma soltanto di deliberare e votare. Non era quindi possibile

l’equiparazione coi funzionari pubblici e coi giudici.

In Italia però, con il codice Rocco del 1930, la collocazione e la

disciplina di tale qualifica soggettiva comincerà a chiarirsi. I diversi filoni

interpretativi al vaglio del legislatore del ‘30 erano fondamentalmente

suddivisi nella considerazione di pubblico ufficiale secondo concezione

soggettiva e oggettiva. A prevalere sarà la concezione soggettiva, che

ancorava la titolarità della qualifica pubblicistica ad un rapporto di dipendenza

dallo Stato o da un altro ente pubblico381

; quella oggettiva, invece, ricollegava

381

B. ROSINI, Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio e l’esercente un servizio di

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la qualifica medesima all’attività svolta dal soggetto a prescindere dalla natura

del rapporto con l’ente pubblico382

.

Oggi, ai sensi del primo comma dall’art. 357 c.p. un pubblico ufficiale,

può svolgere la “pubblica funzione legislativa, giudiziaria e amministrativa”.

Per quanto riguarda la pubblica funzione legislativa, i soggetti pubblici

a cui, normalmente, può ricondursi l’esercizio di tale tipo di funzione sono: il

Parlamento, il Governo (limitatamente alle attività legislative di sua

competenza: es., decreti legge e decreti delegati), le Regioni e le Province

(queste ultime per quanto attinenti alla loro attività normativa), nonché le

Istituzioni dell’Unione Europea aventi competenze legislative rilevanti

nell’ambito dell’ordinamento nazionale383

. Infatti, in virtù dell’art. 322 bis

c.p., introdotto dalla legge del 29.9.2000, n. 300, devono aggiungersi gli

organi aventi potestà legislativa nell’ambito delle Comunità Europee, quali i

membri della Commissione e del Parlamento.

La pubblica funzione amministrativa viene esplicata nel secondo

comma.

Gli altri poteri riconducibili alla pubblica funzione amministrativa sono

il potere deliberativo, il potere autoritativo ed il potere certificativo della P.A.

Questi poteri non sono connessi a particolari qualifiche soggettive e/o

mansioni dei soggetti agenti.

pubblica necessità, Padova, 1998, 2 ss; L. PICOTTI, Le nuove definizioni penali di pubblico

ufficiale e di incaricato di un pubblico servizio nel sistema dei delitti contro la Pubblica

Amministrazione, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1988, 278. 382

V. MANZINI, in Trattato di diritto penale, V, Torino, 1950, 4 ss.: l’A. evidenzia “come la qualità di

impiegato non è essenziale per la nozione di pubblico ufficiale” dovendosi tale qualità riconoscere

in capo al soggetto, impiegato o meno che eserciti una funzione pubblica. 383

Cfr. ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche

soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè.

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238

Il potere deliberativo è quello relativo alla “formazione e

manifestazione della volontà della P.A.”. Questa formula è letta in senso

assai lato e, pertanto, comprensiva di qualsiasi attività che concorra in

qualunque modo ad estrinsecare il potere deliberativo della P.A. In tale

prospettiva, sono stati qualificati come “pubblici ufficiali”, non solo le

persone istituzionalmente preposte ad esplicare tale potere e i soggetti che

svolgono le attività istruttorie o preparative all’iter deliberativo della

P.A., ma anche i loro collaboratori, saltuari ed occasionali, relativamente

a tali attività.

Il potere autoritativo invece si concretizza in tutte quelle attività che

permettono alla P.A. di realizzare i suoi fini mediante veri e propri comandi.

Questo ruolo di supremazia della P.A. è, ad esempio, facilmente individuabile

nel potere della stessa di rilasciare “concessioni” o autorizzazioni ai privati.

Alla luce di queste considerazioni, possono essere qualificati come “pubblici

ufficiali” tutti i soggetti preposti a svolgere tali funzioni.

Il potere certificativo viene normalmente riconosciuto in quello di

rappresentare come certa una determinata situazione sottoposta alla cognizione

di un “pubblico agente”. Anche questa attività di certificazione pubblica è

stata interpretata in senso assai lato, tanto da riconoscere nella stessa, non solo

il potere certificativo fidefacente, ma una vera e propria dichiarazione di

volontà della P.A.

Per quanto riguarda invece l’incaricato di un pubblico servizio, l’art.

358 c.p. riconosce questa qualifica a tutti coloro i quali, a qualunque titolo,

prestano “un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica

funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa

ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine

e della prestazione di opera meramente materiale”.

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Viene svolta una pubblica attività non riconducibile ad alcuno dei

“poteri” sopra rammentati e non concernente semplici mansioni d’ordine e/o la

prestazione di opera meramente materiale e, in quanto tali, prive di alcun

apporto intellettuale e discrezionale.

Sulla figura dell’incaricato di pubblico servizio possiamo oggi evincere

che il servizio pubblico è disciplinato da norme di diritto pubblico e da atti

autoritativi, ma manca dei tre poteri tipici della pubblica funzione

(deliberativo, autoritativo, certificativo) e non può reggersi sullo svolgimento

o sulla prestazione di mansioni meramente materiali.384

È necessario che la funzione pubblica amministrativa sia:

1) disciplinata da “norme di diritto pubblico e da atti autoritativi”.

2) caratterizzata dalla “formazione e manifestazione della volontà della

pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri

autoritativi o certificativi”.

In relazione al primo criterio va detto che trattasi di indicazioni di base

comuni, ex art. 358 II comma c.p., anche al pubblico servizio385

.

Secondo esponenti di una dottrina386

, i criteri individuati in prima battuta

risultano essere alternativi e non cumulativi..

384

PLANTAMURA, V., Le qualifiche soggettive pubblicistiche, in Trattato di diritto penale, a cura di

A CADOPPI-S. CANESTRARI A.- MANNA M. PAPA-, I delitti contro la pubblica

amministrazione, Milanofiori, Assago, 2008. cit., pag. 911. 385

Cass. VI sez. 2.12.2003, che esclude la qualifica di i.p.s. con riguardo ai soggetti investiti del

compito di selezionare le voci che comporranno il gruppo di cantanti che gareggeranno al Festival

di Sanremo, escludendoli dall’ambito di soggetti che svolgono attività pubblicistica, in quanto tale

selezione è di fatto svolta da una società privata “accademia della canzone di Sanremo”,

nell’ambito della quale poi il servizio RAI sceglie poi i concorrenti. 386

FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, Parte Speciale, vol. I, Zanichelli, 2007, pag.

173.

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Altra dottrina vuole che l’attività sia regolata da norme di diritto

pubblico e, insieme, connotata da atti di supremazia, con la conseguenza che

la presenza di soli atti autoritativi non basterebbe a determinare la qualifica

pubblicistica dell’attività, in quanto “se è vero che un potere autoritativo o un

potere certificativo, avendo alla radice specifiche fonti legali, segnalano anche

da soli una pubblica funzione […] altrettanto indubbio è che un’attività

privatistica non diventa pubblica, soltanto perché su di essa, o riguardo ad

essa, la legge prevede alcuni specifici interventi dei pubblici poteri”, sicché la

previsione dei “singoli atti autorizzativi o di controllo da parte della p.a.” per

l’esercizio, per esempio, di una società regolata da codice civile non è

sufficiente a considerarla in blocco pubblica, ma occorrerebbe procedere a

distinzioni obbligate individuando l’attività pubblica “là dove o quando norme

pubblicistiche ed atti autoritativi ne governino concretamente lo

svolgimento”387

.

Alla base della differenziazione delle qualifiche di pubblico ufficiale e

incaricato di pubblico servizio, vi è lo stesso comma 2 dell’art. 357 c.p., che

delimita “esternamente” la pubblica funzione e la attività “privatistica”,

nonché “internamente” la pubblica funzione e il pubblico servizio.

L’interprete deve muovere innanzitutto da una analisi relativa alla

macroarea dell’attività, per distinguere ed escludere se rientri nell’area

privatistica con riguardo alla disciplina, tenendo a mente che un singolo atto

privatistico non esclude che la disciplina risulti comunque pubblicistica nel

suo insieme.

387

Cfr.ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche

soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè.

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241

In sostanza, il legislatore non definisce la funzione attraverso un criterio

contenutistico388

, ma di disciplina: da un lato, tale funzione deve essere

disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi, in riferimento

all’obiettività della funzione amministrativa, dall’altro, essere la stessa

caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della p.a. o

dal suo svolgersi per mezzo di poteri certificativi e autoritativi, in riferimento

all’organicità della funzione amministrativa.

Nonostante i possibili equivoci interpretativi389

, l’attuale disposizione

può essere compresa solo leggendo insieme gli incisi “norme di diritto

pubblico” e “atti autoritativi”. In questo modo non sarà possibile nessuna

funzione pubblica o pubblico servizio tutte le volte in cui la attività sarà

regolamentata in forma marcatamente privatistica, nelle forme cioè di un

contratto tipico o negli schemi ordinari del procedimento di formazione di un

negozio giuridico privato, anche se è parte una persona giuridica pubblica. La

funzione sarà sicuramente pubblica quando si esplica nelle sue forme più

tipiche e pure, come atti di concessione, licenze, autorizzazioni, dove l’attività

pubblica incide nella sfera giuridica dei terzi tramite carattere, appunto,

autoritativo.

In seguito, l’analisi dell’interprete si deve volgere all’attività

pubblicistica o di servizio pubblico, che non riguarda più la disciplina del

soggetto, ma l’esistenza o meno di poteri tipici autoritativi, certificativi,

deliberativi.

L’analisi diventa di tipo funzionale, diretta ad appurare se quella

specifica attività singolarmente considerata si presenti, nella sua

388

Quali possono essere, ad esempio, il criterio dell’immanenza di un interesse pubblico o quello del

perseguimento di finalità pubblicistiche. 389

Cfr. Ampiamente C. BENUSSI, Diritto penale della pubblica amministrazione, p. 2 e ss.

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estrinsecazione, caratterizzata dalla possibilità di esercizio di taluni poteri

tipici della pubblica funzione.

Lo stesso soggetto, concretamente, può assumere la qualifica di p.u o

i.p.s. a seconda delle funzioni esercitate o del servizio prestato.

Per aversi pubblico ufficiale, potrà esserci il potere di concorrere a

formare e manifestare la volontà dello Stato o di altro Ente pubblico, e quindi

il potere deliberativo. In tale senso viene ad inaugurarsi il discorso sulla

difficoltà nell’individuare i soggetti la cui volontà sia espressione dell’ente,

non essendo indicato un c.d. livello di rilevanza nella contribuzione390

. In

senso restrittivo gli stessi si riconoscono nell’agente che formi egli stesso

individualmente o congiuntamente la volontà dell’organo.

Pacificamente si individuano tali soggetti al vertice politico-

amministrativo dello Stato o degli enti territoriali, quindi, ministri, presidenti

del consiglio regionale, provinciale, comunale, assessori e coloro che svolgono

funzioni direttive di altri anti pubblici retti da norme pubblicistiche391

.

Per completezza, qualche riflessione a riguardo dell’attività

giurisdizionale, al fine di approfondire i criteri estensivi. In ragione della

reintroduzione nell’art. 357 c.p della dizione “attività giudiziaria” anziché

giurisdizionale da parte della L. 181/1992, ci si deve chiedere se la modifica

letterale abbia alterato i canoni interpretativi della norma, includendo nel

novero dei soggetti che svolgono attività giudiziaria anche cancellieri,

segretari e ufficiali giudiziari. Si ritiene un Pubblico ufficiale, in quanto

svolge la “pubblica funzione giudiziaria” non solo chiunque, al livello

nazionale o comunitario, compia attività come diretta esplicazione di tale

390

ROMANO, in op. cit, Ed. Giuffre, 2008, pag. 287. 391

ROMANO, ivi, in op. cit.

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potere, ma anche tutta l’attività afferente l’amministrazione della giustizia,

collegata e/o accessoria alla prima, ergo non limitata allo ius dicerie.392

Brevi cenni sull’art. 359 c.p. e sul servizio di pubblica necessità, che ha

subito nel corso degli anni un limitato intervento legislativo. Minore è stata

anche l’attenzione riservata alla qualifica in oggetto da parte della dottrina.393

Esso distingue due diverse categorie di persone esercenti un servizio di

pubblica necessità: “agli effetti della legge penale sono persone che

esercitano un servizio di pubblica necessità: 1) i privati che esercitano

professioni legali o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge

vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando all’opera di essi il

pubblico sia per legge obbligato a valersi; 2) i privati che, non esercitando

una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un

servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica

Amministrazione”.

La natura della figura è mista, in quanto privata è l’essenza dell’attività

svolta, e pubblica la sua disciplina, in ragione della rilevanza giuridica che

riveste. Un esempio potrà senz’altro rivelarsi utile ai fini della comprensione

delle caratteristiche riferite alla qualifica soggettiva. Ebbene nella prima

categoria rientrano coloro che svolgono la professione sanitaria o la

professione forense per il cui esercizio è necessaria una specifica abilitazione

dello Stato.

392

Cfr. ROMANO M., I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche

soggettive pubblicistiche. Commentario sistematico, terza edizione. Ed. Giuffrè. e in

giurisprudenza: Cass., pen., sez. VI, 12.3.1998, n. 4825, in Giust. pen., 1999, 318; Cass., pen.,

24.9.1998, n. 10619, in Cass. pen., 1999, 2847; Cass., pen., sez. VI, 7.1.1999, n. 4062, in CED

Cass., 2000. 393

Cfr. M.O. DI GIUSEPPE, Qualifiche soggettive nell'ambito dei reati contro la pubblica

amministrazione. In Treccani, L’ Enciclopedia Italiana. Diritto on line 2012

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244

Ma, se pensiamo al difensore, esso assumerà oggi la veste di pubblico

ufficiale, ad esempio, nella raccolta della prova dichiarativa ex art. 391 bis

c.p.p., concretandosi, pertanto l’eventualità del reato di falso ideologico in atto

pubblico in caso di verbalizzazione infedele delle dichiarazioni ricevute394

.

Chiusa questa breve parentesi, in definitiva, in questa sede interessa

rilevare che la qualifica di pubblico ufficiale è oggi del tutto svincolata da un

rapporto di dipendenza con la P.A., che rende estremamente necessaria

l’attenta osservazione dell’interprete verso la reale attività posta in essere.

In relazione al parlamentare, la qualifica soggettiva deve essere

analizzata in relazione alla funzione con particolare attenzione alle modalità

di formazione della volontà, in considerazione soprattutto del dettato

costituzionale dell’art. 67.

3. La corruzione del parlamentare. Introduzione

Leggendo i paragrafi precedenti sulla crisi dei partiti e le qualifiche

soggettive alla luce dell’attuale contesto sociopolitico, ancora più evidenti si

mostrano certe assonanze del complesso partitico del nostro paese con il

Governo del Generale Luigi Gerolamo Pelloux.

“In Italia abbiamo avuto questo fenomeno strano, che le riforme

politiche hanno contribuito alla degenerazione morale, e questa, a sua volta,

raggiunto un certo grado, ha perturbato maggiormente le funzioni politiche. Il

voto non ha nessuna garanzia di serietà e di onestà, e nessuna garanzia da’

all’eletto, per cui in questa nuovissima democrazia si può, anche di abiezione

394

Cfr. Cass., pen., Sezioni Unite, 28 settembre 2006, n. 32009

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in abiezione, salire al sommo potere. […] Ora, un sistema che non consente

agli uomini migliori di occupare i posti, cui avrebbero diritto; che non

migliora quei tristi, che favorisce, anzi li perverte e li conferma alla loro

malizia; un sistema che trae la sua origine dal numero, nelle elezioni e a base

di numeri si svolge nel Parlamento, e al numero assoggetta leggi e

provvedimenti, e al numero sacrifica legalità e giustizia, poiché tutto i ministri

commettono pur di non perdere un voto; un sistema, che non ha controlli né

freni in nessun potere, ed è pure privo di un complesso razionale di

legislazione, ha bisogno ben altro che di leggi meccaniche e riforme

parziali”395

.

Nelle parole pronunciate nel 1889 dal Senatore Emilio Pascale,

Magistrato presso la Corte di Cassazione, emerge la volontà di denunciare una

classe dirigente in piena crisi per via delle rivendicazioni partitiche, che ha

scelto di dimenticare il valore democratico della rappresentanza. Quando la

magistratura è costretta ad intervenire sulla crisi politica, vuol dire che la crisi

politica ha raggiunto il livello più basso, divenendo anche crisi di legalità.

La politica era (è?) “campo chiuso…dove i campioni più scadenti

fingono di combattere ad armi cortesi, allontanando i migliori e dividendosi

senza leggi né riguardi le spoglie del paese”396

.

