GERIATRIA. 2 marzo aprile... · nel numero 3/2006 di Geriatria è comparso un editoriale dal titolo...

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BIMESTRALE - VOL. XIX n. 2 - Marzo/Aprile 2007 – Sped. in Abb. Post. 45% art. 2 comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Roma ISSN: 1122-5807 GERIATRIA ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)

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ISSN: 1122-5807

GERIATRIAORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)

Francesco M. Antonini (Firenze)Samuel Bravo Williams (Mexico)Luisa Bartorelli (Roma)Pier Ugo Carbonin (Roma)Tommy Cederholm (Stoccolma - Svezia)Claudio Cervini (Ancona)Domenico Cucinotta (Bologna)Nuzzo Di Stefano (Noto)Piergiorgio Ferretti (Guastalla)Rodney Fisher (Toronto - Canada)Giovanni Gasbarrini (Bologna)Franco Goria (Asti)Mario Impallomeni (Londra)Vincenzo Marigliano (Roma)Baldassarre Messina (Roma)Jean-Pierre Michel (Geneve - Suisse)

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ANTONIO PRIMAVERA

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Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I. nel mese di Luglio 2007.

SEGRETERIA SCIENTIFICA

G E R I AT R I ARIVISTA BIMESTRALE - ANNO XIX n. 2 - Marzo/Aprile 2007 – Sped. in Abb. Postale 45% art. 2 comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Roma

ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)

DIRETTORELUIGI GIUSEPPE GREZZANA

DIRETTORE ESECUTIVOMASSIMO PALLESCHI

COMITATO SCIENTIFICO

Condizioni di abbonamento per il 2007: E 26,00 (Enti: E 52,00) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero70 dollari • Un fascicolo singolo: E 11,00 - Estero 15 dollari. Arretrato: E 22,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31dicembre si intende rinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989.

ISSN: 1122-5807

Collana Specialistica di Geriatria

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Società Italiana Geriatri OspedalieriCollana Specialistica di Geriatria

CASA EDITRICE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE

a cura di Paolo Zuppipresentazione di Stefano Maria Zuccaro

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Società Italiana Geriatri OspedalieriCollana Specialistica di Geriatria

CASA EDITRICE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE

a cura di Antonino Maria CotroneoUmberto Stralla

presentazione di Stefano Maria Zuccaro

*

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 43

AI LETTORI - Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

EDITORIALE: IL MARE Grezzana L.G. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

SPUNTI DI SPIRITUALITÀ DELLA PROFESSIONE MEDICAScuteri A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

EVIDENCE BASED MEDICINE: GUIDA ALL’INTERPRETAZIONE CLINICA DEI TRIALCLINICI RANDOMIZZATIVolpato S., Zuliani G. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

DANNI GASTROENTERICI DA FANS NELL’ANZIANOMarini L., Brunelli R., Cruciani G., Postacchini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

ASSUNZIONE DI FERRO, STRESS OSSIDATIVO, DANNO EPATICO, SINDROME ME-TABOLICA, RISCHIO DI ECCESSIVO ACCUMULO DEL METALLO NELL’ORGANISMO UMANOMancinella A., Mancinella M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

VERSO UNA DEFINIZIONE DELLA NON AUTOSUFFICIENZA NELL'ANZIANODe Ruggieri M.A., Salza M.C., Selli E., Cervelli S. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

NOTA REDAZIONALE: ANZIANI E NON AUTOSUFFICIENZAScuteri A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

L’INVALIDITÀ CIVILE: QUADRO NORMATIVOFerrari Morandi E. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

RUBRICHE

Vita agli anni Sabatini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

Geriatria nel mondoZanatta A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

Calendario della S.I.G.Os. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

SOMMARIO

X Convegno Nazionale Geriatrico “Dottore Angelico”

11 - 12 - 13 Ottobre 2007

La Geriatriasi confronta con...

11 Ottobre • Città di Aquino - Chiesa Madonna della Libera12 - 13 Ottobre • Cassino – Teatro Manzoni

Città di Aquino

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 45

AI LETTORI

Al Prof. Massimo PalleschiCaro Massimo,nel numero 3/2006 di Geriatria è comparso un editoriale dal titolo “L’as-sistenza all’anziano: un modello” a firma Guala A. Purtroppo tale articolo ha unpercorso e una storia particolare. Nel 2001, se ben ricordo, il Consiglio Direttivodella S.I.G.Os. diede mandato a me e a Enzo Pescerelli di stendere una traccia perun documento ufficiale della Società sull’assistenza agli anziani.

Si raccolsero pareri di molti Colleghi, si consultò la letteratura e progressi-vamente uscì un elaborato che venne portato all’attenzione del ConsiglioDirettivo di cui si raccolsero le osservazioni e che lo inviò ad un certo numerodi soci per considerazioni ed emendamenti. Nel 2005 venne approvato comedocumento ufficiale della S.I.G.Os. e ottenne il “Visto. Si stampi”. Ci sono statievidentemente dei disguidi dimostrati dalla mancanza di una presentazioneche conferisse ufficialità come documento S.I.G.Os., dall’aver dato la paternitàcompleta a chi scrive senza addirittura la qualifica e l’appartenenza. Chi scri-ve ha retto le fila, coordinato i processi di revisione e provveduto materialmen-te alla stesura definitiva, ma non può essere indicato come unico autore di undocumento ufficiale della Società.

Conto sulla pubblicazione della presente, mi scuso delle minuziose puntua-lizzazioni e assolvo, in nome dell’amicizia, l’episodio confusionale alla basedell’equivoco.

Ti saluto cordialmente.

Ricevo dal dott. Adriano Gualaquesta lettera di rettifica e precisazione.

Carissimo Adriano,hai perfettamente ragione.Come già ti ho detto telefonicamente, non si è trattato di alcuna cattiva volontào di scelta deliberata, ma solo di un disguido organizzativo e/o comunicativo.

Rinnovandoti tutta la mia stima e la considerazione per l’elaborato da tepromosso ed organizzato e che sono sicuro costituirà un riferimento importan-te per la nostra Società, ti abbraccio con molto affetto.

Massimo

Dr. Adriano Guala

Prof. Massimo Palleschi

Anziano fragile:Anziano fragile:quale futuro?quale futuro?

Società Italiana Geriatri Ospedalieri

Auditorium San MartinoFermo 5-6 Ottobre 2007

CONGRESSO INTERREGIONALEMarche - Abruzzo - Molise - Lazio

Al Liceo, il mio compagno di banco si chiamavaFranco. A scuola e fuori, eravamo sempre insieme.Per anni.

Lui, da grande, avrebbe voluto fare il marinaio,io il medico.

Franco è diventato Ammiraglio ed io Geriatra.Adesso, vive a Venezia perché l’amore per il ma-

re ha vinto.Abbiamo continuato a parlarci per una vita.

Molte cose ci uniscono, malgrado le nostre profes-sioni siano così diverse.

Mi ha sempre affascinato il racconto che lui mifaceva sull’origine e lo sviluppo di Venezia. A mesembrava che qualcosa di analogo fosse occorsoanche alla nostra scienza.

Ai suoi albori, la città, grande quanto un borgo,nasceva sul mare. La singolarità dell’ambiente ove fucostruita le ha conferito un fascino particolare. Neltempo, ha acquisito un ruolo di aristocratica libertà.

Fu la più libera delle città italiane. Non avevaaltre mura se non la laguna, né guardie di palazzoné piazza d'armi per le esercitazioni e le paratemilitari.

Altrove, in Europa, vi erano baroni, conti e mar-chesi. A Venezia, l’aristocratico era il patrizio vene-to o "nobilomo" e basta.

È sempre stata una città "aperta".All'inizio, i veneziani non osarono molto. Fu-

rono barcaioli o battellieri. Con le loro imbarcazio-ni si limitavano a percorrere i canali sotto casa e arisalire la corrente dei fiumi.

Anche per noi geriatri l’esordio è stato tituban-te. I primi geriatri non avevano né un ruolo né un'i-dentità. La Geriatria è nata fra molte perplessità emolti limiti. A fatica cercava un suo spazio fra sape-ri consolidati della scienza medica.

Lo spirito di iniziativa e lo spirito comunitario,maturati nel tempo, hanno costituito il vero segretodella straordinaria longevità di Venezia.

Sono le caratteristiche della sua civiltà contrap-poste all'individualismo ed al particolarismo chehanno segnato la storia e la vita del maniero.

Anche la Geriatria è nata come scienza comuni-taria. Il geriatra, da solo, non può alcunché. È unatipica scienza da "Tramite insieme".

È un'espressione della mia amica Rita. Scolarità,terza elementare. La lingua italiana e un'altra cosa,

ma mi sembra che "tramite insieme" esprima inmodo efficace un'intesa fra diverse realtà.

Non è un problema solo medico. Si cercanoalleanze con tutte le forze della società. Oltre gliinfermieri, si coinvolge il mondo politico, il mondoeconomico, i media e quant'altro.

I veneziani affascinati, incuriositi, rapiti, si spin-sero sempre più in là. Era ovvio che il mare fosse illoro sbocco naturale. Fu così che si avventuraronosempre più lontano. Raggiunsero mete impensabi-li. Apparivano terre sconosciute, commerci allet-tanti, nuove culture.

Andavano, imparavano, tornavano ricchi dimerci, di conoscenze e di coraggio.

L'antico borgo era un lontano ricordo e Veneziadiventava sempre più bella.

Nasce l’intramontabile mito della diversità diVenezia e della sua unicità rispetto al resto delmondo. La città diventava d'oro.

Per i veneziani il mare, con tutte le sue insidieed il suo fascino, era il loro tramite, ma bisognavaadeguarsi. Si doveva diventare esperti il più possi-bile. Si spingevano verso mari così remoti che ilMediterraneo, per loro, era un golfo, il Golfo di Ve-nezia. Erano finiti i tempi della titubanza. Si osavaogni giorno di più, ma senza presunzione perché ilmare è grande ed è sempre pronto a farti tremare.Come diceva un anziano "vuole sempre la suaparte".

Avevano imparato ad uscire dal porto anche conil mare a 7.

Non conoscevano la paura.Le loro navi, tuttavia, erano sempre quelle. Le

navi lunghe come le galee e le navi tonde come lecocche.

Mi affascina pensare, che siano rimaste presso-ché inalterate.

Non c'era grande differenza fra le galee del Vsecolo dopo Cristo, quelle dei barcaioli e dei battel-lieri, e quelle del 1700.

Ben diversa, però, era la loro abilità. I viaggiintrapresi erano sempre più lunghi e le terre rag-giunte sempre più lontane.

Dalle prime carte del mare che riproducevanoqualche miglio oltre il borgo, si era passati alla raf-figurazione degli spazi marittimi più remoti.

Eppure, per i veneziani la nave non si era moltomodificata nel tempo.

Venezia era divenuta mercato mondiale. Scopri-re significava di più che vedere per la prima volta.Voleva dire aggiungere nuove cognizioni alle vec-chie. Accogliere il nuovo, senza tralasciare l’acqui-sito ed armonizzare culture e saperi.

EDITORIALEGeriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 47

IL MARE

Grezzana L.G.

U.O.C. Geriatria, Ospedale “Maggiore”, Borgo Trento, Verona

Indirizzo per la corrispondenza:Dr. Grezzana L.G.UOC Geriatria Ospedale “Maggiore”P.le Stefani, 1 – 37126 Borgo Trento, VeronaTel. 0458071111

"Caro amico, ti scrivo a lungo perché non hotempo di scriverti breve". Cicerone. È stato il titolodi un tema, al liceo. Allora non ne avevo colto ilsignificato profondo. Nel tempo e nella professionene ho capito il valore.

In fondo, i veneziani furono maestri di sintesi edanche noi, tutti i giorni, ci dobbiamo adoperare intal senso.

Pur non disdegnando l’innovazione, la Geria-tria, più di altre branche della Medicina, è rimastaancorata alle tradizioni del sapere medico: l’anam-nesi, l’esame obiettivo, la semeiotica rimangono,per noi, le fondamenta delle nostre conoscenze.

I libri servono, ma l’esperienza è indispensabile.Il nostro è un lavoro da "provando e riprovando",come suggeriva Galileo Galilei.

Gli strumenti basilari non sono cambiati. Sonoquelli che usiamo tutti i giorni per visitare i nostriammalati.

Il fonendoscopio non è mutato, come non eramutata la nave per i veneziani.

Eppure, i risultati sono stati assolutamentediversi per i veneziani e per noi. Non è solo que-stione di esperienza, quanto di metodo.

Loro ampliavano a dismisura i confini sul mare,noi affrontiamo quadri clinici impensabili sino aqualche lustro fa. Abbiamo affinato il sapere pernecessità.

Per il geriatra la visita medica è atto fondamen-tale. Il contatto anche fisico con l’ammalato è mo-mento ineludibile del suo lavoro. Ci si siede di fian-co al paziente quasi a sottolineare che è importanteguardarsi negli occhi e non dall’alto in basso.

Non ci sono gli esonerati, ma i rimandati.L'esperienza, la tecnologia, l'alleanza con le altre

specialità ci hanno consentito di osare sempre dipiù ed imparare. Per questo è indispensabile che laGeriatria esista a contatto con le altre specialità, nelgrande ospedale e non isolata e confinata come unmaniero. Come dice un mio amico, la Geriatriafunge da tessuto connettivo nel grande ospedale.

Noi ben sappiamo quanto la malattia sia destabi-lizzante nell’anziano. Rompe un equilibrio precario.

Non solo il geriatra ha appreso, ma ha ancheinsegnato agli altri specialisti una nuova metodolo-gia di lavoro: la valutazione multidimensionale. Atutto vantaggio degli ammalati.

Si cerca di indagare i vari aspetti implicati nellasalute dell’anziano prendendo in considerazione,di volta in volta, l'ambito fisico, cognitivo, affettivo,sociale ed, in particolare, l’autonomia. Talvolta, ciòche è acquisito sembra scontato, ma non è così.L'approccio multidimensionale che, ormai, è diven-tato prassi non era né scontato né acquisito. È statauna rivoluzione nell’arte medica, un modo diversodi avvicinarsi all'ammalato e di curare.

È stata una svolta.Come la prospettiva nell’arte figurativa consente

di "entrare" nell’immagine così la valutazione multi-dimensionale consente di "entrare" nei bisogni.

La nostra metodica permette di stabilire un pro-gramma di cure ed una prognosi. Intuire le priorità

di intervento, dinnanzi i numerosi problemi sco-perti durante la fase di valutazione, tradisce l’es-senza della Geriatria.

Capire che cosa si debba fare subito e che cosapossa essere dilazionabile, fa parte del nostro lavoro.Cogliere l’importanza di un amore piccolo per unanziano, aver contezza di quanto per lui sia vitale,esperisce l’anima della Geriatria. Un vecchio privatodei suoi amori e delle sue cose, si sente mutilato.

Inoltre, il geriatra sa che si deve ricorrere alminor numero possibile di farmaci, alla dose piùbassa e secondo lo schema più semplice.

I nostri pazienti stanchi e provati, tendono acedere. È più facile arrendersi che reagire. Il ricove-ro in ospedale pone a rischio l’autonomia di unanziano.

Bisogna fare subito le cose giuste. La malattia,non di rado, realizza soprattutto nell’anziano, unapericolosa rassegnazione. Spesso l’ammalato silascia andare. Si fa "portar via" dalla corrente deglieventi. Si arrende. A quel punto, si instaura comeun braccio di ferro tra il medico e la morte.

II geriatra ben sa che il paziente, di suo, tende aseguire la morte. Però se si insiste, ma bisogna insi-stere molto, accade talvolta che l’ammalato reagi-sca e segua il medico anziché la morte spostando"tre onde più in là" l’evento ultimo.

Temiamo molto la disperazione e l’abbandono.Sono pericoli per tutti, per l’anziano di più. Spa-lancano la porta a malattie e morte. Il depresso siammala il doppio e muore il doppio.

