Credo Signore Amen

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Di Don Giuseppe Mattana

Transcript of Credo Signore Amen

Page 1: Credo Signore Amen
Page 2: Credo Signore Amen

SIGLE CItAZIOnI

PF Porta Fidei

Ct Catechesi Tradendae

Fr Fides et Ratio

CdA Catechismo degli adulti

MC Marialis cultus

DM Dives in Misericordia

DV Dei Verbum

PCFP Preparazione e celebrazionedelle feste pasquali

rM Redemptoris Missio

SC Sacrosanctum Concilium

Ur Unitatis Redintegratio

GS Gaudium et Spes

AG Ad Gentes

rP Reconciliatio et Paenitentia

PL Patrologia Latina

CCC Catechismo della Chiesa Cattolica

VD Verbum Domini

SaCa Sacramentum Caritatis

– 3 –

Copyright:Edizioni L’OrtObEnEPiazza Vittorio Emanuele, 808100 nuoro

È vietata qualsiasi forma di riproduzionesenza l’autorizzazione della proprietà

Finito di stamparenel mese di marzo 2014per l’Editrice L’OrtObEnE - nuoroPresso Arti Grafiche Su CraminuVia trento, 1 - Dorgalitel. 0784 96409 - E-mail: [email protected]

Foto di copertina: Volto di CristoParticolare delle vetrate Cappella Seminario Vescovile - nuoro

Studio e opera di Suor Agar Loche pddm

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SIGLE CItAZIOnI

PF Porta Fidei

Ct Catechesi Tradendae

Fr Fides et Ratio

CdA Catechismo degli adulti

MC Marialis cultus

DM Dives in Misericordia

DV Dei Verbum

PCFP Preparazione e celebrazionedelle feste pasquali

rM Redemptoris Missio

SC Sacrosanctum Concilium

Ur Unitatis Redintegratio

GS Gaudium et Spes

AG Ad Gentes

rP Reconciliatio et Paenitentia

PL Patrologia Latina

CCC Catechismo della Chiesa Cattolica

VD Verbum Domini

SaCa Sacramentum Caritatis

– 3 –

Copyright:Edizioni L’OrtObEnEPiazza Vittorio Emanuele, 808100 nuoro

È vietata qualsiasi forma di riproduzionesenza l’autorizzazione della proprietà

Finito di stamparenel mese di marzo 2014per l’Editrice L’OrtObEnE - nuoroPresso Arti Grafiche Su CraminuVia trento, 1 - Dorgalitel. 0784 96409 - E-mail: [email protected]

Foto di copertina: Volto di CristoParticolare delle vetrate Cappella Seminario Vescovile - nuoro

Studio e opera di Suor Agar Loche pddm

Page 4: Credo Signore Amen

PrESEntAZIOnE

L’Anno della fede, indetto da benedetto XVI e con-cluso da Papa Francesco, è stata l’occasione per riscoprireil dono della fede. «riscoprire i contenuti della fede pro-fessata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullostesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni cre-dente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno. nona caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad impararea memoria il Credo. Questo serviva loro come preghieraquotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con ilbattesimo.

Con parole dense di significato, lo ricorda Sant’Ago-stino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la con-segna del Credo, dice: «Il simbolo del santo mistero cheavete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno peruno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fededella madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è CristoSignore … Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nellamente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo do-vete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e nonscordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con ilcorpo, dovete vegliare in esso con il cuore» (PF 9).

nel corso dell’Anno, attraverso il Settimanale «L’Orto-bene», ho voluto offrire alcune riflessioni sui vari articolidel Credo, consapevole, come ha scritto Giovanni Paolo IInell’Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae che: «ildono più prezioso che la Chiesa possa offrire al mondo con-temporaneo, disorientato e inquieto, è di formare in esso

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PrESEntAZIOnE

L’Anno della fede, indetto da benedetto XVI e con-cluso da Papa Francesco, è stata l’occasione per riscoprireil dono della fede. «riscoprire i contenuti della fede pro-fessata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullostesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni cre-dente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno. nona caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad impararea memoria il Credo. Questo serviva loro come preghieraquotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con ilbattesimo.

Con parole dense di significato, lo ricorda Sant’Ago-stino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la con-segna del Credo, dice: «Il simbolo del santo mistero cheavete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno peruno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fededella madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è CristoSignore … Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nellamente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo do-vete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e nonscordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con ilcorpo, dovete vegliare in esso con il cuore» (PF 9).

nel corso dell’Anno, attraverso il Settimanale «L’Orto-bene», ho voluto offrire alcune riflessioni sui vari articolidel Credo, consapevole, come ha scritto Giovanni Paolo IInell’Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae che: «ildono più prezioso che la Chiesa possa offrire al mondo con-temporaneo, disorientato e inquieto, è di formare in esso

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La pRoFessione Di FeDe

L’Anno della fede, oltre a far riscoprire la grande ereditàdel Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Catto-lica, si propone di approfondire i misteri della nostra fede con-tenuti nel Credo. recitando il Credo, che è la sintesi della fedecristiana, si proclamano le verità fondamentali che bisognaconoscere e a cui bisogna aderire. nella Lettera ApostolicaPorta fidei, con la quale viene indetto l’Anno della fede, be-

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cristiani sicuri nell’essenziale ed umilmente lieti nella lorofede» (Ct 61).

Queste riflessioni ora le ho raccolte tutte insieme, ce-dendo anche alle richieste di tanti, perché possano servirecome occasione per approfondire e gustare sempre più icontenuti della nostra fede. È anche l’invito a continuare ilcammino con Abramo, nostro padre nella fede, con i pa-stori, con i Magi, con Maria, la Madre del Signore, conGiuseppe, lo Sposo di Maria, per condividere ciò che Gio-vanni ci offre all’inizio della sua prima lettera: «Quello cheera da principio, quello che noi abbiamo udito, quello cheabbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contem-plammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siatein comunione con noi» (1 Gv 1,1.3). Con l’auspicio chequeste considerazioni siano in grado di avvalorare la cer-tezza e la gioia del credere.

Oliena, 5 marzo 2014, Mercoledì delle Ceneri.

Don Giuseppe Mattana

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La pRoFessione Di FeDe

L’Anno della fede, oltre a far riscoprire la grande ereditàdel Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Catto-lica, si propone di approfondire i misteri della nostra fede con-tenuti nel Credo. recitando il Credo, che è la sintesi della fedecristiana, si proclamano le verità fondamentali che bisognaconoscere e a cui bisogna aderire. nella Lettera ApostolicaPorta fidei, con la quale viene indetto l’Anno della fede, be-

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cristiani sicuri nell’essenziale ed umilmente lieti nella lorofede» (Ct 61).

Queste riflessioni ora le ho raccolte tutte insieme, ce-dendo anche alle richieste di tanti, perché possano servirecome occasione per approfondire e gustare sempre più icontenuti della nostra fede. È anche l’invito a continuare ilcammino con Abramo, nostro padre nella fede, con i pa-stori, con i Magi, con Maria, la Madre del Signore, conGiuseppe, lo Sposo di Maria, per condividere ciò che Gio-vanni ci offre all’inizio della sua prima lettera: «Quello cheera da principio, quello che noi abbiamo udito, quello cheabbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contem-plammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siatein comunione con noi» (1 Gv 1,1.3). Con l’auspicio chequeste considerazioni siano in grado di avvalorare la cer-tezza e la gioia del credere.

Oliena, 5 marzo 2014, Mercoledì delle Ceneri.

Don Giuseppe Mattana

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distinti la cui combinazione è significativa, cioè è un segno diriconoscimento e un impegno di fedeltà. I Simboli di fedehanno svolto e svolgono la stessa funzione: essere segno diriconoscimento tra i cristiani.

L’uso del termine SIMbOLO, di origine greca, applicatoalla confessione di fede, diventerà generale in Occidente, dovepasserà dalle interrogazioni battesimali ai CrEDO dichiara-tori. Esso si diffonderà anche in Oriente, a partire dal IV se-colo. La coscienza cristiana antica percepiva sempre che laconfessione di fede o il Simbolo, oggetto dell’impegno batte-simale, rimaneva un segno di riconoscimento tra cristiani. Ilcristiano si definisce per il suo Credo: lo sa a memoria, lo pro-clama nell’assemblea liturgica, lo deve testimoniare fino almartirio.

I «luoghi» dove si svilupperanno le diverse formule sa-ranno: il battesimo e il Catecumenato, il Culto regolare, gliEsorcismi, le Persecuzioni, la Polemica contro gli eretici. Que-sto contenuto esprime in sintesi l’essenziale della fede: essoassicura dunque la funzione dottrinale del Credo. Può anchedirsi «Parola compendiata» secondo Origene, la fede del Sim-bolo che è consegnato ai credenti, dove è contenuta la sintesidi tutto il mistero raccolto in piccole frasi. nella breve formuladel Simbolo tutto ha senso, il contenuto e la maniera di dirlo,il succedersi degli articoli e la struttura che li articola.

La confessione di fede è la prima referenza dottrinale diogni discorso nella fede. A questo titolo essa ha un caratterenormativo, perché dice ciò che impegna l’obbedienza dellafede. Il Simbolo appare allora come una espressione privile-giata della «regola di fede» o della «regola di verità». Le for-mule di confessione giocheranno per questa ragione un ruoloessenziale nella Iniziazione cristiana: forniscono lo schema dibase della formazione dei catecumeni.

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nedetto XVI scrive: «La conoscenza dei contenuti di fede èessenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire piena-mente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene propostodalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalitàdel mistero salvifico rivelato da Dio. L’assenso che viene pre-stato implica quindi che, quando si crede, si accetta libera-mente tutto il mistero della fede, perché garante della suaverità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suomistero di amore» (PF 10).

Prima di introdurci nel commento e nella conoscenza deisingoli articoli del Credo, penso sia opportuno spendere unaparola sul significato e sull’origine del Simbolo o dei Simbolidella fede. «Fin dalle origini, la Chiesa apostolica ha espressoe trasmesso la propria fede in formule brevi e normative pertutti. Ma molto presto la Chiesa ha anche voluto riunire l’es-senziale della sua fede in compendi organici e articolati, de-stinati, in particolare, ai candidati al Battesimo» (CCC 186).I Simboli di fede sono i primi documenti dogmatici della tra-dizione ecclesiale. Essi hanno autorità più grande dei testi con-ciliari, poiché è una tradizione dei concili il «riceverli», cosìcome ricevono le Scritture. Il loro studio è dunque uno deitratti fondamentali della storia dei dogmi. La Chiesa ha sem-pre avvertito la necessità di avere una sua carta fondamentale.Il significato del termine «Simbolo» e la sua origine ci pos-sono aiutare a capirne il senso. «Il simbolo è un pegno di ri-conoscimento, un oggetto spezzato in due e distribuito tra duesoggetti alleati che devono conservare ciascuno la propriaparte e trasmetterla ai loro discendenti, in modo tale che questielementi complementari, di nuovo ravvicinati, permettano, peril loro reciproco combaciare, di far riconoscere i portatori edi attestare i legami di alleanza contratti anteriormente». Inaltre parole il significato del simbolo è il legame tra elementi

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distinti la cui combinazione è significativa, cioè è un segno diriconoscimento e un impegno di fedeltà. I Simboli di fedehanno svolto e svolgono la stessa funzione: essere segno diriconoscimento tra i cristiani.

L’uso del termine SIMbOLO, di origine greca, applicatoalla confessione di fede, diventerà generale in Occidente, dovepasserà dalle interrogazioni battesimali ai CrEDO dichiara-tori. Esso si diffonderà anche in Oriente, a partire dal IV se-colo. La coscienza cristiana antica percepiva sempre che laconfessione di fede o il Simbolo, oggetto dell’impegno batte-simale, rimaneva un segno di riconoscimento tra cristiani. Ilcristiano si definisce per il suo Credo: lo sa a memoria, lo pro-clama nell’assemblea liturgica, lo deve testimoniare fino almartirio.

I «luoghi» dove si svilupperanno le diverse formule sa-ranno: il battesimo e il Catecumenato, il Culto regolare, gliEsorcismi, le Persecuzioni, la Polemica contro gli eretici. Que-sto contenuto esprime in sintesi l’essenziale della fede: essoassicura dunque la funzione dottrinale del Credo. Può anchedirsi «Parola compendiata» secondo Origene, la fede del Sim-bolo che è consegnato ai credenti, dove è contenuta la sintesidi tutto il mistero raccolto in piccole frasi. nella breve formuladel Simbolo tutto ha senso, il contenuto e la maniera di dirlo,il succedersi degli articoli e la struttura che li articola.

La confessione di fede è la prima referenza dottrinale diogni discorso nella fede. A questo titolo essa ha un caratterenormativo, perché dice ciò che impegna l’obbedienza dellafede. Il Simbolo appare allora come una espressione privile-giata della «regola di fede» o della «regola di verità». Le for-mule di confessione giocheranno per questa ragione un ruoloessenziale nella Iniziazione cristiana: forniscono lo schema dibase della formazione dei catecumeni.

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nedetto XVI scrive: «La conoscenza dei contenuti di fede èessenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire piena-mente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene propostodalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalitàdel mistero salvifico rivelato da Dio. L’assenso che viene pre-stato implica quindi che, quando si crede, si accetta libera-mente tutto il mistero della fede, perché garante della suaverità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suomistero di amore» (PF 10).

Prima di introdurci nel commento e nella conoscenza deisingoli articoli del Credo, penso sia opportuno spendere unaparola sul significato e sull’origine del Simbolo o dei Simbolidella fede. «Fin dalle origini, la Chiesa apostolica ha espressoe trasmesso la propria fede in formule brevi e normative pertutti. Ma molto presto la Chiesa ha anche voluto riunire l’es-senziale della sua fede in compendi organici e articolati, de-stinati, in particolare, ai candidati al Battesimo» (CCC 186).I Simboli di fede sono i primi documenti dogmatici della tra-dizione ecclesiale. Essi hanno autorità più grande dei testi con-ciliari, poiché è una tradizione dei concili il «riceverli», cosìcome ricevono le Scritture. Il loro studio è dunque uno deitratti fondamentali della storia dei dogmi. La Chiesa ha sem-pre avvertito la necessità di avere una sua carta fondamentale.Il significato del termine «Simbolo» e la sua origine ci pos-sono aiutare a capirne il senso. «Il simbolo è un pegno di ri-conoscimento, un oggetto spezzato in due e distribuito tra duesoggetti alleati che devono conservare ciascuno la propriaparte e trasmetterla ai loro discendenti, in modo tale che questielementi complementari, di nuovo ravvicinati, permettano, peril loro reciproco combaciare, di far riconoscere i portatori edi attestare i legami di alleanza contratti anteriormente». Inaltre parole il significato del simbolo è il legame tra elementi

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fessione di fede: due modelli cristologici, un modello binarioche comporta la menzione del Padre e del Figlio (o del Cristo)e un modello ternario che enumera il Padre, il Figlio e lo Spi-rito. il primo modello unisce al nome di Gesù un titolo par-ticolare: Gesù è il signore (rm 10,9; Fl 2,11; 1 Cor 12,3);Gesù è il Cristo (At 18,5.28; 1 Gv 2,22); Gesù è il Figlio diDio (At 8,36-38). Queste formule molto brevi, con tutta pro-babilità, hanno costituito delle acclamazioni liturgiche, moltofacili da ricordare. il secondo modello è costituito da una for-mula narrativa più o meno sviluppata, vedi le grandi “procla-mazioni” degli Atti degli Apostoli, vale a dire i discorsipronunciati da Pietro (At 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32;10,34-43) e poi da Paolo (13,16-41). Ogni discorso ha le suecaratteristiche particolari, ma lo schema di base è sempre lostesso: si presenta Gesù di nazareth, questo uomo accreditatoda Dio in ragione delle sue parole, dei suoi miracoli e dellesue azioni, il quale è stato crocifisso, ma che Dio ha risusci-tato. In Paolo, il medesimo schema, prende una forma già col-laudata dalla ripetizione tradizionale: «Vi ho trasmessoanzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morìper i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risu-scitato il terzo giorno secondo le scritture, e che apparve aCefa e quindi ai Dodici» (1 Cor 15,3-5).

L’altro modello comporta l’elenco intenzionale dei nomidi Dio, il Padre e del Cristo. A ciascuno viene rapportato unintervento proprio nella storia della salvezza. Questa la for-mula tipica: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tuttoproviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo,in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui»(1 Cor 8,6; cfr. anche 1 tm 2,5-6.6,13). Un altro modello, co-stituito da due formule paoline, scandisce e proclama i trenomi divini: «Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è

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Genesi e stoRia Dei siMBoLi Di FeDe

La preistoria e la storia dei Simboli sono relativamenteoscure e complesse: esse hanno dato luogo a numerosi studi.In modo schematico si può dire che le tappe più importantisono costituite dall’unione tra le formule cristologiche e quelletrinitarie. Semplificando un po’ le cose, si può dire che ilnuovo testamento presenta quattro modelli principali di con-

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fessione di fede: due modelli cristologici, un modello binarioche comporta la menzione del Padre e del Figlio (o del Cristo)e un modello ternario che enumera il Padre, il Figlio e lo Spi-rito. il primo modello unisce al nome di Gesù un titolo par-ticolare: Gesù è il signore (rm 10,9; Fl 2,11; 1 Cor 12,3);Gesù è il Cristo (At 18,5.28; 1 Gv 2,22); Gesù è il Figlio diDio (At 8,36-38). Queste formule molto brevi, con tutta pro-babilità, hanno costituito delle acclamazioni liturgiche, moltofacili da ricordare. il secondo modello è costituito da una for-mula narrativa più o meno sviluppata, vedi le grandi “procla-mazioni” degli Atti degli Apostoli, vale a dire i discorsipronunciati da Pietro (At 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32;10,34-43) e poi da Paolo (13,16-41). Ogni discorso ha le suecaratteristiche particolari, ma lo schema di base è sempre lostesso: si presenta Gesù di nazareth, questo uomo accreditatoda Dio in ragione delle sue parole, dei suoi miracoli e dellesue azioni, il quale è stato crocifisso, ma che Dio ha risusci-tato. In Paolo, il medesimo schema, prende una forma già col-laudata dalla ripetizione tradizionale: «Vi ho trasmessoanzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morìper i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risu-scitato il terzo giorno secondo le scritture, e che apparve aCefa e quindi ai Dodici» (1 Cor 15,3-5).

L’altro modello comporta l’elenco intenzionale dei nomidi Dio, il Padre e del Cristo. A ciascuno viene rapportato unintervento proprio nella storia della salvezza. Questa la for-mula tipica: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tuttoproviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo,in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui»(1 Cor 8,6; cfr. anche 1 tm 2,5-6.6,13). Un altro modello, co-stituito da due formule paoline, scandisce e proclama i trenomi divini: «Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è

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Genesi e stoRia Dei siMBoLi Di FeDe

La preistoria e la storia dei Simboli sono relativamenteoscure e complesse: esse hanno dato luogo a numerosi studi.In modo schematico si può dire che le tappe più importantisono costituite dall’unione tra le formule cristologiche e quelletrinitarie. Semplificando un po’ le cose, si può dire che ilnuovo testamento presenta quattro modelli principali di con-

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io CReDo

La professione difede inizia con le pa-role «Io credo». È laprima e fondamen-tale parola di un cri-stiano. Con la paro-la «Credo» si mani-festa la propria fedee la propria identi-tà cristiana, la tota-le fiducia e adesionea Dio. Attraverso ildono della sua Pa-rola Dio Padre rive-la all’umanità il suoprogetto.

Credere significafidarsi di qualcuno,in questo caso di Dio, lasciandosi prendere per mano ed en-trando in comunione con lui. Credere significa fidarsi di GesùCristo che ci ha rivelato il mistero di Dio, parlando e agendoa nome di Dio e con la sua stessa autorità. Ascoltando e me-ditando le parole e i gesti di Gesù, noi riusciamo a intravederequalcosa del mistero di Dio, dei suoi disegni a favore del-l’umanità, del suo agire nella storia. Credere implica mettersialla sequela di Gesù Cristo accettando quello che Lui ci pro-pone e accettando di stare con Lui, come i primi discepoli:«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano,disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che,tradotto, significa Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Ve-

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lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Si-gnore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, cheopera tutto in tutti» (1 Cor 12,4-6). «Un solo corpo, un soloSpirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chia-mati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una solafede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è aldi sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti»(Ef 4,4-6). C’è anche un’altra formula che enumera le tre per-sone divine e la si trova, come formula battesimale, al terminedel Vangelo di Matteo: «Andate dunque e ammaestrate tuttele nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del figlio edello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò chevi ho comandato» (Mt 28,19-20).

Da queste testimonianze del nuovo testamento bisognadunque ritenere non solamente la pluralità delle formule, maanche quella dei modelli. Ogni modello rinvia a una situa-zione di vita ecclesiale relativamente individuabile. L’inse-gnamento della fede e la dimensione liturgica e sacramentale(battesimo) appaiono in primo piano. Per una sintesi teolo-gica dei Simboli della fede è quanto mai utile e opportuno ri-farsi al Catechismo della Chiesa Cattolica dal n. 185 al n.197. «Il simbolo della fede non fu composto secondo opinioniumane, ma consiste nella raccolta dei punti salienti, scelti datutta la Scrittura, così da dare una dottrina completa dellafede. E come il seme della senape racchiude in un granellinomolti rami, così questo compendio della fede racchiude tuttala conoscenza della vera pietà contenuta nell’Antico e nelNuovo Testamento» (CCC 185).

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io CReDo

La professione difede inizia con le pa-role «Io credo». È laprima e fondamen-tale parola di un cri-stiano. Con la paro-la «Credo» si mani-festa la propria fedee la propria identi-tà cristiana, la tota-le fiducia e adesionea Dio. Attraverso ildono della sua Pa-rola Dio Padre rive-la all’umanità il suoprogetto.

Credere significafidarsi di qualcuno,in questo caso di Dio, lasciandosi prendere per mano ed en-trando in comunione con lui. Credere significa fidarsi di GesùCristo che ci ha rivelato il mistero di Dio, parlando e agendoa nome di Dio e con la sua stessa autorità. Ascoltando e me-ditando le parole e i gesti di Gesù, noi riusciamo a intravederequalcosa del mistero di Dio, dei suoi disegni a favore del-l’umanità, del suo agire nella storia. Credere implica mettersialla sequela di Gesù Cristo accettando quello che Lui ci pro-pone e accettando di stare con Lui, come i primi discepoli:«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano,disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che,tradotto, significa Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Ve-

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lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Si-gnore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, cheopera tutto in tutti» (1 Cor 12,4-6). «Un solo corpo, un soloSpirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chia-mati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una solafede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è aldi sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti»(Ef 4,4-6). C’è anche un’altra formula che enumera le tre per-sone divine e la si trova, come formula battesimale, al terminedel Vangelo di Matteo: «Andate dunque e ammaestrate tuttele nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del figlio edello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò chevi ho comandato» (Mt 28,19-20).

Da queste testimonianze del nuovo testamento bisognadunque ritenere non solamente la pluralità delle formule, maanche quella dei modelli. Ogni modello rinvia a una situa-zione di vita ecclesiale relativamente individuabile. L’inse-gnamento della fede e la dimensione liturgica e sacramentale(battesimo) appaiono in primo piano. Per una sintesi teolo-gica dei Simboli della fede è quanto mai utile e opportuno ri-farsi al Catechismo della Chiesa Cattolica dal n. 185 al n.197. «Il simbolo della fede non fu composto secondo opinioniumane, ma consiste nella raccolta dei punti salienti, scelti datutta la Scrittura, così da dare una dottrina completa dellafede. E come il seme della senape racchiude in un granellinomolti rami, così questo compendio della fede racchiude tuttala conoscenza della vera pietà contenuta nell’Antico e nelNuovo Testamento» (CCC 185).

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La fede, di conseguenza, ci fa gustare la verità che è la personastessa di Gesù.

Lo ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica quandodice che: «La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e laluce della visione beatifica, fine del nostro pellegrinare quag-giù. Allora vedremo Dio “a faccia a faccia” (1 Cor 13,12),“così come egli è” (1 Gv 3,2). La fede, quindi, è già l’iniziodella vita eterna: “Fin d’ora contempliamo come in uno spec-chio, quasi fossero già presenti, le realtà meravigliose che lepromesse ci riservano e che, per la fede, attendiamo di go-dere” (San basilio di Cesarea)» (CCC 163).

Il credere esige e richiede pazienza perché il disegno diDio non è subito chiaro, ma si svela poco alla volta nel corsodel tempo. È per questo che bisogna fidarsi dei «tempi diDio», in modo particolare aderendo a Gesù Cristo che conla sua incarnazione ci ha mostrato il suo vero volto. Questafede noi l’abbiamo ricevuta nella Chiesa, all’interno di unacomunità e si ha il dovere di testimoniarla. Scrive benedettoXVI nella Porta fidei: «La fede, infatti, cresce quando è vis-suta come esperienza di un amore ricevuto e quando vienecomunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rendefecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente dioffrire una testimonianza capace di generare: apre, infatti, ilcuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invitodel Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi di-scepoli» (PF 7).

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nite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimoravae quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del po-meriggio» (Gv 1,38-39).

Sorge a volte la domanda se la fede sia una scelta o undono. Già nell’Antico testamento c’era la consapevolezza chela fede è frutto di una iniziativa di Dio. È Dio che ha sceltoIsraele offrendogli la salvezza e la liberazione. Gesù dichiarapubblicamente: «nessuno può venire a me se non lo attira ilPadre che mi ha mandato» (Gv 6,44). «La fede è dono delloSpirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta acrescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà,rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e compren-dere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza ag-giungere ad essa nulla di estraneo». (CdA 90). nello stessotempo la fede, oltreché dono, è decisione libera dell’uomo.Dio non impone niente all’uomo, propone la sua Parola, la suaPersona, rispettando e sostenendo la libertà di ognuno. La fedeè una scelta responsabile e ragionevole.

Molto spesso, quando si parla di fede, si pensa a un in-sieme astratto di cose da accettare a scatola chiusa, a un qual-cosa che limita la libertà e la dignità dell’uomo. Si confondela fede con un insieme di norme da rispettare piuttosto che vi-verla some un rapporto di comunione con Dio. La fede prendel’avvio da una adesione ragionevole alla rivelazione; è ade-sione totale dell’uomo a Dio che si rivela nella storia.

La fede non è in opposizione alla ragione, anzi la sorreggee l’aiuta nel cammino verso la verità. «La fede e la ragionesono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalzaverso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nelcuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in defi-nitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo,possa giungere anche alla piena verità su se stesso» (Fr 1).

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La fede, di conseguenza, ci fa gustare la verità che è la personastessa di Gesù.

Lo ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica quandodice che: «La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e laluce della visione beatifica, fine del nostro pellegrinare quag-giù. Allora vedremo Dio “a faccia a faccia” (1 Cor 13,12),“così come egli è” (1 Gv 3,2). La fede, quindi, è già l’iniziodella vita eterna: “Fin d’ora contempliamo come in uno spec-chio, quasi fossero già presenti, le realtà meravigliose che lepromesse ci riservano e che, per la fede, attendiamo di go-dere” (San basilio di Cesarea)» (CCC 163).

Il credere esige e richiede pazienza perché il disegno diDio non è subito chiaro, ma si svela poco alla volta nel corsodel tempo. È per questo che bisogna fidarsi dei «tempi diDio», in modo particolare aderendo a Gesù Cristo che conla sua incarnazione ci ha mostrato il suo vero volto. Questafede noi l’abbiamo ricevuta nella Chiesa, all’interno di unacomunità e si ha il dovere di testimoniarla. Scrive benedettoXVI nella Porta fidei: «La fede, infatti, cresce quando è vis-suta come esperienza di un amore ricevuto e quando vienecomunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rendefecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente dioffrire una testimonianza capace di generare: apre, infatti, ilcuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invitodel Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi di-scepoli» (PF 7).

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nite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimoravae quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del po-meriggio» (Gv 1,38-39).

Sorge a volte la domanda se la fede sia una scelta o undono. Già nell’Antico testamento c’era la consapevolezza chela fede è frutto di una iniziativa di Dio. È Dio che ha sceltoIsraele offrendogli la salvezza e la liberazione. Gesù dichiarapubblicamente: «nessuno può venire a me se non lo attira ilPadre che mi ha mandato» (Gv 6,44). «La fede è dono delloSpirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta acrescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà,rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e compren-dere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza ag-giungere ad essa nulla di estraneo». (CdA 90). nello stessotempo la fede, oltreché dono, è decisione libera dell’uomo.Dio non impone niente all’uomo, propone la sua Parola, la suaPersona, rispettando e sostenendo la libertà di ognuno. La fedeè una scelta responsabile e ragionevole.

Molto spesso, quando si parla di fede, si pensa a un in-sieme astratto di cose da accettare a scatola chiusa, a un qual-cosa che limita la libertà e la dignità dell’uomo. Si confondela fede con un insieme di norme da rispettare piuttosto che vi-verla some un rapporto di comunione con Dio. La fede prendel’avvio da una adesione ragionevole alla rivelazione; è ade-sione totale dell’uomo a Dio che si rivela nella storia.

La fede non è in opposizione alla ragione, anzi la sorreggee l’aiuta nel cammino verso la verità. «La fede e la ragionesono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalzaverso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nelcuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in defi-nitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo,possa giungere anche alla piena verità su se stesso» (Fr 1).

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soluzioni ai vari problemi, l’affermazione della fede in un soloDio, uno e trino, costituisce il centro della fede cristiana. «Noicrediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella suaessenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni,nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella suaprovvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Coluiche è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (cfr. Ex. 3,14);ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (cfr.1 Io. 4, 8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, espri-mono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che havoluto darsi a conoscere a noi, e che “abitando in una luceinaccessibile” (cfr. 1 Tim. 6, 16) è in se stesso al di sopra diogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata»(Paolo VI, Solenne professione di fede, 30 giugno 1968).

I progressi della scienza e della tecnica hanno portato tantia ritenere che Dio sia stato spodestato dal suo trono e dallacoscienza dell’uomo, per cui non avrebbe alcuna funzione dasvolgere nel mondo. Altri ritengono che Dio sia una sempliceillusione che l’uomo si costruisce per spiegare le cose che an-cora ignora, per trovare consolazione nei momenti di prova,di dolore e di paura; altri ancora ritengono, qualora esistesse,essere un limite alla libertà dell’uomo. È significativa la te-stimonianza degli astronauti che per primi hanno fatto il giroattorno alla luna nel dicembre del 1968: «Una capsula spazialecon un uomo a bordo compie il suo primo giro attorno allaluna. Il mondo intero guarda e ascolta. Ode i cosmonautidell’Apollo 8 (Andres, Lowel e borman) leggere ad alta vocela prima pagina della bibbia: “In principio Dio creò il cielo ela terra... Dio disse: Sia la luce. E la luce fu. Dio vide che laluce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre... Dio disse:Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere ilgiorno dalla notte... e per illuminare la terra. E così avvenne:

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CReDo in Dio

«Io credo in Dio»: questa prima affermazione della pro-fessione di fede è anche la più importante, quella fondamen-tale. tutto il Simbolo parla di Dio, e, se parla anche dell’uomoe del mondo, lo fa in rapporto a Dio. Gli articoli del Credo di-pendono tutti dal primo, così come i comandamenti sonol’esplicitazione del primo. Gli altri articoli ci fanno meglioconoscere Dio, quale si è rivelato progressivamente agli uo-mini. «Giustamente quindi i cristiani affermano per primacosa di credere in Dio» (CCC 199).

In un contesto sociale e culturale in cui proliferano le of-ferte religiose o spacciate per tali che pretendono di assicurare

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soluzioni ai vari problemi, l’affermazione della fede in un soloDio, uno e trino, costituisce il centro della fede cristiana. «Noicrediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella suaessenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni,nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella suaprovvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Coluiche è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (cfr. Ex. 3,14);ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (cfr.1 Io. 4, 8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, espri-mono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che havoluto darsi a conoscere a noi, e che “abitando in una luceinaccessibile” (cfr. 1 Tim. 6, 16) è in se stesso al di sopra diogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata»(Paolo VI, Solenne professione di fede, 30 giugno 1968).

I progressi della scienza e della tecnica hanno portato tantia ritenere che Dio sia stato spodestato dal suo trono e dallacoscienza dell’uomo, per cui non avrebbe alcuna funzione dasvolgere nel mondo. Altri ritengono che Dio sia una sempliceillusione che l’uomo si costruisce per spiegare le cose che an-cora ignora, per trovare consolazione nei momenti di prova,di dolore e di paura; altri ancora ritengono, qualora esistesse,essere un limite alla libertà dell’uomo. È significativa la te-stimonianza degli astronauti che per primi hanno fatto il giroattorno alla luna nel dicembre del 1968: «Una capsula spazialecon un uomo a bordo compie il suo primo giro attorno allaluna. Il mondo intero guarda e ascolta. Ode i cosmonautidell’Apollo 8 (Andres, Lowel e borman) leggere ad alta vocela prima pagina della bibbia: “In principio Dio creò il cielo ela terra... Dio disse: Sia la luce. E la luce fu. Dio vide che laluce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre... Dio disse:Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere ilgiorno dalla notte... e per illuminare la terra. E così avvenne:

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CReDo in Dio

«Io credo in Dio»: questa prima affermazione della pro-fessione di fede è anche la più importante, quella fondamen-tale. tutto il Simbolo parla di Dio, e, se parla anche dell’uomoe del mondo, lo fa in rapporto a Dio. Gli articoli del Credo di-pendono tutti dal primo, così come i comandamenti sonol’esplicitazione del primo. Gli altri articoli ci fanno meglioconoscere Dio, quale si è rivelato progressivamente agli uo-mini. «Giustamente quindi i cristiani affermano per primacosa di credere in Dio» (CCC 199).

