ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE SCIROEU de MILAN · proponendo frasi con il 90% di errori...

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Anno XVI – Numero 101 – Gennaio/Febbraio 2014 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999 ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE SCIROEU de MILAN www.sciroeu.it Non vi sono dubbi: in- ternet ha contribuito a risolvere diversi nostri problemi, basti pensare per esempio agli acquisti on line, alla ricerca di un luogo o di un argomento, al pagamento di utenze, e ad altri mille argomenti. È altrettanto vero che, purtroppo, in internet, specialmente in quelli che sono deiniti social network, chiunque possa scrivere di qualunque ar- gomento, spesso andando oltre le righe o proponen- do argomenti dei quali non è a conoscenza. E qui assistiamo, almeno per quanto riguarda i dialetti - e mi riferisco in parti- colare al milanese - a brutture e imperfezioni tali da far accapponare la pelle! Pretendere di tutelare il dialetto milanese scrivendo e proponendo frasi con il 90% di errori grammaticali è davvero svilente e a lungo andare, anziché tutelare, il rischio è di distruggere il dialetto nelle sue più corret- te espressioni. Non voglio assolutamente demonizzare internet né censire la libertà di espressione di ogni individuo, ri- tengo tuttavia che per disquisire di un argomento pri- ma lo si debba conoscere a fondo. Esimi cultori della nostra parlata, come il Prof. Clau- dio Beretta, l’ing. Cesare Comoletti, il dott. Franco Nicoli e molti altri si sono impegnati per tramandarci preziosità quali la grammatica milanese, la letteratura, attraverso pubblicazioni di vero pregio. Pretendere quindi di “salvare” il dialetto milanese scrivendo - l’ho letto proprio oggi - “poc”, la tradu- zione di poco in italiano, non è salvare il nostro dialet- to, già così dileggiato, ma equivale a distruggerlo. Poco si traduce “pòcch”, con accento grave sulla “o”, due “c” e la “h” in ine di parola per determinare il suono duro della “c” che altrimenti dovrebbe essere letta dolce, come per esempio in italiano “cena”. Rispettiamo la libertà di espressione di tutti ma racco- mandiamo al più vasto pubblico di difidare di talune espressioni rivenienti da internet o, quantomeno, di accertarne la correttezza. Non mi stancherò mai di ribadire, a chi sostiene che gli stessi Porta e Tessa facessero tesoro delle espres- sioni popolari del Verziere, che i loro scritti sono cor- retti e non certamente sgrammaticati. L’Accademia del Dialetto Milanese, con ogni suo mezzo, difenderà la corretta graia e fonetica afinché non vadano perduti i canoni della nostra storia e della nostra cultura. Buon Anno a tutti!! Gianfranco Gandini INTERNET E DIALETTO

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Anno XVI – Numero 101 – Gennaio/Febbraio 2014 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999

ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE

SCIROEU de MILANwww.sciroeu.it

Non vi sono dubbi: in-ternet ha contribuito a risolvere diversi nostri problemi, basti pensare per esempio agli acquisti on line, alla ricerca di un luogo o di un argomento, al pagamento di utenze, e ad altri mille argomenti.È altrettanto vero che, purtroppo, in internet, specialmente in quelli che sono deiniti social network, chiunque possa scrivere di qualunque ar-gomento, spesso andando oltre le righe o proponen-do argomenti dei quali non è a conoscenza. E qui assistiamo, almeno per quanto riguarda i dialetti - e mi riferisco in parti-colare al milanese - a brutture e imperfezioni tali da far accapponare la pelle!Pretendere di tutelare il dialetto milanese scrivendo e proponendo frasi con il 90% di errori grammaticali è davvero svilente e a lungo andare, anziché tutelare, il rischio è di distruggere il dialetto nelle sue più corret-te espressioni.Non voglio assolutamente demonizzare internet né censire la libertà di espressione di ogni individuo, ri-tengo tuttavia che per disquisire di un argomento pri-ma lo si debba conoscere a fondo.Esimi cultori della nostra parlata, come il Prof. Clau-dio Beretta, l’ing. Cesare Comoletti, il dott. Franco Nicoli e molti altri si sono impegnati per tramandarci preziosità quali la grammatica milanese, la letteratura, attraverso pubblicazioni di vero pregio.Pretendere quindi di “salvare” il dialetto milanese scrivendo - l’ho letto proprio oggi - “poc”, la tradu-zione di poco in italiano, non è salvare il nostro dialet-

to, già così dileggiato, ma equivale a distruggerlo.Poco si traduce “pòcch”, con accento grave sulla “o”, due “c” e la “h” in ine di parola per determinare il suono duro della “c” che altrimenti dovrebbe essere letta dolce, come per esempio in italiano “cena”.Rispettiamo la libertà di espressione di tutti ma racco-mandiamo al più vasto pubblico di difidare di talune espressioni rivenienti da internet o, quantomeno, di accertarne la correttezza.Non mi stancherò mai di ribadire, a chi sostiene che gli stessi Porta e Tessa facessero tesoro delle espres-sioni popolari del Verziere, che i loro scritti sono cor-retti e non certamente sgrammaticati. L’Accademia del Dialetto Milanese, con ogni suo mezzo, difenderà la corretta graia e fonetica afinché non vadano perduti i canoni della nostra storia e della nostra cultura.Buon Anno a tutti!!

Gianfranco Gandini

INTERNET E DIALETTO

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SOMMARIO

2 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

EDITORIALEInternet e dialettodi Gianfranco Gandini

1

PROGRAMMI E SEGNALAZIONI 3

Esporre la storia: il museo Martinitt e Stelline di Milanodi Francesca Piragine

5

Carlo Portada “Letteratura dialettale milanese” di Claudio Beretta

6

Milano, città dell’Olonadi Maria Grazia Tolfo

8

IN CARTA 10

MILAN... LA COGNOSSI? di Giorgio Moro Visconti

Milano verticalizzata11

SCIROEU DE LA PRÒSAAnnoni, Passera, Scagliola, Scurati

12

LEGGIUU E SCOLTAA 17

Spose bambine, primitivo presentedi Marialuisa Villa Vanetti

20

VEDRINA DE LA BOTANICA a cura di Fior-ella

Asparago, afrodisiaco selvatico21

Il perché della vittoria di Davide su Goliadi Osmano Cifaldi

22

CUNTA SÙ di Ella Torretta

L’Omett del dodes23

VOS DE RINGHERA 24

SALUTE A MILANO di Filippo Bianchi

Basta un poco di zucchero...25

FIRIFISS 27

Accademia

del Dialetto Milanese

Quote annue di adesione del 2014

Soci Aderenti da € 35,00Soci Effettivi da € 52,00Soci Sostenitori da € 180,00

La quota può essere versata su

Banca Popolare del Commercio e

dell’Industria

Iban IT24H0504801613000000003602

Agenzia 33 – via Secchi 2 – Milano

oppure: C/C Postale N°24579203

“Accademia del Dialetto Milanese”

SCIROEU de MILANEdito dall’Accademia del Dialetto Milanese

Bimestrale fondato nel 1999Reg. Trib. di Milano N°789 del 24-12-99

Direttore: Gianfranco Gandini

Fax 02 8266463

www.sciroeu.it

ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESESede c/o Centro Culturale di Milano

Via Zebedia 2 - 20123 MilanoTel. 3336995933 Fax 028266463C.F. 97206790152 NAT. GIUR. 12

Presidente onorario: Gino Toller Melzi

Presidente: Gianfranco Gandini

Vicepresidente: Mario Scurati

Consiglieri: Ella Torretta - Segretaria Edoardo Bossi

Mario Scurati

Lucio Calenzani

Redazione: Edoardo Bossi,

Gianfranco Gandini,

Francesca Piragine

Gino Toller Melzi, Ella Torretta,

Marialuisa Villa Vanetti

E-mail: [email protected]

Hanno collaborato a questo numero:Filippo Bianchi, Osmano Cifaldi,

Fior-ella, Maria Grazia Tolfo,

Giorgio Moro Visconti

Realizzazione e disegni di:

Marialuisa Villa Vanetti

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PROGRAMMI

Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014 3

APPONTAMENT E MANIFESTAZION:

Sabato 11 gennaio h. 15.00 Sciroeu di Poetta

c/o Circolo Filologico Milanese Via Clerici 10

Sabato 8 febbraio h. 15.30 Sciroeu di Poetta

c/o Circolo Filologico MilaneseVia Clerici 10

Sabato 1 marzo h. 15.30 Sciroeu di Poetta

c/o Circolo Filologico MilaneseVia Clerici 10

Manifestazion di amis

ADA LAUZI

“I AMIS DE LA POESIA”

ogni terzo lunedì del mese alle 15.30presso la Sala Bleu della Parrocchia di San Protaso, via Osoppo 2 - Milano Per ulteriori informazioni o delucidazioni è possibile

prendere contatto con Ada Lauzi al numero 02 48302536

www.sciroeu.it

Gino Toller Melziconversazioni

“Storia di Milano”

il giovedì

dalle 16.30 alle 17.30

UNITREvia Ariberto 11 - Milano

Ella Torrettaconversazioni

“Freguj de milanes”

quindicinalmenteil giovedì alle 15.30

ed alle 16.30 “Scrivemm in milanes”

Humaniter

via S. Barnaba, 48 - Milano

El Pontesell - Biblioteca Fra’ Cristoforo - via Fra’ Cristoforo 6 - Milano

XVI Corso di Lingua e Cultura Milanese

tutti i Lunedì dalle 16.45 alle 19.15

Docenti: Paola Cavanna, Gianmaria Ferrari, Gianfranco Gandini, Bianca Mancuso,

Pietro Passera, Mario Torchio con la partecipazione di altri esperti.

