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Rassegne critiche, recensioni, schede Nomos 1-2017 ISSN 2279-7238 ALLA RICERCA DELLA DEMOCRAZIA PERDUTA. A PROPOSITO DI ALCUNI CONTRIBUTI SUL SORTEGGIO NELLE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE * di Marco Mandato SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il sorteggio nei più recenti contributi della comunità scientifica – 3. La democrazia, oggi – 3.1 Rivitalizzare la democrazia: le proposte di Sintomer – 3.2 L'ipotesi di un Parlamento parzialmente sorteggiato in Caserta, Garofalo, Pluchino, Rapisarda e Spagano – 3.3 L’appello per un sistema 'birappresentativo' di Van Reybrouck 4. Il sorteggio come metodo propulsivo-integrativo della partecipazione politica, ma non sostitutivo di quello elettivo 1. Premessa li attenti lettori della Rivista giuridica Nomos-Le attualità nel diritto 1 , certamente, non hanno fatto a meno di notare come i numeri 2/2016 e 1/2017 siano caratterizzati da un argomento comune: l'impiego del sorteggio nel diritto pubblico e i suoi rapporti con la selezione della rappresentanza politica e in campo politico 2 e con l'organizzazione e il funzionamento delle Assemblee parlamentari 3 . La ragione di fondo è costituita dalla rilevanza che suddetto tema sta riacquistando nel * Contributo sottoposto a peer review. Dottorando di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale, curriculum Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. 1 www.nomos-leattualitaneldiritto.it 2 Per rappresentanza politica si è soliti intendere quella fiduciaria. Con rappresentanza in campo politico ci si riferisce al livello, a un campo, un ambito diretto all'allocazione autoritativa dei valori. Su questo, cfr. LANCHESTER, F., La rappresentanza in campo politico e le sue trasformazioni, Milano, Giuffré, 2006, pp. 9 ss. 3 In particolare, nel n. 2/2016 della Rivista Nomos-le attualità nel diritto sono stati pubblicati i contributi degli interventi svolti il 21 luglio 2016 in occasione di un incontro di studio promosso alla Camera dei Deputati. Cfr. la Sezione ' Democrazia a sorte: quali scenari possibili?' con contributi di VACCA, G., Democrazia a sorte: quali scenari possibili?; SINTOMER, I., Sorteggio e democrazia deliberativa. Una proposta per innovare la politica del XXI secolo; LANCHESTER, F., Il sorteggio in campo politico come strumento integrativo dell'attività delle Assemblee parlamentari; SCACCIA, G., Democrazia a sorte: problemi e opportunità, tutti reperibili al seguente link http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/fascicoli/nomos-22016. Nel numero corrente della Rivista Nomos, 1/2017 si v. ZEI, A., L'arbitrato del caso: applicazioni del metodo del sorteggio nel Diritto pubblico, reperibile al seguente link http://www.nomos- leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2017/02/zei-anticipazioni-1-2017-1.pdf G

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Rassegne critiche, recensioni, schede Nomos 1-2017

ISSN 2279-7238

ALLA RICERCA DELLA DEMOCRAZIA PERDUTA. A

PROPOSITO DI ALCUNI CONTRIBUTI SUL SORTEGGIO

NELLE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE*

di Marco Mandato

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il sorteggio nei più recenti contributi della comunità scientifica – 3. La democrazia, oggi

– 3.1 Rivitalizzare la democrazia: le proposte di Sintomer – 3.2 L'ipotesi di un Parlamento parzialmente sorteggiato in

Caserta, Garofalo, Pluchino, Rapisarda e Spagano – 3.3 L’appello per un sistema 'birappresentativo' di Van Reybrouck 4.

Il sorteggio come metodo propulsivo-integrativo della partecipazione politica, ma non sostitutivo di quello elettivo

1. Premessa

li attenti lettori della Rivista giuridica Nomos-Le attualità nel diritto 1 ,

certamente, non hanno fatto a meno di notare come i numeri 2/2016 e

1/2017 siano caratterizzati da un argomento comune: l'impiego del sorteggio

nel diritto pubblico e i suoi rapporti con la selezione della rappresentanza politica e in

campo politico2 e con l'organizzazione e il funzionamento delle Assemblee parlamentari3.

La ragione di fondo è costituita dalla rilevanza che suddetto tema sta riacquistando nel

* Contributo sottoposto a peer review. Dottorando di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale, curriculum Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. 1 www.nomos-leattualitaneldiritto.it 2 Per rappresentanza politica si è soliti intendere quella fiduciaria. Con rappresentanza in campo politico ci si riferisce al livello, a un campo, un ambito diretto all'allocazione autoritativa dei valori. Su questo, cfr. LANCHESTER, F., La rappresentanza in campo politico e le sue trasformazioni, Milano, Giuffré, 2006, pp. 9 ss. 3 In particolare, nel n. 2/2016 della Rivista Nomos-le attualità nel diritto sono stati pubblicati i contributi degli interventi svolti il 21 luglio 2016 in occasione di un incontro di studio promosso alla Camera dei Deputati. Cfr. la Sezione 'Democrazia a sorte: quali scenari possibili?' con contributi di VACCA, G., Democrazia a sorte: quali scenari possibili?; SINTOMER, I., Sorteggio e democrazia deliberativa. Una proposta per innovare la politica del XXI secolo; LANCHESTER, F., Il sorteggio in campo politico come strumento integrativo dell'attività delle Assemblee parlamentari; SCACCIA, G., Democrazia a sorte: problemi e opportunità, tutti reperibili al seguente link http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/fascicoli/nomos-22016. Nel numero corrente della Rivista Nomos, 1/2017 si v. ZEI, A., L'arbitrato del caso: applicazioni del metodo del sorteggio nel Diritto pubblico, reperibile al seguente link http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2017/02/zei-anticipazioni-1-2017-1.pdf

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dibattito pubblico, italiano ed europeo. Infatti, è bene rammentare, sinteticamente, che,

quella del sorteggio, non è una pratica completamente sconosciuta sia per quanto

concerne la selezione di coloro chiamati a responsabilità di governo sia relativamente

all'organizzazione di determinate procedure parlamentari. Il metodo del 'caso' costituiva

la prassi nell'antica e affascinante democrazia ateniese per la formazione degli organi di

governo e della magistratura, mentre, relativamente all’organizzazione delle Assemblee

parlamentari, nel periodo liberale il sorteggio veniva impiegato per la formazione degli

uffici4 e per l’adozione delle delibere concernenti le limitazioni all’elettorato passivo, nella

specie le incompatibilità con il mandato parlamentare5.

Il superamento del sorteggio per la formazione degli organi di governo fu favorito dalle

rivoluzioni americane e francesi, le quali, propugnando gli ideali di libertà e eguaglianza

dei cittadini, li riversarono nel diritto al suffragio, originariamente configurato in un'ottica

aristocratica e oligarchica sul presupposto che i titolari di cariche pubbliche, intesi come

i migliori e saggi, dovessero essere legittimati da una scelta elettiva6 idonea a conferire

loro legittimità7 e consenso8. Tale procedura avrebbe consentito al corpo elettorale, in

occasione del rinnovo delle Assemblee parlamentari, di esercitare il controllo9 sul loro

operato, esprimendo una ‘sfiducia politica’. È un aspetto che si rivelerà decisivo per il

nostro lavoro e sul quale ritorneremo.

Il sorteggio è ritornato in auge negli ultimi anni inserendosi in un contesto

particolarmente critico per la democrazia elettiva e mediata, ormai sempre più

quotidianamente tacciata di inefficienza, inefficacia e inadeguata carica rappresentativa

nei confronti dei componenti una comunità politica, il cui senso di partecipazione è

4 Su questo si v. MANCINI, M., GALEOTTI, S., Norme ed usi del Parlamento italiano, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1887, pp. 212 ss. Per un'efficace sintesi, GIANNITI, L., LUPO, N., Corso di diritto parlamentare, Bologna, Il Mulino, 2013, pp. 22 ss. 5 Entrambi questi impieghi furono superati con le riforme regolamentari del 1919 in considerazione dell’avvento dei partiti e dell’estensione del suffragio, promuovendo una composizione delle Commissioni in senso proporzionale ai Gruppi parlamentari in modo da rispecchiare, il più possibile, l’elettorato e introducendo il procedimento giurisdizionalizzato della verifica dei poteri. Sugli impieghi attuali del sorteggio cfr. artt. 3, 6, 54, co. 3 RC e artt. 3, c. 3, 6, 116, c. 1 e 118, c. 5 RS. Sulla verifica dei poteri cfr. artt. 15 ss. Regolamento Giunta delle elezioni della Camera dei Deputati e artt. 13 ss. Regolamento Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica 6 Già da un'analisi etimologica si evince che il significato profondo dell'elezione è proprio quello di compiere una scelta, un atto voluto espressione di una procedura strutturata e regolata che consente, a coloro che godono della titolarità dei diritti politici, di concorrere all'assunzione di una votazione tramite la quale i cittadini partecipano alla formazione degli organi di governo. In tema cfr. FERRARI, G.F., voce Elezioni, in Enc. Dir., VI, Milano, Giuffré, 1982, pp. 609 ss.; ESPOSITO, R., voce Elezioni (VI) – Elezioni amministrative, in Enc. Giur., XII, Torino, Utet, 1989, p. 1; BETTINELLI, E., voce Elezioni politiche, in Dig. Disc. pubbl., V, Torino, Utet, 1990, p. 485; Elezione, in Enciclopedia Treccani, Roma, 1991, pp. 322 ss.; LANCHESTER, F., Gli strumenti della democrazia. Lezioni di diritto costituzionale comparato, Milano, Giuffré, 2004, pp. 149 ss. 7 La legittimità indica che un determinato potere viene accettato dalla collettività. In argomento cfr. PORTINARO, P. P., voce Legittimità, in Enc. sc. soc., V, Roma, Treccani, 1996, pp. 235 ss.; LEVI, L., voce Legittimità, in BOBBIO, N., MATTEUCCI, N, PASQUINO, G., (a cura di), Dizionario di politica, Torino, Utet, 2004; BONANATE, L., Legittimità: tecnicità di una parola, in Psicologia sociale, n. 2/2010, pp. 189 ss. 8 Per un'ampia ricostruzione storica cfr. MANIN, B., Principi del governo rappresentativo, Bologna, Il Mulino, 2010. Per una sintesi MASTROPAOLO, A., Una rilettura dei principi del governo rappresentativo, in Comunicazione politica, n. 3/2014. 9 Cfr. FERRARI, G. P., voce Rappresentanza istituzionale in Enc. giur., Roma, Treccani, 1989, p. 3; COTTA, M., voce Rappresentanza politica, in BOBBIO, N., MATTEUCCI, N, PASQUINO, G., (a cura di), Dizionario di politica, Op. cit., pp. 898 ss.; TARASCO, A. L., Sovranità popolare e sensibilità democratica, in www.giustamm.it, 2010.

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particolarmente svilito10. Infatti, nella letteratura scientifica più recente, il metodo del

caso viene ‘invocato’ come possibile incoraggiamento al recupero della ‘cittadinanza

attiva’ per la formazione di assemblee rappresentative di cittadini – estratti a sorte,

appunto – i quali, con funzioni consultive, di stimolo e di controllo, verrebbero posti in

condizione di discutere e deliberare su temi di particolare rilevanza. Non solo. Si è perfino

prospettata, da parte della dottrina, l’ipotesi di ‘inserire’, nelle arene parlamentari, una

quota sorteggiata di cittadini che vada ad integrare gli eletti.

I contributi che andremo ad illustrare sono diversi tra loro non solo per il formato –

due monografie, un Volume collettaneo e un articolo su Rivista – ma anche per la

sensibilità scientifica e il percorso professionale degli Autori 11 , tuttavia accumunati

proprio dalla identità del tema. La selezione della letteratura è stata dettata dalla

sfavorevole circostanza che trattasi degli unici scritti organici pubblicati in lingua italiana,

certamente sufficienti, però, per consentirci di approfondire il tema del sorteggio legato

al rilancio della partecipazione politica.

Approfondiremo, in particolare, i Volumi di Yves Sintomer, quello collettaneo e il testo

di David Van Reybrouck. Successivamente, una volta aver descritto l’attuale contesto

democratico, esamineremo, anche in prospettiva critica, le proposte dei singoli Autori.

Infine, avanzeremo conclusioni sui possibili impieghi del sorteggio.