La “corruzione del Parlamentare” sottende proprio la condotta di “chi

abbia deciso di esprimere un determinato voto o una certa opinione a fronte

395

R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pagg. 23-32, su questo

articolo, lettera del 20 gennaio 1899. Discorso pronunziato dal Senatore Emilio Pascale,

Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione di Roma nella Assemblea generale del 3

gennaio 1899 – Roma, Tip., Forzani 1899 – Luigi LUZZATTI – Decadenza e risorgimento dei

reggimenti parlamentari (nella nuova Antologia del 16 gennaio 1899) - Carlo F. FERRARIS,

Ordinamenti politici ed educazione politica- Padova, Drucker, 1899, pag 27. 396

Op. cit. R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, p. 27.

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della promessa o della dazione di denaro o, ancor più spesso, di altra

utilità”397

.

Il primo scontro di questa condotta avviene con l’articolo 68 della

Costituzione, secondo cui “i membri del Parlamento non possono essere

chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio

delle loro funzioni”.

Ma sappiamo bene che la Costituzione non è legge certa, da attuare

direttamente senza alcuna ponderazione, ma è un insieme di principi collegati

e controbilanciati tra loro. In base a questa lettura totale della Costituzione,

quale è la ratio dell’art. 68 Cost?

Per il momento, metteremo in luce la versione di una parte della

dottrina e della giurisprudenza della Corte Costituzionale398

, secondo cui l’art.

68 rappresenterebbe una delle modalità di espressione del principio di

uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Secondo questa visione, l’

interpretazione è letterale, per cui sarebbe inammissibile la sottrazione dei

membri del Parlamento alle regole di diritto comune, restando insindacabili

solo gli atti strettamente inerenti la funzione e non quelli compiuti fuori la

sede parlamentare399

.

L’art. 68 Cost. non risolve né esaurisce il problema della condotta.

Secondo l’opinione più accreditata in dottrina, “l’attenzione non va posta sul

voto o sull’opinione espressa, bensì su quel comportamento che sta a monte

dell’esercizio della funzione, che si esplica nel voto o nell’opinione. […]

Stiamo parlando quindi di un momento cronologicamente e logicamente

397

M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 209 398

In Giur. cost. 2006, pag. 3895, con nota di V. GIUFFRE’, Insindacabilità dei parlamentari e fonti

richiamate in atti tipici tra dubbi e questioni aperte, pag. 3912 399

MORTATI. Istituzioni di diritto pubblico, I Cedam, Padova, 1975, pag. 492.

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anteriore rispetto all’atto parlamentare”400

. In base a questa riflessione, allora,

quale è la reale estensione dell’art. 68 Cost.? Copre l’atto, il voto, l’opinione, o

anche le cause e la formazione della volontà tramite motivazione che ha

indotto il parlamentare a compiere quell’atto, quel voto, quella opinione?

“E’ difficile immaginare che i Costituenti, nel fissare i principi sui quali

si sarebbe dovuto fondare il nostro ordinamento pensassero di voler sottrarre i

Parlamentari dalle usuali conseguenze di legge nel caso in cui il voto o

l’opinione, anziché essere libera espressione del proprio pensiero, derivassero

da un comportamento corruttivo.”401

Partendo da una breve panoramica storica, si giungerà all’analisi

tecnica del reato, al fine di qualificare l’attività svolta dal parlamentare nelle

Camere e fuori dalle stesse, in caso di rilevanza penale, alla stregua del dettato

normativo ex art. 318 o 319 c.p., in particolare nel casi di “corruzione per

asservimento”, e se possa dirsi applicabile il regime di immunità previsto

dall’art. 68 Cost., che non può prescindere dal rapporto tra parlamentare e art.

67 Cost., libertà di svolgimento del mandato politico.

4. La corruzione del parlamentare nella storia italiana

Lo scandalo della Banca Romana del 1893 rappresenta senz’altro il

primo, più grave caso giudiziario che coinvolgeva rappresentati delle

istituzioni italiane. Il 31 gennaio 1893 il Procuratore del Re, presso il

Tribunale di Roma, presentava domanda di autorizzazione a procedere in

giudizio contro “un brillante deputato ed uomo di lettere”, nei confronti del

400

M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 210 401

op. cit. AMISANO TESI, cit.

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quale veniva mossa l’accusa di corruzione per sovvenzioni ricevute nel

periodo in cui la Camera votava un disegno di legge di iniziativa governativa

per la proroga del privilegio dei biglietti di banca 402

.

Si concluse per la concessione dell’autorizzazione a procedere.

Indicativa fu la prolusione da parte dell’on. Napoleone Colajanni, improntata

alla prospettazione delle problematiche inerenti l’individuazione del

Parlamentare quale pubblico funzionario.

Il caso non ebbe alcun risvolto giudiziario, ma il sospetto di

coinvolgimento di uomini politici e di occultamento delle prove portò nel

novembre 1893 ad una crisi politica e alle dimissioni del Governo di Giovanni

Giolitti, al quale seguì Francesco Crispi.

Fu trattato come un comune caso di inviolabilità403

, in quanto l’unico

parlamentare contro il quale si decise di procedere, l’on. Rocco de Zerbi, morì

(probabilmente suicida) a Roma il 20 febbraio 1893, “sì che nei suoi confronti

il giudice istruttore non potette che dichiarare l’estinzione dell’azione

penale”404

.

Il magistrato, nell’ordinanza di estinzione del reato in merito alla

posizione di un concorrente, sviluppò il principio in base al quale il membro

del Parlamento va considerato pubblico ufficiale, quanto meno quando esercita

le funzioni di segretario o di relatore di una commissione legislativa405

.

402

Documento n. 128 della legislatura XVIII, 1 Sessione. 403

Atti parlamentari, Legislatura XVIII, 1 session, Discussione, tornata del 3 febbraio 1893, pag.1102

ss. 404

VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri del

Parlamento, in Giust. Pen., 1973, pag. 20 405

L’ordinanza del 15 luglio 1893 può leggersi nell’opera di E. VITALE, La riforma degli istituti di

emissione e gli scandali bancari in Italia, 1892- 1896, Roma, Camera dei Deputati, 1972, vol. III,

pag. 231 a 283

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249

Particolarmente interessanti appaiono, sul tema, le riflessioni di uno dei

Padri Costituenti, Piero Calamandrei, parlamentare ed avvocato, in un suo

scritto pubblicato dalla Rivista “il Ponte” nel 1947406

, le quali offrono delle

stimolanti critiche fortemente contestualizzate, politiche oltre che giuridiche.

Calamandrei identifica i propri avversari politici nei fascisti che

“mascherati da moralisti” infangano la reputazione di altri parlamentari, “e il

pubblico si abbevera con gusto a queste accuse, perché non è ancora arrivato,

dopo vent’anni di servitù, a concepire che possa esservi al mondo un governo

di persone perbene; e la libertà gli serve per scagliare finalmente contro gli

antifascisti gli epiteti tenuti in serbo per vent’anni contro i fascisti!”407

Il giurista in relazione al problema, rivolge la sua attenzione

particolarmente al “sentimento di sfiducia del pubblico, e specialmente dei ceti

medi, contro il parlamento: di questo livore e disprezzo, sia pur mascherato

more italico di inchinevole cortigianeria (e accompagnato da quella

ammirazione che in Italia molti provano per i farabutti che son riusciti a far

fortuna) contro gli uomini politici, considerati tutti come ambiziosi ed avidi

avventurieri, che si servono della politica sol per fare i loro interessi”408

.

Calamandrei ricerca le ragioni nel sentimento politico del nostro Paese, e le

identifica in “cause remote, come la solita idea corrente che la politica è una

cosa sporca”. È aggiunge: “Accanto a queste cause remote, altre cause molto

più recenti hanno contribuito a ravvivare negli italiani questo sentimento. In

primo luogo la esperienza ventennale del fascismo, il quale ha screditato

l’esercizio della politica in due modi: da una parte colla propaganda a base

406

Rivista mensile di Politica e Letteratura diretta da PIERO CALAMANDREI - Anno III – N. 10

Ottobre 1947 dal Titolo “la Nuova Italia”, Firenze, il contributo offerto dal Calamandrei s’intitola:

Patologia della corruzione parlamentare di Piero Calamandrei 407

Cfr. op. cit. nota 23. 408

Cfr. op. cit. nota 23.

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d’irrisione contro i ‘ludi cartacei’ e contro le istituzioni parlamentari, e

dall’altra colla esemplare e in un certo senso scrupolosa corruttela dei propri

gerarchi, che per vent’anni hanno puntualmente mostrato al popolo come fa ad

affermarsi ed a resistere un regime nel quale il libero esercizio del peculato e

della malversazione è riconosciuto come ufficiale appannaggio degli investiti

di cariche pubbliche. Bisogna ricordare infatti, a causa dei profittatori, che

sotto il fascismo la corruzione personale degli uomini politici era considerata

non come una deviazione riprovevole e patologica, ma come un fisiologico

instrumentum regni, come una istituzione complementare e necessaria del

sistema, il quale trovava la sua continua forza motrice e la sua garanzia di

stabilità proprio in questa rete di solidarietà ricattatoria che si stabiliva tra

complici”409

.

Entrando poi nello specifico del fenomeno corruttivo del parlamentare,

richiamando gli studi di Mario Delle Piane, raccolti nel volume “Liberatismo e

parlamentarismo”410

Calamandrei definisce il fenomeno sostenendo che è “più

ristretto e più specifico di quello che genericamente si designa come

parlamentarismo, quando si adopra questa parola nel senso deteriore e

dispregiativo di decadenza politica del sistema parlamentare”.

Nello specificare le differenze tra un contesto politico diffusamente

corrotto, come il ventennio fascista, in cui il fenomeno criminale si combina

con le istanze politiche, in un sistema volto e retto sull’immobilismo culturale,

l’eliminazione della iniziativa socio-politica, e la cancellazione dello spirito

dialettico e la corruzione repubblicana, Calamandrei sottolinea la differenza

della corruzione del singolo rispetto alla corruzione dell’intero sistema,

409

Cit. op. cit. nota 23. 410

Città di Castello, 1946.

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inquadrandola, “come disonestà personale […] Qui si tratta delle scorrettezze

e degli abusi imputabili individualmente all’uomo politico, in quanto, investito

di un pubblico ufficio col dovere di esercitarlo nell’interesse pubblico, si

industria di conseguire per suo mezzo scopi di personale privato profitto

(“interesse privato in atti di ufficio” direbbe l’art. 324 del codice penale).

Questo del profitto personale è un elemento indispensabile per configurare

quella corruzione di cui l’opinione pubblica accusa gli uomini politici,

considerati appunto come profittatori”. Viene a distinguersi allora il c.d.

elettoralismo dal profittantismo. Il primo sottende la naturale propensione del

politico verso intrighi di palazzo, macchinazioni, accordi finalizzati alla

rielezione; il secondo risponde a logiche di esclusivo profitto personale.

Il profittantismo disonorevole si identifica a contenuto patrimoniale e

privato; le pratiche dell’elettoralismo vengono ritenute inseparabili da ogni

lotta politica e, quindi, condonate. Si rafforza l’idea tra le masse che è

impossibile accettare cariche politiche con proprio sacrificio personale,

unicamente spinti dal raggiungimento del bene comune e da un alto senso di

dovere civico. Se il soggetto ha accettato, vuol dire che qualche movente

personale lo ha spinto; e, purché il movente non sia quello di arricchirsi in

denaro, tutti gli altri moventi, come l’ambizione, vanità, faziosità, sono

considerati legittimi.411

Questa “malattia intermittente, che si riaffaccia soltanto alla vigilia

delle nuove elezioni” che “colpisce gli eleggibili, anzi i rieleggibili”, impone

di imparare a conoscere la “patologia, dunque, non [la] clinica: [le] malattie,

non [i] malati. Conoscere le malattie, e le occasioni di contagio, è soprattutto

utile ai sani”.

411

op. cit. nota 23.

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L’articolo volge al termine con una panoramica giusfilosofica sui

rimedi. Oltre l’azione legale, predominante deve essere la cura morale. Nell’

educazione politica, più che nella repressione giurisdizionale.

Alla fine, un elogio della libertà di poterne parlare, come primo

rimedio, in opposizione al brutale periodo fascista precedente, che dimostra

l’esistenza di una “garanzia che vi è il modo di risanarle: anch’esse, come

certe piaghe che si risanano colla cura elioterapica, guariscono col tenerle

esposte alla luce del sole.”

5. Tra diritto penale, diritto pubblico e diritto parlamentare

Nelle dinamiche di attribuzione del potere di rappresentanza espresso

con il voto, in virtù del combinato disposto degli artt. 1 e 48 Cost., deve

prestarsi particolare cautela nell’interpretazione dell’art. 67 Cost., per il quale i

singoli parlamentari rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato.

L’assenza del vincolo di mandato opera come espressione

dell’autonomia del singolo nel rappresentare le volontà dei propri elettori. I

singoli parlamentari non possono, quindi, considerarsi legati alle rispettive

circoscrizioni elettorali. Già Sieyès aveva precisato che “un deputato è eletto

immediatamente dal collegio elettorale, ma mediatamente dalla nazione, di cui

il collegio è espressione e che dal deputato stesso viene rappresentata”412

.

Non sono, dunque, rappresentanti di interessi territorialmente

circoscritti413

.

412

citato in CARRÉ DE MALBERG, Contribution à la Théorie générale de l'État, tome II, Parigi,

1920, cit., p. 223. 413

ESMEIN A., Éléments de droit constitutionnelfrancais et comparé, 1899., cit., 312; CARRÉ DE

MALBERG, op. ult. cit., II, 245; in particolare, per quanto concerne il nostro ordinamento, v.

SAVIGNANO, Il mandato imperativo, in Ann. Camerino, 1970, 308.

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L’art. 67 Cost., riconducendo ad unità gli atti con cui i singoli collegi

elettorali scelgono i parlamentari, fa delle elezioni un atto di volontà unitario

del popolo nella sua interezza414

. Lo stesso principio costituzionale della

segretezza del voto ex art. 48 Cost. (seppur implicitamente) privilegia

l’autonomia del rappresentante, rispetto alla dimensione del rapporto. Infatti,

la segretezza del voto non consente di riferire i voti espressi a singoli elettori,

né di valutare la relazione tra la volontà vera dell’elettore e quella dichiarata,

rendendo per ciò stesso estremamente problematica la definizione di un

rapporto tra eletti ed elettori415

.

Potrebbe quindi limitarsi la portata dell’art. 57 Cost., che altrimenti

indurrebbe a ritenere da un lato che i senatori siano rappresentanti delle

singole regioni presso il Governo centrale, e dall’altro, va chiarito che

ciascuna circoscrizione elettorale, cui pure l’art. 56 Cost. fa riferimento, “non

agisce in virtù di un diritto proprio e non compie in proprio nome un atto di

sovranità”, ma “elegge per la nazione intera”416

.

Il divieto di mandato imperativo, in relazione al concetto di obbligo

specifico, impone all’ordinamento di reagire con una sanzione nei confronti di

coloro che violino l’obbligo imposto dalla norma di non tenere, nell’esercizio

delle proprie funzioni, comportamenti vincolati ad accordi intercorsi con i

propri elettori417

. Similarmente alla regolamentazione dell’art. 2034 c.c.

relativo alle c.d. “obbligazioni naturali”, in cui non può essere chiesta la

ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri

414

Cfr. ESMEIN, op. ult. cit., 161 ss. 415

SOLAZZI G., Diritto elettorale politico, Torino-Roma, 1916, 104 416

ESMEIN, Éléments, p. 311. 417

SANDULLI A., Società pluralista e rinnovamento dello Stato, in Posizioni di diritto e posizioni di

fatto nell'esercizio del potere politico (Autori vari), in Quaderni di Iustitia, 1968, 121; ORLANDO

V. E., Del fondamento giuridico[1895] della rappresentanza politica, in Diritto pubblico generale,

Giuffrè, Milano, 1940, cit., 429.

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morali o sociali (anche se il creditore non avrebbe il diritto di chiedere

giudiziariamente l’adempimento, in caso di una mancata prestazione

volontaria del debitore), così il comportamento (“libero”) del parlamentare,

tenuto a seguito di accordi con l’elettorato non può essere sanzionato. E

l’elettore non avrebbe mezzi giuridici per costringere il parlamentare stesso al

rispetto degli accordi intercorsi.

Quando invece, ai sensi del divieto di mandato imperativo, si limiti ad

escludere la rilevanza giuridica dei mandati conferiti da elettori o gruppi di

elettori ai propri rappresentanti in Parlamento, si tratterebbe di riconoscere

l’inefficacia giuridica dei vincoli contenuti nel mandato conferito dagli

elettori.

Il principio ha trovato maggior riscontro nella seconda qualificazione;

tuttavia non mancano disposizioni la cui ratio è quella di prevedere specifiche

sanzioni per legami instaurati o che possano instaurarsi tra gruppi di interessi e

singoli parlamentari, come abbiamo visto supra con la ratio stessa delle norme

sulle c.d. incompatibilità418

.

