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HUMAN TRAINING Anno 2 N° 7 Giugno Luglio 2009 PIERMARIO DONADONI a.d. Metis SCHEDE DIDATTICHE IL CAPO • IL BUDGET GLI EVENTI L’OPINIONE DI... WILLIAM GRIFFINI Le opportunità di lavoro nella green energy Periodicità bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale- D.L. 353/2003 (conv.in L.27/2/2004 n.46) art.1 comma 1 - CNS VR - 8,00 - chf 13 FOCUS Lo sviluppo dell’imprenditoria femminile nel nuovo secolo LA RIVISTA DELLA FORMAZIONE PER VALORIZZARE LA CONOSCENZA METIS le strategie per vincere la crisi

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HUMAN TRAINING

Anno 2 N° 7Giugno Luglio 2009

PIERMARIO DONADONI a.d. Metis

SCHEDE DIDATTICHEIL CAPO • IL BUDGETGLI EVENTI

L’OPINIONE DI...WILLIAM GRIFFINI Le opportunità di lavoro nella green energy

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FOCUSLo sviluppo dell’imprenditoria femminile nel nuovo secolo

LA RIVISTA DELLA FORMAZIONE PER VALORIZZARE LA CONOSCENZA

METIS le strategie per vincere la crisi

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EDITORIALE

RINNOVIAMO L’OFFERTA FORMATIVA

TRAMITE LA RICERCA

Negli anni Ottanta, quando iniziai ad occupar-mi di formazione, non vi era, sull’argomen-

to, una prospettiva ben definita nell’immaginario collettivo, e sovente dovevo spiegare agli altri che mestiere facevo. Oggi, al con-trario, tutti sanno cos’è la for-mazione, definita nell’abusato “vocabolario collettivo”, ma soprattutto in quello politico. Se ieri la praticavano solo le grandi aziende o le multina-zionali, oggi vi accede anche la piccola impresa, sua sponte o per costrizione normativa.

Usava dirmi, con una punta di fierezza, uno storico im-prenditore italiano: “Vede, ai miei addetti alla contabilità ab-biamo fatto un corso d’inglese, riescono a farsi pagare prima dai clienti esteri ”. Pertanto ci si è persuasi che formare le risorse umane non è un aggra-vio di costi o una prassi d’èlite, ma un propulsore del Sistema Paese (sebbene fra i non addetti ai lavori permanga una certa confusio-ne sulla differenza tra educazione, addestramento e formazione).

In questo scenario l’aumento della consapevolez-za sui benefici della formazione non è andato di pari passo con l’evolversi dell’offerta formativa.

La sudditanza alle metodologie e ai contenuti an-glosassoni, altamente diffusa nelle proposte degli operatori, - è noto che in Italia contenuti e me-todiche tipiche della formazione aziendale vengo-

no importati a cavallo degli anni ‘50/’60 e poi si diffondono tra gli anni ‘80 e i ‘90 - ha inibito una ricorrente attività di ricerca.

Non essendoci una costante volontà di fare ricer-ca e sviluppo, e non esisten-do, ipso facto, innovazione, si ricorre pigramente o per consuetudine alle stesse me-todologie e contenuti utilizzati cinquant’anni fa.

Fare ricerca per rivitalizzare in toto l’offerta, specificando-la in funzione alle specifiche esigenze di sviluppo dei seg-menti produttivi, deve essere l’imperativo per il prossimo decennio.

Solo potenziando la ricerca il settore della formazione potrà divenire fattore imprescindi-bile della nervatura economi-ca del Paese; ma il settore, da solo, non può far fronte agli investimenti necessari per la

ricerca stessa.Pertanto la politica, così brava ad abusare del con-

cetto di formazione, deve risolversi a varare delle azioni al fine di colmare questo gap. Come? Per esempio, creando un fondo specifico per la ricer-ca sulla formazione, sostenuto dal contributo dello 0,30 % per i fondi interprofessionali. Avere buone metodologie per erogare buoni contenuti deve es-sere la nuova coscienza per questo secolo.

Carlo Barberis

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EDITORIALE3 Rinnoviamo l’offerta formativa

tramite la ricerca.

COVER STORY7 Metis al servizio delle risorse umane.

INTERVISTE10 Banche Popolari,

valore aggiunto nel sistema del credito.13 Italia Lavoro, puntiamo tutto

sul “capitale umano”.

FOCUS16 Donne imprenditrici, una risorsa

da valorizzare e sostenere.

LE SCHEDE DI HT23 Il capo e i suoi collaboratori.33 Il budget.39 Il marketing degli eventi.

TAVOLA ROTONDA46 Formazione, flessibilità, innovazione

la sfida di confartigianato giovani.

L’OPINIONE DI...52 Crisi economica ed enti di formazione.54 Piccole, solide e con tanta voglia di creare.

Quando l’unione produce lavoro.56 AAA manager qualificato nelle energie rinno-

vabili cercasi.58 L’Advocacy. Una necessità

per la giustizia italiana.60 Innovare per competere.62 Sciaky Europe, una business school

per il settore alberghiero.64 La delega, strumento fondamentale

per aumentare la performance del team.

INTERNAZIONALE65 Tagliare i budget promozionali

o aumentarne l’efficacia?

CONTROEDITORIALE66 L’efficienza della Pubblica Amministrazione

tramite la formazione.

Anno 2 N° 7 Giugno-Luglio 2009

HUMAN TRAINING

LA RIVISTA DELLA FORMAZIONE PER VALORIZZARE LA CONOSCENZA

Sommario

Natale Forlanipag. 13

Andrea Auriemmapag. 52

Schede pag.23

G. De Lucia Lumenopag. 10

Federico Bolondipag. 60

HT HUMAN TRAINING

Direttore Responsabile: Carlo Barberis

Direttore editoriale: Vittorio Baroffio

Collaboratori: S. Airoldi, E. Avanzi, A. Baldi, M.R. Barberis, S. Cera, A. Diotallevi, C. Osnago Gadda, A. Mandelli, G. Robilotta, G. [email protected]

Segreteria di redazione: Michela [email protected]

Realizzazione grafica: Fabio Meroni - Studio Slash

Pubblicità:Carlo Traldi [email protected]. 02 80509656

HT Human Training è pubblicato da C.R.I.S.O.F. S.c.a.r.l. 20123 Milano Via Olmetto, 5 Tel 02 80509656 Fax 02 80509280 e mail [email protected]: www.humantraining.it

Stampa: Arti Grafiche Stefano Pinelli20129 Milano v. R. Farinelli, 8

Registrazione tribunale di Milano N° 48 del 23/01/08

Costo copia €8,00 - Abbonamento annuo Italia €40,00, abbonamen-to Estero €60,00 versare l’importo mediante bonifico bancario presso Banca Popolare d’Intra Codice IBAN IT 29 AO55 4845 3600 5057 0125 222, oppure inviare assegno presso la sede della rivista. L’abbonamento sarà attivo dal momento di ricevi-mento del pagamento e può decor-rere da qualsiasi periodo.

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma o rielaborata con l’uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

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COVER STORY

aziende per i propri dipendenti. Dall’altro sono state un efficace servizio per l’impie-go, in particolare per i giovani in cerca di prima occupazione, per i lavoratori con necessità di reintegrazione o riposiziona-mento nel mondo del lavoro.

Tra i più importanti player del settore si distingue Metis Spa. Una società a capita-le interamente italiano, fondata nel 2000, con tre investitori istituzionali, Unicredit, Generali, PAM ed altri investitori privati nel suo azionariato.

E proprio perchè operare nel settore del-le Agenzie per il Lavoro comporta un do-vere di responsabilità sociale evidente ed immediato, da alcuni anni Metis S.p.A., presenta, insieme al Bilancio d’Esercizio, anche un Bilancio Sociale. Uno strumento di trasparenza e di dialogo con i propri interlocutori attraverso il quale l’azienda vuole analizzare l’impatto sociale della sua attività e al tempo stesso condivide-

Sono ormai passati 12 anni dall’introdu-zione del lavoro temporaneo in Italia.

Era infatti il 1997 quando l’Unione Euro-pea, con una sentenza denominata “Job Centre II” (n.181), condannava l’Italia per la mancanza di libera concorrenza nel mer-cato del lavoro, allora sotto stretto mono-polio del settore pubblico. Quella sentenza aprì le porte al “Pacchetto Treu” (Legge 196/1997) che introduceva le Società di Fornitura di Lavoro Temporaneo in Ita-lia che poi, per effetto della Riforma Biagi (Legge 30/2003; D.Lgs 276/2003), si sareb-bero trasformate in Agenzie per il Lavoro.

Le Agenzie per il Lavoro, in questi 12 anni, hanno svolto un’indubbia funzione sociale. Da un lato hanno affiancato le im-prese nella loro necessità di gestione della flessibilità (picchi di lavoro, sostituzioni di lavoratori assenti, stagionalità) garan-tendo la tutela dei lavoratori con contrat-ti conformi a quelli stipulati dalle stesse

METISAL SERVIZIO DELLE

RISORSE UMANE L’agenzia per il Lavoro a capitale interamente italiano, specializzata

nella ricerca, selezione, formazione e gestione delle

risorse umane, tiene testa alla crisi strizzando l’occhio

all’internazionalizzazione.

di Chiara Osnago Gadda

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Metis punta su qualità e specializzazione del suo

COVER STORY

re le iniziative e i progetti no profit che ha posto in essere. La CSR infatti, è una scelta che va oltre la politica d’immagine o le attività filantropiche dell’azienda, ma che fa riferimento all’ambito sociale in cui Metis opera. Sia internamente che ester-namente, Metis è impegnata ad offrire standard sempre più elevati di servizio, di qualità del lavoro, di prospettive di car-riera, d’inserimento e reinserimento nel mercato dell’occupazione.

Human Training ha intervistato Pierma-rio Donadoni, amministratore delegato di Metis, per capire come opera un’azienda leader.

Come si propone Metis al mercato di riferimento?

“Metis si propone come un soggetto po-lifunzionale, in grado di offrire alle azien-de clienti e ai lavoratori diverse tipologie di servizi, grazie anche alla strategia di differenziazione che ha visto la creazio-ne di quattro società controllate, Partis, Gestis, Seltis e Formetis, che operano tutte nell’ambito delle risorse umane. In particolare, Partis si occupa di servizi di outsourcing del personale; Gestis è una società di servizi operante nell’ambito della gestione amministrativa per il per-sonale; Seltis srl è una società di ricerca

«Attraverso un costante processo di crescita e sviluppo, una strategia di differenziazione e specializzazione dei servizi e un attento controllo di gestione, Metis punta a massimizzare i risultati per creare valore.»

e selezione che affianca le imprese nella scelta di professionisti che saranno chia-mati a svolgere un ruolo strategico all’in-terno dell’azienda, Formetis è una società di formazione certificata UNI EN ISO 9001/2000, all’interno della quale ope-rano due divisioni specializzate: Forme-tis Finanziata e Formetis Manageriale. Solo nell’anno 2008, Formetis ha erogato 76.135 ore e 1.662 corsi totali, attraver-so quattro tipologie di formazione: base, professionale, continua e on the job.”

Che servizi offre?“L’obiettivo di Metis è quello di reclu-

tare, selezionare, formare e gestire risorse umane qualificate e motivate, inserendole all’interno delle aziende clienti. Inoltre, offre soluzioni personalizzate alle imprese seguendo con attenzione le loro esigenze di flessibilità nella gestione delle risorse umane, velocità ed efficacia nel processo di ricerca e selezione e corretta gestione amministrativa del personale. Due sono i servizi principali di Metis: la somministra-zione del lavoro, la ricerca e selezione del personale (fascia media). La somministra-zione del lavoro è un ambito in cui assu-me i lavoratori e li mette a disposizione delle aziende clienti (utilizzatrici) per un periodo di tempo stabilito, occupandosi dell’intero processo di ricerca, selezione e gestione amministrativa (servizio tradizio-nale) oppure, nel caso in cui un lavorato-re sia già a disposizione dell’azienda, solo l’assunzione e la gestione di tutte le proce-dure amministrative (servizio payroll).La ricerca e selezione del personale invece è un’attività di consulenza, volta all’in-dividuazione di candidature idonee a ri-coprire specifiche attività all’interno di un’azienda, che inserisce tali figure pro-fessionali direttamente nel suo organico. E proprio per garantire il miglior servizio

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COVER STORY

servizio varando un nuovo piano industriale.

all’azienda cliente e al candidato, Metis svolge questa attività con una divisione dedicata: Metis Divisione Permanent. Essa risponde ai bisogni di selezione di personale delle aziende in modo comple-to e nel rispetto delle esigenze di flessibi-lità, specializzazione e velocità di risposta richieste da contesti di mercato sempre più dinamici. Inoltre, offre anche altri servizi complementari quali pre – selezio-ne con intervista telefonica, realizzazione di annunci di RPQ su siti specializzati o su stampa; acquisto di spazi pubblicitari per annunci; gestione data base curricula dell’azienda cliente; organizzazione e ge-stione assessment group.”

Che tipo di formazione viene fatta ai propri lavoratori somministrati?

“Abbiamo il sistema formativo più evo-luto, di tipo bilaterale (50% agenzie per il lavoro e 50% organizzazioni sindacali per il lavoro) dove si è creato il fondo per la formazione a favore delle società interina-li: Forma.Temp. La nostra strategia per la formazione dei lavoratori è quella di forni-re degli strumenti e conoscenze spendibili nell’attività di somministrazione in modo da supportare le richieste dei clienti. Così facendo, si va a capitalizzare il bagaglio di conoscenze di ogni singolo lavoratore in modo tale che lo stesso possegga il know how spendibile sul mercato.”

State risentendo in qualche modo della crisi che attanaglia il mondo intero?

“Indubbiamente anche noi siamo toccati dalla crisi, anche se in maniera lieve ( rispet-to al 2008 siamo a quota -21%) ed entro la fine dell’anno contiamo di tornare alla pari. Abbiamo comunque chiuso 8 filiali e ne ab-biamo accorpate 12. Dunque, di attive ora ce ne sono 134. Inoltre, proprio per fron-teggiare la congiuntura globale negativa, ab-

biamo chiamato a far parte del nostro board Jerome Caille, che è stato amministratore delegato di Adecco Mondo e con lui abbia-mo intenzione di mettere a punto un nuovo piano industriale che porterà all’internazio-nalizzazione della società”.

Quali sono i plus di Metis?“Anzitutto, per monitorare e compren-

dere le dinamiche del mercato del lavoro in Italia e per anticiparne quindi l’evolu-zione, Metis ha dato vita ad un Osservato-rio permanente sul lavoro, che monitora gli indici più significativi del mercato re-lativamente a domanda e offerta di lavoro e elabora analisi periodiche, creando degli spunti di riflessione da condividere con istituzioni, media e opinioni pubbliche. Per comprendere maggiormente e ana-lizzare i bisogni e i comportamenti delle aziende clienti e dei propri lavoratori, Metis realizza ogni anno, in collaborazio-ne con le società di ricerche di mercato Ab Research, delle analisi specifiche di soddisfazione nei confronti del servizio offerto, comparandole con i risultati degli anni precedenti. Non dimentichiamo poi l’innovazione dei processi (il contributo dell’IT è infatti fondamentale per la per-fetta riuscita di tutte le attività che com-pongono il processo lavorativo di Metis); il sistema di qualità (Metis ha certificato con l’ente De Norske Veritas a livello eu-ropeo UNI EN ISO 9001/2000 tutte le fasi della sua attività: dalla ricerca dei can-didati alla selezione, dalla gestione ammi-nistrativa fino alla formazione); la gestio-ne del credito e il bilancio d’esercizio; la specializzazione dei servizi; l’immagine e la comunicazione esterna forte e vincente. Ma sono la preparazione e la competenza delle risorse umane della struttura, oltre alla loro motivazione, fattori determinanti del successo della società”.

«Oltre all’attività socialmente utile che deriva dal suo core business, Metis sviluppa iniziative a sostegno di associazioni che operano per categorie sociali svantaggiate.»

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Solo con la formazione è possibile perpetuare

INTERVISTA

sociazione ha fatto propri i principi car-dine del Credito Popolare, contribuendo allo sviluppo di un’identità forte e orga-nica della Categoria, basata sul concetto chiave di localismo. Il localismo, come valorizzazione del territorio, impegno sociale e supporto alle Piccole e medie imprese e alle famiglie, rappresenta an-cora oggi il carattere distintivo del Cre-dito Popolare che, pur partecipando ai

Banche, territorio, clienti e credi-to: l’Associazione Nazionale fra le

Banche Popolari è una delle realtà più consolidate del nostro tessuto econo-mico. È un organismo che raccoglie in sé qualcosa come 99 istituti di credito, 9.300 sportelli, 1.150.000 soci, 9 milioni di clienti, 83.000 dipendenti per 541 mi-liardi di euro di attivo.

