almcalabria n°3 e 4 2010

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e due statue, policrome e inghirlandate di tutto punto, di San Basilio Magno, protettore di Cessaniti, e della Vergine Santissima della Lettera, ven- erata nella frazione Pannaconi, avan- zano lentamente assieme, tra la gente, in una processione un poco più corta del solito. La marea di gente in movimento prosegue lenta, in un itinerario proces- sionale, anche al di là dell'Oceano. Le due Cessaniti, quella calabrese e quella in Argentina, si guardano allo specchio con San Basilio e la Madonna della Lettera. Cessaniti e Pannaconi, portati sulle spalle, come ogni anno, come al solito, dalla stessa gente di Cessaniti sparsa nel mondo. I calabresi escono fuori dalle loro case, come formiche, si ritrovano e si riuniscono ancora una volta per le strade assolate di Buenos Aires. Dopo la messa portano fuori dalle chiese i loro santi, ricordano i passi del loro lontano paese per ringraziare, per fede o per abitudine, per rinnovare il rito e il senso più profondo dell'unità della loro comunità, nella consapev- olezza di vivere in una lontananza obbligata, in una terra straniera oramai divenuta ritualmente familiare e quo- tidiana. Un rito per sentirsi, almeno per un attimo, a casa e per pensare, ancora una volta e con nostalgia, ad un vicino prossimo ritorno in Calabria. Il festante corteo avanza faticosamente tra le auto in sosta, tra la gente del mondo nuovo, con la nostalgia nel cuore nel ricordo dei parenti lontani, ... a vera cultura”, sostiene lo scrittore Juan Manuel de Prada, è quella che nasce da ciò che i roman- tici tedeschi chiamavano Volkgeist, “lo spirito del popolo”; deve essere una emanazione naturale della gente, che canta, balla, racconta, dipinge, perché sente il bisogno di esprimere qualcosa che le appartiene nel profondo, qualcosa che è legato alla sua genealogia spirituale alla sua identità. Questa cultura, oggi come ieri, subisce però il sequestro da parte del potere; quest’ultimo si rende conto che se riesce a trasformare queste effusioni naturali in un”artefat- to”, ossia in un prodotto artificiosa- mente creato, può ottenere una ingeg- neria sociale. Allo stesso tempo si osserva una casta di intellettuali gre- gari; persone che si sono adeguate a una determinata interpretazione della realtà auspicata dal potere, che le sovvenziona e promuove, affinché impongono una determinata cultura,che non è autentica, perché non nasce da una espressione naturale del popolo.... >> Pag.2 Periodico nonviolento di Storia, Arte, Cultura e Politica laica liberale calabrese Marzo - Aprile 2010 - Anno IV - n°3-4 www.almcalabria.org solo 1,00 € l Sud dell'Italia, è stato abbandonato dagli abitanti, partiti in cerca di lavoro. Ma altri immigrati, ancora più poveri, arrivano al prenderne il posto. Festa del 1° maggio, festa del lavoro e dei lavoratori. Stando però alla crisi economica che sta incre- mentando la disoccupazione e considerando il numero dei morti (oltre mille all'anno) e degli incidenti sul lavoro che capitano nel nostro Paese c'è poco da festeggiare. Le origini inter- nazionali della Festa del 1° maggio risalgono al settembre del 1882. >> Pag. 3 All’interno ... Il lavoro:una questione secolare da collegare al sottosviluppo economico QUESTIONE DI PADRI La tutela del territorio, le energie rinnovavili, se diffuse, rappresentano opportunità nuove di lavoro di Giuseppe M. Matina >> Pag 5 POLITICA LIBERTARIA oppure LIBERALISMO SENSIBILE AI PROBLEMI SOCIALI di Mario Patrono >> a Pag. 8 I L L Gli Africani di Rosarno moderni figli della Gleba di Filippo Curtosi >> a Pag. 5 ISSN 2037-394X Associazione di volontariato culturale Via E. Rossi, 2 - Cessaniti - Vibo Valentia >> segue a Pagina 8 Tre emigrati calabresi a Buenos Aires Un vicino prossimo ritorno in Calabria Emigrare e immigrare Il vivere nella lontananza e l'unità della comunità di Franco Vallone I nostri concittadini ritornarono dall’emigrazione, disillusi dal sognato Eldorado Il lavoro, la Calabria e l’emigrazione Anche a noi veniva proibito di entrare negli Stati Uniti con biglietto pagato da altri di Giovanna Canigiula >> Pag 6 La “pasta” che di tanta civiltà ha illuminato il mondo Telai, fucine e folklore giuridico Un ricco patrimonio di cultura materiale ed immateriale che ha influenzato il processo di trasformazione sociale ed economico di questo nostro territorio di Filippo Curtosi Il lavoro per cui, ancora oggi, si emigra, il lavoro per cui si stenta, il lavoro per cui si muore Festa del lavoro, ma in realtà c’è poco da festeggiare Sono trascorsi più di sessant'anni ma le condizioni dei lavoratori in Italia sono ancora precarie e insicure di Giuseppe Candido L’invecchiamento della popolazione sta anche modificando il mondo del lavoro Considerazioni demografiche La malattia di Alzheimer e le demenze rappresentano quindi una grande sfida per i Sistemi sociali e sanitari di tutti i Paesi di Salvatore Colace >> Pag 4 Juan Manuel de Prada Il mercato assunto a feticcio ideologico Crisi economica e fine del lavoro La forbice tra il mondo dell’opulenza percepita e quello della scarsità reale tende ad allargarsi di Francesco Santopolo >> Pag. 7

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Abolire la miseria della Calabria, periodico nonviolento di storia, arte, cultura e polita laica liberale calabrese

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e due statue, policrome e inghirlandatedi tutto punto, di San BasilioMagno, protettore diCessaniti, e della VergineSantissima della Lettera, ven-

erata nella frazione Pannaconi, avan-zano lentamente assieme, tra la gente, inuna processione un poco più corta delsolito. La marea di gente in movimentoprosegue lenta, in un itinerario proces-sionale, anche al di là dell'Oceano. Ledue Cessaniti, quella calabrese e quellain Argentina, si guardano allo specchiocon San Basilio e la Madonna dellaLettera. Cessaniti e Pannaconi, portatisulle spalle, come ogni anno, come alsolito, dalla stessa gente di Cessanitisparsa nel mondo. I calabresi esconofuori dalle loro case, come formiche, siritrovano e si riuniscono ancora una

volta per le strade assolate di BuenosAires. Dopo la messa portano fuoridalle chiese i loro santi, ricordano i passidel loro lontano paese per ringraziare,per fede o per abitudine, per rinnovareil rito e il senso più profondo dell'unitàdella loro comunità, nella consapev-olezza di vivere in una lontananzaobbligata, in una terra straniera oramaidivenuta ritualmente familiare e quo-tidiana. Un rito per sentirsi, almeno perun attimo, a casa e per pensare, ancorauna volta e con nostalgia, ad un vicinoprossimo ritorno in Calabria.Il festante corteo avanza faticosamentetra le auto in sosta, tra la gente delmondo nuovo, con la nostalgia nelcuore nel ricordo dei parenti lontani, ...

a vera cultura”, sostienelo scrittore Juan Manuelde Prada, è quella chenasce da ciò che i roman-

tici tedeschi chiamavanoVolkgeist, “lo spirito del popolo”;deve essere una emanazione naturaledella gente, che canta, balla, racconta,dipinge, perché sente il bisogno diesprimere qualcosa che le appartienenel profondo, qualcosa che è legatoalla sua genealogia spirituale alla suaidentità. Questa cultura, oggi comeieri, subisce però il sequestro da partedel potere; quest’ultimo si rende

conto che se riesce a trasformarequeste effusioni naturali in un”artefat-to”, ossia in un prodotto artificiosa-mente creato, può ottenere una ingeg-neria sociale. Allo stesso tempo siosserva una casta di intellettuali gre-gari; persone che si sono adeguate auna determinata interpretazione dellarealtà auspicata dal potere, che lesovvenziona e promuove, affinchéimpongono una determinatacultura,che non è autentica, perchénon nasce da una espressione naturaledel popolo.... >> Pag .2

Periodico nonvio lento di Stor ia , Arte , Cultura e Pol i t i ca la i ca l iberale ca labre seMar z o - April e 2010 - Anno I V - n°3-4

w w w . a l m c a l a b r i a . o r g

solo

1,00 €

l Sud del l ' Ita l ia , è stato ab b andonatoda g l i ab itanti , p ar ti t i in c erca d i lavoro. Ma a ltr i imm ig rati , anc ora p iù p overi ,arr ivano a l prenderne i l p osto. Festa de l

1° ma g g io , festa de l lavoro e de i lavoratori .Stando p erò a l la cr i s i e c onom ica che sta incre-

mentando la d i so c cup a z ione e c ons iderando i lnumero dei mor ti (o ltre m i l le a l l 'anno) e de g l iincidenti su l lavoro che cap itano nel nostroPaese c 'è p o c o da feste g g iare . L e orig in i inter-na z iona l i de l la Festa de l 1° ma g g io r i sa l g ono a lsettembre de l 1882. > > P a g . 3

All’interno ...