L’opinione prevalente è oggi orientata nel considerare il parlamentare

libero di votare secondo indirizzi o suggerimenti che gli vengano dall’esterno,

tra cui comitati di elettori o partiti politici, ma è anche libero di sottrarsene419

.

Il sistema di autonomia ed indipendenza del parlamentare è

testimoniato da una serie di disposizione della Carta Costituzionale. In

particolare si pensi alla seconda parte del comma 2 dell’art. 64 Cost., che

418

Si potrebbe affermare che le norme sull'ineleggibilità tutelano la “genuinità” del voto degli elettori

(volendo impedire che il candidato si trovi, rispetto a questi ultimi, in certe posizioni, che possano

favorire la nascita di legami di sudditanza quanto meno psicologica), mentre le norme

sull'incompatibilità tutelerebbero la “genuinità” dei comportamenti degli eletti, volendo evitare che

questi ultimi si leghino a determinati organismi (DI CIOLO, Incompatibilità ed ineleggibilità

parlamentare, in Enciclopedia, XXI, 41 ss.) 419

Così C. cost. 7 marzo 1964, n. 14, in Giur. cost., 1964, 129 ss.

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consente alle Camere di riunirsi in seduta segreta e di sottrarsi, sganciandosi

dalla pubblicità dei lavori, al controllo dell’elettorato420

; nonché quella

dell’art. 61 ultimo comma Cost., che, introducendo per le Camere il principio

della prorogatio421

, ne accetta la configurazione come organo permanente e

rende indipendente la qualità di rappresentante del popolo dal fatto

elettorale422

.

L’art. 61 comma 2 cost. stabilisce che finché non sono riunite le nuove

Camere sono prorogati i poteri delle precedenti; “frammenti” di questo

principio sono contenuti negli stessi regolamenti parlamentari423

.

Il sistema elettorale italiano, allora, permette di conferire all’elettore la

possibilità di scegliere i propri rappresentanti, ma con una “regolamentazione”

simile ad un mandato fiduciario in bianco a decidere424

420

v. altresì art. 31 e 57 reg. Senato e art. 63 e 65 reg. Camera. 421

cfr. LA TORRE, Legislatura e sessione, in Studi sulla Costituzione, II, Milano, 1958, 493; ELIA,

La continuità nel funzionamento degli organi costituzionali, Milano, 1958, 61 ss.; BASSANINI,

Gli effetti della fine della legislatura sui procedimenti legislativi pendenti, in Riv. trim. dir. pubbl.,

1968, 721 ss. e 1186 ss.; TRAVERSA,Proroga e prorogatio, Roma, 1985, 38 ss. 422

v. anche art. 1 reg. Senato e art. 1 reg. Camera. 423

Art. 12 comma 3 (per il quale il Consiglio di Presidenza del Senato rimane in carica fino alla prima

riunione della nuova Assemblea); art. 52 comma 3 (per cui la convocazione in via straordinaria del

Senato può avvenire anche durante il periodo di proroga dei poteri dopo lo scioglimento); e art. 78

comma 1 (che prevede la possibilità di una convocazione immediata dell'Assemblea, in caso di

presentazione di disegni di legge di conversione di decreti-legge, anche qualora il Senato sia sciolto)

del regolamento del Senato. Per quanto concerne il regolamento della Camera, cfr. la disposizione, di

analogo contenuto a quella citata dell'art. 12 reg. Senato, di cui all'art. 12 comma 5. Anche l'art. 2

comma 3 del regolamento della commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei

servizi radiotelevisivi (emanato dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica

il 13 novembre 1975 e pubblicato in G.U. 17 novembre 1975, n. 803) stabilisce che la commissione

esercita i propri poteri sino alla riunione delle nuove Camere. Per dei casi in cui si è riunito un organo

parlamentare nella vecchia composizione, dopo lo svolgimento delle elezioni, cfr. la seduta della

commissione d'inchiesta sulla strage di Via Fani e sul terrorismo in Italia, tenutasi il 28 giugno 1983,

con l'evidente svolgimento di funzioni da parte di parlamentari non rieletti, ma ancora in carica fino

alla prima riunione delle nuove Camere, in Atti parl. Cam., Bollettino delle giunte e delle commissioni

parlamentari, 28 giugno 1983, 3; nonché le sedute del comitato parlamentare per i servizi di

informazione e sicurezza e per il segreto di Stato (in Atti parl. Sen., Resoconto delle giunte e delle

commissioni parlamentari, 30 giugno 1987, 2) e dell'Assemblea del Senato (in Atti parl. Sen., IX

legislatura, Resoconto stenografico del 18 e 23 giugno 1987). 424

A favore dell'adozione del sistema proporzionale, si è detto che questo ha il vantaggio di evitare

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6. Popolo, nazione e vincolo di mandato

Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione.

Di conseguenza i parlamentari si qualificano come rappresentanti del

popolo reale: è lo stesso art. 67, in apparente contraddizione con il seguito, a

voler innanzitutto specificare che a prescindere dalla continuazione del testo

dell’articolo, alla base del sistema italiano repubblicano parlamentare vi è un

legame di rappresentanza tra rappresentanti e rappresentati, tra popolo e

Parlamento425

. Se tutto questo viene letto insieme all’art. 60 Cost, che

stabilisce che le due Camere non possono durare in carica più di cinque anni e

che solo in caso di guerra esse possano essere prorogate, vediamo che dopo

l’atto di fiducia, dopo (salvo imprevisti) cinque anni, si richiede un atto

giudicante del corpo elettorale sull’intera attività posta in essere da ciascuna

Camera.

II legame fiduciario tra Camere e popolo elettore si riflette nel legame

tra l’Esecutivo e il Parlamento. La fiducia che i Parlamentari votano al

Governo si presenta “a immagine e somiglianza” di quella diretta verso il

popolo. In teoria, i rappresentanti, portatori di ideali politici che contengono

diverse concezioni della gestione amministrativa o l’orientamento delle

riforme legislative secondo una certa interpretazione della realtà economico-

sociale, valutano se è possibile dare fiducia ad un certo indirizzo politico

violente oscillazioni conseguenti ai mutamenti di maggioranza e di favorire il compromesso fra i

diversi punti di vista (in tal senso Muir, citato e criticato in LASKY, op. ult. cit., 48 ss.), onde la

tendenza delle Costituzioni dei Paesi, le cui società non siano omogenee, a prevederne

esplicitamente l'adozione (sul dibattito che ha preceduto in Spagna la costituzionalizzazione del

sistema elettorale proporzionale v. Ley electoral y consecuencias politicas (Autori vari), Madrid,

1977; DE CARRERAS e VALLES, Las elecciones, Barcellona, 1977). Sul tentativo di trovare

nella nostra Costituzione la esplicita garanzia dell'adozione del sistema elettorale proporzionale, si

rinvia a MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento. (funzioni), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, 765. 425

CRISAFULLI V- NOCILLA D., voce Nazione, in Enc. dir. 27, Milano, 1977 cit., 811 ss.

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governativo, di solito espresso nel programma dell’esecutivo. In definitiva, in

ragione delle disposizioni prese in analisi, pur riconoscendo la nostra

Costituzione che la sovranità appartiene al popolo, i veri rappresentanti in

Italia sono i partiti politici426

.

Addirittura, secondo alcuni, il partito sarebbe il solo strumento a

disposizione del cittadino per esercitare la sovranità427

. Tesi letteralmente

estrema e fallibile, in quanto lo stesso art. 49 cost. ha individuato nei singoli

cittadini (e non nei partiti) i titolari del diritto di concorrere (attraverso i

partiti) alla determinazione della politica nazionale428

, ma che stimola

riflessioni.

Questa concezione viene spesso rafforzata dall’introduzione di sistemi

elettorali proporzionali, cercando in queste riforme di rivitalizzare gli stessi

partiti429

. Quello che è certo, è che non si può scindere una legge elettorale

proporzionale da un’efficiente regolamentazione dei partiti politici secondo i

relativi principi costituzionali.

Dai programmi politici, alla base del condizionamento elettorale, i

partiti estrapolano soltanto le fondamentali disposizioni, in questo modo

differenziando l’agire reale dal programma430

. Interpreti di quell’interesse

generale del popolo in senso unitario, i partiti, ai sensi dell’art. 49 Cost.,

mutano e continuamente interpretano, in base anche agli avversari del

momento, quelle disposizioni che possano determinare la “politica nazionale”,

426

ELIA L., Governo (forme di), in Enciclopedia, XIX., Giuffrè, Milano, 1970, 636;; ESPOSITO C., I

partiti nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 1954., cit., 230. 427

BASSO L., Il partito nell'ordinamento democratico moderno, in Indagine sul partito politico. La

regolazione legislativa (ISLE), I, Milano, 1966, 18 ss. 428

GAMBINO, Sovranità popolare e rappresentanza politica, in Politica del diritto, 1983, II, 307 ss. 429

Cfr. KELSEN, La democrazia, Bologna, 1982, 82; MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento.

(funzioni), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p 760 430

CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in St. urb., 1939, 102 ss.

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“il crogiuolo dei possibili indirizzi politici”431

. A queste seguono altre

disposizioni, che sganciano la volontà che si forma all’interno dei partiti dalla

effettiva volontà degli elettori.

Abbiamo bisogno di norme che si fondino sull’idea che i partiti non

debbano mai essere costretti a legarsi a gruppi economici e di interessi per

assicurare a se stessi adeguati mezzi di sostentamento.

Un altro gruppo di norme va in definitiva ricondotto alla legislazione

ordinaria che dovrebbe sottrarre al corpo elettorale la decisione sull’indirizzo

politico e sul governo, per trasferire il relativo potere di decisione ai

parlamentari, in altri termini ai gruppi ed ai partiti in forma eletta.

Quindi, gli stessi art. 56 e 58 Cost., lo stesso concetto di suffragio

universale relativo a Camera e Senato, assodato che non equivale al

riconoscimento del diritto di voto a tutti i cittadini (lo stesso art. 48 comma 3

cost. prevede che la legge elettorale possa limitare il diritto di voto per

incapacità civile, per effetto di sentenza penale irrevocabile e per indegnità;

mentre gli stessi art. 48 comma 1 e 58 comma 1 cost. derivano ulteriori limiti

dall’età), potrebbe essere interpretato come funzionale al privilegio della

rappresentatività dei partiti-rappresentanti, rispetto al rapporto diretto tra

singolo eletto ed elettori, che più facilmente invece potrebbe instaurarsi in un

sistema a suffragio ristretto: l’universalità del suffragio renderebbe

indispensabile la presenza dei partiti nei circuiti rappresentativi432

.

Al fine di evitare derive estreme di totale recisione del rapporto con gli

elettori, in quanto rappresentanti di tutto il popolo, intervengono le

disposizioni dell’ordinamento generale, come l’iniziativa legislativa popolare

431

CHELI E., Atto politico e funzione di indirizzo politico, Milano, 1961, cit. p. 175. 432

Cfr. CARRÉ DE MALBERG, Contribution, cit., II, 439

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e la petizione, previsti in Costituzione, o anche i regolamenti parlamentari

quando disciplinano la possibilità di svolgere indagini conoscitive433

, di

richiedere pareri, studi o indagini al Consiglio nazionale della economia e del

lavoro (CNEL), in quanto organo rappresentativo degli interessi economici434

o ad altri organismi, che garantiscono adeguata autonomia ai singoli

parlamentari rispetto ai partiti nelle cui liste sono eletti.

Nel risvolto “elettorale” della attuale crisi politica della rappresentanza,

si sono susseguiti elogi “divini” del maggioritario, fino a volontà politica di

superamento dello stesso, che ha portato alla nascita di sistemi ibridi, spesso

cause primarie dell’ingovernabilità, guardando direttamente alla legge

elettorale invece che, ad esempio, prima alla regolamentazione dei partiti.

Dobbiamo infatti analizzare il c.d premio di maggioranza con il fenomeno

della mobilità parlamentare435

: cioè con l’opinione, largamente diffusa anche

negli ambienti politici, della dottrina dello Stato Liberale contrapposta al

principio di sovranità popolare, che la libertà del parlamentare, di iscriversi a

un gruppo all’inizio della legislatura e di abbandonarlo ogni volta che ne abbia

l’interesse, è assoluta in quanto costituzionalmente garantita dall’art. 67 Cost.

Ma questa lettura imporrebbe la collocazione dell’art. 67 nella prima

parte della Carta Costituzionale, dove invece troviamo espressamente il

concetto di sovranità, che appartiene al Popolo, all’insieme di cittadini dello

Stato: la Nazione diventa entità storico-culturale, comprensiva di

maggioranze, minoranze, che dal popolo agente si plasma. Il principio della

assoluta libertà del parlamentare, che costituiva principio fondamentale di

433

art. 48 reg. Senato e 144 reg. Camera 434

art. 49 reg. Senato e 146, 147 comma 2 reg. Camera

435

Cfr. A. MANNINO, L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato

imperativo. Democrazia e diritto 2009,3/4 p.311-364.

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rappresentanza dello Stato liberale, non può trovare più applicazione in uno

Stato democratico.

Infatti, ogni candidato al Parlamento deve uniformarsi alla disciplina

interna del funzionamento della propria Camera, al programma elaborato dallo

stesso partito e dalla coalizione, che poi verrà approvato dal corpo elettorale.

Poiché l’elezione è finalizzata all’attuazione della volontà popolare, che

dovrebbe imporre una programmatica ideologica al partito e alla coalizione nel

cui ambito i candidati sono stati eletti, si può pacificamente desumere che il

parlamentare non è libero, ma giuridicamente subordinato al partito e al suo

programma. Questa conclusione è poi rafforzata dalle disposizioni

costituzionali degli artt. 72 e 82 attuate dai rispettivi regolamenti, che rendono

obbligatoria l’iscrizione dei parlamentari a un gruppo che vincola gli iscritti

all’osservanza delle delibere adottate in coerenza di quel canale di

partecipazione democratica dei cittadini all’attività politica dello Stato.

Alla luce di queste considerazioni, possiamo ora leggere

completamente l’art. 67 Cost., per renderlo conforme al sistema costituzionale.

Viene ribadita la subordinazione dei parlamentari alla volontà del popolo,

rappresentando la nazione, oggi non più un’entità astratta, ma l’insieme dei

cittadini viventi, a cui appartiene la sovranità. Al Popolo, concetto statico,

appartiene la sovranità. In virtù di questo assunto, alla Nazione, concetto che

oggi si qualifica come dinamico, entità storico-culturale, spetta di essere

rappresentata da parte del Parlamento.

Il parlamentare rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza

vincolo di mandato. Si rafforza, con il vincolo di mandato, la rappresentanza

della Nazione, declinazione del concetto di sovranità popolare. Questo divieto

può essere coerente solo se inteso: non nei confronti dei partiti e dei gruppi,

interpretazione che comprometterebbe tutto il meccanismo di partecipazione

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democratica, ma di qualunque altro soggetto esterno ad essi, portatore di ogni

tipologia di interesse, fosse anche un elettore. Il temperamento della

soggezione del parlamentare al partito e al gruppo è attuato dalla stessa

Costituzione. Lo vediamo all’art. 64 , nel richiamo alle norme relative alle

modalità di voto, che se da un lato stabiliscono il principio generale della

pubblicità, quindi del controllo del gruppo, dall’altro riaffermano le esigenze

della libertà quando impongono lo scrutinio segreto, ad esempio per le

votazioni su singole persone, o lo consentono su richiesta del prescritto

numero di parlamentari, come per le votazioni su materie attinenti a diritti di

libertà. Lo stesso articolo subordina la validità delle deliberazioni di ciascuna

camera al solo requisito numerico (la maggioranza dei voti). Nessuno può farsi

portavoce di altri membri della coalizione o del partito: la validità è

indipendente da una qualsiasi valutazione in ordine alla corrispondenza di

ciascun voto alle direttive dei rispettivi gruppi parlamentari.

L’equilibrio parlamentare dal quale dipendono crisi di governo, risiede

nello specifico bilanciamento dei valori contrapposti della soggezione (artt. 72

e 82 Cost.) e della libertà (art. 64 Cost.).

Attualmente, infatti, il problema risiede soprattutto nelle disposizioni

dei regolamenti di entrambe le Camere, che concedono agli eletti la massima

libertà di scegliere il gruppo all’inizio della legislatura (senza rispettare il

vincolo derivante dal collegamento con il partito) o di trasferirsi, anche più

volte, ad un altro gruppo nel corso della stessa.

Ed infatti, nelle ultime legislature è stato confermato che governi che si

erano formati in base alla manifestazione di volontà degli elettori, hanno

mantenuto la loro tenuta politica e la fiducia parlamentare o sono crollati

grazie ad altre maggioranze, con l’apporto decisivo di parlamentari eletti nello

schieramento opposto. La sovranità delle Camere si è imposta in forma

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dittatoriale come una cupa deriva, rinnegando la volontà popolare, svilendo la

visione democratica, trovando forza nella difesa della concezione liberale. La

crisi ideologica che segue è scontata: il popolo non crede più negli

schieramenti.

