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Anno XVI – Numero 105 – Settembre/Ottobre 2014 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999 ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE SCIROEU de MILAN www.sciroeu.it LA LINGUA VIVE “Settembre, andiamo. È tempo di migrare...” Inizia così la poesia di Gabriele D’Annunzio “I pastori” e chissà perché in questi giorni mi torna in mente, ricorrente. Situazioni come questa de- rivano talvolta da fatti che attraversano la nostra vita, nostro malgrado, e che anche se non crediamo di aver dato loro importanza, evidentemente ci hanno colpito oltre la nostra per- cezione e immaginazione. ...è tempo di migrare... dove, perché? L’Acca- demia in autunno vedrà il rinnovo del Consiglio Direttivo; vi sarà “migra- zione” verso altri orizzonti letterari, legati alla pro- grammazione degli incon- tri che, periodicamente avvengono o, come l’eterno cammino dei pastori vi sarà una rivisitazione della nostra lingua meneghina, afinché non se ne perdano le tracce? Certo, le tracce della nostra lingua che, affondando nella storia, ci raccontano le vicende storico-politiche via via succedute nel territorio di Milano e dintorni. La nostra è un pezzo importante di storia che, spes- so, si ripercuote anche a livello nazionale e non solo in termini di voglia di libertà – come testimoniano le cinque giornate del 1848 – ma anche e soprattutto per il proilo di laboriosità, ingegno e innovazione che il popolo meneghino ha, da sempre, saputo diffondere. Quale il ruolo di una “Accademia del Dialetto Mila- nese” anche in vista della manifestazione internazio- nale di Expo? Senza dubbio l’Accademia si prodigherà afinché sia nelle riunioni sia attraverso i suoi organi istituzionali venga diffusa questa nostra cultura talvolta tanto bi- strattata. Vanta questa nostra Accademia un corpo docente di rilievo, nelle igure dei propri consiglieri che diffon- dono la lingua meneghina con incontri e lezioni in varie sedi, dall’Humaniter al Circolo Filologico e in altre sedi. Ed è di un recente passato che è venuta a mancare Alma Brioschi, instancabile animatrice della milane- sità e che fu anche la fautrice del rientro dell’Accade- mia proprio al Circolo Filologico. Non lasciamoci scoraggiare da questo evento ma rin- noviamo le nostre forze afinché non vada perso il pa- trimonio della nostra cultura. “Settembre, andiamo. È tempo di migrare...” Gianfranco Gandini

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Anno XVI – Numero 105 – Settembre/Ottobre 2014 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999

ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE

SCIROEU de MILANwww.sciroeu.it

LA LINGUA VIVE

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare...”Inizia così la poesia di Gabriele D’Annunzio “I pastori” e chissà perché in questi giorni mi torna in mente, ricorrente.Situazioni come questa de-rivano talvolta da fatti che attraversano la nostra vita, nostro malgrado, e che anche se non crediamo di aver dato loro importanza, evidentemente ci hanno colpito oltre la nostra per-cezione e immaginazione....è tempo di migrare... dove, perché? L’Acca-demia in autunno vedrà il rinnovo del Consiglio Direttivo; vi sarà “migra-zione” verso altri orizzonti letterari, legati alla pro-grammazione degli incon-tri che, periodicamente avvengono o, come l’eterno cammino dei pastori vi sarà una rivisitazione della nostra lingua meneghina, afinché non se ne perdano le tracce?Certo, le tracce della nostra lingua che, affondando nella storia, ci raccontano le vicende storico-politiche via via succedute nel territorio di Milano e dintorni.La nostra è un pezzo importante di storia che, spes-so, si ripercuote anche a livello nazionale e non solo in termini di voglia di libertà – come testimoniano le cinque giornate del 1848 – ma anche e soprattutto per il proilo di laboriosità, ingegno e innovazione che il popolo meneghino ha, da sempre, saputo diffondere.Quale il ruolo di una “Accademia del Dialetto Mila-nese” anche in vista della manifestazione internazio-nale di Expo? Senza dubbio l’Accademia si prodigherà afinché sia

nelle riunioni sia attraverso i suoi organi istituzionali venga diffusa questa nostra cultura talvolta tanto bi-strattata. Vanta questa nostra Accademia un corpo docente di rilievo, nelle igure dei propri consiglieri che diffon-dono la lingua meneghina con incontri e lezioni in varie sedi, dall’Humaniter al Circolo Filologico e in altre sedi.Ed è di un recente passato che è venuta a mancare Alma Brioschi, instancabile animatrice della milane-sità e che fu anche la fautrice del rientro dell’Accade-mia proprio al Circolo Filologico.Non lasciamoci scoraggiare da questo evento ma rin-noviamo le nostre forze afinché non vada perso il pa-trimonio della nostra cultura. “Settembre, andiamo. È tempo di migrare...”

Gianfranco Gandini

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SOMMARIO

2 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

EDITORIALELa lingua vivedi Gianfranco Gandini

1

PROGRAMMI E SEGNALAZIONI 3

La bellezza che commuove di Francesca Piragine

5

CARLO MARIA MAGGIda “Letteratura dialettale milanese” di Claudio Beretta

6

RICONOSCIMENTI 8

POESIA E STILE 10

MILAN... LA COGNOSSI? di Giorgio Moro Visconti

Via Gioberti, via Tasso, via Tamburini11

IN CARTA 12

SCIROEU DE LA PRÒSAAlma Brioschi

13

LEGGIUU E SCOLTAA 17

VEDRINA DE LA BOTANICA a cura di Fior-ella

Timo, prediletto dalle fate21

La drammatica peste di Milano del 1576di Osmano Cifaldi

22

CUNTA SÙ di Ella Torretta

La tosa de l’Alp23

VOS DE RINGHERA 24

SALUTE A MILANO di Filippo Bianchi

Un intruso nello stomaco25

FIRIFISS 27

Accademia

del Dialetto Milanese

Quote annue di adesione del 2014

Soci Aderenti da € 35,00Soci Effettivi da € 52,00Soci Sostenitori da € 180,00

La quota può essere versata suBanca Popolare del Commercio e

dell’Industria

Iban IT24H0504801613000000003602

Agenzia 33 – via Secchi 2 – Milano

oppure: C/C Postale N°24579203

“Accademia del Dialetto Milanese”

SCIROEU de MILANEdito dall’Accademia del Dialetto Milanese

Bimestrale fondato nel 1999Reg. Trib. di Milano N°789 del 24-12-99

Direttore: Gianfranco Gandini

Fax 02 8266463

www.sciroeu.it

ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESESede c/o Centro Culturale di Milano

Via Zebedia 2 - 20123 MilanoTel. 3336995933 Fax 028266463C.F. 97206790152 NAT. GIUR. 12

Presidente onorario: Gino Toller Melzi

Presidente: Gianfranco Gandini

Vicepresidente: Mario Scurati

Consiglieri: Ella Torretta - Segretaria Edoardo Bossi

Mario Scurati

Lucio Calenzani

Redazione: Edoardo Bossi,

Gianfranco Gandini,

Francesca Piragine

Gino Toller Melzi, Ella Torretta,

Marialuisa Villa Vanetti

Filippo Bianchi, Osmano Cifaldi,

Fior-ella,

Giorgio Moro Visconti

E-mail: [email protected]

Realizzazione e disegni di:

Marialuisa Villa Vanetti

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PROGRAMMI

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 3

www.sciroeu.it

RADIO MENEGHINA

Radio Meneghina, fondata da Tullio Barbato nel 1976, sta riposizionando la sua presenza sul territorio a Milano-centro in via Caffaro e in via Trasimeno. Trasmette interventi di Luca Barbato, Mario Censabella, Ada Lauzi, Enzo Ravioli, Roberto Carusi, Gianfranco Gandini, Roberto Marelli, Giuliano Fournier, Roye Lee, Piero Bianchi, Liliana Feldman, Ella Torretta, Pierluigi Amietta, Natale Comotti, Vincenzo Barbieri, Roberto Biscardini, Michaela Barbato, Lorenzo Barbato e le dirette delle partite di calcio casalinghe dell’Inter dallo stadio Meazza. Radio Meneghina è l’emittente che riserva il maggiore spazio alla produzione dialettale di canzoni, poesie, prose.

APPONTAMENT E MANIFESTAZION:

Sabato 4 Ottobre h. 15.00 Assemblea

c/o Circolo Filologico Milanese Via Clerici 10

Manifestazion di amis

ADA LAUZI riprenderà gli incontri de “I AMIS DE LA POESIA”

lunedì 20 Ottobre alle 15.30Vi aspettiamo numerosi e puntualissimi!

presso la Sala Leonardo Murialdo della omonima parrocchia, via Padre Leonardo Murialdo, 9 - 20147 Milano

Per ulteriori informazioni o delucidazioni è possibile prendere contatto con Ada Lauzi al numero 02 48302536

Gino Toller Melziconversazioni

“Storia di Milano”

da giovedì 9 ottobredalle 16.30 alle 17.30

UNITREvia Ariberto 11 - Milano

Ella Torrettadal 30-10-2014riprenderanno le

conversazioni“Freguj de milanes”

quindicinalmenteil giovedì alle 15.30

ed alle 16.30 “Scrivemm in milanes”

Humanitervia S. Barnaba, 48 - Milano

El Pontesell - Biblioteca Fra’ Cristoforo - via Fra’ Cristoforo 6 - Milano

XVII Corso di Lingua e Cultura Milanese

dal 29-9-2014 tutti i Lunedì dalle 16.45 alle 19.15

Docenti: Paola Cavanna, Gianmaria Ferrari, Gianfranco Gandini, Bianca Mancuso, Pietro Passera, Mario Torchio con la partecipazione di altri esperti.

