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L’ironia e l’umanità di Manto lo innalzano allo stesso livello di Gogol. Anita Desai L’autore Acclamata quanto controversa figura di intellettuale, Saadat Hasan Manto (11 maggio 1912 18 gennaio 1955) è noto principalmente per i suoi racconti in urdu, come Khol Do (Apri!), Thanda Gosht (Carne fredda) e il suo capolavoro Toba Tek Singh. Sceneggiatore radiofonico e cinematografico per Bollywood e giorna- lista, nella sua breve vita pubblicò ventidue raccolte di racconti, un romanzo, cin- que raccolte di sceneggiati per la radio, tre raccolte di saggi e due raccolte di boz- zetti personali. Nato a Sambriala nel Punjab da una famiglia musulmana, nella sua formazione let- teraria giocò un ruolo di primo piano l’incontro, avvenuto nel 1932 ad Amritsar, con lo scrittore e giornalista progressista Abdul Bari Alig che gli fece scoprire autori del calibro di Victor Hugo, Oscar Wilde, Anton Cechov, Alexandr Pushkin, Guy de Maupassant. E proprio con la traduzione de L’ultimo giorno di un condan- nato a morte di Victor Hugo iniziò la sua carriera artistica. Ben presto, però, la sua natura irrequieta e fortemente indipendente lo portò a liberarsi dalle pastoie della mediazione letteraria per intraprendere la via della narrativa. E la forma di scrit- tura che immediatamente gli si rivelò più congeniale fu il racconto. Dopo il 1936, trasferitosi a Bombay, divenne redattore di una rivista mensile di cine- ma e sceneggiatore di film. Gli anni in quella città gli consentirono di frequentare e osservare una variegata “fauna” umana, ben descritta nei racconti dell’epoca, raccon- ti che gli avrebbero dato fama e notorietà. Nel 1941 si trasferì a Delhi per lavorare alla All India Radio. Sempre in quegli anni pubblicò diverse raccolte di racconti. Tornato a Bombay nel 1942, riprese il suo lavoro di sceneggiatore e vi rimase fino al 1948 quando, in seguito alla Partizione, si trasferì nel neonato Pakistan. Di fatto, fu proprio la Partizione, la divisione nel 1947 tra India e Pakistan, a rap- presentare il punto di svolta nella sua vita e nella sua produzione letteraria. Le vio- lenze da essa innescate rappresentarono infatti per Manto una sorta di epifania della natura umana, con i suoi lati oscuri, facile preda dei fanatismi religiosi e nazionali- stici. Ma la sua “denuncia” oggettiva e super partes delle crudeltà commesse da indù, sikh e musulmani lo resero un personaggio scomodo per i detentori del potere, al punto di essere processato per i contenuti delle sue opere, giudicate oscene. A ^

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L’ironia e l’umanità diManto lo innalzano allo

stesso livello di Gogol.

Anita Desai

L’autore

Acclamata quanto controversa figura di intellettuale, Saadat Hasan Manto (11maggio 1912 – 18 gennaio 1955) è noto principalmente per i suoi racconti inurdu, come Khol Do (Apri!), Thanda Gosht (Carne fredda) e il suo capolavoro TobaTek Singh. Sceneggiatore radiofonico e cinematografico per Bollywood e giorna-lista, nella sua breve vita pubblicò ventidue raccolte di racconti, un romanzo, cin-que raccolte di sceneggiati per la radio, tre raccolte di saggi e due raccolte di boz-zetti personali.

Nato a Sambriala nel Punjab da una famiglia musulmana, nella sua formazione let-teraria giocò un ruolo di primo piano l’incontro, avvenuto nel 1932 ad Amritsar,con lo scrittore e giornalista progressista Abdul Bari Alig che gli fece scoprireautori del calibro di Victor Hugo, Oscar Wilde, Anton Cechov, Alexandr Pushkin,Guy de Maupassant. E proprio con la traduzione de L’ultimo giorno di un condan-nato a morte di Victor Hugo iniziò la sua carriera artistica. Ben presto, però, la suanatura irrequieta e fortemente indipendente lo portò a liberarsi dalle pastoie dellamediazione letteraria per intraprendere la via della narrativa. E la forma di scrit-tura che immediatamente gli si rivelò più congeniale fu il racconto.

Dopo il 1936, trasferitosi a Bombay, divenne redattore di una rivista mensile di cine-ma e sceneggiatore di film. Gli anni in quella città gli consentirono di frequentare eosservare una variegata “fauna” umana, ben descritta nei racconti dell’epoca, raccon-ti che gli avrebbero dato fama e notorietà. Nel 1941 si trasferì a Delhi per lavorarealla All India Radio. Sempre in quegli anni pubblicò diverse raccolte di racconti.Tornato a Bombay nel 1942, riprese il suo lavoro di sceneggiatore e vi rimase finoal 1948 quando, in seguito alla Partizione, si trasferì nel neonato Pakistan.

Di fatto, fu proprio la Partizione, la divisione nel 1947 tra India e Pakistan, a rap-presentare il punto di svolta nella sua vita e nella sua produzione letteraria. Le vio-lenze da essa innescate rappresentarono infatti per Manto una sorta di epifania dellanatura umana, con i suoi lati oscuri, facile preda dei fanatismi religiosi e nazionali-stici. Ma la sua “denuncia” oggettiva e super partes delle crudeltà commesse da indù,sikh e musulmani lo resero un personaggio scomodo per i detentori del potere, alpunto di essere processato per i contenuti delle sue opere, giudicate oscene. A

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Lahore cercò di lavorare come giornalista, ma incontrò grandi difficoltà a farsi pub-blicare gli articoli ed ebbe molte traversie finanziarie che accentuarono la sua dipen-denza dall’alcol. Proprio in quegli anni scrisse i suoi capolavori, tra cui Mozail eToba Tek Singh, ma gli eccessi alcolici dovuti a una sorta di impulso autodistruttivolo portarono ad ammalarsi di cirrosi epatica, da cui fu stroncato il 18 gennaio 1955.

