adunanza plenaria; decisione 24 giugno 1999, n. 16; Pres. Laschena, Est. Maruotti; Soc. Autostrade...
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adunanza plenaria; decisione 24 giugno 1999, n. 16; Pres. Laschena, Est. Maruotti; Soc.Autostrade (Avv. Scozzafava) c. Bove (Avv. Rienzi, Saporito, Montaldo). Annulla Tar Lazio, sez.II, 24 settembre 1997, n. 1559Author(s): Giuseppe RomeoSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 433/434-451/452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193669 .
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433 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 434
I
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 24 giu
gno 1999, n. 16; Pres. Laschena, Est. Maruotti; Soc. Auto
strade (Avv. Scozzafava) c. Bove (Avv. Rienzi, Saporito,
Montaldo). Annulla Tar Lazio, sez. II, 24 settembre 1997, n. 1559.
CONSIGLIO DI STATO;
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 2 dicembre 1998, n. 1725; Pres. ed est. Paleologo; Provincia di Milano (Avv.
Baroni, Merlino) c. Sindacato di base di Milano (Avv. Leo,
Romanelli). Annulla Tar Lombardia, sez. II, 3 marzo 1998, n. 459.
Giustizia amministrativa — Ricorso giurisdizionale — Accesso
ai documenti — Titolare del diritto alla riservatezza — Omes
sa notifica — Inammissibilità (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21; 1.
7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimen to amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammi
nistrativi, art. 22).
Posto che la giurisdizione in materia di accesso non costituisce
ipotesi di giurisdizione esclusiva, la mancata notificazione del
ricorso giurisdizionale finalizzato ad ottenere l'accesso al con
trointeressato titolare del diritto alla riservatezza suscettibile
di lesione, comporta l'inammissibilità del ricorso. (1)
(1) Con la decisione in rassegna la plenaria fa una brusca sterzata verso il passato in tema di natura sostanziale e tutela giurisdizionale del diritto di accesso.
Sembrava ormai ius receptum che la pretesa del soggetto aspirante, in posizione qualificata, ali ostensione del documento amministrativo, alla luce del carattere vincolato dell'azione pubblica (concretantesi nella verifica quasi notarile della ricorrenza degli elementi ostativi tassativa mente enunciati dall'art. 24 1. 241/90 e dalle relative statuizioni regola mentari) e della funzionalizzazione di detto vincolo alla tutela dell'inte resse del privato, fosse qualificabile in termini di diritto soggettivo.
Di qui la conclusione che, nonostante lo schermo impugnatorio, os sia la necessità della formazione di un atto amministrativo da impugna re in un termine perentorio dimidiato ex art. 25 della legge del 1990, venisse in rilievo un'ipotesi innominata di giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo intesa all'accertamento del diritto sottostante ed alla correlativa condanna della pubblica amministrazione. Di qui anco
ra, stante la qualificazione dell'atto amministrativo come mero presup posto processuale più che come provvedimento autoritativo in senso
stretto, i corollari della possibilità di presentare, nel termine di prescri zione, nuova istanza nonostante la non tempestiva impugnazione del
precedente provvedimento e di aggredire la nuova determinazione espressa o tacita. Donde, ancora, la possibilità, in caso di omessa notifica al controinteressato (v. il titolare della riservatezza suscettibile di incisio
ne), di integrare il contraddittorio ai sensi dell'art. 102 c.p.c., alla stre
gua di regola operante in tema di diritti soggettivi indipendentemente dall'identità del giudice chiamato alla relativa cognizione. I capisaldi di un costrutto che sembrava ormai granitico, concretantesi nel varo di una ipotesi di giurisdizione esclusiva per via interpretativa, sono ora azzerati dalla decisione della plenaria.
Il caso concreto riguarda il silenzio serbato dalla società Autostrade a fronte dell'istanza di un'utente intesa ad avere copia della documen tazione in forza della quale un istituto era stato incaricato del recupero del credito conseguente al mancato pagamento del pedaggio autostradale.
La VI sezione del consiglio, chiamata a valutare la sentenza del Tar Lazio di accoglimento del ricorso avverso il silenzio, con ordinanza 25
marzo 1999, n. 332 (Foro it., 1999, III, 161), aveva rimesso alla plena ria la duplice questione dell'accessibilità degli atti di diritto privato e
delle conseguenze processuali dell'omessa notifica del ricorso al terzo
titolare della sfera riservata toccata dall'ostensione dei documenti (nella
specie, la società incaricata del recupero del credito). Sulla prima que stione giova ricordare che l'adunanza plenaria con decisione 22 aprile 1999, n. 5 (ibid., 305, e Urbanistica e appalti, 1999, 643, con nota
di M. Protto, L'adunanza plenaria conferma l'accessibilità degli atti
di diritto privato della pubblica amministrazione) si è orientata a favore
della soluzione estensiva. Più sorprendenti sono gli esiti dello scrutinio del secondo nodo pro
blematico. In prima battuta, seguendo la non maggioritaria tesi sostenuta da
Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1725, in epigrafe, si revoca
in dubbio il collaudato principio pretorio secondo cui la pretesa all'ac
cesso costituirebbe un diritto soggettivo devoluto alla cognizione del giu
II Foro Italiano — 1999 — Parte III-15.
I
Diritto. — 1. - II Tar per il Lazio, con la sentenza impugna ta, ha accolto il ricorso proposto dall'odierna appellata ai sensi dell'art. 25 1. 8 giugno 1990 n. 241, ed ha ordinato alla s.p.a. Autostrade - Concessioni e costruzioni autostrade (in prosie
guo: «s.p.a. Autostrade») di consentirle l'accesso: — agli atti da cui si evince che ella non ha pagato una som
ma a titolo di pedaggio autostradale; — agli atti che hanno consentito alla società Ni.Vi. Credit
di sollecitare il pagamento del pedaggio e delle spese di riscos
sione, per conto della medesima s.p.a. Autostrade.
Con l'appello in esame, la s.p.a. Autostrade ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile (per man
cata notifica alla società Ni.Vi. Credit) e che comunque esso
sia respinto, perché infondato.
La sesta sezione, con l'ordinanza n. 332 del 1999 (Foro it., 1999, III, 161), ha rimesso l'appello all'esame dell'adunanza ple naria, rilevando un contrasto di giurisprudenza sulle seguenti
questioni:
a) se sia ammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25
1. n. 241 del 1990 e che non sia stato notificato al controinteres
sato, ovvero se vada ordinata l'integrazione del contraddittorio
ai sensi dell'art. 102 c.p.c.;
b) se possa esercitarsi il diritto d'accesso nei confronti dell'at
tività privatistica della pubblica amministrazione e del conces
sionario di un pubblico servizio.
2. - Ritiene l'adunanza plenaria che abbia un rilievo prelimi nare ed assorbente l'esame del primo motivo d'appello, con cui
dice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (tesi ribadita tra le tante da Cons. Stato, sez. IV, 27 agosto 1998, n. 1137, Foro it., 1998, III, 609, con nota di F. Caringella; v., inoltre, Cass., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5292, Giusi, civ., 1998, I, 2804).
La tesi del diritto soggettivo, non suffragata dalla neutra ed atecnica
qualificazione legislativa dell'accesso come diritto, è smentita, secondo il Supremo consesso di giustizia amministrativa, dalla circostanza che la posizione del soggetto, non dissimilmente da altri settori ove pure si parla di diritti (diritto a stipulare un contratto con la pubblica ammi nistrazione all'esito della gara, diritto del candidato ad essere procla mato eletto in una competizione elettorale, diritto a svolgere un'attività economica da parte di chi aspiri ad una concessione, diritto a non esse re estradato in un paese ove vi sia la pena di morte, diritto all'attivazio ne di impianti radiotelevisivi), è regolata da normativa di settore che ne garantisce il soddisfacimento nell'ambito del contestuale e coessen ziale soddisfacimento dell'interesse pubblico. La tesi è inoltre avvalora ta dall'opzione legislativa che, coerentemente con il principio di cui al l'art. 103 Cost., conia un modello processuale impugnatorio imperniato su di un termine di decadenza in armonia con gli stilemi classici della tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo.
Le stesse coordinate sono estensibili alle posizioni di chi possa essere leso dall'accesso (v. appunto il titolare della riservatezza) che si presen ta del pari portatore non di un diritto soggettivo ma di un interesse
legittimo contrapposto. La plenaria, seguendo le indicazioni fornite dal ricordato precedente
della V sezione 1725/98, ha cura di ricordare che la qualificazione in termini di interesse legittimo non si riflette in una contrazione di tutela, posto che gli atti autoritativi della pubblica amministrazione sono sin
dacabili, oltre che per i vizi di incompetenza e violazione di legge, con il più incisivo crivello dell'eccesso di potere.
Dalla qualificazione dell'accesso come interesse legittimo, con corre lativo carattere non esclusivo della giurisdizione del giudice amministra
tivo, il consiglio, al pari del più volte citato precedente della V sezione, trae la conseguenza che la mancata notifica, ad almeno uno dei con trointeressati (di norma il titolare della sfera riservata vulnerabile con l'ostensione del documento), del ricorso proposto contro le determina zioni amministrative in materia di diritto di accesso comporta la sanzio ne dell'inammissibilità (anche se nella specie viene riconosciuto l'errore
scusabile, con correlativa rimessione in termini, a seguito dell'incertezza della giurisprudenza), non già l'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., attagliantesi alle sole posizioni di diritto soggettivo quale non può ritenersi, alla stregua delle considerazioni svolte, l'interesse ad accedere.
Nella specie, è stato ritenuto controinteressato l'istituto incaricato del
recupero del credito per la società Autostrade, posto che i documenti richiesti riguardavano l'attività dell'istituto medesimo.
In occasione della decisione 1725/98 erano stati ritenuti controinte ressati i titolari della riservatezza suscettibile di vulnerazione con l'ac
cesso, ossia i lavoratori della provincia a fronte dell'istanza con la qua le il sindacato intendeva accedere ai dati relativi al lavoro straordinario
degli stessi.
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PARTE TERZA
è stato dedotto che la sentenza impugnata è stata pronunciata a contraddittorio non integro, poiché la società Ni.Vi. Credit
va qualificata come controinteressata in senso tecnico, cui do
veva essere notificato il ricorso di primo grado. 2.1. - Tale censura è fondata e va accolta.
Per la pacifica giurisprudenza di questo consiglio, vanno con
siderati come controinteressati i soggetti determinati cui si rife
riscono i documenti richiesti con la domanda di accesso (sez. V 2 dicembre 1998, n. 1725, in epigrafe; sez. VI 8 luglio 1997,
n. 1117, id., Rep. 1997, voce Giustizia amministrativa, n. 630;
Il consiglio non affronta funditus, sul versante sostantivo, i rapporti tra accesso e riservatezza dopo la 1. 675/96 sulla privacy (v., sul punto, Cons. Stato, sez. IV, 27 agosto 1998, n. 1137, cit., nonché, da ultimo, nel senso della prevalenza della riservatezza ove si verta in tema di dati
sensibili, Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59, id., 1999, III,
109). La V sezione non aveva mancato di osservare, sul crinale schietta mente processuale, che il giudice non può ritenere superflua l'integra zione del contraddittorio, asserendo la sicura prevalenza del diritto di
accesso su quello della riservatezza (purché non riguardante i «dati sen sibili» di cui agli art. 22 ss. 1. 675/76). Il problema dovrà ora essere
rivisitato a seguito della modifica dell'art. 22 1. n. 675 per mano del
d.leg. 11 maggio 1999 n. 135 sul trattamento pubblico dei dati sensibili
(in materia, cfr. M. Clarich, Diritto di accesso e tutela della riservatez za: regole sostanziali e tutela processuale, in Dir. proc. ammiri., 1996, 430; F. Caringella-R. Garofoli-M.T. Sempreviva, L'accesso ai docu menti amministrativi. Profili sostanziali e processuali, Milano, 1999,
cap. VII; F. Caringella-F. Della Valle, / processi amministrativi spe ciali, Milano, 1999, cap. II).