“Giornate riservate al poeta amico” e“Giornate dedicate a canzoni di tradizione e cori”

Informazioni telefoniche dalle 17,00 alle 19,00 - 02 89530231 - 02 88465806 - 02 26145172

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4 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

ACCADEMIA

Accademia del Dialetto Milanese

ASSEMBLEA ORDINARIA E STRAORDINARIA DEI SOCI

Prima convocazione : SABATO 4 OTTOBRE 2014 - ORE 14.00L’assemblea è valida se il numero dei soci presenti è pari alla metà degli iscritti.

Seconda convocazione : SABATO 4 0TT0BRE 2014 ORE 15.00 L’assemblea è valida qualunque sia il numero dei soci presenti.

IMPORTANTE

L’ASSEMBLEA SI TERRÀ PRESSO IL CIRCOLO FILOLOGICO MILANESE

VIA CLERICI 10

L’ACCADEMIA del DIALETTO MILANESEvuole qui ricordare l’amica ALMA BRIOSCHI che ci ha lasciati

Alma lascia un segno ed un vuoto al Circolo Filologico e nel cuore degli amici che dovrà essere colmato con la prosecuzione delle sue numerose iniziative, afinchè non vada disperso il patrimonio del nostro dialetto che, instancabilmente traduceva in azioni quotidiane.

Rimarrà sempre la nostra gratitudine e l’esempio da lei trasmessoci.

Il Consiglio Direttivo

“Sinceramente partecipe al cordoglio per la dipartita della cara ALMA BRIOSCHI, voce milanese infaticabile, disponibile e amica. Il suo ricordo resterà indelebile e il suo spirito non mancherà di dare forza specialmente a coloro che ha amorevolmente seguito, perchè non vada perso il frutto di tanta dedizione alla nostra città, alla nostra cultura e alla nostra parlata milanese.Grazie Alma!

ADA LAUZI e “I amis de la Poesia”

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ACCADEMIA

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 5

La bellezza che commuoveA Brera una rassegna intorno alla Pietà di Bellinidi Francesca Piragine

Il recente restauro di uno dei più grandi capo-lavori di Brera è l’occasione di una mostra al-lestita nella celebre pinacoteca milanese ino al 13 luglio. Giovanni Bellini. La nascita della pittura devozionale umanistica è una rassegna sul tema del Cristo in pietà, una selezione di ventisei capolavori che fanno da cornice alla Pietà di Brera dell’artista veneziano. È il ri-nascimento della seconda metà del Quattro-cento attraverso i dipinti di Giovanni Bellini e dei suoi contemporanei, tra i quali Donatello e Mantegna. Una pittura che chiede di essere contemplata, che coinvolge sul piano emotivo e ispira raccoglimento. Questo era, soprattutto, il signiicato della pittura devozionale nella Ve-nezia di quell’epoca, caratterizzata da una ac-centuata religiosità privata, e in cui Bellini ebbe modo di studiare le icone di Cristo presenti nelle case e nei conventi della città. Si tratta di rafigurazioni ispirate alla tradizione iconograica bizantina (come il Cristo morto con la Vergine dolente della metà del XIV secolo presente alla mostra) dalle quali, però, l’artista, sperimentatore instancabile, si distacca pre-sto, per rielaborare nel corso degli anni un personale approccio al tema della Pietà. La mostra è una retro-spettiva concentrata sul primo periodo della carriera di Bellini e si propone di sottolineare il modo origi-nale in cui l’artista si è imposto in terra veneziana. Attraverso un angolo visuale colto, intriso di uma-nesimo e poesia, Bellini dipinge stimolato dai lavori di grandi artisti a lui contemporanei. Primo fra tutti Andrea Mantegna a cui Giovanni Bellini era legato, oltre che da parentela, da interessi culturali comuni. Di Mantegna si può ammirare il Cristo in Pietà tra la Madonna e san Giovanni, opera che consta di tre tavole che costituivano la cimasa del polittico pado-vano e che sono conservate alla Pinacoteca di Brera. Della bottega di Donatello, invece, un piccolo deli-zioso rilievo in marmo (Pietà con angeli e le Marie) rafigurante il Salvatore con a ianco tre angeli e, ri-piegate su se stesse, le Marie che adagiano le gambe del Cristo nel sarcofago.Ma è la Pietà di Brera, a cui la mostra riserva la se-zione centrale, a concentrare maggiormente l’atten-zione del pubblico. Un dipinto di straordinaria bel-

lezza, di cui non si conoscono né il committente, né la datazione che la critica farebbe oscillare tra il 1460 e il 1470. L’opera è irmata dalla celebre iscrizione sul cartiglio della balaustra marmorea, un distico la-tino che suona: “Haec fere quum gemitus turgentia lumina promant/ Bellini poterat lere Ioannis opus” (Mentre gli occhi goni di pianto quasi emettevano gemiti, quest’opera di Giovanni Bellini poteva pian-gere”) il cui verso originale è tratto dalle Elegie di Properzio. Essa è afiancata alle Pietà di Rimini e di Venezia per sottolinearne il medesimo taglio a tre quarti di igura e la comune intensità emotiva. La Pietà braidense, i cui valori cromatici sono stati riportati al loro splendore originario dalla pregevole attività di restauro, ci cattura emotivamente per quel senso di dolore assoluto che si concentra nel dram-matico gesto di Maria che sorregge il Cristo acco-standosi al suo volto, mentre san Giovanni, sgomen-to, si ritira volgendo lo sguardo dalla parte opposta. L’intreccio di mani accentua, nel dialogo silenzioso delle tre igure, l’angoscia e il lirismo di cui è total-mente intrisa l’eccezionale opera belliniana. Una mostra da non perdere. Perché nell’ampia of-ferta artistica che Milano continua ad offrirci essa rappresenta, da un lato un’occasione particolare di rilessione su temi decisamente distanti dalla nostra quotidianità e, dall’altro, l’opportunità di ammirare Bellini e altri grandi maestri della pittura, tanto difi-cili da eguagliare per tecniche e sensibilità.

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ACCADEMIAda “LETTERATURA DIALETTALE MILANESE” di Claudio Beretta

Carlo Maria Maggi

6 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

Dalla letteratura di Claudio Beretta:

Il prof. Claudio Beretta ci ricorda che questa lirica riveste particolare importanza in quanto, per la prima volta, vi compare l’opposizione tra il dialetto milanese del Maggi e il dialetto brianzolo di Togni. È questo forse il principio di un’evoluzione del pensiero e dello stile del Maggi.

TRATTENIMENTO DELL’AUTORE IN VILLA

Sont a Lesma sol solettPer fà i cunt cont i MasséBella vista e loeugh quiettDe descorr cont i pensé.

La mattina sto giò tardFin che ’l Só me ven adoss,Fin che ’l Coeugh moeuv i leccardE son stracch de stà in reposs.

A fà i cunt cont i FicciaverNo me casc perchè g’ho pairo,E sto in lègg cuntand i traverE fagand castij in l’airo.

Pens c’ho pers Messé, Madonna;Pad’r e Mader hin andà,Ë on ioeù sent c’al tontonna,C’al vorravv ess marià.

L’ha rason. Vegna ona NoeuraDe spend poch e fà legria;Bon dotton, bona ioeura,E poeù fang da spassamm via.

Ghe averà pur grand amorLa mia Donna ch’è inscì tendera,L’andarà tutta in savorComè on pomm còtt in la scendera.

Ma mì allora saró al in,E fors anch no saró vivv;Oh chilò casca l’Asnìn,Tura via pensé cattivv.

Sono a Lesmo solo solettoper fare i conti con i massari;bella vista e luogo quietoper discorrere coi propri pensieri.

Alla mattina mi indugio a letto,ino a che il sole non mi viene addosso,ino a che il cuoco muove le leccarde e sono stufo di stare a riposo.

Di fare i conti con i ittavoli non m’affanno perché ho tutto il tempoe sto a letto contando i correntie facendo castelli in aria.

Penso che ho perso suocero e suocera;padre e madre se ne sono andatie sento un iglio che mormorache vorrebbe essere sposato.

Ha ragione. Venga una nuora da dover spendere poco e fare allegria;una buona dote coi iocchi, una buona igliolae poi bambini per spassarmela.

Porterò loro grande amorela mia donna che è tanto tenera,andrà tutta quanta in giulebbecome una mela cotta nella cenere.

Ma io allora sarò alla inee fors’anche non sarò più vivo;oh, qui casca l’asino!Tira via cattivo pensiero.

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ACCADEMIA

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 7

Pensemm coss de slargà el coeur,L’è vendembia e vuij c’al sora; Oh sti preij fussen parpoeur,Oh sta cà fuss tutta dora!

Chì vorrevv fà on bell palazz,Mobilià de tutta boria,E menagh di SignorazzA mé spes e fà brandoria.

Quei Veggion, che ne sopressenInt’i scrigg senza clemenzia,Vorrevv ben che me disessenAnca lor vostra insolenzia.

A nessun vorrevv fà mà,Ch ’l mà d’olter me fa s’cess;Domà on pó fa svargellàI brasc biott e i volt de gess.

Ma la cà l’è an mò de preijE mì an mò sont on tavan:Orsù via l’è donca meiLevà sù, però pian pian.

In vestimm co ’l có a stondera Cinqu Pater, barbott al pù,E desmentegh volenteraL’Orazion de pensagh sù.

Pensiamo cose da slargare il cuore;è tempo di vendemmia e voglio che si svaghi.Oh se queste pietre fossero quattrini,oh se questa casa fosse d’oro!

Qui vorrei fare un bel palazzo,ammobiliato con tutto sfarzo,e condurvi dei Signoronie farvi, a mie spese, baloria.

Quei vecchioni che mi maltrattano,per iscritto, vorrei clemenza,vorrei bene che mi dicesseroanche loro “Vostra eccellenza” (insolenza).