2. Il sorteggio nei più recenti contributi della comunità scientifica

Il primo Volume che si descrive è quello di Yves Sintomer. Il titolo, già molto

evocativo, ‘Il potere al popolo. Giurie cittadine, sorteggio e democrazia partecipativa’, Bari, Dedalo,

2009, esprime chiaramente quale sia il pensiero dell’Autore. Il Testo è molto leggibile in

10 Non trascurabili le circostanze che anche in Italia si è parlato di sorteggio con riferimento alle Assemblee (cfr. ‘Per una

politica meno distante occorre una Camera dei cittadini’, editoriale del 2 gennaio 2012, reperibile al seguente link http://www.corriere.it/opinioni/12_gennaio_02/ainis-una-camera-dei-cittadini_4e7f5bb0-3527-11e1-a9e9-f391576f69b4.shtml, riprendendo un’idea già avanzata da Carlo Calenda su ‘Il Foglio’ del 29 dicembre 2011. Lo stesso Ainis ha ripreso la tematica, sottolineando come la sfiducia nei confronti della classe partitica, del Parlamento e dello Stato si attesti a bassi livelli di percentualità si v. l’articolo apparso su ‘La Repubblica’ del 14 gennaio 2017 ‘La democrazia del sorteggio’, reperibile al seguente link http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/01/14/la-democrazia-a-sorteggio33.html?refresh_ce. L’autorevole Costituzionalista non è nuovo a proposte di tal genere, in quanto, già il 2 dicembre 2015, in un articolo pubblicato sul ‘Corriere della Sera’, intitolato ‘Ora scegliamo con il sorteggio i tre giudici della Consulta’ aveva proposto il sorteggio di tre Giudici della Corte costituzionale in virtù della paralisi in cui versavano le Camere in Seduta comune. È reperibile al seguente link http://www.corriere.it/opinioni/15_dicembre_02/ora-scegliamo-il-sorteggio-tre-giudici-consulta-77a6ba5e-98bc-11e5-85fc-901829b3a7ed.shtml. Analoghe suggestioni, sul ricorso al sorteggio per la formazione delle Camere, possono trovarsi in un articolo pubblicato il 24 aprile 2012 su ‘Il fatto quotidiano’, a firma di Paolo Flores D’Arcais, al titolo ‘Un sorteggio per l’astensione’, reperibile al seguente link http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/24/un-sorteggio-per-lastensione/206687/); che del sorteggio ha dato menzione la Corte costituzionale italiana nella sentenza n. 35/2017; che nella XVII Legislatura sono state avanzate proposte di legge per selezionare, tramite estrazione a sorte, i componenti di organi pubblici di particolare rilievo (AC 2922 e AC 3416 reperibili in www.camera.it) e, infine, che il metodo del caso è tutt’ora essere impiegato per la formazione dei giudici popolari delle Corti d’Assise e delle Corti d’Assise d’appello. 11 Gli Autori del Volume collettaneo provengono da settori scientifici disciplinari diversi: Alessandro Pluchino e Andrea Rapisarda sono fisici teorici; Cesare Garofalo è un sociologo; Maurizio Caserta e Salvatore Spagano sono economisti politici. Relativamente agli altri contributi, Yves Sintomer è un filosofo del diritto e politologo. David Van Reybrouck è un attivista originario del Belgio.

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quanto viene adottato un linguaggio semplice e chiaro, privo di tecnicismo. Nella prima

parte l’Autore descrive il preoccupante contesto francese caratterizzato da una profonda

sfiducia, da parte dei cittadini, nei confronti della classe politica, per poi estendere tali

problematiche a tutte le principali democrazie occidentali. Infatti, vengono elencate,

sinteticamente, i principali fattori strutturali che starebbero alla base della crisi della

rappresentanza politica.

Dopo aver descritto il funzionamento della democrazia ateniese, ampiamente basata

sul sorteggio 12 per la nomina dei componenti gli organi principali e l’uso che del

medesimo se ne faceva nei Comuni di Firenze e Venezia, Sintomer descrive

concretamente le recenti esperienze che si sono susseguite in diverse parti del mondo,

basate sulla partecipazione dei cittadini per mezzo di sorteggi. Vengono ampiamente

illustrati gli esempi di giurie, assemblee di cittadini, bilanci partecipativi, sondaggi e

conferenze deliberative, descrivendo le quali si è cercato di dimostrare che, una maggiore

e diretta partecipazione di coloro che fanno parte di una comunità, se adeguatamente

informati su un dato problema e messi in condizione di discutere, possono approntare

soluzioni efficaci ai problemi quotidiani e contribuire all’elaborazione delle politiche

pubbliche. Ognuna delle principali manifestazioni di democrazia deliberativa è descritta

ampiamente sia nelle modalità di selezione dei loro componenti sia negli aspetti

procedurali sia, infine, nell’apporto – significativo o meno – delle deliberazioni assunte.

Una parte specifica è dedicata al contributo che il sorteggio ha avuto, nel corso del

tempo, nella composizione delle giurie deputate a giudicare dei principali illeciti.

Vengono esposte ampiamente le modalità con cui i cittadini venivano sorteggiati e le

teorie di Hegel, Rousseau e Tocqueville tese a suffragare o meno questa modalità di

formazione degli organi giudicanti, nonché i primi casi di sorteggio connessi alle lotterie

e al gioco d’azzardo.

Nell’ultima parte ci si chiede quali siano, eventualmente, i fattori di legittimità politica

del sorteggio. L’Autore individua cinque possibili motivazioni. Il sorteggio potrebbe

essere inteso come manifestazione di un’entità divina o soprannaturale che guida gli

uomini nel gestire gli affari pubblici. La selezione affidata al caso può essere sinonimo di

imparzialità per individuare una soluzione a una controversia, in quanto i componenti

degli organi giudiziari selezioni a caso non sarebbero portatori di interessi personali. Lo

stesso dicasi per l’assegnazione di incarichi di particolare responsabilità, in quanto la

procedura casuale garantirebbe una maggiore neutralità nella scelta dei componenti, cui

sarebbero affidate funzioni particolarmente significative. Inoltre, il sorteggio può favorire

l’autogoverno di tutti su tutti perché si sarebbe allo stesso tempo governanti e governati

e tutti avrebbero le medesime opportunità di poter ricoprire la titolarità delle cariche

pubbliche decisionali; in questo modo, il sorteggio evita che a qualcuno venga attribuito

12 Sul concreto funzionamento della democrazia ateniese si v., per tutti, ARISTOTELE, La politica, edito da Laterza, Bari, 1966.

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un valore superiore rispetto ad altri. Inoltre, la selezione casuale garantirebbe una

gestione del potere da parte di chiunque, il che eviterebbe anche un processo di

professionalizzazione della politica e delle cariche pubbliche, anche perché il senso

comune consentirebbe di cogliere maggiormente le problematiche fondandosi sul

giudizio di pari allontanando il tecnicismo dalle scelte politiche. Infine, il sorteggio

garantirebbe la formazione di un campione rappresentativo della popolazione che potrà

valutare, giudicare e decidere in nome della collettività. Il campione rappresentativo

fornisce un’istantanea di tutte le opinioni degli individui e può favorire un elemento che

rispecchia le differenze del gruppo di partenza, in modo da promuovere una

deliberazione più consapevole confrontando le diverse opinioni. Il campione

rappresentativo permette anche di esprimere gli interessi delle principali categorie sociali

e valorizzare il giudizio di chi sa meno. Inoltre, la selezione casuale può costituire una

tecnica di mobilitazione dei cittadini e una diversificazione delle esperienze sociali

all’interno di un gruppo ristretto di persone che dialogano e deliberano rendendosi

informate e consapevoli.

Il sorteggio viene, quindi, configurato come uno strumento al servizio della

democrazia, atto a favorire una partecipazione attiva della cittadinanza, contrastando,

altresì, i populismi. Esso si pone come un mezzo di canalizzazione del consenso e di

rafforzamento della coesione sociale, idoneo a favorire una migliore qualità della

deliberazione grazie all’imparzialità delle persone che vi partecipano che non hanno

interessi propri. Alla base del sorteggio vi è l’idea di formare una sorta di mini pubblico,

un campione rappresentativo della società in modo da creare una rappresentanza in

miniatura – cd. rappresentanza-specchio nella quale i rappresentanti devono riflettere le

persone rappresentate – sociologicamente rappresentativa, del popolo cui dovrebbero

essere conferite funzioni consultive, decisionale, di controllo e giudicanti.

Il Volume curato da Maurizio Caserta, Cesare Garofalo, Alessandro Pluchino, Andrea

Rapisarda e Salvatore Spagnano, reca il titolo 'Democrazia a sorte, ovvero la sorte della

democrazia', edito da Malcor, Catania. Risale al 2012 e si caratterizza per un taglio diverso

dal precedente. Il tema principale, ovviamente, è sempre quello dell'impiego del

sorteggio, inteso come modalità di partecipazione dei cittadini alla vita politica della

comunità, affrontato nei suoi aspetti teorici, ma soprattutto pratici. Il Testo in

commento, pertanto, si rivela utilissimo per comprendere le concrete modalità e gli effetti

che ne deriverebbero, laddove si impiegasse parzialmente il criterio dell'estrazione a sorte

per la composizione delle Assemblee parlamentari. Il punto di chiusura sta proprio nel

fornirci un quadro statisticamente dettagliato su come potrebbe funzionare un

Parlamento, laddove il metodo elettivo venisse integrato con quello casuale. Ma

procediamo con ordine. Il Volume si presenta molto agile nella sua lettura per la parte

più teorica e anche per quella pratica. Nel complesso, la suddivisione è organizzata

attraverso cinque brevi capitoli, l'ultimo dei quali costituisce il cuore dell'intero lavoro. Il

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merito degli Autori è quello di aver fatto precedere la trattazione del concreto esempio

di una Camera formata parzialmente per sorteggio, da un'analisi tesa a costruire l'ambito

di riferimento connesso al caso.

La parte iniziale, dal titolo 'A che serve la democrazia', curata da Salvatore Spagano

contiene una definizione degli elementi essenziali di una forma di Stato democratica

sottolineando l'importanza e la decisività che la collettività sia regolata da norme

giuridiche vincolanti e 'produttive' di benessere collettivo. La democrazia rappresentativa,

si rileva, costituisce un regime teso a valorizzare, per mezzo del diritto di voto, la

partecipazione indiretta della cittadinanza la quale si nutre anche di vigilanza e

informazione sull'azione di coloro chiamati a governare. Illustrate le caratteristiche delle

forme di governo, ci si è collegati al voto e proceduto a descrivere, sinteticamente, il

funzionamento delle formule elettorali - proporzionali e non maggioritarie - con gli effetti

più o meno proiettivi che da essi discendono sulla composizione delle Assemblee

parlamentari. Proprio su questi aspetti si innesta una delle criticità connesse alle votazioni

elettive, le quali consegnerebbero, spesso, "risultati paradossali [...] allargano lo iato tra

rappresentanti e rappresentatati", a fronte delle più moderne tecnologie che

consentirebbero di esprimere il voto direttamente da casa, senza il filtro dei partiti e dei

rappresentanti. La parte finale concerne proprio il tema della crisi che le associazioni

partitiche stanno attraversando, in quanto vengono considerate sempre più corrotte e

inadeguate a perseguire gli interessi generali. Con riferimento a questi aspetti, vengono

esposti i mezzi di procacciamento dei partiti, divisi tra forme di finanziamento pubblico

e privato, entrambi portatori di benefici e rischi.

Nel secondo capitoletto, 'Il ruolo benefico del caso' prodotto da Andrea Rapisarda,

vengono illustrati concreti esempi di scoperte, in ambito scientifico, musicale, fisico e nei

processi di selezione naturale, le quali dimostrerebbero come il metodo del caso, in

determinate circostanze, agevolerebbe la scoperta di fenomeni precedentemente non

ipotizzabili e venuti alla luce per caso. La conclusione, nella descrizione dei processi e

degli effetti che ne sono scaturiti, è quella per la quale, sposando un metodo di selezione

casuale, si migliorerebbe l'efficienza. Il terzo capitolo, recante il titolo 'Il caso e l'efficienza'

di Maurizio Caserta contiene dimostra il rapporto benefico tra il caso e l'efficienza sotto

il profilo della produzione legislativa e dell'organizzazione dei lavori parlamentari. Si

sottolinea che le norme giuridiche devono possedere un apprezzabile grado di efficienza

e di efficacia, giacché se ne produrrebbero effetti positivi per il benessere collettivo e il

soddisfacimento degli interessi generali. Poter contare su Assemblee elettive efficienti è

un auspicio desiderato da tutti perché una buona 'azione legislativa' si traduce in un

equilibrato rapporto in termini di costi-benefici sull'intero sistema Paese, abbracciando

la dimensione economica e quella politica. In quest'ottica, si anticipa che la presenza di

una quota di parlamentari indipendenti aumenterebbe l'efficienza legislativa perché si

approverebbero pochi, ma virtuosi provvedimenti normativi. Nella quarta parte, con

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titolo 'Elezioni o sorteggio: l'alternativa della demarchia' di Cesare Garofalo, vengono descritte

le modalità di impiego del sorteggio nell'antica Atene, ricordando, inoltre, come il metodo

casuale venisse impiegato anche in alcuni Comuni italiani. Successivamente, si

riprendono le principali critiche che attualmente vengono rivolte alla democrazia

rappresentativa retta dai partiti. Si sostiene che tale forma di democrazia, basata su libere

elezioni, allontana i cittadini dagli affari pubblici, in quanto i partiti non riescono più a

offrire una compiuta forma di rappresentanza sociologica-rappresentativa perché

preoccupati soltanto di gestire il potere e ottenere il consenso elettorale. Da qui la

necessità di nuove forme di democrazia, tese a valorizzare quella partecipativa e

deliberativa, le quali, anche sfruttando internet e le nuove tecnologie, potrebbe

contribuire ad alimentare e rafforzare il senso di partecipazione democratica.

La parte finale rappresenta il cuore del Volume. Scritta da Alessandro Pluchino e

titolata 'Politici per caso: un modello di Parlamento', contiene la formulazione di tre ipotesi: un

Parlamento composto solo da partiti; uno composto solo da indipendenti sorteggiati; un

altro misto, formato da eletti e sorteggiati. Attraverso analisi matematiche e statistiche,

gli Autori dimostrano quando e come si raggiunge il grado di efficienza sotto il profilo

della quantità e qualità dei provvedimenti approvati.