La prima azione di lotta alla corruzione del parlamentare è un

restoration/enforcement del contesto, restituire la sovranità al popolo, tramite

il superamento di norme che consentono tali meccanismi di incontrollata

mobilità.

Il “divieto di mandato imperativo” necessita di un ridimensionamento

nel senso che non lo si può certamente leggere in termini di autorizzazione

all’arbitrio o all’abuso, ma solo quale garanzia della indipendenza del

parlamentare e nell’ottica dell’ottimale svolgimento del suo compito

istituzionale di rappresentanza. Basti pensare che le conseguenze della norma

costituzionale sono differenti, infatti, se si parla di disciplina sulla

conformazione del rapporto rappresentativo tra elettori e partiti da una parte, e

tra elettori ed eletti dall’altra, a seconda se abbiano forma di mandati o

istruzioni di natura in senso lato privata, o si pongano come norme di carattere

generale, con una regolamentazione di tipo pubblicistico della materia. Solo

nel primo caso i singoli, le associazioni di elettori, di fatto caratterizzano e

caratterizzeranno il rapporto rappresentativo, anche se non potrebbero però

pretendere che tale caratterizzazione sia sostenuta da garanzie giuridiche.

L’osservanza di patti e accordi sarebbe rimessa alla coscienza del

singolo parlamentare, il quale è libero di votare, se vuole, secondo gli indirizzi

del suo partito, di osservare gli accordi o i patti con i suoi elettori, ma è anche

libero di sottrarsene senza alcuna conseguenza giuridica436

.

436

Così è stato deciso affermato dalla Corte costituzionale. sent. n. 14 del 1964.

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Al contrario, in disposizioni di carattere pubblicistico, non sarebbe

possibile una influenza di fatto.

È proprio ponendosi contro questa incostituzionalità automatica,

incostituzionalità che vuole vietare a priori ogni regolamentazione

pubblicistica del divieto di mandato, che si permetterebbe un reale attuazione

costituzionale del divieto. In questo modo si penalizza a priori la

regolamentazione pubblica, ma si dà spazio, invece, di fatto,in maniera

incontrollata, a privati accordi: una legge, una norma di regolamento

parlamentare, non equivalgano a priori al mandato di cui all’art. 67 Cost.

Introducendo un limite alla libertà di movimento politico del

parlamentare, si rafforzerebbe l’idea secondo cui il rapporto rappresentativo è

un rapporto di tipo pubblico-politico.

Questa interpretazione permetterebbe un continuo rimodernamento

della classe dirigente nel rispetto della sovranità popolare, contro la

privatizzazione del rapporto di rappresentanza politica, per evitare la sovranità

delle Camere in base al costume, o al malcostume, della classe politico

parlamentare in azione437

.

Il limite di questa linea è scontato. L’importante è che eventuali riforme

in questa direzione non conducano “a irrigidimenti fuori luogo delle

dinamiche politico-parlamentari. Così, ad esempio, trattando del fenomeno del

trasformismo parlamentare, spesso si ragiona, giornalisticamente, di un

‘tradimento’ imputabile al transfuga. Ma chi conosce la complessità della vita

politica sa che bisogna sempre domandarsi chi sia il «traditore». Spesso è

dubbio se sia stato il parlamentare a «tradire» il programma elettorale, o se

invece il «tradimento» sia stato perpetrato dal gruppo parlamentare: nel qual

437

Cfr. M. RICCI, La corruzione del parlamentare, Tesi di Dottorato anno accademico 2014-2015

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caso il dissenso o la ribellione del singolo sarebbero testimonianza di fedeltà

alle «promesse» fatte al corpo elettorale”438

.

7. Immunità

Le immunità rappresentano una forma di ius singulare che si pone in

netta opposizione al principio di uguaglianza per ragioni pubblicistiche e

internazionalistiche tali da sviluppare quello che in passato veniva visto a tutti

gli effetti come un ingiusto privilegio.

In particolare, le immunità penali si collocano pienamente in quella

terra di nessuno tra diritto penale e diritto pubblico ed internazionale.439

Le classificazioni tipicamente manualistiche tendono a suddividere le

immunità in varie partizioni: la premessa necessaria per approfondire questo

istituto è costituita dalla negazione della natura giuridica unitaria delle

immunità. In questa sede è necessario concentrarsi sulla partizione di diritto

sostanziale e processuale, dove nelle prime si inibisce la sanzione, nelle

seconde si inibisce il processo il quale, venuta meno la qualifica protetta

dall’immunità dell’imputato, di solito, prosegue il suo corso; sulla partizione

tra immunità funzionali e immunità extrafunzionali, dove le prime investono

solo gli atti commessi nell’esercizio della funzione, le seconde si estendono a

tutti i fatti penalmente rilevanti posti in essere440

.

La nostra attenzione si concentrerà sulle cc..dd. immunità sostanziali di

diritto pubblico interno, aventi natura funzionale, e relative alla responsabilità

438

N. ZANON, L’abuso della mobilità parlamentare: ripensare il divieto del mandato imperativo.

Democrazia e diritto 2009,3/4 p.311-364. 439

A. PAGLIARO, L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980.

440

Cfr. MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, I, III ed., Milano, 2001, p. 345 ss.

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penale, finalizzate a sancire la non sindacabilità di atti o dichiarazioni

effettuate nell’esercizio delle proprie funzioni.

Generalmente 441

si tende ad inquadrare le immunità nello schema delle

cause di non punibilità che incidono come motivi di esenzione sull’attività

giurisdizionale442

.

Altra tesi le definisce una deroga al principio di obbligatorietà

dell’azione penale443

.

Le immunità, infatti, in taluni casi inciderebbero sul momento

sanzionatorio penale, come limite tendente a paralizzare l’attività punitiva

dello Stato in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, quindi

come cause di non punibilità in senso stretto, mentre altre inciderebbero sul

momento precettivo, in particolare sull’antigiuridicità, come vere e proprie

cause di giustificazione.444

Come è stato però ricordato, una prima obiezione alla riconducibilità

delle immunità nelle cause di giustificazione riguardava la prevalenza in

astratto della immunità stessa, delineata “semplicemente” dal legislatore, e

non di una valutazione demandata al giudice caso per caso, come avviene

appunto per le cause di giustificazione. Questa obiezione, però, potrebbe

essere smentita dall’evoluzione giurisprudenziale che ha fatto seguito in questi

anni, calando la valutazione del giudice nel bilanciamento da effettuarsi di

volta in volta in relazione al caso concreto445

.

441

MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976, pag. 751-789. 442

LEONE G., L’imputabilità nella teoria del reato, in Riv. it. Dir. pen. 1937, 391. 443

MAGGIORE, Diritto penale, Bologna,1949, I, 140. 444

Cfr. A. GULLO, Le immunità come limite alla tutela penale?, in Rivista italiana diritto e

procedura penale, 2007, pp.178 ss. 445

Ivi, p. 180.

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Alla “esenzione dell’attività giurisdizionale” bisogna però dare un

ruolo parziale, dovuto in ragione dell’inspiegabilità del fatto che una volta

cessata la carica, i politici non possano essere chiamati a rispondere delle

proprie opinioni. Allo stesso modo, nella “deroga al principio di obbligatorietà

dell’azione penale” si palesa una sostanziale vacuità del principio di esenzione

che sarebbe soltanto parziale, in quanto il parlamentare sarebbe comunque

soggetto ad indagini sulla propria condotta, al fine di verificare se il suo

comportamento integri il reato oppure no446

.

Nel caso della sua collocazione nell’operatività da parte dello Stato del

potere punitivo postumo all’accertamento del reato, secondo la dottrina

maggioritaria447

, una volta constatata la presenza di una causa di esclusione

della pena, quale l’immunità, non si applicherà la sanzione, elemento rivolto ai

Giudici e l’autore andrà esente da sanzione penale, anche se il precetto è

qualificato. Questo presuppone una scindibilità materiale tra precetto e

sanzione.

Per altri Autori l’immunità andrebbe intesa come causa di esclusione

della capacità giuridica penale, retrocedendo verso un momento certamente

antecedente rispetto a quello della causa di esclusione della punibilità,

parlandosi addirittura di incapacità assoluta, qualora l’immunità sia totale448

.

Anche in dottrina allora, in capo al Parlamentare, qualcuno può

intravedere un privilegio449

, qualcun altro un diritto pubblico irrinunciabile,

ma sempre in relazione alla funzione da rispettare450

.

446

G. CONSO, voce Capacità processuale penale, in Encicl. Dir. 1960, Milano, VI, 113. 447

F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, 1969. 448

GALLO M., voce Capacità penale, in Noviss. Dig. It. 1968. 449

BEYER, Immunitat als Privileg, 1966. 450

VON MANGOLDT-KLEIN, Das bonner Grudngesetz, II 1964, p. 969.

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In generale, la macroarea che sembra accomunare la dottrina è quella

del godimento di un diritto soggettivo costituzionale del parlamentare nei

confronti dello Stato451

.

Questo diritto pubblico parlamentare sarebbe quindi riconosciuto

sempre e solo nell’ottica dell’esercizio delle funzioni. Il fondamento di questo

“potere” conferito dalla norma è nel “dovere” della salvaguardia del pubblico

interesse, nel dovere del pubblico funzionario di realizzare l’atto

esclusivamente nella convinzione che esprima la volontà dell’istituzione, in

questo caso, la più “libera” di tutte, il Parlamento452

.

Parte della dottrina ha sostenuto che la concessione di una immunità

sostanziale risolve sempre un conflitto di interessi, in relazione al quale

l’ordinamento sceglie di dichiarare prevalente l’interesse relativo alla funzione

che il soggetto impersona. In questi casi,l’immunità si qualifica come causa di

giustificazione, non come manifestazione di un pensiero generale, ma

collegato alla funzione453

, con la motivazione della dichiarata prevalenza di un

interesse rispetto ad altro, col primo confliggente454

. L’immunità diventa causa

di giustificazione, prerogativa parlamentare che impedisce l’insorgere

dell’antigiuridicità455

.

Secondo illustre Critica, però, si ritene che vada “respinta la tesi delle

cause di giustificazione: nelle premesse e nelle conclusioni. Le scriminanti,

quali appunto l’esercizio del diritto e l’adempimento del dovere, si fondano su

un giudizio positivo del fatto commesso, perché utile o necessario e perciò

451

HAMANN J.G., Das Grundgesetz fur, D.B.R. 1961, p. 243. 452

CARNELUTTI R., Teoria generale del diritto, 1940, Roma, p. 241. 453

PAGLIARO, in op. cit, 221, 454

PAGLIARO A. , L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980, p.

634. 455

PAGLIARO A . L’immunità penale dei consiglieri regionali, in Riv. it. Dir e proc. pen. 1980, pag.

637.

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giuridicamente autorizzato od imposto. Non è invece né utile, né necessario

per un corretto esercizio delle loro funzioni che il Capo dello Stato ed i

parlamentari violino la legge penale e nessuna legge li obbliga o autorizza a

tenere siffatto comportamento”456

.

Ancora, criticamente si pone Vassalli. Premettendo che la possibilità di

includere nell’operato della non punibilità voti espressi nell’esercizio delle

funzioni non è priva di limiti, l’Autore mette comunque in luce l’eventualità,

ad esempio, del riferimento all’art. 51 c.p., che porterebbe fuori dal disposto

costituzionale, garantendo “il parlamentare con una immunità personale

destinata a coprire fatti che anche a mente della Costituzione non potrebbero

essere qualificati come leciti. In altri termini l’art. 68 comma 1 conferma la

liceità di taluni contegni e ne manda non punibili altri che a quelli si

ricollegano rappresentandone una proiezione più vasta”457

.

Secondo questa logica, laddove in un atto parlamentare sia

riscontrabile, ad esempio, il solo scopo diffamatorio, non si tratterebbe più di

un atto posto in essere nell’esercizio delle proprie funzioni ma di un mero

abuso della funzione, non giustificabile.

Nella attuale regolamentazione che discende dall’art. 68 Cost., si

ricordano due leggi fondamentali che ne hanno caratterizzato l’evoluzione

normativa. Con la legge costituzionale n. 3 del 1993, sempre a seguito del

problema politico Tangentopoli che invase tutto il sistema dei partiti, si abolì

l’istituto dell’autorizzazione a procedere. Salvo insindacabilità, i parlamentari

possono oggi essere liberamente sottoposti a processo penale ed anche tratti in

arresto in esecuzione di una sentenza di condanna definitiva, senza che alcuna

456

MANTOVANI F., Diritto penale, Cedam, 2009. cit., p. 735. 457

VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri

del Parlamento, in Giust. Pen., 1973, pag. 209. V. nota 11.

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autorizzazione debba essere domandata o concessa. La necessità

dell'autorizzazione sorge solo laddove il membro del Parlamento debba essere

oggetto di perquisizione, intercettazione, o limitazione della libertà personale

in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare. La legge ha poi sostituito

anche l’espressione dell’art. 68 Cost. “non possono essere perseguiti” con

quella più ampia “non possono essere chiamati a rispondere”. Da allora è

cominciato il travaglio normativo che ha portato alla legge ordinaria n. 140 del

2003, che ha delineato lo schema processuale di accertamento dell’immunità.

L’irresponsabilità di cui all’art. 68 comma 1 Cost. si applica “in ogni caso per

lapresentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del

giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli

interventi nelle Assemblee enegli altri organi delle Camere, per qualsiasi

espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per

ogni attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica,

connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento”.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale, insieme alla

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha concorso a

definire i possibili limiti di effettiva vigenza dell’immunità.

Lo schema procedurale che ha retto fino alle modifiche normative del

2003 è sostanzialmente quello delineato dalla sentenza n. 1150 del 1988: la

Corte pur affermando che spetta alla Camera di appartenenza deliberare

l’insindacabilità, facoltizza tuttavia il giudice ordinario dinanzi al quale sia

pendente un processo al quale giunge la delibera della Camera, a sollevare

conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale. Con la sentenza n.

289 del 1998 si annulla per la prima volta una delibera di insindacabilità della

Camera. Si impone come oggetto di verifica la sussistenza o l’insussistenza di

un legame funzionale tra gli atti e le affermazioni rese dal parlamentare e

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l’esercizio delle proprie funzioni: questo impone alla Corte una verifica anche

nel merito dell’esistenza del nesso.

Questa sentenza anticipa in qualche modo quella che viene definita

dalla maggior parte della dottrina come la svolta interpretativa della Corte458

:

le sentenze nn. 10 e 11 del 2000. La Corte “non può verificare la correttezza,

sul piano costituzionale, di una pronuncia di insindacabilità senza verificare

se, nella specie, l’insindacabilità sussista”. In particolare, viene precisato un

inciso che verà ripreso in molte altre pronunce successive: il nesso funzionale

tra dichiarazione e attività parlamentare deve essere inteso non “come

semplice collegamento di argomento o di contesto fra attività parlamentare e

dichiarazione, ma come identificabilità della dichiarazione stessa quale

espressione di attività parlamentare”. Bisogna riscontrare “una identità

sostanziale di contenuto tra l’opinione espressa in sede parlamentare e quella

manifestata nella sede ‘esterna’”.

In seguito all’entrata in vigore della legge 140/2003 al fine di bilanciare

la portata dell’art. 68 comma 1 Cost., in particolare in relazione agli artt. 3 e

24 Cost., con la sentenza n. 120 del 2004 la Corte puntualizza

“semplicemente” una avvenuta codificazione del nesso funzionale, concetto

già cristallizzatosi nella giurisprudenza. Ma si spinge oltre, postulando una

sorta di necessità di compiere di volta in volta un giudizio di bilanciamento

degli interessi contrapposti, in quanto è da ritenersi “vana la pretesa di

cristallizzare una regola di composizione del conflitto tra principi

costituzionali che assumono configurazioni di volta in volta diverse e

458

A. PACE, L’art. 68 comma 1 Cost. e la ‘svolta’ interpretativa della Corte Costituzionale nelle

sentenzenn. 10 e 11 del 2000, in Giur. Cost., 2000, pp. 85 ss.

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richiedono soluzioni non riconducibili nei rigidi limiti di uno schema

preliminare di giudizio”.

Con l’ingresso della figura di un nuovo soggetto giurisdizionale, la

Corte europea dei diritti dell’uomo, il sistema “processuale” si articola quindi

tra quattro attori:

1) il giudice ordinario, che qualora ritenga sussistente l’immunità, su

eccezione di parte o d’ufficio, può definire il giudizio; in caso non ritenga di

condividere la valutazione della Camera, potrà sollevare conflitto di

attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale.

