Signore misericordia - Piccole Suore Sacra Famiglia · 2017. 4. 13. · di catechesi ai ragazzi, un...

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22 NAZARETH 1 2017 VOCE GIOVANI PSSF “Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te” (Mc 5,19) “Que la Sagrada Familia los bendiga en el alma y en el cuerpo, los bendiga en el tiempo y en la eternidad” Beato José Nascimbeni A ti, Dios fuente de Todo bien, que por tu amor y fidelidad nos llamas a seguir a Cristo en el Misterio de Nazaret, te ofrecemos por siempre nuestra vida, con la profesión perpetua entre las Pequeñas Hermanas de la Sagrada Familia. En comunión con todo el Instituto y nuestras respectivas familias, damos gracias al Señor por sus maravillas en estos 125 años de fundación de nuestra familia religiosa. Esperando su presencia, nos encomendamos a sus oraciones para que el Señor complete en nosotras la obra que Él ha comenzado. Hna. María Felicia Bogado Vera Día: Domingo 29 de enero de 2017 8 horas Lugar: Parroquia « Espíritu Santo » - Area 4 - Ciudad de Este—Paraguay Hna. Luana Diblasi Día: Sábado 4 de febrero de 2017 20 horas Lugar: Parroquia « San Pedro Apóstol » Godoy Cruz—Mendoza—Argentina

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  • 22 NAZARETH 1 2017

    VOCE GIOVANI PSSF

    “Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordiache ha avuto per te”

    (Mc 5,19)

    “Que la Sagrada Familia los bendiga en el alma y en el cuerpo, los bendiga een el tiempo y en la eternidad”

    BBeato José Nascimbeni

    A ti, Dios fuente de Todo bien, que por tu amor y fidelidad nos llamas a seguir a Cristo en el Misterio de Nazaret,

    te ofrecemos por siempre nuestra vida, con la profesión perpetua

    entre las Pequeñas Hermanas de la Sagrada Familia.

    En comunión con todo el Instituto y nuestras respectivas familias,

    damos gracias al Señor por sus maravillas en estos 125 años de fundación de nuestra familia religiosa.

    Esperando su presencia, nos encomendamos a sus oraciones para que el Señor complete en nosotras la obra que Él

    ha comenzado.

    Hna. María Felicia Bogado Vera Día: Domingo 29 de enero de 2017

    8 horas

    Lugar: Parroquia « Espíritu Santo » - Area 4 -

    Ciudad de Este—Paraguay

    HHna. Luana Diblasi Día: Sábado 4 de febrero de 2017

    20 horas

    Lugar: Parroquia « San Pedro Apóstol »

    Godoy Cruz—Mendoza—Argentina

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    Ammissione al noviziato… Con il rito di ammissione inizia il noviziato che inserisce gradualmente la giovane nel cari-sma e nella vita dell’Istituto, perché possa dare un orientamento stabile alla sua esistenza. (art. 70 Cost.)Il noviziato è il periodo formativo nel quale la giovane prende sempre più coscienza della sua vocazione e la approfondisce… (art. 71 Cost.)

    Comunione fraternaLa vita nuova donata da Cristo alimenta in noi la gioia e la comunione, frutto dello Spirito, in un cammino che rende visibile il dinamismo pasquale nelle diverse realtà dell’esistenza.Sappiamo vivere le differenze di età, lingua e cultura come segno di un dialogo sempre pos-sibile e di una comunione capace di armonizza-re le diversità, espressione della ricchezza dei doni, in ogni passaggio della vita. (art. 39 Cost.)

    Cura delle sorelle ammalate e anzianeSperimentiamo la partecipazione diretta al mi-stero pasquale di Cristo, nell’offerta e nell’af-fi damento totale al Padre, quando viviamo la sofferenza e la diminuzione delle forze.La Congregazione, fedele alla propria tradizio-ne, cura con sollecitudine e amore le sorelle ammalate e anziane e le accompagna, nella consapevolezza che esse sono poste, in for-ma nuova ed effi cace, nel cuore della missione della Chiesa e dell’Istituto. Siamo chiamate ad amarle e servirle come vorremo essere amate e servite noi stesse. (art. 40 Cost.)

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    SF“Quello che si fa con amore

    e per amore ha un valore infi nito”.(Beata M. Domenica Mantovani)

    “Amatevi, stimatevi, usate grande carità”.(Beato G. Nascimbeni)

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    “Francesco, compiuti i restauri della chiesa di San Damiano, seguitava a portare l’abito di eremita, camminava col bastone in mano, le calzature ai piedi, una cintura di pelle ai fi anchi. Ma un giorno, mentre ascoltava la Messa udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per strada non dovevano portare né oro né argento, né pane, né bastone, né calzature, né veste di ricambio. Comprese meglio queste consegne dopo, fa-cendosi spiegare il brano dal sacerdote. Allora, raggiante di gioia, esclamò: “E proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze!”. E fi ssando nella memoria quelle direttive, s’impe-

    gnò ad eseguirle lietamente. Senza por tempo in mezzo, si sbarazzò di tutto quello che possedeva di doppio, e inoltre del bastone, delle calzature, della borsa e della bisaccia. Si confezionò una tonaca misera e grossolana e, in luogo della cin-ghia di pelle, strinse i fi anchi con una corda. Mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e rea-lizzare i suggerimenti della nuova grazia. Ispira-to da Dio cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità. Le sue parole non erano frivole, ridi-cole, ma, piene della VIRTÙ dello Spirito Santo, penetravano nell’intimo delle coscienze, così da toccare vivamente gli ascoltatori”.

    (FF 1427)

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    ...angolo francescano

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    Il gesto immediato del condividere un’emo-zione postando la foto appena scattata sul social che permette a noi in prima persona di aprire la nostra porta agli altri… Ma noi ab-biamo il coraggio di affacciarci a quella porta ed uscire? Per una crescita personale profonda e fondata su basi cristiane è necessario soprat-tutto il confronto che è il vero mezzo di condivi-sione! Quello che parte dal racconto dell’espe-rienza, alla sua analisi e sfociando nel mettere in pratica: ascoltare, capire e fare. Le tecnolo-gie di oggi sono uno strumento potentissimo, capace di unire in tempi istantanei persone di ogni angolo del mondo, di ogni cultura e lin-gua, dando un’apparente sensazione di unione delle vite di tutti coloro che vi accedono. È dav-vero così? Oppure si corre il rischio di ritrovar-si in tante piccole casette con porte e fi nestre aperte, dove ognuno può sbirciare qualcosa degli altri, ma le strade restano vuote? Il gruppo giovani-adolescenti di Malcesine e