“Giornate riservate al poeta amico” e“Giornate dedicate a canzoni di tradizione e cori”

Informazioni telefoniche dalle 17,00 alle 19,00 - 02 89530231 - 02 88465806 - 02 26145172

CIRCOLO FILOLOGICO MILANESE - via Clerici 10 - Ogni mercoledì dalle 18.15 alle 19.30

corso “L’ABC del Milanese” corso avanzato tenuto da Gianfranco Gandini e Alma Brioschi

RADIO MENEGHINA

Radio Meneghina, fondata da Tullio Barbato nel 1976, sta riposizionando la sua presenza sul territorio a Milano-centro in via Caffaro e in via Trasimeno. Trasmette interventi di Luca Barbato, Mario Censabella, Ada Lauzi, Enzo Ravioli, Roberto Carusi, Gianfranco Gandini, Roberto Marelli, Alma Brioschi, Giuliano Fournier, Roye Lee, Piero Bianchi, Liliana Feldman, Ella Torretta, Pierluigi Amietta, Natale Comotti, Vincenzo Barbieri, Roberto Biscardini, Michaela Barbato, Lorenzo Barbato e le dirette delle partite di calcio casalinghe dell’Inter dallo stadio Meazza.. Radio Meneghina è l’emittente che riserva il maggiore spazio alla produzione dialettale di canzoni, poesie, prose.

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4 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

PER IL COCORSO “LEMENE” È possibile inviare una sola poesia

entro il 10 febbraio 2014presso COMPAGNIA DIALETTALE I SOLITI,

Segreteria del Premio F. DE LEMENEVia Roma, 9

26836 MONTANASO LOMBARDOPer info 0371 68590 - [email protected]

PER CONCORSO IL SOLCO Inviare tre composizioni

entro il 21 dicembre 2013presso CENTRO CULTURALEDON ETTORE PASSAMONTI

P.zza San Francesco 1320853 BIASSONO

Per info 039 [email protected]

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Esporre la storia: il museo Martinitt e Stelline di MilanoUn esempio in cui le ricerche museograiche si intrecciano con quelle storiche.di Francesca Piragine

Ci sono istituzioni culturali che nascono e vivono sul territorio cittadino senza far troppo rumore. È il caso del Museo Martinitt e Stelline di Milano, inaugurato nel 2009 per iniziativa dell’Azienda di Servizi alla Persona Istitu-ti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio; un punto di arrivo e di riferimento di molte delle ricerche metodologiche in campo museograico, museologico e ar-chivistico. Le migliaia di documenti conservati nel palazzo di Corso Magenta rappresentano il nucleo centrale intorno al quale è stato costruito il museo. Si tratta di pezzi importanti di storia cittadina, fonti che testimoniano la presenza sem-pre più evidente dello Stato nel settore della beneicenza e dell’ assistenza, racconti personali che si intrecciano con la vita economica di Milano, con quella di industriali, ar-tigiani, artisti, professionisti della nascente borghesia. Ma anche frammenti di vita scolastica, di didattica applicata, di apprendimenti professionali. Dallo spoglio dei fascicoli personali emerge un universo ricco di storie, un mondo

che da un lato ci incuriosisce per il rapporto tra gli orfani e la nascente Milano industriale, e dall’altro ci commuove per le tante microstorie delle quali è rintracciabile memo-ria nei documenti, nelle foto e negli oggetti conservati. Gli orfanotroi Martinitt e Stelline sono enti assistenziali fondati secoli or sono. Fu San Gerolamo Emiliani ad isti-tuire quello maschile nel 1532, mentre l’orfanotroio fem-minile della Stella nacque a metà del ’700 dalla fusione dell’Antico Ospizio dei Mendicanti della Stella (fondato da San Carlo Borromeo nel Cinquecento) e dal ramo fem-minile dell’orfanotroio istituito da San Gerolamo. Gestiti unitariamente al Pio Albergo Trivulzio dall’Unità d’Italia, i Martinitt e le Stelline sono stati attivi ino agli anni ’70 del Novecento.Oggi rappresentano il simbolo di una “Milano beneica e previdente” che nel passato ha unito, sotto il comune denominatore della solidarietà, nobili, prelati e comuni cittadini.Il Museo narra la storia di Milano non solo con i documen-ti d’archivio, ma anche attraverso quadri, libri, fotograie, con un approccio multidisciplinare e interattivo che per-mette la fruizione anche da parte di un’utenza non spe-cialistica. Si tratta, infatti, del primo museo interamente multimediale della città. Di particolare rilievo è il fondo bibliotecario; esso racco-glie e conserva tutti i testi che si ritenevano utili alla for-mazione dei ragazzi. Quanto alla bella quadreria, essa è in gran parte dedicata ai ritratti gratulatori dei benefattori, generosi cittadini che, avendo particolarmente a cuore i valori dell’educazione e della formazione professionale dei giovani, hanno lasciato i loro patrimoni agli enti assi-stenziali milanesi.Creare un museo intorno ad un archivio è operazione non semplice ed esige molteplici competenze. Quello che è stato fatto nel palazzo di Corso Magenta è “mettere in sce-na” i documenti, rappresentandoli virtualmente attraverso delle vere e proprie installazioni, come l’aula scolastica in cui si possono seguire le lezioni o il laboratorio, dove i Martinitt, alle prese con l’apprendistato, sembrano muo-versi e interagire con il visitatore. Il Museo è da vedere. Da soli, se siamo riusciti a ritagliarci un’ora lontano dallo stress della città. Con i nostri igli, se saremo capaci di convincerli a passare una domenica di-versa. Ma soprattutto con gli studenti, se siamo insegnanti, per farli rilettere criticamente sul metodo storico e per far comprendere loro, attraverso i laboratori didattici, l’im-portanza delle fonti e il signiicato profondo della ricerca.

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ACCADEMIAda “LETTERATURA DIALETTALE MILANESE” di Claudio Beretta

Carlo Porta

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Dalla letteratura di Claudio Beretta: “Passa l’ora del desinare per qualche giorno, poi un mese, poi un anno e

il guardiano non ritorna. I frati non sapevano capacitarsi che avesse avuto un trattamento da san Francesco.

Non potendo più aspettare scelgono un altro guardiano ancora più panciuto, hanno messo delle inferriate ai

inestroni afinché non si ripetesse l’inconveniente...”...dopo 112 anni all’ora della cena, quando nessuno se l’aspetta, si sente scampanellare molto vigorosamente

al portone del convento...”

FRAA DIODATT

Fraa Diodatt de Tolosa guardian,anzi deinitor di zoccolott,amalastant el pes del fabriane de cinqu brazza in roeuda de trippott,el stava tutt i nocc sospes in l’ariparicc or in sul gust d’on lampedari.

Ciovè, me doo d’intend ch’el stava sù minga taccaa a quaj asa, o quai rampon,ma in estess, bandonaa, lù de per lù come sarav i gemm faa col savon.Miracol ch’el sarav gross in cà mia,ma che in di sant l’è ona cojonaria.

Ora ona bella sira dell’estaa, cantand devotament fraa Diodattel sò vesper in còr coj olter fraa,el s’è vist a volzass tutt in d’on tratte a andà sù sù bell bell cont on cerinmostos come el scisciass on busecchin.

E sù e sù, quand l’è asquas lì ch’el tocca el sofitt cont i brasc, el stà lì on bott;el fa ona girivoeulta, e poeù l’imboccaon bravo fenestron con sù nagott;molla i brasc, sbassa el coo, sterza on poo el cuu,e fôrt foeura di ball, chi avuu n’ha avuu.

Foeura i fraa tucc in tròppa alla serennaa vedè el vol de Soa Reverenza,ma, per quant corren riven malappenna a vedell pocch pù grand d’ona carzenza;se tarden anca mò on minutt o duu el veden nient pù grand del bus del cuu

Frate Adeodato da Tolosa guardiano,

anzi “deinitore” degli zoccolanti,malgrado il peso del fabriano e di cinque

braccia di trippa tutt’intorno,

stava tutte le notti sospeso in aria

parecchie ore sul far d’un lampadario.

Cioè, mi do a intendere che stava su

mica attaccato a qualche cappio o a qualche gancio,

ma in estasi, rapito, lui da solo

come sarebbero le gemme fatte [dalle bolle] del sapone.

Miracolo che sarebbe grosso in casa mia,

ma che dai santi è una coglioneria.

Ora una bella sera dell’estate,

cantando devotamente frate Adeodato

il suo vespero, in coro cogli altri frati,

lo si è visto alzarsi tutt’a un tratto

e andar su bel bello con un cerino [una cera deliziata]

mostoso come se succhiasse un sanguinaccio.

E su e su, quando è quasi lì che tocca

il sofitto con le braccia, sta lì un botto,fa una girivolta e poi imbocca

un bravo inestrone con su niente; molla le braccia, abbassa il capo, sterza un po’ il culo

e fôrt fuori dalle balle, chi ne ha avuto ne ha avuto.

Fuori i frati tutti in frotta al sereno

a vedere il volo di Sua Riverenza,

ma, per quanto corrano, arrivano a malapena

a vederlo poco più grande d’una focaccia

se tardano ancora un minuto o due

lo vedono niente più grande del buco del culo

FRATE ADEODATO

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Continua nel prossimo numero

Corr el fraa portinee mezz a taston,bestemmiand la pressa a quell che sonna,e dopo d’avè vist daj boeucc del spionche l’eva on fraa, o el pareva alla pattonna,Benedicite, el dis, razza de muj!S’cioppa i fasoeu de fà tant cattabuj?

Pax vobis, respond a quell, e lì el se inviaamalappenna avert el refettori;pian, ferma, cossa fal, l’olter el cria,ma quell senza fagh olter responseriel slonga el pass, de moeud ch’el portineepar sta voeulta el pà dagh el nas dedree.

Ve sii mai imbattuu in quaj ostariaa fallà l’uss dopo vess staa a pissàe andà in mezz a tutt’oltra compagniacantand cont i botton mezz lazzà?Ben: fee cunt press a pocch che per adessel cas del refettori el sia l’istess.

Resten i fraa de stucch, pesc che incantaaa trovass lì denanz vun del sò croeucctutt a ilaper, sporch e spaventaach’el gira intorna mezza spanna d’oeucc,e resten tant de stucch che pienten lìin de mangià e de bev, che l’è tutt dì.

El guardian credendel el Diavolch’el voeubbia fagh passà ona mala sirarampèghes alla mej in pee del tavole lì cont on coracc de milla liracome el fuss san Dominegh in personnatrìnciegh giò on bell croson colla coronna.

Corre il frate portinaio mezzo a tastoni,

bestemmiando alla premura e a quello che suona,

e dopo d’aver visto dai buchi dello spioncino

che era un frate, o tale sembrava dal saio,

“benedicite”, dice “razza di muli!

Scoppiano i fagioli per fare tanta cagnara?”

