Abbiamo bisogno di una politica alta · Abbiamo vinto con le regole che ci hanno imposto. Abbiamo...

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CRISTIANO SOCIALI NEWS - QUINDICINALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI - Poste italiane spa - spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art.1, DCB - Roma Abbiamo bisogno di una politica alta di Mimmo Lucà A bbiamo vinto. Non come speravamo, ma abbiamo vinto. Abbiamo vinto nonostante la folle legge elet- torale che hanno inventato per metterci in difficoltà. Abbiamo vinto con le regole che ci hanno imposto. Abbiamo quindi il diritto e la responsabilità di governare. Questa è la cosa importante. Quel che più colpisce, però, nel risultato elettorale è che, nonostante il fallimento della sua esperienza di governo, la Cdl ha avuto il consenso di metà dell’elettorato. Io non penso che sia solo colpa della legge elettorale o del populismo mediatico e dell’aggressi- vità spericolata del marketing di Berlusconi. Difficile pensarlo. Ci sono anche stati nostri errori. E non possiamo prendercela con i sondaggisti, anche se, tre mesi di martellante campagna sul preponderante van- taggio del centrosinistra hanno sensibilmente contribuito a ridurre la capacità di mobilitazione dell’Unione. Ma il marketing non può sostituire la nostra capacità di ascol- tare, interpretare, rappresentare dinamiche, bisogni, aspettative reali del Paese. È la terza volta che accade in un anno: prima con la scon- (segue a pag. 15) 26 aprile 2006 Anno X - Numero 5 - 2 26 aprile 2006 Anno X - Numero 5 - 2 Chi ha vinto governi: il diritto e il dovere Intervista a Andrea Olivero Presidente Nazionale Acli a cura di Ettore Colombo pag. 3 Ora Prodi non dimentichi il voto critico dei cattolici Intervista a Claudio Cecchini Assessore Provincia di Roma a cura di Francesco Torraca pag. 5 Il non profit ritorni in primo piano Laura Badaracchi pag. 7 “Noi credenti vorremmo che...” Simonetta De Fazi pag. 9 elezioni scuola Un corso di cultura religiosa: forse è arrivata l’ora Lino Prenna Coordinatore “Agire politicamente” pag. 12 editoriale Legalità: necessaria la voce della Chiesa Pietro Scoppola pag. 2

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Abbiamo bisognodi una politica alta

di Mimmo Lucà

A bbiamo vinto. Non come speravamo, ma abbiamovinto. Abbiamo vinto nonostante la folle legge elet-

torale che hanno inventato per metterci in difficoltà.Abbiamo vinto con le regole che ci hanno imposto.Abbiamo quindi il diritto e la responsabilità di governare.Questa è la cosa importante. Quel che più colpisce, però,nel risultato elettorale è che, nonostante il fallimento dellasua esperienza di governo, la Cdl ha avuto il consenso dimetà dell’elettorato. Io non penso che sia solo colpa dellalegge elettorale o del populismo mediatico e dell’aggressi-vità spericolata del marketing di Berlusconi.Difficile pensarlo. Ci sono anche stati nostri errori. E nonpossiamo prendercela con i sondaggisti, anche se, tremesi di martellante campagna sul preponderante van-taggio del centrosinistra hanno sensibilmente contribuitoa ridurre la capacità di mobilitazione dell’Unione. Ma ilmarketing non può sostituire la nostra capacità di ascol-tare, interpretare, rappresentare dinamiche, bisogni,aspettative reali del Paese.È la terza volta che accade in un anno: prima con la scon-

▼ (segue a pag. 15)

26 aprile 2006Anno X - Numero 5 - € 226 aprile 2006 Anno X - Numero 5 - € 2

Chi ha vinto governi: il diritto e il dovere

Intervista a Andrea OliveroPresidente Nazionale Acli

a cura di Ettore Colombopag. 3

Ora Prodi non dimentichiil voto critico dei cattolici

Intervista a Claudio CecchiniAssessore Provincia di Roma

a cura di Francesco Torracapag. 5

Il non profit ritorni in primo piano

Laura Badaracchipag. 7

“Noi credenti vorremmo che...”

Simonetta De Fazipag. 9

elezioni

scuola

Un corso di cultura religiosa:forse è arrivata l’ora

Lino Prenna

Coordinatore “Agire politicamente”

pag. 12

editoriale

Legalità: necessaria la voce della Chiesa

Pietro Scoppolapag. 2

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I l ruolo che la coscienza etica può svolgere,e in particolare il ruolo che la Chiesa può

svolgere, per affrontare fenomeni quali lamafia, illegalità, corruzione, ingiustizia.La prima domanda sulla quale dobbiamomisurarci, riguarda la democrazia: come maidopo sessant’anni di democrazia questi feno-meni si presentano tali e quali, anzi, più gravidi come si presentavano nell’Italia liberale?Dobbiamo prendere coscienza che le demo-crazie dell’Occidente, le democrazie dei Paesiricchi, sono tutte in crisi. Sono in crisi proprioper effetto della famosa società dei due terzi. Lademocrazia nasce e si afferma quando la mag-gioranza è povera e si fa forte del numero peraffermare i suoi diritti. Quando in una societàla maggioranza è abbiente, e in alcuni casiricca, la forza del numero gioca nel senso dellaconservazione degli interessi costituiti.Questo è un tema che ha dimensioni planeta-rie. Il dramma nasce dal fatto che i paesidemocratici, che i sono i Paesi dell’Occidentericco, sono quelli che utilizzano la maggiorparte delle risorse, l’80 per cento, mentreaffrontano problemi di ordine planetarioriguardanti un’umanità che, per l’80 percento, ha viceversa accesso solo al 20 percento delle risorse. Un rapporto rovesciato: ilprimo aspetto della globalizzazione è questo.La democrazia non è autosufficiente, la demo-crazia non produce i valori morali di cui habisogno per funzionare. La democrazia nasceda forti istanze etico-religiose, ma non è ingrado di riprodurre queste istanze. Quando imeccanismi del progresso economico, socia-le, eccetera, producono l’effetto per cui la rap-presentanza degli interessi prevale su qualun-que motivo ideale, la democrazia va in crisi.Dobbiamo quindi collocare la nostra riflessio-ne in questo quadro di dimensioni ampie, pla-

