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Volume pubblicato con il contributo del Centro studi e ricerche della musica nelMediterraneo. Antichità e Medioevo.

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La riscrittura del mitonella musica e nel teatro

tra cultura classica e contemporanea

Studi in onore del compositore Michele Lizzi (–)

a cura di

Angela Bellia

Contributi diAmalia Collisani, Angela Fodale

Gianfranco Nuzzo, Salvatore Varisano

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I edizione: novembre

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Indice

5 Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

Angela Bellia

31 La forza del mito

Amalia Collisani

47 Il mito di Fedra tra Seneca, D'Annunzio e Pizzetti

Gianfranco Nuzzo

71 Mito classico e neoclassicismo musicale

Angela Fodale

81 La ri-scoperta dell'epigrafe e del sarcofago di Teano.

Indagine storico-archeologica

Salvatore Varisano

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Angela Bellia

Introduzione.

Michele Lizzi e la rilettura del mito

Ricorre quest’anno il quarantesimo dalla morte di Michele Lizzi

(Fig. 1).1 Il musicista, che nel suo percorso artistico ha affrontato que-

stioni rilevanti del linguaggio musicale e aperto nuovi orizzonti alla

composizione, nacque ad Agrigento il 5 settembre 1915 e, sin dalla

fanciullezza, manifestò le sue spiccate doti musicali.2 Completati gli

studi di scuola superiore ad Agrigento, all’inizio degli anni Trenta si

trasferì a Roma, dove studiò pianoforte con Tito Aprea (Roma 1904 -

ivi 1989) e composizione prima con Mario Pilati (Napoli 1903 - ivi

1938), poi con Ildebrando Pizzetti (Parma, 1880 - Roma, 1968), una

tra le figure più rappresentative della musica del Novecento e apparte-

1 In tale occasione il compositore è stato ricordato ad Agrigento con la Giornata di studio

La riscrittura del mito nella musica e nel teatro tra cultura classica e contemporanea (a cura di Angela Bellia) che si è svolta il 20 aprile 2012 e con la mostra Michele Lizzi. Compositore

uomo poeta (20 aprile - 31 maggio 2012) allestita presso l’Auditorium del Museo Archeologi-co Regionale “Pietro Griffo” dedicato al musicista (Coordinamento: Gabriella Costantino; Te-sti: Angela Bellia; Allestimento: Giuseppe Alongi; Documentazione e spartiti: Biblioteca “Pirro Marconi”. Soprintendenza dei Beni culturali di Agrigento; Immagini, libretti e partitu-re: Biblioteca e Archivio musicale della Fondazione Teatro Massimo di Palermo; Ufficio re-lazioni con il pubblico: Donatella Mangione).

2 Ringrazio la Dott. Giovanna Proto per aver consentito la pubblicazione delle fotografie e lo studio delle partiture e dei libretti conservati presso la Biblioteca e Archivio musicale della Fondazione Teatro Massimo di Palermo. Allo scrittore e poeta Giuseppe Di Salvo, che ringra-

zio, devo notevoli spunti di riflessione riguardanti le composizioni di Michele Lizzi, nonché l’ascolto di Pantea messami a disposizione dal suo archivio storico, oltre che notizie e infor-mazioni sul musicista agrigentino che mi hanno consentito di conoscerne le grandi doti umane e di apprezzarne la raffinata sensibilità.

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nente con Franco Alfano, Gian Francesco Malipiero, Ottorino Respi-

ghi e Alfredo Casella alla cosiddetta «generazione dell’Ottanta»: que-

sto gruppo di musicisti rivolgevano la loro attenzione alla tradizione

musicale precedente il XIX secolo, dal gregoriano alla musica stru-

mentale del Sei-Settecento, nel comune obiettivo di accantonare il me-

lodramma ottocentesco ritenuto dai compositori responsabile

dell’involgarimento dell’arte musicale italiana. Con Pizzetti, che ebbe

su di lui una grande influenza, Lizzi approfondì lo studio del canto

gregoriano e della polifonia modale cinquecentesca, nonché del recitar

cantando fiorentino, che avrebbero avuto poi largo impiego nella sua

produzione (Fig. 2).