L’ultimo Testo che passiamo in rassegna è quello dello scrittore belga David Van

Reybrouck, dal titolo, anch’esso particolarmente denso di significato, ‘Contro le elezioni:

perché votare non è più democratico’, edito dalla Feltrinelli nell’anno 2015, con traduzione

italiana di Matilde Pinamonti. Il Volume si inserisce nel solco già tracciato dalle opere

precedentemente descritte riprendendo le tematiche più attuali: dalla crisi della

rappresentanza politica alla proposta di ricorrere all’uso del sorteggio nella selezione della

classe di governo. Questa monografia, a differenza del Volume collettaneo, non adopera

un linguaggio tecnico o matematico né propone esempi concreti, ma si limita, con stile

semplice, ma pungente, a sottolineare l’attuale stato di crisi in cui versa la democrazia

rappresentativa proponendo, in chiusura, il ricorso all’impiego del sorteggio.

Il lavoro è diviso in quattro brevi capitoli, nel primo dei quali viene esaminata la duplice

dimensione della crisi della democrazia mediata la quale ‘soffre’ di inefficienza e non

legittimità. L’efficienza costituisce l’indice che consente di misurare la capacità d’azione

dei governanti, la quale sarebbe venuta meno per le complesse dinamiche sottostanti alla

formazione dei Governi, per la quale occorre spesso molto tempo per via della mancata

omogeneità dei partiti o delle coalizioni, per la scarsa fiducia che al giorno d’oggi gli

elettori nutrono nei confronti dei partiti e per le eccesive lungaggini con le quali si

realizzano le opere pubbliche. La crisi di legittimità equivale al mancato sostegno dei

cittadini, testimoniato dalla scarsa partecipazione elettorale, dalla volubilità del voto e

dalla ridotta adesione ai partiti politici.

Nella seconda parte, l’Autore cerca di mettere a fuoco, in maniera lucida e imparziale,

quali potrebbero essere le ragioni che hanno causato quella che definisce “sindrome di

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stanchezza democratica”, identificandone quattro. Le classi dirigenti attuali vengono

accusate di menefreghismo, superficialità e parzialità in quanto non si preoccuperebbero

dei bisogni collettivi, ma del loro arricchimento personale. La crisi della politica sfocia,

così, nella diffusione dei populismi. Il secondo elemento di crisi della democrazia è

individuato nella farraginosità delle procedure decisionali ad essa sottese: la lentezza

nell’adozione delle decisioni condurrebbe a privilegiare la figura del tecnico rispetto al

politico perché il primo realizza un sistema di governo improntato più all’efficienza che

non alla legittimità. Le esperienze italiane e greche e la centralità del ruolo della banca

centrale europea ne costituirebbero una dimostrazione. La terza ragione della crisi è

individuata nella democrazia rappresentativa i cui rituali di funzionamento non

riceverebbero più attrazione da parte del popolo, sempre più bisognoso di far sentire la

propria voce attraverso il costante ricorso agli strumenti di democrazia diretta. La quarta

ragione sarebbe dovuta alla crisi della democrazia elettiva. In questa parte, l’Autore ben

ripercorre i momenti storici più salienti che hanno favorito il metodo elettivo come

procedura per formare la rappresentanza politica, salvo poi descrivere gli aspetti

patologici della stessa. Infatti, la crisi dei partiti politici, la scomparsa dei giornali di

partito, il ruolo sempre più crescente dei nuovi media, che alimentano un bisogno di

maggiore partecipazione, e il prevalere delle logiche di mercato, hanno trasformato il

cittadino da tale a consumatore pronto a sfruttare il momento elettivo esclusivamente

per esprimere la propria preferenza verso un prodotto politico. Di queste criticità ne

risente anche la pratica elettiva, ridotta a una mera battaglia mediatica durante la quale i

partiti ricercano il consenso esclusivamente per conquistare il potere.

Nella terza parte, l’Autore ripercorre le origini del sorteggio nell’antica Grecia e in

alcuni Comuni italiani. Dalla lettura, comprendiamo bene come le rationes sottese

all’impiego del metodo del caso riflettevano una concezione della democrazia intesa

come regime in cui i suoi componenti dovevano essere uguali e partecipare, tutti, alla vita

politica della comunità, essendo al tempo stesso governati e governanti. Il sorteggio,

infatti, veniva considerato un metodo democratico, mentre l’elezione era ispirata a

logiche oligarchiche, mentre nella concezione ateniese dell’epoca non vi era alcuna

distinzione tra cittadini e politici, tra amministratori e amministrati. L’ideale

dall’uguaglianza è scomparso a seguito delle due rivoluzioni americane e francesi le quali

sposarono le idee di quegli scrittori che diffusero un’idea pessimistica della democrazia.

Il regime cui si aspirava sarebbe dovuto essere quello repubblicano in grado di servire gli

interessi della Nazione in cui era riposta la sovranità. Per la realizzazione del benessere

collettivo occorreva, quindi, scegliere i migliori e i saggi e l’unico modo per operare

questo discernimento era ricorrere al metodo elettivo. Di qui, la scomparsa del sorteggio

e la ‘vittoria’ delle elezioni.

Nella quarta e ultima parte, l’Autore mette in luce come, già a partire dagli anni ’80, il

sorteggio abbia fatto la sua ricomparsa e come, nel corso degli anni, si siano promosse

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forme di democrazia deliberativa e partecipativa nelle quali i cittadini coinvolti sono stati

selezionati dal caso. La dimostrazione è offerta dalle esperienze praticate, tra il 2004 e il

2013, in Canada, Olanda, Islanda e Irlanda ove si è favorita la partecipazione di cittadini

sorteggiati per discutere e deliberare su temi particolarmente importanti quali le leggi

elettorali e le riforme costituzionali. Infine, vengono descritte le proposte avanzate in

alcuni Paesi di costituire una Camera composta da cittadini sorteggiati. A tal proposito

ampio spazio è dedicato a un’interessante e suggestiva proposta di Terril Bouricius13 che

ha delineato il possibile funzionamento di un sistema i cui organi – titolari delle singole

competenze – sarebbero composti da cittadini estratti a sorte.

L’ultimo contributo che si riporta è quello di Astrid Zei, dal titolo ‘L'arbitrato del caso:

applicazioni del metodo del sorteggio nel Diritto pubblico’, pubblicato sulla Rivista giuridica Nomos-

le attualità nel diritto, n. 1/2017. Lo si potrebbe definire un saggio di chiusura e di sintesi

del dibattito scientifico sul sorteggio, utile per comprendere, anche criticamente, gli usi

del metodo del caso e le problematiche ad esso connesse. L’Autrice passa in rassegna

tutte le ipotesi in cui il sorteggio è solito essere stato ed essere tutt’oggi impiegato, non

solo nell’ambito dei meccanismi connessi alla titolarità delle cariche pubbliche 14 e

dell’organizzazione dei lavori parlamentari15, ma anche in ambiti più vari, comprensivi

dei procedimenti amministrativi16 e di quelli connessi ad esperienze particolarmente

“tragiche” 17 . Comprendiamo bene, dalla lettura del Saggio, come, le principali

giustificazioni teoriche dell’utilizzo del metodo del caso, siano quelle di assicurare

un’effettiva parità di chances tra i membri di una comunità e, in determinate ipotesi,

assicurare l’imparzialità di procedure e organi18. Il lavoro si conclude con l’esposizione

delle principali criticità connesse alla formazione casuale delle Assemblee elettive, legate

alle dinamiche sottese alla classica concezione del rapporto fiduciario della

rappresentanza politica, alla dimensione dei collegi, alle presunte caratteristiche di

imparzialità e di giudizio dei parlamentari sorteggiati e alla qualità delle discussioni.

13 Si v. Democracy Through Multi-Body Sortition:Athenian Lessons for the Modern Day’,, Volume 9, Issue, 1, pp. 1-19. 14 Si fa riferimento alla sentenza n. 35/2017 con cui la Corte costituzionale, nel censurare la disposizione della legge elettorale n. 52/2015 sui capilista bloccati, eletti in più collegi, ha statuito che la scelta non può essere rimessa all’arbitrio dell’eletto, stabilendo, quindi, che l’individuazione del collegio di elezione è rimessa al criterio residuale del sorteggio. L’A. ricorda, opportunamente, come questo metodo era solito essere impiegato nel periodo statutario, in quanto il regio decreto del 17 marzo 1848 stabiliva, all’art. 101, che, qualora il deputato fosse stato eletto in più collegi, avrebbe dovuto dichiarare, al la Camera di appartenenza, la circoscrizione di elezione. Nell’ipotesi di mancata opzione nel termine di otto giorni, la Camera avrebbe estratto a sorte il collegio in cui si sarebbe dovuto eleggere un nuovo deputato. 15 L’A. ricorda come nei Parlamenti liberali ottocenteschi, non solo in Italia, ma anche in Belgio, Francia e Germania, gli uffici – organi interni alle Camere competenti a un preliminare esame dei disegni di legge – fossero composti da deputati estratti a sorte per l’esigenza di garantire una rappresentanza unitaria e indivisibile, altrimenti compromessa da faziosità politiche. 16 Al sorteggio si ricorre per l’aggiudicazione, nelle gare di appalto, in caso di offerte eguali e non migliorative oppure per la concessione di beni e servizi nel momento in cui occorre procedere alla distribuzione di risorse non eccessivamente ingenti in rapporto alla molteplicità dei destinatari. 17 Si fa riferimento all’assegnazione delle prime abitazioni tra gli abitanti del Comune di Amatrice a seguito del terremoto che ha devastato la cittadina abruzzese il 24 agosto 2016. 18 In queste ultime ipotesi si è fatto riferimento alla composizione delle Commissioni giudicatrici delle gare d’appalto dei lavori, alle rappresentanze che si creano in seno ai penitenziari, alla formazione delle Commissioni di concorso per l’abilitazione alla docenza universitaria.

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In chiusura, il contributo ora esaminato rappresenta un utile punto di riferimento per

addentrarsi nel delicato tema della selezione casuale perché, oltre a descrivere bene i

presupposti di principio del metodo del caso, offre, contestualmente, spunti e stimoli di

riflessione critica sull’impiego del sorteggio nei multiformi ambiti.

3. La democrazia, oggi

Se, tradizionalmente, la pratica elettiva si identifica con la democrazia19 e la democrazia

viene ricondotta all’elettività, intesa come principio generale20 di formazione degli organi

rappresentativi, nel contesto attuale, questa identificazione è venuta meno. La crisi della

democrazia è di natura qualitativa21 e si identifica nella perdita della percezione che

l’elezione, procedimento strutturato di veicolazione del consenso e delle votazioni22,

costituisca la pratica idonea a legittimare23 i poteri pubblici24. Infatti, “[...] proprio il

metodo elettivo, che rimane alla base degli ordinamenti di democrazia pluralista, viene

considerato in crisi sia per quanto riguarda il tradizionale ambito parlamentare, sostituito

da forme di investitura degli esecutivi e da ripensamento e sfarinamento della politicità,

sia per quanto riguarda la veridicità procedurale”25.

Il rapporto tra le istituzioni statali elettive e la comunità politica è divenuto sempre più

distante, la dimensione della politicità non riesce più ad integrarsi con quella civile e

sociale. Ciò è testimoniato dalla scarsa partecipazione elettorale, dal calo delle iscrizioni

ai partiti, dalla volatilità e volubilità del voto elettivo. Per una serie di fattori, di qui a

breve oggetto di illustrazione, l'elezione, fisiologico strumento di funzionamento delle

democrazie rappresentative, ha ormai perso di credibilità e fiducia da parte del corpo

elettorale, minando l'inscindibile legame tra partecipazione politica e democrazia26, diritto

di voto e rappresentanza in campo politico27. Ad essere in crisi è, quindi, la democrazia

19 Cfr. COTTA, M., voce Democrazia, in Enc. giur., X., Roma, Treccani, 1990, p. 1; MARTELLI, P., Elezioni e democrazia rappresentativa: un’introduzione teorica, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. 3 ss. 20 Cfr. Corte cost. sentenza n. 96/1968 ove si afferma che l’elettività è un principio generale dell’ordinamento. 21 Si v. GINBORG, P., La democrazia che non c’è, Torino, Einaudi, 2006, pp. 35 ss. 22 In tema cfr. LANCHESTER, F., Saggi in tema di votazioni e di riforme istituzionali nel diritto pubblico, Roma, 1984; ID., Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali, Roma, Bulzoni editore, 1987; ID., voce Votazioni, in Enc. giur., XXXVII, Roma, Treccani, 1989. 23 Come è stato notato "la democrazia [...] riposa [...] sulla legittimità che gli individui riconoscono alle norme giuridiche e alle istituzioni politiche", MASTROPAOLO, A., La crisi della trascendenza democratica, in Storia del pensiero politico, n. 2/2015, p. 313. 24 Infatti, “la legittimità è qui intesa come una qualità di natura strettamente procedurale; essa è prodotta in modo perfetto e assoluto dall’elezione”, Così ROSANVALLON, P., La politica nell’era della sfiducia, Enna, Città aperta edizioni, 2009, trad. it. a cura di Alessandro Bresolin, p. 13. 25 LANCHESTER, F., Teoria e prassi della rappresentanza politica nel ventesimo secolo, in ROGARI, G., (a cura di), Rappresentanza e governo alla svolta del nuovo secolo, Atti del convegno di studi Firenze, 28-29 ottobre, 2004, Firenze, University Press, 2006, p. 7. 26 Come è stato evidenziato, è la "stessa definizione di democrazia a mettere in relazione partecipazione e rappresentanza e a spingere a domandare se il suo futuro non stia proprio nella possibilità di trovare un tipo di mediazione tra sociale e politico che riesca a realizzare anche una forma di partecipazione quanto più larga possibile [...]", così SERRA, T., La disobbedienza civile: una risposta alla crisi della democrazia?, Torino, Giappichelli, 2002, p. 48. 27 Sul rapporto tra democrazia, diritto di voto e rappresentanza politica si v. MASTROPAOLO, A., La democrazia è una causa persa?, Torino, Bollati editore, 2011, pp. 309-310.