Sin dalla sua fondazione, nel 1876, l’As-

di Andrea Mandelli

BANCHE POPOLARIVALORE AGGIUNTO NEL SISTEMA DEL CREDITO

La formazione bancaria secondo

Giuseppe De Lucia Lumeno,

segretario generale dell’Associazione

Nazionale fra le Banche Popolari

del credito.

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INTERVISTA

nel tempo i valori propri della banca locale.

«Le Popolari annettono alla formazione grande rilevanza. Da sempre,sia a livello nazionale che internazionale,si sono preoccupate di formare i propri quadri e dirigenti.»

nazionale? “Le Popolari come già detto annetto-

no alla formazione grande rilevanza. Da sempre sia a livello nazionale che inter-nazionale, nell’ambito dei rapporti con le consorelle europee, esse si sono occu-pate di formare i propri quadri dirigenti. Rapporti di collaborazione a questo fine sono particolarmente stretti con l’Asso-ciazione della cooperazione bancaria te-desca, con Rabobank, eccetera”.

Cosa fanno le popolari per la formazio-ne?

“Organizzazione di scuole di formazio-ne, con specifico utilizzo delle migliori risorse manageriali a questo fine”.

Dottor De Lucia Lumeno, lei ha svolto a Taormina una relazione sui profili isti-tuzionali delle banche popolari tra tradi-zione e innovazione. Come si coniugano oggi sul mercato questi due aspetti?

“Tradizione e innovazione rappresen-tano anche oggi un binomio inscindibile delle Banche Popolari e la storia ultra-centenaria di questi intermediari lo di-

cambiamenti e alle innovazioni del pano-rama bancario, rimane fortemente anco-rato alla sua vocazione originaria.

Tutelare il Credito Popolare sotto il profilo normativo, promuovendone im-magine e attività, costituisce l’obiettivo primario per l’Associazione che, in rap-presentanza della Categoria, è chiamata a mantenere relazioni strategiche con le maggiori istituzioni di riferimento del Paese, così come del contesto comunita-rio e internazionale.

L’evoluzione delle Banche Popolari a partire dagli anni ‘90 ha determinato un’intensa crescita dimensionale ed il conseguente adeguamento delle struttu-re organizzative. Tuttavia, grazie a una profonda consapevolezza della propria identità e ad un’azione costantemente focalizzata sul localismo, le Banche Po-polari, anche in virtù dell’azione dell’As-sociazione, sono riuscite a mantenere in-tatta la propria vocazione e lo spirito che da sempre le anima.

A parlarci di questa realtà e dell’impor-tanza strategica che la formazione riveste in questo singolare rapporto tra credito e territorio è il segretario generale dell’As-sociazione, Giuseppe De Lucia Lumeno.

Dottor De Lucia Lumeno, quanto è im-portante la formazione del personale delle banche popolari?

“La formazione riveste un ruolo impor-tantissimo per le banche Popolari. Solo attraverso di essa è possibile perpetuare nel tempo le caratteristiche e i valori pro-pri della banca locale”.

Formazione è una parola che è ricorsa sovente nel corso del recente convegno di Taormina: si tratta di una mission istituzionale delle popolari, oppure è un’esigenza accresciuta dalla crisi inter-

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mostra appieno”. C’è chi dice che il settore è obsoleto…

“Ai critici ed agli scettici rispondo che i principi che caratterizzano le Popolari - sussidiarietà, mutualismo e solidarietà - sono attualmente più importanti che mai. Aggiungo che proprio la crisi finanziaria in atto sta facendo apprezzare dalla clientela, che non a caso è in crescita, la peculiare governance delle banche cooperative”.

Questo è vero per tutte le Popolari, al di là delle dimensioni?

“Quello di “spaccare” il settore assimi-lando alcune Popolari alle banche spa, è un luogo comune che va rimosso. Non è forse un’evidente manifestazione del-la mutualità il fatto di mettere i servizi bancari a disposizione dei soci, che po-

tranno, a loro scelta, usufruire dei servizi della banca, nella quale ciascuno, grazie al voto capitario, ha un peso decisionale identico?”.

Come si spiega le continue prese di po-sizione per una riforma che modifichi i capisaldi dell’attuale disciplina?

“Una riforma può essere utile, anzi au-spicabile, soltanto qualora aggiorni senza snaturare la natura cooperativa e locali-stica delle banche popolari.

Nella nostra economia, come in quel-la di molti altri Paesi, non solo europei, c’è spazio sul mercato sia per le banche S.p.A. che per le banche cooperative. Nella crisi attuale, il Credito Popolare sta svolgendo un’insostituibile funzione “anticiclica””.

«Nella nostra economia, come in quella di molti altri Paesi, non solo europei, c’è spazio sul mercato sia per le banche s.p.a. che per le banche cooperative.»

Laureato in Scienze Politiche all’Università di Roma La Sapienza, con 110/110 e lode.

• Condirettore alla Banca Nazionale dell’Agricoltura

• Direttore Centrale alla Banca Popolare di Verona

• Presidente BPV Vita s.p.a.

• Amministratore Delegato Banca d’Affari

• Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO

INTERVISTA

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INTERVISTA

e sull’apporto che ciascuno, con le sue ca-ratteristiche, può dare al buon andamento complessivo nei luoghi di lavoro e nella so-cietà. È nell’ambito delle crisi che vengono i cambiamenti che seminano il successo delle imprese e dei contesti produttivi suc-cessivi.

Quanto è importante la formazione dei la-voratori nel vostro settore?È fondamentale, dal momento che ci si oc-cupa di ‘persone’, individui, con le loro ca-ratteristiche, esigenze, il proprio specifico percorso. Da un lato bisogna che i nostri operatori siano competenti al massimo gra-do sulla normativa e su tutte le opportunità a disposizione di chi deve inserirsi o re-in-serirsi nel mercato del lavoro; ma serve an-che e, soprattutto, la capacità di accogliere,

“La formazione permanente è di-ventata da anni un cardine delle

politiche europee”. Natale Forlani, presi-dente e amministratore delegato di Italia Lavoro, fa il punto sullo stato dell’arte del-la formazione in Italia, tenendo presente le migliori prassi che si attuano nella comuni-tà europea.

Dottor Forlani, Italia Lavoro unisce do-manda e offerta per ciò che concerne il mercato del lavoro. Come è possibile re-alizzare una strategia vincente anche nei momenti di crisi?La strategia vincente, sempre e a maggior ragione nei momenti di crisi, credo con-sista nel puntare sulle persone, su quello che viene definito ‘il capitale umano’, sulla valorizzazione dello specifico individuale

di Andrea Mandelli

ITALIA LAVOROPUNTIAMO TUTTO

SUL “CAPITALE UMANO”

Parla Natale Forlani, amministratore

delegato di Italia Lavoro, ente

strumentale del Ministero del Lavoro,

della Salute e delle Politiche Sociali.

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Che ruolo gioca l’uomo in una struttura complessa come la vostra?La risorsa umana è il centro della nostra attività, perché gli interventi di politica attiva del lavoro non possono più prescin-dere dalla singolarità e dalla specificità della persona che deve reinserirsi: “presa in carico”. Questa espressione molto usata dagli esperti e spesso poco chiara, signifi-ca proprio questo: agire avendo presente “quella” persona e non “categorie”, masse indistinte. Questo sistema di intendere gli interventi ha ovviamente una ricaduta sul modo di essere e di agire degli operatori di Italia Lavoro. Essenzialmente la nostra società, che usa tecnologie e metodologie evolute, è basata sull’organizzazione delle competenze delle risorse umane interne, che collaborano dall’esterno sui medesimi obiettivi.

Formazione anche verso le aziende?Non propriamente verso le aziende, ma verso le persone che vanno ricollocate: individuata l’azienda e la mansione, ci si impegna a formare o a riqualificare la per-sona con una formazione “finalizzata”, an-che attraverso un incentivo all’azienda on the job. Soprattutto verso gli operatori dei servizi per il lavoro che operano all’interno dei nostri programmi.

Un lavoratore che perde il posto oggi quante possibilità ha di trovare un nuovo lavoro? E se viene “formato”?Noi canalizziamo essenzialmente la for-mazione verso la domanda reale di lavoro e per progetti personalizzati. Certamen-te la crisi che stiamo affrontando non è semplice, anche e soprattutto dal punto di vista dell’occupazione. Ci sono settori, tuttavia, dei quali ancora non sono state esplorate tutte le potenzialità in termini occupazionali e che potrebbero ora rive-

«È indispensabile riuscire a capire quali siano i percorsi più utili a tutti e a ciascuno.»

di ascoltare, di capire quale può essere il percorso lavorativo e di vita più adatto alla persona che si ha di fronte.

Entrando nel dettaglio, come sviluppate il processo di formazione all’interno della vostra società? Ogni anno viene stilato un piano che cerca di rispecchiare, nella proposta formativa e di aggiornamento, le aree di intervento nelle quali Italia Lavoro è impegnata, ed è “incrociato” con i principali profili pro-fessionali aziendali. All’interno di questo, cerchiamo di sviluppare delle proposte che possano adattarsi alle esigenze dei singoli: la nostra è una società nella quale le com-petenze sono elevate, anche ai livelli dove l’operatività è maggiore, ed è indispensabi-le riuscire a capire quali siano i percorsi più utili a tutti e a ciascuno.

Quanto tempo dedicate alla formazione?È bene ricordare che nella nostra attivi-tà l’apprendimento è costante e stretta-mente integrato con l’attività sul campo. La formazione è un percorso trasversale all’attività della società, articolata in fasi e periodi che variano in base alle esigenze aziendali e dei lavoratori. Il mercato del lavoro è un ambito di per sé complesso, che si evolve e modifica in continuazione, dal punto di vista normativo ma anche dal punto di vista dei fabbisogni profes-sionali delle aziende e delle aspettative di chi vi entra; e lo è ancora di più se ci si occupa - come fa Italia Lavoro - di real-tà delicate e di target di popolazione con una difficoltà in più, rispetto al “cittadino medio”, ad entrare e a rimanere nel mon-do del lavoro: dalle persone con disabilità agli immigrati, agli over 45 piuttosto che i cassintegrati o i lavoratori in mobilità. Oppure - target ancora più delicato - gli ex detenuti.

Grazie alle crisi avvengono i cambiamenti

INTERVISTA

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INTERVISTA

larsi particolarmente fecondi, anche alla luce degli incentivi europei e statali, mi-rati proprio al sostegno alle imprese e alla ripresa occupazionale. Penso per esempio a tutto l’ambito dei servizi alla persona che, con adeguati interventi anche dal punto di vista della tipologia contrat-tuale (ad esempio con il ricorso al lavo-ro accessorio) e fiscale, può, da un lato, uscire dalla semiclandestinità dei rapporti tra famiglie e “badanti” e, dall’altro, svi-luppare opportunità notevoli per chi è alla ricerca di lavoro. E poi penso a tutto l’ambito dell’innovazione tecnologica e delle energie rinnovabili. Su questo set-tore l’Unione europea si è direttamente impegnata, chiedendo agli Stati membri di indirizzare principalmente gli aiuti alle imprese. Ovviamente, si tratta di settori nei quali è indispensabile una formazione ad hoc, ed una sinergia stretta tra mec-canismi efficaci e trasparenti di incontro della domanda/offerta di lavoro e sistema della formazione.

Da tempo anche in Italia si va affermando il concetto di long life learning. Quanto è

importante per la carriera di un lavoratore?

Da qualche anno, ormai, la formazione permanente lungo tutto l’arco della vita è diventata un cardine delle politiche euro-pee, che caratterizza anche la Strategia di Lisbona. Essa parla. di una vera e propria sfida per modernizzare non solo i sistemi di welfare ma anche quelli dell’educazione (intesa all’anglosassone) e della formazio-ne. Il “life long learning” è lo strumento principale che i lavoratori hanno in mano aumentare la sensibilità dei lavoratori sul tempo impiegato le loro opportunità di mobilità sociale e professionale: solo ri-qualificandosi e aggiornandosi continua-mente si ha la possibilità di esplorare nuo-vi ambiti professionali, di crescere anche umanamente. Da questo punto di vista, c’è ancora da fare, per aumentare da una par-te la sensibilità dei lavoratori stessi verso il tempo che deve essere impiegato nell’ag-giornamento e nella formazione - che non è perso - ma anche delle aziende, in modo che abbiano della formazione una visione di “investimento” a medio e a lungo termi-ne per la loro crescita complessiva.

«Ci sono settori dei quali ancora non sono state esplorate tutte le potenzialità in termini occupazionali.»

L’Amministratore delegato di Italia Lavoro è nato il 7 ottobre 1953 ad Osio Sopra, in provincia di Ber-gamo. Qui ha cominciato nel 1972 l’attività sindacale come segretario provinciale degli Edili della FILCA CISL. Dopo un lungo percorso attraverso incarichi sempre più importanti, tra cui quello di Segretario europeo dei Sindacati edili e delegato CES per la definizione delle direttive sul lavoro mobile e temporaneo, nel 1991 è diventato Segretario

confederale della CISL, incarico mantenuto fino al 1998. Dal 1995 al 1999 è stato Consigliere di Vigilanza dell’INAIL. Nel 1999 è entrato nel Consiglio di Amministrazione di Italia Lavoro e dal maggio 2000 ricopre la carica di Amministratore Delegato, che l’Assemblea gli ha rinnovato il 4 luglio 2002 e, per la seconda volta, il 3 agosto 2005. È stato estensore, insieme a Marco Biagi ed altri autori, del Libro Bianco sul Lavoro.

NATALE FORLANI

che generano i successi.

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FOCUS

Si tratta di un dato peculiare in quan-to determinante nel controbilanciare un saldo che in linea di massima sarebbe stato negativo. Un elemento, questo, ben recepito anche dalla Commissione Euro-pea che considera l’ingresso delle donne nel sistema produttivo una fonte latente di incremento economico e di impiego, oltreché un fattore basilare per incenti-vare l’innovazione e l’originalità di tutti i sistemi.

Le donne, pur con mille difficoltà, si stanno facendo largo tra stereotipi ge-

PREMESSAStiamo attraversando un periodo di for-

te crisi economica che a memoria storica è per certi versi sovrapponibile a quella veri-ficatasi nel ‘29.

Eppure, in questi tempi dalle avverse congetture vi è un segnale di mobilità del-la crescita imprenditoriale complessiva del Paese che proviene dalle imprese femmini-li, per lo più piccole (massimo 50 addetti e 10 milioni di euro di fatturato) e in molti casi classificabili come “micro” (massimo 10 addetti e 2 milioni di euro di fatturato).

di Maria Rita Barberis

DONNE IMPRENDITRICIUNA RISORSA DA VALORIZZARE

E SOSTENERE

L’imprenditoria femminile negli ultimi anni si è sviluppata con

successo.

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nerali legati all’occupazione femminile, sottraendosi per quanto possibile da si-tuazioni di “autosegregazione” striscian-te e offrendo all’economia un surplus che è determinato dalla loro intraprendenza, dal desiderio di autonomia e di realizzare una propria idea investendo in buona vo-lontà, competenze e creatività.

L’universo imprenditoriale femminile rappresenta quindi un fenomeno straor-dinario ed in crescita costante contraddi-stinto, come non mai, da una massiccia e significativa presenza di aziende guidate da donne non italiane, in particolare ci-nesi (le più numerose) seguite dalle col-leghe marocchine, rumeni, albanesi, che hanno determinato l’espansione delle dit-te individuali guidate da donne.

L’impresa femminile è una avventura giovane, nata soprattutto dopo il 1980, eppure essa già emerge, seppur ancora in forma contenuta, al confronto della im-mobilità complessiva del tessuto impren-ditoriale.

LA SCINTILLA CHE SPINGE LE DONNE A FARE IMPRESA… DISTINGUENDOSI

Partiamo da un presupposto: le donne sono state relegate per tanti anni a ruoli privati ed a compiti di tipo sostanzial-mente riproduttivi. A segnare una prima sostanziale modifica delle loro condizioni è stato l’avvio dell’era industrializzata e successivamente della terziarizzazione avvenuta dagli anni ’70 in poi. Passaggi importanti, ma che in ogni caso non han-no risolto l’ambiguità dei ruoli assegnati alle donne, spesso discriminate, schiac-ciate in mansioni tendenti a bassi livelli, con scarso peso sociale e con vertici asse-gnati a posizioni maschili.