In un contesto sociale e culturale in cui proliferano le of-ferte religiose o spacciate per tali che pretendono di assicurare

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CReDo in Dio paDRe onnipotente

Il Dio in cui noi crediamo non è una realtà anonima e im-personale. Gesù, il Figlio di Dio, ci ha insegnato a rivolgercia Dio chiamandolo Padre: «Padre nostro» (Mt 6,9). La parola«Padre» evoca tenerezza, confidenza, amore. Credere in Dioche è nostro Padre implica entrare nella sua vita di amore e dicomunione. Questa comunione è resa evidente dalla testimo-nianza di Gesù quando afferma che: «Io e il Padre siamo unacosa sola» (Gv 10,30).

La fede in Dio Padre implica credere alla vita trinitaria,una dimensione che Gesù stesso ha rivelato. nella bibbia nontroviamo il termine trinità, che proviene dal latino Trinitas(di tre) per spiegare che la Divinità è formata da tre personedivine; il termine è stato coniato nel II secolo da tertulliano

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Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare ilgiorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle”». Poiborman, uno specialista in astronautica, ma anche lettore delgruppo liturgico della sua parrocchia, aggiunse: «Dacci, o Si-gnore, la possibilità di vedere il tuo amore nel mondo, nono-stante i difetti umani. Dacci la fede, la fiducia, la bontà,nonostante la nostra ignoranza e la nostra debolezza. Dacci laconoscenza perché possiamo continuare a pregare con cuoriche comprendono». Ecco: l’uomo, al culmine della suascienza, confessa Dio; al vertice della sua potenza, rende glo-ria a Dio... L’uomo, dominatore della tecnica, prega Dio nondi dirigere la sua capsula spaziale, ma di «cambiargli gli occhie il cuore» (t. rey-Mermet, Credere).

La fede nell’unicità di Dio si radica nella rivelazione chetroviamo nell’Antico testamento: «Ascolta, Israele: il Signoreè il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuoDio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze»(Dt 6,4-5). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte lenazioni a volgersi a lui, l’Unico: «Volgetevi a me e saretesalvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’èaltri... davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giureràogni lingua. Si dirà: “Solo nel Signore si trovano vittoria e po-tenza”» (Is 45,22-24) (CCC 201).

nella pienezza dei tempi è Gesù che rivela, con la sua pub-blica testimonianza e con la missione data ai discepoli, l’unitàe la realtà trinitaria di Dio: Gesù Cristo parla del Padre suodicendo: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). Laprima lettera di Giovanni presenta Dio che è verità, perché«Dio è luce e in lui non ci sono tenebre» (1 Gv 1,5); egli è«amore» (1 Gv 4,8), e l’amore costituisce anche la legge in-terna del suo essere e perciò dell’unità con se stesso.

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CReDo in Dio paDRe onnipotente

Il Dio in cui noi crediamo non è una realtà anonima e im-personale. Gesù, il Figlio di Dio, ci ha insegnato a rivolgercia Dio chiamandolo Padre: «Padre nostro» (Mt 6,9). La parola«Padre» evoca tenerezza, confidenza, amore. Credere in Dioche è nostro Padre implica entrare nella sua vita di amore e dicomunione. Questa comunione è resa evidente dalla testimo-nianza di Gesù quando afferma che: «Io e il Padre siamo unacosa sola» (Gv 10,30).

La fede in Dio Padre implica credere alla vita trinitaria,una dimensione che Gesù stesso ha rivelato. nella bibbia nontroviamo il termine trinità, che proviene dal latino Trinitas(di tre) per spiegare che la Divinità è formata da tre personedivine; il termine è stato coniato nel II secolo da tertulliano

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Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare ilgiorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle”». Poiborman, uno specialista in astronautica, ma anche lettore delgruppo liturgico della sua parrocchia, aggiunse: «Dacci, o Si-gnore, la possibilità di vedere il tuo amore nel mondo, nono-stante i difetti umani. Dacci la fede, la fiducia, la bontà,nonostante la nostra ignoranza e la nostra debolezza. Dacci laconoscenza perché possiamo continuare a pregare con cuoriche comprendono». Ecco: l’uomo, al culmine della suascienza, confessa Dio; al vertice della sua potenza, rende glo-ria a Dio... L’uomo, dominatore della tecnica, prega Dio nondi dirigere la sua capsula spaziale, ma di «cambiargli gli occhie il cuore» (t. rey-Mermet, Credere).

La fede nell’unicità di Dio si radica nella rivelazione chetroviamo nell’Antico testamento: «Ascolta, Israele: il Signoreè il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuoDio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze»(Dt 6,4-5). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte lenazioni a volgersi a lui, l’Unico: «Volgetevi a me e saretesalvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’èaltri... davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giureràogni lingua. Si dirà: “Solo nel Signore si trovano vittoria e po-tenza”» (Is 45,22-24) (CCC 201).

nella pienezza dei tempi è Gesù che rivela, con la sua pub-blica testimonianza e con la missione data ai discepoli, l’unitàe la realtà trinitaria di Dio: Gesù Cristo parla del Padre suodicendo: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). Laprima lettera di Giovanni presenta Dio che è verità, perché«Dio è luce e in lui non ci sono tenebre» (1 Gv 1,5); egli è«amore» (1 Gv 4,8), e l’amore costituisce anche la legge in-terna del suo essere e perciò dell’unità con se stesso.

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della fede si rifà così all’esperienza umana dei genitori che,in certo qual modo, sono per l’uomo i primi rappresentanti diDio» (CCC 239).

«La teologia cristiana sintetizza la verità su Dio con questaespressione: un’unica sostanza in tre persone. Dio non è soli-tudine, ma perfetta comunione. Per questo la persona umana,immagine di Dio, si realizza nell’amore, che è dono sincerodi sé» (benedetto XVI, Angelus, 22 maggio 2005). nel pro-fessare la fede in Dio diciamo che è Padre Onnipotente. Il Ca-techismo ricorda che: «Di tutti gli attributi divini, nel Simbolosi nomina soltanto l’onnipotenza di Dio: confessarla è digrande importanza per la nostra vita. noi crediamo che taleonnipotenza è universale, perché Dio, tutto ha creato, tutto go-verna e tutto può; amante, perché Dio è nostro Padre; miste-riosa, perché soltanto la fede può riconoscere allorché “simanifesta nella debolezza» (2 Cor 12,9)» (CCC 268).

Certo rimane un mistero il modo con cui Dio manifesta lasua onnipotenza. Molto spesso, soprattutto di fronte alle tra-gedie che coinvolgono i singoli e le comunità, sorge quasispontanea la domanda: «Dio dov’è? Perché non interviene?»Lui a cui nulla è impossibile. In queste circostanze l’espe-rienza di fede ci deve portare a capire l’onnipotenza di Diosoprattutto alla luce del mistero pasquale: mistero di passione,di morte e di risurrezione del Figlio di Dio. «L’impotenza delvenerdì di passione è la premessa per la manifestazione del-l’onnipotenza di Dio nella risurrezione».

– 21 –

di Cartagine. Con il segno della croce professiamo la fedenella trinità e nell’incarnazione, passione, morte e risurre-zione di Gesù Cristo che sono i due misteri centrali della no-stra fede. La vita di Gesù è una rivelazione della trinità: «Chivede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45); «Se aveteconosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora loconoscete e lo avete veduto» (Gv 14,7); «Quando verrà il Pa-ràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della veritàche procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anchevoi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio»(Gv 15,26-27). Dio è Amore (cfr. l Gv 4,8) e al suo interno viè comunione: Dio è Padre del Figlio nello Spirito Santo;l’amore è il movimento della trinità. Il mistero della vita diDio si rende accessibile attraverso la storia di Gesù, perchéattraverso il mistero dell’Incarnazione sono coinvolti il Padree lo Spirito Santo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che: «Il mi-stero della Santissima trinità è il mistero centrale della fede edella vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindila sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che liillumina. È l’insegnamento fondamentale ed essenziale nella“gerarchia delle verità” di fede. “tutta la storia della salvezzaè la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio eSpirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sonoseparati dal peccato”» (CCC 234).

«Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggiodella fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è ori-gine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempostesso, è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli.Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa conl’immagine della maternità, che indica ancor meglio l’imma-nenza di Dio, l’intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio

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della fede si rifà così all’esperienza umana dei genitori che,in certo qual modo, sono per l’uomo i primi rappresentanti diDio» (CCC 239).

«La teologia cristiana sintetizza la verità su Dio con questaespressione: un’unica sostanza in tre persone. Dio non è soli-tudine, ma perfetta comunione. Per questo la persona umana,immagine di Dio, si realizza nell’amore, che è dono sincerodi sé» (benedetto XVI, Angelus, 22 maggio 2005). nel pro-fessare la fede in Dio diciamo che è Padre Onnipotente. Il Ca-techismo ricorda che: «Di tutti gli attributi divini, nel Simbolosi nomina soltanto l’onnipotenza di Dio: confessarla è digrande importanza per la nostra vita. noi crediamo che taleonnipotenza è universale, perché Dio, tutto ha creato, tutto go-verna e tutto può; amante, perché Dio è nostro Padre; miste-riosa, perché soltanto la fede può riconoscere allorché “simanifesta nella debolezza» (2 Cor 12,9)» (CCC 268).

Certo rimane un mistero il modo con cui Dio manifesta lasua onnipotenza. Molto spesso, soprattutto di fronte alle tra-gedie che coinvolgono i singoli e le comunità, sorge quasispontanea la domanda: «Dio dov’è? Perché non interviene?»Lui a cui nulla è impossibile. In queste circostanze l’espe-rienza di fede ci deve portare a capire l’onnipotenza di Diosoprattutto alla luce del mistero pasquale: mistero di passione,di morte e di risurrezione del Figlio di Dio. «L’impotenza delvenerdì di passione è la premessa per la manifestazione del-l’onnipotenza di Dio nella risurrezione».

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di Cartagine. Con il segno della croce professiamo la fedenella trinità e nell’incarnazione, passione, morte e risurre-zione di Gesù Cristo che sono i due misteri centrali della no-stra fede. La vita di Gesù è una rivelazione della trinità: «Chivede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45); «Se aveteconosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora loconoscete e lo avete veduto» (Gv 14,7); «Quando verrà il Pa-ràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della veritàche procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anchevoi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio»(Gv 15,26-27). Dio è Amore (cfr. l Gv 4,8) e al suo interno viè comunione: Dio è Padre del Figlio nello Spirito Santo;l’amore è il movimento della trinità. Il mistero della vita diDio si rende accessibile attraverso la storia di Gesù, perchéattraverso il mistero dell’Incarnazione sono coinvolti il Padree lo Spirito Santo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che: «Il mi-stero della Santissima trinità è il mistero centrale della fede edella vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindila sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che liillumina. È l’insegnamento fondamentale ed essenziale nella“gerarchia delle verità” di fede. “tutta la storia della salvezzaè la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio eSpirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sonoseparati dal peccato”» (CCC 234).

«Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggiodella fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è ori-gine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempostesso, è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli.Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa conl’immagine della maternità, che indica ancor meglio l’imma-nenza di Dio, l’intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio

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e di studi scientifici. La scienza ha preso atto che, per forza dicose, c’è stato un inizio che ha dato origine al tutto. Certo nonsi devono prendere alla lettera le descrizioni sulla creazionefatte dalla bibbia; lo studio dei generi letterari ha aiutato a ca-pire che quei racconti sono un modo di esprimersi dell’autoresacro il quale, con immagini suggestive prese dalla realtà vi-sibile, vuole trasmettere il messaggio che tutto ha avuto ori-gine da un grande atto di amore di Dio.

«La creazione è una chiamata alla libertà e a esercitare lapropria vocazione di cooperatori della creazione. I risultatidella ricerca scientifica, e la divulgazione di questi pressostrati sempre più ampi di popolazione, sembrano porre in que-stione la ragionevolezza della fede nella creazione divina, po-nendo tanti interrogativi. La scienza naturale rende il Creatoresuperfluo? no. La frase “Dio ha creato il mondo” non è un’af-fermazione scientifica superata» (YOUCAt 41). Si tratta diun’affermazione teologica e, pertanto, riguarda il senso e l’ori-gine divina delle cose.

«Si può essere convinti della teoria dell’evoluzione e cre-dere lo stesso al Creatore? Sì. (...) La teologia non ha compe-tenze in campo scientifico, e la scienza non ha competenze incampo teologico. (...) Un cristiano può accettare la teoria evo-luzionistica come un utile modello di spiegazione purché noncada nella falsa opinione dell’evoluzionismo che consideragli uomini come un prodotto casuale di processi biologici.L’evoluzione presuppone che esista qualcosa che può esseresoggetto di uno sviluppo; ma circa la provenienza di questo“qualcosa” non si dice nulla. Anche le domande relative al-l’essere, all’essenza, alla dignità, al compito, al senso e al per-ché del mondo e degli uomini non possono risolversi in unarisposta di tipo biologico. L’“evoluzionismo” da una parte eil creazionismo dall’altra vanno oltre il loro limite. I creazio-

– 23 –

CReDo in DioCReatoRe DeL CieLo e DeLLa teRRa

Il tema della creazione è di fondamentale importanza peril credente. Il libro della Genesi inizia con una affermazionesolenne: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn 1,1). IlCatechismo della Chiesa Cattolica ricorda che: «La creazioneè il fondamento di “tutti i progetti salvifici di Dio”, l’iniziodella storia della salvezza, che culmina in Cristo. Inversa-mente, il mistero di Cristo è la luce decisiva sul mistero dellacreazione: rivela il fine in vista del quale, “in principio, Diocreò il cielo e la terra” (Gn 1,1): “dalle origini, Dio pensavaalla gloria della nuova creazione in Cristo”» (CCC 280).

È significativo che le letture della Veglia Pasquale, che ce-lebra la nuova creazione realizzata da Cristo, inizino con ilracconto della creazione. La questione sull’origine del mondo,dell’uomo e dell’intero creato sono sempre oggetto di dibattiti

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e di studi scientifici. La scienza ha preso atto che, per forza dicose, c’è stato un inizio che ha dato origine al tutto. Certo nonsi devono prendere alla lettera le descrizioni sulla creazionefatte dalla bibbia; lo studio dei generi letterari ha aiutato a ca-pire che quei racconti sono un modo di esprimersi dell’autoresacro il quale, con immagini suggestive prese dalla realtà vi-sibile, vuole trasmettere il messaggio che tutto ha avuto ori-gine da un grande atto di amore di Dio.

«La creazione è una chiamata alla libertà e a esercitare lapropria vocazione di cooperatori della creazione. I risultatidella ricerca scientifica, e la divulgazione di questi pressostrati sempre più ampi di popolazione, sembrano porre in que-stione la ragionevolezza della fede nella creazione divina, po-nendo tanti interrogativi. La scienza naturale rende il Creatoresuperfluo? no. La frase “Dio ha creato il mondo” non è un’af-fermazione scientifica superata» (YOUCAt 41). Si tratta diun’affermazione teologica e, pertanto, riguarda il senso e l’ori-gine divina delle cose.

«Si può essere convinti della teoria dell’evoluzione e cre-dere lo stesso al Creatore? Sì. (...) La teologia non ha compe-tenze in campo scientifico, e la scienza non ha competenze incampo teologico. (...) Un cristiano può accettare la teoria evo-luzionistica come un utile modello di spiegazione purché noncada nella falsa opinione dell’evoluzionismo che consideragli uomini come un prodotto casuale di processi biologici.L’evoluzione presuppone che esista qualcosa che può esseresoggetto di uno sviluppo; ma circa la provenienza di questo“qualcosa” non si dice nulla. Anche le domande relative al-l’essere, all’essenza, alla dignità, al compito, al senso e al per-ché del mondo e degli uomini non possono risolversi in unarisposta di tipo biologico. L’“evoluzionismo” da una parte eil creazionismo dall’altra vanno oltre il loro limite. I creazio-

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CReDo in DioCReatoRe DeL CieLo e DeLLa teRRa

Il tema della creazione è di fondamentale importanza peril credente. Il libro della Genesi inizia con una affermazionesolenne: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn 1,1). IlCatechismo della Chiesa Cattolica ricorda che: «La creazioneè il fondamento di “tutti i progetti salvifici di Dio”, l’iniziodella storia della salvezza, che culmina in Cristo. Inversa-mente, il mistero di Cristo è la luce decisiva sul mistero dellacreazione: rivela il fine in vista del quale, “in principio, Diocreò il cielo e la terra” (Gn 1,1): “dalle origini, Dio pensavaalla gloria della nuova creazione in Cristo”» (CCC 280).

È significativo che le letture della Veglia Pasquale, che ce-lebra la nuova creazione realizzata da Cristo, inizino con ilracconto della creazione. La questione sull’origine del mondo,dell’uomo e dell’intero creato sono sempre oggetto di dibattiti

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CReDo in un soLo siGnoRe,GesÙ CRisto

nel Catechismo della Chiesa Cattolica la sezione riguar-dante Gesù Cristo è la più ampia e diffusa. Il motivo è che laseconda persona della Santissima trinità ha condiviso in tutto«eccetto il peccato», la nostra condizione umana. La sua vi-cenda umana è situata nel tempo e nello spazio e, soprattutto,Gesù è la parola definitiva che Dio ha detto agli uomini. I cri-stiani si chiamano così perché credono in Gesù Cristo, Figliodi Dio, nato, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini.

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nisti prendono i dati biblici (come, ad esempio, l’età dellaterra, la creazione del mondo in sei giorni) in modo ingenua-mente letterale» (YOUCAt 42; cfr. CCC 282-289) (Viverel’Anno della fede. Sussidio pastorale, 2012).

L’espressione «creatore del cielo e della terra» indica latotalità dell’intero creato. «nella Sacra Scrittura, l’espres-sione “cielo e terra” significa: tutto ciò che esiste, l’interacreazione. Indica pure, all’interno della creazione, il legameche ad un tempo unisce e distingue cielo e terra: “la terra” èil mondo degli uomini. “il cielo” o “i cieli”, può indicare ilfirmamento, ma anche il “luogo” proprio di Dio: il nostro“Padre che è nei cieli” (Mt 5,16) e, di conseguenza, anche il“cielo” che è la gloria escatologica. Infine, la parola “cielo”indica il “luogo” delle creature spirituali – gli angeli – checircondano Dio» (CCC 326).

Al centro del creato Dio ha posto l’uomo e a lui ha affi-dato la custodia del creato. In questo senso l’uomo ha unagrande responsabilità verso le cose create. benedetto XVI,nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Verbum Domini,scrive che: «L’impegno nel mondo richiesto dalla divina Pa-rola ci spinge a guardare con occhi nuovi l’intero cosmocreato da Dio e che porta già in sé le tracce del Verbo, permezzo del quale tutto è stato fatto (cfr. Gv 1,2). In effetti c’èuna responsabilità che abbiamo come credenti e annunciatoridel Vangelo anche nei confronti della creazione. La rivela-zione, mentre ci rende noto il disegno di Dio sul cosmo, ciporta anche a denunciare gli atteggiamenti sbagliati del-l’uomo, quando non riconosce tutte le cose come riflesso delCreatore, ma mera materia da manipolare senza scrupoli.Così l’uomo manca di quella essenziale umiltà che gli per-mette di riconoscere la creazione come dono di Dio da acco-gliere e usare secondo il suo disegno» (VD 108).

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CReDo in un soLo siGnoRe,GesÙ CRisto

nel Catechismo della Chiesa Cattolica la sezione riguar-dante Gesù Cristo è la più ampia e diffusa. Il motivo è che laseconda persona della Santissima trinità ha condiviso in tutto«eccetto il peccato», la nostra condizione umana. La sua vi-cenda umana è situata nel tempo e nello spazio e, soprattutto,Gesù è la parola definitiva che Dio ha detto agli uomini. I cri-stiani si chiamano così perché credono in Gesù Cristo, Figliodi Dio, nato, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini.

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nisti prendono i dati biblici (come, ad esempio, l’età dellaterra, la creazione del mondo in sei giorni) in modo ingenua-mente letterale» (YOUCAt 42; cfr. CCC 282-289) (Viverel’Anno della fede. Sussidio pastorale, 2012).

L’espressione «creatore del cielo e della terra» indica latotalità dell’intero creato. «nella Sacra Scrittura, l’espres-sione “cielo e terra” significa: tutto ciò che esiste, l’interacreazione. Indica pure, all’interno della creazione, il legameche ad un tempo unisce e distingue cielo e terra: “la terra” èil mondo degli uomini. “il cielo” o “i cieli”, può indicare ilfirmamento, ma anche il “luogo” proprio di Dio: il nostro“Padre che è nei cieli” (Mt 5,16) e, di conseguenza, anche il“cielo” che è la gloria escatologica. Infine, la parola “cielo”indica il “luogo” delle creature spirituali – gli angeli – checircondano Dio» (CCC 326).

Al centro del creato Dio ha posto l’uomo e a lui ha affi-dato la custodia del creato. In questo senso l’uomo ha unagrande responsabilità verso le cose create. benedetto XVI,nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Verbum Domini,scrive che: «L’impegno nel mondo richiesto dalla divina Pa-rola ci spinge a guardare con occhi nuovi l’intero cosmocreato da Dio e che porta già in sé le tracce del Verbo, permezzo del quale tutto è stato fatto (cfr. Gv 1,2). In effetti c’èuna responsabilità che abbiamo come credenti e annunciatoridel Vangelo anche nei confronti della creazione. La rivela-zione, mentre ci rende noto il disegno di Dio sul cosmo, ciporta anche a denunciare gli atteggiamenti sbagliati del-l’uomo, quando non riconosce tutte le cose come riflesso delCreatore, ma mera materia da manipolare senza scrupoli.Così l’uomo manca di quella essenziale umiltà che gli per-mette di riconoscere la creazione come dono di Dio da acco-gliere e usare secondo il suo disegno» (VD 108).

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divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (cfr. Dz.-Sch.76), ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile con-fusione delle nature ma per l’unità della persona (cfr. Ibid.)»(Paolo VI, Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

nel Catechismo della Chiesa Cattolica vengono espressigli stessi concetti: «noi crediamo e professiamo che Gesù dinazaret, nato ebreo da una figlia d’Israele, a betlemme, altempo del re Erode il Grande e dell’imperatore Cesare Au-gusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusa-lemme, sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnaval’imperatore tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, ilquale è “venuto da Dio” (Gv 13,3), “disceso dal cielo” (Gv3,13; 6,33), venuto nella carne; infatti “il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua glo-ria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e diverità. (...) Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto egrazia su grazia (Gv 1,14.16)». (CCC 423).

È compito della Chiesa e di tutti i singoli credenti, riaffer-mare e testimoniare la fede in Gesù Cristo. risuonano solennie significative le parole di Giovanni Paolo II pronunciate du-rante la Messa di inizio del pontificato: «non abbiate paura!Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatricepotestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici comequelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo luilo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nelprofondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incertodel senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbioche si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego,vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo diparlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna»(Giovanni Paolo II, Omelia 22 ottobre 1978).

Gesù è colui che ha diviso in due la storia, determinando unprima e un dopo la sua venuta. Il Concilio Vaticano II, nellaCostituzione Dei Verbum, così presenta l’opera della salvezzaaffidata dal Padre al Figlio: «Dopo aver a più riprese e in piùmodi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “alla fine, nei giorninostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2).Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tuttigli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loroi segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbofatto carne, mandato come “uomo agli uomini” (3), “parla leparole di Dio” (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di sal-vezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, ve-dendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fattostesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sécon le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e spe-cialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti,e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completala rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, checioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e dellamorte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristianadunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passeràmai, e non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblicaprima della manifestazione gloriosa del Signore nostro GesùCristo (cfr. 1 tm 6,14 e tt 2,13)» (DV 4).

Al termine del precedente Anno della fede, Paolo VI pro-nunciò una significativa professione di fede, dicendo a propo-sito di Gesù Cristo: «Noi crediamo in Nostro Signore GesùCristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padreprima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousiosto Patri (Dz-Sch. 150); e per mezzo di Lui tutto è stato fatto.Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della VergineMaria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la

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divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (cfr. Dz.-Sch.76), ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile con-fusione delle nature ma per l’unità della persona (cfr. Ibid.)»(Paolo VI, Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

nel Catechismo della Chiesa Cattolica vengono espressigli stessi concetti: «noi crediamo e professiamo che Gesù dinazaret, nato ebreo da una figlia d’Israele, a betlemme, altempo del re Erode il Grande e dell’imperatore Cesare Au-gusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusa-lemme, sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnaval’imperatore tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, ilquale è “venuto da Dio” (Gv 13,3), “disceso dal cielo” (Gv3,13; 6,33), venuto nella carne; infatti “il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua glo-ria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e diverità. (...) Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto egrazia su grazia (Gv 1,14.16)». (CCC 423).

È compito della Chiesa e di tutti i singoli credenti, riaffer-mare e testimoniare la fede in Gesù Cristo. risuonano solennie significative le parole di Giovanni Paolo II pronunciate du-rante la Messa di inizio del pontificato: «non abbiate paura!Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatricepotestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici comequelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo luilo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nelprofondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incertodel senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbioche si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego,vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo diparlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna»(Giovanni Paolo II, Omelia 22 ottobre 1978).

Gesù è colui che ha diviso in due la storia, determinando unprima e un dopo la sua venuta. Il Concilio Vaticano II, nellaCostituzione Dei Verbum, così presenta l’opera della salvezzaaffidata dal Padre al Figlio: «Dopo aver a più riprese e in piùmodi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “alla fine, nei giorninostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2).Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tuttigli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loroi segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbofatto carne, mandato come “uomo agli uomini” (3), “parla leparole di Dio” (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di sal-vezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, ve-dendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fattostesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sécon le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e spe-cialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti,e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completala rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, checioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e dellamorte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristianadunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passeràmai, e non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblicaprima della manifestazione gloriosa del Signore nostro GesùCristo (cfr. 1 tm 6,14 e tt 2,13)» (DV 4).

Al termine del precedente Anno della fede, Paolo VI pro-nunciò una significativa professione di fede, dicendo a propo-sito di Gesù Cristo: «Noi crediamo in Nostro Signore GesùCristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padreprima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousiosto Patri (Dz-Sch. 150); e per mezzo di Lui tutto è stato fatto.Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della VergineMaria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la

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nel 381 si riunì un altro Concilio a Costantinopoli per de-finire la divinità dello Spirito Santo. I vescovi riuniti in Con-cilio inviarono una lettera a Papa Damaso, nella qualeaffermavano: «Questa fede, infatti, deve essere approvata davoi, da noi e da quanti non distorcono il senso della vera fedeessendo essa antichissima e conforme al battesimo; essa ci in-segna a credere nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto, cioè in una sola divinità, potenza, sostanza del Padre,del Figlio e dello Spirito Santo, in una uguale dignità, e in unpotere coeterno, in tre perfettissime ipostasi, cioè in tre per-fette persone, ossia tali, che non abbia luogo in esse né la folliadi Sabellio con la confusione delle persone, con la soppres-sione delle proprietà personali, né prevalga la bestemmia…degli Ariani… per cui, divisa la sostanza, o la natura, o la di-vinità, si aggiunga all’increata, consostanziale e coeternatrinità una natura posteriore, creata, o di diversa sostanza. ri-teniamo anche, intatta, la dottrina dell’incarnazione del Si-gnore; non accettiamo, cioè l’assunzione di una carnesenz’anima, senza intelligenza, imperfetta, ben sapendo cheil verbo di Dio, perfetto prima dei secoli, è divenuto perfettouomo negli ultimi tempi per la nostra salvezza». Più tardi, nel451, il Concilio di Calcedonia esprimerà la fede della Chiesain Gesù Cristo tramite una formulazione molto accurata:«All’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e mede-simo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella suadivinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo...,della stessa sostanza del Padre per la divinità, e della nostrastessa sostanza per l’umanità...; da riconoscersi in due nature,senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili».

Alla domanda: perché il Verbo si è fatto carne, il Catechi-smo della Chiesa Cattolica afferma: «Con il Credo niceno-co-stantinopolitano rispondiamo confessando: “Per noi uomini e

iL FiGLio Di Dio si È Fatto uoMo

Il mistero e la realtà dell’Incarnazione è la condizione ne-cessaria per capire il mistero e l’efficacia della redenzione.Gesù è vero Dio e vero uomo. nel corso dei secoli la costantepreoccupazione della Chiesa consistette proprio nel tenereunite, nella stessa professione di fede, l’umanità e la divinitàdi Gesù. nei primi secoli la Chiesa dovette lottare su due fronti:contro coloro che, negando la vera umanità di Gesù, gli attri-buivano un’umanità apparente e fittizia (docetismo), e controcoloro che negavano la divinità di Gesù, ritenendolo un sem-plice uomo adottato da Dio come suo figlio (arianesimo). Con-tro l’Arianesimo si pronunciò il Concilio di nicea (325)dichiarando che Gesù era «della stessa sostanza del Padre».

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nel 381 si riunì un altro Concilio a Costantinopoli per de-finire la divinità dello Spirito Santo. I vescovi riuniti in Con-cilio inviarono una lettera a Papa Damaso, nella qualeaffermavano: «Questa fede, infatti, deve essere approvata davoi, da noi e da quanti non distorcono il senso della vera fedeessendo essa antichissima e conforme al battesimo; essa ci in-segna a credere nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto, cioè in una sola divinità, potenza, sostanza del Padre,del Figlio e dello Spirito Santo, in una uguale dignità, e in unpotere coeterno, in tre perfettissime ipostasi, cioè in tre per-fette persone, ossia tali, che non abbia luogo in esse né la folliadi Sabellio con la confusione delle persone, con la soppres-sione delle proprietà personali, né prevalga la bestemmia…degli Ariani… per cui, divisa la sostanza, o la natura, o la di-vinità, si aggiunga all’increata, consostanziale e coeternatrinità una natura posteriore, creata, o di diversa sostanza. ri-teniamo anche, intatta, la dottrina dell’incarnazione del Si-gnore; non accettiamo, cioè l’assunzione di una carnesenz’anima, senza intelligenza, imperfetta, ben sapendo cheil verbo di Dio, perfetto prima dei secoli, è divenuto perfettouomo negli ultimi tempi per la nostra salvezza». Più tardi, nel451, il Concilio di Calcedonia esprimerà la fede della Chiesain Gesù Cristo tramite una formulazione molto accurata:«All’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e mede-simo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella suadivinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo...,della stessa sostanza del Padre per la divinità, e della nostrastessa sostanza per l’umanità...; da riconoscersi in due nature,senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili».

Alla domanda: perché il Verbo si è fatto carne, il Catechi-smo della Chiesa Cattolica afferma: «Con il Credo niceno-co-stantinopolitano rispondiamo confessando: “Per noi uomini e

iL FiGLio Di Dio si È Fatto uoMo

Il mistero e la realtà dell’Incarnazione è la condizione ne-cessaria per capire il mistero e l’efficacia della redenzione.Gesù è vero Dio e vero uomo. nel corso dei secoli la costantepreoccupazione della Chiesa consistette proprio nel tenereunite, nella stessa professione di fede, l’umanità e la divinitàdi Gesù. nei primi secoli la Chiesa dovette lottare su due fronti:contro coloro che, negando la vera umanità di Gesù, gli attri-buivano un’umanità apparente e fittizia (docetismo), e controcoloro che negavano la divinità di Gesù, ritenendolo un sem-plice uomo adottato da Dio come suo figlio (arianesimo). Con-tro l’Arianesimo si pronunciò il Concilio di nicea (325)dichiarando che Gesù era «della stessa sostanza del Padre».

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CReDo in GesÙ CRistonato DaLLa VeRGine MaRia

La fede che si professa èsostenuta dalla Parola che ciè stata tramandata. «E ilVerbo si fece carne e vennead abitare in mezzo a noi; enoi abbiamo contemplato lasua gloria, gloria come delFiglio unigenito che viene dalPadre, pieno di grazia e diverità» (Gv 1,14). «Dio, chemolte volte e in diversi modinei tempi antichi aveva par-lato ai padri per mezzo deiprofeti, ultimamente, in questigiorni, ha parlato a noi permezzo del Figlio, che ha sta-bilito erede di tutte le cose emediante il quale ha fattoanche il mondo» (Eb 1,1-2).

