A proposito di due frammenti di Riano

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A proposito di due frammenti di Riano Author(s): Cristina Corbetta Source: Aegyptus, Anno 58, No. 1/2 (GENNAIO-DICEMBRE 1978), pp. 137-150 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41216966 . Accessed: 14/06/2014 01:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aegyptus. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.250 on Sat, 14 Jun 2014 01:38:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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A proposito di due frammenti di RianoAuthor(s): Cristina CorbettaSource: Aegyptus, Anno 58, No. 1/2 (GENNAIO-DICEMBRE 1978), pp. 137-150Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/41216966 .

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A proposito di due frammenti di Riano

Del poeta ellenistico Riano di Bene, conosciuto fino a poco tempo fa soltanto attraverso le citazioni degli antichi, sono stati pubblicati in due riprese in questi ultimi anni dei frammenti papiracei, i soli finora rinvenuti di questo autore, che contengono direttamente dei suoi versi.

Nel 1964 il Lobel aveva pubblicato nella raccolta dei papiri di Ossirinco degli esametri conservati in due manoscritti indipendenti databili al II secolo; lo studioso aveva fatto notare che lo stile del brano si adattava ad uno scrittore del III secolo a.C. e, in base ad un passaggio di Pausania, aveva avanzato l'ipotesi che tali versi potes- sero essere attribuiti al poeta e grammatico alessandrino Riano (1).

Recentemente nel 1972, lo stesso Lobel ha pubblicato altri due frammenti appartenenti ad un unico papiro della prima metà del III secolo assegnando anche questi ultimi, e questa volta con molta più sicurezza, a Riano (2).

Riano, vissuto secondo la testimonianza del Lessico Suda (3) al tempo di Eratostene, ossia nella seconda metà del III secolo a.C, aveva curato una recensione di una certa importanza dell'Iliade e dell'Odissea; inoltre era autore di epigrammi ed aveva scritto un poema mitologico ('HpaxXela) ed altri a carattere geografico-etno- grafico (©scTCTocXixá, 'Axoaxá, 'HXtocxá). Il suo lavoro più importante era però costituito dai Meacnqviaxá, un poema epico in esametri che descriveva le vicende della rivolta messenica guidata da Aristomene contro gli Spartani nel VII secolo a.C.

La scelta di tale argomento si chiarisce ricordando il grande in- teresse sorto per la storia messenica arcaica dopo la restaurazione dell'indipendenza di Messene per opera di Epaminonda: tale restau-

(1) The Oxyrhynchus Papyri, vol. XXX, 1964, n. 2522 A;B. (2) The Oxyrhynchus Papyri, vol. XXXIX, 1972, n. 2883. (3) F. Gr. Hist., Ill A 265 T 1.

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razione poneva il problema di dare delle basi storielle al nuovo orga- nismo politico per conferirgli legittimità ed importanza; praticamente ciò significava rendere un'unità ed una coscienza politica ad un gruppo eterogeneo costituito dai discendenti degli antichi Messeni richiamati dai luoghi nei quali erano fuggiti alla fine delle guerre (era questo uno dei punti chiave della propaganda di Epaminonda), ma soprat- tutto dagli ex-iloti degli Spartani che da generazioni ormai avevano perduto la loro libertà. Uno dei mezzi più adatti a questo scopo era la riesumazione o addirittura la creazione di leggende che testimonias- sero l'esistenza in tempi lontani di uno stato messenico: aveva così origine quel filone di storia o meglio di pseudo-storia messenica, come la definisce il Pearson in un recente articolo nel quale analizza le tappe della sua formazione e gli scopi e i metodi degli autori che crea- rono le varie parti di questa storia (1).

Anche se Riano scrive più di un secolo dopo questi avvenimenti, lo spirito che animava i suoi Messeniaka si colloca nello stesso contesto polemico-propagandistico dal quale erano nate le compilazioni di storia messenica oggi in gran parte perdute (2).