Molti artisti hanno saputo interpretare in modoefficace questa disperazione.

Van Gogh ha vissuto con disperazione il suoricovero in ospedale. Ha sofferto una solitudineinquietante. Si sentiva, in quei corridoi, perduto,destrutturato, irriconoscibile. Gli dominava dentroun'esperienza di desolazione.

Il geriatra non esclude nei suoi reparti la presen-za del corrimano, ma non è la prima scelta per isuoi pazienti. Gli ammalati sono i suoi amici.L'anziano ricoverato in Geriatria troverà sempre ilbraccio di un infermiere o di un medico che potran-no molto di più che un pezzo di plastica.

C'è anche differenza se è l'infermiere che prendesottobraccio il paziente o se è il paziente che pren-de sottobraccio l'infermiere.

Il secondo caso tradisce una maggiore confiden-za ed è certamente preferibile.

Non si è mai paghi, però. Sempre si soffre l'ina-deguatezza nel nostro operare. Cerchiamo alleanze,vorremmo fare di più, vorremmo essere più bravi.

Vero è che in pochi anni, la Medicina ha compiu-to passi impensabili. Il geriatra ha fatto la sua parte.Ha osato di più ed ha insegnato agli altri specialistiad osare di più, a tutto vantaggio dei nostri pazienti.

Oggi, la Cardiologia invasiva non è negata adalcun anziano. Il trapianto di rene si effettua, confacilità, dopo i sessant'anni e si è notato che ilrischio di rigetto è minore. La Cardiochirurgia e laChirurgia vascolare contano soprattutto sui pazien-ti proposti dai reparti di Geriatria. Gli esempi po-

48 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile

Grezzana L.G. - Il mare 49

trebbero continuare. Ignazio ne è una prova.La Geriatria a Verona è nata nel 1954 e, negli

anni, è diventata patrimonio dell'Azienda Ospeda-liera. Dimette ogni anno 5.000 pazienti. È "azionistadi maggioranza" di questo grande ospedale.

Tutti gli anni, il giorno dell'Ascensione, giornodella "Sensa" per i veneziani, il Doge, a nome e perconto di tutta la Repubblica, saliva a bordo della suasuperba galea tutta intagli e dorature, il Bucintoro.Veniva scortato da una miriade di gondole e di bar-che lussuosamente addobbate. Tutte le campanedella città suonavano a festa e rombavano le arti-glierie della flotta. Dal Bucintoro, raggiunto il mareaperto, il Doge gettava in acqua l’anello nuziale pro-nunciando la celebre frase: "Noi ti sposiamo, o ma-re, in segno di vero e perpetuo dominio".

Non penso, però, che le cose stessero propriocosì. Volevano sì dominare il mare, ma soprattuttocercavano di averlo amico. Confidavano nella suaalleanza perché del mare avevano un timore reve-renziale.

Anche noi buttiamo nel mare di una Medicinaintricata, difficile, l'anello come faceva Venezia. Sia-

mo alla ricerca spasmodica e metaforica di un ma-trimonio col mare delle difficoltà, perché ne ab-biamo paura.

Come Venezia.I nostri ammalati sono di una complessità che di

più non si può. La Geriatria, non a caso, viene defi-nita la Medicina della complessità. Curare i nostripazienti e come affrontare il mare a 7.

Ci rassicura che, da sempre, il geriatra abbiasentito forte il bisogno di alleanze.

Questo Congresso sottolinea tale bisogno.Non ci esaltiamo, però, non ci possiamo esalta-

re. Le difficoltà sono troppo grandi.Da ultimo, consentitemi di citare un libro che mi

sta tanto a cuore, "Geriatri, ladri di saggezza". Èsolo donato. Il titolo sottolinea l'anima del nostrolavoro. In fondo, i veri maestri sono i nostri amma-lati. Gli anziani ne sanno di più perché sono vissu-ti a lungo.

I giovani trangugiano la vita, i vecchi la sorseg-giano. Ne colgono i sapori più reconditi. Vivendocon loro, impariamo tutti i giorni. Siamo fortunati.

Si tratta di saperli ascoltare.

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“ Il lavoro è amore reso visibile.E, se non siete capaci di lavorare con amore, è meglio che lasciate il vostro lavoro e vi sediate alle

porte del tempio, per ricevere l’elemosina da coloro chelavorano con gioia. Perché, se cuocete il pane con indiffe-renza, produrrete un pane amaro, che sfama gli uominisolo per metà“

K Gibran “Il Profeta”

Avevo cinque anni quando, forse influenzatodal positivo esempio paterno, forse affascinato dalmistero dell’ uomo letto attraverso il suo corpo flo-rido o malato che fosse, decisi che da grande avreifatto il medico. A diciassette anni, nel rinnovare unascelta “ante tempus”, vivevo con inquietudine ilrischio cantato in poesia da De André che fare ildottore potesse diventare solo un mestiere.

Oggi, dopo tanti anni dalla laurea e di professio-ne, sperimento ancora il mistero dell’ incontro com-passionevole con la sofferenza. Non so se avrei maipotuto reggere l’impatto di un bambino sofferente,cosa che ho sperimentato da volontario nei Paesi invia di sviluppo. Tuttavia, l’incontro con la sofferen-za di una persona anziana, certamente più vicina altermine naturale della propria vita, non è meno“devastante”. Spesso si ritorna a casa la sera condentro il carico della memoria dei corpi e volti sfi-gurati, oltraggiati ed invecchiati sotto il peso diimpensati ed immeritati drammi di una lunga vita,ora volgente al tramonto, prima ancora ed ancorpiù che dalle malattie. Certo, noi possiamo andarce-ne da quei drammi, i nostri pazienti no…ma nonper questo basta chiudere la porta di casa per can-cellare quel multiforme e sommesso grido di dolo-re dal nostro spirito!

Oggi, dopo tanti anni dalla laurea e di professio-ne, so anche con certezza che impedire che il miste-ro della professione medica sia ridotta a prestazio-ne d’opera non dipende tanto dal legislatore o dalnostro Direttore Generale, ma dalla volontà diognuno di noi di riscoprire la vocazione al prender-si cura dell’uomo malato.

Pertanto, nell’accettare con un pò di timore e tre-more, l’incarico di Redattore della rivista “Geria-tria” ho desiderato presentarmi con una riflessionesulla spiritualità dell’esser medico. Il riferimentofrequente al linguaggio della fede cattolica non siamotivo di scandalo o divisione. Piuttosto, per chi si

riconosce in questa fede, sia motivo di rilettura dialcuni misteri professati; per chi non ha questa fede(o pensa di non averla più), valga il riferimentoantropologico a simboli che ormai sono parte delnostro orizzonte culturale. Tutti e due considerinoche la parola professione accomuna la fede e l’essermedico!

IL MEDICO, TESTIMONE DEL MISTERO DELL’INCARNAZIONE

Gesù Cristo si fa uomo, si incarna nella nostraquotidianità, rivela e ristabilisce la dignità dell’es-ser figli e del creato, porta l’accento sull’esser fratel-li, anche perchè tutti col limite dei figli. Questo nonsolo deve esser l’orizzonte dell’agire del medicogeriatra, ma innanzitutto e soprattutto richiama cheuno dei carismi della professione medica è porrel’accento sulla dimensione orizzontale. Forse la nostravita e la nostra cultura è molto più vicina al culto diJawhè che di Gesù Cristo. Pensiamo a quanti“archetipi” rimandano alla dimensione verticalepiuttosto che a quella orizzontale della nostra esi-stenza: in ambito religioso (quanto si privilegia ladimensione verticale della relazione uomo-Diorispetto a quella uomo-Dio nel fratello?), in ambitopsicologico (l’accento sulla centralità della relazio-ne genitori-figli, più che su quella tra fratelli), inambito etico (la radicalizzazione della difesa deimomenti estremi della vita, con le battaglie bandie-ra per i diritti del concepito o contro l’eutanasia deicasi limite, piuttosto che la denuncia della scarsatutela di quella vita concreta che scorre tra quei dueestemi e che vede le relazioni umane così poco ordi-nate secondo lo spirito evangelico).

Il mistero dell’Incaranazione dovrebbe essertestimoniato dal medico geriatra anche per quantoconcerne l’“humilitas”, nella sua accezione origina-ria. “Humilitas” viene da humus, la terra (ma ancheil terreno fecondo). In una civiltà dell’immagine,dove si corre ad apparire anche al prezzo di vuoteparole, il medico geriatra ha il compito, l’imperati-vo di restare fedele e vicino alla terra. Quella terrache nella sua concretezza quotidianamente incontranei volti e nelle storie dei propri pazienti e dei lorofamiliari. Persone che sofferenti nel corpo, per colpao per mala sorte, pongono domande che esigonorisposte reali e concrete. Certamente è parte signifi-cativa di questo richiamo alla “humilitas” lo sforzoche quotidianamente facciamo, come medici, perdare il giusto nome alle malattie che affliggono inostri pazienti. Tuttavia, questo sforzo rischiasovente di diventare la nostra tracotante “hubris” e,quindi, il nostro limite, allorquando il nostro sape-

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SPUNTI DI SPIRITUALITÀ DELLA PROFESSIONE MEDICA

Scuteri A.

Dirigente Medico di Geriatria, UO Geriatria - INRCA, Roma

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Scuteri A.Dirigente Medico di Geriatria, UO Geriatria, INRCAVia Cassia, 1167 – 00189 RomaTel. 06303421

re, vittima di un approccio intellettualistico, ciporta a stare al di sopra delle cose e non con esse.

L’“humus” è anche il materiale con cui ilCreatore generò i nostri corpi, corpo che venneassunto anche da Gesù Cristo nella sua incarnazio-ne. Il corpo è il vero punto da cui guardare e com-prendere il mondo per un autentico medico.Pertanto, il processo diagnostico deve caratteriz-zarsi come uno strumento per dare ed, a volte, rida-re dignità al corpo malato, per mantenere la dignitàdi quello ancora sano. La creatura, che si chiamapaziente, ha un volto; un volto che, come il restodel corpo, è davanti a noi medici geriatri nudo,esposto: esposto nella sua fragilità, nella suadomanda di ascolto, nel suo essere in relazione conil “potere” del medico, con la trepidazione dellosconvolgimento che la malattia porta nella reterelazionale in cui quel volto/corpo spoglio davantia noi è quotidianamente inserito. La riscopertadell’“humilitas”, dell’“humus”, ciò che ci caratte-rizza (non viene forse da lì la parola “homo”?) etutti ci accomuna, diventa allora impellente ed ine-vitabile richiamo alla compassione, all’ascolto delmio simile sofferente, alla tenerezza anche di ungesto o di uno sguardo.

GUARIRE DI SABATO

Il creato intero per definizione ha un limite.Pertanto, è ineluttabile che si debba fare i conti

con risorse economiche limitate. Certamentediverso è il discorso della eventuale ingiustizianelle scelte politiche inerenti la distribuzione dellerisorse per la salute della popolazione. La consape-volezza della finitezza delle risorse deve esser sem-pre presente nell’operato del medico geriatra,essendo parte rilevante della sua “responsabilitàsociale”.

Tuttavia, Gesù Cristo ci interroga: “Io domandoa voi: è lecito, di sabato, far del bene o far del male?Salvare una persona o ucciderla?”.

Che cosa vuol dire oggi, a noi medici geriatri,questa parola? Credo ci inviti alla necessità di rista-bilire le giuste priorità. Tutti constatiamo quanto civenga richiesto sempre più di dedicare una propor-zione smodata di tempo all’ osservanza di disposi-zioni, circolari, note, che burocratizzano il nostrolavoro, che sovente inducono innanzitutto e soprat-tutto alla valutazione delle implicazioni legali diogni nostro pur minimo atto. Pertanto, alcuni silamentano che il nobile lavoro del medico è statodequalificato, molti tendono presto o tardi ad ade-guarsi. Così facendo si rischia di perder di vista chela nostra consacrazione è alla salute delle persone,al volto del paziente, solitamente volto sofferente epovero perché dipendente dall’altrui sapere e,sovente, dall’altrui volontà. Ripristinare e riappro-priarsi, interiormente prima ancora che contrattual-mente, della centralità del paziente nell’atto medi-co, questo è per noi attualizzare l’ invito a guarireanche di sabato.

Perchè non si debba sentire più che qualsivogliapaziente possa denominare, con ragione, un qual-siasi medico geriatra con l’epiteto di “spiccialetti”.

Perché nella professione del medico geriatra cisono circostanze in cui la sola e muta presenza èprova d’amore per il paziente.

SENZA FRODE IMPARAI, SENZA INVIDIA IODONO (SAPIENZA 7, 13)

È doveroso esser orgogliosi del sapere che ognimedico geriatra ha acquisito (e che è parte fondan-te della sua professione continuare ad aggiornare),perchè frutto di studio – “studium” nella dupliceaccezione di zelo, ma anche di passione – di fatica edi sacrifici. È auspicabile anche che nell’apprendi-mento della medicina ci si sia sforzati di riscopriree di divenire parte della sapienza medica. E, quin-di, se sapienza da “sapio” vuol dire dare sapore,ogni medico geriatra sia in grado di dare saporealle proprie conoscenze.

Mi pare di poter individuare tre direttrici princi-pali in cui l’ assenza di frode nell’ imparare e l’as-senza di invidia nel donare il proprio sapere debbae possa esprimersi:• Nei confronti dei pazienti: la persona malata da

sempre è stata vista come espressione di povertà.Anche oggi la persona malata, il nostro paziente,è povero perchè si trova in una situazione didebolezza, di dipendenza, di umiliazione, diincapacità di risollevarsi senza l’ aiuto di un altro,perchè in condizione di mancanza di mezzi: divigore fisico, di capacità intellettuale, a volteanche di mezzi economici. “Perdiamo” tempocon i nostri pazienti per far comprendere loro ildisturbo da cui sono affetti, le implicazioni di taledisturbo e dei presidi terapeutici che adottiamonella loro vita quotidiana, per invitare e motivaread assumere sani stili di vita nell’ottica della pre-venzione. Non abbiamo paura nè superbia, per-chè “Noi che siamo i forti abbiamo il dovere disopportare l’infermità dei deboli, senza compia-cere noi stessi” (Romani 15, 1)!

• Nei confronti dei colleghi: il sano ed efficace lavo-ro del medico geriatra è, e sarà sempre più, unlavoro di equipe, sia nella pratica clinica che nelleattività di ricerca. È indubbio che la realtà quoti-diana non sia tale da indurre a sostenere uneccesso di ingenuità nel rapporto tra colleghi.Tuttavia, improntare le relazioni tra colleghi aduna maggiore fiducia reciproca, ad una maggiorecircolazione del sapere potra’ solo migliorare l’efficacia della nostra attivita’ professionale.Insomma, si tratterebbe solo di spostare l’ accen-to sulla semplicita’ delle colombe piuttosto chesulla prudenza dei serpenti!

• Nei confronti degli studenti: molti Soci SIGOssono anche docenti universitari o, comunquetutori di medici o infermieri più giovani. Quandosiamo stati studenti, in Facoltà prima ed inSpecializzazione poi, abbiamo sperimentato la

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Scuteri A. - Spunti di spiritualità della professione medica 53

differenza tra chi insegnava e chi faceva il profes-sore, fra chi condivideva il sapere (e le conoscen-ze) e chi esprimeva soltanto l’ incapacità di anda-re oltre la proprio autoreferenzialità, fra chi tra-smetteva quanto appreso in anni di esperienza(non è, tra l’altro, uno dei sacri compiti indicatinel giuramento d’ Ippocrate?) e chi evitava la cre-scita dei collaboratori, ad ogni livello e grado, perpaura di perdere prestigio. Oggi, chi di noi è dal-l’altro lato della cattedra rispetto a quando si era stu-denti, faccia memoria delle proprie valutazioni di untempo, non abbia paura di esser spogliato del pro-prio ruolo all’atto di donare il proprio sapere, si affi-di di più al Signore che fa sì che, come alla vedova diSarepta cui venne inviato Elia, “la farina della giaranon venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì”.

