Acido Politico

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Mensile universitario gratuito di politica, cultura e società ANNO III, NUMERO 21 - MARZO 2008

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Marzo 2008

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Mensile universitario gratuito di politica, cultura e società

ANNO III, NUMERO 21 - MARZO 2008

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Focus

MENSILE UNIVERSITARIO

DI POLITICA, CULTURA E SOCIETÀ

DIRETTO DA FLAVIO BINI

LEONARD BERBERI

IN REDAZIONE

ANA VICTORIA ARRUABARRENA DANIELA BALIN

LUCA SILVIO BATTELLO ANTONIO BISIGNANO ALESSANDRO CASOLI GIULIANA CATALANO

LUCA CERIANI BENEDETTA DE MARTE

ARMANDO DITO LUCA FONTANA MARCO FONTANA JACOPO GANDIN

GABRIELE GIOVANNINI DANIELE KESHK MARZIA LAZZARI

DARIO LUCIANO MERLO CLAUDIA ROBUSTELLI FRANCESCO RUSSO

COLLABORATORI ILARIA ALESSIO MARCO ANDRIOLA MIRKO ANNUNZIATA DANILO APRIGLIANO YASSIN BARADAI PIETRO BESOZZI MARCO BRUNA

FRANCESCO CACCHIOLI ALESSANDRO CAPELLI STEFANIA CARUSI

ROSA ANNA CASALINO ALESSANDRO CHIATTO

SIMONE GIOVANNI COLOMBO GIULIA LAURA FERRARI MATTEO FORCINITI ANDREA FUMAGALLI STEFANO GASPARRI EUGENIO GUFO CHIARA JACINI

VALENTINA LOPEZ HAYDEE LONGO MATTEO MANARA GIULIA OLDANI

DEBORA PIGNOTTI LAURA TAVECCHIO

IMPAGINAZIONE & GRAFICA

LEONARD BERBERI

VIGNETTE FLAMINIA SPARACINO

CONTATTI

[email protected]

SITO WEB www.acidopolitico.com

WEBMASTER

ALESSANDRO LEOZAPPA

STAMPA “Zetagraf Snc”

Via Pomezia, 12 - Milano

Stampato con il contributo derivante dai fondi previsti dalla Legge n. 429 del 3 Agosto 1985

Registrato al Tribunale di Milano, n. 713 del 21 novembre 2006

DIRETTORE RESPONSABILE

PIETRO ICHINO

Numero chiuso il 3 marzo 2008

Un comitato costituito da docenti della Facoltà di Scienze Politiche si è assunto - su richiesta della Direzione e della Redazione di “Acido Politico” - il compito di garantire la libertà e la correttezza sul piano legale del contenuto del periodico, senza peraltro interferire sui suoi orientamenti e contenuti e senza pertanto garantirne in alcun modo la bontà. Il comitato è composto dai prof. Antonella Besussi, Francesco Camilletti, Ada Gigli Marchetti, Marco Leonardi, Lucia Musselli, Michele Salvati e Pietro Ichino, il quale assume, ai fini della legge sulla stampa, la funzione di direttore responsabile.

Comitato di Garanzia

13131313 La questione pakista-na infiamma il mondo di Daniela Balin e Marzia Lazzari

Mondo 15151515 La paura della dittatura di Dio di Stefania Carusi

Mondo 17171717 Una densa nube sulle Olimpiadi di Matteo Manara

Copertina 4444 Parola di De Magistris di Leonard Berberi

Milano 6666 Incognita Expo di Flavio Bini

Università 9999 Libera vita in libero Stato? di Giulia Oldani

Economia 10101010 Conti pubblici (ed elettorali) di Dario Luciano Merlo

Europa 11111111 Novantadue partiti. E non è l’Italia di Alessandro Casoli

LE RUBRICHE 1 Editoriale

3 Altrainformazione

3 Numeri

12 Frammenti

21 Pensieri & Parole

24 International

27 Musica

28 Cinema

Cartoline dall’Inferno

Cazzario

Mezzo litro di potere di Eugenio Gufo

Analisi 18181818

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di Leonard Berberi

Due leggi da cambiare subito

EDITORIALE

Q uesta rivista si è soffermata sempre più spes-so sulle problematiche degli immigrati. Lo facciamo anche questa volta, ma da un osser-vatorio “privilegiato”, quello di uno stranie-ro: io. Tale sono per questo Paese e lo rimar-

rò per ancora molto tempo. Come se quattordici anni non fossero sufficienti a fare di un bambino venuto dall’Alba-nia un cittadino italiano a tutti gli effetti.

Il rapporto che si instaura tra lo Stato italiano ed un immigrato si fonda essenzialmente su due leggi: una, la Bossi-Fini, stabilisce i requisiti per soggiornare legalmente nel Paese; l’altra, ferma al 1992, quelli per l’acquisizione della cittadinanza.

Servirebbe un numero intero di que-sto mensile per raccontare le aberrazio-ni conseguenti alla loro applicazione. Per non parlare delle palesi violazioni delle Convenzioni internazionali (e quindi sovraordinate rispetto alle leggi dello Stato, così come stabilito dall’art. 10 della Costituzione). Mi basta ricor-dare ai lettori che la “Bossi-Fini” stabi-lisce in venti il numero di giorni massi-mo per il rilascio del permesso di soggiorno. Nella realtà, oltre il 70% delle richieste attende ancora un esito e la media di chiusura della pratica si aggira sui nove mesi (270 giorni, ovvero tredici volte e mezzo il limite).

La stessa legge stabilisce che lo straniero può richiedere il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno se lavora e se produce reddito tale da mantenere se stesso e - even-tualmente - la famiglia. Ma se dovesse chiedere il rinnovo ed allo stesso tempo fosse disoccupato da sei mesi (dal momento della richiesta), il Ministero dell’Interno rifiuta la richiesta, condannando l’immigrato all’illegalità oppu-

re a tornare al suo paese. Disposizione, questa, in palese violazione della Convenzione n. 143/75 dell’Organizza-zione Internazionale del Lavoro (agenzia delle Nazioni Unite), la quale impedisce espressamente che la perdita del posto di lavoro possa comportare l’automatica perdi-ta del permesso di soggiorno.

Lo stesso principio “economico” che sta alla base del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno lo si tro-va anche nei requisiti essenziali per richiedere la natura-

lizzazione italiana. La legge è del 1992 e chiede all’immigrato – che abbia com-piuto la maggiore età e che abbia tra-scorso gli ultimi dieci anni in Italia – un reddito minimo conseguito nei tre anni antecedenti la richiesta.

Una legge, questa, che oltre a colpire gli immigrati della “generazione di mezzo” (coloro che nascono nei rispet-tivi paesi d’origine, ma che giungono nel Belpaese verso i nove anni), tra-smette un messaggio negativo: si di-venta membro del tessuto sociale se lavori, quindi se paghi le tasse.

Così, appartenendo alla “generazione di mezzo” avrei dovuto decidere: abbandonare gli studi in funzione della cittadinanza oppure proseguire la for-mazione intellettuale. Ritardando – evidentemente – l’in-gresso a pieno titolo nella società italiana. Condannando me stesso all’insicurezza che deriva dal dover rinnovare ogni due anni il permesso di soggiorno.

Che io mi senta italiano non importa a nessuno. Che nella mia stessa situazione ci siano altre decine di mi-gliaia di ragazzi stranieri e perfettamente integrati in questo Paese non rappresenta una questione sociale da

«Una disposizione della Legge “Bossi-

Fini” è in palese violazione della

Convenzione 143/75 dell’Organizzazione Internazionale del

Lavoro»

segue a pagina 21

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AVVISO AI NAVIGANTI

NUMERI

61 I miliardi di e-mail scam-biate ogni giorno in tutto il mondo

(fonte: La Stampa)

90 La percentuale di e-mail considerate “spam” dagli utenti di internet

(fonte: La Stampa)

62 La percentuale di italiani che nel 2007 non hanno letto libri

(fonte: Mondadori)

15 La percentuale di italiani che nel 2007 hanno letto uno o al massimo due libri (fonte: Mondadori)

www.acidopolitico.com / [email protected] a cura di Leonard Berberi

7.000.000 I volumi ospitati nella Biblioteca nazionale cen-trale

(fonte: La Stampa)

2,3 L’aumento percentuale di vendite dei libri previ-sto nel 2008 (fonte: Global

Entertainment and Media Outlook)

ALTRAINFORMAZIONE

10,6 L’aumento percentuale di vendite di videogames previsto nel 2008

(fonte: GEMO)

Vicini, ma lontani Due stati che confinano, ma in pessimi rapporti. Anche diplo-matici. Tanto che, per quei turi-sti che dovessero recarsi in Liba-no, l’ambasciata informa che «un eventuale timbro Israeliano sul passaporto impedisce il rilascio del visto, ed annullerà il visto già ottenuto ed impedirà anche l’ingresso in Libano».

CONTRO-MANIFESTO

Youtube Se vi state chiedendo che fine hanno fatto i vostri video preferi-ti (vedi alla voce: “Griffin”, ndr) e perché non li trovate sulla piat-taforma Youtube, la spiegazione non può che essere negativa: do-po mesi di ripetute violazioni del diritto d’autore, la 20th Century Fox ha chiesto - ed ottenuto - la cancellazione di tutti i files video relativi ai cartoni animati.

Già nelle elezioni del 2006, molti siti ed innumerevoli blog avevano iniziato una sorta di contro-campagna elettorale modificando, trasformando e - in alcuni casi - stravol-gendo il senso dei messaggi recati nei mega-cartelloni della pubblicità elettorale (i co-siddetti 6x3). Anche per le prossime elezioni in molti si sono sbizzarriti. I poster elet-torali, raccolti dal sito repubblica.it, risultano un concentrato di satira politica. Nella foto in alto, un Berlusconi in versione “300” (il film) urla una sua tipica esclamazione

Più che un sito è un database che raccoglie tutti gli incidenti aerei dal 1943 ad oggi. Alla pagina http://aviation-safety.net potete trovare luogo, data, cau-sa e numero di feriti/morti di ogni incidente regi-strato presso gli archivi nazionali ed internaziona-li.

Così, l’anno passato, sono stati 750 i passeggeri deceduti in conseguenza degli incidenti aerei (26). L’anno prima è andata peggio, con 888 morti (27 incidenti) ed il 2005 con 1.059 (35).

L’anno più disastroso - stando alle statistiche del sito - è stato il 1972 con i suoi 2.374 morti e 71 inci-denti d’aereo.

http://aviation-safety.net/index.php

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MILANO – Nella seconda metà dell’an-no passato è stato uno dei protagonisti indiscussi del panorama politico ed istitu-zionale italiano. Nato a Napoli quarantu-no anni fa, Luigi De Magistris (foto a de-stra, ndr) è sostituto procuratore presso il Tribunale di Catanzaro «sino a quando – dice il PM – la decisione (di trasferimento, ndr) del CSM non diverrà esecutiva». Eh già, perché con le sue inchieste, pare che questo defensor civis abbia dato fastidio a politici, malavitosi e amministratori della Giustizia poco avvezzi alla legalità.

Nomi come “Poseidon”, “Why Not” e “Toghe lucane” sono entrati nel vocabola-rio quotidiano della carta stampata e delle televisioni. Identificano le tre più impor-tanti inchieste del PM. Tra queste, “Why Not” rappresenta la svolta: in seguito ad una fuga di notizie gestita con tempistica sospetta da alcuni organi d’informazione, venne fuori che il Guardasigilli, Clemente Mastella, risultava iscritto nel registro degli indagati. L’ex ministro della Giusti-zia, invece di rimettere il mandato, ha preferito inviare gli ispettori per poi chie-dere al Consiglio Superiore della Magi-stratura il trasferimento del PM in seguito alle «gravi anomali rilevate». Il 18 gen-naio scorso, il CSM ha disposto il suo trasferimento.

*** Dott. De Magistris, dopo quello che è

successo, crede ancora nella Giustizia? Certo, ho fiducia, la lotta per la Giusti-zia è, storicamente, piena di ostacoli.

Quale sorte è toccata alle indagini con-dotte da lei? Immagino si riferisce alle due illegal-mente sottrattemi. Non lo so, non dovreb-be chiederlo a me. Per il resto continuo a fare il PM, sino a quando la decisione del CSM non diverrà esecutiva.

S’è fatto un’idea su quanto avvenuto nell’ultimo anno alle inchieste? Ovviamente, ho le idee molto chiare, ma non posso, in questo momento, illustrarle pubblicamente.

Noi abbiamo un teorema: mettendo insieme le soffiate del “Velino”, di “Libero” e di “Radio Carcere” l’unico obiettivo risultava quello di “bruciare” l’inchiesta. In pratica le anticipazioni sarebbero servite ad inserire i politici eccellenti (Prodi e Mastella), ad indebo-lire sotto il profilo giuridico il lavoro suo attraverso la “fuga di notizie”, facen-do intervenire gli ispettori del Guardasi-gilli. Una volta che l’attenzione si sareb-be spostata dagli atti a chi seguiva l’in-chiesta - cioè lei - e a chi risultava inda-gato (il premier ed il leader dell’Udeur), i veri mandanti avrebbero potuto pren-

COPERTINA

Colloquio con il magistrato che si batte contro il crimine organizzato e i politici - locali e nazionali - collusi. Senza risparmiare la Giustizia calabrese dove - confessa - «parte non marginale della Magistratura rappresenta linfa vitale per il consolidamento della malavita»

di Leonard Berberi

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COPERTINA

do, nella politica e nelle istituzioni. La meta degli affari e del potere ha sostituito, in molti, il perseguimento del bene pub-blico. La responsabilità della classe diri-gente è immane se si guarda al declino dell’Italia.

E noi, la società civile, dove abbiamo sbagliato e dove sbagliamo ancora? Credo che la società civile deve ritorna-re protagonista. Dal basso deve nascere una “rete” di resistenza democratica in grado di svegliare le coscienze assopite e pensare a costruire il governo futuro del Paese. Non lasciamo che distruggano definitivamente l’Italia, le Istituzioni e la Costituzione Repubblicana.

“Forse il fatto di non avere visto morire dei propri colleghi fra i magistrati e gli investigatori, non ha dato ad una certa parte delle strutture giudiziarie calabresi

quella tensione morale e quel senso del-la separatezza e dell’indipendenza dalla politica e dagli interesse di parte, che altri uffici giudiziari siciliani hanno saputo darsi e mantenere, dopo le stragi del ‘92”. Queste sono le parole del dott. Gioacchino Genchi, suo consulente nelle inchieste calabresi. Secondo lei corri-sponde al vero? L’analisi del dr. Genchi, come sempre, è lucida e condivisibile.