Figura 1. Il musicista Michele Lizzi.

Avendo concluso gli studi musicali a Roma, nel corso del secondo

conflitto mondiale e negli anni immediatamente successivi (1937-

1953), Lizzi tornò a vivere ad Agrigento, continuando la sua attività

sia come didatta sia come direttore d’orchestra presso il locale Teatro

Regina Margherita, l’attuale Teatro Comunale “Luigi Pirandello”: fu-

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Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

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rono anni di intenso lavoro che egli dedicò non solo alle composizioni

sinfoniche e polifoniche ma anche a quelle da camera e per pianoforte.

Dalla metà degli anni Cinquanta insegnò composizione presso il Con-

servatorio di Musica San Pietro a Majella a Napoli, dove poi venne

nominato vicedirettore. Nel 1960 si trasferì al Conservatorio “Vincen-

zo Bellini” di Palermo. Morì a Messina il 31 marzo 1972 stroncato da

una malattia incurabile.3

Figura 2. Michele Lizzi e Ildebrando Pizzetti.

La tecnica e il pensiero musicale di Lizzi si sviluppano sia

nell’ambito della comunità dei compositori italiani sia a contatto con

le opere e le personalità del mondo culturale del suo tempo. Apparten-

gono alla sua concezione umanistica un’insaziabile curiosità per punti

di vista e procedimenti di altri generi artistici: poesia, teatro, letteratu-

ra e pittura, oltre a uno spiccato interesse per tutte le forme comunica-

tive dell’uomo dal pensiero filosofico alla sfera mitico-religiosa. Fon-

damentali furono l'amicizia e la collaborazione con i poeti siciliani

Gerlando Lentini e Salvatore Quasimodo (Fig. 3). Lizzi era ben con-

sapevole del solco profondo già esistente in Italia tra musica e cultura

3 Per il catalogo delle composizioni del musicista, si veda CAVALERI 1995, pp. 40-70.

Cenni biografici anche in BIONDI 2004, pp. 15-18; AGNELLO 2012, pp. 5-23. Manca lo studio completo della produzione musicale di Michele Lizzi.

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e delle conseguenze negative che questo divario avrebbe comportato

al percorso formativo delle future generazioni: da un lato di coloro

che, dotati di una formazione umanistica, non avrebbero acquisito la

capacità di comprendere il senso formale ed espressivo di una compo-

sizione, considerandola solo per suggestioni, associazioni metaforiche,

“intuizioni spirituali”; dall’altro la mancanza nei musicisti di una ade-

guata conoscenza storica e letteraria indispensabile ad una corretta e-

secuzione e contestualizzazione dell’opera musicale.

Il compositore era animato dall’impegno ad assicurare alla musica

un ruolo centrale nel dibattito intellettuale e culturale italiano, anche al

costo di precluderne una larga diffusione: in tutta la sua produzione

emerge una continua ricerca musicale e il ricorso ad un linguaggio e-

splicitamente arcaizzante con forti richiami alla musica antica e alla

libera ricostruzione delle sonorità elleniche. L’interesse dei musicisti

per la classicità greca nel corso dei secoli non è mai venuto meno, an-

che se naturalmente in ogni epoca si sia declinato in forme e modi par-

ticolari, e numerose composizioni primo-novecentesche si sono ispira-

te alla mitologia e alla musica greca.4 Dal concetto di ethos, considera-

to come potere della musica di agire sulla psiche dell’ascoltatore, il

compositore ricavò l’efficacia emozionale che già i teorici antichi a-

vevano attribuito ai «modi» greci.

Figura 3. Salvatore Quasimodo e Michele Lizzi.

4 Per le composizioni che si collocano in particolare nell’alveo del neoclassicismo musica-

le, si veda il contributo di Angela Fodale in questo volume.