Il lavoro:una questionesecolare da collegare al sottosviluppo economico

QUESTIONE DIPADRI

La tutela del territorio,le energie rinnovavili, se

diffuse, rappresentanoopportunità nuove di

lavorodi

Giuseppe M. Matina

>> Pag 5

P O L I T I C AL I B E R T A R I A

o p p u r eL I B E R A L I S M OS E N S I B I L E A I

P R O B L E M IS O C I A L I

diMario Patrono

>> a Pag. 8

II

LL

LL

Gli Africani diRosarno

moderni figlidella Gleba

diFilippo Curtosi

>> a Pag. 5

ISSN 2037-394X

Associazione di volontariato culturaleVia E. Rossi, 2 - Cessaniti - Vibo Valentia

>> segue a Pagina 8Tre emigrati calabresi a Buenos Aires

Un vicino prossimo ritorno in Calabria

Emigrare e immigrareIl vivere nella lontananza e l'unità della comunità

di Franco Vallone

I nostri concittadini ritornarono dall’emigrazione, disillusi dal sognato

Eldorado

Il lavoro, la Calabria el’emigrazione

Anche a noi veniva proibito di entrare negli Stati Uniticon biglietto pagato da altri

di Giovanna Canigiula

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L a “ p a s t a ” c h e d i t a n t a c i v i l t à h a i l l u m i n a t o i l m o n d o

Te l a i , f u c i n e e f o l k l o r e g i u r i d i c oUn r i c co patr imonio di cul tura mater ia le ed immater ia le che ha inf luenzato i l

proce s so d i t ras formazione soc ia le ed e conomico di ques to nos tro t err i tor iodi Filippo Curtosi

Il lavoro per cui, ancora oggi, si emigra, il lavoro per cui si stenta, il lavoro per cui si muore

Festa del lavoro, ma in realtà c’è poco da festeggiare

Sono trascorsi più di sessant'anni ma le condizioni dei lavoratori in Italia sono ancora precarie e insicured i G i u s e p p e C a n d i d o

L’invecchiamento della popolazione staanche modificando il mondo del lavoro

Considerazionidemografiche

La malattia di Alzheimer e le demenzerappresentano quindi una grande sfida per i

Sistemi sociali e sanitari di tutti i Paesi

di Salvatore Colace

>> Pag 4

Juan Manuel de Prada

I l m e r c a t oa s s u n t o

a f e t i c c i oi d e o l o g i c o

Crisi economica

efine dellavoro

La forbice tra il mondodell’opulenza percepitae quello della scarsità

reale tende ad allargarsi

diFrancesco Santopolo

>> Pag. 7

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a vera cultura”, sostiene lo scrit-tore Juan Manuel de Prada, èquella che nasce da ciò che iromantici tedeschi chiamavano

Volkgeist, “lo spirito del popolo”; deveessere una emanazione naturale della gente, checanta, balla, racconta, dipinge, perché sente ilbisogno di esprimere qualcosa che le appartienenel profondo, qualcosa che è legato alla suagenealogia spirituale alla sua identità. Questacultura, oggi come ieri, subisce però il sequestroda parte del potere; quest’ultimo si rende contoche se riesce a trasformare queste effusioni natu-rali in un”artefatto”, ossia in un prodotto artifi-ciosamente creato, può ottenere una ingegneriasociale. Allo stesso tempo si osserva una casta diintellettuali gregari; persone che si sonoadeguate a una determinata interpretazione dellarealtà auspicata dal potere, che le sovvenziona epromuove, affinché impongono una determina-ta cultura,che non è autentica, perché non nasceda una espressione naturale del popolo. Inoltre,all’idea di popolo si è andato sostituendo il con-cetto nuovo di “cittadinanza”, una massa amorfadove l’esperienza artistica non si produce più inmodo naturale. La vera arte è comunitaria,perdirla con le parole di Manuel de Prada è come unseme che si getta e suscita il desiderio d’incorpo-rarsi all’esperienza artistica e di comunicarla adaltri, di modo che ognuno, in un certo senso,diviene anche creatore. E’ una specie di contagio.La domanda che ci poniamo oggi è: come è pos-sibile recuperare l’autentica cultura ed in partico-lare la cultura del lavoro? Solo riappropriandocidella nostra identità, di quella “pasta” che ditanta civiltà ha illuminato il mondo, potremmoevitare di “non eternare” come scriveva VitoCapialbi al suo amico Paolo Orsi, il cattivonome, che di Noi corre per il mondo”. O c c o r r e r e a l i z z a r e u n l a v o r o d ir i c o m p o s i z i o n e d e l t e s s u t o s o c i a l epartendo dal basso, creare una specie di “contro-cultura” di fronte a questa “pseudocultura” sta-bilita dall’alto. Ma il popolo è bombardato quo-tidianamente dalla cultura artificiale che ci vienevenduta. La Calabria possiede un ricco patrimo-nio di cultura materiale ed immateriale che hainfluenzato il processo di trasformazione socialeed economico di questo nostro territorio cheresta ancora poco noto e documentato e che perquesto necessita di un intervento di recupero evalorizzazione. Terra di Calabria, dove sono le giogaie che“traversano la penisola in tutta la sua lunghezza,stendendo le loro diramazioni verso spiagge fior-ite, in fertili vallate,f ino ai lembi costieri,s u cui

si inchinano àgavi ed ulivi bagnati dal cupomare”. Dai monti al mare passando per le colline.Dai pini ed abeti, agli aceri, alle querce, castagnie poi più giù verso le valli coi vigneti, l’odore

degli agrumi, delle zagare, aifichi d’india, la liqu-

irizia, i capperi.Dov’è il caolinodi Parghelia, lalignite di

Briatico, il

ferrod iMongiana,l’arte tessile, lesete e i damaschi di cuiCatanzaro ebbe il primato dellatessitura,” nobile nella materia come ci raccontaAlfonso Frangipane e nella impronta artistica.Da Catanzaro, continua il fondatore della riv-ista”Brutium” si sparse l’amore dell’arte gentile, esorsero i primi telai lignei, con le lignee mac-chine rudimentali e si formarono le specialissimemaestranze di tessitori e tintori. Esempio fecon-do Cosenza, Taverna, Monteleone, Reggio,ebbero tessitori di seta e di cascami. E’ vanto diCatanzaro l’avere preceduto altre città italianenel lavoro serico; è storico il progresso delle pro-

duzioni catanzaresi, pregiate nei grandi centridell’Italia centrale e settentrionale, fino a Lione,Parigi, Tours, dove pervenivano i nostri tessuti etessitori. Si pregiavano ovunque i panni di seta,sciamiti, zendadi, anche a fili d’oro, ed i para-menti sacri, le coperte di velluto, i fazzoletti

catanzaresi di organzino colorato, e letinte, cremisi, verdi, gialle, turchine. ATropea la tessitura particolare di cotonee lana con carattere rusticobroccato,unica in Italia è ancora viva,lecoperte “ a pizzuluni” cioè a rilievo,face-vano parte fino a pochi anni fa del corre-do nuziale. Così a Longobucco, altrosecolare e mirabile laboratorio tessile cuitutto il paese collabora appassionata-mente. Non meno degne sono leceramiche. Ecco le borracce, le cannateed i boccali di Seminara. Bottegheimportanti esistono a Gerace,S oriano,Bisignano. Bisogna ricordare i fabbri di Serra SanBruno per lavori di applicazione, insu-perabili sono le balconate ricurve indo-rate di flessuosi ed enormi tulipani.Cosi come non va dimenticata l’artelignea dei costruttori e decoratori di cas-soni nuziali, di collari, di conocchie, dibastoni e borracce, nonché quelle dellelucerne rudemente forgiate;gli artigianidel giunco e della “janestra”.

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ABOLIRE LA MISERIA DELLA CALABRIA w w w . A L M C A L A B R I A . o r g

periodico nonviolento di storia, arte, cultura e politica laica liberale calabreseISSN: 2037-3945 (Testo stampato) 2037-3953 (Testo On Line)

-----------------------------------------------------------------------------------Direttore Responsabile: Filippo CurtosiDirettore Editoriale: Giuseppe Candido

Vice Direttori: Giovanna Canigiula, Franco Vallone-----------------------------------------------------------------------------------

Editore: Associazione culturale di volontariato“NON MOLLARE” - Via Ernesto Rossi, 2 - Cessaniti (Vibo Valenza)Reg. Operatori Comunicazione (ROC) 19054 del 04.02.2010

Redazione , amministraz ione e impaginazioneV ia Crotone , 24 – 88050 Crop an i (C Z )

Tel/Fa x . 0961 1916348- c e l l . 347 8253666e.mail: a lmcalabr ia@gmai l .com - internet: www.almcalabria.org

Stampa: BRU.MAR - V.le dei Normanni, 23/q - CATANZAROTel.0961.728005 - cell. 320.0955809

------------------------------------------------------------------------------------Registro Stampa Periodica Tribunale di Catanzaro N°1 del 9 gennaio 2007

------------------------------------------------------------------------------------Periodico partecipativo: la collaborazione è libera a tutti ed è da

considerarsi totalmente gratuita e volontariaGli articoli riflettono il pensiero degli autori che si assumono la responsabilità di fronte la legge

Hanno col laborato a questo numero:Giuseppe Candido, Giovanna Canigiula, Salvatore Colace, Filippo Curtosi, Giuseppe

Maria Matina, Francesco Santopolo, Franco ValloneProgetto Grafico e impaginazione : Giuseppe Candido

Questo numero è stato chiuso il 22 Aprile 2010 alle ore 23,00

LL

L a “ p a s t a ” c h e d i t a n t a c i v i l t à h a i l l u m i n a t o i l m o n d o

Te l a i , f u c i n e e f o l k l o r e g i u r i d i c oU n r i c c o p a t r i m o n i o d i c u l t u r a m a t e r i a l e e d i m m a t e r i a l e c h e h a i n f l u e n z a t o i l p r o c e s s o d i

t r a s f o r m a z i o n e s o c i a l e e d e c o n o m i c o d i q u e s t o n o s t r o t e r r i t o r i odi Filippo Curtosi

Folklore giuridico come raccoltadegli usi e delle consuetudini

Il “comprensorium haereditarium” dellafamiglia:

Cu’ non d’ha casa o ortu, si po’ diri ch’eni mortu

La podestà familiare ripartita fra il marito e lamoglie:

‘A casa havi quattru cantuneri:Dui u maritu e dui ‘ mugghieri;

Il rispetto ai genitori e le credenze popolari:Cu ‘no rispetta mamma e tata,

Erramu vaci strata strata

L’età minore dei figli:Non diri ch’hai figghoili

Si non hannu denti e moli

Il corredo da preparare fin da quando la fanciulla è in fasce:

Figghia ‘nfaccia, E dota ‘nacascia

La fascia sociale a cui la donna appartiene:A figghia du massaru,

Dui vòi e lu vòaru;A figghia d’ù garzuniA vesti e dui casciuni

L’invulnerabilità della dote:A dota passa pi subbaO focu e non si vruscia

Il grado di parentela degli sposi e l’impedimento matrimoniale:

In quattuLa chiesa li spatta;

l’”osculum interveniens”Donna vasata

Donna spusata;

La ripartizione ed il sorteggio delle quote successorie:U randi faci i parti

Ed u picciottu pigghia.

