ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE SCIROEU de MILANSOMMARIO 2 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar...

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Anno XXI – Numero 131 – Gennaio/Febbraio 2019 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999 ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE SCIROEU de MILAN www.sciroeu.it IL NOSTRO NONO QUADERNO Una cornice che profuma di cultura e di storia della nostra città, quale il Museo dei Martinitt e Stelline, sito in corso Magenta 57, non poteva es- sere posto migliore per la presentazione del 9° Quaderno dell’Accademia del Dialetto Milanese. L’occasione per la stesura di questo nono Qua- derno ci è stata data dalla ricorrenza del quaran- tesimo anno di fondazione del sodalizio, nato con Atto Costitutivo il 20 novembre 1978. Come ricordato, sia in copertina, sia nella presen- tazione, il Quaderno è stato dedicato ai soci che durante l’ultimo decennio si sono avvicendati nel Consiglio Direttivo, consentendo così con la loro opera, la continuazione delle attività associative. I soci presenti sono: Edoardo Bossi, Lucio Ca- lenzani, Paola Cavanna, Alberico Bico Contursi, Gianfranco Gandini, Mario Scurati, Ivo Siboni, Gino Toller Melzi ed Ella Torretta. È altrettanto vero che senza l’iniziale volontà dei soci fondatori non saremmo qui ora a commenta- re l’ultimo dei Quaderni dell’Accademia; ci sen- tiamo pertanto di ringraziarli, nominandoli anco- ra una volta, nello stesso ordine in cui compaiono nell’Atto Costitutivo, riportato integralmente nel Quaderno: Pier Gildo Bianchi Dino Gabiazzi Ambrogio Maria Antonini Giovanni Luzzi Cesare Mainardi La presentazione, avvenuta il 24 novembre pres- so il citato museo, è stata seguita con interesse dai convenuti, i quali hanno appreso le caratteristiche di ciascun poeta da una breve biografia, letta dal- la socia Donata Vescovi, al termine della quale il poeta interessato ha proposto una sua lirica. Ci sentiamo di dire che il Quaderno arricchisce vieppiù la storia dell’Accademia, che vuole an- che essere parte della storia della lingua dialettale milanese. Auspichiamo di non attendere un altro decennio per la pubblicazione del prossimo Quaderno, ma ciò ce lo dirà la storia. Bon dòmiladesnoeuv a tucc i milanes, a tucc quei che stann a Milan e a tutt el Mond! Gianfranco Gandini Il Consigliere a cui è dedicato questo numero è Edoardo Bossi

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  • Anno XXI – Numero 131 – Gennaio/Febbraio 2019 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999

    ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE

    SCIROEU de MILANwww.sciroeu.it

    IL NOSTRO NONO QUADERNOUna cornice che profuma di cultura e di storia della nostra città, quale il Museo dei Martinitt e Stelline, sito in corso Magenta 57, non poteva es-sere posto migliore per la presentazione del 9° Quaderno dell’Accademia del Dialetto Milanese.L’occasione per la stesura di questo nono Qua-derno ci è stata data dalla ricorrenza del quaran-tesimo anno di fondazione del sodalizio, nato con Atto Costitutivo il 20 novembre 1978.Come ricordato, sia in copertina, sia nella presen-tazione, il Quaderno è stato dedicato ai soci che durante l’ultimo decennio si sono avvicendati nel Consiglio Direttivo, consentendo così con la loro opera, la continuazione delle attività associative.I soci presenti sono: Edoardo Bossi, Lucio Ca-lenzani, Paola Cavanna, Alberico Bico Contursi, Gianfranco Gandini, Mario Scurati, Ivo Siboni, Gino Toller Melzi ed Ella Torretta.È altrettanto vero che senza l’iniziale volontà dei soci fondatori non saremmo qui ora a commenta-re l’ultimo dei Quaderni dell’Accademia; ci sen-tiamo pertanto di ringraziarli, nominandoli anco-ra una volta, nello stesso ordine in cui compaiono nell’Atto Costitutivo, riportato integralmente nel Quaderno:

    Pier Gildo BianchiDino GabiazziAmbrogio Maria AntoniniGiovanni LuzziCesare Mainardi

    La presentazione, avvenuta il 24 novembre pres-so il citato museo, è stata seguita con interesse dai convenuti, i quali hanno appreso le caratteristiche di ciascun poeta da una breve biografia, letta dal-la socia Donata Vescovi, al termine della quale il

    poeta interessato ha proposto una sua lirica.Ci sentiamo di dire che il Quaderno arricchisce vieppiù la storia dell’Accademia, che vuole an-che essere parte della storia della lingua dialettale milanese.Auspichiamo di non attendere un altro decennio per la pubblicazione del prossimo Quaderno, ma ciò ce lo dirà la storia.Bon dòmiladesnoeuv a tucc i milanes, a tucc quei che stann a Milan e a tutt el Mond!

    Gianfranco Gandini

    Il Consigliere a cui è dedicato questo numero è Edoardo Bossi

  • SOMMARIO

    2 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    Accademiadel Dialetto Milanese

    Quote annue di adesione del 2018Soci Aderenti da € 35,00Soci Effettivi da € 52,00Soci Sostenitori da € 180,00

    La quota può essere versata suBanca Popolare del Commercio e dell’Industria Iban IT54I0311101613000000003602Agenzia 33 – via Secchi 2 – Milanooppure: C/C Postale N°24579203“Accademia del Dialetto Milanese”

    SCIROEU de MILANEdito dall’Accademia del Dialetto Milanese

    Bimestrale fondato nel 1999Reg. Trib. di Milano N°789 del 24-12-99

    Direttore: Gianfranco Gandini

    www.sciroeu.itACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE

    Sede c/o Ass. Ex Martinitt - Ex StellineVia Riccardo Pitteri, 58 – 20134 Milano

    Tel. 3336995933C.F. 97206790152 NAT. GIUR. 12

    Presidente onorario: Gino Toller Melzi

    Consiglio DirettivoPresidente: Gianfranco GandiniVicepresidente: Mario ScuratiConsiglieri: Ella Torretta - Segretaria Paola Cavanna Alberico Contursi

    Redazione:

    Tullio Barbato,Filippo Bianchi,

    Osmano Cifaldi, Fior-ella,Gianfranco Gandini,

    Giorgio Moro ViscontiGino Toller Melzi, Ella Torretta,

    Marialuisa Villa Vanetti

    E-mail: [email protected]

    Realizzazione e disegni di:Marialuisa Villa Vanetti

    EDITORIALEIl nostro nono quaderno di Gianfranco Gandini

    1

    PROGRAMMI E SEGNALAZIONI 3

    LETTERATURA a cura di Gianfranco GandiniLuigi Medici

    4

    Dies Natalis: lo stupore dello “scartato”di Osmano Cifaldi

    6

    MILAN... LA COGNOSSI? di Giorgio Moro ViscontiVia Legnano e l’Arena

    7

    IN CARTA 8

    SALUTE A MILANO di Filippo BianchiLa nuova vecchiaia

    9

    VEDRINA DE LA BOTANICA a cura di Fior-ella Zenzero, radice pungente

    10

    LEGGIUU E SCOLTAA 14

    SCIROEU DE LA PRÒSA 18

    CUNTA SÙ di Ella TorrettaStòria de la forchetta e di alter ròbb de doprà in cusina

    19

    FIRIFISS 23

  • PROGRAMMI E SEGNALAZIONI

    Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 3

    El Pontesell - Biblioteca Fra’ Cristoforo - via Fra’ Cristoforo 6 - MilanoXXI Corso di Lingua e Cultura Milanese

    tutti i lunedì dalle 16.45 alle 19.00 Docenti: Paola Cavanna, Bico Contursi, Bianca Mancuso, Franco Tessi

    con la partecipazione di altri esperti. “Giornate riservate al poeta amico” e“Giornate dedicate a canzoni di tradizione e cori”

    Informazioni telefoniche dalle 17.00 alle 19.00 - 02 89530231 - 02 88465806 - 02 26145172

    Sabato 12 gennaio

    Sabato 2 febbraio

    Sabato 2 marzo

    Sabato 6 aprile

    Sabato 4 maggio

    Sabato 1 giugno

    Le riunioni del Sciroeu di Poetta si svolgeranno presso il Museo Martinitt e Stelline Corso Magenta 57 - Milano alle ore 15.30 come da programma sottoindicato:

    EL SALOTTIN

    Se cicciaraSe scoltaSe impara

    ... con ADA LAUZI

    Ella Torrettacontinua

    le conversazioni“Freguj de milanes”

    quindicinalmenteda giovedì 25/10/2018

    alle 15.30ed alle 16.30

    “Scrivemm in milanes”Humaniter

    via S. Barnaba, 48 - Milano

    Museo Martinitt e Stellinecorso Magenta 57 - per info e prenotazioni tel. 02 43006522

    dal 2 ottobre 2018“Letteratura e Storia del Teatro Dialettale Milanese” a cura di Gianfranco Gandini

    2019: 8/22 gennaio ore 15.00/16.30 - 5/19 febbraio ore 15.00/16.30 - 5/19 marzo ore 15.00/16.302/16 aprile ore 15.00/16.30 - 7/21 maggio ore 15.00/16.30 - 4/18 giugno ore 15.00/16.30

  • 4 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    LETTERATURAa cura di Gianfranco Gandini

    Di questa lirica il prof. Beretta ci fa notare, nella sua “Letteratura dialettale Milanese” che il Medici usa l’ot-tonario, ordinato in sestine di tre coppie a rima baciata. Una composizione inusuale nelle sestine ma, sempre secondo Beretta, quanto mai delicata nella sua ritmica che la fa corispondere magistralmente alla delicatezza di un mazzo di Lunaria.