Fin qui la decisione della plenaria. Restano tuttavia inesplorati i sen tieri battuti dai fautori della tesi del diritto soggettivo e della giurisdi zione esclusiva. In particolare, non è messa a fuoco la compatibilità della scelta per la giurisdizione di legittimità a tutela di interessi legitti mi con l'ascrizione al g.o. del potere di condannare la pubblica ammi nistrazione ad un facere (consegna del documento), potere tipico del modello imperniato sullo scrutinio sostanziale del rapporto sottostante nel fuoco della giurisdizione esclusiva. Parimenti inesplorata è la conci liabilità dell'assunto del potere autoritativo idoneo a generare posizioni di interesse legittimo con il carattere vincolato dell'operato amministra
tivo, nelle maglie del quale, salvi i limiti tassativi discendenti dalla legge e, per effetto di essa, dai regolamenti, non residua il potere di effettua re comparazioni di interessi al fine di giustificare il respingimento dell'i stanza ostensiva. Segnatamente, non si scandaglia la finalizzazione del vincolo imposto all'azione pubblica, che nella 1. n. 241 sembra toccare l'interesse del privato a controllare democraticamente la sfera compor tamentale degli agenti pubblici quante volte essa vada ad incidere sul
patrimonio giuridico del soggetto. Ancora, la riconduzione della mate ria sui binari del processo di legittimità e dell'interesse legittimo non si appalesa sincronizzabile con la dilatazione della trama dei soggetti obbligati all'accesso, con la comprensione, ex art. 23, di soggetti privati ove concessionari di pubblici servizi. Non va inoltre sottaciuto che l'e sclusione della materia dell'accesso dall'ambito della giurisdizione esclusiva riduce l'incisività del sindacato giurisdizionale impedendo l'esportazio ne delle novità dettate in tema di giurisdizione esclusiva dal d.leg. 31 marzo 1998 n. 80. Sotto il profilo del metodo, genera una qualche per plessità lo schema argomentativo che porta a desumere la consistenza sostanziale della posizione soggettiva dal carattere impugnatorio del pro cesso, segnando una equazione (modello impugnatorio = interesse legit timo) che, come insegna il processo tributario (in cui il modello impu gnatorio si coniuga con posizioni di diritto soggettivo), non risponde ad una legge universale ed insuscettibile di deroghe e temperamenti.
Questi ed altri ancora i dubbi alimentati da una decisione che, nella sua lucidità e nettezza, ha l'indubbio merito di invitare ad una riflessio ne organica sull'istituto dell'accesso e sui suoi fondamentali precipitati processuali. [F. Caringella]
* * *
Accesso ai documenti e riservatezza: rovescio e diritto di una medesi ma realtà.
1. - Le decisioni in epigrafe costituiscono occasione assai ghiotta per scandagliare la difficile trama dei rapporti tra accesso e riservatezza, sotto il profilo sostanziale così come nell'ottica processual-amministrativa. Tra le tante malattie che affliggono il nostro legislatore vi è senza dub bio quella di avere la pretesa di trattare la legge come un universo che
esaurisce, con le sue modalità regolatrici, le molteplici forme che la realtà incessantemente assume nel tempo. Di conseguenza si crede che la semplice applicazione delle norme, legislativamente poste, sia suffi ciente a disciplinare i movimenti del reale.
Un vasto campo di interrogativi concernenti l'intervento di un legis latore, troppo spesso dimentico dello scarto che esiste tra la pretesa totalizzatrice della legge e il vissuto del soggetto umano secondo la sua
Il Foro Itallano — 1999.
sez. IV 11 giugno 1997, n. 643, ibid., voce Atto amministrati
vo, n. 256; sez. VI 5 ottobre 1995, n. 1085, id., Rep. 1996,
voce Giustizia amministrativa, n. 482; 20 maggio 1995, n. 506,
id., Rep. 1995, voce cit., n. 548; sez. IV 6 febbraio 1995, n.
71, ibid., n. 549; 15 settembre 1994, n. 713, ibid., n. 550; 7 marzo 1994, n. 216, id., 1994, III, 457).
Tale orientamento va ribadito in questa sede, poiché: — l'art. 8, lett. d), d.p.r. 27 giugno 1992 n. 352 (emanato
in attuazione dell'art. 24 1. n. 241 del 1990), ha disposto che
i documenti «possono essere sottratti all'accesso» quando, tra
dimensione personale e la sua dimensione sociale, si apre cosi alla ri flessione. Ci si vuole riferire alle possibili interferenze tra diritto di ac
cesso e tutela della riservatezza, agli orientamenti della giurisprudenza, che a volte pare condizionata da prerequisiti e da disposizioni che han
no ripercussioni sull'interpretazione, alla coesistenza delle due situazio ni che sono sembrate in irriducibile contrasto a motivo della «generica, e per certi versi maldestra, previsione della riservatezza quale limite al l'accesso (art. 24, 2° comma), senza enucleare in modo esplicito la lati tudine della riservatezza» (1).
2. - L'art. 22 1. 241/90, per la prima volta, riconosce in forma gene rale il diritto di accesso «a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti», nell'intento di «assicurare la tra
sparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento im
parziale». Se si esclude ogni «dominio» dell'interprete su questa proposizione
normativa, e la si accoglie per quello che essa esprime, bisogna conveni re che il diritto di accesso, pur sostenendosi con la concreta volontà
individuale, incontra un limite negativo: l'accesso ai documenti non è riconosciuto a «tutti», ma solo a «chiunque vi abbia interesse»; interes
se, che la norma stessa si incarica di specificare, individuandolo nella «tutela di situazioni giuridicamente rilevanti». Si può allora dire che la struttura interna di questo diritto non è quella di un potere giuridica mente accordato a «chiunque», ma solo a «chi» è portatore di quello specifico interesse. Non solo, ma questo diritto non è destinato ad ar ricchire di un nuovo potere il soggetto, risultando questo potere, per espressa previsione legislativa, funzionale all'esigenza di «assicurare la
trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale».
La previsione, di cui all'art. 22 1. 241/90, non configura, dunque, il diritto di accesso come una nuova situazione giuridica sostanziale, la cui titolarità abilita il singolo ad agire sul piano processuale in caso di una sua lesione ad opera di un'azione illegale della pubblica ammini strazione. Difetta nella norma la preventiva determinazione della sfera
privata del singolo, da cui il legislatore ha inteso prescindere. Il singolo viene «assorbito nel procedimento amministrativo», dive
nendo titolare di una funzione che è appunto quella di «assicurare la
trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale», sempre che dimostri di avere un interesse proprio («la tu tela di situazioni giuridicamente rilevanti»).
Si vuol dire che il diritto di accesso (non è infatti un caso che la sua previsione sia stata inserita nella legge che detta la disciplina gene rale del procedimento) non è un diritto del singolo in quanto tale, ma è un diritto funzionale al nuovo modo di porsi dell'amministrazione, che nella sua azione deve essere «trasparente» e «imparziale» (2).
La nuova relazione giuridica non ha perciò elevato il diritto di acces so a espressione della peculiare libertà del cittadino, contrapposta al l'autorità della pubblica amministrazione, affermando il potere di que sto di esigere comunque la conoscibilità dei documenti, salvo i casi di esclusione di cui all'art. 24, 1° e 2° comma, a salvaguardia di particola ri esigenze (3).
In definitiva, si può dire che la situazione sostanziale è la proiezione della riconosciuta legittimazione processuale del singolo, il quale, in pre
(1) Questo viene imputato al legislatore da F. Caringella, il quale ritiene che «il gravoso compito» di risolvere il conflitto tra i due valori costituzionali, coinvolti dalla scelta della trasparenza del legislatore del 1990, sia stato lasciato alla dottrina e alla giurisprudenza, mentre inve ce era necessario definire il criterio per risolvere tale contrasto: Riserva tezza ed accesso ai documenti amministrativi a cavallo tra parametri costituzionali ed oscillazioni legislative, in Foro it., 1997, III, 561.
(2) Un'amministrazione che, quand'anche persegua fini normativa mente predeterminati, non può operare «in solitudine», al riparo di «sguardi indiscreti o curiosi», essendo il suo procedere segnato da mo menti partecipativi e conoscitivi del singolo.
(3) È l'attività amministrativa in atto (procedimento) che determina l'insorgenza in capo a «chiunque» della possibilità processuale di por re in movimento la previsione normativa — la cui finalità «oggettiva» è appunto quella di «assicurare e di favorire» la trasparenza e l'im parzialità — nel proprio «interesse», solo che si dimostri il vantaggio che si intende conseguire, cioè «la tutela di situazioni giuridiche ri levanti».
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
l'altro, riguardino «la riservatezza di persone fisiche, di persone
giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare rife
rimento agli interessi epistolare, . . . professionale, finanzia
rio, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari»; — il giudice amministrativo può valutare la fondatezza del
ricorso, proposto ai sensi dell'art. 25 1. n. 241 del 1990 per ottenere il rilascio di documenti che coinvolgono tali interessi, solo quando il suo titolare sia stato posto in grado di difendersi
ed abbia potuto esporre le ragioni che possano fare eventual
mente ritenere prevalenti le sue esigenze rispetto alle pretese del
senza di un ben preciso «interesse», può promuovere ricorso «avverso le determinazioni negative concernenti il diritto di accesso».
Il giudizio ex art. 25, 5° comma, 1. 241/90 non può allora avere ad oggetto che la sola condizione (interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti) che, attribuendo la titolarità del diritto di ac
cesso, ne consente l'esercizio in sede giurisdizionale.
3. - Se questa pare essere l'intelligenza della norma, occorre interro
garsi se lo sviluppo giurisprudenziale di questa sia stato uno sviluppo «omogeneo», ovvero se l'interpretazione del giudice amministrativo, sot tolineando solamente alcuni aspetti, non abbia finito per ripercuotersi sul piano della norma stessa, dando una configurazione del diritto di accesso estranea al legislatore.
Per dare una risposta a questo interrogativo, bisogna ancora premet tere che l'art. 22 1. 241/90 non dà una definizione del diritto di accesso, che ne fissi il significato. Il legislatore ha scelto un insieme di termini
(«chiunque», «interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rile
vanti», «trasparenza» e «imparzialità dell'attività amministrativa»), che si intrecciano gli uni negli altri e si implicano vicendevolmente, per cui la dimensione del diritto di accesso non può essere colta se non con l'aiuto di tutti i termini che la previsione normativa contiene.
Il linguaggio giuridico può, infatti, diventare un linguaggio insidioso, nella misura in cui l'interprete, astraendo un termine dal contesto di una proposizione normativa, ne dà un significato che altera il senso che quest'ultima esprime nella sua completezza.
È quanto avvenuto con il termine «diritto», utilizzato dal legislatore per indicare la possibilità di accedere ai documenti.
Sebbene la nozione di «diritto soggettivo» sia oggi del tutto relativiz
zata, e finisca per designare il lessico proprio del legislatore contempo raneo che si propone di assegnare al cittadino un determinato vantag gio, il giudice amministrativo, prima della nuova linea interpretativa inaugurata dalle decisioni in epigrafe, ha, con un processo di trasfor mazione graduale, probabilmente inconsapevole, dell'art. 22, ricondot to il diritto di accesso al tradizionale schema del «diritto soggettivo», inteso come potere dell'individuo di soddisfare il proprio interesse nel l'ambito dell'ordinamento giuridico, la cui tutela è affidata alla giuris dizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 25, 4° comma, 1. 241/90 (4).
Il metodo interpretativo di cui il giudice amministrativo si è avvalso
per pervenire a siffatta conclusione, pare essere quello della «scomposi zione» della proposizione normativa e della sua «ricomposizione». Un
movimento, per così dire, di andata e ritorno che, discendendo dalla formula legislativa, isola alcuni termini in questa contenuti, e poi risale all'unità della formula stessa, la quale però non esprime più il significa to della previsione originaria.
La conoscenza interpretativa del giudice amministrativo ha prevalso sulla norma da conoscere, e la norma stessa ha finito per risolversi in quella che è conosciuta dal medesimo giudice. Essa vive nell'interpre tazione che il giudice amministrativo ne ha dato.