E oggi, quale cambiamento? Non esiste a tuttora una pari opportunità tra uomini e donne sul piano lavorativo/economico, tuttavia si sta avvertendo qualche segna-le di trasformazione, almeno a livello di

“consapevolezza” dei fatti.Innanzitutto, vi è una palese evoluzione

socio-culturale, un accresciuto grado di istruzione delle donne e di attenzione alla formazione continua ed una maggiore cognizione delle proprie capacità, unita all’ambizione di realizzarsi, di affermarsi professionalmente ed economicamente. Inoltre, tra le difficoltà di trovare un la-voro dipendente, di avanzare nella carrie-ra (ricordiamo il famoso soffitto di vetro) e di conciliare i tempi di vita e i tempi di lavoro, che presentano ancora evidenti frammentarietà, si fa spazio nella coscien-za delle donne l’aspirazione di autono-mia e di dare il meglio di sé stesse attra-verso la concretizzazione della propria idea imprenditoriale. Questi sono fattori che hanno spinto e stanno spingendo tut-tora le donne a mettersi in gioco e spe-rimentare forme di lavoro autonomo. Ed è proprio in questo inedito panorama, dominato dal connubio tra elementi in-dividuali e sollecitazioni esterne, che si inserisce la crescita dell’imprenditoria femminile. Giusto per dare qualche dato, sono il 23,5% le imprese attive in Italia guidate da donne, che rappresentano un soggetto economico di punta, in possesso di una formazione sempre più di qualità volta a fare riconoscere il proprio valore.

A dispetto di pregiudizi e di scetticismi le donne sanno fare impresa. E anche se non riescono ancora a diventare un vero e proprio modello, lo stile al femminile si sta dimostrando un fattore vincente per presenza sul totale delle imprese naziona-li e per risultati economici.

Il tratto distintivo delle donne impren-ditrici è quello di essere versatili, di ave-re una buona propensione alla novità, all’intuizione di prodotti/servizi e di es-sere caparbie, determinate nel perseguire i propri obiettivi. Una flessibilità eclettica già sperimentata nella loro esperienza fa-miliare. Esse sanno farsi carico dei pro-

«Non esiste a tuttora una pari opportunità tra uomini e donne sul piano lavorativo/economico.»

FOCUS

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«Un gran numero di imprenditrici si scontra con la gestione di intrigate faccende burocratiche fatte di leggi da interpretare, di norme da applicare correttamente.»

blemi, sono pragmatiche, affrontano que-stioni delicate, sono inclini all’analisi, al brainstorming, sanno prendere decisioni, ponderando eventuali rischi, ma soprat-tutto hanno un’indole propensa alle re-lazioni sociali, all’ascolto, all’attenzione verso l’altro. Il successo sembra prove-nire anche dalla spiccata attenzione per i clienti, improntata al servizio ed all’as-sistenza, dalle caratteristiche innovative del prodotto/servizio offerto e dalla com-petitività dei prezzi.

Ma il valore aggiunto dell’imprenditoria femminile è testimoniato altresì da altri fattori peculiari, quali:

• rappresentare un traino dell’intero ag-gregato dell’imprenditorialità italiana

• occupare ampi spazi di mercato e seg-menti un tempo monopolio degli uomi-ni. Infatti, se i tassi di aziende “rosa” più elevati si annoverano ancora in set-tori da tradizione caratterizzati dalla presenza femminile: i servizi alle per-sone, la sanità, il turismo, l’agricoltura, forte è la tendenza da parte delle don-ne imprenditrici di “invadere” ambiti solitamente appannaggio degli uomini (es. logistica, servizi professionali intel-lettuali, trasporti, attività immobiliari, ricerca e sviluppo, ecc.) attuando un lento, progressivo superamento degli stereotipi di genere

• determinare un aumento significativo di formule societarie diverse dall’im-presa individuale “semplice” meno strutturata. Vi è infatti un trend in cre-scita di forme giuridiche più complesse come le società di capitali, le società di persone, i consorzi, le cooperative.

Tante sono le storie di donne con realtà diverse, con carattere e personalità agli antipodi, ma unite da un “sogno”: quello

di svolgere un lavoro indipendente. Eb-bene, tra queste c’è chi proviene da una famiglia imprenditrice, chi ha ereditato un’azienda e chi invece ha creato tutto da sola. Eppure in questi spaccati di vite diverse l’essenza è sostanzialmente una: la determinazione di perseguire e realiz-zare un grande progetto ed il coraggio e la tenacia di non demordere mai, anche nei momenti più duri, quelli in cui la sa-lita è ardua e apparentemente senza fine.

Nelle aziende costituite dalle donne c’è tutta la loro vita, il tempo sottratto a sé stesse ed alla loro famiglia ed il coraggio di andare controcorrente, scontrandosi a volte anche nei confronti di amici, paren-ti e familiari. Le imprese femminili sono un universo immenso, dinamico e in con-tinua trasformazione tra novità ed incer-tezze. Una scommessa voluta con grande passione e con tanta incertezza e paura per gli ostacoli cui si deve affrontare per andare avanti e vincere.

COME REAGISCONO LE IMPRENDITRICI DI FRONTE AGLI OSTACOLI DA SUPERARE

Le difficoltà maggiori incontrate al mo-mento di avviare una attività sono rap-

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presentate per quasi la totalità delle neo-imprenditrici:• dalla burocrazia• dal reperimento del capitale• dalla conciliazione dei tempi

Un gran numero di imprenditrici si scontra con la gestione di intrigate fac-cende burocratiche fatte di leggi da in-terpretare, di norme da applicare corret-tamente. In taluni casi ciò rappresenta un motivo per desistere dall’iniziare una attività o dal richiedere finanziamenti e/o agevolazioni pubbliche.

Altri ostacoli molto sentiti, sia nell’avvio dell’attività sia nelle fasi successive, sono la conciliazione dei tempi della vita priva-ta delle imprenditrici e l’accesso al credi-to, ovvero il reperimento dei capitali.

In particolare, per quanto riguarda la conciliazione dei tempi la maggioranza delle imprenditrici, stando agli esiti di recenti indagini, ammette che la con-dizione imprenditoriale lascia sempre meno tempo per la famiglia, che spesso rischia di trascurala, e per la cura di sé. E se la conciliazione (famiglia-lavoro) nel momento in cui le donne attivano la propria azienda, rappresenta il secondo ostacolo maggiore dopo quello della bu-rocrazia, successivamente diventa il fre-no principale alla piena realizzazione del proprio progetto imprenditoriale. Ciò non sembra comunque frenare la voglia delle donne di perseguire un lavoro au-tonomo.

E CHE DIRE DELL’ACCESSO AL CREDITO PER LO START-UP?

Spesso l’avvio della propria azienda av-viene grazie al credito bancario, oppure ricorrendo a mezzi propri o della fami-glia o alle agevolazioni pubbliche.

Fare ricorso al sistema bancario du-rante il varo dell’azienda è in molti casi una strada difficile da percorrere, per i

problemi incontrati proprio nell’accede-re al credito. Ci sono difficoltà nel rap-porto con le banche all’inizio dell’espe-rienza imprenditoriale soprattutto per le aziende del settore manifatturiero, che si caratterizzano per alte esigenze di investimento. Seguono altri compar-ti, quali: commercio, agricoltura per i quali l’accesso al credito è un deterrente nello sviluppo dell’impresa. Un numero sempre più crescente di donne fa ricor-so ai finanziamenti pubblici (L. 215/90) strumenti messi a disposizione dell’am-ministrazione pubblica e dalle associa-zioni di categoria. Un supporto spesso fondamentale nella fase di start-up e non solo. Tra i finanziamenti preferiti, oltre a quelli a fondo perduto spiccano i prestiti a tasso agevolato, i crediti di imposta e le garanzie per facilitare il credito bancario.

In mezzo a questo groviglio di ostacoli, come reagiscono le imprenditrici?

Le imprenditrici di fronte alle difficoltà mettono in azione differenti canali, tra cui anche quelli sottovalutati nella fase iniziale. E qui è bene soffermarsi su un aspetto importante. Dalle indagini emer-ge che la maggioranza delle imprenditri-ci non compie alcuna analisi di mercato e/o delle sue capacità professionali pri-ma di sviluppare la propria idea impren-ditoriale.

Nei pochi casi in cui avvenga, la poten-ziale imprenditrice si affida alle proprie conoscenze oppure ai consigli e pareri di amici, parenti, conoscenti. Questo si veri-fica non tanto per la mancanza di punti di riferimento istituzionali, quanto per una scarsa sensibilità ad affrontare ex ante una pianificazione analitica dell’attività. Tuttavia, nel momento in cui, lungo il percorso imprenditoriale, vengono per-cepiti degli ostacoli, le neo imprenditrici in tal caso sono spinte a rivolgersi sempre più spesso a consulenti esterni per otte-nere suggerimenti e consigli, soprattutto

«La maggioranza delle imprenditrici ammette che la condizione imprenditoriale lascia sempre meno tempo per la famiglia.»

FOCUS

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dal punto di vista burocratico. Si bussa la porta quindi ad Associazioni di catego-ria, Camera di commercio, Enti e non da ultimo viene chiesto l’appoggio ad altre imprenditrici / colleghe con esperienza. È a questo filone che si ispirano peraltro i progetti come il mentoring promosso da alcune Regioni italiane.

Vi è poi un’altra importante risorsa alla quale attinge una imprenditrice su tre: la formazione permanente. Un valido modo per aggiornare e riqualificare le proprie conoscenze. In particolare, se-condo recenti studi, le società più pro-pense alla formazione risultano essere le cooperative, seguite dalle società di capi-tali, dalle società di persone e come ulti-me dalle ditte individuali. La richiesta di formazione è rivolta in particolare a corsi di marketing, comunicazione, materie tecniche inerenti alla professione oppure legate all’informatica, alle lingue stranie-re. Resta ancora un bacino di contenuti formativi su cui le donne si soffermano poco, considerata la loro importanza, e che riguardano la sicurezza, l’ambiente, la finanza, la qualità.

In ogni caso pur tra i tanti ostacoli e di-sagi, oltre la maggioranza delle impren-ditrici dichiara che ripeterebbe la scelta di lavoro indipendente. Vi è quindi una soddisfazione generalizzata che collima con il successo economico delle aziende.

CONCLUSIONEL’analisi dei dati dimostra che le donne

sono sempre più attive sul mercato del lavoro, per capacità e professionalità, ma c’è ancora molto da fare per garantire una sostanziale presenza femminile.

È necessario innanzitutto impegnarsi nell’eliminare tutti quei vincoli e quelle barriere che gravano sull’impegno lavo-rativo delle donne, concedendo maggio-re attenzione alla flessibilità dei tempi e sposando la cultura del risultato. Occor-

FOCUS

«Gli ostacoli che frenano l’imprenditoria al femminile sono burocratici, di conciliazione e i finanziamenti.»

re intervenire e rimuovere quegli ostacoli (burocratici, conciliazione, finanziamen-ti) che frenano le donne nei processi di creazione imprenditoriale, sostenendole nella realizzazione dei loro progetti at-traverso un costante e capillare percorso formativo, che consenta una valorizza-zione delle competenze individuali e dia loro gli strumenti manageriali necessari a favorire lo sviluppo di imprese più com-plesse e concorrenziali.

Non basta quindi constatare che le donne sono brave, lavorano con metodo, sono propense alla mediazione, bisogna offrire loro l’occasione per dimostrarlo, mettendole nelle condizioni di essere competitive sul mercato del lavoro e di dare il meglio di sé stesse.

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

COME OTTENERE IL MASSIMO RENDIMENTO

DAI PROPRI COLLABORATORI Nell’ambito di una organizzazione la capacità di saper gestire e coinvolgere in maniera efficace

le risorse umane rappresenta una nota vincente ed indispensabile per garantire il migliora-mento continuo e fronteggiare il cambiamento.La qualità del personale costituisce infatti il valore aggiunto che fa la differenza tra una azienda e l’atra. È questa pertanto la filosofia gestionale che va cavalcata, al fine di creare le giuste condizioni per fidelizzare i collaboratori e responsabilizzarli. La presente scheda didattica è stata suddivisa in due parti (la precedente è stata pubblicata sul numero 6).

Le schede sono strutturate in: scheda di sin-tesi, che contiene tutti i macroele-

menti della sche-da didattica con

numerazione progressiva;

scheda analitica, dove viene appro-

fondito ogni singolo

macroelemento con il rispettivo

numero.

COMPETENZE SVILUPPATE: essere in grado di svolgere le funzioni di capo con abilità ed intelligenza emotiva, prestando attenzione al clima di lavoro ed in particolare agli aspetti motivazionali dei lavoratori. Acquisire le tecniche per stimolare i collaboratori.

SCHEDA DI SINTESI - seconda parte

32COME RELAZIONARSI POSITIVAMENTE CON I COLLABORATORI

• Stile assertivo• Comportamenti da evitare

• Fattori che influenzano la motivazione• Suggerimenti per motivare le persone

FUNZIONI DEL CAPO

• Pianificare il lavoro dell’équipe• Cementare il gruppo• Specificare le regole di comportamento• Delegare1

MOTIVARE I COLLABORATORI

4• Chi sono i collaboratori problematici• Come gestire i collaboratori difficili• Approcci vincenti• Approcci inefficaci

I COLLABORATORI PROBLEMATICI

ESIGENZE GENERALI: è noto che ogni leader ha bisogno della collaborazione della sua équipe di lavoratori per essere efficiente e raggiungere i risultati prefissati. Essere al timone di un gruppo significa pertanto incitarlo, scandire i tempi, remare unisoni nella stessa direzione.

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

STILE ASSERTIVO

L’assertività consiste nell’abilità di istituire un rapporto interpersonale equilibrato, di comunicare in maniera adeguata e persuasiva e nell’essere coerenti ed imparziali. Lo stile assertivo basa le sue fondamenta sui se-guenti pilastri:• essere se stessi e liberi di esprimere le proprie idee

• difendere i propri diritti senza violare quelli degli altri

• utilizzare mezzi motivanti e gratificanti verso i propri collaboratori

• esprimere fiducia in sé e negli altri

Lo stile assertivo contribuisce a rendere i rapporti interpersonali chiari ed ef-ficaci in quanto:• invia i messaggi in prima persona

• esprime i suoi sentimenti onestamente

• lascia capire chiaramente cosa intende

• rende i rapporti interpersonali più leali

• riduce ansie e tensioni

• migliora l’immagine del leader

COMPORTAMENTI DA EVITARE:

Sono da evitare comportamenti che vengono definiti:

• passivi.

Il capo appartenente a questo profilo caratteriale è solitamente:

• condizionato dagli altri

• evita il più possibile ogni tipo di conflitto

• tende ad avere scarsa stima di sé e delle proprie capacità

• colto da sensi di colpa e di frustrazione

• uno stile dirigenziale contro produttivo nella gestione del personale, che appare diviso e rivale.

COME RELAZIONARSI POSITIVAMENTE CON I COLLABORATORI2

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

SC

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ITIC

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ESIGENZAPrendere consapevolezza dell’importanza di possedere adeguate competenze manageriali e di sviluppare comportamenti vincenti nella gestione del perso-nale.

VANTAGGISaper gestire, comprendere e motivare i propri collaboratori, sviluppando le loro potenzialità.

COMPETENZA SVILUPPATAEssere in grado di gestire il rapporto con i propri collaboratori in maniera assertiva, flessibile, coinvolgente ed indirizzando ogni sforzo verso la “mis-sion” stabilita.

• aggressivi

Il soggetto aggressivo generalmente è:

• attento solo a sé

• persegue la propria soddisfazione mediante l’utilizzo di sistemi coercitivi pur di affermarsi socialmente

• incline a svalutare gli altri, inducendoli ad atteggiamenti di difesa e di osti-lità piuttosto che di cooperazione

• uno stile dirigenziale controproduttivo nella gestione del personale, in quanto è insolente ed assume un atteggiamento di superiorità e di maledu-cazione

• a rischio l’integrità del gruppo di lavoro

ATTEGGIAMENTI NEGATIVI SUI BISOGNI DI AUTO-REALIZZAZIONE

In particolare sono da eludere gli atteggiamenti che incidono negativamente sui bisogni di auto-realizzazione delle persone, come:

• non riconoscere gli obiettivi raggiunti dai collaboratori

• non soddisfare i bisogni di stima delle persone

• elogiare troppo (diventa consuetudine) o troppo poco (demotiva) e senza fare riferimento ad una specifica performance

• esprimere critiche inappropriate, non costruttive e soprattutto che non met-tano in evidenza vantaggi/svantaggi.

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

Il manager deve ottenere dei risultati mediante il contributo delle persone che coordina. Per giungere a tale scopo è di fondamentale importanza che sappia motivare i suoi collaboratori.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA MOTIVAZIONE

• il background familiare e sociale di appartenenza (status sociale, stili di vita, ecc.)