netarie. Ci sono poi certamente fattori specifi-ci italiani. La crisi delle nostra democrazia nonè soltanto una manifestazione del fenomenopiù ampio cui ho fatto cenno. Qui c’è un pro-blema di cittadinanza. Di cittadinanza fragi-le, di cittadinanza debole, per tante ragioniche sono state esaminate e discusse in sedestorica e sociologica: la difficile rinascita (onascita) dopo il fascismo della democrazia inItalia, il ruolo complesso e per certi aspetti con-traddittorio che i partiti hanno avuto, le iden-tità di partito che hanno sostituito il senso con-diviso della cittadinanza, una crescita tumul-tuosa sul piano economico che non è stataaccompagnata da uno sviluppo etico, morale.E in questo campo la Chiesa è stata carente,perché negli anni in cui la Chiesa combattevail comunismo, la minaccia comunista (anchequando la minaccia si era fatta meno incom-bente), in realtà si sviluppava un logoramentoetico attraverso quei processi di secolarizza-zione che hanno corroso in profondità, inradice il tessuto etico del Paese.Che cosa ha fatto la Chiesa? E qui passiamoal secondo aspetto del tema: il ruolo dei catto-lici. La Chiesa ha avuto un grande ruolo per losviluppo della democrazia nel nostro Paese,per llo sviluppo della convivenza.La Chiesa è stata l’elemento che ha garantitoil tessuto della convivenza a livello fondamen-tale, a livello di base, prima che le lacerazio-ni politiche tornassero a dividere il Paese. Equesta è stata la premessa del successo dellaDemocrazia Cristiana. L’anticomunismo di DeGasperi era un anticomunismo democratico.Ossia un anticomunismo che voleva che il con-fronto restasse nel quadro parlamentare,democratico, costituzionale. Oggi, quando cisi richiama all’anticomunismo degasperiamo,si dimentica questa distinzione fondamentale.

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editorialeeditoriale

Legalità: necessariala voce della Chiesa

Mafia ecorruzione sonoun segno della crisi dellademocrazia.Riportiamo ampi stralci di un recente intervento dello storicopubblicato dallaAgenzia Adista

di Pietro Scoppola

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elezionielezioni

C lasse 1970, celibe, di professione inse-gnante e originario di Cuneo, il nuovo

presidente delle Acli Andrea Olivero, succes-sore di Luigi Bobba, eletto al Senato per laMargherita, ha idee chiare e posizioni nette,come testimonia questa intervista.

Quali le sfide delle nuove Acli, presidente?Una sfida interna, innanzitutto. Il patrimoniodi idee accumulato in questi anni, specie gliultimi, va fatto diventare patrimonio comunedi tutte le Acli perché un’associazione hasignificato in quanto produce pensiero, azio-ne sociale e risposte concrete ai bisogni dellepersone. Ecco perché anche a chi legittima-mente vinto le elezioni e ottenuto, per quantodi misura, la maggioranza dei seggi e che hail diritto-dovere di governare il Paese chiedia-mo di affrontare subito e con coraggio le verepriorità del Paese: il lavoro, la famiglia e lo svi-luppo economico, a partire dal Mezzogiorno.

Come intendi impostare il rapporto con lapolitica?

Nel rapporto con la politica le Acli devonotutelare innanzitutto la loro autonomia, chenon nasce e non si fonda su un atteggiamentodi spocchia nei confronti del mondo politicoma che si basa su un dato reale, quello di chifonda la propria rappresentanza nel sociale,nel Terzo settore, nel non profit una rappre-sentanza che non può e non deve appiattirsisulla politica dei partiti e delle istituzioni.Politica che, tra l’altro, non esaurisce affattoquanto di “politica” c’è e si da nel paese. Alcontempo, come Acli abbiamo come aclistiuna grande passione per la politica in sensolato, che cerchiamo di valorizzare in tutte lesue forme. Ecco perché troviamo perfettamen-te naturale che nostri dirigenti, alla fine dellaloro carriera nelle Acli, s’impegnino nelle isti-tuzioni e soprattutto nei territori, sia a livello di

amministrazioni locali che nei partiti portan-do nelle loro nuove attività l’impegno valoria-le tipico della nostra organizzazione. Eccoperché l’idea della nostra autonomia non è unatteggiamento da “furbetti” ma di chi sa disvolgere compiti di rappresentanza propri,anche politici.

Oggi le Acli si sono impegnate su una bat-taglia di alto profilo, i referendum anti-devolution.

Sì, la partecipazione politica dell’associa-zione riparte rinnovata e solida su concettiche sono valori chiave per la nostra demo-crazia: la raccolta firme e ora la campagnareferendaria sulla riforma della costituzione,tema sul quale il nostro impegno sarà mas-siccio non tanto e non solo per dire no a unariforma sbagliata nelle forme e nelle risposteche offre ma anche per affermare un princi-pio e cioè che per affrontare una nuova sta-gione costituente servono regole realmente

Chi ha vinto governi:il diritto e il dovere

“Necessarioaffrontare subitoe con coraggiole vere prioritàdel Paese”:parla il nuovopresidentenazionale delle AcliAndrea Olivero

di Ettore Colombo

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condivise. Voglioanche dire che nonho apprezzato affat-to lo stillicidio a cuimolti esponenti politi-ci di governo hannosottoposto il Paese inqueste settimane,negando il risultatoelettorale e logoran-done il tessuto, pernon dire di queglistessi esponenti poli-tici che hanno tra-sformato troppo a

lungo i consigli dei ministri in assemblee deiconsulenti del Principe o che andavano in tvper esibire le loro magliette… Servono inve-ce regole comuni e rispetto reciproco e serveanche tornare ai principi della carta costitu-zionale, che sono ancora validi e che vennescritta, voglio ricordarlo, in un’epoca digrande contrapposizione politica e ideologi-ca ma sapendo mettersi d’accordo e rispet-tando le regole.

Anche sulla nuova legge elettorale sietestati fortemente critici…

Sì, e infatti guardiamo con estremo interes-se all’ipotesi di movimento referendario chene vuole chiedere l’abolizione ma già al

governo che verrà chiediamo di cambiarla:è una legge che distorce la rappresentanzae mette tutto il potere nelle mani dei partiti edelle loro segreterie, che decidono loro chisaranno gli eletti permettendo atteggiamen-ti subdoli e poco rispettosi della libertà deicittadini.

Tu credi sia giusto, comunque, che ora ilgoverno governi?

Chi ha avuto la maggioranza deve governa-re, non ci sono dubbi. Purché non pretenda diaffrontare subito le questioni che hanno giàspaccato il Paese in due come la par condicioo le incompatibilità ma che si occupi dei temiche stanno più a cuore ai cittadini: lavoro, gio-vani, famiglie non abbienti.

Un ultima questione, ritieni il Partito demo-cratico un valore aggiunto anche per i cat-tolici?

Senz’altro. Ne abbiamo parlato anche nell’ul-tima riunione della Direzione, cui hanno par-tecipato i nostri ex dirigenti eletti in Parlamento(Bobba, Lucà, Narducci). Credo che i cattolicidebbano prima riflettere e bene su quale pro-spettiva di lavoro e quali forme organizzativedarsi ma quella del partito democratico è sen-z’altro una via che va esperita nell’attualesituazione, e un valore aggiunto.

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L e ultime elezioni politiche ed il voto dei cat-tolici. In attesa di valutazioni più approfon-

dite di quanto successo il 9 e 10 aprile scorsiproviamo a fare un primo ragionamento conun cattolico impegnato in politica comeClaudio Cecchini, tra i più stretti collaboratoridi mons. Luigi Di Liegro ai vertici della Caritasdi Roma ed oggi assessore agli Affari socialie alla famiglia della Provincia di Roma.