La prima tappa di questo procedimento interpretativo è stata quella di separare l'espressione «diritto di accesso ai documenti» dalla presen za di «una situazione giuridicamente rilevante», alla cui tutela lo stesso «diritto» è preordinato. Ma questa espressione senza l'aggiunta della situazione che qualifica giuridicamente l'«interesse» alla conoscibilità dei documenti, non ha lo stesso senso voluto dal legislatore. Essa, in
fatti, viene a definire — questa è ormai l'interpretazione consolidata — l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi, come un
bene della vita autonomo, «meritevole di tutela separatamente dalle po sizioni sulle quali abbia poi ad incidere l'attività amministrativa, even
tualmente in modo lesivo» (5). Il supporto logico e normativo di questa affermazione è rinvenuto
nel rimedio giurisdizionale offerto contro la lesione del diritto di acces
so che «assicura all'amministrato trasprarenza e imparzialità», indipen dentemente dalla lesione in concreto, da parte della pubblica ammini
strazione, di una sua posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
(4) Giurisprudenza costante. Tra le tante, v. Cons. Stato, sez. IV, 27 agosto 1998, n. 1137, Foro it., 1998, III, 610, con nota di F. Carin
gella, Ancora fitta la nebbia sull'accesso ai dati personali (sensibili e non).
(5) Cons. Stato, sez. VI, 16 giugno 1994, n. 1015, Foro it., 1994, III, 466.
Il Foro Italiano — 1999.
richiedente (poiché l'art. 24 Cost, non consente che una pro nuncia del giudice amministrativo arrechi diretto pregiudizio a chi non si sia potuto difendere: sez. V 28 febbraio 1995, n.
304, id., 1995, voce cit., n. 299; 7 maggio 1994, n. 447, id.,
Rep. 1994, voce cit., n. 585; sez. IV 28 febbraio 1992, n. 209, id., 1993, III, 394).
Tale principio si applica altresì quando (come è avvenuto col
ricorso di primo grado) si impugni un rifiuto di accesso a docu
menti riguardanti un soggetto determinato: la posizione forma
le di controinteressato sussiste anche quando col ricorso sia cen
In questo argomentare è dato cogliere la «signoria» del giudice sulla
previsione di cui all'art. 22, la quale ha lo scopo dichiarato di tendere ad assicurare la trasparenza e a favorire l'imparzialità dell'attività am
ministrativa, come esigenza obiettiva del nuovo procedimento. Traspa renza e imparzialità non sono beni propri ed esclusivi del cittadino, ma sono connotazioni essenziali del procedimento che ne denotano l'e sistenza (6).
Il cittadino, nel suo rapportarsi all'amministrazione, non ha interesse alla trasparenza, ma ha interesse a che l'attività amministrativa venga svolta secondo il modello procedimentale, disegnato dalla 1. n. 241, che non è contrapposto a quello esistente prima, fondato sulla segretez za. Non è contrapposto, perché prima non vi era una sistemazione uni taria del procedimento, e soprattutto perché il nuovo procedimento è
espressivo di un modo di porsi dell'amministrazione che è radicalmente diverso da quello anteriore al 1990.
La contrapposizione — come pure ritiene la giurisprudenza (7) —
non è tra trasparenza e segretezza dell'attività amministrativa, ma tra un modo di essere partecipativo e un modo di essere autoritario del l'amministrazione. A questi due modi di essere dell'amministrazione cor
rispondono due forme di attività amministrativa, le cui connotazioni sono ovviamente diverse. Questa considerazione induce a pensare che è fuori luogo porsi il problema di un ritorno al passato, ogni volta che si ritiene che il riconoscimento del diritto di accesso abbia subito una battuta d'arresto (8). Non è il diritto di accesso che di per sé garan tisce la trasparenza dell'attività amministrativa. Il diritto di accesso è solo un corollario della forma-procedimento che l'azione amministrati va deve assumere (9).
Una volta determinato il nucleo irriducibile dell'art. 22 nella configu razione del diritto di accesso come «diritto soggettivo» del cittadino, il giudice amministrativo non poteva che ricondurre a questo nucleo tutte le problematiche di ordine processuale suscitate dal rimedio ex art. 25. La soluzione di queste problematiche è, infatti, risultata com
patibile con la definizione preliminare del nucleo centrale che lo stesso
giudice amministrativo ha messo dentro la proposizione normativa di cui al citato art. 22. È stato cosi deciso che: il ricorso avverso le deter minazioni della pubblica amministrazione concernenti il diritto di acces so rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nono stante la previsione di un termine perentorio per proporre l'impugnati va (10); l'eventuale determinazione negativa, rimasta inoppugnata, non fa venire meno, sul piano sostanziale, la posizione giuridica dell'interes sato all'accesso, potendo questi rinnovare l'istanza e riattivare così la tutela giurisdizionale (11); il giudice amministrativo ha un potere di ac certamento pieno, e può rilevare d'ufficio una circostanza non opposta nel diniego di accesso impugnato (12); la mancata notifica ai controin teressati non determina l'inammissibilità del ricorso, trovando applica zione l'art. 102 c.p.c. (13).
(6) In questo senso trasparenza e imparzialità non aggiungono nul la all'essenza del procedimento, che per essere tale deve essere traspa rente e imparziale. Dire, infatti, che un procedimento è (o deve
essere) «trasparente», è fare un'affermazione tautologica, come dire che la caratteristica essenziale di un'automobile è quella di essere mo bile.
(7) Cons. Stato, ad. plen., 4 febbraio 1997, n. 5, Foro it., 1997, III, 199.
(8) Il timore che la recente 1. n. 675 del 1996 a tutela della privacy possa determinare «un indesiderabile ritorno al passato», è avvertito da Caringella, Riservatezza, cit., 566.
(9) Questa forma, dissolvendo (e risolvendo) l'amministrazione nel
procedimento, segna irreversibilmente la fine di un'essenza dell'ammi nistrazione stessa, quella volta al perseguimento di finalità pubbliche, contrapposte a quelle private, e, con essa, della sua intrinseca caratteri stica di essere inaccessibile.
(10) Tar Lazio, sez. II, 30 ottobre 1997, n. 1720, Trib. amm. reg., 1997, I, 3888.
(11) Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 1998, n. 641, Cons. Stato, 1998, I, 564.
(12) Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 1998, n. 99, Cons. Stato, 1998, I, 59.
(13) Tar Marche 20 novembre 1997, n. 1181, Trib. amm. reg., 1998, I, 225. La questione è stata rimessa all'attenzione della plenaria dall'or dinanza della VI sezione del consiglio 25 marzo 1999, n. 332, Foro
it., 1999, III, 161.
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PARTE TERZA
surata l'inerzia dell'amministrazione nell'adottare un provvedi mento dal contenuto sfavorevole per un terzo (sez. V 26 no
vembre 1994, n. 1381, id., Rep. 1994, voce cit., n. 475; sez.
IV 26 novembre 1993, n. 1036, id., Rep. 1993, voce cit., n.
593) e, a maggior ragione, qualora in sede giurisdizionale sia
chiesto al giudice amministrativo di ordinare direttamente l'e
sibizione di documenti, in luogo dell'amministrazione (o del
concessionario di un pubblico servizio) che non abbia provve duto sull'originaria istanza (sez. IV 15 settembre 1994, n. 713,
id., Rep. 1995, voce cit., n. 550).
La metamorfosi del diritto di accesso, una vera innovazione che tra scende il dato letterale della norma (14), è avvenuta peraltro quando il giudice amministrativo ha cominciato a chiamare, col nome di diritto all'informazione (15), quello che il legislatore ha chiamato diritto di accesso ai documenti.
Siamo all'evidenza al cospetto di un'operazione con la quale il giudi ce, lungi dal penetrare la formula di legge, ha pensato la norma in un modo radicalmente diverso da quello che essa esprime.
Il diritto di accesso inerisce all'attività amministrativa in atto, che ne determina l'insorgenza in presenza di determinate condizioni che ne consentono l'esercizio. Esso è altro rispetto al diritto all'informazione, sia dal punto di vista della sua struttura sia dal punto di vista del suo contenuto.
L'informazione è una via peculiare di conoscenza di fatti, informa
zioni, dati, opinioni, e altro, che permette a chi è informato di esprime re giudizi o eventualmente di assumere decisioni. Essa, avvalendosi di strumenti artificiali che scavalcano la distanza, rende presente e attuale una realtà che non è alla portata di tutti. È proprio per questo che l'informazione è essenziale alla crescita democratica di una società, di cui costituisce un bene primario. Infatti, alla base delle società demo cratiche è posto il libero consenso, che per essere veramente libero (cioè razionalmente autodeterminato), deve nascere da una sufficiente cono scenza dei fatti e dei valori in gioco. Per la democrazia l'informazione è la premessa perché abbia senso un qualsiasi tipo di discussione e di decisione che riguardi lo spazio pubblico (16). Tuttavia, proprio perché l'informazione è al servizio della vita democratica di una società e ne è elemento qualificante, è implicito nella nozione stessa di informazione il fatto che l'oggetto di cui essa tratta abbia, potenzialmente o attual
mente, direttamente o indirettamente, una qualche rilevanza pubblica. Di conseguenza, appare come una perversione dell'informazione quella che, in nome della verità dei fatti, vuole dare un qualche senso alla messa in circolazione sociale di un insieme di dati strettamente privati che non hanno rilevanza pubblica, senza che la loro divulgazione, in
grado di ledere il diritto primario all'intimità dei protagonisti, sia giu stificata da un interesse pubblico; interesse pubblico che deve essere tanto più rilevante ed immediato quanto più è privato e intimo il fatto che si intende divulgare (17).
Il diritto all'informazione è perciò morfologicamente diverso dal di ritto di accesso.
Quest'ultimo è un diritto civile, nel senso che la sua titolarità è ga rantita nei limiti segnati dalla legge positiva. Il diritto all'informazione
(nei suoi due versanti: diritto ad informare e diritto ad essere informati) è un diritto umano, proprio dell'individuo, che non presuppone neppu re l'appartenenza ad una determinata comunità politica, allo Stato, e che ha il suo referente costituzionale nell'art. 21 Cost, che lo protegge indirettamente (18).
Denominare, quindi, diritto di informazione il diritto di accesso —
(14) La possibilità che il giudice crei un diritto nuovo, pur sembran do che applichi una regola che preesiste, è sottolineata da V. Marinel li, Ermeneutica e diritto, Milano, 1996, 229.
(15) Cons. Stato, sez. VI, ord. 25 marzo 1999, n. 332, Foro it., 1999, III, 161.
(16) Cfr., al riguardo, G. Bettetini-A. Fumagalli, Quel che resta dei media. Idee per un'etica della comunicazione, Milano, 1998, 20.
(17) Proprio per questo, prima ancora di concrete qualificazioni giuridiche, la morale classica definiva la diffamazione come atto immorale che riguarda la divulgazione di notizie lesive dell'onorabili tà anche vere, ma di cui non è legittima la diffusione perché essa non è giustificata da gravi motivi sociali: v. Bettetini-Fumagalli, op. cit., 35.
Sul versante giuridico, v., di recente, Cass. 9 aprile 1998, n. 3679, Foro it., 1998, I, 1834, la quale, nel riconoscere il diritto all'oblio —
inteso come giusto interesse di ogni persona a non restare indetermina tamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legitti mamente divulgata —, esclude che costituisca legittimo esercizio del di ritto di cronaca la pubblicazione di fatti già da tempo resi noti, a meno che non sopravvengano eventi che, rendendo attuali quei fatti, facciano sorgere un nuovo interesse pubblico alla loro divulgazione.
(18) V. Corte cost. 15 giugno 1972, n. 105, Foro it., 1972, I, 1912.
Il Foro Italiano — 1999.
Chi ricorre al giudice amministrativo per accedere a docu
menti amministrativi, che coinvolgano aspetti di riservatezza di
un altro soggetto, deve notificargli il ricorso, ai sensi dell'art.
21, 1° comma, 1. n. 1034 del 1971.
2.2. - Nel caso di specie, con l'originaria domanda di accesso
e col successivo ricorso giurisdizionale, l'appellata ha chiesto
anche la copia di documenti direttamente riguardanti l'attività
finanziaria e commerciale della società Ni. Vi. Credit, cui avreb
be dovuto quindi notificare il ricorso, per consentirle di potere eventualmente contrastare la pretesa di accedere ai documenti,
secondo una logica estranea al legislatore del 1990, che invece lo ha
configurato come una mera posizione funzionale alla trasparenza e al
l'imparzialità dell'attività amministrativa — non è solo un gioco di pa role, dovuto ad un mero mutamento di linguaggio, ma è il segno visibi le di una diversa catalogazione del diritto di accesso.