    Castelletto, è un gruppo di ragazzi e ragazze dai 15 ai 20 anni, residenti nei due paesi e non solo. Gli incontri sono caratterizzati dalla voglia di stare insieme, ascoltando la Parola (vivendo-la attivamente) e condividendo esperienze e

    # GIO - ADOTutte le strade portano a Roma!

    marzo 2016 via Crucis, Malcesine

    aprile/maggio 2016 concerto The Sun

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    VOCE GIOVANI PSSF

    progetti comuni. Gli incontri mensili sono strut-turati con l’animazione della Messa a cui segue il momento di scambio con cena fi nale tutti in-sieme. Negli ultimi due anni, le educatrici han-no proposto un modo alternativo alla catechesi canonica consistente nel “lavorare”, o meglio, adoperarsi per raggiungere delle opportunità aiutando le realtà del luogo. Si è collaborato con associazioni come la Dirlindana, il Sorriso Solidale, l’ACAT, la Caritas, il NOI Malcesine; un aiutare mirato alla presa di coscienza dell’esi-stenza di queste aggregazioni di persone che contribuiscono alla coesione della comunità e del modo in cui lo fanno. Loro, più tutta la gen-te che nelle varie occasioni ha partecipato agli eventi organizzati: ringraziamo di cuore per il sostegno offerto. Le attività svolte dal gruppo sono state:- giugno 2015 spettacolo al teatro dell’orato-

    rio di Malcesine- marzo 2016 via Crucis, Malcesine- aprile/maggio 2016 concerto The Sun- luglio 2016 GMG Cracovia- agosto 2016 torneo pallavolo a Castelletto

    con lotteria e pizza- ottobre 2016 meeting Verona- febbraio 2017 festa adolescenti oratorio

    Malcesine

    - febbraio 2017 pellegrinaggio a RomaOltre tutto questo abbiamo fatto volontariato alla Casa di Riposo “Toblini”, con pomeriggi di pasticceria e tombola; abbiamo aiutato la Cari-tas con i mercatini dell’usato; abbiamo collabo-rato durante i mercatini di Natale e  partecipato a testimonianze (Atzori, The Sun, Belluscio, se-rate ACAT).Ecco la potenzialità del gruppo adolescenti. Uscire, mettersi in gioco, collaborare per col-tivare i buoni valori. Dare agli altri quello che vorremmo fosse dato a noi! Senza timori, pre-occupazioni o vergogne perché la nostra cri-stianità è il bene più prezioso che abbiamo. Quello che Gesù ci ha insegnato con la parola e con l’esempio di vita sono valori assoluti che rifl ettono l’amore di Dio per noi. Rifl ettiamo ora sull’esperienza di Roma.Prendersi per mano, rendere grazie a due pas-si dai resti umani di S. Pietro nella cripta della sua Basilica e rendersi conto del compito affi -datogli dal suo e nostro maestro Gesù Cristo: incamminarsi verso gli altri ed unire sotto uno stesso cielo le genti.Uno dei concetti espressi dal nostro Papa Fran-cesco durante l’Angelus che ha toccato mag-giormente alcuni di noi è stato: la speranza “non si arresta di fronte ad alcune diffi coltà”, perché “fondata sulla fedeltà di Dio, che mai viene meno”; e ancora “è fedele, è un Padre fedele, è un amico fedele, è un alleato fedele”.Dio padre misericordioso, roccia alla quale ag-grapparsi per superare i momenti di diffi coltà. È inutile preoccuparsi del domani perché se ci si affi da al Signore, che non risolve certo i pro-blemi con la bacchetta magica, si ha la forza di andare avanti e affrontare le miserie della vita con animo giusto. Come più volte ci ha ricorda-to il nostro parroco don Mario, questo è il sen-so profondo della confessione: un peccatore che apre il cuore davanti al sacerdote, che rap-presenta Gesù e la comunità, e chiede la forza dell’amore del Signore per essere in grado di rinunciare al peccato.

    Cit. GZ: “Se vi sembra pazzia, chiamateci pure pazzi… Ma questa non è né pazzia né semplice follia. Questi siamo noi e la nostra voglia incon-tenibile di vivere, di spaccare il mondo seguen-do le Sue orme. ~ fai del tuo destino una desti-nazione ~”.

    Damiano Mantovani

    febbraio 2017 pellegrinaggio a Roma

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    La catechesi ai ragazziIl tempo passa... e la mente ripercorre momen-ti e periodi vissuti: trentacinque, quarant’anni di catechesi ai ragazzi, un dono di cui rendere grazie al Signore. La chiamata in gioventù, l’as-senso timoroso, dapprima la gioia di incontrare bambini e ragazzi nei gruppi e, via via, sempre più urgente il desiderio di annunciare la Buona Notizia, di comunicare il Bene ricevuto, di susci-tare nuova vita, piena, bella, fi duciosa, ricca di senso, nel nome di Gesù Cristo.Solo un’ora la settimana, più qualche esperienza e celebrazione insieme..., il seme gettato, con la speranza che germogli... A conforto risuona la Parola: “Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere.” (1 Cor. 3,7)Personalmente mi sono ritrovata a dedicare la maggior parte degli incontri di catechesi alla conoscenza dello Spirito Santo, soprattutto in preparazione al Sacramento della Conferma-zione. Così, poco a poco, la mia stessa vita è stata permeata dalla riscoperta del Dio Amore, consapevole di questa verità: “In Christo per Spiritum ad Patrem” (Sant’Agostino).Vari negli anni, a seconda della fi sionomia dei gruppi, sono stati i metodi, gli strumenti, i sussi-di, ma sempre più forte la certezza che tutto ha origine dalla Parola e tutto ad Essa converge. In ogni incontro è necessario mettere al centro la

    Parola incarnata, Gesù Cristo e/o, almeno, far riferimento alla Parola del Signore.Ma come trasmettere oggi il tesoro del Messag-gio in modo coinvolgente? Si può prescindere dalle nuove tecnologie attorno alle quali ruota gran parte del mondo dei nostri ragazzi? Come farle diventare strumento di incontro, comuni-cazione autentica, attenzione e cura reciproca? Pertanto, ecco catechisti “più anziani” e “più gio-vani”, insieme, a ricercare nuove vie per avvicina-re i ragazzi e le loro famiglie, e le nuove tecnolo-gie senz’altro forniscono possibilità e contributi. È per ora un auspicio o si è solo all’inizio...È chiaro però che, innanzitutto, ci sei tu, catechi-sta, col tuo sorriso, il tuo cuore aperto, pronto all’accoglienza, al prenderti cura, con la volontà di non spegnere “il lucignolo fumigante...”(Is. - Mt. 12, 20), ma di far emergere il buono di ognuno, anche il più problematico, indifferen-te e scontroso... Ci sei tu che affi di la tua po-chezza e i tuoi ragazzi allo Spirito del Signore e, con umiltà, in “spirito di servizio”, senza fretta e pretese, perseveri e ti accontenti, magari, di un semplice saluto di un tuo ex ragazzo e di una frase: “Mi piaceva far catechismo con lei...ricor-do ancora...” E questa è la gioia semplice che ti è donata.