“Pax vobis” risponde quello e lì si avvia

non appena aperto, al refettorio;

“piano, si fermi, cosa fa?” l’altro grida,

ma quello senza dare altra risposta

allunga il passo di modo che il portinaio

per questa volta può darci il naso dietro.

Non vi siete mai imbattuti, in qualche osteria,

a sbagliar d’uscio dopo essere stati a pisciare,

e ad andare in mezzo a tutt’altra compagnia,

cantando, con i bottoni mezzi da allacciare?

Bene: fate conto press’a poco che per adesso

il caso del refettorio sia lo stesso.

Restano i frati di stucco, peggio che incantati

a trovarsi lì dinnanzi uno del loro crocchio,

tutto silacciato, sporco e spaventatoche gira intorno mezza spanna d’occhi,

e restano tanto di stucco che piantano lì

in di mangiar e di bere, che è tutto dire.

Il guardiano, credendolo il Diavolo

che voglia fargli passare una mala serata,

arrampicato alla meglio in piedi sul tavolo

e lì con un coraggio da mille lire,

come fosse San Domenico in persona,

gli trincia giù una bella croce con la corona.

GiottoSan Francesco predica agli uccelli

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L’articolo Via Olona di Giorgio Moro Visconti - SCIROEU n°99, settembre-ottobre 2013, pp.11 e 26 - metteva in risalto come per gli storici del secolo scorso il rapporto tra la città e il iume Olonna fosse ancora molto sentito, tanto che Cesare Cantù e Raf-faele Bagnoli parlavano di Milano come di “città del-l’Olona” o di “Milano-Olona”. Non è strano che una città si qualiichi con il iume che la attraversa, ma è a dir poco curioso quando questo binomio Milano-Olona si ritrova in almeno due altri casi in Francia. In un’ansa del iume Marna dal 900 a.C. c’era un emporio, Olonna, dove venivano depositate le merci che viaggiavano lungo il iume. Il centro abitato era qualche chilometro più a sud, leggermente sopraelea-to (oggi Le Châtelet a Gourzon, dip. Haute Marne). La Marna è un iume maestoso, con ampi stagni e impaludamenti tra un’ansa e l’altra; ciò nonostante i Romani vollero fondare dopo la conquista cesariana un Mediolanum per il coordinamento amministrativo delle tribù celtiche, proprio accanto a Olonna. I due siti venivano però vissuti come uniti e apparivano come un unico “castrum Mediolanense o d’Olonna”. Nel medioevo Olonna mutò il nome in Saint Dizier e si sviluppò come centro abitato, mentre Moeslains si emarginò negli stagni, oggi boniicati per far posto alla base aeronautica militare.

Il secondo caso riguarda un sobborgo della periferia orientale di Grenoble sul iume Isère: Olonna diven-ne Meylan passando per Mediolanum senza avere le funzioni amministrative degli altri siti omonimi fon-dati dai Romani nelle Gallie. La conformazione idro-

Milano, città dell’Olonadi Maria Grazia Tolfo

logica è molto simile a quella della Marna: il iume forma un’ampia ansa, dove un tempo si trovavano gli stagni. Ancora oggidì si può notare come l’ansa del iume sia considerata una zona di rispetto senza costruzioni. Cosa si sa di Olonna? Era una sorta di presidio e solo nel I sec. d.C. si costruì una fattoria di cui restano tracce archeologiche.L’aspetto più evidente in entrambi i casi è che il

nome Olonna si riferisce a toponimi in curve luviali, non al iume stesso, come se con quel nome si voles-se segnalare una particolarità nell’andamento della corrente. Infatti, se si prescinde dall’associazione con Mediolanum, si trovano altri casi di Olonna in

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Francia e in Italia che potrebbero avvalorare que-sta osservazione. Nel dipartimento del Doubs, in un’ansa del iume Ognon, si trova Ollans, niente di più del gruppetto di case che si nota nella foto. L’Ognon si chiamava in origine Odonna, tradot-to come “torrente”. E’ un sinonimo di Olonna? Da quanto si può dedurre dai tre casi in qui esaminati, Olonna poteva riferirsi a una condizione di lanca luviale con in più una qualità di approdo, di attra-versamento. Il caso italiano si trova in Liguria: Ola-no sulla Bormida di Màllare, nel Savonese. La gra-ia è diversa, ma il iume presenta una curva proprio dove si posiziona Olano, senza altre caratteristiche deducibili dalla pianta di Google.Veniamo a Mi-lano. Sappiamo che la nostra città si chiamava “Me-

diolanum” prima dell’arrivo dei Rom-ani sul nostro territo-rio, ma siamo sicuri che fosse proprio già pronunciata così dagli Insubri o dai Liguri che abitavano le rive dell’Olona? Come si presentava l’andamento del iume prima che i Romani deviasse-ro le sue acque all’altezza di Rho per immetterle nel fossato delle mura repubblicane? E se avesse formato anche da noi una di quelle ampie anse disseminate di stagni che si vedono nella Marna e nell’Isère? Resta sempre il fatto che i Romani udi-rono un nome simile a Mediolanum sia per la nostra città sia per Meylan: se ci appoggiamo al caso francese, cosa pote-va essere che contenesse la parola Olon-

na e si potesse facilmente trasformare in Mediolanum?Sull’Appennino reggiano si trova Costa Medolana: una collina che controlla uno dei torrenti più bizzarri dell’Appennino,

il Tassobbio. Il torrente ha la sua sorgente a Marola, dalla parte opposta di Medolana, fa il giro della col-linetta, la costa appunto, e poi inverte la corrente con un’ampia curva dirigendosi a nord invece che a sud come tutti gli altri torrenti. L’impressione che si ha è proprio di un’acqua che vada contro-corrente, un po’ come i salmoni, insomma. A noi può inter-essare il toponimo, che ci appare come composto da Mede+Olana, dove “Mede” non sta tanto ad in-dicare il “mezzo”, la centralità, ma il controllo, il prendersi cura (stessa radice di “medico”), molto probabilmente ai ini di garantire il collegamento fra pianura padana e Liguria. Ci resta alla ine una suggestione, che si riallaccia

alle osservazioni di Visconti e dei nostri illustri storici: Milano e Meylan potevano essere nate come presidi in anse particolarmente soggette ad alluvione? Il loro nome era un composto di Mede e Olano, proprio come i due generali che secondo una delle leggende di fondazione avevano dato origine alla nostra città?

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IN CARTA

Anna Maria Radice

Una nuova raccolta di poesie che Anna Maria Radi-ce ci presenta dopo un breve lasso di tempo dal suo precedente “Radis”.Segno palese questo che la vena dei poeti meneghini è tutt’altro che sterile, come vorrebbero certe voci male informate.Anna Maria volge lo sguardo sulle cose che ci cir-condano e trova anche il coraggio di interrogarsi e di proporre il quesito al più vasto pubblico, sulle ansie e sulle debolezze umane che vedono il loro esprimer-si ormai quotidianamente... “Perchè, Signor... per-chè...”Ancora una silloge di Anna Maria Radice che ci invi-ta a rilettere, a pensare...

Alberico Contursi

Scrivo in una modesta postfazione al “Ciappa el tramm...” di Alberico Contursi – Bico – che la poesia è come una corda di violino che, adeguatamente sol-lecitata, ci trasmette quella serie di vibranti emozioni non riscontrabili altrimenti.

Ho inteso suggerire questa metafora pensando al-l’autore che, proteso sempre più nella fervida attività della poetica non perde occasione per catturare e tra-smettere quella serie di emozioni, non percepite da un animo privo della sensibilità del poeta.

E Bico, anch’esso teso come corda di violino, per-cepisce le emozioni e le trasmette e le propone agli amici con le sue poesie nelle quali vi è una costante ricerca di termini non proprio quotidiani, anche nel linguaggio dei vecchi meneghini.

Assistiamo quindi a una duplice proposta da Bico che, oltre alle sue liriche, ci ricorda che il milanese è una lingua che deve continuamente essere presente anche nei suoi termini più reconditi.

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ACCADEMIAMILAN... LA COGNOSSI? a cura di Giorgio Moro Visconti

Milano verticalizzata di Giorgio Moro Visconti

Continua a pag. 26

Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014 11

Le antiche e le storiche vie di Milano continuano a suscitare investigazioni sentimentali, ma il panorama urbanistico negli ultimi anni si è verticalizzato con numerosi grattacieli, in alcune aree, come quella Garibaldi e la costruzione in corso di diversi altri, come quelli di Citylife (vecchia Fiera di Milano). Anche da questo punto di vista la nostra città è prima in Italia. Il grattacielo è nato negli USA intorno al 1880 a Chicago, rispondendo agli stimoli della civiltà industriale, offrendo una risposta alla forte concentrazione urbana e alla crescita del terziario. Nel libro di Massimo Beltrame “Milano guarda in alto”, edizioni Milano Expo 2012, a pag. 156, sono elencati gli ediici, che guidano la classiica dei primi 10 grattacieli in Italia al 2012. Il primo è la Torre Unicredit alta 232 metri, 32 piani, ultimata nel 2011, dell’architetto argentino Cèsar Pelli, ubicato a Porta Nuova (pubblichiamo due fotograie che ci ha inviato l’uficio Media Relations di Unicredit). Il Duomo, che è alto 108,50 metri resta il simbolo della città. Forse non tutti sanno che la statua della Madonnina fu messa nel 1774. Nel 2010 era stato inaugurato il Palazzo della Regione Lombardia, alto 161 metri (architetti americani), che ha sostituito la sede storica del Grattacielo Pirelli (127 metri, 1960, architetti Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Rinardi, Egidio Dell’Orto). Questi enormi ediici, con migliaia di persone che ci lavorano, sono destinati a tante funzioni e tanti servizi e dovrebbero assolvere anche alla necessità di centri di incontro della vita sociale con aree destinate a mostre, musei, auditorium, negozi, palestre e così via, luoghi, in altri termini per relazionarsi, socializzare e integrarsi meglio, soprattutto tra i giovani. Il Bosco Verticale (2012, 110 metri, architetto Stefano Boeri, ubicato in zona Lunetta Isola, Porta Nuova) è un esempio innovativo per la sua caratteristica ambientale ed ecologica con la presenza di tanti alberelli. E’ auspicabile che in futuro aumenti il numero di metri quadri di verde

per abitante. Oltre che dei grattacieli, si parla anche di torri. Per esempio cento anni fa nel 1914 Torre all’angolo di via Carducci e via San Vittore. Nel 1923 gli ediici gemelli in Piazza Piemonte alti 38 metri. Al 1933 risale la Torre Littoria o Torre del Parco-Triennale adesso Torre Branca, alta 108,60 metri, con un ascensore che ti porta a godere una bella visione panoramica di Milano. Effettivamente è utile, visitando le città, poterle guardare anche dall’alto per avere una visione complessiva. Nel 1937 inaugurata la Torre Snia Viscosa alta 59 metri in Corso Matteotti 11. La Torre Locatelli in Piazza della Repubblica 27, inita nel 1939, è alta 67 metri. La Torre Breda (116 m) del 1954 è in Piazza della Repubblica 32. La Torre Velasca (1958, 106 metri) è quella più centrale. Le Torri Garibaldi in Piazza S. Freud (architetti Laura Lazzari e Giancarlo Perotta), alte 120 metri (con l’antenna) erano state costruite dal 1983 al 1989 e sono state ristrutturate nel 2010.

