Acido Politico Dicembre

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1 ANNO I, NUMERO 1 DICEMBRE 2005 MENSILE UNIVERSITARIO DI POLITICA, CULTURA E SOCIETA’

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Numero di dicembre 2005 di acidopolitico

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ANNO I, NUMERO 1 DICEMBRE 2005

MENSILE UNIVERSITARIO DI POLITICA, CULTURA E SOCIETA’

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MENSILE UNIVERSITARIO

DI POLITICA, CULTURA E SOCIETA’

NUMERO 1, ANNO I, DICEMBRE 2005

__________________________________

DIRETTORI EDITORIALI

FLAVIO BINI

LEONARD BERBERI

ANTONIO BISIGNANO

REDAZIONE

LUCA SILVIO BATTELLO

LEONARD BERBERI

FLAVIO BINI

ANTONIO BISIGNANO

FRANCESCO CACCHIOLI

ALESSANDRO CAPELLI

ALBERTO CORGHI

ANDREA FUMAGALLI

JACOPO GANDIN

DANIELE KESHK

______________________

IMPAGINAZIONE

LEONARD BERBERI

RICERCA IMMAGINI

FLAVIO BINI

LEONARD BERBERI

VIGNETTE

ALFREDO TOMASELLI

HANNO COLLABORATO

A. VICTORIA ARRUABARRENA

ALESSANDRA DEL BARBA

ARMANDO DITO

MARZIA LAZZARI

MARCO DELLE DONNE

_________________________

E-mail [email protected]

Questo numero del mensile è stato realizzato grazie

all’autofinanziamento dei ragazzi che l’hanno curato.

S O M M A R I O

R U B R I C H E

EDITORIALE 3

LA VIGNETTA 3

IPSE DIXIT 17

CAZZARIO 20

I N Q U E S T O N U M E R O

4 COPERTINA / Italian banlieue?

di Leonard Berberi

7 “Io, la Cgil e l’Italia di oggi”

di Alessandro Capelli

9 Argentina: paradigma del neoliberismo

di Ana Victoria Arruabarrena

11 L’alternativa venezuelana

di Marzia Lazzari

12 Dopo il maiale, il socialista

di Antonio Bisignano

14 Dove va la Germania?

di Jacopo Gandin

15 Università: l’Italia in serie B

di Armando Dito

16 Novecento, ovvero tutte le vite in una

di Alberto Corghi

17 Quando il film diviene metafora della vita

di Luca Silvio Battello

18 Benvenuti in “Raiset”

di Alessandra Del Barba

19 Verso i Mondiali sognando la finale

di Andrea Fumagalli e Jacopo Gandin

19 Musica - Jeff Buckley, Eric Sardinas, Tracy Chapman

di Marco Delle Donne

13 Mattarellum, finalmente si cambia

di Daniele Keshk

In copertina, un pompiere tenta di spegnere l’incendio appiccato contro un edificio dai ragazzi della periferia parigina a fine Ottobre.

Foto: REUTERS

COPYRIGHT IMMAGINI

ANSA AGENCE FRANCE PRESSE

REUTERS PICTURE

ASSOCIATED PRESS

GETTY IMAGES

GRAZIA NERI

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L’EDITORIALE

LA VOCE È DI TUTTI

di Flavio Bini

francamente anacronistica che ho notato durante i giorni della contestazione è stato l’immediato assestarsi sotto le proprie bandiere, veri e propri scudi ideologici. Dopo 5 minuti di riunione tutti sapevano tutto di tutti, prima ancora di ascoltare cosa avessero da dire. La mia personalissima idea di ideologia non è uno scudo dietro al quale ripararsi sempre e comunque, perché a furia di proteggersi con lo scudo, poi, non si vede più cosa abbiamo di fronte. Sono state dette molte cose in teressan t i i n quel le assemblee, anche al di là del fatto che uno condividesse in toto la protesta. Ecco perché rifiutiamo di principio qualsiasi forma di incasellamento politico a priori, che invece sembra interessare molto ad alcuni. Che senso avrebbe? Che senso avrebbe posizionarci in una facoltà dove di giornali, tecnicamente, ce ne sono più che in ogni altra, dalla stampa di destra a quella della sinistra

hissà se ve ne siete a c c o r t i . Q u a l c h e settimana fa il cortile

della nostra facoltà è stato occupato, tutto sommato pacificamente, per portare un messaggio. Di quel messaggio questo giornale non se ne vuole occupare, non ora almeno. Questo giornale, e prima ancora l’idea di realizzalo, nasce però indirettamente dai fatti di quei giorni. E’ innegabile infatti che l’impulso a gettarsi in una avventura tanto impervia, faticosa e a volte frustrante sia stato un invito lanciato indirettamente da quelle assemblee. Lo ripeto, di quello che è stato detto, di come è stato detto, chi vi scrive, e rappresenta solo se stesso, ha ancora alcune riserve. Su un punto però vi è assoluta convergenza, al di là delle proprie opinioni: un’università c h e s m a r r i s c e progressivamente la sua v i t a l i t à r i n u n c i a contemporaneamente alla sua forza motrice, il cui potenziale è invece portentoso. Si possono non condividere le ragioni della contestazione alla riforma Moratti ma si può tranquillamente riconoscere che finalmente Scienze Politiche si è fatta sentire, ha riunito delle persone in un cortile, le ha fatte parlare, ha trattenuto per qualche preziosissimo secondo alcune p e r s o n e d i r e t t e frettolosamente verso l’uscita. Questo è stato lo stimolo decis ivo, pensare che l’università diventi almeno un luogo, rispetto al non-luogo a cui talvolta somiglia. E’ assurdo oltre che buffo osservare come essa si stia trasformando in un luogo di transito per persone che passano tutto il giorno già in v iagg io , s t uden t i che trascorrono anche ore in treno, verso casa o verso il lavoro. Se c’è una cosa insensata e

giovanile? Cosa facciamo, andiamo a cercare l’ultimo buco rimasto e ci assestiamo lì, come quando rimangono solo i posti in prima fila alle lezioni universitarie? La risposta è no. E non un no che diventa forse, magari. E’ un no che diventa no. Questi mesi in cui abbiamo conosciuto meglio l’università ci hanno insegnato che al di là di una frattura ideologica, che ricalca posizioni a mio avviso, ma solo a mio avviso, un po’ datate, ce n’è un’altra più t r a s v e r s a l e : q u e l l a d e l l ’ i n t e r e s s e , d e l l a partecipazione, della curiosità intellettuale. Perché francamente questa università, per crescere, per migliorare, non ha bisogno di grandi leader, politicamente determinati e schierati, che però scappano da Via Conservatorio a lezioni finite. Questa università ha bisogno di quelle persone che già trovate sparse tutta la settimana nei locali della facoltà: nelle panchine di fronte alla biblioteca, al bar, in

cortile, nelle due librerie non importa dove. Quelle persone che vedete sempre, che incrociate ogni pomeriggio e delle quali rischiate di non sapere mai il nome. Quelle persone sono lì perché hanno capito il valore aggiunto dell’Università, la sua risorsa primaria, quello che la distingue, e deve continuare a farlo, da un qualsiasi centro di formazione. La massima aspirazione di questo giornale sarebbe poter dar voce, un po’ alla volta, a tutte queste persone. E’ evidente che un’operazione del genere non piace a nessuno, perché non ha nessun sostegno dietro, nessuno scudo. E’ proprio questo, tuttavia, il senso di questa iniziativa, rompere gli schemi a costo anche di rischiare di trovarsi tutto ad un tratto completamente soli. Personalmente credo che la scommessa, alla lunga, paghi. T r o v e r e i p a r a d o s s a l e cont inuare su l la l inea dell’autodistruzione dell’ “io non ti ascolto perché sei...”. Un giornale senza idee quindi? E’ evidente che chi ha contribuito a preparare, realizzare e finanziare questa pubblicazione si trova, forse indirettamente, a condividere una serie di valori che, com’è giusto che sia, verranno fuori. Insegu i re l ’ impar zia l i tà assoluta è l’errore più ingenuo che si possa commettere, il risultato cui si potrebbe giungere sarebbe qualcosa di molto simile all’appiattimento. Questo giornale rischia di cadere semmai nell’ipotesi oppos ta , d i sbag l ia re accogliendo troppe voci diverse. Se questo passerà per un ampio coinvolgimento di persone, indistintamente dalle loro idee, sbagliare non è mai stato così entusiasmante.

L A V I G N E T T A

D I A L F R E D O T O M A S E L L I

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COPERTINA

PRIMO PIANO / DOPO LA RIVOLTA DELLE PERIFERIE FRANCESI CI SI CHIEDE SE ANCHE DA NOI PUO’ SUCCEDERE LO STESSO. TRA TIMORI (TANTI) E TENTATIVI DI RIFLESSIONE (POCHI) CRESCE IL MALESSERE DEGLI STRANIERI D’ITALIA. E DEGLI ITALIANI.

di Leonard Berberi

dell’integrazione è stato p o s t o d a l l e a d e r dell’Unione, Romano Prodi. Subito smentito e tacciato di falso allarmismo dai peones del centro-destra. Bondi, Schifani e Cicchitto in primis. «Da noi non accadrà mai», «Sono due realtà completamente diverse» hanno detto. Ma è davvero così? Davvero le nostre città, le cui vie brulicano di immigrati, sono immuni da qualsiasi tipo di

MILANO – I disordini delle banlieues francesi dello scorso autunno hanno avuto ripercussioni in tutta l’Europa “del benessere” riportando in primo piano questioni sociali da tempo latenti. L’immigrazione resta ancora un tema scottante e per questo in grado di spostare voti, preferenze. In grado di sancire la vittoria di una coalizione o dell’altra. Nel nostro paese il problema

contestazione da parte di questi cittadini per molti di “serie B”? Ovviamente, le differenze con la realtà francese sono evidenti. «La realtà degli stranieri in Italia è diversa – esordisce il prof. Martinelli, ordinario di Scienza della Politica dell’Università Statale di Milano – perché non esistono veri e propri ghetti come in Francia e quello dell’immigrazione da noi è un fenomeno di qualche decennio, iniziato molto più tardi di quanto non sia

avvenuto Oltralpe. Per cui non abbiamo ancora una seconda generazione di immigrati, che sono stati gli attori principali delle proteste nelle periferie francesi. Questo non esclude che anche la prima generazione (quella degli immigrati nati nei loro paesi d’origine, ndr) possa protestare. E comunque attraverso modalità diverse rispetto a quella francese». Certo, i ghetti sul modello francese non ci sono nei