    Luigi MediciDalla letteratura dialettale Milanese di Claudio Beretta

    Dimm, che fior hinn quii placchettch’hinn minga fior, ma fojettsecch e rotond e lusent,cont i rifless de l’argent?Dimm che fior hinn quii medai,che paren tanti parpai

    poggiaa sui roeus, faa de lana,sott’a la veggia campana?!Ma che fior hinn quii ridicolde fior, che paren particol,miss su ona rama stremidain d’ona eterna fiorida?

    Qui robb che voeuren an’lorviv in eterno? Qui fiorfaa d’ona lamina fina e lustra de pellesina?I ciamen “specc” de Lunaria.Scuditt che paren faa d’aria,

    cont di smagitt de somenzamiss dent in la trasparenzade quella lamina finache la par tutta ona brina.Perchè Lunaria? Signor,gh’abbien la luna anca lor,

    compagn de nun , che se voeurviv de mattocch, e se moeur,invece, a furia de fàtutt quell ch’emm minga de fà?Lunaria! Cossa voeur dìLunaria?... ma...sòja mì!

    Nomm d’ona dama passadain d’ona veggia balladade Bürger, su ona cavallatra strii, che vosa e che balla?Bell sogn d’on quai strafusari,nassuu tra i lumm d’on lunari?

    Dimmi, che fiori sono quelle placchetteche non sono fiori ma fogliettesecche, rotonde, lucenti,con i riflessi d’argento?Dimmi che fiori sono quelle medaglie,che sembrano tante farfalle

    appoggiate sulle rose, fatte di lana,sotto la vecchia campana?!Ma che fiori sono quei fiori ridicoli,che sembrano particole,messe su un ramo striminzitoin una eterna fioritura?

    Quelle cose che vogliono anch’essevivere in eterno? Quei fiorifatti d’una lamina fine e lucida di pellicina?Li chiamano “specchi” di Lunaria.Piccoli scudi che sembrano fatti di aria,

    con macchiette di semenzainseriti nella trasparenzadi quella lamina fine che sembra tutta una brina.Perché Lunaria? Signore, che abbiano anch’esse la Luna,

    come noi che si vuol vivere da pazzerelloni, e si muore,invece, a furia di faretutto quello che non dobbiamo fare?Lunaria! Cosa vuol direLunaria?... Ma ...che so io!

    Nome di una dama passatain una vecchia ballatadel Bürger, su una cavallatra streghe che grida e che balla?Bel sogno di qualche pasticcione,nato tra i lumi di un lunario?

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 5

    LETTERATURA

    Luna che passa, celesta, in d’on ciel gris de tempesta,che sora ai nivol la va,romantega, senza pensàa quell che a nun toccaràforsi doman?...Chi le sa?

    Povera scatola crànica,che idei! Ma derv la botanicadel vecc Linneo. L’è ona piantasigura, e basta: ona piantaLunaria (nomm in latincont el sò bravo covin de Rediviva). Poeu dìse gh’hoo no tort mì, de dìche gh’è di fior – in natura – ch’hinn di maëster. Sigura!On fior ch’el resta bell secchInciodaa lì come on stecch,

    per semper, quasi in eterno!Per lù el gh’è minga l’inverno.Lù, sì, l’è l’unich che restatra i fior che sbassen la testadopo trii dì ch’hinn cattaa.Roeus, gili, bei, profumaa,

    quand hinn cattaa da la pianta – dove la Vita l’è santa – Viven trii dì, poeu, in de l’ariamoeuren. Ma lee, la Lunaria,– sta medaietta de ras – senza nè terra, nè vas,

    in de la corsa di dìla resta semper inscì.Perchè? Perchè sta piantinala gh’ha no polpa. L’è fina.L’è come on spirit: on fiorsenza profumm, nè color...

    L’è l’umiltà; on’animinainargentada de brinache cippa no, nè se vantananca de vess ona pianta!...L’è quasi l’ombra de l’aria.Ecco se l’è la Lunaria.

    Luna che passa, celeste,in un cielo grigio di tempesta,che sopra le nuvole va,romantica, senza pensarea quello che ci toccheràforse domani... Chi lo sa?

    Povera scatola cranica,che idee! Ma apri la botanicadel vecchio Linneo. È una pianta,sicuro e basta: una pianta.Lunaria (nome in latinocon il suo bravo codino

    di Rediviva). Poi dìse non ho torto nel direche esistono dei fiori – in natura – che sono maestri. Sicuro!Un fiore che resta bello secco,inchiodato lì come uno stecco,

    per sempre, quasi in eterno!Per lui non c’è inverno.Lui sì è l’unico che restatra i fiori che abbiano la testadopo tre giorni che sono stati colti.Rose, gigli, belli, profumati,

    quando sono stati colti dalla pianta– dove la Vita è santa –vivono tre giorni, poi, nell’aria muoiono. Ma lei, la lunaria,– a questa medaglietta di raso –senza né terra né vaso, nella corsa dei giornirimane sempre così.Perché? Perché questa piantinanon ha polpa. È fina.È come uno spirito: un fioresenza profumo, né colore...

    È umiltà; una piccola animainargentata di brinache non squittisce né si vantanemmeno di essere una pianta!...È quasi l’ombra dell’aria.Ecco cos’è la Lunaria

  • ACCADEMIA

    Dies Natalis: lo stupore dello “scartato”di Siddharta

    6 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    Continua a pag. 21

    ...NACQUE AL MONDO UN SOLECOME FA QUESTO TAL VOLTA DI GANGE.PERÒ CHI D’ESSO LOCO FA PAROLE,NON DICA ASCESI, CHÉ DIREBBE CORTO,MA ORIENTE...Dante presta questi versi a Tommaso d’Aquino, il “bue muto”, nel “Paradiso”XI, consegnando così il sommo elogio di Francesco d’Assisi e nel contempo per la nascita del “Figlio di Dio”. Infatti nei versi viene menzionato il nome del fiume sacro dell’India, il Gange, uno dei quattro fiumi (Nilo Tigri Eufrate) nati nell’Eden (Genesi); la foce segnava il punto car-dinale dell’Est, l’Oriente.Frate Francesco viene definito una luce dell’umanità nato e vissuto come alter Christus, il figlio di Dio, detto “Sol Justitiae” subito alla nascita in quel lonta-no 25 dicembre giorno della luce (Dies natalis solis comitis invicti). Una tradizione solare presente già nel calendario cristiano e significata dalla natalità di Gesù Cristo.Questa nascita Divina ebbe i suoi momenti più alti nell’Annunciazione e nella gestazione verginea di Maria che nelle fredde brume serali di Betlemme realizzò il miracolo avvenuto nella sua carne.La piccola Betlemme era un centro abita-tivo modesto di poche e modeste case, tut-te chiuse ed inospitali, Giuseppe e Maria trovarono infine una stalla, di meglio non c’era. Un bue ed un asino si scostarono per far posto ai nuovi ansanti e preoccupa-ti venuti. Alla luce debole di una lanterna avvenne la straordinaria nascita: dall’a-sino e dal bue il primo unico calore, un ciuffo di paglia la sua culla, fra le braccia della madre Maria trovò la sua conforte-vole e amorevole quiete.La festa cristiana del Natale esalta la sa-cralità della nascita avvenuta in un con-testo modesto e poverissimo che genera stupore e lo stupore e’ una sensazione del tutto umana di cui è permeata la filosofia di Aristotele che sostiene che il filosofa-re nasce dallo stupore che si prova nel desiderare di costruire una connotazione razionale all’emozione. Così succede per

    il pensiero che nasce dalla meraviglia generata dal-la ricerca intellettuale sugli eterni misteri della vita e della morte, sull’immensità dell’Universo, fino al rapporto con Dio, l’Essere Superiore e le sue logiche.Ebbene nella grandezza del silenzio, nel buio fitto, nel freddo pungente di quella giornata natalizia, si stava già preparando la inaspettata e straordinaria ri-voluzione operata più tardi nel Creato da Gesù adulto secondo il disegno del Padre che progettava una pos-sente azione tutta rivolta al compimento della Cre-azione sul piano morale,sociale, della giustizia, dei bisogni essenziali, abbattendo l’oppressione, la vio-lenza, l’egoismo, il cinismo, la protervia, l’indiffe-renza accidiosa, la povertà, la brama di successo e di ricchezza. Il tutto mirabilmente compreso nel nodale discorso della Montagna che Gesù pronunciò con si-gnificazione Eraclitana ed essenzialità Tacitiana.Davanti alla grotta della Natività i pastori, i conta-dini, la gente semplice e povera della Giudea pale-stinese del tempo, appreso l’annuncio della nascita Divina si ritrovarono per esprimere il proprio giubilo a Gesù Bambino.