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rappresentativa28 di tipo parlamentare basata sul raccordo Parlamento-corpo elettorale-

partiti29. La perdita di credibilità dello strumento elettivo e degli stessi meccanismi di

funzionamento della democrazia, ha condotto alla perdita di rappresentatività e centralità

delle istituzioni parlamentari, le quali non riescono più a strutturare le domande politiche

e sociali, a vantaggio dell'Esecutivo. Tutto questo sfocia, di conseguenza, nella crisi del

partito e dei circuiti mediatici della rappresentanza politica, rispetto ai quali viene

snaturato il senso del principio elettivo a favore di un maggiore ricorso agli strumenti di

democrazia diretta tali da dar voce immediata al corpo elettorale. Il paradigma della

democrazia immediata consente di instaurare un rapporto personalizzato con i leader

politici, divenuti il fulcro e il baricentro della rappresentanza degli interessi30.

Si è avviato un processo che ha portato al “rattrappimento”31 della democrazia ormai

“degenerata”32 , “anoressica”33 , “depoliticizzata”34 divenuta, pertanto, un qualcosa di

“ibrido” 35 , priva di senso e valore, prigioniera di meccanismi di funzionamento,

legittimità e legittimazione rispetto ai quali si registra un acuto e intenso deficit fiduciario

da parte dei cittadini36.

Questo per diversi aspetti, esterni ed interni37.

Relativamente ai primi, un contributo fondamentale alle difficoltà in cui versa la

democrazia, è stato dato dalla globalizzazione la quale, favorendo l'avvento di un mondo

globale, unico e sempre più integrato, ha ridefinito le tradizionali categorie del politico,

ristrutturando, riconfigurando ed erodendo il potere degli Stati a favore di una

28 SINTOMER, Y., Il potere al popolo. Giurie cittadine, sorteggio e democrazia partecipativa, Bari, Dedalo, 2009, pp. 24 ss., individua sei cause strutturali: 1) Politica impotente: il sistema dei pubblici poteri non sembra più idoneo ad occuparsi di problemi sociali in virtù della precarietà del lavoro, dell’aumento della disoccupazione e della crisi economica; 2) Abbandono politico delle classi popolari: ormai si sono dissolte le identità di classe specialmente quelle popolare che non riescono più ad organizzarsi in una rete ben strutturata e organizzata perdendo la propria identità; 3) Affacciarsi di una società del rischio: la classe dirigente non riesce ad offrire risposte adeguate e soddisfacenti a fronte degli sconvolgimenti dati dagli sviluppi tecnologici ed economico e avvertiti dai cittadini come problematiche urgenti; 4) Crisi dell’azione pubblica: si registra un enorme discredito e un profondo senso di sfiducia verso la neutralità e l’imparzialità della burocrazia statale. I servizi pubblici vengono avvertiti come inefficienti e inidonei ad offrire, soprattutto alle fasce popolari, soluzioni rapide ed efficaci; 5) Ostacolo ideologico: sono scomparsi gli ideali in grado di costituire validi elementi identificativi; 6) Cause interne al sistema politico: la classe politica sta assumendo stili e abitudini di vita propri allontanandosi dalla realtà sociale e sposando una visione del mondo specifica e diversa da quella dei cittadini. 29 Cfr. URBINATI, N., Che cosa intendiamo quando parliamo di crisi della democrazia, in Il Mulino, n. 6/2016, p. 983. 30 Su questo cfr. LANCHESTER, F., Democrazia, rappresentanza, responsabilità, in CARLASSARRE, L. (a cura di), Democrazia, rappresentanza, responsabilità, Padova, Cedam, 2001, p. 31; ID., Le istituzioni costituzionali italiane tra globalizzazione, integrazione europea e crisi di regime, Milano, Giuffré, 2014, pp. 13 ss.; CASSESE, S., La democrazia e i suoi limiti, Milano, Mondadori, 2017, pp. 7 ss. e 49 ss. 31 MASTROPAOLO, A., La crisi della democrazia. Tra interessi e paradigmi, in Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Quaderno n. 7, 1996, p. 31. 32 BOVERO, M., Sette globalizzazioni?, in Teoria politica, XVIII, n. 3/2002, pp. 67-68. 33 MASTROPAOLO, A., Crisi dei partiti o decadimento della democrazia?, in www.costituzionalismo.it, n. 1/2005, p. 8. 34 URBINATI, N., Democrazia sfigurata: il popolo tra opinione e verità, Milano, Egea, 2014, pp. 109 ss. 35 Si v. DIAMANTI, I., Democrazia ibrida, Roma-Bari, Laterza, 2014. 36 La radicalità della percezione della crisi democratica è intuibile leggendo una recente intervista dello scrittore francese Michel Houellebecq, pubblicata il 24 marzo 2017 sul ‘Corriere della Sera’, il quale evoca un sistema senza Parlamento e un fortissimo ricorso agli strumenti di democrazia diretta. L’intervista è reperibile al seguente link http://www.corriere.it/esteri/17_marzo_24/houellebecq-sono-populista-non-voglio-rappresentanti-0f93fbd4-100c-11e7-94ba-5a39820e37a4.shtml 37 Su questo, AZZARITI, G., Il costituzionalismo moderno può sopravvivere?, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. 8.

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molteplicità di centri di potere i cui attori principali non hanno tutti natura pubblica. I

processi globalizzanti hanno fortemente indebolito e reso impotente, agli occhi

dell'opinione pubblica, le istituzioni - parlamentari e governative - nazionali, le quali sono

divenute incapaci di reagire autonomamente alle nuove sfide globali e regolarle. Gli Stati,

ormai privati della loro dimensione sovrana, si inseriscono in un nuovo spazio politico38,

territorialmente indefinito 39 e politicamente dominato dalle grandi organizzazioni

internazionali e dalle imprese, le quali promuovono un'intensificazione delle relazioni

sovranazionali rette da accordi di cooperazione e integrazione, ritenuti necessari per

gestire e controllare le nuove sfide globali40. Il potere politico statale diviene relativo e

condizionato da una molteplicità di fattori che lo rendono impotente e dipendente dalle

logiche di mercato41, dalle intese con i partner europei e internazionali, dalle richieste di

maggiore autonomia provenienti dalle realtà regionali e locali42. I meccanismi di governo

sono retti da organi molto spesso non elettivi, rispetto ai quali i cittadini non riescono a

offrire un contributo decisivo in termini di legittimità e legittimazione e, di conseguenza,

a farne valere forme di responsabilità politica. Di qui, un nuovo ruolo per gli Stati che

comporta la necessità di ripensare le loro tradizionali funzioni e adattare43 le istituzioni

38 BECK, U., Che cos'è la globalizzazione, Roma, Carocci, 1999, p. 13. Nello stesso senso, GALLI, C., Spazio e consenso nella politica globale, in GHERARDI, R., (a cura di), Politica, consenso e legittimazione. Trasformazioni e prospettive, Roma, Carocci, 2002, p. 55, il quale mette in luce come la "la globalizzazione produce tendenzialmente la fine e il superamento della spazialità politica moderna, dell'immagine dello spazio incorporata nelle categorie politiche moderne. [...] La politica passa oggi attraverso una profonda ridislocazione categoriale e pratica dei suoi referenti spaziali"; FERRARESE, M.R., La 'glocalizzazione’ del diritto: una trama di cambiamenti giuridici, in AMATO, C, PONZANELLI, G., (a cura di), Global law v. local law. Problemi della globalizzazione giuridica, Torino, Giappichelli, 2006, p. 26, la quale mette in evidenza che "il criterio della territorialità, che ovviamente sotto vari profili ancora resiste ed è destinato a resistere anche in futuro, perde tuttavia la sua scommessa principale: quella di essere davvero il criterio esclusivo, ossia di fungere da reale gate-keeper finale della giuridicità". 39 Sulla trasformazione del rapporto tra politicità, territorialità e sovranità cfr. HELD, D., Governare la globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 117 ss. 40 Infatti, come mette in evidenza STIGLITZ, J.E., La globalizzazione che funziona, Torino, Einaudi, 2006, p. 21, "la globalizzazione ha creato l'esigenza di un'azione collettiva da parte di popoli e paesi per risolvere i problemi comuni [poiché] ci sono troppe questioni che possono essere affrontate solo a livello mondiale". 41 Infatti, un ulteriore effetto della globalizzazione è il rovesciamento dei rapporti tra sfera politica ed economica. La particolare posizione di forza assunta dalle grandi imprese multinazionali ha prodotto una maggiore intensità e afflusso dei traffici commerciali con il conseguente aumento di livelli produttivi e globali che le politiche statali, da sole, non riescono a gestire e regolare. Ciò è dovuto anche al ricorso allo strumento contrattuale, sfruttando il quale le imprese riescono ad adottare politiche gestionali svincolate dal controllo statale, agendo contemporaneamente in varie parti del globo, favorendo la circolazione di ingenti risorse economiche sottratte al controllo statale. Tutto questo comporta una deterriolizzazione della ricchezza e dell'economia e il dominio della legge di mercato rispetto a quella legislativa statale. Su questo cfr. ex plurimiis IRTI, N., Fenomenologia del diritto debole, in AA. VV., Nuove frontiere del diritto, Bari, Dedalo, 2001, p. 36; FITOUSSI, J.P., La democrazia e il mercato, Milano, Feltrinelli, 2004, trad. it. a cura di Massimo Scotti, p. 63; GALGANO, F., La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, Il Mulino, 2005; ZIEGLER, J., La privatizzazione del mondo, Milano, Net, 2005, trad. it. a cura di Monica Fiorini, p. 95; MONATERI, P.G., Contratto e globalizzazione: introduzione, in AMATO, C, PONZANELLI, G., (a cura di), Global law v. local law. Problemi della globalizzazione giuridica, Op. cit., p. 41; FISICHELLA, D., Crisi della politica e governo dei produttori, Roma, Carocci, 2007, pp. 291-292; D'ALBERTI, M., Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 116; FERRARA, G., La crisi della democrazia costituzionale agli inizi del XXI secolo, Roma, Aracne, 2012, p. 104; DI TARANTO, G., La globalizzazione diacronica, Torino, Giappichelli, 2013, p. 133. 42 Sulla rilevanza della dimensione regionale cfr. CASSESE, S., Morte e trasfigurazione dello Stato, in JEAN, C., (a cura di), Morte e riscoperta dello Stato-nazione, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 13 ss.; OHMAE, K., Il senso della globalizzazione, Milano, Etaslibri, 1998, p. 106. 43 Cfr. ANDORNINO, G. B., Stato, globalizzazione e neo-confederalismo. Riflessioni su di un presidio politico proporzionato all’età dell’interdipendenza, in Teoria politica, XXII, n. 3/2006, pp. 16 ss.; SCHIERA, P. Lo Stato moderno. Origini e degenerazioni, Bologna, Clueb, 2004, p. 229; SALTER, L., Globalizzazione, tecnologia e mito dell’indebolimento dello Stato: una critica alle dinamiche della

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politiche interne alla nuova politica globale44 retta da un'ampia struttura di governance

sostitutiva del government45, alla cui base vi sono continue integrazioni tra attori politici e

non, tra organizzazioni internazionali ed entità statali, tra sfera politica e sfera

economica46.

Per quanto concerne le cause interne della crisi della democrazia, vi è certamente il

mutato ruolo dei partiti politici i quali, da strumenti di filtro delle istanze sociali47 e di

rappresentatività delle stesse nelle arene parlamentari, hanno cessato di svolgere una

funzione educativa e inclusiva delle collettività, sminuendo il senso e il valore connesso

alla partecipazione democratica48. La scomparsa del partito di massa49 ha innescato un

processo di progressiva verticalizzazione50 del potere e della rappresentanza politica51,

smontando un apparato precedentemente in grado di contare su un’organizzazione

capillare e ramificata sui territori e sulla capacità di ottenere il consenso elettivo mediante

la presentazione di una piattaforma programmatica conforme all’ideologia di fondo del

partito medesimo.