    Rosanna Facchin

    Come trasmettere oggi il tesoro del Messaggio in modo coinvolgente?Si può prescindere dalle nuove tecnologie attorno alle quali ruota gran parte del mondo dei nostri ragazzi? Come farle diventare strumento di incontro, comunicazione autentica, attenzione e cura reciproca?

    In ogni incontro è necessario mettere al centro la Parola incarnata, Gesù Cristo e/o, almeno, far riferimento alla Parola del Signore.

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    CEI - ORIENTAMENTI PASTORALI

    La comunità cristiana guarda con particolare attenzione al mondo della comunicazione come a una dimensione dotata di una rile-vanza imponente per l’educazione. La tecnologia digitale, superando la distanza spaziale, moltipli-ca a dismisura la rete dei contatti e la possibilità di informarsi, di partecipare e di condividere, an-che se rischia di far perdere il senso di prossimità e di rendere più superfi ciali i rapporti.La crescita vorticosa e la diffusione planetaria di questi mezzi, favorite dal rapido sviluppo delle tecnologie digitali, in molti casi acuiscono il di-vario tra le persone, i gruppi sociali e i popoli.Soprattutto, non cresce di pari passo la con-sapevolezza delle implicazioni sociali, etiche e culturali che accompagnano il diffondersi di questo nuovo contesto esistenziale.Agendo sul mondo vitale, i processi mediati-ci arrivano a dare forma alla realtà stessa. Essi intervengono in modo incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento

    delle potenzialità umane. Dall’infl usso più o meno consapevole che esercitano, dipende in buona misura la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo. Essi vanno considerati positi-vamente, senza pregiudizi, come delle risorse, pur richiedendo uno sguardo critico e un uso sapiente e responsabile.Il loro ruolo nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal fl usso mediatico. Un obiettivo da raggiungere, dun-que, sarà anzitutto quello di educare alla cono-scenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso.Il modo di usarli è il fattore che decide quale va-lenza morale possano avere. Su questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzione educa-tiva, al fi ne di sviluppare la capacità di valutar-ne il messaggio e gli infl ussi, nella consapevo-lezza della considerevole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi dispongono. Un particolare impegno deve essere posto nel tu-telare l’infanzia, anche con concreti ed effi caci interventi legislativi.Pure in questo campo, l’impresa educativa ri-chiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette.

    Conferenza Episcopale ItalianaOrientamenti pastorali per

    il decennio 2010-2020

    La comunicazionenella cultura digitale

    Da: “Educare alla vita buona del Vangelo” in un mondo che cambia, n. 51I processi mediatici intervengono in modo incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento delle potenzialità umane

    Sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, emostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette.

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    Varie televisioni e giornali locali hanno vo-luto documentare con interviste, artico-li e foto il nostro importante traguardo: settantacinque anni di presenza delle Piccole Suore, in Arco. È stata veramente una grande Festa che ha viste riunite, come in un grande abbraccio, le persone del “passato e del pre-sente”. La Superiora Sr. Gabriella ha dato il benvenuto a tutti, presentando la motivazione del nostro “... essere qui riuniti...”: per fare me-moria grata del passato, per vivere il presente con passione ed abbracciare il futuro con spe-ranza, come ci ha indicato Papa Francesco. Tutti i nostri ospiti, in primis, con i loro familiari, le suore delle nostre comunità più vicine, autorità locali, dipendenti, collaboratori, liberi profes-sionisti, consulenti, medici, volontari, rappre-sentanti delle ditte fornitrici e in appalto, amici e conoscenti che hanno condiviso parte del loro vissuto con questa Casa, si sono ritrovati raccolti intorno all’altare, allestito a festa per l’occasione, nelle nuove sale dell’Animazione. La S. Messa, presieduta dall’Arcivescovo eme-rito mons. Luigi Bressan, è stata concelebrata da sette sacerdoti delle comunità religiose lo-cali. L’omelia del nostro Vescovo ha avuto come fi lo conduttore il prendersi cura delle persone più deboli. È stata poi sottolineata la peculiarità della struttura, inserita in un contesto paesag-gistico e climatico unico. La sup. regionale sr. Simona ha voluto esprimere riconoscenza in

    particolare a tutto il personale che con profes-sionalità e dedizione presta il proprio delicato servizio a fi anco degli ospiti. L’emozione per la buona riuscita dell’evento perdura ancora oggi per le numerose espressioni positive, di grati-tudine e compiacimento, che ci stanno perve-nendo da ogni parte. L’organizzazione ha fun-zionato! È stato allestito uno spazio esterno alle sale corredato di un monitor in modo che tutti potessero  essere partecipi degli interventi che  sono seguiti alla celebrazione: autorità civili e religiose hanno portato il loro saluto e il loro incoraggiamento a proseguire la missione di Piccole Suore della Sacra Famiglia con lo stile tipico, familiare, in questa nuova RSA. Preziosa la collaborazione dello storico prof. Romano Turrini che ha presentato l’opuscolo, “75 anni di cura e accoglienza”, riguardante il percorso di vita comunitaria delle Piccole Suore in Arco e le varie trasformazioni della Casa negli anni, in risposta alle molteplici necessità socio-sanita-rie della realtà locale. La presentazione è stata supportata da slides con foto storiche dal 1941 ad oggi. Inoltre sono stati raccolti in un video e presentati dal nostro consulente dott. Cesa-re Moreschini, tanti momenti signifi cativi del passato e le attività attuali nei vari servizi della RSA di oggi. Al termine uno splendido servizio di catering da parte della ditta “Risto 3”. È stato allestito un buffet di alta qualità offerto a tutti i presenti, grandi e piccoli, che hanno gradito e apprezzato la varietà, l’originalità ma soprattut-to la bontà dei piatti. Vogliamo, con questo  no-stro scritto, rendere partecipi della nostra gioia tutti gli affezionati lettori della rivista “Nazareth” e dire il nostro “grazie!” a tutti coloro che hanno contribuito e creduto in questa grande “opera di Dio”, in particolare alla Direzione Generale delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, che ha sempre sostenuto e custodito nel tempo que-sta nostra Casa. “Lasciatevi condurre da Dio e opererà cose grandi in voi”. Con questo mes-saggio del fondatore, beato Giuseppe Nascim-beni, porgiamo a voi tutti il nostro affettuoso saluto.