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Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

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Il sapiente recupero delle particolari sonorità della musica greca è

presente nel poema per voce recitante e orchestra Cinque musiche per

Teano (1939) a cui venne attribuito il premio nazionale “Alessandro

Scarlatti” nel 1942. L’occasione per la composizione venne fornita a

Lizzi dal rinvenimento ad Agrigento di un sarcofago in pietra calcarea

con lastra di marmo, databile in età romano-imperiale (II-III sec. d.C.),

oggi conservato presso il Museo Archeologico Regionale della città

dei Templi, ritenuto di una fanciulla diciannovenne, pianta dalla ma-

dre Sabina.5

Lizzi ottenne per le sue composizioni, talvolta eseguite e trasmesse

per radio alla Rai, riconoscimenti a Roma e a Bologna. A Trieste par-

tecipò ad una competizione internazionale di composizione sinfonica

che coinvolgeva oltre un centinaio di musicisti italiani e stranieri: a

Lizzi venne assegnato il primo “Premio Trieste” per la sinfonia Set-

tembre in Val d’Akragas (1968). Nella composizione, vero omaggio

alla città natia, l’evocazione del melos greco permea tutta la sonorità,

creando un’atmosfera arcana e di sogno. La ricerca di suggestioni ispi-

rate al mondo ellenico può trovarsi anche nelle composizioni per pia-

noforte. Spiccano per la personalissima rivisitazione degli schemi

formali e degli stilemi romantici la Sonata in La, dedicata alla pianista

Gigliola Rizzuto, e la fiaba per pianoforte Il piffero magico, introdotta

dai versi dello stesso Lizzi.

Fin dai primi anni di attività creativa tese al rinnovamento estetico

del melodramma e ad elaborare uno stile in cui vi fosse un assoluto

equilibrio tra parola e musica. Frutto di una sintesi profonda della tra-

dizione musicale italiana e di un rifiuto del teatro musicale tardoro-

mantico e verista, questa sua concezione drammaturgica trova la sua

più alta realizzazione nelle due opere Pantea e L’amore di Galatea

con le quali il musicista sentiva di contribuire al rinnovamento del tea-

tro musicale e a proiettarlo verso un progresso necessario. Scrive il

compositore:6

Tengo a dire, che ho atteso alla composizione di Galatea, così come feci

per Pantea, sentendo tutta la responsabilità di dare un apporto valido alla ine-

5 Per lo studio della lastra e della sua iscrizione, si veda il contributo di Salvatore Varisa-

no in questo volume. 6 Michele Lizzi, Mito e spiritualità ne «L’amore di Galatea», Programma di sala del Tea-

tro Massimo di Palermo. Stagione lirica 1964.

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vitabile evoluzione, in concezione moderna, dell’opera lirica: la quale, per-

tanto, si distanzia, differenziandosi, dal teatro ottocentesco romantico.

Certo, un’arte musicale, quale quella secondo cui è venuta plasmandosi la

mia formazione artistica personale, pur riconoscendo al teatro lirico tradizio-

nale genialità e prestigio, scaturisce da concezioni creative e da tecniche e-

spressive tutt’affatto nuove, che non possono più poggiare su certa immedia-

tezza di suggestione e di sentimentalità, che aveva largo gioco nel melo-

dramma di un tempo. Tuttavia, sento che la mia opera, che ha assorbito in

pieno i succhi vitali della mia ispirazione, e che sta per vivere una vita attra-

verso le sue proprie realtà musicali, non potrà non trovare rispondenze ade-

guate nei critici, fattisi più interiormente vigili ed esperti e negli spettatori, disposti oggi più ad intendere che a lasciarsi commuovere.

Il dramma lirico in tre atti Pantea su libretto del poeta Gerlando

Lentini, ambientato nell’antica Akragas, venne rappresentato il 15 a-

prile del 1956 al Teatro Massimo di Palermo (Figg. 4-6)7

e successi-

vamente, il 14 aprile 1958 al Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” di

Catania. Nella stagione lirica 1958-1959 l’opera venne messa in scena

al San Carlo di Napoli8 - dove ottenne il premio Euterpe al concorso

“Le nove Muse” - registrata il 21 maggio 1959 e trasmessa il 4 giugno

dello stesso anno alla radio.