Gli altri nove concernono i nidi,gli sciamidelle api e la selvaggina di pelo:

Sciami,nido e piluUndi u vidi pigliatilu;

La caccia ai volatili e la selvaggina grossa:Caccia di pilu,

Si sparti a filu filu;Caccia di pinna,

Cù ammazza s’à spinna;

La costruzione arbitraria su suolo altrui:Cù frabbrica ‘nta terra strana,Perdi a carci, apetra e a rina;

La tolleranza di raccogliere fichi e simili frutti:per “ sfamarsi”

U ficu eni cuccuCu’ u’mbatti s’u ‘mvuccu

La disdetta dei fondi seminativiQuando è a Nunziata

I rani pianu a licenziata;

L’anno del garzone e i suoi dirittiP’u bon’ annu,

U garzuni chiumpi l’annu;E si scappa ‘nta annata

Perdi a misata;

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Alfonso Satriani

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l Sud dell'Italia, è stato abbando-nato dagli abitanti, partiti in cercadi lavoro. Ma altri immigrati,ancora più poveri, arrivano al

prenderne il posto.Festa del 1° maggio, festa del lavoro e dei lavo-ratori. Ma stando alla crisi economica che staincrementando la disoccupazione e con-siderando il numero dei morti (oltre milleall'anno) e degli incidenti sul lavoro che capi-

tano nel nostro paese c'è poco da festeggiare. Leorigini internazionali della Festa del 1° maggiorisalgono al settembre del 1882. Due annidopo il movimento sindacale dei “Cavalieri delLavoro” approvò una risoluzione affinché quel-l'evento, quella manifestazione di rivendi-cazione venisse ripetuta a cadenza annuale. Lealtre organizzazioni sindacali affiliateall'Internazionale dei lavoratori – vicine aimovimenti socialista e anarchico – suggerironocome data il primo maggio. Ma a far caderedefinitivamente la scelta su questa data furonoi gravi incidenti accaduti nei primi giorni delmaggio del 1886 a Chicago e che ebbero il loroculmine il 4 di maggio quando la polizia sparòsui manifestanti. Il primo maggio del 1886 la“Federation trade and labor union” avevaproclamato i primi scioperi ad oltranza perchiedere di regolamentare contrattualmentel'orario di lavoro ad un massimo di otto ore. InEuropa la prima celebrazione del primo mag-gio vi fu nel 1890 ad eccezione dell'Italia doveil governo presieduto da Francesco Crispiaveva ordinato ai prefetti di reprimere sulnascere qualsiasi manifestazione di piazza. Lacelebrazione del primo maggio in Italia sitenne l'anno successivo in un clima tutt'altroche tranquillo: due morti e molti feriti il bilan-cio. Non una festa, ma una manifestazione dirivendicazione di diritti, una lotta. Ecco cosaera allora la festa dei lavoratori.Durante il ventennio fascista le celebrazionidel primo maggio furono vietate da Mussoliniche, nel '22 istituì la “festa del lavoro italiano”con cadenza il 21 aprile. Soltanto nel 1945,dopo la liberazione, il primo maggio ritornòfesta del lavoro anche in Italia. Una festa chespesso fu però caratterizzata da scontri e morti.La pagina più sanguinosa si scrisse sicuramenteil primo maggio del '47 a Portella dellaGinestra, piccolo centro siciliano in provinciadi Palermo, dove gli “uomini” del banditoSalvatore Giuliano spararono sulla folla non

appena si era cominciato a parlare dal palco.Una strage di lavoratori, di uomini e personeche oggi continua sotto altre forme: il mesote-lioma provocato dall'amianto negli abitanti diCasale Monferrato, gli operai carbonizzatinella Tiessenkrup a Torino, o quelli morticadendo da un'impalcatura. I fatti di Rosarno, in Calabria, mostrano unoscenario fatto di disoccupazione, di precarietà,di lavoro nero, di mancata sicurezza, quando

non di schiavitù. Da un diritto il lavoro si ètrasformato in un favore. Il favore che ti fannoi politici, il favore che ti fa la criminalità orga-nizzata, la 'ndrangheta. Un mondo, quello dellavoro, in cui è, più che mai, difficile entrare a

far parte, in cui la preparazione, le qualifiche, lecapacità sembrano valere ben poco avendo piùforza la raccomandazione; un sistema che nongarantisce diritti, dominato dalla precarietà,che impedisce ai giovani di progettare ilproprio futuro. Il lavoro è speranza, masarebbe sicurezza, autonomia dallemafie e dalle criminalità che hanno sem-pre un gioco facile quando manca illavoro.Il lavoro per cui, ancora oggi, si emigra,il lavoro per cui si stenta, il lavoro percui si muore. Cosa significa festeggiare,commemorare il primo maggio?Speranza? Nel dicembre del '48 a Roma,veniva siglata la Dichiarazione univer-sale dei diritti dell'Uomo. Stando aquanto recita l'articolo 23 di quellaDichiarazione universale “ogni individ-uo ha diritto al lavoro, alla libertà dellascelta dell'impiego, a giuste e soddis-facenti condizioni di lavoro ed alla pro-tezione contro la disoccupazione”. Sono

trascorsi più di sessant'anni ma le condizionidei lavoratori in Italia sono ancora precarie einsicure. Il welfare universalistico in Italia èinesistente. In occasione del sessantesimoanniversario Vittorio De Seta, indiscussomaestro del film-documentario italiano, è statodesignato a girare un cortometraggio proprioper quell'articolo 23: quattro minuti e mezzoper raccontare cosa è oggi “il Lavoro”. Nel tito-lo: “Pentedàttilo, a Sud dell'Italia, è statoabbandonato dagli abitanti, partiti in cerca dilavoro. Ma altri immigrati, ancora più poveri,arrivano al prenderne il posto”. Una storia chesi ripete. Girato appunto a Pentedàttilo inProvincia di Reggio Calabria, il filmato,davvero splendido, è tra realtà, bellezza e rac-conto: assieme il lavoro, l'emigrazione.L'emigrazione di noi calabresi che, per trovarelavoro, andiamo al nord in parallelo con l'emi-grazione di un ragazzo nero (l'attore è il pro-tagonista di Lettere dal Sahara, Djibril Kebe)che, venuto dalla sua terra in Calabria, sosti-tuirà il giovane calabrese che, per recarsi a lavo-rare dovrà trascurare l'assistenza della suafamiglia. L'emigrazione di noi calabresi e quel-la degli africani sono sorelle presentate nellaloro drammatica bellezza, legate indissolubil-mente dalle immagini che sono luce e sabbianegli occhi al tempo stesso. Le immagini delpaese sono surreali e ti colpiscono subito come“sabbia negli occhi” e la realtà drammatica èofferta nella sua straordinaria bellezza. Ifotogrammi sono subito pittura pura. Casevecchie, abbandonate e guglie di arenaria siintegrano. Una donna nera con i capelli fittamente intrec-ciati di una bellezza straordinaria lava i panni,bada al fuoco, scopa un terrazzino. Mentre lamadre italiana della famiglia calabrese preparala valigia del figlio in partenza e prega. Il figlio(Tommaso Critelli l'interprete) che invece trapoco partirà per il nord Italia, tra i campi con iltrattore spiega al giovane amico nero, che perDe Seta rappresenta soltanto l'altra faccia del-l'immigrazione, come fare i lavori: la pota, iltrattore, le pecore. Tutto nella realtà più belladi quei posti, che con la loro bellezza trasudanodrammaticità. Poi il viaggio in motocarro perandare alla stazione. L'extracomunitario nerosul cassone, madre e figlio nella cabina. Il figlioparte, la madre lo saluta. Regge fino a quandoil treno parte, poi sviene e a sorreggerla c'èsoltanto lui, l'extracomunitario che la soccorree la sostiene. Le due speranze sono sorelle.

II

Il lavoro per cui , ancora oggi , s i emigra , i l l avoro per cui s i s tenta , i l l avoro per cui s i muore

F e s t a d e l l a v o r o , m a i n r e a l t à c ’ è p o c o d a f e s t e g g i a r eSono trascorsi più di sessant'anni ma le condizioni dei lavoratori in Italia sono ancora precarie e insicure

d i G i u s e p p e C a n d i d o

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Intestato aAssoc iazione di Vol ontariato Cultural e

N O N M O L L A R EVia Ernesto Rossi, 2 - 89816 Cessaniti (VV)

21 AprileFesta del Lavoro

italiano

Le celebrazioni del primo

maggio erano state vietate da

Mussolini

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a popolazione mondiale stainvecchiando in maniera abbas-tanza rapida: in Europa gli ultrasessantacinquenni rappresen-

teranno nel 2020 più del 25% della popo-lazione totale. In Italia la situazione è anco-ra più critica : gli ultrasessantenni sono giàal livello del 34%. Questo netto cambia-mento demografico- legato all’allungamen-to della vita e a una riduzione della natalità,rende urgente l’adozione di interventi cheassicurano una vecchiaia attività e digni-tosa agli anziani, evitando il rischio emar-ginazione e facendo in modo che essi con-tinuano a restare integrati nella società.L’invecchiamento della popolazione staanche modificando il mondo del lavoro: ilrapporto fra persone attive e pensionati cheoggi è a livello di 4:1 è destinato adiminuire drasticamente raggiungendo unrapporto 2:1 nel 2025.Il problema dell’invecchiamento dellapopolazione è ai primi posti nell’agenda deiGoverni, dell’industria e del mondo eco-nomico tutto. Le barriere per gli anzianinella vita di tutti i giorni sono numerose.La fragilità fisica e/o mentale, le barrierepresenti all’interno della propriaabitazione, la mancanza di strutture idoneenei trasporti pubblici, le lacune e/o laridotta accessibilità dei servizi di comuni-cazione e d’informazione e i bassi livelli direddito sono fra le principali barriere.Le tecnologie informatiche e della comuni-cazione (ICT) possono fare molto; è unasfida enorme ma al contempo una notevoleopportunità per le tecnologie ICT.Bisogna rispondere ai bisogni e alle aspetta-tive degli anziani con progetti d’assistenza

mirati delle persone più anziane, malati efragili in alcune specifiche aree. 1) Servizi per una vita indipendente.2) Per promuovere una maggiore inte-grazione dell’anziano nella società.3) Per una mobilità autonoma.4) Per favorire il proseguimento della vitalavorativa . Oltre all’elevato numero di anziani ci sonotante patologie che condizionano anchegravemente la vita tra cui la demenza .