Gesù non fu concepitocome gli altri uomini. Egli,essendo Dio, s’incarnò e na-cque dalla Vergine Maria peropera dello Spirito Santo.«Il Verbo si fece carne»(Gv 1,14), cioè Dio si è do-nato e fatto conoscere allaumanità mediante una pro-fonda condivisione della

per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello SpiritoSanto si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fattouomo”» (CCC 456). Il Catechismo continua nella spiegazionedicendo che il Verbo si è fatto carne perché noi conoscessimol’amore di Dio, per essere nostro modello di santità, perchédiventassimo «partecipi della natura divina». «riprendendol’espressione di San Giovanni “Il Verbo si fece carne” (Gv1,14), la Chiesa chiama “incarnazione” il fatto che il Figlio diDio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa lanostra salvezza. La Chiesa canta il mistero dell’incarnazionein un inno riportato da San Paolo: “Abbiate in voi gli stessisentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo dinatura divina, non considerò un tesoro geloso la sua ugua-glianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condi-zione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso informa umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino allamorte e alla morte di croce” (Fil 2,5-8)» (CCC 461).

Come afferma il Sussidio pastorale per l’Anno della fede:«Le formulazioni accolte nel Credo non pretendono di spie-gare esaustivamente ciò che di fatto è inaccessibile all’intel-ligenza umana; pretendono solamente, per così dire, diindicare la direzione giusta in cui si può ricercare il misterodella persona di Gesù. Esse non chiariscono il mistero, bensìprecisano qual è il mistero che non possiamo razionalizzare,ma che possiamo accettare nell’umile evidenza della fede».Questa è la grande notizia e l’immensa gioia del natale cri-stiano: in Gesù, Dio ha assunto la nostra carne mortale, hacondiviso la nostra vita quotidiana, le nostre pene e le nostregioie, i nostri piaceri e le speranze, e si è fatto uno di noi intutto fuorché nel peccato.

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CReDo in GesÙ CRistonato DaLLa VeRGine MaRia

La fede che si professa èsostenuta dalla Parola che ciè stata tramandata. «E ilVerbo si fece carne e vennead abitare in mezzo a noi; enoi abbiamo contemplato lasua gloria, gloria come delFiglio unigenito che viene dalPadre, pieno di grazia e diverità» (Gv 1,14). «Dio, chemolte volte e in diversi modinei tempi antichi aveva par-lato ai padri per mezzo deiprofeti, ultimamente, in questigiorni, ha parlato a noi permezzo del Figlio, che ha sta-bilito erede di tutte le cose emediante il quale ha fattoanche il mondo» (Eb 1,1-2).

Gesù non fu concepitocome gli altri uomini. Egli,essendo Dio, s’incarnò e na-cque dalla Vergine Maria peropera dello Spirito Santo.«Il Verbo si fece carne»(Gv 1,14), cioè Dio si è do-nato e fatto conoscere allaumanità mediante una pro-fonda condivisione della

per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello SpiritoSanto si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fattouomo”» (CCC 456). Il Catechismo continua nella spiegazionedicendo che il Verbo si è fatto carne perché noi conoscessimol’amore di Dio, per essere nostro modello di santità, perchédiventassimo «partecipi della natura divina». «riprendendol’espressione di San Giovanni “Il Verbo si fece carne” (Gv1,14), la Chiesa chiama “incarnazione” il fatto che il Figlio diDio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa lanostra salvezza. La Chiesa canta il mistero dell’incarnazionein un inno riportato da San Paolo: “Abbiate in voi gli stessisentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo dinatura divina, non considerò un tesoro geloso la sua ugua-glianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condi-zione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso informa umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino allamorte e alla morte di croce” (Fil 2,5-8)» (CCC 461).

Come afferma il Sussidio pastorale per l’Anno della fede:«Le formulazioni accolte nel Credo non pretendono di spie-gare esaustivamente ciò che di fatto è inaccessibile all’intel-ligenza umana; pretendono solamente, per così dire, diindicare la direzione giusta in cui si può ricercare il misterodella persona di Gesù. Esse non chiariscono il mistero, bensìprecisano qual è il mistero che non possiamo razionalizzare,ma che possiamo accettare nell’umile evidenza della fede».Questa è la grande notizia e l’immensa gioia del natale cri-stiano: in Gesù, Dio ha assunto la nostra carne mortale, hacondiviso la nostra vita quotidiana, le nostre pene e le nostregioie, i nostri piaceri e le speranze, e si è fatto uno di noi intutto fuorché nel peccato.

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intatta da ogni macchia del peccato originale» (dal Dogmadell’Immacolata Concezione).

Al ruolo e al mistero di Maria nella storia della salvezza,la Costituzione Conciliare Lumen gentium, dedica il capitoloottavo: «La beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, al-l’interno del disegno d’incarnazione del Verbo, per essere lamadre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu suquesta terra l’alma madre del divino redentore, generosa-mente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico,e umile ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo,nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo colFiglio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto spe-ciale all’opera del Salvatore, coll’obbedienza, la fede, la spe-ranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturaledelle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’or-dine della grazia. E questa maternità di Maria nell’economiadella grazia perdura senza soste dal momento del consensofedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senzaesitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tuttigli eletti» (LG 61-62).

nella Marialis cultus, Paolo VI insegna che: «La VergineMaria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione deifedeli non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tantomeno, per l’ambiente socioculturale in cui essa si svolse, oggiquasi dappertutto superato; ma perché, nella sua condizioneconcreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente allavolontà di Dio (cfr. Lc 1,38); perché ne accolse la parola e lamise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità edallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la piùperfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, uni-versale e permanente» (MC 35).

esperienza umana, Gesù è vero Dio ma è anche vero uomo.Il Catechismo della Chiesa Cattolica così si esprime: «L’an-nunciazione a Maria inaugura la “pienezza del tempo”, cioèil compimento delle promesse e delle preparazioni. Maria èchiamata a concepire colui nel quale abiterà “corporalmentetutta la pienezza della divinità”. La risposta divina al suo:“Come è possibile? non conosco uomo” è data mediante lapotenza dello Spirito: “Lo Spirito Santo scenderà su di te”.La missione dello Spirito Santo è sempre congiunta e ordi-nata a quella del Figlio. Lo Spirito Santo, che è “Signore edà la vita”, è mandato a santificare il grembo della VergineMaria e a fecondarla divinamente, facendo sì che ella con-cepisca il Figlio eterno del Padre in un’umanità tratta dallasua» (CCC 484-485).

«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suoFiglio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare co-loro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozionea figli» (Gal 4,4-5). Dio, per attuare il suo progetto di sal-vezza per l’umanità, ha chiesto la libera collaborazione diuna creatura umana: Maria di nazaret. nell’Annunciazione,l’angelo rivela il piano di Dio a Maria che, con il suo sì, di-venta la Madre di Dio, la theotokos (dal greco: Genitrice diDio), definita così dal Concilio di Efeso (431). In questomodo, Dio ha dato grande dignità e rilevanza alla donna.Maria è stata scelta fin dal grembo materno per diventare laMadre di Dio: infatti è stata concepita senza peccato origi-nale. Per questo, viene salutata dall’angelo come la «pienadi grazia» e dalla Chiesa è venerata con il titolo di Immaco-lata Concezione: «La beatissima Vergine Maria nel primoistante della sua concezione, per una grazia e un privilegiosingolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti diGesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata

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intatta da ogni macchia del peccato originale» (dal Dogmadell’Immacolata Concezione).

Al ruolo e al mistero di Maria nella storia della salvezza,la Costituzione Conciliare Lumen gentium, dedica il capitoloottavo: «La beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, al-l’interno del disegno d’incarnazione del Verbo, per essere lamadre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu suquesta terra l’alma madre del divino redentore, generosa-mente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico,e umile ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo,nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo colFiglio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto spe-ciale all’opera del Salvatore, coll’obbedienza, la fede, la spe-ranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturaledelle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’or-dine della grazia. E questa maternità di Maria nell’economiadella grazia perdura senza soste dal momento del consensofedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senzaesitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tuttigli eletti» (LG 61-62).

nella Marialis cultus, Paolo VI insegna che: «La VergineMaria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione deifedeli non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tantomeno, per l’ambiente socioculturale in cui essa si svolse, oggiquasi dappertutto superato; ma perché, nella sua condizioneconcreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente allavolontà di Dio (cfr. Lc 1,38); perché ne accolse la parola e lamise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità edallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la piùperfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, uni-versale e permanente» (MC 35).

esperienza umana, Gesù è vero Dio ma è anche vero uomo.Il Catechismo della Chiesa Cattolica così si esprime: «L’an-nunciazione a Maria inaugura la “pienezza del tempo”, cioèil compimento delle promesse e delle preparazioni. Maria èchiamata a concepire colui nel quale abiterà “corporalmentetutta la pienezza della divinità”. La risposta divina al suo:“Come è possibile? non conosco uomo” è data mediante lapotenza dello Spirito: “Lo Spirito Santo scenderà su di te”.La missione dello Spirito Santo è sempre congiunta e ordi-nata a quella del Figlio. Lo Spirito Santo, che è “Signore edà la vita”, è mandato a santificare il grembo della VergineMaria e a fecondarla divinamente, facendo sì che ella con-cepisca il Figlio eterno del Padre in un’umanità tratta dallasua» (CCC 484-485).

«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suoFiglio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare co-loro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozionea figli» (Gal 4,4-5). Dio, per attuare il suo progetto di sal-vezza per l’umanità, ha chiesto la libera collaborazione diuna creatura umana: Maria di nazaret. nell’Annunciazione,l’angelo rivela il piano di Dio a Maria che, con il suo sì, di-venta la Madre di Dio, la theotokos (dal greco: Genitrice diDio), definita così dal Concilio di Efeso (431). In questomodo, Dio ha dato grande dignità e rilevanza alla donna.Maria è stata scelta fin dal grembo materno per diventare laMadre di Dio: infatti è stata concepita senza peccato origi-nale. Per questo, viene salutata dall’angelo come la «pienadi grazia» e dalla Chiesa è venerata con il titolo di Immaco-lata Concezione: «La beatissima Vergine Maria nel primoistante della sua concezione, per una grazia e un privilegiosingolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti diGesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata

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Sangue Redentore» (Paolo VI, Solenne professione di Fede,30 giugno 1968).

È interessante notare che nella professione di fede, oltrenaturalmente al nome di Gesù, vengono citati solo i nomi diMaria e di Pilato. «Maria... Pilato!, insieme, nonostante l’in-tollerabile accostamento, appunto perché mediante loro dueil Figlio di Dio s’è veramente incorporato alla nostra umanità:alla nostra razza umana mediante la sua madre umana, Maria;alla nostra storia umana, civile e politica, mediante Ponzio Pi-lato. Maria... Pilato: l’amore più tenero, più forte, e l’egoismopiù vigliacco, l’egoismo omicida; l’amore che fa vivere Gesù,l’egoismo che lo fa morire; la madre di Dio, l’assassino diDio. Insomma, l’umanità, la migliore e la peggiore: noi tutti.Maria... Pilato: l’israelita e il pagano. Per Maria, «figlia diSion», i giudei ci hanno dato Gesù – grazie a loro! –; per Pi-lato, i pagani condividono coi giudei la responsabilità dellasua passione. La passione è una cosa che ci riguarda tutti, giu-dei e gentili, il crimine di tutti, la salvezza di tutti» (t.r Mer-met, Credere).

«nACQUE... Patì... ». Il «Credo», come i Vangeli, coprelo spazio di circa 33 anni della vita terrena di Gesù: trent’annidi vita nascosta, tre anni di «vita pubblica». tre anni intensinei quali Gesù parlò e operò in assoluta coerenza. Annunciòl’avvento del regno messianico con discorsi, parabole, «mi-racoli, prodigi e segni», che lo indicavano come il re di que-sto regno. La proclamazione sempre più esplicita del suoparticolare rapporto con il Padre («Io e il Padre siamo unacosa sola»), l’annuncio di una salvezza non più riservata a unpopolo prediletto, ma ormai esteso e da estendersi a tutti i po-poli della terra; tutto ciò finì con l’allarmare e irritare i potentiin carica e li convinse della necessità di eliminarlo. Gesùquindi fu arrestato, processato e condannato a morte. «Patì

patÌ sotto ponZio piLato

Il Mistero pa-squale della croce edella risurrezionedi Cristo è al centrodella predicazionedel Vangelo chegli Apostoli procla-mano al mondo in-tero. tutto questo,come il misterodell’incarnazione,è posto in una con-creta realtà storica.nella sua profes-sione di fede PaoloVI sintetizza la vi-cenda umana diGesù: «Egli ha di-morato in mezzo anoi, pieno di graziae di verità. Egli ha

annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fattoconoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamentonuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci hainsegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spi-rito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giu-stizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace,persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Pon-zio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati delmondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo

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Sangue Redentore» (Paolo VI, Solenne professione di Fede,30 giugno 1968).

È interessante notare che nella professione di fede, oltrenaturalmente al nome di Gesù, vengono citati solo i nomi diMaria e di Pilato. «Maria... Pilato!, insieme, nonostante l’in-tollerabile accostamento, appunto perché mediante loro dueil Figlio di Dio s’è veramente incorporato alla nostra umanità:alla nostra razza umana mediante la sua madre umana, Maria;alla nostra storia umana, civile e politica, mediante Ponzio Pi-lato. Maria... Pilato: l’amore più tenero, più forte, e l’egoismopiù vigliacco, l’egoismo omicida; l’amore che fa vivere Gesù,l’egoismo che lo fa morire; la madre di Dio, l’assassino diDio. Insomma, l’umanità, la migliore e la peggiore: noi tutti.Maria... Pilato: l’israelita e il pagano. Per Maria, «figlia diSion», i giudei ci hanno dato Gesù – grazie a loro! –; per Pi-lato, i pagani condividono coi giudei la responsabilità dellasua passione. La passione è una cosa che ci riguarda tutti, giu-dei e gentili, il crimine di tutti, la salvezza di tutti» (t.r Mer-met, Credere).

«nACQUE... Patì... ». Il «Credo», come i Vangeli, coprelo spazio di circa 33 anni della vita terrena di Gesù: trent’annidi vita nascosta, tre anni di «vita pubblica». tre anni intensinei quali Gesù parlò e operò in assoluta coerenza. Annunciòl’avvento del regno messianico con discorsi, parabole, «mi-racoli, prodigi e segni», che lo indicavano come il re di que-sto regno. La proclamazione sempre più esplicita del suoparticolare rapporto con il Padre («Io e il Padre siamo unacosa sola»), l’annuncio di una salvezza non più riservata a unpopolo prediletto, ma ormai esteso e da estendersi a tutti i po-poli della terra; tutto ciò finì con l’allarmare e irritare i potentiin carica e li convinse della necessità di eliminarlo. Gesùquindi fu arrestato, processato e condannato a morte. «Patì

patÌ sotto ponZio piLato

Il Mistero pa-squale della croce edella risurrezionedi Cristo è al centrodella predicazionedel Vangelo chegli Apostoli procla-mano al mondo in-tero. tutto questo,come il misterodell’incarnazione,è posto in una con-creta realtà storica.nella sua profes-sione di fede PaoloVI sintetizza la vi-cenda umana diGesù: «Egli ha di-morato in mezzo anoi, pieno di graziae di verità. Egli ha

annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fattoconoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamentonuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci hainsegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spi-rito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giu-stizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace,persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Pon-zio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati delmondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo

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Fu CRoCiFisso, MoRÌ e Fu sepoLto

Dopo la condanna di Pi-lato, Gesù fu condotto alluogo del patibolo. tutti equattro gli evangelisti ciparlano delle ore del Gesùsofferente sulla croce e dellesua morte. La crocifissionee la morte di Gesù sono ilculmine della donazione delFiglio di Dio. La redenzioneraggiunge il suo vertice e lasua pienezza sulla croce.Senza addentrarci sugliaspetti storici e giuridici chehanno portato alla crocifis-sione, dobbiamo dire cheGesù muore per riscattare ipeccati di tutta l’umanità:«Egli portò i nostri peccatinel suo corpo sul legnodella croce, perché, non vi-vendo più per il peccato, vi-vessimo per la giustizia;dalla sue piaghe siete statiguariti» (1 Pt 2,24).

Il Catechismo dellaChiesa Cattolica affermache: «La morte di Cristo ècontemporaneamente il sa-crificio pasquale che compie

sotto Ponzio Pilato»: Ponzio Pilato era il rappresentante diroma. Il suo gesto di «lavarsi le mani», è diventato emble-matico di un calcolato e astuto disimpegno. Gesù fu flagellato,coronato di spine e crocifisso.

La sua morte è vista da San Paolo come l’ultimo atto diquell’abbassamento di sé che comincia con l’assunzione dellacondizione di servo. «Egli, pur essendo nella condizione diDio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotòse stesso assumendo una condizione di servo, diventando si-mile agli uomini.Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliòse stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una mortedi croce» (Fil 2, 6-8).

«L’interrogatorio di Gesù davanti al sinedrio si era con-cluso così come Caifa se l’era aspettato: Gesù era stato dichia-rato colpevole di bestemmia, reato per il quale era prevista lapena di morte. Ma siccome il potere di infliggere la pena ca-pitale era riservato ai romani, il processo doveva essere tra-sferito davanti a Pilato e con ciò doveva entrare in primo pianol’aspetto politico della sentenza di colpevolezza. Gesù si eradichiarato Messia, aveva quindi preteso per sé la dignità re-gale, anche se in modo del tutto particolare. La rivendicazionedella regalità messianica era un reato politico, che dalla giu-stizia romana doveva essere punito. Con il canto del gallo erasorto il giorno. Il governatore romano usava sedere in giudizionelle prime ore del mattino.Così Gesù viene dai suoi accusa-tori condotto al pretorio e presentato a Pilato come malfattoremeritevole di morte. E il giorno della “Parasceve” per la festadi Pasqua: nel pomeriggio vengono immolati gli agnelli peril banchetto serale» (benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II vol.).

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Fu CRoCiFisso, MoRÌ e Fu sepoLto

Dopo la condanna di Pi-lato, Gesù fu condotto alluogo del patibolo. tutti equattro gli evangelisti ciparlano delle ore del Gesùsofferente sulla croce e dellesua morte. La crocifissionee la morte di Gesù sono ilculmine della donazione delFiglio di Dio. La redenzioneraggiunge il suo vertice e lasua pienezza sulla croce.Senza addentrarci sugliaspetti storici e giuridici chehanno portato alla crocifis-sione, dobbiamo dire cheGesù muore per riscattare ipeccati di tutta l’umanità:«Egli portò i nostri peccatinel suo corpo sul legnodella croce, perché, non vi-vendo più per il peccato, vi-vessimo per la giustizia;dalla sue piaghe siete statiguariti» (1 Pt 2,24).

Il Catechismo dellaChiesa Cattolica affermache: «La morte di Cristo ècontemporaneamente il sa-crificio pasquale che compie

sotto Ponzio Pilato»: Ponzio Pilato era il rappresentante diroma. Il suo gesto di «lavarsi le mani», è diventato emble-matico di un calcolato e astuto disimpegno. Gesù fu flagellato,coronato di spine e crocifisso.

La sua morte è vista da San Paolo come l’ultimo atto diquell’abbassamento di sé che comincia con l’assunzione dellacondizione di servo. «Egli, pur essendo nella condizione diDio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotòse stesso assumendo una condizione di servo, diventando si-mile agli uomini.Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliòse stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una mortedi croce» (Fil 2, 6-8).

«L’interrogatorio di Gesù davanti al sinedrio si era con-cluso così come Caifa se l’era aspettato: Gesù era stato dichia-rato colpevole di bestemmia, reato per il quale era prevista lapena di morte. Ma siccome il potere di infliggere la pena ca-pitale era riservato ai romani, il processo doveva essere tra-sferito davanti a Pilato e con ciò doveva entrare in primo pianol’aspetto politico della sentenza di colpevolezza. Gesù si eradichiarato Messia, aveva quindi preteso per sé la dignità re-gale, anche se in modo del tutto particolare. La rivendicazionedella regalità messianica era un reato politico, che dalla giu-stizia romana doveva essere punito. Con il canto del gallo erasorto il giorno. Il governatore romano usava sedere in giudizionelle prime ore del mattino.Così Gesù viene dai suoi accusa-tori condotto al pretorio e presentato a Pilato come malfattoremeritevole di morte. E il giorno della “Parasceve” per la festadi Pasqua: nel pomeriggio vengono immolati gli agnelli peril banchetto serale» (benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II vol.).

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lavanda dei piedi il cui racconto l’evangelista introduce sot-tolineando che Gesù amò i suoi “sino alla fine” (13,1). Questa“fine”, questo estremo compimento dell’amare è raggiuntaora, nel momento della morte. Egli è veramente andato sinoalla fine, sino al limite ed al di là del limite. Egli ha realizzatola totalità dell’amore, ha dato se stesso… I Vangeli sinotticicaratterizzano la morte in croce esplicitamente come eventocosmico e liturgico: il sole si oscura, il velo dei tempio sisquarcia in due, la terra trema, dei morti risuscitano. Più im-portante ancora del segno cosmico è un processo di fede: ilcenturione – comandante del plotone d’esecuzione –, nellosconvolgimento per gli avvenimenti che vede, riconosce Gesùcome Figlio di Dio: “Davvero, quest’uomo era Figlio di Dio”(Mc 15,39). Sotto la croce prende inizio la Chiesa dei pagani.A partire dalla croce, il Signore raduna gli uomini per la nuovacomunità della Chiesa universale» (benedetto XVI, Gesù diNazaret, II vol.).

L’espressione «fu sepolto» rafforza ulteriormente il sensodella condivisione del Cristo, e il realismo brutale della suamorte. Deposto dalla croce e sepolto, Gesù non conobbe in-vece l’umiliazione della corruzione cadaverica secondo la pro-fezia di Davide (cfr. At 2,25-31). Prima che questo avvenisse,il Padre lo riscattò dalla morte. «Sulla deposizione stessa nelsepolcro gli evangelisti ci trasmettono una serie di informa-zioni importanti. Innanzitutto viene sottolineato che Giuseppefa mettere il corpo del Signore in un sepolcro nuovo di suaproprietà nel quale nessuno era stato ancora sepolto (cfr. Mt27,60; Lc 23,53; Gv 19,41). In ciò si esprime un rispetto pro-fondo nei confronti di questo defunto. Come nella “Domenicadelle Palme” si è servito di un asino sul quale nessuno era an-cora salito (cfr. Mc 11,2), così ora Egli viene messo anche inun sepolcro nuovo».

la redenzione definitiva degli uomini per mezzo dell’Agnelloche toglie il peccato del mondo e il sacrificio della nuova Al-leanza, che di nuovo mette l’uomo in comunione con Dio ri-conciliandolo con lui mediante il sangue versato per molti inremissione dei peccati» (CCC 613).

La crocifissione era la condanna più infamante che vigevain quel tempo: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione dellaLegge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché stascritto: Maledetto chi è appeso al legno» (Gal 3,13); per que-sto, la croce vista solo con occhi terreni è scandalo, ma congli occhi della fede e alla luce della Pasqua essa rivela l’im-menso amore di Dio che salva l’umanità: «La parola dellacroce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelliche si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» (1 Cor 1,18).«La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomoe su ciò che l’uomo – specialmente nei momenti difficili e do-lorosi – chiama il suo infelice destino. La croce è come untocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenzaterrena dell’uomo, è il compimento sino alla fine del pro-gramma messianico che Cristo formulò una volta nella sina-goga di nazaret e ripetè poi dinanzi agli inviati di Giovannibattista. Secondo le parole scritte già nella profezia di Isaia,tale programma consisteva nella rivelazione dell’amore mi-sericordioso verso i poveri, i sofferenti e i prigionieri, verso inon vedenti, gli oppressi e i peccatori» (DM 8).

Scrive benedetto XVI: «Secondo il racconto degli evan-gelisti, Gesù è morto pregando all’ora nona, cioè alle tre delpomeriggio. Secondo Luca, la sua ultima preghiera era trattadal Salmo 31: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”(Lc 23,46; cfr. Sal 31,6). Secondo Giovanni, l’ultima paroladi Gesù è stata: “È compiuto!” (19,30). nel testo greco, questaparola rimanda indietro all’inizio della passione, all’ora della

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lavanda dei piedi il cui racconto l’evangelista introduce sot-tolineando che Gesù amò i suoi “sino alla fine” (13,1). Questa“fine”, questo estremo compimento dell’amare è raggiuntaora, nel momento della morte. Egli è veramente andato sinoalla fine, sino al limite ed al di là del limite. Egli ha realizzatola totalità dell’amore, ha dato se stesso… I Vangeli sinotticicaratterizzano la morte in croce esplicitamente come eventocosmico e liturgico: il sole si oscura, il velo dei tempio sisquarcia in due, la terra trema, dei morti risuscitano. Più im-portante ancora del segno cosmico è un processo di fede: ilcenturione – comandante del plotone d’esecuzione –, nellosconvolgimento per gli avvenimenti che vede, riconosce Gesùcome Figlio di Dio: “Davvero, quest’uomo era Figlio di Dio”(Mc 15,39). Sotto la croce prende inizio la Chiesa dei pagani.A partire dalla croce, il Signore raduna gli uomini per la nuovacomunità della Chiesa universale» (benedetto XVI, Gesù diNazaret, II vol.).

L’espressione «fu sepolto» rafforza ulteriormente il sensodella condivisione del Cristo, e il realismo brutale della suamorte. Deposto dalla croce e sepolto, Gesù non conobbe in-vece l’umiliazione della corruzione cadaverica secondo la pro-fezia di Davide (cfr. At 2,25-31). Prima che questo avvenisse,il Padre lo riscattò dalla morte. «Sulla deposizione stessa nelsepolcro gli evangelisti ci trasmettono una serie di informa-zioni importanti. Innanzitutto viene sottolineato che Giuseppefa mettere il corpo del Signore in un sepolcro nuovo di suaproprietà nel quale nessuno era stato ancora sepolto (cfr. Mt27,60; Lc 23,53; Gv 19,41). In ciò si esprime un rispetto pro-fondo nei confronti di questo defunto. Come nella “Domenicadelle Palme” si è servito di un asino sul quale nessuno era an-cora salito (cfr. Mc 11,2), così ora Egli viene messo anche inun sepolcro nuovo».

la redenzione definitiva degli uomini per mezzo dell’Agnelloche toglie il peccato del mondo e il sacrificio della nuova Al-leanza, che di nuovo mette l’uomo in comunione con Dio ri-conciliandolo con lui mediante il sangue versato per molti inremissione dei peccati» (CCC 613).

La crocifissione era la condanna più infamante che vigevain quel tempo: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione dellaLegge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché stascritto: Maledetto chi è appeso al legno» (Gal 3,13); per que-sto, la croce vista solo con occhi terreni è scandalo, ma congli occhi della fede e alla luce della Pasqua essa rivela l’im-menso amore di Dio che salva l’umanità: «La parola dellacroce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelliche si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» (1 Cor 1,18).«La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomoe su ciò che l’uomo – specialmente nei momenti difficili e do-lorosi – chiama il suo infelice destino. La croce è come untocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenzaterrena dell’uomo, è il compimento sino alla fine del pro-gramma messianico che Cristo formulò una volta nella sina-goga di nazaret e ripetè poi dinanzi agli inviati di Giovannibattista. Secondo le parole scritte già nella profezia di Isaia,tale programma consisteva nella rivelazione dell’amore mi-sericordioso verso i poveri, i sofferenti e i prigionieri, verso inon vedenti, gli oppressi e i peccatori» (DM 8).

Scrive benedetto XVI: «Secondo il racconto degli evan-gelisti, Gesù è morto pregando all’ora nona, cioè alle tre delpomeriggio. Secondo Luca, la sua ultima preghiera era trattadal Salmo 31: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”(Lc 23,46; cfr. Sal 31,6). Secondo Giovanni, l’ultima paroladi Gesù è stata: “È compiuto!” (19,30). nel testo greco, questaparola rimanda indietro all’inizio della passione, all’ora della

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Chiesa Cattolica afferma che: «Con l’espressione “Gesù di-scese agli inferi” il Simbolo professa che Gesù è morto real-mente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto lamorte e il diavolo “che della morte ha il potere” (Eb 2,14). Cri-sto morto, con l’anima unita alla sua Persona divina, è discesoalla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giustiche l’avevano preceduto» (CCC 636-637). «Cristo, dunque, èdisceso nella profondità della morte affinché i “morti” udissero“la voce del Figlio di Dio” (Gv 5,25) e, ascoltandola, vivessero.Gesù, “l’Autore della vita”, ha ridotto “all’impotenza, me-diante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il dia-volo”, liberando “così tutti quelli che per timore della morteerano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15). OrmaiCristo risuscitato ha “potere sopra la morte e sopra gli inferi”(Ap 1,18) e “nel nome di Gesù ogni ginocchio” si piega “neicieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10)» (CCC 635).

La formula «Disceso agli inferi» venne introdotta nel Credonel quarto secolo, ma per quel che riguarda il suo contenutoessenziale era naturalmente familiare alla fede cristiana fin dal-l’inizio e più precisamente come tutti gli articoli della confes-sione di fede, come un mistero della grazia, della salvezza,della redenzione. Dio Padre ha donato il suo Figlio per redi-mere l’umanità e facendosi in tutto uguale agli uomini, eccettoil peccato, ha assunto la nostra condizione di lontananza daDio. Di conseguenza non era sufficiente che Cristo morisse efosse sepolto, doveva ancora condividere la morte con l’infi-nita schiera di defunti dall’inizio fino alla fine del mondo.

«nella morte dell’uomo peccatore, irredento termina ognicomunicazione non solo con gli uomini ma anche con Dio –questo lo sapevano già i Salmi, Giobbe, Qoelet e i profeti –ma nel momento in cui Gesù diviene solidale per amore conquesti perduti nella solitudine, egli porge loro la sua comu-

DisCese aGLi inFeRi

Il mistero della discesa agli inferi, da alcuni è stato ritenutodi natura mitologica. Invece questo mistero della fede per noiè vitale e profondo, in quanto ci lascia intravedere qualcosa delvolto stesso di Dio, la sua solidarietà con l’uomo, spinta fin nelregno dei morti, nel luogo della totale assenza di Dio. È un ar-ticolo strettamente cristologico ed è una necessaria conse-guenza dell’incarnazione del Figlio di Dio. Il Catechismo della

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Chiesa Cattolica afferma che: «Con l’espressione “Gesù di-scese agli inferi” il Simbolo professa che Gesù è morto real-mente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto lamorte e il diavolo “che della morte ha il potere” (Eb 2,14). Cri-sto morto, con l’anima unita alla sua Persona divina, è discesoalla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giustiche l’avevano preceduto» (CCC 636-637). «Cristo, dunque, èdisceso nella profondità della morte affinché i “morti” udissero“la voce del Figlio di Dio” (Gv 5,25) e, ascoltandola, vivessero.Gesù, “l’Autore della vita”, ha ridotto “all’impotenza, me-diante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il dia-volo”, liberando “così tutti quelli che per timore della morteerano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15). OrmaiCristo risuscitato ha “potere sopra la morte e sopra gli inferi”(Ap 1,18) e “nel nome di Gesù ogni ginocchio” si piega “neicieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10)» (CCC 635).

La formula «Disceso agli inferi» venne introdotta nel Credonel quarto secolo, ma per quel che riguarda il suo contenutoessenziale era naturalmente familiare alla fede cristiana fin dal-l’inizio e più precisamente come tutti gli articoli della confes-sione di fede, come un mistero della grazia, della salvezza,della redenzione. Dio Padre ha donato il suo Figlio per redi-mere l’umanità e facendosi in tutto uguale agli uomini, eccettoil peccato, ha assunto la nostra condizione di lontananza daDio. Di conseguenza non era sufficiente che Cristo morisse efosse sepolto, doveva ancora condividere la morte con l’infi-nita schiera di defunti dall’inizio fino alla fine del mondo.

«nella morte dell’uomo peccatore, irredento termina ognicomunicazione non solo con gli uomini ma anche con Dio –questo lo sapevano già i Salmi, Giobbe, Qoelet e i profeti –ma nel momento in cui Gesù diviene solidale per amore conquesti perduti nella solitudine, egli porge loro la sua comu-

DisCese aGLi inFeRi

Il mistero della discesa agli inferi, da alcuni è stato ritenutodi natura mitologica. Invece questo mistero della fede per noiè vitale e profondo, in quanto ci lascia intravedere qualcosa delvolto stesso di Dio, la sua solidarietà con l’uomo, spinta fin nelregno dei morti, nel luogo della totale assenza di Dio. È un ar-ticolo strettamente cristologico ed è una necessaria conse-guenza dell’incarnazione del Figlio di Dio. Il Catechismo della

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RisusCitÒ Da MoRte

«È risorto! Gesù vive! Gesù è il Signore!». È l’annunciopasquale, un grido di vittoria e di esultanza... Ascoltiamo Pie-tro: «Voi avete ucciso Gesù di nazaret. Ma Dio lo ha risusci-tato, sciogliendolo dall’angoscia della morte, perché non erapossibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24). È Pen-tecoste e col fuoco dello Spirito appena ricevuto gli Apostolie i discepoli annunciano unanimi la Pasqua, il passaggio delSignore. Essi avevano vissuto con Gesù, l’avevano visto cro-cifisso; poi ecco la sua tomba vuota e le apparizioni... Essi nesono i testimoni, la Chiesa ripeterà la loro testimonianza.

nione che è più profonda della morte» (H. U. von balthasar).Sempre von balthasar ha più volte affermato che questo è unodei misteri più oscuri del cristianesimo. Il Figlio di Dio devecercare il Padre proprio nel luogo caratterizzato dalla sua as-senza, per proclamare anche lì la sua lode e solo dopo questadiscesa Egli può ritornare a Lui. È quanto mai suggestivo iltesto patristico «Omelia sul Sabato santo» che si legge nel-l’Ufficio delle Letture il Sabato Santo: «Oggi sulla terra c’ègrande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzioperché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perchéil Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloroche da secoli dormivano. (...) Egli va a cercare il primo padre,come la pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelliche siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Fi-glio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, chesi trovano in prigione. (...) Io sono il tuo Dio, che per te sonodiventato tuo figlio. (...) Svegliati, tu che dormi! Infatti non tiho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgidai morti. Io sono la Vita dei morti».

