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ANDIAMO INCONTRO AL SIGNORE CHE VIENE Se questa è la «grazia» dell'Avvento, occorre che ci prepariamo ad accoglierla. Ecco, allora, la neces- sità di soffermarci sulle disposizioni interiori da assumere e custodire, affinché il nostro cammino incontro a Gesù che viene possa essere alacre e gio- ioso, colmo di stupore e fecondo di bene. Si tratta di purificare il nostro cuore, che, come amano sot- tolineare gli antichi Padri, è la dimora dove il Verbo divino oggi, quest' anno, vuol venire a incarnarsi. Scrive Ugo di San Vittore: «È il tempo dell'Avvento del Signore, nel quale Dio viene incontro all'uomo per redimerlo, liberarlo, giustificarlo, renderlo felice. Così in questo tempo sacro dobbiamo esercitarci nel bene con più zelo per meritare con la sua grazia di essere visitati più inten- samente. Sforziamoci, fratelli, di penetrare nella casa del nostro cuore, affrettiamoci ad aprirne le finestre,

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ANDIAMO INCONTROAL SIGNORE CHE VIENE

Se questa è la «grazia» dell'Avvento, occorre checi prepariamo ad accoglierla. Ecco, allora, la neces-sità di soffermarci sulle disposizioni interiori daassumere e custodire, affinché il nostro camminoincontro a Gesù che viene possa essere alacre e gio-ioso, colmo di stupore e fecondo di bene. Si trattadi purificare il nostro cuore, che, come amano sot-tolineare gli antichi Padri, è la dimora dove il Verbodivino oggi, quest' anno, vuol venire a incarnarsi.Scrive Ugo di San Vittore:

«È il tempo dell'Avvento del Signore, nel quale

Dio viene incontro all'uomo per redimerlo, liberarlo,

giustificarlo, renderlo felice. Così in questo tempo

sacro dobbiamo esercitarci nel bene con più zelo per

meritare con la sua grazia di essere visitati più inten-

samente. Sforziamoci, fratelli, di penetrare nella casa

del nostro cuore, affrettiamoci ad aprirne le finestre,

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ANNA MARIA CÀNOPI

a tirar giù le ragnatele con l'abbassamento dell'esal-

tazione, a spazzare la sua aia con la confessione delle

colpe, mettere i tendaggi alle pareti con l'esercizio del-

le virtù, rivestirei di vesti decorose con la pratica delle

buone opere, a preparare il convito con la lettura e la

meditazione della Sacra Scrittura» (Discorso quinto per

l'Avvento del Signore).

Questa preparazione operosa, se vissuta confede, diventa già gioia, perché anticipa nel deside-rio l'incontro con Gesù. Tra i molti aspetti che sipotrebbero approfondire, ci soffermeremo su treche ci sembrano fondamentali per la spiritualitàdell'Avvento: il silenzio, la vigilanza> l'umiltà. Pervivere bene il mistero dell'Avvento, infatti, bisognaentrare sempre di più nel mistero dell'umiltà di Dioche si fa uomo, dell'umiltà del Verbo infinito che sifa «breve» nel tempo, della Parola che si fa silenzio.

È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore

Il silenzio è la dimensione interiore dell'uomo,il cielo dell'anima in cui è possibile incontrarsi ve-ramente con se stessi e con Dio; senza il silenzio

IL SIGNORE ÈVICINO

l'uomo sarebbe privo del suo centro di gravità. Èinfatti nel silenzio che Dio si rivela e si dona.

Il Verbo di Dio viene a dimorare nel grembo diMaria, ma vuole dimorare anche nel grembo dellaChiesa e di ogni cristiano, ed è solo nel silenzioche noi possiamo accoglierlo, custodirlo e diventarespiritualmente fecondi, perché è solo in un cuoretotalmente libero e donato che il Verbo può trovareposto.