In tal modo, l'interpretazione della norma è stata sostituita alla nor
ma, o piuttosto essa ha sostituito un diritto, normativamente esistente, con un altro tipo di diritto, un diritto fondato sulla libertà di ognuno, immanente all'ordinamento, un diritto dell'individuo che protesta a suo
piacere la propria cittadinanza democratica con qualsiasi segno o gesto, e che, promuovendo sé stesso, partecipa ad un indistinto ordine genera le. Un diritto insomma che soddisfa la «passione inutile» di conoscere
quello che avviene in una sfera pubblica, destinata ad essere visibile, perché vuota di contenuti suoi propri.
In tale prospettiva, la misura di questo nuovo diritto umano, univer
sale, finisce per essere data non più dalla norma che ne regolamenta l'esercizio, ma dallo statuto dell'individuo, che, in virtù della libertà che lo caratterizza, è legittimato a far valere ogni interesse che reputa legittimo dal punto di vista democratico.
Questo vuol dire che l'ampia, e indefinita, possibilità di reclamare l'accesso ai documenti, offerta dalla libertà dell'individuo, è priva di un ambito di reciprocità. Chi esige l'accesso, lo esige nei confronti di
tutti, e non nei confronti della sola pubblica amministrazione. Ma allora l'idea che l'amministrazione pubblica, che pur assume la
determinazione negativa concernente il diritto di accesso, sia il vero contraddittore di chiunque reclami l'accesso ex art. 25, appare un'idea
sprovvista di senso. L'amministrazione è certamente il soggetto necessario, parte formale
del processo, in quanto depositaria del procedimento e titolare del pote re di soddisfare la richiesta di accesso di chiunque. Ma, neppure nella
configurazione originaria della norma (art. 22) l'amministrazione ha un interesse giuridicamente tutelato all'inaccessibilità dei suoi atti, al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 24, 1° e 2° comma, dovendo limitarsi ad una verifica delle condizioni di ammissibilità della domanda di accesso.
Al riguardo, non è azzardato sostenere che le uniche situazioni in cui la pubblica amministrazione, nelle sue varie articolazioni, assume la veste di parte in senso sostanziale nel processo ex art. 25, sembrano
quelle indicate nel citato art. 24, 1° e 2° comma (19), le quali specifica no ambiti propri ed esclusivi della stessa amministrazione (vari casi di
segreto di Stato e di divieto di divulgazione, sicurezza, difesa nazionale, relazioni internazionali, politica monetaria e valutaria, ordine pubblico, prevenzione e repressione della criminalità), le cui modalità di gestione non sono ostensibili. Volendo dare una rappresentazione antropomorfi ca dell'amministrazione, si potrebbe dire che questa ha, per ciò che attiene alla propria sfera esclusiva, la medesima posizione dell'indivi duo che si oppone alla conoscibilità della sua sfera personale (20).
Si intuisce quindi che a chi esige l'accesso si contrappone chi pari menti pretende l'inaccessibilità della propria sfera, e il conflitto tra i due tende a essere visto in tutta la sua radicalità come confronto-scontro tra due diritti di identica morfologia.
4. - E infatti, una volta colto il diritto di accesso nell'orizzonte delle libertà individuali, espressione irrinunciabile dell'individuo, il giudice amministrativo non poteva che riscoprire anche la riservatezza in tutta la sua pienezza.
(19) L'art. 8 d.p.r. n. 352 del 27 giugno 1992 (regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 24, 2° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti am ministrativi) nulla in realtà aggiunge al disposto dell'art. 24, 2° comma, 1. 241/90, salvo esplicitare in dettaglio i criteri già da questo fissati.
(20) In questa prospettiva non pare condivisibile l'orientamento giu risprudenziale che riconosce il diritto di accesso anche nei confronti dell'attività di diritto privato della pubblica amministrazione, sul pre supposto di una concezione dell'attività amministrativa, la quale non ammette la distinzione tra attività di diritto amministrativo e attività di diritto privato, a motivo del fatto che essa «costituisce cura concreta di interessi della collettività»: v. Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 82, Foro it., 1997, III, 254.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
o a parti di essi, in considerazione delle sue esigenze di riser
vatezza.
3. - Ciò premesso, l'adunanza plenaria deve pronunciarsi sul
la questione se sia o meno ammissibile il ricorso proposto ai
sensi dell'art. 25 1. n. 241 del 1990 e non notificato all'unico
controinteressato.
3.1. - Come ha evidenziato l'ordinanza di rimessione, sul punto vi sono due orientamenti giurisprudenziali.
Per il primo, il giudizio proposto contro il diniego di accesso
alla documentazione ha natura impugnatoria, sicché è inammis
La riservatezza, che il legislatore del 1990 aveva configurato, nel
l'ambito di un procedimento disegnato secondo una logica autoreferen
ziale al potere amministrativo, come un impedimento oggettivo al rico
noscimento del diritto di accesso, la cui sussistenza doveva essere rileva
ta caso per caso dallo stesso potere amministrativo, comincia ad acquisire la dimensione, in tutto analoga a quella del diritto di accesso, di diritto, la cui tutela non può che essere di esclusiva pertinenza del titolare.
Pare essere questo il presupposto che ha determinato il giudice ammi
nistrativo, come confermato dalle decisioni in rassegna, a ritenere ne
cessaria la notifica del ricorso ex art. 25, pena l'inammissibilità, anche
al soggetto che ha interesse ad opporsi all'accesso ai documenti (21). Ciò è pienamente conseguente ad una prassi giurisprudenziale che,
promuovendo l'esaltazione del diritto di accesso, è costretta a sciogliere la riservatezza da quel vincolo che il legislatore del 1990 aveva alla stes
sa assegnato, cioè di essere limite oggettivo all'accesso ai documenti, che la pubblica amministrazione ha il potere di individuare in relazione
alle singole istanze. Esiste un legame tra accesso ai documenti e riservatezza. La meta
morfosi del diritto di accesso in diritto assoluto, azionabile a piacimen
to, richiede di per sé che alla riservatezza — esigenza da salvaguardare a cura dell'amministrazione — venga assegnato il valore che ad essa
corrisponde di spazio di libertà che l'individuo ha il diritto, altrettanto
assoluto, di proteggere contro una possibile invasione di chi rivendica
il diritto di accesso. Questo, inteso come bene autonomo della vita, viene ora a contrapporsi all'interesse primario, naturale, di ogni perso na ad avere una sfera privata di azione vitale, nella quale gli altri solo
per legami oggettivi o gravi beni sociali in gioco possono entrare senza
il consenso esplicito dell'interessato. A dire il vero, l'ampia casistica in tema di bilanciamento tra accesso
e riservatezza mostra che la giurisprudenza, anziché vedere la riserva
tezza nella dimensione di un diritto assoluto, coglie ancora questa al
suo punto di partenza, il più basso possibile, in un'astrazione che non
pare congrua con la qualificazione di controinteressato necessario del
titolare del diritto alla riservatezza.
Il diritto alla riservatezza viene sempre visto nella prospettiva di un
interesse alla riservatezza, la cui rilevanza, in ordine al pregiudizio che
i terzi possono avere dalla divulgazione di un documento, è lasciata
comunque all'esclusiva competenza dell'amministrazione (22). È sem
pre sulla valutazione, che di questa rilevanza ha dato l'amministrazione
nei singoli casi, che il giudice amministrativo si è pronunciato in sede
di ricorso ex art. 25.
Attraverso la mediazione del provvedimento di diniego di accesso,
peraltro formalmente necessaria atteso il modello di tipo impugnatorio del rimedio ex art. 25, il giudice amministrativo, senza mai pronunciar si direttamente sul conflitto tra il diritto di accesso e il diritto alla riser
vatezza, ha così definito quale documento sia accessibile e quale non
lo sia (23). In sostanza, al giudice a questo punto non importa tanto procedere
oltre nell'analisi delle singole fattispecie nelle quali, muovendo da una
aprioristica prevalenza del diritto di accesso sulla riservatezza (24), ri
(21) Cons. Stato, sez. VI, 5 ottobre 1995, n. 1085, Foro it., Rep.
1996, voce Giustizia amministrativa, n. 482; 8 luglio 1997, n. 1117,
id., Rep. 1997, voce cit., n. 630.
(22) Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 1995, n. 37, Foro it., 1995,
III, 308.
(23) Si è così statuito, per esempio, che sono sottratti all'accesso:
i documenti che contengono dati relativi alla salute; gli atti della com
missione prefettizia per la concessione della forza pubblica nell'esecu
zione degli sfratti; le dichiarazioni rilasciate da lavoratori agli ispettori
dell'Inps che hanno portato alla scoperta di omissioni contributive; la
documentazione allegata al verbale degli ispettori del lavoro; la docu
mentazione sulle ricerche cliniche. Per un'ampia rassegna di precedenti, v. F. Caringella, Ancora fitta, cit.
(24) L'interpretazione del giudice amministrativo sembra rispondere alle esigenze del clima culturale e sociale, nel quale la decisione verrà
ad immettersi: il clima cioè di una società, quale quella contemporanea, che ha smarrito il senso di ciò che è intimo, personale, privato. Sembra
quasi che ci sia del losco, se tutto non viene messo «in piazza». In pro
posito, cfr. H. Lévi-Bruhl, Sociologie du droit, 7a ed., Parigi, 1990,
67, il quale evidenzia come il costume sociale, pur non determinando il
Il Foro Italiano — 1999.
sibile il ricorso non notificato ad almeno un controinteressato
(cfr. sez. V 2 dicembre 1998, n. 1725, in epigrafe, che ha rite
nuto che il diniego di accesso incide su un interesse legittimo; sez. IV 6 febbraio 1995, n. 71, ibid., n. 549; 15 settembre 1994, n. 713, ibid., n. 550; 7 marzo 1994, n. 216, id., 1994, III, 457) ed è inammissibile il ricorso contro un diniego di accesso mera
mente confermativo di un precedente espresso diniego (sez. V
12 dicembre 1997, n. 1537, id., Rep. 1998, voce Atto ammini
strativo, n. 380). Per il secondo, il diritto di accesso va qualificato come un
chiede una sorta di prova di resistenza della determinazione dell'ammi nistrazione che ha denegato l'accesso per salvaguardare la riservatezza
in funzione di un criterio definito in anticipo che permetterà di valutare
se la divulgazione del documento sia o meno in grado di arrecare pre giudizio ai terzi. Si allude al principio di pubblicità dei documenti am
ministrativi (25) rispetto al quale la riservatezza, come ipotesi di esclu
sione dell'accesso, rappresenta l'eccezione. Ma si è proprio sicuri che
il legislatore del 1990 abbia riconosciuto l'esistenza di questo principio di pubblicità nel nostro ordinamento, o piuttosto il giudice amministra
tivo, con un'ulteriore traduzione del termine «trasparenza» in quello di «pubblicità», ha, ancora una volta, messo dentro le regole procedi mentali di cui alla 1. n. 241 un tale principio? Per di più, se sussiste
davvero questo principio nel nostro ordinamento, che dovrebbe garan tire la conoscibilità degli atti a chiunque (questo vuol dire pubblicità),
perché mai invocare la cura e la difesa di interessi giuridici, quale situa
zione che dovrebbe giustificare la prevalenza dell'accesso sulla riserva
tezza altrui? Il contrasto tra accesso e riservatezza dovrebbe essere sem
mai risolto tramite la sola considerazione preliminare del principio di
pubblicità degli atti, a cui si contrappone, come deroga, l'esigenza di
salvaguardare la riservatezza. Se, infatti, la conoscibilità degli atti è
la regola generale, questa, proprio perché generale, non abbisogna, di
versamente dall'eccezione, di essere altrimenti giustificata. Peraltro, ci si deve chiedere se dopo la configurazione che il giudice
amministrativo ha dato del diritto di accesso, quale diritto autonomo, sia ancora possibile definire la riservatezza, quale caso di esclusione
dell'accesso ai documenti, o piuttosto questa debba essere considerata
per quello che essa effettivamente è nel nostro ordinamento, un diritto
della personalità, il cui fondamento giuridico è rinvenibile direttamente
nell'art. 2 Cost., che va tutelato contro le ingerenze, che, sia pure com
piute con mezzi leciti, non sono giustificate da interessi pubblici pre minenti (26).
La domanda riporta allo statuto della persona, e sposta la problema tica dell'accesso in un contesto che trascende le regole di cui alla 1.
241/90 (art. 22 e 24), sottraendola a quell'impostazione pubblicistica dalla quale il giudice amministrativo non ha saputo svincolarsi, nono
stante abbia affrancato il diritto di accesso dallo schema funzionale
in cui il legislatore del 1990 lo aveva inserito.