Credo che solo nella riscoperta alla fedeltà quo-tidiana al mistero dell’Incarnazione, al Supremocomandamento della tenerezza e compassione, ilmedico geriatra possa diventare testimone vivo delmistero dell’Eucaristia, quell’Eucaristia che è panespezzato per tutti indistintamente, che viene offer-to anche nella notte in cui si è traditi, che deve dive-nire rendimento di grazie per esser stati chiamati acompiere tale nobile servizio, e che, pertanto, “necmittendus canibus“.

Dover rendersi conto che le due più prestigiose

riviste internazionali di medicina, “The NewEngland Journal of Medicine” e “The Lancet”, re-centemente si son sentiti in obbligo di denunciareesplicite e ripetute violazioni e svilimenti dell’eticaprofessionale medica da parte di colleghi in divisadi Paesi “evoluti” certamente non rinvigorisce lasperanza.

Tuttavia, è proprio in questo momento che, inginocchio ma a testa alta, occorre rinnovare conqueste parole la nostra professione di fede sia nelloSpirito Santo – che è Signore e dà la vita – sia nel-l’esser medico:

“Il dottor Rieux decise allora di redigere il rac-conto – per testimoniare che – quel che s’impara inmezzo ai flagelli è che ci sono negli uomini più coseda ammirare che non da disprezzare.

Ma egli sapeva tuttavia che questa cronaca nonpoteva essere la cronaca della vittoria definitiva;non poteva essere che la testimonianza di quelloche si era dovuto compiere e che, certamente,avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terro-re e la sua instancabile arma, nonostante i loro stra-zi personali, tutti gli uomini che non potendo esseresanti e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano diessere medici” (A Camus “La peste”).

MASSIMO PALLESCHI

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Gli ultimi dieci anni hanno testimoniato un’im-portante trasformazione dei criteri tradizionalmen-te usati nel processo decisionale che guida la prati-ca clinica. Questi mutamenti culturali hanno ridi-mensionato l’importanza dell’intuizione individua-le e dell’esperienza clinica non sistematica comeelementi sufficienti per supportare le scelte diagno-stiche e terapeutiche del medico. Parallelamente siè assistito invece alla progressiva enfatizzazione delruolo dell’ “evidenza” come elemento guida perl’atto medico e per la trasposizione concreta dei datidella letteratura scientifica al letto del malato.

La Medicina Basata sull’Evidenza (da Evidence-Based Medicine) cerca dunque di condizionare inmodo diretto la pratica clinica e le scelte di politicasanitaria sulla base di risultati scientifici oggettivi epossibilmente non confutabili. A questo scopo ognianno vengono condotti e pubblicati migliaia distudi clinici controllati e randomizzati, i risultati deiquali vengono talora pubblicizzati su riviste nonspecializzate; inoltre anche le industrie farmaceuti-che utilizzano in modo sempre più pressante, tal-volta perfino spregiudicato, i risultati di questigrandi trial clinici come veicolo promozionale perle loro molecole. Appare quindi evidente la neces-sità per il medico pratico di saper valutare in modoautonomo ed indipendente le cosiddette evidenzeproposte dalla letteratura scientifica internazionale,selezionando gli studi più rilevanti ed identifican-done punti di forza e limitazioni, per poter estrapo-lare il messaggio clinico essenziale da trasferire alletto del paziente.

Scopo della presente trattazione è fornire almedico impegnato nella pratica clinica quotidianaalcuni elementi utili per analizzare ed interpretare irisultati di un trial clinico randomizzato pubblicatosu una rivista scientifica. La tabella riassume i prin-cipali fattori che dovrebbero essere considerati ana-lizzando i risultati di questo tipo di studi. Nellaparte sinistra della tabella sono riportati i fattoristrettamente legati al disegno sperimentale dellostudio; l’analisi di questi fattori permette di valuta-re l’appropriatezza metodologica e di conseguenza

la validità dei risultati presentati. Per la loro impor-tanza questi aspetti metodologici dovrebbero esse-re sempre descritti in modo sufficientemente detta-gliato, tuttavia una trattazione analitica di questipunti va oltre lo scopo di questo articolo, nel qualeinvece cercheremo di commentare i fattori riportatinella parte destra, ovvero gli aspetti che riteniamopiù utili per l’interpretazione clinica dei risultati.

SIGNIFICATIVITÀ STATISTICA VS.SIGNIFICATIVITÀ CLINICA

Storicamente la letteratura scientifica ha enfatiz-zato eccessivamente il ruolo della significativitàstatistica (espresso come valore di p) a discapito delconcetto di significatività o importanza clinica.Questa condotta ha portato ad una insufficienteattenzione verso il concetto di importanza clinicagenerando l’erronea idea di uguaglianza tra signifi-catività statistica ed importanza clinica. Persino lelinee guida del CONSORT (Consolidated Standardof Reporting Trias), recentemente pubblicate nonindicano esplicitamente la necessità di discuterel’importanza clinica commentando i risultati di untrial clinico. Tuttavia risultati statisticamente significa-tivi possono non essere clinicamente significativi e allostesso modo risultati statisticamente non significativipossono suggerire una importante ricaduta clinica.

La differenza minima clinicamente importante(MCID, da minimal clinically important difference)tra due diversi regimi terapeutici è definita comequella differenza che sarebbe sufficiente a giustifi-care un cambiamento nelle decisioni terapeutiche,tenendo conto del rischio di effetti collaterali e deicosti. Il concetto di MCID rappresenta un puntochiave nella pianificazione dello studio, in quantola MCID deve essere utilizzata per calcolare lanumerosità del campione necessaria al fine di con-ferire allo studio un potere statistico adeguato.Inoltre il raggiungimento o meno della MCID do-vrebbe essere il criterio principale da seguire nellavalutazione dell’importanza clinica dello studio.

Di solito gli articoli che presentano i risultatidegli studi clinici controllati riassumono i risultatiin termini di stima puntuale dell’effetto (rischiorelativo, odds ratio, delta etc.), limiti di confidenzaal 95% e valore di “p”. Per convezione i risultativengono considerati statisticamente significativi (p<0.05) quando entrambi gli estremi dell’intervallodi confidenza si trovano al di qua o al di la dell’ef-fetto nullo. Certamente più difficile appare l’inter-

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EVIDENCE BASED MEDICINE: GUIDAALL’INTERPRETAZIONE CLINICA DEI TRIAL CLINICI RANDOMIZZATI

Volpato S., Zuliani G.

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Medicina Interna II, Università degli Studi di Ferrara

Indirizzo per la corrispondenza:Volpato S., MD, MPHDipartmento di Medicina Clinica e SperimentaleUniversità degli Studi di Ferrara, Sezione di Medicina Interna IIVia Savonarola, 9 - 44100 FerraraE-mail: [email protected]. 0532 247409Fax 0532 210884

pretazione dell’importanza clinica degli stessirisultati. La figura schematizza un metodo standar-dizzato recentemente proposto da alcuni autoricanadesi; combinando i valori della MCID, dellastima puntuale e dell’intervallo di confidenza que-sto metodo identifica quattro livelli di importanzaclinica. Dall’analisi della figura appare chiaro comerisultati statisticamente significativi possano nonessere altrettanto importanti da un punto di vistaclinico. In termini generali la significatività clinicapuò definirsi certa quando il valore della MCID èpiù piccolo del limite inferiore dell’intervallo diconfidenza. Per esempio, lo studio HOPE (HeartOutcomes Prevention Evaluation Study) ha valuta-to l’efficacia dell’inibitore dell’enzima di conversio-ne dell’angiotensina II ramipril in pazienti ad altorischio di eventi cardiovascolari; l’obiettivo princi-pale era costituito da infarto del miocardio, ictus omorte per cause cardiovascolari. I ricercatori hannodefinito come MCID una riduzione del 13.5% delrischio relativo. L’analisi dei risultati mostra unariduzione degli eventi del 22%, con un intervallo diconfidenza compreso tra il 30 e il 14%, nel grupporamipril rispetto al gruppo controllo. Secondo loschema proposto questi risultati hanno un’impor-tanza clinica certa in quanto il limite inferiore del-l’intervallo di confidenza (14%) è superiore al valo-re della MCID (13.5%). Un esempio di lavoro conrisultati statisticamente significativi ma con impor-tanza clinica quantomeno discutibile è invece lostudio che nell’ambito del progetto GISSI (Gruppo

Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’-Infarto Miocardico), ha valutato l’effetto della tera-pia con acidi grassi poli-insaturi. I risultati presen-tati dimostravano un riduzione assoluta di 1.3%(I.C: 0.1-2.6) di morte, infarto del miocardio nonfatale o ictus a favore del gruppo trattato. I ricerca-tori avevano calcolato la numerosità campionariasulla base di un ∆ <del 4% e quindi, assumendoquesta stima come MCID, questi risultati statistica-mente significativi non appaiono clinicamentealtrettanto rilevanti. Nonostante ciò gli autori conclu-devano l’articolo sostenendo che i loro risultati forni-vano un importante beneficio sia dal punto di vistastatistico che clinico; alla luce di quanto esposto questaconclusione dovrebbe essere considerata quantomenonon totalmente giustificata dai risultati ottenuti.

La più importante limitazione di questo approc-cio è probabilmente la difficoltà di stabilire con pre-cisione la MCID, in quanto il suo valore può essereinfluenzato da numerosi fattori quali il tipo dievento che si cerca di trattare, la disponibilità omeno di terapie alternative sufficientemente affida-bili, le caratteristiche della popolazione studiata, ilpunto di vista personale del ricercatore e del clini-co. Nonostante ciò noi crediamo che indipendente-me dall’esatto valore di MCID prescelto questoapproccio possa garantire al clinico uno strumentostandardizzato per formulare un proprio giudiziosull’importanza clinica di un determinato studio.

Un metodo alternativo per giudicare l’impattoclinico dei risultati di un trial clinico è la valutazio-ne del numero di soggetti che devono essere trat-tati per prevenire un evento (NNT, dall’ingleseNumber Needed to Treat). Questa misura, facilmenteinterpretabile dal clinico, rappresenta il reciprocodella riduzione del rischio assoluto (1/RRA) e for-nisce informazioni aggiuntive rispetto alla riduzio-ne del rischio relativo che rappresenta invece lamisura più frequentemente riportata nelle rivistescientifiche. Analizzando i risultati dello studio 4S(Scandinavian Simvastatin Survival Study Group )e dello studio WOSCOPS (West of ScotlandPrevention Study) si può capire come studi conriduzione del rischio relativo sostanzialmentesovrapponibile possano avere una rilevanza clinicaben diversa. Questi due studi hanno valutato l’effi-

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Combinazioni possibili nella relazione tra significatività clinicae significatività statistica

Fattori da considerare nell'analisi dei risultati di un studio di intervento clinico randomizzato

Fattori inerenti il disegno dello studio Fattori inerenti l'interpretazione clinica dei risultatie la validità dei risultati

Quesito scientifico e obiettivo principale Significatività statistica vs. significatività clinica

Popolazione dello studio Obiettivo clinico vs. obiettivo “surrogato”

Procedura di randomizzazione Obiettivo composito

Metodo per lo studio in “cieco” Analisi dei sottogruppi

Caratteristiche iniziali dei pazienti Ruolo dello sponsor

Controllo di qualità dei dati raccolti

Valutazione dell'adesione dei partecipanti

Analisi statistica comprensiva di tutti i pazienti arruolati

Effetti indesiderati

Volpato S., Zuliani G. - Evidence based medicine: guida all’interpretazione… 57

cacia di due farmaci ipocolesterolemizzanti, la pra-vastatina e la simvastatina, nella prevenzione pri-maria (WOSCOPS) e secondaria (4S) della cardio-patia ischemica. Entrambi gli studi hanno dimo-strato una riduzione simile del rischio relativo (37% vs. 31%) di infarti non fatali o morte secondariaa cardiopatia ischemica; tuttavia, per il diverso pro-filo di rischio cardiovascolare delle due popolazio-ni in esame, l’analisi della riduzione del rischioassoluto e il calcolo dell’NNT per anno di tratta-mento mostrano differenze sostanziali. Per quantoriguarda lo studio di prevenzione primaria con lapravastatina è necessario trattare per un anno 258pazienti per prevenire una morte da cardiopatiaischemica o un infarto miocardio non fatale mentrein prevenzione secondaria con la simvastatina ènecessario trattare “solo”115 paziente per preveni-re un evento analogo.

OBIETTIVO CLINICO VS. OBIETTIVO “INTERMEDIO O SURROGATO”

Idealmente la scelta di un farmaco rispetto adun altro dovrebbe essere basata sulla dimostrazio-ne di un chiaro beneficio clinico identificabile in unaumento della longevità, nella prevenzione dieventi e nel miglioramento della qualità di vita.Tuttavia l’effettuazione di studi in grado di valuta-re questo tipo di obiettivi è estremamente onerosain termini di risorse economiche, umane ed in ter-mini di tempo richiesto per raccogliere i dati neces-sari. Per questo motivo l’efficacia di nuovi trattamen-ti viene frequentemente studiata valutandone l’effet-to su obiettivi intermedi o cosiddetti surrogati.

Un obiettivo intermedio per essere valido devepossedere almeno due requisiti: 1) La sua modifica-zione deve essere sempre accompagnata ad unrisultato clinico rilevante; 2) L’effetto del trattamen-to sull’obiettivo intermedio dovrebbe interamenterispecchiare, da un punto di vista dei meccanismifisiopatologici, l’effetto sull’obiettivo clinico finale.

In realtà questo secondo requisito è molto diffi-cilmente verificabile a priori, in quanto l’effetto cli-nico finale di un determinato trattamento puòestrinsecarsi attraverso molteplici meccanismi,alcuni dei quali sono spesso ignoti al momentodella sperimentazione del farmaco. In altre parolel’effetto del farmaco sull’obiettivo intermedio puòrappresentare solo una componente dell’effettoglobale di quel farmaco sull’organismo. Un esem-pio piuttosto utile può essere il caso del farmacoipocolesterolemizzante Cerivastatina che è statorecentemente ritirato dal mercato per l’elevata inci-denza di eventi avversi (rabdomiolisi). Questamolecola era stata commercializzata con la prero-gativa di una maggior efficacia nell’abbassare ilivelli di colesterolo-LDL (obiettivo intermedio),rispetto alle altre molecole presenti sul mercato,senza tuttavia dimostrare alcun vantaggio in termi-ne di riduzione di eventi cardiovascolari (obiettivoclinico). D’altra parte gli studi con obiettivi clinici

possono evidenziare la presenza di effetti beneficinon prevedibili in fase di pianificazione dello stu-dio. Per esempio lo studio Heart Protection Studyha recentemente dimostrato che la riduzione dieventi cardiovascolari associata all’assunzione disimvastatina era indipendente dai livelli basali dicolesterolo, suggerendo quindi che i benefici conse-guenti all’uso di statine non sono mediati semplice-mente dalla riduzione della colesterolemia.

Appare quindi chiaro che il medico dovrebbesempre interpretare con cautela i risultati di studiclinici condotti con obiettivi intermedi o surrogatiin quanto questo tipo di risultati può non solo sot-tovalutare il reale beneficio di un determinato far-maco ma, evenienza certamente più drammatica,può promuovere l’uso di farmaci scarsamente effi-caci e persino dannosi.