«Il dogma della “discesa agli inferi” significa che c’èun’evangelizzazione radicale, esistenziale, universale di tuttigli uomini da parte dello stesso Cristo, il quale, glorificatonello Spirito Santo, annuncia la buona novella (cioè offre re-almente la sua meravigliosa salvezza) non solamente ai suoicontemporanei che l’hanno incontrato in Palestina, non sola-mente agli innumerevoli uomini che l’incontrano nella Chiesavisibile nel corso dei secoli, ma a ciascuno e a tutti gli uomini,quando e dove vivono, soprattutto nel momento della loromorte, al di là d’ogni limite di spazio, di tempo, al di là di ognicondizione umana. Gesù è veramente il salvatore di tutti gliuomini! È questo il mistero della nostra redenzione originale»(cfr. t. rey-Mermet, Credere).

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RisusCitÒ Da MoRte

«È risorto! Gesù vive! Gesù è il Signore!». È l’annunciopasquale, un grido di vittoria e di esultanza... Ascoltiamo Pie-tro: «Voi avete ucciso Gesù di nazaret. Ma Dio lo ha risusci-tato, sciogliendolo dall’angoscia della morte, perché non erapossibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24). È Pen-tecoste e col fuoco dello Spirito appena ricevuto gli Apostolie i discepoli annunciano unanimi la Pasqua, il passaggio delSignore. Essi avevano vissuto con Gesù, l’avevano visto cro-cifisso; poi ecco la sua tomba vuota e le apparizioni... Essi nesono i testimoni, la Chiesa ripeterà la loro testimonianza.

nione che è più profonda della morte» (H. U. von balthasar).Sempre von balthasar ha più volte affermato che questo è unodei misteri più oscuri del cristianesimo. Il Figlio di Dio devecercare il Padre proprio nel luogo caratterizzato dalla sua as-senza, per proclamare anche lì la sua lode e solo dopo questadiscesa Egli può ritornare a Lui. È quanto mai suggestivo iltesto patristico «Omelia sul Sabato santo» che si legge nel-l’Ufficio delle Letture il Sabato Santo: «Oggi sulla terra c’ègrande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzioperché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perchéil Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloroche da secoli dormivano. (...) Egli va a cercare il primo padre,come la pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelliche siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Fi-glio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, chesi trovano in prigione. (...) Io sono il tuo Dio, che per te sonodiventato tuo figlio. (...) Svegliati, tu che dormi! Infatti non tiho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgidai morti. Io sono la Vita dei morti».

«Il dogma della “discesa agli inferi” significa che c’èun’evangelizzazione radicale, esistenziale, universale di tuttigli uomini da parte dello stesso Cristo, il quale, glorificatonello Spirito Santo, annuncia la buona novella (cioè offre re-almente la sua meravigliosa salvezza) non solamente ai suoicontemporanei che l’hanno incontrato in Palestina, non sola-mente agli innumerevoli uomini che l’incontrano nella Chiesavisibile nel corso dei secoli, ma a ciascuno e a tutti gli uomini,quando e dove vivono, soprattutto nel momento della loromorte, al di là d’ogni limite di spazio, di tempo, al di là di ognicondizione umana. Gesù è veramente il salvatore di tutti gliuomini! È questo il mistero della nostra redenzione originale»(cfr. t. rey-Mermet, Credere).

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li invita a constatare la concretezza della sua persona, i segnidella passione, condivide con loro il pasto. non è un fantasma,una invenzione o una suggestione della mente, ma una per-sona vera, concreta e, allo stesso tempo, con le proprietànuove di un corpo glorioso.

«La risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita ter-rena, come lo fu per le risurrezioni che egli aveva compiuteprima della pasqua: quelle della figlia di Giairo, del giovanedi naim, di Lazzaro. Questi fatti erano avvenimenti miraco-losi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere diGesù, una vita terrena “ordinaria”. Ad un certo momento essesarebbero morte di nuovo. La risurrezione di Cristo è essen-zialmente diversa. nel suo corpo risuscitato egli passa dallostato di morte ad un’altra vita al di là del tempo e dello spazio.Il corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenzadello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato dellasua gloria, sì che San Paolo può dire di Cristo che egli èl’uomo celeste» (CCC 646).

benedetto XVI, nel suo libro Gesù di Nazaret, dedica varipassaggi a questo aspetto: «La risurrezione è un evento dentrola storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al dilà di essa. Forse possiamo servirci di un linguaggio analogico,che sotto molti aspetti rimane inadeguato, ma può tuttaviaaprire un accesso alla comprensione. Potremmo considerarela risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qua-lità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, del-l’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata inun nuovo genere di realtà. L’Uomo Gesù appartiene ora pro-prio anche con lo stesso suo corpo totalmente alla sfera deldivino e dell’eterno. D’ora in poi – dice tertulliano – “spiritoe sangue” hanno un posto in Dio» (benedetto XVI, Gesù diNazaret, II vol., pp. 303-304).

La Pasqua è il mistero principale della nostra fede, attornoalla quale si articolano tutte le altre verità. Vi è implicato ilmistero trinitario: Il Padre risuscita il Figlio, il Figlio mandalo Spirito Santo sulla Chiesa. nello Spirito Santo, la Chiesariconosce in Gesù il Figlio di Dio, immagine fedele e autenticointerprete del Padre. «noi vi annunziamo la buona novellache la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’haattuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At 13,32-33).La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fedein Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla primacomunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla tra-dizione, stabilita dai documenti del nuovo testamento, pre-dicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme conla croce: «Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte havinto la morte, ai morti ha dato la vita» (CCC 638).

La risurrezione di Gesù è l’evento centrale della sua vita edella nostra fede: egli ha vinto la morte. La risurrezione è unfatto storico: il sepolcro vuoto, le apparizioni di Gesù risorto ela testimonianza dei discepoli attestano questa realtà: «Di questifatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo» (At 5,32); «noi viannunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perchéDio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At13,32-33); «A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’ioho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo leScritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondole Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguitoapparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la mag-gior parte di essi vive ancora» (1 Cor 15,3-6).

L’apostolo, ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica,«parla qui della tradizione viva della risurrezione che egliaveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Dama-sco». Il risorto stabilisce con i discepoli un rapporto diretto,

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li invita a constatare la concretezza della sua persona, i segnidella passione, condivide con loro il pasto. non è un fantasma,una invenzione o una suggestione della mente, ma una per-sona vera, concreta e, allo stesso tempo, con le proprietànuove di un corpo glorioso.

«La risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita ter-rena, come lo fu per le risurrezioni che egli aveva compiuteprima della pasqua: quelle della figlia di Giairo, del giovanedi naim, di Lazzaro. Questi fatti erano avvenimenti miraco-losi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere diGesù, una vita terrena “ordinaria”. Ad un certo momento essesarebbero morte di nuovo. La risurrezione di Cristo è essen-zialmente diversa. nel suo corpo risuscitato egli passa dallostato di morte ad un’altra vita al di là del tempo e dello spazio.Il corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenzadello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato dellasua gloria, sì che San Paolo può dire di Cristo che egli èl’uomo celeste» (CCC 646).

benedetto XVI, nel suo libro Gesù di Nazaret, dedica varipassaggi a questo aspetto: «La risurrezione è un evento dentrola storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al dilà di essa. Forse possiamo servirci di un linguaggio analogico,che sotto molti aspetti rimane inadeguato, ma può tuttaviaaprire un accesso alla comprensione. Potremmo considerarela risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qua-lità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, del-l’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata inun nuovo genere di realtà. L’Uomo Gesù appartiene ora pro-prio anche con lo stesso suo corpo totalmente alla sfera deldivino e dell’eterno. D’ora in poi – dice tertulliano – “spiritoe sangue” hanno un posto in Dio» (benedetto XVI, Gesù diNazaret, II vol., pp. 303-304).

La Pasqua è il mistero principale della nostra fede, attornoalla quale si articolano tutte le altre verità. Vi è implicato ilmistero trinitario: Il Padre risuscita il Figlio, il Figlio mandalo Spirito Santo sulla Chiesa. nello Spirito Santo, la Chiesariconosce in Gesù il Figlio di Dio, immagine fedele e autenticointerprete del Padre. «noi vi annunziamo la buona novellache la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’haattuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At 13,32-33).La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fedein Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla primacomunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla tra-dizione, stabilita dai documenti del nuovo testamento, pre-dicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme conla croce: «Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte havinto la morte, ai morti ha dato la vita» (CCC 638).

La risurrezione di Gesù è l’evento centrale della sua vita edella nostra fede: egli ha vinto la morte. La risurrezione è unfatto storico: il sepolcro vuoto, le apparizioni di Gesù risorto ela testimonianza dei discepoli attestano questa realtà: «Di questifatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo» (At 5,32); «noi viannunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perchéDio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At13,32-33); «A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’ioho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo leScritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondole Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguitoapparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la mag-gior parte di essi vive ancora» (1 Cor 15,3-6).

L’apostolo, ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica,«parla qui della tradizione viva della risurrezione che egliaveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Dama-sco». Il risorto stabilisce con i discepoli un rapporto diretto,

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sperda le tenebre del cuore e dello spirito». Significativa è lapreghiera del Messale romano che accompagna la benedi-zione del fuoco: «O padre, che per mezzo del tuo Figlio ci haicomunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questofuoco nuovo, fa che le feste pasquali accendano in noi il de-siderio del cielo e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festadello splendore eterno».

Il simbolismo della luce, dall’esperienza della Veglia pa-squale, è sempre presente nella liturgia: nelle lampade e neiceri accesi durante la celebrazione, nella fiamma che arde pe-rennemente davanti alla custodia eucaristica (tabernacolo). Ilfuoco e la luce sono presenti nel rito della dedicazione del-l’altare, quando si accende il fuoco nel braciere posto sull’al-tare e vi si brucia l’incenso.

Momento significativo è l’ascolto della Parola. «Le letturedella Sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia.Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia dellasalvezza, che i fedeli devono poter serenamente meditare nelloro animo attraverso il canto del salmo responsoriale, il si-lenzio e l’orazione del celebrante. Il rinnovato rito della vegliacomprende sette letture dell’Antico testamento prese dai libridella legge e dei profeti, le quali per lo più sono state accettatedall’antichissima tradizione sia dell’oriente che dell’occi-dente; e due letture dal nuovo testamento, prese dalle letteredegli Apostoli e dal Vangelo. Così la Chiesa “cominciando daMosè e da tutti i profeti” interpreta il mistero pasquale di Cri-sto. Pertanto tutte le letture siano lette, dovunque sia possibile,in modo da rispettare completamente la natura della veglia pa-squale, che esige il tempo dovuto» (PCFP 85).

Altro segno importante è l’acqua che caratterizza la liturgiabattesimale che, con la benedizione anche dell’acqua lustrale,usata per la benedizione delle famiglie, prolunga e fa risco-

La CeLeBRaZione LituRGiCaDeLLa pasQua

«Fin dall’inizio laChiesa ha celebratola Pasqua annuale,solennità delle solen-nità con una veglianotturna. Infatti larisurrezione di Cristoè fondamento dellanostra fede e dellanostra speranza e permezzo del battesi-mo e della cresimasiamo stati inseritinel mistero pasqualedi Cristo: morti, se-polti e risuscitati conlui, con lui anche re-gneremo» (Prepa-razione e celebra-zione delle feste pa-squali, 80).

La veglia pasquale è la celebrazione più importante di tuttol’Anno liturgico. I segni, le letture, le preghiere presenti nellacelebrazione non fanno altro che mettere in risalto la bellezzae il significato della Pasqua. La Veglia inizia con la liturgiadella luce: la benedizione del fuoco, da cui si accende il Ceropasquale, è segno di forza capace di riscaldare i cuori e illu-minare le menti. La luce che promana dal Cero è il segno diCristo risorto: «La luce del Cristo che risorge glorioso di-

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sperda le tenebre del cuore e dello spirito». Significativa è lapreghiera del Messale romano che accompagna la benedi-zione del fuoco: «O padre, che per mezzo del tuo Figlio ci haicomunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questofuoco nuovo, fa che le feste pasquali accendano in noi il de-siderio del cielo e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festadello splendore eterno».

Il simbolismo della luce, dall’esperienza della Veglia pa-squale, è sempre presente nella liturgia: nelle lampade e neiceri accesi durante la celebrazione, nella fiamma che arde pe-rennemente davanti alla custodia eucaristica (tabernacolo). Ilfuoco e la luce sono presenti nel rito della dedicazione del-l’altare, quando si accende il fuoco nel braciere posto sull’al-tare e vi si brucia l’incenso.

Momento significativo è l’ascolto della Parola. «Le letturedella Sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia.Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia dellasalvezza, che i fedeli devono poter serenamente meditare nelloro animo attraverso il canto del salmo responsoriale, il si-lenzio e l’orazione del celebrante. Il rinnovato rito della vegliacomprende sette letture dell’Antico testamento prese dai libridella legge e dei profeti, le quali per lo più sono state accettatedall’antichissima tradizione sia dell’oriente che dell’occi-dente; e due letture dal nuovo testamento, prese dalle letteredegli Apostoli e dal Vangelo. Così la Chiesa “cominciando daMosè e da tutti i profeti” interpreta il mistero pasquale di Cri-sto. Pertanto tutte le letture siano lette, dovunque sia possibile,in modo da rispettare completamente la natura della veglia pa-squale, che esige il tempo dovuto» (PCFP 85).

Altro segno importante è l’acqua che caratterizza la liturgiabattesimale che, con la benedizione anche dell’acqua lustrale,usata per la benedizione delle famiglie, prolunga e fa risco-

La CeLeBRaZione LituRGiCaDeLLa pasQua

«Fin dall’inizio laChiesa ha celebratola Pasqua annuale,solennità delle solen-nità con una veglianotturna. Infatti larisurrezione di Cristoè fondamento dellanostra fede e dellanostra speranza e permezzo del battesi-mo e della cresimasiamo stati inseritinel mistero pasqualedi Cristo: morti, se-polti e risuscitati conlui, con lui anche re-gneremo» (Prepa-razione e celebra-zione delle feste pa-squali, 80).

La veglia pasquale è la celebrazione più importante di tuttol’Anno liturgico. I segni, le letture, le preghiere presenti nellacelebrazione non fanno altro che mettere in risalto la bellezzae il significato della Pasqua. La Veglia inizia con la liturgiadella luce: la benedizione del fuoco, da cui si accende il Ceropasquale, è segno di forza capace di riscaldare i cuori e illu-minare le menti. La luce che promana dal Cero è il segno diCristo risorto: «La luce del Cristo che risorge glorioso di-

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saLÌ aL CieLo,sieDe aLLa DestRa Di Dio paDRe

Il Padre onnipotente chiama Gesù risorto «in cielo», «allasua destra». L’evento dell’ascensione manifesta la signoria delCristo. Di quale signoria si tratta? non certo di quella esercitatanella prepotenza e nell’affermazione di sé. La signoria di Cri-sto, al contrario, viene dal suo abbassamento, dalla sua umilia-zione di crocifisso. Proprio per questo – insegna Paolo – «Diolo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ognialtro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghinei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami cheGesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,9-11).

Gesù, dopo la risurrezione, è rimasto per un certo temposulla terra, apparendo agli Apostoli. Questo suo apparire è ser-vito per far conoscere meglio la realtà della sua risurrezione,non è un fantasma, è un uomo concreto, invita gli Apostoli aconstatare i segni della passione, condivide i pasti con loro,è, in altre parole, vivo, concreto nella sua umanità. È il periodo

prire la dimensione battesimale. nella tradizione biblica, l’ac-qua ha, soprattutto, un duplice significato: è segno di morte edi distruzione, ma è anche segno di vita e di prosperità. nelracconto del diluvio, l’acqua che distrugge l’umanità nellostesso tempo la purifica dal peccato. L’acqua viene percepitacome segno di benedizione e di maledizione. La fertilità delsuolo è legata alla pioggia che irriga i campi e riempie i pozzi.I salmi cantano questo dono di Dio: «Tu visiti la terra e la dis-seti, la ricolmi delle sue ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio diacque; tu fai crescere il frumento per gli uomini. Così preparila terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con lepiogge e benedici i suoi germogli» (Sal 65,10-12).

La liturgia della Veglia pasquale, che è fondamentalmenteuna grande celebrazione battesimale, mette in risalto il segnodell’acqua con una solenne benedizione: «Ravviva in noi, Si-gnore, nel segno di quest’acqua benedetta, il ricordo del no-stro battesimo…». Per questo motivo tutte le volte che laliturgia prevede un rito con l’uso dell’acqua, non intende com-piere un rito semplicemente purificatorio, ma intende fare me-moria del battesimo e degli impegni che ne derivano. L’acqua,di conseguenza, avvolge e segna tutta la vita del cristiano.«Dal battesimo fino all’ultima aspersione prevista durante ilcongedo nel rito dei funerali, l’acqua è per il cristiano segnodi Cristo, fonte di quell’acqua viva sgorgante dal suo costatoferito… per rendere ogni uomo simile a quell’albero “piantatolungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglienon cadranno mai” (Sal 1,3)» (S. Sirboni).

San Leone Magno sintetizza con queste espressioni la pie-nezza del battesimo: «Per ogni uomo che rinasce, l’acqua delbattesimo è come un grembo verginale. Il medesimo Spiritoche ha fecondato la Vergine, feconda anche il fonte battesi-male» (Sermone 24, In Nativitate Domini).

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saLÌ aL CieLo,sieDe aLLa DestRa Di Dio paDRe

Il Padre onnipotente chiama Gesù risorto «in cielo», «allasua destra». L’evento dell’ascensione manifesta la signoria delCristo. Di quale signoria si tratta? non certo di quella esercitatanella prepotenza e nell’affermazione di sé. La signoria di Cri-sto, al contrario, viene dal suo abbassamento, dalla sua umilia-zione di crocifisso. Proprio per questo – insegna Paolo – «Diolo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ognialtro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghinei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami cheGesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,9-11).

Gesù, dopo la risurrezione, è rimasto per un certo temposulla terra, apparendo agli Apostoli. Questo suo apparire è ser-vito per far conoscere meglio la realtà della sua risurrezione,non è un fantasma, è un uomo concreto, invita gli Apostoli aconstatare i segni della passione, condivide i pasti con loro,è, in altre parole, vivo, concreto nella sua umanità. È il periodo

prire la dimensione battesimale. nella tradizione biblica, l’ac-qua ha, soprattutto, un duplice significato: è segno di morte edi distruzione, ma è anche segno di vita e di prosperità. nelracconto del diluvio, l’acqua che distrugge l’umanità nellostesso tempo la purifica dal peccato. L’acqua viene percepitacome segno di benedizione e di maledizione. La fertilità delsuolo è legata alla pioggia che irriga i campi e riempie i pozzi.I salmi cantano questo dono di Dio: «Tu visiti la terra e la dis-seti, la ricolmi delle sue ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio diacque; tu fai crescere il frumento per gli uomini. Così preparila terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con lepiogge e benedici i suoi germogli» (Sal 65,10-12).

La liturgia della Veglia pasquale, che è fondamentalmenteuna grande celebrazione battesimale, mette in risalto il segnodell’acqua con una solenne benedizione: «Ravviva in noi, Si-gnore, nel segno di quest’acqua benedetta, il ricordo del no-stro battesimo…». Per questo motivo tutte le volte che laliturgia prevede un rito con l’uso dell’acqua, non intende com-piere un rito semplicemente purificatorio, ma intende fare me-moria del battesimo e degli impegni che ne derivano. L’acqua,di conseguenza, avvolge e segna tutta la vita del cristiano.«Dal battesimo fino all’ultima aspersione prevista durante ilcongedo nel rito dei funerali, l’acqua è per il cristiano segnodi Cristo, fonte di quell’acqua viva sgorgante dal suo costatoferito… per rendere ogni uomo simile a quell’albero “piantatolungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglienon cadranno mai” (Sal 1,3)» (S. Sirboni).

San Leone Magno sintetizza con queste espressioni la pie-nezza del battesimo: «Per ogni uomo che rinasce, l’acqua delbattesimo è come un grembo verginale. Il medesimo Spiritoche ha fecondato la Vergine, feconda anche il fonte battesi-male» (Sermone 24, In Nativitate Domini).

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spazialità, Egli è presente accanto a tutti ed invocabile da partedi tutti – attraverso tutta la storia – e in tutti i luoghi» (bene-detto XVI, Gesù di Nazaret, II vol., p. 314).

Gesù non si vede più fisicamente con gli occhi del corpo,ma si vede con gli occhi della fede presente nel Vangelo, neisacramenti, nei ministri consacrati, nella Comunità, nei fratellisofferenti. Inizia il tempo dell’impegno, di mettere in praticale parole di Gesù; ora spetta ai battezzati di camminare nelmondo da cristiani adulti che testimoniano il Vangelo senzapaura: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo aogni creatura» (Mc 16,15), perché il Signore Gesù sarà semprepresente: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine delmondo» (Mt 28,20).

L’atmosfera liturgica dell’Ascensione è sempre pervasa dauna struggente nostalgia, perché ci mette in tensione verso lecose del cielo, verso la patria a cui, lungo il pellegrinaggio ter-reno, si è incamminati e dove il Signore ci ha preceduti.

Un grande convertito alla fede, A. Frossard, riflettendo suquesto mondo nuovo che ci fa intravedere il mistero del-l’Ascensione, scrive: «C’è un altro mondo. Il suo tempo nonè il nostro tempo, il suo spazio non è il nostro spazio; ma c’è.non si può situarlo, né assegnargli una localizzazione in alcunposto del nostro universo sensibile: le sue leggi non sono lenostre leggi; ma c’è. Io l’ho visto, con lo sguardo dello spirito,slanciarsi, quale “folgorazione silenziosa”, trascendenza chesi dona… E verso quest’altro mondo in cui si innesta la risur-rezione dei corpi che tutti noi andiamo; è in lui che si realiz-zerà in un inestimabile istante quella parte essenziale di noistessi evidenziata negli uni dal battesimo, in altri dall’intui-zione spirituale, in tutti dalla carità; in lui che ritroveremocoloro che crediamo di aver perduto e che sono salvi».(A. Frossard, C’è un altro mondo, torino 1976, 142 ss.).

in cui continua ad ammaestrare i suoi discepoli per renderliidonei a essere suoi testimoni, soprattutto testimoni autorevolidella sua risurrezione.

Quaranta giorni dopo la risurrezione, Gesù, sul montedegli Ulivi, davanti ai suoi discepoli, ascende al cielo. Il se-dersi di Gesù alla destra di Dio Padre significa che è Signoredi tutto il creato e ne indica la piena glorificazione divina. Eglinon esce di scena dalla storia degli uomini, ma dopo la suaascesa invia lo Spirito Santo per guidare l’umanità. Gesù diceai suoi discepoli: «Vado e tornerò da voi» (Gv 14,28). Conl’Ascensione termina il tempo di Gesù Cristo sulla terra e ini-zia il tempo della Chiesa; è lì che possiamo incontrare Gesùperché: «La Chiesa del Dio vivente è colonna e sostegno dellaverità» (1 tm 3,15). «Questa ascensione-partenza, appuntoperché inaugura il tempo della Chiesa, è raccontata non neivangeli, ma nella prima pagina degli Atti degli Apostoli, illibro Chiesa primitiva. Infatti, un capitolo della storia dellasalvezza è terminato, ossia il tempo personale di Cristo Gesùsulla nostra terra. Inizia un nuovo capitolo: il tempo personaledello Spirito Santo che discenderà sulla Chiesa il giorno diPentecoste; il tempo della Chiesa. Il Signore è “salito” al cielosolo per essere maggiormente presente, per operare più effi-cacemente, ma mediante il suo Spirito».

Scrive a questo proposito benedetto XVI: «Il Gesù che sicongeda non va da qualche parte su un astro lontano. Eglientra nella comunione di vita e di potere con il Dio vivente,nella situazione di superiorità di Dio su ogni spazialità. Perquesto non è “andato via”, ma, in virtù dello stesso potere diDio, è ora sempre presente accanto a noi e per noi… SiccomeGesù è presso il Padre, Egli non è lontano, ma è vicino a noi.Ora non si trova più in un singolo posto del mondo comeprima dell’“ascensione”; ora, nel suo potere che supera ogni

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spazialità, Egli è presente accanto a tutti ed invocabile da partedi tutti – attraverso tutta la storia – e in tutti i luoghi» (bene-detto XVI, Gesù di Nazaret, II vol., p. 314).

Gesù non si vede più fisicamente con gli occhi del corpo,ma si vede con gli occhi della fede presente nel Vangelo, neisacramenti, nei ministri consacrati, nella Comunità, nei fratellisofferenti. Inizia il tempo dell’impegno, di mettere in praticale parole di Gesù; ora spetta ai battezzati di camminare nelmondo da cristiani adulti che testimoniano il Vangelo senzapaura: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo aogni creatura» (Mc 16,15), perché il Signore Gesù sarà semprepresente: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine delmondo» (Mt 28,20).

L’atmosfera liturgica dell’Ascensione è sempre pervasa dauna struggente nostalgia, perché ci mette in tensione verso lecose del cielo, verso la patria a cui, lungo il pellegrinaggio ter-reno, si è incamminati e dove il Signore ci ha preceduti.

Un grande convertito alla fede, A. Frossard, riflettendo suquesto mondo nuovo che ci fa intravedere il mistero del-l’Ascensione, scrive: «C’è un altro mondo. Il suo tempo nonè il nostro tempo, il suo spazio non è il nostro spazio; ma c’è.non si può situarlo, né assegnargli una localizzazione in alcunposto del nostro universo sensibile: le sue leggi non sono lenostre leggi; ma c’è. Io l’ho visto, con lo sguardo dello spirito,slanciarsi, quale “folgorazione silenziosa”, trascendenza chesi dona… E verso quest’altro mondo in cui si innesta la risur-rezione dei corpi che tutti noi andiamo; è in lui che si realiz-zerà in un inestimabile istante quella parte essenziale di noistessi evidenziata negli uni dal battesimo, in altri dall’intui-zione spirituale, in tutti dalla carità; in lui che ritroveremocoloro che crediamo di aver perduto e che sono salvi».(A. Frossard, C’è un altro mondo, torino 1976, 142 ss.).

in cui continua ad ammaestrare i suoi discepoli per renderliidonei a essere suoi testimoni, soprattutto testimoni autorevolidella sua risurrezione.

Quaranta giorni dopo la risurrezione, Gesù, sul montedegli Ulivi, davanti ai suoi discepoli, ascende al cielo. Il se-dersi di Gesù alla destra di Dio Padre significa che è Signoredi tutto il creato e ne indica la piena glorificazione divina. Eglinon esce di scena dalla storia degli uomini, ma dopo la suaascesa invia lo Spirito Santo per guidare l’umanità. Gesù diceai suoi discepoli: «Vado e tornerò da voi» (Gv 14,28). Conl’Ascensione termina il tempo di Gesù Cristo sulla terra e ini-zia il tempo della Chiesa; è lì che possiamo incontrare Gesùperché: «La Chiesa del Dio vivente è colonna e sostegno dellaverità» (1 tm 3,15). «Questa ascensione-partenza, appuntoperché inaugura il tempo della Chiesa, è raccontata non neivangeli, ma nella prima pagina degli Atti degli Apostoli, illibro Chiesa primitiva. Infatti, un capitolo della storia dellasalvezza è terminato, ossia il tempo personale di Cristo Gesùsulla nostra terra. Inizia un nuovo capitolo: il tempo personaledello Spirito Santo che discenderà sulla Chiesa il giorno diPentecoste; il tempo della Chiesa. Il Signore è “salito” al cielosolo per essere maggiormente presente, per operare più effi-cacemente, ma mediante il suo Spirito».

Scrive a questo proposito benedetto XVI: «Il Gesù che sicongeda non va da qualche parte su un astro lontano. Eglientra nella comunione di vita e di potere con il Dio vivente,nella situazione di superiorità di Dio su ogni spazialità. Perquesto non è “andato via”, ma, in virtù dello stesso potere diDio, è ora sempre presente accanto a noi e per noi… SiccomeGesù è presso il Padre, Egli non è lontano, ma è vicino a noi.Ora non si trova più in un singolo posto del mondo comeprima dell’“ascensione”; ora, nel suo potere che supera ogni

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«L’articolo di fede circa la venuta gloriosa di Gesù comegiudice dei vivi e dei morti alla fine dei tempi si è profonda-mente impresso nella coscienza cristiana. basti pensare ai van-geli della venuta di Cristo sulle nubi del cielo, che secondol’ordine di lettura della vecchia come della nuova liturgia diciascun anno, vengono letti nell’ultima domenica dell’annoliturgico e nella prima di Avvento, vangeli che nessuno puòascoltare senza avvertire un fremito nel proprio animo. Pos-siamo pensare anche alle grandiose rappresentazioni pittorichedel giudizio universale, come pure alle invocazioni e agli innipieni di speranza e di timore, a partire dall’ardente e fiduciosasupplica del cristianesimo primitivo: “Marana tha: vieni, o Si-gnore!” (1 Cor 16,22)» (W. Kasper, Communio 79).

Questa espressione aveva una grandissima importanzapresso le prime comunità cristiane che attendevano con ansiala venuta del Signore. «Si tratta della nota espressione in ara-maico, usata nella liturgia, che ci fa capire bene con quale spi-rito i discepoli di Gesù vivessero l’eucaristia e come questospirito diventasse in seguito un atteggiamento di vita: Mara-natha (cf. Ap 22,20b e 1Cor 16,22b; ma anche Didachè 10,6)può essere inteso infatti sia come Maran atha (“nostro Signoreviene” o “è venuto”), sia come Marana tha (“Signore nostro,vieni!”) L’esperienza della presenza ed azione di Cristo nel-l’eucaristia rafforza l’attesa desiderosa della sua venuta defi-nitiva» (Pavel V. Kohut, La vita cristiana nella prospettivadella Parusia, in Communio 231).

L’articolo di fede: «e di nuovo verrà nella gloria per giu-dicare i vivi e i morti», è fondato nella stessa testimonianzabiblica, così come è profondamente radicato nella fede e nellapreghiera della Chiesa, anzi in tutta la sua vita. Il libro del-l’Apocalisse, pur misterioso e allo stesso tempo affascinante,offre delle immagini sul giudizio divino che sono quasi una

VeRRÀ a GiuDiCaRe i ViVi e i MoRti

La venuta di Gesù alla fine dei tempi si chiama parusìa,termine greco che significa presenza: «nell’attesa della beatasperanza e della manifestazione della gloria del nostro grandeDio e Salvatore Gesù Cristo» (tt 2,13). Il Catechismo dellaChiesa Cattolica, affrontando questo tema, dice che: «In lineacon i profeti e con Giovanni battista Gesù ha annunziato nellasua predicazione il giudizio dell’ultimo giorno. Allora sarannomessi in luce la condotta di ciascuno e il segreto dei cuori. Al-lora verrà condannata l’incredulità colpevole che non ha te-nuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L’atteggiamentoverso il prossimo rivelerà l’accoglienza o il rifiuto della graziae dell’amore divino. Gesù dirà nell’ultimo giorno: “Ogni voltache avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratellipiù piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)» (CCC 678).

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«L’articolo di fede circa la venuta gloriosa di Gesù comegiudice dei vivi e dei morti alla fine dei tempi si è profonda-mente impresso nella coscienza cristiana. basti pensare ai van-geli della venuta di Cristo sulle nubi del cielo, che secondol’ordine di lettura della vecchia come della nuova liturgia diciascun anno, vengono letti nell’ultima domenica dell’annoliturgico e nella prima di Avvento, vangeli che nessuno puòascoltare senza avvertire un fremito nel proprio animo. Pos-siamo pensare anche alle grandiose rappresentazioni pittorichedel giudizio universale, come pure alle invocazioni e agli innipieni di speranza e di timore, a partire dall’ardente e fiduciosasupplica del cristianesimo primitivo: “Marana tha: vieni, o Si-gnore!” (1 Cor 16,22)» (W. Kasper, Communio 79).

Questa espressione aveva una grandissima importanzapresso le prime comunità cristiane che attendevano con ansiala venuta del Signore. «Si tratta della nota espressione in ara-maico, usata nella liturgia, che ci fa capire bene con quale spi-rito i discepoli di Gesù vivessero l’eucaristia e come questospirito diventasse in seguito un atteggiamento di vita: Mara-natha (cf. Ap 22,20b e 1Cor 16,22b; ma anche Didachè 10,6)può essere inteso infatti sia come Maran atha (“nostro Signoreviene” o “è venuto”), sia come Marana tha (“Signore nostro,vieni!”) L’esperienza della presenza ed azione di Cristo nel-l’eucaristia rafforza l’attesa desiderosa della sua venuta defi-nitiva» (Pavel V. Kohut, La vita cristiana nella prospettivadella Parusia, in Communio 231).