    Suor Gabriella Bonato e Tiziana

    Festa ad Arco (TN)75 anni di servizio delle Piccole Suore della S. Famiglia

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    LE PSSF IN MISSIONE

    Cara zia Livia, per noi nipoti, ma sicuramente anche per gli altri, sei stata come una seconda mamma. Pronta ad arrivare in qualsiasi momento e con qualsiasi tem-po con la tua bicicletta quando c’era bisogno; pronta con la tue battute e il tuo sottile umorismo; stravagante e premu-rosa: sei stata la nostra Mary Poppins. Ci hai insegnato ad amare le montagne, la natura, il fi ume Astichello e Giacomo Zanella che l’ha raccontato. Ti piaceva la poesia, leggerla e scriverla. Con il canto poetico di “Signore delle cime” ti auguriamo buon viaggio nelle montagne del buon Dio. Con la tua poesia ti salutiamo e mettiamo nel cuore un buon ri-cordo di te.

    I tuoi Nipoti

    Maestraed educatrice

    Livia Colpo serenamente ha raggiunto la vetta più alta

    Bambini di lassù

    Bambini che felici giocate / nei giardini di Gesù, / fate presto.Scendete quaggiù / lasciate per poco il Paradiso.Portate a mamme e papà / una carezza, un sorriso.Scendete a prendere per mano / quanti sulla terra stanno /e, con tutto il mondo, fate un bel girotondo. Più non brillan nel fi rmamento le stelle, / dalla terra son sparite le cose belle.Guardando le piante scheletriche / le foglie dai rami strappate, /da piede amico calpestate. Volate, passeri di lassù / su vie, prati e giardini /ovunque s’odono voci / di bimbi e nonnini.Fin sui monti salite, / sulle rocce che abbracciano il cielo, /dove tutto è candido velo.Dalle vette immacolate / il vostro messaggio annunciate:“Uomini, è tempo d’ascoltare / il silenzio di chi non può parlare”.A sera, al tocco dell’Ave Maria / del ritorno prendete la via /e veloci risalite lassù / a fare la nanna / col Bambino Gesù.

    Livia Colpo

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    In comunione con le sorelle defunte (art. 51 Costituzioni PSSF)Il pensiero della morte, principio della vita, sempre presente al nostro Fondatore, ci indica l’oriz-zonte di pienezza e il compimento a cui siamo chiamate, vivendo l’amore e il dono di noi stesse.L’unione con le sorelle che ci hanno precedute nel cammino della fede è consolidata dalla co-munione dei beni spirituali e dalla preghiera quotidiana. Fedeli ai suffragi fi ssati dal Direttorio, invochiamo per loro la partecipazione alla beatitudine del Regno.

    PICCOLE SUORE DELLA SACRA FAMIGLIASuor Lerina Salmaso 07.11.2016Suor Agrippina Lovisetto 07.11.2016Suor Evelinda Rossetto 14.11.2016Suor Maria Nazzarena Mazzi 20.11.2016Suor Anna Francesca Tomasi 02.12.2016Suor Placidalma Tedesco 29.12.2016Suor Albaletizia Della Silvestra 14.01.2017Suor Osvalda Di Mattia 19.01.2017Suor Deonilde Tiozzo 30.01.2017Suor Vittorida Chignola 20.02.2017Suor Luisemma Boin 26.02.2017

    Le mamme:di suor Maria Goretta Vezzarodi suor Adelia Maria Cattelandi suor Suor Rosalia Turcato

    I papà:di suor Maria Cinzia Marchiorodi suor Marta Maria Bizzodi suor Jeanne Gbevon

    Sono entrate nella pienezza della vita

    Chiamate alla piena partecipazione del mistero pasquale di Cristo Gesù

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    LE PSSF IN MISSIONE

    Come educatori in una società plurale, abbiamo avvertito la necessità di venire illuminati sul modo di accostare la diver-sità religiosa e culturale, senza annullare le dif-ferenze né alzare muri, ma più semplicemente per imparare a conoscerci e a dialogare. L’im-pegno per la formazione delle nuove genera-zioni, che accomuna le nostre scuole di ogni

    ordine e grado, richiede una rifl essione che ci stimoli ad attivare comportamenti virtuosi, non ingenui né difensivi, ma basati sulla fi ducia e sull’apertura verso la ricchezza che l’altro ha da offrire.Il prof. Paolo Branca – docente di islamistica, lin-gua e letteratura araba – con la competenza e la passione di chi frequenta questi temi da anni

    e vive a contatto con i musul-mani, ci ha aiutato a prendere coscienza della visione distor-ta che sul tema ci veicolano i mass-media. La differenza esi-ste fi n dall’origine dell’umani-tà, da Adamo creato diverso da Eva; nell’identica umanità e dignità viene custodita una

    Convegno docenti 2017:sfi de e opportunità

    della società pluralisticaL’annuale Convegno organizzato dall’Istituto PSSF per tutti i Docenti delle nostre Scuole si è svolto a Verona, sabato 18 febbraio, e ha avuto per tema:“La società pluralistica: sfi de e opportunità”. È stata un’occasione preziosa per mettere a fuoco una declinazione signifi cativa del tema, il rapporto con i musulmani: “ciò che ci blocca, ciò che ci libera”

    La diversità culturale è sempre scomoda, e oggi, con lo spostamento massiccio e veloce dei popoli, ci è richiesto un cambiamento qualitativo di approccio al quale non siamo preparati.