OBIETTIVO COMPOSITO

Per molti tipi di trattamento lo scopo principalenon è l’aumento della sopravvivenza, ma la pre-venzione di eventi non fatali (per esempio infartied ictus) e/o il miglioramento di sintomi come (cri-si anginose o dispnea). Nonostante ciò è fondamen-tale che il nuovo trattamento, pur determinandouna riduzione dei sintomi o degli eventi non fatali,non sia associato ad un aumento della mortalità. Aquesto scopo molti ricercatori usano degli obiettiviglobali che includono tutti i tipi di eventi principa-li, compresa la mortalità per tutte le cause. Ov-viamente quando i risultati sono sovrapponibili trai diversi obiettivi che compongono l’obiettivo glo-bale i risultati sono facilmente interpretabili e l’im-portanza clinica dello studio è facilmente intuibile.Più complessa può essere invece l’interpretazionedi studi in cui l’effetto del trattamento differiscanell’ambito dei diversi obiettivi studiati. Per esem-pio lo studio LIFE (Losartan Intervention ForEndpoint reduction in hypertension) ha paragona-to l’efficacia del losartan, un antagonista del recet-tore di tipo I per l’angiotensina II, e un β-bloccante,l’atenololo, nel trattamento dell’ipertensione arte-riosa e nel ridurre una serie di complicanze clinichedell’ipertensione stessa. L’obiettivo principale dellostudio era un obiettivo globale composto da morta-lità cardiovascolare, ictus e infarto del miocardionon fatali. I risultati dello studio hanno dimostratouna riduzione del rischio relativo dell’obiettivoglobale del 13% (p = 0.021) a favore dei soggettitrattati con Losartan. Gli autori dell’articolo cheriporta i risultati principali dello studio conclude-vano che il “…losartan è più efficace dell’atenololoper la prevenzione della mortalità e della morbilitàper cause cardiovascolari…”. Da un’analisi stratifi-cata per i tre obbiettivi di cui è composto l’obiettivoglobale si osserva però che solo per l’ictus si èosservata una importante riduzione degli eventi (↓25% del rischio relativo p 0.001), mentre per gli altridue obiettivi il beneficio del losartan è stato mini-mo (mortalità cardiovascolare, ↓ 11%, p 0.20) o

nullo (infarto miocardio ↑ 7%, p 0.49). È chiaro cheda un punto di vista statistico la significatività dellariduzione del rischio per l’obiettivo globale è dovu-ta principalmente all’importante beneficio ottenutoper l’ictus. Alla luce di quanto esposto si puòapprezzare come la conclusione degli autori possaessere considerata inadeguata ai risultati presentati.

ANALISI DEI SOTTOGRUPPI

Nella pratica clinica il medico deve trattare singolipazienti con caratteristiche individuali, spesso combi-nate tra loro, che raramente sono rappresentate inmodo speculare nella popolazione studiata in un trialclinico. Appare quindi giustificata la tendenza astratificare i risultati di un studio clinico controlla-to in svariati sottogruppi sulla base di diverse ca-ratteristiche socio-demografiche e cliniche, alloscopo di fornire al clinico pratico maggiori infor-mazioni per il trattamento individualizzato delpaziente. Tuttavia l’interpretazione dell’analisi deisottogruppi, sebbene allettante, richiede alcunecautele in quanto questo tipo di analisi può portareda un lato a risultati statisticamente significatividovuti al caso (la probabilità di rifiutare erronea-mente l’ipotesi nulla aumenta all’aumentare delnumero di confronti effettuati) e dall’altro può por-tare ad ottenere risultati falsamente non significa-tivi in determinati sottogruppi, per il ridotto pote-re statistico secondario alla riduzione della nume-rosità campionaria. A questo proposito è utile ricor-dare che quando uno studio dimostra un chiaroeffetto, la direzione di questo effetto viene general-mente mantenuta anche nei diversi sottogruppi;ovviamente l’entità dell’effetto potrà variare rispet-to all’effetto globale. Per evitare risultati difficil-mente interpretabili i ricercatori dei grandi trial cli-nici tendono a specificare già in fase di pianificazio-ne dello studio il numero e il tipo di stratificazioniche intendono fare allo scopo di calcolare un ade-guato potere statistico in tutti i sottogruppi.

Questo processo richiede però un incrementodella numerosità del campione e quindi può essere

fatto solo per un numero di limitato di caratteristi-che. In definitiva, sebbene molto attraenti, le anali-si dei sottogruppi devono essere interpretate conprudenza, soprattutto quando non siano state pia-nificate nella fase di programmazione dello studio.Quando l’analisi dei sottogruppi fornisce risultatinettamente contrastanti rispetto al risultato globaledel trial, questi risultati devono essere giudicati condiffidenza e dovrebbero essere sempre riconferma-ti in studi specificatamente disegnati.

RUOLO DELLO SPONSOR

Infine il lettore non dovrebbe trascurare la pos-sibile influenza di interessi economici o simili sulleconclusioni degli autori. Uno studio recente ha in-fatti dimostrato che quando gli autori dichiaranoesplicitamente la presenza di interessi economici èpiù probabile che le conclusioni del lavoro siano infavore all’intervento sperimentale studiato nel trialclinico.

CONCLUSIONI

L’interpretazione dei risultati di uno studio cli-nico randomizzato consta di due fasi distinte. Nellaprima è indispensabile valutare l’appropriatezzametodologica, la validità e la generalizzabilitàdello studio. In molti casi queste qualità vengonogarantite dal processo di revisione critica condottodal comitato editoriale della rivista che pubblica illavoro e da esperti esterni. Una volta che lo studiorisulta scientificamente valido è necessario valutar-ne l’importanza e la ricaduta clinica dei risultati.Talvolta questo processo può essere complicatonon permettendo quindi di formulare un giudiziodefinitivo. In linea generale comunque il giudiziodefinitivo su un determinato trattamento non do-vrebbe mai essere formulato sulla base di un singo-lo trial, qualunque siano i risultati, ma sull’analisicomplessiva di più studi clinici che ne hanno valu-tato l’efficienza in contesti diversi.

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)rappresentano una delle classi di farmaci maggior-mente utilizzate a livello mondiale.

In un campione rappresentativo della popola-zione italiana, tra coloro i quali fanno uso di FANS,il 20% è rappresentato da anziani oltre i sessanta-cinque anni di cui il 18% ne fa uso quotidiano (1).

In Italia abbiamo oggi un elevato indice diinvecchiamento pari a 134,8 (cioè ci sono oggi 134,8ultrassessantacinquenni a fronte di 100 giovani sot-to i 15 anni) e ciò spiega l’uso ed abuso di questi far-maci utilizzati sia per controllare la patologiaosteoarticolare (così diffusa oltre i 60 anni) che perprevenire gli eventi vascolari acuti, patologia pre-ponderante dopo i 60 anni (2).

L’uso dei FANS nell’anziano è diventato epide-

miologicamente un fenomeno di massa, ed i dannigastrointestinali (GI) da essi provocati costituisconouna patologia in più ed un costo sanitario nonindifferente che si aggiunge alla gravosa gestionedei pazienti geriatrici affetti da patologie plurimeassociate.

La lievitazione della spesa sanitaria è dovutainfatti al maggior turnover dei ricoveri ed allanecessita’ di associare farmaci antisecretivi come gli“inibitori di pompa protonica” (IPP) ancora moltocostosi.

L’ASA riduce significativamente la mortalità insoggetti con rischio cardiovascolare ed è d’obbligonella profilassi primaria degli infarti cardiaci, dellostroke e delle aritmie, ma contemporaneamentel’uso di ASA anche a basse dosi, inferiori a 325 mgfino a 75 mg/die si associa ad un significativoaumento del rischio di effetti avversi, in particolareal sanguinamento gastrointestinale che è doppionel paziente con età superiore ai 60 anni.

Il rischio di sanguinamento gastrointestinaleassociato ad ASA oppure ad altri FANS no ASAaumenta in presenza dei seguenti fattori di rischio(Tab. 1):

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DANNI GASTROENTERICI DA FANS NELL’ANZIANO

Marini L., Brunelli R., Cruciani G., Postacchini D.

I.N.R.C.A. (Istituto Nazionale di Ricerca e Cura Anziani) C/da Mossa, Fermo (AP)

Riassunto: Gli AA descrivono gli effetti dannosi dei FANS e dell’ASA sul tratto gastroenterico, riportando un caso clinico para-digmatico ed elencando i meccanismi fisiopatologici di lesione mucosa, nonché quelli di difesa che il ns organismo mette in atto.Gli AA sottolineano l’importanza del fattore età come causa principale di questi danni, sia perché dopo i 65 anni se ne verifica unabuso, sia perché dopo i 65 anni le difese del ns organismo si riducono. Pertanto e’ doveroso associare sempre farmaci gastropro-tettori come gli IPP, senza aspettare le manifestazioni cliniche, le quali sono sempre scarse e silenti e non correlano con l’entità’del danno mucoso, soprattutto nell’anziano in cui vi è una elevata soglia del dolore ed in cui l’assunzione dei FANS porta adun’ulteriore riduzione del dolore. Gli AA accennano anche all’aumento della spesa sanitaria causata da questi danni: essa sembraessere dovuta all’elevato costo dei farmaci gastroprotettori tipo gli IPP che bisogna prescrivere, sia alla maggiore riospedalizzazio-ne dovuta alle ulcere gastriche e alle loro complicanze. Pertanto gli AA sconsigliano l’autoprescrizione dei farmaci ASA e FANSnon ASA, così diffusa fra gli utenti anziani(come quella dei lassativi) ed auspicano in un prossimo futuro l’avvento di farmaciNO-FANS, cioè farmaci costituiti da un FANS tradizionale esterificato a una molecola di ossido nitrico (NO), i quali in sommi-nistrazione acuta o cronica siano in grado di non danneggiare la mucosa gastrica pur mantenendo intatte le capacità antinfiam-matorie del FANS di origine.

Summary: The Authors describe the harmful effects on the GI-tract shown by ASA and the NSAIDs at large. In discussing atypical case report they depict the pathophysiology of the mucosal damage and the repair mechanisms deployed by our body.The Authors highlight the importance of age as the main risk factor, thanks either to the frequent abuse of these drugs by the elderlyand/or to the diminished repair capability ensuing in the 65 or older patient. It is, therefore, mandatory an association of muco-sal protection drug, such as the PPIs, well before the appearance of clinical signs, because these are scanty, not directly related tothe degree of mucosal damage. It is to be considered that the elderly has a high pain threshold and the NSAID itself makes highersuch a threshold. The Authors also discuss the increase of costs due to the above mentioned GI-tract toxicity. Such an increase iseither due to the high cost of gastroprotective medication, mainly PPI-drugs, and to the hospital admissions because of ulcerativeand/or bleeding lesions in the stomach.Consequently, in the Authors view, the NSAID (as well as the cathartics) should not be available over the counter for the elderly.They hope that, in a near future, the so called NO-NSAIDs (nitric oxide-esterified NSAIDs) will be substituted for the traditio-nal NSAIDs, because the former are much less toxic for the GI mucosal wall, either in acute or in chronic administration, even ifthey retain the whole antiinflammatory properties of the ancient counterpart.

Key words: Aspirin, NSAIDs, NSAID-Recated Gastroduodenal Ulcers, Patients Elderly, NSAIDs Containing Nitric Oxide.

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Marini L.U.O. Geriatria dell’Osp. INRCAC/da Mossa - 63023 Fermo (AP)Tel. 0734231390

1) Età superiore a 60 anni;2) Storia di precedente ulcera peptica gastrica o

duodenale;3) Scompenso cardiaco;4) Concomitante uso di steroidi o di anticoagulanti

orali;5) Concomitante infezione da Helycobacter Pilori.

Il danno sull’apparato digerente è quello piùnoto e più frequente e può dar luogo ad un ampioventaglio di manifestazioni, da sintomi dispepticiaspecifici, all’ulcera gastrica, per arrivare al sangui-namento, alla perforazione ed alla morte, Fig. 1.

Autori anglosassoni hanno riassunto questemanifestazioni patologiche nel termine “GASTRO-PATIA DA FANS” sebbene le lesioni indotte possa-no manifestarsi in altri segmenti del tubo gastroen-terico, ma meno facilmente accessibili all’indaginestrumentale e meno rilevanti dal punto di vista cli-nico e socio economico.

Un terzo dei pazienti che assumono FANS alungo termine sviluppa un’ulcera gastrica ed ilrischio che essa si complichi con emorragia o perfo-razione è tre volte maggiore rispetto ai pazienti conulcera peptica che non assumono FANS (3).

I sessantenni sono chiaramente una soglia soprala quale il rischio viene spinto in alto rispetto aipazienti in età più giovane, e tale rischio aumentafino a nove volte sopra i 75 anni, e se poi concomitauna grave disabilità esso si raddoppia.

I FANS sono dunque una causa importante dimortalità e di morbilità nei paesi occidentali.

Statistiche provenienti dal mondo anglosassoneindicano che nel Regno Unito le complicazioni di ognitipo di ulcera peptica (sanguinamento-stenosi- perfo-razioni) sono responsabili di circa 3.500 decessi peranno nella popolazione anziana sopra i 65 anni (4-5).

CASO CLINICO

Un signore di 72 anni, S.A., giunge al ricoveroper la comparsa ex abrupto di abbondante melena,con riscontro, agli esami ematochimici d’urgenza,di grave anemizzazione (Hb 6 gr/dl).

L’esame obiettivo faceva rilevare solo marcatopallore cutaneo-mucoso con reperti di normalitàdegli altri organi ed apparati: infatti il paziente nonpresentava alcuna patologia di rilievo all’anamnesipatologica remota ed in quella prossima venivariferita l’assunzione di una compressa di “VIVINC” per curare una banale sindrome da raffreda-mento. Il paziente non assumeva alcuna terapiacronica domiciliare per alcuna patologia di base.

Durante la degenza egli veniva politrasfusod’urgenza con controllo seriato nel tempo dell’Hb,quindi, non appena le condizioni cliniche lo permi-sero, veniva sottoposto ad EGDS ed a colonscopia,quest’ultima negativa, mentre la prima evidenzia-va la presenza di ulcera gastrica recente ed erosioniantrali che imponevano una terapia aggressiva conIPP ev. ed un monitoraggio endoscopico nel tempo.

Questo caso sottolinea la gravità dei danni GIcausati da questi farmaci nella fattispecie l’ASPI-RINA, soprattutto se assunta occasionalmente,senza prescrizione da parte del medico di famigliaa cui spesso la maggior parte dei danni GI da ASAo FANS sfugge perché autoprescritti e acquistabilisenza ricetta medica.

MECCANISMI PATOGENETICI DEI DANNI GIDA FANS

La maggioranza degli eventi avversi gravi,avviene precocemente nel soggetto anziano giàdopo l’istituzione della terapia, e soprattutto in a-cuto si realizzano lesioni erosive distribuite su tuttala superficie gastrica (6,7).

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Tab. 1 - Fattori di rischio dei danni gastrointestinali da FANS

Quelli collegabili al paziente sono:

• Età: (il rischio di sviluppare lesioni è circa 4 volte superiorenegli ultrasessantenni rispetto ai soggetti di età inferiore).

• Sesso: (le donne utilizzano più frequentemente FANS).• Pregressa ulcera peptica: (l'aumento del rischio di sanguina-

mento o perforazione è pari a circa 17 volte quello dellapopolazione generale).

• La presenza du Helicobacter Pylori (Hp).

Quelli collegabili al farmaco sono:

• Tipo di FANS• Dosaggio del farmaco: (con una relazione direttamente pro-

porzionale al danno tissutale).• Uso contestale di più FANS.• Durata della terapia: (al prolungarsi del trattamento si verifi-

cherebbe una riduzione del rischio attraverso fenomeni diadattamento non ancora del tutto definiti, nonostante il bloccocostante delle ciclo-ossigenasi).

• Concomitante trattamento con steroidi o anticoagulanti.• Fumo di sigaretta e consumo di alcool.

Fig. 1 - Lesioni gastroduodenali da FANS

Marini L., Brunelli R., Cruciani G., Postacchini D. - Danni gastroenterici da Fans... 61

Il meccanismo d’azione dei FANS ed ASA èbasato sull’inibizione dell’attività dell’enzima PGHsintetasi o ciclossigenasi (COX) che catalizza la con-versione dell’Ac. Arachidonico in ProstaglandinaH2 (PGH2) precursore di PGE2 e PGF2A e PGD2 eProstaciclina e Trombossano (TXA-2): quindi iFANS bloccano l’attività dei due isoenzimi COX-1 eCOX-2 che catalizzano la formazione di prostaglan-dine e di trombossano a partire dall’Ac. Arachi-donico (8,9).