Secondo me la situazione in Calabria è ancora più complessa e, purtroppo, parte, anche non marginale, della Magistratura rappresenta linfa vitale – con le sue con-dotte commissive e/o omissive - per il consolidamento della criminalità organiz-zata.

Siamo abituati a pensare alle Procure della Repubblica come a luoghi dove tutti gli “amministratori della Giustizia” lavorano insieme, magari in perfetta armonia. Negli ultimi tempi – basti pen-sare al caso della dott.ssa Forleo a Mila-no – tali luoghi hanno assunto le sem-bianze di una vasca piena di pescecani. È una descrizione che si sente di condivi-dere? Non mi piace la similitudine con gli animali, avendo io un grande amore per la natura e, poi, i pescecani, tra di loro, non si aggrediscono, ma vivono in armo-nia.

Non vi è dubbio che, in questo momen-to storico, la magistratura non è compatta, speriamo che sia un “conflitto interno” che porti a migliorarla e non a sancirne l’“autodistruzione”.

Quali sono i mali che affliggono la Giustizia italiana? Sono tanti. Carenza di mezzi e risorse. Legislazione inadeguata, ma anche un’af-fievolimento della tensione morale tra i magistrati che, certe volte, è in grado, invece, di far raggiungere risultati impen-sabili, anche in condizioni proibitive.

Dott. De Magistris, pensa che un gior-no il Sud Italia si libererà del peso delle associazioni a delinquere? Ci vuole una rivoluzione culturale, delle coscienze e dei cuori.

Se dovesse guardare al futuro di que-sto Paese, lei si sentirebbe ottimista? Sempre. Che ognuno faccia il suo e so-prattutto tragga un bilancio, la sera, quan-do ci si guarda allo specchio, prima di addormentarsi. Non bisogna avere paura, ma essere protagonisti del cambiamento, per l’interesse della collettività e del pros-simo.

[email protected]

dere fiato, riordinarsi le idee e procedere con la controffensiva, grazie anche ad appoggi interni alla Procura. Insomma, i politici sono stati solo delle pedine. Le sembra una ricostruzione verosimile? Fatti ed idee li ho esposti all’autorità giudiziaria competente (gli atti dell’audi-zione del PM al CSM sono stati secretati, ndr). Mi fa piacere che ci sia un ragiona-mento anche da parte dei mass-media su quello di così grave che è accaduto.

Che ruolo ha avuto l’informazione nelle inchieste giudiziarie degli ultimi anni? Luci ed ombre, come sempre. Anche settori dell’informazione, certo non mar-ginali, non sono liberi ed indipendenti. Bisogna far sì che non spengano le luci, tenuto anche conto della crisi energetica.

Man mano che all’inchiesta si aggiun-gevano nomi eccellenti, non ha mai avu-to paura? Mai assalito dal timore di aver sbagliato qualcosa? Paura mai. Il dubbio di sbagliare vi è sempre, nelle inchieste più delicate, come in quelle cd. ordinarie. Fa parte del me-stiere di magistrato.

Le viene rinfacciato - soprattutto in ambienti giudiziari - di aver esagerato con le interviste su carta stampata e tele-visione… Se analizza i miei circa 15 anni di pro-fessione, all’interno dei quali si vedrà che mi sono sempre occupato di inchieste molto delicate che hanno anche avuto grande risonanza pubblica, ho rilasciato interviste, in particolare, solo negli ultimi mesi, quando sono accaduti fatti gravissi-mi che non potevano essere sottaciuti all’opinione pubblica, popolo italiano nel nome del quale si amministra la Giustizia.

Ho esercitato un dovere, più che un diritto. Stava maturando qualcosa di irre-parabile e pochi avevano compreso. Cre-do che adesso le idee siano un po’ più chiare a tutti. Chi vivrà vedrà…

Se avesse la possibilità di tornare in-dietro, si comporterebbe allo stesso mo-do o cambierebbe qualcosa? Penso di sì. Poi a me piace guardare avanti, non indietro.

Dott. De Magistris, si è mai sentito solo in questi mesi? Sì, soprattutto nell’ambiente giudiziario.

Quanto è forte la triade “politica – affa-ri – illegalità”? Quali le responsabilità della classe dirigente di questo paese, a prescindere dal colore politico? L’illegalità è penetrata, in modo profon-

L’ex Guardasigilli, Clemente Mastella

«Ho rilasciato interviste solo negli ultimi mesi, quando sono accaduti

fatti gravissimi che non potevano essere sottaciuti al popolo

italiano nel nome del quale si amministra la

Giustizia»

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MILANO

Salutata da tutto il ventaglio politico come l’occasione da non farsi sfuggire per non perdere quel treno di moder-nizzazione chiamato in causa da en-trambi gli schieramenti, la scelta di Milano trova oggi nel solo comitato no-expo l’unico attore veramente criti-co di fronte a questa possibilità.

Non è certo una stagione facile per il popolo dei “no”, abbandonati persino dal principale partito di centrosinistra che, riaffermando l’“Ambientalismo

MILANO - 4,1 miliardi di euro di fi-nanziamenti previsti e un volume di affari complessivo che potrebbe supe-rare ampiamente la soglia dei 30. A poche settimane dalle decisione finale dei membri del BIE (Boureau Interna-tional des Expositions), l’organo incari-cato di decidere chi tra Milano e Smir-ne dovrà ospitare l’esposizione mon-diale nel 2015, sono davvero in pochi a mettere in discussione l’opportunità del successo di questa candidatura.

del fare”, sembra aver tagliato i ponti una volta per tutte con questi ultimi.

Dunque, la battaglia politica di chi si fa promotrice invece di uno sviluppo so-stenibile, diverso, si fa sempre più du-ra.

Il dossier preparato dal comitato no-expo, e consegnato direttamente al se-gretario generale del BIE Vicente Gon-zalez Loscertales il 4 febbraio scorso, mette in evidenza le criticità che il pro-getto Expo può sollevare e che rara-mente sono emerse nel dibattito politi-co locale e nazionale nel corso di questi mesi.

Il documento avanza innanzitutto il sospetto che all’ombra di un beneficio sventolato come indiscriminato per la popolazione tutta vi sia chi, dall’opera-zione Expo, possa trarre qualche bene-ficio di più.

I tempi di tangentopoli sono lontani, non quelli di una speculazione edilizia che, potendo contare su una sintonia mai mancata nel corso degli anni tra proprietari ed amministrazione comu-nale, ha permesso ai primi di fare otti-

Raccoglie consensi da destra a sinistra. Prefigura decine di migliaia di nuovi posti di lavoro e ingenti risorse economiche riservate allo sviluppo della città. Ma dietro lo scintillio dei progetti e delle cifre da capogiro il comitato no-Expo solleva alcune obiezioni

di Flavio Bini

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MILANO

genziali e autostrade (Pedemontana, BreBeMI, Broni-Mortara). Interventi che, secondo i membri del comitato, o “ erano già previsti a prescindere dalla candidatura“ o si discostano da un orizzonte di mobilità sostenibile, pas-saggio indispensabile per ripensare la politica ambientale milanese. “Già 17 anni fa – recita il dossier- la parte di territorio della provincia maggiormen-te interessata dal progetto Expo (comuni di Pero, Rho, Bollate, periferia Nord-Ovest di Milano) era definita, in una valutazione di impatto ambientale

mi affari senza incontrare particolari resistenze. Così, mentre sui grandi pro-getti destinati a rivoluzionare la veste della città come City Life, il quartiere Isola e l’area Garibaldi-Repubblica le dinamiche che hanno guidato le scelte urbanistiche sembrano aver risposto più alle necessità del privato che alle esigenze del pubblico, il rischio che si delinea è che l’Expo possa trasformarsi in un ricco banchetto, con abbondanti pietanze per tutti. Proprio per tutti. Il dossier fa i nomi: Ente fiera, Lega Co-op, Cabassi (Proprietario insieme alla Fiera di gran parte delle aree destinate all’esposizione), Pirelli, Zunino, Calta-girone, Ligresti, Compagnia delle Ope-re, Assolombarda e Camera di Com-mercio. Difficile dire però già da ora come ed in che misura ciascuno di que-sti gruppi saprà trarre reali vantaggi.

Chi l’affare l’ha già fatto è senza dub-bio il gruppo Cabassi. Le aree infatti che ha concesso al comune, oggi agri-cole e tutto sommato isolate, al termine dell’esposizione gli verranno rese non più agricole, e tantomeno isolate. Per questi terreni, classificati nel vigente PRG come “VA Verde Agricolo com-preso nei parchi pubblici urbani e terri-toriali”, la delibera votata dalla Giunta comunale ad Ottobre prevede una variazione del PRG ed un nuovo indice di edificabilità pari a 0,6 mq/mq pres-soché lo stesso previsto normalmente a Milano per la rivalorizzazione delle aree dismesse. In altre parole, ad Expo conclusa, il Comune permetterà ai pri-vati che hanno messo a disposizione i loro terreni di costruire dove fino ad oggi era loro proibito. Un affare per questi ultimi se si pensa allo scarso valore commerciale delle terre agricole che vengono chieste in concessione. Quanto all’isolamento, dal 2015 quell’-area sarà raggiunta da una nuova linea di metropolitana, la M6,e da un’auto-strada che la collegherà direttamente a Malpensa; dunque è facile prevedere che il valore immobiliare di quell’area sia naturalmente destinato a salire.

L’aspetto infrastrutturale rappresenta un secondo capitolo che apre in realtà le porte all’elemento di fondo di critici-tà sollevato dal dossier. Oltre alle opere sopra citate infatti, l’esposizione com-porterà l’accelerazione e la conclusione di progetti proposti, discussi o già ap-provati: la terza pista dell’aeroporto di Malpensa, una stazione TAV presso la fiera, la realizzazione della quarta linea della metropolitana, di due nuovi tan-

commissionata dall’allora consiglio di zona 19 di Milano, ad equilibrio ambien-tale ormai compromesso”.

Ci sono parole anche per i 65.000 posti di lavoro ventilati dai sostenitori della candidatura, che più di ogni altro fatto-re hanno saputo catalizzare l’attenzio-ne dei milanesi spingendoli a sposare la causa della vittoria della propria città. Secondo i membri del comitato questo lavoro sarà però “precario, su-bappaltato, in nero nei cantieri come prassi quotidiana impone”, riferendosi

Resti di uno dei padiglioni ab-bandonati dell’-Expo 1992 di Siviglia

Page 10: Acido Politico

MILANO

probabilmente anche ai 313 lavoratori in nero scoperti dalle Fiamme Gialle l’aprile scorso presso il nuovo padiglio-ne di Rho-Pero; turni fino a 26 ore con-secutive e paga di 6 euro all’ora. Al di là dei rilievi sulle singole questioni ciò che emerge complessivamente dal do-cumento è una critica al modello di città che si scelto da diversi anni a que-sta parte, quello cioè di una “Downtown di tanti film americani, dei tanti progetti in corso (Citylife, Santa Giulia, portello, Garibaldi-Repubblica, etc); torri scintillanti e giardini pensili di lusso e una bella spalmata di teleca-mere e politiche securitarie contro tutto ciò che è diverso, non omologabile, alternativo, marginale”.

Ma se il popolo dei no-expo stenta a

INFO

www.milano-expo2015.com www.expoizmir2015.org www.bie-paris.org www.noexpo.it

trovare sponde politiche determinate a sostenerne la causa, e la maggioranza dei milanesi sembra dichiararsi favo-revole all’iniziativa, ad entrambi può tornar utile volgere uno sguardo in-dietro alle esposizioni passate.

Se l’ultima edizione ad Aichi, in Giap-pone, ha raccolto successi superiori alle attese, delle ultime expo europee non si può dire altrettanto. Ad Hanno-ver, 8 anni fa, dei 40 milioni di visita-tori attesi ne sono giunti soltanto 18.

L’esposizione a Siviglia del 1992 ha lasciato sì strade, ponti e ferrovie ma anche immensi padiglioni abbandona-ti e una gestione finanziaria che ha accumulato ingenti debiti, problema che pure non ha risparmiato la più riuscita edizione di Lisbona del 1998.

A monte di qualsiasi considerazione rimane in ogni caso l’incertezza sull’e-sito della decisione del BIE di fine marzo e per conquistare il consenso del maggior numero di paesi votanti non sono mancate anche da parte del Comune iniziative curiose. Come l’in-vio a Kampala, in Uganda, di una de-legazione di vigili del fuoco con com-piti di supporto e addestramento per il vertice del Commonwealth del no-vembre scorso, allo scopo probabil-mente di guadagnarsi il suo appoggio in vista della votazione. Delegazione composta, per la precisione, soltanto da quattro unità.

Quanto alle indiscrezioni pubblicate a Gennaio da “L’espresso”, secondo cui le 1300 palette da vigile portate come omaggio dal Comune allo stato africa-no recassero erroneamente la scritta UGANADA, non è stata data confer-ma né smentita. Certamente non sa-rebbe un buon inizio.

Flavio Bini

Il grafico raffigu-ra il progetto per l’area che ospite-rà - in caso di vit-toria - l’Expo nel 2015

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SCIENZE POLITICHE

MILANO - “Libera vita in libero Sta-to?”, questo il titolo del dibattito orga-nizzato dalla Students’ Union di scienze politiche che si è tenuto il 27 febbraio in facoltà.

L’incontro ha visto la partecipazione di molti studenti, interessati a discutere sul tema della laicità delle istituzioni e del ruolo dello stato in materia di diritti e libertà personali. Tema di discussione: le questioni eticamente sensibili.

Il titolo della conferenza era molto am-pio, ma il dibattito si è inevitabilmente focalizzato quasi subito sull’aborto.

Con la sala lauree gremita, l’incontro è stato animato da diversi interventi da parte della platea, stimolata dalla pre-senza di quattro relatori di alto livello: Giulio Giorello, il noto filosofo della scienza che insegna alla facoltà di filo-sofia della Statale, Vito Mancuso, teolo-go docente al San Raffaele, e due gine-cologhe di posizioni molto diverse tra loro, la cattolica e obiettrice di coscienza Patrizia Vergani e la direttrice di un consultorio privato laico milanese Leti-zia Parolari.

Il tema, di stringente attualità, ha inne-scato un vivace botta e risposta tra i relatori. La conversazione tra Giorello e Mancuso ha rivelato familiarità tra i due: strizzatine d’occhio, provocazioni, ironie che hanno reso il contraddittorio vivace e confidenziale.

Il laico Giorello ha sostenuto le ragioni della scienza e della libertà personale;

ha asserito l’impossibilità di imporre la decisione della maggioranza a scelte individuali delicate quali l’aborto o il testamento biologico, ribadendo di fare «attenzione a che una parte, magari perché troppo sollecita al bene altrui, non pretenda di avere il monopolio della verità e faccia tacere tutti gli altri».