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    differenza dalla quale sgorga la generatività. La diversità culturale è sempre scomoda, e oggi, con lo spostamento massiccio e veloce dei po-poli, ci è richiesto un cambiamento qualitativo di approccio al quale non siamo preparati. Ten-diamo a nascondere o minimizzare i benefi ci, mentre amplifi chiamo in modo irresponsabile gli aspetti più negativi e marginali. In questo modo aumentano paura e diffi denza, e si favo-risce l’insorgere di microidentità locali, talvolta create artifi ciosamente. Da parte degli immigrati musulmani cresce la paura di perdere la propria identità e le proprie tradizioni, e di venire assi-milati a una cultura sentita come estranea. Pur-troppo non sempre la classe politica e i respon-sabili religiosi sono all’altezza delle nuove sfi de e questo non fa che aumentare la distanza e la diffi denza reciproche. L’imbarbarimento recente dell’islam, con l’e-splosione di organizzazioni fondamentaliste che seminano violenza, è frutto di un’evoluzio-ne culturale complessa e di fattori storici contin-genti, non la conseguenza inevitabile di quanto prescrive il Corano. Eppure la nostra interpreta-zione tende a identifi care i musulmani con i ter-roristi e a far coincidere la religione islamica con la violenza. Ciò che ci blocca è un’idea uniforme e rigida della realtà. A far esplodere le contrad-dizioni non è principalmente la differenza reli-

    giosa ma l’oggettiva distanza culturale. Ciò che può liberarci dai pregiudizi è la dispo-nibilità all’incontro reciproco e al dialogo, nel desiderio di conoscere e lasciarsi conoscere. Servono esperienze concrete con persone con-crete con cui cominciare a condividere le cose di tutti i giorni, con pazienza e fi ducia. A scuola sarebbe utile allargare gli orizzonti, per esempio proponendo la storia del Mediterraneo anziché solo la storia d’Italia, insieme a qualche elemen-to di cultura araba, della quale anche noi occi-dentali siamo debitori in vari campi del sapere.Il diverso ci interpella e ci provoca; nel dialogo autentico e costruttivo ognuno è chiamato a far emergere il meglio di sé da donare all’altro per un arricchimento reciproco.

    Suor Monica e suor Roberta

    A far esplodere le contraddizioni non è principalmente la differenza religiosa ma l’oggettiva distanza culturale. Ciò che può liberarci dai pregiudizi è la disponibilità all’incontro reciproco e al dialogo, nel desiderio di conoscere e lasciarsi conoscere.

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    LE PSSF IN MISSIONE

    Gli incontri iniziano il pomeriggio di un freddo lunedì di gennaio, invocando il calore dello Spirito Santo con il canto del Veni Creator. Lo Spirito Santo anima la sto-ria della salvezza e porta alla perfezione l’opera della creazione che continua sempre. Se ces-sasse l’atto creativo di Dio, noi non saremmo

    più nulla. Comprendiamo un aspetto dello Spi-rito che ci colpisce in modo particolare: lo Spi-rito Santo è l’unico che può trasformare il caos (“disordine”) iniziale in un cosmo (termine che indica “mondo” e “universo”, ma anche “orna-mento”), cioè la confusione in ordine, le tene-bre in luce e bellezza. Come ha operato nella

    “Lo spirito viene in aiuto alla nostra debolezza”

    Settimana di esercizi spirituali predicati da padre Raniero Cantalamessa presso “Garda Family House” dal 16 al 20 gennaio 2017

    Cappella dell’ascolto

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    creazione, così opera anche in noi e ci rende persone armoniche e belle, secondo il proget-to di Dio. Lo Spirito illumina ogni cosa e dà vita a quanto appare morto, debole, fragile. Egli ci rende capaci di lasciarci affascinare da Cristo e di seguirlo nella vita sacerdotale, religiosa, matrimoniale. Scrivendo la lettera ai Romani, in-dirizzata ad ogni cristiano e ad ognuno di noi, oggi, in quest’epoca storica, piena di contraddi-zioni e di opportunità, San Paolo ha il coraggio di proclamare la dottrina cristiana che conqui-sta il mondo senza le armi dei romani, senza la cultura dei greci, ma solo con la testimonianza e la forza della Parola. Anche noi oggi dobbiamo essere convinti della potenza del Vangelo ed avere il coraggio di annunciarlo. Gli uomini del nostro tempo sono inebriati dalla tecnologia e dalla scienza, ma si trovano con il cuore arido e senza speranza. San Paolo ci aiuta a capire che dietro al nostro mondo c’è una idolatria: inve-ce di lasciarsi plasmare da Dio come il vasaio che lavora la creta al tornio, l’umanità ha scelto l’idolatria di plasmare da se stessa un dio a pro-prio piacimento. Abbiamo bisogno di stare con Gesù perché la sua presenza ci attiri e ci affasci-ni. Siamo convinti che Egli è presente e vivo? Viviamo per noi stessi o per Lui che è morto e risorto per noi? Togliere la maschera dietro cui ci nascondiamo è il dono grande che lo Spirito ci offre per decentrarci da noi e ricentrarci su Gesù Cristo, attraverso la vita secondo le “Be-atitudini”, che comporta una conversione, non tanto fatta di penitenze, ma di nuovo modo di pensare, ragionare e vivere secondo lo stile di Cristo. Non siamo capaci da soli di fare la “rivo-luzione copernicana”, cioè di mettere al centro Dio e non il nostro io. Abbiamo bisogno di un Altro con la A maiuscola, che dobbiamo invo-care dal profondo (cfr Salmo 129). Allora fare-mo esperienza della Grazia che riceviamo sen-za alcun merito, come un bambino riceve tutto dal proprio padre solo perché è il fi glio tanto amato, non perché si è guadagnato qualco-sa con le sue opere. Occorre tendere la mano verso Dio e avere fi ducia nella salvezza: la fede è la mano dell’uomo che chiede; la Grazia è la mano di Dio che dà. Consapevoli di non meri-tare nulla, dobbiamo ravvivare la nostra fi ducia (fare un “colpo di audacia”) ed appropriarci di

    quanto ci ha meritato Cristo: la sua santità è per noi, la sua vittoria è per noi, il suo trionfo sul “ne-mico” e sulla morte è per noi. Dobbiamo solo attingere a questo tesoro infi nito e rispondere con amore al suo Amore. Nella preghiera, che dobbiamo mettere al primo posto, dobbiamo avere l’ardire di Abramo, la forza di intercessio-ne di Mosè, la libertà di un fi glio, di uno sposo, di un amico che usano confi denza e fi ducia. Al di là della preghiera liturgica, in cui prestiamo la voce a Gesù che prega in noi il Padre, siamo chiamati a fare esperienza quotidiana di una preghiera cuore a cuore con Dio, coinvolgente e pregnante. Pregando veniamo vivifi cati dal-lo Spirito Santo, che rende disponibile per noi oggi la salvezza operata da Gesù ed è la forza supplementare, il “di più”, su cui possiamo con-tare per vivere felici. Il culmine della preghiera cristiana è la celebrazione dell’Eucaristia, nel-la quale riceviamo la salvezza che Cristo ci ha guadagnato sulla croce. Noi offriamo Gesù al Padre, ma anche offriamo noi stessi al Padre, insieme con Cristo. Con i sacramenti, in partico-lare la riconciliazione, Egli ci riveste del manto di giustizia, cancella il passato e ci dà la possi-bilità di ricominciare tutto daccapo. Egli non ci costringe a seguirlo, non ci impone una legge, ma ci attira con la forza dell’amore. Dobbiamo dilatare il nostro cuore per accogliere l’amore di Dio che è di sua natura circolare: Dio ama cia-scuno di noi e ci spinge ad amare gli altri. Egli vuole essere amato con lo stesso amore con cui Lui ama noi. L’amore per i fratelli è un debito: abbiamo ricevuto in dono una misura di amore così infi nita, che non possiamo tenere per noi, ma dobbiamo condividerla. Gli esercizi spiritua-li terminano con una meditazione su Maria, che ha accolto lo Spirito prima nella Incarnazione e poi nella Pentecoste ed ora aiuta anche noi a ricevere la Grazia. Ella ha pronunciato il suo “Amen” a Dio ed ha creduto contro ogni logica umana. Per questo ci è modello di fede incondi-zionata. Ci auguriamo a vicenda di essere per-sone fedeli al Vangelo, trasformate dallo Spirito, consegnate a Cristo, offerte al Padre, perché il mondo creda all’Amore. Per quanto sia fragile la nostra esistenza, abbiamo una forza invincibile: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza”.