“Innanzitutto – ci dice Cecchini – mi pare evi-dente un fatto: proprio l’esito elettorale e laspaccatura quasi trasversale nell’elettorato,anche dal versante dei cattolici, ha confermatocome la cosiddetta unità politica sia ormai fini-ta e appartenga al novero delle esperienze delpassato. I cattolici, appare chiaro, si sono divi-si in entrambi gli schieramenti dove, d’altronde,erano presenti sia a livello personale che inschieramenti che hanno fatto più o meno riferi-mento anche ai valori del cattolicesimo. Da qui– sostiene Cecchini – l’assurdità della pretesaavanzata a più riprese in campagna elettoraledal Centro-destra di avere l’esclusività dei valo-ri cattolici. Una smentita che, anche se indiret-tamente, è venuta proprio dai vertici dellaConferenza episcopale italiana che, a dispettodi questa presunta “primogenitura”, hannoalmeno per due volte pubblicamente ribadito dinon volersi schierare per una determinata partepolitica sottolineando nel contempo che, seunità ci deve essere, questa va ricercata suicontenuti e sui valori”.

Naturalmente, in attesa di una analisi piùapprofondita del voto, è difficile fare unavalutazione puntuale del voto dei cattolicima, a suo parere, quali sono stati i punti diattrazione più forte per questo segmento dielettorato?

Come detto penso che il voto cattolico si è pres-soché frammentato tra quasi tutte le formazio-

ni partitiche. Certo è, però, che da una partel’Udc e dall’altra la Margherita, con un piùesplicito richiamo e riferimenti ai valori dellafede possono aver catalizzato un maggiornumero di consensi almeno tra un certo tipo dielettorato cattolico quello, diciamo, più atten-to ai richiami delle gerarchie. Per quantoriguarda, in particolare, il Centro-sinistratengo a ricordare che lo stesso Romano Prodinel suo programma di governo ha assuntomolti temi cari al mondo cattolico italiano finoa spingersi in campi non certo semplici comela possibilità di un servizio civile non piùvolontario come chiesto proprio da alcuni set-tori del mondo cattolico. Un programma che,a mio parere, ha toccato con giusto equilibrioanche i temi dell’etica.

elezionielezioni Ora Prodi non dimentichiil voto critico dei cattolici

di Francesco Torraca

“Il programmaha dato giusto spazio ai temi etici”:intervista aClaudioCecchini, assessore agliaffari sociali ealla famigliadella Provinciadi Roma

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Sempre per quanto riguarda il Centro-sini-stra non è possibile che alcune posizioniassunte da settori dichiaratamente ‘laici’come quelli che si sono ritrovati nella Rosanel Pugno abbiano potuto, soprattutto nel-l’ultima parte della campagna elettorale,allontanare il voto cattolico?

Effettivamente penso che la Rosa nel Pugno siastata portata, per una questione di visibilitàall’interno della coalizione, ad accentuarealcuni toni e sfumature laiciste ed è certo chequeste hanno destato qualche imbarazzo siaall’interno delle gerarchie cattoliche che, diriflesso, tra i cattolici elettori. Una strategiache, in fin dei conti, non ha però pagato neifatti tanto da far sì che dalle urne sia uscita unaRosa nel pugno non certo determinante per gliesiti futuri della maggioranza, a livello di votie di peso parlamentare.

Insomma, sembra proprio che nessuna delledue coalizioni sia riuscita a convincere piùdell’altra il mondo cattolico italiano in questatravagliata fase della vita politica…

Dal mio particolare osservatorio di ammini-stratore locale ho l’impressione che, ancheall’interno dell’elettorato cattolico si sonoriprodotti schemi non proprio nuovissimi.

Prodi è riuscito a recuperare, con la sua paca-tezza, l’attenzione ed il prestigio anche all’in-terno del mondo cattolico e si è ripropostocome il punto di riferimento dei cattolici-demo-cratici e questo è risultato certamente positivo.Ma anche Casini, soprattutto al termine dellacampagna elettorale, ha molto insistito sullasua radice volendosi porre come catalizzato-re di quei cattolici moderati che guardano alCentro-destra. Un susseguirsi il suo di mes-saggi e slogan, incentrati sulla famiglia e ladifesa della vita, che a conti fatti ha avuto unsuo ritorno elettorale quasi tutto di matrice cat-tolica. Certo non ci può essere scientificità inqueste analisi ed è difficile cogliere le propor-zioni del voto cattolico in questa ultima torna-ta elettorale, ma in generale la spaccatura indue del Paese frutto anche del modo con cui siè chiusa la campagna elettorale ed il climaacceso e talvolta insultante e violento, nonchéil tema delle tasse usato come una clava, hacertamente spostato qualcosa e questo valeanche per i cattolici. In questo senso vorreidenunciare, anche se a posteriori, una cam-pagna elettorale volutamente “drogata” dalladestra che ha saputo solo evocare paure edemonizzazioni emotive alle quali nessuno èrestato immune.

Una campagna elettorale che si è conclu-sa, come si direbbe, con il brivido ed unrecupero indiscutibile da parte del centro-destra. A suo parere anche sull’elettoratocattolico può aver influito il fatto che pro-prio Romano Prodi non avesse dietro di séuna forza politica strutturata risultato,quindi, ricattabile all’interno della coali-zione?

Non credo più di tanto. Il mondo cattolico e lasocietà civile più in generale, ne sono convin-to, e soprattutto quella sempre più ampiafascia impegnata nel sociale e legata alla soli-darietà è molto più matura di quello che anchegli analisti pensano. La mia è una valutazioneche parte proprio dall’esperienza personalein tutti e due i mondi. Prodi poi aveva alle spal-le i quattro milioni di preferenze nelle Primariee la gente non lo ha dimenticato. Infine anchenella Lista unitaria hanno trovato ampio spa-zio di cittadinanza le istanze anche del mondocattolico.

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elezionielezioni

U na vittoria “di misura”, consensi spacca-ti a metà, polemiche per i presunti bro-

gli elettorali. Un’Italia “impaurita e preoccu-pata per il suo futuro”, come sottolinea il pre-sidente delle Acli, Andrea Olivero, che non siè lasciata convincere fino in fondo da nessu-no dei due leader in lizza. A spoglio conclu-so i risultati definitivi assegnano la vittoriaall’Unione, che prima delle elezioni risultavala preferita dalla maggioranza dell’associa-zionismo sociale. Tuttavia, “la mancanza didibattito su temi scottanti della convivenzasociale, da ambedue gli schieramenti” fapresagire un rischio per il mondo del socia-le: “Che ritorni ai margini della vita socialeed economica del Paese”, osserva don Vi-nicio Albanesi, presidente della Comunità diCapodarco. Concorda Franco Bomprezzi,giornalista professionista, in carrozzina inseguito agli esiti di una malattia congenita:“C’è il rischio che le alte aspettative si scon-trino con la situazione economica dell’Italia”.Quali le proposte e provocazioni del mondonon profit alla nuova coalizione di governo?L’Agenzia Redattore Sociale ha raccolto unacarrellata di voci; un filo rosso ne lega ideal-mente molte: la necessità di recuperarecoesione sociale e ricostruire la solidarietà.“Innanzitutto, rimettere al centro le questioniche hanno a che fare con la vita ordinariadelle persone: le preoccupazioni per l’eco-nomia vanno riportate a questa priorità.Prima vengono le questioni concrete del wel-fare, poi i soldi”, afferma Gerolamo Fazzini,presidente della Fesmi (Federazione dellastampa missionaria italiana), che auspicauna svolta riguardo agli immigrati “nelladirezione di un’accoglienza più autentica:non generica o buonista, ma attenta ai dirit-ti di cittadinanza”. Fazzini chiede anche“una politica diversa negli aiuti verso i paesipoveri”.