    Filippo Lippi - L’adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 7

    ACCADEMIAMILAN... LA COGNOSSI? a cura di Giorgio Moro Visconti

    Via Legnano e l’Arenadi Giorgio Moro Visconti

    Via Legnano va da Piazzale Marengo a Piazza Lega Lombarda. Ha di fronte l’Arena ed ha la caratteristi-ca di avere gli edifici solo da una parte. Il toponimo è stato deliberato dal Comune di Milano il 12 set-tembre 1865. Prima si chiamava strada al Mercato Vecchio dove vendevano cavalli. Nel libro “Archi-tettura Liberty a Milano, ed. Mazzotta, 1989” sono riportate le foto di casa Squadrelli in Via Legnano 26 (del 1907) e la casa Pacchetti (del 1903) dell’ar-ch. Gaetano Moretti. Legnano è un grosso comune a 29 km da Milano (di cui è provincia) con circa 60.000 abitanti. Lignanus c’era già in tempi prei-storici. Famosa per la battaglia del 29 maggio 1176, vinta dai comuni della allora Lega Lombarda contro l’imperatore tedesco Federico I detto Barbarossa. Il 24 maggio 1876 la Società Archeologica Milanese e il comune di Legnano eressero la statua dell’eroe Al-berto da Giussano. Ogni anno si svolge un palio con la sagra del Carroccio. La basilica principale è quella di San Magno, costruita dal 1504 al 1513, attribuita al Bramante, con contributi delle famiglie legnanesi Lampugnani e Vismara. Il Museo civico “Guido Su-termeister” espone reperti archeologici fra l’età del Rame e del Ferro, urne romane, arredi tombali lon-gobardi. C’è il castello Visconteo di San Giorgio del XIII secolo; prima del 1262 era un convento. Fu venduto ai Della Torre di Milano, passò poi ai Visconti, che lo trasformarono in fortificazione. C’è ancora una chiesetta dedicata a San Gior-gio, edificata nel 1440. Tra le numerose associa-zioni locali la Famiglia Legnanese (dal 1906) e la compagnia teatrale i Legnanesi, che recita commedie in dialetto locale. Legnano ha avuto dall’ottocento un grande sviluppo economico e commerciale (tessile, metallurgico, industrie elettriche e altre). Citiamo Piazza Giuseppe Mocchetti (1905-1994) che ricorda l’imprendi-tore e presidente della squadra di calcio Legna-no (Lilla) in serie A nel 1951/1952. L’anfiteatro civico dell’Arena di Milano, progettato dall’ar-ch. Luigi Canonica di Tesserete (1762-1844) nel Canton Ticino, è una costruzione neoclassica, inaugurata con una naumachia (spettacolo riprodu-cente una battaglia navale) il 17 dicembre 1807 alla presenza di Napoleone. Numerosi sono stati in tale secolo questi spettacoli, che richiedevano l’irriga-

    zione con acqua proveniente dal canale Euripo (che non c’è più). Ascensioni in pallone. Ciclismo. Corse dei cavalli: ci andò anche Buffalo Bill (1846-1917) venuto dagli Stati Uniti. L’Arena fu adibita anche a stadio di calcio: dal 1900 al 1926 campo ufficiale dell’Ambrosiana poi Internazionale. Il 13 settem-bre 1926 fu inaugurato il nuovo stadio di San Siro (Meazza) con la partita tra Inter e Milan. Nel 2002 l’Arena Civica di Milano, proprietà del Comune fu intitolata al grande giornalista sportivo Gianni Brera (1919-1992). L’anfiteatro fu poi sede di manifesta-zioni popolari e spettacoli notturni. Gare di atletica ed un futuro da utilizzare ancora di più. Ha capienza di 30.000 spettatori. Vi sono la porta Trionfale e la porta Libitinaria, l’edificio delle Carceri (le gabbie, cioè i cancelli dai quali entravano i cavalli o i carri nei circhi e negli anfiteatri romani). La loggia Reale o Pulvinare è costituita da 8 monumentali colonne corinzie. Sui lati dell’Arena c’è il Viale dei Comi-zi di Lione, indetti da Napoleone nel 1801/1802 per la costituzione della Repubblica Italiana. Il viale di accesso all’ingresso principale è intestato a Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832).

  • 8 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    IN CARTA

    CAVALL DE SCOCCA Quando ci accingiamo a leggere un libro di poesie, qua-si sempre ci si ‘ferma’ a gustarne il contenuto, cercando di individuarne eventuali messaggi reconditi, nascosti dietro metafore, allusioni o quant’altro pensiamo pos-

    sa differire fra in nostro pensiero e quello dell’au-tore. A me pia-ce, innanzi tutto, dare un’occhiata a come l’autore si propone con le strofe, con il tipo di verso, sia libero o costret-to dalla rima a rispettare la me-trica.S f o g l i a n d o il “Cavall de scòcca” di Simo-netta Caligara,

    mi sono subito accorto, con vero piacere, della varietà che l’autrice ci propone, sia in tema di strofa, sia in tema di lemmi talvolta quasi inusuali negli altri poeti, ma im-portanti perché ci ricordano che la lingua dialettale mi-lanese è ricca nel suo lessico e usarne solo una minima parte è come farla morire.Fra il tipo di strofa che più mi ha colpito vi è il distico, strofa questa poco usata ma sempre efficace per una im-mediata comprensione di ciò che si legge.Ma non solo, Simonetta usa, e lo fa bene, la strofa di cinque versi, facendo rimare la quartina con rima chiusa o alternata, e l’ultimo dei cinque versi, che rima sempre con l’ultimo verso di ciascuna strofa.E non solo! Ecco il Giappone traslato in milanese: l’haiku, breve componimento composto da una terzina con versi di 5/7/5 sillabe.

    Giazz sbuientOna boffadaOn frègg che me inranghissSgrisor de invèrna….Ma tutte queste considerazioni suonerebbero aridamen-te se non ricordassi che la poesia di Simonetta Caligara è una gradevole melodia, un richiamo all’armonia del

    nostro dialetto, un pensiero gustoso nel quale immerge-re le nostre più dolci nostalgie. Le sorprese che Simo-netta ci propone si arricchiscono col I premio ottenuto nel concorso dell’Antica Credenza di Sant’Ambrogio! Complimenti sinceri a Simonetta Caligara, per questo prestigioso traguardo.

    OMBRE SULLA CITTÀ

    “Ombre sulla città” rappresenta una parte della storia del Novecento della città, attraverso un segmento della storia dell’autore, che l’ha ricostruita sull’onda della memoria delle sue esperienze dirette, fornendo agli at-tempati materia per conoscere o ricordare e soprattutto ai giovani una testimonianza delle loro radici.Il libro spazia dall’epoca della Seconda Guerra Mon-diale fino ai giorni nostri sul fronte della cronaca nera (o quantomeno oscura) di Milano, passando dalla Li-gera alle bande, dai Teddy-boys alla criminalità comu-ne, dalle mafie al terrorismo, dai sequestri di persona alle attività dei servizi segreti.È una carrellata di episodi in parte dimenticati e in parte sconosciuti perché nessuno finora li ha mai potuti riferire e raccontare così.È un libro da leggere attentamente per nozioni da non disperdere…”

    È questo un commento che mi giunge e che ripropon-go nella sua veste originale, senza però dimenticare di aggiungere che Tullio Barbato, rispondendo alle do-mande del pubblico o approfondendo di sua sponte gli argomenti contenuti nel libro, ci racconta la storia nella sto-ria, arricchendola di particolari, in modo tale da impreziosire ancora di più, come lui sa fare, ciò che il libro ci propone.Insomma, tòcch de stòria che senza el Tullio tanti milanes savarien nanca che la gh’è!

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 9

    La nuova vecchiaiadi Filippo Bianchi

    SALUTE A MILANOa cura di Filippo Bianchi

    Se è vero che siamo un popolo di “vecchi” e che pre-sto l’Italia diventerà un “grande, immenso ospizio”, c’è però una svolta: da oggi la popolazione italiana può considerarsi più giovane: si è ufficialmente “an-ziani” soltanto dai 75 anni in poi. La notizia arriva dal Congresso nazionale della Società italiana di ge-rontologia e geriatria che si è recentemente tenuto a Roma. “Un 65enne di oggi ha la forma fisica e co-gnitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980”, spiega Niccolò Marchionni, professore ordinario dell’Università di Firenze e direttore del dipartimen-to cardiovascolare dell’Ospedale Careggi. “oggi è possibile spostare l’asticella più in alto, e iniziare a considerarsi vere ‘tempie grigie’ a partire dai 75 anni”, continua Marchionni. “I dati demografici ci dicono che in Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto alla prima decade del 1900.Inoltre larga parte della popolazione tra i 60 e i 75 anni è in ottima forma e priva di malattie - aggiunge - per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e dell’età di morte”.I geriatri insomma lanciano una nuova definizione del concetto di “anzianità” che si adatti alle attuali