    Suor Emanuela Biasiolo

  • 36 NAZARETH 1 2017

    LE PSSF IN MISSIONE

    Il 30 dicembre 2016 la Chiesa ha celebrato le festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, cui è dedicata la nostra Casa. Per la felice ricorrenza l’arcivescovo di Bolo-gna, mons. Matteo Maria Zuppi, accogliendo il nostro invito, ha presieduto la Santa Messa concelebrata con il parroco don Paolo Rubbi, don Giorgio Paganelli e altri sacerdoti. Sua Ec-cellenza ha rivolto agli Ospiti, familiari e a tut-ti i numerosi fedeli intervenuti, una bellissima Omelia, ricca di speranza e di amore, che ha riscaldato il cuore di tutti.

    Pianoro (BO)Festa in Casa “Sacra Famiglia”

    mons. Zuppi saluta gli ospiti

    … Per me oggi, qui è Betlemme, proprio perché è qui che sentiamo la presenza del Signore nella nostra vita. Perché il Signore si mostra nella debolezza, ma quella debo-lezza che diventa forza. Qui c’è tanta forza. Prima una persona ha usato un termine che credo sia vero: malinconia. Quando vie-ne la malinconia non si vede più il futuro, non vediamo, e pensiamo che gli altri non ci vedano, un po’ come quando viene la nebbia a Bologna. Quante volte pensiamo: - Guarda come sono ridotto, gli altri mi vedono come sono adesso e non capiscono come ero… Ma se gli altri vedono con amore capiscono tutto e vedono come sono e anche come ero.

    mons. Matteo Maria Zuppi

  • 37NAZARETH 1 2017

    Per una buona animazione della parrocchia in missione penso che siano necessarie per i laici due scuole di formazione, una per l’approfondimento della Bibbia e l’altra per lo studio della dottrina sociale della Chiesa. In alcune comunità ho iniziato la scuola della Paro-la con un modesto risultato. Invece per la dottri-na sociale della Chiesa trovavo diffi coltà per la mia incompetenza e consideravo il volume del compendio (DSC) impegnativo e diffi cile per comunicarlo. Ho manifestato qualche volta negli incontri pastorali l’idea dell’urgenza della forma-zione chiedendo una scuola a livello cittadino, ma senza risultato. Ma quando papa Francesco, nell’ultima giornata mondiale della gioventù a Cracovia, ha annunciato e affi dato ai giovani il nuovo libro Docat, che contiene la dottrina so-ciale della chiesa, ho esultato e ho scritto subito a p. Paolo, a Parigi, pregandolo di procurarmene una ventina di copie. Il libro non era ancora usci-to nelle librerie. Il nome “docat” viene dal verbo inglese ‘to do’ (fare), perché il contenuto rispon-de alla domanda: “Che cosa fare?”. Il libro è stu-pendo, leggibile, con foto geniali, con disegni piacevoli, con citazioni di autori prestigiosi, con antologie di pagine scelte da documenti, con excursus per approfondimenti. È per i giovani e… per tutti. È sullo stile de Youcat, l’altro libro della Dottrina della Chiesa, che è già utilizzia-mo per la preparazione ai sacramenti. L’avvoca-to Darius, il catechista Marie-Paul e io abbiamo programmato la “scuola” per giovani diplomati e studenti universitari, mobilizzando come ani-matori due sorelle saveriane, professori, esperti di economia, il Rettore dell’università uffi ciale e il padre Ugeux dei missionari d’Africa, dottore in antropologia e in storia delle religioni… Le lezio-ni si svolgono dalle ore 14,30 alle 17-18 di ogni mercoledì e sabato. Siamo già al quinto incon-tro, su dodici, seguendo i temi approfonditi dal

    testo. Sono trentadue gli iscritti, non sono molti. Si incoraggia il dialogo e la concretezza. Alla fi ne chiederemo un piccolo lavoro personale, offrire-mo il libro e una attestazione di frequenza. In un piccolo messaggio, uno dei partecipanti, mi scri-ve: “Siamo talmente entusiasti di questi incontri che ci fanno sperare…”. Nel passato, qualche confratello ha lanciato la stessa iniziativa, ma ora il libro Docat è “una guida formidabile per l’agi-re cristiano” e facilita il lavoro degli animatori. Ogni comunità lo deve adottare e inserire nella catechesi normale del vangelo e dei sacramenti. La dottrina sociale “viene dal cuore del Vangelo. Viene da Gesù stesso. Gesù è la dottrina sociale di Dio”. La chiesa non esercita sempre lo spirito profetico, che dovrebbe avere, a difesa dei po-veri. “La situazione attuale del mondo non può rimanere così. - Dice il papa nella premessa del libro - In questo tempo, quando il cristiano si limi-ta solo a gettare un’occhiata distratta ai bisogni dei più poveri tra i poveri, allora non è cristiano”. Il nostro è il piccolo gruppo “seduto sotto un al-bero”, che rifl ette. Ed è cosa buona, ma France-sco sogna “un milione di giovani cristiani, un’in-tera generazione, che siano per i loro coetanei una dottrina sociale su due gambe. Il mondo non sarà cambiato, se non da coloro che si do-nano con Gesù, che con lui vanno nelle perife-rie e in mezzo al fango”.