L’articolo di fede: «e di nuovo verrà nella gloria per giu-dicare i vivi e i morti», è fondato nella stessa testimonianzabiblica, così come è profondamente radicato nella fede e nellapreghiera della Chiesa, anzi in tutta la sua vita. Il libro del-l’Apocalisse, pur misterioso e allo stesso tempo affascinante,offre delle immagini sul giudizio divino che sono quasi una

VeRRÀ a GiuDiCaRe i ViVi e i MoRti

La venuta di Gesù alla fine dei tempi si chiama parusìa,termine greco che significa presenza: «nell’attesa della beatasperanza e della manifestazione della gloria del nostro grandeDio e Salvatore Gesù Cristo» (tt 2,13). Il Catechismo dellaChiesa Cattolica, affrontando questo tema, dice che: «In lineacon i profeti e con Giovanni battista Gesù ha annunziato nellasua predicazione il giudizio dell’ultimo giorno. Allora sarannomessi in luce la condotta di ciascuno e il segreto dei cuori. Al-lora verrà condannata l’incredulità colpevole che non ha te-nuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L’atteggiamentoverso il prossimo rivelerà l’accoglienza o il rifiuto della graziae dell’amore divino. Gesù dirà nell’ultimo giorno: “Ogni voltache avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratellipiù piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)» (CCC 678).

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CReDo neLLo spiRito santo

La terza parte della professione di fede riguarda la fedenello Spirito Santo. Fino a non molto tempo fa, soprattutto inOccidente, lo Spirito Santo è stato il «grande sconosciuto» alivello teologico, pastorale e spirituale. Lo Spirito Santo è laterza persona della Santissima trinità, che procede dal Padree dal Figlio ed è il loro dono d’amore. La missione dello Spi-rito è quella di creare comunione tra la trinità e la Chiesa,perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori permezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (rm 5,5).All’inizio del cristianesimo la fede nello Spirito Santo e nellaChiesa erano strettamente legati e interdipendenti, perché «laChiesa senza lo Spirito altro non sarebbe che una qualsiasi so-

sintesi del Vangelo sul modo di giudicare di Dio, richiamandosempre l’uomo alla conversione e aprendolo alla sua volontàche tutti gli uomini arrivino alla salvezza. Significative al ri-guardo le parole di Papa Francesco al termine della Via Crucisal Colosseo: «Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suoamore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui,ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama esalva» (Papa Francesco, Via Crucis 2013).

benedetto XVI dedica a questo articolo di fede le ultimepagine del secondo volume su Gesù di Nazaret. nell’analiz-zare le pagine patristiche riportate nell’Ufficio delle Letturedell’Avvento, in modo particolare quelle di San Cirillo di Ge-rusalemme, di San bernardo e di Sant’Agostino, vengonoanalizzati i vari modi della venuta del Signore: «viene me-diante la sua parola; viene nei sacramenti, specialmente nellasantissima Eucaristia; entra nella mia vita mediante parole eavvenimenti».

«Esistono, però, anche modi epocali di tale venuta. L’ope-rare delle due grandi figure – Francesco e Domenico – tra ilXII e il XIII secolo è stato un modo in cui Cristo è entratonuovamente nella storia, facendo valere in modo nuovo la suaparola e il suo amore; un modo in cui Egli ha rinnovato laChiesa e mosso la storia verso di sé. Una cosa analoga pos-siamo dire delle figure dei santi del XVI secolo: teresad’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, FrancescoSaverio portano con sé nuove irruzioni del Signore nella storiaconfusa del loro secolo che andava alla deriva allontanandosida Lui… Possiamo dunque pregare per la venuta di Gesù?Possiamo dire con sincerità: “Marana tha! - Vieni, SignoreGesù!”? Sì, lo possiamo. non solo: lo dobbiamo! Chiediamoanticipazioni della sua presenza rinnovatrice del mondo» (be-nedetto XVI, Gesù di Nazaret, II vol., pag. 323).

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CReDo neLLo spiRito santo

La terza parte della professione di fede riguarda la fedenello Spirito Santo. Fino a non molto tempo fa, soprattutto inOccidente, lo Spirito Santo è stato il «grande sconosciuto» alivello teologico, pastorale e spirituale. Lo Spirito Santo è laterza persona della Santissima trinità, che procede dal Padree dal Figlio ed è il loro dono d’amore. La missione dello Spi-rito è quella di creare comunione tra la trinità e la Chiesa,perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori permezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (rm 5,5).All’inizio del cristianesimo la fede nello Spirito Santo e nellaChiesa erano strettamente legati e interdipendenti, perché «laChiesa senza lo Spirito altro non sarebbe che una qualsiasi so-

sintesi del Vangelo sul modo di giudicare di Dio, richiamandosempre l’uomo alla conversione e aprendolo alla sua volontàche tutti gli uomini arrivino alla salvezza. Significative al ri-guardo le parole di Papa Francesco al termine della Via Crucisal Colosseo: «Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suoamore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui,ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama esalva» (Papa Francesco, Via Crucis 2013).

benedetto XVI dedica a questo articolo di fede le ultimepagine del secondo volume su Gesù di Nazaret. nell’analiz-zare le pagine patristiche riportate nell’Ufficio delle Letturedell’Avvento, in modo particolare quelle di San Cirillo di Ge-rusalemme, di San bernardo e di Sant’Agostino, vengonoanalizzati i vari modi della venuta del Signore: «viene me-diante la sua parola; viene nei sacramenti, specialmente nellasantissima Eucaristia; entra nella mia vita mediante parole eavvenimenti».

«Esistono, però, anche modi epocali di tale venuta. L’ope-rare delle due grandi figure – Francesco e Domenico – tra ilXII e il XIII secolo è stato un modo in cui Cristo è entratonuovamente nella storia, facendo valere in modo nuovo la suaparola e il suo amore; un modo in cui Egli ha rinnovato laChiesa e mosso la storia verso di sé. Una cosa analoga pos-siamo dire delle figure dei santi del XVI secolo: teresad’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, FrancescoSaverio portano con sé nuove irruzioni del Signore nella storiaconfusa del loro secolo che andava alla deriva allontanandosida Lui… Possiamo dunque pregare per la venuta di Gesù?Possiamo dire con sincerità: “Marana tha! - Vieni, SignoreGesù!”? Sì, lo possiamo. non solo: lo dobbiamo! Chiediamoanticipazioni della sua presenza rinnovatrice del mondo» (be-nedetto XVI, Gesù di Nazaret, II vol., pag. 323).

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continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unionecol suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al SignoreGesù: “Vieni” (cfr. Ap 22,17)» (LG 4).

Una particolare attenzione allo Spirito è stata riservata daGiovanni Paolo II che ha ripreso e sviluppato le tematicheconciliari soprattutto con le sue encicliche Dominum et Vivi-ficantem (1986) e Redemptoris Missio (1990). Significativele parole del metropolita di Laodicea, Ignazio Hazim, pro-nunciate durante il Consiglio Ecumenico delle Chiese, cele-brato a Uppsala nel 1968: «L’evento pasquale, realizzatosiuna volta per sempre, in che modo oggi diventa nostro? Me-diante quello stesso che ne è l’artefice fin dall’origine e nellapienezza del tempo: lo Spirito Santo. Egli è personalmentela novità in opera nel mondo. È la presenza di Dio-con-noi,unito al nostro spirito (rm 8,16). Senza di lui Dio è lontano,il Cristo rimane nel passato, il Vangelo è una lettera morta,la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità è un domi-nio, la missione è propaganda, il culto un’evocazione e l’agirecristiano un agire di schiavi. Ma, in lui e mediante una siner-gia indissociabile, il cosmo è sollevato e geme nell’attesa delregno, l’uomo è in lotta contro la carne, il Cristo risorto èpresente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa manifesta lacomunione trinitaria, l’autorità è un servizio liberante, la mis-sione una Pentecoste, la liturgia memoriale è anticipazione,l’agire umano è deificato».

L’Anno della fede deve costituire un momento importanteperché comunità e singoli fedeli prendano coscienza dell’im-portanza dell’azione dello Spirito nella Chiesa, in ordine allaconversione e in ordine alla missione. «È lo Spirito che spingead andare sempre oltre, non solo in senso geografico, maanche al di là delle barriere etniche e religiose, per una mis-sione veramente universale» (rM 25).

cietà umana, come un corpo senza anima è solo un cadavere.Inversamente, lo Spirito senza la Chiesa non avrebbe più nullada far vivere e respirare, come nel caso dell’aria senza dei pol-moni che la ispirino». nel corso della storia questa interdi-pendenza si è spezzata quando la Chiesa non fu più compresanella sua realtà spirituale e mistica, ma in modo molto terreno,istituzionale, con le caratteristiche di una qualsiasi organizza-zione sociale e politica.

La riscoperta della presenza dello Spirito, pur senza an-nullare l’aspetto istituzionale e storico della Chiesa, le ha fattorespirare un’aria nuova. In modo particolare l’evento del Con-cilio Vaticano II è stato visto come un potente soffio dello Spi-rito sulla Chiesa e si è cominciato a recuperare l’importanzadella sua azione nel «tempo nella Chiesa». Al riguardo èquanto mai importante e denso il n. 4 della Lumen gentium:«Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sullaterra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo SpiritoSanto per santificare continuamente la Chiesa e affinché i cre-denti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in unsolo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita,una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr.Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uo-mini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cri-sto i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimoranella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza dellaloro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza dellaverità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel mini-stero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e cari-smatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire,

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continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unionecol suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al SignoreGesù: “Vieni” (cfr. Ap 22,17)» (LG 4).

Una particolare attenzione allo Spirito è stata riservata daGiovanni Paolo II che ha ripreso e sviluppato le tematicheconciliari soprattutto con le sue encicliche Dominum et Vivi-ficantem (1986) e Redemptoris Missio (1990). Significativele parole del metropolita di Laodicea, Ignazio Hazim, pro-nunciate durante il Consiglio Ecumenico delle Chiese, cele-brato a Uppsala nel 1968: «L’evento pasquale, realizzatosiuna volta per sempre, in che modo oggi diventa nostro? Me-diante quello stesso che ne è l’artefice fin dall’origine e nellapienezza del tempo: lo Spirito Santo. Egli è personalmentela novità in opera nel mondo. È la presenza di Dio-con-noi,unito al nostro spirito (rm 8,16). Senza di lui Dio è lontano,il Cristo rimane nel passato, il Vangelo è una lettera morta,la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità è un domi-nio, la missione è propaganda, il culto un’evocazione e l’agirecristiano un agire di schiavi. Ma, in lui e mediante una siner-gia indissociabile, il cosmo è sollevato e geme nell’attesa delregno, l’uomo è in lotta contro la carne, il Cristo risorto èpresente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa manifesta lacomunione trinitaria, l’autorità è un servizio liberante, la mis-sione una Pentecoste, la liturgia memoriale è anticipazione,l’agire umano è deificato».

L’Anno della fede deve costituire un momento importanteperché comunità e singoli fedeli prendano coscienza dell’im-portanza dell’azione dello Spirito nella Chiesa, in ordine allaconversione e in ordine alla missione. «È lo Spirito che spingead andare sempre oltre, non solo in senso geografico, maanche al di là delle barriere etniche e religiose, per una mis-sione veramente universale» (rM 25).

cietà umana, come un corpo senza anima è solo un cadavere.Inversamente, lo Spirito senza la Chiesa non avrebbe più nullada far vivere e respirare, come nel caso dell’aria senza dei pol-moni che la ispirino». nel corso della storia questa interdi-pendenza si è spezzata quando la Chiesa non fu più compresanella sua realtà spirituale e mistica, ma in modo molto terreno,istituzionale, con le caratteristiche di una qualsiasi organizza-zione sociale e politica.

La riscoperta della presenza dello Spirito, pur senza an-nullare l’aspetto istituzionale e storico della Chiesa, le ha fattorespirare un’aria nuova. In modo particolare l’evento del Con-cilio Vaticano II è stato visto come un potente soffio dello Spi-rito sulla Chiesa e si è cominciato a recuperare l’importanzadella sua azione nel «tempo nella Chiesa». Al riguardo èquanto mai importante e denso il n. 4 della Lumen gentium:«Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sullaterra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo SpiritoSanto per santificare continuamente la Chiesa e affinché i cre-denti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in unsolo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita,una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr.Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uo-mini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cri-sto i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimoranella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza dellaloro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza dellaverità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel mini-stero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e cari-smatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire,

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bolo dell’acqua spesso nell’At è posto in relazione con l’ef-fusione dello Spirito Santo, secondo il testo di Is 44,3 (cfr.32,15 ss.). La salvezza messianica è descritta nell’abbondanzadell’acqua che produce fertilità e salute. Da quest’acqua vienedissetato l’uomo alla ricerca di Dio (cfr. Sal 42,2-3; 63,1-2),in modo che la sua anima arida, come un deserto, sia irroratae riprenda vita. nel nt tale simbolismo continua, accostandol’effusione dello Spirito all’immersione nelle acque del bat-tesimo, come annuncia Giovanni battista (Gv 1,33) e comeGesù stesso conferma con la necessità di rinascere da acqua eda Spirito (Gv 3,5). Gesù promette fiumi d’acqua viva, cioèl’abbondanza dello Spirito Santo, a colui che crede in lui (Gv7,37-39). Quest’acqua sgorgherà dal suo fianco squarciatosulla croce (Gv 19,34; cfr. Ap 22,1).

Il simbolismo dell’unzione con l’olio è talmente signifi-cativo da diventare sinonimo dello Spirito Santo. È il segnopresente nel batte-simo, nella Conferma-zione, nell’Ordine. Ilnome stesso di «Cri-sto» significa «Untodallo Spirito Santo»,da cui deriva il nomestesso dei cristiani,resi tali dalla potenzae dall’unzione delloSpirito. Anche «il fuoco» è rapportato allo Spirito Santo, se-condo le parole di Giovanni il battista: «Egli vi battezzerà inSpirito Santo e fuoco» (Mt 3,11) e di Gesù stesso che afferma:«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei chefosse già acceso» (Lc 12,49). È sotto forma di lingue di fuocoche lo Spirito si poserà sugli Apostoli il giorno di Pentecoste,

i siMBoLi DeLLo spiRito santo

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, presentando la realtàdello Spirito Santo, fa riferimento ai nomi, agli appellativi eai simboli con i quali viene indicato. non è facile dare una de-finizione precisa e umanamente accessibile dello SpiritoSanto. Infatti delle tre divine Persone egli è il più misteriosoe nascosto. Del Padre conosciamo i lineamenti descritti daGesù, le cui caratteristiche possono essere avvicinate alla fi-gura umana della paternità. Il Figlio si è manifestato nella per-fetta realtà umana, quando si è incarnato ed è diventato uomoin tutto simile a noi, eccetto il peccato. Dello Spirito Santo in-vece non conosciamo alcuna rappresentazione adeguata, pos-siamo solo intravedere il suo mistero attraverso dei simboli odelle immagini che sono state proposte dalla Scrittura e dallatradizione della Chiesa. «Il termine “Spirito” traduce il ter-mine ebraico ruah, che nel suo senso primario significa sof-fio, aria, vento. Gesù utilizza proprio l’immagine sensibile delvento per suggerire a Nicodemo la novità trascendente dicolui che è il Soffio di Dio, lo Spirito divino in persona» (CCC691). «Oltre al suo nome proprio, che è il più usato negli Attidegli Apostoli e nelle Lettere, in San Paolo troviamo gli ap-pellativi: “Spirito (...) promesso” (Ef 1,13; Gal 3,14), “Spiritoda figli adottivi” (Rm 8,15; Gal 4,6), “Spirito di Cristo” (Rm8,9), “Spirito del Signore” (2 Cor 3,17), “Spirito di Dio” (Rm8,9.14; 15,19; 1 Cor 6,11; 7,40) e, in San Pietro, “Spiritodella gloria” (1 Pt 4,14)» (CCC 693).

Accanto a queste definizioni, la realtà dello Spirito vienepresentata attraverso delle immagini e dei simboli abbastanzavicini alla comprensione e all’esperienza umana. Il Catechi-smo presenta come simboli: l’acqua, l’unzione, il fuoco, lanube e la luce, il sigillo, la mano, il dito e la colomba. Il sim-

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bolo dell’acqua spesso nell’At è posto in relazione con l’ef-fusione dello Spirito Santo, secondo il testo di Is 44,3 (cfr.32,15 ss.). La salvezza messianica è descritta nell’abbondanzadell’acqua che produce fertilità e salute. Da quest’acqua vienedissetato l’uomo alla ricerca di Dio (cfr. Sal 42,2-3; 63,1-2),in modo che la sua anima arida, come un deserto, sia irroratae riprenda vita. nel nt tale simbolismo continua, accostandol’effusione dello Spirito all’immersione nelle acque del bat-tesimo, come annuncia Giovanni battista (Gv 1,33) e comeGesù stesso conferma con la necessità di rinascere da acqua eda Spirito (Gv 3,5). Gesù promette fiumi d’acqua viva, cioèl’abbondanza dello Spirito Santo, a colui che crede in lui (Gv7,37-39). Quest’acqua sgorgherà dal suo fianco squarciatosulla croce (Gv 19,34; cfr. Ap 22,1).

Il simbolismo dell’unzione con l’olio è talmente signifi-cativo da diventare sinonimo dello Spirito Santo. È il segnopresente nel batte-simo, nella Conferma-zione, nell’Ordine. Ilnome stesso di «Cri-sto» significa «Untodallo Spirito Santo»,da cui deriva il nomestesso dei cristiani,resi tali dalla potenzae dall’unzione delloSpirito. Anche «il fuoco» è rapportato allo Spirito Santo, se-condo le parole di Giovanni il battista: «Egli vi battezzerà inSpirito Santo e fuoco» (Mt 3,11) e di Gesù stesso che afferma:«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei chefosse già acceso» (Lc 12,49). È sotto forma di lingue di fuocoche lo Spirito si poserà sugli Apostoli il giorno di Pentecoste,

i siMBoLi DeLLo spiRito santo

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, presentando la realtàdello Spirito Santo, fa riferimento ai nomi, agli appellativi eai simboli con i quali viene indicato. non è facile dare una de-finizione precisa e umanamente accessibile dello SpiritoSanto. Infatti delle tre divine Persone egli è il più misteriosoe nascosto. Del Padre conosciamo i lineamenti descritti daGesù, le cui caratteristiche possono essere avvicinate alla fi-gura umana della paternità. Il Figlio si è manifestato nella per-fetta realtà umana, quando si è incarnato ed è diventato uomoin tutto simile a noi, eccetto il peccato. Dello Spirito Santo in-vece non conosciamo alcuna rappresentazione adeguata, pos-siamo solo intravedere il suo mistero attraverso dei simboli odelle immagini che sono state proposte dalla Scrittura e dallatradizione della Chiesa. «Il termine “Spirito” traduce il ter-mine ebraico ruah, che nel suo senso primario significa sof-fio, aria, vento. Gesù utilizza proprio l’immagine sensibile delvento per suggerire a Nicodemo la novità trascendente dicolui che è il Soffio di Dio, lo Spirito divino in persona» (CCC691). «Oltre al suo nome proprio, che è il più usato negli Attidegli Apostoli e nelle Lettere, in San Paolo troviamo gli ap-pellativi: “Spirito (...) promesso” (Ef 1,13; Gal 3,14), “Spiritoda figli adottivi” (Rm 8,15; Gal 4,6), “Spirito di Cristo” (Rm8,9), “Spirito del Signore” (2 Cor 3,17), “Spirito di Dio” (Rm8,9.14; 15,19; 1 Cor 6,11; 7,40) e, in San Pietro, “Spiritodella gloria” (1 Pt 4,14)» (CCC 693).

Accanto a queste definizioni, la realtà dello Spirito vienepresentata attraverso delle immagini e dei simboli abbastanzavicini alla comprensione e all’esperienza umana. Il Catechi-smo presenta come simboli: l’acqua, l’unzione, il fuoco, lanube e la luce, il sigillo, la mano, il dito e la colomba. Il sim-

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CReDo neLLo spiRitoCHe DÀ La Vita

Gli Atti degli Apostoli ci testimoniano la presenza el’azione dello Spirito. È lo Spirito che progetta, suggerisce,anima e sostiene, prende parte attiva all’azione, radunando co-loro che accolgono la Parola e facendoli diventare un popoloradunato «nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto». Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che:«Colui che ci ha innestati sulla vera Vite, farà sì che portiamoil frutto dello Spirito che “è amore, gioia, pace, pazienza, be-nevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22-23). Lo Spirito è la nostra vita; quanto più rinunciamo a noistessi, tanto più lo Spirito fa che anche operiamo…La mis-sione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa,corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missionecongiunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunionecon il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini,li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifestaloro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il lorospirito all’intelligenza della sua morte e risurrezione. rendeloro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell’Eucaristia,al fine di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio per-ché portino “molto frutto”» (CCC 736-737).

Questa presenza viva e operante dello Spirito viene indi-cata con un termine particolare che è l’epiclesi. «Fin dai primitempi del cristianesimo, come appare dalla Tradizione Apo-stolica d’Ippolito (a. 215), l’epiclesi indica la preghiera o in-vocazione, affinché lo Spirito Santo sia effuso sopra le offerteo le oblate della Chiesa e coloro che vi partecipano siano unitifra loro e riempiti dello stesso Spirito per essere rinforzatinella fede. L’anafora di San Giovanni Crisostomo ci offre una

per riempirli del suo amore e della sua forza. Egli sa portareluminosità e splendore, conforto e sostegno, ma sa anche an-nientare e distruggere le erbe secche e inaridite, che impedi-scono lo sbocciare di nuovi frutti e di nuova vita.

La nube e la luce sono altrettanti simboli che indicano lapresenza dello Spirito. nell’Antico testamento la nube, oraoscura, ora luminosa, rivela la presenza di Dio accanto al suopopolo. È la nube che copre Maria al momento dell’Annun-ciazione, è la stessa nube al momento della trasfigurazione enel mistero dell’Ascensione, quando Gesù viene sottratto allosguardo dei discepoli. Vicino al simbolo dell’unzione è quellodel sigillo che indica l’effetto indelebile dello Spirito nel bat-tesimo, nella Confermazione e nell’Ordine. Il segno dellamano e, in modo particolare, l’imposizione e lo stendere dellemani da parte degli Apostoli, indica il dono dello Spirito.

La «colomba» è ilsimbolo più usualeper indicare lo Spi-rito Santo, in rife-rimento alla finedel diluvio e al bat-tesimo di Gesù alGiordano. Infattitutti e quattro glievangelisti raccon-

tano la discesa dello Spirito in forma di colomba (Mc 1,10;Mt 3,16; Lc 3,22; Gv 1,32). non si tratta di un’apparizionevisibile dello Spirito, quanto piuttosto di una rappresentazionesimbolica, in quanto lo Spirito è inteso come la forza soave emite che viene riversata su Gesù e lo sospinge verso il suo mi-nistero. Essa sta a significare l’amore benevolo di Dio che av-volge il Cristo.

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CReDo neLLo spiRitoCHe DÀ La Vita

Gli Atti degli Apostoli ci testimoniano la presenza el’azione dello Spirito. È lo Spirito che progetta, suggerisce,anima e sostiene, prende parte attiva all’azione, radunando co-loro che accolgono la Parola e facendoli diventare un popoloradunato «nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto». Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che:«Colui che ci ha innestati sulla vera Vite, farà sì che portiamoil frutto dello Spirito che “è amore, gioia, pace, pazienza, be-nevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22-23). Lo Spirito è la nostra vita; quanto più rinunciamo a noistessi, tanto più lo Spirito fa che anche operiamo…La mis-sione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa,corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missionecongiunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunionecon il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini,li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifestaloro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il lorospirito all’intelligenza della sua morte e risurrezione. rendeloro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell’Eucaristia,al fine di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio per-ché portino “molto frutto”» (CCC 736-737).

Questa presenza viva e operante dello Spirito viene indi-cata con un termine particolare che è l’epiclesi. «Fin dai primitempi del cristianesimo, come appare dalla Tradizione Apo-stolica d’Ippolito (a. 215), l’epiclesi indica la preghiera o in-vocazione, affinché lo Spirito Santo sia effuso sopra le offerteo le oblate della Chiesa e coloro che vi partecipano siano unitifra loro e riempiti dello stesso Spirito per essere rinforzatinella fede. L’anafora di San Giovanni Crisostomo ci offre una

per riempirli del suo amore e della sua forza. Egli sa portareluminosità e splendore, conforto e sostegno, ma sa anche an-nientare e distruggere le erbe secche e inaridite, che impedi-scono lo sbocciare di nuovi frutti e di nuova vita.

La nube e la luce sono altrettanti simboli che indicano lapresenza dello Spirito. nell’Antico testamento la nube, oraoscura, ora luminosa, rivela la presenza di Dio accanto al suopopolo. È la nube che copre Maria al momento dell’Annun-ciazione, è la stessa nube al momento della trasfigurazione enel mistero dell’Ascensione, quando Gesù viene sottratto allosguardo dei discepoli. Vicino al simbolo dell’unzione è quellodel sigillo che indica l’effetto indelebile dello Spirito nel bat-tesimo, nella Confermazione e nell’Ordine. Il segno dellamano e, in modo particolare, l’imposizione e lo stendere dellemani da parte degli Apostoli, indica il dono dello Spirito.

La «colomba» è ilsimbolo più usualeper indicare lo Spi-rito Santo, in rife-rimento alla finedel diluvio e al bat-tesimo di Gesù alGiordano. Infattitutti e quattro glievangelisti raccon-

tano la discesa dello Spirito in forma di colomba (Mc 1,10;Mt 3,16; Lc 3,22; Gv 1,32). non si tratta di un’apparizionevisibile dello Spirito, quanto piuttosto di una rappresentazionesimbolica, in quanto lo Spirito è inteso come la forza soave emite che viene riversata su Gesù e lo sospinge verso il suo mi-nistero. Essa sta a significare l’amore benevolo di Dio che av-volge il Cristo.

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chi è posto a guida delle comunità cristiane: «Vegliate su voistessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santovi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che eglisi è acquistata con il suo sangue» (At 20,28). Lungo tutta lastoria, lo Spirito accompagna la vita cristiana dal suo affac-ciarsi all’esistenza, fino alla risurrezione finale. Le comunitàcristiane sono vive e dinamiche solo per la presenza e l’azionedello Spirito che dà vita e che fa di ogni fedele la sua abita-zione: «Voi siete il tempio dello Spirito Santo» (1 Cor 6,19).

meravigliosa testimonianza: “Ti supplichiamo, manda su dinoi e su queste offerte il tuo Santo Spirito. Fa’ di questo paneil prezioso corpo del tuo Cristo, trasformandolo con il tuoSanto Spirito. Amen. Di ciò che è in questo calice, fa’ il sangueprezioso del tuo Cristo, trasformandolo con il tuo Santo Spi-rito. Amen. A quanti lo riceveranno, giovi per la sobrietàdell’anima, la remissione dei peccati, la comunione del tuoSanto Spirito, la pienezza del regno dei cieli, la fiducia versodi te, e non per il peccato e la dannazione”. Una simile invo-cazione si fa nelle attuali preghiere eucaristiche, che ascol-tiamo ogni volta che partecipiamo alla Messa, quando ilsacerdote, prima della consacrazione, pone le mani sulle of-ferte e dice: “Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spi-rito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino ilcorpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore,che ci ha comandato di celebrare questi misteri” (Prece euca-ristica III). Ugualmente, dopo la consacrazione, prega su tuttal’assemblea: “A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue deltuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diven-tiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (ivi). Come sivede, l’epiclesi contiene tre elementi fondamentali: anzituttola preghiera o invocazione allo Spirito Santo; poi la trasfor-mazione o consacrazione del pane e del vino nel corpo e nelsangue di Cristo; infine i benefici spirituali per i fedeli, in par-ticolare per la loro unione fraterna e la loro purificazione esantificazione».

risulta subito evidente che la presenza dello Spirito è laforza che anima la missione affidata da Cristo ai discepoli. Lamisteriosa forza dello Spirito rende possibile il costituirsi dellacomunità cristiana. L’apostolo Paolo testimonia che il Vangelosi diffonde «non soltanto per mezzo della parola, ma con po-tenza e con Spirito Santo» (1 ts 1,5). È lo Spirito che assiste

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chi è posto a guida delle comunità cristiane: «Vegliate su voistessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santovi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che eglisi è acquistata con il suo sangue» (At 20,28). Lungo tutta lastoria, lo Spirito accompagna la vita cristiana dal suo affac-ciarsi all’esistenza, fino alla risurrezione finale. Le comunitàcristiane sono vive e dinamiche solo per la presenza e l’azionedello Spirito che dà vita e che fa di ogni fedele la sua abita-zione: «Voi siete il tempio dello Spirito Santo» (1 Cor 6,19).

meravigliosa testimonianza: “Ti supplichiamo, manda su dinoi e su queste offerte il tuo Santo Spirito. Fa’ di questo paneil prezioso corpo del tuo Cristo, trasformandolo con il tuoSanto Spirito. Amen. Di ciò che è in questo calice, fa’ il sangueprezioso del tuo Cristo, trasformandolo con il tuo Santo Spi-rito. Amen. A quanti lo riceveranno, giovi per la sobrietàdell’anima, la remissione dei peccati, la comunione del tuoSanto Spirito, la pienezza del regno dei cieli, la fiducia versodi te, e non per il peccato e la dannazione”. Una simile invo-cazione si fa nelle attuali preghiere eucaristiche, che ascol-tiamo ogni volta che partecipiamo alla Messa, quando ilsacerdote, prima della consacrazione, pone le mani sulle of-ferte e dice: “Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spi-rito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino ilcorpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore,che ci ha comandato di celebrare questi misteri” (Prece euca-ristica III). Ugualmente, dopo la consacrazione, prega su tuttal’assemblea: “A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue deltuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diven-tiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (ivi). Come sivede, l’epiclesi contiene tre elementi fondamentali: anzituttola preghiera o invocazione allo Spirito Santo; poi la trasfor-mazione o consacrazione del pane e del vino nel corpo e nelsangue di Cristo; infine i benefici spirituali per i fedeli, in par-ticolare per la loro unione fraterna e la loro purificazione esantificazione».

risulta subito evidente che la presenza dello Spirito è laforza che anima la missione affidata da Cristo ai discepoli. Lamisteriosa forza dello Spirito rende possibile il costituirsi dellacomunità cristiana. L’apostolo Paolo testimonia che il Vangelosi diffonde «non soltanto per mezzo della parola, ma con po-tenza e con Spirito Santo» (1 ts 1,5). È lo Spirito che assiste

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resi partecipi della divina natura» (DV 2). Il termine Chiesaproviene dal greco Ekklesia e significa assemblea; la comunitàè opera dello Spirito Santo. La Chiesa, quindi, è una comunitàdi battezzati che desiderano incontrarsi con Cristo e fare co-munione tra di loro perché Cristo è lì presente: «Dove sonodue o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt18,20); impegnandosi come pietre vive a edificare il regno diDio: «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificiospirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spiri-tuali graditi a Dio» (l Pt 2,5). Questa affermazione di fede èindubbiamente quella che più suscita perplessità sia da chigiudica la Chiesa dall’esterno, sia da chi vive all’interno dellacomunità ecclesiale. Al riguardo è tipica l’affermazione:«credo in Gesù Cristo, ma non credo nella Chiesa». In realtàciò che colpisce a prima vista nella Chiesa è la sua realtà vi-sibile e storica, per cui, partendo da alcune impressioni este-riori e da qualche pagina poco edificante della storia dellaChiesa, si giunge a una valutazione negativa della Chiesa nelsuo complesso. È necessario e fondamentale precisare che nonsi può essere cristiani senza la Chiesa.

Il grande teologo Henri De Lubac ha scritto: «Ancora oggila Chiesa mi dà Gesù. Questo dice tutto. Che cosa saprei in-fatti di lui, quale relazione esisterebbe tra lui e me, senza laChiesa? Coloro che accettano ancora Gesù sebbene rifiutinola Chiesa, sanno che in ultima analisi lo debbono alla Chiesa?…Io credo che esiste questa Chiesa, opera dello Spirito santo,che è lo Spirito di Gesù Cristo; la credo come quel luogo dovela redenzione si mostra efficace». La Chiesa è il luogo doveopera lo Spirito Santo; essa fa parte della modalità storicascelta da Dio per comunicarsi all’uomo. L’accettazione dellaChiesa nella sua globalità di significato richiede l’atteggia-mento della fede.