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SCIROEU DE LA PRÒSA

CARA EL MÈ MONDMario Scurati

Cara el mè Mond, l’è vera, i òmen, tutti i dì inventen on quaicòss de noeuv, e disaria che l’è ona gran bella ròbba, perchè el progress el gh’ha mai de fermass.Però l’è anca vera che minga tutt’i novità sien posi-tiv, perchè che la tal “materia grigia” di òmen ògni tant la fa i caprizzi.Ma ’dess, cara el mè Mond, intanta ch’el temp el scarliga semper cont el sò pass, longh ò curt ch’el sia, a second di vari ponti de vista, hann tiraa in ball on quaicòss che se el va avanti a sta manera, el sarà bon de rallentà anca la corsa del temp.Sì, cara el mè Mond, pensa on poo cos’è che hann inventaa: la “BUROCRAZIA” e sta benedetta sciora l’è nassuda e cressuda on poo in tutti i paes, ma doe la s’è sviluppada pròppi ben l’è in di nòster part.La “BUROCRAZIA” l’è come ona bissa, la s’inila pròppi in tutti i cantoni: in di ofizzi doe se dev andà per sbrigà ona pratica ò per procurass di document... in del dottor... a la pòsta... ò in ospedal per curà on quai mal carògna. Sì, pròppi in tutti i sit.Lassemm perd, cara el mè Mond, certi “Ministeri” ò ona quai “Aula di tribunale”, lì la sciora “BURO-CRAZIA” l’è rivada al massim e la faria minga fadi-ga a vess premiada cont on bell “Premio Nobel” per “meriti eccezionali di lentezza”. Sì, cara el mè Mond, se al dì d’incoeu salta foeura la necessità de vegh a che fà con certi servizi, semm denter in la palta in al còll e a part casi rari l’è im-possibil sortì foeura.Ma se te parlet con quei che la “BUROCRAZIA” l’hann creada e la doperen come nunch doperom el iaa per respirà, ghe ne va a lor, perchè disen che se pò minga fà diversament in fonzion de “la legge” che la gh’ha de vess rispettada. Oltra tutt disen che pròp-pi lor hinn i “fautori” de la “sempliicazione” per fà caminà tusscòss a la svelta e senza topich.Sì, cara el mè Mond, sti sciori gh’hann ona faccia de tòlla che la fa vegnì i sciattitt in del venter e i sgrisor in di òss a tutti quei cristian che gh’hann on compor-tament onest e s’cett!Parlemm minga, cara el mè Mond, de che la tal fra-se che gh’è in tutti i tribunai: “La giustizia è uguale per tutti”, almen fudess inscì, ma spess e volentera la sòna ’me ona “presa in giro” per tanta gent che la gh’ha nò la possibilità de difendes.Sì, cara el mè Mond, sta benedetta “BUROCRA-

ZIA” inséma a la mancanza de bon sens e spess anca a competenza, la rend la vita pussee fadigosa, pro-blematica e semper in salida per colpa d’ona certa percentual de personagg che creden de vess chissà cos’è, ma in bòna sostanza pensen domà al sò borsin e se ne freghen del sò pròssim.L’è nò che sian tucc a sta manera, ma la part grama de sta categoria la rend la vita semper pussee ingar-biada.Sì, cara el mè Mond, ghe voraria ona bella scorlida per disfescià on poo de “BUROCRAZIA” e viv i-nalment pussee serenament!!

STRAMILANO E COMPAGNIA (de maltraainsè-ma)Adriana Scagliola

In di ann ’70 eren vegnuu de mòda i “cors minga competitiv”. Con la scusa che per la “austerity” se podeva minga andà in macchina la domenèga, quand rivava la primavera se organizzaven di sgambad per tucc i gust e tucc i gamb. La corsa regina de Milan l’era e l’è ancamò incoeu, la “Stramilano”. La prima edizion l’è stada el 14 de marz del 1972. 22 km e ghe partecipavom in 50.000, come adèss che l’è domà de 10 km.On poo de settimann prima, tucc i parch de la città se impieniven de gent infolarmada a corr per rinforzà garoni e polmoni.Mì ghe andavi senza allenament, con la milza che la s’cioppava e on gran mal de pè, anca perchè mettevi sù di scarp de tennis del lella; on para de vòlt m’è ina saltaa via l’ongia del didon…Ma faseva nagòtt: l’era tròpp bèll corr senza quei rompaball di macchin, camminà e cicciarà cont on quaivun senza el frecàss di motor e di lambrètt, i orègg pien domà di tambor e di ziffol che on quai mattascion moccava mai de sonà.L’era bèll Milan pien domà de gent de tutt’i età, de corsa, in biciclètta, sui schettin, in triciclo, vestii de-spèss ’me i pajàsc del circh Orfèi. Anca mì me consciavi de trà via. Gh’avevi la mia divisa de combattiment milanista. A part i scarp del tennis strepenaa, mettevì sù el sottanin bianch a volant in pizz sangall de la mia mama, ona majètta rossa, la sciarpa e el berett del Milan e soratutt on

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SCIROEU DE LA PRÒSA

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“bouquet” de sposa faa de vundes pòmpòn de lana rossa e negra. La “Stramilano” la partiva de Piazza del Dòmm, piè-na ’me ’na caldera de coriandol e la iniva a l’Arè-na. I ultim duu chilòmeter eren i pussee dur, de Piazza Firenze se faseva tutt el cors Sempion, dove in fond se vedeva el nòster “Arch de trionf” che pareva slon-tanàss a ògni pass.El moment pussee divertent l’era al riforniment de Piazza Napoli, al chilòmetro quindes. La Central del Latt de Milan l’era vun di “sponsor” e la offriva pà-nera e latt a tucc. Mila scartozzei iniven schisciaa per tèrra e rivà a ciappà la soa razion de sopravvi-venza senza borlà in setton l’era on’impresa minga de pòcch.Mì correvi cont i mè compagn de scòla, i mè cusin, i amis de la mia pòrta. Se ciamavom la “compagnia di maltraainsèma” e fasevom anca i alter “classich” de minga perd.Per esempi la “Sù e giò per i Navili”, el “Notturno della zanzara”, dove se correva de nòtt in di camp de Rozzan e serom ona iumana de lusiroeul giald, per-chè a la partenza ne daven ona cannetta de plastica sberlusenta per s’ciarì la strada. A la in de ’sti sfacchinad collettiv, stràcch e masaraa, serom tucc content de stravaccass in tèrra e de trà via i scarp. Perchè avevom faa on quaicòss de bèll insèma ai al-ter e se serom sentii tucc giovin e atlètich, anca quèi con la panscia ò cont i cai.

DASS ONA REGOLADA - dal liber “Cattiveri e nò” Enzo Annoni

Autistèi che avii ciappaa la patent con la mutua, che passii semper col ross, che posteggii l’otomòbil de sbiess, che fermii la macchina in seconda ila, coi

quatter frecc d’emergenza, perchè gh’avii de mett a pòst el coo… in del perucchee, che sorpassii anca in dove se po’ nò, che vegnii foeura dal stòpp con mez-za macchina, che viaggii incollaa a la targa de quell denanz... mì son stuff de stà attent anca per vialter! Per quest, prima che succeda on patratracch, déves ona regolada! Vipp de strapazz, col macchinon compraa col lisingh, cont i vestii irmaa de la boticch del vial Papiniano, coi vicch-end passaa a l’ester, per fav bell de bocca, cont el portatil a l’ultima mòda, per fà vedè che sii di manager... mì son stuff de sopportav! Per quest, prima che succeda on patratracch, déves ona regolada! Gainatt, lader, drogaa, lavativ, politegh casciaball, giornalista venduu, giudes impegolaa, dirigent pub-blich che sii bravi domà per la tessera che gh’avii in saccòccia, sapientoni vanaglorios che avii mai ca-pii nagòtt, prepotent che credii de vess i padron del mond, domà perchè incoeu gh’è pù de giustizia... mì son stuff de tegniv come di pùres sù la mia pell. Per quest, prima che succeda on patratracch, déves ona regolada! Dònn che andee in gir coi majett strenc strenc in ma-nera che ve salta foeura tuttcòss, cont i sòcch che a tutt’i pass che ii diventen semper pussee curt e che seguttii a tirai giò cont i man, col soll risultaa de fass vardaa anca da chi el gh’ha voeuja nò... mì son stuff di vòster provocazion. Per quest, prima che succeda on patratracch, déves... Ciosca! Quanta grazia de Dio! Tutta ròba bella e ben

fada! Mì, quand ve vardi camminà inscì, che par che gh’avii adòss el ter-remòtt, me va insèma i sentiment, el coeur el me salta in gola. Me par che ona musica la vegna dal ciel e tutt intorna a mì ior, profumm, color, acqua che sbilza, che salta, che s’giaffa contra i sass e mì cerchi i vò-ster oeucc per vedè se sii content che ve vardi. Ona vòstra sbirciadina la me fa restà senza iaa e ’l coeur el va al tròtt...

Mì son mai stuff de rimirav... Per quest, prima che me succeda on patratracch, l’è mej che me daga ona bella regolada!