Mancuso, credente, sostiene, senza lo spirito da cattolico sotto assedio, che la vita inizi al momento del concepimento (sebbene non si possa qualificare l’em-brione sotto la categoria di “persona”) e che sia necessaria una legge che regoli le questioni bioetiche più controverse. Infatti, posto che nella società odierna convive una pluralità di etiche, ognuna delle quali portatrice di una propria intrinseca validità e legittimità, è neces-sario l’intervento di una legge che com-pia una sintesi del molteplice.

Il confronto tra le due dottoresse è stato invece più polemico, a tratti aspro; la Vergani e la Parolari operano su fronti opposti e hanno dimostrato di avere posizioni completamente divergenti su molti temi, in primis sull’obiezione di

coscienza.

Un tema delicato come l’interruzione di gravidanza e l’origine della vita ha ine-vitabilmente innescato una serie di do-mande dal pubblico.

Tuttavia, il clima non è stato teso, il dibattito si è svolto in modo civile e senza toni eccessivi, al netto di qualche intervento molto polemico a seguito delle parole di Patrizia Vergani, la qua-le sostiene la posizione della Chiesa e l’obbligo morale di non abortire. Si è parlato di 194, di libertà degli individui, di identità femminile (soprattutto la Parolari), di pluralismo etico della so-cietà contemporanea. Di come l’interru-zione di gravidanza sia per tutte le don-ne una tragedia, una lacerazione pro-fonda che lascia un vuoto nell’animo, essendo lo scontro tra due nomoi, come ha sottolineato Mancuso: sarebbe par-ziale e riduttivo vederlo da un lato co-me un omicidio, dall’altro come un tranquillo esercizio della propria pote-stà.

Pregio dell’incontro è stato quello di non esser caduto nella polemica politi-ca, nella sterile e insensata contrapposi-zione partitica, che vede schierati i co-siddetti pro-life contro l’aborto, parago-nato da questi ultimi all’omicidio o alla pena di morte.

Se all’inizio la commistione tra riflessio-ne teoretico-filosofica e medico-scientifica poteva sembrare azzardata, si è dimostrata in realtà interessante e ha mantenuto sempre vivo l’interesse dei partecipanti.

di Giulia Oldani

Libera vita in libero Stato? Il dibattito, organizzato dalla “Students’ Union di Scienze Politiche” ha visto confrontarsi le diverse anime sulla laicità istituzionale e quello che implica nelle libertà personali e nei diritti civili

© SERVIZIO FOTOGRAFICO DI JO

N PIROVANO / ACIDO POLITICO

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ITALIA

di Dario Luciano Merlo

tesoretto forse non basterà a coprire le spese che lo Stato dovrà sostenere nel 2008. Come ben spiegato, infatti, da Boeri e Garibaldi in un articolo de lavo-ce.info, i circa 13 miliardi aggiuntivi sono stati spesi in gran parte durante l'anno per sostenere spese correnti e solo 5 miliardi sono andati a ridurre l'indebitamento. Nonostante la mag-gior parte dell'extragettito sia derivato dal recupero dell'evasione fiscale, si può dimostrare in modo analogo come un'azione di tax push, ovvero aumento delle imposte, non porta quasi mai ad una diminuzione del debito, se non è accompagnata da provvedimenti strut-turali di contenimento della spesa pub-blica.

I dati dell'ultimo anno, nonostante ab-biano raccolto l'approvazione del presi-dente della Commissione Europea Al-munia e dell'Ecofin, ossia la riunione dei ministri dell'economia dei Paesi UE, non tengono conto di alcune spese

L'analisi delle previsioni di crescita per i Paesi dell'Unione Europea dà una nuova conferma di come l'Italia sarà fanalino di coda di questa classifica, con una previsione di crescita inferiore all'1% per il 2008.

Le cause sono da ricercare sia nei se-gnali preoccupanti che arrivano dagli Stati Uniti, sia nella fase di transizione dovuta alla caduta del governo, che hanno ridotto la fiducia dei consumato-ri dopo un 2007 tutto sommato positivo dal punto di vista dei conti pubblici.

L'anno appena trascorso, infatti, ha visto l'indebitamento netto dello Stato italiano scendere all'1,9%, grazie alle misure prese dal ministro dell'econo-mia Padoa Schioppa in materia di sani-tà e pubbliche amministrazioni, che hanno reso le regioni più responsabili, con sanzioni automatiche e la minaccia di commissariamenti per chi spende più del dovuto.

Misure purtroppo già sparite con l'ap-provazione in Senato del decreto “milleproroghe” di mercoledì 27 Gen-naio. Queste misure avevano permesso di ottenere un consistente saldo prima-rio che passava dall1,3% del 2006 al 3,1%, anche grazie all'aumento delle entrate tributarie, che hanno alimentato una corsa al “tesoretto” da parte di tutti i ministeri, salvo poi scoprire che il

In piena campagna elettorale, dove i numeri “ballerini” diventano un’arma di una parte contro l’altra, gli economisti provano a far luce

Conti pubblici (ed elettorali)

non iscritte a bilancio perché non anco-ra prescritte per legge al momento del-la pubblicazione dei dati. Secondo le stime del Sole 24 Ore le uscite previste si possono quantificare intorno agli 11,3 miliardi di Euro, a cui si aggiunge-ranno i costi delle elezioni (circa 600 milioni di Euro) e altre spese straordi-narie come l'emergenza rifiuti in Cam-pania, non ancora conclusa che potreb-be costare altri 600 milioni.

Entrambi i programmi elettorali dei due maggiori partiti per le prossime elezioni prevedono la riduzione della spesa pubblica e delle imposte.

Al di là delle accuse di plagio, infatti, questa ricetta è l'unica che può consen-tire all'Italia di uscire dalla fase di sta-gnazione in cui si ritrova.

Il programma del Partito Democratico pone obiettivi specifici, come il taglio di due punti e mezzo della spesa corrente nei primi tre anni e l'abbassamento delle aliquote Irpef di un punto l'anno a partire dal 2009, ma rimane vago su-gli strumenti che saranno utilizzati per conseguirli.

Il Popolo delle libertà non aggiunge nulla, se non che la riduzione delle spe-se sarà operata grazie ad un “grande e libero patto tra Stato Regioni, Province, Comuni, risparmiatori ed investitori”. Salvo poi, allo stesso modo del suo an-tagonista, proporre l'abolizione delle Province inutili. Nessun cenno ad un ritorno ad un regime responsabilità regionale ed a tagli ai dipendenti pub-blici, soprattutto nelle regioni dove il settore pubblico è sovradimensionato.

Da questo punto di vista i due pro-grammi si somigliano fin troppo e l'ap-provazione bipartisan del decreto “milleproroghe” che ha ripristinato anche altre cattive pratiche come i con-corsi universitari locali e una serie di ammortizzatori sociali riservati a diver-se categorie, dai dipendenti della sanità privata accreditati con il SSN, ai lavora-tori di Malpensa che perderanno il po-sto in seguito alla cessione di Alitalia metterà gli elettori di fronte a una scel-ta ancora più difficile.

PHOTO-CLICK

© CUSTODIO COIM

BRA / GDA / ZUMA

Nella foto, la statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro (Brasile) colpita da un fulmine

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EUROPA

PAESI BASCHI - A fronte degli infiniti dibattiti sul ruolo più o meno negativo dei piccoli partiti nel causare instabilità all’interno del sistema politico Italiano, e della necessità di partiti unici in gra-do di governare con maggiore coeren-za, potrebbe sembrare strano che in Spagna, paese dal quale ultimamente riceviamo solo notizie molto positive, fra le quali il sorpasso del PIL Italiano, si presentino alle elezioni del 9 Marzo 2008 ben 92 partiti, un 30% in più ri-spetto alle elezioni del 2004.

Per meglio comprendere questo dato è necessario considerare la struttura po-litica Spagnola, estremamente federali-sta e decentrata, che permette il proli-ferare di un’infinità di piccoli partiti a livello esclusivamente locale; e in se-condo luogo la legge elettorale Spa-gnola, che seppure proporzionale struttura la ripartizione dei seggi in modo tale che alla fine dei conteggi oltre l’80% dei membri delle camere apparterranno o al PSOE o al PP, i due principali partiti.

Al momento della stesura di questo articolo (1 Marzo 2008) i sondaggi dan-no il PSOE (Partito Socialista) vincente con un margine che varia dai 2 ai 4 punti percentuali, con il 40-42% dei voti, contro il 36-38% del PP (Partito Popolare). Tra gli altri candidati la I-zquierda Unida (IU), partito d’ispira-zione eurocomunista, dovrebbe rag-giungere quasi il 6% dei voti, la Convergència i Unió (CIU, Democrazia Cristiana Catalana) il 3%, la Esquerra R e p u b l i c a n a d e C a t a l u n y a (Socialdemocrazia Catalana) il 2% e il Partito Nazionalista Basco (PNV) l’1.7%. Un altro 6% dei voti dovrebbe ripartirsi fra una serie di piccoli partiti regionali e le schede bianche dovrebbero raggiungere il 2.7%.

Stando alle intenzioni di voto sopra elencate, il PSOE dovrebbe ottenere fra i 152 e i 164 seggi dei 340 della Camera, contro i 151-162 del PP. L’ampia

forbice è dovuta alla difficoltà di determinare in anticipo la ripartizione d e i s e g g i s e n z a c o n o s c e r e accuratamente la distribuzione del voto a livello regionale. Infatti, la IU, pur prendendo quasi 3 punti percentuali in più della CIU, otterrebbe fra i 4 e i 6 seggi contro i 9-11 della CIU, grazie alla forte concentrazione r e g i o n a l e ( i n C a t a l o g n a ) d i quest’ultima. Anche il PNV, con il suo 1.5-2% concentrato nei Paesi Baschi, potrebbe raggiungere i 9 seggi.

I due candidati premier sono l’uscente Zapatero, leader del PSOE, e Mariano Rajoy, leader dell’opposizione negli ultimi 4 anni e candidato ufficiale del PP.

I l PSOE si presenta su una continuazione del proprio programma antecendente, socialdemocratico e fortemente progressista e liberale in campo sociale, mentre il PP avanza proposte più restrittive sia per quanto riguarda l’immigrazione, volendo imitare il modello francese di Sarkozy, sia nell’ambito del sociale, con l’intenzione di abolire la legge che permette le adozioni alle coppie gay. Entrambi i partiti promettono aumenti delle pensioni e aiuti ai lavoratori, il PSOE nella forma di un innalzamento del salario minimo, e il PP tramite detrazioni sull’IRPEF.

Dal punto di vista della campagna elettorale, l’atmosfera è stata piuttosto pacifica e i toni si sono mantenuti pacati, anche se non sono mancati scontri in varie città della Spagna fra manifestanti di estrema destra e sinistra o nazionalisti locali e la polizia, nonchè aggressioni da parte degli stessi a danno di politici del PSOE e del PP. Manifestazioni e proteste si sono avute anche in seguito all’esclusione dalla corsa elettorale del partito d’Azione Nazionale Basca e del Partito Comunista Basco, come previsto dalla Ley de Partidos del 2003 per via dei loro collegamenti con l’ETA.

Per concludere, il primo dibattito fra Zapatero e Rajoy ha registrato uno share del 60% con 13 milioni di telespettatori, e ha assegnato la vittoria al candidato socialista con una media di 8 punti percentuali di preferenza fra i vari sondaggi nazionali eseguiti 24 ore dopo la conclusione della trasmissione.

dal nostro corrispondente Alessandro Casoli

Novantadue partiti. E non è l’Italia Mentre da noi si discute sulla semplificazione degli schieramenti, nel paese iberico si candida un partito per ogni micro-realtà

© REUTERS

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FRAMMENTI | ITALIA 2007

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FOCUS | PAKISTAN

La questione pakistana infiamma il mondo

“Il posto più pericoloso del mondo”. Questo infelice e minaccioso prima-to, secondo l’Economist, spetta al Pa-kistan; la peculiarità della “terra dei puri” (questo il significato del nome Pakistan) è quella di essere un paese musulmano con in mano l’arma ato-mica: entrambi elementi che non ras-sicurano l’occidente. Il Pakistan rive-ste un ruolo fondamentale per la sua posizione geopolitica strategica e la storia che lo contrassegna non è che il risultato di anni di pressioni inter-ne e esterne al Paese. La deriva che oggi lo vede protagonista è data dal doppio gioco condotto da anni dal governo di Islamabad che vedeva da un lato la creazione e il sostegno dei talebani, e, dall’altro, il supporto da-

to agli Stati Uniti in funzione antiso-vietica nel 1979 e, dopo l’11 settem-bre 2001, nella lotta contro il terrori-smo.

Da terra d’occupazione straniera, il Pakistan è divenuto preda di coloni interni: le élite militari e i grandi feu-datari locali (tra cui la famiglia Bhut-to). L’incerta identità nazionale è causata dalle notevoli problematiche della società civile contrassegnate dalla presenza delle madrasse (le scuole di stampo islamico estremista) e dallo Stato di polizia rappresentato da un governo militare-dittatoriale come quello di Musharraf oggi. In-fatti, fino a un anno fa, Washington aveva visto in Musharraf, salito al potere nel 1999 a seguito di un colpo

Le elezioni hanno sancito la vittoria dell’opposizione. Ma Musharraf non intende dimettersi. Anzi, promette resistenza in Parlamento. Infiammando la regione

di Daniela Balin e Marzia Lazzari

© JERRY LAMPEN / REUTERS

di stato, un dittatore democratico che avrebbe represso le forze jihadiste interne e tenuto sotto controllo la guerra civile presente in varie parti del Paese. Dopo i fallimenti della presidenza e per evitare lo sgretola-mento del Paese, gli Stati Uniti han-no puntato sull’accordo Bhutto-Musharraf per restaurare la facciata del regime militare con il passato filo-occidentale della Bhutto. Infatti, alla fine del 2007, i leader dei due maggiori partiti di opposizione, Be-nazir Bhutto e Sharif, entrambi ex premier, sono rientrati nel Paese do-po un lungo periodo di esilio dovuto ad accuse di corruzione. L’attentato del 27 dicembre del 2007 e la morte della Bhutto mettono fine al sogno americano di una diarchia e della sua promessa (forse virtuale) di demo-crazia. I due partiti dell’opposizione, usciti vincitori dalle elezioni del 18 febbraio 2008, hanno detto di voler collaborare per la costituzione del nuovo governo anti-Musharraf, de-stinata a indebolire ulteriormente il ruolo del presidente. Le elezioni, nonostante la bassa percentuale di affluenza che si è aggirata intorno al

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FOCUS | PAKISTAN

35-40%, sono state viste dal popolo come uno strumento per levare la propria protesta contro la politica del presidente, indifferente alle condi-zioni di vita di 160 milioni di pachi-stani costretti a vivere con una media di due dollari al giorno, nonostante una crescita economica del 7%, dopo il sostanzioso finanziamento ricevuto dagli Stati Uniti nel 2001 (10 miliardi di dollari, il cui 90% ha finanziato l’acquisto di armi e rinvigorito vari conti privati).