A nessuno vorrei fare del male,ché il male altrui mi mette compassione;solo un po’ far fustigare le braccia nude i volti di gesso.

Ma la casa è ancora di pietree io sono ancora uno sciocco;orsù, via, è dunque meglio alzarsi però piano piano.

Nel vestirmi, con la testa nelle nuvole borbotto al piùcinque paternostri e dimenticovolentieri l’orazione mentale.

[continua nel prossimo numero]

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ACCADEMIA

È sempre un piacere conoscere e far conoscere, i traguardi e le soddisfazione che questa nostra lingua meneghina riserva a soci e amici dell’Accademia.Ci giungono da Maria Vittoria Panzeri e da Alberico Contursi (Bico) le notizie di premi e riconoscimen-ti raggiunti nel prestigioso concorso del “Pennino d’Oro” di Varese.Meta sempre ambita, quella di vedere le proprie li-riche ottenere consensi, non solo dagli amici, usi ad ascoltarle durante le riunioni del Sciroeu di Poetta, ma anche da qualiicate Giurie.A Maria Vittoria e ad Alberico vadano le nostre più sincere congratulazioni!

La redazione

TEMPORALON D’ESTAA IN CASSINA

La nòna l’usma in gir aria bagnada,la luma i nivol ner che fann paura,“Ghe sarà ’n grand disaster, l’è sigura.”…segn de cros, con la testa giò sbassada. Paisann saren-sù inester, pòrt per medegà la fòrza del destin el sòna fòrt e in pressa el campanin se spera nel Signor e bòna sòrt.Dent la stalla la vacca la se sentanch el cavall veggiòtt el se scalmana…i gainn par ciocch d’uga ’mericanain del pollee svolazzen del spavent. Tutt’in d’on bòtt d’acquada! Acqua a seggiad! On inimond col vent a molinell, bròcch s’ceppaa che sbatt fòrt a fà bordell, stralusc e tron che s’ciòppa ’me granad.Soramaròss on ticchettà de bruttel fa cress i penser di paisann…ona grand tempestada, on uragan,on demòni malnatt e farabutt. La nòna cont intorna i sò de cà citto la sila i gugg e la se mett a desfà el lavorà del sò sciallett: “Hoo saltaa ’n ponto, dovaroo guggià!”Se pizza ona candila in devozion la cera la spantega el sò profumm. Brusa l’uliv dent el camin e ’l fummel va sù in alt, insèma a n’orazion. E de lì ’na vintèna de minutt desmetten de scrizzà chi gelosii, el temp el s’è sfogaa e l’ha ferii la campagna con mezz regoeui distrutt.El sô ’l va e ven , la pioeuva l’ha lassaapocciaccher negher, strada masarentae la cort cont el ruff, che la tormental’ha impienii de tutt quell che l’ha trovaa. El ciel el se s’ciariss in d’on sferlà ch’impatacca la pell: gotta ’l sudor, spanteghen i stivai quell bon odor de terra, che anca lee l’è ’dree a sudà.L’era la torna a empiss de passaritt,la vacca la brugiss e la mastegacol cavall che’l fa ’l vers a la collegatorna i gainn a ruspà coi puresitt. La nòna, la se pò nò scoraggià: “Scolté! Demm minga spazzi a la deslippa, sù i manich, iron drizz, se vorì trippa!” Scagnell, sciallett…l’è lì pronta a guggià.

Alberico Contursi 8 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

RICONOSCIMENTI

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ONA TRAGEDIA IN DEL MAR 03.10.2013

Incoeu trii ottoberche spaventos eventtanta pòra gentscappada di Paés in dove la guerra la ghe da tormenthann trovaa la pasma nò su ’sta terraA centènn d’africanche cercaven on domanmen disperaael mar el gh’ha s’giandaaògni sògn de libertà.Adesssul fond di sò abissspettacol tremend per i soccorridoron scaff pien rasde cadaverde color négher.Òmen e dònnsenza nòmmtra lor anca mammin compra d’on iolin s’hinn in d’on bòtttrovaa in cielcont el sò pattanine lì a spettajno gh’era i bagaj“lampedusan”ma la Madònain persòna che ghe slongava la Soa man.Forsi a lorghe sarà paruu de sognàma Lee cont on sorrisl’avarà dii:“Avii inalmentinii de tribulà!”

Tra on quai dì,a monton, gh’avarann chìsepolturain terra stranierae i sò gentlontanin la savanacol coeur che sanguanagh’avarann nanca on loeughper portagh domà on ior…

Commòssa me ingenoeuggie piangi con lor.

Maria Vittoria Panzeri

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 9

ADIO ANGELINA

Adio Angelinat’hoo veduu stamattinaper l’ultima vòltate dormivet serènama el mè coeur in pènael s’cioppava dal magon.Calava pòcch mese t’avariet compii i anncentann!!Che festa t’avariom faa!Regòrdet quanto n’avevom parlaa?Per mì tì te seret on’amisa’na mama, ’na nònaChe piasè con tì cicciaràin del nòst car bell dialettQuanti consili t’hee me daaQuanto ben sèmm voruu.Gh’avevom i stess idèii stess ideaiina istess scrittor preferiiel Guareschi, el Battaglia,el Papini, el Manzonse scambiavom i libere poeu i opinionE adess?Restarann domà i regòrd.Me par squasi nò veraschiscià pù la bottonera del tò campanell e sentì pù i tò passpodè pù dì:“derva, Angelina, son mì”e poeu vedè el tò sorris…Adess tìdal Paradisprega per mì.

Maria Vittoria Panzeri

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POESIA E STILE

10 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

La nostra Accademia si è posta quali obiettivi la tutela e la difesa del dialetto milanese in tutte le sue manifestazioni, con particolare riguardo alla poesia – art. 2 dello Statuto.Ogni poesia, dovrebbe rispettare due momenti ben precisi determinati dalla poetica e dalla prosodia, elementi questi che vengono, ahimè, troppo spesso ignorati.Ben lo sapeva il compianto prof. Claudio Beretta che richiamò il nostro senso poetico con vari arti-coli apparsi in una rubrica, sui Sciroeu di diversi anni or sono e che vogliamo riproporre, credendo che possano essere propedeutici ai nostri odierni poeti afinché ne traggano insegnamento.

Dalla rubrica “Poesia e Stile” a cura del prof. Claudio Beretta.

Carlo Porta: “La Ninetta del Verzee” – “Lament del Marchiònn di gamb avert”

I nostri poeti moderni, nella stragrande maggioranza, conoscono poco Porta, nulla o quasi della letteratura dialettale milanese. Ma Porta, Barrella, Medici, Tes-sa dimostrano nelle loro opere di avere una profonda conoscenza di questa letteratura e di avere la mente e il cuore aperti alle altre: l’italiana, la francese, la te-desca, l’inglese. Hanno imparato dai grandi maestri e non lo danno a vedere perché il loro dialetto è scorre-vole che pararia minga. È questa l’arte del poeta.Studiando i due capolavori citati nel titolo, ci rendia-mo conto che Porta in pochi mesi, del 1814 e ’15, ci dà una composizione in uno stile, l’epico, e successi-vamente nello stile opposto, il romantico.La “Ninetta” è scritta nell’ottava epica di Ariosto e Tasso. È un racconto storico, autobiograico, oggetti-vo, di una protagonista ed un interlocutore, che però non parla. Nella storia compaiono solo fatti, immagi-ni ed i sentimenti si rivestono pure d’immagini con-crete: < ...mì dolza come l’uga...>. Ne do tre esempi: la spensieratezza dei ragazzi, la potenza dell’amore, la disperazione.

< Inscì, cont el sta insemma tutt e duu, Col giugà in-semma e fà quij cattanaj Che fann tucc i ioeu, semm rivaa a quell De trovass cott tutt duu senza savell. In-trattanta, per via della via Dell’intrigh inscì faa della medina, Ne faven dormì nun bardassaria Foeura di pee de lor in la cusina; Là ne saraven sù all’ave maria De sira ina a quella de mattina. E là nun de per nun tutta nocc Sevom patron de fà onia sorta de locc.>< Mì el mè Pepp el vedeva depertutt. E semper ghe lìaveva de denanz: Mì el vedeva in di temol, in di trutt, In la micca, in di supp, in di pittanz. No gh’eva

giovenott né bell né brutt, Che se podess res’cià de famm di avanz: Respondeva pesciad, desgarb e slepp, E tutt sti coss in grazia del mè Pepp.><Mì, dolza come l’uga appena senti Dove vann a fornì stì ultem paroll, Deventi smorta, tremi, me spa-venti, E poeu al solet ghe metti i brasc al coll; Inin voo al cantarà, lì me resenti Della cros, di peritt, del tornacoll, E ghe dighi piangend, Ciappa antecrist, Deggià ch’eet mangiaa el rest, mangia anca quist,>

In tutti i momenti domina il rigore morale, che non ha nulla a che vedere con il “mestiere”: la Ninetta è stata fedele al suo Pepp, ha rispettato i suoi clienti. Ma il suo orizzonte è chiuso: la camera e il “cadin”.