I pochi frammenti che possediamo di Riano provengono da Ste- fano di Bisanzio (per le citazioni geografiche) e da Pausania; quest'ul- timo nel capitolo 6° del libro dedicato alla Messenia ricorda le sue due fonti ellenistiche per le guerre messeniche arcaiche, Mirone di Pirene per la prima e Riano di Bene per la seconda, e precisa che Riano aveva iniziato il suo racconto dalla battaglia combattuta durante il terzo anno di tale guerra presso la « fossa grande ». Il Pearson (3) giustamente ritiene che non sia necessario pensare che il Periegeta avesse utilizzato un'altra fonte per descrivere gli avvenimenti pre- cedenti: digressioni e reminiscenze, come pure il dare inizio ad un

(1) L. Pearson, The Pseudo -History of Messenia and its Authors, in Hi- storia, XI (1962) pp. 397-426.

(2) Oltre a Callistene che per primo scrisse, includendolo nelle sue Elle- niche, un riassunto di storia messenica per illustrare meglio l'azione di Epa- minonda nel Peloponneso (F.Gr.Hist., II B 124 F 23-24) e a Eforo che dal 20° libro della sua Storia Universale utilizzò l'opera di Callistene, si ha no- tizia di un'orazione contemporanea all'Archidamo di Isocrate, il Me (rav- via xóc di Alcidamante, un retore allievo di Gorgia. (Anonym, in Aristot., Rhet. 1306 b). Eschilo di Alessandria, di età incerta, avrebbe composto degli €7T7) Mea<7Y]viaxá (Athen. XIII 599 e).

(3) L. Pearson, art. cit., pp. 417-18.

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poema 'in medias res', erano espedienti ormai collaudatissimi della tecnica epica.

È ovviamente difficile determinare con sicurezza i limiti dell'uti- lizzazione di Riano da parte di Pausania: tuttavia i due frammenti pubblicati dal Lobel ci vengono ora in aiuto testimoniando la fedeltà del Peri egeta nel seguire la sua fonte. Infatti per il frammento n. 2522, riguardante la sconfitta finale dei Messeni, il Lobel ha basato l'at- tribuzione a Riano dei versi in esso contenuti proprio su di un passo della Periegesi. In tal modo il frammento costituisce un'importante controprova a quanto aveva affermato il Pearson (1): questi, oppo- nendosi alle tesi dello Jacoby, del Kroymann (2) e di altri, che am- mettevano l'esistenza di uno scrittore anonimo di storia messenica quale fonte intermedia tra Mirone-Riano e Pausania, aveva affermato che Pausania derivava direttamente dalle sue fonti principali ; non si comprende infatti per quale motivo Pausania non avrebbe dovuto citare questa eventuale fonte x mentre nel suo racconto aveva no- minato più di una volta i due autori del III secolo a.C. Mirone e Riano.

Prendo ora in esame innanzitutto il papiro di Ossirinco n. 2883 riguardante una vittoria messenica nel corso della seconda guerra. Il testo, integrato dal Lobel, dei due frammenti che vanno sotto que- sto numero è il seguente:

Fr. 1

ty)ç rcpoTépYjc xpoc8[

ajTTQjxevai àç tò 7rápot0e[ aXXà TáJT ájzfjuv enzitcc 0eco[v IótJtqti ^sX^ctsi. aòv Ad ¿T y)¿>louc toc^oc xev çeuyovTocç ïSoifJiev

5 7tpoTpo7táSYjv, ßeXeeacriv ixp"* YjfjieTspoKn Soc(xév[Taç,

09p« Ttç èv £7tápT7)i ßeßocpiQ|J.[e]vQc sXxeï Xuypût tJivY)(7SToa Y}fjLSÍ6>v, fiY^ àaXY)07]ç utcocXuÇtqi.

]oc [xsv ¿ç èrcéoixe TsXeuT7)creie Kpovlcov S]è (puXaxTYjpeç, 7cupà xsIocts xocl [i.e[xacoTsç

(1) L. Pearson, art. cit., pp. 424-25. (2) J. Kroymann, Pausanias und Rhianos, Neue Deutsche Forschungen,

Abt. Klass. Philol. XIV 1943. Jacoby, F.Or.Hist., Ili A Komm., p. 150.