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COPERTINA Lanciano le bottiglie di vetro contro i muri. E la mattina ti ritrovi a camminare sopra i pezzi di vetro. Eppoi urlano e litigano. L’altra sera, proprio in quell’incrocio lì hanno accoltellato un ecuadoriano. Non siamo più sicuri nemmeno in casa nostra». Maria Cristina, 72 anni, anche lei pensionata, ce l’ha con gli immigrati e non cerca di nasconderlo. «Lo scriva. Scriva che sono degli stronzi. Dei ladri! Non se ne può più. Quasi quasi gli ospiti siamo noi e non loro! Non mi interessa se pensi che sono razzista. Non puoi non esserlo qui. Romeni e albanesi che ti derubano di tutto sulla “56” (mezzo pubblico che collega Q.re Adriano a P.le Loreto, ndr). Aprono la borsa e sfilano i soldi che è una meraviglia. Io vivo da sola e già due volte quei bastardi hanno tentato di entrarmi in casa. Ho messo i ferri alle finestre. E sembra di stare in un carcere ! Non sono nemmeno tranquilla di fare venti metri per andare al PAM (supermercato, ndr). Cosa devo fare? Non uscire più di casa? Ma stiamo scherzando?». Insomma se da un lato gli italiani si dimostrano ben disposti ad accettare gli immigrati (e una ricerca della Fondazione NordEst-La Polis lo conferma), e s i s t e u n n u m e r o consistente che rifiuta qualsiasi tipo di dialogo. E, a voler essere sinceri, non sempre a torto. Quando però una politica pubblica è percepita dagli stranieri come ostile, il rischio di una deriva criminale da parte di alcune frange di immigrati diviene reale. A rimetterci, ovviamente, sono quegli stranieri regolari che lavorano e accettano le regole di vita italiane. E sono loro a subire, negli ultimi tre anni, un

propria identità” e non all’inclusione. E cosa rappresentano le scritte “Mutui anche per gli stranieri” appese nelle vetrine delle agenzie immobi l ia r i e ne l le c o n c e s s i o n a r i e d i automobili se non una u l ter iore d ist inzione, l ’ e n n e s i m a p r o v a dell ’esistenza di un problema sociale non di poco conto che per il m om e n t o s t en ta a mostrare i segni? Una società nella società.

nostri grandi centri abitati. M a a l l o r a c o s a rappresentano i centri telefonici gestiti (tutti) dagli immigrati? Non sono una f o r m a n u o v a d i g h e t t i z z a z i o n e , spec i f i caz ione deg l i s t r a n i e r i ? N o n costituiscono forse gli unici luoghi di socializzazione che hanno come soggetti solo gli immigrati e vedono l’assenza degli italiani? E che socia l izzazione? Quella che mira alla “conservazione del la

Culture che si respingono, s i o s s e r v a n o c o n diffidenza. Ostacolando, di fatto, qualsiasi processo d’integrazione. Via Padova è una delle vie dove trovi un italiano ogni tre stranieri. «Sono arrivato in Italia sette anni fa – dice Ahmed, marocchino di 32 anni – lavoro in un centro telefonico e da tre anni tento di portare mia moglie e mio figlio qui in Italia. La legge italiana però non mi c o n s e n t e i l r i c o n g i u n g i m e n t o famigliare perché non soddisfo tutti i requisiti. E sono requisiti impossibili da soddisfare oggi. Eppoi ogni due anni devo rinnovare il permesso di soggiorno. Se sfortunatamente quando devo rinnovarlo resto senza lavoro per me è finita. Niente permesso rinnovato». È arrabbiato Ahmed. Non solo per le politiche sull’immigrazione di questo paese. Se la prende anche con gli apparati di pubblica sicurezza. «Da quando c’è stato l’11 settembre la polizia non ci lascia t r anqu i l l i . V ie ne a controllarci ogni settimana. E quando i poliziotti se ne vanno fanno di tutto per rovinarti la giornata. Offendono anche. E guai se rispondi. Ti sbattono dentro». Cosa pensi di fare Ahmed? «Sicuramente tornerò in Marocco. Non adesso. Se tutto va bene tra un paio d’anni. Qui diventa tutto più difficile». Di certo un “immigrato in meno”. Almeno questo si augurano Antonia e Maria Cristina. «Guardi qui che schifo! – si arrabbia A n t o n i a , 6 8 a n n i , pensionata - Pisciano e cagano come se fossero a casa loro. Non voglio passare per razzista, però. Ma qui è diventato un inferno. La notte ci sono i p e r u v i a n i u b r i a c h i .

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COPERTINA

irrigidimento delle politiche in materia d’immigrazione. «La legge “Bossi-Fini” è stato un passo indietro rispetto alla “Turco-Napolitano” – prosegue il professor Martinelli - perché è più restrittiva, inutilmente repressiva e inefficace non ottenendo gli obiettivi che si proponeva visto che non è diminuito il numero degli irregolari». A contrastare questo tipo di po l i t ica, secondo i l p r o f e s s o r e , c ’ è l ’at teggiamento del la società civile: «Parte della società italiana mostra una capacità di accoglienza decisamente superiore rispetto ad altri paesi. L’integrazione scolastica pubblica, ad esempio, funziona piuttosto bene da noi» dice. Così sembra. Paska l , quaran tenne albanese da nove anni in Italia e residente in via Imbonati, zona Maciachini, non ne è tanto convinto: «Fortunatamente il lavoro non mi manca. E nemmeno a mia moglie. In tutto guadagniamo 2200 euro al mese. Però tra affitto,

Leonard Berberi

banca ci presta i soldi per comprare casa e nessuna agenzia immobiliare ci aiuta. Non rimane che far finire gli studi ai nostri figli e tornarcene a casa. Però i nostri figli crescono qui, si abituano allo stile di vita italiano. E farli tornare in Albania non è facile. Si troverebbero di fronte un altro mondo e dovrebbero cominciare tutto dall’inizio» conclude. Nella stessa situazione di Paskal si

trovano molti altri stranieri. Quale soluzione allora? Secondo il professor Martinelli la concessione del diritto di voto è senz’altro un aspetto importante nel processo di integrazione degli immigrati nella società italiana. Ma, specifica, «questo deve valere per persone che hanno avuto almeno un p e r i o d o m i n im o d i permanenza in Italia, che sono i n g rado d i comprendere l’italiano. Si c o m i n c i d a l l e amministrative e poi alle politiche. Per quanto r iguarda quest ’ul t ime r i t en go s i a m eg l i o accelerare le pratiche per la cittadinanza così da farli diventare cittadini italiani a tutti gli effetti». Già la c i t t a d i n a n z a . «L’integrazione risulta molto difficile vista la legge i ta l iana: un g rosso problema è dato dal fatto c h e l a s e c o n d a generazione di immigrati che sta crescendo in Italia, che nasce sul suolo italiano, non acquista la cittadinanza. – avverte Jean Leonard Touadi, giornalista Rai e conduttore del programma “Un mondo a colori” - Viene così a crearsi una sorta di limbo giuridico che contraddice i tentativi di soluzione del problema immigrazione». *** Dando origine a uno strato di cittadini che ha perso i propri legami con il paese d’origine e che, allo stesso tempo, non si sente parte della società in cui vive da anni. Ed ecco che la realtà francese di fine ottobre non è poi così lontana dal verificarsi anche da noi se le politiche pubbliche non dovessero mirare al cuore del problema.

bollette e libri di testo per i tre figli, non sempre si risparmia. Gli stessi problemi che hanno tanti italiani, lo so. Però noi subiamo tanto le leggi italiane. A partire dalle modalità di rinnovo del permesso di soggiorno. Aspettiamo anche sei mesi per ritirare il permesso rinnovato. Aggiungi poi il fatto che non riusciamo a pianificare la nostra vita in Italia visto che nessuna

Immagini delle banlieues francesi in fiamme nei mesi di Ottobre e Novembre

Per commenti, critiche, proposte:

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breve intervista, però in qualche momento mi ha fatto emozionare parlandomi di un passato che oggi esiste solo sui libri. Quando il “pacchetto Treu” diventò legge, egli era sottosegretario al ministero del lavoro, e per questo ne difende l’opera. Ne rimango un po’ stupito, e non condivido, ritenendo che sia stato proprio il “pacchetto Treu” ad aprire la strada alla precarizzazione. Lui mi ha spiegato che il “pacchetto Treu” fu pensato solo per iniziare a creare una legislatura giuslavoristica nel l ’ambito de l lavoro precario, che era già fin troppo diffuso. Non riesco ad essere d’accordo perché ritengo che la scelta migliore

MILANO - Antonio Pizzinato fu segretario della Camera del Lavoro dopo essere stato un dirigente della Fiom di Sesto S. Giovanni nei primi anni ‘60. In seguito ha ricoperto la carica di segretario generale d e l l a C g i l e i n f i n e sottosegretario al ministero del Lavoro durante l’ultimo governo di centro-sinistra. Mi parlava con voce tranquilla, ma decisa, lentamente, per aiutarmi a t rascrivere, ironizzando sul fatto che non avessi a disposizione un registratore. Aveva gli occhi sicuri di chi sa quello che dice e soprattutto di chi crede in quello che dice. Non penso sia stato mai un eroe, e sinceramente non ho neanche condiviso tutto ciò che mi ha detto ed insegnato in questa

sarebbe stata l’eliminazione di quest’ultima, non la sua legalizzazione. Però non mi sentivo di contraddirlo, né di interromperlo. Pizzinato è stato sindacalista operaio tra i grandi dirigenti della Cgil, è succeduto a Lama nel la segreter ia generale del sindacato in un momento in cui la Cgil aveva difficoltà a rappresentare la propr ia base ed era duramente contrastata da frange della sinistra più radicale. Allora, chi dirigeva il sindacato aveva un passato in fabbrica e sentiva proprie tutte le lotte operaie. R i s p o n d e v a a l l e m i e domande, l’ex segretario, ma sembrava quasi mi stesse raccontando una fiaba. Le situazioni che mi narrava, non avendole vissute, per me si svolgono in un’ambientazione

L’ INTERVISTA

Antonio Pizzinato è stato segretario generale della Cgil. Tra la nostalgia del passato e la delusione del presente, sogna un sindacato diverso

romanzesca. Mi ha parlato di padroni e di ope ra i a r rabb ia t i che scioperano. Mi ha raccontato di come nel 1963, quando la temperatura dell’autunno stava ancora sotto zero e di autunno caldo non si era ancora sentito parlare, gli operai scioperarono per tre mesi contro dei contratti a tempo determinato e ne ottennero nuovi a tempo indeterminato. Mi ha spiegato come si fa nella pratica lo sciopero articolato e quello a singhiozzo, ribadendo che il nemico dei lavoratori è sempre stato il padrone e che il sindacato dovrebbe esserne il migliore amico. Come in una canzone un bambino cerca di vedere con gli occhi di un vecchio che quel mondo l’ha vissuto. E di quella che a me può sembrare

di Alessandro Capelli

Antonio Pizzinato al centro tra Lama e Ottaviano del Turco

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una fiaba dove ci sono buoni e cattivi, lui porta ancora i segni sul viso. Poi siamo passati più concretamente a parlare del presente, della Legge 30, drammatica e devastante secondo le sue parole, della flessibilità degli orari e dei 49 nuovi contratti di lavoro. Quando pensavo di salutarlo gli ho fatto notare le ultime affermazioni di Berlusconi sull’inutilità dello sciopero. Prima di rispondermi, mi guarda in un silenzio che vale più di mille parole. C o m e s e m i s t es s e sussurrando che mentre i tempi stanno cambiando, per lui il padrone rimane sempre il padrone. Prima di questa intervista di Antonio Pizzinato sapevo veramente poco, ed è stato forse questo che mi ha aiutato a vedere in lui una persona che va oltre le gerarchie e le decisioni del sindacato. In lui ho cercato di trovare le motivazioni che spingono un uomo a vivere il sindacalismo come punto di partenza per un mondo più giusto.