Nella primavera del 1814 la Francia napoleonica ri-chiama le truppe a difendere Parigi, dopo un vuoto a Milano, di qualche settimana, rientrano i reparti austriaci che riportano l’impero con il suo apparato burocratico soffocante (lo constateremo ancora un secolo dopo con Kafka), ma che apre le porte alla cultura tedesca, idealistico-romantica. Le fonti di Porta non sono più Rousserau, Voltaire, Sainpierre, ma Boccaccio (l’elegia di Madonna Fiammetta), Goethe (Faust), Sterne (Il viaggio sentimentale), Lessing (Nathan il saggio).A pochi mesi di distanza egli ci fornisce un poema romantico, un lamento-elegia, un Marchionn che chiama la gente che passa per gridare il suo dolore. La strofa è ispirata da Petrarca e da Parini e sprigiona una melodia inconfondibile. Ne do ancora tre mo-menti: la gioia giovanile, la disperazione che trova pace nella fede, la fede che trionfa, che supera ogni bruttura, sentimento romantico puro:

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ACCADEMIAMILAN... LA COGNOSSI? a cura di Giorgio Moro Visconti

Via Gioberti, via Tasso, via Tamburini di Giorgio Moro Visconti

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 11

In queste vie della Zona Magenta si può scoprire il fascino di una architettura dal Liberty al Déco di poco più di un secolo fa. Stabili e ville, con balconi, inferiate, cancellate, statue, pitture e decorazioni di artigiani, che non ci sono quasi più. Un aspetto di Milano, che forse durerà immobile per tanti anni a venire, dove il tempo è come fermo. Ogni tanto si leggono notizie di vendite immobiliari e, come ora si usa, sui siti internet vengono pubblicate fotograie anche degli interni, ovviamente non visitabili, perché chi vi abita difende molto la sua privacy. Tra i milioni di visitatori della Expo 2015 a Milano ci saranno persone di diversa cultura e aspettative. L’architettura metropolitana è molto varia e ha su tutti un impatto visibile, ma per chi ha particolari interessi, come gli “specialisti” urbanistici la nostra città può anche offrire esempi “storici”, illustrati nei libri di Oscar Pedro Melano “Milano Liberty”, ed. Mursia, 1991 e “Milano e l’eclettico Déco 1900-1950”, ed. Mazzotta, 2004. Via Vincenzo Gioberti va da via Boccaccio a via XX settembre. Sacerdote, ilosofo e uomo politico (Torino 1801-Parigi 1852) fu cappellano di corte nella capitale Piemontese; individuato come seguace di idee liberali e repubblicane, arrestato il 31 maggio 1833 come sospetto appartenente alla “Giovine Italia”, esiliato a Parigi divenne famoso nel 1843 per il suo libro intitolato “primato morale e civile degli italiani”, nel quale sostiene che l’Italia deve prendere coscienza dei suoi valori e mettersi alla testa di un movimento di reintegrazione della vera civiltà nel mondo

moderno. Avrebbe voluto un’Italia confederata sotto la presidenza del Papa, ma poi si convertì all’idea di stato unitario sotto la monarchia dei Savoia, scrivendo nel 1846 un altro libro intitolato “Del rinnovamento civile degli italiani”. Rientrò a Torino nel 1848 e fu presidente del Consiglio tra il dicembre dello stesso anno e il marzo 1849. Al n. 1 della via Gioberti c’è lo stabile chiamato Casa Donzelli, architetto Ulisse Stacchini (1903). Nel libro di Francesco Ogliari “Milano di Sopra”, pubblicato dal Comune di Milano nel 1986, a pag. 74 e seguenti, si commentano facciate e balconi, dicendo che sono una “festa del Liberty” e che il “decorativismo <<loreale>>, trasmessoci dalla Francia, trova qui soluzioni particolarmente felici in ogni suo elemento”. Via Torquato Tasso va da via XX settembre a Largo V Alpini: poeta (Sorrento 1544- Roma 1595), dopo gli studi di legge a Padova nel 1565, fu alla Corte Estense: è famoso per il poema eroico “La Gerusalemme Liberata”, rielaborata

poi nella “Gerusalemme conquistata” meno importante. Nel 1579 ebbe crisi di follia e rimase in ospedale 7 anni. Via Pietro Tamburini va da via Revere a via Mascheroni e ricorda il teologo (Brescia 1737- Pavia 1827); fu professore all’Università di Pavia ed esponente del movimento del Giansenismo in Italia, cioè una dottrina teologica, che tentò di modiicare il Cattolicesimo, elaborata nel XVII secolo da Giansenio (1585-1638), secondo la quale l’uomo nasce essenzialmente corrotto: fu condannata dal Sant’Ufizio nel 1641.

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IN CARTA

12 Sciroeu de Milan -Settember/Ottober 2014

BORGHI E CASCINE DELLA ZONA 5di Riccardo Tammaro

Dopo l’opera omologa dedicata alla zona 4, il giornalista e scrittore Riccardo Tammaro, pre-sidente della Fondazione Milano Policroma, ci regala un’altra pubblicazione dedicata al mondo delle cascine, questa volta ambientata nella zona 5. Questo libro non vuole essere una nostalgi-ca celebrazione dei tempi che furono, ma uno strumento per leggere nel territorio attuale quanto si è conservato degli antichi insedia-menti rurali, quasi fosse un’istantanea scattata alla campagna periurbana a futura memoria.Come ha scritto Stefano Ferri, direttore re-sponsabile del giornale MilanoSud, “Gli scritti di Riccardo raccolti in questo libro sono di grande qualità, probabilmente unici nel panorama della ricerca e della pubblici-stica milanese. L’approccio è storico, ma non semplicemente accademico. Si raccontano le vicende principali che hanno riguardato gli insediamenti rurali che ancora sopravvivono nella zona sud della città, le origini del nome, i resti di arte rurale, la vita contadina.”Lo scopo è quindi quello di stimolare la co-noscenza attraverso una passeggiata a piedi o in bicicletta per questi luoghi ricchi di sto-ria, d’arte e di tradizione. Ancora Ferri infatti nota“Dopo aver letto gli scritti di Riccardo non è più possibile passare indifferenti accanto alle cascine e ai resti degli insediamenti rurali di Milano. Ognuno di essi appare sotto una nuo-va luce. Come uno degli snodi di un reticolato sociale ed economico, su cui si è sviluppata la nostra società, con i suoi valori e tradizioni. Un patrimonio culturale fatto che va ben oltre la cifra edilizia e urbanistica, che deve essere valorizzato in toto, per non essere disperso. Per-ché se così fosse perderemmo una parte fonda-mentale di ciò che siamo e ci precluderemmo la strada a un nuovo sviluppo.”

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Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 13

SCIROEU DE LA PRÒSA

LA GALLERIA DI VIA MANZONIAlma Brioschi

La Galleria Manzoni com’era anni fa:da chi era frequentatae come si viveva

On articol su Il Giorno del 9 genar 2013 ch’el parla del Dario Fo ch’el torna in preson per incontrà i detenuu de S. Vittor, el m’ha faa vegnì in ment, quand quarant’ann fa circa, mì che seri impiegada in d’on studi d’avocatt in via Borgospess, per guadagnà ona quaicòssorina sont andada a fà la “mascherina” al Teater Manzon.Allora el Teater Manzon l’era molto-su e l’è staa el primm teater ad avè i mascherinn dònn.El costumm l’è staa ideaa e faa da la Pia Rame: bloeu de jersey cont el collett proilaa d’òr che parevom di pajasc!!!Come spettacol gh’era in scèna La signora è da buttare (delitt Kennedy) cont el Dario Fo, la Franca Rame e alter bravi attor.On bell laorà: ma quèll che pussee colpiva l’era che el Dario Fo, de spèss, l’improvvvisava el tèsto e se vedeva i sò collega ch’el vardaven per spettà l’imbeccada per podè andà avanti. Pròppi interessant!Poeu gh’è andà in scèna el Tino Buazzelli in Mercadet l’affarista e mì me introfolavi de spèss in del sò camerin per fagh i compliment: l’era on grand artista!Per ultim hoo vist el Gino Bramieri: divertent!Quell ch’hoo poduu constatà l’è stada la differenza sia del pubblich di trii spettacol che i manc che se riceveva: abbondant domà con la “rivista”.In Galleria Manzon gh’era el Ristorant “Harry’s Bar” molto scicch dove andavi a mangià dòpo ’l teater, con di amis e poeu andavi giò a fà quatter salt al “Night William’s”.Seri gioina… allora!Complètti el quader de la Galleria Manzon de allora: de facciada del Teater gh’era on barett dove se andava a bev l’aperitv prima di spettacol: sul canton de manzina gh’era el negòzzi “Noè-giocattoli” e sul canton de destra gh’era on negòzzi de tessuu de grand march.

Il teatro aprì i battenti il 15 maggio 1870 in piazza San Fedele a Milano con il nome di Teatro sociale di Milano, venendo intitolato ad Alessandro Manzoni dopo la sua comparsa nel 1873. Nell’agosto del 1943 un bombardamento alleato distrugge completamente l’ediicio di piazza San Fedele. Progettato dall’architetto Alziro Bergonzo e riccamente decorato di varie opere d’arte come pitture di Achille Funi e sculture di Leone Lodi, il nuovo teatro riaprì il 20 ottobre 1950, sette anni dopo la sua distruzione, spostandosi però in via Manzoni.La gestione del nuovo Manzoni venne afidata a Remigio Paone, noto impresario milanese, con la passione per la rivista e il teatro musicale già direttore del Teatro Nuovo di Milano. Dopo Paone, la direzione passò ad Adolfo Smidele, il quale instaurò un gemellaggio con il teatro stabile di Genova e dal quale prenderà molti spettacoli.In commemorazione di Renato Simoni, morto nel 1952, il teatro venne rinominato “teatro della Via Manzoni - Renato Simoni”, ma i cittadini milanesi cominciano a chiamarlo solamente con il vecchio nome Manzoni. Nel 1967 la gestione del Manzoni venne afidata a Carlo Alberto Cappelli, editore Bolognese e Garinei e Giovannini, un duo di commediograi appassionati di rivista e teatro leggero.Nel 1978 il teatro è diventato di proprietà della Fininvest, che ne ha afidato la direzione artistica a Luigi Foscale, che lo gestirà per più di venti anni. La gestione Foscale si caratterizza per il ritorno del teatro Manzoni alla prosa e ai grandi spettacoli.