5. - Certamente, de iure condito, l'accesso ai documenti consentito
dall'art. 22 è funzionale al buon funzionamento dell'attività ammini
strativa, come delineata dalla nuova normativa, e perciò esso non può essere separato da uno specifico interesse, nel singolo procedimento in
corso, che sia giuridicamente rilevante, cioè che abbia rilievo ai fini
del corretto svolgimento dell'attività della pubblica amministrazione (in
particolare, che sia imparziale). In questo senso è esatta la conclusione, cui pervengono le decisioni
in epigrafe, le quali, superando con una sterzata, per certi versi inatte
sa, l'ormai consolidata tensione pretoria all'incasellamento dell'accesso
nel novero dei diritti soggettivi e dopo aver ribadito un indirizzo «espresso senza oscillazioni» dalla giurisprudenza amministrativa che qualifica «con
trointeressati nel giudizio di accesso» i soggetti aventi titolo alla riserva
tezza, affermano (la quinta sezione in maniera più perentoria della ple
naria) che «l'accesso non è un diritto pieno» che compete all'individuo
indipendentemente dai «fini d'imparzialità e buon andamento dell'am
ministrazione (cui) è direttamente rivolto». In sostanza, siamo al co
spetto di un interesse legittimo, la cui cognizione non è riservata ad
una giurisdizione esclusiva di cui non vi è traccia nel dettato positivo, ma alla normale giurisdizione di legittimità. Precipitato ulteriore: l'o
messa notifica del ricorso al titolare della riservatezza controinteressato
non produce l'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., ma
incorre nella sanzione dell'inammissibilità scolpita dalla legge proces suale amministrativa.
Se sullo svincolo dell'accesso dai binari del diritto soggettivo si può
essere, in forza di quanto detto, sostanzialmente d'accordo, meno con
vincente appare il percorso argomentativo per giungere a questa conclu
giudice ad emettere una data decisione, influisce su di lui con «une
pression latente et irrésistible».
(25) Cons. Stato, ad. plen., 5/97, Foro it., 1997, III, 199.
(26) Cass. 20 aprile 1963, n. 990, Foro it., 1963, I, 877; da ultimo,
Cass. 9 giugno 1998, n. 5658, id., 1998, I, 2387.
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PARTE TERZA
diritto in senso tecnico, sicché il ricorso proposto per la sua
tutela va inteso non come impugnativa di un provvedimento
amministrativo, ma come diretto all'accertamento del diritto ed
alla condanna del soggetto obbligato ad esibire i documenti ri
chiesti (cfr. sez. IV 16 aprile 1998, n. 641, ibid., nn. 171, 279, 294; 20 febbraio 1995, n. 108, id., 1995, III, 374): pertanto, può trovare applicazione l'art. 102 c.p.c., che disciplina l'istitu
to del litisconsorzio necessario, configurabile quando il rappor to controverso è comune a più parti e necessita di una pronun cia inscindibile (sez. IV 9 luglio 1998, n. 1079, id., Rep. 1998, voce cit., n. 392; 11 giugno 1997, n. 643, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 256), ed è impugnabile un diniego di accesso meramente
confermativo di un diniego precedente (sez. IV 22 gennaio 1999
n. 56). L'ordinanza di rimessione ha rilevato che potrebbe ritenersi
preferibile quest'ultimo orientamento, poiché in materia vi sa
rebbe una controversia su diritti soggettivi contrapposti (diritto di accesso del richiedente e diritto alla riservatezza del contrad
dittorio necessario). 3.2. - Ritiene l'adunanza plenaria che vada fatta applicazione
del principio per cui il giudizio previsto dall'art. 25 1. n. 241
sione, laddove si richiama l'ormai consumata distinzione categoriale tra diritto soggettivo e interesse legittimo, e se ne individua (in particolare nel decisum della quinta sezione) il discrimine in «prevalenti ragioni di interesse pubblico», in presenza delle quali la «questione è di interes se legittimo».
In verità, nella fattispecie che disciplina l'accesso non si riesce ad intravedere quale possa essere l'interesse pubblico che l'amministrazio ne è chiamata a gestire su un piano di supremazia rispetto al cittadino, e nell'esercizio di poteri discrezionali, salve ovviamente le situazioni di cui all'art. 24, 1° e 2° comma, nelle quali è presente un interesse pro prio della stessa amministrazione.
Piuttosto, vi è da dire che il legislatore, pur muovendosi in una logi ca marcatamente funzionalistica, ha comunque compiuto una certa va lutazione del bene proprio dell'accesso in relazione al bene del cittadino
(di ogni cittadino), riconoscendo che l'oggetto del diritto di accesso è un bene ricercato o ambito da ognuno in un certo contesto della sua esistenza.
Il che significa che si è ormai in presenza di un interesse pubblico (o di un bene comune a tutti), dietro il quale vi è appunto un bene individuale che in quanto ritenuto meritevole di tutela rispetto a tutti
gli individui, il legislatore ha fatto oggetto della sua azione. Non solo, dunque, è da escludere nella materia un interesse pubblico,
la cui cura il legislatore abbia affidato all'amministrazione, ma che questa abbia un benché minimo interesse a contrapporsi al cittadino.
In altre parole, il diritto di accesso potrebbe pienamente rispondere ad un interesse individuale/pubblico, dietro il quale si può intravedere, come nel diritto all'informazione, la tutela della libertà politica di ogni singolo cittadino.
Se si accede a questa impostazione — sul punto la giurisprudenza può ormai dirsi consolidata —, il discorso sulla riservatezza deve essere
ripensato. Un ripensamento si impone a motivo della disciplina introdotta dalla
1. 31 dicembre 1996 n. 675, relativa alla «tutela delle persone e di altri
soggetti rispetto al trattamento dei dati personali», da ultimo integrata, per i trattamenti di dati da parte di soggetti pubblici, dal d.leg. 11
maggio 1999 n. 135, la quale ha in ogni caso definito, per quel che
riguarda il nucleo forte della riservatezza, «il rapporto che intercorre tra questa e il diritto di accesso», nel senso dell'inaccessibilità dei dati sensibili di cui all'art. 22 (27).
Ma quello che soprattutto va rivisto è il metodo utilizzato nell'af frontare la questione del rapporto tra accesso e riservatezza, che il giu dice amministrativo risolve in termini di prevalenza dell'uno sull'altra, o viceversa.
Bisogna convenire che come la 1. 241/90 può essere vista nell'ottica di una valorizzazione di un diritto alla conoscibilità dell'azione ammini strativa che sia al contempo un bene privato e un bene pubblico, così non pare possano sussistere dubbi che la 1. 675/96 si muova verso una
maggiore e più matura sensibilità per la rilevanza pubblica della riserva tezza. Cioè verso una decisa presa di coscienza che la tutela dell'intimi tà delle persone fa parte di quel bene che lo Stato deve perseguire, facendolo oggetto della sua azione.
È la struttura ontologica della persona umana, essere personale e re lazionale, che postula, da una parte, il rispetto della vita privata, e, dall'altra, la possibilità di conoscere il contesto politico-amministrativo nel quale essa è chiamata a rapportarsi con l'altro, con tutti gli altri.
(27) Nel senso dell'inaccessibilità dei dati sensibili, v. Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59, Foro it., 1999, III, 109, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1999.
del 1990 (salve le deroghe da esso espressamente previste) è sot
toposto alla generale disciplina del processo amministrativo (cfr. sez. VI 16 dicembre 1998, n. 1683, id., 1999, III, 67; 8 luglio
1998, n. 1051, id., Rep. 1998, voce cit., n. 381; 10 febbraio 1996, n. 184, id., Rep. 1996, voce cit., n. 283).
Tra i principi generali del processo amministrativo, vi è quel lo sancito dall'art. 21, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034
(per il quale «il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emanato l'atto impugnato quanto ai controinteressati
ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno uno tra essi»). Tale regola (tipica del processo di impugnazione di provvedi
menti autoritativi, di per sé idonei a divenire inoppugnabili se
non impugnati tempestivamente e incidenti su interessi legitti
mi) è coerente col giudizio sull'accesso e con la posizione giuri dica fatta valere col ricorso ex art. 25 1. n. 241 del 1990.
Il legislatore, pur avendo qualificato come «diritto» la posi zione di chi ha titolo ad accedere ai documenti (art. da 22 a
25 1. n. 241 del 1990), in considerazione degli interessi pubblici coinvolti ha disposto all'art. 25, 5° comma, un termine peren torio entro il quale è proponibile il ricorso «contro le determi
nazioni amministrative concernenti il diritto di accesso».
Si è in presenza di due beni che la civiltà giuridica contemporanea ha riconosciuto degni di protezione, trasformandoli in diritti positivi. Entrambi sono riconducibili alla tutela della libertà individuale: l'acces so (unitamente all'informazione) garantisce la libertà delle scelte politi che, sociali e individuali di tutti i cittadini; la riservatezza garantisce la libertà dei cittadini di condurre la propria vita privata. Proprio per ché ambedue sono beni del singolo, sono anche bene comune.
Non c'è quindi contrasto tra interesse pubblico all'accesso e aspira zione privata alla riservatezza, ma rapporto tra interesse pubblico (cioè di tutti) ad un'adeguata informazione da parte dei singoli cittadini e interesse pubblico (cioè di tutti) ad un'adeguata tutela dell'intimità dei
singoli cittadini. Una coesistenza di «opposti» nella medesima persona, come il diritto e il rovescio di un arazzo.
La coscienza della natura dell'uomo, essere personale e relazionale, aiuta a risolvere l'opposizione, senza conferire al problema del rappor to tra i due distinti diritti il carattere di aut-aut, che può condurre all'e sclusione di uno piuttosto che dell'altro, secondo un giudizio aprioristi co di prevalenza di un valore sull'altro.
Muovendo, infatti, da una concezione che vede i due beni, in astrat
to, in contraddizione tra di loro, la composizione giuridica dell' aut-aut, non può che avvenire mediante un giudizio che elida uno dei due termi
ni, irriducibilmente antitetici. Ma è chiaro che questa composizione non solo esaspera la contraddi
zione, bensì finisce per conferire un carattere assoluto a uno dei due
beni, che nella realtà invece non ha. Di fronte alla rivendicazione di diritti fondamentali o costituzionali,
l'interprete non può in astratto fissarsi sul valore da tutelare alla ricerca di un ordine di priorità che prescinda dalla situazione contestuale e
dagli specifici soggetti coinvolti, ma deve relativizzare le formule astrat te dei due diritti, riportandole alla complessità e alla particolarità del caso concreto.
In questo senso deve essere vista con favore l'assenza di una formula astratta che «enuclei in modo esplicito la latitudine della riservatezza», al fine di individuare il limite all'accesso, perché è proprio l'astrattezza delle espressioni diritto di accesso e diritto alla riservatezza che può indurre a prospettare un contrasto logico tra questi.
Le due situazioni, di cui è titolare la persona nella sua interezza, solo logicamente si escludono. Nella realtà del caso concreto, tuttavia, esiste un solo diritto, ed è quello che il giudice (nella sua prudenza) riconoscerà esistere nella specie ad un certo soggetto, alla luce di tutti i beni e i soggetti coinvolti e di tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso.
Sarà dunque nella situazione concreta che l'oggetto del singolo dirit to potrà essere valutato, e quindi protetto, secondo un rapporto con altro bene della persona, parimenti protetto.
Ciò non significa rifiutare l'oggettività delle norme valide sempre e
dovunque, sostituendo a queste un pragmatismo situazionale, disconti nuo, il che porterebbe al dissolvimento della giurisprudenza nella casi stica. Piuttosto si vuol dire che è indispensabile la mediazione di un
giudice che sia capace di relativizzare le formule astratte dei diritti, ri
portandole alla complessità e particolarità del caso concreto, e di espri mere un giudizio «personalizzato al massimo», alla luce del bene di tutta la persona.
Una tale mediazione è possibile solo se l'interprete ha di mira ultima mente non il singolo bene umano in astratto, ma il bene concreto della persona umana (di tutte le persone umane: bene comune), alla quale inerisce il diritto sussistente.