*** Salve! Se mi da del lei me ne vado. O k . . . e h m . . . ( r i s p o n d o imbarazzato, vista l’età e la sua storia). Mi dici qualcosa di quello che pensi sulla legge 30? È u n a d e v a s t a n t e

L’ INTERVISTA

Alessandro Capelli

un bene o questa parola sottende svolte tenebrose? Nel 1963, quando ero in Fiom pres i un accordo d i flessibilizzazioni degli orari di lavoro nell’industria di Sesto S. Giovanni. Orari più flessibili aiutarono le assunzioni, migliorarono i salari e permisero ai lavoratori di potersi godere più ferie. La flessibilità in sé non è un male, è il precarizzare il rapporto di lavoro la vera tragedia! Per esempio, il lavoro a chiamata non ha nulla a che vedere con la flessibilità. Toglie ai lavoratori i diritti essenziali, come il diritto al reddito e al lavoro. L’unico che può trarre spunto da questa tipologia di lavoro è il padrone. È necessario cambiare: nei call center, per esempio, è devastante il fatto che non possano esistere c o n t r a t t i a t e m p o indeterminato. Il 1° Maggio di questi ultimi anni a Milano: la mattina con i sindacati confederali c’erano in piazza poche migliaia di lavoratori, invece al pomeriggio hanno partecipato al MayDay circa 50mila persone. I sindacati non riescono davvero più a rappresentare la nuova c l a s s e s f r u t t a t a , i l precariato? Bis ogna r i pens ar e a l

sindacato, il sindacato deve valere per tutti i lavoratori, deve diventare un sindacato universale, così potrebbe riproporre e riconquistare tutte le tutele che la flessibilità ha minato. Il sindacato sarebbe aiutato sicuramente da una totale abrogazione della Legge 30 e dalla riduzione di contratti flessibili possibili, ad esempio creando un solo elenco di contratti valido per tutta l’Europa. Per esempio esiste un solo contratto mondiale, quello dei marittimi, ed è lì che i sindacati riescono a far rispettare i diritti dei lavoratori. Spero fortemente che al prossimo congresso ci si muova per raggiungere questo obiettivo. Berlusconi, dopo l’ultimo sciopero generale ha parlato di inutilità di questo. Lo sciopero è inutile? I sindacati sono impedimento al suo potere. Berlusconi non è un liberale, è solo un liberista che se potesse cancellerebbe la prima parte d e l l a C o s t i t u z i o n e . Rappresenta solo i padroni. Grazie mille.

precarizzazione dei rapporti lavorativi che massacrano innanzitutto (ma purtroppo non solo) i giovani dai 18 ai 32 anni. Esistono 49 tipologie di l a v o r o e m a n c a completamente un sistema di ammortizzatori sociali che potrebbe e soprattutto dovrebbe dare garanzie ai lavoratori. Precarizza e determina una frattura tra i mondi dei lavoratori ed inoltre rende difficilissima la vita al sindacato. Ma la flessibilità può essere

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inoltrarsi in un’analisi del p ro fondo processo d i concentrazione di capitali a livello mondiale negli ultimi 30 anni, ed inizia a delineare i primi appunti:

*** ARGENTINA. ESEMPIO, P A R A D I G M A D E L NEOLIBERISMO. La dinamica del capitalismo viene divisa in cicli, chiamati di Kondratieff. Lo studio di essi verifica una durata di 30 anni alla fine dei quali si verifica una crisi, sempre più acuta della precedente, e dopo la quale avviene un cambio di modello all’interno de l l o s t es so s i s t ema capitalista. Come risposta alla crisi del ’29: il modello di K eynes , lo S t a to d i Benessere, in cui lo Stato divenne un grande soggetto economico. Come risposta alla crisi del petrolio degli anni 70: il modello neo liberista, in cui il mercato si regola da solo, e lo Stato diventa assente ad e c c e z i o n e n e l l ’ a r e n a repressiva, in cui continua ad essere il detentore del potere di coercizione, e difensore d’interessi corporativi.

Dario pensa. Pensa al suo paese…l’Argent ina. Con amarezza e insistenza si pone una domanda dietro l’altra, cercando di comprendere chi siano i responsabili della situazione attuale: una n a z i o n e r i c c h i s s i m a produttrice di alimenti per 300 milioni di persone, ma nella quale la metà della sua popolazione, 15 milioni, soffre la fame. Dario frequenta le lezioni serali in università, e come tutti gli universitari di Buenos Aires lavora tutto il giorno. Al suo arrivo i posti sono tutti occupati, ed è costretto a seguire per terra.. Ma è felice. Tutto lo sforzo della giornata è per poter studiare. I l professore che sostiene la lezione, è ad honorem; ciò significa che non è pagato come l’80% dei professori dell’Università di Buenos Aires. Insegna per non perdere la sua categoria di professore, d’accademico. Forse di giorno fa il taxista, pensa Dario… come la m a g g i o r p a r t e d e i professionisti di Buenos Aires: ingegneri, architetti, biologi. Come studente di Sc. Politiche, Dario decide di

Ma il contesto nel quale doveva inserirsi questo nuovo modello era quello della guerra fredda in America Latina dov’ erano presenti i movimenti di liberazione nazionale, e dove possedeva la voce una generazione anticapitalista, antimperialista, contraria alla concentrazione dei capitali per il benessere di pochi, a scapito e mediante lo sfruttamento di milioni di persone. Una generazione convinta della necessità del socialismo. Di fronte a quella congiuntura, la possibilità di legittimare il progetto neoliberista era nulla e quindi fu imposto dagli U.S.A. mediante il PLAN CONDOR: Istituirono la “Escuela de las Americas” in Panamà dove furono istruiti militari di tutta la regione alla pratica della tortura finanziarono i colpi di stato che si susseguirono: 1973 Chile, 1976 Argentina… crearono forze paramilitari, mercenarie al fine di minare i p r o c e s s i d i a u t o d e t e r m i n a z i o n e (Nicaragua). Presenti tutt’oggi. I “sovversivi” furono silenziati con il terrorismo di Stato: tutta la forza e le risorse di uno

DOSSIER

Stato poste al servizio di una repressione s istemat ica contro i propri cittadini. Migliaia furono perseguitati, torturati: insegnanti, studenti, lavoratori. Donne e uomini di qualunque età ai quali furono applicati elettrodi nei genitali, affogati, tenuti bendati per mesi…alcuni fucilati altri get tat i v iv i in mezzo a l l ’ o c e a n o . C o n l a b e n e d i z i o n e d e i rappresentanti della Chiesa Cattolica, i quali al ritorno dai VOLI DELLA MORTE, davano parole di conforto ai militari. Migliaia di desaparecidos. Condizione che negli anni si è trasformata nella tortura più lunga perversa inflitta alla s o c i e t à a r g e n t i n a accompagnata dall’impunità garantita ai genocidi, da tutti i governi seguiti. Basti riflettere sull’importanza del lutto in tutte le civiltà della storia umana: la simbolizzazione della morte. Il riconoscere la mortalità di noi tutti. Perfino nella giurisprudenza si è creato un vuoto: una persona fisica è, c’è o non c’è più. Un desaparecido non è ne morto ne vivo.

*** G l i a n n i ’ 9 0 , l e privatizzazioni. Lo Stato

Argentina: paradigma del neoliberismo di Ana Victoria Arruabarrena

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DOSSIER

dei grandi gruppi economici, generando monopoli; Il potere legislativo esercitato dal l ’esecut ivo mediante decreti legge (abuso della decretazione d’urgenza). Maggioranza automatica nella Corte Suprema. Riforma Costituzionale del ’94. Leggi ad personam; Grande liquidità, crediti bassi dal 90-94, parità peso-dollaro. Drastica diminuzione della po l i t ica d’esportaz ione; distruzione della produzione naz i on a le ; ve r t i g i no s o a u m e n t o d e l l a disoccupazione; Assenza di una politica i m p o s i t i v a v e r s o l e multinazionali; 95-2001 fuga di capitali.

Il mercato si regola da solo. ***

Gattoni! Cosa ti preoccupa?- lo interrompe ad un tratto una compagna…Tra le decine di documenti sparsi, che Dario ha sul tavolo, c’è anche il giornale del giorno. E all’interno un artcolo in

sociale sparisce, insieme ai diritti, alla sua funzione di garante. La figura del cittadino viene sostituita dal consumatore. Nell’analisi della politica economica portata avanti dal Governo Menem durante gli anni 90, con le istruzioni e le lodi del FMI e della Banca Mondiale, la santificazione del libero mercato e della concorrenza si osserva: la trasnazionalizzazione della borghesia nazionale; la privatizzazione di tutti i servizi e beni dello Stato: acqua, gas, energia elettrica, t r a s p o r t i ( A e r e o l i n e a s A r g e n t i n a s , f e r r o v i e , metropolitana), università (attraverso finanziamenti pr ivat i ), posta, r icerca scientifica. Enormi parti del territorio vendute sottoprezzo, altre regalate, a multinazionali, privati… incluse le comunità indigene (caso Benetton). La privatizzazione della SANITÁ, e delle PENSIONI; La forte tendenza alla fusione

occasione dell’omicidio di Jean de Menezes, il giovane brasiliano assassinato a Londra dalla polizia. Dario è spaventato Ha appena sommato al t r i trent’anni all’ultima crisi del capitalismo.