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Laghi di LombardiaLago di Endine o di Spinone

Il lago di Endine è un lago della Provincia di Bergamo di 2,1 km 2. Situato a 337 m s.l.m. nella Val Caval-lina, sviluppa un perimetro di circa 14 chilometri ed è diviso tra i comuni di Endine Gaiano, Monasterolo del Castello, Ranzanico e Spinone al Lago.Si raggiunge facilmente da Lovere e da Riva di Solto, o in senso inverso da Casazza, percorrendo la Strada statale 42 del Tonale e della Mendola che lo costeggia lungo tutta la sua sponda occidentale. Il lago occupa la parte centrale della valle, donandole caratteristiche peculiari tra cui una variegata lora spon-tanea. Con una forma allungata, il lago è situato a 340 metri di altitudine ed è ali-mentato, com’è tipico dei bacini monta-ni, da numerosi torrenti che scendono dai monti circostanti e ha un unico emissario, il Cherio, che scorre poi nella pianura per andare a conluire nell’Oglio.

Località vicine

Monasterolo del Castello deve il suo nome ad un antico monastero benedettino. Ospi-ta inoltre un castello trecentesco posto sopra una collinetta e quasi nascosto allo sguardo dal folto parco che lo circonda.

Spinone al Lago, sorto in epoca post-romanica e posto in riva al lago di Endine, è noto per le fonti termali di San Carlo alle quali si narra si sia ristorato San Car-lo Borromeo durante una sua visita nel 1575. Ancora oggi si può bere l’acqua alla “Fonte spinosa” nella Valle del Tuf. Spinone ospita la chiesetta di San Pietro (XI secolo) tutta in pietra viva e circondata da cedri e cipressi, è l’unico esempio di architettura romanica sul lago di Endine.

La Valle del Freddo: in alta Val Cavallina, subito dopo il laghetto di Gaiano, la Valle del Freddo, conosciuta anche come Valle del Diavolo, è forse il fenomeno na-turale più interessante e singolare dell’intero territorio bergamasco per via del suo particolare microclima. In

questa località, posta a soli 360 metri di altitudine, cre-sce infatti un’ampia varietà di lora di norma rintrac-ciabile solo a quote superiori a 1500 metri. Tutto ciò avviene perché nel terreno si generano correnti d’aria a temperatura bassissima (2-4 gradi) che fuoriescono da una serie di buche poste nel fondo della valletta e consentono la sopravvivenza, anche durante l’estate, della vegetazione alpina tra cui la stella alpina. La Valle del Freddo è un parco visitabile nei mesi di maggio, giugno e luglio.

Monasterolo del Castello

Il lago visto da Faisecco di Gaverina

Il lago visto da Monasterolo

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EL NIBALE Pietro Passera

In quell temp, in la mia famiglia el consumm de ta-bacch l’era de quantità industrial, ma el doveva vess quell de bon profumm .L’incaricaa a la fornidura seri mì, che per la “giovin età” ris’ciavi nò la preson perchè i preferenz eren nò per el tabacch del Monopòli.La sorgent che avevi trovaa, l’era on omett cont ona gamba ferida in guerra che el stava in via Scaldasô con la sorella òrba da on oeugg.La cà l’era piscinina, cont i mur vegg ma quand se andava denter se sentiva on profumm de tabacch fòrt e piccant e de prima qualità.Strano perchè la qualità immagazzinada la variava dal “Trinciato in Foglie” al “trinciato marciapiede”.Ma gh’era anca produzion de “alta class” come Lucky e Chesterield, perchè l’Annibale (el nòster soggett) el gh’aveva ona quai possibilità cont el mer-caa di grand produzion internazionai.De part mia gh’avevi ona inclinazion per el profumm de tabacch perchè in la ricerca di sigarett mòrbid, in carta leggera, con “Trezza singola”, sont andaa in gita in Grecia e Macedonia, a cercaa in d’on paes indicaa come fabbrica de sigarett .Delusion, perchè rivaa sul pòst, hoo trovaa capanno-ni de la varietà come Muratti, Macedònia, Xanthia e alter fabbrich voeui, diroccaa cont i veder ròtt. I ex dipendent diseven che ormai i sigarett Macedò-nia vegneven faa foeuravia: ma in quei strad el pro-fumm de tabacch el s’era inilaa in di mur e el faseva pizzigà i oeugg..L’alter innamorament del profumm de tabacch l’hoo provaa in quai negozzi in Svizzera e in di “Shop” Londines dove, fra i veder di bottegh nett e lùster, la mia ricerca la m’ha portaa su la pista del profumm di tabacch speciai.Donca la fragranza in la caa de l’Annibale l’era ona promozion.Quand gh’avevi bisògn de provved, per trovall, mej nò fà sentì el nòmm del prodòtt per el ris’c de la Fi-nanza, ma bastava dà la vos: “l’Annibale”.Rivaa in la cà, tanti vòlt se trovava la sorella che la diseva: “L’Annibale stamattina l’hann menaa via, piccol sequestro”. Alter verbal, alter process altra

condanna e la continuava: “Quattro anni a piede li-bero in attesa di Appello...” “Per fortuna hinn minga rivaa ier, la saria stada ona barcada”. “Ma se sa che l’Annibale quand gh’è de scappà, con la soa gamba el corr adasi”.Dòpo però per minga perd el client: “Se el voeur 4 o 5 pacchett pòdi rangiaghi”.In famiglia el consumm l’è calaa, mì hoo perduu el vizi de fumà e la pista l’è stada desmentegada.L’alter dì son passaa per via Scaldasô hoo vist ona fòppa scavada inveci de la cà e m’è vegnuu de bòtt: “el Nibale”. I scoldascia che eren nassuu con la issa de la leg e de la tassa e gh’aveven i sò fantasii ligaa a quei sass de la città, aveven minga sopportaa el spresi e hann truscià per visigà el nòster omett.Son restaa mal, ma hoo pensaa l’Annibale in d’ona stanza de preson bella netta fra magniich scatolett de Turmach Bianch... Turmach Ross... Turmach bleu, settaa giò, senza mài ansia in di oeugg, a scuntà i 375 ann, sòmma de tutt i sò condann.

SCIROEU DE LA PRÒSA

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Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014 17

LEGGIUU E SCOLTAA“Sciroeu di poetta” ospita, così come ci sono pervenute le composizioni, “lette e ascoltate”, noi le pubblichiamo, correggendo qualche palese refuso, convinti di stimolare la volontà

di chi sente spontaneo il desiderio di esprimersi, interloquendo con la musa, in dialetto milanese e con l’augurio che queste pagine possano scoprire nuovi talenti.

SORAPENSER

La canna de pescaissada giò in terra,inscì a la bòna, con l’esca a fonde mì in scruscion sorapenser

a tirà i sòmm,a vardà i ondche ’l vent che ruzzal’increspa el lagh de Còmm. El pescà l’è ’l pretèst, la medesina giustaa fatt passà el fotton,indepermì,de bontemponcon l’aria remondinae senza insubì manifèst.

’Na guggèlla doradala se pòsta su ’n spadon,delicada la sbatt i al silenzios e leggerfòrsi per mormorammde fà ciappà el vol… ai penser. On roscett d’anedòttel gira in tond,el fa risòtt sui onda ballà la forlàna. El ciel el s’ciariss, el se derva…ona sferla de sôla t’inorbiss,la se destend in sul laghe la fa gibigiàna. Sorapenser

sfreguij on tòcch de michettaper vedè i caveden farlòccha fà spazzetta. Duu zign me sbigna,lee on bris denanz,lù viscor ghe vaa ’dree,ghe sgariss, ghe minacciama lee nanca on plissé;poeu se gira pian piane s’incontra de faccia e… pitturen on couer(…i penser vann lontan!)

La s’incurva la canna“El gh’è… l’ha boccaa ’sto sgalis!”La se vesina ’na scianala voeur fregamm la Botris.El pessin sfollarmaa, el se tra de chì e de làfòrsi per dimm…de lassall, de mollall. Sorapenser

l’hoo pondaa su la riva.On colp de coa domà e …l’è bell e andaa.

Alberico Contursi

PRIMAVERA

San Benedett: ritorna primavera,se slonghen i dì, se scurta la sera.El canarin l’è anmò sul poggioeu,e cress el gran cicciarà di ioeu.

E in l’aria ina de mattina,sui piant cress ramm, i gemm e i germoeuje in ’sta natura che semper speral’è inscì che torna la primavera.

Ògni vòlta nassen penser e progette in tutt ’sto iorì de sentimentl’è la natura che se ripettcom’illusion in la nòstra ment.

E passa el temp, ann, moeur la speranza,el zuccher ilaa de la ricordanza.Se scurten i dì, se slonga la sera,l’è andada an’lee la primavera.

Pietro Beretta

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LEGGIUU E SCOLTAA

EL COMPUTER

Se sa, el Mond adess a l’è “tecnologich”la gent ghe pias on sacch... sciscià i bottoni,la fa tuscòss... anca comprà calzoni,ghe par ina de fa on quaicòss de magich!

L’è assee schiscià on ròbb ch’el ciamen ratt,per giugà in borsa ò per ’na prevision per notizi ò scoltà ’na canzonse pò saltà chì e là, pròppi ’me on sciatt.

El “computer” a l’è diventaa on vizziel se dopera anca andand al cesscoi giovin el gh’avuu on gran successanca se a vòlt el fa on poo de caprizzi.

Sarà che son nassuu in temp indreecol “computer” son nò in sintonia,pò vess che sia ’na forma d’allergiaò mej anmò perchè sont andeghee.

Sì, el progress el corr ’me on disperaai novità d’incoeu doman hinn pòss,pèna te par d’avè capii on quaicòssl’è già stantii tutt quell che t’imparaa.

Però el “computer” el te da ona mansvelt e precis el gira tutt el Mond,se te schiscet giust, mai ch’el se sconfond,vardà s’el fa... se resta ’me on giavan.

El viv, al dì d’incoeu l’è fadigos,se vegn adòss el “stress” se va in stondera,sortissen novità mattina e serae a vòlt de quei che fann vegnì el nervos!

Tecnologia... la comanda lee,del “computer” se pò pù fann a men,donca mej nò inrabiss ma vess serentant el Mond el fa minga marcia indree!!

Mario Scurati

EL DORD DOARD El nòster Doard,a l’è on Dord testardL’è pròppi on crappon!Lù ’l gh’ha n’ossession:

da quand l’è nassuu’sto coo de cazzuugh’ha in ment de vess grassL’è a dietta, che spass!