Le forme di demenza, tra cui per il 60%l’Alzheimer, colpiscono in Italia circa 1 mil-ione di persone, con una prevalenza soprat-tutto nelle persone in età avanzata.Oggi, secondo i dati comunicati daAlzheimer Europe, le persone affette dademenza in Europa sono quasi 10 milioni ea livello mondiale circa 35 milioni, per

arrivare nel 2030 rispettivamente a 15 e 65milioni ( Rapporto Mondiale Alzheimer,2009 ). Oltre alla malattia di Alzheimeresistono diverse forme di demenza, carat-terizzate da un progressivo declino dellamemoria e di altre funzioni cognitive, taleda interferire con le attività della vita. Lamaggior parte delle persone con demenzavive in famiglia ; si determina quindi unforte carico psicologico, relazionale, eco-nomico ed anche pratico, per la necessità disorvegliare e accompagnare il malato, diaccudirlo e, nelle fasi avanzate, di sostituir-lo nelle attività della vita quotidiana. Lamalattia di Alzheimer e le demenze rappre-sentano quindi una grande sfida per iSistemi sociali e sanitari di tutti i Paesi.La curiosità del lettore non sarà fine a sestessa se potrà far meglio capire la vita dellepersone affette da demenza e il carico difatica delle loro famiglie.Se, infatti, contro la malattia di Alzheimerla medicina è ancora alla ricerca di unarisposta mirata , la vita dell’ammalato edella sua famiglia richiede non solo la com-petenza e l’attenzione di chi è preposto allacura, ma anche un’ampia e generosa solida-rietà.La sofferenza del corpo e della mente èlenita dalle scoperte della medicina, maanche da vicinanze significative; per questomotivo vorremmo che nessuno si sentissesolo quando nelle lunghe giornate e nellenotti difficili offre con timore e tremore alproprio caro l’assistenza amorosa che glirende meno difficile il vivere.

* Pres idente a sso cia z ione d i vo lontari -ato “L ?Altro Aiuto”

L’invecchiamento della popolazione sta anche modificando il mondo del lavoro

Considerazioni demografiche

La malattia di Alzheimer e le demenze rappresentano quindi una grande sfida per i Sistemi sociali e sanitari di tutti i Paesidi Salvatore Colace*

LL

Sul blog richiamato nel titolosono presenti “solo” i mortiper infortuni sui luoghi dilavoro del 2008 2009 2010.Anche nell'anno 2009, conquasi il 60% delle vittime,sono gli agricoltori, gli edilidel sud e gli stranieri a rapp-resentare la maggioranza deicaduti sul posto di lavoro.ROMA 3 aprile E' MORTO L'OP-ERAIO RIMASTO INTOSSICA-TO DALL'AMMONIACANELLA CENTRALE ENEL- .L'operaio morto è uno dei quattrorimasti intossicati dall'ammoniacaall'interno della centrale Enel a car-bone di "Torre Valdaliga Nord", e nonnell'impianto Enelgreenpower delGruppo Enel, come si era appreso inprecedenza. L'incidente è avvenutonell'area dell'impianto dove vienestoccata l'ammoniaca utilizzata perabbassare le emissioni del monossidodi azoto che si sviluppo durante ilprocesso produttivo.SALERNO 2 aprile E' MORTOUN OPERAIO DI 46 ANNI in un

cantiere nella località Perito sullasuperstrada che collega Agropoli adOmignano Scalo, in provincia diSalerno. Un edile, originario di SessaCilento, ha perso la vita, rimanendoschiacciato da un escavatore che si èribaltato.BRESCIA 2 aprile E' MORTO UNEDILE SCHI-A C C I AT ODA UNABENNA INU NCANTIERESchiacciato dauna benna in uncantiere edile. Lavittima aveva 68anni e risiedeva aVobarno31 Marzo BAR-LETTA E’M O R T O

FRANCESCO CAPUTO AGRI-COLTORE DI 46 ANNI. Era allaguida di un trattore, Francesco èmorto in un incidente stradale

avvenuto a Barletta all’incrocio tra lastrada statale 93 che porta a Canosa diPuglia e l’asse attrezzato della statale16 bis per Margherita di Savoia.VERONA E’ MORTO YOANBACAOANU DI 31 ANNI . Il gio-vane romeno è morto in un incidentesul lavoro, a Mezzane di Sotto

(Verona), nel-l’azienda agrico-la Massimago1983. Rimastoschiacciato sottoil trattore chestava guidando eche, per cause incorso di accerta-mento, si è ribal-tato.Milano E’MORTO SAL-V A T O R EG R A S S O .Salvatore si è

spento dopo 4 giorni di agonia.49enne residente da qualche tempo aTurate, è caduto da un mezzo in movi-mento giovedì mattina.

Taranto E’ MORTO CARMELOSTANO. Carmelo è morto per esserestato colpito alla testa da un grossomasso mentre era alla guida di un esca-vatore.31 marzo Verona E’ MORTO UNAGRICOLTORE in incidente mor-tale sul lavoro è avvenuto poco primadelle 9 a Mezzane di Sotto, in localitàMassimago. Schiacciato sotto il trat-tore che stava manovrando in uncampo agricolo.PIACENZA 27 MARZO E'MORTO LUIGI BOTTI EDILEDI 48 ANNI. LUIGI ha perso la vitaschiacciato da un componente metal-lico di una gru all'interno di uncantiere edile.24 MARZO NOVARA E’MORTO ANTONIO AINAAGRICOLTORE DI 67 ANNI.Antonio è morto dopo essere rovi-nosamente caduto dal tetto di unacostruzione nel cortile di sua propri-età, in via XXV Aprile.

Purtroppo l’elenco prosegue ...http://cadutisullavoro.blogspot.com/

C a d u t i s u l l a v o r o

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ichiamano alle labbrauna voce in uso tra iGreci dell’età classica

che significa seme e quandopatteggiando col proprietariofa inserire nel contratto il suodiritto al “paraspolo”, faritornare al pensiero la paroladei suoi avi ellenici come pure lifa rivivere quando nella sta-gione propizia si reca con lazappetta nei campi seminati a“sporiare” come suol dire, ilgrano, il frumento. Non è veroquindi che la storia della parola“paresporium” o “parasporium”sia oscura se erroneamente si ècreduto.La sua formazione ,piùche all’epoca dei monaci basil-iani deve risalire tempi remotidella Magna Grecia . E’ evi-dente,sostiene il profes sore diNicotera che il contratto enu-mera soltanto gli obblighi aiquali si sottopongono i colonicalabresi. Questi si impegnanoa corrispondere al convento unagiornata di lavoro alla setti-mana, a titolo di ser vitù.(angaria) e tre volte all’anno, ilparesporo di tre giorni insiemeal g iorno settimanale diangaria. Dei tre periodi o turnidi paresporo uno è destinato ailavori di mietitura, un altro aquello pel maggese e un altropoi alla semina dei campi.Come risulta evidentedall’esame letterale e compara-tivo del documento il paresporoè un tributo colonico comunenell’età media, alla quale per-viene come ultimo avanzo diser vitù personali, ultimoresiduo delle miserevoli impo-sizioni fatte agli uomini dellagleba. Nel territorio di Cassanoall’Ionio il bifolco, il foreseannaruolo, a quanto scrive ilLanza, prende ogni mese untomolo di grano misurarasa,mezzo rotolo di sale,undicionce d’olio ,un ottavo di tomo-lo di legumi, un barile di vinodel peso di rotoli quarantadurante il tempo della seminaautunnale e altrettanto nellatrebbiatura delle messi. Più ilparaspolo, consistente nelprodotto di tomolo quattrograno,di un tomolo di orzo e diuno stuppello di legumi semi-nato in comune nella masseria,su dei quali egli paga il terrati-co, la falciatura e le altre spesedi coltivazione soltanto permetà . Così deve praticarsianche nel medioevo. Per con-cludere, aggiungiamo noi colCorso, se la storia è la rappre-sentazione della vita di unmomento, di un’epoca, d’unmondo sociale, non possonoessere trascurate in essa leindagini che nella vita presenterivelano la persistenza delleidee e dei costumi del passato ein quella dei tempi scomparsiosser vano le forme vecchie oanche le forme originarie delleattuali condizioni sociali degliafricani di Rosarno, novelliservi della gleba.

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n buon padre difamiglia è colui che,capace di osservare

attentamente il presente,riesce a vedere dove esso sidiriga , quali tempeste obonacce si preparino e sidispone al peggio peraffrontarle, costruendo for-tificazioni e mettendo daparte il necessario.E se, invece o nello stesso tempo,intravede opportunità di crescita,si attrezza per non lasciarsele sfug-gire, programma interventi corret-tivi della direzione di marcia invista di un miglioramento possi-bile di condizione per sé e per col-oro verso cui è responsabile.Non credo che la complessità –apparente o sostanziale che sia -del nostro presente possa con-fondere a tal punto le idee da farciperdere di vista la bontà di questoprincipio fondato sul sensocomune che quotidianamente ispi-ra le sagge azioni umane: la previ-denza.In relazione alla problematica dellavoro in Calabria, un’osservazioneattenta ci parla di una questionesecolare da collegare al sot-tosviluppo economico del merid-ione italiano in generale.Le ragioni storiche di questo sonogià state ampiamente descrittedalla letteratura meridionalista,ma i tentativi di imprimere unasvolta decisa e definitiva da partedei governi che hanno intesocimentarvisi, sono risultati vani.Cosicché il divario di partenza tranord e sud del paese, pur avendoconosciuto periodi di maggiore ominore accentuazione, ha contin-uato a manifestarsi secondo untrend costante. L’attuale negativacongiuntura economica, rebus sicstantibus, ovviamente aggrava unquadro già di per sé precario,determinando sofferenze peri-colose in un tessuto sociale giàdebole sotto il profilo della capac-ità di reazione motivazionale oltreche morale e civile.A mio avviso, in questo contesto,concentrare gli sforzi su provvedi-menti puramente emergenziali, ditutela o di creazione di “astrattiposti di lavoro”, rischia di risultareaddirittura controproducente se