2) la Camera di appartenenza del parlamentare, che può esprimersi

direttamenteo in seguito ad ordinanza del giudice ordinario che attivi la

pregiudiziale parlamentare di cui all’art. 3 l. 140 del 2003;

3) la Corte Costituzionale;

4) la Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale può intervenire a

sindacare la decisione del giudice ordinario di non sollevare conflitto di

attribuzione, ovvero a sindacare, come una sorta di giudice di ultima istanza,

l’operato della stessa Corte Costituzionale in sede di conflitto di

attribuzione.459

Il parlamentare sarebbe titolare di una sorta di “potere di critica

qualificato”, quale concreta situazione oggetto di riconoscimento espresso,”e

non [di] una eccezionale esenzione della giurisdizione penale, ovvero [di] una

causa di esclusione della pena.”460

459

A. GULLO, Le immunità come limite alla tutela penale, p. 196. 460

MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976, cit, pag. 767.

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7.1 Segue: la c.d. insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti dati

nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e la corruzione

Secondo l’art. 51 dello Statuto Albertino, “i senatori e i deputati non

sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle

Camere”. L’interpretazione dominante, secondo un criterio “spaziale” (nelle

Camere) voleva una assoluta irresponsabilità, penale, civile e disciplinare.

L’ampia disposizione dello Statuto Albertino, che non consentiva di

richiamare alcun nesso funzionale tra l’esercizio della funzione e l’opinione o

il voto espressi, evidenzia una delle maggiori differenze con la Carta

Costituzionale, dove il richiamo al nesso è garantito e sancito, circoscrivendosi

l’operatività della disposizione all’esercizio delle funzioni parlamentari.

La prima formulazione ufficiale emanata fu: “i membri del Parlamento

non possono essere perseguiti per le opinioni espresse ed i voti dati

nell’esercizio delle funzioni”. Questa formula risulta diversa da quella

prospettata dalla Commissione dei 75 in prima istanza che prevedeva che i

membri “non possono essere chiamati a rispondere”. La versione dei 75 venne

reintrodotta con la L. cost. 29 ottobre 1993, n. 3.

L’introduzione del nesso funzionale, assente nello Statuto Albertino,

era fondamentale per sviluppare una concezione di immunità parlamentare

non come istituto dello jus singulare lesivo dell’art. 3 Cost.461

, ma come

istituto atto a garantire autonomia e indipendenza al parlamentare.

461

PARRELLA, PERLINGIERI, in Commento alla Costituzione italiana, art 68, ESI, 2001, pag 437

e ss.,

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La precedente esperienza costituzionale tutelava il parlamentare per i

voti e le opinione espresse “nelle Camere”. L’immunità è ora riferita al più

generico esercizio delle “funzioni”462

.

Ancora oggi, però, non vi è orientamento consolidato sulle immunità e

la loro estensione.

Sulla scia di Mortati, bisogna tendere all’armonia interpretativa con la

Carta: se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge tanto più lo saranno i

parlamentari, e l’insindacabilità dei loro atti interesserà solo quelli

strettamente connessi con la funzione pubblica parlamentare. Altre posizioni

tendono comunque ad estenderlo “fuori” dal Parlamento.

La posizione della giurisprudenza della Corte Costituzionale si pone in

equilibrio, consentendo di rivendicare l’immunità parlamentare in presenza di

tre presupposti:

- che la prerogativa dell’art. 68, comma I Cost., non ricopra tutte le opinioni

espresse dal parlamentare;

- che la necessità dell’esistenza di un nesso funzionale tra le opinioni espresse

e l’atto esterno sia giustificata da un nesso anche temporale;

- che contestualmente si dimostri che l’attività esterna altro non è se non il

continuum dell’attività politica.463

In questa sede interessa fissare un presupposto fondamentale: che

l’attività del parlamentare, come ogni attività discrezionale di un p.u., è

caratterizzata da una condotta complessa, composta da un momento

rappresentativo/volitivo e da una fase deliberativa, nell'atto, nel voto e

462

M. AMISANO TESI. Le tipologie della corruzione. Ed. Giappichelli, Torino, 2012, pag. 209

463

In Giur. cost., 2006, pag. 3895, con nota di V. GIOFFRE’, Insindacabilità dei parlamentari e fonti

richiamate in atti tipici tra dubbi e questioni aperte, pag. 3912. Cfr. sentenza Corte Cost. 14

novembre 2006, n. 371.

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nell’opinione. E’ evidente però che, nel caso di corruzione del Parlamentare, il

momento di maggior risalto risiede proprio nel comportamento che sta a

monte dell’esercizio della funzione, e la norma di cui all’art. 68 fa riferimento

al momento finale delle “opinioni espresse” e dei “voti dati”.

Secondo illustrie opinione464

non sussiste, in merito a quanto accennato,

alcuna difficoltà nel ritenere configurabile, a carico di un Parlamentare, il

reato di corruzione, e nella forma della corruzione propria. La corruzione è

infatti un reato plurisoggettivo a concorso necessario, pertanto da un lato

avremmo il pubblico ufficiale corrotto, e dall’altro il corruttore che può essere

qualunque soggetto. Il parlamentare è un pubblico ufficiale465

.

L’elemento materiale del reato, la dazione o la promessa di denaro o

altra utilità per compiere un atto contrario ai doveri del proprio ufficio, viola il

dettato dell’articolo “prodromico” all’art. 68, l’art. 67 Cost., che impone al

Parlamentare di agire libero da ogni condizionamento soggettivo, seguendo

esclusivamente la proprio opinione o voto in base alla sua concezione politica

e al suo intimo convincimento.

In questi casi, la condotta del Parlamentare non può rientrare nella

“bolla” dell’art. 68 Cost., perché la condotta criminale non si identificherebbe

con l’espressione del voto, bensì con la condotta antecedente all’espressione

del voto, quella condotta di ricezione, accettazione, promessa di denaro o

utilità che caratterizza il successivo atto-prodotto della volontà viziata. Questo

464

NUNZIATA M., Corruzione di parlamentare per voto legislativo e sorte dell’atto normativo

approvato in conseguenza. Il Consiglio di Stato , 44 (1993), n. 12, pt. 2, p. 2323-2326. 465

SEVERINO DI BENEDETTO, Commento ex art. 17 L. 26 aprile 1990, n. 86, in Legisl. Pen. 1990,

pag. 334; ZITO A., Il concetto penalistico di Pubblica amministrazione, Le qualifiche. Le qualifiche

soggettive: pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio, in Mondo giud. 1992, pag. 110; 112.

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275

ragionamento è in armonia con la ratio della norma che tutela il bene giuridico

della libera formazione della volontà del potere legislativo466

.

Dato che illecito è stato il suo iter formativo, in violazione dell’art. 67

Cost., ciò si riverberebbe sul processo di formazione della legge, risultando

quindi afflitta da un vizio formale e incidendo sull’esistenza dell’atto inficiato

dal pactum sceleris.

La volontà del Parlamentare non si è liberamente formata, e quindi

l’atto è costituzionalmente illegittimo467

, in quanto (penalmente) illecito.

Possono, certamente, verificarsi nella prassi ipotesi di scissione della

volontà del politico, tra quanto voluto e quanto votato. Ma resterà il dato che è

proprio la corruzione ad incidere sulla volontà del Parlamentare, il quale una

volta accertato il mercimonio, è evidente che non sarà più libero di

manifestare il proprio pensiero.

Pertanto, se si desse corso al giudizio di legittimità costituzionale

dell’atto prodotto, non potrebbe che parlarsi di annullamento dello stesso

come epilogo di una vera sanzione, che incide sull’atto, ma anche sul controllo

dell’operato di persone fisiche, qualora intervenga una sentenza di condanna

in via definitiva468

.

Questo in quanto l’art. 67 Cost. è da intendersi come norma

immediatamente precettiva.

L’art. 67 Cost. ha una duplice valenza: da un lato è diritto e garanzia del

parlamentare, dall’altro un dovere. Se violato, va sanzionato il politico e con

466

Cfr. GROSSO, Il delitto di corruzione tra realtà interpretative e prospettive di riforma, in STILE,

Riforma dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, Napoli, Jovene, 1987. 467

cfr. VASSALLI G., Punti interrogativi sulla estensibilità della irresponsabilità dei membri del

Parlamento, in Giust. Pen., 1973, c.196 ss; ZAGREBELSKY G., Le immunità parlamentari, Torino,

Einaudi, 1979; NUSSBAUM, L’immunità parlamentare. Interrogativi e incertezze, in Nuovo dir.,

Roma, 1977, pag. 106. 468

VENTURA, Le sanzioni costituzionali, Milano, Giuffrè, 1981, pag. 61.

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esso il frutto di tale condotta, un atto, una decisione, una legge, che altrimenti

si riverserà nel mondo reale, e a cui seguiranno conseguenze economiche,

sociologiche, educative, politiche, nella società.

Questa concezione della dottrina sulla pronuncia di illegittimità

costituzionale, che presumibilmente colpirà l’atto oggetto del pactum,

introduce il tema della c.d. prova di resistenza: la questione circa il peso

materiale che il voto del Parlamentare corrotto abbia avuto in termini di

approvazione del provvedimento. Si ritiene che “non può accettarsi che un

parlamentare riceva istruzioni od ordini da alcuno, ma tale sarebbe il risultato

ultimo se si ammettesse che l’atto legislativo approvato in dipendenza di un

accordo illecito permanesse valido ed efficace”469

.

E’ stato precisato anche che, trattandosi di un illecito a fattispecie

alternativa, può completarsi nella sua struttura anche in un momento anteriore

al conseguimento dell’utilità: “Nessun momento funzionale entra a comporre

l’elemento oggettivo del delitto di corruzione, che viene consumato dai due o

più autori già al tempo dello scambio delle obbligazioni. La perseguibilità del

reato sfiora l’atto funzionale senza tuttavia intaccarne l’autonomia”. In questi

casi il reato può, dunque, perfezionarsi in quanto sarà possibile “ritagliare dai

comportamenti dell’uomo politico gli elementi costitutivi della fattispecie

criminosa punibile, senza che alcuna sanzione giuridica ricada sull’atto in

quanto tale”.470

L’atto potrà essere annullato dalla Corte Costituzionale,

allorquando una sentenza penale sia intervenuta ad accertare il reato di

corruzione. Sul controllo di legittimità costituzionale, la Consulta potrà

469

NUNZIATA, Corruzione di parlamentare per voto legislativo e sorte dell’atto normativo

approvato in conseguenza. Il Consiglio di Stato, 44 (1993), n. 12, pt. 2, p. 2323-2326. 470

MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976. pag. 761

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riscontrare la violazione di legge sulla base di una pronuncia di condanna

intervenuta in via definitiva.

In questo senso nessun attentato alla valenza dell’art. 67 Cost. potrà

dirsi commesso, perché “non è pensabile che si proceda all’accertamento della

rispondenza delle scelte deliberate al pubblico interesse, perché il merito non

può essere autoritativamente sindacato da alcuno. Se quindi non si riscontra

alcun contrasto con parametri costituzionali espressi, ma tuttavia si ravvisa la

violazione di una regola costitutiva della disciplina generale della funzione,

nulla si dovrebbe opporre all’annullamento dell’atto da parte del giudice di

legittimità”471

.

Nell’ottica di uno Stato democratico, allora, il magistrato potrà indagare

se un reato c’è stato, mentre gli elettori potranno giudicare sull’onestà

mostrata dalla fazione politica. Questo è possibile se la legge elettorale venisse

sempre attualizzata insieme alla regolamentazione dei partiti, permettendo,

oltre al nuovo di presentarsi a parità di chance, anche la valutazione

dell’elettore dell’appartenenza politico-ideologica per una coerente gestione

amministrativa. Insieme all’interpretazione di cui sopra di vincolo di mandato,

potrebbe rafforzarsi politicamente la lotta alla corruzione del parlamentare.

8. Casistica al vaglio della Giunta per le autorizzazioni a procedere

L’opinione dominante di chi ha avuto modo di valutare la casistica al

vaglio della Giunta per le autorizzazioni a procedere relativa all’espansione

dell’immunità di cui all’art. 68 Cost. agli atti podromici rispetto all’esercizio

della funzione tipica del Parlamentare, ha avuto spesso modo di denunciare

471

MORETTI C., Sui limiti delle immunità parlamentari, Giur. Cost., 1976. pag. 761

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l’esistenza di un sostanziale errore di fondo, commesso troppo spesso dagli

inquirenti, consistente nel qualificare la condotta del politico, come corruzione

propria anziché come corruzione impropria, individuando quale atto contrario

ai doveri di ufficio la proposta di legge, e indicando quale momento di

perfezionamento del reato quello immediatamente antecedente l’iniziativa

legislativa472

.

La Giunta quindi, in particolare nella V legislatura, si è trovata a

dovere, in sostanza, anallizzare la scindibilità o meno del reato di corruzione

tra pactum e atto finale, protetto dall’immunità.

Sempre nella V legislatura, si pervenne inizialmente ad una

dichiarazione di inscindibilità della condotta, di carente motivazione giuridica

per evidente ragioni di ordine politico-istituzionale, al fine di evitare

precedenti che permettessero all’autorità giudiziaria di indagare sulle “volontà

sacre” del parlamentare, sfruttando anche l’ “errata” contestazione di

“corruzione propria”

Ma il secondo approdo fu differente. Il caso riguardava un

parlamentare che, dietro scambio di un cospicuo corrispettivo, aveva accettato

di presentare/far approvare un provvedimento di legge.

La Giunta in quel caso concluse in questo senso: “la irresponsabilità

copre qualsiasi attività preparatoria che della funzione parlamentare tipica

costituisce motivazione o premessa se pur diretta e lontana purché sempre

riconducibile al quadro costituzionale, ai contenuti che il programma politico

della Costituzione, nella sua dinamica articolazione tende a sollecitare e a

realizzare”; ma contestualmente “va rifiutata tutela costituzionale alla

472

NUSSBAUM, L’immunità parlamentare (interrogativi e incertezze), Nuovo Diritto, 1977, p. 106 e

ss.

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279

accettazione di denaro o di altri beni materiali che venga a condizionare il

compimento di un atto parlamentare tipico”473

.

In ordine al tema della libera formazione della volontà Parlamentare, si

è ritenuto che insindacabilità vada intesa non in un significato assoluto, ma di

parte: non consentire ad altri, che non siano il Parlamento, di indagare sui

motivi di un atto del parlamentare tipico della sua condotta; la Giunta su

questa linea, avrebbe allora scelto di soddisfare in quel determinato momento

storico esigenze di natura più morale che giuridica: “per quanto assolutista

possa sembrare il nostro giudizio siamo portati a ritenere che la estensione

della irresponsabilità anche agli atti preparatori sia la soluzione giuridica più

corretta”. 474

Nel secondo caso abbiamo una difficile analisi giuridica, legata infatti

ad attività antecedenti, collegate, ma che ontologicamente esulino

dall’esercizio del potere. Quali attività possono considerarsi tipiche?

Dottrina risalente al Capalozza475

, ed avallata dal Barile476

, tendeva ad

estendere il regime della irresponsabilità anche agli atti non tipici della

funzione, ma connessi alla stessa, quali l’ attività di propaganda e

divulgazione dei programmi.

Contra, vediamo l’opinione di Vassalli, che all’epoca presiedeva tale

Organo parlamentare.

Se chiunque ha il diritto di concorrere alle elezioni, verrebbe violato il

principio di uguaglianza attribuendo particolari regimi preferenziali,

riconosciuti al politico se coperto da immunità, svilendo uno dei pilastri del

473

NUSSBAUM, in op. cit., pag. 109 474

NUSSBAUM, in ivi, op. cit. 475

CAPALOZZA, L’immunità parlamentare e l’art. 68, I comma della Costituzione, in Montecitorio,

1949, III, n. 7 p. 18. 476

BARILE, Corso di diritto costituzionale, Padova, 1962, p. 9.

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280

principio di democraticità477

. Ma il Vassalli, nonostante la critica di altre

posizioni, concludeva che, escludendo la propaganda e altri atti, di sicuro è

necessario far rientrare la proposta di legge tra gli atti tipici della funzione

parlamentare, quindi nell’alveo dell’irresponsabilità.

Sul concetto di attività collegata, ad esempio, alla proposta di legge,

dottrina postulava che “deve trattarsi di atti compiuti nell’esercizio delle

funzioni parlamentari, quindi la norma non copre atti come le pressioni

illecite, il traffico di influenze, il trascendere a vie di fatto, atti tutti i quali,

anche se compiuti in occasione dell’esercizio delle proprie funzioni, non

costituiscono esercizio di queste”478

Eppure, nel primo caso la Giunta aveva concluso dichiarando che

l’attività rientrante nel regime dell’art. 68 Cost. fosse “non soltanto l’attività

parlamentare tipica, ma anche quella che si pon[e] come inscindibilmente

collegata e strumentale rispetto alla prima, tanto da costituire l’antecedente o

un momento di formazione o addirittura la motivazione, nonché quella

successiva e conseguente a quella tipica del parlamentare e che si trov[a] con

questa nello stesso rapporto d’inscindibilità”479

.