CReDo La CHiesa

La seconda parte delCredo comincia con leparole: credo la Chiesa.Questa affermazione staa significare che laChiesa fa parte della no-stra fede, pur restandosempre Dio “l’oggetto”proprio della fede. In-fatti diciamo: credo inDio Padre, in Gesù Cri-sto, nello Spirito Santo edopo, credo la Chiesa,per farci capire che cre-dere è fidarsi di quelloche Gesù Cristo ci ha ri-velato. Il termine delnostro atto di fede non èla Chiesa, bensì Dio: manon un Dio qualsiasi,bensì quel Dio a cui «èpiaciuto, nella sua bontàe sapienza, rivelare sestesso e far conoscere ilmistero della sua vo-lontà, mediante il qualegli uomini per mezzo diGesù Cristo nello Spi-rito Santo hanno ac-cesso al Padre e sono

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resi partecipi della divina natura» (DV 2). Il termine Chiesaproviene dal greco Ekklesia e significa assemblea; la comunitàè opera dello Spirito Santo. La Chiesa, quindi, è una comunitàdi battezzati che desiderano incontrarsi con Cristo e fare co-munione tra di loro perché Cristo è lì presente: «Dove sonodue o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt18,20); impegnandosi come pietre vive a edificare il regno diDio: «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificiospirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spiri-tuali graditi a Dio» (l Pt 2,5). Questa affermazione di fede èindubbiamente quella che più suscita perplessità sia da chigiudica la Chiesa dall’esterno, sia da chi vive all’interno dellacomunità ecclesiale. Al riguardo è tipica l’affermazione:«credo in Gesù Cristo, ma non credo nella Chiesa». In realtàciò che colpisce a prima vista nella Chiesa è la sua realtà vi-sibile e storica, per cui, partendo da alcune impressioni este-riori e da qualche pagina poco edificante della storia dellaChiesa, si giunge a una valutazione negativa della Chiesa nelsuo complesso. È necessario e fondamentale precisare che nonsi può essere cristiani senza la Chiesa.

Il grande teologo Henri De Lubac ha scritto: «Ancora oggila Chiesa mi dà Gesù. Questo dice tutto. Che cosa saprei in-fatti di lui, quale relazione esisterebbe tra lui e me, senza laChiesa? Coloro che accettano ancora Gesù sebbene rifiutinola Chiesa, sanno che in ultima analisi lo debbono alla Chiesa?…Io credo che esiste questa Chiesa, opera dello Spirito santo,che è lo Spirito di Gesù Cristo; la credo come quel luogo dovela redenzione si mostra efficace». La Chiesa è il luogo doveopera lo Spirito Santo; essa fa parte della modalità storicascelta da Dio per comunicarsi all’uomo. L’accettazione dellaChiesa nella sua globalità di significato richiede l’atteggia-mento della fede.

CReDo La CHiesa

La seconda parte delCredo comincia con leparole: credo la Chiesa.Questa affermazione staa significare che laChiesa fa parte della no-stra fede, pur restandosempre Dio “l’oggetto”proprio della fede. In-fatti diciamo: credo inDio Padre, in Gesù Cri-sto, nello Spirito Santo edopo, credo la Chiesa,per farci capire che cre-dere è fidarsi di quelloche Gesù Cristo ci ha ri-velato. Il termine delnostro atto di fede non èla Chiesa, bensì Dio: manon un Dio qualsiasi,bensì quel Dio a cui «èpiaciuto, nella sua bontàe sapienza, rivelare sestesso e far conoscere ilmistero della sua vo-lontà, mediante il qualegli uomini per mezzo diGesù Cristo nello Spi-rito Santo hanno ac-cesso al Padre e sono

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La CHiesa È CReatuRa Di Dio

Il Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica hannoripreso le grandi immagini bibliche della Chiesa per metterein evidenza, oltre l’aspetto terreno, la sua natura divina. «LaChiesa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempoumana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, ferventenell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo

Il Concilio Vaticano II ha espresso la modalità con cui Dioè entrato in rapporto con l’umanità: «Piacque a Dio di santi-ficare e salvare gli uomini, non individualmente e senza alcunlegame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che loriconoscesse nella verità e santamente lo servisse» (LG 9).Ciò determina e suggerisce coerentemente anche la modalitàcon cui noi possiamo metterci in relazione con Dio. non èpensabile una comunione con il Dio dell’alleanza, con il Diodi Israele e di Gesù, che possa rimanere, in modo intimistico,chiusa nella coscienza del singolo o che possa risolversi inesperienze spiritualistiche. Il rapporto con Dio è chiamato asvilupparsi e a storicizzarsi nel vasto e ricco campo del rap-porto con gli altri. La fede in Dio assume fin dalle origini, conAbramo, la forma di un evento storico. E il nuovo testamentoporta a compimento questa logica. Il Vangelo di Giovanni in-terpreta la morte di Gesù alla luce del disegno di Dio di «riu-nire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (11,52). «Da quisi comprende come la Chiesa abbia sempre respinto e lottatocontro ogni falsificazione e manipolazione della verità rivelatae abbia sempre visto nelle eresie e negli scismi l’ostacolo piùpericoloso per la sua unità. È diventata celebre l’espressionedi San Cipriano: “non può avere Dio per padre chi non ha laChiesa per madre”. Il che significa che la fede cristiana è, peressenza, una fede ecclesiale. Diversamente, ci si troverebbecon un Dio o con un Cristo mera proiezione dei bisogni e deidesideri del soggetto. Senza Chiesa, il credente si trova solocon se stesso, alle prese con un Dio che diventa la proiezionedei suoi desideri, il giocattolo dei suoi divertimenti, pronto arompersi e a essere buttato via non appena quel Dio, creato asua immagine, non risponde più alle proprie attese» (cfr. Vi-vere l’Anno della fede, Sussidio pastorale).

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La CHiesa È CReatuRa Di Dio

Il Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica hannoripreso le grandi immagini bibliche della Chiesa per metterein evidenza, oltre l’aspetto terreno, la sua natura divina. «LaChiesa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempoumana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, ferventenell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo

Il Concilio Vaticano II ha espresso la modalità con cui Dioè entrato in rapporto con l’umanità: «Piacque a Dio di santi-ficare e salvare gli uomini, non individualmente e senza alcunlegame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che loriconoscesse nella verità e santamente lo servisse» (LG 9).Ciò determina e suggerisce coerentemente anche la modalitàcon cui noi possiamo metterci in relazione con Dio. non èpensabile una comunione con il Dio dell’alleanza, con il Diodi Israele e di Gesù, che possa rimanere, in modo intimistico,chiusa nella coscienza del singolo o che possa risolversi inesperienze spiritualistiche. Il rapporto con Dio è chiamato asvilupparsi e a storicizzarsi nel vasto e ricco campo del rap-porto con gli altri. La fede in Dio assume fin dalle origini, conAbramo, la forma di un evento storico. E il nuovo testamentoporta a compimento questa logica. Il Vangelo di Giovanni in-terpreta la morte di Gesù alla luce del disegno di Dio di «riu-nire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (11,52). «Da quisi comprende come la Chiesa abbia sempre respinto e lottatocontro ogni falsificazione e manipolazione della verità rivelatae abbia sempre visto nelle eresie e negli scismi l’ostacolo piùpericoloso per la sua unità. È diventata celebre l’espressionedi San Cipriano: “non può avere Dio per padre chi non ha laChiesa per madre”. Il che significa che la fede cristiana è, peressenza, una fede ecclesiale. Diversamente, ci si troverebbecon un Dio o con un Cristo mera proiezione dei bisogni e deidesideri del soggetto. Senza Chiesa, il credente si trova solocon se stesso, alle prese con un Dio che diventa la proiezionedei suoi desideri, il giocattolo dei suoi divertimenti, pronto arompersi e a essere buttato via non appena quel Dio, creato asua immagine, non risponde più alle proprie attese» (cfr. Vi-vere l’Anno della fede, Sussidio pastorale).

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mente preparata nella storia del popolo d’Israele e nell’AnticaAlleanza, e istituita “negli ultimi tempi”, è stata manifestatadall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento allafine dei secoli» (CCC 759).

Di conseguenza la Chiesa è un popolo scelto da Dio ed èsua proprietà. Per conoscere e studiare la Chiesa non bisognapartire dalle analisi sociologiche, ma dal concetto particolaredi popolo che ha delle caratteristiche tutte particolari: «Que-sto popolo ha per capo Cristo… ha per condizione la dignitàe la libertà dei figli di Dio… ha per legge il nuovo precettodi amare… ha per fine il regno di Dio» (LG 9). Pur dovendousare delle categorie umane significative come società e po-polo, tuttavia non sono in grado di esprimere in modo com-piuto il mistero della Chiesa. Un tema molto sentito inquesto periodo è l’esigenza di un profondo rinnovamentodella Chiesa, teso, a livello di opinione pubblica, più allestrutture che al vero cambiamento che è la conversione, unritorno alle origini, un togliere tutto ciò che non è autenticoe significativo.

«La Chiesa non nasce dalla volontà dell’uomo, non è riu-nita dalla volontà dei suoi membri di mettersi insieme, non sicompatta a motivo di affinità psicologiche o culturali. Essanon è neppure un gruppo di condivisione di programmi poli-tico-sociali o di manifesti ideologici; né è riunita per omoge-neità religiose, rispondenti cioè ai bisogni più profondi dellospirito umano. Il popolo di Dio è riunito da Dio. nasce e cre-sce per sua volontà, è convocato dalla sua Parola, non dallenostre; dalla sua decisione, non dalle nostre. È convocato perla lode di Dio, non per la propria; per essere il testimone delsuo messaggio, non dei nostri. È convocato per servire gli in-teressi di Dio, non i propri; per tenere alto nella storia umanail “peso” di Dio, non per servire le potenze mondane. Questo

e tuttavia pellegrina; tuttoquesto in modo tale, però,che ciò che in essa è umanosia ordinato e subordinato aldivino, il visibile all’invisi-bile, l’azione alla contempla-zione, la realtà presente allacittà futura, verso la qualesiamo incamminati» (SC 2).

Il Catechismo dellaChiesa Cattolica, rifacendosialla Lumen gentium, presentala Chiesa come un disegnonato nel cuore del padre:«“L’eterno Padre, con libe-rissimo e arcano disegno disapienza e di bontà, ha creatol’universo, ha decretato dielevare gli uomini alla parte-cipazione della sua vita di-vina”, alla quale chiama tuttigli uomini nel suo Figlio:“I credenti in Cristo li ha vo-luti convocare nella santaChiesa”. Questa “famiglia diDio” si costituisce e si rea-lizza gradualmente lungo letappe della storia umana,secondo le disposizioni delPadre: la Chiesa, infatti,“prefigurata sino dal princi-pio del mondo”, mirabil-

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mente preparata nella storia del popolo d’Israele e nell’AnticaAlleanza, e istituita “negli ultimi tempi”, è stata manifestatadall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento allafine dei secoli» (CCC 759).

Di conseguenza la Chiesa è un popolo scelto da Dio ed èsua proprietà. Per conoscere e studiare la Chiesa non bisognapartire dalle analisi sociologiche, ma dal concetto particolaredi popolo che ha delle caratteristiche tutte particolari: «Que-sto popolo ha per capo Cristo… ha per condizione la dignitàe la libertà dei figli di Dio… ha per legge il nuovo precettodi amare… ha per fine il regno di Dio» (LG 9). Pur dovendousare delle categorie umane significative come società e po-polo, tuttavia non sono in grado di esprimere in modo com-piuto il mistero della Chiesa. Un tema molto sentito inquesto periodo è l’esigenza di un profondo rinnovamentodella Chiesa, teso, a livello di opinione pubblica, più allestrutture che al vero cambiamento che è la conversione, unritorno alle origini, un togliere tutto ciò che non è autenticoe significativo.

«La Chiesa non nasce dalla volontà dell’uomo, non è riu-nita dalla volontà dei suoi membri di mettersi insieme, non sicompatta a motivo di affinità psicologiche o culturali. Essanon è neppure un gruppo di condivisione di programmi poli-tico-sociali o di manifesti ideologici; né è riunita per omoge-neità religiose, rispondenti cioè ai bisogni più profondi dellospirito umano. Il popolo di Dio è riunito da Dio. nasce e cre-sce per sua volontà, è convocato dalla sua Parola, non dallenostre; dalla sua decisione, non dalle nostre. È convocato perla lode di Dio, non per la propria; per essere il testimone delsuo messaggio, non dei nostri. È convocato per servire gli in-teressi di Dio, non i propri; per tenere alto nella storia umanail “peso” di Dio, non per servire le potenze mondane. Questo

e tuttavia pellegrina; tuttoquesto in modo tale, però,che ciò che in essa è umanosia ordinato e subordinato aldivino, il visibile all’invisi-bile, l’azione alla contempla-zione, la realtà presente allacittà futura, verso la qualesiamo incamminati» (SC 2).

Il Catechismo dellaChiesa Cattolica, rifacendosialla Lumen gentium, presentala Chiesa come un disegnonato nel cuore del padre:«“L’eterno Padre, con libe-rissimo e arcano disegno disapienza e di bontà, ha creatol’universo, ha decretato dielevare gli uomini alla parte-cipazione della sua vita di-vina”, alla quale chiama tuttigli uomini nel suo Figlio:“I credenti in Cristo li ha vo-luti convocare nella santaChiesa”. Questa “famiglia diDio” si costituisce e si rea-lizza gradualmente lungo letappe della storia umana,secondo le disposizioni delPadre: la Chiesa, infatti,“prefigurata sino dal princi-pio del mondo”, mirabil-

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CReDo La CHiesa una

Il Credo applica alla Chiesa quattro proprietà essenziali:«Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica». Questecaratteristiche vengono specificate dal Catechismo dellaChiesa Cattolica: «Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nelSimbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica. Questiquattro attributi, legati inseparabilmente tra di loro, indicanotratti essenziali della Chiesa e della sua missione. La Chiesanon se li conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo delloSpirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa,

popolo è dunque messo a parte da Dio stesso, distinto e sepa-rato da tutti gli altri popoli, non per circoscrivere in se stessola salvezza di Dio, ma per una missione salvifica universale.tale differenza rispetto agli altri popoli non va vissuta in ter-mini mondani di privilegio o di orgoglio, ma in termini biblicidi testimonianza, di servizio e di missione» (Vivere l’Annodella fede, Sussidio pastorale).

Una delle immagini che il nuovo testamento usa per par-lare della Chiesa è quella del corpo: «Poiché, come in un solocorpo abbiamo molte membra e queste membra non hannotutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti,siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte,siamo membra gli uni degli altri» (rm 12,4-5).

L’aspetto fondamentale della missione della Chiesa èquello della comunione e della condivisione fraterna come eranella prima comunità: «Erano perseveranti nell’insegnamentodegli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane enelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi esegni avvenivano per opera degli Apostoli. tutti i credenti sta-vano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano leloro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo ilbisogno di ciascuno» (At 2,42-45). La Chiesa è il segno dellapresenza del regno di Dio, essa è chiamata a manifestare lasantità di Dio in mezzo all’umanità e ad aiutare i fedeli a in-contrare Cristo. Questo incontro lo si realizza in modo parti-colare nella liturgia che ha proprio il suo vertice nellacelebrazione dell’Eucaristia.

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CReDo La CHiesa una

Il Credo applica alla Chiesa quattro proprietà essenziali:«Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica». Questecaratteristiche vengono specificate dal Catechismo dellaChiesa Cattolica: «Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nelSimbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica. Questiquattro attributi, legati inseparabilmente tra di loro, indicanotratti essenziali della Chiesa e della sua missione. La Chiesanon se li conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo delloSpirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa,

popolo è dunque messo a parte da Dio stesso, distinto e sepa-rato da tutti gli altri popoli, non per circoscrivere in se stessola salvezza di Dio, ma per una missione salvifica universale.tale differenza rispetto agli altri popoli non va vissuta in ter-mini mondani di privilegio o di orgoglio, ma in termini biblicidi testimonianza, di servizio e di missione» (Vivere l’Annodella fede, Sussidio pastorale).

Una delle immagini che il nuovo testamento usa per par-lare della Chiesa è quella del corpo: «Poiché, come in un solocorpo abbiamo molte membra e queste membra non hannotutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti,siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte,siamo membra gli uni degli altri» (rm 12,4-5).

L’aspetto fondamentale della missione della Chiesa èquello della comunione e della condivisione fraterna come eranella prima comunità: «Erano perseveranti nell’insegnamentodegli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane enelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi esegni avvenivano per opera degli Apostoli. tutti i credenti sta-vano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano leloro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo ilbisogno di ciascuno» (At 2,42-45). La Chiesa è il segno dellapresenza del regno di Dio, essa è chiamata a manifestare lasantità di Dio in mezzo all’umanità e ad aiutare i fedeli a in-contrare Cristo. Questo incontro lo si realizza in modo parti-colare nella liturgia che ha proprio il suo vertice nellacelebrazione dell’Eucaristia.

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e la unifica nella comunione e nel ministero, e la istruisce edirige con diversi doni gerarchici e carismatici, e la abbelliscedei suoi frutti» (LG 4). All’unità e alla comunione della Chiesacome frutto dell’Eucaristia, dedica un passaggio significativobenedetto XVI nella Sacramentum caritatis: «L’Eucaristia,dunque, è costitutiva dell’essere e dell’agire della Chiesa. Perquesto l’antichità cristiana designava con le stesse parole Cor-pus Christi il Corpo nato dalla Vergine Maria, il Corpo euca-ristico e il Corpo ecclesiale di Cristo...».

È significativo che la seconda preghiera eucaristica, invo-cando il Paraclito, formuli in questo modo la preghiera perl’unità della Chiesa: «per la comunione al corpo e al sanguedi Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Questopassaggio fa ben comprendere come la res del Sacramento eu-caristico sia l’unità dei fedeli nella comunione ecclesiale.L’Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mi-stero di comunione (SaCa 15). Il concilio, nel decreto sul-l’Ecumenismo, così riassume il discorso sulla vocazioneall’unità e sui mezzi per raggiungerla da parte della Chiesa:«Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo,dell’amministrazione dei sacramenti e del governo amorevoleda parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovicon a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello SpiritoSanto, vuole che il suo popolo cresca e perfezioni la sua co-munione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nellacomune celebrazione del culto divino e nella fraterna concor-dia della famiglia di Dio» (Ur 2). Il concilio indica un criterioche vale sia all’interno che all’esterno della vita della Chiesa:unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie, in tuttocarità (Ur 4; GS 92).

cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realiz-zare ciascuna di queste caratteristiche» (CCC 811).

L’unità della Chiesa è radicata e ha origine nell’unità stessadi Dio e nel suo progetto di salvezza. Gesù, nella sua preghieraprima di affrontare la passione, ha pregato in modo particolareper l’unità dei suoi discepoli: «Prego… perché siano una cosasola, come tu Padre sei in me e io in te» (Gv 17,21). L’unitàdella Chiesa e di conseguenza quella dei cristiani, si fonda sulmistero trinitario, che è un mistero di unità e di comunione.In questo senso la Chiesa è sacramento, cioè segno concreto,strumento visibile «dell’intima unione con Dio e dell’unità ditutto il genere umano» (LG 1). Il principio primo dell’unitàdella Chiesa e della sua unicità sta esattamente nell’unità eunicità di Dio: «Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopradi tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef4,6). Questa unità è significata e realizzata dai “mezzi” o donielargiti dal risorto: una sola fede, un solo battesimo, una solaeucaristia, un solo Spirito.

Il sacramento per eccellenza che significa e attua l’unità èl’Eucaristia. Scrive Paolo: «Poiché c’è un solo pane, noi, puressendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamodell’unico pane» (1 Cor 10,17). E il concilio: «Cristo... istituìnella sua Chiesa il mirabile sacramento dell’eucaristia, dalquale l’unità della Chiesa è significata e attuata» (Ur 2), maè lo Spirito Santo che opera tutto: «Dio mandò lo Spirito delFiglio suo, Signore e Vivificatore, il quale per tutta la Chiesae per tutti i singoli credenti è principio di unione e di unitànell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella fra-zione del pane e nelle orazioni (cf. At 2,42)» (LG 13).

È la «comunione dello Spirito Santo» (2Cor 13,13), cioèla sua presenza attiva, e la sua unione con i singoli credentiche opera l’unità della comunità. «Lo Spirito guida la Chiesa...

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e la unifica nella comunione e nel ministero, e la istruisce edirige con diversi doni gerarchici e carismatici, e la abbelliscedei suoi frutti» (LG 4). All’unità e alla comunione della Chiesacome frutto dell’Eucaristia, dedica un passaggio significativobenedetto XVI nella Sacramentum caritatis: «L’Eucaristia,dunque, è costitutiva dell’essere e dell’agire della Chiesa. Perquesto l’antichità cristiana designava con le stesse parole Cor-pus Christi il Corpo nato dalla Vergine Maria, il Corpo euca-ristico e il Corpo ecclesiale di Cristo...».

È significativo che la seconda preghiera eucaristica, invo-cando il Paraclito, formuli in questo modo la preghiera perl’unità della Chiesa: «per la comunione al corpo e al sanguedi Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Questopassaggio fa ben comprendere come la res del Sacramento eu-caristico sia l’unità dei fedeli nella comunione ecclesiale.L’Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mi-stero di comunione (SaCa 15). Il concilio, nel decreto sul-l’Ecumenismo, così riassume il discorso sulla vocazioneall’unità e sui mezzi per raggiungerla da parte della Chiesa:«Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo,dell’amministrazione dei sacramenti e del governo amorevoleda parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovicon a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello SpiritoSanto, vuole che il suo popolo cresca e perfezioni la sua co-munione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nellacomune celebrazione del culto divino e nella fraterna concor-dia della famiglia di Dio» (Ur 2). Il concilio indica un criterioche vale sia all’interno che all’esterno della vita della Chiesa:unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie, in tuttocarità (Ur 4; GS 92).

cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realiz-zare ciascuna di queste caratteristiche» (CCC 811).

L’unità della Chiesa è radicata e ha origine nell’unità stessadi Dio e nel suo progetto di salvezza. Gesù, nella sua preghieraprima di affrontare la passione, ha pregato in modo particolareper l’unità dei suoi discepoli: «Prego… perché siano una cosasola, come tu Padre sei in me e io in te» (Gv 17,21). L’unitàdella Chiesa e di conseguenza quella dei cristiani, si fonda sulmistero trinitario, che è un mistero di unità e di comunione.In questo senso la Chiesa è sacramento, cioè segno concreto,strumento visibile «dell’intima unione con Dio e dell’unità ditutto il genere umano» (LG 1). Il principio primo dell’unitàdella Chiesa e della sua unicità sta esattamente nell’unità eunicità di Dio: «Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopradi tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef4,6). Questa unità è significata e realizzata dai “mezzi” o donielargiti dal risorto: una sola fede, un solo battesimo, una solaeucaristia, un solo Spirito.

Il sacramento per eccellenza che significa e attua l’unità èl’Eucaristia. Scrive Paolo: «Poiché c’è un solo pane, noi, puressendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamodell’unico pane» (1 Cor 10,17). E il concilio: «Cristo... istituìnella sua Chiesa il mirabile sacramento dell’eucaristia, dalquale l’unità della Chiesa è significata e attuata» (Ur 2), maè lo Spirito Santo che opera tutto: «Dio mandò lo Spirito delFiglio suo, Signore e Vivificatore, il quale per tutta la Chiesae per tutti i singoli credenti è principio di unione e di unitànell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella fra-zione del pane e nelle orazioni (cf. At 2,42)» (LG 13).

È la «comunione dello Spirito Santo» (2Cor 13,13), cioèla sua presenza attiva, e la sua unione con i singoli credentiche opera l’unità della comunità. «Lo Spirito guida la Chiesa...

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La prima lettera di Pietro si rivolge alla comunità cristianadicendo: «Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, na-zione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclamile opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebrealla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo,ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dal-la misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia»(1Pt 2,9-10). Questo testo incomparabile dice tutto: «C’im-battiamo qui proprio nella nota tipica della “nuova alleanza”:in Cristo, Dio si è spontaneamente alleato agli uomini, la-sciandosi vincolare da loro. La nuova alleanza non poggiapiù sulla mutua osservanza del patto stipulato, ma viene ac-cordata da Dio sotto forma di grazia che continua a sostenersianche a dispetto dell’infedeltà dell’uomo. È l’espressione del-l’amore di Dio, che non si lascia mai vincere dall’inettitudinedell’uomo, continua nonostante tutto a essere buono nei suoiconfronti, non cessando d’accoglierlo proprio nella sua mi-sera veste di peccatore, chinandosi affettuosamente su di luiper santificarlo e amarlo» (J. ratzinger).

Come si può constatare il concetto di santità è diverso dauna concezione di perfezione etica vista come assenza di di-fetti. La Chiesa santa comprende nel suo seno peccatori, e lastoria è fin troppo piena di colpe umane di ogni genere com-messe da membri della Chiesa. La santità della Chiesa non staa indicare, in primo luogo, la santità morale dei suoi membrie nemmeno la realtà dei «santi» che hanno risposto in modoeroico alla grazia di Dio. La Chiesa è santa per l’azione delloSpirito che continua a operare nella storia concreta dei fedeli.«La Chiesa è santa, perché è il segno della fedeltà ostinata diDio alla nuova alleanza che nella Pasqua di Cristo ha defini-tivamente donato all’umanità. La Chiesa è santa perchéespressione dell’amore di Dio che non si lascia vincere dal-

CReDo La CHiesa santa

La nota della santità è stata la prima a trovare posto nellaprofessione di fede. La prima comunità cristiana ebbe subitocoscienza di essere l’erede dell’antico popolo dell’alleanza.Proprio dal linguaggio dell’Antico testamento viene il ter-mine di «Chiesa santa», dove «santo» è tutto ciò che ha unrapporto con Dio. Di conseguenza «Chiesa santa» vuol direin primo luogo «Chiesa di Dio». La Chiesa è una comunità dipersone che sperimentano la realtà del peccato, ma proprioper questo sperimentano il grande amore di Dio, la sua grandemisericordia. Gesù Cristo ha offerto se stesso per rendere laChiesa pura e santa (Ef 5,26).

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La prima lettera di Pietro si rivolge alla comunità cristianadicendo: «Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, na-zione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclamile opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebrealla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo,ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dal-la misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia»(1Pt 2,9-10). Questo testo incomparabile dice tutto: «C’im-battiamo qui proprio nella nota tipica della “nuova alleanza”:in Cristo, Dio si è spontaneamente alleato agli uomini, la-sciandosi vincolare da loro. La nuova alleanza non poggiapiù sulla mutua osservanza del patto stipulato, ma viene ac-cordata da Dio sotto forma di grazia che continua a sostenersianche a dispetto dell’infedeltà dell’uomo. È l’espressione del-l’amore di Dio, che non si lascia mai vincere dall’inettitudinedell’uomo, continua nonostante tutto a essere buono nei suoiconfronti, non cessando d’accoglierlo proprio nella sua mi-sera veste di peccatore, chinandosi affettuosamente su di luiper santificarlo e amarlo» (J. ratzinger).

Come si può constatare il concetto di santità è diverso dauna concezione di perfezione etica vista come assenza di di-fetti. La Chiesa santa comprende nel suo seno peccatori, e lastoria è fin troppo piena di colpe umane di ogni genere com-messe da membri della Chiesa. La santità della Chiesa non staa indicare, in primo luogo, la santità morale dei suoi membrie nemmeno la realtà dei «santi» che hanno risposto in modoeroico alla grazia di Dio. La Chiesa è santa per l’azione delloSpirito che continua a operare nella storia concreta dei fedeli.«La Chiesa è santa, perché è il segno della fedeltà ostinata diDio alla nuova alleanza che nella Pasqua di Cristo ha defini-tivamente donato all’umanità. La Chiesa è santa perchéespressione dell’amore di Dio che non si lascia vincere dal-

CReDo La CHiesa santa

La nota della santità è stata la prima a trovare posto nellaprofessione di fede. La prima comunità cristiana ebbe subitocoscienza di essere l’erede dell’antico popolo dell’alleanza.Proprio dal linguaggio dell’Antico testamento viene il ter-mine di «Chiesa santa», dove «santo» è tutto ciò che ha unrapporto con Dio. Di conseguenza «Chiesa santa» vuol direin primo luogo «Chiesa di Dio». La Chiesa è una comunità dipersone che sperimentano la realtà del peccato, ma proprioper questo sperimentano il grande amore di Dio, la sua grandemisericordia. Gesù Cristo ha offerto se stesso per rendere laChiesa pura e santa (Ef 5,26).

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CReDo La CHiesa CattoLiCa

La terza nota della Chiesa è la cattolicità. Cattolico vuoldire universale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lospiega in questo modo: «La parola “cattolica” significa“universale” nel senso di “secondo la totalità” o “secondol’integralità”. La Chiesa è cattolica in un duplice senso. Ècattolica perché in essa è presente Cristo. “Là dove è CristoGesù, ivi è la Chiesa cattolica”. In essa sussiste la pienezzadel corpo di Cristo unito al suo Capo, e questo implica cheessa riceve da lui “in forma piena e totale i mezzi di sal-vezza” che egli ha voluto: confessione di fede retta e com-pleta, vita sacramentale integrale e ministero ordinato nellasuccessione apostolica. La Chiesa, in questo senso fonda-mentale, era cattolica il giorno di pentecoste e lo sarà semprefino al giorno della Parusia» (CCC 830).

Da parte sua il Concilio Vaticano II ha voluto ulterior-mente spiegare il significato del termine «cattolico»: «tutti

l’inettitudine umana. Ed è proprio in virtù di questa dedizione,non più ritrattabile di Dio in Gesù, che la Chiesa rimane persempre il suo popolo, la sua comunità, chiamata a rendere pre-sente per il mondo intero la santità di Dio, non la nostra. Que-sta è la figura paradossale della Chiesa, che mostra la gloriadi Dio nella vergogna dell’uomo. E proprio in questa strutturadi santità e di peccato, “santa insieme e sempre bisognosa dipurificazione” (LG 8), la Chiesa diventa la configurazioneconcreta che assume la grazia di Dio nel mondo: la sua graziaè sempre grazia di misericordia, di accoglienza, di perdono»(Vivere l’Anno della fede, Sussidio pastorale).

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Lumen gentium,si è fatto interprete di questa realtà: «Il Signore Gesù, maestro emodello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi disce-poli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, dicui egli stesso è l’autore e il perfezionatore: “Siate dunque per-fetti come perfetto è il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Ha man-dato infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muovesse dall’internoad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta lamente, con tutte le forze (Mc 12,30) e ad amarsi a vicenda comeCristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,21) (n. 40). È chiarodunque a tutti che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sonochiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione dellacarità: da questa santità è promosso anche nella società terrena,un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione,i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura dei doni di Cri-sto, affinché, seguendo il suo esempio e fattisi conformi alla suaimmagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con tuttoil loro animo si consacrino alla gloria di Dio e al servizio delprossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà apportandofrutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato, nella sto-ria della Chiesa, dalla vita dei santi (n. 40 b)».

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CReDo La CHiesa CattoLiCa

La terza nota della Chiesa è la cattolicità. Cattolico vuoldire universale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lospiega in questo modo: «La parola “cattolica” significa“universale” nel senso di “secondo la totalità” o “secondol’integralità”. La Chiesa è cattolica in un duplice senso. Ècattolica perché in essa è presente Cristo. “Là dove è CristoGesù, ivi è la Chiesa cattolica”. In essa sussiste la pienezzadel corpo di Cristo unito al suo Capo, e questo implica cheessa riceve da lui “in forma piena e totale i mezzi di sal-vezza” che egli ha voluto: confessione di fede retta e com-pleta, vita sacramentale integrale e ministero ordinato nellasuccessione apostolica. La Chiesa, in questo senso fonda-mentale, era cattolica il giorno di pentecoste e lo sarà semprefino al giorno della Parusia» (CCC 830).

Da parte sua il Concilio Vaticano II ha voluto ulterior-mente spiegare il significato del termine «cattolico»: «tutti

l’inettitudine umana. Ed è proprio in virtù di questa dedizione,non più ritrattabile di Dio in Gesù, che la Chiesa rimane persempre il suo popolo, la sua comunità, chiamata a rendere pre-sente per il mondo intero la santità di Dio, non la nostra. Que-sta è la figura paradossale della Chiesa, che mostra la gloriadi Dio nella vergogna dell’uomo. E proprio in questa strutturadi santità e di peccato, “santa insieme e sempre bisognosa dipurificazione” (LG 8), la Chiesa diventa la configurazioneconcreta che assume la grazia di Dio nel mondo: la sua graziaè sempre grazia di misericordia, di accoglienza, di perdono»(Vivere l’Anno della fede, Sussidio pastorale).

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Lumen gentium,si è fatto interprete di questa realtà: «Il Signore Gesù, maestro emodello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi disce-poli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, dicui egli stesso è l’autore e il perfezionatore: “Siate dunque per-fetti come perfetto è il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Ha man-dato infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muovesse dall’internoad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta lamente, con tutte le forze (Mc 12,30) e ad amarsi a vicenda comeCristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,21) (n. 40). È chiarodunque a tutti che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sonochiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione dellacarità: da questa santità è promosso anche nella società terrena,un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione,i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura dei doni di Cri-sto, affinché, seguendo il suo esempio e fattisi conformi alla suaimmagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con tuttoil loro animo si consacrino alla gloria di Dio e al servizio delprossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà apportandofrutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato, nella sto-ria della Chiesa, dalla vita dei santi (n. 40 b)».

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sola è la Chiesa, la quale si estende sempre più largamente trai popoli per l’incremento della sua fecondità, allo stesso modoche molti sono i raggi del sole, ma una è la sorgente luminosa;e molti i rami dell’albero, ma uno il tronco. Molti i rivoli chefluiscono da una stessa sorgente, ma una sola la loro origine(...) Pròvati a strappare un raggio di sole dalla sua sorgente lu-minosa; l’unità della luce non sopporta la scissione. taglia viadalla sorgente il ruscello, e questi si dissecca. Così la Chiesadel Signore: traboccante di luce, effonde i suoi raggi per tuttoil mondo; uno solo è il suo splendore, che si effonde in ogniparte senza che l’unità del suo corpo subisca divisione» (Ci-priano, De unitate, 5).