non ci si chiede, innanzitutto,quali posti di lavoro salvaguardareo inventare. Perché la crescita sia strutturale estabile, è necessario, infatti, fissareuna rotta tenendo conto, da unaparte, delle esigenze primarie e,dall’altra, delle nuove opportunitàche si presentano.Per brevità di esposizione, facciosolo due esempi. Uno riguardo adesigenze primarie ed uno relativoalle nuove opportunità.1 - La tutela del territorio appare,oggi, alla luce del dissesto urbanis-tico ed idrogeologico che minac-cia la sicurezza di larghe fasce dipopolazione calabrese una prioritàimprescindibile oltre che unanecessità economica: investire inprevenzione piuttosto che esserecostretti a dispendiosissimi inter-venti “curativi” che alla fine, permancanza di risorse, si rivelano, alpiù, solo “lenitivi”.La rottamazione degli edifici chenon rispettano le norme antisis-miche, così come l’elaborazione diun piano di canalizzazione delleacque per impedire lo sbriciola-mento franoso del terreno, sem-brano, anche agli occhi di un pro-fano, provvedimenti di buon sensoche, oltre al pregio di essere eco-nomicamente vantaggiosi, hannoanche quello di richiedere un rile-vante impiego di forza lavoro.2 – Quello delle energie alterna-tive è un settore di rilevanzastrategica che avrebbe, anch’esso,una ricaduta positiva nellacreazione di reddito. L’energiasolare e quella eolica - in partico-lare, ma non solo -, naturalmente

disponibili, richiedono di esseretrasformate a beneficio dellacomunità. L’attuale legislazione inmateria consentirebbe il coinvolgi-mento di molti nell’attività di pro-duzione, ma l’informazione ariguardo è del tutto insufficiente ela burocrazia connessa scoraggiapesantemente chi intenderebbeaccostarsi a tale occupazione. Ilrisultato, per ora, è che soltantochi ha a disposizione strumentifinanziari e organizzativi riesce asfruttare questa opportunità. L’ostacolo potrebbe essere supera-to, in ambito regionale, diffonden-do informazioni semplificate, met-tendo a disposizione dei cittadiniun servizio di disbrigo dellepratiche necessarie, costituendoun fondo di prestito agevolato.Molti piccoli proprietari, inquesto modo, anziché accon-tentarsi di affittare i loro terreni adimprenditori – magari spagnoli,tedeschi o padani - a prezzi irrisori,potrebbero avviare un’ attivitàproduttiva in proprio.Un buon padre di famiglia - ovvio- deve prioritariamente voler esseretale, non essere distratto dapropositi differenti rispetto a quel-li assegnati al suo ruolo, che non ètanto quello di perdurare in unaposizione di dominio o di procla-mare guerre per sconfiggere i“clan” ritenuti nemici, quantoquello di contribuire, secondo lesue capacità, alla costruzione di unfuturo migliore per sé e per glialtri. Nel contesto in cui ci trovi-amo, possiamo dare ciò per sconta-to? Purtroppo, non mi sembra.

RR UU

Abolire la miseria del la Calabriawww.abol irelamiseriadel lacalabria. i t

I l l avoro:una quest ione secolare da col legare a l sottosv i luppo economico

Q U E S T I O N E D I P A D R I

L a t u t e l a d e l t e r r i t o r i o , l e e n e r g i e r i n n o v a b i l i , s e d i f f u s e ,r a p p r e s e n t a n o o p p o r t u n i t à n u o v e d i l a v o r o

di Giuseppe Maria Matina

Gli africani diRosarno, modernifigli della glebadi Filippo Curtosi

Questo numero diAbolire la miseria della Calabria

è stato stampato grazie al contributo e all’auto tassazionedelle Associazioni di Radicali Calabresi:

Abolire la miseriae

Resistenza nonviolenta

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a prima pagina dell’AvvenireVibonese del 18 marzo 1893 èinteramente dedicata al fenomenodell’emigrazione, in preoccupante

ripresa dopo un breve rallentamento dellacorsa. La grave crisi agraria di fine secolo,infatti, colpisce la Calabria e, in particolare, ilsettore agricolo. Si calcola che, tra il 1870 e il1915, abbia lasciato la regione un terzo dellasua popolazione e che il picco sia stato rag-giunto nel ventennio tra il 1892 e il 1911,quando se ne andarono 714.731 calabresi. GliStati Uniti rappresentavano il luogo con mag-giori opportunità occupazionali tanto che, adun certo momento, inter vennero politicherestrittive per limitare l’ingresso di nuovimigranti. All’indomani dell’Unità d’Italia ,l’estensione nelle regioni annesse della legis-lazione e del sistema fiscale piemontesi, attra-verso le cinque leggi Bastogi, provocarono iprimi problemi. Aggravio fiscale, unificazionecommerciale, libero scambio, tradimento delproblema demaniale, vendita dei beni ecclesi-astici, aumento del costo della vita ma non deisalari, ruppero gli equilibri su cui poggiava lastruttura feudale borbonica , tag liarono legambe alla piccola industria, determinaronola crisi del settore granario, favorirono ipotenti gruppi agrari a svantaggio del restodella popolazione. Una serie di calamità natu-rali, cui si aggiunsero la malattia del baco e laconseguente chiusura delle filande che garan-tivano lavoro stagionale alle donne, fecero ilresto.Pizzo è la spiaggia dell’imbarco che conduce aGenova, dal cui porto centinaia di migliaia dipoveri partono per l’incantato Eldorado dellesperanze. La situazione appare peggiorata : se,fino a un decennio prima, lasciavano la loroterra solo gli uomini validi attratti dall’illu-sione di facili guadagni e con la speranza di unviaggio più o meno lontano dal quale si torna-va , ormai attraversano l’Atlantico interefamiglie, dietro al peso di insopportabili mis-erie. L’emigrante del passato era ricordatoattorno al focolare, una sua lettera o un vagliane testimoniavano il pensiero per i cari.L’esodo di fine Ottocento è più drammaticoperché chi parte non torna e rescinde definiti-vamente il legame con la propria terra. Ilmotivo, si legge, non è che uno solo: l’impos-sibilità di vivere, sia pure di stenti, in patria.Non c’è possibilità d’illudersi: si emigra nonper la lusinga di speranze rosee e lontane, nonper l’attrazione che l’ignoto esercita sullementi inculte, non per migliorare le propriecondizioni; si emigra invece per trovare unnuovo posto, nel quale la vita sia possibile. Ilposto g ià occupato in patria non è piùsostenibile. Non solo i poveri o gli artigianisono fuori di posto, ma è la nostra societàintiera spostata, i ricchi come i poveri stannoa disagio, vanno in cerca di un nuovo assetto,nel quale l’onesto lavoro sia possibile, e la vitaresa più facile e meno colma di triboli e spine.Il ricco, o colui che può aspettare ancora,spera di trovare il nuovo posto in patria, chinon può aspettare sotto lo stimolo della fameparte, scappa, non guarda il pericolo futuro,pur di sottrarsi a quello permanente, inces-sante, continuo che lo minaccia. E’ un datoallarmante: ricco è colui che può permettersiil lusso di aspettare ancora. Intere famiglievendono tutto, raccolgono gli ultimi risparmi,se ne vanno senza rammarico, anzi, col sollie-vo di non lasciarsi nulla alle spalle e di sot-trarsi alle persecuzioni fiscali, all’incubo dellaliquidazione economica , alla miseria .L’immagine dell’emigrante è quella di unuomo che parte col coraggio che anima i dis-perati alla ricerca di pace. Le rivoluzionipolitiche quotidiane, la febbre gialla, il vomi-

to nero, gli orrori sotto tutte le forme, dellavita vissuta sotto i tropici, ai quali va incon-tro, non lo sgomentano. Il settimanale tieneuna piccola rubrica sull’emigrazione: il 24marzo 1892, ad esempio, riporta una dispo-sizione del Ministero che proibisce ogni oper-azione di emigrazione diretta al Venezuela perle cattive condizioni sanitarie di quelle con-trade, invase da mortali epidemie. Il piroscafo“Colombo” proveniente dal Brasile, ebbe asoffrire molti decessi durante la traversata, edora sconta la quarantena prescritta al lazzaret-to dell’Asinara. A bordo dello stesso trovansivarii nostri concittadini di ritorno dall’emi-grazione, disillusi dal sognato Eldorado. C’èchi torna e chi parte lo stesso e si sorride a chicerca di trattenere, non si maledice nessuno, siè senza indignazione, calmi e rassegnati acrearsi una nuova patria perché, nella propria,la miseria è passata sulla testa di tutti e quelliche son creduti ricchi, in realtà sono pezzentimascherati, che non possono dare lavoro aglialtri perché anch’essi mancano del necessario,ed hanno oneri maggiori da sopportare.Il Governo non impedisce la correntedell’emigrazione ma dirama circolari chedanno conto del modo in cui si vive all’esteroe invita alla prudenza : del 1891 è la Circolareministeriale a firma di Ramognini, che racco-manda agli italiani che vogliano recarsi inVenezuela di accettare solo lavori lungo lalinea Caracas- Valenza, una delle più sane. Inquest’area , oltretutto, g li operai impiegatidalla ditta tedesca che ha in appalto i lavori dicostruzione di una nuova ferrovia godono disufficiente assistenza medica, per la qualehanno una ritenuta del 2% sui salari e però sisuggerisce loro, essendo il vitto piuttostocaro, di non accettare contratti che non assi-curino una mercede non inferiore a nove odieci lire al giorno. Il 4 luglio del 1892, è pub-blicata la circolare con cui il Prefetto Carlottimette in guardia da eventuali truffe in Perù:molti possessori di buoni del debito esternoperuviano si sono riuniti in Società sotto iltitolo “Peruvian Corporation” ed avendoottenuto da quel Governo, in garenzia delloro credito, una certa estensione di terreno,hanno pensato di introdurvi famiglie italianeper affidarne loro la coltivazione. A questoscopo qualche Agente avrebbe già aperte trat-tative con la suddetta Società. Si vorrebbe conciò tentare, a rischio e pericolo degli emi-granti italiani, l’attuazione di quel progettoper ora solo vagamente ideato e che non pre-senta sicure garanzie di buona riuscita. Da quiil divieto ministeriale ad Agenti e Subagentidi compiere operazioni d’emigrazione per ilPerù, fino a nuove disposizioni.Gli immigrati italiani, infatti, vivevanoammassati negli slums delle metropoli statu-nitensi e lavoravano in condizioni disumanenei cantieri per le metropolitane sotterranee eper le ferrovie. Nel Sudamerica erano impie-gati nei lavori agricoli, con paghe da fame eorari di lavoro massacranti. Leggendo questipochi documenti si avverte l’incapacità delGoverno di fronteggiare il fenomeno attraver-so interventi che rimuovano le cause dell’emi-grazione. La legge Crispi del 1888 e quella del1901 che assegna allo Stato, attraverso ilCommissario Generale dell’Emigrazione, ilcompito di tutelare e inter venire a favoredegli emigranti prima della partenza, duranteil viaggio e dopo, denunciano chiaramente ilfatto che l’agire politico sia indirizzato nontanto a ostacolare il flusso migratorio, quantoa prendersi parzialmente cura, dopo averleignorate o sottovalutate, delle condizioni dichi lasciava il paese. Secondo la redazione delsettimanale è g iusto che il Governo nonimpedisca l’emigrazione, bisogna però che siconoscano le difficoltà alle quali gli emigrantivanno incontro, partendo senza notizie sicure