*** Terrorismo in epoca neoliberista. Cosa rende Bin Laden e i suoi complici tanto abominevoli? Più che i loro metodi, è il non avere in mano uno stato potente. Se sedessero su un’elegante sedia da capo di stato nessuno li accuserebbe di terrorismo. Noi siamo stati allenati a l l ’or rore per l ’az ione imprevedibi le, inattesa, illegale che sfida la logica e travolge ogni diagnosi strategica. Se loro fossero in un salone ovale a dare via libera per gettare bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, firmare il decreto che autorizza la CIA

a destabilizzare paesi, a scatenare il Piano Condor, a impr ig ionare, tor turare, uccidere, migliaia di giovani idealisti che amavano i Beatles e un mondo più giusto, nessuno direbbe che si trattava di terroristi. Assassinare in Irak, a Guantanamo, in Afghanistan non è un crimine. È legale, non provoca orrore, si cela d ie t ro eufemis mi c he offendono la libertà e la democrazia. Il diritto di uccidere gode della protezione complice della nostra omissione, di questa strana cecità che ci impedisce di provare lo stesso orrore, per il terrorismo degli stati. (Frei Betto 18-08-05)

*** …quando ad un tratto scopre un bigliettino, lasciatogli dalla sua compagna, Fede: Agli inizi degli anni ’90, con la caduta del muro ci hanno voluto convincere che insieme ad ogni pietra erano cadute anche le idee, e ci hanno invitato ad incorporarci ai nuovi tempi della fine delle ideologie. Dicono siano stati tempi di fredde estati, e di tristi solitudini. Noi, in quei tempi a n c o r a p i c c o l i , ascoltavamo con sfiducia quegli inviti, e quei discorsi trionfalisti. Il boia, anche se dietro una maschera, è sempre un boia. Non è durato mol to que l lo splendore.

*** Dopo pochi anni, in un giorno di festa sono apparsi gli zapatisti. “Techo, tierra, t r a b a j o , p a z , s a l u d , educacion, independencia, democracia, libertad. Estas fueron nuestras demandas en larga noche de los 500 años. Estas son hoy nuestras exigencias” Mi riempie di felicità sapere che siamo in molti a considerare le ideologie e le utopie giuste come pr ima, ma p iù necessarie. L’ utopia è possibile, perché è l’arte della necessità.

A. V. Arruabarrena

Manifestazione del Movimento dei Disoccupati Organizzati per le vie Buenos Aires

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ESTERI

condizioni di vita della popolazione venezuelana. I grandi introiti provenienti dalla vendita del petrolio (essendone il Venezuela il quarto esportatore mondiale) sono stati canalizzati in una politica di aiuti sociali nel tentativo di livellare l’enorme differenza fra una piccola fetta di possedenti di terra (circa il 2% che ne detiene il 60%) e il mare di nullatenenti che ha accesso a quest’ultima solo lavorandola per altri. Gli accordi che il presidente venezuelano sta stringendo con i vicini paesi latini, in particolare la politica di nazionalizzazione del petrolio e la r i fo rma agrar ia intimoriscono gli USA e l ’Eu ropa . L ’A l t e rna t i v a Bolivariana per le Americhe (ALBA) che Venezuela e Cuba stanno realizzando come sostituto al progetto precedente di un Accordo di Libero Commercio per le Americhe (ALCA) -per cui ha s e m p r e p r e m u t o l’amministrazione statunitense - mira ad arricchire la gente in generale e limitare la povertà. Solo così, secondo Chavez, si realizzerebbe il sogno di Bolìvar di un’America Latina Unita. Lo scopo è un cammino di progressiva integrazione

Ai tempi della conquista spagnola, in Venezuela vivevano circa 500.000 indigeni appartenenti a tre ceppi etnico-linguistici. Le popolazioni locali lottarono con tutte le loro forze contro la colonizzazione, ma alla fine sopperirono alla forza delle armi da fuoco e delle malattie portate dall’Europa. Fu solo con Simòn Bolìvar che riuscirono a cacciare la dominazione ispanica dopo la quale Bolìvar divenne simbolo dell’indipendenza dell’America Latina liberando Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador e Bolivia. È proprio il suo nome che risuona in tutte le dichiarazioni di Hugo Chavez, attuale presidente venezuelano, di matrice populista, salito al potere con un colpo di stato nel 1998, ma più volte confermato dal popolo con elezioni democratiche a suffragio universale (nello stesso anno con elezioni confermative e nel 2000). Fattore dist int ivo del la capacità di resistenza di Chavez, ma soprattutto del consenso di cui nutre tra la popolazione, è l’odore di golpe che si è respirato nel passato recente e che si respira tuttora in Venezuela. Infatti, Chavez è sopravvissuto a un tentativo di golpe dell’opposizione (di matrice corporativista) con il sostegno dei maggior i detentori del potere eco-finanziario (che gestiscono il commercio del petrolio) e delle classi agiate entrambi molto legati al governo statunitense. Ma chi è Hugo Chavez? L’opinione pubblica è divisa tra chi lo considera un eroe e chi un criminale. Dall’Europa e dai centri più ricchi lo accusano di essere populista; nei quartieri latini, invece, Chavez ha conquistato la f i duc ia d i m i l i on i d i venezuelani. C h e v e n g a c h i a m a t o socialismo caudillista di stile cubano o “bolivarismo” ciò che è sicuro è che, il chavismo ha nettamente migliorato le

L’ALTERNATIVA VENEZUELANA

di Marzia Lazzari

quali gli uomini lavorano in condizioni disumane con un’età media di vita che si aggira intorno ai 40/45 anni per l’alto tasso di mercurio c h e m a n e g g i a n o quotidianamente. La gestione delle miniere d’oro è uno dei buchi dell’amministrazione chavista in quanto non è r e g o l a t a d a ne s s un a legislazione lasciando, così, spazio ai più benestanti che possono acquistare una zolla di terra, disboscare e creare altro sfruttamento senza alcun problema. Il disagio dei cercatori d’oro non è tanto materiale o economico quanto invece culturale. Questi minatori, infatti, non risparmiano il denaro che ogni giorno duramente guadagnano per investirlo in infrastrutture o nel miglioramento del proprio stile di vita, bensì lo sperperano in alcool, droga e prostituzione. Le conseguenze per i giovani sono molto gravi. La violenza è all’ordine del giorno. I disagi sono molti e ben radicati nella società, ma quello che prima era impensabile adesso è possibile con una semplice decisione politica. Cambia, todo cambia, ma senza fretta.

atta a sviluppare lo stato sociale e gli interessi del popolo venezuelano che vive in una condizione di povertà, analfabetismo e miseria. In questa direzione si è mosso il governo bolivariano attraverso una politica sanitaria e di alfabetizzazione. È così cominciato con Cuba lo scambio petrolio-medici. Al momento in Venezuela sono presenti circa 18.000 medici c u b a n i c h e p r e s t a n o assistenza e collaborano con medici venezuelani. Nella Costituzione bolivariana la salute è un diritto gratuito per tutti e di tutti. Una vera e propria rivoluzione culturale e una rinascita spirituale è stata lanc iata at traverso un processo di alfabetizzazione, ma che purtroppo non tocca tutti, soprattutto gli indigeni inurbati della Gran Sabana. Essi, infatti, vivono lontano dalle città e si avvicinano ad esse solo per far rifornimenti e spendere i pochi soldi guadagnati. Sono considerati esseri inferiori e provano molta diffidenza verso lo straniero occidentale per le persecuzioni che li hanno sempre accompagnati. Un’altra realtà molto diffusa è quella delle miniere d’oro (all’aperto o in galleria) nelle

Hugo Chavez, recentemente riconfermato presidente del Venezuela, uno degli stati chiave per il petrolio

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VERSUS

problemi che scaturiscono dall’elezione della parte della Camera dei deputati; la riforma elettorale prevede che il candidato che abbia ottenuto la più alta percentuale di suffragi, nel caso questa percentuale corrisponda ad un numero inferiore al 55% dei seggi in palio, ottenga un premio di maggioranza, ovvero una percentuale di voti, necessario al raggiungimento del 55% dei seggi disponibili e quindi della maggioranza di seggi alla c a m e r a . Non tutti i candidat i p e r ò p o s s o n o concorrere a l l a

ripartizione dei seggi poiché vi sono de l l e sog l i e d i sbarramento. Queste soglie di accesso sono state fissate al 10% per le coalizioni, al 4% per i singoli partiti che si presentano da soli alla competizione elettorale ed il 2% invece per quelli che si presentano all’ interno di una coalizione, con un ripescaggio per il partito della coalizione vincente che ha ottenuto il miglior risultato pur sotto la soglia del 2%. Questo sistema di soglie di sbarramento porterebbe numerosi singoli partiti del centro-sinistra come Udeur, Sdi, Italia dei Valori, Nuovo Psi e Repubblicani Europei fuori dal conteggio dei voti, essendo secondo gli ultimi sondaggi sotto la soglia del 2%; tuttavia in questi ultimi g iorn i s i s tanno tu t t i apparentando con partiti più g r o s s i p r e s e n t a n d o s i accompagnati alle elezioni e vanificando così il goffo tentativo del la Cdl di recuperare voti con questa riforma.

ue anni fa durante la sua famosa arringa al processo Sme Silvio

Berlusconi citò il libro “La fattoria degli animali” di George Orwell, utilizzando una frase presa in prestito da Napoleon, maiale dittatore che imperversava nella fattoria. Dopo Orwell e altri numerosi personaggi celebr i del n o v e c e n t o i l p r e m i e r Berlusconi in questi mesi sembra trarre esempio da un altro illustre uomo che assieme ad altri ha disegnato la storia dello scorso secolo. Sto parlando di Francois Mitterand, presidente francese dal 1981 al 1995. Ma cosa c’ entra un azzurro di centro-destra come Silvio con un socialista come Francois? I d ue p e r s o na g g i s o no accomunati da un tentativo alquanto disperato e poco pul i to pol i t icamente, i l socialista nel lontano 1985, il nostro Berlusconi in questi mesi. Entrambi, visti i sondaggi che li vedono sfavoriti rispetto al candidato sfidante tentano con una riforma elettorale approvata a colpi di maggioranza in parlamento di recuperare lo svantaggio, o addirittura di vincere le elezioni. Mitterand 20 anni fa non riuscì nella sua opera, poiché il proporzionale da lui architettato non colmò del tutto il grande divario tra il Partito Socialista da lui capeggiato e la destra del neogollista Jacques Chirac. Pronosticare se la Casa delle Libertà avrà più fortuna di quanto ne hanno avuto i Socialisti francesi nel 1985 è molto difficile…come sempre qualcuno dice di sì altri invece la pensano diversamente. La riforma di Berlusconi e Co. viene chiamata proporzionale, ma basta un approssimativo studio comparativo delle più famose tipologie di sistemi proporzionali per capire che il sistema proposto dalla Cdl è uno dei proporzionali meno puri che ci possano essere e a prima vista sarebbe quasi più o p p o r t u n o c h i a m a r l o maggioritario di coalizione. Per entrare nel merito in questa sede tratterò solo dei