Tra le priorità sollecitate all’agenda delnuovo governo, spicca il tema della povertà,centrale secondo il comboniano padre AlexZanotelli: “Il nuovo governo adotti una seriapolitica verso i più poveri che, anche qui danoi, sono diventati la classe sociale più ricat-tabile”. L’associazione Amici di PiazzaGrande, che da anni a Bologna opera afianco degli ultimi, chiede che sia costituitoun “grande Osservatorio nazionale sullapovertà”. Nodo prioritario anche per le Acli:“Il sud e alcune parti del nord del paese mo-strano difficoltà ad andare avanti, soprattut-to le famiglie numerose. Chiediamo al gover-no un segnale forte al riguardo e su questocrediamo si possa trovare un convergenzaun po’ più ampia”. Don Virginio Colmegna

Il non profitritorni in primo piano

di Laura Badaracchi

Il mondo del sociale edella solidarietàsi rivolge alnuovo governo:proposte e provocazioniperché si voltipagina

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auspica “attenzione al sostegno economicodelle persone”, mentre la Casa della Caritàdi Milano chiede che si riparta dalla misuradel Reddito minimo di inserimento.Ma le urgenze evidenziate dalle associazio-ni sono molteplici. Don Oreste Benzi (Ass.Papa Giovanni XXIII) chiede “giustizia: libe-razione dall’aborto, dalla tratta delle schia-ve, dagli istituti, dal carcere minorile, dalladroga” , Ernesto Olivero (Sermig) ritiene chegiovani e immigrati “da problema” debbanodiventare “opportunità”. “C’è una precarietàdiffusa sia dal punto di vista della casa chedel lavoro; priorità insieme all’immigrazio-ne, che impone un ripensamento delle leggiattuali”, ribadisce Graziano Zoni (EmmausItalia). Trattamento economico adeguato,servizi, integrazione scolastica e inserimentolavorativo, ma anche accesso all’editoria –secondo Anmic (Ass. naz. Mutilati e invalidicivili) e Uic (Unione italiana ciechi) – rappre-sentano le istanze del mondo della disabilità.Pietro Barbieri, presidente della Federazioneitaliana per il superamento dell’handicap,rimarca: “I temi più caldi sono l’aumentodelle pensioni di 234 euro, i fondi per le per-sone non autosufficienti, la ridefinizione deicriteri di accertamento dell’invalidità, l’elimi-nazione dell’articolo 14 del decreto attuativodella legge Biagi, e l’assistenza ai disabilipiù gravi”. Dalle associazioni che operano nel carcereviene formulata la richiesta di amnistia eindulto, oltre che modifiche alle leggi suimmigrazione e droghe. Livio Ferrari (Con-

ferenza nazionale Volontariato Giustizia)ricorda: “Nei penitenziari c’è sovraffol-lamento e in questi anni si è registrato unaumento delle violenze, dei suicidi e deimorti”. Lia Varesio, voce torinese di un vo-lontariato “di trincea”, invita la nuova mag-gioranza a scendere “in mezzo alla gente”,magari iniziando con un giro in tram, men-tre il Forum del terzo settore chiede “politicheche facciano crescere il terzo settore”.

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D a tempo – con una intensità crescente inoccasione delle consultazioni referenda-

ria ed elettorale – sembra essersi aperta nelnostro paese una sorta di “questione cattoli-ca”, all’interno della quale si sono condensateproblematiche diverse, tutte riferibili alla rela-zione tra cattolicesimo sociale e cattolicesimopolitico, tra agire sociale e agire politico.Si è parlato del ruolo dei cattolici nella poli-tica, di identità e unità dei cattolici, perfino diun nuovo partito cattolico; si è riaperto ildibattito sulla laicità dello Stato, più spessocontrapposto alla libertà religiosa che voltoad interrogare le forme della democrazia,del pluralismo e della partecipazione; si èindagato il voto cattolico e ricercati i riferi-menti di appartenenza.Non senza strumentalità e in un contestopolitico genericamente “imbarbarito”, laquestione è comunque posta.Ma che parte ha, veramente, per un uomo ouna donna il proprio essere cattolici rispettoad una scelta di campo politica? E che cos’èche la determina? Quali elementi imprescin-dibili dovrebbero contraddistinguere i pro-grammi e le pratiche di una forza politica“ideale”?

Lo abbiamo chiesto a… Alessandra, 31 anni, Roma, impegnata inparrocchia e nella promozione di attività delcommercio equo e solidaleAndreina, 78 anni, Cagliari, volontariaUnitalsi dal 1966 e per 16 anni impegnatanell’assistenza dei ricoverati dell’OspedaleOncologicoDomenico, 32 anni, Aosta, fa volontariatocon i bambini disabiliDorotea, insegnante di religione in un liceoBruna, 50 anni, Piacenza, impegnata in par-rocchia e in associazioni di volontariatoL’esperienza di fede, il riferimento ai valori

cristiani – all’annuncio del Vangelo, comedice Domenico – è qualcosa che impronta disè ogni scelta, “naturalmente”. In questo senso si sono espresse le personeintervistate, aggiungendo – tutte con altret-tanta nettezza, ad onta delle differenze digenere e di generazioni – che questo nonstabilisce alcun facile “automatismo” nellascelta, ma anzi mette in campo una conce-zione della politica che trova nella coerenza,nell’impegno e nella responsabilità i suoiriferimenti costitutivi.“La politica è la vita quotidiana – diceAlessandra – è vivere insieme, è trovare solu-zioni concrete ai problemi... Riducendo la que-stione della scelta politica all’esercizio di voto oall’opzione per uno schieramento o un partito,devo confessare che ho avuto sempre difficoltàa trovare una corrispondenza piena, a trovareun livello di coerenza accettabile con il mio

“Noi credenti vorremmo che...”