7 Pantea: Maria Curtis Verna; Senocrate: Mirto Picchi; Acreina: A. Maria Marti-

nuzzi; Teano: Marisa Pintus; Eudora: Amalia Pini; Abrocome: Rina Corsi; Empedo-

cle: Plinio Clabassi; Carcino: Manuel Spadafora; Enofilo: Sergio Tedesco; Pispolet-

ta: Dodi Protero; Fedrio: Elvira Galassi; Una scolta: Renato Ercolani; Un nunzio:

Leonardo Morreale; Giovani goditori: Gaetano Crinzi e Guglielmo Ferrara; Un cori-

feo (voce recitante): Sergio Tedesco. Direttore: Franco Capuana; Maestro del coro:

Giulio Bertola; Regia: Enrico Fulchignoli; Coreografia: Nives Poli; Scene: Gino

Morici; Costumi: Emma Calderini. 8 Pantea: Anna De Cavalieri; Senocrate: Mirto Picchi; Acreina: Licia Rossini

Corsi; Teano: Dina Piccini; Abrocome: Giannella Borelli; Eudora: Anna Di Stasio;

Empedocle: Plinio Clabassi; Carcino: Giovanni Amodeo; Enofilo: Sergio Tedesco;

Pispoletta: Giuliana Raymondi; Fedrio: Liliana Poli; Un nunzio: Vico Polotto; Tre

giovani: Mario De Giorgi, Valiano Natali, Vico Polotto; Un corifeo: Sergio Tede-

sco; Una scolta: Valiano Natali; Le fioraie: Tina Quagliarella, A. Maria Borrelli,

Olga Santini, Nunzia Mosca, Rosetta Arena, Carla Baduini, Rossana Martorelli, Ri-

na Pellegrini, Teresa Destito. Maestro concertatore e direttore: Ugo Rapalo; Regia: Aldo Vassallo Mirabella; Maestro del coro: Michele Lauro; Coreografia e prima bal-

lerina: Nives Poli; Bozzetti e figurini: Pietro Zuffi; Costumi: Casa d’Arte Triolo;

Scene: Ercole Sormani. Direttore scenotecnico: Federico Curcio; Realizzazione delle

luci: Emilio Marino; Capo macchinista: Mario Di Scala.

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Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

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Figura 4.

Programma di sala di Pantea al Teatro Massimo di Palermo.

Figura 5.

Bozzetto di Gino Morici per il primo atto (I scena) di Pantea

al Teatro Massimo di Palermo.

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Figura 6.

Pantea. Atto primo. I cittadini di Akragante, davanti al tempio di Zeus, festeggiano

l’arrivo di Senocrate, promesso sposo di Pantea, vincitore dei giochi pitici.

Lizzi e Lentini avevano scelto il mito di Pantea nel 1942, ritenendo

il soggetto adatto sia alla trasfigurazione poetica e alla sceneggiatura

del dramma sia ad un’opera in musica in grado di accogliere non solo

personaggi mitici ma anche figure storiche legate all’antica Akragas,

come Senocrate, fratello del tiranno Terone, celebrato da Pindaro per-

ché vincitore con il carro a Delfi nel 490 a.C.,9 ed Empedocle: con la

composizione di Pantea il musicista intendeva rievocare i fasti

dell’antica città, definita da Pindaro «la più bella città dei mortali»,10

e

manifestare l’attaccamento alla sua terra ricca di storia e di mito. Lizzi

poté dedicarsi alla stesura del lavoro solamente tre anni più tardi, al ri-

entro ad Agrigento dopo le vicende legate alla guerra. Scrive il com-

positore:11

Sento che debbo alla mia terra, l’ispirazione primigenia della mia musica.