Da questo testo risulta che la cattolicità non è soltanto unfatto numerico, quantitativo, geografico, ma anche un valore,una perfezione: ciò che essa intende abbracciare non sono solotutti gli uomini d’ogni tempo e d’ogni luogo, ma tutto l’uomo,e l’uomo in tutto ciò che il suo essere, storico e culturale, per-sonale e sociale, è capace di realizzare. La cattolicità abbracciapertanto anche la cultura, la tecnica, l’arte, la scienza, il pro-gresso: «nulla vi è di genuinamente umano che non trovi econel loro (dei discepoli del Cristo) cuore» (GS 1).

Il carattere cattolico della Chiesa implica come logica con-seguenza quello della missionarietà. La missione è il compitodella Chiesa di portare e di far conoscere Cristo a tutti gli uo-mini. È il compito che Gesù Cristo ha affidato ai suoi disce-poli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello SpiritoSanto…» (Mt 28,19). Il decreto sull’attività missionaria ri-corda che: «La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terraè per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione delFiglio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondoil piano di Dio Padre, deriva la propria origine» (AG 2).

gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Perciòquesto popolo, pur restando uno e unico, si deve estendere atutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l’inten-zione della volontà di Dio, il quale in principio creò la naturaumana una e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi(cfr. Gv 11,52)… In tutte quindi le nazioni della terra è radi-cato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpiegli prende i cittadini del suo regno non terreno ma celeste.E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo sono in comunionecon gli altri nello Spirito Santo…Questo carattere di univer-salità, che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dellostesso Signore, e con esso la Chiesa Cattolica efficacementee senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità, con tutti isuoi beni, in Cristo capo, nell’unità dello Spirito di lui… tuttigli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità delpopolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale;a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinatisia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infinetutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiamaalla salvezza» (LG 13).

Inizialmente il termine “cattolica” veniva usato per distin-guere la Chiesa universale dalle Chiese particolari, ma in se-guito ha voluto significare l’attitudine della Chiesa adaccogliere e a santificare tutto l’umano oltre che tutti gli uo-mini. In forza della sua stessa natura e della sua origine, ilnuovo popolo di Dio è un popolo cattolico, nel senso che nonè più ristretto ad una determinata razza o nazione, o classe,ma è destinato ad abbracciare tutti gli uomini di qualsiasirazza, colore, nazione classe, regione: in altre parole è univer-sale, aperto a tutto e a tutti.

San Cipriano, nel trattato sull’unità della Chiesa Cattolica,mantiene strettamente insieme l’unità e la cattolicità: «Una

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sola è la Chiesa, la quale si estende sempre più largamente trai popoli per l’incremento della sua fecondità, allo stesso modoche molti sono i raggi del sole, ma una è la sorgente luminosa;e molti i rami dell’albero, ma uno il tronco. Molti i rivoli chefluiscono da una stessa sorgente, ma una sola la loro origine(...) Pròvati a strappare un raggio di sole dalla sua sorgente lu-minosa; l’unità della luce non sopporta la scissione. taglia viadalla sorgente il ruscello, e questi si dissecca. Così la Chiesadel Signore: traboccante di luce, effonde i suoi raggi per tuttoil mondo; uno solo è il suo splendore, che si effonde in ogniparte senza che l’unità del suo corpo subisca divisione» (Ci-priano, De unitate, 5).

Da questo testo risulta che la cattolicità non è soltanto unfatto numerico, quantitativo, geografico, ma anche un valore,una perfezione: ciò che essa intende abbracciare non sono solotutti gli uomini d’ogni tempo e d’ogni luogo, ma tutto l’uomo,e l’uomo in tutto ciò che il suo essere, storico e culturale, per-sonale e sociale, è capace di realizzare. La cattolicità abbracciapertanto anche la cultura, la tecnica, l’arte, la scienza, il pro-gresso: «nulla vi è di genuinamente umano che non trovi econel loro (dei discepoli del Cristo) cuore» (GS 1).

Il carattere cattolico della Chiesa implica come logica con-seguenza quello della missionarietà. La missione è il compitodella Chiesa di portare e di far conoscere Cristo a tutti gli uo-mini. È il compito che Gesù Cristo ha affidato ai suoi disce-poli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello SpiritoSanto…» (Mt 28,19). Il decreto sull’attività missionaria ri-corda che: «La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terraè per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione delFiglio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondoil piano di Dio Padre, deriva la propria origine» (AG 2).

gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Perciòquesto popolo, pur restando uno e unico, si deve estendere atutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l’inten-zione della volontà di Dio, il quale in principio creò la naturaumana una e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi(cfr. Gv 11,52)… In tutte quindi le nazioni della terra è radi-cato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpiegli prende i cittadini del suo regno non terreno ma celeste.E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo sono in comunionecon gli altri nello Spirito Santo…Questo carattere di univer-salità, che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dellostesso Signore, e con esso la Chiesa Cattolica efficacementee senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità, con tutti isuoi beni, in Cristo capo, nell’unità dello Spirito di lui… tuttigli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità delpopolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale;a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinatisia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infinetutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiamaalla salvezza» (LG 13).

Inizialmente il termine “cattolica” veniva usato per distin-guere la Chiesa universale dalle Chiese particolari, ma in se-guito ha voluto significare l’attitudine della Chiesa adaccogliere e a santificare tutto l’umano oltre che tutti gli uo-mini. In forza della sua stessa natura e della sua origine, ilnuovo popolo di Dio è un popolo cattolico, nel senso che nonè più ristretto ad una determinata razza o nazione, o classe,ma è destinato ad abbracciare tutti gli uomini di qualsiasirazza, colore, nazione classe, regione: in altre parole è univer-sale, aperto a tutto e a tutti.

San Cipriano, nel trattato sull’unità della Chiesa Cattolica,mantiene strettamente insieme l’unità e la cattolicità: «Una

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dal simbolo niceno-costantinopolitano, l’apostolicità vennecontinuamente riaffermata dai concili successivi. rifacendosiad una tradizione bimillenaria il Vaticano II ha esposto congrande lucidità la dottrina dell’apostolicità e l’ha posta a fon-damento della costituzione gerarchica della Chiesa.

ricordato che Gesù Cristo scelse dodici Apostoli ai qualiaffidò l’incarico di annunciare il suo Vangelo a tutte le genti,«affinché, partecipi della sua potestà, rendessero tutti i popolisuoi discepoli, li santificassero e governassero» (LG 19), ilconcilio così prosegue: «Quella missione divina, affidata daCristo agli Apostoli, durerà fino alla fine dei secoli (cf. Mt28,20), poiché il Vangelo che essi devono trasmettere è per laChiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo. Per questogli Apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, eb-bero cura di costituirsi dei successori. Infatti, non solo ebberovari collaboratori nel ministero, ma perché la missione loroaffidata venisse continuata dopo la loro morte, lasciaronoquasi in testamento ai loro immediati cooperatori l’ufficio dicompletare e consolidare l’opera da essi incominciata, racco-mandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spi-rito Santo li aveva posti per pascere la Chiesa di Dio (cf. At20,28). Essi stabilirono dunque questi uomini e in seguito die-dero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uominiprovati prendessero la successione del loro ministero. Fra ivari ministeri che fin dai primi tempi si esercitano nellaChiesa, secondo la testimonianza della tradizione, tiene ilprimo posto l’ufficio di quelli che, costituiti nell’episcopato,per successione che risale all’origine, possiedono i tralci delseme apostolico. Così, come attesta Sant’Ireneo, per mezzodi coloro che gli Apostoli costituirono vescovi e dei loro suc-cessori fino a noi, la tradizione apostolica in tutto il mondo èmanifestata e custodita» (LG 20).

CReDo La CHiesa apostoLiCa

Confessare e credereche la Chiesa è aposto-lica significa che essa èfondata sugli Apostoli.La Chiesa è apostolica,perché è fondata sugliApostoli, e ciò in un tri-plice senso: «essa è statae rimane costruita sul“fondamento degli Apo-stoli” (Ef 2,20 366), te-stimoni scelti e mandatiin missione da Cristostesso; custodisce e tra-smette, con l’aiuto delloSpirito che abita in essa,l’insegnamento, il buondeposito, le sane paroleudite dagli Apostoli;

fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificatae guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella mis-sione pastorale: il Collegio dei Vescovi, “coadiuvato dai sa-cerdoti ed unito al Successore di Pietro e Supremo Pastoredella Chiesa”» (CCC 857).

Come nota della Chiesa l’apostolicità significa che ilnuovo popolo di Dio discende direttamente dagli Apostoli intutto ciò che gli appartiene essenzialmente: simboli, riti, sa-cramenti, leggi, ministeri, organizzazione sociale, attraversouna continuità legittima di successione e di tradizione. rico-nosciuta e confessata come nota fondamentale della Chiesa

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dal simbolo niceno-costantinopolitano, l’apostolicità vennecontinuamente riaffermata dai concili successivi. rifacendosiad una tradizione bimillenaria il Vaticano II ha esposto congrande lucidità la dottrina dell’apostolicità e l’ha posta a fon-damento della costituzione gerarchica della Chiesa.

ricordato che Gesù Cristo scelse dodici Apostoli ai qualiaffidò l’incarico di annunciare il suo Vangelo a tutte le genti,«affinché, partecipi della sua potestà, rendessero tutti i popolisuoi discepoli, li santificassero e governassero» (LG 19), ilconcilio così prosegue: «Quella missione divina, affidata daCristo agli Apostoli, durerà fino alla fine dei secoli (cf. Mt28,20), poiché il Vangelo che essi devono trasmettere è per laChiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo. Per questogli Apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, eb-bero cura di costituirsi dei successori. Infatti, non solo ebberovari collaboratori nel ministero, ma perché la missione loroaffidata venisse continuata dopo la loro morte, lasciaronoquasi in testamento ai loro immediati cooperatori l’ufficio dicompletare e consolidare l’opera da essi incominciata, racco-mandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spi-rito Santo li aveva posti per pascere la Chiesa di Dio (cf. At20,28). Essi stabilirono dunque questi uomini e in seguito die-dero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uominiprovati prendessero la successione del loro ministero. Fra ivari ministeri che fin dai primi tempi si esercitano nellaChiesa, secondo la testimonianza della tradizione, tiene ilprimo posto l’ufficio di quelli che, costituiti nell’episcopato,per successione che risale all’origine, possiedono i tralci delseme apostolico. Così, come attesta Sant’Ireneo, per mezzodi coloro che gli Apostoli costituirono vescovi e dei loro suc-cessori fino a noi, la tradizione apostolica in tutto il mondo èmanifestata e custodita» (LG 20).

CReDo La CHiesa apostoLiCa

Confessare e credereche la Chiesa è aposto-lica significa che essa èfondata sugli Apostoli.La Chiesa è apostolica,perché è fondata sugliApostoli, e ciò in un tri-plice senso: «essa è statae rimane costruita sul“fondamento degli Apo-stoli” (Ef 2,20 366), te-stimoni scelti e mandatiin missione da Cristostesso; custodisce e tra-smette, con l’aiuto delloSpirito che abita in essa,l’insegnamento, il buondeposito, le sane paroleudite dagli Apostoli;

fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificatae guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella mis-sione pastorale: il Collegio dei Vescovi, “coadiuvato dai sa-cerdoti ed unito al Successore di Pietro e Supremo Pastoredella Chiesa”» (CCC 857).

Come nota della Chiesa l’apostolicità significa che ilnuovo popolo di Dio discende direttamente dagli Apostoli intutto ciò che gli appartiene essenzialmente: simboli, riti, sa-cramenti, leggi, ministeri, organizzazione sociale, attraversouna continuità legittima di successione e di tradizione. rico-nosciuta e confessata come nota fondamentale della Chiesa

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CReDo neLLa CoMunione Dei santi

nella prospettiva della santità va letta anche l’espressione«comunione dei santi», con la quale si indica la realtà stessadella Chiesa. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che lacomunione dei santi è precisamente la Chiesa. «Poiché tutti icredenti formano un solo corpo, il bene degli uni è comunicatoagli altri. (...) Allo stesso modo bisogna credere che esista unacomunione di beni nella Chiesa. Ma il membro più importanteè Cristo, poiché è il Capo. (...) Pertanto, il bene di Cristo è co-municato a tutte le membra; ciò avviene mediante i sacramentidella Chiesa». «L’unità dello Spirito, da cui la Chiesa è ani-mata e retta, fa sì che tutto quanto essa possiede sia comune atutti coloro che vi appartengono» (CCC 947).

L’espressione «comunione dei santi», di conseguenza, hadue significati strettamente collegati: comunione alle cosesante e comunione tra le persone sante. rifacendosi all’espe-rienza della prima comunità cristiana, il Catechismo della

L’apostolicità della Chiesa corrisponde al piano divinodella salvezza. Attraverso il mistero dell’Incarnazione, Diofacendosi uomo, ha voluto associare a sé la mediazioneumana, ha voluto aver bisogno della collaborazione degli uo-mini. Gesù ha voluto scegliere un gruppo particolare, i dodici,perché la sua opera continuasse lungo i secoli. L’esistenza diquesto gruppo è un dato inconfutabile e rilevante dell’inse-gnamento del nuovo testamento, per cui si deve dire che «larelazione qualificata che intercorre tra questo gruppo di al-cuni e tutti gli altri è costitutiva del mistero della Chiesa nellasua visibilità».

Il ministero principale di questi «alcuni» in rapporto allasua origine lo possiamo chiamare «ministero apostolico». Icompiti del ministero apostolico si organizzano intorno a trepilastri:

a) annuncio della Parola, annuncio ufficiale del Vangelovivo a tutti gli uomini e a tutto il mondo, ai non credenticome a coloro che credono e che sono già radunati nellaChiesa.

b) La Parola annunciata raduna coloro che la ricevono,forma una comunità salvifica, dove il ministero dellaparola sfocia in quello di «presidenza», di «sorve-glianza», di «pastore».

c) Questo ministero è garante della fedeltà dell’annuncioalla tradizione del Vangelo. Inoltre comporta la presi-denza della preghiera e dell’assemblea liturgica, dovela Parola annunciata acquista tutta la sua efficacia.

È importante ricordare che la dimensione apostolica dellaChiesa è al servizio di tutti gli uomini, come garanzia di ser-vizio e come fedeltà al Vangelo conservato nella sua purezzae nella sua autenticità.

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CReDo neLLa CoMunione Dei santi

nella prospettiva della santità va letta anche l’espressione«comunione dei santi», con la quale si indica la realtà stessadella Chiesa. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che lacomunione dei santi è precisamente la Chiesa. «Poiché tutti icredenti formano un solo corpo, il bene degli uni è comunicatoagli altri. (...) Allo stesso modo bisogna credere che esista unacomunione di beni nella Chiesa. Ma il membro più importanteè Cristo, poiché è il Capo. (...) Pertanto, il bene di Cristo è co-municato a tutte le membra; ciò avviene mediante i sacramentidella Chiesa». «L’unità dello Spirito, da cui la Chiesa è ani-mata e retta, fa sì che tutto quanto essa possiede sia comune atutti coloro che vi appartengono» (CCC 947).

L’espressione «comunione dei santi», di conseguenza, hadue significati strettamente collegati: comunione alle cosesante e comunione tra le persone sante. rifacendosi all’espe-rienza della prima comunità cristiana, il Catechismo della

L’apostolicità della Chiesa corrisponde al piano divinodella salvezza. Attraverso il mistero dell’Incarnazione, Diofacendosi uomo, ha voluto associare a sé la mediazioneumana, ha voluto aver bisogno della collaborazione degli uo-mini. Gesù ha voluto scegliere un gruppo particolare, i dodici,perché la sua opera continuasse lungo i secoli. L’esistenza diquesto gruppo è un dato inconfutabile e rilevante dell’inse-gnamento del nuovo testamento, per cui si deve dire che «larelazione qualificata che intercorre tra questo gruppo di al-cuni e tutti gli altri è costitutiva del mistero della Chiesa nellasua visibilità».

Il ministero principale di questi «alcuni» in rapporto allasua origine lo possiamo chiamare «ministero apostolico». Icompiti del ministero apostolico si organizzano intorno a trepilastri:

a) annuncio della Parola, annuncio ufficiale del Vangelovivo a tutti gli uomini e a tutto il mondo, ai non credenticome a coloro che credono e che sono già radunati nellaChiesa.

b) La Parola annunciata raduna coloro che la ricevono,forma una comunità salvifica, dove il ministero dellaparola sfocia in quello di «presidenza», di «sorve-glianza», di «pastore».

c) Questo ministero è garante della fedeltà dell’annuncioalla tradizione del Vangelo. Inoltre comporta la presi-denza della preghiera e dell’assemblea liturgica, dovela Parola annunciata acquista tutta la sua efficacia.

È importante ricordare che la dimensione apostolica dellaChiesa è al servizio di tutti gli uomini, come garanzia di ser-vizio e come fedeltà al Vangelo conservato nella sua purezzae nella sua autenticità.

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insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioi-scono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra,ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12,26-27). “La carità noncerca il proprio interesse” (1 Cor 13,5). Il più piccolo dei no-stri atti compiuto nella carità ha ripercussioni benefiche pertutti, in forza di questa solidarietà con tutti gli uomini, vivio morti, solidarietà che si fonda sulla comunione dei santi.Ogni peccato nuoce a questa comunione» (CCC 953).

La comunione dei Santi indica anche la comunione tra lepersone, con tutta quella immensa comunità di tutti i fedeli diquesto mondo che costituiscono la Chiesa pellegrinante, e tuttii fedeli che già vivono nell’eternità. «Alcuni dei suoi discepolisono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si puri-ficano ancora, altri infine godono della gloria contemplando“chiaramente Dio uno e trino, qual è”. tutti però, sebbene ingrado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità versoDio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso innodi gloria. tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spi-rito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui(cfr. Ef 4,16). L’unione quindi di quelli che sono ancora incammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minima-mente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, èconsolidata dallo scambio dei beni spirituali» (LG 49).

La liturgia, azione della Chiesa, soprattutto nella celebra-zione dell’Eucaristia, va oltre l’aspetto temporale del rito peraprirsi all’eterno inno di lode della Gerusalemme celeste. Que-sto attestano le parole con cui l’assemblea liturgica si allargae commemora la lunga teoria dei suoi santi che sa associati asé nella preghiera di intercessione e nel rendimento di grazie.basti pensare al testo solennissimo del Canone romano conla lunga sequenza dei santi.

Chiesa Cattolica sottolinea i vari aspetti e i vari ambiti dellacomunione. In primo luogo è necessario ricordare una delleimmagini più significative della Chiesa, quella del Corpo mi-stico di Cristo descritta nella Prima Lettera ai Corinzi: «Comeinfatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le mem-bra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, cosìanche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati medianteun solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o li-beri; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti ilcorpo non è formato da un membro solo, ma da molte mem-bra» (1 Cor 12,12-14).

L’essere parte integrante del Corpo di Cristo implicaavere la comunione nella fede. La fede dei fedeli è la comu-nione della Chiesa ricevuta dalla predicazione degli Apo-stoli. La stessa comunione la si ha e la si vive attraverso isacramenti, che altro non sono se non l’inserimento e la par-tecipazione al mistero pasquale di Cristo e alla vita stessa diDio. All’interno di questa comunione i fedeli condividono idoni ricevuti dallo Spirito per l’utilità comune: «nella co-munione della Chiesa, lo Spirito Santo “dispensa pure tra ifedeli di ogni ordine grazie speciali” per l’edificazione dellaChiesa. Ora “a ciascuno è data una manifestazione partico-lare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Inoltre“Ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32). “Il cristiano ve-ramente tale nulla possiede di così strettamente suo che nonlo debba ritenere in comune con gli altri, pronto quindi a sol-levare la miseria dei fratelli più poveri”. Il cristiano è un am-ministratore dei beni del Signore» (CCC 951-952). Diconseguenza si rende indispensabile nella Chiesa la comu-nione della carità. «nella “comunione dei santi” “nessunodi noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”(rm 14,7). “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono

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insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioi-scono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra,ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12,26-27). “La carità noncerca il proprio interesse” (1 Cor 13,5). Il più piccolo dei no-stri atti compiuto nella carità ha ripercussioni benefiche pertutti, in forza di questa solidarietà con tutti gli uomini, vivio morti, solidarietà che si fonda sulla comunione dei santi.Ogni peccato nuoce a questa comunione» (CCC 953).

La comunione dei Santi indica anche la comunione tra lepersone, con tutta quella immensa comunità di tutti i fedeli diquesto mondo che costituiscono la Chiesa pellegrinante, e tuttii fedeli che già vivono nell’eternità. «Alcuni dei suoi discepolisono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si puri-ficano ancora, altri infine godono della gloria contemplando“chiaramente Dio uno e trino, qual è”. tutti però, sebbene ingrado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità versoDio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso innodi gloria. tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spi-rito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui(cfr. Ef 4,16). L’unione quindi di quelli che sono ancora incammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minima-mente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, èconsolidata dallo scambio dei beni spirituali» (LG 49).

La liturgia, azione della Chiesa, soprattutto nella celebra-zione dell’Eucaristia, va oltre l’aspetto temporale del rito peraprirsi all’eterno inno di lode della Gerusalemme celeste. Que-sto attestano le parole con cui l’assemblea liturgica si allargae commemora la lunga teoria dei suoi santi che sa associati asé nella preghiera di intercessione e nel rendimento di grazie.basti pensare al testo solennissimo del Canone romano conla lunga sequenza dei santi.

Chiesa Cattolica sottolinea i vari aspetti e i vari ambiti dellacomunione. In primo luogo è necessario ricordare una delleimmagini più significative della Chiesa, quella del Corpo mi-stico di Cristo descritta nella Prima Lettera ai Corinzi: «Comeinfatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le mem-bra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, cosìanche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati medianteun solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o li-beri; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti ilcorpo non è formato da un membro solo, ma da molte mem-bra» (1 Cor 12,12-14).

L’essere parte integrante del Corpo di Cristo implicaavere la comunione nella fede. La fede dei fedeli è la comu-nione della Chiesa ricevuta dalla predicazione degli Apo-stoli. La stessa comunione la si ha e la si vive attraverso isacramenti, che altro non sono se non l’inserimento e la par-tecipazione al mistero pasquale di Cristo e alla vita stessa diDio. All’interno di questa comunione i fedeli condividono idoni ricevuti dallo Spirito per l’utilità comune: «nella co-munione della Chiesa, lo Spirito Santo “dispensa pure tra ifedeli di ogni ordine grazie speciali” per l’edificazione dellaChiesa. Ora “a ciascuno è data una manifestazione partico-lare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Inoltre“Ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32). “Il cristiano ve-ramente tale nulla possiede di così strettamente suo che nonlo debba ritenere in comune con gli altri, pronto quindi a sol-levare la miseria dei fratelli più poveri”. Il cristiano è un am-ministratore dei beni del Signore» (CCC 951-952). Diconseguenza si rende indispensabile nella Chiesa la comu-nione della carità. «nella “comunione dei santi” “nessunodi noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”(rm 14,7). “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono

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Dio che offre a tutti la possibilità del pentimento e del ritornoa Lui. Gesù si è fatto uomo per presentare il volto del Padree, con il suo sacrificio sulla croce, salvare l’umanità dal pec-cato e riconciliarla con Dio, poiché è «l’Agnello di Dio, coluiche toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).

La croce di Cristo rappresenta il culmine dell’amore mi-sericordioso di Dio verso l’umanità. San Paolo scrive: «Dioci ha riconciliati con sé mediante Cristo» (2 Cor 5,18), Gesùpresenta Dio come il Padre misericordioso che attende sempreil ritorno dei figli, pronto a donare il suo perdono. Egli mostrail volto misericordioso del Padre quando perdona l’adultera(cfr. Gv 8,11), la Maddalena (cfr. Lc 7,47), quando rimette ipeccati al paralitico (cfr. Mt 9,2), quando spiega la paraboladel Padre misericordioso (cfr. Lc 15,11-32), quando, sullacroce, perdona i suoi carnefici (cfr. Lc 23,34); ma, soprattutto,quando istituisce il sacramento della riconciliazione, confe-rendo agli Apostoli il potere di rimettere i peccati, agendo insuo nome (cfr. Gv 20,23).

L’articolo della professione di fede sottolinea il nesso fon-damentale tra il battesimo e la remissione dei peccati. «L’as-serita remissione dei peccati allude invece all’altro sacramentoche fonda la Chiesa, cioè al battesimo; ma molto presto losguardo comincia a dirigersi anche qui al sacramento della pe-nitenza. Ovviamente, sta qui in primissimo piano il battesimocome grande sacramento della remissione, come istante dellapoderosa inversione di rotta che cambia totalmente la nostravita. Solo a poco a poco, ci si dovette lasciare insegnare dauna dolorosa esperienza come il cristiano, anche dopo battez-zato, abbia pur sempre bisogno di perdono; sicché, cominciòa venire sempre più accentuatamente in primo piano la rinno-vata assoluzione dei peccati accordata dal sacramento dellapenitenza, soprattutto da quando si prese ad amministrare il

pRoFesso un soLo BattesiMopeR La ReMissione Dei peCCati

«Il Simbolo degliApostoli lega la fedenel perdono dei peccatialla fede nello SpiritoSanto, ma anche allafede nella Chiesa enella comunione deisanti. Proprio donandoai suoi Apostoli lo Spi-rito Santo, Cristo ri-sorto ha loro conferitoil suo potere divino diperdonare i peccati:“ricevete lo SpiritoSanto; a chi rimetteretei peccati saranno ri-messi e a chi non li ri-metterete, resteranno

non rimessi” (Gv 20,22-23). nostro Signore ha legato il per-dono dei peccati alla fede e al battesimo: «Andate in tutto ilmondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà esarà battezzato sarà salvo” (Mc 16,15-16). Il battesimo è ilprimo e principale sacramento per il perdono dei peccati perchéci unisce a Cristo messo a morte per i nostri peccati e risusci-tato per la nostra giustificazione, affinché “anche noi possiamocamminare in una vita nuova” (rm 6,4)» (CCC 976-977).

La storia della salvezza è una storia costellata di peccato amotivo della fragilità dell’uomo, ma allo stesso tempo è unastoria di riconciliazione e di grande misericordia da parte di

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Dio che offre a tutti la possibilità del pentimento e del ritornoa Lui. Gesù si è fatto uomo per presentare il volto del Padree, con il suo sacrificio sulla croce, salvare l’umanità dal pec-cato e riconciliarla con Dio, poiché è «l’Agnello di Dio, coluiche toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).

La croce di Cristo rappresenta il culmine dell’amore mi-sericordioso di Dio verso l’umanità. San Paolo scrive: «Dioci ha riconciliati con sé mediante Cristo» (2 Cor 5,18), Gesùpresenta Dio come il Padre misericordioso che attende sempreil ritorno dei figli, pronto a donare il suo perdono. Egli mostrail volto misericordioso del Padre quando perdona l’adultera(cfr. Gv 8,11), la Maddalena (cfr. Lc 7,47), quando rimette ipeccati al paralitico (cfr. Mt 9,2), quando spiega la paraboladel Padre misericordioso (cfr. Lc 15,11-32), quando, sullacroce, perdona i suoi carnefici (cfr. Lc 23,34); ma, soprattutto,quando istituisce il sacramento della riconciliazione, confe-rendo agli Apostoli il potere di rimettere i peccati, agendo insuo nome (cfr. Gv 20,23).

L’articolo della professione di fede sottolinea il nesso fon-damentale tra il battesimo e la remissione dei peccati. «L’as-serita remissione dei peccati allude invece all’altro sacramentoche fonda la Chiesa, cioè al battesimo; ma molto presto losguardo comincia a dirigersi anche qui al sacramento della pe-nitenza. Ovviamente, sta qui in primissimo piano il battesimocome grande sacramento della remissione, come istante dellapoderosa inversione di rotta che cambia totalmente la nostravita. Solo a poco a poco, ci si dovette lasciare insegnare dauna dolorosa esperienza come il cristiano, anche dopo battez-zato, abbia pur sempre bisogno di perdono; sicché, cominciòa venire sempre più accentuatamente in primo piano la rinno-vata assoluzione dei peccati accordata dal sacramento dellapenitenza, soprattutto da quando si prese ad amministrare il

pRoFesso un soLo BattesiMopeR La ReMissione Dei peCCati

«Il Simbolo degliApostoli lega la fedenel perdono dei peccatialla fede nello SpiritoSanto, ma anche allafede nella Chiesa enella comunione deisanti. Proprio donandoai suoi Apostoli lo Spi-rito Santo, Cristo ri-sorto ha loro conferitoil suo potere divino diperdonare i peccati:“ricevete lo SpiritoSanto; a chi rimetteretei peccati saranno ri-messi e a chi non li ri-metterete, resteranno

non rimessi” (Gv 20,22-23). nostro Signore ha legato il per-dono dei peccati alla fede e al battesimo: «Andate in tutto ilmondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà esarà battezzato sarà salvo” (Mc 16,15-16). Il battesimo è ilprimo e principale sacramento per il perdono dei peccati perchéci unisce a Cristo messo a morte per i nostri peccati e risusci-tato per la nostra giustificazione, affinché “anche noi possiamocamminare in una vita nuova” (rm 6,4)» (CCC 976-977).

La storia della salvezza è una storia costellata di peccato amotivo della fragilità dell’uomo, ma allo stesso tempo è unastoria di riconciliazione e di grande misericordia da parte di

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CReDo La RisuRReZioneDeLLa CaRne

La professione di fede culmina nel proclamare la risurre-zione dei morti alla fine dei tempi. «Noi crediamo che leanime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, siache debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia chedal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte daGesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costi-tuiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale saràdefinitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione,quando queste anime saranno riunite ai propri corpi». (PaoloVI, Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica esprime gli stessiconcetti quando afferma: «noi fermamente crediamo e fer-mamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto daimorti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte,vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterànell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezionesarà opera della Santissima trinità: “Se lo Spirito di colui cheha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risu-scitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mor-tali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (rm 8,11). Iltermine “carne” designa l’uomo nella sua condizione di de-bolezza e di mortalità. La “risurrezione della carne” significache, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima im-mortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (rm 8,11) ri-prenderanno vita» (CCC 989-990).

La fede nella risurrezione inizia a farsi strada già nell’An-tica Alleanza. Questa fede e questa speranza si consolida altempo dei Maccabei dove viene affermata una retribuzionedopo la morte per coloro che hanno offerto la vita per difen-

battesimo nei primi giorni di vita, per cui esso cessò di costi-tuire la espressione d’una conversione attiva. restava tuttaviapur sempre assodato anche allora, che cristiani non si può di-venire per nascita, bensì solo per rinascita: l’affiato cristianosi traduce in atto sempre e soltanto allorché l’uomo imprimeun altro corso alla sua esistenza, voltando le spalle alla pac-chiana soddisfazione del mero vivacchiare “convertendosi”.È appunto in questo senso che il battesimo, visto come iniziod’una conversione protratta lungo l’intero corso della vita, as-surge ad emblema fondamentale dell’esistenza cristiana, aprogramma di base cui intende richiamarci l’articolo che af-ferma la “remissione dei peccati”» (J. ratzinger, Introduzioneal Cristianesimo, pag. 276).

Per vivere la conversione bisogna fare l’esperienza dellariconciliazione che è il rimettere il cuore in pace con Dio. Laremissione dei peccati è quel meraviglioso dono d’amore cheDio fa a chi si pente dei peccati, accusandosene e impegnan-dosi a non commetterli più; non c’è peccato che, per quantogrande, non possa essere perdonato da Dio, perché Dio è mi-sericordia infinita. «riconciliarsi con Dio suppone e includeil distaccarsi con lucidità e determinazione dal peccato in cuisi è caduti. Suppone e include, dunque, il fare penitenza nelsenso più completo del termine: pentirsi, manifestare il pen-timento, assumere l’atteggiamento concreto del pentito, cheè quello di chi si mette sulla via del ritorno al Padre. Questaè una legge generale, che ciascuno deve seguire nella situa-zione particolare in cui si trova. Il discorso sul peccato e sullaconversione infatti non può essere svolto solo in terminiastratti» (rP 13).

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CReDo La RisuRReZioneDeLLa CaRne

La professione di fede culmina nel proclamare la risurre-zione dei morti alla fine dei tempi. «Noi crediamo che leanime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, siache debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia chedal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte daGesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costi-tuiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale saràdefinitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione,quando queste anime saranno riunite ai propri corpi». (PaoloVI, Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica esprime gli stessiconcetti quando afferma: «noi fermamente crediamo e fer-mamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto daimorti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte,vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterànell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezionesarà opera della Santissima trinità: “Se lo Spirito di colui cheha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risu-scitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mor-tali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (rm 8,11). Iltermine “carne” designa l’uomo nella sua condizione di de-bolezza e di mortalità. La “risurrezione della carne” significache, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima im-mortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (rm 8,11) ri-prenderanno vita» (CCC 989-990).