On Dord l’è redondle sa tutt el mondL’è quest el sò bell:vess pien ’me on tortell

Quand on pattaninl’è cicciòtt, l’è on DordinLa mama le discon tant de sorris

Ma ’l nòster Doard’l gh’ha in òdi el sò lard-Che balla de penn!-el dis col fà i scenn

El dis el Porscell:-Per mì l’è magrell!-Istess dis i Rattch’hinn gròss ’me sciavatt

I Insett hinn gioiosde vess nò petitosPerchè ’sto issaagh’ha el becch sigillaa

Ma on dì, che spaventi’l gh’ha ’vuu ’n svenimentpe’l tròpp digiunà’me mòrt l’è piombaa

De lì passa on Loffch’el mangia de tuttDoard dissedaae resuscitaa

el vola a zicch zacchcol coeur ch’el ghe batt!Ben! Questa lezionconvinc el crappon!

Doard l’ha dismissde ’vegh tanti issAdess l’è perinpussee grass... d’on Dordin!

Paola Cavanna

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LEGGIUU E SCOLTAA

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IN DEL SILENZI

...E rampegavom sù vers quella scimaintorna a numm adess, on gran voeuj,né praa, né bosch, domà sentee de sassche se perdeven poeu sul caravee.

Di boff de vent legger ne carezzaven,dai scimm vegneva giò i primm ragg de sô,nissun de numm parlava, se vardavome i oeucc diseven quell che dent provavom.

Alarico Zeni

VENT

Lassi che ’l vent,quand deslengua la sera,el me squatta i penser,quij ver.Hoo perduu.In la vita se perd,se vouer minga capì,e anca mì...Adess cerchi i regòrd,quand ven giò la sera,l’è vera, l’è el vent che rufianel me ciappa per man,el me pòrta da tì...

Lassi che ’l vent,quand deslengua la sera...

Gianfranco Gandini

VENT D’ESTAA

On vent barabba e margniffon brontólad’infra i giardin sbiavii de la caldàna,l’ sgarbèlla i ior, l’ scorlìss i scimm di piant.

Volen i passarìtt de la paura:tornen de prèssa a scondes in del nid.El ragn el fa sù i gròpp e ’l scurta i ilper rintanass nel mèzz de la ragnéra.

El boffa fòrt el vent, poeu el tas,el ciappa iaa e de corsa (balossètt!)’l trà biòtt e ’l sperluscia i proeus di ròs,e a l’erba verda la ghe fa i galìtt.

Bislacch e on poo bisientel despettèna i pagn sora a on poggioeu:va’ che el sgoratta in l’aria on scalfaròtt!S’giacchen i gelosii ’me battiman,se inversen sora i scòss vas e tolìtt.

Tacca a tronà subit adree a on stralusc.E inalment el sòffegh che inlocchìssel sbaggia insognorent de nascondon,slisa dedree di nivol faa a montonper lassà el pòst ai sbròff d’ona dacquada.

Tossìss el ciel, sternùda di gotton:’me lacrim de bagài senza bellee.

Adriana Scagliola – luj 2013

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20 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

ACCADEMIA

L’orribile usanza dei matrimoni precoci: bambi-ne date in sposa dalle famiglie a uomini adulti. Questi matrimoni hanno conseguenze, psichiche e isiche, tragiche per le bambine, le gravidanze e il parto portano a circa 50 mila decessi ogni anno, alti tassi di mortalità infantile, malnutrizio-ne, povertà, analfabetismo e malattie.La comprensione delle religioni, delle culture e delle abitudini di altri popoli non deve farsi cari-co della mancanza di rispetto della dignità, del-l’uguaglianza e della tutela delle donne e delle bambine.La privazione dei diritti fondamentali e le vio-lazioni non hanno alcuna argomentazione reli-giosa, sono solo una distorta visione dei valori della persona e nascondono brutalità, ignoranza, promiscuità, maschilismo.Secondo le Nazioni Unite, nei paesi in via di svi-luppo, una ragazza su nove è già sposata prima di compiere 15 anni. Si stima che ci saranno circa 14,2 milioni di nuove spose bambine ogni anno da qui al 2020. I tassi più elevati di diffusione dei matrimoni precoci (Cina esclusa) si registrano nell’Asia meridionale e nell’Africa subsaharia-na.Perché questo fenomeno ci dovrebbe interessa-re? Al 1° gennaio 2013, in base ai dati del ministero dell’Interno, sono regolarmente presenti in Italia 3.764.236 cittadini non comunitari, uomini e donne che vivono e lavorano con noi. Siamo tutti coinvolti, non possiamo ingere di non sapere.Cosa possiamo fare? Poco, ma attivare l’attenzione sul fenomeno è un dovere, la conoscenza porta alla discussione e ad una correzione del comportamento.L’antropologa Elaine Morgan, quarant’anni fa, in “L’origine della donna” spiegava come sia andata consolidandosi la convinzione che la femmina sia proprietà del maschio:«Se si è persuasi che le donne siano mentalmente

inferiori, non ci si dà la pena di educarle e, inché non le si educa, rimangono mentalmente inferiori.

Andando oltre, e lasciando capire che ogni indizio di

non essere mentalmente inferiore è poco femminile,

e quindi scostante per i maschi, è probabile che la

donna stessa faccia tutto il possibile per nascondere

un simile “difetto” in se stessa e per eliminarlo nelle

proprie iglie».La dignità femminile è stata abusata, violata, umilia-ta, si sono consolidati regni con matrimoni, si sono strette alleanze ma si sono anche mosse guerre per la donna, si sono creati poemi, scritte poesie, dato vita ad una moltitudine di opere in suo onore. Sciagurata-mente, sono solo due facce della stessa verità in cui la parte femminile non è mai il soggetto ma sempre l’oggetto.Il suo corpo è stato e resta una merce di scambio.Un comportamento che sembrerebbe primitivo ma che continua ad essere un moderno comune denomi-natore della collettività.

11 ottobre 2013 prima giornata mondiale delle bambine e delle ragazze.

Spose bambine, primitivo presentedi Marialuisa Villa Vanetti

“Il letto di Rosa” - gruppo Inanna, Spazio15installazione - terracotta, carta

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Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014 21

Asparago, afrodisiaco selvaticodi Fior-ella

VEDRINA DE LA BOTANICAa cura di Fior-ella

Genere di pianta erbacea a portamento cespuglioso, alta ino a m.1,50 dalle foglie aghiformi, setacee non pungenti, che si sono trasformate in cladodi, cioè scaglie in gruppetti da 3-9. Appartiene alla famiglia delle liliacee.

Il fusto è liscio molto ramiicato e lessuoso.Fiori solitari piccoli di colore bianco, sono penduli e campanulati e compaiono tra giugno e luglio.I Frutti sono poco appariscenti con piccole bacche rosse che contengono un grosso seme nero.Pianta che cresce spontanea in regioni temperate e calde di Europa, Asia ed Africa.Asparagus oficinalis, suffrutice sempreverde, diffuso in dall’antichità, come da testimonianza di Catone e Plinio.Asparagus dal greco Aspharagos = germoglio. Volgarmente sono chiamati asparagi la parte commestibile superiore più ingrossata con forma cilindrica. Gli asparagi che abitualmente consumiamo sono coltivati e dopo una lunga attesa, germogliano. Si seminano in vivaio poi si trapiantano a dimora, ma soltanto dopo tre anni, per non indebolire la ceppaia che nei solchi deve essere ben concimata in terreno permeabile e posizione soleggiata, si inizia la raccolta di 4 o 5 turioni, cioè la parte tenera e commestibile dell’asparago, parola che deriva da un termine latino turio = turgido.Erba perenne a rizoma strisciante che nella parte superiore a Primavera germogliano i turioni che appena nati sembrano dei mazzetti di matite verdi che hanno sbagliato negozio per essere esposti alla vendita. Anticamente si credeva che fosse suficiente sotterrare le corna di un montone per far nascere una pianta. Nella medicina rinascimentale un decotto di asparago veniva prescritto come afrodisiaco. Gli antichi avrebbero potuto consacrarlo al Dio degli Orti,

Priapo.Pianta apprezzata dagli antichi, coltivata sicuramente dagli Egizi come risulta da alcuni bassorilievi rilevati nella Valle del Nilo, cibo ritenuto prelibato anche dai Romani.L’asparago contiene numerose sostanze organiche, vitamina A, B e B2 e numerosi oligoelementi che possono migliore le funzioni renali. Alto contenuto di sali di potassio è consigliabile per disturbi diversi, dall’obesità all’artrite reumatoide, dall’asma, alla lombaggine ed al mal di reni. Era considerato anche un rimedio molto eficace contro la puntura delle api se ci si premuniva cospargendosi il corpo con un trito di asparago imbevuto di olio. Plinio lo considerava uno dei cibi più gradevoli per lo stomaco e si racconta che ne consumasse una porzione almeno una volta al giorno.I germogli consumati caldi con un paio di uova al burro sono un piatto della cucina milanese molto prelibato, poco laborioso da preparare, ma sempre gradito per augurare buon appetito ad amici e parenti. Provate! On piatt de sparg cont i oeuv in cereghin!