Il tempo di Avvento richiede particolarmente ilsilenzio, perché l'attesa del Signore consiste nell'in-tensità dell'attenzione. C'è una stupenda paginadel beato Paolo VI che mette in evidenza quasiun intrecciarsi del silenzio di Dio e del silenziodell'anima, un silenzio che è musica dolcissima,è vibrazione dei sentimenti più puri, è tensione ecorrispondenza d'amore, è rispetto dei tempi delSignore:

«Il Signore ha tutta una sua arte e un suo dialogo

con le anime e una sua maniera di esprimersi. Egli

le chiama ordinariamente tutte col magistero della

parola divina, ma poi le chiama con una parola più

intima che penetra nel silenzio, che ha momenti di

inconfondibile sicurezza e che ha anche momenti più

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belli in cui pare che il Signore non dica, non parli,

ma canti, in cui il suo discorso sembra di musica più

che di parole. Nota attraente, ma molto misteriosa;

occorre attenzione, occorre fedeltà, sospensione di

spirito, occorrono mesi, anni di attesa» (Meditazioni,

Ed. Dehoniane, Roma 1994, p. 22).

E poco dopo ancora afferma:

«E se il Signore ancora non si svela e non sembra

palpitare dentro di noi nell'ebbrezza ineffabile della

sua presenza, è già bello, è già grande, è già sufficiente

per la vita presente aspettare in silenzio che il Signore

sveli la sua ricchezza e la sua salvezza. Aspettiamo nel

silenzio là presenza di Dio» (p. 62).

Per arricchire la nostra vita spirituale e arrivare

a una più profonda esperienza di comunione conDio, abbiamo allora innanzitutto bisogno del silen-

zio dell'essere. Il Verbo, che era fin dal principio, il

Verbo per mezzo del quale furono chiamate all'e-

sistenza tutte le cose, si fa egli stesso silenzio nelsuo essere. La Parola si fa «in-fans», infante, senza

parole, in mezzo ai tanti rumori del mondo.Il silenzio dell'essere è l'umiltà dell'essere. Il no-

-IL SIGNORE ÈVICINO

stro essere parla sempre troppo di sé; ne parla forte

fino a stordirsi; deve diventare umile, fino a non

parlare di sé né piano, né forte.

Quando un essere parla forte di sé? Quando si

afferma; quando si fa valere, si difende, si giustifica,

si dà preoccupazione della propria crescita secon-

do un suo criterio impregnato della mentalità del

mondo. L'essere parla forte di sé quando, perdendo

di vista Dio, la sorgente da cui è scaturito, si pone

come un assoluto al centro dell'interesse, e nel suo

pensiero, nei suoi sentimenti riempie di sé lo spazio

e il tempo invece di farsi accoglienza.

Chi si riconosce come umile e piccola creatura

di fronte a Dio, sente che deve tacere, tacere per

contemplare, tacere per adorare. Silenzio di stupore

davanti alla meraviglia di Dio, al suo mistero che

si svela.

Il silenzio dell'essere introduce nella sfera con-

templativa, poiché ci immerge come gocce d'acquanell'oceano infinito dell'Essere. Dio si è fatto picco-

la creatura, si è umiliato rimpicciolendosi nella na-

tura umana proprio per assumerei e rivestirei della

sua immensa grandezza. Il silenzio dell'essere pone

l'uomo nella condizione di cogliere il silenzio di

Dio che è, in verità, Parola d'amore.

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Poi c'è il silenzio davanti al prossimo. Qpesto si-lenzio consiste nel lasciare spazio all'altro. Si arrivaa tale disponibilità proprio attraverso un camminodi fede e di umiltà che ci fa vedere nell' altro la pre-senza di Dio. Allora non mi fermo a ciò che appare,ma scorgo nell'altro, nel fratello, Dio che mi visita,che mi sta davanti, magari come un mendicante chebussa alla porta del mio cuore. E se è Dio, io taccio,lascio che egli sia, e sia più di me.