Il presidente Musharraf si troverà, quindi, ben presto a dover lavorare con una maggioranza parlamentare ostile e potenzialmente in grado di limitarne i poteri, anche se il proces-so democratico è visto dai pakistani come una farsa eseguita a beneficio statunitense e internazionale. Una facciata democratica è, infatti, indi-spensabile per ridurre la percezione della minaccia insita nel possesso dell’arma nucleare.

Tra i paesi dotati di tecnologie nucle-ari, il Pakistan è il più instabile e vul-nerabile. Se da un lato questo spa-venta la vicina India, anch’essa dota-

ta di armamenti nucleari, la minaccia più consistente e concreta è rivolta verso l’Occidente. Le capitali di Paki-stan e India, Islamabad e New Delhi, distano tra loro soltanto 680 km: in caso di attacco nucleare, il preavviso sarebbe di tre minuti. La sicura di-struzione reciproca, accompagnata dalla creazione di una “linea rossa”, una linea telefonica preferenziale tra i due Ministeri degli Esteri, relegano le relazioni tra i due paesi in una sfe-ra di relativa sicurezza.

La questione rilevante è un’altra: che fine farebbero le testate nucleari qua-lora Musharraf dovesse cadere e il Paese finisse in mano a estremisti islamici? Questo interrogativo getta

ombre oscure sul panorama interna-zionale e sembra giustificare la di-chiarata continuazione dell’appoggio statunitense al generale Musharraf. I fondamentalisti non hanno mai go-duto di significativa popolarità in Pakistan: alle elezioni non hanno mai ottenuto più del 4-5 per cento dei suffragi totali; solo dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, portarono a casa l’11 per cento dei consensi nelle elezioni del 2002. Il reale pericolo viene dalla progressiva infiltrazione islamista all’interno dell’esercito pa-kistano, tradizionalmente un bastio-ne filo-occidentale e secolare. La mi-naccia più plausibile è che, per effet-to della penetrazione di elementi estremisti, l’esercito perda il control-lo sui suoi uomini e, all’estrema con-seguenza, sulle testate nucleari.

La minaccia dell’esplosione del “vulcano pakistano”, come è stato definito nella rivista Limes, preoccu-pa l’intera comunità internazionale, in quanto, proprio come un vulcano, nelle sue eruzioni potrebbe non esse-re troppo selettivo, e i lapilli minac-ciano di volare lontano.

Nella foto, Per-vez Musharraf, ex generale, at-tuale Presidente del Pakistan

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MONDO

situazione precipita quando viene messo in scena uno spettacolo teatrale in sostegno della laicità in cui una gio-vane brucia il suo chador come segno di libertà. Forte la reazione degli stu-denti religiosi. La serata finisce nel sangue. Ciò è quanto raccontato nel romanzo “Neve” di Orhan Pamuk (Nobel per la letteratura 2006) ma non è molto diverso da quanto accade in questi giorni in Turchia. Nelle ultime settimane siamo stati spettatori di quella che potrebbe essere definita “la battaglia del velo”. Il 7 e 9 febbraio in Parlamento vengono approvati 2 e-mendamenti per abolire il divieto del velo nelle università, considerati ne-cessari per la costruzione di un vero Stato democratico, per un diritto allo

A Kars al confine tra la Turchia, Arme-nia, Georgia alcune studentesse si so-no uccise perché costrette a togliersi il velo in università. Un inviato si reca sul posto per fare un reportage.

Gli eventi si susseguono a catena. Un professore viene assassinato da un giovane fondamentalista islamico. Alcuni riportano momenti del loro dialogo: giovane “Professore le dispo-sizioni dello Stato sono superiori ad Allah? Laicismo significa mancanza di rispetto della religione?”, “No, ma non credi che dietro la politicizzazione del velo vi siano forze che vogliono inde-bolire la Turchia?”, “lo Stato laico del-la Repubblica Turca vuole fare dei mussulmani gli schiavi dell’Occidente, disonorandoli, rendendoli atei”. La

studio indiscriminato. Sono 404 le ap-provazioni sostenute dal partito della Giustizia e Sviluppo Akp del premier Erdogan, dai nazionalisti Mhp e da alcuni del partito della Società Demo-cratica Dtp.

Nelle piazze di Ankara si riversano le organizzazioni femministe e 50 orga-nizzazioni non governative fedeli so-stenitrici dello stato laico di Kemal Ataturk che temono un graduale sci-volamento della Turchia verso una Repubblica islamica. L’ultima parola spetta al Presidente Abdullah Gull ( mhp), mentre il chp minaccia di ri-correre alla corte costituzionale per fermare gli emendamenti.

La questione del velo ha radici molto antiche. Nel 1923 viene fondata la Re-pubblica Turca di Ataturk e sancito un laicismo rigido e orientato verso aspi-razioni moderniste difeso dagli intran-sigenti kemalisti. Il fez copricapo ma-schile viene vietato; condanne a morte per i recalcitranti. Nel 1964 si verifica la prima espulsione di una studentessa velata dalla facoltà di teologia di An-kara. Dalla fine degli anni ’70 si intra-vede un revival islamico subito perce-pito come violazione degli ideali ke-malisti. A seguito del colpo di stato dell’ 82 viene redatta una costituzione dai militari che sancisce il divieto del velo approvato anche dalla Corte eu-ropea dei diritti dell’uomo di Strasbur-go che sostiene che esso non contrasti con la libertà di coscienza e religione (1988). Su queste basi la Corte nel 2006 rifiuta il ricorso d’appello di una stu-dentessa turca Layla Shhin.

Da allora si susseguono tentativi di annullamento del divieto da parte dei partiti conservatori e sentenze della Corte Costituzionale che lo conferma-no. Il magistrato Ozbilgin viene ucciso da un fanatico per aver vietato a una donna l’uso del velo. Il turban diviene uno strumento politico di un laicismo sempre più fondamentalista e di un islam sempre più politico.

Questa è l’epoca degli –ismi e degli -anti “ ma pochi si accorgono e ismo fa rima con fanatismo e ista con fascista”. Non rimane che incasellarsi in un dog-ma, quello dell’Occidente o dell’ I-slam. Si diventa anti per principio, sacerdoti di un’ideologia, convinti di aver conquistato la verità che garanti-sce la libertà. Ma la libertà, dice Oriana Fallaci, così come la felicità sono un lusso che la dittatura di Dio o della Montagna non possono permettersi”.

Dopo il laicismo rigido di Keaml Ataturk nel 1923, gli usi ed i costumi della Turchia hanno fatto un balzo indietro. Reintroducendo il velo islamico

La paura della dittatura di Dio

di Stefania Carusi

Page 18: Acido Politico

MONDO

di Alessandro Chiatto

Ci sono fini diversi per ogni regime co-munista. Stalin venne assassinato, ucciso dal suo stesso entourage; Breznev morì di malattia e vecchiaia, ma la sua agonia fu circondata dal mistero; fu, invece, pro-prio lo stesso esercito a scrivere la parola fine sul governo di Ceausescu; Milosevic, infine, morì in carcere. Fidel Castro, 81 anni, è semplicemente andato in pensio-ne, a causa di una grave malattia senile. Al suo posto si insedia come Presidente il fratello Raul, 76 anni, dopo aver già as-sunto il ruolo di Capo dello Stato ad inte-rim da 19 mesi, sostituendo l’ex Lider Maximo, nel momento in cui venne col-pito seriamente da una malattia gastroin-testinale.

Entusiasta il commento del Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush: “Spero che adesso ci si avvii alla demo-crazia”, aggiungendo prontamente che, comunque, “l’embargo contro l’isola rimane”.

Non si può, però, essere certi che l’elezio-ne di Raul Castro possa portare a dei cambiamenti reali all’interno del Paese. Il fratello minore di Fidel non è un volto nuovo, dato che ha passato mezzo secolo della sua vita a capo delle forze militari del Paese. Già dal momento della sua supplenza, Raul ha tentato di stabilizzare il suo ruolo, promettendo diverse rifor-me a livello sociale ed economico, come l’aumento del salario minimo, ancorato a

19 dollari al mese, dichiarato da egli stes-so come “troppo basso per poter vivere.”

All’interno del Paese, tuttavia, molti cu-bani non sembrano vedere reali cambia-menti rispetto al regime precedente. Mol-ti altri ancora sospettano che Fidel Castro continui ad esercitare il suo ruolo alle spalle di Raul. La domanda è legittima, dato che nei 19 mesi di sostituzione, Fi-del ha svolto il ruolo di tutore, monito-rando costantemente l’opera del suo fra-tello minore.

Luis Manuel Garcia, editore di Encuen-tros, un magazine di Madrid specializza-to sugli affari cubani ha affermato che “Raul ha proposto dei cambiamenti, ma nulla è stato fatto. […] Fidel continuerà ad essere il guardiano dell’ortodossia. Egli continuerà a bloccare ogni tipo di cambiamento.”

Il giovane Castro, dal canto suo, afferma di non poter prendere le distanze, per ragioni politiche, dal fratello, il quale continuerà a condurre il Partito Comuni-sta e a mettere in ombra gran parte dei politici cubani. Inoltre, Raul, in uno dei suoi primi discorsi all’Assemblea Nazio-nale, ha affermato che vorrebbe conti-nuare a consultare il “fratellone”, chie-dendo una votazione per essere autoriz-zato a farlo.

Molti cubani sono scettici riguardo alla capacità del nuovo leader di poter dare atto a delle riforme concrete. Nell’ultimo anno e mezzo di sostituzione alla Presi-denza, in molti hanno notato la differen-

A sorpresa - ma non per gli addetti al settore - Fidel Castro ha lasciato il potere a suo fratello. Ma non sono pochi coloro che sostengono che nulla sia cambiato

za tra ciò che afferma nei suoi discorsi e ciò che realmente fa per il proprio Paese.

Ciò su cui dovrebbe porre l’attenzione Raul, secondo gran parte della popola-zione, è una riforma del sistema econo-mico. Tale sistema ha portato ad una sorta di apartheid. I cubani che hanno accesso alla moneta convertibile hanno una qualità di vita superiore ai loro com-patrioti.

Coloro che vivono esclusivamente sul governo hanno stipendi a malapena suf-ficienti per poter sopravvivere.

Cuba è in attesa di Raul Castro, che deve dimostrarsi in grado di fare qualcosa di concreto per migliorare la vita del Paese. In questo processo di miglioramento dell’efficienza della Nazione, il nuovo Lider dovrebbe affrontare il problema del lavoro, creare incentivi in questo set-tore. Il problema da affrontare è come far lavorare un Paese che non è abituato a farlo.

Purtroppo, in molti credono che l’appa-rato burocratico centralizzato dello Stato sia ormai troppo arrugginito per essere riformato e, per molti, non ci sono vere speranze di cambiamento.

Cuba è una delle aree più povere dell’A-merica Latina, con un PIL pro capite pari ad un terzo di quello di Argentina e Cile.

Fidel Castro ora è in pensione, ma con ogni probabilità è il regime stesso a do-ver prendere la medesima decisione del suo vecchio Lider Maximo.

Dietro Raùl il potere di Fidel

© MARCO PRETE

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MONDO

Una densa nube sulle Olimpiadi

L’8 agosto si alzerà finalmente il sipa-rio sulle XXIX olimpiadi della storia moderna.

La Cina, che ospiterà l’evento, è sem-pre al centro, nel bene e nel male, del dibattito internazionale ed uno dei temi altamente problematici di cui si parla è quello dell’inquinamento.

L’inquinamento causa in Cina centi-naia di migliaia di morti ogni anno; secondo la Banca Mondiale solo l’1% della popolazione urbana respira un’-aria non dannosa per la salute, e le emissioni di PM10 sono tre volte il livello di sicurezza previsto nell’U-nione Europea; non solo: nei centri cittadini la situazione è talmente gra-ve che raramente la gente vede il sole. Il colosso asiatico si avvicina a diveni-re il paese leader nell’emissione di gas serra, ma, pur avendo ratificato il protocollo di Kyoto, non è tenuto, sulla base degli accordi attuali, a ri-durre il suo impatto inquinante. A tutto ciò si aggiunge la drammatica crisi idrica: l’accesso all’acqua potabi-le è negato a più di 500 milioni di per-sone; e se i problemi di desertificazio-ne riguardano soprattutto il nord, la mancanza di risorse idriche sicure per la salute riguarda l’intero paese.

I vertici del partito comunista hanno compiuto qualche timido tentativo in direzione di un miglioramento della situazione. Non a caso oggi si inizia a parlare del controllo dell’inquina-mento come di una priorità per la leadership cinese; ma non è detto che ciò testimoni la consapevolezza di dover a tutti i costi cambiare strada.

Risale ormai al 2004 l’annuncio del-l’utilizzo del PIL verde o “ecologico” come indice per misurare la crescita economica; in questa nuova veste, il PIL veniva ricalcolato valutando l’im-patto ambientale della crescita stessa; “veniva”, perché il progetto è stato bloccato nello scorso anno, quando è stato evidente che in molte province il PIL verde descriveva livelli di crescita troppo bassi (le conseguenze ambien-tali pesano negativamente sull’indi-ce).

Ci sono anche state diverse campagne per l’eolico e il solare e per la chiusu-ra delle industrie più inquinanti; si

sono scontrate però con le volontà dei funzionari locali e con la corruzione e non hanno portato a risultati signifi-cativi.

Un progetto forse destinato a miglior esito è quello della “grande muraglia verde”; lanciato nel 2001, dovrebbe giungere a compimento entro il 2010 e, grazie al rimboschimento di 36000 km2 di foreste, si spera fermi l’avan-zata del deserto.

La realtà pechinese non è meno pro-blematica, ma sembra che in questo caso la prossimità delle Olimpiadi e la necessità di cambiare la situazione stiano portando a risultati concreti. Il progetto con cui Pechino si è assicura-ta la vittoria sulle altre città candidate

era infatti centrato proprio sul recu-pero ambientale della capitale ed è ovvio che sarebbe gravissimo se i Giochi del 2008 venissero ricordati come i “Giochi dello Smog”. Sulla carta, si sta lavorando molto: si stan-no organizzando limitazioni per gli autoveicoli per i giorni delle gare, si sta cercando di ripulire la città dalle industrie più inquinanti. Il tutto è sempre aperto a obiezioni, appena ci si rende conto che le misure si limita-no in alcuni casi a spostare il proble-ma: infatti pare che, per i cinesi, puli-re Pechino dalle sue industrie chimi-che voglia semplicemente dire spo-starle in periferia o in altri centri ur-bani. Evidentemente il quadro mo-strato non è dei migliori. Le Olimpia-di portano con sé una grande speran-za: sono l’occasione per nuove pres-sioni internazionali e anche, più sem-plicemente, per portare ancora una volta il problema sotto i riflettori. I 245 giorni di Cielo Blu a Pechino del 2007 (contro i 100 del 1998 - si tratta di una statistica calcolata dalle autori-tà cinesi, secondo alcuni per la verità con criteri poco severi) mostrano che cambiare si può.