    Giuseppe DovigoBukavu, 20 febbraio 2017

    DocatChe cosa fare?Compendio della dottrina sociale della Chiesa, guida per l’impegno sociale dei cristiani, in particolare per i giovani

    FAME E SETE DI GIUSTIZIA

  • 38 NAZARETH 1 2017

    FAME E SETE DI GIUSTIZIA

    Quanti di noi, in particolare in certi mo-menti della vita, si sono trovati, e si trovano, di fronte a questo dilemma di non facile risposta. La differenza non è di poco conto. Da una parte, vivere signifi ca es-sere protagonisti delle proprie scelte, essere pronti a sopportarne il peso delle conseguen-ze, partecipare alla vita della comunità, met-tersi in gioco per provare a cambiare le cose del mondo che non ci piacciono. Dall’altra, il

    lasciarsi vivere signifi ca essere spettatori pas-sivi di quanto succede attorno a noi, essere indifferenti, cinici, rassegnati, pensare esclusi-vamente agli interessi particolari piuttosto che a quelli generali. Vivere è essere liberi. Lasciarsi vivere è esse-re servi. La differenza tra la libertà e la servitù sta certamente nel grado di conoscenza di cui una persona dispone. Oggi, a differenza del passato, abbiamo molti più mezzi di un tempo

    Aperti e in cammino

    Vivere o lasciarsi vivere?Il problema di oggi è quello di selezionare le notizie e le informazioni e capire, per quanto ci è possibile, il grado della loro attendibilità. È un tema, quest’ultimo, particolarmente attuale

    Non sono tempi facili quelli che stiamo vivendo. Sembra che sia stata messa la retromarcia della storia.

  • 39NAZARETH 1 2017

    FAM

    E E

    SE

    TE

    DI

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    ST

    IZIAper informarci ed essere informati. Per sceglie-

    re da che parte stare. E questo, grazie soprat-tutto alla tecnologia, in particolare a Internet. Il problema di oggi è quello di selezionare le notizie e le informazioni e capire, per quanto ci è possibile, il grado della loro attendibilità. È un tema, quest’ultimo, particolarmente at-tuale. In molti, dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, hanno iniziato a parlare di post-verità - dall’in-

    glese post truth - per ricordare come sui mezzi di comunicazione, soprattutto sui social net-work, girino informazioni false che, ripetute più volte, alla fi ne sono percepite come del-le verità. Questa forma di comunicazione si basa sull’emotività, stimola la paura e l’odio verso gli altri, considerati “diversi”, e mira ad infl uenzare strumentalmente i pensieri collet-tivi, persegue lo screditamento delle persone mediante l’utilizzo della menzogna. Semplifi ca al massimo la lettura di fenomeni complessi e fa credere, falsamente, che vi siano soluzioni semplici e a portata di mano. Un’informazione e una comunicazione di questo tipo puntano alla pancia della gente piuttosto che alla loro testa. Promuovono la cultura della servitù piut-tosto che quella della libertà e della respon-sabilità. Non sono tempi facili quelli che stiamo viven-do. Sembra che sia stata messa la retromarcia della storia. La crisi economica, l’aumento della disoccupazione, il terrorismo, l’esodo di popo-lazioni che fuggono dalla guerra e dalla fame, la precarietà, la perdita del senso di futuro, il diffondersi della paura e dell’intolleranza, il pauroso aumento della disuguaglianza, ecco tutto questo ha spinto molti a lasciarsi vivere piuttosto che vivere, ha ridotto e, in certi casi, li-mitato fortemente gli spazi di approfondimen-to, di rifl essione e di comunicazione. Di fronte a questo scenario non si può essere spettatori. Bisogna vivere ed esserci. Sovven-gono alla mente le parole di don Primo Maz-zolari: “Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci. Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante ragioni che ben conosciamo e che non ci prendono il cuo-re. Si vive una volta sola e non vogliamo essere ‘giocati’ in nome di nessun piccolo interesse”.Noi non siamo soltanto fruitori di informazione e di comunicazione. Possiamo esserne anche produttori. Possiamo prestare i nostri occhi e le nostre orecchie per denunciare il male e dare visibilità al bene. Mediante uno smartphone, un tablet o un computer possiamo raccontare al mondo, con parole, foto e video, tante sto-rie che possono infl uenzare i nostri pensieri e quelli degli altri. Dobbiamo essere consapevoli di questa possibilità e usare responsabilmente i mezzi di comunicazione e le parole. Cambiare è diffi cile, non impossibile.

    Pierpaolo Romani

    Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante ragioni che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore. Si vive una volta sola e non vogliamo essere ‘giocati’ in nome di nessun piccolo interesse.

    don Primo Mazzolari

  • 40 NAZARETH 1 2017

    FAME E SETE DI GIUSTIZIA

    Immobile, ferma, cucita su questo strano pi-giama con le righe. Così sembra prospettarsi la mia vita d’ora in avanti. Destinata a restare muta per il resto dei miei giorni, capace solo di guardare, ascoltare. Ora sono ammucchia-ta insieme ad altre mie compagne, anche loro fi sse su quegli strani indumenti. A quanto pare siamo destinate ad un compito molto speciale, o almeno così ho sentito da quella strana per-sona che passa il fi lo tra la mia trama di stoffa. E aspetto, in una strana stanza maleodorante. Ad un tratto si avvicina un alto e imponente uf-fi ciale, con un lungo fucile sotto il braccio. Mi prende con forza e scrive sopra alla mia stoffa gialla qualcosa, ma non so dire cosa sia. Devo dire che un po’ mi fa solletico. Malamente mi piega, lasciandomi bene in vista. Cammina per qualche minuto, fi no a che non mi porge ad un altro strano uomo. Costui però è fragile, con lo sguardo assente e i capelli radi. Mi guarda con aria avvilita e, senza emettere un suono, indos-sa il pigiama a cui io sono legata. L’uffi ciale gli dà una sonora bastonata alla schiena, sento fre-mere il suo corpo, dopo di che lo spinge via. Come mai l’ha picchiato? Che ha fatto di male questo mio nuovo padrone? Trema, sento la pau-ra scorrergli nelle vene. In lontananza vedo delle baracche malconce e una lunga rete, avvolta da fi lo spinato. Come se fossi fi nita in una gabbia per animali pericolosi. Il mio padrone cammina pia-no, con le spalle curvate. In quello strano campo vedo delle mie compagne muoversi insieme ai loro proprietari, ma anche altri simboli, come dei triangoli colorati, una sorta di marchio indelebile. Tutte loro hanno sopra scritto un lungo numero, che ne abbia uno anche io? Credo di sì, ricordo la pressione di quell’uffi ciale. Ecco che arriva un altro ragazzotto in uniforme, che con forza bruta scaraventa a terra me e tutto quello che mi porto dietro, gettandomi addosso un pesante picco-ne. La massa di quell’arnese schiaccia il povero padrone, che si alza piano piano, mettendosi l’at-trezzo sulla spalla. Si dirige verso un altro gruppo