In questa ottica, non ci sono diritti che cedono, che vengono sopraf fatti nel caso concreto: semplicemente, in quel caso concreto, gli altri diritti non esistono
Giuseppe Romeo
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
In tal modo, il legislatore: — in un'ottica di controllo democratico dell'attività della pub
blica amministrazione e dei concessionari dei servizi pubblici, ha enfaticamente rimarcato il fondamento costituzionale e la
notevole dignità sostanziale della posizione di chi formula l'i
stanza di accesso (il più delle volte riferibile a una posizione direttamente tutelabile ai sensi dell'art. 25 Cost., oppure ricon
ducibile all'esigenza di essere informati sul contenuto dei docu
menti e sugli aspetti attinenti alla legalità, alla trasparenza ed
all'imparzialità dell'azione amministrativa, in attuazione dei va
lori espressi dagli art. 21 e 97 Cost.); — ha tenuto in considerazione tutti gli interessi in conflitto
(del richiedente, dell'amministrazione o del concessionario pub
blico che detiene gli atti, dell'eventuale terzo cui gli atti richiesti
si riferiscono); — ha disposto che sull'istanza di accesso debba provvedersi
con un atto motivato (art. 25, 3° comma), idoneo a determina
re uno stabile assetto degli interessi coinvolti con l'istanza, mo
dificabile in sede giurisdizionale solo nel caso di tempestiva im
pugnazione innanzi al tribunale amministrativo regionale entro
il termine perentorio di trenta giorni (art. 25, 5° comma). La tutela del diritto di accesso è stata così riferita all'impu
gnazione di un provvedimento autoritativo (o dell'inerzia) del
l'amministrazione (cui l'art. 23 1. n. 241 del 1990 ha equipara
to, anche ai fini processuali, la determinazione del gestore di
un pubblico servizio: cfr. ad. plen. 22 aprile 1999, n. 5, id.,
1999, III, 305; sez. V 20 dicembre 1996, n. 1577, id., Rep. 1997,
voce Contratti della p.a., n. 337).
3.3. - Il termine «diritto», più volte adoperato nel suo senso
più generico dal legislatore nei richiamati art. da 22 a 25, va
interpretato alla luce della norma che prescrive il termine peren
torio per la proposizione del ricorso, nonché delle regole gene
rali del processo amministrativo di legittimità, compatibili con
il rito speciale previsto dall'art. 25.
Sussiste una notevole similitudine tra i principi riguardanti
altri settori del diritto amministrativo (e delle correlative regole
processuali) e quelli concernenti la tutela del diritto d'accesso:
chi aspira a concludere un contratto di appalto con la pubblica amministrazione o ad essere proclamato eletto in una competi
zione elettorale (anche al parlamento europeo: art. 42 1. 24 gen
naio 1979 n. 18) ne ha «diritto» secondo il linguaggio comune,
ma sul piano giuridico può impugnare innanzi al giudice ammi
nistrativo, entro il prescritto termine di decadenza, il provvedi
mento concretamente lesivo che abbia disconosciuto tale posi
zione, da qualificare come interesse legittimo.
Più in generale (e tranne i casi in cui una legge compatibile
con la Costituzione determini la giurisdizione ordinaria), è rav
visabile la posizione di interesse legittimo, tutelata dall'art. 103
Cost., quando un provvedimento amministrativo è impugnabile
come di regola entro un termine perentorio, pur se esso incide
su posizioni che, nel linguaggio comune, sono più spesso defini
te come di «diritto».
Ad esempio, per l'ordinamento (sia sul piano sostanziale che
ai fini del riparto delle giurisdizioni) hanno natura di interessi
legittimi il «diritto» di concludere il contratto da parte di chi
ritenga di dovere risultare vincitore di una gara d'appalto, il
«diritto» del candidato di essere proclamato eletto in una com
petizione elettorale, il «diritto» di svolgere una certa attività,
economica, professionale o costruttiva da parte di chi ritenga
che sia illegittimo un diniego di licenza, di autorizzazione o di
concessione, il «diritto» di essere nominato pubblico dipenden
te all'esito di un concorso per la nomina, il «diritto» di non
essere estradato in un paese ove è eseguibile la pena di morte
(Corte cost. 27 giugno 1996, n. 223, id., 1997, I, 2060), il «di
ritto» all'attivazione di impianti radiotelevisivi (Corte cost. 2 marzo 1990, n. 102, id., 1990, I, 3375), gli altri «diritti» richia mati dalla sez. V con la decisione 2 dicembre 1998, n. 1725,
in epigrafe. In tutti tali settori (in cui le leggi attribuiscono all'ammini
strazione il potere di natura pubblicistica di valutare tutti gli
interessi coinvolti e di incidere unilateralmente col provvedimento
autoritativo sull'altrui sfera giuridica), la posizione del soggetto
leso dall'atto è presa in considerazione dalle specifiche norme
costituzionali che regolano i settori, è qualificata come interesse
legittimo (v. art. 24, 103 e 113 Cost.) ed è pienamente tutelata
in sede giurisdizionale con un giudizio di impugnazione del prov
vedimento lesivo, nel corso del quale può verificarsi se l'atto
Il Foro Italiano — 1999.
sia affetto non solo da vizi formali, ma anche da profili di
eccesso di potere. Còme per la tutela del diritto di accesso, le normative riferi
bili ai richiamati settori mirano al soddisfacimento dell'interes
se individuale, nell'ambito del contestuale e coessenziale soddi
sfacimento dell'interesse pubblico. 3.4. - Neppure può ritenersi (come ha ipotizzato l'ordinanza
di rimessione) che in materia di accesso siano ravvisabili con
troversie su «diritti soggettivi contrapposti», quali il diritto di
accesso del richiedente e il diritto alla riservatezza del contrad
dittore necessario.
Come in materia di accesso, quando l'amministrazione ema
na provvedimenti che incidono su più soggetti, con effetti favo
revoli per alcuni e sfavorevoli per altri (come nel caso di rilascio
di una concessione di un bene pubblico o di aggiudicazione di
un appalto o di nomina al pubblico impiego, in favore di un
soggetto in luogo di un altro), non sono riscontrabili «diritti»
contrapposti, ma «interessi legittimi» contrapposti: l'interesse
del soggetto leso dall'atto giustifica il ricorso giurisdizionale e
la sua legittimazione, mentre l'interesse del soggetto non leso
dall'atto, ma che lo sarebbe nel cao di accoglimento del ricorso,
comporta la sussistenza di un controinteressato in senso tecnico.
Del resto, la posizione di diritto o di interesse va determinata
tenendo conto dell'incidenza che ha il provvedimento lesivo, e
non comparando le contrapposte posizioni dei soggetti che, ri
spettivamente, siano lesi o favoriti dall'atto medesimo. Inoltre,
nella materia dell'accesso le controversie vanno decise tenendo
conto delle varie posizioni coinvolte e sulla base di giudizi di
prevalenza (cfr. ad. plen. 28 aprile 1999, n. 6; 22 aprile 1999,
n. 5, cit.; 4 febbraio 1997, n. 5, id., 1997, III, 199). Va, quindi, considerato atecnico il riferimento al «diritto»,
poiché la pretesa (cui non è correlativo un obbligo o un com
portamento dovuto) non è esercitabile senz'altro nei confronti
dell'amministrazione o del gestore del pubblico servizio: la sua
fondatezza va verificata di volta in volta dapprima in sede am
ministrativa e poi, nel caso di tempestiva impugnazione della
determinazione in sede giurisdizionale, esaminando l'eventuale
preminenza delle ragioni di chi abbia chiesto l'accesso, rispetto
a quelle riscontrate nel diniego o alle esigenze di riservatezza
del terzo cui si riferiscono i documenti.
3.5. - Quanto precede comporta che: — va considerata come controinteressata la società Ni. Vi. Cre
dit, quale soggetto determinato cui si riferiscono i documenti
richiesti con la domanda di accesso; — il ricorso previsto dall'art. 25, 5° comma, 1. n. 241 del
1990, andava notificato alla medesima società, ai sensi dell'art.
21, 1° comma, 1. n. 1034 del 1971; — va annullata la sentenza di primo grado, che ha accolto
l'originario ricorso ed ha ordinato l'esibizione dei documenti.
4. - Tenuto conto dei diversi orientamenti seguiti dalla giuris
prudenza in materia di mancata notifica al controinteressato del
ricorso per l'accesso, ritiene l'adunanza plenaria che vada ac
colta l'istanza dell'appellata (formulata in via subordinata nel
corso della camera di consiglio, per il caso di accertata fonda
tezza del primo motivo d'appello), volta alla concessione del
beneficio della rimessione in termini, per errore scusabile.
Tale istituto, infatti, ha carattere generale ed è applicabile
anche d'ufficio nel corso del giudizio di appello (ad. plen. 27
maggio 1999, n. 13; 23 marzo 1979, n. 9, id., 1979, III, 310).
Pertanto, il ricorso di primo grado non va dichiarato inam
missibile, potendo essere integrato il contraddittorio, come pre
visto dall'art. 21, 1° comma, 1. n. 1034 del 1971.
5. - Trova pertanto applicazione nel presente giudizio l'art.
35, 1° comma, della medesima 1. n. 1034 del 1971, per il quale,
«se il Consiglio di Stato accoglie il ricorso per difetto di proce
dura o per vizio di forma della decisione di primo grado, annul
la la sentenza impugnata e rinvia la controversia al tribunale
amministrativo regionale».
Questa adunanza ha già avuto modo di chiarire, con argo
mentazioni che il collegio condivide e fa proprie, che la manca
ta integrazione del contraddittorio in primo grado costituisce
un «difetto di procedura» che comporta in appello l'annulla
mento della sentenza con rinvio al Tar (ad. plen. 17 ottobre
1994, n. 13, id., 1995, III, 1). Pertanto, ai sensi dell'art. 35 1. n. 1034 del 1971 la sentenza
impugnata va annullata con rinvio al Tar del Lazio.
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PARTE TERZA
II
Diritto. — 1. - Il sindacato di base di Milano, ricorrente in
primo grado, ha proposto un'istanza di accesso ai documenti
amministrativi concernenti l'esatta individuazione del lavoro
straordinario prestato da ciascun dipendente della provincia di
Milano, a partire dal mese di febbraio 1997. A supporto della
domanda, l'organizzazione sindacale, pur precisando di non es sere firmataria dei contratti collettivi di lavoro, ha affermato
l'esigenza di tutelare l'interesse dei propri iscritti ad una corret ta applicazione della vigente disciplina normativa e contrattua
le, relativa all'equa ripartizione delle ore di straordinario fra
tutto il personale interessato.
L'amministrazione ha esaudito solo in parte la richiesta, for nendo esclusivamente i dati concernenti i «progetti finalizzati», nonché i documenti riepilogativi ed «aggregati» relativi alla con sistenza complessiva del «monte-ore» degli straordinari autoriz zati ed effettuati nell'ambito dei singoli servizi, settori e reparti. La provincia ha invece respinto l'istanza nella parte concernen te le informazioni relative ai nominativi del personale che ha
prestato lavoro straordinario nel periodo considerato e l'indica zione degli specifici compensi percepiti da ciascuno.
La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dal sin dacato di base, inteso ad ottenere copia dei documenti concer nenti l'individuazione dei singoli fruitori dei compensi straordi nari, affermando che «le limitazioni del diritto alla comunica zione di dati personali non si possono ritenere applicabili alle comunicazioni quali quelle che fanno riferimento al diritto al l'accesso per le quali, in base ad espressa norma di legge, attua tiva della disposizione costituzionale dell'art. 97 Cost., la tra
sparenza nell'attività amministrativa rappresenta un valore di
portata 'collettiva' opponibile alla tutela individuale, specifica della riservatezza personale», precisando che «sarà cura della stessa amministrazione che rilascia i dati porre limiti e vincolare il soggetto sindacale alla non diffusione dei dati stessi, attività
per la quale la sigla sindacale assume specifica e diretta respon sabilità nei confronti dei terzi».
La provincia appellante articola cinque complessi motivi di
gravame:
1) inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati;
2) inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata
impugnazione del regolamento sull'accesso ai documenti ammi
nistrativi, nella parte in cui esclude gli atti relativi al trattamen to economico dei dipendenti;
3) difetto di interesse del sindacato di base a visionare i docu menti richiesti; indeterminatezza dell'istanza;
4) prevalenza del diritto alla riservatezza dei dipendenti; 5) contraddittorietà della pronuncia, nella parte in cui attri
buisce all'amministrazione il potere-dovere di stabilire limiti di retti a salvaguardare gli interessi alla riservatezza dei soggetti coinvolti.