DOPO IL MAIALE, IL SOCIALISTA

di Antonio Bisignano dall’ Udc), infatti, il vincolo del 10% è troppo basso ed è facilmente valicabile. Ponendo l’ ipotesi che nasca un terzo polo che possa competere in percentuale di voti con centro-sinistra e centro-destra (mi viene in mente un centro con valori cristiani formato da Udc-Margherita) è molto probabile quindi che le tre grandi coalizioni oscillino tra il 27 ed il 33% dei consensi, ed il primo candidato con una modesta p e r c e n t u a l e d i v o t i raddoppierebbe quasi la sua percentuale grazie al premio di maggioranza arrivando al 55%. La percentuale che gli viene regalata è fin troppo alta per po ter pensare ad un proporzionale. Altro spinoso problema è quello del collegamento del candidato premier con la coalizione; con questa riforma elettorale prima delle elezioni le coalizioni devono indicare per iscritto quale sarà il loro candidato premier. Questo m e c c a n i s m o è a s s a i pericoloso e si intreccia con la Riforma Costituzionale che nel caso venisse approvata (dopo la vittoria del referendum confermativo) il nome del candidato verrebbe così legittimato direttamente dall’ elezione popolare e non più nominato dal Presidente della Repubbl ica. Con un premierato elettivo del genere anche in caso di caduta del governo il primo ministro r i m a r r e b b e i n c a r i c a comunque. In Israele il premierato elettivo negli ultimi anni ha avuto effetti disastrosi sul sistema politico del paese m e d i o r i e n t a l e m a evidentemente nella Casa delle Libertà “Historia non docet”. Un sistema elettorale ben p r o g e t t a t o n o n d e v e considerare la situazione politica da qui ad Aprile, ma dovrebbe prevedere i suoi effetti in un gran ventaglio di possibili situazioni da qui ad almeno 20 anni se no più che una riforma elettorale può assomigliare ad un gran bel pasticcio.

Questa riforma elettorale incentiva poco la formazione di grandi partiti ma in maniera più netta quella di grandi coalizioni formate dal maggior numero possibile di partiti al loro interno, in modo da aver più possibilità di vincere le elezioni e acquisire il premio di maggioranza. Ciò rende il sistema italiano ancor più fragile e frammentato poiché il potere di ricatto dei partitini non varierà rispetto all’ attuale Mattarellum (legge ancora in

vigore); il peso di

Rifondazione Comunista e della Lega rimarrà immutato in quanto le loro percentuali saranno fondamentali per la possibilità di vittoria delle singole coalizioni e comunque indispensabile a mantenere dopo le elezioni una salda maggioranza. Il 55% dei seggi è una percentuale troppo bassa e i due partiti antisistema giocheranno ancora una volta un ruolo fondamentale. Altro aspetto interessante è che le coalizioni formatesi per le elezioni dopo la tornata elettorale non avranno nessun vincolo a rimanere unite e ogni partito può uscirne quando vuole rendendo questo bipolarismo italiano debole quanto lo era col Mattarellum. In Italia siamo abituati a vedere la competizione elettorale come una lotta tra due fort i candidati ; è inopinabile che questo sistema elettorale induce in maniera forte la creazione di un terzo polo di centro (ricordiamo che la riforma è fortemente voluta

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che si erano concentrati soprattutto sul più importante, l o s c o r p o r o , c o n l a conseguenza di una creazione capillare di liste civetta a vantaggio dei candidati e dei partiti più forti nei collegi un i n om ina l i . I c o l l eg i uninominali in realtà dovevano garantire una più stretta relazione tra i candidati vincenti con il territorio e con gli elettori dei collegi ma in realtà sono stati al centro solo dei giochi di alleanza tra i vari partiti che si contendevano le candidature nei collegi più sicuri. Il meccanismo dello scorporo porta ad una minore propensione nella volontà di stringere a c c o r d i e l e t t o r a l i soprattutto per i partiti più deboli che cercano q u i n d i d i n o n appoggiare candidati in collegi sicuri di altri p a r t i t i c o n l a conseguente perdita di voti nel proporzionale. Un’ altra utile strategia e’ emersa grazie al sistema vigente che incide molto nelle strategie dei candidati sicuri nei collegi e dei partiti più grandi e importanti; infatti, le stesse liste possono non collegarsi ai propri candidati creando una lista civetta o fittizia. Questa lista viene collegata al candidato che sicuro dell’ elezione si collegherà solo con questa lista nella consultazione maggioritaria pur evocando in qualche modo la relazione e la somiglianza di simboli tra la lista civetta e la lista che effettivamente appoggia il candidato. La lista si presenta anche nella consultazione proporzionale ma solo al fine di perdere quei voti che sono serviti per eleggere il candidato nel collegio e per avvantaggiare quindi i partiti veramente esistenti nel proporzionale. Con questa nuova legge proposta dal Governo si avrà f inalmente una chia ra

opo dod ic i ann i finalmente, il nostro Parlamento si e’ deciso

di metter mano sul sistema elettorale e di modificarlo. Dai vari governi in questi dodici anni sono arrivate varie proposte ma che poi sfortunatamente non hanno trovato seguito sia per la notevole frammentazione pol i t i ca provocata dal "Mattarellum" sia perché la maggioranza dei partiti si e’ dichiarata favorevole ad un proporzionale puro e non verso una semplificazione totalmente maggioritaria del sistema. Questa riforma ha come punta di diamante il fatto che pone definitivamente fine a quel sistema misto che definire inutile e nocivo e’ ben poco; sistema misto che ha stravolto la semplificazione del quadro politico provocando anche gli scarsi risultati conseguiti dai governi nel corso di questi dodici anni. In realtà si e’ sempre pensato che il maggioritario, almeno per i ¾ dei seggi assegnati da questo sistema, potesse portare ad una sorta di semplificazione del sistema politico favorendo le coalizioni tra i partiti;anche se abbiamo notato un po’ tutti che invece che diminuire i partiti in Italia sono aumentati forse anche grazie al sistema elettorale tanto difeso in questi mesi. Infatti le formazioni partitiche sono si incentivate ad allearsi in coalizioni per il suffragio maggioritario ma allo stesso tempo per quel restante 25% dei seggi ancora da assegnare i vari partiti sono portati a presentarsi da soli sia per non confondere i propri elettori sia per conquistare più seggi ovviamente. Il sistema misto confonde collegi uninominali con circoscrizioni più ampie e confonde nello stesso tempo sia gli elettori sia i partiti in una concezione perversa delle alleanze distorcendone l’utilità che queste intese potrebbero portare. I meccanismi distortivi del "Mattarellum" erano già stati previsti da molti studiosi

MATTARELLUM, FINALMENTE SI CAMBIA di Daniele Keshk

bene la possibi l i tà di presentarsi da soli o alleati con altri partiti nelle coalizioni; infatti, per i partiti che decidessero di presentarsi all’interno di una coalizione e con un programma comune, la soglia per accedere in Parlamento sarà più bassa (2%) invece che il 4% previsto per le liste che decidessero di presentarsi non alleate in aggregazioni più ampie. Il premio di maggioranza previsto nella riforma rafforza il concetto che questo nuovo sistema elettorale sia in realtà un maggioritario di coalizione

c o n r i p a r t i z i o n e proporzionale dei seggi per i partiti in base al numero di voti effettivi; questo premio che sarà dato alla coalizione che raggiungerà almeno la maggioranza relativa dei suffragi, le permetterà di poter tranquillamente governare per tutto il corso della legislatura e poter poi verificare il gradimento o meno alle prossime elezioni da parte dei cittadini, che avranno il modo di premiare o no il lavoro del governo. Facendo dei semplici esempi su come avrebbe potuto funzionare il

nuovo sistema in passato si può dire che il governo di Berlusconi del 1994 e di Prodi del 1996 sarebbero durati per cinque anni e non sarebbero caduti per colpa di partiti con pochi voti ma con un peso determinante come la Lega Nord o come Rifondazione Comunista. Anche la soglia che le coalizioni stesse devono superare (10%) scoraggia la creazione di un terzo polo che porterebbe un’ ulteriore complicazione nella creazione del bipolarismo che viene incentivato anche da questa nuova proposta che riallinea la politica con la sensazione degli elettori i quali già ragionano da tempo in un’ottica bipolare forse da sempre.

competizione politica e non le subdole tattiche che le segreterie mettono in moto con il sistema misto. La nuova legge pone dei vincoli che cercheranno di favorire prima di ogni altra cosa le alleanze tra i partiti ed eliminerà la bassa contrattazione tra le s e g r e t e r i e c h e h a caratterizzato la vita politica per dodici lunghi anni insieme alla creazione sottobanco con maggioranze diverse e non scelte dall’elettorato di più governi nell’arco della stessa legislatura. Un’altra cosa i m p o r t a n t e o l t r e a l l a

presentazione obbligata prima delle elezioni del nome e cognome del candidato premier da parte dei partiti della stessa coalizione, vi sarà l’obbligo per gli stessi partiti di presentare un programma comune e non i vari programmi politici che ogni partito ha sempre presentato prima delle elezioni. Queste norme sono indispensabili se si ragiona un attimo su come e’ composto il parlamento oggi e su come potrebbe essere dopo il 9 aprile del 2006. Tutta la legge e’ incentrata sulla semplif icazione e qualificazione delle alleanze tra i partiti mettendone sotto chiare luci le loro strategie politiche; grazie alle soglie di sbarramento previste nella riforma i partiti verificheranno

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Mentre in Italia ci si prepara per le politiche con il nuovo sistema proporzionale, dalla Germania emerge un n u o v o m o d e l l o parlamentare interessante perché porta molte novità: la Grossekoalition. Con questo nome si indica una formula che prevede lo stesso numero di ministri al governo per i due maggiori partiti, i socialisti della Spd, maggioranza uscente, e l’opposizione cristiano-democratica della Cdu, usciti leggermente in vantaggio alle urne con il 35,2% dei consensi contro il 34,3% dei principali avversari. Questo ha comportato per il sistema elettorale tedesco proporzionale secco, una ripartizione quasi precisa anche dei seggi in parlamento, ove il partito di centro destra conta 226 effettivi, quello di sinistra 222. Situazione quindi questa che ha dato luogo alla necessità di trovare un accordo per un governo stabile: aghi della bilancia erano i liberali di destra della Fdp guidati da Guido Westerwelle (10%dei voti), e la sinistra estrema, i post-comunisti della Pds, guidati dal reietto socialista Oskar Lafontaine, giunti ad un sorprendente 8,7% di consensi. Dopo interminabili trattative la soluzione apparsa più p e r c o r r i b i l e e potenzialmente stabile è stata quella dell’alleanza tra i due maggiori partiti. Questo ha comportato però compromessi e rinunce per entrambi.