Le PG come si sa, sono responsabili dei sintomiche accompagnano i processi infiammatori. Esseaumentano la sensibilita’ dei tessuti nei confrontidel dolore e provocano l’aumento di temperaturacorporea, però a livello gastrico inducono la secre-zione della mucina che protegge la mucosa gastricada ulcerazioni provocate dall’acido cloridrico odalla pepsina.

Allorché i FANS bloccano la sintesi delle PGvengono meno tutti questi effetti protettivi sullostomaco, dando via libera alla formazione di ulceregastriche e duodenali (10) (Tab. 2 e Fig. 2)

La COX-1 è ampiamente distribuita in tutti idistretti biologici, incluso lo stomaco, essa è costitu-tiva e si trova nel cervello, testicoli, prostata, reni,vescica e placenta, mentre la COX-2 è molto menoabbondante nello stomaco ed è inducibile dallo sti-molo infiammatorio come l’endotossina batterica,le interleuchine il TNF ecc. che sono in grado diindurre la propria espressione in tutte le celluleendoteliali e macrofagiche in poche ore (11-12).

Per bloccare la produzione di PG, i FANS occupanoil canale idrofobico di COX-1 e COX-2.

Il blocco della COX-2 è responsabile dell’effettoantipiretico, antinfiammatorio ed analgesico, ilblocco della COX-1 è responsabile dei danni GIcome ulcerazione, sanguinamento ecc, che nel sog-getto anziano sono più facili ad avvenire anche peril fisiologico invecchiamento della attività cellularecon minor produzione di bicarbonato e fisiologicoridotto turnover delle cellule endoteliali.

Perciò si era pensato a “fans” che inibissero solola COX-2 (i coxib) per ridurre i danni GI attraversoil risparmio dell’attività della COX1 sul trattogastrointestinale e sulle piastrine ma ciò ha fatto

rilevare un aumento del rischio trombotico poichè icoxib inibiscono la biosintesi delle PG1 lasciandoinalterata quella del TXA2 con effetto protromboti-co e sono stati abbandonati.

Tuttavia la ricerca di FANS più sicuri rimane atutt’oggi un problema aperto anche se di difficilesoluzione (vedasi la nuova classe di fans in gradodi rilasciare ossido nitrico NO FANS, su cui si staancora lavorando).

L’NO con un’azione simile a quella delle prosta-glandine, come la microcircolazione gastrica, favo-risce la secrezione di muco e di bicarbonato e deter-mina una riduzione dell’adesività dei neutrofiliall’endotelio, fenomeno chiave nella patogenesi deidanni GI da fans (13).

I meccanismi di difesa, che conferiscono allamucosa gastrica proprietà di barriera, sono distintiin: “pre epiteliali”come la secrezione acida, il mucoed i bicarbonato, “epiteliali” come i fosfolipidi dimembrana idrofobici e meccanismi di riparazionerapida della mucosa ed “post epiteliali” come ilmicrocircolo digestivo, nervi sensitivi, mastociti,(Tab. 3).

Analizzando i meccanismi pre-epiteliali trovia-mo l’acido cloridrico che riduce la colonizzazionedello stomaco da parte dei batteri (eccettol’Helicobacter Pylori) per le sue proprietà batterici-de, poi troviamo il muco che intrappola i batteri ene impedisce i movimenti, trattiene il bicarbonatosecreto dalle cellule epiteliali e possiede proprietàantiossidanti che proteggono la mucosa da even-tuali lesioni da radicali liberi dell’O2 (prodotto da

Tab. 2 - Classificazione dei FANS

1) Salicilati: Aspirina, Salicilato di metile, Diflunisal.

2) Acidi arilalcanoici: Indometacina, Sulindac, Diclofenac.

3) Acidi 2-Arilpropionici (propeni): Ibuprofene, Ketoprofene,Naproxene, Ketorolac.

4) Oxicam: Piroxicam, Metoxicam.

5) Acidi Narilantranilici (acidi difenamici): Acido mefenamico.

6) Coxib: Celecoxib, Valdecoxib, Parecoxib, Etoricoxib.

7) Sulfonanilidi: Nimesulide

Tab. 3 - Meccanismi che sottendono l'integrità della mucosagastro-intestinale

Pre epiteliali (secrezione acida, muco e bicarbonati)

Epiteliali (Fosfolipidi di membrana idrofobici e meccanismi diriparazione rapida della mucosa).

Post epiteliali (Microcircolo digestivo, Nervi sensitivi, Masto-citi).

Fig. 2 - Incontro tra una compressa di aspirina ed un'ulceragastrica

batteri, da cellule immunocompetenti o da fattoriesogeni) ed ancora troviamo i bicarbonati che neu-tralizzano e prevengono la diffusione dell’acidonegli strati profondi del gel mucoso e mantengonoil PH vicino alla neutralità.

Analizzando invece i meccanismi “epiteliali”troviamo in primo luogo il rapido turnover fisiolo-gico (2-4 gg) delle cellule epiteliali ed in secondoluogo i fosfolipidi presenti nello strato mucososuperficiale, che rendono la superficie luminaleidrofobica e quindi resistente all’acido.

Analizzando in ultimo i meccanismi “post epi-teliali” troviamo il “microcircolo” che regola il flus-so ematico della mucosa in risposta alle lesioni del-l’epitelio. La rete di capillari permette l’apporto diO2 e nutrienti e consente la rimozione, la diluizio-ne e la neutralizzazione di sostanze tossiche. Laproduzione di muco, di bicarbonato e di fosfolipidiè regolata dalle PG e dall’ossido nitrico (NO). L’e-ventuale passaggio di acido attraverso l’epitelio sti-mola le terminazioni sensitive afferenti negli spazisottoepiteliali determinando la liberazione di bicar-bonato (attraverso meccanismi PG ed NO dipen-denti), con vasodilatazione ed aumento del flussoematico (14).

Tutto questo lungo discorso ci rende edotti dellegrandi capacità di difesa del nostro organismo maci illumina sulla grande potenza lesiva di questifarmaci che, come abbiamo visto, con una solaassunzione occasionale possono distruggere lenostre difese.

Recentemente sono stati individuati altri mecca-nismi che rivestono ulteriori ruoli nel bilancio pro-tezione-danni della mucosa gastrica e sono: la SUR-VIVINA, l’ANNESSINA-1, i LEUCO-TRIENI e leCITOCHINE.

Le prime due sono protettive, le altre sono dan-nose.

La Survivina è in grado di inibire l’apoptosidelle cellule gastriche (vedasi che anatomopatolo-gicamente le lesioni gastriche sono erosivo ulcerati-vo). L’Annessina-1 interviene nel meccanismo diprotezione del danno mucosale, mediando gli effet-ti anti infiammatori degli steroidi che infatti sono ingrado di aumentare i livelli di questa proteina didifesa (15,16).

I Leucotrieni sono molecole dotate di potenteazione pro-infiammatoria, che derivano come le PG,dall’Acido Arachidonico ma che, al contrario diesse, agiscono sulla mucosa gastrica causando effet-ti lesivi (17-18). Essi vengono sintetizzati maggior-mente con l’assunzione dei FANS proprio perchè ifans, bloccando le Ciclossigenasi, favoriscono loshunt dell’Acido Arachidonico verso l’enzimalipossigenasi, enzima chiave per la loro produzione.

I Leucotrieni provocano l’adesione dei poli-morfonucleati alle cellule endoteliali del microcir-colo gastrico favorendo l’occlusione dei suoi picco-li vasi da parte di “trombi bianchi”, con bruscacaduta del flusso ematico, conseguente riduzionedella capacità difensiva della barriera gastrica e

diretta esposizione all’azione lesiva di acido epepsina presenti nel lume dello stomaco (19).

I FANS inoltre stimolano la liberazione diCitochine pro-infiammatorie, soprattutto il TNFal-fa, citochina pleiotropica secreta principalmentedai macrofagi e dai polimorfonucleati attivati, chepossiede un effetto citotossico anche sulle celluletrasformate in senso neoplastico e che esercita unapotente azione pro infiammatoria inducendo l’e-spressione di molecole di adesione le quali facilita-no l’interazione dei leucociti circolanti con l’endo-telio del microcircolo digestivo (MarginazioneLeucocitaria), la loro migrazione verso l’interstizioe la loro attivazione. Questa “marginazione“deileucociti altro non è che la loro adesione alla super-ficie delle cellule endoteliali dove vengono attivaticambiando la forma da sferica a piatta e formanomicrotrombi che riducono il flusso ematico dellamucosa gastrica ed inoltre fuoriescono per diape-desi nello spazio extravascolare, con rilascio di pro-teasi e radicali liberi dell’ossigeno ed ulterioredanno mucosale.

I FANS favoriscono l’adesione dei neutrofili allecellule endoteliali del microcircolo gastrico, ma nonsi sa ancora con quali meccanismi (20).

Ci siamo dilungati a trattare i meccanismi didifesa del nostro organismo e quelli patogeneticidelle lesioni GI da FANS, proprio per sottolineare ilconcetto di quanto sia difficile prevenire poi questidanni ed ancor più individuare il FANS “protetto”meno lesivo, (tutt’oggi in studio), data la comples-sità dei fattori che intervengono contemporanea-mente sia nei meccanismi di difesa che in quellilesivi.

In ultimo vogliamo ricordare il ruolo dell’infe-zione da Helicobacter Pylori anche se il problema èancora molto dibattuto e controverso ed occorre-rebbe parlarne separatamente, però ci basta ricor-dare in tale sede che l’Hp positività contribuiscealla patogenesi dell’ulcera cronica “da FANS” at-traverso la flogosi della mucosa ed i pazienti Hppositivi senza lesioni mucosali che assumono fans,possono sviluppare o peggiorare una dispepsiapreesistente (21).

CLINICA DEI DANNI GI DA FANS

I sintomi gastrointestinali da FANS sono pre-senti solo nel 15-40% dei pazienti in trattamento,mentre il 50-60% dei soggetti che svilupperà un’ul-cera o altra complicanza importante “non presen-terà alcun sintomo prima della diagnosi”.

Pertanto la presenza dei sintomi non è preditti-va dell’esistenza di una lesione o dello sviluppo diuna complicanza: tale concetto è ancor più vero nelpaziente anziano che già di per se è portato a nonlamentarsi ed a non far caso per esempio all’ even-tuale emissione di feci picee sia per ignoranza siaperchè spesso non ha nessuno vicino a cui riferirlo!

I disturbi clinici non correlano con la doseassunta, anzi l’assunzione cronica fa meno danni

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Marini L., Brunelli R., Cruciani G., Postacchini D. - Danni gastroenterici da Fans... 63

poiché esiste una sorta di “adattamento dell’orga-nismo” mentre l’assunzione occasionale è quellache provoca lesioni più gravi (Fig. 3-4).

Analizzando la sintomatologia (Fig. 5) troviamoinnanzitutto la dispepsia (in cui annoveriamo nau-sea, vomito, epigastralgie, dolore retrosternale,pirosi, senso di peso post prandiale, con rigurgitoacido), poi troviamo la “melena improvvisa” senzadolori (è il motivo più diffuso che porta l’anziano achiedere aiuto ai parenti ed all’ospedalizzazione),poi l’anemizzazione progressiva con dispnea, aste-nia marcata , calo ponderale, caduta a terra.

Gli anziani costituiscono il bersaglio più facileper le lesioni GI da FANS, non solo per la fisiologi-ca riduzione dei fattori di difesa della mucosagastrica, ma soprattutto perchè spesso soffrono diuna pluripatologia con trattamenti farmacologicimultipli, i quali possono mascherare gli effetti lesi-vi dei FANS o creare sinergismo con gli stessi comeper es. l’uso di bifosfonati (22).

Le lesioni mucose superficiali hanno un signifi-cato clinico modesto, non meritevole di gestionefarmacologia, mentre ben diverso è il significato

delle lesioni ulcerose, per la maggior parte asinto-matiche (i FANS sono per definizione farmaci anal-gesici) in quanto possono causare complicanze ditipo emorragico-ostruttivo-perforativo.

La prevalenza delle lesioni del piccolo e grossointestino è inferiore a quella del tratto gastro ente-rico superiore.

A livello intestinale essi possono complicare lelesioni mucose preesistenti (diverticoli, malattieinfiammatorie come morbo di Crohn e rettocoliteulcerosa), oppure possono indurre direttamentelesioni microscopiche , senza clinica, e lesioni inve-ce macroscopiche come ulcere, stenosi e coliti ische-miche (23-24).

QUADRO ENDOSCOPICO DEI DANNI GI DAFANS

Esso non correla con la sintomatologia clinica:infatti in soggetti con sintomi significativi, tali da con-dizionare la sospensione del farmaco, è possibileriscontrare un quadro endoscopico del tutto normale(20% dei casi) o con lesioni gastriche minime (10%),al contrario, nel 40% dei casi, lesioni endoscopicheimportanti come l’ulcera gastrica possono non darealcun disturbo fino a quando non si manifestanocomplicazioni come sanguinamento o perforazio-ne; ciò a causa del già menzionato effetto analgesi-co (25-26) ed a causa dell’innalzamento della sogliadel dolore viscerale, tipico dei pazienti anziani (27).

Endoscopicamente il danno della mucosa ga-stro-duodenale è variabile, si va dalle petecchie(cioè emorragie subepiteliali), alle erosioni ed allafranca ulcerazione.

Ma l’ulcera da FANS è ben diversa da quellapeptica classica (Tab. 4).

Di solito il danno mucosale è prevalentementegastrico, meno frequentemente duodenale e rara-mente esofageo. Nessuna area dello stomaco è resi-stente all’azione lesiva dei FANS, pur essendo mag-giormente interessato l’antro (Fig. 6,7).

Come abbiamo già detto il danno mucoso siinstaura rapidamente già pochi minuti dopo l’inge-stione di una compressa di aspirina, più lentamen-te dopo l’ingestione di altri FANS, e compaionosubito danni epiteliali ultrastrutturali (anche dacontatto) che però tendono a regredire in terapia

Fig 3 - Le manifestazioni cliniche dei danni gastrointestinali daFANS sono nella maggior parte asintomatiche.

Fig. 4 - Modalità di utilizzo di FANS in anziani con emorragiadigestiva

Fig. 5

cronica per una sorta di “adattamento” da partedell’organismo (28), rimanendo tuttavia costante ilrischio del danno mucosale , per tutta la durata deltrattamento.

Studi endoscopici prospettici in persone anzia-ne con osteoartrite hanno dimostrato che i FANSinducono un rischio di ulcera gastrica sei voltesuperiore a quello di ulcera duodenale nel corso diun periodo di controllo di tre mesi (29).

La frequenza di questi danni gastroentericiseveri è risultato di 1:1000 pazienti per anno conpercentuali più elevate negli anziani (3,2:1000 pzper anno) che nei giovani (0,4:1000 pz per anno)(30). La formulazione gastro-protetta dell’aspirina

non modifica il rischio di complicanze ed è proprioessa insieme ai FANS “non ASA” assunti come pro-dotti da banco a produrre il 60% dei casi di emorra-gia gastroenterica superiore negli anziani ove èmolto elevata la percentuale di autoprescrizionepari a quella dei lassativi (31).

Il problema dei danni GI da FANS assumeormai una rilevanza sociale ed economica non tra-scurabile. Si è calcolato che negli anni 80, negli StatiUniti d’America, più di 100.000 ricoveri ospedalie-ri (al costo di 15.000-20.000 dollari per ricovero)erano causati dai danni prodotti dall’assunzione diFANS (31-32), e nel 1997 i decessi riguardanti ipazienti con artrite reumatoide e/o osteoartritecorrelabili con il consumo di FANS erano stati piùdi 16.000, cifra equivalente a quella dei pz decedu-ti per AIDS.