Ma ciò che conta è che a Pechino, co-me nella Cina intera, comprendano a tutti i livelli che cambiare si deve.

di Matteo Manara

© ODET BALILTY / NEW YORK TIM

ES, 2007

A pochi mesi dai Giochi Olimpici, la Cina si trova ad affrontare uno dei problemi più seri degli ultimi tempi: l’inquinamento. I livelli di crescita industriale hanno fatto sparire il sole dalle megalopoli

Nella foto in alto, come appare una delle piazze di una normale città cinese. Quello che sembra nebbia in realtà è lo smog, a livelli altissimi, che riduce la visibilità

Per saperne di più... Il “New York Times” ha realizzato una serie di servizi sulla Repubblica Popolare cinese mettendo in risalto le problematiche di un paese con elevati livelli di crescita, ma ester-nalità negative che ricadono sul globo intero: dai livelli di inquina-mento alla carenza idrica sino ai preparativi per le Olimpiadi.

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h t t p : / / w w w . n y t i m e s . c o m /interactive/2007/12/29/world/asia/choking_on_growth_10.html#story1

Page 20: Acido Politico

ANALISI

Mezzo litro di potere

Alla sua ultima maxi conferenza stampa Putin ha dichiarato di essere stanco di governare ma anche di voler ricoprire la carica del premier per tutto il periodo della presidenza di Medvedev. Non so se è chiaro: Putin è stanco ma vuole conti-nuare a governare. Da un semplice ese-cutore, senza il controllo sui servizi se-greti, l’esercito, la polizia e l’amministra-zione presidenziale, la quale nomina e dispone i governatori regionali, controlla il parlamento, il governo e i partiti politi-ci, i mezzi di informazione di massa sta-tali. Tutto questo passa, dunque, al nuo-vo Presidente Medvedev. Ma i servizi

Si dice sempre più spesso che la Russia sta tornando indietro. Beh, può anche essere. Se è vero che vi è un certo numero di somiglianze tra l’epoca putiniana e quella del comunismo “avanzato”, è vero anche che vi è un collegamento diretto tra le due. La vodka.

Nell’82 Juriì Andropov, per acquistare un po’ di popolarità tra la gente, decise di abbassare il prezzo della vodka. La gente apprezzò continuando nel antico rito di bere dividendosi in gruppi da tre persone. Una nota informativa per le persone non informate: la classica botti-glia da mezzo litro si divide facilmente tra tre bicchieri. E quindi, anche se ce n’è più di una a disposizione, la gente prefe-risce di esercitare il sacro rito nazionale in gruppi da tre persone. Ad eccezione, ovviamente, di occasioni speciali. La spiegazione di una tradizione vecchia ormai decenni può apparire esagerata-mente lunga e noiosa, perciò viene omes-sa. Quello che importa in questa sede è che l’arte di ubriacarsi si è trasformata nell’arte di governare lo Stato. Uno Stato che assomiglia sempre più a una bottiglia di vodka da mezzo litro da dividere tra tre bicchieri.

Qualcuno se ne è reso conto a gennaio, quando la composizione dei tre protago-nisti pubblici è stata ufficialmente confer-mata: Putin – Medvedev – Zubkov. L’or-dine della politica interna russa è provvi-sorio quanto la composizione.

Medvedev diventa il Presidente russo. Fidatevi, lo diventa anche nel caso dello sbarco dei marziani ipotizzato da La Stampa spagnola: è il successore ufficiale. Putin, come è noto, diventa il primo mi-nistro al posto di Zubkov, il quale diven-ta il Presidente del Gazprom al posto di Medvedev (il Cda ha già approvato la sua candidatura). Il potere, lo spettacolo e le risorse naturali sono così ridistribuiti tra i tre e si tira avanti fino al 2012, quan-do Medvedev si sposta in una delle due posizioni e alla presidenza ritorna Putin. Il futuro di Zubkov non ha una grande importanza: è solo il terzo necessario ma facilmente sostituibile. Meno lo è Mede-vedev, che ha il ruolo del Presidente tem-poraneo. Quindi si ricomincia con Putin Presidente. L’ipotesi è stata avanzata a gennaio da Mironov, il vice speaker della Duma di Stato: un mandato di Medve-dev, poi due di Putin, poi ancora Medve-dev. Se la tecnologia è chiara, analizzia-mo la ormai vicina follia ubriaca del do-po 2 marzo 2008.

segreti, la polizia e la Procura generale e tutti gli altri di cui sopra sanno di essere dipendenti, di fatto, da Putin, e non dal Presidente. Possono, a questo punto, decidere di non rispondere più né al Pre-sidente (come vorrebbe la Costituzione), né al capo effettivo Putin. Si crea, dun-que, una situazione di doppio potere e soprattutto paradossale: il Presidente Medvedev rischia di essere dipendente dal proprio inferiore, dal premier Putin per evitare il caos nel paese.

Ed ecco che si scopre che il sistema di potere costruito da Putin è tecnicamente incedibile e può essere mantenuto solo con il suo terzo mandato. Ciò comporta la modifica della Costituzione che non è la legge di gravità universale: prevede, come tutte le altre costituzioni del mon-do, un meccanismo di revisione ben pre-ciso. Il Presidente Putin non avvia questo meccanismo, e non rimane dunque per il terzo mandato, non per fare un piacere all’Occidente o alla opposizione, ma per dei motivi che ci sono assolutamente ignoti. Ma non volendo nemmeno il crol-lo di tutto il sistema di potere creato con tanta fatica in 8 anni ha fatto il primo passo verso di esso. Cosa vuol dire? La spiegazione logica è una sola: non ha altra scelta. Probabilmente Putin e Me-dvedev hanno trovato un modo per non far rovesciare la bottiglia. Come? Per ora non si sa, ma lo vedremo.

Una incertezza sul futuro degna della migliore tra le democrazie...

di Eugenio Gufo

[email protected]

Page 21: Acido Politico

di Matteo Forciniti

E’ un’emergenza nazionale. Una realtà intollerabile. E’ una triste storia di cui ci si dovrebbe vergognare, la cronaca di un fallimento (molto prevedibile) di un’intera classe dirigente. Protagonista è il consiglio regionale calabrese: il consiglio dei veleni.

Tutti i record sono stati battuti arri-vando, secondo“La stampa”, a 33 con-siglieri regionali indagati, imputati o condannati su un totale di 50 (anche se non conosciamo un numero esatto poiché secondo il Procuratore nazio-nale antimafia Piero Grasso sarebbero invece 22).

Reati che variano dall’omicidio al con-corso esterno, dalla truffa alle tangen-ti.

Il governatore Agazio Loiero, icona del trasformismo post-democristiano (molto gettonato tra i politici calabre-si), è indagato per corruzione elettora-

le e abuso d’ufficio.

Ma il governatore è tranquillo perché, secondo lui, gli inquisiti non sono pro-prio 33, ma forse un po’ meno, dunque c’è da stare tranquilli “perché qui se non ti sei preso un avviso di garanzia vuol dire che conti zero”. Sono molti i nomi dei vertici della politica calabre-se che sono entrati nei guai e fanno tremare i partiti. Destra, sinistra e cen-tro: è tutto rigorosamente bi-partisan.

Primeggia il Partito Democratico con 9 consiglieri inquisiti su 18 tra abuso d’ufficio, associazione a delinquere e truffa aggravata.

Spicca il nome di Nicola Adamo ex vicepresidente della Giunta a cui ven-gono contestati finanziamenti pilotati verso aziende amministrate dalla mo-glie: perché al primo posto c’è sempre la famiglia. Seguono, tra gli altri, Ma-rio Pirillo e Giuseppe Bova. La storia di Domenico Crea è a dir poco scon-volgente: dal Ccd alla Margherita per

Con 33 consiglieri regionali indagati, imputati o condannati (su un totale di 50, secondo “la Stampa”), la Regione Calabria ha stabilito un triste primato italiano

poi passare alla Democrazia Cristiana–Mpa.

Recentemente è finito in manette nell’-ambito dell’operazione “Onorata sani-tà” che ha messo in luce il patto tra mafia e politica per il controllo della sanità locale. Crea risultò il primo dei non eletti nella Margherita e subentrò nel consiglio regionale al posto di Francesco Fortugno ucciso dalla ‘ndrangheta nell’ottobre del 2005; è accusato dai giudici di Locri di essere stato il mandante dell’omicidio.

Non poteva mancare l’Udeur: Franco La Rupa è indagato per associazione mafiosa, mentre l’assessore al turismo Pasquale Tripodi è stato recentemente arrestato in un’inchiesta su un presun-to sodalizio tra un clan camorristico e una cosca della ‘ndrangheta.

Nel centro-destra i principali inquisiti sono: Sergio Abramo(gruppo misto), Giancarlo Pittelli(Fi), Giovanni Dima(An) e Dionisio Gallo(Udc).

C’è chi invece è stato obbligato a farsi da parte: Vincenzo Sculco eletto nella Margherita e condannato a 7 anni con l’interdizione perpetua dei pubblici uffici per corruzione e abuso d’ufficio.

E’ opportuno ricordare che ci sono indagini in corso, ma molte volte i pro-cessi contro i politici si concludono in un nulla di fatto.

Molte volte però emergono dei parti-colari inquietanti che non costituisco-no reati però politicamente dovrebbe-ro far riflettere: avere rapporti con uomini della ‘ndrangheta. E’ il caso di Tripodi e Crea (già prima di essere arrestati), o di Cosimo Cherubino pro-cessato e assolto ma fermato più volte in compagnia di pregiudicati, e di molti altri uomini delle istituzioni.

La corte dei conti ha condannato la presidenza del consiglio per 54mila euro di spese riguardanti i regali nata-lizi di 5 consiglieri nel 2003. Ogni anno la regione spende 78 milioni di euro che, sommate ad altre spese di rappre-sentanza e di consulenza, arriva a quintuplicare i costi della Lombardia. In questo desolante quadro c’è una domanda da porsi: perché il Presiden-te della Repubblica non scioglie questo consiglio regionale?

In Calabria un confine preciso tra isti-tuzioni e criminalità non è esiste più: il sistema clientelare è la norma. E pen-sare che Loiero diceva:“siamo stati eletti per moralizzare”. C’era una vol-ta la questione morale.

Il Palazzo dei veleni

BELPAESE

Page 22: Acido Politico

SOCIETA’

Donne & immigrazione: due casi

MILANO - Il tema dell’immigrazio-ne dei Paesi in via di sviluppo verso l’Occidente post-industrializzato da-gli anni ’70 del secolo scorso è stato alquanto trattato.

Di recente analisi invece è l’attenzio-ne che si è posta sul fenomeno della femminilizzazione del processo mi-gratorio, dove anche in Italia con i suoi 2.767.964 (valori ISTAT al 1-/1/06) di stranieri con regolare per-messo di soggiorno, quasi il 50% so-no donne, rispetto al passato 43% di 884.555 unità totali (dati ISTAT al 1/1/1997).

Dietro alle molteplici cause che han-no favorito il tingersi di “rosa” di questi flussi entranti, si possono però nascondere contesti socio-culturali molto particolari che hanno portato a sviluppare tipologie di comporta-menti migratori anche molto diversi tra di loro; da ciò nasce il confronto operato su due comunità aventi una presenza maggioritaria nel nostro paese: quella Filippina e quella Nor-dafricana.

La prima che è composta da circa il 62% di donne è sempre stata caratte-rizzata da una migrazione di segno prettamente femminile.

Le ragioni di questo surplus vanno ricercate nel ruolo importante che la donna filippina ricopre all’interno della sua società, che la pone al cen-tro di un sistema familiare a carattere matrilineare e dalla pressione che ancora oggi, il governo esercita su di lei, organizzando corsi di orienta-mento per la formazione della perfet-ta emigrante a cui spetta l’onore di rialzare le sorti economiche del paese attraverso il meccanismo delle rimes-se. Non sono rare infatti le celebra-zioni allestite all’interno degli aero-porti, quando un gruppo di conna-zionali decide di ritornare in patria.

Inoltre, importante da ricordare è l’aiuto che ricevono dalle missioni Cattoliche sparse per il mondo, che si preoccupano di garantire un inseri-mento nel circuito lavorativo estero e nel proporre centri di accoglienza sicuri, soprattutto nelle prime fasi del loro arrivo.

Notevole è anche la rete amicale e parentale di richiamo che si è venuta a creare nel tempo e che ne rafforza la loro presenza come un processo migratorio regolare di lunga durata.

Di tutt’altro carattere invece è la sto-ria delle donne Nordafricane, la cui comparsa sulla scena delle migrazio-ni inizia verso la fine degli anni ‘80 a seguito però di un processo che an-cora oggi è di stampo prettamente maschile.

Il motivo prevalente che le spinge a muoversi è quello del ricongiungi-mento familiare a seguito di un ma-trimonio o per raggiungere insieme ai figli il marito partito alcuni anni prima; quest’ultimo volentieri risulta essere anche l’unico punto di riferi-mento e di tramite che hanno con la nuova realtà esterna.

Tale situazione rispecchia molto be-ne la tipica separazione dei ruoli pre-sente nella cultura mussulmana: la quale riserva alla donna la gestione dello spazio privato e all’uomo quel-lo pubblico in una struttura familiare di stampo invece patrilineare.

Sono ancora poche infatti le donne di questi paesi a partire da sole con un progetto migratorio autonomo, che

di Rosa Anna Casalino Negli ultimi anni, l’attenzione della sociologia si è concentrata sul fenomeno della “femminilizzazione del processo migratorio”. Scopriamo cos’è...

Inviate i vostri articoli e le vostre lettere all’indirizzo di posta elettronica:

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nasce per lo più dall’esigenza di scappare da un assetto tradizionale che tende a rilegarle ad una funzione passiva di unicità riproduttiva.

In una prospettiva tutta al femmini-le, dunque si è cercato di delineare l’influenza che due culture sociali molto diverse tra di loro hanno gio-cato nel determinare comportamenti migratori particolari e osservabili quotidianamente in un contesto occi-dentale.

Essere donna, essere una donna im-migrata trova le sue motivazioni an-che in questo.