    condizioni demografiche ed epidemiologiche, tenen-do oltretutto conto che scientificamente si è anzia-ni quando si ha un’aspettativa media di vita di circa dieci anni. Attualmente le indagini statistiche indi-viduano nella media di 85 anni la longevità per le donne, e di 82-83 per gli uomini. “Del resto la realtà è sotto gli occhi di tutti - conclude Marchionni - una persona che ha 65 anni ai giorni nostri non si riesce proprio più a percepirla come ‘anziana’. Oltretutto gli italiani di 65 anni o giù di lì non vo-gliono proprio sentir parlare di terza età: secondo un'indagine presentata alla “London School of Eco-nomics”, condotta intervistando oltre dodicimla ul-trasessantacinquenni in diversi Paesi, due italiani su tre dichiarano di non sentirsi affatto «anziani», e addirittura quattro su dieci pensano che la vecchiaia inizi davvero solo dopo gli ottant'anni. Ma è questa una visione realistica? Marco Trabucchi, presidente della Società italiana di psicogeriatria, non ha dubbi: «Considerare anziano un 65enne oggi è anacroni-stico: a questa età moltissimi stanno fisicamente e psicologicamente bene. Sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne una quarantina d'anni fa. Per questo affermano di non sentirsi vecchi: non lo

    sono e se hanno qualche piccolo ac-ciacco lo tollerano senza troppi dram-mi». Peraltro, una ricerca dell’Università svedese di Goteborg ha dimostrato che i 70enni di oggi sono più “svegli” dei loro coetanei di 30 anni fa: ai test co-gnitivi e di intelligenza ottengono ri-sultati migliori, probabilmente perché sono più colti, più attivi e meglio cura-ti rispetto al passato. Ma chi sono, allora, i veri anziani? Gli ultraottantenni? Spostare la vec-chiaia dopo gli 80 anni è forse troppo ottimistico, ma senza dubbio abbiamo guadagnato una decina d’anni: la vera terza età, come detto prima, inizia a 75 anni, ormai.

    Continua a pag. 21

  • 10 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    Lo zenzero è una radice dal sapore pungente, pic-cante, che pizzica la lingua.Originario dell’estremo oriente, attualmente lo zenzero si coltiva in America centrale.Pianta erbacea di media taglia i cui fusti originano un lungo rizoma che forma ingrossamenti tube-roidi. La pianta dello zenzero a rizoma carnoso è pe-renne e cresce come annuale solo nelle regioni tropicali dove le stagioni sono umide. I germogli spuntano dopo 10 giorni circa, ma per il raccolto occorre attendere dai 7 ai 10 mesi.Pianta bulbosa e nodosa, tropicale che raggiunge anche un metro di altezza.Il rizoma è di colore variabile tra marrone chiaro e scuro. L’infiorescenza è composta da piccoli fiori labiali giallo-verdognoli, viola scuro o porpora con mac-chie gialle.Le foglie lanceolate su steli eretti verde chiaro sono ben sviluppate e per il loro aspetto ricordano quello delle piante di granoturco.I frutti sono capsule carnose prodotti raramente con valve.Zingiber officinalis è il nome scientifico, apparte-nente al genere delle Zingiberacee.Lo zenzero essiccato proveniente dalla Giamaica è considerato di qualità superiore per il suo delicato sapore.La radice o rizoma usato essiccato e ridotto in pol-vere oppure tagliato a fettine sottili sono da conser-vare in frigorifero, in un barattolo a chiusura erme-tica al riparo dalla luce.Lo zenzero in polvere si ottiene dalla radice essic-cata.I rizomi come condimenti molto forti ed aromatici per il gusto piccante si sposano con verdure, carni, pesce, zuppe ed insalate, a volte anche in aggiunta a succhi di frutta o tisane per donare un gusto par-ticolare.Lo zenzero verde è un ingrediente fondamentale nella cucina orientale dove si inserisce anche nella birra, nel vino, nel pane, nei biscotti, salse, dolci, budini, marmellate e persino nei gelati, qualche volta usato nella cucina tradizionale inglese.La droga simile all’odore della canfora, è ricavata

    dal rizoma, dotato di proprietà stimolanti ed unica specie del suo genere.Nel ’400 in Svizzera, a Basilea esisteva un hotel dal nome “Zum ingewer” = “Hotel Allo zenzero” quale testimonianza dell’esteso commercio di que-sto rizoma che viene spesso utilizzato nella cucina indiana, cinese e giapponese per la stimolazione e l’aromatizzazione dei loro piatti. Lo zenzero una delle spezie orientali più note in oc-cidente, molto popolare nel medioevo ed in Inghil-terra era apprezzato come medicamento.Il pane con lo zenzero era considerato una vera lec-cornia e decorato con disegni. Lo zenzero era ritenuto un efficace rimedio per qua-lunque malattia, inclusa la peste, ingrediente essen-ziale in pomate e miscele deodoranti considerato anche afrodisiaco, antiossidante, antinfiammatorio, digestivo, contro i disturbi della nausea, mal d’auto, mal di mare e per finire dicono anche antibiotico.Pepe cannella e zenzero divennero condimenti ri-chiesti specialmente da chi aveva la possibilità di acquistarli a caro prezzo dato che queste specie giungevano direttamente da paesi orientali. Al magico profumo della melissa nei sacchetti ri-posti nei cassetti, si possono aggiungere frammenti di tuberi di zenzero, ritenuto profumo magico per i nativi della seconda decade di maggio. A questo tubero si attribuisce un potente talismano ed un ec-cezionale porta fortuna specialmente ai giocatori da tavolo.In milanese si traduce in Gingiuari ed un Gingiuari mostos, si riferisce a persona sempliciotta.

    Zenzero, radice pungentedi Fior-ella

    VEDRINA DE LA BOTANICAa cura di Fior-ella

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 11

    VEDRINA DE LA BOTANICA

    Un’antica leggenda giapponese racconta che un vecchio Samurai non si fidava mai del cibo che i suoi servitori gli proponevano.Aveva sempre paura che lo avvelenassero per cui la figlia Zeodaria doveva sempre assaporare le vivan-de prima di porgere la ciotola di cibo al padre.I cuochi ed i servitori non sapevano più cosa pre-parare perché per lui il cibo era sempre considerato insipido, senza sapori e profumi.In cucina giunse un nuovo cuoco con ricette parti-colari. Lui utilizzava soltanto prodotti naturali tratti dal suo piccolo orto, ma che aveva già sperimentato con successo presso i membri della sua famiglia. Tutti lodavano le sue particolari ricette, i profumi e gli ingredienti così semplici che usava.Gli altri cuochi e Zeodaria erano molto preoccupati per questa situazione dato che il vecchio samurai non apprezzava mai quanto gli preparavano, anzi era un continuo rifiuto dei piatti proposti e la sua salute ne risentiva.La figlia sperando di risolvere la situazione, decise di recarsi in cucina, seguire le direttive di questo giovane cuoco ed iniziare ad utilizzare le erbe, i profumi e le verdure che lo stesso aveva raccolto nel suo orticello.

    Portati in tavola alcuni piatti preparati con i suddetti prodotti della terra, miracolosamente, il padre trovò il cibo di suo gradimento, molto speziato, saporito e finalmente iniziò a gustare i cibi proposti. Il cuoco aveva preparato un piatto di cacciagione insaporito con pepe, del riso bollito condito e co-lorato con lo zafferano, una tisana allo zenzero con succo di limone ed anche nel vino erano stati ag-giunti chiodi di garofano, cannella ed altre spezie profumate. Il prodigio si era avverato, per merito di questi tu-beri, radici e spezie il vecchio Samurai acquistò la volontà di assaggiare e gustare tanti buoni manica-retti che il nuovo cuoco preparava. Quale ringrazia-mento lo nominò Chef personale, con l’incarico di insegnare a tutti gli altri servitori le sue ricette che divennero poi usate da molti cuochi della Cina e del Giappone.

  • I Consiglieri dell’Accademia del Dialetto Milanese.

    EDOARDO BOSSI

    Nasce a Milano il 9-9-1940. Dopo aver trascorso i primi anni in un orfanatro-fio, in quanto orfano di guerra (il padre parte per la Campagna di Russia nel luglio del 1941 e non tornerà più), a 12 anni torna in famiglia, continua gli studi e si diploma. Nel 1961 trova impiego in un Istituto di Credito che lascia, per motivi di salute, dopo 32 anni di servizio. Oramai in pensione, casualmente, nel novembre del 1997, si trova a partecipare ai famosi terzi lunedì del mese di Ada Lauzi, giorni in cui si tenevano le riunioni de “I AMIS DE LA POESIA”. Qui apprende le prime nozioni relative alla metri-ca, la rima, le diverse forme e stili. Amorevolmen-te accompagnato nel mondo della milanesità dalla poetessa Lauzi, la stessa consiglia di seguire i corsi di Grammatica Dialettale Milanese tenuti dallʼIng. Cesare Comoletti presso il Circolo Filologico Mila-nese. Frequenta per tre anni i corsi e nellʼ ottobre del 2009 lo stesso ing. Comoletti, colpito da grave malattia, lo invita a sostituirlo nellʼinsegnamento della Grammatica Milanese. Nel 2000 entra, come socio, a far parte dellʼAccade-mia del Dialetto Milanese dove, per qualche anno ricopre anche la carica di Consigliere.

    TRAMONT SUL LAGH DE CÒMM

    In riva al lagh, settaa su ʼna banchètta,sfreguj on tòcch de pan a on passarin.Sari el mè liber, pieghi la giacchètta,me ven el còcch e schisci on visorin.