DANNI DA FANS A LIVELLO DEL PICCOLO EGROSSO INTESTINO

Essi sono meno frequenti e meno studiati.L’aspirina può produrre lesioni ulcerose o ste-

nosi membranose fino all’angolo del Treitz, ma neitratti distali il danno sembra limitato e secondarioall’effetto antiaggregante a carico di lesioni preesi-stenti (es. rettocolite ulcerosa o morbo di Crohn).

Le manifestazioni delle lesioni da FANS “nonASA” sul piccolo intestino sono di tipo sub clinico

e non correlano con manifestazioni soggettivetipo diarrea e dolori addominali (33-34).

Si verifica solo un’aumentata permeabilità inte-stinale con flogosi della mucosa ed in alcuni casi sipossono manifestare microperdite ematiche oppu-re anomalie subcliniche dell’assorbimento dei gras-si e degli acidi biliari (35-36). Solo sporadicamentesi possono avere coliti emorragiche che regredisco-no dopo sospensione dell’assunzione dei FANS enon recidivano a cinque anni di osservazione.

DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEI DANNI GIDA FANS

Per la diagnosi la metodica “principe” rimane atutt’oggi l’ENDOSCOPIA, e tra i tests non invasivitroviamo il dosaggio dei pepsinogeni sierici ed iltest di permeabilità gastrica.

Per quanto riguarda il piccolo e grosso intestino,le indagini diagnostiche si riassumono nella ricercadel sangue occulto fecale; test di permeabilità inte-stinale, ricerca di “colprotectina” fecale, analisi delmicrosanguinamento e dell’infiltrazione leucocita-ria, oltre ai ben noti esami radiologici quali clismadel tenue e del colon, ed endoscopici quali colon-scopia e/o endoscopia con video capsula (Fig. 8).

Ognuna di queste metodiche fornisce utili infor-mazioni per valutare la tollerabilità dei FANS e persorvegliare in post-marketing le formulazioni giàin commercio.

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Fig. 6 - Gastropatia erosivo-emorragica: erosioni diffuse all'an-tro ricoperte da essudato biancastro e da ematina

Fig. 7 - Gastropatia emorragica di lieve entità: soffusioni emor-ragiche puntiformi di colorito rosso vivo al corpo gastrico

Tab. 4

Marini L., Brunelli R., Cruciani G., Postacchini D. - Danni gastroenterici da Fans... 65

CONCLUSIONI

L’uso di ASA, per quanto efficace nel ridurre ilrischio di eventi trombotici cardiovascolari causaun aumento del rischio di emorragie gastrointesti-nali gravi. Il target dei danni GI da FANS è il sog-getto anziano, per tutti quei validi motivi fisiopato-logici sopra descritti ma soprattutto per il solo fattodi avere 65 anni.

Soggetti senza patologia, ma con età superiore a65 anni che assumono FANS specie in modo occa-sionale, per un qualsiasi dolore artrosico, o percefalea oppure per una sindrome da raffreddamen-to, possono andare incontro ad emorragia digestivaed ospedalizzazione.

Cioè molto frequente grazie alla diffusa “auto-prescrizione” di questi farmaci ed al loro facile re-

perimento perchè considerati da banco.Nell’anziano la sintomatologia clinica è sempre

sfumata, quasi assente e non correla con la gravitàdel danno istopatologico della mucosa gastroente-rica: i disturbi digestivi sono sottostimati dallo stes-so paziente ove è frequente l’anemizzazione pro-gressiva senza dolori eclatanti.

Ecco perché nell’anziano occorre scegliere iFANS meno gastrolesivi (quello ideale è ancora instudio) ed associare sempre da subito i farmaci ini-bitori della pompa protonica che sono gli unici atutt’oggi, capaci di indurre una notevole inibizionedella secrezione acida tale da ottenere una preven-zione adeguata e duratura.

Bisogna scoraggiare l’autoprescrizione ed infor-mare di più sia gli anziani che i loro parenti sul cor-retto uso e sulla reale necessitàdi questi medicinali.

Recenti studi hanno dimostrato che la prescri-zione di FANS non era necessaria per esempio nel38% di pz anziani valutati per coxalgia (38) cosìcome uno studio americano condotto su una popo-lazione di oltre 4000 pz anziani ricoverati in 5 ospe-dali statunitensi ha documentato che un program-ma di informazione riduce significativamente ilrischio di ospedalizzazione per ulcera gastrica (39).

In conclusione gli effetti collaterali gastrointesti-nali dell’ASA o dei FANS non ASA rappresentaoggi la più comune e seria manifestazione di even-ti avversi da farmaci nell’anziano.

La necessità di bilanciare gli effetti benefici congli effetti dannosi, rapresenta una sfida per il medi-co del futuro.

Fig. 8

66 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile

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La steatosi epatica associata all’obesità è dicomune, crescente riscontro clinico-istologico espesso coesiste con altre malattie croniche del fega-to. Lo stress ossidativo che determina eccessivaproduzione di ROS da parte dei mitocondri, cito-cromo P-450 2E1, perossisomi e accumulo di ferro,gioca un ruolo decisivo nello sviluppo, in un fegatosteatosico, della NASH (1). Questo stress esacerbala sensibilità all’insulina negli epatociti mentre lasteatosi causa, a sua volta, stress ossidativo.Pertanto, lo stress ossidativo e l’insulino-resistenzapossono interagire nella NASH. Attualmente si puòevidenziare il grado di steatosi nei pazienti conNASH semplicemente dosando i livelli plasmaticidella tioredossina, un marcatore dello stress ossida-tivo. Lo stress ossidativo può essere il secondo deimultipli gradini che portano progressivamentedalla steatosi alla fibrosi ed alla steatoepatite. Ilferro, che promuove lo stress ossidativo e la produ-zione dei ROS che causano danno ossidativo ai lipi-di, proteine ed acidi nucleici (2) deve essere consi-derato come un cofattore della NAFLD, ma la suapresenza non è necessariamente associata alla fibro-si del fegato. Sia la steatosi, l’obesità ed il tenore inferro del fegato sono riconosciuti come fattori dirischio per un maggiore sviluppo del processofibrotico in malattie come l’epatite cronica C e lamalattia alcolica del fegato. Nella NASH e nell’epa-tite cronica C-correlata l’obesità, l’età avanzata, leinfezioni ed elevati valori plasmatici di ALT deter-minano una rapida progressione della fibrosi (3).Tuttavia, in un recente lavoro che riguardava 586pazienti con epatite cronica C-correlata, l’iperferri-tinemia, presente nel 27% dei casi esaminati, eraassociata a depositi epatici di ferro solo nel 46% deicasi ed il ferro epatico era elevato solo nel 17% deipazienti e correlato all’età, il sesso e l’assunzione di

alcool. Non vi è quindi uno stretto rapporto traferro epatico e fibrosi ed il metallo deve essere con-siderato più un marcatore surrogato per la gravitàdella malattia piuttosto che un fattore fibrogenicodi per sé (4).

La NAFLD, la più comune fra le malattie del fega-to, è associata spesso alla steatosi, obesità e diabetemellito di tipo 2 e quindi esiste una correlazione traquesta e la sindrome metabolica; è causata dall’insu-lino-resistenza, mentre fino a pochi anni or sonoerano indiziati sia il diabete tipo 2 che l’obesità.

La NAFLD, che è diventata in letteratura sinoni-mo di steatosi epatica, è caratterizzata da iperferri-tinemia ed accumulo sinusoidale di ferro (siderosisinusoidale) (5); l’eccessivo accumulo epatico diferro è associato alla riduzione dei lipidi epatici edei prodotti della lipoperossidazione, aumentodella necroinfiammazione lobulare e tendenzaverso un aumento della fibrosi perivenulare (6).

L’emocromatosi ereditaria, malattia geneticarelativamente comune, è caratterizzata da un ecces-sivo assorbimento del ferro della dieta, con conse-guente abnorme deposito di questo metallo nell’or-ganismo e danno tessutale(7). L’eccesso di ferro cor-poreo che si riscontra nell’emocromatosi primaria esecondaria può causare fibrosi in vari organi comeil fegato, il pancreas ed il cuore.

Un cospicuo, inspiegabile, accumulo di ferro neitessuti dell’organismo con aumentata ferritinemia enormale o lievemente aumentata saturazione dellatransferrina (8) è talvolta associato alla sindromedell’insulino-resistenza (la cosiddetta IRHIO, In-sulin-resistance hepatic iron overload) (9). Questasindrome è definita dalla presenza di uno o più cri-teri: aumento dell’indice della massa corporea(BMI), insulinemia, diabete, rapporto trigliceri-di/colesterolo HDL, ipertensione arteriosa (10).Nella cirrosi allo stato terminale senza che vi sia e-mocromatosi ereditaria si riscontra moderato o mar-cato deposito di ferro non solo nel fegato, ma anchein altri organi (cuore, pancreas, stomaco, tiroide, ipo-fisi, testicoli) specialmente nei casi secondari adalcool o a epatite C (11).

L’aumento della ferritina plasmatica legata ai

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ASSUNZIONE DI FERRO, STRESS OSSIDATIVO, DANNOEPATICO, SINDROME METABOLICA, RISCHIO DI ECCESSIVO ACCUMULO DEL METALLO NELL’ORGANISMOUMANO

Mancinella A., Mancinella M.*

Direttore incaricato U. O. C. di Geriatria, Azienda Ospedaliera “S. Giovanni-Addolorata”, Roma*Dottoranda di Ricerca in Scienze Geriatriche, Dipartimento Scienze dell’Invecchiamento, Università degli Studi “La Sapienza”, Roma

Summary: Having briefly illustrated the role of iron’s overload in tissues of human organism, the Authors stresse the linkbetween of iron and lipids, glucose tolerance, insulin-resistance and liver diseases.

Key words: Iron overload, Ferritin, Fatty liver, Insulin-resistance, Hemochromatosis.

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Mancinella A.Direttore incaricato Divisione di GeriatriaAzienda Ospedaliera “S. Giovanni Addolorata”Via Tito Omboni, 49 - 00147 RomaTel. e Fax 065137284

depositi di ferro dell’organismo è positivamenteassociata oltreché all’insulino-resistenza, anche allasindrome metabolica. Questa si riscontra in uominie donne con elevato BMI (obesità addominale),aumentato colesterolo totale, ipertrigliceridemia,iperglicemia (12) ed ipertensione sistolica. Esiste,quindi, una significativa correlazione tra livelli pla-smatici di ferritina e sindrome dell’insulino-resi-stenza. Pertanto, la severità dell’insulino-resistenzaè associata all’incremento dei livelli plasmatici diferritina.

Negli ultimi anni sono stati riconosciuti nume-rosi geni implicati nel metabolismo del ferro e leloro alterazioni possono causare iperferritinemiaassociata o meno all’eccesivo accumulo corporeo diferro (13). L’ipertensione arteriosa nei soggetti disesso maschile è caratterizzata da più elevati livelliplasmatici di ferritina (rispetto ai controlli), daun’alta prevalenza di ferro tessutale ed alterazionimetaboliche più frequenti e pronunciate (rispetto aipazienti con valori plasmatici normali di ferritina),simili a quelle che si riscontrano nella sindrome daeccessivo accumulo epatico di ferro. Ciò può faraumentare, in questi pazienti ipertesi, il rischio dicirrosi e far intravedere il ruolo del ferro nello svi-luppo precoce del processo aterosclerotico. L’emo-cromatosi ereditaria dell’adulto, legata all’omozi-gosità dell’allele HFE C282Y, è caratterizzata da ele-vata saturazione della transferrina (>del 45%). Ilfenotipo è anche modulato da mutazioni di piùgeni recentemente scoperti (ferroportina, emoiuve-lina, epdicina e recettore transferrinico) e da fattoriambientali (alcool, virus, dieta, perdite ematiche)(14). II 41. 1% di questi pazienti presenta steatosi edil 14. 1% di questi ha un grado moderato o severodella malattia (15). Nei pazienti con emocromatosie con steatosi erano mediamente più elevati i livel-li plasmatici di ALT e ferritina e più ridotta la satu-razione della transferrina e la concentrazione epati-ca del ferro, rispetto ai pazienti senza steatosi.Esiste, inoltre, una significativa associazione tra stea-tosi e fibrosi.

Nei pazienti con emocromatosi ereditaria è pre-sente un’alta prevelanza di anomalie dell’omeostasiglucidica secondaria alla ridotta secrezione insulini-ca. In questa malattia, il diabete è associato all’obe-sità ed alla concomitante insulino-resistenza (16).

Sia un più elevato BMI che il consumo di alcool(maschi > di 30 g/die, femmine > di 10 g/die)erano indipendentemente associati alla presenza disteatosi. Nell’emocromatosi, quindi, la steatosi cor-relata all’obesità è un cofattore del danno epatico.

La steatosi ha importanti implicazioni cliniche epertanto necessita di un trattamento dietetico e farma-cologico. La sindrome metabolica e la steatosi epaticanon sono associate con la fibrosi in paz. con emocro-matosi ed in p. con semplice accumulo di ferro. Lasteatosi epatica era associata nei pazienti con emo-cromatosi con un lieve grado di fibrosi, al contrariodella steatoepatite. Tuttavia, la ridotta tolleranza gluci-dica può essere un’importante fattore di rischio per lo

sviluppo di fibrosi in soggetti con emocromatosi (17).Un prolungato, eccessivo introito con la dieta di

ferro ( anche tre volte la dose dietetica raccomanda-ta, RDA, 24 mg/die) non provoca nell’adulto nor-male né aumento del ferro trasportato (saturazionedella transferrina) né accumulo eccessivo di ferronell’organismo (ferritina plasmatica) (18). Negliuomini e nelle donne anziani, invece, l’eccessivaintroduzione di ferro si associa a ridotti depositicorporei del metallo (cioè ferritinemia), più elevati,comunque, rispetto a quei pazienti della stessa etàche non assumevano nella dieta la stessa quantitàdi ferro. Quindi, coloro che usano dosi supplemen-tari di ferro debbono conoscere l’esatto quantitati-vo quotidiano necessario per soddisfare le richiestedell’organismo al fine di evitare i negativi riflessisulla salute e sui depositi di ferro, causati dall’ec-cessiva introduzione del metallo. I pazienti omozi-goti per la mutazione C282Y del gene HFE hannoelevati livelli corporei di ferro. Gli eterozigoti, inve-ce, hanno normali depositi di ferro ma possonoavere un’aumentato rischio per la malattia cardio-vascolare (19). Questo tipo di pazienti, quindi, nonrispondono in modo anomalo all’assunzione diete-tica di ferro e non necessitano di cambiare le loroabitudini dietetiche per prevenire l’accumulo pato-logico di ferro nel loro organismo. ( 20).

L’eccessivo accumulo di ferro provoca, come si ègià detto, stress ossidativo e di conseguenza lagenesi di radicali liberi che potrebbero aumentare ilrischio di insorgenza del morbo di Alzheimer (21).Diviene, quindi, di fondamentale importanza cono-scere il destino del ferro nel cervello e le conse-guenti alterazioni neurodegenerative che il suoaccumulo comporta. Si è visto, infatti, che esiste unlegame tra eccessiva deposizione cerebrale di ferroe patologie neurodegenerative come il morbo diAlzheimer, il Parkinson ed il morbo di Huntington.Nel 1953 Goodman per primo riscontrava, in auto-psie di pazienti con morbo di Alzheimer, accantoalle elevate concentrazioni di ferro nei tessuti cere-brali anche il loro accumulo in siti patologici cere-brali come ad es. le placche senili. Più recentemen-te, usando ferro fluorescente si è riscontrato accu-mulo patologico di metallo in sezioni di tessuto dellobo frontale di pazienti affetti da morbo diAlzheimer (22). È pertanto necessario localizzareed identificare i composti contenenti ferro nei tes-suti cerebrali neurodegenerati. A questo scopo,metodiche sofisticate vengono attualmente impiega-te per evidenziare la localizzazione e per caratteriz-zare gli accumuli di ferro contenenti magnetite e fer-ritina nelle sezioni di tessuti cerebrali di pazientialzheimeriani (23).