di Simonetta De Fazi

Il dibattito sui cattolici e la politicavisto da elettoried elettrici

elezionielezioni

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essere cristiana. Nonostante le tante parolespese – o forse proprio a causa di questo - nellarecente tornata elettorale è come se i politici cat-tolici non fossero per me riconoscibili”.Anche Bruna, denuncia la difficoltà dellascelta nelle passate elezioni e il fastidio di undibattito strumentale sull’identità cattolica,portato avanti senza che nessuna dimostra-zione di coerenza – tra comportamenti epronunciamenti – sia mai stata avvertitacome necessaria. “La testimonianza di fede èagire quotidiano, non è un proclama; è un’e-videnza che si realizza da sè... È questo cheviene chiesto a noi cristiani: trasformare ivalori che ci ispirano in comportamenti”.“Nel dibattito pre-elettorale il qualificarsicome cattolici sembra essersi ridotto ad unesercizio nominalistico – afferma Andreina –mentre è un’opzione forte che costringe alrigore morale, a scelte disinteressate e radi-cali... Gli incarichi politici si assumono perresponsabilità e spirito di servizio, non perprestigio personale”.Fastidio dunque per un dibattito che suonatroppo strumentale, per una politica che sem-bra aver perso di vista la sua funzione costi-tutiva. Sono questi i due elementi che acco-munano il sentire delle persone interpellate,tutte impegnate in attività sociali a titolo divolontariato, ovvero in quelle pratiche quoti-diane di impegno in prima persona e di soli-darietà concreta che fa inesorabilmente per-cepire la politica del Palazzo come una“politica delle parole”.

Che cos’è allora che ha determinato le loroscelte e che cosa dovrebbe distinguere unaforza politica “ideale”?Su questo Domenico non ha esitazioni: lasua opzione politica si determina laddovetrova espressi come priorità programmatichei principi di solidarietà sociale e di attenzio-ne ai soggetti in difficoltà. “Per questo, comecattolico – aggiunge – non ritengo possibilescegliere una forza politica liberista, pensoanzi che ci sia bisogno di nuovi modelli eco-nomici in grado di realizzare un benesserepiù inclusivo”. Rispetto agli elementi distintivi, Domenicoparte da una questione concreta: le politi-che sull’immigrazione. L’attuale legge hascelto di privilegiare i diritti e la presuntasicurezza di alcuni, lasciando fuori molti. Aparte ogni considerazione sulla tenuta di unsiffatto sistema, dal punto di vista di un cat-tolico si tratta di un provvedimento inaccet-tabile: “Il problema dell’immigrazione vainquadrato in una dimensione di accoglien-za e dialogo, anche pagandone dei costi...Mi aspetto da chi si richiama ai valori cri-stiani la capacità di mettere in campo scel-te più coraggiose e radicali, che non vuoldire estremiste ma che vadano nella dire-zione di realizzare le condizioni di unasempre maggiore giustizia sociale”.Un impegno assunto in prima persona, por-tato avanti con chiarezza e coerenza, agitopiù che parlato: sono queste le caratteristicheche hanno orientato le scelte di Alessandra –

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almeno fintantoché la legge elettoralelo ha consentito – che ha fatto riferi-mento ai contesti di provenienza deicandidati più che agli schieramenti.“Ho sempre considerato le persone ela loro esperienza più importanti dellaloro collocazione nei partiti… Per meche vengo da esperienze associative –a partire dal mondo scout – è determi-nante sapere in quale ambiente si sonoformate e cresciute, a quale cultura e aquale pratica sociale, consolidata ericonoscibile, facciano riferimento…Una forza politica “ideale”, che rap-presenti di più e meglio i miei valoricristiani, dovrebbe mettere al primoposto il rispetto delle persone. Un rispettovero, concreto e diffuso, rivolto in primoluogo a chi ora si trova al margine, agli “ulti-mi”, agli immigrati. Magari con meno pro-messe, ma con più verità”.La verità… L’ha nominata anche Andreina.L’ha messa tra gli ingredienti della politica.

Insieme all’onestà e alla responsa-bilità. Andreina dice che la politi-ca ha perso ogni forza morale eche questa consunzione ha conta-giato perfino quelle realtà associa-tive che gli erano più prossime,come svuotandole; trasformandoquelli che prima erano spazi aper-ti all’accoglienza, all’incontro conl’altro, all’ascolto in strutture orga-nizzative e gerarchiche. AncheAndreina orienta la sua scelta sullepersone e non sui partiti. “Sono lepersone che scelgono, che portanoavanti valori ed ideali, combatten-do per questo e pagandone icosti… Sembra tanto tempo fa, maio lo ricordo bene e lo voglio ricor-dare che nel nostro paese donne euomini hanno dato la propria vitaper realizzare una società più giu-sta, per affermare i valori civili ecristiani… Una forza politica idea-le dovrebbe avere in primo luogoquesta consapevolezza e questaresponsabilità. Ci sono due derivepericolose da correggere: la primariguarda l’esercizio della rappre-sentanza che oggi invece di avvici-

nare le persone le allontana e produce unasmaterializzazione dei valori insopportabile.La seconda – legata alla prima - riguarda ladelegittimazione delle istituzioni democrati-che, lo stravolgimento dei principi ordinativie una pratica politica dell’insulto, anchequella non più sopportabile”.Per Bruna, cattolica praticante, non è ilrichiamo ai valori cristiani a determinare ilsuo voto; sono semmai le scelte che – inragione di quelli – vengono messe in pratica.“La fede non va mischiata con la politica”,dice. Aggiungendo che “i valori che da quel-la provengono – che sono ideali di amore egiustizia sociale, sono il vedere nell’altro lafaccia di Cristo, come dice il suo parroco – siriconoscono”. Per una sorta di “urgenza”, dinecessità in chi li agisce. Cosa si aspettaBruna da una forza politica “ideale”?Coerenza, dice in prima battuta. Per unaragione in più, oltre a quelle già nominate:perché il non dover rendere conto delle pro-prie azioni non stabilisce alcuna reciprocitàrispetto agli altri, ma anzi genera intransi-genza e dogmatismo. Sono poi le politiche sociali al centro dellesue attenzioni, riferite in particolare allefasce più deboli; sono il benessere dellepersone e la possibilità di “stare insieme”.Sì, a Bruna non dispiacerebbe affatto chenell’agenda politica entrassero veramenteinterventi di conciliazione dei tempi.Perché la vita è incontrarsi, conoscersi,stare insieme. E forse stare insieme è giàpolitica.