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Laghi di LombardiaLago di Piano

Il lago di Piano (o lago del Piano o lago di Romazza) è un piccolo lago situato in val Menaggio. Ha una su-pericie di 0,72 km2 ed una profondità massima di 13 metri ed occupa la vallata alle spalle della cittadina di Porlezza (CO). Durante la stagione invernale si copre di ghiaccio.

È la prosecuzione ideale del lago Ceresio o lago di Lugano in quanto appendice dello stesso ma separata, nel corso dei millenni, dalle alluvioni del iume Cuc-cio che hanno creato una ampia zona di riempimento, oggi l’unico immissario importante è il torrente Civa-gno che nasce dal monte di Tremezzo.

Il lago di Piano è un tipico lago di fondovalle glacia-le, attualmente inserito in una vasta oasi naturalistica denominata Riserva naturale Lago di Piano e ricono-sciuta come sito di importanza comunitaria dall’Unio-ne europea.

Sul piccolo promontorio che si inserisce nello spec-chio del lago è da segnalare il borgo di origine medie-vale Castel San Pietro, esempio di borgo circondato da mura e sorto, come molte altre località della zona, su vestigia di un antico sito di osservazione e segnala-zione di epoca romana. Vi si ergeva infatti una torre di segnalazione luminosa che probabilmente era a vista con la omologa torre di Carlazzo la quale era a sua volta collegata visivamente con la torre della località Le torri, a monte in direzione di San Bartolomeo Val Cavargna.

Tra le specie presenti, peculiare è la presenza del gambero austropotamobius italicus.

Sulle sponde del lago sorgono numerosi campeggi che, in periodo estivo, sono frequentati da turisti prin-cipalmente olandesi e tedeschi.

Durante la stagione invernale il lago del Piano ha la caratteristica di gelare per un periodo compreso fra di-cembre e i primi giorni di febbraio a causa dell’ombra proiettata dal monte Galbiga o Calbiga: la supericie

ghiacciata del lago rende quindi possibile l’attività del pattinaggio che viene comunemente esercitata dagli abitanti della zona.

Morfologia del Territorio

Durante le ultime glaciazioni del Quaternario, un ramo del ghiacciaio abduano (che modellò il solco del Lario) proveniente dalla Valtellina, si insinuò verso il Ceresio; erose i ianchi dei monti deposi-tando le morene laterali ed invase la Val Cavargna e la Val Rezzo.La piana, fu così modellata in una tipica valle gla-ciale aperta a forma di “U”.

L’Origine del Lago

Dopo il disgelo un unico corpo lacustre occupò la conca originata dall’azione erosiva dei ghiacciai, ma dalla Val Cavargna e dalla Val Rezzo un for-te aflusso di materiali detritici, vegetali, argilla e sabbia crearono una piana che separò le acque del-l’attuale Lago Ceresio da quelle di un piccolo lago. Era nato il Lago di Piano.

La Struttura Geologica

L’area nella quale si inserisce la conca lacustre è costituita da una grande piega di calcari e dolo-mie mesozoiche, che coinvolge alcune formazio-ni triassiche e giurassiche. Al ritiro dei ghiacci le conche lacustri permisero la deposizione di molto materiale ine, oggi sepolto dai depositi alluvio-nali dei corsi d’acqua provenienti dai monti. Al di sotto di questa coltre vi è una spessa copertura di materiale limoso-argilloso sovrastante il substrato roccioso. La roccia che forma il versante setten-trionale è costituita da dolomie e calcari dolomi-tici poco stratiicati ma molto fratturati (Dolomia Principale); le rocce che formano il substrato della valle sono le Argilliti di Riva di Solto. Sui ianchi meridionali afiorano il Calcare di Zu (calcari do-lomitici alternati con marne e argilliti), la Dolomia a Conchodon e il Calcare di Moltrasio.

Le sponde del lago su cui si affacciano a destra il monte di Tremezzo ed il monte Galbiga

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ACCADEMIA

16 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

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LEGGIUU E SCOLTAA“Sciroeu di poetta” ospita, così come ci sono pervenute le composizioni, “lette e ascoltate”, noi le pubblichiamo, correggendo qualche palese refuso, convinti di stimolare la volontà

di chi sente spontaneo il desiderio di esprimersi, interloquendo con la musa, in dialetto milanese e con l’augurio che queste pagine possano scoprire nuovi talenti.

SERADA MENEGHINA

Serada improvvisadae fada giò a la bònaserada genuinaserada meneghina.Sòtt vos quasi in sordinael son d’ona ghitaratra on cant e ’na poesiane fa de compagnia.

Emm levaa-sù el bicceremm regordaa i amisemm tegnuu alt el nòmmde tucc i meneghin.

Moment de bon umormoment de nostalgiache pòdi nò scordàmoment che fann sognà.

L’è quest el tocchesanaper vegh voeuja de vivper restà semper giovininsèma a tanti amis!

Alarico Zeni

Oh ioeu, te see se gh’è de noeuv, stasera?L’è vera sto ciaror,che ven dal ciel, da sora a i stell, lusor!L’è lee, la luna piena,l’è lee che la ne parla, l’è... dorada.penser che paren d’òr,e pitturaa in del ciel, cornis con dentpenser d’amor, scrivuucont i color de l’arch in cielvelaa.T’hee vist, oh ioeu, se gh’è de noeuv, stasera?Me par che’l sia tutt vecc,o noeuv, conforma de chi voeur vedè.

Gianfranco Gandini

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 17

Egidio Guarino

“Duomo di notte”

olio su tela, 2014

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18 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

LEGGIUU E SCOLTAA

U u (u serada)

I USELLITT, I USELLASC(Uccellini, Uccellacci)

La Sciguetta, maestrinadent la scoeula, lì in cassinala ghe insegna ai Poresittai Merlòtt, ai Passaritt

’me se ciamen tutt’i Usèie ghe cunta a ’sti pivèii color del sò piumaggel sò vol e ’l sò atterragg

La ziffola con dilettper spiegà tutt’i dialettOgnivun la soa canzon:ògni razza gh’ha el sò son

-Nel pollee gh’è la Gaina,la fa l’oeuv, pòra tapina!Poeu la canta on poo sgraziada...se capiss: l’è ’na sudada!-

L’Òca e l’Aneda spernazzen e in de l’acqua insèma sguazzenzippa el Dord e legrios el Fringuell canta gioios

Parascioeul e Redesces hinn Usèi bon e cortesEl Pivion con la Colombahinn cusin, però in seconda-

Ravaritt e Rossignoeu hinn tenor, el Merlo poeul’è el pù bravo a ziffolàEl Scorbatt... mej lassà stà!

La Cornaggia? Fa spavent!La Poiana? Stégh attent!Oeugg al Nibbi predadore al Falchett, gran razziador!

El Pavon l’è beschiziosl’è lunatich, ambiziosDomà el Zign l’è senza vose per quest l’è malmostos!

E tra on cipp e on chiricchìl’è rivaa quasi mezzdìTucc al son del campaninse trann foeura el scossarin

Ghe brontóla i stomeghett:gh’è chi va a cercà on Vermettchi ghe basta on soll granin,chi va a caccia d’on Moschin

La Sciguetta a l’incontrarila va in lett, l’è necessarion bell sògn. Perchè la nòttlee la vola in Barilòtt!

Paola Cavanna

Civetta delle nevi

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LEGGIUU E SCOLTAA

Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 19

CHE CORSA

Primavera l’è in ior, sèmm in màggel primm dì. Su la stràda in campagna che và vers la cassina ’pena foeura paes. I dò sorellin, con ’na bici on poo granda gh’hann de corr…’sti dò tosànètt. Trii ò quatter chilometri paren tanti per quella che dev pedalà Su la sella dedree la pussee piscinina, ben taccada la s’gigòtta on ciccin. Scoltà ben, che nissun trèno riva e passà oltra la stanga.Infolarmàd e content inalment, gh’è l’hann fada a portà la notìzia ai parènt …l’è nassuu…

Gh’è rivaa on fradellin ! Mara Chierichetti

LA GATTA GELOSIA La gatta gelosiame sfrisa el ventera ongiamm budellin a scavamm de dentertacass el coeurla sciscia i mè polmonla me soffega con la disperazionLa sbusa i oeuggla riva in del cervelli nerv la taja’me lama de cortellLa scorr nel sangucome ’na malattiala brusa i vennla gatta gelosia…

Paola Cavanna

SE PÒ NÒ

El saria pròppi bellvess semper istess, tutti i dìvess semper sorrident,podè vess a disposizion…Tucc se spetten de vedett con novità e ona bella faccia, pronta a fai sorrid,a fà pirolett compagn d’on legoròtt,a scherzà tutt’i moment.Ma gh’è di vòlt, in la vita,che se pò nò, che l’è minga possibilrealizzà on sògn e tutt el scarliga sott’ai pee.Allora te ven de pensà che gh’è semper ona soluzion ai dispiasè e che var la pèna de pensagh men e…spettà el tò moment!

Micaela Baciocchi

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20 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

LEGGIUU E SCOLTAAFOEURA DEL CAVAGNOEU

SCAPIGLIATURA

E mì sont Antonin Ambroeus Maria Nassuu col secol noeuv in Solferin,Hoo respiraa quand s’eri piscininLa spuzza del tombon sotta a cà mia.

E quand el sol tra i cà l’andava via,Guardavi giò sul fòss del baltreschin,E sui barcon el fumm bianch di caminEl vedevi ballà come ona stria.

Gh’era anmò in l’aria la scapigliadura Tra san March la Cernaia e la via Ancona,Ma la soa storia l’era ormai già scura,

La sul pont Marcellin Tranquill CremonaCol Catalani ormai passaven pù...Resta la gloria e i òmen tornen pù!