Noi generalmente non sappiamo far spazio aglialtri, perché ingombriamo tutto lo spazio di noistessi. Solo il silenzio dell'essere ci pone nella giustarelazione con i nostri simili e ci porta a scoprire inessi la profondità e la ricchezza del nostro stessoessere. Chi ama tace, non di un silenzio muto, ma diun silenzio fatto di ascolto dell'altro, fatto di atten-zione, di riverenza. Chi tace in questo modo intessedell' altro il più bell'elogio. Da questo si vede chegli uomini si amano poco, dal loro parlare troppo,dal parlare sempre, dallo spargere - direbbe papaFrancesco - chiacchiere su chiacchiere, sfigurandoil volto dei fratelli.

San Benedetto esorta a coltivare con amorequesto silenzio, perché ne conosce personalmentel'importanza e l'efficacia spirituale. Nel capitolo

IL SIGNORE ÈVICINO

della sua Regola dedicato all'umiltà si trova un'e-spressione stupenda per concisione e intensità, didifficile traduzione: tacite conscientia: «114° grado di

umiltà - egli presenta l'umiltà come una scala - siraggiunge quando nell'obbedire, pur trovandosi difronte a qualcosa di molto duro e contrariante perla natura, e persino di fronte a ingiustizie di ognigenere, si abbraccia la pazienza con maturo e consa-

pevole silenzio interiore, e si rimane saldi, non ci siscoraggia né si indietreggia, poiché la Scrittura dice:"Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato"; eancora: "Sii forte: si rinfranchi il tuo cuore e speranel Signore"».

Noi siamo ancora ben lontani da questo silenzio,da questa coscienza raccolta, custodita nella pace,nell'ordine. Infatti, quando ci troviamo davanti aqualcosa che ci ripugna, o che comunque contrastacon la nostra sensibilità, con la nostra mentalità,abbiamo reazioni pronte, immediate e incontrol-late, reazioni e risentimenti che talvolta perduranonell' animo e si trasformano in stato di tensione edi aggressività.

Tra le abitudini più difettose c'è la giustificazione.Quasi sempre davanti a un'osservazione, a un richia-mo, si dà prontamente una risposta giustificativa, o

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addirittura si fa una ostinata e animosa difesa di sestessi e del proprio operato. Ci si giustifica per di-minuire il grado di colpevolezza, per scaricarsi dellaresponsabilità dell'errore dando magari alle nostreazioni un altro significato, un' altra motivazione. Ècome voler dire: «Non ho sbagliato, avevo ragione,e ho ragione ancora», magari anche nascondendoparte della realtà. E così comincia spesso una guerradi parole, non meno grave di quella con le armi. Seci esaminiamo bene, la sera, sulle parole che abbia-mo detto lungo la giornata, troveremo che tanteparole sono state spese per questo, per giustificarci,per difenderei, per salvare la nostra reputazione,quando anche non per attaccare guerra ... Convin-ciamoci bene, però, che senza il silenzio interiore,senza quella mitezza che lascia cadere le accuse enon ne lancia, il nostro cuore non diventa una di-mora accogliente per Gesù, Principe della Pace.

C'è poi il silenzio davanti alle cose.Tutte le creatu-re hanno per noi un messaggio da parte di Dio, mace lo annunziano solo se noi ci poniamo in silenzioe in ascolto davanti ad esse.

Qpando noi non siamo in silenzio davanti allecose? Quando ne facciamo quel che vogliamo, sen-

IL SIGNORE È VlCINO

za rispettare la loro natura e la loro finalità; quandocon la nostra mentalità utilitaristica applichiamo adesse, arbitrariamente, un significato che non cor-risponde alla verità, anziché laseiarei umilmenteammaestrare dalla loro realtà.

Le cose con la loro semplice esistenza ei comu-nicano il messaggio che Dio ha nascosto in essecreandole. È questo un aspetto ampiamente esuggestivamente trattato nell'Enciclica Laudato si'di papa Francesco. Senza poterei qui addentrarenell' argomento, ne riportiamo almeno alcune frasi:

«Tutto l'universo materiale - scrive - è un lin-

guaggio dell'amore di Dio, del suo affetto smisura-

to per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza

di Dio ... "Percepire ogni creatura che canta l'inno

della sua esistenza è vivere con gioia nell' amore di

Dio e nella speranza". Questa contemplazione del

creato ci permette di scoprire attraverso ogni cosa

qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare,

perché "per il credente contemplare il creato è anche

ascoltare un messaggio, udire una voce silenziosa".