    di persone come lui, che stanno spaccando delle grosse pietre immersi nell’aria gelida. Comincia anche lui quei meccanici movimenti, mentre nel-le sue vene sento il suo sangue farsi sempre più freddo. La sua pancia brontola per la fame ma non parla, non emette alcun sibilo.Vedo uomini distrutti, scavati dal dolore, e i loro marchi bene in vista sui loro spenti pigiami a ri-ghe. Nessuno fi ata, con la testa china continuano a lavorare, e vengono frustati e derisi dai soldati. Ogni tanto uno di loro, senza alcun criterio, vie-ne allontanato dal gruppo. Subito dopo si sente uno sparo, così assordante da impazzire. Come mai questi poveri uomini sono rinchiusi qui? Possibile che sia io la causa dei loro mali? Come mai? In fondo sono solo una comunissima stella gialla di David, cosa ho fatto di male? Una mente perversa deve esserci dietro tutto questo, qual-cuno di estremamente crudele. Eppure io sono solo un semplice pezzo di stoffa, non posso far niente per aiutare queste persone. Posso solo ascoltare, guardare. Intorno regna un silenzio pesante e aleggia un’atmosfera di morte.Continua così fi nché il sole cala, senza mai fer-marsi un attimo. Insieme agli altri, il mio padrone si dirige verso una baracca sudicia, stretta. Sa-ranno quasi trecento le persone ammucchiate lì, senza cibo, acqua o coperte. Solo dei grandi letti a castello, di legno duro. Stanno tutti stret-ti, abbracciati gli uni gli altri, per provare a dare sollievo al freddo. Sento i cuori vibrare, le mie sorelle soffrire per la pena che hanno queste persone. Sento qualcuno piangere, cercando di nascondersi. E chi non piangerebbe in quelle condizioni? Passa una lunga notte, il corpo del mio padrone si contorce. Percepisco che ha dei forti dolori alla schiena. Ed è solo l’inizio. Sono passati mesi e mesi da quella volta che ho varcato il cancello di questo strano campo. Ho visto la morte in faccia, il terrore e la fame impos-sessarsi dei corpi di queste persone. Sento che il mio padrone ormai è come se stesse svanen-do nel nulla. La stoffa appoggia su delle ossa

    Storiadi una stella gialla

  • 41NAZARETH 1 2017

    FAME E SETE DI GIUSTIZIA

    malconce, sento il battito debole. Ogni tanto le gambe gli cedono e fi nisce steso a terra, senza poter rialzarsi per molte ore. Eppure nessuno lo aiuta, riceve solo pesanti percosse sulla schiena. Ho visto volti scavati di questi poveri uomini, con gli occhi vuoti, incapaci di reagire. Ho visto ca-daveri, come sacchi vuoti, trascinati sulla terra ri-arsa, dopo le esecuzioni del mattino. Con vergo-gna, disprezzo, venivano gettati in grandi fosse a marcire, fi no a che qualcuno non li prendeva e li gettava in grandi forni. Noto il fumo nero che esce dai camini. Odora di morte. Ho visto perso-ne entrare nella fasulla infermeria, e non uscire più. Non ho l’idea di cosa accade là dentro, ma

    di sicuro lì uccidono le persone, non le curano.Ora il mio padrone è seduto ai piedi della sua baracca, senza più energia vitale. È notte. E le stelle brillano in cielo. Perché devo vedere tutta questa sofferenza? Perché mai trattano delle per-sone peggio delle bestie? Ad un tratto il mio pa-drone si alza, a stento si tiene in piedi. Si avvicina alla grande rete di fi lo spinato, proprio lì vicino. So cosa sta per succedere, ne ho visti tanti fare come lui. Chi non ce la fa più si uccide, buttando-si su quel ferro gelido elettrifi cato. Lo capisco, il mio padrone. In questi mesi ha sofferto le pene dell’inferno. Le ossa sono l’unica cosa che ancora gli appartengono. Non ha più carne, né un’anima. È stato svuotato, umiliato. Percepisco il suo fl ebile battito, sempre più spento. Si lancia e una scarica attraversa le trame della mia stoffa, bruciandomi. Sento le urla, disperate e liberatorie, qualche goc-cia di sangue che mi cola addosso, il petto che preme contro di me. Quanto sarà durato? Pochi secondi. Finisco in mezzo alla neve, insieme alla macchia rossa. Arrivano quasi subito a prelevare me e quel cadavere che io conservo e che avrei voluto proteggere. Come tante mie compagne verrò incenerita e di me non resterà alcuna trac-cia. Ma spero che gli uomini non dimentichino mai queste atrocità e salvaguardino la memoria di questi poveri uomini senza più un’anima.

    Sofi a Celadon

    Guardare attentamente

    Una ragazza stava aspettando il suo volo in una sala d’attesa di un grande aeroporto. Siccome avrebbe dovuto aspettare per molto tempo, decise di comprare un libro per ammazzare il tempo. Comprò anche un pacchet-to di biscotti. Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla. Accanto a lei c’era la sedia con i biscotti e dall’altro lato un signore che stava leggendo il giornale. Quando lei cominciò a prendere il pri-mo biscotto, anche l’uomo ne prese uno; lei si sentì indignata ma non disse nulla e continuò a leggere il suo libro. Tra sé pensò: “Ma tu guarda, se solo avessi un po’ più di coraggio gli avrei già dato un pugno...”. Così ogni volta che lei prende-va un biscotto, l’uomo accanto a lei, senza fare un minimo cenno ne prendeva uno anche lui. Con-tinuarono fi no a che rimase solo un biscotto e la donna pensò: “Ah, adesso voglio proprio vedere

    cosa mi dice quando saranno fi niti tutti!”. L’uomo prese l’ultimo biscotto e lo divise a metà! “Ah!, questo è troppo”; pensò e cominciò a sbuffare in-dignata, si prese le sue cose, il libro, la sua borsa e si incamminò verso l’uscita della sala d’attesa.Quando si sentì un po’ meglio e la rabbia era pas-sata, si sedette in una sedia lungo il corridoio per non attirare troppo l’attenzione ed evitare altri di-spiaceri. Chiuse il libro e aprì la borsa per infi larlo dentro quando, nell’aprire la borsa, vide che il pac-chetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo in-terno. Sentì tanta vergogna e capì solo allora che il pacchetto di biscotti uguale al suo era di quell’uo-mo seduto accanto a lei che però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato, nervo-so o superiore, al contrario di lei che aveva sbuffa-to e addirittura si sentiva ferita nell’orgoglio.

    Bruno Ferrero

    Non ha più carne, nè un’anima.