Ambrogio Maria Antonini

LA MUSA

Ghe quell che se la sposae la ten semper arentchi inveci la morosa e l’incontra dent per dent.

Gh’è chi cred e s’innamorad’ona perida illusione l’è inveci on’impostorae la ten domà bordon.

Gh’è la Musa pòca seriache con tucc se lassa ’ndàse de nò canta miseria.

Gh’è la Musa che gh’è mingama se fa semper scoltàe l’è quella che lusinga.

Joreste

ONA STRÒLEGA DISINTERESSADA

Ona stròlega jer la m’ha fermaae senza cinquantalla l’ha ciappaala man in man e la s’è missa a leg la riga de la vita: “Te see vegg”lee la m’ha dii in d’on dialett forest, ma sta sicura, te moeuret nò tant prest;per milla franch te pòdi indovinài ann che te gh’hee ancamò de scampà.Se al pòst d’on milla te m’en dasset duuForse indovini che te moeuret pù!

Enrico Bertazzi

EL PANORAMA

El panorama de cittàel se gòd de la inestrache la guarda in su la strada la mia cort l’è in su la destra.

El via-vai de questa strada,iler d’auto d’ògni marca.Se de chì vedessi el iummel via-vai sariss in barca.

El frecass de questa vial’è de clacsonn spampanaase de chì vedessi el mar passaria nòtt dessedaa.

L’aria greva sul poggioeuimpregnada cont el “smogh”se vedessi la montagnagh’avaria nanca anticòrp.

Pensi allora che se ’l fuss,mì saria in d’on alter sitche chissà doe el pò vessforsi lì a pan e pessitt.

Forsi lì minga a cà miaògni sera in del pigiamacon la voeuja de rimiràancamò el mè panorama.

Ona strada, cà de faccia,ona cort lì in su la destra,el frecass col sò via-vai,aria gramma a la inestra.

Joreste

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Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 21

Timo, prediletto dalle fatedi Fior-ella

VEDRINA DE LA BOTANICAa cura di Fior-ella

Pianta dall’aroma inconfondibile usata in dai tem-pi più antichi con il nome greco Thyo che signiica “dare sacriici” proprio perché rametti di timo veni-vano posti in grandi bacinelle e bruciati nell’offerta agli dei.Il nome greco Thymon, signiica arbusto adatto a produrre profumato fumo sacriicale, tradotto in lati-no Thymus ha dato il nome a due specie: - vulgaris che proviene da aridi luoghi con iori rosei o bianchi- serpillum perché serpeggia su terreni rocciosi, come affermava PlinioÈ detto anche Pepolino.Appartiene alla famiglia delle Labiate.Pianta cespugliosa con fusto legnoso a molte ramii-cazioni sottili.Le foglie sono piccole, lanceolate, leggermente pelo-se, molto aromatiche.I iori compaiono da marzo a luglio con corolla a tubo rosa-lilla che nascono all’ascella delle foglie.Vive in terreni aridi ed assolati dal livello del mare a regioni montane tra rocce e sassi.La raccolta viene solitamente effettuata nel periodo della ioritura.I rametti legati a mazzetti devono essere posti ad es-siccare all’ombra e conservati in sacchetti di carta, tela o barattoli di vetro.Pianticella citata nel poema l’Eneide di Virgilio -...“Scacciano dalle arnie i fuchi…ferve l’opera delle api, olezza il fragrante miele di timo…”Greci e Latini lo usavano per le proprietà antisettiche che contribuiscono a prolungare la conserva-zione dei cibi, azione ritenuta eficace per le sue proprietà disinfettanti e germicide. Danno ottimi risultati gli infusi e decotti per frizioni alla pelle, mescolati ad oli e balsa-mi. Nel Medioevo il timo fu identiicato con il Coraggio e le dame se ne ornavano quando i guerrieri erano prossimi alla partenza per una battaglia e per favorire questa virtù donava-no al loro cavaliere una sciarpa con ricamata un’ape che volava e si posava su un ramo-scello di timo.Nel linguaggio dell’800 i iori di timo simbo-leggiavano l’operosità e l’amore con il mes-

saggio “Non ti scorderò mai”.Nel Rinascimento i iori seccati e polverizzati erano usati come dentifricio e disinfettante delle gengive oltre ad essere inseriti quale importante lozione per i capelli.A metà ’800 il chimico francese Lallemand estrasse dal timo, l’olio essenziale, il Timolo, molto ricercato, perché a quel tempo veniva usato come antibiotico, ino a quando si scoprirono antibiotici più potenti.Il timolo è ancora oggi utile per disinfettare l’appa-rato respiratorio e l’intestino oltre a normalizzare i processi digestivi.Si racconta che questi ramoscelli siano amati dalle fate, luminose creature e chi vuole incontrarle può preparare un infuso con la sua iniorescenza, la più ricercata dalle api operose e loro messaggere, evo-cando l’emblema della diligenza, operosità ed amo-re.Si dice però che l’infuso centellinato con estrema cautela soltanto in luoghi aperti, se da un lato può servire a vedere le fate, risulta essere una pericolosa pozione se assunta nella propria abitazione!Gli eli amano i iori di timo ed usano passeggiare nei boschi portando corone di timo e maggiorana.In Sardegna questa essenza è chiamata anche “Erba di Maria” per la seguente leggenda dell’era cristia-na:Durante la fuga in Egitto soltanto il timo si offrì qua-le profumato e sofice giaciglio alla Vergine, per cui da allora fu considerata erba di Buon Augurio.

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22 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

La drammatica peste di Milano del 1576S. Carlo Borromeo stremato dal contagio muore a 46 annidi Osmano Cifaldi

Nel 1576 Milano fu sconvolta da una delle più mi-cidiali pestilenze che la storia ricordi. Già la città fu colpita nel 1528 dal morbo tanto da subire un consistente spopolamento, ma ora poteva affrontare la nuova peste avvalendosi della presenza di Car-lo Borromeo, il giovane arcivescovo della città che rimanendo in prima linea spronò col suo esempio autorità, cittadini, clero, a combattere con grande energia l’avversità. Il Borromeo ebbe così modo di dimostrare che in lui la carità superava di gran lun-ga il rigore convincendo le autorità spagnole, per la prima volta impressionate dalla tragedia, a disporre una serie di indovinate iniziative tra cui l’eccezionale elargizione di sussidi e aiuti a favore delle fasce più deboli della popolazione più vulnerabili agli attacchi dell’epidemia.Il Cardinale impedì ai nobili, che solitamente in caso di pericolo facevano fagotto, di lasciare la città per condividere le pene del momento con la popolazione e vigilare per la difesa dell’ordine pubblico facendo leva sulle cariche pubbliche di cui erano in possesso. Il Cardinale sosteneva che alla preminenza del ceto doveva corrispondere quella dei doveri. Il governa-tore spagnolo del momento, Don Antonio de Guz-man y Marchese d’Ayamonte riuscì a lasciare la città ma fu seguito subito dopo dall’anatema dell’Arcive-scovo.L’amministrazione comunale fece isolare da 300 guardie il borgo degli ortolani, presso Porta Coma-sina, dove s’erano manifestati i primi casi; i mercati, le scuole, i negozi, le manifatture, furono chiusi e ri-gorose quarantene obbligavano i cittadini a rimanere chiusi in casa.Ma tutto fu inutile: il critico stato dell’igiene cittadi-na, priva di fognature e con i riiuti “a vista” sparsi per le strade, facilitò l’estensione dell’epidemia.Al medico Ludovico Settala fu assegnata la respon-sabilità della sanità pubblica; assoldò tutti i medici e gli ausiliari sanitari disponibili e concentrò nel “Lazzaretto” (oggi parzialmente visibile tra le vie Lazzaretto e S. Gregorio con al centro la chiesetta di S.Carlino) il maggior numero possibile di ammalati.Fece erigere 2.500 capanne/ricovero ripartite nei sei principali borghi della città. Deputazioni di nobili e

senatori erano alle porte per veriicare le “fedi” sa-nitarie di chi entrava e di chi usciva e sorvegliando afinchè gli appestati fossero curati nel modo miglio-re.Il Cardinale afidò la generale assistenza religiosa ed il controllo dei luoghi di degenza a frà Paolo Bellen-tani da Salò che coadiuvato da un stuolo di monaci, per lo più cappuccini, provvide anche ad assicurare agli infermi oltre che l’assistenza corporale e religio-sa anche i rifornimenti alimentari che fece arrivare in modo continuativo dal contado.Frà Paolo, il caritatevole iduciario del Cardinale, la-sciò la testimonianza della sua competenza e della sua esperienza nel “Dialogo della peste”, una prezio-sa e rigorosa cronaca sui terribili giorni di morte, di paura, di sofferenza, di rassegnazione, di terrore, di speranza.L’epidemia era talmente grave che si dovette impor-re una quarantena anche ai fortunati non contagiati. Il provvedimento trasformò la città in un immenso “Lazzaretto” e paralizzò di conseguenza ogni attività produttiva e commerciale con tragiche conseguenze per l’economia cittadina.Carlo Borromeo, incurante del mortale pericolo, si prodigò al massimo delle forze per lenire le soffe-renze degli infermi. Sempre in contatto ravvicinato amministrava cresime e comunioni offrendosi come esempio ai religiosi talvolta titubanti per il rischio di venire contagiati.Considerandosi a rischio della vita, redasse il 9 set-tembre 1576 testamento nominando erede universale l’Ospedale Maggiore di Milano. Organizzò la “pre-ghiera continua” ove il popòlo alla chiamata delle campane era invitato a sostare in preghiera soprattut-to dove in prossimità dei numerosi crocicchi veniva collocato un altare di fortuna. Non solo. Il Cardinale preso da forte misticismo, organizzò tre grandi pro-cessioni: il 3 ottobre 1576 dal Duomo a S. Ambrogio, la seconda il 5 ottobre dal Duomo in S. Lorenzo, la terza il 6 ottobre dal Duomo a S. Celso. Questo nono-stante l’obiettiva pericolosità che simili affollamen-ti potevano provocare a livello di contagio.