Uno dei fattori che ha contribuito al disfacimento del partito di massa, sostituito da

un partito macchina 52 ad uso e consumo del leader, è rappresentato proprio dalla

scomparsa delle ideologie e dall’incapacità di ricomporre le fratture sociali presenti nella

comunità. Il venir meno delle ragioni ideologiche, che si pongono (o si ponevano) alla

base delle diverse organizzazioni partitiche, ha fatto si che esse abbiano assunto una

dimensione laicizzata53, priva di riferimenti valoriali sui quali la cittadinanza potrebbe

postmodernità, in GUARALDO, O., TEDOLDI, L., (a cura di), Lo stato dello Stato. Riflessioni sul potere politico nell’era globale, Verona, Ombre corte editore, 2005, p. 64; CARRINO, A., Il problema della sovranità nell’età della globalizzazione, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014, pp. 152 ss. 44 FERRARESE, R., DORE, R., voce Globalizzazione, in Enc. sc. soc., I Supplemento, 2001, reperibile al seguente link http://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/ 45 Sul rapporto tra governance e government cfr. CASSESE, S., La crisi dello Stato, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 15 ss.; BORGHINI, A., Metamorfosi del potere. Stato e società nell’era della globalizzazione, Milano, Franco Angeli, 2003, p. 135, nota 52. 46 Cfr. ex plurimiis, LEVI, L., in LEVI, L., MOSCONI, A., (a cura di), Globalizzazione e crisi dello Stato sovrano Torino, Celid, 2005, pp. 139-140; BIANCHIERI, B., voce Globalizzazione, in Atlante geopolitico, 2012, reperibile al seguente link http://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione-e-regionalizzazione_%28Atlante-Geopolitico%29/; STEGER, M. B., La globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2016, p. 75. 47 Come sottolinea PALANO, D., La democrazia senza partiti, Milano, Vita e Pensiero, 2015, p. 80, “ai partiti viene infatti rimproverata la responsabilità di aver tradito la loro missione originaria, di aver smarrito gli ideali di un tempo, di aver tagliato il legame che li univa alla società”; cfr. ID., Il partito inutile?, in Filosofia politica, n. 1/2015, pp. 3 ss.; ID., La macchina per fabbricare passioni. Il concetto di “partito” nell’era della ”crisi” dei partiti, ivi, p. 111. 48 Per una sintesi si v. MORBIDELLI, G., PEGORARO, L., REPOSO, A., VOLPI, Diritto pubblico comparato, Torino, Giappichelli, 2012, pp. 313 ss. 49 Cfr. REVELLI, M., Finale di partito, Torino, Einaudi, 2013, p. 16; PICCIO, D., La scommessa democratica dei partiti in trasformazione, in www.costituzionalismo.it, n. 3/2015, pp. 4 ss.; ALGOSTINO, A., Partiti, conflitto e potere: spunti di riflessione sulla trasformazione del partito politico, in Concetto e funzione dei partiti politici, in Nomos, n. 3/2015, pp. 9 ss.; SALVATI, M., La democrazia è in crisi: c'è qualcosa di nuovo?, in Il Mulino, n. 6/2016, pp. 972 ss. 50 Cfr. AZZARITI, G., Cittadini, partiti e gruppi parlamentari: esiste ancora il divieto di mandato imperativo?, in Partiti politici e società civile a sessant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Atti del XXIII Convegno annuale dell'associazione italiana dei costituzionalisti, Alessandria, 17-18 ottobre, 2008, Napoli, Jovene, 2009, pp. 177-238. 51 Definita da DELLA MORTE, M., Quale futuro per la rappresentanza politica? in MORELLI, A., (a cura di), La democrazia rappresentativa.: declino di un modello?, Milano, Giuffré, 2015, p. 9, “una reliquia del passato”. 52 TUCCARI, F., Ritorno al futuro? La crisi dei partiti politici, in Storia del pensiero politico, n. 1/2014, p. 135. 53 IGNAZI, P., Forza senza legittimità. Il vicolo cieco dei partiti, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 34 ss.

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identificarsi. Il partito, da grande organizzazione di massa, è divenuto una mera macchina

elettoralistica, idonea, soltanto, a cercare di ottenere il consenso per crogiolarsi e

appiattirsi nella titolarità del potere politico 54 , mirando esclusivamente

“all’autoconservazione e all’autoperpetuazione come classe”55. Non v’è dubbio che, lo

smarrimento dell’azione rappresentativa delle associazioni partitiche, sia imputabile

anche ai fenomeni della globalizzazione la quale, riducendo le distanze fra le varie parti

del mondo e agevolando l’incontro e la commistione di nuove culture, identità, tradizioni,

ha reso più complessa e multiforme la società e gli interessi da essa espressi56. Tutto

questo ha favorito l’emergere di nuovi bisogni e rinnovate esigenze rispetto alle quali i

partiti si sono trovati impreparati e incapaci di porre in essere un’azione unitaria e di

sintesi nell’ottica della loro riconduzione ad unità.

Questi fenomeni, interni ed esterni, ora brevemente descritti, spiegano come la crisi

democratica sia di legittimità e di governabilità, costituendo concause che dimostrano

come, nei confronti della pratica elettiva, vi siano timori, diffidenze e percezioni di

inutilità. Il corpo elettorale avverte che la sede del potere politico non è più all’interno

dei confini nazionali, ma ‘trasferita’ a livelli sovranazionali in cui le decisioni di natura

pubblica sono il risultato di trattative private tra una molteplicità di agenti che agiscono,

spesso, in nome di interessi economici e personali. Per questo motivo, viene attribuito

all’elezione un peso ormai relativo sia perché i partiti politici e le classi dirigenti vengono

considerati corrotti, interessati esclusivamente alla cura dei propri interessi personali sia

perché si ha la percezione che le principali decisioni non vengono adottate a livello

nazionale da parte degli attori statali, ma ad un livello superiore. Quest’ultimo è

contrassegnato da una fitta rete di agenti spesso non di natura pubblica, organizzazioni

internazionali e organi tecnici non legittimati per via elettiva e consensuale, sottratti a

qualsiasi giudizio politico dell’elettorato secondo i canoni tradizionali della

rappresentanza in campo politico.

3.1. Rivitalizzare la democrazia: le proposte di Sintomer

Il Sintomer propone una 'trasformazione' della democrazia rappresentativa in senso

più inclusivo e partecipativo (pp. 199 ss). Alla base del richiamo al sorteggio vi è la tesi

per la quale la composizione sociale dei rappresentanti deve essere diversificata in modo

da sposare una concezione della politica come impegno di tutti e parziale. Solo in questo

modo si realizzerebbe una democrazia partecipativa. Il riconoscimento a tutti i livelli dei

referendum di iniziativa popolare favorirebbe una maggiore partecipazione dei cittadini.

54 Cfr. DAHRENDORF, R., Dopo la democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 97; DUSO, G., Parti o partiti? Sul partito politico nella democrazia rappresentativa, in Filosofia politica, n. 1/2015, p. 31; GORLANI, M., La “tardiva” attuazione legislativa dell’Art. 49 cost. nell’eclissi della funzione di rappresentanza dei partiti politici, in Nomos, n. 1/2016, pp. 3 ss. 55 LUDOVICO, M., Se sovrano è il popolo. La democrazia del sorteggio, Roma, Bulzoni, 1997, p. 28. 56 Per tutti si v. LIETO, S., La crisi dei partiti politici nella duplicità paradigmatica globale e locale, in Rivista Aic, n. 4/2012.

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L’A. ritiene che sulle questioni più importanti (es. entrare in guerra) la consultazione

referendaria debba essere obbligataria. Oppure, si potrebbe stabilire in modo più

pregante il diritto di petizione, in virtù del quale il legislatore sarebbe tenuto a

promuovere una discussione su problematiche caldeggiate da un certo numero di

cittadini nonché la revoca degli eletti per via referendaria su richiesta di un 20%

dell'elettorato.

Ci sono quattro direzioni, declinate nelle funzioni di discussioni, controllo, giudizio e

decisione, che potrebbero essere seguite. 1) occorrerebbe moltiplicare le giurie cittadine

e i sondaggi deliberativi e favorire, tramite provvedimento legislativo, l'organizzazione di

dibattiti pubblici prima di deliberare su questioni particolarmente rilevanti. Tali ‘organi’

svolgerebbero funzioni consultive e produrrebbero raccomandazioni la cui inosservanza

dovrebbe essere giustificata dalle autorità coinvolte. Un ruolo di primario rilievo

potrebbe essere assunto da una Fondazione nazionale per la democrazia partecipativa

con compiti organizzativi, di supervisione, intervento e ausilio; 2) tali ‘meccanismi’

fondati sul sorteggio dovrebbero essere titolari di funzioni di controllo e valutazione agendo

nella sfera dell'imparzialità. Suddette prerogative potrebbero essere assegnate a un

osservatorio che si preoccupi di verificare la corretta erogazione dei servizi pubblici nei

confronti della cittadinanza, ricevendone richieste e doglianze, valutando, altresì, la

qualità delle prestazioni offerte e chiedendone conto alle autorità coinvolte. Sulla stessa

scia, si colloca anche la proposta di istituire, a un livello non centralizzato, giurie di

cittadini che valuterebbero l'operato di coloro che hanno responsabilità di tipo politico.

Le suddette giurie, i cui costi sarebbero coperti parzialmente da risorse pubbliche, si

potrebbero riunire una prima volta per valutare quali priorità siano meritevoli di

trattazione, una seconda volta per verificare se e quali obiettivi hanno ricevuto

realizzazione. I lavori della giuria si volgerebbero in contraddittorio con gli stakeholders

(non solo politici, anche associazioni interessate e specialisti) in modo da produrre, al

termine dei lavori, un rapporto pubblico; 3) nella prospettiva dell'A. bisognerebbe

rivitalizzare le giurie nelle Corti d'Assise e la funzione giudicante degli organismi formati

per mezzo dell'estrazione a sorte. Una suggestiva e provocatoria proposta è quella di

istituire un Tribunale del popolo che, garantendo imparzialità, giudicherebbe dei casi

politici (libertà di stampa, attentati alla sicurezza statale o corruzione pubblica) in modo

che nessuno starebbe al di sopra della legge. Suddetto organo potrebbe assolvere un

ruolo primario anche per favorire una maggiore responsabilizzazione della Magistratura;

4) infine, si propone un impiego del sorteggio nelle procedure che sfociano in una

decisione. Per favorire un maggior peso della cittadinanza verso gli eletti, si potrebbe

incentivare, a livello locale (es. i consigli di quartiere), meccanismi che adottino una

decisione celere; le riunioni dovrebbero essere pubbliche e le autorità locali impegnarsi a

incentivare i progetti finanziati e rispettare le decisioni assunte. Una soluzione alternativa

sarebbe quella di istituire un’assemblea sorteggiata (che potrebbe assolvere le funzioni

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del Tribunale popolare) al posto della Camera Alta la quale, nella maggior parte dei Paesi,

non avrebbe una chiara legittimazione, ad eccezione di quella presente nei tipi di Stato

federale. Non solo quest'assemblea sorteggiata non sarebbe deleteria, ma sarebbe più

rappresentativa del Paese. Operando in sessioni plenarie o per mezzo di commissioni,

adempirebbe ad una funzione consultiva delle leggi ordinarie e, nell'ipotesi di gravi

conflitti sociali, avrebbe la competenza di rivolgere raccomandazioni obbligatoriamente

discusse dall'assemblea nazionale e dal Governo. Nei suoi confronti, inoltre, sarebbe

responsabile la Fondazione nazionale per la democrazia partecipativa.

Da un punto di vista teorico, le soluzioni57 del Sintomer sono apprezzabili in quanto

darebbero senso alla democrazia partecipativa basta su organismi formati mediante

sorteggio. Pare di comprendere che, i presupposti di fondo dell'analisi del filosofo del

diritto, siano due: da un lato, la formazione di un ‘mini-pubblico’ sociologicamente

rappresentativo di una parte della popolazione in base a requisiti oggettivi (competenze

professionali, età, sesso, istruzione); dall'altro, la necessità di favorire l'inclusione dei

cittadini nei processi decisionali, ritenuta opportuna in quanto, gli stessi, garantirebbero

'risultati deliberativi' efficienti per via delle discussioni e dello scambio di opinioni nonché

dell'imparzialità con cui opererebbero. Tuttavia, in questi casi, si pone il problema di non

essere certi sulla qualità delle discussioni e delle deliberazioni nonché sulla reale

imparzialità e competenza dei cittadini sorteggiati 58 . Questi ultimi non assicurano

un’effettiva rappresentanza, ma esclusivamente una rappresentatività del campione

statistico rispetto alla quale non vengono considerate le caratteristiche soggettive 59 .

Inoltre, bisognerebbe ben definire le modalità procedurali di selezione dei cittadini e di

discussione e deliberazione all’interno delle giurie e delle conferenze deliberative. Infatti,

affinché un corpus deliberante possa essere ‘credibile’ deve essere legittimato60; il che può

avvenire esclusivamente mediante una regolazione eteronoma che ne definisca modalità

di formazione, discussione e deliberazione. Proprio per questo, i consessi di cittadini

sorteggiati, ai fini di una loro legittimità e legittimazione, devono essere promossi dalle

autorità pubbliche che devono regolarne ogni minimo aspetto.

Non condivisibili le proposte di un recall del mandato, in virtù del principio del divieto

di mandato imperativo comune ai vari Testi costituzionali né istituire un Tribunale del

57 Giova rammentare, inoltre, che lo stesso Sintomer ha proposto, per il sistema istituzionale francese, di integrare l’Assemblea Nazionale e il Senato con una terza Camera composta da cittadini estratti a sorte tra candidati volontari. Costoro sarebbero remunerati e godrebbero di tutte le informazioni possibili. Questa terza Camera si occuperebbe di problematiche che richiedono soluzioni a lungo termine come Costituzione, leggi elettorali, questioni ecologiche e sociali. 58 Per una breve sintesi delle criticità connesse alla democrazia deliberativa fondata sul sorteggio si v. BOBBIO, L., Le virtù del sorteggio, in ZOLA, D. (a cura di), Dopo la politica: democrazia, società civile e crisi dei partiti, Roma, Edizioni dell'Asino, 2008, pp. 116 ss., il quale sottolinea come "questa forma di discussione e di decisione sia una forma di discussione fredda, mentre invece siamo abituati al fatto che la partecipazione sia, per definizione, calda, sia un luogo in cui ci si scontra”. 59 Cfr. OLMASTRONI, F., Partecipanti e non partecipanti. Limiti di rappresentatività in pratiche di democrazia deliberativa, in Rivista italiana di scienza politica, n. 1/2013, p. 58. 60 Valorizza il rapporto tra legittimità sostanziale e procedurale MARTÌ, J.L., La democrazia deliberativa e i diritti a garanzia della procedura, in Ragion pratica, n. 1/2008, pp. 139 ss.