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Coordinatore di “Agire politicamente”

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I n un articolo pubblicato dal Corriere dellasera alcuni giorni prima dell’appuntamen-

to elettorale, Piero Fassino è intervenuto sultema della laicità per dichiarare l’impegnodella Quercia nel tutelarne il valore, rispettoalla duplice opposta deriva, clericale e laici-sta, e per segnalare l’Ulivo quale luogo diincontro delle tradizioni riformiste del Paesee strumento indispensabile “per superareantichi steccati e per affermare pienamente ilcarattere laico dello Stato e della società”.Da questa impegnativa postazione, il Segre-tario elenca alcuni temi bisognosi di declina-zione laica, perché toccano la concezioneantropologica, la tavola dei valori, l’universodei significati ultimi. Manca un esplicito rife-rimento all’istruzione religiosa nella scuolama, nell’articolo, vi sono due accenni utiliper parlarne: l’apporto essenziale “che vieneanche dalle fedi religiose ad una societàlibera e giusta”; l’insostituibilità della “scuolapubblica e laica”, “per la realizzazione deldiritto allo studio per tutti”.Con questi ed altri elementi si tratta, allora,di valutare lo stato attuale dell’insegnamentodella religione per elaborare una propostacompiuta di ridefinizione dei soggetti, deitempi, e degli spazi scolastici dell’istruzionereligiosa, nella convinzione che il riassetto diquesta materia possa risultare paradigmati-co di una ritrovata e nuova laicità delle isti-tuzioni pubbliche. Non siamo all’anno zero di questa rielabo-razione; anzi, ci sostiene un percorso giàlungo di confronto e di dibattito, confluito inproposte articolate. L’ultimo contributo, inordine cronologico, è venuto dal Colloquiopromosso dall’associazione Agire Politica-mente, in collaborazione con il Corso di lau-rea in Scienze della Professionalità educativadell’Università di Perugia e con la FacoltàValdese di Roma, tenuto nella Sala del

Refettorio della Camera dei Deputati il 16dicembre scorso. La proposta, presentata inquell’occasione, muove da un’analisi preoc-cupata e largamente condivisa della situa-zione attuale. E’ noto che, attualmente, l’insegnamentodella religione nella scuola italiana è regola-to dall’Accordo di revisione del Concordatolateranense, firmato il 18 febbraio 1984 (L.25 marzo 1985, n. 121). All’Accordo direvisione del Concordato è seguita, neldicembre 1985, un’Intesa tra il Ministerodella Pubblica Istruzione e la ConferenzaEpiscopale Italiana (Dpr 16 dicembre 1985,n. 751), modificata successivamente, nel giu-gno 1990, da un’altra Intesa (Dpr 23 giugno1990, n. 202). Questi decreti contengono laregolamentazione relativa ai programmi diinsegnamento della religione cattolica, allemodalità di organizzazione dell’insegna-mento, ai criteri per la scelta dei libri di testoed ai profili professionali degli insegnanti direligione. Con la seconda Intesa, il profiloscolastico dell’insegnamento, già debole per-ché relativo ad un sapere facoltativo e nonpienamente deconfessionalizzato, si indebo-lisce ulterirormente perché viene sancita lavalutazione fuori pagella della materia. Il cammino scolastico del “nuovo” insegna-mento si è rivelato subito estremamente fati-coso, accompagnato, soprattutto agli inizi,da tensioni polemiche, risoluzioni delParlamento, ricorsi di genitori e di associa-zioni, sentenze dei Tar, del Consiglio di Sta-to, della Corte costituzionale e tante circolariesplicative del Ministero.Agli inizi degli anni Novanta, la polemica siè stemperata e il dibattito culturale si è spen-to, ma i problemi sono rimasti. Ne abbiamoun inventario sufficientemente indicativo inalcune ricerche, i cui risultati sono da consi-derarsi preoccupanti per il futuro stesso di

Un corso di cultura religiosa:forse è arrivata l’ora

di Lino Prenna

A fronte di una societàsempre più multiculturale emultietnica forseè opportunorilanciare unaproposta sull’insegnamentodella religione

scuolascuola

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questo insegnamento. Risulta, ad esempio,una progressiva erosione della percentualedei “non avvalentisi”, cioè degli studenti chescelgono di non avvalersi dell’insegnamentodella religione cattolica. Ma, soprattutto,emerge una progressiva caduta del caratterescolastico della materia la quale, pur inseritanelle finalità della scuola e pur avendo pro-grammi definiti, è sottoposta a continua“contrattazione” fra studenti ed insegnanti,per gli argomenti da toccare e per il modo disvilupparli. Diventa, in molti casi, un’ora didiscussione, di libero confronto su temi diattualità; un’ora considerata anche interes-sante dagli studenti stessi ma (proprio per-ché) non condotta nelle forme scolastichedello studio. Sicché la prassi scolastica logo-ra ulteriormente i (pochi) tratti di scolasticitàassegnati all’insegnamento in sede normati-va. Inoltre, non può essere trascurata l’ano-malia maggiore, data dal regime di facolta-tività secca dell’insegnamento e dal fallimen-to pedagogico dell’ora alternativa per i “nonavvalentisi”, che di fatto priva una quotaconsistente di studenti di qualsiasi conoscen-za religiosa.Di fronte a questo quadro della situazione,va sviluppata una volontà effettiva di correg-gere i profili normativi e di dare alla discipli-na ed all’insegnante piena scolarizzazione.Ma non basta. Se consideriamo che, attual-mente, l’insegnamento di religione cattolica,per il quale è previsto una sola ora settima-nale, è l’unica occasione di attenzione scola-stica ai problemi religiosi, non possiamo nonritenere inadeguato lo spazio che la scuolariserva alla religione.Questa constatazione è accompagnata opreceduta dalla convinzione che le Chiese,pur riconoscibili come soggetti della confes-sione religiosa e “luoghi di fede”, non hannoil monopolio della religione. La rilevanza cul-turale del fatto religioso implica il riconosci-mento che la religione, oltre che oggetto difede, possa essere oggetto di studio e costi-tuire materia di conoscenza, oltre che espe-rienza di vita. Come fatto culturale suscettibi-le di studio, rientra nelle competenze dellascuola ed interpella la sua natura di luogodella piena educazione attraverso lo studio.Infatti, la definizione delle competenze educati-ve della scuola non può prescindere dalla sua

vocazione di realtà istituzionalmente apertaall’universo della cultura, all’intera vicenda dipensiero e di azione dell’uomo della quale, lemolteplici espressioni, antiche moderne e con-temporanee, sono fatti rilevanti e segni eviden-ti. A questa vicenda è intrecciata l’esperienzareligiosa dei popoli, con i fatti ed i segni che laesprimono. Il fatto religioso, come tutti i fattiumani, appartiene all’universo della cultura.Pertanto, la scuola deve riappropiarsi dellapiena titolarità di competenza sulla cultura reli-giosa e, nell’assumere i fatti culturali comeoggetto di studio, deve riservare al fatto religio-so un’attenzione adeguata, come materia curri-colare per tutti gli studenti.Nasce di qui la proposta di un corso di cul-tura religiosa, inteso come conoscenza deifatti religiosi. Per i suoi contenuti, il corsopotrebbe definirsi in relazione alle tre grandireligioni (ebraismo-cristianesimo-islamismo)che hanno segnato la cultura europea. Il “sapere religioso” fornito da tale corso,mentre risponderebbe al volto plurale dellesocietà europee, si inserirebbe nella prospet-tiva dell’educazione interculturale scolasticae contribuirebbe a sviluppare negli studentil’attitudine al confronto e all’accoglienzadelle diversità.Il corso in questione sarebbe confessionale,anzi interconfessionale, per il suo oggetto distudio ma pienamente laico, perché affidatoalle autonome responsabilità della scuola efinalizzato a far conoscere la storia e lavicenda culturale delle tre religioni.Come è possibile rilevare, non è compatibilecon questa proposta la richiesta, pur recente-mente ipotizzata, di insegnamento islamiconella scuola, alla quale, tuttavia, va riconosciu-to il merito di aver portato l’attenzione su unproblema reale. Oltre alle varie difficoltàsegnalate in varie sedi e alle riserve per la mar-cata confessionalità dell’ipotesi, tale richiesta,se accolta, favorirebbe un processo di balca-nizzazione della scuola, cioè di lottizzazionedegli spazi pubblici scolastici, che verrebbero,così, appaltati alle confessioni religiose. È necessario, invece, che gli studenti dispon-gano di uno spazio unitario (e non divisi peranagrafe confessionale) per studiare e con-frontare le diverse concezioni religiose: lapluralità condivisa va iscritta nell’unità delladisciplina e delle opportunità educative.