Le concentrazioni medie della ferritina plasma-tica sono nelle donne in post-menopausa più deldoppio di quelle delle donne in pre-menopausalo,quindi la ferritinemia aumenta progressivamentecon l’età (24). L’eccesso di ferro senza emocromato-si è caratterizzato da elevati livelli di ferritina e nor-mali di saturazione della transferrina, come si vede

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Mancinella A., Mancinella M. - Assunzione di ferro, stress ossidativo… 69

nella emosiderosi dismetabolica. Elevati livelli diferritina predicono l’avvento di diabete di tipo 2 esono stati associati con ipertensione, dislipidemia,turbe della tolleranza glucidica, obesità centrale esindrome metabolica. Elevati livelli di ferritina e disaturazione della transferrina se non legati alla pre-senza di emocromatosi debbono essere riferiti adanemia emolitica, malattie infiammatorie croniche,malattie epatiche come l’epatite B o C, abuso dialcool e NAFLD (25). Elevati livelli di ferritina,quindi, non sono sempre sinonimi di eccessivodeposito di ferro e possono in taluni casi essere unsemplice indicatore di insulino-resistenza. Le donnein post-menopausa che mangiano carne rossa (riccadi ferro emico) piuttosto che bianca e che sono omo-zigoti per il gene C282Y hanno più elevate concen-trazioni di ferritina (26). Tuttavia, in questo tipo dipazienti donne l’aumento del BMI si accompagnacon l’assenza dell’espressione fenotipica (27).

Le sindromi acquisite di eccessivo deposito diferro possono essere relative a sindrome metabolica

(sindrome dell’insulino-resistenza), cirrosi allo sta-dio finale, disordini ematologici come la talassemiae l’anemia refrattaria (28). Infine, si era ventilata l’i-potesi che un’eccesiva introduzione di ferro nell’or-ganismo umano potesse aumentare il rischio dicancro colorettale. Tuttavia recenti studi hanno evi-denziato che il ferro non ha un ruolo nella patoge-nesi della neoplasia colorettale nelle donne (29) eche non vi è relazione tra assunzione dietetica delferro e rischio di neoplasia colorettale avanzata nétra emocromatosi e rischio di neoplasia colorettale(30). L’obesità sembra essere un fattore di rischioindipendente per lo sviluppo dell’ipertrofia ventri-colare sinistra. Questa è significamene e positiva-mente correlata con il BMI, l’età, la glicemia a di-giuno ed i valori pressorri (31). L’obesità (di tipoviscerale), però, riduce la funzione degli adipociti ela secrezione delle adipocitochine e, di conseguen-za, l’alterata liberazione di queste sostanze contri-buisce all’instaurazione di ipertensione arteriosa,ridotta fibrinolisi ed insulino-resistenza (32).

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Sulla base dei dati ISTAT, nel nostro Paese circa2.800.000 persone (5.2% dell a popolazione totale)sono non autosufficienti: 200.000 sono ospiti di strut-ture residenziali, 2.600.000 vivono nel proprio domi-cilio, ma il 44% di essi risulta "confinato", ossia inca-pacitato ad uscire. Tale percentuale è destinata adaumentare al 6.5% nel 2010 ed al 7.5% nel 2020. Oltreil 70% delle persone non autosufficienti ha una età >65 anni.

DEFINIZIONI DI NON AUTOSUFFICIENZA

La Legge n. 328 dell'8 novembre 2000 relativa alsistema integrato di interventi e servizi sociali, propo-ne la seguente definizione: "Sono definite non auto-sufficienti le persone con disabilità fisica, psichica,sensoriale, relazionale accertata attraverso la adozio-ne di criteri uniformi su tutto il territorio Nazionalesecondo le indicazioni dell'Organizzazione Mondialedella Sanità (OMS) e dell’International ClassificationFunctioning (ICF) e attraverso la valutazione multidi-mensionale delle condizioni funzionali e sociali […].Le fasce della non autosufficienza e le corrispondentimisure assistenziali differenziate sono definite in rap-porto ai seguenti livelli di disabilità:– incapacità di provvedere autonomamente al go-

verno della casa, all'approvvigionamento e allapredisposizione dei pasti;

– incapacità di provvedere autonomamente alla curadi sé ed alimentarsi;

– incapacità di provvedere autonomamente alle fun-zioni della vita quotidiana e alle relazioni esterne;

– presenza di problemi di mobilità e instabilità clinica.La sentenza della Corte di Cassazione n. 13362

dell'11 settembre 2003 sancisce che: "La situazionedi non autosufficienza, che è alla base del diritto inesame è caratterizzata dalla permanenza (la natura"permanente" dell'aiuto fornito dall'accompagnato-re, la natura "quotidiana" degli atti che il soggettonon è in grado di svolgere autonomamente, la natu-ra "continua" del bisogno di assistenza: art. 1 secon-do comma lettera "b" della legge 21 novembre 1988,n. 508).

In questo quadro, la quotidianità è la cadenza chel'atto assume, per la propria natura, in quanto (pureventualmente di breve durata) parte necessariadella vita quotidiana. E la continuità, che è dellacadenza quotidiana degli atti, determina (quale pro-pria risonanza) la permanenza del bisogno. Questapermanenza, inscritta nella lettera della norma, è lastessa ragione del diritto. Da ciò discende che, nel-l'ambito degli atti che il soggetto non sia in grado dicompiere, anche un'ampia pluralità di atti, se privi di

cadenza quotidiana, non determinano, la non auto-sufficienza prevista dalla norma. E, simmetricamen-te, anche un solo atto, che abbia cadenza quotidiana,determina la non autosufficienza".

L'art. 2 della Legge Regionale Lazio n 20/2006recepisce tale principio normativo, in quanto defini-sce non autosufficiente "la persona anziana, il disabi-le o qualsiasi altro soggetto che, anche in manieratemporanea, non può provvedere alla cura della pro-pria persona né mantenere una normale vita di rela-zione senza l'aiuto determinante di altri".

In data 21 maggio 2001, 191 Paesi partecipantialla 54ma Assemblea Mondiale della Sanità hannoaccettato la nuova Classificazione Internazionale delFunzionamento della Disabilità e della Salute (Inter-national Classification of Fuctioning Disability andHeatt- ICF) come "standard di valutazione e classifi-cazione di salute e disabilità". Tale classificazioneintegra la concezione medica e sociale della disabi-lità. Pertanto, la disabilità viene definita: "La conse-guenza o il risultato di una complessa relazione tra lacondizione di salute di un individuo, fattori persona-li e fattori ambientali che rappresentano le circostan-ze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo,date le proprie condizioni di salute, può trovarsi inun ambiente con caratteristiche che possono limitareo restringere le proprie capacità funzionali e di par-tecipazione sociale".

Per rilevare il fenomeno della disabilità, l'ISTATfa riferimento ad una batteria di quesiti, predispostida un gruppo di lavoro dell'OCSE per l'Europa, ba-sandosi sulla classificazione ICIDH (InternationalClassification of Impairments, Disabilities andHandicaps) del 1980 dell'OMS, che consente di stu-diare specifiche dimensioni della disabilità: la di-mensione fisica, riferibile alle funzioni della mobilitàe della locomozione, che nelle situazioni di gravilimitazioni si configura come confinamento; la sferadi autonomia nelle funzioni quotidiane che si riferi-sce alle attività di cura della persona; la dimensionedella comunicazione che riguarda le funzioni dellavista, dell'udito e della parola. Tutte le difficoltà van-no valutate in presenza di protesi o ausili.

Per quanto sopra l'lSTAT definisce disabile: "Chiha difficoltà gravi nell'espletare almeno una delleattività della vita quotidiana (ADL = Activity ofDaily Living), chi è confinato a letto, su una sedia(non a rotelle) o in casa e chi ha una difficoltà di tiposensoriale".

Il Consiglio Nazione dell'Economia e del lavoro(CNEL) nel 2003 individua e adotta una definizionedi natura funzionale in cui il soggetto non autosuffi-ciente è "quello che richiede un intervento assisten-

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 71

VERSO UNA DEFINIZIONE DELLANON AUTOSUFFICIENZA NELL'ANZIANO

De Ruggieri M.A., Salza M.C., Selli E., Cervelli S.

U.O.C. Tutela Salute dell'Anziano ASL RM B - "Centro per la Prevenzione Diagnosi e Cura delle Malattie in Età Geriatrica"

ziale permanente e continuativo, sia nella sfera divita individuale che di relazione. In base a tale crite-rio, la persona non autosufficiente è quella che habisogno di aiuto, anche in parte, per svolgere attivitàessenziali (alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi,vestirsi, ecc.)".

L'ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicura-zioni Private), nel lavoro "Il costo e il finanziamen-to dell'assistenza agli anziani non autosufficienti inItalia" afferma che "Lo stato di non autosufficienzadi un assistito individuato dal fatto che la personaha necessità di aiuto per svolgere le operazioniquotidiane ricorrenti, distinte in quattro categorie:igiene personale, alimentazione, mobilità, faccendedomestiche".

Secondo il Census Bureau's Survey of Incomeand Program Partecipation degli USA, una personaè definita come non autosufficiente nel momento incui: "Essa è incapace di svolgere una o più Attivitàdella Vita Quotidiana (A.D.L.) oppure nel caso in cuiquesta persona ha una o più specifiche menomazio-ni, oppure se usa da molto tempo un ausilio come lasedia a rotelle, le stampelle o il girello".

NON AUTOSUFFICIENZA: UNA PROPOSTA

Alla luce di quanto esposto sopra, si ritiene dipoter adottare la seguente definizione:

"Non autosufficienza è la condizione bio-psico-

sociale conseguente a disabilità, di natura mentale(cognitiva), fisica (motoria) e/o sensoriale, parziale ototale, correlata all'età e aggravata da handicap am-bientale, sociale e/o economico, che induce nell'in-dividuo uno stato di dipendenza da terzi (di tiposociale e/o sanitario) permanente, quotidiana e con-tinua, nella esecuzione di una o più funzioni ed atti,essenziali e ricorrenti, della vita quotidiana e/o direlazione, che andrà valutata in presenza di eventua-li protesi od ausili in uso".

La complessa articolazione della definizione ela-borata da un lato sottolinea la necessità di distingue-re la dipendenza di tipo sociale (che investe pretta-mente il disagio delle famiglie e degli utenti ed illoro bisogno di assistenza sociale) da quella sanitaria(il bisogno di cure mediche, infermieristiche e riabi-litative). Tale distinzione assume rilevanza anche aifini della valutazione e gestione dell'accesso in RSAai sensi del DGR Lazio 55/1998. Dall'altro lato, ildisagio dell'anziano non autosufficiente e dei care-givers deriva proprio dall'integrarsi delle due disa-bilità in un più complesso ambito di dipendenza chevede coinvolti oltre ai bisogni clinici del malatoanche le condizioni ambientali, economiche, checondizionano ed aggravano lo stato di disabilità e didipendenza da terzi.

In tale ambito, indispensabile risulta il ruolo delGeriatra nelle Unità Valutative Geriatriche per unqualificato accertamento della non autosufficienza.

72 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile

Il tema della non autosufficienza è di primariaattualità. Da mesi si dibatte l’eventualità di una leggespecifica sulla non autosufficienza tesa ad incremen-tare il sistema di prevenzione e gestione dei processidi non autosufficienza, a sostegno delle persone nonautosufficienti e delle rispettive famiglie, a tutela deilivelli essenziali delle prestazioni concernenti i dirit-ti sociali da erogarsi nei casi di non autosufficienza.Allo stesso modo, ritorna periodicamente ed insi-stentemente la proposta di istituire il Fondo naziona-le per la non autosufficienza.

La relazione fra non autosufficienza e fabbisognodi assistenza sanitaria e sociale non è scontata: sipensi, ad esempio, che la completa non autosuffi-cienza di una persona con demenza in stadio avan-zato, "allettata", richiede un carico assistenziale infe-riore a quanto richiesto da una persona con demen-za capace di camminare, che proprio per questo

esige che qualcuno lo segua continuamente. Né puòdarsi per scontato che tutti gli strumenti di comuneimpiego nell'accertamento del grado di autosuffi-cienza dell'anziano siano correlati al bisogno di assi-stenza e possano "tout court" essere assunti comebase per la decisione di erogare contributi economi-ci oppure servizi.

Il tema della non autosufficienza, della sua valu-tazione, della sua gestione e prevenzione è di im-portanza critica per il futuro della Geriatria e dellospecialista in Geriatria.

Pertanto, la rivista GERIATRIA, organo ufficialedella Società Italiana dei Geriatri Ospedalieri(S.I.G.Os.) vuole iniziare un dibattito ed un percor-so formativo multidisciplinare su questo tema chepotrebbe trovare spazio anche in successivi numeridella Rivista.

NOTA REDAZIONALEGeriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 73

ANZIANI E NON AUTOSUFFICIENZA

Scuteri A.

Dirigente Medico di Geriatria, UO Geriatria - INRCA, Roma

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Scuteri A.Dirigente Medico di Geriatria, UO Geriatria, INRCAVia Cassia, 1167 – 00189 RomaTel. 06303421

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GERIATRIAFABRIZIO FABRIS

T. Aimar, N. Aimonino Ricauda, D. Alonzi, F. M. Antonini, R. Arione, E. Bisio, M. Bo, E. M. Brach del Prever, M. G. Breda, A. Brustolin, G. Cappa,

C. Castiglioni, M. Cecchettani, M. P. Chianale, E. Comino, F. Corcelli, S. Dessì, E. M. Dossetto, S. Fassino, E. Ferrario, A. Ferraris, M. Foradini,

D. Gangemi, A. Gargano, G. Gassino, G. Gobbi, F. Lasaponara, V. Lancione, M. Laudi, L. Libero, F. Longo, C. Luisoni, C. Macchione, B. Maero,

P. Maina, G. Malfi, R. Marinello, E. Martinelli, M. Massaia, G. Mercadante, V. Modena, M. Molaschi, M. Nano, M. Neirotti, V. Oddone,

A. Pallavicino di Ceva, D. Persico, M. Pippione, L. Poli, M. Ponzetto, G. Preti, S. Raspo, D. Resta, R. Risso, M. Rocco, D. Roglia, G. G. Rovera,

F. Russo, D. Salerno, M. Sandrone, F. Santanera, C. Scarafiotti, O. Schindler, P. Secreto, W. Soave, S. Spada, V. Tibaldi, C. Tisci,

P. Valtorta, O. Varetto, G. P. Vaudano, G. Venturi, I. Vernero, M. Vezzari, G. Viberti, E. Villata, P. Visconti, P. Visentin, M. Zanocchi

Recita l’art. 38 della Costituzione:“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei

mezzi necessari per vivere ha diritto al manteni-mento e all’assistenza sociale”.

II riconoscimento dell’invalidità civile prescindetotalmente da qualsiasi requisito contributivo ed èfinalizzato al riconoscimento di diversi diritti, inparticolare l’assegno mensile di assistenza, la pen-sione di inabilità, l’indennità di accompagnamento,l’indennità di frequenza dei minori.

L’assegno mensile di assistenza per invaliditàparziale è stato introdotto dall’art. 13 della legge n.118/71.

È una provvidenza economica che viene erogataagli invalidi civili di età compresa tra i 18 e i 65 anniche abbiano una riduzione della capacità lavorativain misura pari o superiore al 74%.

Per la sua concessione è richiesto il non superamentodi un determinato limite di reddito personale (euro4089,54 per l’anno 2006).

La pensione di inabilita e stata introdotta dal-l’art. 12 della legge n. 118/71.

È una provvidenza economica che viene erogataagli invalidi civili di età compresa tra i 18 e i 65 anniche abbiano accertata una totale inabilità lavorativa.