Nella seconda pronuncia, relativa all’inquadramento della pubblica

accusa nella fattispecie nel reato di corruzione propria, ritenuto che l’iter

formativo della volontà politica fosse viziato ed interessato, dunque violativo

del divieto di mandato imperativo ex art. 67 Cost., il reato sarebbe stato

relegato al movente psicologico dell’agente480

, fondando un precedente per

ogni fututo processo, sulla formazione della volontà del parlamentare, sulle

477

VASSALLI, Punti interrogativi sulla estensione della irresponsabilità dei membri del Parlamento,

in Giust. Pen. 1973, I c. 209. 478

BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, 10 ed., Milano, 1972, p. 240. 479

doc. IV n. 136-B della Camera dei deputati, V Legislatura. 480

GIANNITI, Studi sulla corruzione del pubblico ufficiale, Milano, 1970, pag. 165 nota, 42

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motivazioni che lo avevano indotto ad esercitare in un determinato modo la

propria funzione.

Secondo Vassalli, “non è da escludere che se si fosse imputata la

corruzione per atto conforme ai doveri di ufficio, non si sarebbe avvertito un

urto così diretto con la prerogativa parlamentare” e la Giunta avrebbe potuto

essere diversa pure nel primo dei casi esaminati481

.

9. Discrezionalità, voto e corruzioni

Il parlamentare corrotto è di nuovo nella comune opinione “uomo che

né scuole né esempi hanno educato, e che un sistema politico pone

nell’invidiata posizione di poter sacrificare l’interesse pubblico al proprio. E le

impunità dei più tristi servono da ammaestramento agli altri”482

. E infatti tanto

moderne sembrano dichiarazioni come questa, perché anche al politico attuale

“le magagne della vita parlamentare non gli sono ignote […] di quelle

‘scandalose coalizioni di parlamentari per la conquista del potere’ forse lui

non ne avrà mai fatto parte, ma ha visto sorgere la ‘giornata opaca dei

politicanti e tramontare l’età aurea degli uomini di Stato’; e una volta che egli

lo deplora, si ha il diritto di chiedergli cosa ha fatto, da deputato o da ministro,

per impedire che quell’alba triste sorgesse e per allontanare quel doloroso

tramonto; e la risposta bisogna andarla a cercare nei corridoi di

Montecitorio.”483

481

G. VASSALLI, Punti interrogativi sulla estensione della irresponsabilità dei membri del

parlamento. pag. 202 482

R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pag.24, parole del

Senatore Emilio Pascale, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione nel 1899, 483

R. RICCI, Corruzione Parlamentare “R.N.”, a XXI V, fasc. 1, 1 marzo 1899, pag.24, parole del

Senatore Emilio Pascale, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione nel 1899,

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Le vetuste parole del Senatore Emilio Pascale risuonano ancora oggi, in

quanto più che di singolo atto corruttivo, ci si riferisce ad un problema del

sistema: si ritorna a parlare di malcostume e disinteresse.

Come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, non poche sono

state le pronunce della Suprema Corte di Cassazione, tese a confermare la

sussistenza del reato di corruzione, nella sua forma di corruzione propria ex

art. 319 c.p., allorquando ci si trovasse al cospetto della c.d. corruzione

sistemica, quel rapporto occulto tra i soggetti del reato finalizzato

all’asservimento del p.u. affinche agisca sempre preferendo l’interesse privato

a quello pubblico. E ancora, contrariamente a quanto ambito idealmente, ma

coerentemente a quanto conduce materialmente la riforma Severino, la

fattispecie ex art. 318 c.p. di corruzione impropria continuerà a considerarsi

del tutto residuale, rispetto all’ipotesi di cui all’art. 319 c.p. La corruzione ex

art. 318 c.p. sarà qualificabile ogniqualvolta il p.u. abbia ricevuto una somma

di denaro, una retribuzione, al fine di adottare o far adottare un provvedimento

conforme ai doveri di ufficio, il cui contenuto egli stesso condivideva.

Dopo il vincolo di mandato, allora, lo sguardo dell’interprete deve

concentrarsi sul significato di funzione e sulla corruzione propria e

“impropria”. Questa riflessione permette di investire ogni forma di corruzione

politica.

Se il reato di corruzione propria è posto a tutela dell’uso distorto e

viziato della discrezionalità amministrativa, che permette argomentazione su

difetti di imparzialità e tecnicismo, per coinvolgere la discrezionalità politica

dobbiamo parlare invece di percezione del perseguimento di un indebito

compenso al fine di raggiungere un determinato obiettivo484

.

484

Corte di Cassazione, Sez VI, sent n. 23354 del giugno 2014.

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Analizziamo il caso che ha interessato il Vicesindaco del comune di

Villafranca Padovana, colto in flagranza di reato all’atto di intascare una

tangente finalizzata ad ottenere l’adozione di un provvedimento

amministrativo teso a modificare la destinazione d’uso di un terreno, da zona

agricola ad area edificabile. Tale variazione avrebbe consentito al corruttore di

procedere all’installazione di ripetitori di telefonia mobile.

Accertata la dazione dalla flagranza, la difesa all’accusa di reato di

corruzione propria veniva strutturata su tre dati: a) l’approvazione del

provvedimento, oggetto del pactum sceleris, che sarebbe stata deliberata da

un’amministrazione ancora da eleggersi, essendo in periodo elettorale:

l’imputato non ne era parte e nessuna certezza poteva assicurare quella

posizione; b) la assoluta inesistenza di un atto amministrativo contrario ai

doveri di ufficio; c) la variazione di destinazione era stata, poi, compiuta senza

il suo ausilio.

La Cassazione nell’articolare la propria decisione si richiamava ad un

suo precedente giudiziario485

che qualificava gli atti contrari ai doveri di

ufficio sia atti illeciti vietati da atti imperativi o illegittimi, sia atti

formalmente regolari che prescindevano per consapevole volontà del pubblico

ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall’osservanza dei doveri

istituzionali, compresi quelli di correttezza e di imparzialità.

Sul provvedimento contrario ai doveri di ufficio la Corte aveva chiarito

che, ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, occorreva

avere riguardo non ai singoli atti, ma all’insieme del servizio reso dal pubblico

ufficiale al privato; per cui, anche se ogni atto separatamente considerato

corrispondeva ai requisiti di legge, l’asservimento costante della funzione, per

485

Cass. sez. VI n. 41898/2013.

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denaro, agli interessi del privato integrava il reato di corruzione ex art. 319 c.p.

e non già quello rivendicato dall’imputato di cui all’art. 318 c.p.

La difesa però portava un’altra motivazione a sostegno della

derubricazione: motivazione sull’assenza di individuazione di una condotta

lecita alternativa. Questa argomentazione difensiva trovava un chiaro

precedente in una pronuncia della Cassazione secondo la quale “si configura il

delitto di corruzione impropria e non quello di corruzione propria in relazione

ad un atto adottato dal pubblico ufficiale nell’ambito di attività amministrativa

discrezionale, soltanto qualora sia dimostrato che lo stesso atto sia stato

determinato dall’esclusivo interesse della P.A. e che pertanto sarebbe stato

comunque adottato con il medesimo contenuto e le stesse modalità anche

indipendentemente dalla indebita retribuzione”486

.

Nel limite di una interpretatio abrogans dell’art. 318 c.p., la Corte

respingeva le argomentazioni difensive sul presupposto che l’atto contrario

posto in essere dal Vicesindaco si concretizzava nella “vendita della

discrezionalità amministrativa accordata dalla legge”.

L’interpretatio abrogans veniva scongiurata asserendo che

sicuramente non basta la dazione di denaro non dovuta per qualificare un atto

come contrario ai doveri di ufficio, ma che la condotta viene a qualificarsi

come corruzione propria nel caso di un “pagamento di una somma di denaro al

pubblico ufficiale per il compimento di un atto discrezionale, quando

all’indebito compenso corrisponde la rinuncia al corretto uso della

discrezionalità amministrativa, che invece dovrebbe essere appieno dispiegata,

486

Sez. 6, Sentenza n. 36083 del 9/7/2009 Ud. (dep. 17/9/2009) Rv. 24425

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a prescindere dalla illegittimità dell’atto secondo gli ulteriori parametri della

relativa valutazione”.487

Vediamo ora la rara giurisprudenza relativa alla corruzione del

parlamentare per l’esercizio del diritto di voto, uno sguardo che permette di

vagliare stimolanti indirizzi.

Partiamo dall’indagato Sen. Nino Randazzo, eletto in una lista schierata

in favore della coalizione dell’on. Prodi,, il quale aveva avuto, intorno al 2007,

contatti con l’on. Silvio Berlusconi per il tramite di un terzo soggetto,

finalizzati a convincerlo a passare nelle fila dell’opposizione. Il “cambio di

schieramento” sarebbe avvenuto previo versamento della somma di due

milioni di euro, tramite un intermediario che ha negato che sia mai stata fatta

richiesta da Berlusconi.

La Procura,pur aderendo alla tesi della configurabilità in astratto del

reato, chiedeva l’archiviazione488

concludendo che non vi erano gli elementi

per sostenere l’accusa in giudizio, probabilmente anche in ragione del fatto

della non esistenza di riferimenti pregressi in giurisprudenza sul “cambio di

casacca”, a differenza, ad esempio, delle dimissioni, caso assai diverso,

secondo il quale, in tema di corruzione propria, “possono rappresentare un atto

contrario ai doveri di ufficio, quando violano il dovere di imparzialità, ossia

risultano poste in essere non già per una scelta discrezionale legittima, di

natura squisitamente politica, ma a fronte del compenso promesso o ricevuto,

con lo scopo di assicurare ad un soggetto privato il maggior beneficio,

configurando quindi una ‘totale svendita’ delle funzioni pubbliche. (Nel caso

di specie la S.C. ha valutato come ‘atti contrari ai doveri di ufficio’ le

487

Cass, sez. VI 4 febbraio 2014 n. 23354. 488

Richiesta di archiviazione datata 7 novembre 2008, Atti del procedimento a carico di Silvio

Berlusconi, Nino Randazzo e Pietro Pilello, pendente presso la Procura della repubblica di Roma.

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dimissioni concertate di alcuni consiglieri comunali, funzionali allo

scioglimento del Consiglio comunale ed alla “caduta” del sindaco, in quanto

conseguenti alla dazione di somme di denaro e di altre utilità economiche da

parte di un soggetto che voleva evitare che il legale rappresentante dell’ente

territoriale gli revocasse l’incarico di presidente di un consorzio inter-

comunale, il quale aveva affidato, proprio alla società della quale lo stesso

soggetto era direttore generale, il settore dell’approvvigionamento idrico e

delle altre infrastrutture a ciò necessarie)”489

.

La richiesta di archiviazione si giustificava, fondamentalmente, in

relazione alla prova del passaggio di denaro, prezzo del cambio di

schieramento o di una votazione contraria al proprio orientamento,

dichiarando che “di tutto ciò non vi è prova certa nel presente

procedimento”.490

Allora, la condotta posta in essere da Berlusconi era realmente

improntata a convincere i senatori che appoggiavano la coalizione di centro-

sinistra a passare all’opposizione, ma “a prescindere dalle valutazioni di natura

politica che non competono a quest’ufficio, si è trattato di attività non

penalmente rilevanti”491

.

Vogliamo riportare anche queste parole del Pubblico Ministero:

“molteplici ulteriori osservazioni potrebbero essere fatte ma appartengono al

campo della politica, della morale, della sociologia e non certo della

competenza della Procura della Repubblica”492

. Una sorta di

489

Sez. 6, Sentenza n. 36780 del 2/7/2003 Cc. (dep. 25/9/2003 ) Rv. 226803. 490

Richiesta di archiviazione datata 7 novembre 2008, Atti del procedimento a carico di Silvio

Berlusconi, Nino Randazzo e Pietro Pilello, pendente presso la Procura della repubblica di Roma. 491

Ivi 492

Ivi

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autogiustificazione per i salti mortali compiuti dalla Procura pur di

raggiungere un’archiviazione493

.

Nell’ introduzione e nel richiamo all’art. 67 Cost della Procura nella

richiesta di archiviazione, che accenna alla vicenda dell’on. Cirino Pomicino,

per il quale fu applicata l’insindacabilità dei propri atti494

al quale si contestava

il reato di corruzione per atto contraio ai doveri di ufficio nella qualità di

Presidente della Commissione Bilancio della Camera, si rinviene che il reato

che troveremo di fronte in ogni azione tesa a predeterminare il voto del

Parlamentare, sarà il reato di corruzione propria, in quanto ad essere violati

saranno i doveri istituzionali ledendo i principi al ruolo connesso di libertà ed

indipendenza in ragione di un rapporto di sinallagmaticità.

La Corte Costituzionale, dichiarando non fondata la questione di

legittimità costituzionale della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, con

riferimento all’art. 67 Cost., per essere stata quella legge approvata da

parlamentari i quali avevano dichiarato di dare il loro voto favorevole soltanto

in obbedienza alle direttive del loro rispettivo partito politico, aveva sancito

che “l’art. 67 della Costituzione, collocato fra le norme che attengono

all’ordinamento delle Camere e non fra quelle che disciplinano la formazione

delle leggi, non spiega efficacia ai fini della validità delle deliberazioni, ma è

rivolto ad assicurare la libertà dei membri del Parlamento. Il divieto del

mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare secondo gli

indirizzi del suo partito, ma è anche libero di sottrarsene: nessuna norma

potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del

parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”495

.

493

Cfr. MARCO LILLO, Così hanno salvato il cavaliere, su L’espresso, 26 febbraio 2009. 494

vedi resoconto seduta 142 del 4/2/1997 495

Sentenza della Corte Costituzionale, N. 14 del 1964.

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Il tema della libertà del voto va ad intrecciarsi con l’esercizio della

funzione legislativa attribuita ex lege al p.u., essendo il voto atto discrezionale

della funzione pubblica.

Sul punto si riportano alcuni passaggi della sentenza della Corte

costituzionale del 2 novembre 1996, n. 379 che ritiene validamente espresso il

voto dei c.d. “pianisti”, ovvero parlamentari che votano in assenza dei propri

colleghi assenti, deputati incriminati per falso ex art. 479 c.p. e sostituzione di

persona ex art. 494 c.p.. La Consulta ha distinto chiaramente gli atti relativi

alle condotte interne alle Camere, per i quali sarebbe predicabile

l’insindacabilità ex art. 68 Cost da quelli che producono effetto anche nella

sfera giuridica di terzi o nell’esercizio di altri poteri pubblici. Si legge infatti in

sentenza che “allorchè il comportamento di un componente di una Camera sia

sussumibile, interamente e senza residui, sotto le norme del diritto

parlamentare e si risolva in una violazione di queste, il principio di legalità ed

i molteplici valori ad esso connessi, quali che siano le concorrenti

qualificazioni che nell’ordinamento generale quello stesso comportamento

riceva (illegittimità, illiceità, ecc.), sono destinati a cedere di fronte al

principio di autonomia delle Camere e al preminente valore di libertà del

Parlamento che quel principio sottende e che rivendica la piena

autodeterminazione in ordine all’organizzazione interna e allo svolgimento dei

lavori. Se viceversa un qualche aspetto di tale comportamento esuli dalla

capacità classificatoria del regolamento parlamentare e non sia per intero

sussumibile sotto la disciplina di questo (perché coinvolga beni personali di

altri membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve

prevalere la ‘grande regola’ dello Stato di diritto ed il conseguente regime

giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema

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289

costituzionale, tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della

Costituzione).”496

Ancora una volta, pur ribadendosi la centralità del principio del divieto

di mandato imperativo, secondo cui il Parlamentare non può accettare alcuna

direttiva da alcun potere politico, economico o sociale, si rimane ancorati alla

“legge parlamentare” e si conclude per la totale irrilevanza penale del fatto.

Possiamo dedurre, oltre ad un rafforzamento etico della “legge

parlamentare”, che il condizionamento del voto, se in conseguenza

dell’accordo corruttivo, non potrebbe mai dunque essere scriminato o tutelato

dall’art. 67. Non è ammissibile l’insindacabilità assoluta di ogni forma di

coartazione del voto facendo leva sul principio costituzionale, che altrimenti

da norma contro il divieto dai condizionamenti, diverrebbe al contrario norma

a tutela dei condizionamenti.

9.1 Segue: Il Leading-Case Berlusconi-De Gregorio: la sentenza del

Tribunale di Napoli in tema di corruzione del parlamentare

Vediamo quindi un episodio che si riferisce esplicitamente al contenuto

del patto corruttivo in relazione all’atto, alla funzione e sulla sua natura

giuridica in politica: la c.d. compravendita dei senatori, condotta che ha

determinato la caduta del governo Prodi nel 2008, sfiduciato grazie al

determinante voto di alcuni ex-alleati. Il 9 maggio 2013 la Procura aveva

chiesto il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi, per l’ex senatore Sergio De

Gregorio e l’ex direttore de “L’Avanti!” Valter Lavitola, in veste di collettore

della tangente.

496

Corte Costituzionale, sentenza n. 379/1996.