dei luoghi ai quali sono diretti. Viene cosìriportato per esteso l’invito che Piero Lucca,per il Ministro, rivolge alle Prefettureaffinché pubblicizzino la legge del 26 febbraio1891 per evitare delusioni, viaggi inutili e dis-pendiosi, e dolorose peripezie: essa stabilisceche non è permesso l’ingresso nel territoriodell’Unione agli stranieri idioti, pazzi, infer-mi, poveri che possano cadere a carico dellapubblica beneficenza, affetti da malattie nau-seanti o pericolose per motivi di contagio,condannati per reati infamanti, o trasgressioniche implicano turpitudine morale, ai poligamie ai lavoratori arruolati per contratto sia essoscritto, verbale o sottinteso, o che abbianoricevuto danaro da altri come caparra dilavoro. E’ parimenti proibito entrare negliStati Uniti con biglietto pagato da altri oassistiti da altri per l’espatrio nonché assistereo incoraggiare la importazione o immi-grazione di stranieri a mezzo di avvisi, stam-pati o pubblicati all’estero. Nessuna compag-nia o proprietario di navi può favorire l’immi-grazione, a meno che non si accerti l’esistenzadi ordinaria corrispondenza commerciale,pena una multa di mille dollari o un anno direclusione o entrambi. E’compito del coman-dante denunciare, all’arrivo nei porti ameri-cani e prima dello sbarco, nome, nazionalità,ultima residenza e destinazione di ognistraniero agli ufficiali ispettori che, saliti abordo, devono passare in rassegna tutti gliimmigrati e possono consentirne uno sbarcoprovvisorio per sottoporli a visita in tempo eluogo designati, e trattenerli fino a ispezioneultimata. Un’ulteriore multa di 300 dollari èprevista per capitani, agenti, consegnatari oproprietari di navi che si rifiutino di pagare lespese di mantenimento per tutto il tempo chegli immigrati restano a terra e quello successi-vo per il ritorno a bordo.Nonostante i rischi, le compagnie di nav-igazione, in questi anni, si fanno concorrenza,riducono i prezzi del transito, accordanofacilitazioni, cercano di accaparrarsi il favoredelle agenzie di emigrazione: la miseria fa farebuoni affari. Il paesaggio del sud, invece,tradisce gli abbandoni: lo esodo continua, e lenostre campagne diventano deserte: la vignanon si coltiva, le ulive non si raccolgono, e loaratro non feconda più i nostri terreni. Comenei territori privi di popolazione il pascolo siestende, le mandrie si moltiplicano […]Solo qualche anno prima, nel 1885, l’AvvenireVibonese aveva seguito con attenzione glisviluppi della discussione sulla crisi agraria inParlamento, giudicandoli poco soddisfacentidal momento che l’agitazione che serpeggiavanel Paese si mantiene tuttora sostenuta da unpenoso disequilibrio fra la gravezza dell’im-posta e la povertà della rendita. Aveva quindiproposto ad agricoltori e proprietari fondiaridi aderire al Comitato Centrale della Lega diDifesa Agraria costituitosi a Torino, perpoterne a loro volta costituire uno locale.Fuori dai limiti dell’appartenenza politico-ideologica ad un partito, aveva invitato asostenere l’unico rimedio temporaneo possi-bile : l’aumento del dazio sull’importazionedei cereali. E riportato le parole di un illustremembro del Senato: “Le libertà economichedel 1848 furono una reazione contro il dispo-tismo politico, oggi la vostra Lega Agrariainsorge contro il dispotismo dottrinario.Plaudo alle Provincie antiche, ieri iniziatricidell’indipendenza politica , oggi iniziatricidell’indipendenza economica”. Peggiorato loscenario, non rimane, negli anni Novanta, chetenere informati sull’andamento del flussomigratorio e cercare di cautelare chi emigraattraverso una campagna d’informazione suirischi cui si va incontro.E battag liare, per chi resta , affinchél’istruzione diventi una priorità.

I nostr i concittadini r i tornarono dal l ’ emigraz ione , d i s i l lus i da l sognato Eldorado

Il lavoro, la Calabria e l’emigrazioneA n c h e a n o i v e n i v a p r o i b i t o d i e n t r a r e n e g l i S t a t i U n i t i c o n b i g l i e t t o p a g a t o d a a l t r i

di Giovanna Canigiula

Abolire la miseria del la Calabriawww.almcalabria.org

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I l m e r c a t o a s s u n t o a f e t i c c i o i d e o l o g i c o

Crisi economica e fine del lavoro

La forbice tra il mondo dell’opulenza percepita e quello della scarsità reale tende ad allargarsidi Francesco Santopolo

ebbene la civiltà umana si sia strut-turata attorno al concetto di lavoro eil lavoro rappresenti una compo-nente essenziale dei processi eco-

nomici, il mercato, assunto a feticcio ideologico,lo sta escludendo dal processo e oggi si contanooltre 200 milioni di disoccupati e un tasso diesclusione vicino al 7%. La cosa incredibile è che,senza arrossire, “gli economisti ortodossi ci assi-curano che l’aumento del tasso di disoccupazionerappresenta un <<aggiustamento>> di breve ter-mine alle potenti forze create dal mercato chestanno spingendo l’economia mondiale verso laTerza rivoluzione industriale” (Rifkin, 2000). Lapossibilità che, in un raro momento di lucidità,gli economisti capiscano che caduta dei salari sig-nifica caduta della domanda e crollo del mercato,è una cosa che non potrà mai accadere, visto cheanche dopo il 1929 sono stati lasciati indisturbatia confezionare bufale. Vediamo di avviare unragionamento. Nell’esaminare i redditi e le lorofonti, Marx scriveva “Capitale-profitto (guadag-no d’imprenditore più interesse), terra-renditafondiaria, lavoro- salario, questa è la formulatrinitaria che abbraccia tutti i misteri del proces-so di produzione sociale” (Marx, 1965). Piùavanti la formula si riduce a “Capitale-interesse,terra-rendita fondiaria, lavoro- salario” in quanto“l’interesse […] appare come il prodotto proprio,caratteristico del capitale” per estensione la com-prendiamo genericamente nell’interesse, cioè, ilcompenso spettante al capitale terra. Ai fini delragionamento che vogliamo avviare, questo ciconsente, una forzatura concettuale che riduce laformula trinitaria alla formula binariacapitale/salario, in cui per capitale si intendono imezzi di produzione (capitale fisso e capitale cir-colante) e per salario il reddito da lavoro.L’analisi del binomio capitale- lavoro, e la lororelazione col fattore demografico, ci consentonodi ricostruire le origini e i caratteri della crisieconomica che stiamo attraversando ma anche diaffermare che, per la peculiarità con cui siesprime il processo di produzione sociale, cresci-ta economica e crisi non sono categorieantitetiche ma tra loro correlate e strettamentefunzionali. In sostanza- e non è un paradosso- lecrisi dell’economia traggono origine dalla suacrescita. Partiamo dalla popolazione e dal suotrend di crescita. Per raggiungere gli attuali 6,9miliardi di abitanti, la storia demografica delmondo ha dovuto superare alcune fratture.Secondo la teoria della catastrofe di Toba, unaprima frattura si sarebbe verificata nel 70.000 a.C., e avrebbe decimato la popolazione, fino aridurla a poche migliaia di individui. Dopoquesto evento, la popolazione si attestò attorno a1 milione di individui, si mantenne stabile fino al10,000 a. C. e solo dopo la scoperta dell’agri-coltura prese a crescere in maniera esponenziale,raggiungendo i 200 milioni nel primo anno del-l’era cristiana e continuando la sua crescita finoalla Peste di Giustiniano (VI secolo d. C.) che sistima abbia fatto registrare 25 milioni di morti.Sia pure interrotta, di tanto in tanto, da qualcheepidemia (una ogni 20 anni tra il 1348 e il 1487),la crescita è stata costante e ha raggiunto un piccodel 2,2% nel 1963, con la frattura della pandemiadella Morte Nera (XVI secolo), che colpì tutto ilmondo allora conosciuto e si presume abbiaridotto la popolazione umana da 450 a 350-375milioni. Siamo partiti dall’elemento demograficoperché non è indifferente, rispetto al nostroragionamento. In sostanza , considerando ilprocesso produttivo concluso con l’equazionecapitale/salario/capitale, se a nuovi investimenticorrisponde una maggiore offerta di beni eser vizi, alla crescita dei salari, correlata allacrescita demografica che crea nuovi soggetti enuovi bisogni, corrisponde una crescita delladomanda. Qui però si incontrano due problemi.Il primo afferisce alla differenza del tasso dicrescita dell’offerta e della domanda, il secondoalla distribuzione della ricchezza. Esaminando ilprimo punto e considerando un profitto lordocostante del 100% e un capitale costante pari a100, il saggio medio di profitto sarà del 50% .Supponiamo, ancora, che il capitale costante rad-doppi e il profitto lordo rimanga sempre il 100%,il saggio medio di profitto scenderà al 33%.Impegnando un capitale fisso quadruplicato, aparità di profitto lordo (100%), il saggio medio