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popolo competente a giudicare di determinate questioni. Quest'ipotesi potrebbe suscitare

la percezione che i responsabili politici siano e rimangano impuniti da qualsiasi giudizio

- giuridico e politico - nell'ipotesi di eventuali illeciti commessi nel corso del mandato

elettivo, circostanza non esatta da entrambe le prospettive. Sotto il profilo giuridico,

coloro che assolvono a funzioni politiche sono normali cittadini soggetti dinanzi alla

legge; dal lato ‘politico’ i medesimi sono soggetti ad un giudizio di natura politica espresso

dal corpo elettorale in occasione del rinnovo delle Assemblee elettive, durante il quale si

concretizza la funzione di controllo immanente al fenomeno elettivo. A ciò si aggiunga

che parrebbe difficilmente compatibile la coesistenza di un Tribunale popolare e di organi

giudicanti composti da giudici togati. Inoltre, in queste ipotesi, si delegittimerebbe la

funzione giurisdizionale esercitata dai Magistrati i quali, per dettato costituzionale,

definiscono un potere dello Stato, ispirando il proprio operato ai principi di

indipendenza, imparzialità e soggezione alla legge.

Rispetto alla fondazione nazionale per la democrazia partecipativa, il ruolo che

potrebbe avere non sembra sia stato ben definito, ma solo abbozzato, sinteticamente,

nelle funzioni. Questioni significative riguarderebbero la definizione delle modalità di

formazione e composizione dei suoi componenti nonché il regime dei controlli. Da

ultimo e, relativamente alla sostituzione della Camera Alta con un’assemblea di

sorteggiati, anche in questo caso, non si sono approfondite le modalità di formazione e

selezione dei cittadini sorteggiabili nonché quali potrebbero essere gli effetti dell'esercizio

della funzione consultiva (la Camera elettiva sarebbe vincolata o meno a considerare il

parere dell'assemblea sorteggiata? Cosa accadrebbe laddove non si dia seguito all'esercizio

della funzione consultiva?) e delle discussioni delle raccomandazioni sia nell'ipotesi di

una loro approvazione sia in quella della mancata osservanza.

3.2 L'ipotesi di un Parlamento parzialmente sorteggiato in Caserta, Garofalo,

Pluchino, Rapisarda e Spagano

Come già anticipato nella breve illustrazione al Volume, il punto di forza del medesimo

– soprattutto nella quinta parte – sta nell'abilità di aver coniugato teoria e praticità ipotetica

nonché nell’aver impiegato, nella parte pratica, un linguaggio facilmente comprensibile

anche per un pubblico privo di competenze matematiche-statistiche. Nella parte finale,

curata da Alessandro Pluchino, si sviluppano tre teorie, corroborate da ragionamenti

matematici e statistici, sul funzionamento delle Camere. Trattasi, pertanto, di un

limpidissimo e apprezzabile Volume la cui metodologia si pone l’ambizioso obiettivo di

complementare ipotesi teoriche ed esperimenti dimostrativi.

Un Parlamento composto da soli partiti non produrrebbe risultati ottimali in termini di

efficienza perché sarebbero approvati molteplici provvedimenti espressione degli interessi

partitici a svantaggio del benessere collettivo. Un Parlamento composto solo da

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indipendenti approverebbe solo una bassa percentuale di provvedimenti ottimali. Sarebbe

difficile trovare un compromesso tra i Deputati sorteggiati giacché tutti favoriscono una

reale e fedele rappresentazione dei propri 'mondi' in quanto non pongono in essere alcuno

sforzo di coordinamento. Si porrebbe, quindi, il rischio di bloccare i lavori parlamentari.

Allora, sottolinea l'A., la soluzione ottimale sarebbe quella di prevedere una quota di

deputati sorteggiati e indipendenti che fungano da filtraggio dei provvedimenti

particolarmente ottimali per la comunità, integrata da una quota di parlamentari eletti

direttamente e appartenenti ai partiti, i quali assicurerebbero i voti necessari

all'approvazione dei provvedimenti virtuosi.

Nella consapevolezza che il funzionamento della democrazia rappresentativa si fonda

sul metodo elettivo, il Pluchino propone, quindi, l'impiego del sorteggio “complementare”

all’elezione: “in una prima fase, attraverso il tradizionale meccanismo elettorale, si

dovrebbe stabilire la proporzione relativa (in percentuale) delle due coalizioni o

schieramenti politici; subito dopo, nella seconda fase, prima di assegnare i seggi spettanti

alle due coalizioni, si dovrà riservare un certo numero di seggi [...] a deputati selezionati

per sorteggio [...]” (p. 159) senza possibilità di rinnovo del mandato. L'ipotesi, quindi, è

quella per la quale, persone indipendenti, estratte a sorte e svincolate da ogni legame

politico-partitico, con un mandato limitato, non rinnovabile, sarebbero imparziali e

promuoverebbero l'adozione di misure ad elevato tasso di efficienza sociale.

Un possibile profilo di debolezza del Volume potrebbe essere quello di non aver

introdotto una prospettiva puramente costituzionalistica, la quale sarebbe stata utile per

integrare quella matematica-statistica. Infatti, impiegando la prima si sarebbe potuto

inquadrare un esempio di Assemblea parzialmente sorteggiata nell'ambito della forma di

governo parlamentare e dei meccanismi connessi alla rappresentanza politica e in campo

politico. La forma di governo61 suddetta, come è noto, si sostanzia nell’imprescindibilità

del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento. Tale relazione esprime la massima

politicità dei rapporti tra gli organi attivi, del ruolo dei partiti e delle rispettive proiezioni

parlamentari. Proprio per questo, l'ipotesi avanzata, ossia quella di un Parlamento

composto da sorteggiati che vadano ad integrare gli eletti, non sarebbe minimamente

adattabile nella forma di governo parlamentare in quanto, con la presenza di una ‘quota’

di sorteggiati indipendenti, laddove costoro risultassero decisivi per il funzionamento

dell'organo, si creerebbe il pericolo di non garantire una stabile maggioranza parlamentare

a sostegno dell'Esecutivo il quale, come già ribadito, è legato all'Assemblea da un rapporto

fiduciario. In questo caso, come è stato proposto, “si potrebbe, invero, ovviare escludendo

il voto dei deputati sorteggiati dalle votazioni di fiducia, ma in questo modo la finalità

precipua della designazione casuale (favorire decisioni protese al bene comune in quanto

non pregiudicate da interessi di parte o personali) sarebbe frustrata proprio rispetto alle

61 In tema si v. ex plurimiis, VOLPI, M., Il metodo nello studio e nella classificazione delle forme di governo, in Rivista di diritto pubblico comparato ed europeo, n. 1/2015.

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scelte politiche più qualificanti” 62 . Ulteriori difficoltà potrebbero essere legate alle

disfunzionalità che potrebbero paralizzare il corretto andamento dei lavori parlamentari,

acuite dalla circostanza che i parlamentari scelti dal caso, costituendo un ‘mini-pubblico’,

si preoccuperebbero di assicurare una fedele rappresentazione statistica e sociologica, a

svantaggio della sintesi della pluralità degli interessi.

Con riferimento al secondo degli aspetti, giova ricordare che, i moderni regimi politici63,

infatti, sono caratterizzati dalla presenza di Carte costituzionali rigide le cui disposizioni

connettono integralmente la rappresentanza politica e in campo politico al principio elettivo,

alla formazione attraverso i partiti, alla libera, eguale, personale e segreta espressione del

diritto di voto. È proprio quest’ultimo, inteso dal lato attivo e passivo, che, incanalato per

mezzo delle associazioni partitiche, assicura l’effettiva partecipazione politica in termini di

parità delle opportunità e la concretizzazione del principio di eguaglianza formale e

sostanziale. La suddetta proceduralizzazione della partecipazione politica garantisce, così,

il pieno rispetto del principio della sovranità popolare riprodotto nella composizione delle

Camere rappresentative dello stesso. Il principio elettivo – sebbene oggi fortemente in

crisi – in combinato disposto con il diritto di voto, legittimando l’assunzione della titolarità

delle cariche pubbliche, legittima, altresì, la titolarità del potere politico e la possibilità di

esercitare sullo stesso forme di controllo, tali da farne valere la responsabilità. L’elezione

consente proprio questo, perché concretizza il rapporto tra potere politico e responsabilità

politica, che viene fatta valere in occasione del certamen elettorale partecipando al quale, la

parte attiva del popolo può formulare un giudizio ed esprimere una ‘sanzione’ politica

verso il personale politico. Questi meccanismi non sarebbero resi possibili dal ricorso –

anche parziale – al sorteggio, il quale contribuirebbe alla formazione di parlamentari liberi

e insuscettibili di qualsiasi forma di controllo e sanzione elettiva64. I parlamentari estratti a

sorte svilirebbero il principio della rappresentanza politica nazionale, sostituita da una

rappresentanza non politica, ma sociologica e corporativa rispetto alla quale non si

configurerebbe alcuna forma di responsabilità65.

Ulteriori questioni degne di nota riguardano aspetti oggettivi e soggettivi. Rispetto ai

primi, non si sono approfondite le dimensioni del collegio66 da cui estrarre a sorte i

parlamentari. Infatti, per far si che si crei una rappresentanza di natura sociologica, le

dimensioni del collegio dovrebbero essere vaste oppure si dovrebbero prevedere quote

definite sulla base di criteri oggettivi quali istruzione, sesso, età anagrafica, ideologie e

62 In particolare, sul rapporto tra sorteggio e forme di governo si v. SCACCIA, G., Op. cit., pp. 3 ss. 63 Sul cui significato cfr. LANCHESTER, F., voce Stato (forme di), in Enc. dir., XLIII, Milano, Giuffré, 1990, pp. 797 ss.; MORLINO, L., voce Regimi politici, in Enc. sc. soc., VII, Roma, 1997, pp. 294 ss.; PASQUINO, G., voce Regime politico, in BOBBIO, N., MATTEUCCI, N., PASQUINO, G., (a cura di), Dizionario di politica, Op. ult. cit., pp. 811 ss. 64 Sui controlli e sul ruolo svolto dal corpo elettorale, inteso come parte attiva del popolo nell’esercizio dei diritti politici, si v. LANCHESTER, F., Il corpo elettorale tra recessione del principio elettivo e il ruolo delle Corti. Riflessioni sul caso italiano, in Nomos, n. 1/2017, pp. 1-16. 65 Cfr. LANCHESTER, F., 2016, Op. cit., p. 5; ZEI, A., Op. cit., p. 33. 66 Su questo v. ZEI, A., Op. ult. cit., p. 37.

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tentare di realizzare un corrispondente campione rappresentativo-sociologico, cioè fare in

modo che la composizione sociale del collegio rispecchi quella del popolo sulla base dei

parametri oggettivi precedentemente definiti (rappresentanza-specchio)67.

Inoltre, anche in questo Volume, come nel precedente, si fa riferimento all'imparzialità.

Trattasi di un presupposto indimostrato e indimostrabile: si suppone che i sorteggiati,

perché indipendenti, sarebbero imparziali, assicurerebbero il conseguimento degli interessi

della collettività di riferimento e, causa la breve durata del mandato, si comporterebbero

con maggiori responsabilità. Può valere la tesi contraria. Proprio perché gli estratti a sorte

sono svincolati dai circuiti partititi e avrebbero un mandato breve, potrebbero essere

tentati di ‘sfruttare’ l’opportunità di occupare il seggio parlamentare per promuovere

provvedimenti e disposizioni a vantaggio esclusivamente di sé stessi. Non è detto che la

scelta per sorteggio si identifichi in un maggior senso di responsabilità né che le discussioni

siano qualitativamente migliori e i provvedimenti adottati contengano un surplus di

efficienza e giustezza sociale. Infatti, anche nell’ambito di un Parlamento sorteggiato, è

lecito chiedersi “se le operazioni di sorteggio sono seguite senza imbrogli, il fortunato

vince giustamente, ma si può dire che sia colui che è giusto che vinca?”68. A ciò si aggiunga

che i sorteggiati potrebbero essere totalmente incompetenti, non solo nel merito degli

aspetti tecnici e di merito coinvolti nei disegni di legge, ma anche nella struttura,

organizzazione e funzionamento delle Assemblee parlamentari. In questo caso, allora, si

dovrebbero tenere appositi corsi di formazione a carico dello Stato, con una spesa di

risorse pubbliche. Inoltre, la non conoscenza del mondo parlamentare, potrebbe tentare i

parlamentari sorteggiati di affidarsi a chi ha più esperienza politica: ex Deputati o Senatori

o professionisti legati comunque ad ideologie politiche-partitiche tali da esercitare

un’indubbia influenza. Ne conseguirebbe l’immissione forzata degli ‘scelti a caso’ nel

mondo della politicità.

3.3 L'appello per un sistema 'birappresentativo' di Van Reybrouck

Secondo l’A. occorre che nei processi decisionali vengano coinvolti i cittadini, nei

confronti dei quali si dovrebbe iniziare a nutrire fiducia nelle loro capacità. In questi casi,

il sorteggio si configura come una procedura neutrale che consentirebbe e renderebbe

possibile l’eguaglianza nelle chances di partecipazione politica. Apprezzabile la

metodologia impiegata, con un linguaggio semplice e ‘aperto’ a un pubblico vasto.