Dove va la Germania? ATTUALITA’

Alle elezioni SPD e CDU sono arrivati praticamente con gli stessi voti. Dopo settimane di blocco istituzionale, hanno deciso di formare un governo insieme. E la vera sfida comincia solo adesso.

importante perché va saputo coniugare con una certa fedeltà alla linea politica ed al partito cui si appartiene, cosa che per la tradizione tedesca sarà impresa ardua, date anche le dichiarazioni come quel ”Non tradiremo la sinistra” rilasciate da Platzeck in una recente intervista. Staremo a vedere… Le elezioni italiane sono ormai alle porte. Dato che il nuovo sistema da noi assicura la quasi parità tra gli schieramenti, chissà se d a l l a e x - l o c o m o t i v a d’Europa (ancora esempio però, nel coraggio di sperimentare soluzioni n u o v e ) a r r i v e r a n n o soluzioni interessanti anche per il nostro Paese?!

Cancelliera è stata eletta Angela Merkel, leader della Cdu e prima donna a ricoprire la carica. I l s u o a v v e r s a r i o Schroeder, cancelliere per una legislatura e mezza in precedenza, si è ritirato dalla vita politica lasciando la Spd in mano al binomio Franz Muenfuentering-Matthias Platzeck. A quest’ultimo partito sono andati anche 8 ministeri, in posizione-chiave per le decisioni della vita politica tedesca: Finanze, Esteri, L a v o r o , G i u s t i z i a , Ambiente, Infrastrutture, Salute e Ricerca e sviluppo. Ma i sacrifici per i “neri” della Merkel non finiscono qui: il partito ha dovuto conoscere le dimissioni di

Edmund Stoiber, già candidato premier sconfitto e u o m o - g u i d a dell’importantissimo Lander bavarese. Ma verso che prospettive si va? I n n a n z i t u t t o s a r à interessante scoprire se questo assetto governativo g a r a n t i s c a r e a l e g o v e r n a b i l i t à : a p p a r e n t e m e n t e u n governo e un parlamento così divisi (e tra partiti così diversi!) rischiano di “bloccare” ogni possibile capacità decisionale. Spetterà dunque ai partiti al governo met tere in secondo piano le ideologie e assicurare la messa in moto della macchina delle decisioni. Q u e s t o a s p e t t o è

di Jacopo Gandin

Manifesti elettorali dell’ex cancelliere Schroeder (Spd) e della neo-eletta Angela Merkel (Cdu)

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alloggiano in un domicilio diverso dalla residenza con un assegno dai 250 ai 500 euro (ho sottolineato i due termini perché in Italia si considerano fuori-sede coloro che hanno la residenza, da almeno due anni, in un certo luogo; ciò s igni f ica che non ne usufruiscono mai i veri fuori-sede ma i giovani facoltosi con una casa propria). In Spagna infine, paese per certi versi più simile all’Italia, a fronte di tasse più basse di

quelle italiane fornisce ai suoi studenti una Student Card: una carta dei servizi che fa beneficiare di sconti dal 15% al 40% sul prezzo di trasporti, cinema, teatro, concerti, mostre e altri eventi culturali. Se la Germania sembra davvero i r raggiungibi le, Spagna e Francia offrono ognuna almeno una misura sociale, l’una con la student card, l’altra con l’aiuto per l’alloggio. Non ho preso in considerazione il problema dell’aula perché nemmeno si pone in quanto le università assegnano automaticamente un certo numero di spazi alle Student Union (sindacati unitari degli studenti) che poi decidono come gestirli. C o m e v e d e t e quotidianamente, l’Italia a fronte di tasse molto elevate non offre alcun servizio al di fuori di quello didattico. Le strutture sono minime e i

Ch i sc r ive par te da l presupposto che un’aula per gli studenti nella nostra sede non solo serva, ma sia una mancanza dell’università nei nostri confronti. Al di là di ogni polemica sulle attuali riforme dell’università i t a l i a n a , c h e h a n n o ultimamente scosso gli animi politici all’interno delle uni, proviamo ad uscire un attimo dall’Italia e confrontiamoci con gli altri paesi europei per realizzare quanto la nostra situazione sia misera. Infatti la Germania offre ai suoi universitari un servizio pubblico quasi gratuito: la rata attuale è di 250 euro l’anno (Sembra che il governo Nero-Rosso Merkel le voglia alzare a 700) e le strutture e i servizi sono indubbiamente di quantità e qualità superiori rispetto al nostro paese. Una università tedesca media offre nella sua sede principale almeno 3 strutture sportive (campi da tennis, calcetto, basket, palestra, piscina etc.) 2 ricreative (mensa, bar, caffetteria..) e uno spazio ludico. Tutte queste strutture vengono gestite dagli studenti s t e s s i . L a b i b l i o t e c a dell’università, oltre a garantire un posto a sedere ogni 3 studenti iscritti, resta aperta tutta la notte. Con cadenza m e n s i l e g l i s t u d e n t i organizzano delle grandi feste all’interno dell’ateneo con concerti dal vivo e vendita di c ibo e bevande che producono discreti profitti da riutilizzare per il pagamento dei servizi. Servizi di cui cito solo due dati quali il numero medio di pc (muniti di scanner) per studente: 1 ogni 4 studenti iscritti o le fotocopie gratuite. In Francia oltre a strutture non troppo dissimili da quelle tedesche e delle rate universitari comunque più basse di quelle italiane, offrono un rimborso mensile a tutti gli studenti fuori-sede ovvero a tutti quelli che

servizi quasi del tutto assenti, i centri sportivi collegati al CUS sono distanti tra di loro e di difficile uso da parte degli studenti. Non esiste nessuna misura in favore degli studenti; si pagano le fotocopie, si entra in biblioteca da tornelli anche se non ci sono posti dove studiare, né dove ritrovarsi eccetto gli spazi all’aperto. Le mense sono piccole e non presenti in tutte le sedi, spesso vengono sostituite da bar che non

praticano prezzi universitari. Infine se viene rivendicato uno spazio, anche se piccolo e spoglio, non ci viene c o n c e s s o c o n l a giustificazione che non esiste materialmente. Da questa pagina vorrei affermare che è FALSO!! Le univers i tà af f i t tano quotidianamente i propri spazi a conferenze, dibattiti, corsi di formazione e master del tutto estranei al ruolo culturale che l’università dovrebbe avere. Eccovi l ’univers ità del business, ovvero garantire il minimo servizio spremendo il massimo dalle nostre tasse e privandoci delle strutture che paghiamo per “farci i bei soldoni”. Purtroppo ciò accade proprio qui da noi; è infatti noto che l’Aula Magna di via Festa del Perdono viene affittata a conferenze di medici, piuttosto che a studi legali e altri privati. Anche

UNIVERSITA’: L’ITALIA IN SERIE B

FATTI NOSTRI

nelle “piccolissime” aule di Scienze Politiche accade lo stesso con la concessione di aule per i seminari di formazione dell’esercito. Ed è una vergogna! Ma le scritte fuori dalla facoltà sono ingiuriose, non è quello il giusto modo di affrontare un problema che ha una certa rilevanza e una ricaduta sull’utilità pubblica. Mi viene da chiedere come sia possibile privarci dei pochi spazi a noi destinati quando

già le nostre strutture sono inadeguate, non riceviamo alcun servizio e paghiamo tasse molto alte, sembra un quadro da terzo mondo europeo. Inoltre questi lucri dovuti all’affitto di locali d e l l ’ u n i v e r s i t à d o v e finiscono? Infine vorrei sottolineare che già ora nella nostra sede esistono almeno 3 o 4 spazi non utilizzati, neanche come magazzini, di cui forse alcuni sono inagibili (ma ripristinabili con spese basse…Ahimè quando penso ai tornelli..). Perché nessuno di questi può essere destinato permanentemente agli studenti? Sottolineo che

deve essere un’ aula destinazione-studenti nel senso di un’aula aperta a tutti e non lottizzata da nessuno, in cui sia possibile riunirsi, confrontarsi e comunicare l i b e r a m e n t e e i n d i p e n d e n t e m e n t e dall’opinione politica dei convenienti. Un’aula che con una piccola spesa possa offrire dei piccoli servizi, basterebbero due pc collegati a Internet e una fotocopiatrice, almeno all’inizio. Non mi sembra di proporre qualcosa di irrealizzabile, anzi è folle che tutto ciò gia non sia realizzato; si tratta di una mancanza cui l’università deve sopperire, anche perché esistono dei gruppi privilegiati che “informalmente” il proprio spazio lo posseggono. Mi auguro che il preside ci rifletta bene!