    Dʼon bòtt senti la breva malerbèttache la me mètt indòss on sgrisorin.Dal fond senti rivà ona barchètta cont el frecass chʼel fa el sò motorin.

    A Còmm lʼè dree rivà lʼultim battèll;lʼombra di tilli ormai la se fa lunga;i ochètt sʼhinn infilaa sòttʼa on basèll.

    Se pizzen i primm lus in su la sponda;el sô el va-giò dedree del Baradèll,adèss el lagh el tas… ghʼè nanca onʼonda

    REGÒRD

    Cort di Ortolan, on scagn arent al mur,poggiaa dessoravia on tòcch de spègg,ʼna tazzètta cont el savon bèll dur,on mantin de bugada e on pennèll vègg;

    poggiaa giò in tèrra, dʼacqua on gran sidèll.El coo piegaa, cont el resô in la man,rivedi el mè nòno... el se fa bèll;el me guarda... poeu ʼl dis: ” Ciao bèll pattan!”

    LA MIA PRINCIPÈSSA

    La par nassuda appèna lʼalter dì,ma quindes mes, lee, lʼha giamò compii.On bèll bocchin, duu ganassitt bèi stagn,oggitt negher che no ghe nʼè compagn.

    I man paren miniaa da on certosin,pien de foppètt, istèss dʼon prepontin.Eppur... me par on sògn, me par nò vera,on sògn cominciaa de primavera,

    quand mì nonanmò podevi credche bèll miracol stava per succed!Quand hoo vist i sò duu brascitt per ari,hoo sentii i sò versitt, el sò frasari,

    quand, nò content de restà-lì a guardalla,hoo slongaa-là la man per carezzalla;hoo sentii on sgrìsor corr-giò per la sʼcènae onʼemozion strozzada a malapèna.

    Hoo vist sò mader che la sospirava,hoo tiraa indree la man... la me tremava;e lʼhoo basada (serom domà numm)come, veʼl giuri, hoo mai basaa nissun.

    DAL PONT DE LA TAZZINÈTTA

    Guarda ʼme la corr lʼacqua del Navili…liscia ʼme lʼòli e frèsca ʼme on sorbètt,la frega i spond, la va sòtta i pontili,la fa di firifiss e di rosètt.

    I cà in su la ripa hinn on idillivedèi spegiass in lʼacqua ʼme donètt,e tutt lʼinsèma el manda in visibillichi guarda inlocchii ʼsto bèll quadrètt.

    Ghʼè anmò ʼna quai bottega in su la riva:on fondeghee, on pittor, on ortolan,on antiquari, ona privativa,

    on trani in la cort del Sebastian,e poeu, tutt quèi che riva in comitivaal Vicol Lavandee: paren badan,

    basii ʼme di pattanguarden ʼsta meraviglia dʼon canton:veden ʼna lavandera col seggion!

    ARIA DE NATAL

    El Natal a Milan, ʼme lʼera bèll!Se sentiva in lʼaria el sò profumm,el srotolavom-giò ʼme on remissèll,pianin el se spandeva ʼme fa ʼl fumm.

    Pussee che fèsta, lʼera ʼnʼatmosferache la durava nò domà quèll dì,la te scaldava el coeur ʼme ʼna brasera,savria nò ʼme dill, ma lʼera inscì!

    Se ghʼera poeu la nev col sò mantèll,Milan lʼera on presèppi illuminaa;passava la calada, ma che bèll!E te restavet lì come incantaa.

    La stua semper pizza, là in canton,mettevom sù la pèll dʼon quai naranzche lʼimpieniva lʼaria tutt de bon,e in lʼaltra banda, pròppi lì denanz,

    lontan dal foeugh per minga vèss scaldaa,mettevom lʼalber con tuttʼi sò nastritte ghe taccavom-sù infiocchettaabiscòtt, naranz, i pòmm e i mandaritt.

    I caramèi, numm je mangiavom prima,ligavom-sù la carta coloradaben imbottida e missa pròppi in scimae fà sì, che fuss domà guardada.

    Sòtt lʼalber se metteven nò i bellee,rivaven a Natal, semper de nòtt,mettevom slargaa-giò on bèll tappeeperchè ʼl Bambin rivava coi pee biòtt.

    Se doeva studià la poesiade declamà in pee su la cadrega,de sòlit ona nenia ò litania,che recitavom senza fà ʼna piega,

    perchè a la fin, ʼme lʼera de usanza,finii el battiman, tuttʼi parentmetteven man, quèst lʼera la sostanza,al sò bolgiòtt per fatt i compliment.

    Mètt in pee ʼl presèppi lʼera onʼimpresaghe voreva el sò temp e no fà dagn:la tèppa la troavi dree la gésae la marògna, per trà-sù i montagn,

    la dava ben la stua in abondanza; dopravom on speggètt per fà el laghètte la stagnoeula lʼera de usanza, per fà corr in la tèppa on bèll fossètt.

    Quanto frègg, quanti fioron sui vedere per scaldamm i man e ʼl pettascioeula nòna la me dava acqua e zedermettuu in la tazza cont on pedrioeu.

    Ghʼavevom pòcch ma ghe mancava nient,ghʼavevom san princippi e ideal,incoeu manca nagòtt, mia cara gent,ma sentom pù quèllʼaria de Natal.

  • 14 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    LEGGIUU E SCOLTAA“Sciroeu di poetta” ospita, così come ci sono pervenute le composizioni, “lette e ascoltate”, noi le pubblichiamo, correggendo qualche palese refuso, convinti di stimolare la volontà

    di chi sente spontaneo il desiderio di esprimersi, interloquendo con la musa, in dialetto milanese e con l’augurio che queste pagine possano scoprire nuovi talenti.

    CAR OREGG PANAA

    Come l’è bell, Signor, a sentigh pòcchcon quell legger fluscià ’n di oregg panaache l’ovatta tutt quant el bambanàde tanti baltrescan compagn di òcch

    A speteragh la vos, vann in sordinase smòrza ’l sgar e tutt quant el sbraggiàch’el se spantega e muda in d’on sbrottà’m’el vent quand muda in aria remondina

    Mì cerchi de sciampà i oggiad de gentse riden ridi, se piangen piangi anmìfoo sì col coo e me la cavi inscìfà mostra de capì per fai content

    Pònn rimedi? Nò! In fin de la feramèj i vos involtiaa dent el bombascont el silenzi el coeur troeuva la pase ’l mond par fina bell in ’sta manera!

    Enrica Parmigiani

    CARA MIOPIA

    Te voeuri ringrazià, cara miopiadolza scighera di mè oeugg panaache no me fa vedè come la siala mia faccia crespada da l’età...

    e a quèi ’me mì, cont el medemm difettje fa convint che tutt ’l sia anmò perfett

    I contorni sbiavissen con dolcezzasenza pù spigol, senza pù fermentSe stémpera i color, la limpidezzatant per vardà… che in di sentiment

    e quell che on dì 'l pareva insopportabiladess se balca e pian el se fa labil Cara miopia, fotografia sfocadaacquarell, sfumadura, vell pietostila slisada, frusta e ormai sferladapas del mè anim, on temp inscì impetuos

    Tremorenta riana spantegadasora el giudizzi grev de la toa oggiada

    No mett i oggiai, te preghi, lassi lì:tì tegn denter el coo domà el regòrd del bell, del sòd, del fresch. Istess foo mìche te vardi col coeur. Che no remòrd

    per ’na bòna bosia, nòstra coscienzaL’è ’na bosia voltada in indulgenza!

    Paola Cavanna

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 15

    LEGGIUU E SCOLTAA

    CONT I OEUCC D’ON PATTAN Domà quèi che gh’hann on’anima sensibilriessen a conservà on spirit semper amabil!On poètta el gh’ha on canton segrèttin del sò coeurch’el sarà semper discrètt!A quèi ch’hinn pur dedent ona gran magia ghe ven regalada che la se impieniss con l’esperienzae de lee se pò minga fà senza!La se ciama fantasia che la se vòlta anca in poesia.L’è pròppi vera che tutt’i eventfann devegnì fòrta la nòstra esistenzabasta domà cattann foeura l’essenza:Quèll che ghe voeur per conservà di pattanngranda innocenza!Domà inscì se riess a tegnì el nòster coeur averte, la nòstra vita di vòlt, la par anca vèss on concèrt de quèst però semm minga cèrt!

    Micaela Baciocchi

    GIOVENTÙ Fior che’l buttacon mila colorazion,mila nuanz…famm de esperiénz, emozion …oeugg sbarattaa denanz al doman … set de conoscénz, curiosità. Vent de primavera tra ciel stellaae mar che’l se perd a l’orizont…luna che la nina su i ond…cavallina che la scalza…strada rasa de bolognitt…voeuja de sbatt giò mur,de scoeud i petitt de la vita… Treno che’l viaggia a la scoperta d’on mond fantasios…ment che ravana, in citto religiosdent la scighera di incertezz…temp che’l passa senza cercà permess. Amor disperaa…ciall che se confida, che stufiss…scires a cavall di oregg…’na muda noeuva per travestiss, divertiment, speranz, passion…desideri d’identità, talent,fantasii, sògn,… voeuja de viv,de tirà là con dignità.