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22 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

Vi siete mai chiesti perchè la vittoria del piccolo e de-licato fromboliere David sul gigante Golia fu sempre considerata sorprendente e misteriosa? Come potè David, il prescelto da re Saul per il duello, battere in una disuguale tenzone l’invitto colosso Golia?Il libro di Samuele che narra l’incredibile impresa del giovane pastore ebreo, racconta che solo la mano di Dio permise l’inattesa vittoria: “ Tu vieni contro di me con la spada e con la lancia disse Davide a Golia, ma io vengo a te in nome di “Geova”.Alcuni storici ricercatori però vollero andare un po’ più a fondo sulle ragioni di quella vittoria e di quella impietosa ed inaspettata sconitta. Hanno proceduto ad un accurato esame di tutti gli aspetti che riguar-davano i due protagonisti dell’epico duello ed hanno pubblicato il frutto delle loro ricerche in un articolo nel “New England Jurnal of Medicin”.Il segreto della vittoria di David affonda la sua ra-gione nell’eficienza dei servizi segreti di re Saul che avevano potuto accertare che l’imbattibile Golia era tutt’altro che integro isicamente, anzi soffriva di una malattia conosciuta oggi col nome di sindrome di Wermer, una particolare neoplasia endocrina mul-tipla. Ma in termini più comprensibili in cosa consi-ste questa malattia?Si tratta di un disordine ereditario, assai frequente fra la popolazione di Canaan, che provoca una serie di tumori nelle ghiandole endocrine come l’ipoisi, le paratiroidi ed il pancreas. Il tumore dell’ipoisi secernendo in abbondanza l’ormone della crescita dette origine in Golia a quel fenomeno di gigantismo che gli derivò una statura superiore ai due metri equi-valenti alle misure di allora di sei cubiti ed un palmo e l’ingrossamento anormale del cranio. Nello stesso tempo ebbe compressi i nervi dell’occhio limitando-ne di conseguenza il campo visivo.I servizi segreti ebraici, in d’allora molto eficienti, accertarono che il gigante soffriva di una cecità del-le parti laterali del campo visivo e dunque vedendo solo davanti a sé. In un combattimento ravvicinato, Golia poteva seminare il panico nelle schiere israeli-te, ma tenendolo a distanza, il piccolo David giran-dogli attorno, ebbe modo di scegliere tranquillamen-te il punto ove scagliare la pietra mortale.Il tumore delle paratiroidi dà luogo invece al ram-mollimento delle ossa comprese quelle del cranio.

Infatti la pietra di David si coniccò facilmente nel sottile strato osseo del cranio del ilisteo.Il tumore al pancreas inine, dà origine a ipoglicemie che possono annebbiare temporaneamente la mente del soggetto colpito.Re Saul sapeva tutto questo anche dai dati raccol-ti da Giosuè durante la spedizione a Canaan, qui si accertò di giganti che diventavano ciechi, subivano mancamenti e accusavano col tempo un inesorabile rammollimento delle ossa. Da questi accertamenti derivò la decisione del re di Israele di opporgli un avversario agile, veloce ed abilissimo nel lanciare pietre con la ionda. E’ pure presumibile che David durante il duello si collocasse con repentini e studiati movimenti sempre in posizione laterale così da evi-tare di essere messo a fuoco visivamente dal guer-riero ilisteo. La iondata precisa alla fronte effettuata con assoluta tranquillità fece poi il resto.Samuele precisa : “… che la pietra si coniccò nella fronte di Golia che cadde bocconi a terra. “Il sasso penetrò nella fronte perché l’osso in quella zona era formato da tessuto decalciicato che lasciò passare la pietra nella materia cerebrale priva di una barriera difensiva.A quanto sembra i pazienti ricercatori dell’Universi-tà americana di Vanderbilt hanno chiarito il mistero del vittorioso duello del piccolo eroe sul colosso i-listeo.Dunque niente di casuale o di realmente divino in questa vittoria, ma uno scrupoloso studio delle con-dizioni isiche del giganti di Canaan da parte degli eficientissimi ed acuti agenti dell’antico “Mossad” di re Saul.

Il perché della vittoria di Davide su Goliadi Osmano Cifaldi

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CUNTA SÙ

Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014 23

a cura di Ella Torretta

L’Omett del dodesdi Ella Torretta

Quest l’era on personagg milanes ch’el stava de cà in via dell’Aniteatro al n.12, cà ormai trada giò, perché n’hann faa sù voeuna pussee moderna, in del quartier che ona vòlta el se ciamava “el Guast”.L’era ciamaa el Mago de Cors Garibaldi ò l’ “Omett del dodes” . L’era on pover diavol, on poo strapelaa ma restaa in del coeur di milanes per i sò pastrugnad, che eren da tutti consideraa on medicament special, ona porzion magica e perina miracolosa bòna de fà passà tutti i mai: dai dolor reumatich, a la toss, dal mal de cai, a quell di dent, dal mal de cô, al mal de stomegh. Sto mes’ciòss color gialdin ch’el pareva la còlla de legnamee, l’era ciamaa l‘ “Unguent del dodes” e lù le vendeva saraa dent in d’ona scatoletta de tòlla piscinina. Foeura de la soa cà gh’era de spess ona ilera de person che spettava de andà dent in del stanzon dove lù settaa sora a ona sgangherada poltrona de velluu ross, dedree a on tavolon, pien de bottigliett, tolett, scartafazz, annotazion, cattanaj vari, el vendeva minga pussee d’on scatoletta per persona al dì. Quand ghe n’aveva pù, l’andava a la inestra e ai person che eren lì sòtta in attesa de andà dent, el ghe diseva de tornà el dì dòpo ò fra on para de dì, perché la produzion per quell dì lì l’era inida e per trà insema la preparazion del magich unguent ghe voreva el sò temp. El doveva misurà cont on misurin de precision i vari component, fai bui in d’ona gran pignatta ch’el

gh’aveva semper pronta in sul foeugh del camin, poeu stravaccaa el paston in d’ona squella per fall vegnì fregg e ultima operazion cont on cazzuu mettel dent in di scatolett pront in ilera sora a ona mensola quattada da on strasc che ona vòlta l’era nett, adess el pareva quell del moletta. On dì in de l’òrt che gh’era dedree de la soa cà, el ved ona vesina che l’è adree a lavà in d’ona sidella on gatt e el ghe dis:- Sciora, la varda che lavà i gatt malaa voeur dì fai morì, che le vonciscia cont el mè unguent e la vedarà ch’el guarirà…- Lù ch’el se interessa di sò affari, curioson!Dopo on para d’or el slonga on’oggiada da la inestra e el ved che la vesina la piang cont in brascia el gatt mòrt.- L’ha vist…ghe l’avevi dii mi…. la doveva minga lavall.- Ma l’è mòrt minga perché l’hoo lavaa, ma perché l’hoo faa passà in del tòrc!I autorità del Comun l’aveven difidaa de daghen on taj a sta attività, ma lù in considerazion de la gran domanda, l’era andaa innanz in che on dì i sò client hann trovaa l’uss de legn, per mej dì el porton saraa sù per semper.El Mago de Cors Garibaldi, a 90 ann, l’ aveva dismiss de preparà el sò “Unguent del dodes” e l’era sgorà in ciel dove, forsi, l’avarà tentà de reilaghel anca ai angiol.Là in mezz ai nivol el sera portaa via el segret per la composizion de sto mes’ciòss, perché mai a nissuna persona l’aveva svelaa s’el ghe metteva dent in de sto unguent miracolos, inscì ricercaa dai Milanes quand

gh’aveven ona quai malann. GLOSSARIOstrapelaa = malridotto

pastrugnad = intrugli

legnamee = falegname

sgangherada = sgangherata, rotta

scartafazz = cartacce squella = scodella

moletta = arrotino vonciscià = ungere

tòrc = torchio

daghen on taj = smettere sgorà = volare

reilaghel = appiopparlo

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VOS DE RINGHERA

24 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

Hinn semper i strasc che và a la fola.

La fola è un grande recipiente usato nelle cartiere per tritare gli stracci e ridurli in pasta per farne poi car-ta.Gli stracci durante questo processo vengono annullati nella forma, nel colore e questo ha mosso la fantasia popolare dando origine all’amaro detto in cui strasc

acquista un signiicato simbolico riferito ai poveri e l’azione della fola rappresenta i tormenti materiali e morali subiti dai poveri di tutti i tempi.

Sant Giovann nè pù nè men.

San Giovanni Nepomucèno era un cattolico della Cattedrale di Praga e confessore della regina Giovanna. Re Venceslao tentò di indurlo a violare il segreto confessionale ma il canonico resistette ad ogni tortura inché fu annegato nel iume Moldava il 28 aprile 1383.La chiesa lo canonizzò e i milanesi eressero una statua in suo onore collocata sul Naviglio, unico corso d’acqua che attraversava Milano. La statua si trovava sul ponte del corso di Porta Romana, chiuso il naviglio venne ricollocata nel cortile del Castello Sforzesco dove si trova tuttora.Il cognome di San Giovanni Nepomuceno era troppo complicato per il popolo milanese che lo interpretò a suo modo chiamandolo San Giovanni nè pù nè men.

Scortaa come ona legora.

La scorta è sempre stato un segno di distinzione, di prestigio.Quando arrivava un ospite straniero importante, il Duca di Milano gli assegnava una scorta perché potesse circolare sicuro e tutti potessero avvedersi della sua dignità. Su questo fatto la fantasia popolare, osservando che i cani da caccia quando scovano una lepre (legora) la seguono con la fedeltà di una scorta, sia pure col proposito di sbranarla, ha inventato il detto per alludere però a chi inge di essere importante o ricco ma che è invece un poveretto inseguito dai creditori.

Schiva l’oliva.

Un modo di dire caduto in disuso, vuol dire: evita guai! Un invito a stare attenti e non cacciarsi nelle grane.L’origine del detto si rifà al carrozzone dei carcerati che attraversava la città per portarli da piazza Beccaria al tribunale o alla Corte di Assise. Il carrozzone era verde oliva, munito di grate da dove si potevano vedere i carcerati, diffondeva angoscia e paura: attenti a non inire nel carrozzone dei detenuti!

Il popolo milanese ha sempre avuto una speciale arguzia nel forgiare detti e motti di particolare eficacia, mai mancanti di generosa ironia che si avverte anche nelle locuzioni più cupe. Ve ne proponiamo alcuni in questa pagina connessi alle motivazioni della loro origine.

Ona sposina cont i speron.

Vecchio detto un po’ malvagio, appioppato a qualche donna andata sposa non più giovane.Il riferimento alla protuberanza ossea, detta volgarmente sperone, nelle zampe dei pennuti che nelle galline giovani è appena visibile mentre nelle vecchie diventa piuttosto evidente.

Sorôk.

Trascrizione milanese dell’avverbio tedesco “zurück” che signiica indietro. La sua origine risale alla dominazione austriaca quando i soldati, chiamati dal popolo croatt, intimavano durante le manifestazioni di stare “indietro!” “zurück!”. Il popolo che male sopportava i soldati stranieri cominciò ad apostrofare sorôk le persone sciocche e zuccone.