• le convinzioni personali (i valori, le ideologie, ecc.)

• l’esperienza scolastica e lavorativa

SUGGERIMENTI PER MOTIVARE LE PERSONE

• definire l’obiettivo per orientare i comportamenti e la motivazione

• dedicare tempo e pazienza

• ascoltare

• capire i bisogni individuali

• scoprire il modo giusto per ognuno

MOTIVARE I COLLABORATORI3

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

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• stimolare (gratificare, incoraggiare, responsabilizzare)

• dare la possibilità di scegliere autonomamente

• fornire un supporto nel momento in cui viene richiesto

• mantenere vivo un clima di fiducia e di dialogo

• sottolineare i miglioramenti

• mettere in discussione i comportamenti e non le persone

ESIGENZAIl livello della motivazione dei lavoratori è un elemento essenziale per il suc-cesso aziendale. È importante quindi che il manager sviluppi le strategie di supporto della motivazione nei collaboratori, soprattutto in quelli che si dimo-strano demotivati.

VANTAGGIEssere in grado di affinare le capacità di coordinamento delle risorse uma-ne verso l’ottenimento di vantaggi condivisi.

COMPETENZA SVILUPPATAAcquisire le competenze di gestione dei processi motivanti dei propri col-laboratori, evitando atteggiamenti che possano incoraggiare sentimenti demotivanti.

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

Il capo nella sua attività di coordinamento sperimenta una gamma ampia di tipologie umane e spesso si trova di fronte a dei collaboratori cosiddetti “problematici”, le cui prestazioni lavorative sono inadeguate oppure, es-sendo caratterialmente difficili, alimentano disaccordi ed incomprensioni nella relazione con il capo e/o con i colleghi.

CHI SONO I COLLABORATORI “PROBLEMATICI”

Senza procedere a rigide classificazioni, tuttavia rientrano tra i lavoratori pro-blematici, i seguenti gruppi:

ASSENTEISTI

Gli assenteisti sono coloro che eccedono nelle assenze lavorative. Spesso ciò è determinato da problemi legati alla sfera personale. Contribuiscono ad incentivare l’assenteismo fattori, quali:

• scarsa motivazione

• noia

I COLLABORATORI “PROBLEMATICI”4

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

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A 4 • rapporti interpersonali mediocri con il capo e/o con i colleghi

• eccessivo carico di lavoro

• mancanza di autodisciplina

LAVORATORI IN PROCINTO DI TERMINARE L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

I lavoratori che cessano la loro attività, volontariamente o involontariamente manifestano a volte sentimenti di disagio che si riflettono sul benessere del clima organizzativo. Non è raro in questi casi che il lavoratore:

• si distacchi dal lavoro prima del termine previsto

• si dimostri insofferente verso ogni compito assegnato

• si senta svuotato, incompreso, disorientato

• sia scarsamente produttivo

LAVORATORI CON “PERSONALITÀ DIPENDENTE”Le tossicomanie correlate all’alcool, al gioco e/o ad altre tossicodipendenze rappresentano una realtà sociale che si manifesta anche nell’ambito lavo-rativo.I lavoratori con “personalità dipendente” mostrano spesso:

• cambiamenti della personalità, dell’aspetto esteriore ed a livello mentale (amnesia, confusione, lentezza di riflessi, ecc.)

• scarsa efficienza nel lavoro

• diminuzione della qualità/quantità del lavoro svolto

Sequenze comportamentali

In particolare queste persone hanno un rapporto con il lavoro comune e ripro-ducibile in sequenze comportamentali:

• fase della latenza (gli effetti collaterali della “dipendenza” sono ancora marginali e non influiscono sull’attività lavorativa)

• fase della conflittualità (il lavoratore inizia a dare segni evidenti del suo disagio, che si ripercuotono sul rendimento professionale: assenze, er-rori nell’espletamento delle proprie mansioni, richieste d’anticipo dello stipendio, ecc.)

• fase della cura

• fase del reinserimento del soggetto nell’ambiente lavorativo

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

LAVORATORI IRACONDI O INTROVERSI

In alcuni casi il leader si trova dinnanzi a sé collaboratori caratteriali aggressi-vi oppure chiusi in sé stessi. Questi due atteggiamenti, che possono incrinare le relazioni interpersonali, spesso costituiscono la manifestazione dell’ansietà da frustrazione per aspettative non realizzate.

Il dipendente aggressivo può:

• essere ostile

• usare un linguaggio critico e sarcastico

Il dipendente introverso:

• si chiude in sé stesso (meccanismo di difesa)

• non è assertivo nel preservare i suoi diritti

• si sente pervaso da una sensazione di impotenza

COME GESTIRE I COLLABORATORI DIFFICILI

Nel caso in cui un capo riscontri all’interno del suo gruppo di lavoro la presen-za di collaboratori problematici è bene che imposti al più presto una strategia gestionale oculata che consiste in:

• osservare i segnali inequivocabili che mettono in luce il disagio del “col-laboratore”:- diminuzione rendimento - abbassamento qualità del lavoro: aumento degli sbagli, imprecisione,

distrazione, ecc.- scarso spirito di iniziativa- eccesso di lamentele, biasimo nei confronti dei colleghi- il capo viene evitato il più possibile- indifferenza- ridotti interscambi di collaborazione nell’équipe- mancanza di rispetto delle direttive- comportamenti basati sulla difensiva- assenteismo, ritardi

• indagare le cause che sottostanno alla base del problema e delle scarse prestazioni del dipendente

• eliminare il problema, non il collaboratore

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

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A 4 • interessarsi al benessere del collaboratore

• intervenire quando il problema non è ancora debordato

APPROCCI VINCENTI

È importante intervenire attuando un giusto approccio, ispirato ai valori ed alla cultura delle relazioni umane e basato:

• sul rispetto assertivo

• sulla fiducia reciproca

• sul miglioramento della qualità della comunicazione

• sulla non prevaricazione

È doveroso:

• correggere la situazione facendo comprendere al collaboratore l’importan-za del suo apporto, del suo valore per il gruppo

• adottare una comunicazione assertiva per:- definire con precisione ciò che non va bene- particolareggiare e quantificare i risvolti negativi (in termini di ore,

costi, tempi, ecc.) - rendere consapevoli i collaboratori dei costi dovuti alla loro inadegua-

ta attività lavorativa- incitarli ad assumersi le dovute responsabilità - trovare condivisibili soluzioni e standard di misurazione delle presta-

zioni- edificare una immagine positiva del collaboratore agli occhi di sé stes-

so e degli altri- mantenere positivo il clima, adottando eventuali procedimenti disci-

plinari correttivi, debitamente spiegati e non imposti “abusando” del proprio potere

- focalizzare l’attenzione non sulla valutazione del dipendente ma sul miglioramento della prestazione. In particolare fare emergere: “cosa non va” e “cosa serve” per garantire migliorie

- definire le correzioni possibili- fare comprendere - attuare eventuali percorsi riabilitativi che possano ambire ad obiettivi

di concreta reintegrazione sociale del soggetto

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SCHEDA DIDATTICAIL CAPO E I SUOI COLLABORATORI

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A 4 APPROCCI INEFFICACI

Sono approcci inefficaci quelli volti a:

• ignorare il problema

• sperare che con il tempo le “cose” vadano a posto da sole e quindi che i collaboratori difficili si riscuotano da sé, tornando al giusto equilibrio

• adottare uno stile minaccioso, ricco di censure, rimproveri, critiche, ecc. La conseguenza è quella di alimentare un clima organizzativo teso, in cui il personale problematico e non si pone sulle difensive, attiva comportamenti di resistenza, circospetti, ecc.

• vedere i collaboratori semplicemente come strumenti da utilizzare verso i fini dell’azienda

• demolire il lavoratore mandandogli sistematicamente segnali di non ap-prezzamento

• punire in maniera sterile, senza indicare al collaboratore cosa deve fare per rendere migliori ed efficienti le sue prestazioni

ESIGENZAAccrescere la consapevolezza in merito ad alcune delle problematiche di gestione dei propri subalterni. In particolare, trovare soluzioni soddi-sfacenti per creare un clima sereno tra capo e collaboratore. Premessa fondamentale per lo sviluppo dell’impresa.

VANTAGGIEssere in grado di progettare il cambiamento partendo dall’idea che il coinvolgimento delle risorse umane, comprese quelle più problematiche, è il fattore strategico per eccellenza, che garantisce il successo in un mercato altamente competitivo.

COMPETENZA SVILUPPATASviluppare capacità di analisi delle circostanze, al fine di gestire al meglio le dinamiche legate alla presenza di collaboratori “difficili”.

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

COME REDIGERE IL BUDGET

DELLA PROPRIA AZIENDA Il “budget”, noto come bilancio di previsione, rappresenta uno strumento di notevole valenza

nell’ambito aziendale, in quanto consente di definire costi e fabbisogni che l’azienda deve so-stenere per promuovere strategie ed ottenere dei ricavi. In questo modo l’impresa ha la possibilità di controllare nel tempo il proprio budgeting, evitando eventuali squilibri finanziari. La presente scheda didattica è stata suddivisa in due parti (la precedente è stata pubblicata sul numero 6).

Le schede sono strutturate in: scheda di sin-tesi, che contiene tutti i macroele-

menti della sche-da didattica con

numerazione progressiva;

scheda analitica, dove viene appro-

fondito ogni singolo

macroelemento con il rispettivo

numero.

COMPETENZE SVILUPPATE: acquisire la metodologia per pianificare la gestione finanziaria della propria azienda, verificando la compatibilità delle risorse aziendali in relazione agli obiettivi di sviluppo dell’impresa.

SCHEDA DI SINTESI - seconda parte

2IL MASTER BUDGET

• Budget economico• Budget finanziario• Budget patrimoniale

IL BUDGET

• Definizione• Funzione del budget• Punti di forza• Punti deboli • Fasi del processo di budgeting• Zero based budgeting

1

3• Budget commerciale• Budget della produzione• Budget degli investimenti

BUDGET SETTORIALI

ESIGENZE GENERALI: Essere in grado di redigere correttamente il “profit plan” riveste un ruolo assai rilevante nei sistemi di controllo di gestione aziendale, sia perché consente un rife-rimento operativo sul trend dell’azienda sia perché fornisce criteri di monitoraggio dei programmi impostati e delle performance.

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

• definizione dei centri di costo fissi, ossia:- contabilità clienti- ufficio vendite- direzione generale- amministrazione- direzione tecnica- servizi generali- pagamento affitti/locali

• totale costi di ciascun centro di produzione ed altri eventuali

• costo orario di produzione

• costi di produzione e di materiali per ciascun prodotto o linea di pro-dotti

OBIETTIVO TECNICO

L’obiettivo tecnico del budget economico è quello di:

• evidenziare costi/ricavi, ovvero il reddito netto dell’esercizio successivo

• calcolare i risultati intermedi (risultati operativi, risultati prima delle imposte)

BUDGET FINANZIARIO

Il budget finanziario, noto anche come prospetto di flussi finanziari preventivi, quantifica entrate/uscite conseguenti dalla realizzazione dei budget operativi.Esso è importante in quanto:

• indica la sostenibilità finanziaria delle scelte di investimento

• dimostra cosa ha assorbito/generato liquidità

• accerta l’ammontare dei fabbisogni di capitale

• verifica la capacità dell’azienda di finanziare i fabbisogni di capitale con fonti interne/esterne

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A 2 IL MASTER BUDGET

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

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ESIGENZAPianificare obiettivi concreti e misurabili, definiti in un contesto globale di ri-cavi, costi e profitti.

VANTAGGIPrendere consapevolezza, da parte dei responsabili, delle esigenze e dei vincoli di altre aree funzionali dell’azienda, negoziando tra loro, al fine di raggiungere l’integrazione organizzativa.

COMPETENZA SVILUPPATAEssere in grado di conciliare dati quantitativi/monetari di ogni settore, fare proiezioni in termini di denaro o statistiche, visualizzando budget, previsio-ni di bilancio e flusso di cassa.

I flussi finanziari riferiti a tale budget si distinguono in:

• prospetto di cash–flow, che descrive il flusso delle risorse finanziarie (in-cremento/diminuzione dei fondi)

• budget di cassa, verifica la disponibilità dei mezzi liquidi utili per fronteg-giare le uscite

BUDGET PATRIMONIALE

Il budget patrimoniale, noto anche come stato patrimoniale preventivo, indica la situazione del patrimonio di inizio e di fine esercizio. Per poterlo elaborare occorre tenere in considerazione molti fattori. In particolare:

• l’attivo patrimoniale, ovvero:- attività correnti (somma saldo liquido cassa iniziale + crediti verso i

clienti + valore rimanenze)

- attività fisse, che si riscontrano dal budget degli investimenti

• il passivo patrimoniale, ovvero:- le passività d’esercizio in corso

- le passività consolidate

- il patrimonio netto sociale

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

BUDGET COMMERCIALE

Il budget commerciale esprime i programmi e gli obiettivi dell’area commer-ciale e comprende:

• budget delle vendite, ovvero:- previsioni di vendita, secondo statistiche riferite agli esercizi prece-

denti

- esame del mercato in cui intende operare l’azienda (andamento demo-grafico, situazione economica settoriale, rapporto prodotto/mercato)

- studio della concorrenza e dei suoi prodotti, prezzi, diffusione com-merciale, metodi di vendita, rete distributiva

- esame dei prodotti da vendere: caratteristiche, immagine e visibilità del prodotto, prezzi, ecc.

BUDGET SETTORIALI3

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

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A 3 - canali di distribuzione: grande distribuzione, rappresentanti, vendita di-

retta

- stima delle quantità vendibili per ogni area

- definizione dell’ammontare degli sconti

• budget dei costi commerciali, comprende:- analisi ed individuazione tipologie costi per commercializzare i pro-

dotti:

- costi variabili (trasporti, provvigioni, imballi, ecc.)

- costi fissi (promozioni, pubblicità, ecc.)

- costi fissi indiretti (affitti, stipendi, ecc.)

- definizione quantità costi

• budget degli investimenti commerciali- definizione quantitativa degli investimenti dell’area commerciale

BUDGET DELLA PRODUZIONE

Il budget della produzione determina il quantitativo delle attività dell’area pro-duttiva ed è articolato in:

• produzione

• costi per volume di produzione

• investimenti

Esso, inoltre, comprende i seguenti budget:

• budget dei volumi di produzione programmati (scorte materie prime, rendi-menti standard, giacenze, rimanenze, ecc.)

• budget dei costi della produzione- costi standard (consumo standard/prezzo unitario)

- costi degli acquisti di materiali

- costi della manodopera (oneri, indennità, premi produzione, ecc.)

- costi discrezionali

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SCHEDA DIDATTICAIL BUDGET

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A 3 BUDGET DEGLI INVESTIMENTI

Il budget degli investimenti consente di quantificare le uscite finanziarie per adeguarsi ai programmi di gestione aziendale.Le fasi di elaborazione del budget degli investimenti sono composte da:

• verifica conformità economico-finanziaria degli investimenti

• autorizzazione investimenti

• consuntivazione investimenti concretizzati

Classificazione investimenti

In relazione ad opportune valutazioni tecniche ed economico-finanziarie, gli investimenti si classificano:

• in strategici/innovativi

• di razionalizzazione delle risorse

• di espansione produttiva

• di sostituzione dei beni obsolescenti

ESIGENZASaper stimare le entrate e le spese dell’intero esercizio dell’azienda, al fine di evitare rischi ed imprevisti che potrebbero ostacolare la realizzazione degli obiettivi programmati.

VANTAGGIEssere in grado di intervenire con provvedimenti correttivi laddove si intra-vedono scostamenti indesiderati rispetto al piano gestionale.

COMPETENZA SVILUPPATAAcquisire le competenze necessarie per attuare il controllo budgetario e quantificare entrate/uscite derivanti dalla realizzazione dei budget opera-tivi.

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

PROMUOVERE LA VISIBILITÀ AZIENDALE ATTRAVERSO

IL MARKETING DEGLI EVENTI

Le aziende per assicurarsi la necessaria visibilità e per garantire il risultato commerciale dei pro-pri prodotti/servizi, in un contesto di mercato globale e di concorrenza attiva, sono chiamate ad

intraprendere una politica aperta alle azioni ed alle iniziative promozionali verso il sistema sociale. In particolare, il cambiamento in atto presuppone un’attenta comunicazione dell’immagine tra impresa e clienti interni, consumatori, trade, influenzatori, ecc., tale da richiedere un appropriato utilizzo delle tecniche di marketing operativo a 360°. Il riferimento, in questo caso, si rivolge non tanto alla “pubblicità” ed alla “consumer promotion”, ma a quelle logiche operative riferite all’organizzazione di eventi aggregativi. La presente scheda didattica è stata suddivisa in due parti (la precedente è stata pubblicata sul numero 6).