A suffragare tale ipotesi è il rilievo per cui, le esperienze delle giurie popolari e dei

forum civici, dimostrerebbero che gli estratti a sorte si impegnano verso una

67 Ricordiamo, infatti, che questa forma di rappresentatività – ossia quella di natura statistico/sociologica – risulta da un campione della popolazione la quale, riprodotta in miniatura, sarebbe in grado di individuare soluzioni ottimali conformi ai problemi della collettività. 68 VIOLA, F., La democrazia deliberativa tra costituzionalismo e multiculturalismo, in Ragion pratica, n. 1/2003, p. 69.

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partecipazione costruttiva. Ed è per questo che, secondo l’A., avrebbe senso “non

affidare più il potere legislativo unicamente a degli eletti, ma darlo anche a cittadini estratti

a sorte […] in quanto i cittadini si sentirebbero supportati da una seconda assemblea [in

modo che] la legislazione sarebbe il frutto di una collaborazione tra i rappresentanti eletti

e quelli sorteggiati” (pp. 124 ss.). Il Volume si chiude, quindi, con un appello alla

creazione di un sistema ‘birappresentativo’ basato sulla collaborazione tra un’Assemblea

eletta e una sorteggiata.

Rispetto alla proposta dell’attivista possono essere avanzate criticità, alcune delle quali

sono comuni alle precedenti. La metodologia impiegata e le soluzioni offerte sembrano

essere condizionate da una pura visione ideale politica. Ribadendo che l’eguaglianza di

chances di concorrere alla partecipazione politica è assicurata da un’equilibrata e

ragionevole disciplina dei requisiti che ammettono e limitano la capacità elettorale, attiva

e passiva e che, sebbene l’A. sia un attivista, sarebbe stato necessario un approccio di tipo

formale-costituzionalistico, anche nell’ipotesi prospettata si crede implicitamente che i

cittadini sorteggiati, chiamati ad assumere un ruolo ‘attivo’ nei processi pubblici, possano

‘gestire’ meglio gli interessi della collettività in quanto si sentirebbero responsabilizzati.

Proprio per questo sarebbero imparziali. Ripetiamo: è un assunto indimostrabile. La

causalità non si identifica a priori e ipoteticamente con l’imparzialità e la responsabilità.

Non è spiegato, inoltre, con quale criterio si dovrebbero sorteggiare i cittadini.

Analogamente e, con riferimento ad un sistema birappresentativo, non si sono approfondite

le modalità di selezione dei cittadini che, sorteggiati, andrebbero a comporre la seconda

Camera – anch’essa, nel pensiero dell’A. – dotata di potere legislativo né i rapporti che

dovrebbero/potrebbero sussistere tra le due Assemblee sia con riferimento a questioni

generali sia nella concreta fase di preparazione, elaborazione e approvazione delle norme.

4. Il sorteggio come metodo propulsivo-integrativo della partecipazione politica,

ma non sostitutivo di quello elettivo

Dalla lettura dei testi esaminati, emergerebbe una situazione gravemente compromessa

per il regime politico democratico, il quale necessiterebbe di nuova linfa nell’ambito dei

rapporti tra Stato-apparato e Stato-comunità. Il quadro che gli Autori ci descrivono della

democrazia elettiva-parlamentare, resa patologica dallo smarrimento del potere politico

statale e dalla perenne e acuta crisi delle associazioni partitiche, entrambi connessi alla

logica elettiva, sembra far propendere per la tesi, avanzata da autorevole dottrina, per la

quale il contesto attuale sarebbe quello di una “postdemocrazia” 69 , ossia di una

democrazia dello spettacolo elettorale gestito esclusivamente da partiti liquidi, mentre la

massa dei cittadini svolgerebbe un ruolo apatico e passivo, all’insegna della noia e della

69 L’espressione è di CROUCH, C., Postdemocrazia, Roma-Bari, Laterza, 2003, trad it. a cura di Cristiana Paternò.

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frustrazione. Per queste ragioni, considerando le gravi malattie70 in cui versa il contesto

democratico e le costanti e crescenti esigenze, avvertite dalla cittadinanza, di dare un

‘contenuto’ pregnante alla partecipazione politica democratica, i meccanismi di

funzionamento della democrazia parlamentare appaiono eccessivamente farraginosi e

mediatizzati71, spingendo il demos – inteso nella sua dimensione politica – ad attivare

modalità che consentano di concorrere effettivamente al processo democratico-

deliberativo72.

Occorrerebbe, quindi, “un approfondimento [e una] democratizzazione della

democrazia” 73 , favorendo forme di democrazia partecipativa la quale costituisce “il

compimento della democrazia come esercizio del potere, [dove] il popolo non è

semplicemente momentaneo popolo elettorale, ma anche portatore della politica”74 .

Infatti, le criticità connesse al fondamento elettivo dei circuiti democratici, spingono il

popolo a richiedere un maggiore coinvolgimento, non solo nell’adozione delle politiche

pubbliche ma anche nella predisposizione di rinnovati meccanismi di controllo e di

giudizio sull’operato degli attori politici. In questo senso si è parlato dell’avvento di una

nuova democrazia, definita “contro democrazia”75, diretta alla promozione di strumenti

che consentano una reale espressione dei bisogni collettivi manifestati direttamente dalla

comunità politica. Trattasi di teorie che si sposano con la concezione per la quale, in una

democrazia, la scelta non può essere ridotta all'atto del voto elettivo e deliberativo, ma

comprende una funzione di “partecipazione, di vigilanza sulla cosa pubblica, di

diritto/dovere a essere informati”76.

Per questo, parte della letteratura scientifica descritta nelle righe precedenti (fa

eccezione il contributo di Zei), per reagire alla ‘depressione democratica’, ha proposto di

introdurre e valorizzare il criterio del sorteggio che consentirebbe la partecipazione

eguale di tutti e promuovere, al contempo, modalità di discussioni e coinvolgimento più

intense della cittadinanza. “Si tratta di essere governanti e governati, di avere un governo

70 Per l’impiego del termine si v. LANCHESTER, F., Dal “grande partito” al “piccolo”, rispettabile e regolato, in Nomos, n. 2/2014, p. 2. 71 Lo faceva notare già ELIA, L., voce Governo (forme di), in Enc. dir., XIX, Milano, Giuffrè, 1970, pp. 671 ss. 72 Per questo si è sostenuto che "occorre comunque integrare le forme classiche della rappresentanza, ad esempio attraverso un regime delle leggi di iniziativa popolare che ne impedisca l'accantonamento senza deliberazione, un ripensamento della disciplina dei referendum che miri a evitarne lo svilimento, lo sviluppo di iniziative di azione popolare riguardo ai beni di interesse collettivo e destinati a uso pubblico (come quelli ambientali), la valorizzazione delle esperienze di cittadinanza attiva", così PRETEROSSI, G., Ciò che resta della democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2015, p. 174. 73 GIDDENS, A., Il mondo che cambia: come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 92 ss. 74 HOFFE, O., La democrazia nell'era della globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 84. 75 ROSANVALLON, P., Op. cit., pp. 17 ss. La ‘contro democrazia’ sarebbe caratterizzata da un coinvolgimento del popolo nell’esercizio di poteri di sorveglianza, di veto e di giudizio. La funzione di sorveglianza è tesa ad assicurare un costante controllo sull’operato dei governati per alimentare quotidianamente il senso di fiducia nei cittadini nei confronti delle istituzioni e verificare la giustezza del potere politico. Il veto esercitato dal popolo, invece, consiste nel ricorrente rifiuto e nella sistematica opposizione delle decisioni adottate da coloro che detengono il potere di governo i quali si vedono costretti a subire una verifica permanente del popolo e a promuovere uno stabile confronto con i gruppi sociali e le forze politiche ed economiche. La terza funzione assolta dal popolo è una conseguenza della smarrita speranza di conseguire risultati soddisfacenti per mezzo del procedimento elettorale in virtù della crescente incapacità dei Governi di reagire prontamente ai desiderata dei cittadini. 76 CASERTA, M., GAROFALO, C., PLUCHINO, A., RAPISARDA, A., SPAGANO, S., Democrazia a sorte, ovvero la sorte della democrazia, Catania, Malcor editore, 2012, p. 27.

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del popolo, per il popolo ma anche dal popolo”77. Il ricorso al caso, come visto, è stato invocato

in relazione alla costituzione di ‘organi’ collegiali composti da cittadini – selezionati

tramite estrazione – chiamati a discutere e a deliberare78, in appositi spazi79, su determinati

temi, mentre gli Autori del Volume collettaneo hanno espressamente ipotizzato

un’Assemblea elettiva nella quale non tutti i parlamentari vengono eletti, poiché se ne

potrebbe prevedere una ‘quota’ di sorteggiati.

Con riferimento al rapporto tra sorteggio e deliberazione80, si tratta di valorizzare81

forme di democrazia deliberativa basate sulla formazione di un ‘mini-pubblico’,

demograficamente e sociologicamente rappresentativo di una parte della popolazione in

quanto ne rispecchierebbe tendenze, tradizioni, identità, età anagrafiche,

professionalizzazione 82 . Il sorteggio risponde alla logica inclusiva 83 sostituendo la

rappresentanza ‘tradizionale’ con quella statistica poiché si estrae a sorte un campione

casuale di cittadini sui quali una determinata questione potrebbe sortire effetti. Gli esempi

che potrebbero farsi sono molteplici e non mancano nella quotidianità. Si passa dai

sondaggi deliberativi alle assemblee di cittadini; dai bilanci partecipativi alle conferenze.

Trattasi di manifestazioni della partecipazione attiva 84 che possono sorgere

spontaneamente o per disposizioni dell’autorità pubblica, ove i cittadini decidono

direttamente senza corpi intermedi85.

77 VAN REIBROUCK, D., Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico, Milano, Feltrinelli, 2015, trad. it. a cura di Matilde Pinamonti, p. 124. 78 È bene precisare che, deliberare in lingua inglese, significa lo scambio di argomenti che precede la scelta e indica quindi il processo per mezzo del quale si esamina una questione, una proposta, un progetto ponderando vantaggi e svantaggi. Nella lingua italiana la deliberazione è la decisione che segue una discussione. 79 I caratteri degli spazi deliberativi sono dati dalla rappresentatività perché i partecipanti possono essere selezionati in modo da rappresentare un insieme di riferimento. Anche i contesti deliberativi non rappresentativi possono basarsi sulla partecipazione spontanea o selezionare i partecipanti in modo differente. Inoltre, un contesto deliberativo può essere spontaneo e occasionale oppure stabilmente costituito da regole esplicite le quali possono avere più o meno carattere pubblico a partire dall'accordo informale passando per le associazioni legalmente riconosciute fino a spazi deliberativi definiti dalla Costituzione di uno Stato o da trattati internazionali. Occorre, inoltre, adottare forme comunicative che sappiano conciliare inclusione e risultati qualitativamente apprezzabili. Un ulteriore aspetto da valutare, è verificare se le deliberazioni possano assumere caratteri vincolanti; trattasi di una questione che incide sulla stessa qualità della deliberazione. Su questo cfr. PARIETTI, G., La democrazia deliberativa: una ricostruzione critica, Roma, La Talpa, 2013, pp. 121 ss. 80 Per brevi cenni storici sul tema cfr. BONINU, M., Modelli di democrazia deliberativa, in Ragion pratica, n. 1/2007, pp. 285 ss. 81 Il riconoscimento della validità e funzionalità degli spazi di democrazia deliberativa comporta l’istituzionalizzazione di procedure che sancirebbero un vero e proprio diritto alla deliberazione. Le forme istituzionali possono essere deboli o forti. Le prime comportano una moltiplicazione degli spazi sottesi alla comunicazione politica in modo tale che i cittadini possano accedere il più possibile ai canali dell’informazione. Le seconde implicano modalità deliberative più strutturate mediante la formazione di ambiti appositamente destinati alle discussioni e decisioni deliberative. Su questo cfr. BONINU, M., La democrazia deliberativa. Costituzione e volontà generale, Roma, Luiss University press, 2012, p. 149. Addirittura, c’è chi sostiene che debbano essere le stesse Costituzioni a prevedere forme di democrazia deliberativa. Cfr. SUNSTEIN, C.R., A cosa servono le Costituzioni, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 13 ss. 82 Lo spiega bene FISHKIN, J., Il sondaggio deliberativo, perché e come funziona, in BOSETTI, G., MAFFETTONE, S., (a cura di), Democrazia deliberativa: cosa è, Roma, Luiss University press, 2004, pp. 29 ss. 83 Cfr. BOBBIO, L., La democrazia deliberativa nella pratica, in Stato e mercato, n. 1/2005, pp. 72 ss. 84 Queste nuove forme di partecipazione esprimono un’evoluzione generale dei modelli di governo di una società che integrano quello rappresentativo e presuppongono che, il cittadino interessato dal problema oggetto di discussione collettiva, sia rappresentato in modo attivo. Cfr. GBIKPI, B., Dalla teoria della democrazia partecipativa a quella deliberativa: quali possibili continuità?, in Stato e mercato, n. 1/2005, pp. 104 ss. 85 BOBBIO, N., Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1984, pp. 45 ss.

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Alla base di tali prassi vi è il convincimento che i modelli di democrazia deliberativa

creano le condizioni ideali e sociali, affinché i cittadini possano confrontarsi

reciprocamente sulle problematiche che li coinvolgono. Quella deliberativa, fondata sul

sorteggio, realizza “l'ideale della democrazia faccia a faccia” 86 . Siffatte modalità di

partecipazione esprimono la concezione del “cittadino attivo, vale a dire di chi è cittadino

del proprio Stato e partecipa al governo, piuttosto che esserne un semplice suddito”87.