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Questa proposta di un corso di cultura reli-giosa per tutti non intende mettere in discus-sione il sistema delle relazioni tra lo Stato ita-liano e la Chiesa cattolica, tra lo Stato e lealtre confessioni religiose, regolato attraver-so il Concordato e le Intese. Ma lo ritieneinsufficiente ad accreditare la religione comecultura ed a sviluppare l’intero potenzialeeducativo del discorso religioso. Si tratta,perciò, non di togliere quello che c’è, ma diaggiungere ciò che manca. Infine, la proposta, mentre sollecita la scuola

a riprendere la piena titolarità di competen-za sullo studio del fatto religioso, chiede allapolitica scolastica del governo dell’Unione diinserire la questione nella sua pur fitta ecomplessa agenda di lavoro.Il cattolicesimo democratico, che riconosce nelprogramma dell’Unione le maggiori potenzia-lità di sviluppo della sua tavola di valori e cherivendica alla sua tradizione culturale la laici-tà, come valore fondativo dell’agire politico,può offrire il suo decisivo contributo.

Poi c’è la democrazia, la crisi,il logoramento del sistema. Ec’è una situazione in cui lapresenza cattolica si dimostranon più all’altezza di guidareil processo di transizione, ditrasformazione. Noi abbia-mo da 15 anni una transizio-ne senza guida. E una trans-izione senza guida che dura15 anni è una transizione chealla fine non può che corrom-persi! E si è corrotta, si è cor-rotta al punto che siamo inuna situazione peggiore diquella di partenza.Oggi siamo in una situazionein cui la Chiesa è tentata, e difatto incline a un aderiva che laporta a privilegiare il rapportocon posizioni di potere che sipresentano come disponibili asoddisfare domande e richie-ste della gerarchia, in cambiodi consenso. È quello che noistorici chiamiamo la gentilo-nizzazione del rapporto fra loStato e la Chiesa, il ritorno algentilonismo, ossia il ritorno auna situazione, a un rapportodi scambio, che è la negazio-

ne di tutto quanto il Concilio haaffermato: il principio dellacompetenza del laicato nelcampo politico e del ruolo dimediazione che il laicato devesvolgere. Questa mediazionebene o male l’ha svolta per unlungo periodo la DemocraziaCristiana, oggi non la svolgepiù nessuno.Oggi abbiamo un rapportodella gerarchia in presa diret-ta con gli affari della politica.E questa presa diretta si eserci-ta preferenzialmente verso leforze che sono più disponibili,più visibili. Ci rendiamo contodel guasto che rappresenta,per un corretto equilibrio deirapporti tra Stato e Chiesa inItalia, il fatto che nel centrosini-stra non c’è una presenza cat-tolica forte e visibile? E vice-versa, dall’altra parte, c’è unapresenza cattolica ostentata,con la quale è più facile intrat-tenere i rapporti. Dobbiamo risalire una china,recuperare su una situazionedi notevole degrado. Ci ren-diamo conto del silenzio, diquesto pesante, assordantesilenzio che caratterizza or-mai la vita della Chiesa italia-

na, del laicato italiano del lai-cato cattolico?Dobbiamo dunque recupera-re a partire dalla base, recu-perare una presenza dellabase e del laicato nella socie-tà che è la premessa per unarisposta la fenomeno mafiosoe al fenomeno dell’illegalitàin genere. Perché non sirisponde al fenomeno mafio-so e dell’illegalità solo a livel-lo di legge o a livello di inter-vento della magistratura;questo intervento isolato nonpuò dare tutti i suoi frutti, habisogno di un sostegno. Equesto sostegno non c’è sequesta grande agenzia eticache è la Chiesa in Italia, conla sua ramificazione capilla-re, con i suoi vescovi, i suoiparroci, nel suo complessonon si mobilita, non si muove,non si rende consapevole,non prende coscienza. E que-sta presa di coscienza signifi-ca appunto risalire la china,tornare a una visone delConcilio, alla lezione delConcilio che è stata, dobbia-mo dirlo, dimenticata, messain ombra.

Pietro Scoppola

Legalità: necessariala voce della Chiesa

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fitta durissima nel referendum; poi con un risul-tato delle primarie che ha moltiplicato per trele nostre più ottimistiche previsioni; ed ora conl’amara sorpresa di veder ridotto ad un pugnodi voti un vantaggio che, ancora mentre sistava votando, pensavamo tra i 4 e i 5 puntinei due rami del Parlamento.Lamentiamo ora i limiti che la legge elettoraleci ha imposto: primo tra tutti l’aver mirato atagliare il rapporto diretto tra candidati edelettori, tra territorio e candidati. Ce l’erava-mo detto e ridetto. Ed eravamo consapevoliche questo avrebbe richiesto un investimentostraordinario del partito e dell’Ulivo su dueobiettivi decisivi: puntare alla qualità dellecandidature e mettere in campo una campa-gna elettorale che conducesse comunque icandidati ad un rapporto diretto con il plura-lismo sociale e culturale dell’elettorato.Su questi due punti la nostra risposta non èstata adeguata.Che questo sia il nodo da sciogliere, lo con-fermano due aspetti del risultato elettorale:uno è la crescita davvero significativa delle for-mazioni alla nostra sinistra; l’altro è la ridottacapacità dell’Ulivo di attrarre il voto modera-to (come testimoniano il risultato deludentedella Margherita e dell’Udeur e il raddoppiodei voti dell’Udc).La scelta unitaria e riformista dei Ds non puòcerto essere revocata in dubbio. Tutt’altro. Maabbiamo pagato, sulla nostra sinistra, un prez-zo maggiore di quello che era giusto prevede-re. Il buon risultato dell’Ulivo alla Camera nonpuò mascherare questo dato di fatto. Questoscarto è dovuto a due ragioni principali.La prima è l’essersi fatti prendere la mano, apartire dal referendum sulla procreazioneassistita, da un certo riflesso identitario laico esocialista. Abbiamo finito con comporre le listee mirare la campagna più preoccupati di con-trastare la competizione della Rosa nel Pugnoche di conquistare quel voto del cattolicesimodemocratico moderato che, dati alla mano, hacontribuito in modo significativo a ridurre finquasi allo zero il nostro margine di vantaggio.La seconda ragione che spiega lo scarto traattese e risultato, è ancora più scottante: unaparte non marginale di quei mondi della soli-