Le schede sono strutturate in: scheda di sin-tesi, che contiene tutti i macroele-

menti della sche-da didattica con

numerazione progressiva;

scheda analitica, dove viene appro-

fondito ogni singolo

macroelemento con il rispettivo

numero.

COMPETENZE SVILUPPATE: Acquisire competenze in materia di comunicazione e di marketing, tali da permettere l’utilizzo di strumenti pratici per pianificare e realizzare manife-stazioni/eventi aziendali.

SCHEDA DI SINTESI - seconda parte

2

TIPOLOGIE DI EVENTI

• Eventi di comunicazione esterna - Convention - Meeting - Congresso - Conferenza - Tavola rotonda - Manifestazioni fieristiche• Il viaggio incentive

PIANO DI MARKETING DELL’EVENTO

• Definizione di evento• Obiettivi• Analisi dello scenario• Fasi dell’evento: - preliminare - intermedia - operativa - finale

1

ESIGENZE GENERALI: Dare prova di solidità, di creatività e di intraprendenza dell’azien-da, promuovendo avvenimenti in grado di costituire una sfida per i concorrenti, un’occasione per festeggiare avvenimenti aziendali, un momento di simpatia/coesione con il trade, gli influenzatori, una espressione di stima verso i collaboratori.

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

EVENTI DI COMUNICAZIONE ESTERNA

LA CONVENTIONLa convention è promossa dall’azienda verso il proprio pubblico (trade, target, forza vendite)

Caratteristiche• obiettivo commerciale

• partecipanti invitati

• legame stretto tra partecipanti e l’azienda

• rafforza il senso di appartenenza dei dipendenti

• informa i partecipanti su politiche strategiche aziendali

FinalitàLa convention è una “riunione” che viene realizzata con un preciso scopo:

• lancio di un prodotto/servizio

• comunicazioni importanti:- cambio vertici aziendali e/o nuovi quadri intermedi- acquisizione di una azienda concorrente

TIPOLOGIE DI EVENTI2

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

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A 2 - mutamento dei simboli aziendali

• presentazione nuova campagna pubblicitaria

• cambiamenti politica commerciale

• incremento coesione tra gruppi di collaboratori che raramente sono in con-tatto tra loro

LogisticaPer il successo della convention è fondamentale l’organizzazione logistica. In particolare, durante la progettazione della manifestazione è bene:

• tenere in considerazione aspettative del target coinvolto

• definire obiettivi precisi

• selezionare argomenti da affrontare

• scegliere destinazione: - piacevole ed accogliente- comoda da raggiungere in auto, in treno ed in aereo- ottime attrezzature congressuali (sale regia, impianto luci, traduzioni

simultanee, amplificazioni) ed allestimenti (addobbo di piante/fiori per rendere più gradevole l’ambiente)

- assistenza (hostess logistica, coordinatori)- buone infrastrutture e qualità dei servizi (alberghi, locali per tempo libe-

ro, ecc.)- destinazione diversa ogni volta che si organizza la convention

• divulgare l’evento con una efficace comunicazione:- definizione del tema convention: sintetico, ottimista e proiettato al futuro- stampati con grafica e colore diversi da quelli precedenti per: inviti, ma-

teriali accessori (es. portanome da taschino)

• predisporre cena di gala:- sancisce il successo degli argomenti trattati- innalza l’immagine della manifestazioneè importante che:- la sala sia allestita in modo elegante (sala dell’hotel, oppure di un castel-

lo/palazzo)- la presenza di un’orchestra- l’organizzazione di uno spettacolo (cabarettisti, cantanti, balletti)

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

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A 2 IL MEETING

Per meeting si intendono le riunioni di gruppo che le aziende avviano per in-formare, discutere e comunicare al proprio pubblico le strategie aziendali. In questo caso si prende in osservazione il meeting commerciale.

MEETING COMMERCIALECaratteristiche• partecipanti: tutti gli appartenenti alla forza vendite dell’azienda

• presenza della direzione aziendale

• durata: un giorno

Finalità• mantenere aperto il dialogo con gli addetti dell’area commerciale

dell’azienda

• risolvere i problemi specifici che si creano nelle singole zone

• monitorare la situazione, al fine di apporre eventuali ed utili interventi alla politica commerciale

• mettere a fuoco le strategie promozionali ed il piano d’azione

• controllare i risultati di zona

LogisticaLa logistica in questo ambito non è particolarmente gravosa, in quanto l’evento si realizza generalmente in una giornata. In particolare viene:

• realizzato presso la città in cui fa capo la zona commerciale, in quanto ripetuto a cadenze frequenti

• utilizzata sempre la stessa sede

• scelta una sala meeting di media capienza dotata di una buona attrezza-tura

• effettuato un pranzo o una cena con tutti i partecipanti

IL CONGRESSOIl congresso è un mezzo di incontro di alta visibilità e di rilievo, che aggrega molte persone.

Caratteristiche

• promosso da una associazione con fini scientifici o politici

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

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A 2 • obiettivo scientifico

• l’intervento dell’azienda assume carattere di sponsor

• partecipanti si iscrivono singolarmente eventualmente pagando una quota

• non è richiesto legame tra partecipante ed associazione

• dibattito esteso di temi sociali, politici, culturali, economici

• produce interesse negli organi di stampa

• complessità organizzativa (durata: 3/7 giorni)

• elevati costi di realizzazione LA CONFERENZALa conferenza è per certi versi sovrapponibile al congresso ma, rispetto a quest’ultimo, aggrega un numero minore di persone.

CaratteristicheEssa generalmente ha un carattere informale e dà l’opportunità di:

• presentare al pubblico interessato i risultati di una ricerca

• comunicare un programma strategico/gestionale

LA TAVOLA ROTONDALa tavola rotonda è un momento di incontro, a cui partecipa un ristretto numero di persone (relatori, esperti) che affrontano un tema di interesse comune.

CaratteristicheEvento contraddistinto da:

• informalità

• forte interazione tra i partecipanti e pubblico

• accesi dibattiti per eventuali opinioni contrarie

LE MANIFESTAZIONI FIERISTICHELe manifestazioni fieristiche sono quegli eventi con ricorrenza periodica presso appositi edifici:

Caratteristiche

• pubblico delle fiere è composto da:

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

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A 2 - fiere non specializzate: utenti/acquirenti di tutte le categorie

- fiere specializzate: operatori settore, enti, opinion makers, stampa

• la data della fiera è nota con congruo anticipo

• il personale addetto allo stand è molto qualificato e professionale

FinalitàPer l’azienda partecipare alle fiere è un vantaggio in quanto:

• accresce la visibilità

• diffonde l’immagine

• promuove e valorizza la tipicità dei prodotti/servizi

• permette di monitorare nuovi orientamenti del mercato

Fasi operative

• stabilire obiettivi, il mercato ed il target di riferimento

• raccogliere informazioni su iscrizione alla fiera, costi, ecc.

• predisporre elenco dei prodotti/servizi da promuovere

• calcolare superfici per lo stand

• stimare i costi

• definire lo staff che partecipa alla fiera, il quale andrà adeguatamente formato

• definire piano pubblicitario, materiale di comunicazione (brochure, de-pliant)

• organizzare aspetti logistici (trasporti, allestimenti, ecc.)

• pianificare dimostrazioni, presentazioni

• fase conclusiva: attività di follow-up, elenco contatti registrati, consunti-vo costi e ricavi

IL VIAGGIO INCENTIVEIl viaggio incentive è uno strumento promozionale attuato dalle aziende nei confronti di determinate persone (in particolare trade e forza vendite) fi-nalizzato alla motivazione delle risorse umane ed al raggiungimento dei risultati predefiniti. Si tratta quindi di una vera e propria leva del marketing strategico.

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SCHEDA DIDATTICAGLI EVENTI

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A 2 Caratteristiche:

Il viaggio incentive può essere:• individuale

• di gruppo

Esso si concretizza attraverso il seguente meccanismo:• incentive, ovvero meccanismo premiante che può essere predisposto:

- a numero chiuso di vincitori: si fissano gli obiettivi, si stila la classifica in base ai risultati, si annunciano i nomi dei premiati

- a numero aperto: ogni partecipante è in lotta con sé ed il proprio obietti-vo, che deve superare per guadagnare il diritto al viaggio

- durata incentive: 4/12 mesi- presentazione dell’iniziativa, mediante mailing, stampati, convention

• obiettivi del viaggio incentive- raggiungere un quantitativo di vendite fissato nei tempi stabiliti- migliorare il clima aziendale- accrescere la fiducia e la fedeltà dei dipendenti nei confronti dell’azienda- gratificare il target a cui si rivolge

• il viaggio- destinazione: località a breve, medio, lungo raggio- durata: varia in relazione alla destinazione, comunque non minimo di 3/4

giorni- stagione: indicativamente gennaio/marzo- aspetti del viaggio incentive: turismo, cultura, divertimento- assistenza: tecnico-logistica (offerta dall’agenzia organizzatrice) oppure

tecnico-commerciale se offerta dal personale dell’azienda.

ESIGENZADare visibilità all’azienda, realizzando un evento in relazione al tipo di pubblico a cui è rivolto ed in base allo stile che si intende adottare.

VANTAGGIAumentare la visibilità della propria azienda attraverso iniziative legate ad eventi associativi e destinati a pubblici interni o esterni dell’organizzazione.

COMPETENZA SVILUPPATASviluppare competenze specialistiche mirate all’organizzazione ed alla ge-stione di ogni tipologia di evento come mezzo di comunicazione aziendale.

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TAVOLA ROTONDA

Oltre 450 i giovani imprendi-tori presenti all’Assemblea

Nazionale di Confartigianato che dal 6 al 7 marzo 2009 si è svolta al Convitto della Calza di Firenze.Una kermesse ricca di nomi alti-sonanti del mondo politico, im-prenditoriale, economico-finan-ziario, sindacale ed editoriale.Tanti i temi abbracciati: dallo stato di salute dell’imprenditoria giovanile italiana, alle potenziali-tà occupazionali dell’artigianato, fino ai problemi di accesso al cre-dito, alla presa di coscienza del valore indiscusso della forma-zione, quale motore propulsivo al cambiamento.Nei due giorni ricchi di eventi, incontri e confronti, si è respira-

ta un’aria densa di buona volontà ad andare avanti, ad interpretare l’attuale scenario socio-economi-co, a pianificare la chiave di volta della cultura lavorativa, attuando piani di intervento nei vari setto-ri al fine di migliorarne l’impatto sociale.“I giovani imprenditori sono pron-ti a sfidare la crisi” ha affermato infatti, già dalle prime battute del suo intervento, il Presidente dei Giovani Imprenditori di Confar-tigianato, Marco Colombo, che ha dato inizio ai lavori, rimar-cando con grinta e convinzione “la voglia di fare impresa, di fare crescere la società, di mantenere e creare posti di lavoro e di dare garanzia ai dipendenti”. Massima di Maria Rita Barberis

FORMAZIONE, FLESSIBILITÀ, INNOVAZIONE

LA SFIDA DI CONFARTIGIANATO GIOVANI

I giovani imprenditori sono

pronti a sfidare la crisi partendo

dalla formazione.

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TAVOLA ROTONDA

disponibilità a collaborare per un futuro migliore, ma… “non vo-gliamo essere trattati da impren-ditori di serie B o che ci si ricordi della piccola impresa come risorsa del Paese solo in campagna eletto-rale”.Pur apprezzando questo monito ottimista con cui viene rilevato che dall’artigianato arriverà la risposta alla crisi, non ci si può sottrarre dalla constatazione che i giovani devono quotidianamente confrontarsi con i problemi strut-turali del fare impresa in Italia. Ostacoli che hanno nomi e nu-meri precisi: 26,5 miliardi di costi tra burocrazia, scarsa concorren-za del mercato, lentezze della giu-stizia civile e ritardi di pagamento della P.A.: 12,5 miliardi di oneri a causa della crisi del credito; oltre 50.000 potenziali dipendenti in-trovabili sul mercato del lavoro. Inoltre, al di là di facili ottimismi

o di esasperati allarmismi – ha ri-lanciato il Presidente nel proprio discorso di apertura – “… siamo in un momento storico in cui vi è l’opportunità di immaginare ed at-tuare un nuovo modello di svilup-po, di ripensare i tradizionali modi di intervento a patto che … siano adottate misure che favoriscano l’accesso al credito e che venga ridato valore sociale e dignità al “saper fare”, anche per dare una risposta all’emergenza manodope-ra nelle nostre imprese. Nel 2008 il fabbisogno occupazionale delle aziende è stato di 158.350 persone. Ma oltre ad un terzo dei potenziali nuovi dipendenti nell’artigianato, ben 54.760 risultano introvabili”.Innalzare la qualità della for-mazione è quanto chiede Marco Colombo per colmare la distanza che oggi divide il “sapere” dal “sapere fare”, la conoscenza te-orica dalle competenze tecniche

e pratiche. “La crisi attuale è una crisi di valori prima ancora che economica” ha sostenuto senza esitazione il Presidente Colombo. E su questi temi è intervenuto anche il Presidente di Confar-tigianato Toscana Fabio Banti, il quale nel rivolgersi ai giovani imprenditori parla di “strategia”, “riflessione”, “pensiero” ed au-spica la nascita di nuove proposte per creare un terreno più favore-vole allo sviluppo delle piccole imprese. Riferendosi alle banche esprime il suo timore che esse, nelle loro scelte di finanziamento, operino tagli “netti” per settore. Sulla crisi che stiamo vivendo e in particolare sulla crisi di “voca-zioni nell’artigianato”, in termini di manodopera, si sono espressi, durante la manifestazione, Car-lo Barberis (Direttore Human Training), il Vice Presidente della “Contrada degli artigiani”

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Erasmo Figini, la giornalista e scrittrice Nunzia Penelope, la parlamentare Pina Picierno (PD, Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati) ed il Direttore Censis Giuseppe Roma.Secondo gli esperti la crisi di vo-cazione verso i lavori manuali è da attribuire solo in parte alla responsabilità dei giovani, in quanto la risposta vera è da cer-care anche altrove, partendo da-gli altri tasselli che completano il quadro: la famiglia, la scuola, la

al collasso il modello finanziario mondiale è soprattutto la “crisi di cultura e dei vecchi paradigmi”.Sono parole decise che puntano il dito verso un sistema educativo che ha plasmato una “casta di ma-nager” su un abnorme arrivismo in termini di risultati a breve, a scapito di ogni principio etico e morale. “L’élite delle grandi scuole economiche mondiali, in particolare americane e inglesi, con i loro percorsi curricolari e i loro master che per anni hanno divulgato, implicitamente o espli-citamente, l’idea tipo del manager grintoso, avido, freddo, capace di disegnare strategie che rispondes-sero in primis ai meccanismi spe-culativi della finanza e mettessero in second’ordine il varo ed il soste-gno di piani industriali legati allo sviluppo dell’economia reale. Ma cosa più grave, oggi questi “guru” continuano a pontificare ricette, previsioni e a dispensare consigli sull’attuale situazione – creata con i loro insegnamenti e le loro teo-rie”.Barberis concorda quindi con gli altri relatori sull’importanza di creare un ambiente favorevole al cambiamento. Per raggiungere questo obiettivo occore, secondo Roma, dare ai giovani una pro-spettiva più varia del lavoro e non messaggi esclusivamente negativi. Per Picerno è fondamentale sana-re la contrapposizione che nella scuola vede opposta l’istruzione tecnica a quella umanistica. Mentre per Penelope, al di là del-la scuola, anche le famiglie hanno precise responsabilità nelle scelte professionali sbagliate dei figli.Con il suo intervento Figini com-

pie invece una sintesi, sostenen-do che scuola, famiglia e aziende sono in ugual modo responsabili e devono lavorare insieme. Sot-tolinea inoltre la responsabilità della formazione che non è meno grave. E su questo punto anche il mondo del lavoro ha responsabi-lità precise. In merito a queste osservazioni Barberis ha dichiarato che “Esi-ste, persiste e continua ed essere alimentato questo “scollamento” tra scuola e mondo del lavoro. Pertanto se noi vogliamo rende-re reale i nostri sogni, dobbiamo scommettere sul capitale umano ed investire su questo processo.Vale a dire che il sistema forma-tivo si deve porre come cuscinetto ammortizzatore tra scuola e lavo-ro, al fine di saldare le cosiddette “passerelle di transizione” che per-mettano ai giovani di trovare lavo-ro e alle aziende di avere validi e preparati collaboratori. L’impresa artigiana ormai gioca tutto sulla formazione, sia essa imprendito-riale, manageriale, professionale e mediante l’aggiornamento tecni-co”.L’esperto prosegue il suo inter-vento rimarcando i molteplici fat-tori che ostacolano il coinvolgi-mento delle imprese artigiane in efficaci progetti formativi, quali: le limitate dimensioni aziendali, il tempo da impiegare ed i tratti stessi dell’imprenditore artigiano (primo fra tutti l’enfasi posta sul “fare”).Ci si chiede allora: con quali strategie la formazione può con-correre per avvicinare i giovani all’artigianato, rendendolo meno alieno?