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Il Trib. Di Napoli, sez. I dell’8 luglio 2015, con sentenza n. 11917, ha

condannato ex artt. 110, 319, 321 c.p. Silvio Berlusconi e Valter Lavitola alla

pena di tre anni di reclusione e di cinque anni di interdizione dei pubblici

uffici, in quanto corruttori dell’allora Senatore Sergio De Gregorio

responsabile di diversi atti contrari ai propri doveri d’ufficio e nei confronti

del quale si è proceduto separatamente.

L’ampia istruttoria era giunta ad accertare che Silvio Berlusconi, “quale

istigatore prima e autore materiale poi, nella sua posizione di leader dello

schieramento di centro-destra, al fine di erodere la ridotta maggioranza

numerica che sosteneva l’allora governo di centrosinistra guidato da Romano

Prodi, aveva promesso e quindi consegnato - tramite un suo intermediario

(Valter Lavitola) - una somma di denaro pari a tre milioni di euro all’allora

Senatore Sergio De Gregorio, eletto nelle liste dell’Italia dei Valori e quindi

sostenitore del Governo Prodi”. La modalità di trasferimento del denaro era

avvenuta dal luglio 2006 sino al marzo 2008 tramite un milione in bonifici

bancari e sotto forma di simulato contributo partitico, e tramite la consegna di

due milioni “in nero” e a scadenza dilazionata, al fine di assicurarsi

l’asservimento completo ed effettivo al pactum sceleris: le somme venivano

versate da Berlusconi quale corrispettivo delle manifestazioni di voto contrario

di De Gregorio alle proposte della maggioranza di governo di centro-sinistra.

Oggetto del pactum sceleris non erano quindi le singole condotte di voto

quanto il vero e proprio asservimento: una pluralità di atti contrari al principio

del libero mandato sancito dall’art. 67 Cost.

L’istruttoria fortemente favorita dalla stessa confessione di De

Gregorio, non ha lasciato spazio a dubbi circa la qualificazione delle

condotte richieste dalle fattispecie incriminatrici, ampiamente comprovate

dalle risultanze documentali e dalle dichiarazioni dello stesso Senatore. Da un

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291

lato la dazione di denaro da parte di Berlusconi, per mezzo

dell’intermediazione di Lavitola, dall’altro, a concretizzazione dell’accordo

corruttivo, la ricezione da parte di De Gregorio.

Confermata l’esistenza della condotta, la sentenza si sofferma

inizialmente sulla qualifica rivestita dal corrotto (senatore De Gregorio),

proprio al fine di “svincolare del tutto l’agire di uno degli odierni imputati,

Silvio Berlusconi, dalla garanzia costituzionale per le opinioni espresse e i voti

dati nell’esercizio delle sue funzioni, di cui all’art. 68 della Costituzione”

puntualizzando l’irrilevanza che anche uno dei corruttori, Silvio Berlusconi,

fosse a suo tempo parlamentare. L’art. 321 c.p., infatti, estende le pene di cui

all’art. 319 c.p. anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato

di pubblico servizio il denaro o altra utilità non richiedendosi che il corruttore

rivesta una qualifica pubblica. La promessa e poi la dazione di denaro da parte

di Berlusconi, in cambio dell’esercizio prezzolato della funzione parlamentare

di De Gregorio, “non sono riconducibili alla concomitante qualità di Deputato

che il primo rivestiva”.

La garanzia costituzionale potrebbe invece, come vedremo, venire in

rilievo in relazione alle condotte di De Gregorio.

Per quanto riguarda l’atto d’ufficio, sono necessarie alcune premesse

giurisprudenziali.

La Corte aveva già avuto modo di qualificare come atti contrari ai

doveri d’ufficio sia le ipotesi di mancanza di una specifica competenza del

soggetto ad adottare il provvedimento richiesto, sia in presenza di atto

individuabile.

Si è sostenuto che: “è irrilevante che i doveri violati siano estranei alla

specifica sfera di competenza giurisdizionale e territoriale attribuita al

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292

pubblico ufficiale, essendo sufficiente che l’atto compiuto sia contrario al suo

generico dovere d’ufficio”497

.

Ed ancora che “è sufficiente una generica competenza dell’agente,

derivante dalla sua appartenenza all’ufficio pubblico, quando questa gli

consenta in concreto una qualsiasi ingerenza (o incidenza) illecita nella

formazione o manifestazione della volontà dell’ente pubblico, culminante

nell’emanazione dell’atto. Tale competenza non va, peraltro, necessariamente

riferita all’atto terminale del procedimento amministrativo, assumendo rilievo

in relazione a qualsiasi segmento (anche non formalizzato) della seriazione

procedimentale, attesa la forza esponenziale che il comportamento -non quindi

l’atto- assume ai fini della realizzazione del reato di cui all’art.319 c.p.” 498

A questro aggiungiamo che “per la sussistenza del delitto di corruzione

per atto contrario ai doveri d’ufficio o del servizio non è necessario che

l’agente abbia una competenza specifica rispetto al compimento dell’atto

essendo sufficiente che, in virtù della sua appartenenza all’organo o all’ufficio

competente, egli abbia una concreta possibilità di interferire o, comunque, di

influire sull’emanazione dell’atto” 499

.

Si cristallizza in cassazione la “smaterializzazione” dell’elemento

materiale del reato. In tema di corruzione propria “non occorre avere riguardo

ai singoli atti, ma all’insieme del servizio reso dal pubblico ufficiale al privato;

per cui, anche se ogni atto separatamente considerato corrisponde ai requisiti

di legge, l’asservimento costante della funzione, per denaro, agli interessi del

privato concreta il reato di corruzione previsto dall’art. 319 c.p.. Ne consegue

che l’atto contrario ai doveri d’ufficio non va inteso in senso formale, dovendo

497

Cass. Sez. II, n.1796/88. 498

Cass., Sez. VI, n.197081/93. 499

Cass. Sez. VI, n. 195523/93.

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la locuzione ricomprendere qualsivoglia comportamento del pubblico ufficiale

che sia in contrasto con norme giuridiche”. Ciò comporterà che “la mancata

individuazione, in concreto del singolo ‘atto’ (…) non fa venir meno il reato

previsto dall’art. 319 c.p., ove venga accertato che la consegna del denaro al

pubblico ufficiale sia stata effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso

esercitate e dei conseguenti favori oggetto della pattuizione”500

.A prescindere

dall’atto, la corruzione non viene meno qualora si accerti che la consegna del

denaro (o di altra utilità) viene effettuata in ragione delle funzioni esercitate

dal pubblico ufficiale ed al fine di corrisponderne i favori501

.

Al fine di individuare la condotta sussumibile nelle fattispecie degli

artt.. 319 (corruzione propria) o 318 (corruzione impropria), è necessario

considerare l’espressione del voto o dell’opinione quale “atto di ufficio” ma

anche dovere del parlamentare che l’atto sia conforme alla propria intima

volontà. L’atto di ufficio sarà un atto caratterizzato dall’ identità tra fatto

voluto e fatto compiuto, dalla corrispondenza tra atto realizzato e intimo

convincimento. In assenza di tale identità, di tale corrispondenza, dovrà

parlarsi di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.502

La giurisprudenza della Corte, sul presupposto anche di una concezione

di “altra utilità” (a seguito di valutazione di fattispecie relativa a richieste di

sponsorizzazioni, promesse di interessamento e mediazioni politiche effettuate

verso soggetti titolari di cariche regionali o ministeriali, e collegate

all’incarico di direttore generale di a.s.l. ricoperto dall’indagata) che

“comprende tutti quei vantaggi sociali le cui ricadute patrimoniali siano

500

Cass. Sez. VI, n. 213884/1999. 501

Cfr. Cass. Sez.VI, n.210048/1997; Cass. Sez. VI, n. 205889/1996; Cass. Sez. VI, n. 205965/1996 502

Cfr. M.S. AMISANO TESI, Le tipologie della corruzione, Giappichelli 2012

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294

mediate e indirette”503

, sembra manifestare una lucida coscienza nei confronti

dell’attività politica e di quanto questa sia caratterizzata da interferenza e

influenza, e di come un elemento viziato di corruzione politica, una volta

messo in circolo, si possa espandere in maniera apparentemente “sana”:

- La corruzione si caratterizzerà come propria allorquando il

pubblico ufficiale, pur non essendo competente per l’adozione di un

atto si renderà disponibile, dietro promessa di un compenso, ad

esercitare la propria capacità di influenza per interferire sul

compimento dello stesso.

- Il delitto verrà ad integrarsi anche in base a semplici comportamenti

materiali, purché suscettibili di influenza sull’esito o su singoli

segmenti dell’attività amministrativa.

- Una volta accertatasi la sinallagmaticità tra il compenso corrisposto

al pubblico ufficiale e la sua promessa di asservimento della propria

funzione, sarà irrilevante l’individuazione di uno specifico atto.

Nel caso in esame , l’intera fattispecie in esame inerente il senatore De

Gregorio, si è compiuta prima del voto ed in vista dello stesso, in quanto

l’accordo sinallagmatico intercorso tra i contraenti è avvenuto concretamente

prima della materiale consumazione dell’atto parlamentare, con promessa di

retribuzione, perfezionandosi interamente all’esterno dell’atto parlamentare, in

vista dello stesso ed allo scopo di conseguirne le specifiche utilità.

“Integra il reato di corruzione, in particolare di quella cosiddetta

propria, sia l’accordo per il compimento di un atto non necessariamente

503

Cass.Sez. 6, Sentenza n. 24656 del 18/6/2010, Fattispecie relativa a richieste di sponsorizzazioni,

promesse di interessamento e mediazioni politiche effettuate verso soggetti titolari di cariche

regionali o ministeriali, e collegate all’incarico di direttore generale di a.s.l. ricoperto

dall’indagata.

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individuato ab origine ma almeno collegato ad un genus di atti

preventivamente individuabili, che l’accordo che abbia ad oggetto

l’asservimento - più o meno sistematico - della funzione pubblica agli interessi

del privato corruttore, che si realizza nel caso in cui il privato prometta o

consegni al soggetto pubblico, che accetta, denaro od altre utilità, per

assicurarsene, senza ulteriori specificazioni, i futuri favori”504

.

Con impatto su tutto il sistema corruttivo, allora, l’ asservimento della

funzione pubblica (atti di ufficio, o funzione pubblica in generale, anche di

fatto) dovrebbe essere un atto contrario ai doveri di ufficio e caratterizza la

corruzione propria.

Nello specifico della corruzione del parlamentare, pubblico ufficiale

caratterizzato dalla libertà per definizione, l’asservimento economico di un

senatore costituisce l’accettazione di un “vincolo di mandato occulto”. Questo

non può che qualificarsi come atto contrario ai doveri dell’Ufficio e per giunta

testualmente vietato dalla fonte suprema, la Costituzione.

Chiarisce la pubblica accusa nel caso in esame: “Non può che ribadirsi

che proprio la caratteristica eminentemente discrezionale dell’attività

parlamentare costituisce dato oggettivo e funzionale per l’inquadramento in

termini di corruzione propria del mercimonio dell’attività o di singoli atti,

proprio alla stregua dei canoni giurisprudenziali consolidati, secondo cui

l’applicabilità residuale della corruzione impropria è in gran parte confinata

agli atti vincolati del pubblico ufficiale”.505

504

Cass. Sez. fer., sentenza n. 34834 del 25/8/2009 ud. - dep. 8/9/2009 Rv. 245182. 505

Memoria del Pubblico ministero procedimento penale a carico di Sergio de Gregorio, Silvio

Berlusconi e Valter Lavitola, presso il Tribunale di Napoli, a firma del dott. Alessandro Milita, dott.

Vincenzo Piscitelli, dott. Fabrizio Vanorio, dott. Henry J. Woodcock, del 12 luglio 2013.

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E la sentenza del tribunale di Napoli, dopo il preciso riferimento al

ruolo del rappresentante della Nazione di cui all’art. 67 Cost., che implica che

ai parlamentari “è attribuito il delicato e altissimo compito di interpretare

l’interesse comune e il sentire dell’intero popolo”, afferma senza dubbio che

“l’ispirare il proprio agire e lo svolgimento della propria funzione non già

all’espressione del sentire della Nazione o di una sua parte, ma al

perseguimento di interessi particolaristici e individuali, come corrispettivo di

pagamenti in denaro ricevuti, costituisce per il parlamentare una violazione di

tale primo e importantissimo dovere”.

L’art. 67 richiede autonomia: “chi orienti il proprio agire in conformità

alle richieste, alle direttive o anche solo ai desideri del corruttore, per finalità

utilitaristiche e scelte prezzolate, recede a tale dovere che ha assunto su di se

sin dalla proclamazione alla carica di Deputato o di Senatore”.

E infine, in analisi interconnessa al dettato costituzionale, vi è il

riferimento all’art. 54, comma 2 Cost. il quale prescrive ai cittadini cui sono

affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina ed onore, prestando

giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

Questo dovere vige più di ogni altro “in capo a chi riveste la carica di

parlamentare e che senza dubbio vi contravvenga chi scelga di vincolare il

proprio agire a direttive ricevute quale controprestazione di una dazione in

denaro”.

Le condotte poste in essere dal Senatore in aula e in commissione

costituirono una violazione di tali doveri e quindi atti contrari ai doveri

d’ufficio.

L’illecito compiuto da De Gregorio consiste “nell’aver abdicato in

cambio di denaro, precisamente di tre milioni di euro, alla sua libera e

incoercibile facoltà di scegliere se fare eventualmente anche proprio tutto ciò,

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laddove egli lo avesse ritenuto meglio rispondente all’interesse della Nazione,

o di non farlo nei casi in cui non ne ricorressero le condizioni”. Irrilevante

quindi, nelle valutazioni delle disposizioni del Senatore, la sua vicinanza

ideologica alle posizioni del centro-destra, in ragione dei suoi passati trascorsi

nel partito socialista di Craxi, in quanto il passaggio da uno schieramento

all’altro è stato reso possibile, si è concretizzato, solo in presenza dell’ingente

offerta economica promessagli da Berlusconi.

Per quanto riguarda l’immunità, il tribunale di Napoli afferma che il

criterio discretivo per distinguere ciò che è coperto dall’immunità da ciò che

non lo è risiede nella verifica se, oltre all’opinione e al voto espressi, “residui

una parte della condotta imputata al parlamentare”, che può essere oggetto di

procedimento. Si sostiene quindi, sempre facendo riferimento alla dottrina

maggioritaria sul punto, che “in un patto corruttivo, quello che sicuramente è

insindacabile è l’atto parlamentare con cui l’eletto asseritamene corrotto dà

corso al suo impegno; ma la riunione preparatoria con cui ha stabilito i termini

dell’accordo illecito e le modalità di pagamento della ‘tangente’ sarà fuori

dalla prerogativa. Se invece la condotta incriminata si esaurisce nell’opinione

espressa nell’esercizio della funzione, il fatto sarà interamente insindacabile”.

La condotta di De Gregorio ricade al di fuori dell’immunità

parlamentare di cui all’art. 68 Cost. riflettendosi anche sulla posizione dei

privati corruttori: Berlusconi e Lavitola vengono di conseguenza

condannati ex art. 321 c.p. per aver consegnato ad un pubblico ufficiale denaro

in relazione al compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio di cui all’art. 319

c.p.

La sentenza risponde brevemente nel merito anche alla riforma

Severino: “non v’è questione per quanto concerne l’interessante tema relativo

al mutato testo dell’art. 318 c.p. (...), semplicemente perché il caso in esame

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rientra a pieno e senza alcun dubbio nella corruzione per atto contrario ai

doveri di ufficio, vista l’integrale e totale violazione dei doveri essenziali del

parlamentare che Berlusconi e Lavitola richiesero a De Gregorio in cambio del

denaro pattuito”.

Questo permette una breve riflessione, allora, sul futuro del nuovo art.

318 c.p., in assenza di attuali prospettive di riforme come stabilito nel capitolo

precedente e come dedotto in queste ultime analisi, a partire da chi ha criticato

queste posizioni del Tribunale di Napoli.

È stato sostenuto che il richiamo ai soli due principi costituzionali non

basti a qualificare il dovere del parlamentare, creando la magistratura uno

statuto del parlamentare, lasciando al giudice la capacità di decidere quali

condotte siano attribuibili al parlamentare e quali no. Sembrerebbe accusarsi

(non esplicitamente) la sentenza di incostituzionalità , che potrebbe veicolare

il sistema in direzione contraria alla separazione dei poteri a favore della

magistratura. Questi problemi sarebbero stati evitabile con la contestazione

dell’art. 318 anche pre-riforma, in quanto atto di ufficio506

.

Sul tema dell’incostituzionalità, si può rispondere che incostituzionale

sarebbe una interpretazione che escluda dall’ambito applicativo dell’art. 319

c.p. i parlamentari, non potendosi allora mai qualificare il suddetto reato se lo

si escludesse anche in questo caso. Abbiamo un accordo di sabotaggio

continuo e prolungato del Governo, in un momento in cui, anche se si vuole

escludere il fattore “forza dell’influenza” in un ambiente politico, il singolo

voto era decisivo. Si ricorda che la maggioranza che sosteneva l’esecutivo

Prodi contava su 158 senatori che si contrapponevano ai 156 dell’opposizione.