darietà che nel 1996 furono il nocciolo socia-le più visibile del successo dell’Ulivo, ha sceltodi votare le formazioni alla nostra sinistra. Essein termini elettorali, rappresentano il 25% del-l’intera coalizione, è bene non dimenticarlo.Perché è accaduto? Forse li abbiamo dati perscontati. Del resto basterebbe verificare lacomposizione delle nostre liste per capirlo:quanti esponenti di quei mondi sono stati elet-ti in Parlamento?E questo è tanto più problematico perché leorganizzazioni del sociale laico e cattolicostanno conoscendo un momento di difficoltà,per effetto combinato della politica distruttivadella destra e del richiamo identitario deivescovi. È una difficoltà che avrebbe richiestoun supplemento di considerazione per raffor-zare, nelle istituzioni, riconoscibili punti di rife-rimento e di orientamento.Faccio questa analisi senza voler forzare i tonie ben consapevole che dentro il risultato elet-torale ci sono dinamiche e fattori più com-plessi. Sono convinto, però, che non possiamosottovalutare un dato: il risultato elettorale cidice che questa destra, nelle sue diverse arti-colazioni, è riuscita a proporsi al Paese comela parte politica che sa tenere insieme interes-si e valori. Lo aveva già fatto Bush negli StatiUniti, lo ha fatto la destra italiana con un dis-corso poco realistico ma molto evocativo: noisiamo la forza che abbasserà le tasse, garan-tirà la vostra sicurezza e difenderà la vita e lafamiglia. In questo, la strategia delle tre punte,dobbiamo riconoscerlo, ha funzionato. Molticattolici moderati hanno votato Casini pen-sando di farlo contro Berlusconi. Un discorsoche, purtroppo, non ha convinto solo ceti cul-turalmente deboli o ideologizzati a destra, haconvinto anche vasti settori popolari e di cetomedio francamente democratici, nelle realtàterritoriali minori, nella provincia, nell’Italiaprofonda delle comunità locali. Le percentua-li Udc nelle aree di più antico insediamentocattolico come il Triveneto, il Piemonte Sud, ilLazio, la Campania, dicono pure qualcosa!(Qui, davvero, si può scorgere l’onda lungadel Referendum sulla fecondazione). Del con-senso o, almeno, della benevola neutralità diquesto elettorato cattolico nessuna parte poli-tica può fare a meno se vuole governare.Sento qualcuno affermare che il nostro risultatonon esaltante sarebbe invece dovuto al nostro

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cedimento sui temi della laicità e alla nostraalleanza con il “ruiniano” Rutelli. Il voto datoall’Ulivo e il modesto risultato della Rosa nelPugno smentiscono radicalmente questa tesi.D’altra parte, i danni provocati da certi toniusati in campagna elettorale dalla pattugliaradicale sono del tutto evidenti. E a Capezzonee Boselli vorrei fare questa domanda: se si stain una coalizione si può fare una campagnaelettorale evocando temi delicati e facendolivivere in contrapposizione con il programmacomune? Abolizione del concordato, confermadella legge 30, superamento dell’8 per mille,permanenza dei militari italiani in Iraq, ecc…L’elettore si può domandare, come si è doman-dato, come facciamo a stare insieme.Se usciamo dalle vecchie derive polemiche, dob-biamo riconoscere, l’ho detto tante volte, chesulla questione dei cattolici la sinistra si gioca unaparte rilevante delle proprie chances.Nel Paese spaccato, è stato sufficiente che alcu-ne centinaia di migliaia di voti cattolici si faces-sero convincere dall’Udc per mettere in forse lanostra vittoria. Dobbiamo esserne consapevoli.E non si tratta, come nel caso di Bush, di votiintegralisti che noi non potremmo mai attrarre.Si tratta in massima parte di voti cattolico-de-mocratici. Ed è anche nostro compito impedireche essi si convincano stabilmente ad insediarsia destra, che contribuiscano a saldare, dopoBerlusconi, la coalizione sociale di un destrameno spudorata e più credibile. C’è un proble-ma di contenuti, di politiche, di messaggi rassi-curanti ed equilibrati. La laicità dello Stato e

della politica è pernoi un principiosaldo ed irrinuncia-bile. Ma questo nonvuol dire negare l’e-sigenza di un dialo-go sereno e fecondocon il mondo reli-gioso sui temi dellavita, dei diritti e dellelibertà, della fami-glia, del lavoro,della scuola, del-l’accoglienza dellostraniero, del welfa-

re, della libertà religiosa, della ricerca scientifi-ca e così via.Solo un Governo ed una coalizione che sap-piano mettere in campo una politica alta,capace davvero di convincere la maggioran-za del paese e di appassionare le sue energiesociali migliori, potranno impedire che ciòavvenga. Ed è questa una delle ragioni chedevono spingerci a praticare con decisione lastrada dell’unità e della stabilità della coali-zione, che porta al partito dell’Ulivo, al parti-to dei democratici riformisti. L’unica strada permettere in sicurezza l’azione di governo e pergarantire un dialogo permanente con la socie-tà. Non ci sono alternative. Bisogna fare pre-sto. Non è più sostenibile la presenza di unsimbolo sulla scheda che non abbia un riscon-tro tangibile nella società e nelle istituzioni. Ilprocesso costituente deve essere avviato apartire dalle prossime settimane. Non si trattadi indugiare in dispute forzate, tra una viafredda tutta centrata sulla federazione tra ipartiti esistenti e una via calda e palingeneti-ca, centrata invece su una fase costituente cheveda protagonisti società civile e movimenti.Si tratta di tenere insieme queste due prospetti-ve, attraversandole con una terza, emersa purecome problema dal risultato elettorale: la forteaderenza del processo alle specificità dei terri-tori (liste civiche). Guai se la nuova formazionepolitica apparisse come una questione tuttaromana e tutta interna al ceto politico. E guai,d’altra parte, a sottovalutare la necessità che ilprocesso sia guidato dai partiti e dalle loro clas-si dirigenti, democraticamente e in modo aper-to e trasparente. Il rinnovamento della politicae del suo rapporto con la società passa ancheattraverso questo processo.

Mimmo Lucà(Dall’intervento svolto nella Direzione Ds

il 21 aprile 2006)

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Editore: Il Bianco e Il Rosso scarl editoreRedazione: Piazza Adriana, 5 - RomaDirettore Responsabile: Vittorio SammarcoDirettore Editoriale: Domenico LucàAutorizzazione: Tribunale di Roma, n.00424-97 del 4/7/97Progetto grafico e impaginazione: Daniela Mattioli - Aesse ComunicazioneStampa:

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