TAVOLA ROTONDA

formazione. Su questo tema ha avuto un par-ticolare plauso l’intervento del Carlo Barberis, che con il suo contributo sociologico, ha dap-prima interpretato lo status quo facendo riflettere la platea su sot-tili disamine socio-culturali, non-ché sulle conseguenze dei proces-si endogeni di riorganizzazione del tessuto produttivo ed occupa-zionale dell’ultimo trentennio.In particolare, Barberis ha sottoli-neato che a determinare l’epicen-tro di una crisi che sta mettendo a dura prova l’economia globale ed

E. Figini - N. Penelope

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Puntando sulla qualità della for-mazione, ha spiegato Roma “… la formazione deve riscoprire il ter-ritorio, operare nel piccolo, essere seducente, proponendo progetti in-novativi che vadano incontro alle richieste dei giovani”. Il sistema formativo deve cercare, in effet-ti, di coinvolgere in modo attivo gli artigiani nella predisposizione dei progetti formativi e nella loro attuazione, partendo dai bisogni effettivi e dalle esperienze, per fare apprezzare il valore della for-mazione, motivare a partecipare, ottenere il massimo di utilità. Tuttavia, il direttore di Human Training sottolinea l’urgenza di creare un osservatorio sulla for-mazione che vada a codificare le buone prassi dei progetti formati-vi che hanno avuto successo. Inoltre, ritiene impellente attuare procedimenti correttivi sul diva-rio tra le risorse messe in campo annualmente (15 miliardi di euro) ed i risultati prodotti. Un messag-gio chiaro e conciso sostenuto da-gli applausi della platea. Del resto che la formazione rap-presenti “un grande ammortizza-tore sociale” lo asserisce anche il Ministro per la Pubblica Ammi-nistrazione e l’Innovazione Rena-to Brunetta intervistato dal Vice Direttore de Il Giornale Nicola Porro, sul palco dell’Assemblea dei Giovani imprenditori di Fi-renze. E prendendo spunto dal dato fornito da Barberis, che indicava in 15 miliardi di euro la spesa che ogni anno il nostro Paese investe sulla formazione, il Ministro Brunetta interviene ed esprime il suo parere: “…Quello della formazione nel nostro Paese

è stato un grande alibi. La forma-zione è stata utilizzata come un enorme ammortizzatore sociale. Le crisi sono occasioni per fare esami di coscienza: siccome la for-mazione è fondamentale vediamo di farla davvero”. Ma non è tutto, Brunetta affronta altri temi scot-tanti all’ordine del giorno: dal credito, al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali, secondo il quale vanno dati in maniera condizionata. Si sofferma poi sui diritti che le PMI devono riven-dicare dallo Stato. E tra questi ri-corda “… il diritto ad avere una burocrazia che risponda efficiente, gentile, semplice. Il diritto che la P.A. non scivoli in lunghi ritardi dei pagamenti: … Stiamo cercan-do il metodo per fare i pagamenti senza fare emergere il deficit...”. Poi sulla delicata questione del credito, Brunetta non risparmia “bacchettate” alle banche: “Han-no combinato un bel casino, in questo momento le banche non si fidano soprattutto tra di loro, con la conseguenza di uno stop della liquidità bancaria…”. Mentre sul motivo per cui i gio-vani rifuggono lavori cosiddetti manuali, il Ministro della P.A. risponde che è frutto di una “cat-tiva cultura” di una “cattiva bor-ghesia” che c’è da tempo (“Tutto tranne il lavoro manuale”) che ha ostacolato questo mondo, ipotiz-zando mondi di grandi industrie e masse operaie nonostante la re-altà economica del nostro Paese sia principalmente artigiana.Nel corso dei due giorni di As-semblea sono stati inoltre pre-sentati da Enrico Quintavalle, Responsabile dell’ufficio Studi

Di Confartigianato, i risultati del 3° Osservatorio sull’imprendito-ria giovanile artigiana, che han-no fatto emergere l’identikit del giovane imprenditore, il quale ha una età media di 35 anni, con titolo di studio medio-alto, in at-tività da circa 10 anni, prevalen-temente in proseguimento della tradizione familiare. Non solo, i dati emersi dal’indagine, sotto-lineano inoltre che l’artigianato offre lavoro stabile e qualificato, ma non trova chi vuole occupare quei posti di lavoro e vi è quin-

di una vera e propria emergenza manodopera. Basti pensare che per trovare il profilo richiesto, un imprenditore impiega in media 4 mesi, che diventano 6 per le im-prese dei servizi alle persone.In uno scenario simile, caratteriz-zato da forte instabilità lavorati-va, profonde trasformazioni del tessuto economico/sociale, fine del modello taylorista è doveroso promuovere un nuovo modo di pensare, o meglio, accrescere la domanda di flessibilità che coin-volge sia le aziende sia i lavoratori in prima persona. Una flessibilità

TAVOLA ROTONDA

Carlo Barberis

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intesa non come liberalizzazione selvaggia del mercato del lavoro, licenziamenti, precarietà costan-te, incertezza dell’occupazione, ma bensì come:• capacità dell’impresa di ade-

guarsi ai mutamenti di un dato contesto, attraverso il migliora-mento della propria organizza-zione aziendale

• tutela e garanzia dei più elemen-tari diritti individuali

• sviluppo del capitale umano in ter-mini di formazione e conoscenze.

Tuttavia, per attuare una po-litica basata sui principi della flessibilità, come è stato ribadi-to nell’Assemblea, occorre “for-mare” anche l’imprenditore e fare in modo che disponga delle necessarie competenze. Secon-do Barberis è infatti importante “educare” l’imprenditore ad una nuova forma mentale fondata su:• creatività• originalità• autodeterminazione• adattabilità al cambiamento• apertura mentale verso persone• orientamento all’apprendimento• innovazione• gestione dello stress-emotività• capacità di assunzione del rischio

Non solo: “Occorre soprattutto avere un sogno. E tentando di in-terpretare i sogni di ciascun leader che è seduto in questa sala i più ricorrenti sono:• veder crescere la propria azien-

da• voler dimostrare ai propri fami-

gliari la capacità di continuare a sviluppare l’azienda di famiglia

• veder realizzato il desiderio di

mettersi in proprio• avere successo nel lavoro.

Come i sogni si trasformano in re-altà? Tramite la strutturazione di progetti. E i progetti per realizzarli dobbiamo condividerli con altri, vale a dire che dobbiamo contagia-re gli altri con il nostro sogno”.

Alla luce delle riflessioni finora maturate, la crisi (paradossalmen-te) potrebbe essere una buona occasione per le riforme. Ovve-ro una occasione, come spiegano Mario Baldassarri (PdL) e Raf-faele Bonanni (Segretario gene-rale CISL) per creare una nuova economia che recuperi i valori del lavoro, affronti i “buchi neri” della politica del credito, della burocrazia, dei mercati protetti. In definitiva, sostiene Pierferdi-nando Casini Leader UDC) “…O

utilizziamo la crisi come un vola-no per risolvere i nostri problemi strutturali… oppure ci sommer-gerà ancora di più degli altri Pae-se Europei”. Viene auspicata infine una “ri-voluzione burocratica” come la definisce Matteo Renzi (Presi-dente della Provincia di Firenze) e sostenuta da Giorgio Guerrini (Presidente di Confartigianato), in quanto la burocrazia costa alle PMI dieci miliardi all’anno. Viene altresì caldeggiata la libe-ralizzazione dei mercati protetti.In definitiva, la parola d’ordine è cambiamento, attuato grazie ad una nuova cultura impren-ditoriale basata su formazione, flessibilità e innovazione e volta a porre mano su quei correttivi che, fino ad oggi, non sono stati fatti e che rischiano di strozzare l’economia nazionale.

TAVOLA ROTONDA

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partnership con fornitori esterni;• Coordinare i partner tecnologici nell'ambito degli obiettivi definiti;• Gestire l'IT Governance e la Compliance rispetto a quanto stabilito dalle guidelines internazionali.Requisiti richiesti:Laurea in discipline tecniche. Esperienza di almeno sette anni nel ruolo, preferibilmente maturata in contesti internazionali. Inglese Fluente. Ottime capacità di comunicazione e di relazione. Forti doti di leadership, team building e problem solving.Sede di lavoro: Milano

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L’OPINIONE DI...

Tutte le fonti autorevoli affermano che, in tempi di crisi e soprattutto per usci-

re dalla crisi attuale, la formazione deve rien-trare tra le priorità strategiche delle aziende e delle organizzazioni. Se così fosse gli Enti di formazione dovrebbero navigare in mari tranquilli, ma da una ricerca effettuata dalla Bersin & Associates e riportata nel suo 2009 Corporate Learning Factbook, si legge che per il 2008 nel mercato statunitense:• la formazione aziendale si è ridotta da

58,5 a 56,2 miliardi di dollari, la peggiore contrazione da 10 anni a questa parte.

• La spesa media per formazione per dipen-dente è scesa dell’11%.

• Gli staff di formazione interni alle azien-de sono passati da 5,1 persone per 1000 dipendenti nel 2007 a 3,4 nel 2008 per le grandi aziende e da 7,0 a 4,9 per le piccole e medie aziende.

• Le ore medie annuali di formazione per addetto sono passate da 25 nel 2007 a 17,2 nel 2008 (con un impatto particolarmente

pesante sulle piccole e medie imprese)Non si hanno dati sul mercato europeo ed

italiano, ma, supportati dalla nostra espe-rienza, siamo certi che purtroppo le cose in Italia sono andate, stanno andando ed an-dranno ancora peggio che negli Stati Uniti.

La formazione è quella che sta soffrendo come e forse più degli altri settori economici; è , e continua ad essere, la prima a subire ta-gli di budget, quanto e più di altre aree. Gli Enti di formazione stanno vivendo una crisi paragonabile, se non più pesante, delle altre realtà economiche ed industriali italiane.

Il 5 marzo scorso si è avuto un forum, organizzato dall’Agenzia delle Entrate, su “Studi di settore e crisi economica. Conti-nua confronto con imprese”, al quale hanno partecipato, via web, oltre 130 sedi territo-riali di Associazioni di Categoria: Non ci risulta che tra queste ci fosse chi rappresen-tava il nostro settore. Durante il Forum si è ribadito l’impegno dell’Agenzia delle Entra-te a tenere presenti, in sede di utilizzo degli

di Andrea Auriemma

CRISI ECONOMICAED ENTI DI FORMAZIONE

Parla Auriemma, vicepresidente vicario di

UnionFormazione.

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studi di settore per l’azione di accertamento, le specifiche situazioni emergenti dalla crisi: Non ci risulta che qualcuno abbia espresso le nostre esigenze. Durante il forum si è ri-badito, tra l’altro, che sul piano politico le Associazioni di Categoria riporteranno al Governo ed al Parlamento le necessità di interventi urgenti, mirati a favorire la ripre-sa economica ed a garantire la liquidità alle P.M.I. Non ci risulta che qualcuno abbia precisato che tra le PMI ci siamo anche noi. Tutti i correttivi presi in esame e le proposte conseguenti si riferiscono esclusivamente a settori industriali, di commercio e trasporti: Non vi sono specifiche proposte per il no-stro settore. Se la crisi andrà avanti, come purtroppo si prevede, sarà difficile pensare che il nostro settore di “Enti di Formazio-ne” possa sopportare molti mesi ancora dello stesso tenore, per cui, come hanno e stanno facendo tutte le altre realtà, dobbia-mo chiedere che anche per Noi:• venga dichiarato lo stato di crisi, • si prendano in esame delle forme di age-

volazioni mirate, come ad esempio agevo-lazioni nel campo dei contratti atipici,

• ci siano le giuste sollecitazioni a farci pa-gare i crediti che abbiamo con la PP.AA., senza ulteriori rimandi e soprattutto senza ulteriori sconti,

• ci sia la possibilità di sedere al tavolo del-le trattative con le Isti-tuzioni Pubbliche per concordare, in modo partecipativo, le linee di sviluppo e di soste-gno alla formazione, in modo che effettivamen-te e concretamente la formazione sia la leva strategica per formare gli operatori di oggi e i gestori di domani.

Tutto questo è possibile però se facciamo sentire la nostra voce in modo corale

ed unitario, come fanno gli altri. Non pos-siamo più delegare ad altri, che non cono-scono il nostro settore, la contrattazione del nostro futuro, perché chi non conosce la nostra realtà difficilmente farà proprie le nostre esigenze.

Per tutti questi motivi, soprattutto per dar voce a livello nazionale alle specifici-tà del nostro settore, è nata l’Associazione UnionFomazione….il sindacato datoriale degli Enti di Formazione.

Coerentemente con gli scopi dell’Asso-ciazione abbiamo programmato una serie di eventi/incontri per parlare apertamente dei nostri problemi, e questo per portare all’attenzione dei nostri stakeholder che, mentre in tutti i paesi industrializzati la formazione è considerata uno tra i settori più strategici per lo sviluppo di un Paese, non si capisce perché in Italia non viene trattata alla stessa stregua.

L’argomento del primo degli incontri programmati per il 29 Maggio, dal tito-lo “Gli scenari europei della formazione e dell’istruzione”, si pone l’obiettivo di fare una riflessione sul positioning della forma-zione Italiana rispetto a quella degli altri stati europei, in modo da poter proporre agli Organismi competenti italiani azioni correttive coerenti.

Nell’incontro svolto il 9 Giugno dal ti-tolo “Crisi economica ed Enti di Formazione” si è discusso l’obietti-vo di analizzare la crisi economica in atto e di quantizzarne le ricadute negative anche sulla no-stra categoria, in modo che anche per il nostro settore, come per gli al-tri, venga dichiarato lo stato di crisi e che anche per noi ci sia la rappre-sentanza ai tavoli delle analisi congiunturali.

L’OPINIONE DI...

“Non possiamo più delegare gli altri che non conoscono il nostro settore”.

UNIONFORMAZIONEla vostra voce verso gli Enti Pubblici

• avete qualche problema o controversia con una Entità Pubblica (Regione,

Provincia, Comune, ecc.)?• non siete soddisfatti dei rapporti

con tali realtà?• non vengono riconosciuti

i vostri diritti?

scriveteci, dicendoci la natura del vostro problema, perché vi daremo una mano a

risolverlo

DARE ASSISTENZA AGLI ASSOCIATI È LA NOSTRA MISSION

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L’OPINIONE DI...

sti, privati e pubblici, che in questo caso hanno saputo scrivere una bella ed in-novativa pagina nel contesto dei tanti tentativi di job creation fin qui posti in essere nel nostro Mezzogiorno.

Ecco che cosa ci ha raccontato in pro-posito Enzo Avanzi, il presidente del Consorzio.

Quale è la vera novità nell’attitudine degli imprenditori consorziati?

Si tratta di imprese piccole ma estrema-mente solide, abituate ad operare negli stretti margini operativi normalmente propri dei terzisti, che vedono nel trasfe-rimento di alcune attività in Sicilia l’oc-

Il 26 novembre scorso un gruppo di piccoli imprenditori marchigiani atti-

vo in questo settore ha costituito il Con-sorzio Nebrodi Calzature, destinato ad avviare nel cuore della Sicilia orientale un nuovo polo calzaturiero, trasferen-dovi un primo impianto di produzione destinato ad entrare immediatamente in attività.

L’iniziativa appare meritevole di at-tenzione non solo per il fatto stesso di porsi in controtendenza rispetto a quan-to troppo spesso si riscontra nell’attua-le fase di recessione economica ma per i comportamenti e le motivazioni che sono stati espressi da tutti i protagoni-

di Vittorio Baroffio

PICCOLE, SOLIDE E CON TANTA VOGLIA DI CREARE

QUANDO L’UNIONE PRODUCE LAVORO

Il Consorzio per lo sviluppo della calzatura

dei Nebrodi:bell’esempio di

cooperazione interregionale per

la salvaguardia del Made in Italy dalla

crisi economica internazionale.