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Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 23

L’era pròpri ona bella tosa. On faccin delicata con duu oeugg negher ’me el carbon e ona cascada de cavei biond a rizzolitt, luster come la seda.L’era bella come la Natura che la gh’aveva intorna: praa quattaa de verd, smaggiaa de giald per la ioridura di ginester, montagn sberlusent che se perdeven in di color del ciel, ponteggiaa de nivolett de bombas ròsa.Intanta che la pascolava i cavrett la cantava cont ona vos deliziosa come quella d’on rossignoeu.L’era adree a tornà al baitell de l’Alp quand la sent ona vos: -“Bella tosa, per piasee, damm de bev…moeuri de set!”La resta incantada denanz a quell giovin, con la faccia dorada dal sô. Intanta che lù el ciappa iaa, settaa sora a on sass, lee la va in confusion, la diventa rossa come ona magiostra. Ghe trema on poo la vos, ma la rispond:-“Me dispias, mì de acqua ghe n’hoo minga…bev el latt di mè cavrett!”El latt cald el sbilza foeura di pecc de la cavretta e lù el bev, el bev…poeu, slongaa giò in sul praa, el resta lì inlocchii a rimirà la pastorella.-“Perchè te bevet pù?” -“La mia set la se calmarà mai, nanca se bevessi tutta l’acqua che strusa a vall el torrent.”El se setta arent a la tosa, el ghe carezza ona man, el ghe dis paròll dolz cobbiaa a sospir e basitt e lee la se bandòna in di sò brasc. Quand el sô el se scond dedree al sipari de la nòtt, la se scorliss…-“Devi tornà al baitell de l’Alp…te vegnareet ancamò doman?”Lù el segna l’orizzont, poeu el dis: -“Te vedet dove se perd quell bindell d’argent del tor-rent? là gh’è la mia terra, la mia gent…fòrsi tornaroo, ma pòdi minga ditt quand…!”Croden duu gottoni dai sò bei oeugg. La cascià via el magon e la slongà la man per saludall: -“Mì, te spettaroo semper, semper…”-“Si, tornaroo, tornaroo!” Passen i mes, i ann e la tosa de l’Alp la diventa matta, matta d’amor!Per cercall la va, la traversa vallad, la scavalca mon-tagn, la se perd in di bosch, la dòrma a la serena dove ghe capita. La par ona stria, i vestii tutt strasciaa, i cavei sperlusciaa, la faccia smòrta, i pee biòtt sanguanent, la

domanda acqua a tucc quei che la troeuva. La cammina, la cammina. Con fadiga la riva su la colma d’ona montagna dove pelucchen l’erba quatter cavrett. Settaa su l’orlo d’on precipizi la ved on pastor imbam-bolaa a rimirà la vall.-“Pastor, te me dee de bev? moeuri de set!”-“Me dispias, mì de acqua ghe n’hoo minga…bev el latt di mè cavrett!”Rivada vesin a la cavretta, la se slonga giò su l’orlo d’ona cengia e cont el coo poggiaa a on sass la bev el latt.Tutt in d’on bòtt la se distacca, la se mett a piang e tra on sangott e l’alter la dis:-“La mia set la se calmarà mai, nanca se bevessi tutta l’acqua che strusa a vall el torrent.”El pastor el resta infadaa, perchè sti paròll ghe fann ve-gnì in ment ona lontana promessa. El se vesina, le rimira polito in di oeugg:-“Lisetta, cara la mia Lisetta, ti te see la tosa de l’Alp?!”Lee la trema come ona foeuja e la seguita a piang.-“Lisetta, te conossevi pù!…fermet che gh’è el preci-pizzi.”La capiss pù nient, la se streng a lù che la quatta de ba-sitt in a quand, inscì brasciaa sù, borlònen in del voeui, in del nient!

On pissarottin d’acqua el sbilza foeura de la crena de quella cengia che la scarliga come on ilapper d’argent in mezz al caravee.Cunta sù ona leggenda che in di nòtt scur, senza nanca on’ongia de luna, se sent cicciarà quel pissarottin con la vos misteriosa di duu moros precipitaa. Certi vòlt par ina de vedè vegnì sù dal fond del val-lon, la sagoma de duu fantasma che slarghen i brasc, ie moeuven adasi, adasi per levass in alt e rivà sù la colma de la montagna, sconfondes tra i nivol e sparì involtiaa in d’on mantell de nebbia, ricamaa de stell a ilapper d’argent!

GLOSSARIOrossignoeu = usignolopecc de la cavretta = mammelle della caprettainlocchii = intontitobindell = nastrinoa la serena = all’apertocengia = gradino di roccia sangott = singhiozzoborlònen = rotolanoilapper = gruppi di ili crena = fessura

CUNTA SÙa cura di Ella Torretta

La tosa de l’Alp di Ella Torretta

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VOS DE RINGHERA

24 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

Grass de ròst.

Anche una pietanza prelibata, come l’arrosto, ha la sua parte sgradevole, il grasso caldo e cotto risulta scivoloso e da scartare perché, come si dice in dialetto, lo si sdegna.L’epiteto di grass de ròst si afibbia ai piantagrane, individui sgradevoli e dificili ma non cattivi, lo si dice anche di una persona per cui si nutre affetto.

Il popolo milanese ha sempre avuto una speciale arguzia nel forgiare detti e motti di particolare eficacia, mai mancanti di generosa ironia che si avverte anche nelle locuzioni più cupe. Ve ne proponiamo alcuni in questa pagina connessi alle motivazioni della loro origine.

Pelabròcch.

Bròcch in milanese è frasca, fronda d’albero e il pelabròcch era il bracciante che in campagna veniva chiamato per sfrondare i gelsi, nell’epoca in cui si usavano le foglie per l’allevamento dei bachi da seta, i bigatt. Era un lavoro umilissimo, un mestiere da povero bracciante di campagna, perciò i cittadini quando volevano indicare con ironia un campagnolo sempliciotto lo chiamavano pelabròcch, per indicare che le sue modeste capacità non gli avrebbero permesso altro mestiere.

Fà stringh de la pell.

La stringa è il laccio che si usa per le scarpe e può essere di cotone e anche di cuoio.Ridurre la pelle in stringhe signiica tagliarla, stirarla, farne l’uso più utilitario possibile in modo che nulla vada sprecato, fà stringh de la pell vuol dire lavorare senza risparmio di forze ino al limite delle possibilità. Quando si parla di un lavoratore generoso si può sentir dire “L’ha guadagnaa, però l’ha faa stringh de la pell!” ossia ha guadagnato ma ha lavorato senza risparmiarsi.

L’ha inventaa el fumm de râs.

Il fumo di raso, o nerofumo, si depositava ovunque batteva la iamma di una lampada a olio, era quindi cosa comune.Quando capitava un saccente che, dandosi l’aria di rivelare profonde verità diceva cose largamente risapute, gli ambrosiani lo riportavano bonariamente alle sue dimensioni dicendo “El sarà minga lù che l’ha inventaa el fumm de râs” letteralmente “non sarà mica lui che ha inventato il nerofumo” ma che signiica: ci vuole rivelare cose che conosciamo benissimo.Dello stesso detto esistono due versioni popolaresche fondate sull’uso del comunissimo pane a forma di corna di bue, denominato kipferl nella Svizzera tedesca e in Austria. Ecco le varianti “El gh’ha daa la stòrta al chiffer” cioè ha scoperto il modo di curvare il pane, oppure “L’ha inventaa la stòrta al chiffer”

Taccà-sù de lavà giò.

Per lavare si usava, in passato, l’acqua calda ottenuta mettendo sul fuoco un pentolone. La massaia appendeva alla catena del camino - da ciò taccà-sù - il pentolone di acqua con la quale poi avrebbe lavato - lavà giò - ma anche se il pentolone era grosso il suo contenuto era solo acqua, perciò quando un affare non rende o un’impresa è inconcludente e fa perdere tempo si suol dire “el pò taccà-sù de lavà giò” che signiica: non ricaverà niente di buono.

Tutt i còss vegnen a taj, anca i ong de pelà l’aj.

In questo detto c’è tutto lo spirito popolare ambrosiano che è portato a valorizzare tutto anche le cose che sembrano inutili.Tutto viene buono, anche le cose piccole e modeste come le unghie “tutt i còss vegnen a taj, anca i ong de pelà l’aj” letteralmente: tutto arriva a proposito, anche le unghie per sfogliare l’aglio.