La valle dell’antica Akragante ha sempre operato sul mio animo, sin dagli

9 PINDARO, Pitica, VI, vv. 6-9. 10 Pitica, XII, vv. 1-2. 11 Michele Lizzi, Nascita di «Pantea», Programma di sala del Teatro Massimo di Paler-

mo. Stagione lirica 1956.

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Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

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anni della mia adolescenza, i suoi irresistibili richiami, prima ancora che si

delineasse nella mia fantasia il soggetto dell’opera.

La musica di Pantea vuol essere, pertanto, viva testimonianza del mio

amore di figlio alla mia terra, per la bellezza suscitatrice di fantasmi e di ar-

monie della sua valle e per i fascinosi richiami di una vita remotissima che,

ancora fanciullo, mi fermava, ad ascoltare il soffio lieve del vento tra le co-

lonne dei templi vetusti.

Sin dagli anni della mia formazione spirituale ed estetica, ho sentito la

suggestione della natura e del mito, affiorante dalle piante e dai ruderi di cui

è sparsa questa mia superba vallata akragantina.

Un senso di misteriosa potenza sembra davvero sprigionarsi in essa da ogni pietra, dai mille ruderi disseminati tra la collina e il mare. È come un

palpito di non disseppellite misteriose esistenze che si è andato rivelando ad

ogni mio contatto con la Valle e che poi ho voluto trasfondere nella musica

dell’opera, sotto l’impulso, viepiù incalzante, di dare concretezza ad un con-

trasto che m’è parso di cogliere tra le colonne perenni e la vegetazione lussu-

reggiante riapparente ad ogni primavera, come Persefone.

Il dramma di Pantea, discepola di Empedocle, che vive

l’inquietudine e il contrasto tra l’aspirazione alla vita e il fascino in-

sopprimibile dell’oltretomba, incarna da un lato il dissidio tra gli affet-

ti e l’amore di Senocrate, suo promesso sposo, dall’altro il richiamo

inquietante della morte. La musica di Pantea esprime l’agitazione del-

la fanciulla e del suo mondo interiore, oltre che le differenze psicolo-

giche dei personaggi principali dell’opera.

Sublimando le sue ansie interiori, Lizzi spiega così il contrasto in-

terno di Pantea che, a differenza delle sue compagne con le quali ha

condiviso i giochi della fanciullezza (Fig. 7), pur sentendosi e deside-

rando di essere donna, sente di non poter godere appieno delle gioie

femminili:12

La fanciulla che nel mio dramma anela alle nozze impossibili e pur ne a-

borre, divisa com’è tra la Terra e l’Ade, non oppone al suo tormento una in-

flessibilità paurosa, ma è come il debole stelo che il vento scuote e travolge

verso gorghi arcani e pur desiati. Anzi ella par che si pieghi a rendere parte-

cipi gli altri del suo tormento, in una rassegnata compostezza, che li spinga a

comprendere e ad amare le sua stessa ansia di rompere i suggelli misteriosi

della vita.

12 Michele Lizzi, Nascita di «Pantea», Programma di sala del Teatro Massimo di Paler-

mo. Stagione lirica 1956.

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Figura 7. Pantea. Atto secondo. Le amiche spargono fiori davanti alla casa

di Pantea per festeggiare le imminenti nozze della fanciulla.

Il dissidio è espresso nell’opera non solo nel tema musicale di Pan-

tea, talora lirico, talora tormentato e cupo, ma anche in quello degli al-

tri personaggi. Al tema eroico e gioioso di Senocrate, che ritorna dai

giochi pitici ad Akragas da trionfatore, fa da contrasto quello introver-

so e assorto di Empedocle che provoca in Pantea pensieri angosciosi.

Tuttavia la fanciulla non ne rimane travolta e, consapevole del suo

travaglio, lo accetta. È nell’Inno al sole finale eseguito dal Coro, che

sostiene e tiene insieme il dramma, cementando le varie parti

nell’unità dell’azione, che Lizzi realizza in Pantea una umana, non

impossibile riconciliazione dell’opposizione tra morte e vita (Fig. 8).

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Introduzione. Michele Lizzi e la rilettura del mito

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Figura 8.