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L’OPINIONE DI...

casione per raggiungere in questo conte-sto una dimensione ottimale di impresa, con lo sviluppo di un proprio marchio ed il pieno esercizio di tutte le funzioni imprenditoriali più difficilmente eser-citabili nel territorio di provenienza: commercializzazione, design, rapporti con gli altri operatori locali ecc. Il vero stimolo non è stato, quindi, la mera con-siderazione degli incentivi disponibili ma, piuttosto, la verificata attitudine del nuovo contesto territoriale a saper collo-care queste attività nelle prospettive del proprio sviluppo durevole. Incremen-tando effettivamente la coesione econo-mica e sociale.

Tutti hanno così potuto apprezzare la constatazione che le fasi di attività del Consorzio si sono fin qui sviluppate sen-za richiedere incentivi pubblici e, nello stesso tempo, potendo contare su una costante e sollecita attenzione da parte del Comune di Troina, esplicitamente impegnato ad attivare le procedure per consentire e promuovere la collabora-zione degli altri enti istituzionali: in pri-mis il Parco dei Nebrodi e la Regione.

Perché all’inizio la scelta del Comune di Troina?

Perché lì, da ormai sei decenni, sono presenti le attività che fanno capo alla Fondazione dell’Oasi Città Aperta che, sotto la direzione e con il costante in-segnamento ed impulso di padre Luigi Ferlauto, hanno saputo tra l’altro con-solidare quel patrimonio di attitudini e professionalità che sono indispensabili quando, come in questo caso, si voglia inserire nel territorio un nuovo filone di attività. Senza l’Oasi la nuova iniziativa non avrebbe potuto contare su aziende specializzate nella formazione del per-sonale, nel catering, nell’editoria e nella stampa, nella ricezione alberghiera ecc., con un aggravio dei tempi e dei costi cer-

tamente ostativo al suo decollo.Si deve a padre Ferlauto se Troina po-

teva già contare su una diffusa cultura della solidarietà sociale e della eccellen-za professionale, rendendo così possibi-le ipotizzare, come si è per la prima volta concretamente fatto in questo caso, l’av-vio di un distretto culturale della solida-rietà.

Ci può chiarire meglio cosa si deve in-tendere per distretto culturale?

In questo caso abbiamo inteso fonde-re utilmente i concetti di responsabilità sociale di impresa, distretto industriale, buona governance, cultura della solida-rietà, essendo consapevoli che la logica della impresa e del mercato non sono necessariamente autosufficienti, devono far riferimento anche a valori etici pur nell’ambito di una logica di permanente sostenibilità economica.

Ci siamo mossi tenendo conto degli in-segnamenti dell’OCSE e, in particolare, del programma LEED che più di ogni altro ha saputo valorizzare l’intreccio virtuoso fra valori culturali e sviluppo locale. Nel nostro caso, quindi, il di-stretto non si riferisce unicamente al fatto che le aziende abbiano in comune l’appartenenza ad un determinato set-tore merceologico, ma tiene conto della presenza nella loro specifica area di una “vocazione territoriale”. Quella che ha potuto identificare in un certo patrimo-nio culturale la propria principale fonte di sviluppo.

Le imprese calzaturiere del nostro Consorzio sono così destinate ad essere il primo nucleo di operatori, non neces-sariamente solo economici, di eccellen-za, capaci di testimoniare nel territorio la vitalità di un intreccio virtuoso fra ef-ficienza economica, apertura al sociale, cultura della buona governance e della solidarietà.

«Abbiamo inteso fondere i concetti di responsabilità sociale di impresa, distretto industriale, buona governance, cultura della solidarietà.»

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del management interno. Un management che, soprattutto in questo periodo, opera in divisioni meno performanti necessarie di approfondimenti. Ecco perché la formazio-ne diventa il requisito che, garantendo un continuo aggiornamento delle conoscenze tecniche e gestionali delle risorse, rappre-senta la vera spinta operativa nel meccani-smo aziendale.

“La parte imprenditoriale o di equità con successivo innesto di manager - dice Grif-fini - è una consecutio che anche al netto della crisi, in cui sono rallentati moltissimo gli investimenti, ha a che fare con un’enor-me quantità di normative e di leggi. Inoltre le competenze specifiche sono rare da tro-vare per mancanza di un reale interesse di investimento e di ritorno economico che in-vece settori differenti garantivano negli anni scorsi. Dunque, a mio avviso, il manager non è impreparato, ma era attento a mercati che crescevano, performavano e rendevano

In Italia la green energy è un settore pro-mettente e in espansione, ancorché in

ritardo rispetto agli altri paesi europei. Non a caso, il nostro ritardo viene pienamente rispecchiato nella mancanza di manager e figure professionali qualificate che rischia quindi di lasciarne inevasa la crescente ri-chiesta (+40% rispetto al 2007). Vista dun-que l’attualità dell’argomento, abbiamo do-mandato a William Griffini, partner e ceo di Carter & Benson, gruppo internazionale di executive search, di illustrarci il suo parere su questa tendenza.

Secondo il cacciatore di teste, il ritardo dell’Italia nel comparto della Green Ener-gy dipende dal fatto che le multinazionali o le società nazionali che stanno intrapren-dendo questa strada non sono molte. Per la maggior parte si tratta di protagonisti già attivi da tempo nel mondo dell’energia, che stanno aprendo divisioni o valutando alter-native di sviluppo con una logica di utilizzo

di Chiara Osnago Gadda

AAA MANAGER QUALIFICATO NELLE ENERGIE RINNOVABILI

CERCASI

Green Energy, settore in continua

espansione ovunque: Italia fanalino di coda nei Paesi

dell’Unione anche, e soprattutto, per mancanza

di manager e figure professionali qualificate.

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L’OPINIONE DI...

molto di più e pertanto, si è preparato in quei mercati e non in altri innovativi lega-ti al mondo della Green Energy. Inoltre, le società del mondo della Green Energy tal-volta esigono competenze molto specifiche ed esasperate senza tener conto che in altri settori vicini o similari esistono manager pronti e capaci con competenze del tutto analoghe che potrebbero essere utilizzate nel settore”.

Ma dal punto di vista istituzionale c’è a suo avviso un progressivo sforzo verso l’ecoenergia?

“Sì, esiste questo sforzo - risponde l’head hunter - ma sarebbe necessario da parte del-le istituzioni una facilitazione delle regole che governano questi ambiti. E quindi, un unico o pochi referenti che decidono, sem-plici normative e tempi di risposta veloci per l’applicazione delle stesse”.

Affinchè il piano sulla produzione ener-getica si realizzi è forse il caso di cambia-re rotta riguardo alle energie sostenibili?

“No, - sottolinea - vanno perseguite le possibilità di creazione di energia in modo autonomo, tenendo in forte riguardo qual-siasi tipo di integrazione o aumento del contributo energetico da parte di qualsiasi fonte ecosostenibile. Sicuramente la costru-zione di questi impianti in fase iniziale avrà un forte costo e considerando che tutte le spese pubbliche mondiali stanno cercando di attuare un’inversione di tendenza, non sempre l’innovazione potrà essere utilizzata per il risparmio o attività di saving”.

In che senso?“Le scuole ad esempio - risponde Griffini

- sono strutture estremamente dispendiose per calore ed energia ed hanno sistemi ve-tusti e datati. Se esse prendessero in con-siderazione nuovi modi di creare energia o calore come la cogenerazione, avrebbero sicuramente risparmi energetici nel medio

– lungo termine e un miglioramento della presenza del contributo in termini di Gre-en Energy, ma costi iniziali importanti che non sempre possono essere “sostenibili” e sostenuti”.

State affrontando difficoltà ad individua-re candidati adeguati in questo settore?

“No, per nulla - dice il cacciatore di teste - Esistono sinergie tra il mondo dell’energia e degli impianti e il mondo dell’eco energia e/o della Green Energy e l’attenzione dei manager a questi settori è molto alta grazie anche alla sovrapponibilità delle compe-tenze e alla vicinanza e affinità dei settori stessi. Inoltre, anche tra concorrenti diret-ti con contenuti e competenze specifici sul mondo della Green Energy, lo spostamento sta avvenendo a favore di società industriali caratterizzate da validi progetti e forte cre-dibilità, come ad esempio il mondo della cogenerazione. Questo crea un mercato che in termini di competenze specifiche sta cre-scendo e che in termini di possibilità di spo-stamento di contenuti, competenze, metodi e regole potrà crescere nello stesso modo attingendo da un tessuto industriale che, anche se non è focalizzato sullo specifico prodotto, affronta tematiche, complessità e regole molto similari”.

Dunque, Lei crede in questo tipo di mer-cato?

“Già dagli anni scorsi” conlude Griffini – abbiamo cercato di aiutare e supportare le società che operano nel settore eolico, dei nuovi termovalorizzatori o di nuovi meto-di di creare valore tramite energia in modo, socialmente utile. Questi mercati, anche se molto tecnici e complessi sono in crescita, affascinanti e attualmente carichi di oppor-tunità. In definitiva, dunque, l’inserimento di manager che mirino ad uno sviluppo e organizzazione di questo tipo in nuove aziende sta avvenendo e noi ne siamo par-tecipi.”

«La formazione rappresenta la vera spinta operativa nel meccanismo aziendale.»

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L’OPINIONE DI...

Alla fine del corso il laureato acquista una familiarità nella lettura delle leggi, nell’interpretazione della giurispruden-za e della dottrina, ma non acquista nes-suna dimestichezza con l’aspetto, che possiamo chiamare dinamico, del dirit-to. In effetti, nessun laureato nelle disci-pline giuridiche acquisisce padronanza e scioltezza di esposizione, sicurezza e self-control nella dialettica.

La professione dell’avvocato sul quale il cliente riversa un problema di carat-tere statico, perché meramente consul-tivo, acquista dinamicità nel momento del contenzioso, nel momento in cui le situazioni contrapposte vengono a con-fronto. Il contenzioso, sia di tipo civile

La professione dell’avvocato è una professione che richiede una prepa-

razione di base di tipo umanistico, du-rante la quale all’allievo viene impartita una conoscenza generale delle principali discipline giuridiche, partendo da quella riguardante l’assetto costituzionale del-lo Stato, fino ad approfondire i singoli rami del diritto, imposti dal corso uni-versitario o a scelta del discende.

I corsi universitari sono sempre teorici, finalizzati all’apprendimento della legi-slazione. Ovvero, dell’insieme della nor-mativa prodotta dal legislatore, della giu-risprudenza, che contempla le decisioni dei giudici e della dottrina, costituita dalle argomentazioni degli accademici.

di Gaetano Iorio

L’ADVOCACYUNA NECESSITÀ

PER LA GIUSTIZIA ITALIANA

L’Advocacy metodologia

anglosassone che cura la

forma e lo stile della dialettica degli avvocati.

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che penale, come quello tributario o amministrativo o contabile, vede sem-pre contrapposte due o più posizioni, che affidano ad un organo giurisdizio-nale la soluzione del conflitto. Questo momento di confronto, che rappresenta quell’aspetto dinamico di cui si diceva, richiede “conoscenza generale” confe-rita dal corso universitario; ma anche capacità di relazioni umani, di dialettica comportamentale, deontologica e rela-zionale.

Questa deficienza formativa è stata, in tempo relativamente recente, colmata da una metodologia del tutto nuova, ide-ata dai giuristi di common law, oramai diffusa anche nei paesi di diritto con-tinentale, conosciuta con il termine di advocacy.

Il termine Advocacy è nato come di-sciplina per la promozione di interes-si collettivi e la protezione di persone che si trovano in posizione di disagio e di precarietà. Con il passare del tempo l’advocacy si è sviluppata come metodo-logia di chi coltiva una professione le-gale, concretizzandosi in corsi di forma-zione post-universitari, per conferire a coloro che accedono alle professioni fo-rensi e giudiziarie, prontezza dialettica, deontologia professionale, padronanza di linguaggio, eleganza e espressività di argomentazione.

L’advocacy è quindi rivolta all’aspetto pragmatico del diritto; gli anglosassoni, che sono maestri della pragmatica, han-no codificato questo studio nell’advoca-cy, sentendo il bisogno di dare ordine al processo, cercando di curare lo stile e la forma. È consequenziale che nel curare la forma si cura anche l’aspetto profes-sionale e l’applicazione pratica delle nor-me che regolano il processo. L’advocacy regola l’aspetto comportamentale, etico, professionale, scientifico e relazionale di ogni moderno operatore del diritto.

L’OPINIONE DI...

«L’advocacy si è sviluppata come metodologia di chi coltiva una professione legale.»

L’advocacy è nata per dare ordine e or-ganizzazione al processo, che compren-de avvocati, testimoni, consulenti, periti, ausiliari e cosi via.

Scopo primario dell’advocacy è quello di impartire norme di comportamento e di comunicativa alle parti che devono agire con lealtà e nel rispetto degli altri. Quando una richiesta di intervento è fat-ta con lealtà e nel rispetto degli altri, la richiesta colpisce l’attenzione sia delle altre parti sia di chi deve provvedere sul-la richiesta. Ciò vale sia per gli avvocati dell’accusa che per quelli della difesa sia per il giudice stesso.

La giustizia italiana è afflitta da uno dei mali più endemici del secolo: la lentezza e la disorganizzazione. L’advocacy rap-presenta pertanto il punto di partenza per una giustizia più giusta e ragionevole.

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1° è aperta dal punto di vista tecnico e questo favorisce il lavoro degli sviluppatori di software.

2° non prevede oneri di licenza; oggi, in genere, non richiede pagamenti di royal-ties, con i relativi vantaggi economici

3° garantisce alta performance ed i più alti livelli di sicurezza oggi disponibili.

Qual è la situazione del mercato oggi?Secondo uno studio del MIP, Politecnico

di Milano, 3 aziende su 4 saranno chiamate ad innovare il proprio sistema di gestione entro i prossimi 2-3 anni.

Come possono le PMI italiane conciliare le esigenze di investire da un lato, con l’in-certezza generata dalla crisi in atto?

Non vorrei qui parlare di crisi; crisi origi-na dal greco e significa: decidere cosa fare. Ecco direi che noi tutti ed in particolare gli imprenditori, siamo chiamati a decidere

Federico Bolondi, quali sono le principali caratteristiche di BITAGE?

BITAGE è una SUITE SOFTWARE completa, integrata e web based, che com-prende: ERP per la gestione aziendale; CRM per la gestione delle relazioni com-merciali; ARCDOC per l’archiviazione do-cumentale.

L’ intera suite è stata pensata e realizza-ta sfruttando le nuove tecnologie OPEN SOURCE, per garantire elevate prestazio-ni, sicurezza e notevoli riduzioni dei costi.

Federico Bolondi, può approfondire i con-cetti: web based e open source?

Con il termine web based si intende che chiunque, abilitato e riconosciuto, può operare da qualsiasi luogo si trovi purchè disponga di un accesso internet.

Open source definisce le caratteristiche della tecnologia portata al successo da in-ternet; presenta 3 vantaggi formidabili:

di Gian Paolo Rossi

INNOVAREPER COMPETERE

Spiega Federico Bolondi l’utilizzo

di strumenti tecnologicamente

all’avanguardia per la gestione aziendale.

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cosa fare, decidere del nostro futuro, del nostro successo.

Perché le PMI dovrebbero investire e dove investire?

Nella situazione socio economica attuale, l’imprenditore ha due opzioni: perseguire l’innovazione e aumentare la produttività.

L’innovazione differenzia dalla concor-renza; la produttività rende l’azienda più veloce, più snella e più vicina al cliente.

Come BITAGE può facilitare il raggiungi-mento di questi obiettivi?

La Suite BITAGE ha due caratteristiche “uniche” nell’attuale panorama italiano: la prima tecnica, la seconda economica.

La prima: la SUITE BITAGE disegna il nuovo perimetro del Sistema Informativo Aziendale che comprende tutte le attivi-tà di Impresa: ERP per la gestione azien-dale, il CRM per gestire tutte le relazioni dell’azienda – clienti – fornitori – agenti – partner, etc., ARCDOC per l’archiviazione di tutti i documenti sia quelli creati all’in-terno dell’azienda, sia quelli che ancora arrivano dall’esterno in formato cartaceo; inoltre può integrare le operatività del cen-tralino per la gestione delle chiamate in en-trata e in uscita e il sito aziendale destinato a diventare lo strumento principe della co-municazione d’impresa…

Ma con quali investimenti?Questa è la seconda caratteristica “unica”

ancora oggi nel mercato italiano. BITAGE non ha, non prevede, costi per l’acquisto della licenza, l’azienda non deve investire un euro per l’acquisto, l’azienda investe nella formazione delle sue risorse umane.

Questo consente di abbattere i costi aziendali e migliorare la produttività delle risorse umane impiegate.

A quali aziende si rivolge BITAGE?Abbiamo installazioni di ogni tipo e livel-

L’OPINIONE DI...