Per la sua concessione è richiesto il non superamentodi un determinato limite di reddito (euro 13.973,26 per il2006).

L’ indennità di accompagnamento è una provvi-denza economica introdotta dalla legge n. 18/80

Per la sua concessione non vi sono limiti di red-dito.

È riconosciuta alle persone impossibilitate a deam-bulare senza l’aiuto permanente di un accompagnato-re e a chi necessita di assistenza continua, non essen-do in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

Può essere concessa anche in favore di un bam-bino di tenera età. Può essere riconosciuta anchealle persone affette da malattia psichica, sia quandoalla totale inabilità per effetti della malattia siaggiunga l’impossibilità di deambulare senza l’aiu-to permanente di un accompagnatore, sia quando,alternativamente, il soggetto abbisogni di un’assi-stenza continua per svolgere gli atti quotidianidella vita, non occorrendo la sussistenza di entram-be le condizioni.

Ciò è stato confermato dalla Cassazione Civilecon la sentenza n. 10946/99.

L’accertamento sanitario volto a stabilire la sus-sistenza o meno dell’incapacità a compiere gli attiquotidiani della vita, riguarda esclusivamente le

comuni attività del vivere quotidiano, che costitui-scono anche il presupposto naturale per una vita direlazione e sociale.

Una persona in grado di compiere solo gli attiquotidiani della vita come lavarsi, nutrirsi e muo-versi autonomamente, seppure a fatica, nella pro-pria abitazione, ha diritto all’indennità di accompa-gnamento, qualora non sia in grado di uscire e cam-minare da sola per la strada.

Le persone affette da patologie oncologiche edebilitate da chemioterapia possono ottenere laindennità di accompagnamento, beneficio che puòessere riconosciuto anche a fronte di brevi periodidi inabilità.

Le persone anziane che, pur mantenendo unaautonomia nelle funzioni primarie, perdono il pos-sesso delle facolta psichiche, hanno diritto allaindennità di accompagnamento comprendentequalsiasi persona che, pur potendo sportarsi nel-l’ambito domestico o fuori, non sia per la naturadella malattia in grado di provvedere a se stessa oai bisogni della vita quotidiana, ossia non possasopravvivere senza l’aiuto costante del prossimo.

La Corte di Cassazione con la recente sentenzan. 1268 del 2005 ha statuito che l’indennità di ac-compagnamento, prevista quale misura assisten-ziale diretta anche a sostenere il nucleo familiare, variconosciuta a coloro che, pur capaci di compierematerialmente gli atti elementari della vita quoti-diana (mangiare, vestirsi, pulirsi) necessitano di unaccompagnatore poiché sono incapaci (in ragionedi gravi disturbi della sfera intellettiva e cognitiva,addebitabili a forme avanzate di gravi stati patolo-gici) di rendersi conto della portata dei singoli attiche vanno a compiere e dei modi e tempi in cui glistessi devono essere eseguiti.

L’indennità di accompagnamento che come si èdetto non è subordinata a limiti di reddito, è preclu-sa a coloro che sono ricoverati gratuitamente in isti-tuti di cura con retta a carico dello Stato.

L’art. 1 comma 3 della legge n. 508/88 ha stabilitoche l’indennità di accompagnamento non è incompa-tibile con lo svolgimento di attività lavorative.

Va infine osservato che l’indennità di accompa-gnamento è stato finalizzata ad incoraggiare le fami-glie a tenere in casa i soggetti minorati, evitandone ilricovero e la conseguente emarginazione nei vari“hotel” per la terza età, anticamera della morte,dando allo Stato la possibilità di risparmiare il caricodelle rette che graverebbero sulla intera comunità.

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 75

L’INVALIDITÀ CIVILE: QUADRO NORMATIVO

Ferrari Morandi E.

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GIANCARLO STAZI

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3ª Edizio

ne

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 77

IL SENSO RAGIONEVOLE DELLA SAGGEZZA

L’analisi della saggezza nelle persone che invec-chiano è controversa, e può essere considerata dadifferenti punti di vista. La prospettiva storicamette in evidenza come in molte culture del passa-to la saggezza era considerata una conseguenzanaturale dell’età, e, prima ancora, dono di un dio.Le persone anziane erano ritenute alla stregua diveggenti o di profeti, e per questo rispettate. Averesaggezza significava avere una solida conoscenzadell’esperienza del passato, senza per questo essereincapaci di svincolarsene; essere in grado di antici-pare le probabili conseguenze future di certe azioni;insomma fare il miglior uso possibile delle proprieconoscenze.

Tuttavia, stante l’invecchiamento fisiologicocognitivo, ci sarebbe da spiegare il senso evolutivodella saggezza. La domanda sarebbe: se il cervellosi deteriora gradualmente, come può evolversi l’a-bilità di sviluppare nuove idee e approcci vigorosi,la saggezza appunto?

Bobbio vede scomparsa soprattutto la conside-razione verso la saggezza. “La mia impressione èche una società che si sviluppa così rapidamentenon è certo una civiltà che possa comprendere i vec-chi. Il vecchio, che una volta era considerato unsapiente e che raccoglieva la sapienza del gruppo,oggi è messo ai margini. Però egli osserva anche che“la cosiddetta saggezza del vecchio si trasforma inun’abissale ignoranza davanti alla rapidità dei cam-biamenti”.

Dunque il problema è duplice: a) La saggezzaevolve con il trascorrere degli anni? b) La societàriconosce il valore della saggezza?

Nella convinzione che i pregiudizi fanno malat-tia, trovo utile la proposta di Guggenbühl-Craig diintegrare l’immagine del Vecchio Saggio con quelladel Vecchio Stolto, del vecchio smemorato, pastic-cione ed emotivamente labile. “Coloro che si iden-tificano con l’immagine del Vecchio Saggio diventa-no patriarchi cocciuti, convinti di possedere la sag-gezza ed incapaci di vedere quanto sono sciocchi etirannici”. Viceversa il mito del Vecchio Stolto non ètirannico: al vecchio non è richiesto di diventarestolto, soltanto gli è concesso, e lo può fare senzascandalo.

Ma ancora. La saggezza ha soprattutto senso seinserita nei problemi esistenziali del vecchio, se cor-relata ad un comportamento “disciplinato”, espres-sione di libertà interiore, di capacità di autodeter-minarsi, al di là dei vincoli posti dalla debolezza delcorpo e dal proprio contesto sociale.

Ritengo cosa saggia accettare il deterioramentofisico e mentale, la malattia e la morte, “accettare diessere anche una figura storica che ha perso il con-tatto con la coscienza e l’inconscio collettivi”. Ri-tengo cosa saggia mettere al centro della vita (dellapropria vita) non i riferimenti di “quello che ero”,ma di “quello che sono”; sapersi misurare non conquello che ho perso ma con quello che possiedo eche può crescere, può migliorare, sino alla morte.

Il vecchio che non venisse imprigionato nel mitodella saggezza, che non si sentisse costretto a parte-cipare – saggiamente – alle vicende della comunità;il vecchio a cui la società, ma anche i figli, gli amici,e lui stesso concedessero entrambe le possibilità, diessere saggio o sciocco, profondo o superficiale, dilavorare oppure oziare, quel vecchio io direi pro-priamente saggio. E sano.

VITA AGLI ANNI

a cura di:Sabatini D.

1. PROSEN H.: Analisi della saggezza, su web, Leadership Medica,Mensile di scienza medica e attualità, 1997.2. SPAGNOLI A.: Quando la stanza invecchia. In: “Nella stanza dell’ana-

lista junghiano” a cura di Maria Irmgard Wueh), Vivarium, 2003.3. BOBBIO N.: De senectute, Einaudi, 1996.

BIBLIOGRAFIA

78 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile

Effetto dell’Ormone Paratiroideo UmanoRicombinante (1-84) sulle Fratture Vertebrali esulla Densità Minerale Ossea in Donne conOsteoporosi Postmenopausale

DisegnoÈ stato praticato un trial randomizzato, in doppiocieco, con controlli in placebo, su 2532 donne conbassa densità minerale ossea (all’anca o alla colon-na vertebrale) provenienti da 168 centri distribuitisu 9 nazioni.• Outcome primario: riduzione di nuove fratture

vertebrali o mancato peggioramento delle pre-gresse.

• Outcome secondario: modificazioni della densitàminerale ossea e sicurezza d’uso.

I difosfonati sono farmaci che bloccano il riassorbi-mento osseo, preservando l’architettura ossea masenza capacità di stimolare la neoformazione o dimigliorare la microstruttura.I farmaci stimolanti la neoformazione ossea sonoun’alternativa. Il PTH (ormone paratiroideo) edalcuni suoi frammenti incrementano la massa osseae ne migliorano la qualità.La Teriparatide, un frammento del PTH umano com-posto dei suoi 34 aminoacidi N terminali, è stataapprovata per il trattamento delle donne in meno-pausa con fratture vertebrali pregresse ma non cisono dati sulla prevenzione della 1ª frattura.

InterventoLe donne hanno ricevuto 100µg di PTH ricombi-nante o placebo con iniezioni sottocutanee giorna-liere.Tutte hanno ricevuto 700 mg/die di Ca e 400 U/diedi vit D3.

RisultatiHanno completato lo studio 67.2% delle pazientiarruolate. Il PTH ha ridotto il rischio di nuove frat-ture vertebrali o il loro peggioramento rispetto alplacebo [fratture in 18 pz trattati (1.4% dei casi)contro 42 pz in placebo (3.4% dei casi)] con rischiorelativo 0.42 (95% CI P = 0.001).Paragonato al placebo, la densità minerale ossea èaumentata del 6.9% nelle vertebre e del 2.1% nel-l’anca ma è diminuita nel polso.Il PTH è stato però associato ad effetti collaterali:ipercalciuria (24%), ipercalcemia (23%), nausea(14%). Gli effetti collaterali hanno causato la mag-gior parte dei drop-out (pz usciti dallo studio).

ConclusioniQuesto studio è stato limitato dall’elevato numerodi pazienti che non l’hanno completato. Dimostracomunque che il PTH è una valida opzione tera-peutica per donne osteoporotiche a rischio di 1ªfrattura vertebrale.

GERIATRIA NEL MONDO

a cura di:Zanatta A.

Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 79

CONGRESSI

VIII International Conference Alzheimer Disease / Parkinson’s Disease 2007Salisburgo (Austria) 14-18 Marzo 2007Per informazioni:www.kenes.com/adpd

4° Corso di CardiogeriatriaBagni di Tivoli (RM) 27 - 28 Aprile 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

VII Congresso Nazionale AIPCriticità in PsicogeriatriaGardone Riviera 19-21 Aprile 2007Per informazioni:Società Italiana di Psicogeriatria

XIX Congresso Nazionale S.I.G.Os.La Geriatria...IncontraRoma 9-12 Maggio 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

2° Congresso Nazionale FIMeGLa Longevità tra genetica ed ambienteRoma 18-20 Giugno 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

VI European Congress of GerontologySaint Petersburg, Russia, July 5-8 2007Per informazioni:St. Petersburg Institute of Bioregulation and Gerontology3, Dynamo Prospect - 197110 St. Petersburg, Russia

XXI Seminario Nazionale S.I.G.Os.Alessandria 14-15 Settembre 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

III Congresso Regionale FIMeG Sez. Lazio“L’anziano fragile” anno VRoma 18-19 Settembre 2007Ospedale Nuovo Regina Margherita Per informazioni:Midi 2007 srl • Via Germanico, 42 – 00192 RomaTel. 0639733859

Congresso InteregionaleMarche - Lazio - Abruzzo - MoliseFermo 5-6 Ottobre 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

X Congresso Nazionale Geriatrico “Dottore Angelico” Città di AquinoLa Geriatria si confronta con…Città di Aquino 11 Ottobre 2007Cassino 12-13 Ottobre 2007Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: [email protected]

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La rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblica-zione articoli contenenti argomenti di geriatria. I contri-buti possono essere redatti come editoriali, articoli origi-nali, review, casi clinici, lettere al direttore.I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosa-mente le norme per gli Autori pubblicate di seguito, chesono conformi agli Uniform Requirements for ManuscriptsSubmitted to Biomedical Editors editi a cura dell’Interna-tional Committee of Medical Journal Editors (Ann InternMed 1997; 126: 36-47).Non saranno presi in considerazione gli articoli che nonsi uniformano agli standards internazionali.I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in tri-plice copia (comprendente pagina di titolo, riassunto ininglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle,didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a:

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Gli articoli scientificipossono essere redatti nelle seguenti forme:

Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare unargomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime lasua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine ditesto dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche.

Articolo originale. Deve portare un contributo originaleall’argomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testodattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’articolo deveessere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali emetodi, risultati, discussione, conclusioni.Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopodello studio. Nella sezione materiali e metodi descriverein sequenza logica come è stato impostato e portatoavanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (qualeipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come èstata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutatie scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteri-stiche essenziali del trattamento, sui materiali utilizzati,sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature non comu-ni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultatidare le risposte alle domande poste nell’introduzione. Irisultati devono essere presentati in modo completo,chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, graficie tabelle.Nella sezione discussione riassumere i risultati principa-li, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confronta-re i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura,discutere le implicazioni dei risultati.

Review. Deve trattare un argomento di attualità ed inte-resse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomen-to, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato,essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura.Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscritto e 100citazioni bibliografiche.

Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolare inte-resse, Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazioni biblio-

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Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile 81

grafiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni:introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni,

Preparazione dei lavoriI lavori inviati devono essere dattiloscritti con spazio

due, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina) e conmargini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devono inviare3 copie complete del lavoro (un originale e due fotoco-pie) e conservare una copia dal momento che i dattilo-scritti non verranno restituiti. Le pagine vanno numerateprogressivamente: la pagina 1 deve contenere il titolo dellavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzione ove illavoro è stato eseguito; nome, indirizzo completo diC.A.P. e telefono dell’Autore al quale dovrà essere invia-ta ogni corrispondenza.

Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un rias-sunto e le parole chiave in inglese; il riassunto deve esse-re al massimo di 150 parole.

Nelle pagine successive il testo del manoscritto dovràessere così suddiviso:

Introduzione, breve ma esauriente nel giustificare loscopo del lavoro.

Materiali e metodi di studio: qualora questi ultimi risul-tino nuovi o poco noti vanno descritti detta-gliatamente.

Risultati.Discussione.Conclusioni.Bibliografia: le voci bibliografiche vanno elencate e

numerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compi-late nel seguente modo: cognome e iniziali dei nomi degliAutori in maiuscolo, titolo completo del lavoro in linguaoriginale, nome abbreviato della Rivista come riportatonell’Index Medicus, anno, numero del volume, paginainiziale e finale. Dei libri citati si deve indicare cognomee iniziali del nome dell’Autore (o degli Autori), titolo peresteso, nome e città dell’editore, anno, volume, paginainiziale e finale.

Tabelle: vanno dattiloscritte su fogli separati e devo-no essere contraddistinte da un numero arabo (con riferi-mento dello stesso nel testo), un titolo breve ed una chia-ra e concisa didascalia.

Didascalie delle illustrazioni: devono essere prepa-rate su fogli separati e numerate con numeri arabi corri-spondenti alle figure cui si riferiscono; devono contenereanche la spiegazione di eventuali simboli, frecce, numerio lettere che identificano parti delle illustrazioni stesse.

Illustrazioni: tutte le illustrazioni devono recar scrit-to sul retro, il numero arabo con cui vengono menziona-te nel testo, il cognome del primo Autore ed una frecciaindicante la parte alta della figura.

I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nero sufondo bianco o stampati su carta lucida ed avere una baseminima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm.

Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate.Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione saran-

no rifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute sarannoa carico dell’Autore.

I lavori accettati per la pubblicazione diventano diproprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista e nonpotranno essere pubblicati altrove senza il permesso scrit-to dell’Editore.

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82 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 2 Marzo/Aprile