    Gioventù…che corr, illud, carega, striòna e poeu… la te bandòna.

    Bico

    Pablo Picasso - Bambina con colomba

  • LEGGIUU E SCOLTAA

    16 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    I AL DE LA LIBERTÀ L’hoo conossuda on quai ann fa,regòrdi pù el sò nòmm, fòrsi… Maria,magra sòtt’al scossaa celest ligaa in vita,la podeva ’vegh trenta ò cinquant’ann.

    La camminava tutt’el dì intorna a la cà, foeura e denter i stanz, in giardin:beh, ciamall giardin l’era on poo tròppper quatter spann de vérd spelaa…

    Tutt’i vòlt che sonaven el campanell,la correva giò al cancelle subit vegneven a ciappalla:“T’el see che te pòdet nò andà foeura…”

    La se strengeva in di spall,ma la ghe provava semper a scappà,senza savè che per lee, foeura de lì,la vita… l’era impossibil.

    Di vòlt el sò coo l’era pien de penser négher ’me la carisna del camin, ’me i piumm d’on scorbatt,’me i nivol quand riva el temporal.

    Di alter vòlt l’era senza penser:voeui ’me on mar senza pess,’me on vas senza fior,’me ona stanza senza mobilia.

    I laver vosaven, ma senza vos,e i oeugg, quèi sì vardaven lontan,vedeven sgorà liber in del cieli al coloraa d’ona parpaia.

    Anna Maria Radice

    LA CÀ VEGGIA La cà veggiadiroccada on tòcch de Milanch’el spariss.Sòtta gh’era on’osteriae da l’altra part de la cà veggiaon giardin cont on pergolaade glicin profumaa…Ona finesta saradacont on’assa de legne ’l glicin ch’el rampega sul mur scrostaaEl rampega…On incantin mezz ai rovinn d’on temp passaa.La cà veggia, el mur scrostaa,la finesta sarada…Tusscòss tas… e a guardà in alt,riva on ciccin d’arliaMa el glicin el rampega…El rampega sul mur,sul mur scrostaade la cà veggia, lassada andà…Ma on ciccin de vital’è restaa in l’aria…Profumm senza fin…Glicin o speranza?Chissà?

    Maria Grazia Messa

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 17

    LEGGIUU E SCOLTAA

    NATURA MORTA

    On cavagnoeu de uga ’mericana,cont on profumm antigh de ròba sana,trii pòmm, ’na pera, brancada de marron,e l’è atmosfera giamò de ’sta stagionMe gòdi ’sto moment d’ispirazion.Ciappi i pennèi, da temp in d’on canton.Ma sì, me disi, perchè nò provà?Vedèmm se anmò ’n quaicòss riessi a fà.Ma son modesta, pitturi per dilètt,inscì a la bòna: nanca ’l cavallètt.Prepari i mè color e ’l necessari,me mètti giò con tutt l’armamentari.La lus l’è giusta, la frutta in pòsa bònafoo i ròbb per ben, minga a la carlòna!Prepari el sfond con di color legger, in armonia con l’uga, i pòmme e i per.E poeu pitturi, voo innanz senza savèll,senza quasi vedè dove va el pennèll.Me incòrgi nò del temp: passen i or Tutta ciappada e intenta coi color. Quand vardi quèll che sont adree a fàresti lì: l’è nò quèll che vorevi pitturà!El profumm, i pòmm pèna cattaam’hann faa sbozzà on vecc pergolaa,on cortil de campagna, oramai voeui,con domà di ròbb vecc e mucc de foeuj,ona veggia cassina: i uss sarà sù,perduu la ciav, se dervarann mai pùVoeuia la stalla, el fen el s’è seccaama gh’è anmò l’uga lì in sul pergolaa,el sò profumm l’ha marcaa el senter,voltamm indee, tornà al car mè ier

    L’è staa ciar el perchè del cambiament,vardavi nò coi oeugg, ma con la ment

    hoo pitturaa di regord, senza vorèll,l’è on schivi el quader… ma l’è per mì inscì bell!

    Donata Vescovi

    QUELL PROFUMM…

    Per podè parlamm insèmat’hee pensaa, cont ’na foladade mandà fin dent in càquell profumm, quasi on savor.

    On odor, quell lì, quell bonquell de praa, de filera fada in fenme regòrdi la brancada,tutt i ann, mì, la spettavi.

    Mì con tì, tì el tò fen:erba fresca poeu seccadafada-sù in tanti balle podè dòpo, drovà.

    …’me inlochissi…

    Odor de fen, de sô de maggch’el ripòrta la toa vos,barbottòna spess e tròpp,cont on boff anca de dolz.

    In la nòtt, giamò gh’è i stell,son passada arent a on praa,cont i oeugg mèzz saraa-su,son restada lì a usmà…

    mì e tì, tucc duu involtiaa,e lì intorna ne brasciavaquell profumm…profumm de fen !

    Mara Chierichetti

  • SCIROEU DE LA PRÒSA

    18 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    L’AMISAdi Donata Vescovi

    Sarà staa perchè se sèmm trovaa, per cas, al stèss ta-volin d’on bar.. Per on quai minutt sèmm restaa vo-euna de front a l’altra poeu, on poo per vòlta, l’hoo vardada con pussee attenzion. Nò, de sicur mì la cognossevi nò, anca se la gh’aveva on quaicòss che me pareva familiar… Emm nò parlaa; lee la stava lì, anca se ògni tant credevi de vedèlla pù. Me pareva che ghe fudess nissun al tavolin con mì, ma poeu var-davi mèj, e lee l’era anmò lì, quiètta, a spettà, chissà chi. Domà dòpo on poo, quand che la s’è levada sù e l’è andada via cont on mèzz sorris d’intesa, hoo ca-

    I NÒSTER VESINOgni anno la città di Lissone ospita la tradizionale competizione di canzoni dialettali lombarde.Da qualche anno è stata data voce anche alla poesia, con una simpatica formula: la poesia che risulta vincente viene musicata e l’anno successivo compete, di diritto, fra le dodici canzoni finaliste.La manifestazione “Cantem insemma”, organizzata dagli “Amici della Musica e dello Spettacolo”, alla cui presidenza troviamo Luigi Frojo, deve la sua vitalità anche ai fratelli Bianchi di Lissone. Auspichiamo che la manifestazione possa proseguire con successo anche per l’avvenire e, in occasione delle feste, pubblichiamo una poesia di Carletto Bianchi, in dialetto lissonese.

    DA UN ANN A L’ALTER

    De la vita che passa capissi propi nient:la me scarliga via ’me l’acqua frescasüi prèj süi sass liscià suta i turènt…De la vita che scürr capisi propi nìsca,se non che la va via ’n dì ’dré l’alter,o pésc ’amò in de l’aria che la te gira in valzer,quasi cumè in balia d’ogni buff de vènt.

    pii de chi eren quèj oeugg che me vardaven come se m’avèssen semper cognossuda, come per famm co-ragg e dì, finalment, quèll che tucc dò savevom che gh’era de dì, de confessà, che me pesava in sul coeur ma ch’el cattava mai la manera giusta per trass foe-ura. L’hoo vardada andà via, e hoo mandaa on sorris a lee, a on caffè ormai frecc, de nissun e che nissun avaria bevuu. Gh’hoo sorris, perchè savevi ormai che la saria tornada tutt’i dì, a settass dennanz a mì, con quèj oeugg bon e dorent de quèi che sann… lee, la mia malinconia..

  • Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 19

    CUNTA SÙ

    Storia de la forchetta e di alter ròbb de doprà in cusinadi Ella Torretta

    a cura di Ella Torretta

    Continua a pag. 22

    I primm forchett hann faa la comparsa sù la tavola di Egizian, ma anca i Cines par che ie dopraven tra el 2400 e el 1900 a.C.I “bizantini” de spess dopraven la forchetta, dal lati-no “furca”, usada anca in del meridion de l’Italia per la presenza di popolazion che rivaven da l’Orient.I primm apparizion di quest arnes el se troeuva sù la tavola di sciori in del XII –XIV sec.L’è staa per merit de Caterina de Medici che in del XVI sec, ven conossuda, la forchetta doprada dòpo el sò matrimoni cont Enrico II anca se l’era consideraa on segn de stravaganza tant che anca el Re Sole el preferiva doprà i did di man per portà a la bocca i diversi portad di aliment che impieniven i tavolad di sò disnaa.Domà quand la soa cort la se trasferiss a Versailles in del 1684 el se convinc de doprala.Minga domà in Francia, ma anca in di alter paes de l’Europa la superstizion religiosa l’era contraria a sta innovazion e de sbiess guardaven el progress de sta iniziativa, perché la forchetta l’era considerada on strument infernal e proibii anca tra i fraa di Convent.Enrico III l’aveva vist la forchetta quand l’era rivaa a Venezia, diffusa per merit di viaggiador che rivaven da la Via de la Seda, e sta innovazion l’aveva impor-tada sù la tavola de la soa Cort al sò paes.Luigi XIV el voreva minga doprala, perché ghe pare-va on arnes tròpp raffinaa.Sto attrezz de la tavola ch‘el se dopera per portà quell che se mangia a la bocca, incoeu l’è consideraa ona arnes indispensabil.I forchett eren de metall prezios, in bronz, in òr ò argent cont el manegh de cristall ò de avòri e ie do-praven per mangià la frutta. La forma de la forchetta prima l’era domà a dù dent ò “rebbi” poeu l’è passa-da a trè, infin a quatter dent, perchè mej se inforcava

    el mangià.La carna la se mangiava cont i man, dòpo che in cusina l’aveven tajada a tocchei. Rivava poeu el servidor cont ona bròcca e ona tazzinetta con denter l’acqua e on mantin per su-gass i man dòpo avei lavaa.Incoeu hann realizzaa forchett che se pieghen, fabbricaa con diversi mate-rial e form per comparì sù la tavola cont ona certa ricercatezza e stil.