«BITAGE è la prima e unica SUITE software per la gestione aziendale che consente di coprire le esigenze gestionali di tutte le aree operative d’impresa.»

lo. Il ragioniere che gestisce 2 o 3 piccole aziende e può operare in tempo reale su tutte, ovunque si trovi, via internet; così come abbiamo installazioni che variano da 3-4-8-15 postazioni di lavoro e fino a ol-tre 50; parliamo di postazioni adibite alla gestione amministrativa e contabile. BITA-GE, per le dimensioni di impresa si rivolge al 94-96% delle imprese italiane…

E per tipologia di imprese?BITAGE è indirizzato a tutte le aziende

del commercio, del terziario, dell’indu-stria. Con verticalizzazioni per i settori: moda, tessile,abbigliamento, calzaturiero; trasporti, commercio e aziende di produ-zione.

Abbiamo visto il mercato e le tipologie di impresa, come viene configurato BITA-GE per le varie tipologie di utenti?

BITAGE non prevedendo il costo di licen-za, viene configurato in base ai moduli che interessano all’utente; è multiutenza, multi aziendale e può crescere nel tempo a richie-sta dell’utente che ha nella sua disponibilità la Suite completa di tutti i moduli che potrà avviare nel tempo in base alle sue esigenze, investendo a ragion veduta nella sola forma-zione per imparare ad utilizzarlo.

Signor Bolondi, perché una azienda do-vrebbe scegliere BITAGE?

Perché BITAGE come abbiamo già detto è la prima e unica SUITE software per la gestione aziendale che consente di coprire le esigenze gestionali di tutte le aree opera-tive dell’impresa. Perché non disperde co-sti per l’acquisto e consente di concentrare l’investimento sulla formazione delle risor-se umane e sull’organizzazione aziendale. Perché è semplice da usare. Perché final-mente anche le PMI possono impostare un efficace controllo di gestione. Perché BI-TAGE è un prodotto concepito, studiato e realizzato in Italia, per le PMI italiane.

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L’OPINIONE DI...

Vuole precisare meglio come è strutturato il gruppo stesso?

Il Gruppo Sciaky Europe è articolato in tre divisioni specialistiche, per rispondere in modo efficace alle diverse esigenze dei nostri clienti:1. Divisione Consulenza – “Industria Ban-che e Servizi” 2. Divisione Consulenza – “Hotel & Travel Industry”3. Business School – che ripropone al suo interno le due aree di diversificazione del Gruppo: B.S. “Industria Banche e Servizi” e B.S.“Hotel & Travel Industry”.

In particolare, SCIAKY EUROPE “Bu-siness School – Hotel & Travel Industry” propone 4 tipologie di percorsi formativi interaziendali altamente specialistici, rivolti esclusivamente al settore alberghiero e ri-storativo:

Dottoressa Baguzzi Sciaky, quando nasce il vostro gruppo?

SCIAKY EUROPE è una società di con-sulenza costituita con l’obiettivo di fornire alle aziende un sistema di servizi integrati nell’area della Gestione delle Risorse Uma-ne e della Consulenza Organizzativa e Stra-tegica.

Fondata a Milano nel 1990, Sciaky Europe è un’azienda italiana di nascita, ma interna-zionale per cultura ed attività professiona-le che si esplica da sempre sia in Italia che all’estero.

Negli ultimi anni il Gruppo Sciaky Europe si è dotato di una serie di “accreditamen-ti” che oggi ci consentono di fornire alle aziende Clienti supporti consulenziali, ma soprattutto formativi, gratuiti perché realiz-zati attraverso finanziamenti di vario tipo: Fse, Regioni, Fondi Paritetici Interprofes-sionali, Enti Bilaterali.

SCIAKY EUROPEUNA BUSINESS SCHOOL

PER IL SETTORE ALBERGHIERO

Parla Miretta Baguzzi Sciaky,

fondatrice e Managing Partner

del Gruppo Sciaky Europe.

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L’OPINIONE DI...

• Master Specialistici, come il Master in “Food & Beverage Management” e il Ma-ster in “Hotel Management”

• Master Brevi – P.F.P., ovvero, Percorsi Formativi Personalizzati, con 3 possibili-tà di specializzazione: “Food & Beverage Management” – “Room Division Mana-gement” – Sales & Marketing Manage-ment”

• Corsi Monografici di Approfondimento su specifiche tematiche, tra cui “Catering & Banqueting Management” – “Yield & Revenue Management” – “La Gestione dei Costi del Personale”

• Corsi Brevi e Seminari

Quale ritiene essere il settore di attività con il maggiore valore aggiunto da parte della vostra azienda?

Tutte e tre le nostre aeree operative, cioè Ricerca e Selezione di Personale, Forma-zione e Consulenza sono ben consolidate, ma il settore di attività che più oggi ci rap-presenta è certamente la Formazione intesa sia come Formazione Aziendale, progettata sulle specifiche esigenze delle aziende clien-ti, sia come Formazione Interaziendale, ovvero a catalogo, erogata da SCIAKY EU-ROPE Business School.

Nel fare formazione infatti noi prestiamo particolare attenzione non solo agli aspetti “professionali” dell’attività formativa come l’accurata rilevazione delle esigenze o la pro-gettazione interpretata, quando possibile, in chiave “non convenzionale” ed “innovativa”, ma anche agli aspetti più “di servizio” come la gestione del cliente da un lato e dei parte-cipanti dall’altro. In quest’ottica diventa per noi fondamentale la rilevazione, con mezzi e strumenti ad hoc, sia del loro gradimento relativamente ai contenuti, sia dell’efficacia della docenza e della didattica, che del livello di apprendimento dei partecipanti.

Ci indica qualche caso di successo riferito al vostro approccio non convenzionale?

Le cito un progetto realizzato con successo in cui il momento formativo si “fonde” con il supporto consulenziale fornito al cliente. Si tratta di un intervento attuato per un gruppo industriale che stava passando da azienda padronale ad azienda di tipo ma-nageriale, con conseguente modificazione della cultura aziendale in ottica innovativa e di internazionalizzazione.

La formazione ha costituito in questo caso la base portante del progetto su cui si sono innestati gli interventi operativi ed organiz-zativi necessari. Tali interventi si sono inte-grati perfettamente con il momento forma-tivo (formazione integrata), a differenza di quanto normalmente avviene, e cioè, prima l’intervento consulenziale e solo successiva-mente quello formativo a sostegno del cam-biamento già in atto.

Questo a riprova del ruolo primario, come leva di cambiamento e innovazione azienda-le, e non solo “ancellare”, che la formazione può rivestire se sapientemente utilizzata an-che in ottica “funzionale” e non solamente “culturale”.

Nell’attuale momento di difficoltà aziendali, quale sviluppo prevede per la formazione?

L’attuale congiuntura rende le aziende particolarmente “prudenti” nel realizzare piani formativi ambiziosi.

Paradossalmente (ma solo ad una lettura superficiale), il momento di crisi ha con-tribuito a far prendere coscienza a mol-te aziende della necessità di accedere alla formazione qualificata, per dotarsi di quei vantaggi competitivi che, trascurati in tempi di prosperità, diventano oggi indispensabili per non soccombere nel mercato.

In risposta a queste esigenze delle azien-de viene a supporto proprio la formazione finanziata attraverso, ad esempio, i Fondi Paritetici Interprofessionali, a cui le aziende possono facilmente accedere con il suppor-to di società specializzate come Sciaky Eu-rope.

«Il settore di attività che più oggi rappresenta SCIAKY EUROPE è certamente la Formazione, sia come Formazione Aziendale sia come Formazione Interaziendale.»

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Crediamo che il sogno di ciascun capo sia rappresentato dall’esercizio di una

“delega perfetta”ossia fornire poche indica-zioni ed ottenere un lavoro, da parte di col-laboratori, a regola d’arte!

Delegare può rappresentare una serie di problemi tra i quali i più ricorrenti sono: l’in-tensificazione della sensazione di insicurezza, la mancanza di fiducia nel proprio staff, il bi-sogno di perfezionismo, i vincoli di tempo per realizzare un determinato compito, la paura di “far crescere troppo i propri collaboratori e crearsi dei concorrenti”, ecc.

Nonostante tutto ciò, la delega è essenzia-le per un buon funzionamento dell’azienda: nessuno può gestire le decisioni riguardanti tutte le operazioni di un’organizzazione.

Un buon approccio per ottenere dei con-fortanti risultati può essere così rappresen-tato: il capo definisce i compiti valutando

il livello di capacità di problem solving, di conoscenza tecnica richiesto al delegato, quindi insieme definiscono le responsabi-lità e l’autorità che avrà per eseguire questi compiti.

Al fine di sviluppare un atteggiamento mentale e una certa “manualità” nel coinvol-gere e delegare i propri collaboratori, Power Training, società di formazione specializzata in corsi manageriali ha messo a punto un se-minario sulla delega che consente di:• massimizzare lo sforzo del team, accre-

scendone la produttività• incentivare l’autonomia dei collaboratori

al fine di promuovere idee creative e at-tuare soluzioni tramite un problem solving immediato

• accrescere le competenze e la motivazione dei collaboratori

• incrementare il tempo disponibile del capo.Il seminario si articola dando luogo ad una

serie di “laboratori di apprendimento” che, sviluppano un set di strumenti e metodi spe-rimentabili in una sorta di campo-pratica, che permette di imparare a utilizzare tecni-che e metodi per:• effettuare la diagnosi della capacità del

collaboratore prima di delegare• scegliere cosa delegare e cosa non delegare• attivare il controllo• sviluppare la motivazione dei collaborato-

ri ed il senso di responsabilità.

Il seminario si terrà a Milano il 17/18 settem-bre.

L’OPINIONE DI...

di G.P. Rossi

LA DELEGA STRUMENTO FONDAMENTALE PER

AUMENTARE LA PERFORMANCE DEL TEAM

Power Training srl è la scuola di formazione manageriale di Human Trai-ning, la sua sede è nella centralissima zona Duomo di Milano. È specializza-ta in formazione ad alto valore aggiunto fornendo soluzioni per lo sviluppo delle abilità manageriali e commerciali. È certificata ISO 9000 ed è accredita presso: Regione Lombardia, Fon.Ter, Forma.Temp. Attualmente impiega un corpo docenti stabile composto da 50 unità. Al fine di presidiare un costante aggiornamento i docenti sono sottoposti ad un periodo formativo che varia da 20 a 30 gg annuali. Per informazioni www.powertraining.it - Telefono 02 86996701

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INTERNAZIONALE

di Stefano Airoldi

Tutti siamo confrontati in questi periodi con tagli di importi previsti per la promozione

e, spesso, l’approccio utilizzato è basato su tagli lineari o peggio, annullando delle attività che la direzione considera inutili. Un esempio di “vittime dei tagli” sono i regali di fine anno ai clienti. Una delle prime azioni sono la ridu-zione dell’importo attribuito per singolo cliente, andando inesora-bilmente a finire nei soliti oggetti-regalo banali. Non stiamo ad elen-carli, in quanto, ognuno di noi, ha un cassetto nella scrivania dove vengono rispettosamente posti per un paio di anni, prima di finire la loro vita, inutilizzati, nei cestini della raccolta separata dei rifiuti. Un consiglio su come procedere viene dato in un articolo dal Julie Krassovsky sulla rivista francese Management. Inutile procedere a distribuire a tut-ti dei regali superflui. È preferibile su quel 30% di clienti che generano cifre d’affari importanti e su un 10% dove ritenete esserci ancora dei potenziali clienti, che non avete ancora potuto conquistare. Parola d’ordine: personalizzazione! Ancora una volta ecco confermata l’importanza di gestire le informazioni sui vostri clienti con un approccio completo, atto a conoscere uno storico di vendite, ma anche altri aspetti. Se disponete di una rete vendita approfittatene per coordinare assieme il regalo da fare, avrà un sicuro effetto anche sulla motivazione della forza vendita stessa. Ci saranno dei clienti, soprattutto quel 10% con ancora del

potenziale da conquistare, dove non avrete suffi-cienti informazioni per personalizzare il regalo. Il consiglio è di rimanere in aree generali dove nella maggior parte dei casi è difficile sbagliare. Diver-

se aziende attive nella gastronomia offrono delle belle confezioni re-galo a prezzi accessibili; nell’elet-tronica ci sono dei lettori MP3 a prezzi abbordabili. Si possono proporre anche delle novità, quali le cornici elettroniche in cui po-tete salvare le foto dei vostri pro-dotti e/o cancellarle per caricare altre foto personali. Importante è l’effetto ricercato, quindi la marca del regalo assume un’importanza notevole. Essa, infatti garantisce un servizio dopo vendita. Niente

è più imbarazzante del regalare un prodotto che non funziona, senza avere la possibilità di una ga-ranzia internazionale. Fare dei regali ai clienti per ringraziarli della collaborazione è pratica legale a tutti gli effetti, chiaramente si deve restare in ambiti inferiori ai 50 euro. Fiscalmente, in Francia, vengono accet-tati quali spese promozionali e se ne può anche recuperare l’IVA. Il presente articolo consiglia di evitare, quale regalo natalizio, gadget sino a € 10 - questi si possono distribuire nel corso dell’an-no - e di cercare di personalizzare il presente, che dovrebbe restare nella forchetta tra 25 e 50 euro. Regali troppo costosi potrebbero essere interpre-tati negativamente come uno strumento per voler “acquistare” il cliente.

TAGLIARE I BUDGET PROMOZIONALIO AUMENTARNE

L’EFFICACIA?Soluzioni attuabili nei periodi di crisi.

Una scelta intelligente

e ad hoc può sortire

lo stesso risultato (se non superiore) di gadget costosi.

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CONTROEDITORIALE

L’EFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

TRAMITE LA FORMAZIONE

Attenzione al cliente/utente/cittadino e moder-nizzazione della macchina burocratica. Con

questi due grandi temi, che sono diventati una sorta di programma manifesto del mi-nistro Renato Brunetta, si è svol-to a metà maggio, presso la Fiera di Roma, il consueto Forum della Pubblica Amministrazione, ap-puntamento annuale che serve per fare il punto su come evolve il si-stema pubblico nel nostro paese.Il Forum della P.A. è il luogo dove enti, ministeri, ammini-strazioni comunali, provinciali e regionali, Asl, ospedali, forze dell’ordine, eccetera, espongono le proprie eccellenze. Quindi, chi si fa un giro per la Fiera di Roma (che per altro sembra una – sco-modissima – cattedrale nel deserto, ma questa è un’altra storia) durante la settimana del Forum, ha un’idea della pubblica amministrazione italiana che purtroppo non sempre corrisponde alla realtà.Certo, lo sforzo di migliorare i servizi al cittadi-no, di facilitarne l’accesso, di semplificare le nor-me burocratiche, rendendo più agevole la vita di imprenditori, lavoratori, pensionati, ammalati, è lodevole e sicuramente innegabile. Ma la strada da percorrere è ancora lunga. E le “spallate” asse-state all’inizio del suo mandato dal ministro Bru-netta hanno sicuramente dato una scossa positiva a tutto l’ambiente. La battuta sui fannulloni ha avuto effetti benefi-ci, soprattutto per quanto concerne il dato (ora in forte calo) di assenteismo. Ma con i soli annunci non si va lontano. E nemmeno con una politica

demagogica. Lo sanno bene i numerosi esponenti politici (di maggioranza e opposizione) che sono intervenuti nei numerosi convegni, dibattiti e ta-

vole rotonde organizzate duran-te tutta la settimana. Agli annunci bisogna far segui-re fatti concreti, altrimenti si alimenta soltanto un’aspettativa che, nel caso venisse poi disatte-sa, si ritorcerebbe contro chi non riesce a mantenere le promesse.Sebbene nel campo della pub-blica amministrazione la perdita del posto di lavoro sia un non problema (chi è assunto a tem-po indeterminato è sicuro di non perdere il lavoro), anche al Forum si è parlato di crisi eco-

nomica e delle sue conseguenze, prima tra tutte l’incremento della disoccupazione. Un problema grave, che può essere trasformato in un’opportu-nità solo se si ha contezza del fatto che chi perde temporaneamente il lavoro, per poter “rientrare nel giro” al più presto e nel modo più dignitoso possibile, deve poter essere messo nelle condizio-ni di ricollocarsi. Quindi ha bisogno di formazione. E la formazio-ne, per essere efficace, deve essere fatta da pro-fessionisti del settore, non da venditori di fumo. Per questo motivo bisogna assumere posizioni di estrema severità e rigore nei confronti di chi sgarra: la formazione è troppo importante per essere lasciata in mano a ciarlatani di qualunque genere e tipo.

Andrea Mandelli

Per migliorare i servizi al cittadino

la Pubblica Amministrazione si deve mettere

in gioco con nuove capacità.

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