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Campagna

d’Italia di Luca Fontana

PENSIERI & PAROLE I fatti d’attualità commentati dai ragazzi

risolvere. Non siamo elettori.

Forse è per questo che i due candi-dati premier più forti propongono – sull’immigrazione – politiche che assumono quale unico punto di vista quello degli italiani (intendi: elettori).

Politiche che saranno non integrati-ve, ma difensive. Perché è l’elettorato che deve/vuole difendere qualcosa (la proprietà, il benessere, il lavoro, la sicurezza) ed è sulla vicinanza/lontananza delle proposte al “ventre” della società che si giocano migliaia di voti. Quindi si vince. O si perde.

Ma è una questione – questa degli immigrati – che andrà affrontata pri-ma o poi. Le attuali politiche sono insufficienti ad affrontare le dinami-che che si sono innescate nella società italiana; sono lesive della dignità u-mana, perché costringono migliaia di stranieri ad attendere per ore davanti alle Prefetture ed alle Questure; li espongono alle “intemperie” econo-miche e sociali perché senza permes-so di soggiorno nessun datore di la-voro è disposto ad assumerti. Senza un lavoro - proprio in virtù della leg-ge in vigore - non ottieni il permesso di soggiorno.

Se dal centro-destra non mi aspetto niente di nuovo – invito a leggere il programma – è dal “Partito Demo-cratico” che attendo un segnale deci-sivo. Veltroni si propone come l’auto-re della rupture, della rottura con le attuali dinamiche di funzionamento delle istituzioni nazionali. Bene, lo faccia! Cominci a dire in campagna elettorale cosa intende fare con gli immigrati perché fino ad adesso non ho sentito nessuna parola, nessuna proposta concreta.

Le elezioni si avvicinano, il tempo stringe e gli immigrati attendono di sapere quale sarà il loro destino in questo paese.

Leonard Berberi

Il Paese non può attendere oltre, urgono risposte serie alle domande di equità sociale e sicurezza, occorrono approcci maturi a problemi fondamentali quali la precarietà del lavoro e il carovita dila-gante cui non corrisponde un adegua-mento di salari e stipendi, servono azioni decise in ambito ambientale ed un pro-getto ad ampio respiro per le giovani generazioni.

Il panorama politico che è emerso da questa campagna elettorale sembra aver portato qualche mutamento che può ali-mentare ragionevoli speranze, se non nei risultati quantomeno nei metodi e nell’-approccio con i cittadini.

Il rimescolamento di carte nella logica delle alleanze, la creazione di soggetti nuovi, un principio di ringiovanimento, almeno in alcune liste, di candidati e messaggi, sono risultati acclarati.

La nascita del PD e le scelte di Walter Veltroni sono state il traino di questo cambiamento, incanalando su un percor-so obbligato di decisioni importanti an-che la controparte. Non essendosi modi-ficate le regole del gioco rispetto alla precedente tornata elettorale, di più era impossibile attendersi.

Il mutato panorama ha proposto a casca-ta una pluralità di candidati premier tra cui scegliere e programmi elettorali po-tenzialmente attuabili grazie alla minor incidenza di veti incrociati imposti da alleanze forzate.

Tutto questo rappresenta una discreta base di partenza che la nostra classe poli-tica si è auto imposta, magari controvo-glia o per logiche elettorali, consapevole di non poter tirare oltre la logora corda del rapporto con i cittadini.

Non basta, anche perché molti protagoni-sti della vita politica posseggono capacità mimetiche impensabili, agevolate da molti media nostrani che brillano per inutilità. Da oggi servirà tenere alta la guardia, pretendere che alle parole se-guano i fatti in modo che questo piccolo punto di partenza che ci siamo guada-gnati non si tramuti in un triste e impalu-dato punto di arrivo.

L a campagna elettorale ha proposto fin dalle prime battute molti ele-menti di novità, almeno apparen-

te, rispetto al clima vissuto negli ultimi anni.

Anni caratterizzati da contrasti ideologici e personali profondi, ma dai risultati sociali, etici ed economici veramente miseri.

Correndo con la mente fino ai tempi di tangentopoli, ci rendiamo conto come la seconda Repubblica non sia ancora oggi realmente venuta alla luce. Siamo al pun-to di partenza o forse anche più indietro.

Questi quindici anni sono stati caratteriz-zati da polveroni mediatici e contratti da salotto televisivo, da coalizioni eteroge-nee costrette a matrimoni forzati e da slogan pericolosi e narcotizzanti.

Abbiamo assistito ad intere stagioni tra-punte da rissose battaglie verbali e a di-battiti quasi farseschi, a falsità travestite da calamite del consenso e ad un utilizzo strumentale di tematiche sociali molto delicate, che nemmeno dovrebbero esse-re oggetto di scontro politico.

Il risultato tangibile è stato dividere il paese in due fazioni tese a considerare l’avversario alla stregua di un nemico da annientare.

Un muro contro muro cui non è seguita quasi mai una risposta sul piano pro-grammatico, con azioni di governo pe-santemente diverse sulla carta ma poco incisive nella sostanza.

Molto fumo e pochi risultati.

I cambiamenti promessi sono quasi inesi-stenti, la classe politica non è nemmeno riuscita a fingere un piccolo rinnovamen-to, parola questa abusata solo per allena-re la favella. Nel calderone di incredibili leggi "ad personam", da una parte, e di programmi voluminosi rimasti impieto-samente chiusi a chiave nel cassetto della litigiosità dall’altra, l’unico risultato si-gnificativo è stato l’aggancio all’Euro al tempo del primo governo Prodi.

Il resto è stato, al meglio, ordinaria am-ministrazione che non ha tenuto il passo di un'Italia le cui dinamiche sociali ed economiche sono profondamente mutate.

EDITORIALE

Due leggi da cambiare subito

segue dalla prima

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INTERVISTA

ro il coraggio di scrivere; la gente lo compra, lo legge avidamente, si indi-gna spesso, ma temo che più in là di questo non si vada…

C'è un potere nel sistema di Siena che può predisporre facilmente al-l'abuso sottile o celato, all’umilia-zione, o all’esclusione, anche man-tenendo impegni aperti a politiche anti-sociali? Questo potere riesce ad utilizzare politiche sociali per celare ciò che realmente può accadere al-l’interno di esso? A Siena questo accade; l'anomalia senese risiede tutta nello strapotere del Monte dei Paschi di Siena, la Banca onnivora che tutto controlla e decide, i cui rappresentanti nella Fondazione sono nominati - guarda un po’ - dai politici locali, Sindaco e Presidente di Provincia.

Gli strateghi cinesi affermano che in guerra bisogna essere come l’ac-qua, ovvero il sapersi adattare a tut-te le situazioni. Questo può richia-mare il camaleontismo di Clause-witz. Secondo lei, da parte della casta di Siena può esserci la tenden-za a intervenire quando è necessario e conveniente per costruirsi conti-nuamente la propria immagine e per “sciogliere lacci e lacciuoli”? Certo che sì. Gli oligarchi di Siena sono maestri, anche grazie a media asserviti, a presentarsi come politica-mente corretti, filantropici, pacifisti, rispettosi delle minoranze… chi più ne ha, più ne metta!

Fin dove arriva la casta di Siena?. Riesce ad entrare anche nelle uni-versità? Certo che sì; nel libro, questo aspet-to non è molto presente, forse in fu-turo, chissà… tanto per dirne una, di certo la più eclatante, l'ex Rettore dell'Università di Siena Tosi è stato recentemente rinviato a giudizio per una vicenda legata ad un concorso da cui uscì vittorioso, strano a dirsi, il figlio.

lio, sic et simpli-citer, nessuno avrebbe avuto il coraggio di pub-blicarlo; la stessa tipografia che ha mater ia lmente stampato il mio libro, mi ha fatto ben presente che,

se volessi scrivere un prosieguo, non potrebbe neanche stamparlo di nuo-vo. Non siamo in Sicilia o in Calabria, ma neanche così lontani, evidente-mente… se vuoi lavorare in moltissi-mi settori, mai metterti contro alla Casta rossa, altrochè sinistra, altrochè riformismo…

Ritiene che questa sorta di “corruzione ambientale” sia uno dei tanti strumenti usati dalla casta di Siena per continuare a tutelare i pro-pri interessi a danno della libera informazione? Purtroppo non c'è dubbio che sia così, e purtroppo temo che continue-rà ad essere così. Il libro ha avuto e sta avendo un successo clamoroso in città anche per questo, perchè c'è qualcuno che mette nero su bianco quello che a pelle migliaia di persone credono e pensano, ma mai avrebbe-

Chi è Raffaele Ascheri e da quanti anni fa il professore e lo scrittore? Raffaele Ascheri - classe 1969 - è un professore di Italiano, Storia (questa è la mia formazione universitaria) e Geografia, il quale per hobby si dilet-ta di scrivere; insegno nelle scuole pubbliche da ormai sette anni, dopo una esperienza di vera e propria ga-vetta - praticamente quasi non retri-buita... - in un "diplomificio" senese ora fortunatamente non più esisten-te, in quanto miseramente fallito per l'incapacità gestionale di chi doveva tenerne le redini: la mia gavetta, in-somma, l'ho fatta, eccome! Venivo pagato ad ore, e se fossi andato a stirare invece che parlare di Leopar-di, Manzoni o di Hitler, avrei guada-gnato senz'altro molto di più… se qualche ragazzo si ammalava e non veniva a lezione, il solerte segretario annullava l'ora di lezione, e addio briciole.

Veniamo al suo ultimo libro, “La Casta di Siena”. Cos’è che l’ha spin-to a scriverlo? Tanti motivi. In sintesi estrema, il desiderio di "sfrondare gli allori" - come ha scritto la giornalista di Re-pubblica Franca Selvatici recensendo il libro - del Buon governo senese, un modello apparentemente tanto effi-ciente quanto immacolato, in realtà, per alcuni aspetti, tutt'altro che puro ed immacolato come i media locali vorrebbero far credere. Un'oligarchia che, negli ultimi tempi, si è alleata con Clemente Mastella e con Pierfer-dinando Casini (e con il suocero Cal-tagirone), dopo aver perso i referenti romani di un tempo, D'Alema in pri-mis.

Come sappiamo è un libro auto-prodotto – edito da lei. Come mai questa decisione? Questa, forse, è la risposta più sem-plice di tutte, ma doverosa per chi non viva a Siena. Nella città del Pa-

«Vi racconto l’oligarchia senese» Intervista al professore Raffaele Ascheri, autore di un polemico libro - “La Casta

di Siena” - dove critica l’amministrazione che guida la città del Palio

di Michele Capaccioli

Page 25: Acido Politico

a cura di Laura Tavecchio

varie fase di produzione di riviste tecni-che mensili, con attività di reperimento notizie, realizzazione di rubriche, stesura articoli.

Retribuzione. 450 € netti mensile

INFO: www.tecniimprese.it

VOLONTARIATO Humana polpe to people; Norvegia Cerca volontari per progetti in Africa (Mozambico/Zambia) e India. Il pro-gramma include sei mesi di formazione in Norvegia. I progetti: Insegnamento, Formazione di Professori, Lavoro Comu-nitario, Intervento Ambientale, Agricol-tura, Prevenzione HIV/SIDA.

Data di scadenza: 25 maggio 2008-03-02

INFO: www.drh-norway.org

BORSE DI STUDIO International Fellows Program in Ur-ban Studies. Johns Hopkins University, Baltimora Il Programma, realizzato in collaborazio-ne con la Compagnia di San Paolo di Torino finanzia due borse di ricerca ri-volta a studiosi con competenza nel set-tore degli studi urbani, in grado di con-

durre ricerche e indagini su aspetti ine-renti lo sviluppo, il declino e il ripristino delle città e il benessere dei cittadini. E’ indispensabile un’ottima conoscenza del-la lingua inglese.

Periodo della borsa di studio varia da 4 a 8 mesi

Data di scadenza per inoltrare la doman-da di partecipazione 1 Aprile 2008

I N F O : w w w . j h u . e d u / i p s / [email protected]

Programma Nazionale Slovacco per le Borse di Studio, Slovenia L’Ambasciata della Repubblica Slovacca nell’ambito del Programma Nazionale Slovacco per le Borse di Studio – gestito dal Minisero dell’Educazione della Re-pubblica Slovacca e dall’Agenzia Slovacca Accademica e d’Informazione – offre a studenti, dottorandi, insegnanti universi-tari e ricercatori, alcune borse di studio per effettuare soggiorni di studio e/o ri-cerca presso un’università o un centro di ricerca Slovacco.

Data di scadenza per inoltrare le candida-tire: 30 Aprile 2008

INFO: www.scholarships.sk.

STAGE Headquarters Internship Programme; United Nations New York Obbiettivo è quello di fornire un forma-zione agli studenti laureati e neo-laureati da sviluppare all’interno di una delle agenzie ONU.

Periodo di stage, variabile e da concorda-re con le agenzie.

Data di scadenza per le domande: 18 Maggio 2008

INFO: http://www.un.org/Depts/OHRM/sds/internsh/index.htm

OFFERTE DI LAVORO Dialogatore e team-leader; Milano e Hin-terland, EnneVi Consultin Cerca persone interessate a lavorare nel terzo settore come team leader e dialoga-tori in attività di fund raising per conto del wwf, anche prima esperienza.

Retribuzione fissa mensile più bonus

INFO: [email protected] / 3483738411

Internschip Editoria – Giornalismo; Mi-lano, Tecnoimprese Offre stage retribuito nell'ambito di una redazione, per l'apprendimento delle

AGENDA

civile, cooperazione allo sviluppo e lo sport. Molti sono i vantaggi per coloro che partecipano a tale attività: la copertu-ra dei costi di vitto e di alloggio, un pocket money mensile, il rimborso delle spese di viaggio, l’assicurazione sanitaria completa e un corso di lin-gua del paese di destinazione.

Tutti coloro che sono stuzzicati dalla curiosità possono partecipare all’in-contro che si terrà mercoledì 12 marzo alle ore 15 presso la sede dell’infogio-vani di Milano (Via Dogana, 2) dal titolo “Ti mandiamo a quel paese, gratis” oppure per avere maggior det-tagli tecnici sul programma possono consultare il sito dell’associazione Joint, www.jointweb.it, la quale cura l’incontro.

dell'Unione Europea.

La mission che si prefigge è quella di sviluppare la solidarietà, di promuo-vere la tolleranza fra i giovani e la cittadinanza attiva ed infine di miglio-rare la comprensione reciproca fra i giovani. Il programma offre la possi-bilità di accrescere le proprie compe-tenze attraverso un'esperienza pratica di lavoro all'estero in un'organizzazio-ne senza fine di lucro, permette di migliorare la propria capacità di lavo-rare in gruppo, di relazionarsi con persone di lingua e cultura diversa e di inserirsi in ambienti di lavoro com-plessi.