506

M.C. UBIALI, In tema di corruzione del parlamentare: la sentenza del tribunale di Napoli sul

Leading-Case Berlusconi-De Gregorio, Nota a Trib. Napoli, sez. I, 8 luglio 2015, n. 11917, imp.

Berlusconi, Lavitola, in Diritto Penale contemporaneo, 19 maggio 2016.

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Si è costituito un atto di radicale stravolgimento della libera espressione delle

prerogative parlamentari e perciò certamente contrario ai doveri dell’alto

ufficio, oltre che ai sensi degli artt. 54 comma 2 e 67 Cost. , ai sensi dell’art.

357 c.p.

L’art. 318 c.p., in assenza di una efficacie e severa regolamentazione

del fenomeno del lobbying, e di una specifica penalizzazione delle sue

“origini” con un rafforzamento della repressione della corruzione privata,

come rilevato nel capitolo precedente, dovrà essere contestato nei casi di

“incentivi patrimoniali” che non influiscano sulle dinamiche del voto

parlamentare in relazione all’intimo convincimento: si pensi, ad esempio, alle

attività di lobbying in senso stretto, non riconosciute dal nostro ordinamento,

in cui il corruttore si limiti ad “incentivare economicamente” le decisioni di un

deputato o senatore, ma anche consigliere regionale, già fermamente convinto

di deliberare in senso conforme agli interessi del lobbista sulla specifica e

circoscritta materia al vaglio.

Dall’analisi della corruzione del parlamentare e dalla reazione della

moderna giurisprudenza possono emergere prospettive in primis di riforma,

ma anche di miglioramento su tutto il sistema penale tramite intepretazione

costituzionalmente orientata, al fine di combattere la corruzione politico-

amministrativa in ogni ambiente investito dalla discrezionalità. Di riflesso,

combattendo anche la sfiducia nella politica e la sua crisi.

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Conclusioni

Al fine di fornire al lettore una analisi completa della corruzione

politico-amministrativa, un fenomeno sociale e culturale che si espande in

molteplici direzioni e costringe ad inseguirlo in un’ottica interdisciplinare,

l’elaborato è coscientemente scivolato a volte fuori dai parametri di natura

legislativa e tecnico-giuridica. La ricostruzione storica, comparata, tramite le

analisi giurisprudenziali, statistiche, sociologiche ed economiche riesce a

mettere in evidenza la questione politica come questione etica e morale, che

caratterizza il primo, decisivo, passo verso una efficiente soluzione legislativa.

Le imposizioni europee hanno ormai abbattutto i muri del tecnicismo per

procedere verso forme di legislazione interconnesse ai vari rami del diritto.

Si è visto,però, che il legislatore tende spesso ad attuare direttive al solo

fine di evitare le sanzioni internazionali, e, non di rado, con passività,

contraddittorietà, superficialità. In tema di corruzione abbiamo visto, ad

esempio, dai profili applicativi che “l’innalzamento dei limiti edittali risulta

del tutto svincolato da qualsiasi opzione di teleologia funzionale, ma anche da

più ‘banali’ istanze di proporzione rispetto alla gravità del fatto: parossisti-

camente estranee a qualsiasi dosimetria virtuosa, le scelte sembrano rispondere

al solo obiettivo di innalzare i termini prescrizionali alla luce di una

indifendibile disciplina generale della prescrizione, disciplina su cui un

legislatore ideologicamente onesto dovrà, il prima possibile, inevitabilmente

tornare”507

. Oggi il legislatore ci sta ritornando508

. La riforma realizzata con la

507

G. BALBI, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione,

in Diritto penale contemporaneo, 3-4/2012 508

DDL n. 2067 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e

all’ordinamento penitenziario”, approvato in Senato il 15 marzo 2017 .

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legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. ex Cirielli) aveva diminuito il livello di

effettività delle pene dei delitti di corruzione, in quanto ha comportato una

sensibile diminuzione del termine di prescrizione per i delitti di corruzione.509

Tramite l’ excursus storico, con particolare attenzione a “Tangentopoli”,

è stata messa in risalto l’ evoluzione del fenomeno: la corruzione non è più

diretta, con “buste di soldi in cambio di appalti milionari”. Oggi si affrontano

le conseguenze di un’Europa che ha perseverato nelle politiche di

privatizzazione liberal-liberiste, permettendo l’evoluzione del fenomeno

corruttivo in nuove forme. Ora, nell’attesa di una ricostruzione dell’Europa dei

diritti, della fiducia nel pubblico e nella politica, e della gestione pubblica dei

diritti sociali, si combatte contro una corruzione che si è strutturata su più

livelli, più difficile da svelare.

L’analisi sistematica del reato si è svolta nel raffronto in parallelo tra

corruzione “funzionale” e corruzione propria. Si è cercato di dedurre la

corruzione per asservimento della funzione pubblica, sul piano dogmatico e

sul piano interpretativo, per comprenderne la collocazione in termini di

determinatezza-tassatività e tipicità, di gravità della condotta e di reale portata

del disvalore.

Questo ci ha permesso di evidenziarne i limiti, l’insufficiente

repressione, scordinata, e le contraddittorietà insite nella stessa mens legis tra

artt. 318 e 319 c.p. e altri reati, nel loro scontro con la realtà fattuale.

L’analisi comparata ha dedicato particolare attenzione, al fine di trovare

interessanti punti di contatto per evolvere la normativa italiana, per una lotta

internazionale alla corruzione pubblica e privata, all’ultima legge

509

F. CINGARI, La corruzione pubblica: trasformazioni fenomenologiche ed esigenze di riforma, in

Diritto penale contemporaneo, 1/2012.

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anticorruzione francese, espressione di un ordinamento che, strutturato

sull’unilateralità delle condotte, ha da subito attuato, insieme alle politiche di

privatizzazione, una forta repressione sia della corruzione pubblica che della

corruzione privata e una rigida regolamentazione preventiva sia della

macchina amministrativa che delle imprese.

E’ stato evidenziato un collegamento tra il problema della corruzione

politica e della discrezionalità viziata, che nasce anche in una continua

inattuazione della duplice direzione,popolare e istituzionale, dell’art. 49 Cost.,

lasciando al singolo la possibilità di dirigere e prevalere sul partito nella sua

forma ideale, strumentalizzandolo. In questo modo si crea un trait d’union tra

corruzione politica e corruzione amministrativa. Insieme alla soppressione o

alla non adeguata regolamentazione del finanziamento dei partiti si finisce per

trasformare il partito in catalizzatore della corruzione esattamente come un

alto grado di personalismo dell’esponente politico, nella continua tendenza

verso l’imprecisione ideologica per svincolare atteggiamenti pubblici: un

arretramento dello sviluppo post-dittatoriale e un favoreggiamento della

malpolitica che si cerca di nascondere inutilmente sotto l’inconsistente e

menzognero velo della “modernità” e del “superamento delle categorie” della

“vecchia politica”, come “destra e sinistra”.

L’elaborato ha criticato l’assolutizzazione del principio di

insindacabilità degli atti politici, tutelando senza esitazione il principio di

separazione dei poteri.

Dalla deduzione costituzionale dello “statuto penale del Parlamentare”,

tra i limiti dell’immunità, un’attenta analisi del vincolo di mandato, e dell’atto

pubblico “voto” nei due momenti, volitivo ed attuativo, tramite i

consolidamenti giurisprudenziali e le ultime pronunce, è possibile condurre

quindi, al momento, una migliore repressione del fenomeno corruttivo nei casi

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caratterizzati da discrezionalità politico-amministrativa, che si qualificherebbe,

in estrema sintesi, nella forma impropria solo quando il pubblico ufficiale

investito dal potere discrezionale sia già orientato, prima del decisivo contatto

con il corruttore, verso quell atto, voto, concessione (come nel lobbying in

senso stretto). In tutti gli altri casi, compreso l’asservimento della funzione, si

qualificherebbe corruzione propria.

Al tramontare delle utopie codicistiche, superata l’alternativa verità-

metodo, attraverso una giurisprudenza che ha necessità di trovare la regola

iuris non preesistente al fatto, ma frutto di una ermeneutica che ex post si

adatti ai principi, il diritto penale deve soprattutto relazionarsi a fattispecie

complesse come i reati contro la p.a. che nelle regolamentazioni riescono a

sfuggire agli stessi principi supremi. Il diritto penale è oggi espressione di una

dialettica tra dogmatica e politica criminale interconnesse ad altre scienze,

proprio perché dinamicamente condizionate dalla crescente

giurisprudenzializzazione del diritto orientata alla ricerca di una regola iuris

non preesistente al fatto. È necessario guardare anche alla giurisprudenza per

legiferare, al fine di recuperare le ragioni della stessa legalità e quelle della

equità in modo da assicurare l’espansione ermeneutica, sul piano orizzontale,

al limite della “qualitativa” riconoscibilità del precetto proprio sul piano

applicativo, come abbiamo visto nelle interpretazioni su tutti i livelli della

corruzione. A partire dai concetti di diritto flou e di pluralisme ordonné di

Mireille Delmas-Marty, è necessario porsi criticamente nei confronti dei

fenomeni che accompagnano il processo di internazionalizzazione del diritto

penale: il sistema delle fonti acquista una dimensione pluralistica, e la logica

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flou della società liquida non esime il sistema penalistico, comportando la

deformazione del perimetro delle categorie tradizionali.510

I testi normativi sempre più aperti e meno equi, espressioni della crisi

della politica, allora, vengono obbligatoriamente investiti da un giudice

europeista, non soggetto alla legge, ma al diritto di cui è fonte, tendendo alla

implementazione, così come per le opzioni legislative di politica criminale, e

al vaglio della motivazione, secondo criteri di coerenza e ragionevolezza in

ossequio alle regole di sussidiarietà anche per il momento applicativo della

norma penale, libera da pregiudizi in cui il “fatto” finisce per influenzare il

diritto511

.

Alla luce della “decadenza” di una legalità giuspositivista è necessaria

una riforma finalizzata ad una lotta a 360 gradi, della corruzione pubblica,

della corruzione privata, dei reati economici, del lobbying non solo ex art. 318

c.p. o 346 bis c.p., insieme ad una rigida regolamentazione delle imprese, della

pubblica ammministrazione, dei partiti, dello status di esponenti politici,dal

livello locale al livello centrale, fino ai regolamenti parlamentari, in un’unica

ratio tendente al bene comune e alla tutela della rappresentanza del cittadino e

dei suoi diritti.

La attenta valutazione deve confrontarsi con la realtà. Si pensi ad uno

dei punti “di principio” positivi della riforma del ‘90, come il c.d. delatore

interno (Whistle-blower). La prevista garanzia dell’anonimato per il

dipendente denunciante, tipica del procedimento disciplinare interno, almeno

510

Lo statuto penale, persa la sua tradizionale unitarietà, si diversifica, ora, in funzione del tipo di

autore e del tipo di fatto . Cfr. PALIERO, Il diritto liquido. Pensieri post-delmasiani sulla

dialettica delle fonti penali, in Riv. it. dir. proc. pen. 2014, 1099 ss.; 511

DONINI, Europeismo giudiziario e scienza penale, Milano 2012, 76 ss. Si rinvia anche alla mia

tesi di laurea in Giurisprudenza, Determinatezza e interpretazione nel diritto penale, a.a. 2013-

2014.

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fino a quando la contestazione non risulti fondata, in tutto o in parte, sulla

segnalazione, scontrandosi con il sistema penale sarà destinata nel

procedimento ad infrangersi di fronte alle esigenze di necessaria rivelazione

dell’identità dell’accusatore in nome della riespansione delle garanzie legate al

diritto fondamentale di difesa in capo all’accusato. Non manca chi, proprio per

ovviare a tali aporie sistemiche, auspica il ricorso sul piano preventivo ad una

figura speciale di agente provocatore (entrapment) opportunamente

disciplinata come, già del resto, previsto in altri settori dell’ordinamento

(criminalità organizzata)512

.

Alla luce delle osservazioni maturate sin qui, dunque, sembra trovare

conferma l’evidente assunto secondo cui gli statuti penali delle funzioni

pubbliche, dai regolamenti parlamentari allo statuto della pubblica

amministrazione si troveranno ancora in crisi di effettività nel controllo dei

fatti criminosi ad esso riferibili. Per questo l’elaborato ha suggerito azioni

anche interpretative, alle luce della dottrina e delle ultime pronunce. Ma è

necessario ragionare su un’idea razionale di ‘riforma delle riforme’513

per i

reati di cui al Capo I del titolo II del Libro II del codice penale vigente

integrata da una rigida regolamentazione dell’ambito privatistico-lobbystico,

delle comunicazioni sociali e dei bilanci, che tenga conto anche del contesto

regionale e parlamentare. Una riforma studiata insieme ad una nuova

regolamentazione amministrativa, dei partiti e dello status dell’esponente

politico.

Una rivoluzione legislativa interconnessa a tutti i livelli coinvolti si

rende sempre più necessaria, così come il superamento di opzioni di riforma

512

CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto

“integrato”, Torino 2012, cit. 179. 513

MUSCO, L’illusione penalistica, Milano 2004, 128;

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“a tavolino” basate su congetture di politica criminale avulse da dati certi della

realtà, che trasmutano in riforme di compromesso, “a metà”, spesso anche in

reazione emergenziale per perdite dagli altri rami dell’ordinamento.

Coerentemente con il metodo dela scienza penale integrata, a cui questo

lavoro fa riferimento, partendo dal versante storico, economico e socio-

criminologico del fenomeno della corruzione, si è cercato di individuare le

condotte nei confronti delle quali trovi effettivamente legittimazione il ricorso

al diritto penale. Il presente lavoro non è giustificazione di giurisprudenza

estensivo-analogica, ma critica politico-giuridica finalizzata ad una solida

costruzione legislativa a fini anticorruttivi, dove il diritto penale rimane

extrema ratio.

È a questo cantiere politico-giuridico-economico nel rispetto della

Costituzione che questo lavoro vuole fornire il suo critico contributo.

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Cass. civ. (sez. lav.), sent. n. 2474 del 1 febbraio 2008,

Cass pen. Sezione VI sent. n. 24663 del 17 giugno 2008

Cass. Pen Sez. un., sent. n. 24468, del 26 febbraio 2009, RIZZOLI,

Cass. Pen Sez. fer. Sent. n. 34834, del 25 agosto 2009,

Cass. Pen. n. 36083 del 9 luglio 2009 Ud. (dep. 17/9/2009) Rv. 24425

Cass. Pen. Sez. Un. Sent. n. 18288 del 21 gennaio 2010.

Cass. Pen. Sez. VI, Sent. n. 24656 del 18 giugno 2010,

Cass. Pen. VI, sent. n. 3251 del 5 dicembre 2012, , in Diritto & Giustizia, 2013, 23 gennaio

2013.

Cass Pen., sez VI, sent. n. 19189 del 11 gennaio 2013 Abruzzese

Cons. St., V, sent n. 753 del 6 febbraio 2013,

Cass. Pen. Sez VI sent. n. 41898 del 10 ottobre 2013.

Cass. Pen. sez. VI sent. n. 23354 del 4 febbraio 2014.

Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 9883 del 28 febbraio 2014.

Cass. Pen. Sez. Un., sent. n. 12228 del 14 marzo 2014,.

Cass. Pen., Sez VI, sent n. 23354 del giugno 2014.

Cass. Pen. Sez VI sent. n. 23354 del 4 giugno 2014

Tar Campania, I, ord. n. 1801, 30 ottobre 2014,

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RINGRAZIAMENTI

Il primo, infinito, ringraziamento, va a mio padre e alle mie sorelle.

Hanno sempre saputo trovare ora le parole, ora i silenzi, per farmi sapere che

erano dalla mia parte, e che per sempre sarebbe stato così.

Al Ch.mo Prof. Giuseppe Amarelli rivolgo, oltre che la mia gratitudine

per gli stimoli didattici e i pungoli anticonformisti che non ha mai lesinato a

rivolgermi, la mia stima professionale. Relatore, inoltre, che, nonostante la

frenesia dell’ambiente accademico, non ha mai perso occasione per

dimostrarsi disponibile e gentile.

Specifici ringraziamenti voglio rivolgerli a Madame Caroline Savi e

Madame Juliette Tricot, docenti rispettivamente di diritto italiano e diritto

penale presso l’Università di Paris X, che mi hanno accompagnato nell'attività

di ricerca e di redazione di parte della presente tesi in una terra straniera,

quella francese, attraverso inviti a conferenze, consigli e approfondimenti

proposti circa possibili affinità e divergenze osservate in seno al nostro e al

loro sistema giuridico.

Infine, voglio dire grazie ai colleghi e ai compagni di viaggio che ho

incontrato, che hanno lasciato che mi sentissi sempre in un luogo adatto a

poter essere chiamato casa.

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