di profitto scenderà al 20%. Questo perché “laprogressiva tendenza alla dimunizione del saggiogenerale del profitto è […] solo un’espressionepeculiare al modo di produzione capitalistico”“La caduta del saggio del profitto non deriva dauna diminuzione assoluta, ma soltanto da unadiminuzione relativa dell’elemento variabile delcapitale complessivo, dalla diminuzione di essoin confronto all’elemento costante “ (Marx, l. c.).Detto in altri termini, alla crescita di investimen-ti che producono beni e servizi (offerta) non cor-risponde una pari crescita di salari (domanda).Tendenza confermata dai numeri, come rileva unrapporto dell’International Labour Organization(ILO) in cui si afferma che la produttività mon-diale è aumentata del 26% ma il numero dellepersone occupate è aumentato solo del 16,6%.Questa difformità di crescita ha portato a oltre200 milioni di disoccupati e, secondo i dati resipubblici dalla FAO, il 19 giugno 2009 nel sud delmondo si contavano 1 miliardo e 20 milioni diaffamati, un sesto della popolazione che- si fa perdire- vive sul pianeta. E, ancora, rispetto al 2008,nei primi sei mesi del 2009 gli affamati sonoaumentati di 100 milioni per effetto della crisiglobale e dell’intreccio perverso tra recessione edisoccupazione.Se la prima ha portato ad un aumento dei prezzidei beni alimentari, per cui con gli stessi soldi sicomprano meno alimenti, la seconda ha ridottodrasticamente le rimesse degli immigrati chehanno perso il posto di lavoro e le loro famigliehanno meno soldi da spendere. Sempre secondola FAO, gli affamati “sono 642 milioni in Asia enel Pacifico, 265 milioni nell’Africa subsahari-ana, 53 milioni in America Latina e nei Caraibi,42 milioni nel Vicino Oriente e nell’Africa delnord. E sono 15 milioni quelli che non hannocibo sufficiente in paesi come il nostro”(Nigrizia, 7-8/09). Nel momento in cui la forbicetra il mondo dell’opulenza percepita e quellodella scarsità reale tende ad allargarsi, il “sistemacibo” diventa una problema reale, sia per chi neha troppo, sia per chi non ne ha abbastanza : iprimi non vendono, i secondi non comprano. Ècresciuta la produttività ma l’Ilo ha rilevato che ilavoratori poveri del mondo, quelli che, pur aven-do un lavoro, vivono con meno di 2 dollari amer-icani al giorno, sono 1,37 miliardi. Quanto allaseconda questione, cioè alla distribuzione dellaricchezza, il Programma delle Nazioni Unite perlo sviluppo (PNUD), ha rievato che il 20% dellapopolazione mondiale più ricca dispone dell’83%della ricchezza, il 20% della popolazione piùpovera dispone dell’1,4% e al restante 60% dellapopolazione rimane il 15,6% (Madera, 1999).Negli Stati Uniti, per esempio, l’1% della popo-lazione possiede il 40% della ricchezza, il 20% unaltro 40% mentre il restante 79% di popolazionedeve accontentarsi del 20% (Madera, l. c.). Inqueste condizioni, il liberalismo “a tutti i costi”che privilegia l’offerta (impresa e mercato), senzaconsiderare l’occupazione (domanda), rappresen-ta uno degli aspetti più affascinanti e perversidelle discipline economiche, soprattutto per labanalità con cui si esprimono risultati e conget-ture, ammantandole di costruzioni complesse,talvolta, al limite della paranoia. D’altronde sel’allora segretario del Pds Massimo D’Alema, hapotuto dichiarare “Io sono un liberale”(Bevilacqua, 2008) e mantenersi serio, è possibilepensare che i liberali di casa nostra si siano senti-ti gratificati da questa, sia pure non autorevole,new entry. Né possiamo meravigliarci se RichardSobov, assistente al CIO della Lincoln, esprimen-do un’idea condivisa da tutto il mondo delle imp-rese, ha dichiarato “Tendiamo a privilegiare l’in-vestimento, prima di assumere nuovo personale”(Rifkin, l. c.), ignorando che questa scellerataproposizione aveva antecedenti teorici in DavidRicardo che, nel 1819, aveva affermato che ineconomia la quantità di occupazione è irrilevanteperché non influisce sulle rendite e sui profittiche orig inano nuovi investimenti. Posizionilecite, certo, ma solo per chi è convinto che ilcervello sia solo un ingombro anatomico. Che ilmessaggio di Ricardo, lungi dall’assumere uncarattere messianico, dovesse rivelarsi un’autenti-ca bufala, è stato ampiamente dimostrato da tuttele crisi economiche che hanno attraversato il cap-italismo, compresa quella che stiamo vivendo.Restando ancora nel limbo dei classici, nel 1798

Thomas Malthus aveva previsto che, entro lametà del XIX secolo, la crescita della popo-lazione sarebbe stata eccedente ripetto alladisponibilità di cibo, Le previsione malthusiananon si è avverata nei termini in cui era stata enun-ciata ma si è espressa, con connotazioni più per-verse, nel paradosso che, ad una disponibiltà ali-mentare pari a 1,5 volte il fabbisogno dell’interapopolazione mondiale (Smith, 2004), corrispon-dono 1,1 miliardi di affamati. Davvero l’occu-pazione è ininfluente rispetto al mercato ?Davvero abbiamo bisogno degli OGM per vin-cere la fame nel mondo o non è vero che gliOGM, al pari di altre tecnologie, lasceranno perstrada altri milioni di uomini senza lavoro?Non è il caso di cominciare a pensare a nuoveforme di occupazione, prendendo atto che alcuniprocessi, come la sostituzione del lavoro umanocon le macchine, sono irreversibili ? Pensare adun’agricoltura non petrolio - dipendente, peresempio. Pensare di utilizzare la competenza deigeologi per limitare frane, erosioni e perdita disuolo per desertificazione, senza accontentarsi diintervistarne qualcuno dopo un evento, salvo,poi, a contiunare sulla strada percorsa perchéquell’evento si verificasse.La domanda è: esiste una vita “oltre il mercato”?Negli ultimi anni, all’esterno della dicotomiagoverno- mercato, si è aperta una terza possibil-ità, definita la “terza forza basata sulle comunitàlocali” (Rifkin, l. c.).In questo settore, “altrimenti noto come indipen-dente o volontario, l’accordo fiduciario cede ilpasso ai legami comunitari, e la cessione volon-taria del proprio tempo prende il posto dellerelazioni di mercato imposte artificialmente efondate sulla vendita di se stessi e dei propriservizi”, e proprio perché escluso dalla logica delprofitto, attraverso la riduzione dei salari, il terzosettore “è scivolato ai margini della vita pubblica,costretto all’angolo dal dominio sempre più fortedelle sfere del mercato e dello Stato” (Rifkin, l.c,). Questo settore occupa già una buona partedella vita sociale e il volontariato spazia dal-l’istruzione alla ricerca, dall’assistenza sanitariaai servizi sociali, dalle arti alle religioni, dall’as-sistenza ai diversamente abili al disagio giovanile,dai malati di AIDS ai malati terminli. In futuro,disoccupazione e minore impiego di lavoro,forniranno sempre maggiori quote di tempolibero improduttivo, per sé stessi e per i processidi accumulazione. A noi spetta valutare comefarlo rientrare nel processo e invertire la logicadell’espulsione. Dal punto di vista della pro-duzione di ricchezza “uno studio condotto dall’e-conomista Gabriel Rudney, di Yale, nei primianni ottanta è giunto a stimare che la spesa delleorganizzazioni di volontariato americane fossepiù elevata del prodotto interno lordo di tutti iPaesi del mondo, con la sola eccezione di quelliappartenenti al Gruppo dei Sette” (Rifkin, l. c.).Si tratta di prendere atto che, da una parte, la log-ica del profitto tenderà ad utilizzare sempremeno lavoro e, dall’altra, il volontariato può farecose che il settore pubblico e quello privato nonfaranno mai. I sociologi francesi lo hanno defini-to “economia sociale” e Thierry Jeanter ha scrittoche questa “non è misurata allo stesso modo incui si misura il capitalismo […] ma il suo prodot-to integra i risultati sociali con i guadagni eco-nomici indiretti” (Thierry Jeanter, 1986). Si trat-ta, in altri termini, di stipulare un nuovo contrat-to sociale fornendo la giusta risposta a quantoosser vava nel 1819 Simonde de Sismondi, inrisposta alle allucinazioni di Ricardo: “La ric-chezza è davvero tutto e gli esseri umani assoluta-mente niente?BibliografiaBevilacqua, P. (2008), Miseria dello sviluppo,Bari, Laterza.Madera, R . (1999), L’animale visionario, Milano,Il Saggiatore.Marx, K. (1965), Il Capitale, Libo III, cap.XLVIII), Roma, Editori Riuniti.Rifkin, J, (1995), La fine del lavoro, Milano,Baldini & Castoldi.Simonde de Sismondi, J. C. I. (1819), Nouveauxprincipes d’économie politique. Sta in Rifkin, l. c.Smth, J., M. (2004), L’inganno a tavola, Ozzanodell’Emilia, Nuovi Mondi Media.Thierry, J. (1986), La Modernisation de la Francepar l’economie sociale, Parigi, Economica. Sta inRifkin, l. c.