La fede nella risurrezione inizia a farsi strada già nell’An-tica Alleanza. Questa fede e questa speranza si consolida altempo dei Maccabei dove viene affermata una retribuzionedopo la morte per coloro che hanno offerto la vita per difen-

battesimo nei primi giorni di vita, per cui esso cessò di costi-tuire la espressione d’una conversione attiva. restava tuttaviapur sempre assodato anche allora, che cristiani non si può di-venire per nascita, bensì solo per rinascita: l’affiato cristianosi traduce in atto sempre e soltanto allorché l’uomo imprimeun altro corso alla sua esistenza, voltando le spalle alla pac-chiana soddisfazione del mero vivacchiare “convertendosi”.È appunto in questo senso che il battesimo, visto come iniziod’una conversione protratta lungo l’intero corso della vita, as-surge ad emblema fondamentale dell’esistenza cristiana, aprogramma di base cui intende richiamarci l’articolo che af-ferma la “remissione dei peccati”» (J. ratzinger, Introduzioneal Cristianesimo, pag. 276).

Per vivere la conversione bisogna fare l’esperienza dellariconciliazione che è il rimettere il cuore in pace con Dio. Laremissione dei peccati è quel meraviglioso dono d’amore cheDio fa a chi si pente dei peccati, accusandosene e impegnan-dosi a non commetterli più; non c’è peccato che, per quantogrande, non possa essere perdonato da Dio, perché Dio è mi-sericordia infinita. «riconciliarsi con Dio suppone e includeil distaccarsi con lucidità e determinazione dal peccato in cuisi è caduti. Suppone e include, dunque, il fare penitenza nelsenso più completo del termine: pentirsi, manifestare il pen-timento, assumere l’atteggiamento concreto del pentito, cheè quello di chi si mette sulla via del ritorno al Padre. Questaè una legge generale, che ciascuno deve seguire nella situa-zione particolare in cui si trova. Il discorso sul peccato e sullaconversione infatti non può essere svolto solo in terminiastratti» (rP 13).

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zione degli esseri corporei”, non è affatto una “risurrezionedei corpi”. Sicché, guardato con gli occhi della mentalità mo-derna, l’abbozzo tracciatoci da San Paolo è molto meno in-genuo della successiva erudizione teologica, con tutte le suesottili costruzioni incentrate sui problema del come possanoesistere corpi eterni. Paolo – ripetiamolo ancora una volta –afferma dottrinalmente non la risurrezione dei corpi, bensìquella delle persone; e facendo poi consistere quest’ultimanon nella ricostituzione dei “corpi di carne”, ossia delle strut-ture biologiche, che egli designa esplicitamente come impos-sibile (“il corruttibile non può diventare incorruttibile”), bensìnella diversità specifica che caratterizza la vita della risurre-zione, così come si è presentata esemplarmente a noi nel Si-gnore risorto». È quello che in sintesi afferma il Catechismo:«Che cosa significa “risuscitare”? Con la morte, separazionedell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corru-zione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando inattesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella suaonnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ainostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risur-rezione di Gesù» (CCC 997).

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dere le leggi di Dio e per difendere il popolo giudaico dal pe-ricolo dell’idolatria durante il tentativo di ellenizzare la Giu-dea. In quel periodo però non c’era una idea ben precisa dirisurrezione, si affermava solo che coloro che sono stati fedelia Dio, quando Dio prenderà definitivamente in mano le sortidel mondo, verranno risuscitati. nel nuovo testamento il fon-damento della risurrezione è Gesù Cristo risorto dai morti«primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,20).

Con la sua morte e risurrezione Cristo ha anticipato la glo-ria futura ed è anche l’anticipazione della risurrezione di tutticoloro che sono stati uniti a Cristo. «Il discorso sulla risurre-zione dei cristiani è anzitutto un discorso su Cristo. Questa èla teologia del nuovo testamento circa la sorte dei cristiani:è l’estensione ai credenti dello stesso destino di Cristo, inforza dell’unione che la conversione cristiana, insieme ai Sa-cramenti della fede (in primo luogo battesimo ed eucaristia),ha costituito tra Cristo e i cristiani. Il discorso cristiano sulleultime realtà non è tanto un discorso sull’aldilà, ma è il portarealle ultime conseguenze il fatto che la nostra unione con Cristoè un’unione reale, indissolubile e quindi indistruttibile, chenemmeno la morte può spezzare. non è semplicementeun’unione morale basata sulla nostra buona volontà di stareuniti a Lui, ma è un’unione sacramentale basata sulla sua vo-lontà salvifica – liberamente accolta dai discepoli – la quale èirrevocabile e infallibilmente efficace» (Vivere l’Anno delleFede, Sussidio pastorale).

Una riflessione quanto mai interessante viene fatta, al ri-guardo della risurrezione della carne da Joseph ratzingernella sua opera: Introduzione al cristianesimo: «Una cosa do-vrebbe comunque risultare per principio chiara: tanto Gio-vanni (6,53), quanto Paolo (1 Cor 15,50) sottolineanoenergicamente che la “risurrezione della carne”, la “risurre-

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zione degli esseri corporei”, non è affatto una “risurrezionedei corpi”. Sicché, guardato con gli occhi della mentalità mo-derna, l’abbozzo tracciatoci da San Paolo è molto meno in-genuo della successiva erudizione teologica, con tutte le suesottili costruzioni incentrate sui problema del come possanoesistere corpi eterni. Paolo – ripetiamolo ancora una volta –afferma dottrinalmente non la risurrezione dei corpi, bensìquella delle persone; e facendo poi consistere quest’ultimanon nella ricostituzione dei “corpi di carne”, ossia delle strut-ture biologiche, che egli designa esplicitamente come impos-sibile (“il corruttibile non può diventare incorruttibile”), bensìnella diversità specifica che caratterizza la vita della risurre-zione, così come si è presentata esemplarmente a noi nel Si-gnore risorto». È quello che in sintesi afferma il Catechismo:«Che cosa significa “risuscitare”? Con la morte, separazionedell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corru-zione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando inattesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella suaonnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ainostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risur-rezione di Gesù» (CCC 997).

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dere le leggi di Dio e per difendere il popolo giudaico dal pe-ricolo dell’idolatria durante il tentativo di ellenizzare la Giu-dea. In quel periodo però non c’era una idea ben precisa dirisurrezione, si affermava solo che coloro che sono stati fedelia Dio, quando Dio prenderà definitivamente in mano le sortidel mondo, verranno risuscitati. nel nuovo testamento il fon-damento della risurrezione è Gesù Cristo risorto dai morti«primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,20).

Con la sua morte e risurrezione Cristo ha anticipato la glo-ria futura ed è anche l’anticipazione della risurrezione di tutticoloro che sono stati uniti a Cristo. «Il discorso sulla risurre-zione dei cristiani è anzitutto un discorso su Cristo. Questa èla teologia del nuovo testamento circa la sorte dei cristiani:è l’estensione ai credenti dello stesso destino di Cristo, inforza dell’unione che la conversione cristiana, insieme ai Sa-cramenti della fede (in primo luogo battesimo ed eucaristia),ha costituito tra Cristo e i cristiani. Il discorso cristiano sulleultime realtà non è tanto un discorso sull’aldilà, ma è il portarealle ultime conseguenze il fatto che la nostra unione con Cristoè un’unione reale, indissolubile e quindi indistruttibile, chenemmeno la morte può spezzare. non è semplicementeun’unione morale basata sulla nostra buona volontà di stareuniti a Lui, ma è un’unione sacramentale basata sulla sua vo-lontà salvifica – liberamente accolta dai discepoli – la quale èirrevocabile e infallibilmente efficace» (Vivere l’Anno delleFede, Sussidio pastorale).

Una riflessione quanto mai interessante viene fatta, al ri-guardo della risurrezione della carne da Joseph ratzingernella sua opera: Introduzione al cristianesimo: «Una cosa do-vrebbe comunque risultare per principio chiara: tanto Gio-vanni (6,53), quanto Paolo (1 Cor 15,50) sottolineanoenergicamente che la “risurrezione della carne”, la “risurre-

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compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i qualitutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che inquesta comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoiSanti ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo laparola di Gesù: Chiedete e riceverete (cfr. Lc 10,9-10; Gv16,24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la re-surrezione dei morti e la vita del mondo che verrà» (Paolo VI,Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

La vita eterna, alla quale aneliamo, comincia già quaggiù,anche se non ne abbiamo ancora il possesso pieno e definitivo.Dice San Giovanni: «Carissimi, noi sin d’ora siamo figli diDio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamoperò che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili alui, perché lo vedremo così com’egli è» (1 Gv 3,2). Per indi-care la vita eterna, la bibbia e la tradizione cristiana usano unricco vocabolario di immagini e di simboli (regno della luce,cielo, banchetto, nozze, ecc.). Ma la realtà profonda che questeimmagini vogliono esprimere è la comunione definitiva e in-tramontabile col Signore della vita (cfr. 1 tess 4,17). Dob-biamo stare in guardia da dubbi e rappresentazioni che a voltematerializzano in maniera grossolana, talora infantile, la realtàdella vita eterna. Meglio vale attenersi alle parole di SanPaolo: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, némai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio percoloro che lo amano» (1 Cor 2,9).

nell’Angelus, in occasione della Solennità di tutti i Santi,benedetto XVI così ha presentato questa realtà fondamentaledella nostra fede: «Celebriamo oggi la solennità di tutti i Santie domani commemoreremo i fedeli defunti. Queste due ricor-renze liturgiche, molto sentite, ci offrono una singolare op-portunità per meditare sulla vita eterna. L’uomo modernol’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appar-

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CReDo La Vita eteRna

L’ultimo articolo del Simbolo termina con il professare lafede nella vita eterna. «Noi crediamo nella vita eterna. … Noicrediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite in-torno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa delCielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio cosìcom’è (cfr. 1 Io. 3,2; Dz.-Sch. 1000) e dove sono anche asso-ciate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divinoesercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiu-tando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine»(cfr. LG, 49).

«noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo,di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che

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compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i qualitutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che inquesta comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoiSanti ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo laparola di Gesù: Chiedete e riceverete (cfr. Lc 10,9-10; Gv16,24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la re-surrezione dei morti e la vita del mondo che verrà» (Paolo VI,Solenne professione di Fede, 30 giugno 1968).

La vita eterna, alla quale aneliamo, comincia già quaggiù,anche se non ne abbiamo ancora il possesso pieno e definitivo.Dice San Giovanni: «Carissimi, noi sin d’ora siamo figli diDio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamoperò che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili alui, perché lo vedremo così com’egli è» (1 Gv 3,2). Per indi-care la vita eterna, la bibbia e la tradizione cristiana usano unricco vocabolario di immagini e di simboli (regno della luce,cielo, banchetto, nozze, ecc.). Ma la realtà profonda che questeimmagini vogliono esprimere è la comunione definitiva e in-tramontabile col Signore della vita (cfr. 1 tess 4,17). Dob-biamo stare in guardia da dubbi e rappresentazioni che a voltematerializzano in maniera grossolana, talora infantile, la realtàdella vita eterna. Meglio vale attenersi alle parole di SanPaolo: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, némai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio percoloro che lo amano» (1 Cor 2,9).

nell’Angelus, in occasione della Solennità di tutti i Santi,benedetto XVI così ha presentato questa realtà fondamentaledella nostra fede: «Celebriamo oggi la solennità di tutti i Santie domani commemoreremo i fedeli defunti. Queste due ricor-renze liturgiche, molto sentite, ci offrono una singolare op-portunità per meditare sulla vita eterna. L’uomo modernol’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appar-

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L’ultimo articolo del Simbolo termina con il professare lafede nella vita eterna. «Noi crediamo nella vita eterna. … Noicrediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite in-torno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa delCielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio cosìcom’è (cfr. 1 Io. 3,2; Dz.-Sch. 1000) e dove sono anche asso-ciate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divinoesercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiu-tando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine»(cfr. LG, 49).

«noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo,di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che

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Il Credo, come pure l’ultimo libro della Sacra Scrittura (Ap22,21), termina con la parola ebraica Amen. La si trova fre-quentemente alla fine delle preghiere del nuovo testamento.Anche la Chiesa termina le sue preghiere con Amen (CCC1061). In ebraico, Amen si ricongiunge alla stessa radice dellaparola «credere». tale radice esprime la solidità, l’affidabilità,la fedeltà. Si capisce allora perché l’«Amen» può esprimeretanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia inlui (CCC 1062). nel profeta Isaia si trova l’espressione «Dio

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tenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo,più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene,che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonistadella storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però,per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la tra-scenda; è insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giu-stizia, alla verità, alla felicità piena. Dinanzi all’enigma dellamorte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovarenell’aldilà i propri cari. Come pure è forte la convinzione diun giudizio finale che ristabilisca la giustizia, l’attesa di un de-finitivo confronto in cui a ciascuno sia dato quanto gli è do-vuto. “Vita eterna” per noi cristiani non indica però solo unavita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza,pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male edalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratellie le sorelle che partecipano dello stesso Amore. L’eternità, per-tanto, può essere già presente al centro della vita terrena e tem-porale, quando l’anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio,suo ultimo fondamento. tutto passa, solo Dio non muta. Diceun Salmo: “Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / mala roccia del mio cuore è Dio, / è Dio la mia sorte per sempre”(Sal 72/73, 26). tutti i cristiani, chiamati alla santità, sono uo-mini e donne che vivono saldamente ancorati a questa “roc-cia”; hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo,definitiva dimora degli amici di Dio» (benedetto XVI, Ange-lus, 1° novembre 2006).

La fede in questa realtà dà vigore alla speranza e getta unaluce sull’esperienza terrena del credente, che lungi dal disto-glierlo, gli dà la capacità di contribuire ogni giorno alla co-struzione della città terrena avendo come punto di riferimentoquella celeste.

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Il Credo, come pure l’ultimo libro della Sacra Scrittura (Ap22,21), termina con la parola ebraica Amen. La si trova fre-quentemente alla fine delle preghiere del nuovo testamento.Anche la Chiesa termina le sue preghiere con Amen (CCC1061). In ebraico, Amen si ricongiunge alla stessa radice dellaparola «credere». tale radice esprime la solidità, l’affidabilità,la fedeltà. Si capisce allora perché l’«Amen» può esprimeretanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia inlui (CCC 1062). nel profeta Isaia si trova l’espressione «Dio

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tenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo,più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene,che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonistadella storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però,per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la tra-scenda; è insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giu-stizia, alla verità, alla felicità piena. Dinanzi all’enigma dellamorte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovarenell’aldilà i propri cari. Come pure è forte la convinzione diun giudizio finale che ristabilisca la giustizia, l’attesa di un de-finitivo confronto in cui a ciascuno sia dato quanto gli è do-vuto. “Vita eterna” per noi cristiani non indica però solo unavita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza,pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male edalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratellie le sorelle che partecipano dello stesso Amore. L’eternità, per-tanto, può essere già presente al centro della vita terrena e tem-porale, quando l’anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio,suo ultimo fondamento. tutto passa, solo Dio non muta. Diceun Salmo: “Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / mala roccia del mio cuore è Dio, / è Dio la mia sorte per sempre”(Sal 72/73, 26). tutti i cristiani, chiamati alla santità, sono uo-mini e donne che vivono saldamente ancorati a questa “roc-cia”; hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo,definitiva dimora degli amici di Dio» (benedetto XVI, Ange-lus, 1° novembre 2006).

La fede in questa realtà dà vigore alla speranza e getta unaluce sull’esperienza terrena del credente, che lungi dal disto-glierlo, gli dà la capacità di contribuire ogni giorno alla co-struzione della città terrena avendo come punto di riferimentoquella celeste.

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valentemente liturgico. Mediante l’Amen, la comunità si ap-propria della preghiera o risponde alla preghiera dell’orante. Isalmi dei primi 4 libri si concludono col doppio Amen. In rm15,33 e Gal 6,18 ritroviamo chiaramente questo uso. terminarela preghiera con l’Amen vuol dire associarsi a ciò che la pre-ghiera esprime. Il fatto poi che i LXX traducano l’espressionecon: «che così accada» dà all’espressione stessa una connota-zione di speranza. Viene anche utilizzato in contesto di assun-zione di responsabilità come in 1 Cor 14,16, in cui l’Amencoinvolge tutta la comunità e ogni singolo al suo interno.

nell’Apocalisse di Giovanni l’Amen ha il ruolo di fungereda filo conduttore. Esso lega in un’unica dossologia tutti gliattori-protagonisti. L’unico «Amen» lega in modo indissolu-bile spazi, tempi e protagonisti della storia della salvezza. Insintesi si può dire che l’Amen esprime un atto consapevole eresponsabile, parola degna di fede. non si può portare il mes-saggio divino senza esserne coinvolti, strutturalmente trasfor-mati e informati. L’Amen è risposta a Dio che si rivela, èessere certi della fedeltà di Dio che in Cristo si è riversata sututta l’umanità. L’Amen responsoriale è proclamato dall’as-semblea e implica un impegno testimoniale. È atto di fede enello stesso tempo atto di affidamento su cui costruire sestessi. La comunità ecclesiale dovrebbe essere la visibilità del-l’Amen di Dio al mondo e agli uomini. Inoltre l’Amen eccle-siale esprime un desiderio di compimento mai raggiunto.L’Amen esprime l’origine e il principio della creazione di Dioche sostiene la storia e nello stesso tempo la spinge verso lasua realizzazione e compimento pieno. L’Amen raccoglie,porta con sé tutta la Chiesa. L’Amen quindi non è solo quellodel culto, ma è qualcosa che si connota come profondamenteecclesiale. Attraverso questo Amen sale a Dio la gloria e lapreghiera di tutta la Chiesa.

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di verità», letteralmente «Dio dell’Amen», cioè il Dio fedelealle sue promesse: «Chi vorrà essere benedetto nel paese,vorrà esserlo per il Dio fedele» (Is 65,16). nostro Signore usaspesso il termine «Amen» (Mt 6,2.5.16), a volte in forma dop-pia (Gv 5,19), per sottolineare l’affidabilità del suo insegna-mento, la sua autorità fondata sulla verità di Dio (CCC 1063).L’«Amen» finale del Simbolo riprende quindi e conferma ledue parole con cui inizia: «Io credo». Credere significa dire«Amen» alle parole, alle promesse, ai comandamenti di Dio,significa fidarsi totalmente di colui che è l’«Amen» d’infinitoamore e di perfetta fedeltà. La vita cristiana di ogni giornosarà allora l’«Amen» all’«Io credo» della professione di fededel nostro battesimo: «Il Simbolo sia per te come uno spec-chio. Guardati in esso, per vedere se tu credi tutto quello chedichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede(Sant’Agostino, Sermone 58, 11, 13)» (CCC 1064).

Gesù Cristo stesso è l’«Amen» (Ap 3,14). Egli è l’«Amen»definitivo dell’amore del Padre per noi; assume e porta allasua pienezza il nostro «Amen» al Padre: «tutte le promessedi Dio in lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraversolui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria» (2 Cor 1,20).«Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipo-tente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria pertutti i secoli dei secoli. Amen! (Dossologia dopo la preghieraeucaristica, Messale romano)» (CCC 1065).

Pur essendo l’Amen un’ espressione che apparteneva al lin-guaggio comune, nel nuovo testamento l’espressione è usatasempre in un contesto religioso teologico. In collegamento conl’uso veterotestamentario indica l’assenso ad una parola che siriconosce come avente validità assoluta. nella maggior partedei casi, nel nuovo testamento l’Amen è responsoriale e ilcontesto è quello della preghiera. Si tratta di un contesto pre-

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valentemente liturgico. Mediante l’Amen, la comunità si ap-propria della preghiera o risponde alla preghiera dell’orante. Isalmi dei primi 4 libri si concludono col doppio Amen. In rm15,33 e Gal 6,18 ritroviamo chiaramente questo uso. terminarela preghiera con l’Amen vuol dire associarsi a ciò che la pre-ghiera esprime. Il fatto poi che i LXX traducano l’espressionecon: «che così accada» dà all’espressione stessa una connota-zione di speranza. Viene anche utilizzato in contesto di assun-zione di responsabilità come in 1 Cor 14,16, in cui l’Amencoinvolge tutta la comunità e ogni singolo al suo interno.

nell’Apocalisse di Giovanni l’Amen ha il ruolo di fungereda filo conduttore. Esso lega in un’unica dossologia tutti gliattori-protagonisti. L’unico «Amen» lega in modo indissolu-bile spazi, tempi e protagonisti della storia della salvezza. Insintesi si può dire che l’Amen esprime un atto consapevole eresponsabile, parola degna di fede. non si può portare il mes-saggio divino senza esserne coinvolti, strutturalmente trasfor-mati e informati. L’Amen è risposta a Dio che si rivela, èessere certi della fedeltà di Dio che in Cristo si è riversata sututta l’umanità. L’Amen responsoriale è proclamato dall’as-semblea e implica un impegno testimoniale. È atto di fede enello stesso tempo atto di affidamento su cui costruire sestessi. La comunità ecclesiale dovrebbe essere la visibilità del-l’Amen di Dio al mondo e agli uomini. Inoltre l’Amen eccle-siale esprime un desiderio di compimento mai raggiunto.L’Amen esprime l’origine e il principio della creazione di Dioche sostiene la storia e nello stesso tempo la spinge verso lasua realizzazione e compimento pieno. L’Amen raccoglie,porta con sé tutta la Chiesa. L’Amen quindi non è solo quellodel culto, ma è qualcosa che si connota come profondamenteecclesiale. Attraverso questo Amen sale a Dio la gloria e lapreghiera di tutta la Chiesa.

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di verità», letteralmente «Dio dell’Amen», cioè il Dio fedelealle sue promesse: «Chi vorrà essere benedetto nel paese,vorrà esserlo per il Dio fedele» (Is 65,16). nostro Signore usaspesso il termine «Amen» (Mt 6,2.5.16), a volte in forma dop-pia (Gv 5,19), per sottolineare l’affidabilità del suo insegna-mento, la sua autorità fondata sulla verità di Dio (CCC 1063).L’«Amen» finale del Simbolo riprende quindi e conferma ledue parole con cui inizia: «Io credo». Credere significa dire«Amen» alle parole, alle promesse, ai comandamenti di Dio,significa fidarsi totalmente di colui che è l’«Amen» d’infinitoamore e di perfetta fedeltà. La vita cristiana di ogni giornosarà allora l’«Amen» all’«Io credo» della professione di fededel nostro battesimo: «Il Simbolo sia per te come uno spec-chio. Guardati in esso, per vedere se tu credi tutto quello chedichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede(Sant’Agostino, Sermone 58, 11, 13)» (CCC 1064).

Gesù Cristo stesso è l’«Amen» (Ap 3,14). Egli è l’«Amen»definitivo dell’amore del Padre per noi; assume e porta allasua pienezza il nostro «Amen» al Padre: «tutte le promessedi Dio in lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraversolui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria» (2 Cor 1,20).«Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipo-tente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria pertutti i secoli dei secoli. Amen! (Dossologia dopo la preghieraeucaristica, Messale romano)» (CCC 1065).

Pur essendo l’Amen un’ espressione che apparteneva al lin-guaggio comune, nel nuovo testamento l’espressione è usatasempre in un contesto religioso teologico. In collegamento conl’uso veterotestamentario indica l’assenso ad una parola che siriconosce come avente validità assoluta. nella maggior partedei casi, nel nuovo testamento l’Amen è responsoriale e ilcontesto è quello della preghiera. Si tratta di un contesto pre-

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Page 98: Credo Signore Amen

chezza degli insegnamenti del Vaticano II. Di certo non bastaun anno per proseguire in questa conoscenza, ma l’Anno dellafede costituisce uno stimolo per vivere e per celebrare la fedein Gesù Cristo nel corso della propria esistenza.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica alcune rifles-sioni anche alla fede come virtù teologale «dono di Dio ai suoifedeli, per renderli capaci di agire quali suoi figli». È la sintesidi tutto quello che si è detto nel corso delle riflessioni sulCredo.

«La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo inDio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Chiesaci propone da credere, perché egli è la stessa verità. Con lafede “l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente”. Per que-sto il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio.“Il giusto vivrà mediante la fede” (rm 1,17). La fede viva“opera per mezzo della carità” (Gal 5,6)» (CCC 1814).

«Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fedee vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianzacon franchezza e diffonderla: “Devono tutti essere pronti aconfessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla viadella croce attraverso le persecuzioni, che non mancano maialla Chiesa”. Il servizio e la testimonianza della fede sonoindispensabili per la salvezza: “Chi (...) mi riconoscerà da-vanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padremio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uo-mini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è neicieli” (Mt 10,32-33)» (CCC 1816).

Affrontando il tema della fede ritorna attuale anche l’in-terrogativo se sia un dono o una scelta. Già nell’Antico testa-mento c’era la consapevolezza che la fede è frutto di unainiziativa di Dio. È Dio che ha scelto Israele offrendogli lasalvezza e la liberazione. Gesù dichiara pubblicamente: «nes-

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io CReDo - aMen

Con queste parole: «Io credo - Amen», che sono la primae l’ultima della professione di fede, si è percorso l’itinerariodi gran parte dell’Anno della Fede, con le riflessioni sui variarticoli e sui vari aspetti del Credo. L’Anno della fede si col-loca all’interno di un rinnovato modo di annunciare e di testi-moniare il Vangelo. Il suo primo obiettivo è quello diravvivare la fede dei credenti che vivono in modo tiepidol’eredità cristiana, che hanno lasciato illanguidire la fede in-terrompendo il contatto vitale con la comunità cristiana.

La riflessione riguarda anche coloro che vivono la propriaesperienza cristiana all’interno della comunità ecclesiale e chedevono riscoprire i punti fondamentali della fede. Da qui l’in-sistenza di conoscere e di vivere quel vasto patrimonio conte-nuto nelle formule di fede, ma anche l’esigenza di riprenderein mano il Catechismo della Chiesa Cattolica e la grande ric-

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chezza degli insegnamenti del Vaticano II. Di certo non bastaun anno per proseguire in questa conoscenza, ma l’Anno dellafede costituisce uno stimolo per vivere e per celebrare la fedein Gesù Cristo nel corso della propria esistenza.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica alcune rifles-sioni anche alla fede come virtù teologale «dono di Dio ai suoifedeli, per renderli capaci di agire quali suoi figli». È la sintesidi tutto quello che si è detto nel corso delle riflessioni sulCredo.

«La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo inDio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Chiesaci propone da credere, perché egli è la stessa verità. Con lafede “l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente”. Per que-sto il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio.“Il giusto vivrà mediante la fede” (rm 1,17). La fede viva“opera per mezzo della carità” (Gal 5,6)» (CCC 1814).

«Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fedee vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianzacon franchezza e diffonderla: “Devono tutti essere pronti aconfessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla viadella croce attraverso le persecuzioni, che non mancano maialla Chiesa”. Il servizio e la testimonianza della fede sonoindispensabili per la salvezza: “Chi (...) mi riconoscerà da-vanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padremio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uo-mini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è neicieli” (Mt 10,32-33)» (CCC 1816).

Affrontando il tema della fede ritorna attuale anche l’in-terrogativo se sia un dono o una scelta. Già nell’Antico testa-mento c’era la consapevolezza che la fede è frutto di unainiziativa di Dio. È Dio che ha scelto Israele offrendogli lasalvezza e la liberazione. Gesù dichiara pubblicamente: «nes-

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Con queste parole: «Io credo - Amen», che sono la primae l’ultima della professione di fede, si è percorso l’itinerariodi gran parte dell’Anno della Fede, con le riflessioni sui variarticoli e sui vari aspetti del Credo. L’Anno della fede si col-loca all’interno di un rinnovato modo di annunciare e di testi-moniare il Vangelo. Il suo primo obiettivo è quello diravvivare la fede dei credenti che vivono in modo tiepidol’eredità cristiana, che hanno lasciato illanguidire la fede in-terrompendo il contatto vitale con la comunità cristiana.

La riflessione riguarda anche coloro che vivono la propriaesperienza cristiana all’interno della comunità ecclesiale e chedevono riscoprire i punti fondamentali della fede. Da qui l’in-sistenza di conoscere e di vivere quel vasto patrimonio conte-nuto nelle formule di fede, ma anche l’esigenza di riprenderein mano il Catechismo della Chiesa Cattolica e la grande ric-

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suno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha man-dato» (Gv 6,44). «La fede è dono dello Spirito Santo, che lapreviene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui cheillumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio,facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio larivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulladi estraneo» (CdA 90).

nello stesso tempo la fede, oltreché dono, è decisione li-bera dell’uomo. Dio non impone niente all’uomo, propone lasua Parola, la sua Persona, rispettando e sostenendo la libertàdi ognuno. La fede è una scelta responsabile e ragionevole.Molto spesso, quando si parla di fede, si pensa a un insiemeastratto di cose da accettare a scatola chiusa, a un qualcosache limita la libertà e la dignità dell’uomo. Si confonde la fedecon un insieme di norme da rispettare piuttosto che viverlacome un rapporto di comunione con Dio. La fede prende l’av-vio da una adesione ragionevole alla rivelazione; è adesionetotale dell’uomo a Dio che si rivela nella storia. nello stessotempo la fede apre alla ragione un orizzonte più vasto, stimolal’intelligenza a una continua ricerca aprendola al fascino delmistero.

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suno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha man-dato» (Gv 6,44). «La fede è dono dello Spirito Santo, che lapreviene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui cheillumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio,facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio larivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulladi estraneo» (CdA 90).

nello stesso tempo la fede, oltreché dono, è decisione li-bera dell’uomo. Dio non impone niente all’uomo, propone lasua Parola, la sua Persona, rispettando e sostenendo la libertàdi ognuno. La fede è una scelta responsabile e ragionevole.Molto spesso, quando si parla di fede, si pensa a un insiemeastratto di cose da accettare a scatola chiusa, a un qualcosache limita la libertà e la dignità dell’uomo. Si confonde la fedecon un insieme di norme da rispettare piuttosto che viverlacome un rapporto di comunione con Dio. La fede prende l’av-vio da una adesione ragionevole alla rivelazione; è adesionetotale dell’uomo a Dio che si rivela nella storia. nello stessotempo la fede apre alla ragione un orizzonte più vasto, stimolal’intelligenza a una continua ricerca aprendola al fascino delmistero.

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InDICE

SIGLE CItAZIOnI pag. 3

PrESEntAZIOnE ” 5

La professione di fede ” 7

Genesi e storia dei simboli di fede ” 10

Io credo ” 13

Credo in Dio ” 16

Credo in Dio Padre Onnipotente ” 19

Credo in Dio ” 22Creatore del cielo e della terra

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo ” 25

Il Figlio di Dio si è fatto uomo ” 28

Credo in Gesù Cristo ” 31nato dalla Vergine Maria

Patì sotto Ponzio Pilato ” 34

Fu crocifisso, morì e fu sepolto ” 37

Discese agli inferi ” 40

risuscitò da morte ” 43

La celebrazione liturgica della Pasqua ” 46

Salì al cielo, ” 49siede alla destra di Dio Padre

Verrà a giudicare i vivi e i morti ” 52

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InDICE

SIGLE CItAZIOnI pag. 3

PrESEntAZIOnE ” 5

La professione di fede ” 7

Genesi e storia dei simboli di fede ” 10

Io credo ” 13

Credo in Dio ” 16

Credo in Dio Padre Onnipotente ” 19

Credo in Dio ” 22Creatore del cielo e della terra

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo ” 25

Il Figlio di Dio si è fatto uomo ” 28

Credo in Gesù Cristo ” 31nato dalla Vergine Maria

Patì sotto Ponzio Pilato ” 34

Fu crocifisso, morì e fu sepolto ” 37

Discese agli inferi ” 40

risuscitò da morte ” 43

La celebrazione liturgica della Pasqua ” 46

Salì al cielo, ” 49siede alla destra di Dio Padre

Verrà a giudicare i vivi e i morti ” 52

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Page 104: Credo Signore Amen

Credo nello Spirito Santo pag. 55

I simboli dello Spirito Santo ” 58

Credo nello Spirito che dà la vita ” 61

Credo la Chiesa ” 64

La Chiesa è creatura di Dio ” 67

Credo la Chiesa una ” 71

Credo la Chiesa santa ” 74

Credo la Chiesa cattolica ” 77

Credo la Chiesa apostolica ” 80

Credo nella comunione dei santi ” 83

Professo un solo battesimo ” 86per la remissione dei peccati

Credo la risurrezione della carne ” 89

Credo la vita eterna ” 92

Amen ” 95

Io credo - Amen ” 98

InDICE ” 103

– 104 –

Page 105: Credo Signore Amen

Credo nello Spirito Santo pag. 55

I simboli dello Spirito Santo ” 58

Credo nello Spirito che dà la vita ” 61

Credo la Chiesa ” 64

La Chiesa è creatura di Dio ” 67

Credo la Chiesa una ” 71

Credo la Chiesa santa ” 74

Credo la Chiesa cattolica ” 77

Credo la Chiesa apostolica ” 80

Credo nella comunione dei santi ” 83

Professo un solo battesimo ” 86per la remissione dei peccati

Credo la risurrezione della carne ” 89

Credo la vita eterna ” 92

Amen ” 95

Io credo - Amen ” 98

InDICE ” 103

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