Le attività di Servizio Volontario Eu-ropeo possono svolgersi in molteplici settori quali ambiente, arte, cultura, servizi sociali, gioventù, protezione

Sentirsi cittadino europeo per un gio-vane d’oggi non si deve limitare e-sclusivamente al progetto Erasmus o Leonardo promosso in ambito univer-sitario. Il programma “Gioventù in azione”, istituito congiuntamente nel Dicembre 2006 dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell'UE, offre infat-ti una ghiotta opportunità di appren-dimento non formale ed informale in una dimensione europea atta al raffor-zamento della coesione sociale.

Cinque sono le azioni di cui consta il programma: la seconda corrisponde al Servizio Volontario Europeo (SVE). Questa esperienza permette di svolge-re un' attività di volontariato a tempo pieno per un periodo compreso tra 2 mesi e 12 mesi , in uno dei 27 paesi membri dell' UE, nei 3 paesi dell'Area Economica Europea (Islanda, Norve-gia, Liechtenstein) o nei paesi partner.

E’ un progetto della Commissione Europea, Direzione Generale Educa-zione e Cultura, rivolto ai giovani in un’età compresa tra i 18 e i 30 anni, legalmente residenti in uno dei paesi

Ti mandiamo a quel Paese. Gratis

di Valentina Lopez

Oltre al programma “Erasmus” e “Leonardo”, esiste una terza possibilità per gli europei di girare il continente: “Gioventù un azione”

Page 26: Acido Politico

Dusseldorf-China, historia de un idilio económico sin miedos

Es el año de la rata. Los Astrólo-gos chinos predicen que traerá riqueza y prosperidad. Las ratas son pioneras, meticulosas y si-stemáticas. Cualidades que se-gún China tienen sus empresa-rios. Puede que la Unión Euro-pea mire con cierto recelo el gran crecimiento que está prota-gonizando el gigante asiático, pero Dusseldorf, en Alemania, no.

La ciudad lleva años animando a los empresarios chinos a insta-larse en su territorio. Incluso aunque China haya acabado con su industria del acero, se esté llevando todos los grandes contratos por delante de las empresas germanas y esté deci-dida a quitarle a Alemania el título honorífico de mayor e-xportadora mundial este año.

Como explica Lilian Li, Vicepre-sidente de Huawei Europa: "Creemos que nuestras diferen-cias culturales no suponen un gran problema. El idioma es distinto, y se supone que es el que debe dar a las diferentes culturas un punto de partida para entenderse, pero aún así, nuestra filosofía, nuestro humor son parecidos".

No hay un Barrio Chino, un Chinatown, en Dusseldorf, pero si hay un Centro Chino. Su fun-dador, Robert Cao, fabrica pie-zas de coche en China para marcas como Porsche, BMW o Mercedes.

"Los alemanes son muy buenos desarrollando tecnología, inve-stigando e innovando. Por su-puesto que a los chinos eso no se nos da mal, pero estamos por detrás de Alemania. No obstan-te tenemos una colaboración muy estrecha y con ella aprove-chamos los puntos fuertes de cada uno", comentaba Cao.

Air Berlin támbién está apostan-do por la atracción que genera Dusseldorf. Ya cuenta con una importante red de conexiones hacía distintos destinos europe-os, y desde mayo, empezará a realizar vuelos directos a Shan-gai y Pekín.

Este Año Nuevo Chino trajó numerosas celebraciones a Dus-seldorf. Si el Ayuntamiento con-sigue sus objetivos, habrá inclu-so más motivos para festejar cuando el Año del Buey llegue en 2009.

Articolo integrale disponibile

sul sito www.euronews.net

Qui pourrait accepter de recevoir des dizaines de coups de téléphone de jour comme de nuit - qui ne lui sont pas destinés - avec le sourire ? Pas grand-monde à prio-ri, sauf peut-être… le caporal Henry Lebon, dont le quo-tidien Sud Ouest raconte l'histoire croustillante. Cet homme affecté au régiment de marche de Noyon, en Picardie, a récupéré le numéro de téléphone portable de Ségolène Royal.

«C'est un numéro attri-bué temporairement à Ségolène Royal pour la campagne présidentiel-le», explique l'association Désirs d'avenir, contactée par lefigaro.fr. La prési-dente de la région Poi-tou-Charentes n'a pas encore souhaité réagir

officiellement. Résultat pour le caporal Lebon ? Une avalanche d'appels de personnalités, parfois jusqu'au sommet de l'Etat. Ainsi, il raconte que l'ex-président de la République Jacques Chirac aurait contacté ce numéro à la fin de l'été 2007. S'il se dit ravi de pouvoir discuter avec de hauts responsables politiques ne s'attendant pas à tomber sur un militaire, Henry Lebon tient à garder secret la nature de ses conversations.

Il aurait en effet reçu des SMS de François Hollande, dont il est seul avec l'intéressé à connaître le contenu. Le rapprochement avec l'actualité récente se fait naturelle-ment : début février, la publication par le Nouvel Ob-servateur d'un SMS attribué à Nicolas Sarkozy et à de-stination de son ex-épouse Cécilia («Si tu reviens, j'an-nule tout») avait déclenché une tempête judiciaire. L'a-vocat du chef de l'Etat, Me Thierry Herzog, a déposé une plainte pour «faux, usage de faux et recel».

INTERNATIONAL / INTERNACIONAL

Immigration point systems begins significant sums to invest in British business as well as highly qualified people who the government believe will boost the economy.

All applicants will have to pass an English test - unless they have £1m or more to invest.

Skills and earning potential will also be taken into account - although much will depend on the country in which applicants live.

For example, someone applying for entry from a poor country, such as Nigeria or Af-ghanistan, will have to prove annual ear-nings of at least £4,000, while somebody applying from a wealthier country will have to have a previous salary of £40,000 or more.

Tier two, to be launched later this year, will focus on filling gaps in the labour market - an independent committee will advise ministers on which skills the economy needs.

Articolo integrale disponibile

sul sito www.bbcworld.com

will be barred for the foreseeable future. The government believes it can fill all manual work vacancies from EU countries which, with the exception of Romania and Bulgaria, face no restrictions on working in the UK.

The government says it is the biggest change in UK immi-gration policy "in a generation" and will attract migrants with the right skills to boost Britain's economy while easing pressure on local public services.

But the Conservatives say the changes are "over-hyped" and

will not make a significant difference to the numbers entering the country.

The first phase - Tier One - replaces the exi-sting highly skilled migrant programme, which is also based around points.

It is designed to attract entrepreneurs with

The government has launched the first stage of a new points-based system for migrants from outside the EU. It will initially only apply to highly skilled workers already in the country who want to extend their stay.

But by the end of 2008, every graduate with good English, on £40,000 or the local equi-valent, will potentially have enough points to seek work in the UK.

The Tories say there should be a yearly cap on immigra-tion, the Lib Dems say the rules could cause skills shor-tages.

Under the new system, skilled workers in occupations where there is a shortage will also be able to enter, provided they have a job offer.

But low skilled workers from outside the EU

«Allo Ségolène Royal? Non,

caporal Lebon à l'appareil!»

Page 27: Acido Politico

WEB

P er la seconda volta in tre anni The Guardian è stato nominato il miglior quotidiano al mon-do dalla Society for News Design di New York.

Il giornale britannico ha sbaragliato la concorrenza di centinaia di giornali in tutto il mondo. Un primato che si fa sentire anche sul web: a gen-naio il Guardian ha registrato 19.7 milioni di utenti unici contro i 17.9 del Mail Online, i 15.1 del Times Online e i 12.3 del Telegraph.co.uk.

(fonte: corriere.it)

«The Guardian», il migliore quotidiano del mondo

SAN FRANCISCO (Reuters) - Il colosso Google ha detto di offrire un nuovo sem-plice supporto da utilizzare per la crea-zione di siti web per uffici e gruppi di lavoro, mirando a battere il già esistente SharePoint di Microsoft .

Il nuovo servizio di Google si chiama Sites ed è una versione in scala ridotta di JotSpot, un semplice servizio per la crea-zione di "intranet" che Google aveva ac-quisito 16 mesi fa.

Sites, nuovo stadio della corsa del gigan-te di Internet sul mercato, permette an-che ai poco esperti di organizzare e con-dividere informazioni digitali, come col-legamenti web, calendari, foto, video, presentazioni, profili personali, allegati e altri documenti, in un sito facile da crea-re e aggiornare e che può essere consul-tato solo dagli iscritti.

Share Point di Microsoft è un program-ma molto simile, ma molto più compli-cato da adoperare, e soprattutto più co-stoso.

"Sites è relativamente facile da usare ed è gratis", ha detto Rebecca Wettemann, analista dell'organo di consulenza tecni-ca Nucleus Research of Wellesley, Mas-sachusetts. "Google sta cambiando il mo-do di pensare vedere il web in relazione agli affari", ha aggiunto.

Il sito base di Sites non ha invece nessun costo o richiede talvolta una piccola ta-riffa mensile, mentre per coloro che già erano fruitori di Google App il servizio completo è gratuito.

"L'idea è che IT (i dipartimenti di Infor-

Da Google un semplice software per creare siti web

mation Technology) non faccia niente se non abilitare all'uso del supporto i frui-tori del nostro servizio", ha detto Dave Girouard, direttore generale di Google Enterprise.

Wettemann sottolinea tuttavia che la mancanza di assistenza potrebbe causare qualche problema nell'aggiornamento e nell'uso dei siti, nonostante Sites sia mol-to facile da adoperare. A differenza di Share Point di Microsoft infatti, Sites non ha un centro di supporto tecnico, ma è gestito completamente da coloro che ne fanno uso per lavoro o privatamente.

Conclusa la gara Wymax; lo Stato incassa 136,3 mln

ROMA - La gara di assegnazione delle frequenze Wymax, la banda larga senza fili, si è chiusa con un incasso per lo Stato di 136,337 milioni di euro su una base d'a-sta di poco meno di 50 milioni.

Lo ha detto il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, nel corso di una conferen-za stampa al ministero.

"Abbiamo incassato 136 milioni, più 176% rispetto alla base d'asta

e le frequenze sono state assegnate a 11 operatori, di cui 4 di grandi dimensioni e 7 a presenza più limitata", ha detto Gentilo-ni. (fonte: REUTERS)

BANGKOK (Reuters) - Alcuni funzionari del governo thailan-dese hanno sollecitato i monaci buddisti a non usare i siti di incontri online per conoscere donne dopo che alcuni di loro sono stati pizzicati a flirtare su Internet con delle ragazze.

Il sollecito delle autorità giunge poco dopo che nel Paese la poli-zia ha arrestato un monaco ac-cusato di aver adescato una donna su Internet e di averla violentata.

"Ho detto agli utenti (del sito online) Hi5 che dovessero indi-viduare dei monaci nel sito, di invitarli ad andarsene", ha spie-gato il ministro Jakrapob Pen-kair, dopo che un gruppo di fedeli buddisti ha detto che al-cuni monaci stavano flirtando sul sito con utenti thailandesi.

I media thailandesi raccontano spesso le storie di monaci pizzi-cati a vendere droga e ad avere rapporti sessuali consensuali con donne.

Oggi per esempio hanno rac-contato la vicenda di un mona-co di 23 anni che avrebbe abu-sato di una ragazzina dopo a-verla adescata online e averla attirata nella propria stanza.

Un alto funzionario del Ministe-ro della Cultura ha detto che ai monaci non dovrebbe essere vietato di navigare su Internet e che, anzi, dovrebbero trasfor-mare questo "problema" in una "opportunità" usando il Web per diffondere il verbo di Bud-dha.

Thailandia, autorità

“sgridano” i monaci sorpresi a flirtare online

Page 28: Acido Politico

INFO

INFO SPO COMUNICAZIONE IMPORTANTE

AGLI STUDENTI IMPOSSIBILITATI A

PRENDER PARTE ALLA TORNATA

ELETTORALE PER CONCOMITANZA

CON APPELLI D'ESAME

Domenica 13 e lunedì 14 aprile sono state indette le elzioni politiche ed amministrati-ve. Facendo seguito ad una richiesta pre-sentata dai rappresentanti di Sinistra Uni-versitaria, il preside della Facoltà di Scienze Politiche si è attivato per garantire a tutti gli studenti eventualmente impegnati a sostenere appelli d'esame di poter "partecipare attivamente" alla competizione elettorale.

Da sempre si pone il problema, per gli stu-denti fuori sede, di riuscire a tornare a casa per esprimere il proprio voto. Difficoltà analoghe vi sono anche per i rappresentanti di lista o per coloro che, iscritti nell’albo dei presidenti e scrutatori di seggio, si vedono costretti a rinunciare all’incarico.

Il preside ha quindi provveduto a control-lare il calendario degli esami ed avvertire personalmente i docenti interessati. Conti alla mano, gli appelli previsti per lunedì 14 aprile non sono molti e quindi il problema si pone in termini fortunatamente modera-ti. Ad ogni modo, tutti gli studenti che si trovassero nell'impossibilità di partecipare alla tornata elettorale per i "motivi accade-mici" sopracitati, potranno contattare diret-tamente il docente (tramite mail o andando a ricevimento) in modo da fissare termini e modalità con cui recuperare l'esame, senza dover così stravolgere la personale pianifi-cazione dello studio.

Jon Pirovano

U n ricordo limpido che mi ri-marrà per tutta la vita. Era il lontano settembre del 2002:

quando, uscito dalla metropolitana fermata di San Babila, dissi tra a me e me: “ho lasciato Lecce per Milano, da qui si parte e chissà dove arriverò!” La mappa di Milano fu per me come la bibbia per un vecchio curato di campa-gna. Ecco che trovai l’unico accesso allora disponibile, causa lavori di am-pliamento,: via conservatorio , 7. La ristrutturazione della facoltà rendeva la stessa inaccessibile in alcune parti, ma era meravigliosa ugualmente. Sa-rebbe stata la mia casa per questi lun-ghi (e pur sempre corti) 5 anni e mez-zo. In realtà, il primo contatto con l’u-niversità di Milano lo ebbi in via festa del perdono scoprendo che i corsi erano già iniziati da qualche giorno e che si svolgendo in un’altra sede: “ma chi se ne frega!” dissi.