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...degli amici e dei conoscenti, dellestrade di casa o di chi ormai non c'èpiù. I cessanitoti si stringono l'unocon l'altro per stare assieme almenoun giorno, ancora un giorno, nelricordo della loro festa. Una strada,quella che si attraversa, fatta di migli-aia e migliaia di chilometri di mare.Un viaggio che anche ItalianoDomenico di Favelloni si fece nellontano 1910 su un bastimentosgangherato. Le partenze avveni-vano abitualmente da Napoli, o daGenova e poi si affrontava l'infinitoAtlantico fino a Buenos Aires. Diquesti lunghi viaggi DomenicoItaliano ne fece tanti, alcuni sonoanche testimoniati dai suoi bigliettid'imbarco. Uno di questi inter-minabili viaggi lo fece nel 1928 colvapore, di bandiera italiana,"Augustus". Il biglietto di viaggio tes-timonia il camminare per il mondo diDomingo. Da Favelloni a Napoli epoi scalo a Genova prima di prendereil largo nell'oceano. Il giorno dellapartenza da Napoli è il 6 luglio. Lacabina, che gli tocca e gli consegnano,è la numero 686, il letto B, il bigliettoè lo 00100. Domenico Italiano hatrent'anni ed è uno dei tantissimi gio-vani calabresi in cerca di lavoro, difortuna e di una nuova vita al di làdell'Oceano. Oggi riusciamo aconoscere anche il menu della cucinadel bastimento e sapere cosaDomenico Italiano ha potuto man-giare in quei giorni di viaggio. Ilmenù di bordo, giorno per giorno,prevedeva tra l'altro pasta all'acciuga,baccalà in umido con patate, pasta ececi al lardo con patate, carne al ragùcon cipolle cotte... Con il suo bigliet-to di terza classe economica, un pezzodi carta, piegato in due, di colorerosso, il signor Italiano affrontò ilprimo mistero di quello che venivadefinito altro mondo tanto era lon-tano e sconosciuto, il secondo, quellodefinitivo e infinito, lo avrebbeaffrontato molti anni più tardi, nellasua Favelloni Piemonte, dopo ilritorno dalla 'Merica. DomenicoItaliano partì per l'Argentina con ilsuo baule dell'emigrante ritrovatoanni dopo da Padre Maffeo Pretto,scalabriniano calabroveneto in mis-sione nel Sud Italia proprio per studi-are il fenomeno delle migrazioni.Quel baule è oggi un simboloprezioso e famoso delle “Stanze dellaluna” di Vibo Valentia, guardato congli occhi incantati da migliaia di visi-tatori provenienti da tutto il mondo,sguardi colmi di retorico e del nostal-gico nel Museo dell'EmigrazioneItaliana nel Complesso delVittoriano, a Roma. Ieri quel baule èservito come utile contenitore dellepovere cose di Domingo. Un corredoper il corpo e per l'anima, una coper-ta, maglie e mutandoni di lana, uncoltello per il pane, un rasoio e unpennello da barba, documenti efotografie della famiglia lasciata alpaese, lettere sgrammaticate mai invi-ate e mai arrivate e tanti ricordiinfiniti. Ed oggi ancora una bella einattesa sorpresa: dopo l'uscita dialcuni volumi sull'emigrazione cal-abrese ("Il Baule dell'Emigrante, ilbagaglio della memoria"; "I Calabresiche scoprirono la 'Merica";"ItaliAmerica, il viaggio sul maregrande come il cielo") in cui più voltesi parla di Italiano Domenico diFavelloni di Cessaniti, a Milano laregista Fiorella Cicardi gira un videoper uno spettacolo teatrale dal titolo"Bastimenti" che racconta proprio di

Domingo Italiano, di Argentina, diemigrazione, di sogni, speranze e dis-perazione, di terre lontane, di nostal-gia… Cataldo Perri autore dell'operasi ritrova il signor Italiano sulle tavoledi palcoscenico dello spettacolo inItalia e in Argentina. In fondo il des-tino di questo antico uomo diFavelloni è, da sempre, proprio il viag-gio, il camminare per portare la suatestimonianza di uomo, di lavoro e difatica, di fede, di calabrese nelmondo. Una delle immaginette reli-giose, raffigurante San Filippod'Agira, contenuta nel baule diItaliano Domenico, riporta propriouna scritta in corsivo, ingiallita esbiadita dal tempo: "CognatoCarissimo Con piacere ti mando lafigura del nostro gra (nde) Santo pro-tettore, con la speranza che il nostroS. protettore ti voglia guardare datutti i pericoli e il buon idio vogliache ti guariscie dei dolore che tieni !…un paternoster e un gloria patre. Nonti scordare di noi. Pronta risposta tuoBruno. Si è fatta una bona festa". Sullebelle cartoline pubblicitarie le agen-zie di navigazione mostravano bellis-sime navi e promettevano comodiviaggi su veloci e moderne imbar-cazioni che poi, in realtà, si dimostra-vano solo sgangherati vaporetti.Partivano emigranti e bastimenti, daporti vicini e lontani, da PizzoCalabro, Messina, ma principalmenteda Palermo, Napoli e Genova.Partivano con la speranza di attraver-sare l'Oceano in tempi brevi, invecenon bastavano trenta giorni di nav-igazione. Gli emigranti dovevanoaffrontare "quel mare grande quantoil cielo, un mare così grande che sem-brava non finire mai", trenta o quar-anta giorni di mare e cielo per arrivarea New York, la famosa Ellis Island, laloro Novayorca o a Bruccolino o aBonosairi o a Muntivideo… NewYork, Brooklyn, Buenos Aires,Montevideo tanti nomi strani perl'emigrante che partiva per la 'Mericasenza conoscere la nuova lingua, conla sola speranza di un futuro migliore.I bastimenti partivano con il lorocarico d'umanità stipato su ponti estive e si portavano appresso sacchistrapieni, bauli, topi e valigie, stracci eogni genere di cose. Gli emigrantipartivano con la speranza che solo la'Merica poteva offrire, tutti assieme,alla ricerca di una nuova vita. Molti diloro trovavano lavoro e soldi pervivere dignitosamente, altri solo lon-tananza e un infinito senso di nostal-gia. Lasciavano affetti, le case e lecose, si portavano dietro, racchiusonel portafogli, il loro scrigno dellamemoria, le foto dei parenti più cari,le immaginette sacre dei propri santi.San Francesco di Paola per il lungoviaggio sul mare, Santa Lucia per gliocchi, Santi Cosma e Damiano a pro-tezione della salute. Tanti santi diver-si per arrivare bene e ricominciare,sotto la loro protezione, la nuova vitaal di là dell'Oceano. Nel nuovo conti-nente ricostruivano la nuova immag-ine fatta, molte volte con l'illusione diuna vita diversa, da anelli di giallo oroamericano, scarpe nere lucide e scric-chiolanti, portafogli di pelle di cocco-drillo, un'auto e un vestito nuovo perfare le foto da spedire ai parentirimasti al paese. Molte volte vestito, accessori e auto-mobili erano solo noleggiati per iltempo necessario per fare le foto epoter dire, almeno attraverso l'im-magine spedita "ecco come stiamobene, qui in America".

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POLITICA LIBERTARIA OLIBERALISMO SENSIBILE AI PROBLEMI SOCIALI

di Mario Patrono*

i sogna guardars i a l laspecchio e fare unas c e l t a c h i a r a : s eassumere , ne l campo

del la pol i t ica una pos iz ionel ibertar ia o di un l ibera l i s -m o s e n s i b i l e a i p r o b l e m isocia l i come avevamo fattos c e g l i e n d o l a R o s a n e lPugno”

I Radicali sono oggi a un bivio:“Un’alternativa è che i Radicali con-tinuano ad essere un partito che agliocchi di molti si presenta ancoracome un partito specializzato. Unpartito che porta avanti battagliedecisive su casi limite di libertàcalpestate le quali, però, sonobattaglie avvertite da minoranzesensibili ma che non appaiono,spesso, battaglie di massa.Naturalmente questa immagine deiRadicali, presso l’opinione pubbli-ca, tradisce la realtà di un partitoche, battendosi in favore della legal-ità per migliorare le condizioni delvivere insieme nel nostro Paese, subase di libertà individuali e respon-sabilità personali e che vuolerigenerare una democrazia affettadal cancro della degenerazione par-titocratica, è un partito che portaavanti le tematiche più varie chetutte riguardano, quantomeno inastratto, la generalità dei cittadini.L’impegno per una riforma radicaledelle istituzioni, va per l’appunto inquesta stessa direzione. Se però. Ilpartito Radicale, pur conservandole sue preziose sensibilità, vuolediventare un partito che si candidadavvero alla guida del Paese, un par-tito che davvero è capace di fornireun leader alla sinistra complessiva,allora il partito Radicale deve farenuove riflessioni. Naturalmente visono dei compiti minimi delloStato, dei poteri pubblici, dellaRepubblica, che sono, quantomenoin teoria, universalmente condivise.Svolgere bene questi compiti nellalegalità, nella pulizia, con la dovuta

efficienza, è un qualcosa di fonda-mentale. Vi sono poi altre cose chesi possono fare o non fare, che sipossono fare in un modo o in unaltro modo, a seconda dell’opzionedi fondo cui si faccia riferimento.Qui sta la riflessione da compiere.Bisogna guardarsi alla specchio efare una scelta chiara: se assumere,nel campo della politica unaposizione libertaria o di un liberal-ismo sensibile ai problemi socialicome avevamo fatto scegliendo laRosa nel Pugno. Una scelta chiaracioè tra liberismo, per cui l’econo-mia non si tocca e per cui, cioè, ilpotere pubblico l’economia la deveproteggere ma non vi deve inter-venire e liberalismo laburista che,pur muovendo da un’idea di merca-to e dalla sostanziale possibilitàdelle libertà economiche, ne vedeanche i limiti quando il mercatonon risolve i problemi o addiritturali crea. L’intervento pubblico puòmanifestarsi essenzialmente nelriformulare le regole. Dopo gliscritti illuminati di Crus, è ormaichiaro che l’intervento pubblico sifa anche, semplicemente, riformu-lando le regole in modo che esseconsentano alla socialità del merca-to. C’è bisogno, in altre parole, diuna scelta di fondo. De resto, iRadicali ante litteram dei primi del‘900 erano, se vogliamo, laburisti enon liberisti: Nathan fu il creatoredelle case popolari. La socialità delmercato, se si volesse davvero fare lascelta di candidarsi alla guida dellasinistra intera, trascinerebbe con sela necessità di allargare il campodelle tematiche alla riforma del wel-fare, del sistema creditizio e alla fis-calità di vantaggio, alla program-mazione della ricerca scientifica dibase, al governo dei conti pubbliciin presenza di un controllo di ges-tione che sia sostenuto da strutturedi base davvero indipendenti dalpotere politico. Un controllo, èchiaro, che non potrà non avereserie ricadute sulla carriera dei fun-zionari destinati a maneggiare ildenaro pubblico. Si tratta, come sivede, di scelte e riflessioni comp-lesse. Si tratta, però, anche di sceltee riflessioni non eludibili.* Testo tratto dall’Intervento di MarioPatrono al comitato nazionale diRadicali Italiani del 18 aprile 2010

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