Prestando attenzione a questa manifestazione, 1'essere

umano impara a riconoscere se stesso in relazionealle altre creature ... Questo induce alla convinzione

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che, essendo stati creati dallo stesso Padre, noi tuttiesseri dell'universo siamo uniti da legami invisibili eformiamo una sorta di famiglia universale, una co-munione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro,amorevole e umile» (nn. 84-89 passim).

Se noi ci facciamo arbitri e padroni delle cose,attribuendo ad esse, a nostro criterio, un signifi-cato, un ruolo, una funzione che le toglie dall'or-dine cosmico in cui Dio le ha poste e le mette inuna condizione di disordine, allora esse piangono,gemono, gridano verso Dio (cfr. Rm 8,20-22).Occorre proprio stare in silenzio davanti alle cosee rispettarle, accogliendone con stupore di gioiail messaggio, affinché, aiutate da noi, esse possa-no parlare di nuovo di se stesse senza ambiguità,manifestare il dono che sono e il fine a cui sonodestinate. Con noi esse sono state redente dal Cri-sto, sono state riscattate dalla vanità cui le avevasottoposte il nostro peccato, il disordine provocatodalla nostra disobbedienza. Con noi e in noi, essepossono diventare preghiera, la loro bellezza farsicanto e inno di ringraziamento. A Natale, i pastoriarrivano alla grotta con le greggi, i Magi recano oro,

incenso, mirra ...

IL SIGNORE ÈVICINO

Il tempo dell'Avvento è tempo di quell'atte-sa che è silenzio, perché è povertà, vuoto di sé,capacità di accoglienza. Ogni volta che faremoregnare questo silenzio nel nostro essere, ci saràelargito più abbondantemente il dono della pre-ghiera, il dono della pace, della confidenza filiale.E man mano che diventeremo persone di pre-ghiera, di pace, di fede, anche il nostro silenzio sifarà sempre più puro e più vero; sarà sempre menoun «metterei la mano sulla bocca» e sempre piùun'espressione della mitezza e dell'umiltà di cuore.

Può realmente tacere solo chi getta nel Signoreogni suo affanno e affida a Lui la sua causa,comedice il Salmista. A scanso di equivoci, badiamoperò che ciò non significa far valere le nostre ra-gioni davanti a Lui, magari accusando gli altrie chiedendo che egli ci vendichi! No! Il silen-zio è proprio lasciar cadere ogni cosa, il silenziovero è sinonimo di pace. Per questo dal silenzioscaturisce tanta gioia. Infatti, mentre sentiamo ilnostro niente e ci mettiamo la mano alla bocca,ecco l'effusione dello Spirito Paraclito, del Con-solatore, che ci fa sentire la presenza rassicurantedi Dio che ci dice: «Sono io la tua difesa, sonoio il tuo sostegno, sono io la tua salvezza». Ma

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non ci dice: «Sono dalla tua parte contro gli altri;non curiamoci di loro, che non ne val la pena!».No! Questo sarebbe silenzio sprezzante e superbo.Stiamo attenti a non capovolgere le cose e a faredel Signore un alleato della nostra iniquità. Egli,che è Padre buono e misericordioso, ci dice: «Sonoio la tua salvezza, io che amo te e amo tutti; chevi conosco e che vi amo al di là dei vostri meritio demeriti. Tu ama il tuo fratello come vuoi cheio ami te».

Quando il silenzio diventa silenzio d'amore, unseme di pace viene gettato nei solchi della storia.Ed è questo il silenzio che dovremmo coltivarecon particolare cura nel tempo di Avvento perarrivare rinnovati nel cuore a celebrare la nascitadi Colui che è la nostra Pace. Non bisogna ritenereun'utopia che la violenza sia vinta dall'amore, lecontese si risolvano nella riconciliazione, le offesesiano superate dal perdono, di giustizia e di pace.

Come giungere a questo silenzio? Occorre vi-gilare sul nostro cuore.