2. - L'appello è fondato, in relazione ai primi due motivi di censura.
La provincia sostiene, in primo luogo, l'inammissibilità del ricorso di primo grado, notificato solo all'amministrazione, ma non ai dipendenti direttamente interessati dai dati concernenti la richiesta di accesso. In tal modo verrebbe violata la regola dell'art. 21, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 (ritenuta applicabile anche allo speciale giudizio previsto dall'art. 25 1. 7 agosto 1990 n. 241), in forza della quale il ricorso, nei pre scritti termini decadenziali, «deve essere notificato tanto all'or
gano che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressa ti ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno tra essi».
Il motivo va condiviso, per le ragioni di seguito specificate. Va premesso che, conformemente ad un indirizzo espresso
senza oscillazioni dalla giurisprudenza di questo consiglio, i sog getti terzi aventi titolo alla riservatezza della documentazione amministrativa sono controinteressati nel giudizio per l'accesso, ai sensi dell'art. 25 1. 7 agosto 1990 n. 241 (Cons. Stato, sez.
VI, 5 ottobre 1995, n. 1085, Foro it., Rep. 1996, voce Giustizia amministrativa, n. 482; sez. IV 6 febbraio 1995, n. 71, id., Rep. 1995, voce cit., n. 549; 15 settembre 1994, n. 713, ibid., n. 550; sez. VI 8 luglio 1997, n. 1117, id., Rep. 1997, voce cit., n. 630).
In tal modo, si è ritenuto inoperante, nelle particolari ipotesi
Il Foro Italiano — 1999.
dei ricorsi proposti contro le determinazioni amministrative in
materia di diritto di accesso, il principio generale secondo cui non sarebbero configurabili posizioni di controinteresse al ri
corso qualora venga impugnato un provvedimento negativo, ov
vero nel caso di silenzio-rifiuto (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo
1982, n. 144, id., Rep. 1982, voce cit., n. 526). Si deve infatti rilevare che il diniego di accesso ai documenti,
motivato con riferimento all'asserita prevalenza del diritto alla
riservatezza dei terzi, si atteggia come esplicito riconoscimento della posizione giuridica del soggetto cui si riferiscono gli atti, mettendo in luce un interesse sostanziale e processuale a contra
stare la pretesa azionata contro l'amministrazione. Va inoltre
aggiunto che consentire l'eventuale possibilità di proporre, ex
post, l'opposizione di terzo, senza imporre la necessaria parteci
pazione immediata al processo, oltre a determinare un inutile dilatazione dei tempi e dei costi complessivi del giudizio, vanifi cherebbe, quasi sempre, le esigenze di tutela del soggetto titola re del diritto alla riservatezza, irreversibilmente pregiudicate dal
l'intervenuta ostensione dei documenti che lo riguardano.
L'opposizione di terzo nel processo amministrativo non can cella l'onere di notificare il ricorso ai diretti controinteressati, né modifica le sanzioni dell'inosservanza di quello. Vale invece
per soggetti che non abbiano ricevuto la notifica, dovuta o no che essa fosse.
Pertanto, si è correttamente precisato che nel caso in cui la
documentazione amministrativa, cui sia richiesto l'accesso ai sensi dell'art. 24 1. 7 agosto 1990 n. 241 e dell'art. 8 d.p.r. 27 giugno 1992 n. 352, riguardi soggetti terzi, implicandone il diritto alla riservatezza con riferimento agli interessi epistolari, sanitari, pro fessionali, finanziari, industriali e commerciali — per il quale spetta all'amministrazione l'apprezzamento di adeguate misure di tutela — i soggetti predetti sono controinteressati nei giudizi instaurati ai sensi dell'art. 25 1. n. 241 (Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 1995, n. 4, id., Rep. 1995, voce Atto amministrativo, n. 299).
Infatti, in sede di accesso ai documenti, il terzo cui la docu mentazione pertiene è legittimato ad impugnare il provvedimen to di accoglimento dell'istanza di accesso che ritenga lesivo del suo diritto alla riservatezza o a contraddire alla pretesa di ac cesso azionata giudizialmente dal richiedente, assumendo la ve ste di controinteressato e, quindi, di contraddittore necessario al relativo giudizio (Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 1995, n.
506, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 548). Si tratta di una conclusione aderente al principio partecipati
vo affermato dalla 1. 241/90: i soggetti aventi titolo ad interlo
quire nella fase formativa del provvedimento devono essere messi in grado di difendersi nel corso del giudizio eventualmente in staurato dalla parte che vanta una pretesa di segno contrapposto.
L'esigenza di assicurare un'adeguata protezione (anche pro cessuale) ai titolari del diritto alla riservatezza non solo è espli citamente riconosciuta in ambito nazionale dall'art. 7, 3° com ma, 1. 8 giugno 1990 n. 142 e dall'art. 24, 2° comma, lett.
d), 1. 241/90, ma è stata affermata anche in sede comunitaria
(raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d'Eu
ropa, nn. 81-89 del 25 novembre 1981). In termini più specifici, l'esigenza di tutela della riservatezza
in ordine alla documentazione amministrativa relativa al tratta mento retributivo dei dipendenti è affermata dal vigente con tratto collettivo di lavoro del comparto degli enti locali. In par ticolare, l'art. 7, pur attribuendo alcuni poteri di verifica e di controllo alle organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo, stabilisce, al 4° comma, che «nel caso in cui il sistema informa tivo utilizzato dall'amministrazione consenta la raccolta e l'uti lizzo di dati sulla quantità e qualità delle prestazioni lavorative dei singoli operatori, le amministrazioni provvedono ad un'ade
guata tutela della riservatezza della sfera personale del lavo ratore».
Inoltre, il vigente regolamento della provincia di Milano sul l'accesso ai documenti amministrativi — non impugnato in que sta sede — esclude espressamente (art. 16) tutti i documenti relativi al trattamento economico dei dipendenti.
La soluzione interpretativa costantemente affermata in giuris prudenza trova un'ulteriore e definitiva conferma alla nuova
organica e complessa disciplina introdotta dalla 1. 31 dicembre 1996 n. 675, relativa alla «tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali».
Detta normativa, articolata in un sistema organizzato su più
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
livelli di intervento, muove dal presupposto secondo cui ogni
soggetto giuridico è titolare di una posizione differenziata, pro tetta dall'ordinamento mediante l'attribuzione di molteplici di
ritti, facoltà e poteri, in ordine al «trattamento» dei dati perso nali, alla loro comunicazione e divulgazione.
L'ambito della tutela offerta dalla nuova disciplina assume
la massima estensione, in quanto la garanzia (oltre ad essere
rafforzata da una serie di strumenti particolarmente efficaci, incentrati sul controllo autorizzatorio e sanzionatorio dell'«au
torità garante») si applica, sia pure secondo moduli differenzia
ti, a tutti i dati personali e non solo a quelli caratterizzati dalla
nota della segretezza.
Infatti, l'art. 1 1. 675/96 afferma che il principio generale secondo cui la nuova normativa «garantisce che il trattamento
dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà
fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con
particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale;
garantisce altresì i diritti delle persone giuridiche e di ogni altro
ente o associazione».
La richiesta di accesso proposta dal sindacato ricorrente in
primo grado concerne documenti amministrativi contenenti no
tizie relative allo svolgimento dell'attività lavorativa di tutti i
dipendenti della provincia di Milano. In sostanza, il sindacato
di base chiede di conoscere i documenti necessari per accertare
quali dipendenti abbiano svolto lavoro straordinario (nonché il relativo compenso) e, simmetricamente quali dipendenti siano
restati esclusi, per vari motivi, dalle prestazioni aggiuntive. In
tal modo, l'istanza finisce per riguardare dati e documenti per sonali che si riferiscono, indistintamente, a tutti i dipendenti
provinciali, nessuno escluso. Ciascuno di tali soggetti potrebbe essere interessato, quindi, ad impedire la conoscenza di tale do
cumentazione (indipendentemente dalla circostanza che essa at
testi, o meno, la prestazione di lavoro straordinario) e, pertan
to, assume la posizione di litisconsorte necessario passivo nel
giudizio proposto da chi intende esercitare il diritto di accesso.
Va peraltro sottolineato che il riconoscimento della posizione
processuale differenziata di controinteresse, correlata all'esistenza
di un chiaro nesso tra il soggetto e il documento amministrativo
oggetto della domanda, non implica alcun accertamento in or
dine alla concreta sussistenza di una situazione giuridica tutela
ta dall'ordinamento, relativa alla protezione della privacy, pre valente sull'opposta pretesa alla conoscibilità degli atti ammini
strativi. Tale accertamento presuppone un compiuto esame del
merito della controversia, svolto nel rispetto del contraddittorio
processuale fra tutte le parti coinvolte nella vicenda sostanziale.
Né si potrebbe obiettare che la prevalenza del diritto di acces
so su opposte esigenze di tutela dei dati personali (così come
affermata dal tribunale) potrebbe rendere superflua l'instaura
zione del contraddittorio con i soggetti terzi. In tal modo, infat
ti, si trascurerebbe di considerare che, in ogni caso, la pronun cia sulla domanda deve avvenire all'esito della dialettica tra le
diverse posizioni e non può essere condizionata da una preven tiva determinazione della consistenza della posizione giuridica del soggetto cui si riferiscono i dati amministrativi, compiuta inaudita altera parte, in violazione dei principi costituzionali della
garanzia della difesa (art. 24 Cost.). D'altro canto, va sottolineato che il soggetto controinteressa
to potrebbe articolare le proprie tesi difensive, sollecitando il dif
ferimento o la limitazione dell'accesso, oppure sollevando ecce
zioni di rito e pregiudiziali, idonee a determinare la reiezione della
domanda di accesso, senza alcuna positiva statuizione di merito
relativa alle contrapposte posizioni giuridiche delle parti. E, in
ogni caso, non potrebbe nemmeno sottovalutarsi l'interesse stru
mentale del soggetto a verificare che i dati documentali trasmes
si dall'amministrazione siano veritieri ed acquisiti correttamente.
In questo contesto, dunque, il giudice investito da una do
manda di accesso ai documenti, se il contraddittorio non risulta
correttamente formato, non può esaminare la legittimità del di
niego, ricostruendo la portata del disposto dell'art. 27, 3° com
ma, secondo il quale «la comunicazione e la diffusione dei dati
personali da parte di soggetti pubblici a privati o a enti pubblici economici sono ammesse solo se previste da norme di legge o
di regolamento». Né il giudice potrebbe ritenere superflua l'integrazione del con
traddittorio, asserendo la sicura prevalenza del diritto di acces
so su quello alla riservatezza (purché non riguardante i «dati
sensibili» di cui agli art. 22 ss. 1. 675/96), adeguandosi al prov
vedimento datato 16 settembre 1997 del garante dei dati perso nali. Secondo l'autorità, la nuova legge considera le informa
li. Foro Italiano — 1999.
zioni relative alle retribuzioni corrisposte dagli enti pubblici e
dai concessionari di pubblici servizi come «dati personali», qua lora esse siano collegate a persone fisiche identificate o identifi
cabili. L'applicabilità di tale legge non comporta, tuttavia, un
regime di assoluta riservatezza di tali dati, dovendosi verificare
caso per caso se sussistono altri diritti o interessi, meritevoli di pari o superiore tutela. La 1. 675/96 (art. 43) ha abrogato le disposizioni incompatibili con la nuova normativa. Peraltro, tra le disposizioni non abrogate rientrano, certamente, quelle
concernenti, fra l'altro, la pubblicità dei documenti amministra
tivi. In questo quadro, i dati personali concernenti le retribuzio
ni sono conoscibili attraverso l'accesso ai documenti ammini
strativi. Con riferimento a tale forma di pubblicità, secondo
il garante, «non può ritenersi prevalente l'eventuale interesse
alla riservatezza sulle somme percepite a titolo di retribuzione
o di corrispettivo; (. . .) resta peraltro ferma la necessità che
tali dati siano esatti, completi, ed acquisiti correttamente e che
siano invece mantenuti riservati quei dati più specifici che deri
vano dalla considerazione di vicende diversificate dalla retribu
zione e relative a circostanze personali e familiari, e che possa no avere anche natura sensibile (es.: esistenza di determinate
ritenute previdenziali e assistenziali; cessioni di stipendio; dele
ghe per iscrizioni ad associazioni sindacali)». 3. - La sezione rileva che in casi come quello presente l'iden
tità personale dei controinteressati non può risultare dal testo
di un provvedimento impugnato, che potrebbe non esistere o, se reiettivo dell'istanza, si riferirà per implicito al contenuto
di essa.