Eccomi all’ingresso , dicevo, di via conservatorio in quel giorno di sole pallido del settembre 2002: uno spetta-colo mai visto prima: bacheche piene di annunci, strati sovrapposti di carta colorata, foglietti penzolanti con i nu-meri di cellulare scritti su linguette ritagliate a mano, panchine di plastica, impalcature ed una miriade di gente che gremiva quel poco spazio disponi-bile. Dopo cinque anni ben poco è cambiato d’altronde, nonostante la fine dei lavori, la facoltà ha ancora problemi di spazi. Guardandomi in-dietro, mi rendo conto di quanto sia stata fondamentale Scienze Politiche: è stata una mia seconda casa, essendo studente fuori sede, e non la cambierei per nulla la mondo. Ne è passato di

tempo, ne ho vissute di emozioni ep-pure questa convinzione di “università = casa” aumenta anziché regredire. Un giorno, spero, non vorrei che mi faces-sero pagare l’ICI o la tassa per l’occu-pazione di suolo pubblico. Ed ora che pian piano la sto abbandonando, per-ché l’ultima tappa ovvero la laurea magistrale è oramai alle porte, sale la malinconia e la coscienza che questi anni non torneranno. Ne ho conosciute di persone, compagni di “viaggio”, non tutti sono arrivati alla fine degli studi. Eppure ciascuna di loro è facil-mente collocabile in un angolo di fa-coltà, in un corso particolare o ad un piano specifico della biblioteca. Ora-mai chi è un assiduo frequentatore di via Conservatorio sa chi trovare e do-ve trovarlo. Come si fa a non sapere che sono stato, per lungo tempo, una colonna del cortile con una mia pan-china (di plastica prima, più elegante dopo) o con una sedia perennemente occupata dalla mia borsa (e solo da quella, lo assicuro) nella sala studio, ecc ecc.

Tra divertimenti e chiacchierate sono comunque riuscito a laurearmi nel dicembre 2005 nella triennale di SPO ed ora, salvo imprevisti, in GAT. Sono riuscito ad organizzare incontri e di-battiti, sono riuscito ad essere rappre-sentante degli studenti e cercare di dare una mano a chiunque me l’abbia chiesta.

La mia esperienza si sta per conclude-re. Via Conservatorio mi ha fatto cre-scere e non smetterò mai di ringraziar-la ed è per questo che non la dimenti-cherò.

Mi faranno pagare l’ICI? di Diego Dantes

© FOTO DI LU

CA CERIANI PER “ACIDO POLITICO, 2008

FREDDURE

«Oggi "Domenica In" va in onda da Sanremo mentre "Buona dome-

nica" è in collegamento con Gravina in Puglia. Entrambe hanno volu-to recarsi sul luogo del-

la tragedia»

www.gago.splinder.com

Page 29: Acido Politico

MUSICA

IL CONCERTO

I Mars Volta a Milano

MILANO - I Mars Volta più che uno show portano in scena parte della loro vita compresa di ritorsioni, pau-re, deliri ed allucinazioni, legate da un filo comune che le accompagna dall'inizio all'epilogo senza mai inter-rompersi.

Più di due ore e mezza fra assoli del membro fondatore, nonchè produtto-re, O. Rodriguez Lopez, gli acu-ti dell'amico fraterno Cedric, il ritmo incessante ed infernale del nuovo batterista che assomiglia più ad una macchina che ad una parte del creato, ed il contorno offerto da basso, tastie-ra, sax-flauto, percussioni e 2nd gui-tar. I ragazzi meticci quando ri-propongono i loro pezzi lo fanno at-tenendosi in pieno alla forma dell'in-cisione, forse meglio; quello che stu-pisce è ciò che ci mettono prima e dopo, le legature tra un brano e l'al-tro, la linea crescente e morente, da cosa partono a dove arrivano.

Forse l'unica cosa che si può obiettare può essere questa, un minimo di per-dita di immediatezza ed attenzione-tensione, ma più che altro forse è il fatto che i Mars Volta non lasciano nulla al caso e potessero scegliere la perfetta location sarebbe probabil-mente un'immensa platea su un im-menso prato... allora forse sì che si potrà toccare la mano ai Mars Volta.

Paolo Proverbio

Herbie HancockHerbie HancockHerbie HancockHerbie Hancock

RIVERRIVERRIVERRIVER A sorpresa, in occasione dei Grammy Awards 2008, Herbie Hancock porta a casa un premio di prestigio grazie a “River”, il suo ultimo lavoro.

Il maestro della jazz-fusion mette in mostra la sua grandiosità in quest’opera con l’aiuto di splendide voci tra cui spicca Norah Jones e una band di tutto rispetto.

Dieci tracce armoniose e calde, forse poco energiche, ma di uno spessore artistico unico. Pagherei oro per vivere l’esperienza di un suo live-act.

Luca Ceriani

AA.VV.AA.VV.AA.VV.AA.VV.

DISCO NOT DISCODISCO NOT DISCODISCO NOT DISCODISCO NOT DISCO Dentro questa raccolta c’è un pezzo di storia indelebile della musica, qualcosa che ha completamente influenzato una miriade di artisti che adesso girano e rigirano in rete, nei locali, in radio. “Disco not disco” ha dentro tutto e niente, il post punk che fa da contorno a pulsioni regola-ri, i primi sintetizzatori che salgono e scendono e linee vocali monotone e ripetitive. Una simil dance, del punk e saltellanti giri di funk, nelle dosi giuste, hanno dato il la

negli anni a seguire a tutto quello che adesso sentiamo. Probabilmente questi stili han-no avuto lo stesso peso che avranno le nuove correnti che spaziano tra grime, electro, dub , reggae e altri miriade di cose.

Si è tanto certi di un momento di transizione nella musica che molti parlano di un futu-ro senza generi e che, tra le altre cose, sarà il tema centrale del Sonar 08 di Barcellona.

Ma in attesa di capire come sarà il suono del futuro gustiamoci queste 14 perle che tan-to ci dicono del presente. (lu. cer.)

Carl CraigCarl CraigCarl CraigCarl Craig

SESSIONSSESSIONSSESSIONSSESSIONS Non puoi parlare dell’ambiente musicale di De-troit senza incappare nel suo nome : Carl Craig. Da oltre un ventennio questo producer si muove nel panorama musicale ri-campionando, mixando e ricostruendo centinaia di tracce prese in prestito dall’ infinità di artisti che, ben contenti, si sono fatti rimiscelare dal genio americano.

“Sessions” son due dischi che celebrano le capaci-tà di Craig che abilmente, per oltre due ore, pre-senta i suoi lavori meglio riusciti.

In generale i dischi sono completamente legati alla matrice techno di Detroit, potrebbe essere il limite della produzione, ma è proprio qua che entra in gioco la visione di Craig; lunghe strings e ritmi techno sono fusi, tra spettacolari climax, con voci, effetti e drums.

I rmxs di “Falling Up” (Theo Parrish) e “Like a child” (Junior Boys), son costruiti con un’ armonia tale che vanno oltre alla banale etichetta di musica dance.

Carl Craig non si ferma mai, è in tour continuo e presto toccherà anche l’Italia passando a Milano mentre a Roma come ospite al “Dissonanze Festival”. (lu. cer.)

«Più di due ore e mezza di assoli con ritmi

incessanti ed infernali»

Page 30: Acido Politico

BOX OFFICE (dati espressi in euro)

Con questo film il regista si ripresenta con un musical in cui trapela tutto il suo spiri-to, inserito in un fluttuante mondo surrea-le, in una Londra malata e con un cielo perennemente plumbeo.

Benjamin Barker è il miglior barbiere della città, padre e marito innamorato della sua bella sposa con i capelli color oro. Il suo cammino di felicità viene però interrotto dal giudice Turpin, follemente invaghito della sua moglie, che architetterà una falsa accusa di omicidio nei suoi confronti, strappandolo così ai suoi affetti. Dopo 15 anni il barbiere di Fleet Street rientra in una cupa città devastata dalla miseria, sotto le nuove spoglie di Sweeney Todd, un nuovo barbiere dai tratti diabolici e con un assente espressione da “dandy maledetto” pronto a vendicare, la sua vita usurpata, la moglie perduta e la figlia, nel frattempo, adottata dal giudice. Rimette in funzione la sua bottega, dove affilerà i suoi fedeli rasoi d’argento assetati di sangue pronti a compiere la vendetta ed altri folli omi-cidi. “Il suo braccio sarà completo solo quando impu-gnerà gli stru-menti da lavo-ro”, sapiente-mente nasco-sti negli anni della sua as-senza, dalla padrona di casa la signora Lovett, da sempre innamo-rata di lui. “Sweeney Todd” non si esauri-sce nel musical, e non appare mai forzato sebbene nel film il parlato sia in italiano e la parte cantata in inglese. La componente musicale dà l’impressione di esser parte fondamentale ed inclusiva degli animi irrequieti dei personaggi, l’opera appare come un requiem che presagisce solo sven-ture. Il barbiere di Fleet Street è interpre-tato da Johnny Depp scavato nel volto e nell’animo che vive nel dolore di ciò che ha perso e dalla perfida signora Lovett , Hele-na Bonham Carter, in versione dark . No-tevoli sono le fantastiche ambientazioni di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, giustamente trionfatori nella notte degli Oscar 2008 “per la miglior scenografia”.

Non è un paese per vecchi visto da Marco Fontana

CINEMA

de con una bombola di aria compres-sa e che non ha pietà per nessuno.

Stupendi i dialoghi intrisi di ironia che riescono a far sorridere lo spetta-tore nonostante la drammaticità dei fatti.

Bellissimo il finale, diverso da tutte le altre pellicole del genere.

La frase: "Qual’è la cosa più grossa che hai perso a testa o croce?"

Voto 8

Llewelyn Moss (Josh Brolin) è a cac-cia in una zona desertica ai confini tra States e Messico quando si imbatte in diversi cadaveri e una valigetta con due milioni di dollari. La scelta di tenerla per se innesca una reazione a catena che sfocia in un inseguimento senza tregua che nemmeno lo sceriffo della contea (Tommy Lee Jones) rie-sce a bloccare. Moss deve fuggire dai narcotrafficanti messicani, ma soprat-tutto da un misterioso killer psicopa-tico (Javier Bardem) che decide tra la vita e la morte per una persona con il lancio di una monetina.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy ed è stato pre-miato agli Oscar 2008 come miglior film, miglior regia (fratelli Coen), mi-glior attore non protagonista (Bardem) e miglior sceneggiatura non originale. Tutti assolutamente merita-ti.

E’ un film denso e profondo, carico di suspance, che fa rivivere il leggenda-rio Texas con la sua legge del più for-te e la sua ferocia.

I fratelli Coen rendono al meglio un mondo al collasso e allo sfacelo totale, intriso di sangue e follia. Un mondo dove non c’è salvezza, dove non vin-ce nessuno. Il discorso finale del disil-luso sceriffo delle contea ne è la pro-va.

Un cast stellare in ogni suo compo-nente, soprattutto nell’immenso atto-re spagnolo Bardem nel ruolo di un killer pazzoide in tuta gialla che ucci-

Sweeney Todd visto da Luca Silvio Battello

«Un film denso e profondo, carica di

suspance»

1° NATALE IN CROCIERA 23.461.775,34

2° SHREK III 20.239.258,80

3° UNA MOGLIE BELLISSIMA 20.029.400,78

4° RATATOUILLE 17.456.826,50

5° I SIMPSON (IL FILM) 16.204.708,15

6° IO SONO LEGGENDA 13.847.504,48

7° SCUSA MA TI CHIAMO AMORE 12.620.351,79

8° AMERICAN GANGSTER 9.900.053,83

9° MATRIMONIO ALLE BAHAMAS 9.814.547,10

FONTE: CINETEL - periodo: 01.08.2007 - 02.03.2008

Page 31: Acido Politico

LA CITTA’ DELLA GIOIA

Frammento della città di Mum-bai, India; nell’ultimo anno è diventato l’hub principale dei voli nazionali ed internazionali. Nonostante questo, la povertà domina questo lembo di mon-do

(ADAM FERGUSON / TIME MAGAZINE)

QUESTIONE AFRICANA

Abitanti di Ndjamena, capitale del Ciad, passeggiano tra le rovine do-

po gli scontri armati nella città (BENEDICTE KURZEN / NEW YORK TIMES)

PERESTROJKA

Membri di una famiglia del vil-laggio russo di Nenet, sulla pe-nisola Yamal, votano con due dieci giorni d’anticipo per le presidenziali russe dall’esito già scontato. Vincerà l’uomo desi-gnato da Vladimir Putin

(VASILY FEDOSENKO / REUTERS)

Page 32: Acido Politico

(ANSA) - LONDRA - Un operaio polacco e' stato sorpreso a Londra a fare sesso con un aspirapolvere e nonostante le sue giustificazioni e' stato licenziato. L'operaio, sor-preso nudo e in ginocchio da una guardia giurata, si e' difeso dicendo che si stava pulendo le mutande con l'aspirapolvere. La guardia ha invece detto che era impegna-to in un atto autoerotico con l'ausilio dell'aspirapolvere. Interpellato dai suoi supe-riori, ha detto che passare l'aspirapolvere sulle mutande e' 'una pratica comune in Polonia'. (ANSA) - LONDRA - Non riusciva a trovare la chiave di casa perche' l'aveva ingoia-ta. Se ne e' ricordato solo quando l'ha vista in una radiografia. E' successo ad uno stu-dente inglese. Il giovane, Chris Foster, si trovava ad una festa ed era ubriaco che gli amici volevano portarlo a forza a casa, ma lui per protesta ha ingoiato la chiave. Chris ha raccontato di non ricordare l'episodio e di aver avuto in seguito mal di sto-maco. I medici dell'ospedale hanno individuato la chiave grazie ai raggi X. TRENTO - Il crimine non paga e da oggi neppure comportarsi da pirata della strada. A Trento sono stati installati una serie di semafori intelligenti che decidono quando un'automobilista merita di passare e quando invece deve attendere. Se il conducente si avvicina al sistema semaforico ad una velocità superiore ai 50 Km orari una serie di rilevatori gli imporrà la luce rossa, facendogli così perdere tutti quei preziosi minuti che pensava di recuperare andando a folle velocità. I semafori intelligenti sono stati installati per ora soltanto nell'abitato di Vallarsa, piccolo paese del Trentino meridionale, quasi al confine con il Veneto. La trovata, di certo interessante, è del sindaco Geremia Gios, che ha voluto così dire basta a tutti gli indisciplinati delle quattro ruote, ma anche ai motociclisti. I cittadini sembrano esser soddisfati dell'iniziativa che, non è a questo punto esclu-so, possa esser abbracciata da molti altri comuni italiani. (ANSA) - LONDRA - E' finita male una gara a chi mangia il piu' rapidamente possi-bile il piu' gran numero di dolci: un concorrente e' morto soffocato. E' successo alla fine di una festa organizzata in un bar di Swansea, nel Galles. Vedendo che rimane-vano molte torte, qualcuno ha proposto una gara: 'Vediamo un po' chi ne mangia di piu' nel minor tempo'. Un barista e' stato tra i primi ad accettare la sfida e ha comin-ciato a ingozzarsi: poco dopo e' stramazzato al suolo, morto.

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