di Armando Dito

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CULTURA

Novecento, ovvero tutte le vite in una di Alberto Corghi

“Novecento” è la leggenda del pianista sull’oceano, storia della vita di John Goodman T.D. Lemon Novecento, nato a bordo di un transatlantico nel primo anno del ventesimo secolo, che di quella nave fece la sua casa e il suo mondo, senza scendere a terra, mai, fino alla fine del suo tempo. E su quella nave diventò il miglior pianista mai conosciuto. In mezzo a questa piccola storia c’è la musica, la p r o t a g o n i s t a , i l caleidoscopio attraverso cui scoprire man mano la personalità di Novecento, attento osservatore e ascoltatore del mondo a lui sconosciuto, attraverso il contatto con le persone che sul Virginian, la sua casa, sono solo di passaggio, ma attraverso i loro racconti, le loro espressioni, gli permettono di conoscerlo davvero, quel mondo, per il quale Novecento compone nitide e appropriate melodie che associa ad ogni situazione, e v e n t o , s e n t i m e n t o protagonista dell’universo di cui può solo fantasticare affacciandosi dal ponte della nave. Novecento la sua vita la conduce attribuendo ai luoghi i loro odori in musica, all’essenza degli stati d’animo la forma de l i ca ta d i p i cco le sequenze di note, in equilibrio tra l’infinita voglia di dedicarsi alla curiosità, ciò che ha sempre fatto (perché a passare anni su quella nave alla fine la vita la si conosce, dalla prima alla terza classe si riescono a raccogliere i racconti di un piccolo spicchio di mondo ad ogni traversata,

suo gesto e le ultime confessioni con l’amico più caro. Ed è l’ammissione più sincera delle difficoltà del vivere, non un vivere banale, ma riferito ad un’esistenza che sia piena, compiuta, realizzata senza inutilità, aiutata dalla fortuna ma non sorretta dal caso. E’ questo che risulta impossibile a Novecento, nel momento in cui si trova a scendere la scaletta della nave che lo porta a terra, impossibile concepire una vita di cui ci si senta a r t e f i c i , im p os s i b i l e giudicare la propria posizione, il proprio senso, in un mondo il cui orizzonte lungi dal potersi scorgere a occhio nudo, è nella sua pienezza semplicemente impossibile da immaginare. Ed anziché accettare in/consciamente il suo destino di individuo, Novecento sceglie di compiere un passo definitivo in direzione della d o l o r o s a c o e r e n z a : consapevole di aver iniziato la sua vita in musica, l’unico mezzo di cui sia stato davvero padrone, accetta di farne anche il compimento, racchiudendo i propri desideri e le emozioni più grandi che la vita avrebbe potuto dargli, ognuna in un unico istante, irripetibile, definitivo, potentissimo e assieme delicato come solo una semplice nota può essere.

ed alla fine quel suo archivio di “testimonianze musicali” dentro di sé avrebbe contenuto un po’ di tutto), e il desiderio di appropriarsi di quelle sensazioni che conosce ma non ha mai vissuto, scendendo a terra e vivendo per davvero. Appare ingenuo e puro, Novecento, è come un fantasma musicale, non è segnato dall’esperienza che nel bene e nel male trasfigura le persone, lasciando i propri segni nel corpo e nell’animo, ma anche lui avverte la necessità di crescere, di abband ona r e qu e l l a posizione privilegiata di ascoltatore di storie e

narratore di musiche, e con la saggezza di chi ha osservato per anni potendo riflettere e giudicare in silenzio, decide di non accontentarsi della vita sul Virginian, dei racconti dei passeggeri, che in quanto ricordi di esperienze vissute sono solo delle interpretazioni depurate, dei quadri da museo, immobili ed eterni dopo essere stati svelati. E così matura la scelta di scendere a terra, solo che, nel momento decisivo, non ci riesce. Qui termina il racconto, poi rimangono le parole di Novecento, nel monologo finale in cui emergono i suoi pensieri, la radice del

“NOVECENTO”

di Alessandro Baricco,

Feltrinelli editore Pagg. 62, euro 4,50

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CINEMA

“C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA”, di Sergio Leone. Possiamo definirlo u n o s t u p e f a c e n t e lungometraggio nel quale il genio italiano si è dedicato per 12 anni della sua vita. La pellicola si districa in un viaggio oppiaceo fra struggenti fotogrammi, in cui lo spettatore è ipnotizzato dalla vicenda che vive, in continui salti temporali.

*** L ’ i m p r e s s i o n a n t e rompicapo è una storia indimenticabile che rimane a metà strada fra la fiaba e la tragedia. Degna di nota è la forza espressiva data dagli sguardi feroci e toccanti di Robert De Niro e James Woods (i protagonisti del film), e da l l a i nequ ipa rab i l e colonna sonora di Ennio

Quando il film diviene metafora della vita Morricone. Il film è una storia indimenticabile, formidabile dal punto di v i s t a n a r r a t i v o e travolgente da quello e m o t i v o . P o s s i a m o a c c o s t a r l o a p p i e n o all’ambiguità dell’animo umano. È un poema esplicito sull’amicizia, sul rimorso e sul tradimento. Gli animi più sensibili potranno cogliere l’amore e il dolore espresso dal cantico delle creature (umane), che riscontriamo in particolar modo nel personaggio di Nootles (De Niro), il quale sarà costretto a specchiarsi nella propria coscienza, facendo così risaltare la sofferenza dell’essere imperfetto “uomo”.

*** La vicenda si districa in una New York di inizio Novecento, in cui 5 ragazzini Nootles, Max,

Dasty, Cockey e Dominic cercano di sopravvivere in un mondo che li fa già grandi. I sentimenti dei personagg i vengono descrit t i in maniera autentica, nei loro occhi si può vedere l’innocenza dei loro corpi fanciulleschi, distinguendovi una vena di malinconia. Essi vivono come teppisti, ma la vita li dividerà presto con la morte di Dominic e l’arresto di Nootles il quale, in segno di vendetta, uccide Bugsy (il ragazzo che deteneva il potere nel quartiere). Da questo momento in poi inizia la lunga fiaba di sangue e sorrisi che ci protrae per 40 anni, portando alla luce la vera natura dei personaggi e dei legami che intrecciano, in una vita da gangster (fra p r o i b i z i o n i s m o e implicazioni mafiose nel s i s tema de l l avoro americano).

*** La conclusione del film con il sorriso di Nootles da spazio ad una miriade di significati, costringendoci a scatenare la fantasia, t r o v a n d o d i v e r s e interpretazioni, come lo stesso Leone confessò ad uno spettatore alla prima,

di Luca Silvio Battello presso il cinema Barberini di Roma: “Vede, in fondo quel sorriso potrebbe pure significare una cosa molto semplice: il film inizia in una fumeria d'oppio e nella stessa fumeria d'oppio finisce. Quindi, potrebbe, dico potrebbe, anche e s s e r e c h e . . . b e h , insomma, tutta la vicenda non sia stata altro che un sogno vissuto da Nootles s o t t o g l i e f f e t t i dell'oppio..." (Sergio Leone 1984). Noi però, forse in cuor nostro preferiamo pensare che la vicenda non sia un sogno ma che sia andata così... con le figure del bene e del male nel teatrino cinese, le quali si c o m b a t t o n o s o v r a p p o n e n d o s i e confondendosi nello spirito u m a n o . ( i m m a g i n e presente negli ultimi fotogrammi della pellicola).

“Per anni Gasparri ha creduto fosse sempre una coincidenza l’aprirsi automatico delle porte dei negozi”

(Daniele Luttazzi) ______________________________________________________

“Se due donne si fossero comportate come hanno fatto a Camp David Yasser Arafat e Ehud Barak, tutti avrebbero dato la colpa alla menopausa”

(Madeleine Albright, ex segretario di Stato Usa) ______________________________

“Al giorno d’oggi, se un uomo apre lo sportello ad una donna i casi sono due: o è nuova la donna o è nuova la macchina”

(Filippo, marito della regina Elisabetta) ______________________________

“A volte, quando sorvolo con l’aereo le Alpi e guardo in basso, ho l’impressione di passare sopra tutta la cocaina che ho sniffato”

(Elton John) _______________________________

“Una volta ero al cinema e mi hanno scambiato per Michael Jackson. E non era un film per bambini”

(Marilyn Manson)

Titolo: C'era una volta in America (Once Upon a Time in America) Regia: Sergio Leone Sceneggiatura: Leonardo Benvenut i , P ie ro De Bernardi, Enrico Medioli, Franco Arcalli, Franco Ferrini, Sergio Leone Fotografia: Tonino Delli Colli Musiche: Ennio Morricone Interpreti: Robert De Niro, James Woods, Elizabeth McGovern, Treat Williams, Tuesday Weld, Joe Pesci, Burt Young, Danny Aiello, William Forsythe, James Hayden, Darlanne Fluegel, Larry Rapp, Dutch Miller, Robert Harper, Richard Bright Nazionalità: USA - Italia, 1984 Durata: 3h. 58'

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Benvenuti in “RAISET” MASS MEDIA

La tv italiana è imparziale, rispecchia la realtà del nostro Paese, offre stimoli culturali, sa far pensare e divertire. Inutile dare retta a tutti i falsi intellettuali in controcorrente secondo i quali la televisione italiana sarebbe falsa, di parte e di scarso livello dal punto di vista culturale. Questo sembra essere il messaggio ufficiale che ci giunge dai visi sorridenti che popolano la nostra televisione. Una televisione che, negli ultimi tempi, mostra una spiccata tendenza a riflettere e discutere circa se stessa. Perchè non prenderci, per una volta, il compito di essere noi a giudicare? Facciamolo! Valutiamo la televisione noi umili spettatori! Prima del giudizio, si sa, c'è l'esame; analizziamo dunque la televisione in tutti i suoi ambiti. Innanzitutto una domanda: quando una televisione è da considerarsi di livello buono? D a v a l u t a r e s o n o essenz ia lmente c inque aspetti: l'Autonomia del p o t e r e , l a v a r i e t à dell’offerta, la capacità di informare, di offrire stimoli culturali, di saper divertire. Ha inizio l 'esame! La saggezza popolare insegna: "Fuori il dente, fuori il dolore!". Partiamo, dunque, dal punto in assoluto più debole della n o s t r a t e l e v i s i o n e : L’autonomia del potere: limitiamo la nostra analisi a Mediaset e Rai. Cominciamo da Mediaset. M e d i a s e t ? V o g l i a m o r e a l m e n t e p a r l a r e dell'autonomia rispetto al potere di questa emittente? Concentriamoci su una c o n s i d e r a z i o n e l o g i c a basilare: Quel che è mio, in quanto tale, dipende da me. Di chi è Mediaset? Se mi dilungassi potrei scrivere solamente ovvietà. Risultato? Sull'autonomia dal potere a Mediaset va un 2/10.

Non abbattiamoci…la nostra tv può ancora recuperare punti con la Rai. Troppo facile dire che la Rai non è autonoma dal potere perchè sono state eliminate figure come Biagi e Santoro dai suoi programmi. Si tratta solamente di due tra i migliori giornalisti d'Italia. Cerchiamo altri elementi per giudicare. E' vero che frequentemente personaggi di sinistra sono stati censurati e che la seconda serata di Rai1 è completamente nelle mani di Vespa (figura non certo ostile all'attuale Governo) ma è altrettanto vero che Rai3 si

caratterizza in alcuni dei suoi programmi per ch ia re tendenze di sinistra. Il Telegiornale di questa rete ne è un esempio.