Le forme di democrazia deliberativa darebbero vita a un processo decisionale imparziale

in quanto i componenti sarebbero scelti mediante sorteggio. Tale metodo è considerato,

in molti casi, fondamentale in quanto “incoraggia i ‘cittadini comuni’ ad essere – per una

volta – protagonisti della discussione pubblica e a confrontarsi con altri cittadini che non

conoscono e che non avrebbero mai avuto occasione di incontrare”88.

Trattasi, inoltre, di un metodo fondato sull’eguaglianza, stante la partecipazione di tutti

alla discussione e all’adozione delle decisioni le quali sarebbero perciò legittimate dalla

coralità e dal pluralismo. La qualità della decisione deliberativa si evincerebbe anche dalla

circostanza che, i partecipanti sorteggiati, avrebbero una maggiore propensione

all’ascolto reciproco, cosicché le decisioni finali costituirebbero il risultato di un

confronto costruttivo e ragionato dove la deliberazione consegue dalla forza

dell’argomentazione migliore 89 . Inoltre, la democrazia deliberativa consentirebbe un

arricchimento reciproco delle conoscenze e un’azione pubblica orientata al bene

comune90. Ne scaturirebbe un evidente valore costruttivo poiché la cittadinanza sarebbe

coinvolta nella discussione di temi di pubblico interesse e, previa adeguata informazione,

in grado di adottare una decisione – che può essere vincolante o meno – potenzialmente

produttrice di effetti benevoli. Vantaggi ne deriverebbero anche per il rapporto tra

governanti e governanti sotto il profilo del controllo91 in quanto, i primi potrebbero

conoscere in modo netto quali siano le preferenze della popolazione manifestate tramite

86 FISHKIN, J.S., La nostra voce: opinione pubblica e democrazia, una proposta, Venezia, Marsilio editore, 2003, p. 20. 87 PELLEGRINO, G., Le radici storiche e teoriche della democrazia deliberativa, in BOSETTI, G., MAFFETTONE, S., (a cura di), Democrazia deliberativa: cosa è, Op. cit., p. 133. 88 BOBBIO, L., Prove di democrazia deliberativa, in Parolechiave, n. 1/2010, p. 197. Il contributo è significativo anche per la puntuale descrizione delle esperienze italiane di democrazia deliberativa. Sempre sulle esperienze italiane si v. anche CARSON, L., Come migliorare l’attuazione della democrazia deliberativa: un’analisi comparata di due Giurie di cittadini, in Rivista italiana di politiche pubbliche, n. 2/2007, pp. 127 ss. In particolare, sull’esperienza della Regione Toscana si v. FLORIDIA, A., Democrazia deliberativa e processi decisionali: la legge della Regione Toscana sulla partecipazione, in Stato e mercato, n. 1/2008, pp. 83 ss. 89 Si v. DELLA PORTA, D., Democrazie, Bologna, Il Mulino, 2011, pp. 83 ss. Nello stesso senso MASTROPAOLO, A., Democrazia, neodemocrazia, postdemocrazia: tre paradigmi a confronto, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 4/2001, p. 1627, il quale fa notare che “la discussione pubblica migliora il livello d'informazione di chi vi partecipa, attenuando eventuali asimmetrie informative. Discutendo pubblicamente, i partecipanti divengono più consapevoli dei temi in discussione, come delle soluzioni disponibili e delle loro implicazioni. [...] la deliberazione può servire a verificare più puntualmente applicazione e conseguenze delle scelte effettuate. Sopra tutto però l'opportunità di argomentare razionalmente i diversi punti di vista, e quindi la ponderata disamina degli opposti argomenti, oltre a permettere agli interlocutori di conoscersi, e di stabilire tra loro rapporti di reciproco rispetto e fiducia [...]”. Per spunti critici cfr. ARENAS-DOLZ, F., Il luogo delle passioni nella deliberazione. Ciò che la democrazia deliberativa può apprendere dalla retorica aristotelica, in Filosofia politica, n. 3/2009, pp. 453 ss. 90 Sulle funzioni delle deliberazioni si v. GIANNETTI, D., Modelli e pratiche della democrazia deliberativa, in PASQUINO, G. (a cura di), Strumenti della democrazia, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 125 ss. 91 In generale, sul tema cfr. ALLEGRETTI, U., Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, in Democrazia e diritto, n. 4/2006, pp. 71-79.

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le deliberazioni, mentre i governati potrebbero far ‘dipendere’ l’attivazione dei circuiti

dell'accountability e della responsiveness dalla verifica della corrispondenza dell’azione dei

rappresentanti con i loro desiderata ed esprimere il ‘giudizio politico’92.

Analoghi ragionamenti sono stati in parte trasposti alla formazione dei collegi

rappresentativi parlamentari. Si è visto come, gli Autori catanesi che esaltano il sorteggio,

ne propongono il ricorso – in modo parziale – per consentire che il Parlamento possa

essere composto, seppur in modo non integrale, da cittadini estratti a sorte, indipendenti,

estranei alle logiche faziose e partigiane delle prassi partitiche, titolari di un mandato

breve e non rinnovabile, in modo “da arricchire la dinamica democratica introducendo

questo nuovo elemento su vasta scala”93. All’interno delle Camere si potrebbe costituire,

sempre parzialmente, un ‘mini-pubblico’ statisticamente e sociologicamente

rappresentativo di una parte della popolazione, tale da rifletterne integralmente gli

interessi e promuovere l’adozione di provvedimenti normativi ad elevato tasso di

efficienza e benessere sociale. Alla base di un Parlamento formato – parzialmente – per

estrazione a sorte, vi sarebbero le argomentazioni per le quali si assicurerebbe un’effettiva

ed eguale parità di chances per i cittadini di essere, almeno per una volta, governati e

governati, opportunità semplificata e agevolata dalla rotazione nella titolarità delle cariche

pubbliche; i parlamentari sorteggiati sarebbero più responsabili e imparziali in quanto

distanti da logiche partitiche. Sarebbero, quindi, più propensi a perseguire l’interesse

generale e più difficilmente corruttibili; esprimerebbero un ‘punto di vista’ sociale, in

quanto rispecchierebbero fedelmente le esigenze del collegio all’interno del quale sono

sorteggiati, riproducendone la rappresentatività sociologica e statistica.

Non v’è dubbio che il ricorso al metodo del sorteggio, sia per promuovere forme di

maggiore partecipazione democratica sia per contribuire alla formazione delle Assemblee

elettive, costituisca un’ipotesi di lavoro e di studio affascinante e suggestiva. Ma, come si

è avuto modo di constatare94, è un'ipotesi difficilmente praticabile, almeno per quanto

concerne una forma di governo parlamentare. Non solo. La formazione di un’Assemblea

parlamentare parzialmente sorteggiata viene di fatto preclusa dalla funzione di controllo

connessa al momento elettivo per mezzo della quale il corpo elettorale è posto,

effettivamente, in grado di esprimere un giudizio di natura politica sull’operato dei propri

rappresentanti secondo le logiche che animano lo stretto rapporto tra potere politico e

meccanismi atti a far valere la responsabilità degli eletti. Si ricordano nuovamente, altresì,

non solo le problematiche sottese ai concetti di competenza e imparzialità, quest’ultima

data senza dimostrazione alcuna per presupposta, con evidenti effetti negativi per la

qualità delle discussioni e dei provvedimenti adottati. Inoltre, si ribadisce, i circuiti

democratici si fondano sul ruolo essenziale dei partiti e sulla solennità costituzionalizzata

92 FLORIDIA, A., La democrazia deliberativa: teorie, processi e sistemi, Roma, Carocci, 2012, pp. 201 ss. 93 SINTOMER, I., 2016, Op. cit., p. 10. 94 Si v. paragrafo 3.2.

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del diritto al suffragio. Tutti gli aspetti richiamati verrebbero palesemente demistificati e

aggirati dall’impiego, anche parziale, del sorteggio con la conseguente disapplicazione del

dettato costituzionale.

In parte, analoghe considerazioni possono riguardare le procedure di deliberazione95

dei cittadini fondate sul sorteggio. Agevolare e intensificare modalità più stringenti di

partecipazione democratica, attraverso esperienze di deliberazioni pubbliche, può

costituire, certamente, un incentivo al recupero della inclusività dei cittadini nelle

discussioni intorno a questioni che li coinvolgono 96 . In questo senso, i sondaggi

deliberativi, le giurie e le conferenze di cittadini sorteggiati, costituiscono esempi di

esperienze partecipative e democratiche utili alla configurazione concreta e sostanziale

della cittadinanza attiva. Occorre, però, avvertire che, teoricamente, la democrazia

deliberativa, basata sulle argomentazioni e sui confronti reciproci, costituisce un insieme

di modelli normativi democratici ideali, in quanto è molto difficile che vengano adottate

decisioni effettive e suscettibili di incoraggiare, le autorità pubbliche, ad assumere

provvedimenti conformi alle deliberazioni e, quindi, far si che le stesse abbiano un

seguito e vengano rispettate dalle autorità di governo97. È stato notato, infatti, che “la

democrazia deliberativa è un ideale irraggiungibile. Nessuna decisione viene mai presa

esclusivamente attraverso un dialogo aperto e paritario sulla base di argomenti e al riparo

dei rapporti di forza. Coloro che partecipano alla formazione delle decisioni sono sempre

una sparuta minoranza”98, anche in considerazione del fatto che non tutti i cittadini

potrebbero sentirsi pronti, disponibili e interessati a siffatte modalità di discussione.

Proprio per questi aspetti parrebbe difficile promuovere esperienze di democrazia

deliberativa su temi di particolare rilievo nazionale. Occorrerebbe, infatti, stimolarne

dapprima una sperimentazione per problematiche che interessano comunità di ridotte

dimensioni per verificare concretamente e qualitativamente il contributo delle

deliberazioni. Successivamente, si potrebbe valutare una ulteriore sperimentazione

intorno a problematiche che non coinvolgono semplicemente le realtà locali, ma che

potrebbero interessare tutta la comunità nazionale.

Teoricamente, modelli di democrazia deliberativa potrebbero essere promossi solo

all’interno di realtà locali o micro-locali, quali, ad esempio i consigli di quartiere che

potrebbero essere composti da cittadini estratti a sorte in un livello territoriale più

95 Per una ampia ricognizione delle criticità connesse alla pratica deliberativa si v. ex plurimiis REGONINI, G., Paradossi della democrazia deliberativa, in Stato e mercato, n. 1/2005. 96 Forme di democrazia deliberativa potrebbero anche consentire un ‘incontro’ tra diverse culture e favorire una maggiore integrazione-comunicazione attraverso il dialogo e i confronti reciproci. Cfr. VESPASIANI, A., Costituzionalismo, cultura e democrazia deliberativa, in Quad. cost., n. 2/2003, p. 377; SCAMARDELLA F., Pluralismo culturale e democrazia deliberativa, in Ars interpretandi, n. 1/2012, pp. 127 ss. 97 Proprio per questo occorrerebbe “sviluppare disegni sperimentali accurati, di cui siano resi espliciti assunti, ipotesi e obiettivi”, così PELLIZZONI, L., Opinione o indagine pubblica? Concetti ed esperimenti di democrazia deliberativa, in Rivista italiana di politiche pubbliche, n. 2/2007, p. 123, il quale mette ben in evidenza, descrivendo le due esperienze italiane di Bologna e Torino, come, le concezioni sulla natura e sulle modalità di ‘funzionamento della democrazia deliberativa, possano differenziarsi. 98 Lo spiega bene BOBBIO, L., 2010, Op. cit., pp. 185 ss.

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contenuto. Ovviamente, dovrebbe esserci una ‘copertura pubblica’, nel senso che

l’autorità comunale avrebbe il compito di regolare tutti gli aspetti procedurali e sostanziali

dell’estrazione a sorte e del concreto funzionamento dei ‘collegi deliberativi’, rendendo

vincolanti le decisioni assunte.

In ipotesi come queste, l’estrazione a sorte si pone, quindi, come un possibile principio

idoneo a favorire e stimolare forme di partecipazione politica, sebbene limitate in piccole

realtà locali. Ma il sorteggio non può essere impiegato, nemmeno parzialmente, per le

considerazioni su esposte e ribadite, per determinare la composizione delle Assemblee

parlamentari. Per reagire all’attuale crisi della democrazia elettiva non si può fare

affidamento al caso, ma ci si deve impegnare a porre in essere un’azione di slancio che

possa consentire il recupero del valore sostanziale e procedurale, di legittimità e

legittimazione del principio elettivo, precondizione imprescindibile per ricollocare il

Parlamento al centro del sistema. Affinché avvenga questo occorre un rilancio del ruolo

e delle funzioni dei partiti, i quali costituiscono “soggetti di diritto costituzionale”99 e

quindi “coessenziali” 100 al funzionamento e alla vitalità della democrazia di massa

pluralistica fondata sulla triade corpo elettorale-partiti-Parlamento, rispetto al quale deve

essere riconosciuta la primarietà connessa esclusivamente al principio elettivo.

99 Così BARBERA, A., La democrazia “dei” e “nei” partiti, tra rappresentanza e governabilità, in Forum di quaderni costituzionali, 2007, p. 1. 100 Su questo si v. LANCHESTER, F., La Costituzione tra elasticità e rottura, Milano, Giuffré, 2011, pp. 97 ss.