Riconosciuta l'esistenza di tali controinteressati nell'ambito
dei dipendenti della provincia di Bolzano, alla quale era chiesto
di trasmettere liste e notizie sui propri impiegati, era però chia
ra l'esigenza di giustizia, che il ricorrente facesse quanto stava
in lui per mettere tali soggetti in condizione di conoscere l'esi
stenza della lite, e di comparirvi in propria difesa. Per cui egli avrebbe dovuto chiedere al presidente del tribunale regionale d'essere ammesso alla notifica per pubblici proclami, ed avreb
be dovuto ottemperare alle modalità che quell'autorità non avreb
be mancato d'imporre. 4. - Ciò ritenuto, si tratta di stabilire quale sorte subisce un
ricorso proposto per l'accesso ai documenti, che sia stato noti
ficato tempestivamente all'amministrazione ma non ad alcun con
trointeressato.
In proposito la sezione non condivide la tesi (da ultimo, Cons.
Stato, sez. IV, 11 giugno 1997, n. 643, id., Rep. 1997, voce
Atto amministrativo, n. 256), per cui il diritto di accesso ai
documenti pubblici darebbe luogo a posizioni di diritto sogget tivo perfetto.
I testi normativi sostanziali designano come «diritti» tutte le
posizioni giuridiche tutelate dall'ordinamento, e non parlano d'«interessi legittimi». Per esempio, la Costituzione dispone la
parità di diritti fra uomo e donna (art. 37), dispone diritti per
gli inabili ed i minorati (art. 38), e prevede il diritto dei lavora
tori a partecipare alla gestione delle aziende (art. 46). E tutto
ciò, in rapporto a situazioni che possono essere di diritto sog
gettivo, o d'interesse legittimo, o di aspettativa tutelata all'ema
nazione di leggi ordinarie. Parimenti, in posizioni tutelate di
possesso si usa a volte il termine diritto (art. 1152 c.c.). Ma quanto alle pretese nei confronti di pubbliche ammini
strazioni, la Costituzione (art. 103 e 24) richiede che gli interessi
legittimi siano sempre giudicati — ancorché talora in appello — dal Consiglio di Stato (art. 103, 24 e 125) ed i diritti soggetti vi di regola dai giudici ordinari. E recepisce così la distinzione
di comune linguaggio giuridico, per cui la questione è d'interes
se legittimo quando è disciplinata dalla legge per prevalenti ra
gioni d'interesse pubblico, ed è di diritto soggettivo quando è
invece regolata mettendosi su di un piano di parità le posizioni delle parti. La comune convenzione interpretativa riconosce poi automaticamente come d'interesse legittimo ogni rapporto nel
quale l'autorità amministrativa sia dotata di poteri discrezionali.
Non che le posizioni d'interesse legittimo dei privati ricevano
nel nostro paese minore tutela rispetto a quelle di diritto sog
gettivo. Al contrario, al di là delle varie differenze, questa tutela può
essere più immediata ed energica, come più forti sono le garan zie d'esatta applicazione della legge amministrativa, che il giu dice amministrativo fornisce ai privati ed agli organi ammini strativi della repubblica.
È appunto per ciò che tale giudice esiste. Altrimenti non sa
rebbe occorso derogare al criterio dell'unità di giurisdizione.
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PARTE TERZA
Pertanto affermare che una questione sia di diritto soggettivo anziché d'interesse legittimo non significa attribuirle maggiore santità e rilievo. Significa solo riconoscere al regime del rappor to una minore importanza per il raggiungimento degli scopi di
buona amministrazione della comunità nazionale.
Non sempre è stato così. Quando, dal 1865 al 1889, gli inte
ressi individuali diversi da quelli di diritto soggettivo non ave
vano tutela in giudizio, era comprensibile che i giudici fossero
portati ad attirare nel concetto di diritto pieno nei confronti
delle amministrazioni situazioni che tali in realtà non erano, se avessero dovuto valutarsi nel discrimine fra due categorie
opposte, entrambe fornite di garanzia giurisdizionale. Si tratta
va allora, infatti, di assicurare, oppure di negare del tutto, la
tutela di quelle in giudizio.
Qualcuna delle situazioni allora con poca logica considerate
di diritto soggettivo è anzi rimasta in seguito, per la forza della
tradizione, e per la mancanza di un giudice paritetico dei con
flitti, nella provincia del giudice ordinario.
Ma dalla creazione della IV sezione del Consiglio di Stato
non v'è ragione per allontanarsi da una distinzione tanto neces
saria per il buon andamento dello Stato (e nella sostanza infatti
riconosciuta ovunque nel mondo) quanto in sé evidente.
Il fatto che questa distinzione sia stata, oltre cinquant'anni
fa, recepita nella Costituzione, divenendo uno dei principi es
senziali dell'ordinamento giurisdizionale, esclude ora che il legis latore ordinario possa modificarla con singole leggi, attribuen
do in campi particolari ai concetti di diritto soggettivo e d'inte
resse legittimo significati speciali e derogatori. Nulla di ciò è peraltro accaduto negli art. 22 ss. 1. 7 agosto
1990 n. 241. Disciplinando il diritto di accesso ai documenti
amministrativi il legislatore usa, come al solito, la generica espres sione «diritto».
Ma che non sia diritto pieno, riconosciuto pariteticamente nei
confronti dell'amministrazione come potrebbe esserlo rispetto ad un ente di diritto privato, risulta ad ogni passo.
Non solo l'amministrazione stessa ha, a diversi livelli, potestà
regolamentare, non limitata nel suo esercizio alla sola interpre tazione della legge, potestà che dev'essere considerata, sotto va
ri profili, come reiterabile. Ma anche nell'ambito di dati regola menti le amministrazioni conservano potere discrezionale (art.
24, 6° comma).
Soprattutto, come risulta già dall'art. 22, l'intiero istituto è
direttamente rivolto a fini d'imparzialità e buon andamento del
l'amministrazione.
Non si tratta dunque, in prima linea, di singoli rapporti con
flittuali fra parti contrapposte e come tali evidentemente parita rie. Anche se l'istituto può avere qualche ruolo nel prevenire liti o nel favorire la prova di situazioni litigiose (per la quale ultima cosa, tuttavia, esistono apposite e più pregnanti disposi
zioni), esso non è predeterminato a ciò. Il suo scopo essenziale è dimostrato anche dall'istituzione di un'importante commissio
ne per l'accesso ai documenti, e dall'esame della composizione e delle competenze di essa.
Si ché la posizione del privato rispetto allo svolgimento della
vicenda è appunto quella d'interesse legittimo. Nell'avvalersi della particolare celerità ed efficacia della tute
la offertagli dal giudice amministrativo, il ricorrente deve, come
qualunque altro, osservare le regole della corrispondente pro cedura.
In definitiva, la mancata notifica ad almeno uno dei con
trointeressati, del ricorso proposto contro le determinazioni am
ministrative in materia di diritto di accesso comporta l'inam
missibilità della domanda. Né potrebbe trovare applicazione la diversa regola del proces
so civile racchiusa nell'art. 102 di quel codice di procedura. 5. - Del resto anche il secondo motivo di appello è fondato. Il vigente regolamento per l'accesso ai documenti ammini
strativi della provincia di Milano stabilisce in modo assoluta
mente puntuale che sono in ogni caso esclusi dal diritto di ac cesso tutti i documenti relativi al trattamento economico dei
dipendenti. Si tratta di una norma che preclude in modo tassativo l'ac
cessibilità ai documenti indicati dal sindacato appellato e che,
pertanto, avrebbe dovuto formare oggetto di impugnazione non oltre il termine previsto per la proposizione del ricorso avverso l'atto di diniego, applicativo della disposizione regolamentare.
6. - Conclusivamente, quindi, l'appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata, e dichiarazio ne d'inammissibilità dell'originario ricorso.
Il Foro Italiano — 1999.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; ordinanza 2 marzo 1999, n. 421; Pres. De Lise, Rei. Camera; Salomone (Avv. Sani
no) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Palmieri). Annulla Tar Lazio, sez. I, ord. 24 febbraio 1999, n. 684.
Giustizia amministrativa — Notaio — Concorso — Prova di
preselezione — Ammissione alle prove scritte — Esclusione — Istanza cautelare — Accoglimento (L. 6 dicembre 1971
n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art.
21).
Va disposta la ammissione del candidato con riserva alle prove scritte del concorso notarile, allorché tale ammissione non ar
rechi pregiudizio all'amministrazione (nella specie, non si richie
deva l'annullamento del bando, ma si contestavano soltanto le
modalità di espletamento della prova di preselezione). (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; ordinanza 24 febbraio 1999, n. 684; Pres.
Schinaia, Rei. Lucrezio Monticelli; Salomone (Avv. Sani
no, Celani) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato
Palmieri).
Giustizia amministrativa — Notaio — Concorso — Prova di
preselezione — Graduatoria — Sospensione cautelare — Di
niego (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 21).
Va respinta la domanda di sospensione cautelare dell'esecuzio ne del provvedimento che fissa la graduatoria degli ammessi
alle prove scritte del concorso notarile, allorché il sistema im
piegato offra sufficiente garanzia dell'anonimato, non emer
gano elementi macroscopici di illogicità e vi sia un evidente
interesse pubblico ad un sollecito svolgimento del concorso. (2)
(1-2) La giurisprudenza amministrativa è chiamata ad affrontare il tema delle modalità di svolgimento del concorso notarile. La disciplina della materia, già contenuta nella 1. 89/13, è stata recentemente innova
ta, con l'introduzione di una prova di preselezione informatica, dal l'art. 1 1. 328/95, il cui regolamento di attuazione è contenuto nel d.m.
74/97, come modificato dai d.m. 290/97 e 339/98; in argomento, cfr.
Ieva, Ritorno dal futuro ... la mia esperienza nella commissione pre selezione informatica del concorso notarile, in Riv. not., 1987, 1116; Bottaro, La «preselezione informatica» — chi era costei? (cronistoria di un'ipotesi fantascientifica di soluzione), in Vita not., 1993, 441; Lau
rini, La preselezione informatica tra tecnologia e tradizione, in Nota
riato, 1995, 537; Licini, La preselezione informatica nei concorsi per notaio sta per divenire operativa, in Studium iuris, 1997, 681.
Tale prova di preselezione consiste in una serie di quesiti, in numero uguale per ciascun candidato, circoscritti a dati normativi e formulati in modo da assicurare parità di trattamento per coloro che vi partecipa no; in virtù della graduatoria formata in base al punteggio conseguito da ciascuno nella prova di preselezione, è ammesso a sostenere le prove scritte un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a con corso e, in ogni caso, non inferiore a novecento; sono comunque am messi alle prove scritte i candidati classificati ex aequo rispetto all'ulti mo che risulterebbe ammesso.
Nel caso di specie, il concorso è stato bandito per 230 posti e, quindi, il numero di candidati ammessi avrebbe dovuto essere pari a 1.150; in realtà, all'esito della prova di preselezione, oltre 1.500 candidati, avendo conseguito il punteggio massimo, sono stati ammessi a sostene re le prove scritte. Il ricorrente, non rientrando tra questi ultimi, invoca l'annullamento della graduatoria, previa sospensione, adducendo la con trarietà alla 1. 328/95 delle modalità di svolgimento della prova di pre selezione ed il conseguente verificarsi di una disparità di trattamento con riflessi sugli esiti dell'intera procedura.
Il Tar Lazio ha respinto la domanda incidentale di sospensione rite nendo prevalente l'interesse pubblico ad un sollecito svolgimento del concorso e disattendendo le censure di manifesta illogicità della discipli na normativa. Adito in appello, il Consiglio di Stato, decidendo in con trario avviso, ha riformato l'ordinanza del tribunale amministrativo ed ha disposto l'ammissione con riserva al concorso notarile del candidato escluso, non ritenendo che essa potesse, in ogni caso, arrecare pregiudi zio all'amministrazione.
Stante la novità della questione sottoposta alla cognizione dei due organi, non constano precedenti specifici in termini.
In ordine alla condizione dei candidati classificatisi ex aequo con l'ul timo punteggio utile per essere ammessi alle prove concorsuali, v. Tar
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