    In Francia la se ciama “Forchette”, in Spagna “Te-nedol”, in Germania “Gabel”, in Inghilterra “Fork” e sui vegg dizionari milanes la vegneva nominada come forcellina o forzellina.In di cusin di sciori del ’700 i artista de l’epoca si sbizzarriven in diversi modei de forchett, cugiaa, piatt con tanti varietà de decorazion.

    El forchetton l’è on gròss arnes per tegnì fermo el tòcch de carna quand la se taja cont el cortelasc de cusina.El garzon de cusina de spess el saggiava tusscòss: ona forchettada de spaghett, ona cugiarada de risòtt, dòpo avegh miss dent on cugiarin de formagg grattaa e ona bustina de zaffran, el boffava sora a ona fondi-na ròbba de cuggiaa, cont el cuggiaa de legn el mes-sedava la cazzoeula, prima de tirà foeura da la cu-giarera i posad de cusina, come el cugiaa sforaa per cavà foeura da la pignatta quell che gh’era rostii in frittura, la paletta de legn ò stecca per rugà el brasaa. Da la cortellera el ciappava el scorteghin ò sgarzin per scortegà la carna, el cuggiaron per la suppa, la cortella per fettà el salamm, on’altra cortella per tajà el lard, el sgarzin per ras’cià la crosta del formagg ò i scaj del pess, la paletta per la fertada, la s’ciumaro-eula, el cazzuu e la cazzurera.Alter arnes de cusina eren sistemaa in di cassett ò sarà dent in d’on cardensin: gh’era la cannella per la polenta, el cortell ciamaa rigaverdura per tajà a fettin caròtol, zucchett, patati ecc., el cavaverdura, cugiarin special e tajent per ricavà da caròtol, zucchett e patati decorazion come stellin, ballett e lavor de fior per fà guarnizion ai piatt, el cavabuscion ò tirabuscion,

  • ACCADEMIA

    Progetto - creare e divulgare cultura attraverso la memoria collettivaRiproponiamo la stessa pagina del numero prece-dente per ricordare l’iniziativa promossa dalla Dot-toressa Cristina Cenedella, Direttrice del Museo Martinitt e Stelline, progetto che vede coinvolta e partecipe l’Accademia del Dialetto Milanese.L’evolversi dei lavori non sarà visibile in ogni nume-ro del Sciroeu, stante la complessità e le caratteristi-che temporali dei lavori stessi, ma ci sembra dove-roso continuare a pubblicizzarne l’esistenza affinché ciascun socio dell’Accademia ne sia consapevole.

    Progetto - Creare e Divulgare cultura attraverso la memoria collettiva

    Obiettivo generale - Accrescere la “cittadinanza culturale”

    Nella società italiana contemporanea il consumo cul-turale è al di sotto delle medie europee. Il progetto vuole porsi come una possibile risposta a questa situazione e innalzare il livello di “attivi-smo culturale e di partecipazione”. L’idea alla base è che le Istituzioni Culturali, quali nella fattispecie archivi, musei, associazioni, fondazioni e scuole, possano giocare un ruolo chiave nel contrastare tali dinamiche rendendo più partecipate le loro atti-vità e proponendosi nei rispettivi territori come luoghi di aggregazione e di scambio. Le parole chiave di questo progetto sono: PARTECIPA-ZIONE, PLURALISMO E FRUIZIONE.

    Il progetto intende raccogliere le testimonian-ze orali, documentarie e fotografiche di chi ha vissuto un preciso periodo storico nella Milano metropolitana: ossia il lavoro e il mondo del la-voro nel periodo della ricostruzione e della fase di profonda industrializzazione cittadina (1945-1980). Il risultato, attraverso la raccolta coordinata

    delle testimonianze orali di coloro che hanno vis-suto nella seconda metà del Novecento, porterà alla realizzazione di docufilm, di laboratori didattici da proporre negli anni scolastici a venire, di un portale web, attraverso il quale ultimo si accompagnerà l’u-tente nella lettura dei documenti di archivio, nell’a-scolto di testimonianze e nella visione di fotografie d’epoca e deidocufilm prodotti. Sono previsti, inol-tre, incontri aperti a tutta la cittadinanza, per la pro-mozione delle iniziativa e la proposta di partecipa-zione attiva al progetto stesso.

    Obiettivo specifico – Salvaguardare la memoria generazionale. Stimolare la partecipazione alla vita culturale di due segmenti della società: vec-chia e nuova generazione. Diffondere la cultura delle fonti, scritte e orali.I segmenti della società a cui si rivolge sono la vec-chia e la nuova generazione, di cui il progetto pre-vede una partecipazione attiva.

    20 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

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    Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019 21

    Continua da pag. 6 - Dies Natalis: lo stupore dello “scartato”

    Continua da pag. 9 - La nuova vecchiaia

    La rivista Scientific American poco tempo fa si chie-deva addirittura se «I cento anni sono i nuovi ottan-ta?». Risponde sempre Niccolò Marchionni: “Sì, vent’anni fa un’ottantenne era quasi sempre pieno di acciacchi, ora si deve arrivare ai 90-100 anni per vedere situazioni analoghe. E quando arrivano i guai della vecchiaia, per continuare a stare bene non bisogna lasciarsi andare: mantenersi attivi mental-mente e fisicamente, avere interessi, accettando però i nuovi limiti”.Bisogna poi considerare un altro fattore e non di poco conto: più si invecchia, meno si viene curati: dopo un infarto chi ha più di 85 anni riceve i medicinali giusti in un terzo dei casi rispetto agli under 70; dopo gli 85 anni gli esami e le visite specialistiche “crollano” di quasi 4 volte; la spesa sanitaria è più che dimezza-ta. «C’è l'errata convinzione che una persona molto anziana non tragga benefici dalle terapie e quindi

    che non sia “conveniente curarla” - commenta Mar-chionni -. Non è così, anzi: in caso di infarto negli ultraottantacinquenni mortalità e recidive calano del 70%, se si seguono le cure. E lo stesso vale per tut-te le patologie, dal diabete al colesterolo alto, dalla broncopneumopatia alla depressione. Per questo i geriatri e l’Agenzia Italiana del Farmaco hanno pub-blicato un documento in cui si chiede una revisione dei metodi di valutazione dell’efficacia dei farmaci negli anziani. La paura più grande degli italiani però non è esser curati male, ma, secondo uno studio del Censis, diventare non autosufficienti. «Un’analisi realistica - osserva Trabucchi - perché nessuno sta affrontando il problema della gestione degli anziani non autosufficienti». Una situazione che diventerà presto esplosiva: secondo le proiezioni Istat nel 2050 potremmo avere quasi 160mila cente-nari. Se non saranno tutti arzilli e in salute saranno guai.

    Chi portava un poco di miele, chi una piccola bisac-cia contenente della lana di pecora, chi una scodella di latte di capra appena munto, chi una brocca d’ac-qua, chi un orciolo di vino ambrato, chi un pane; pic-cole cose generosamente e spontaneamente offerte da povera gente vessata, trascurata, vivente nell’insi-gnificanza, violentata nella dignità personale. E quì avvenne un fatto che fa muovere il cuore, tremare le vene, ardere le idee ed i pensamenti in modo coin-volgente ed inaspettato.Lungo una disagiata e dissestata stradina che portava alla grotta si faceva cautamente largo tra quella gente un uomo: magro, emaciato, avvolto in un mantello consunto che a mala pena gli copriva l’esile figura, i piedi privi di calzari s’offrivano alla vista gonfi e violacei per il freddo di quella sera, le mani quasi rattrappite erano palesemente insidiate dal tormento dei geloni. Quell’uomo si avvicinò all’ingresso del-la grotta facilitato dai pastori e contadini che vi si addensavano che imprevedibilmente gli fecero lar-go. Luomo vide il Figlio di Dio, si commosse, piegò lentamente le ginocchia, prese tra le mani tremanti il proprio viso e meditò: se il Figlio di Dio è nato nella povertà più assoluta anch’io che sono misero e de-relitto posso nutrire la speranza di avvertire qualche

    valore umano. Dopo la breve meditazione, si rialzò, volse lenta-mente il viso verso il cielo punteggiato da un numero incalcolabile di stelle, occhi brillanti e lacrimevoli, le mani congiunte, sommessamente pronunciò con struggente intensità queste poche parole: Signore ogni povera creatura ti rende grazie con piccoli doni, gli angeli t’offrono il canto, il cielo la stella cometa che brilla quassù, i Magi ti porteranno ricchi doni, la terra questa misera grotta, il deserto una mangiatoia e l’umiltà di un asinello e la mansuetudine di una mucca, il Padre t’offre una Madre miracolosa, ma io non posseggo niente, posso offrirti soltanto lo “stu-pore” del mio viso acceso dalla Fede.L’uomo misterioso arretrò lentamente con atteggia-mento pietosamente compunto, riguadagnò quella disselciata stradicciola e si perse nel buio e nel fred-do di quella notte miracolosa.Chi poteva essere quell’uomo miserando e misterio-so che offrì con estrema umiltà il suo “stupore” al Signore? Era sicuramente uno “scartato” un ebreo di fatto ghettizzato dalla complessa e difficile società ebraica del tempo.Altro mistero che s’aggiunge ad altri che stringono dappresso l’essere umano dall’origine della vita.