Pantea. Atto terzo. Nella sua casa, Pantea giace immobile sul letto, come morta.

Il mondo del mito, animato dalla presenza di satiri, ninfe e divinità,

caratterizza l’ambientazione della sua opera in tre atti L’amore di Ga-

latea. L’incarico di comporre una nuova opera su libretto di Salvatore

Quasimodo fu affidato al compositore dall’Ente Autonomo Teatro

Massimo al principio degli anni Sessanta. L’amore di Galatea venne

rappresentata a Palermo il 12 marzo 1964 (Figg. 9-13).13

13 Galatea: Ivana Tosini; Polifemo: Alfonso Marchica; Aci: Mirto Picchi; Ulisse: Lino

Puglisi; La ninfa Astra: Mirella Parutto; Una ninfa: Elvira Galassi; I compagni di Ulisse: Gae-tano Barrale; Leonardo Ciriminna; Benito Di Bella; Giuseppe Di Trapani; Guglielmo Ferrara; Mario Feerrara; Pietro Ferrara; Oscr Flaccomio; Marco Galifi; Vincenzo Gasbarro; Ugo Mi-raglia; Melchiorre Oliveri; Salvatore Petrotto; Giuseppe Romano; Giuseppe Scalavino; Glau-co Scarlini. Direttore: Franco Capuana; Regia: Aldo Mirabella Vassallo; Maestro del coro: Gaetano Riccitelli; Coreografia: Ugo Dell’Ara; Bozzetti e figurini: Nicola Benois; Scene: Ar-turo Benassi.

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Figura 9.

Programma di sala di L’amore di Galatea al Teatro Massimo di Palermo.

Il 2 marzo 1968 L’amore di Galatea andò in scena al Teatro Mas-

simo “Vincenzo Bellini” di Catania (Fig. 14)14

e, dopo la morte del

compositore, il 4 luglio 1979, al Teatro greco di Siracusa (Fig. 15).15

14 Galatea: Milkana Nikolova; Polifemo: George Giurgevic; Aci: Angelo Mori; Ulisse:

Lino Puglisi; La ninfa Astra: Franca Mattiucci; La prima ninfa: Licia Galvano; La seconda ninfa: Clara Foti; Il primo compagno di Ulisse: Nino Valori; Il secondo compagno di Ulisse: Carmelo Mollica; Il terzo compagno di Ulisse: Nino Carta; Il primo Ciclope: Saverio Porza-no; il secondo Ciclope: Danilo Capri. Direttore: Ottavio Ziino; Regia: Enrico Frigerio; Mae-stro del coro: Rolando Maselli; Coreografia: Giuliana Barabaschi; Capo servizio costruttori: Angelo D’Urso; Allestimento scenico del Teatro Massimo di Palermo realizzato da Arturo Benassi su bozzetti di Nicola Benois.

15 Galatea: Rita Talarico; Polifemo: Giovanni Gusmeroli; Aci: Gioacchino Gitto; Ulisse: Fernando Pasqualetti; La ninfa Astra: Solange Helfmann; Coro delle ninfe e compagni di U-lisse. Consulenza artistica: Lino Puglisi; Maestro concertatore e direttore: Ottavio Ziino; Re-gia: Gioacchino Lentini; Maestro del coro: Alfredo D’Angelo; Maestro collaboratore e ram-mentatore: S. Oliva e B. Benigni; Scenografia: Paolo Morando; Aiuto scenografo: Michele Nocita; Coreografia: Franca Bartolomei; Luci: Antonio Macchitella; Coro operistico di Roma; Orchestra Sinfonica Siciliana.

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Figura 10.

L’amore di Galatea. Figurini di Galatea e Polifemo di Nicola Benois.

Figura 11.

L’amore di Galatea. Bozzetti di Nicola Benois per il primo atto.

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Figura 12.

L’amore di Galatea. Bozzetti di Nicola Benois per il secondo atto.

Figura 13.

L’amore di Galatea. Bozzetti di Nicola Benois per il terzo atto.