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Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014 25

SALUTE A MILANOa cura di Filippo Bianchi

Un intruso nello stomaco di Filippo Bianchi

Secondo il Center for Disease Control (Cdc) di Atlanta, il più importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America, circa due terzi della popolazione mondiale ne sono infetti. Dopo i germi della carie è l’agente patogeno più diffuso al mondo. Provoca senso di bruciore allo stomaco accompagnato da dolori più o meno forti e da una certa dificoltà digestiva. Si chiama Helico-

bacter pylori (HP) ed è un batterio “lagellato”, ov-verosia con una specie di coda fatta di ilamenti mo-bili. Infetta la mucosa dello stomaco e causa gastriti acute e croniche, ulcere gastriche e duodenali. Vive unicamente nello stomaco dove si muove e scava ne-gli strati mucosi, corrodendoli e formando erosioni ed ulcere per poi stabilizzarsi deinitivamente in una zona precisa, ed è anche stato indicato come uno dei fattori nell’insorgenza del tumore allo stomaco. L’HP è una scoperta piuttosto recente che ha completa-mente rivoluzionato la cura dell’ulcera: nel 1982, in Australia, ci si accorge che lo stomaco non è un or-gano sterile: al suo interno vive un batterio (denomi-nato per l’appunto Helicobacter pylori). Scoppia la rivoluzione: si comprende che più del 95% delle ul-cere duodenali sono dovute all’HP, così come l’80% di quelle gastriche. Fino a quel momento i pazienti ulcerosi trattati con antisecretivi ricadevano nel 60-100% dei casi; impiegando invece antibiotici contro l’HP, le ricadute sono inferiori al 15%. Per questa scoperta nel 2005 i suoi scopritori hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina. L’HP ha la capacità di sopravvivere nell’ambiente fortemente acido dello stomaco grazie a una sostanza da esso prodotta, chia-mata ureasi. Questa favorisce la produzione di am-moniaca, che è in grado di neutralizzare il naturale ambiente acido dello stomaco, riducendo in tal modo l’azione battericida dell’ambiente gastrico. Non è an-cora chiara la via di trasmissione dell’HP, ma quasi sicuramente avviene per via orale, probabilmente at-traverso alimenti che lo contengono, o attraverso lo scambio di suppellettili: ad esempio la mamma che assaggia la pappa del bambino e lo imbocca con il medesimo cucchiaio: il fatto che il batterio venga ri-trovato sia nelle secrezioni fecali sia nella saliva av-valora questa idea. Nonostante l’infezione da HP sia particolarmente diffusa, la maggior parte dei sogget-ti che ne sono colpiti risultano asintomatici. In altri

casi invece l’iniammazione gastrica può dar luogo a sintomi particolarmente fastidiosi come bruciore e dolori gastrici, senso di nausea, eruttazione, vomito, relusso gastroesofageo, calo ponderale. La diagnosi dell’infezione da HP si può effettuare con due meto-di: o un esame delle feci dove ricercare direttamente il batterio o un esame del respiro, detto breath test: il paziente ingerisce una sostanza (l’urea-C13) e dopo circa 30 minuti raccoglie un campione di aria del suo respiro, sofiando all’interno di una provetta. Il cam-pione viene poi analizzato e dalla quantità di anidride carbonica marcata emessa col respiro si identiica la presenza o meno del germe nello stomaco. Comun-que sia, una diagnosi certa e deinitiva può essere fatta solo attraverso una gastroscopia: dopo l’inie-zione al paziente di un blando sedativo viene inserita all’interno dello stomaco un piccolo tubo lessibile (il gastroscopio), con una minuscola telecamera po-sizionata sulla punta che permette di visionare diret-tamente la mucosa gastrica, ed è possibile prelevare frammenti bioptici che saranno esaminati istologica-mente consentendo una valutazione dei danni causati dal batterio. Un modo per aiutare ad alleviare il do-lore addominale è seguire una dieta regolare. Questo signiica programmare i pasti in modo che lo stomaco non rimanga vuoto troppo a lungo. Fare cinque o sei pasti più piccoli ogni giorno potrebbe migliorare la sintomatologia. E’ anche importante evitare di assu-mere farmaci antiniammatori, perché questi possono irritare lo stomaco aumentando i sintomi. La terapia d’elezione per l’HP (chiamata terapia eradicante) prevede l’uso di antibiotici: è stato dimostrato che un singolo antibiotico non può eliminare interamente l’infezione, quindi si abbinano di norma 2 diversi an-tibiotici associati ad un farmaco gastroprotettore. Per la buona riuscita della cura è di fondamentale impor-tanza seguire scrupolosamente la cura. Il vantaggio di questa terapia è che essa viene effettuata per una decina di giorni secondo uno schema che ormai ogni medico di medicina generale è in grado di attuare, senza bisogno di interpellare lo specialista. Ciò com-porta un notevole miglioramento nella qualità del-la vita dei pazienti. Tuttavia, guarire dall’infezione non signiica guarire completamente dai sintomi, che scompaiono del tutto solo nel 50% dei casi.

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26 Sciroeu de Milan - Settember/Ottober 2014

Continua da pag.10 - Poesia e stile

<Godeva la mia vita i mes indree Proppi campagna, in pas e in libertaa: i varoeul i eva faa, Seva foeura di busch quanto al mestee, E in grazia di desgrazzi Che da bagai m’hann revoltaa i garett Aveva anch passaa nett El pù malarbetton de tutti i dazzi. Seva insomma la incìa de Milan, El capp di logg, el pader di legrii, E in tucc i cottarii No se parlava d’olter che del Nan.><Seva col coeur in mezz a sti cortij Quand senti a Sant Ambroeus a sonà i ses, E poeu per tutti i gies De lì on poo a scampanà i avemarii. Al son de qui cam-pann Me regordi in bon pont de quell lassù, e ch’olter che né lu Pò juttamm e salvamm de sti malann,><in quell stat de passion, de primm bullor, Me sa-rev fors scannaa mì come on can. Se a tertegnimm la man No me vegneva in ment quell car amor, Quell car angerottell, Quell pover innocent del mè bambin, Che l’è nanch settemin, E el par squasi d’on ann, tant l’è bell>.

Il Marchionn, abbandonato, ritrova un orizzonte aperto nel suo angerottel, nella giovane vita dove fonda il suo futuro.

Ma sempre in un dialetto scorrevole, melodioso, puro con qualche venatura arcaica, più maturo dopo l’esperienza importante della “Ninetta” .

Continua da pag.10 - Via Gioberti, via Tasso, via Tamburini

Guido Lopez nel libro Milano in Liberty con il fotografo Fulvio Roiter, ed. Celip, 1993, scrive che «al n. 8 di via Tamburini c’è un amabile villino, circondato di verde e iori, di un bel blu nella parte alta che non si dimentica. Pare che abbia origini tardo ottocentesche e che sia stato fatto rifare attorno al 1924 dal proprietario Remigio Cusini, industriale, “vero milanese di quelli buoni”»; con la sua morte, dopo il 1930, l’ediicio fu venduto e diventò “Pensione Villa Maria Luisa”: doveva essere una gran bella pensioncina e chissà che prezzi. “Fulvio Roiter, in assenza di chi potesse lì per lì aprire il cancelletto, ha fotografato soltanto dalla via. Ma non è da rimpiangere che nell’immagine un certo alone di mistero e di inviolabilità sia rimasto: il villino in blu e oro ci sta benissimo in cornice di favola”.

Continua da pag.22 - La drammatica peste di Milano del 1576

Finalmente durante l’inverno del 1577, il morbo scom-parve del tutto e Milano decimata nei suoi abitanti (se-condo alcune fonti poco meno di 100.000 le vittime) riprese lentamente a risollevarsi spronata dall’instan-cabile Arcivescovo che però non mancò di vegliare con occhio rigoroso sui costumi ed i comportamenti della popolazione.Minato dal contagio, stremato per le veglie, i digiuni, l’incessante attività pastorale, Carlo Borromeo si am-malò gravemente. Il 28 ottobre del 1584, mentre era in visita pastorale al Sacro Monte di Varallo fu preso da forti febbri; volle ugualmente ultimare il suo program-ma ma quando il 2 novembre giunse a Milano era in condizioni molto critiche. Il giorno successivo la crisi senza ritorno: entrò in agonia alle 18 e morì alle 21.La richiesta di canonizzazione fu inviata sollecitamen-te in Vaticano e dopo appena 26 anni fu accolta: era il 1 novembre del 1610, sul trono di Pietro sedeva Paolo V Camillo Borghese.La salma del Santo, tumulata in Duomo ai piedi del-l’altar maggiore, secondo i suoi voleri, perché venisse calpestata dai fedeli in segno di umiltà, venne sotto-posta ad un procedimento chimico di saponiicazio-ne impedendo o ritardando così la putrefazione della carne. Il procedimento era stato praticato nei due giorni suc-cessivi alla morte dal medico Giovan Battista Carcano (oggi il corpo è conservato nella cripta del Pellegrini, entro una preziosissima urna di F.M. Richini - 1606).La scomparsa del grande Arcivescovo mise ine alla ventata riformatrice e moralizzatrice nel milanese. Le istituzioni religiose, private della sua autorevole guida si lasciarono andare in assurde rivalità indebolendosi nei confronti del potere dominante.Il successore, Gaspare Visconti, un personaggio inde-cifrabile e compromesso, si limitò all’ordinaria ammi-nistrazione e la Chiesa ambrosiana inì per perdere la partita sul potere dominante rappresentato dai gover-natori spagnoli.Finalmente dal 1595 al 1631, un altro Borromeo, cugi-no di Carlo andò ad occupare lo scanno arcivescovile, seguendo con fervore e favore le orme del suo illustre parente.Anche il Cardinale Federico dovette vedersela con la peste che colpì ancora una volta pesantemente Milano nel 1630.Ma questa è un’altra vicenda.

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FirifissMolti individui, come i diamanti grezzi, nascondo-no splendide qualità dietro una ruvida apparenza.

Decimo Giunio Giovenale

La scrittura è la pittura della voce. Voltaire

Ci sono soltanto due modi per vivere la tua vita. Uno è vivere come se nulla fosse un miracolo, l’altro è vivere come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein

La felicità è qualcosa che si moltiplica quando vie-ne condivisa.

Paulo Coelho

Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere. Seneca

La coscienza è il libro maestro della donna, in cui scrive i suoi debiti e i suoi peccati.

(Proverbio Danese)

Gabriella Ripepi

www.spazio15.it

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SCIROEU de MILAN

I laghi in pittura

Come tutti gli anni le immagini delle copertine e della pagina centrale hanno un tema

per il 2014 sarà “Laghi di Lombardia”

In copertina: Lago di PianoVista su Menaggio, la val Menaggio e il lago di Piano

Angiolo Tommasi