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    22 Sciroeu de Milan - Genar/Febrar 2019

    el colin ò colaroeu , el schiscianos, el ferr ò ruzzelin di ravioeu, el tajaravioeu, l’agent di tass, la battiro-eula, el mattarell, i cortei de tavola ò de formai, el dervascatol, el filacortei, el foett ò scovin, el forbe-son, el forchetton, el frollin, la s’ciumaroeula, el pas-sabroeud, i passamantin, el pedrioeu, el pelapatati, el pestacarna, el pizzagas, el sbattiroeu, el schiscia limon, la sirenga, la spatola, ona donzena de spedin, la grattiroeula, i gugg per inlardà, el mattarell e el triatutt. Sconduu in d’on canton del cassett gh’era l’ossett. L’era on òss a forma de forchetta, ch’el se troeuva in del stomigh di usei. In di banchett ò per mej dì in di riunion de famiglia gh’era l’usanza de trà per ari sto òss piscinin e da la soa posizion quand el burlava giò sul tavol ò per terra se podeva profetizzà se la dònna che spettava on fiolin la gh ’avaria avuu ona tosa ò on mas’c.El caporal de cusina el tegneva semper in saccòccia el sò cortelinn svizzer.Dai pagin d’on vegg liber de cusina hoo trovaa questi moeud de dì o proverbi che se riferissen a la cusina.- stà sù la ponta de la forcellina = comportarsi come vuole il galateo e come insegna la buona educazione- perdes in d’on cuggiaa d’acqua = perdersi per un nonnulla - el gh’ha el cortell per el manigh = ha in pugno la situazione- lavorant de forchetta l’era ciamaa anca lader de pòch = borseggiatore, ladro di poco conto - var pussee on matt a cà soa che on savi in cà di alter = vale più un matto nella sua casa che un savio a casa d’altri Son d’accòrd con sto ultim proverbi, perché in ògni cà e cusina, domà la padrona l’è la Regina.

    GLOSSAIO

    agent di tass = arnese per cavare il midollo dall’osso buco battiroeula = pestacarne caporal de cusina = aiutante cuococardensin = armadietto cavabuscion o tirabuscion = cavatappicazzurera = paletta di metallo con i buchicazzuu = mestolo colin o colaroeu = colino a retina per colare il the

    cortellasc = coltello da macellaio cortellera = astuccio per i coltellicugiaa sforaa = cucchiaio forato per raccogliere quello che è stato frittocugiarada = cucchiaiata cugiarera = scatola dove si ripongono le posate cugiarin = cucchiaino dervascatol = apriscatoledonzena de spedin = dozzina di spiedini per infilare bocconcini per lo spiedoferr di ravioeu = rotella per tagliare la pasta dei ra-violifiammenghina o fondina = piatto fondo per minestrefilacortei = affilacoltellifoett o scovin = attrezzo per sbattere le uovafondina de ròbba de cuggiaa = una fondina di mine-strone forbeson = trinciapolliforchetton = grande forchetta per tenere fermo l’ar-rosto al tagliofrollin = frullatore piccolograttiroeula = grattugia per il formaggio gugg per inlardà = aghi per lardellare la carnemattarell = mattarello per assottigliare la pastamezzaluna = lama curva per tritare le verdurepassabroeud = colino per filtrare brodopassamantin = anello porta tovagliolopedrioeu = imbuto pelapatati = pelapatatepestacarna = pestacarnepizzagas = accendigasposaderia = scatola porta posate rigaverdura = coltello speciale per tagliare a fettine verdure, carote, zucchine, patate, ecc.ruzzelin di ravioeu = rotella dentata per tagliare la pasta dei raviolis’ciumaroeula = paletta metallica bucherellatasbattiroeu = frullinoschiscialimon = spremilimonischiscianos = schiaccianoci scrorteghin o sgarzin = coltello molto affilato per scoticare la carne sirenga = siringa per decorare dolcispadola = paletta di legno per tagliare la polentatriatutt = tritatutto trinciat = grosso coltello

    Continua da pag. 19 - Storia de la forchetta e di alter ròbb de doprà in cusina

  • FirifissI buoni propositi sono tentativi inutili di interferi-re con le leggi scientifiche. La loro origine è vanità pura. Il loro risultato è assolutamente nullo. Sono semplicemente assegni che gli uomini incassano da una banca in cui non hanno il conto.

    Oscar Wilde

    Il mese di gennaio è quello in cui si fanno gli auguri ai propri amici. Gli altri mesi sono quelli in cui gli auguri non si realizzano.

    Georg Lichtenberg

    Chi vive sempre nel calore e nella pienezza del cuo-re e per così dire nell’aria estiva dell’anima, non può immaginarsi il misterioso rapimento che afferra le nature più invernali, che vengono eccezionalmente toccate dai raggi dell’amore e dal tiepido soffio di un solatio giorno di febbraio.

    Friedrich Nietzsche

    L’amore immaturo dice: ‘Ti amo perché ho bisogno di te’. L’amore maturo dice: ‘Ho bisogno di te, per-ché ti amo”

    Frost

    Il mio amore ha due vite per amarti. Per questo t’a-mo quando non t’amo e per questo t’amo quando t’amo.

    Pablo Neruda

    È previsto che gli americani spenderanno 13 mi-liardi di dollari per San Valentino. Mentre quelli che si sono dimenticati che è San Valentino spenderanno oltre 100 miliardi!

    Conan O’Brien

    Что имеем – не храним, потерявши – плачем.Non ci curiamo di ciò che abbiamo, ma quando lo perdiamo piangiamo.

    (Proverbio russo)

    Var pussee on andà che cent andemm.

    Questo detto, ancora largamente in uso, è fra i più rivelatori del carattere dei milanesi, della loro intraprendenza. Tradotto letteralmente si-gnifica “Vale più andare che dire andiamo”, ma il testo racchiude in sè due concetti, il primo è che l’azione è sempre preferibile alle titubanze e il secondo è insito nell’accento individualisico espresso nell’andà contrapposto al plurale an-demm.Meglio da soli che in compagnia di altri, per chi conosce Milano comprende bene come il detto interpreta lo spirito milanese.

    Var pussee la lappa che la zappa!

    La lappa è la chiacchiera, l’abilità nel raccon-tare, nel fiorire un aneddoto, nel valorizzare le cose che si dicono e quindi se stessi. Questo det-to nella saggezza del popolo ammonisce che le chiacchiere, nella vita, valgono spesso più dei fatti, più del lavoro, anche se si tratta del faticoso lavoro di chi usa la zappa.

    Sacranòn.

    L’origine di questa interiezione popolare, che non è sulle labbra dei milanesi una bestemmia, anche se appartiene a un frasario molto singo-lare. Deriva dal francese “sacré nom de Dieu” ed è stata convertita con disinvoltura dialettale in sacranòn. Siamo certi che nessuno dei nostri lettori usa questa parola, abbiamo voluto preci-sarne l’origine con l’avvertenza che è un ricordo dell’occupazione francese avvenuta ai tempi di Napoleone I.

    Aforismi Motti e detti milanesi

  • SCIROEU de MILAN

    Per l’anno 2019 il tema della pagina centrale, la copertina e l’ultima di copertina sono le liriche e le prose dei consiglieri dal “9 Quaderno dell’Accademia del Dia-letto Milanese” in ordine alfabetico.

    LA MICHÈTTA

    Quand te vee sul marciapee,lì denanz al prestineetì te vedet là in vedrinachi del pan lʼè la regina.

    Sì son ʼdree parlà de lee,dʼon robin de pòcch danee:lʼè divisa in cinqu bocconcont in tèsta on bèll botton.

    Che profumm, che bon odor, lʼè fin bèll el sò color.Lʼha cantada anca ʼl poètta,tʼhee capii? Lʼè la michètta!

    pag1copertina.pdfpag2sommario.pdfpag3programmi.pdfpag4.pdfpag5letteratura.pdfpag6cifaldi.pdfpag7morovisconti.pdfpag8olmi.pdfpag9salute.pdfpag10.pdfpag11botanica.pdfpag12-13centraleintera.pdfpag14leggiuu.pdfpag15leggiuu.pdfpag16leggiuu.pdfpag17leggiuu.pdfpag18leggiuu.pdfpag19cuntasu.pdfpag20museo.pdfpag21continua.pdfpag22artista.pdfpag23firifiss.pdfpag24.pdf