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L’Istituto nazionale di statistica (Istat) emette an-nualmente un “bollettino” sullo stato di salute del-la popolazione italiana. I dati riportati nell’annuario 2011 rivelano che è diabetico il 4,9% degli italiani (5,2% delle donne e 4,5 % degli uomini), pari a quasi tre milioni di persone. Ogni minuto nel nostro paese viene eseguita una nuova diagnosi di diabete; ogni tre minuti e mezzo un diabetico ha un attacco car-diaco, ogni dieci minuti un diabetico muore. Il dia-bete è quindi una patologia sociale giacché per la sua elevatissima diffusione coinvolge di fatto gran parte della popolazione, ed è molto probabilmente la più diffusa e una delle più pericolose, essendo gravata da una serie di complicanze particolarmente gravi, oltre che costose. Ma cosa è il diabete? Possiamo deinirlo come una malattia cronica in cui si ha un aumento della glice-

mia, ovvero dei livelli di zucchero nel sangue, che l’organismo non è in grado di riportare alla normali-tà; ciò è dovuto alla mancanza di insulina, cioè l’or-mone elaborato dalle isole di tessuto endocrino ospi-tate nel pancreas, il cui compito è proprio quello di permettere allo zucchero, assimilato con gli alimenti e passato dal tubo digerente nel sangue, a entrare nel-le cellule. Se ne conoscono due forme cliniche: tipo

I, diabete “magro”, giovanile, che necessita di cure insuliniche (e viene pertanto chiamato anche “insuli-no-dipendente”), e tipo II, diabete “grasso”, dell’età matura, che generalmente non necessita di cure insu-liniche, ma soltanto di dieta controllata (“insulino-indipendente”), e talora di qualche farmaco chiamato ipoglicemizzante orale. Le cause della forma giova-nile non sono tuttora chiare: ereditarietà, fattori virali, immunità…tante ipotesi ma nulla di certo. Sono più chiare le cose nel diabete dell’anziano, dove l’obe-sità, la vita sedentaria e l’iperalimentazione giocano senz’altro un fattore importante.Qualunque sia il tipo di diabete, la diagnosi e la valu-tazione clinica si stabiliscono, in prima istanza, sul-la base di un parametro chiaramente alterato: quello degli zuccheri nel sangue (la glicemia), il cui valore normale è circa 1 grammo per ogni litro di sangue. Nei soggetti con carenza di insulina. Quando il valore dello zucchero nel sangue aumenta, si parla di iper-

glicemia, e il nostro organismo tenderà a eliminare lo zucchero in eccesso attraverso le urine, deinita con

il termine tecnico di glicosuria, altro sintomo costan-te e rivelatore del diabete, al quale si accompagnerà un altro caratteristico sintomo, la poliuria, ovverosia l’aumentata produzione di urina. Non potendo quindi lo zucchero entrare nelle cellule, l’organismo non po-trà più utilizzarlo e quindi cercherà in altri alimenti le sostanze per produrre energia, in particolare i grassi; quest’alterato metabolismo porta alla produzione di acetone, dal pungente odore di frutta inacidita; l’alito del diabetico che abbia odore di acetone deve subito preoccupare. Altri sintomi classici del diabetico sono un senso di fame continuo, una forte sete, stanchezza, dimagramento (in quello giovanile), prurito, disturbi dentari, visivi e nervosi, solo per citarne i principali.Tra le complicazioni di un diabete mal curato sta in primo piano la microangiopatia, vale a dire la com-promissione dei piccoli vasi sanguigni del corpo, in particolare dell’occhio (retinite), del cuore (corona-ropatia) e del rene (nefroangiopatia) e dei nervi peri-ferici (neuropatia).Non si può intraprendere alcuna razionale cura del diabete senza anzitutto regolare l’alimentazione in modo opportuno: la prescrizione della quantità d’in-sulina eventualmente da iniettare o delle compresse da prendere è di stretta pertinenza medica. Quanto alla dieta è necessario che il paziente collabori, sulla base di alcuni concetti fondamentali, in particolare quello per il quale la dieta deve essere proporzionale non al peso reale, ma a quello teorico, che si calcola semplicemente moltiplicando un chilo per il numero di centimetri di altezza che superano il metro. Con una dieta appropriata la maggior parte dei diabetici di tipo II riesce a equilibrarsi e far rientrare la glice-mia nei valori normali; in caso opposto si ricorrerà all’uso di ipoglicemizzanti orali (biguanidi e sulfa-

niluree) e talvolta all’insulina, che è invece la regola nei diabetici di tipo I. Ben curato, il diabetico respon-sabile eviterà la più grave delle complicazioni che potrebbero insidiarlo: il coma diabetico.

SALUTE A MILANOa cura di Filippo Bianchi

Basta un poco di zucchero... di Filippo Bianchi

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26 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2014

Continua da pag. 11 - Milano verticalizzata

Sempre a titolo di esempliicazione, perché non possiamo presumere di fare un elenco completo, citiamo il Gemini Center (vedi fotograia), complesso di due ediici, alti 96 metri, 1994, architetti Roberto Morisi e Rolando Gantès, nella zona Lorenteggio in via Robert Koch, cioè dalla parte opposta di Milano rispetto al Centro Direzionale Garibaldi. In via Stephenson, vicino alle autostrade, c’è il B4 di 94 metri. La Torre degli ufici tecnici comunali in via Pirelli 39 è alta 90 metri, la Torre di Porta Romana in viale Sabotino 19/2 è alta 89 metri e fu ultimata nel 1963. La Torre Revere, chiamata anche Torre al Parco, è nella stessa via Revere 2 (architetti Vico Magistretti e Franco Longoni) ed è alta 80 metri, così come il Centro Svizzero in Piazza Cavour 4, inito nel 1952, architetto svizzero Armin Meili. Nel 1934 la Torre Rasini, alta 45 metri, in Corso Venezia 61, degli architetti Emilio Lancia e Gio Ponti. Rimandiamo i lettori al libro citato per le schede complete con autori e caratteristiche dei grattacieli e delle torri milanesi, ma, in questa sintetica rubrica, vorremmo dire soltanto che i milanesi sono consapevoli delle trasformazioni della città, anche nella sua morfologia ed alla sua vocazione internazionale. Perché i turisti, che verranno da tutto

il mondo nel 2015, dovrebbero trovare qualcosa in più di quello che vedranno nei padiglioni e nei centri storici di richiamo e culturali, e cioè una certa

“milanesità”, che si adegua ai tempi, dentro, fuori e in alto. Sarebbe bello che l’elevazione al cielo fosse anche spirituale. Un motto ilosoico dice che chi si eleva eleva il mondo. Le nostre considerazioni sui grattacieli milanesi non vorrebbero comunque inluenzare opinioni divergenti. Per esempio a Torino sono in costruzione i grattacieli della Regione Piemonte e quello della Banca Intesa Sanpaolo, ma molti pensano che non si dovrebbe superare l’altezza di 167 metri della Mole Antonelliana. Milano è bella anche perché è varia, anzi è più varia delle altre

città italiane. Vivere al piano terreno di una casa sui Navigli può essere diverso dallo stare all’ultimo piano di un grattacielo residenziale. Dovunque però si può sentire un certo spirito meneghino, destinato a diluirsi, anche perpetuandosi. In tante città del mondo si distinguono spesso i centri antichi e quelli moderni (vedi Parigi e La Défense). L’aumento degli abitanti in tutta la terra è inarrestabile. Speriamo nella tolleranza, nella comprensione, nella ricettività del concetto del bene comune.

Aria di crisi.

I radicali meditano di lasciare il governo. Al congres-so romano del partito molti di loro si dicono scon-tenti della politica economica adottata da Giolitti. Il ministro delle Finanze, Luigi Facta, propone una riforma del sistema tributario in senso perequativo: vuole tassare le automobili, le eredità, i contratti commerciali. A Roma arriva in visita Venizelos, il primo ministro greco. Ferdinando Bocca, 44 anni, titolare della Sacir (Società anonima Concerie italia-ne riunite), è il nuovo presidente di Conindustria. Sostituisce Luigi Bonnefon, che nel 1910 è stato il

primo presidente dell’associazione. Il Sudafrica è in ibrillazione. Scioperano i ferrovieri e la popolazione Basuto si ribella. Soppressi i partiti arabi nell’impero ottomano. Un sommergibile inglese è scomparso al largo del porto inglese di Plymouth, a bordo c’erano 11 uomini. Ford introduce nelle fabbriche americane il minimo salariale di 5 dollari al giorno (il più alto del settore) e l’orario giornaliero di 8 ore (il più breve del settore). Lo scrittore irlandese James Joyce pub-blica Gente di Dublino, una collezione di 15 raccon-ti. La casa editrice inglese Richards ne ha stampate 1.000 copie. La ditta americana Klaxon inventa un segnale sonoro da montare sulle automobili.

Notizie in breve del Gennaio di cento anni fa.

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FirifissSono nato senza chiederlo e morirò senza vo-

lerlo. Almeno lasciatemi vivere come voglio!

Jim Morrison

Le lodi mi rendono umile ma quando mi in-

sultano so di aver toccato le stelle.

Oscar Wilde

La mia infanzia è stata un periodo di attesa del

momento in cui potessi mandare al diavolo tutto

e tutti di quel tempo.

Igor Stravinskij

Chi non ha denaro, mezzi e pace, manca di

tre buoni amici.

William Shakespeare

Quando avrete abbattuto l’ultimo albero,

quando avrete pescato l’ultimo pesce, quando

avrete inquinato l’ultimo iume, allora vi ac-

corgerete che non si può mangiare il denaro.

(Proverbio Indiano)

Stefania Pennacchio

Si occupa attivamente d’arte da oltre vent’anni tra Milano e Reggio Calabria. La sua ricerca va dalle tecniche del raku alla sperimentazione pura ed ai polimaterici delle sue tele. La mitologia greca e la sua memoria ge-netica sembrano suggerirle una concettualità che muove per archetipi: un ilo rosso che lei tiene unito con una ricerca poetica parallela e speculare. Ultime mostre - Ambasciata Italiana a Berlino, monograia Mondadori a cura di Philippe Daverio e Jean Blanchaert - Galleria Lazzaro, Milano, catalogo Skill Edition Art, presentazio-ne di Santo Versace e Philippe Daverio.

www.stefaniapennacchio.net - www.30artistiexpo.com

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SCIROEU de MILAN

I laghi in pittura

Come tutti gli anni le immagini delle copertine e della pagina centrale hanno un tema

per il 2014 sarà “Laghi di Lombardia”

In copertina: Lago di Endine

Cesare Monti