*** Aggiungiamo altri elementi utili al giudizio non limitandoci a considerare la pura v ic inanza pol i t ica de i programmi alla destra o alla sinistra nel valutare il grado di autonomia dal potere della nostra tv. Analizziamo cioè anche i programmi imparziali. Uno fra tutti: "L'Italia sul 2". Impossibile non notare come, durante la discussione, si cerchi in ogni modo di evitare argomenti scomodi. Tutte le opinioni che si discostino dal

mediocre qualunquismo vengono, più o meno elegantemente, censurate. L'imparzialità non viene perseguita dando lo stesso spazio ad ogni opinione me evitando che emergano rea lmente op in ion i . I l programma che ho citato è un semplicemente un caso che può essere rappresentativo di una situazione diffusa. La tendenza a non fare emergere opinioni che v a d a n o , a n c h e s o l o minimamente, controcorrente certamente non è sintomo di completa indipendenza dal potere; tale orientamento va dunque tenuto presente al fine

della nostra valutazione. Considerando Biagi e Santoro che spariscono, Vespa che si impossessa della seconda serata, la paura di sbilanciarsi insieme a Ballarò e al Tg3 che voto emerge? Un 5. Facendo la media con il due di Mediaset: 2+5/2=3,5. Grave insufficienza, dunque, per la nos t r a t e lev i s i o n e i n autonomia dal potere. Passiamo alla varietà dell’offerta. Predominano, ultimamente, fiction e reality show. Chi non gradisca questo genere di programmi non trova molto nemmeno con il più estenuante degli zapping. Gli appassionati di

di Alessandra Del Barba scienza hanno la possibilità di trovare un buon numero di documentari che li soddisfi. Nella seconda serata si trova qualcosa di diverso ma, appunto, è confinato alla s e c o n d a s e r a t a . S e aggiungiamo qualche buon film che, ogni tanto, viene trasmesso, comunque, alla sufficienza si arriva con t r a n q u i l l i t à . Complessivamente: 6,5! La capacità di informare è scarsa e non potrebbe essere altrimenti: l'informazione si ha realmente solo in presenza di autonomia dal potere. I giornalisti validi ci sono in Italia. La capacità di informare bene in tv, dunque, esiste ma solo in potenza. Voto attuale? 5 scarso. Capacità di offrire stimoli culturali? Pessima al mattino, fatta salva la felice eccezione di Rai educational, inesistente nella fascia pomeridiana, scarsa nella prima serata e ottima nella seconda serata. Complessivamente? 5. La televisione italiana sa divertire, va riconosciuto! Oltre all'altamente presente umorismo demenziale si trovano programmi comici di ottima qualità. Il voto da attribuire è 8! E' ora di tirare le somme: 3,5+6,5+5+5+8=28...28/5=5,6. Alla sufficienza la nostra televisione non arriva ma non le manca molto! A rovinarla è la mancanza di autonomia dal potere. S e a m b i s s i m o a l 6 sbaglieremmo. La televisione è il mezzo di comunicazione più diffuso, grande è la sua in f l uenza su l l 'op i n i one pubblica. Una democrazia come l'Italia, dunque, non può che ambire ad una tv libera, pluralista e culturalmente stimolante. Una televisione cioè da 10 e lode!

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SPORT

vittoria finale sono l’Argentina delle giovani stelle Messi e Tevez, l’Inghilterra il cui cen t rocampo (Ger ra rd , Lampard, Cole e Beckham) non ha eguali, la Francia irriconoscibile in terra asiatica nel 2002 e l’Olanda degli esordienti Robben e Van der Vaart, guidata da Van Basten. L’Italia come sempre si presenta come una delle grandi favorite. Anche i media hanno dimostrato grande fiducia nei confronti del commissario tecnico Marcello Lippi, e la recente vittoria contro un’Olanda molto rimaneggiata ha contribuito ad alimentare i sogni di una storica vittoria finale.

Partiranno il 9 Giugno da Monaco i Mondiali di Germania 2006, con la partita d’esordio Germania-Costa Rica. S o s t a n z i a l m e n t e s on o presenti tutte le formazioni più forti del Globo, a parte le sempre temibili Camerun e Nigeria e alla Turchia, semifinalista a sorpresa nell’ultima edizione. Come sempre grande favorito é il Brasile di Ronaldinho, Kakà e Adriano, e la Germania, che sostenuta dal p u b b l i c o , p o t r e b b e raggiungere quel sogno che quattro anni fa svanì in finale proprio di fronte al Brasile. Altre possibili candidate alla

Verso i Mondiali sognando la finale

di Andrea Fumagalli e Jacopo Gandin

nazione. Girone di ferro quello tra Argentina, Olanda, Serbia e Costa d’Avorio, interessante quello tra Inghilterra, Trinidad e Tobago, Svezia e Paraguay. Ipotizzando un passaggio del turno come prima classificata (molto probabile) , l’Italia dovrebbe riuscire ad evitare il Brasile, sfidando quasi sicuramente la Croazia, la cui coppia d’attacco Prso-Balaban non dovrebbe preoccupare particolarmente Cannavaro e Nesta. Nei quarti di finale gli azzurri avrebbero finalmente l’occasione di riscattare l’eliminazione dei Mondiali ’98 e la sconfitta ai supplementari nella finale d e g l i E u r o p e i 2 0 0 0 incontrando la Francia. Sognando un gol a testa per la coppia Toni-Gilardino, la semifinale potrebbe essere contro i padroni di casa tedeschi, la forte Argentina o la spumeggiante Olanda. Avversari forse superiori a noi in quanto a fluidità di gioco (a parte la Germania), ma forse un ottima difesa e un colpo di genio di Totti o Cassano potrebbero farci rivivere le emozioni di USA ’94. A quel punto rivincita col Brasile.... nuovamente 0 a 0 dopo i tempi regolamentari...idem dopo i supplementari...e il rigore ad andare alto sarà quello di Ronaldinho...

Di certo già nella prima fase a gironi l’Italia non troverà la strada spianata come nelle qualificazioni, in cui la mediocrità delle varie Scozia, N o r v e g i a , S l o v e n i a , Bielorussia e Moldova hanno fatto apparire il gioco non esaltante degli azzurri q u a n t o me no c o nc r e t o . L’esordio con il Ghana dei vari Appiah, Kuffour, Muntari ed Essien rischia di non essere per niente agevole, ed in segui to al la probabi le passerella contro gli Stati Uniti (che paradossalmente nel ranking Fifa sono superiori a noi) la Repubblica Ceca rischia di diventare un ostacolo importante verso il passagg i o de l t u rn o , soprattutto se Pavel Nedved deciderà di scendere in campo al fianco di Rosicky e B a r o s , s o r p r e n d e n t e nell’ultimo Europeo ma non esaltante nella pur trionfale cavalcata in Champions League del Liverpool, ora alla ricerca del riscatto nell’ Aston Villa. E attenzione agli “ i t a l i a n i ” U j f a l u s i e Jankulovski. Negli altri gironi scontro tra Portogallo e la ex colonia Angola, libera dagli anni ’60, i cui giocatori (Mantorras in testa) disputano il campionato portoghese e per i quali un trionfo in questa sfida manderebbe in estasi l’intera

di Marco Delle Donne “GRACE” - Jeff Buckley Un cd capolavoro che ha lasciato il segno nella storia del rock. Un disco malinconico stregato dalla sua voce angelica. Un ascolto piacevole e rilassante proprio come Halleluja(Colonna sonora di Shreck), o Grace, suoi cavalli di battaglia. Morto all’ età di soli 31 anni in un tragico incidente nel Mississipi e figlio d’arte di papà Tim, anch’egli morto

giovanissimo di overdose a soli 28 anni, rilascia il primo disco Live T SIN del 1993.

*** “BLACK PEARLS” - Eric Sardinas Ecco un mito del bluesman californiano che non a caso ha accompagnato Steve Vai in tournee aprendo quasi tutti i suoi concerti. Non è u n virtuoso, ma con la chitarra ci gioca, dotato di uno stile inconfondibilmente blues

dal suono decisamente rock. Un look aggressivo per questo personaggio non ancora conosciuto, anche se le date d e l l a s u a t o u r n e e testimonierebbero il contrario.

*** “CROSSROADS” - Tracy Chapman Non è facile recensire uno dei miei cd preferiti, ma ci proverò. Assolutamente fantastico, fenomenale. Impossibile non provare

emozioni quando si ascoltano i s u o i r i f f a c u s t i c i accompaganti dalla sua voce timida, delicata, soave… Tracy Chapman nata nell’ Ohio è una cantautrice folk-blues, anche se in molti album si possono notare influenze gospel. A Milano il 10 dicembre allo Smeraldo.

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20 Per scrivere alla redazione

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In Libano gli uomini possono per legge avere rapporti sessuali con animali, purché si tratti di femmine. Avere rapporti sessuali con un animale maschio è un reato punibile con la morte. (Ah, beh, così va bene!).

Nel Bahrein, la legge consente a un medico di sesso maschile di fare una visita ginecologica a una donna, ma non di guardare direttamente i suoi genitali. Può soltanto vederli riflessi in uno specchio. (Ma che gente è?!!!)

Ai musulmani è proibito guardare i genitali di un cadavere, e questo vale anche per gli impresari di pompe funebri; gli organi sessuali dei defunti devono sempre restare coperti da un mattone o un pezzo di legno per tutto il tempo. (Un mattone?)

Nell'anno 1969 è bastata la potenza di calcolo di due Commodore 64 per mandare con successo una navicella sulla Luna. Nell'anno! 2003 è necessario un Penthium 4 a 2000 Mhz per far funzionare Windows XP. (Qualcosa deve essere andato storto)

In Indonesia la masturbazione viene punita col taglio della testa. (Se la applicassero anche in Italia non rimarrebbe più nessuno)

A Guam ci sono uomini il cui lavoro a tempo pieno consiste nel girare per le campagne e deflorare giovani vergini che pagano per il privilegio di stare con un uomo per la prima volta. Il motivo: La legge dell'isola stabilisce a chiare lettere che una donna vergine non può sposarsi. (Pensiamoci un attimo: esiste in qualche altra parte del mondo un lavoro anche lontanamente simile a questo?)

A Hong Kong, un a moglie tradita può uccidere il marito adultero, la legge glielo consente; ma può farlo solo a mani nude. Mentre può uccidere come più le aggrada l'amante del marito. (Ah! La Giustizia!)

A Liverpool, Inghilterra, la legge ammette commesse in topless, ma solo nei negozi di pesci tropicali. (Naturalmente!)

A Cali, in Colombia, una donna può avere rapporti sessuali soltanto col marito, e la prima volta che ciò accade, nella stanza dev'essere presente anche la madre di lei. (La sola idea fa venire i brividi.)

A Santa Cruz, in Bolivia, un uomo non può avere rapporti sessuali con una donna e con la figlia di lei contemporaneamente. (Immagino che si sia trattato di un problema abbastanza grave, se hanno dovuto farci su una legge)

di Francesco Cacchioli