Riscoperto dal pubblico anglosassone e da quello francese, che lo hanno apprezzato eamato, negli ultimi decenni la sua figura e la sua opera hanno conosciuto una progres-siva rivalutazione anche in Pakistan, che nel 2005 gli ha dedicato un francobollo.

Il libro

Con Il prezzo della libertà e altri racconti per la prima volta vienepubblicato in Italia Saadat Hasan Manto, unanimemente considerato uno deimaestri della short story del XX secolo. Sono racconti in gran parte incentratisull’assurdità delle violenze causate dalla Partizione, artificiale linea divisoriache fa sì, per esempio ne L’ultimo saluto, che uomini nati e cresciuti insieme siritrovino a combattere su fronti opposti per un “concetto”, il Kashmir, la cuiimportanza strategica non viene spiegata a chi pure per esso rischia la vita.

E se leggendo questo racconto non si può fare a meno di pensare alla guerra nellaex Iugoslavia e a un film come No Man’s Land, un’altra prova della modernità diquesto scrittore, oltre che della sua attualità, è la molteplicità dei registri narrati-vi. Manto dà voce alle persone comuni, vittime del fanatismo religioso e in genera-le di un ingranaggio più grande di loro, utilizzando ora un registro altamentedrammatico (Apri!, L’incarico), ora uno stile ironico (La nuova Costituzione),ora un tono ferocemente satirico come in Toba Tek Singh, da molti consideratoil suo capolavoro, favola nera in cui l’amara riflessione sulla follia collettiva siaccompagna anche alla testimonianza della sua permanenza in una casa di cura cheera a tutti gli effetti un manicomio.

Anche i racconti non strettamente legati alla Partizione testimoniano di una dutti-lità stilistica che ha come fine ultimo la migliore rappresentazione possibile in ter-mini di oggettività della narrazione. Manto non scivola mai nel didatticismo e nonromanticizza i suoi protagonisti, così come non li giudica. Per quanto immorali oaddirittura macabri i personaggi possano essere, sono presentati in una luce reali-stica, lasciando ai lettori il compito di giudicare. Del resto, non c’era lato della natu-ra umana che egli trascurasse o considerasse tabù, al punto di diventare egli stes-so – quasi un antesignano del Suketu Mehta di Maximum City - protagonista di sto-

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rie ambientate nel sottobosco di magnaccia, prostitute e piccoli delinquenti chepopolavano la Bombay dell’epoca (Una questione d’onore). Non meno magistra-li, poi, i potentissimi ritratti femminili di racconti come Mozail e Mamma, stra-ordinarie figure di donna cui Manto restituisce una dignità spesso negata, e nonsolo in quell’epoca e in quella società.

Il prezzo della libertà e altri racconti vuol essere quindi un’occasione di incon-tro con un maestro della narrativa mondiale che, come tutti i grandi scrittori, oltre-passa i confini della propria epoca per rivelarsi quanto mai attuale:

Quando eravamo assoggettati allo straniero,potevamo sognare la libertà, ma adesso chesiamo liberi, quale sogno potremmo ancorasognare? Ma siamo veramente liberi? Migliaiadi indù e di musulmani muoiono intorno a noi.Ma perché muoiono?Tutte queste domande hanno risposte diverse:la risposta indiana, la risposta pakistana, larisposta inglese. Ogni domanda ha una rispo-sta, ma se si vuole scoprire la verità, questerisposte sono inutili. […]L’India è libera. Il Pakistan è libero – è natolibero; ma in entrambi i Paesi l’essere umanorimane schiavo del pregiudizio, del fanatismoreligioso, della bestialità e della crudeltà.

I traduttori

Shafiq Naz, traduttore, è il fondatore di Alhamra, una delle principali caseeditrici pakistane. Pubblica in urdu i grandi classici delle letteratura occidentale,fra le quali il Pinocchio di Collodi. Vive fra il Belgio e il Pakistan.

Franco Irawan Esposito-Soekardi annovera fra le opere tradotte Arthasastra.L’arte del governo di Kautilya, Il critico ben temperato di Gorge Bernard Shaw e, ininglese, Useless Jottings, il diario poetico di Virgilio Giotti. Ha vissuto inIndonesia, India e Inghilterra.

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La casa editrice

Un libro dev’essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi.

Franz Kafka

Fuorilinea nasce a marzo 2009 con l’obiettivo di esplorare mondi lontaniattingendo a giacimenti letterari poco noti, di investigare realtà apparentemente“altre” dalla nostra, compiendo là dove necessario una sorta di fuga all’indietroper meglio comprendere, e interpretare, il presente. In breve, vogliamoriscoprire scrittori e tematiche ingiustamente dimenticati o trascurati, ma cheinvece continuano ad avere un riscontro spesso incisivo nell’attualità.

È un viaggio nel quale intendiamo far incontrare civiltà scoprendo il filo rosso che,snodandosi attraverso i portali aperti da questi autori tra mondi e culture diversi,lega il passato al presente, noi agli altri e gli altri a noi. Ed è un viaggio aperto aicontributi e ai suggerimenti dei lettori: se abbiamo scelto di chiamarci fuorilinea èproprio perché non vogliamo restare ingabbiati in schemi troppo rigidi, ma rima-nere flessibili e aperti a cogliere ogni suggestione che ci permetta di aprire spira-gli su questa “terra incognita” che è il tempo in cui viviamo.

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