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140 CRISTINA CORBETTA

10 ] exToaöev <ptXt7)v póe<j0e nokr¡ac. ]v oôSè xal aÒTÓc, èrcet tóSs xáXXióv ecmv,

èv (xjsyápoic [¿svèco, <púXaxac Sé ^eTetcrojiai ¿xa, Su]cT[xevé(ov £[¿,7EaCó[/,e6'> áXX** e7rsoixev

]7cávToc tsXsTv <ppovésiv S1 è7iapY)pÓTa Oujacoi. 15 ]e xal ïaxs Xaoç ópiocpT^t.

Fr. 2

toç [gÍ7i¿)v ájTiSTCocucre {xáxv)v, £7T:t6ovTo Se Xaoí vu[xtl ,]vtX7]i yap ayaXXofjievot 7co0éscjxov9 xa[i]7i2p x[s]x|X7}6)Teç, avà xv¿9ac ávTtáacroai.

acr^aatY) Ss Aáxíocrtv eizr¡k'jdt vuxtoç ¿(xi^Xy).

Nel primo frammento è conservata la parte finale di un discorso, di intonazione omerizzante, rivolto da un comandante messenico ad un'assemblea di soldati in seguito ad una sconfitta dei nemici spar- tani. Questo personaggio ricorda la fuga precipitosa degli avversari all'alba, avvenuta per volontà di Zeus (vv. 4-7). Il Lobel, a proposito dell'espressione crùv Ait al v. 4, nota che non si trova in Omero questa invocazione ma ricorda un'iscrizione riportata da Pausania in cui appare la stessa invocazione (1).

L'iscrizione è riferita anche da Callistene citato da Polibio (2): l'invocazione a Zeus Liceo era rivolta contro un re che aveva tradito Messene e il cui tradimento era stato poi svelato dal tempo ciòv Ad ; i tre autori antichi lo attribuiscono concordemente al re degli Arcadi Aristocrate che aveva causato la sconfitta dei Messeni alla battaglia presso la « fossa grande ».

L'autenticità della stele ed il fatto che Aristocrate dopo il suo gesto avesse potuto regnare indisturbato ancora per un decennio pon- gono diversi problemi; ciò che però qui più conta è che Riano po- teva aver tratto l'espressione aùv Ait da Callistene, che aveva in- cluso nelle sue Elleniche un racconto completo, per quanto breve, della storia messenica arcaica.

Il frammento continua con l'invito del comandante ai custodi per- ché accendano i fuochi e con l'esortazione a correre fuori dalla città

(1) Paus., IV.22.7. (2) Calusth., F.Gr.Hist., II B 124 F 23 apud Pol., IV.33.2.

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A PROPOSITO DI DUE FRAMMENTI DI RIANO 141

desiderosi di agire (w. 9-10). L'espressione exrocr^ev clXítqv púecr&e 7ióXY)a fa pensare ad una cittadella nella quale erano racchiusi i Messeni assediati e quindi proprio alla cittadella posta sul monte Ira dove i Messeni furono costretti a rifugiarsi dopo la grave sconfitta subita nella battaglia sopra ricordata della « fossa grande ».

Il comandante infine afferma che da parte sua non se ne starà chiuso in casa ma, non curandosi dei nemici, visiterà le sentinelle, perché un tale atteggiamento si addice di più ad un capo, e provve- derà a condurre a termine il suo compito con cuore saldo (vv. 11-15).

Nel secondo frammento, che si presenta non come un discorso di- retto ma come una narrazione, è scritto che la battaglia cessò e la gente dovette cedere all'avanzare della notte: infatti, esultanti per la vittoria, i Messeni, sebbene spossati, desideravano affrontare il ne- mico anche con le tenebre. Ma l'oscurità della notte sopraggiunse gra- dita agli Spartani che erano stati sconfitti.

Il Lobel non è riuscito a trovare delle fibre trasversali comuni al frammento 1 e al frammento 2 per provare se erano contigui; è pro- babile però, secondo lo studioso, che la notte di cui si parla nel fram- mento 2 fosse quella che precedeva l'alba ricordata nel primo fram- mento e che quindi l'ordine dei due vada invertito.

È impossibile determinare il momento preciso della battaglia pro- prio per la genericità delle informazioni contenute nei frammenti ; evidentemente lo scontro dovette essere uno dei tanti avvenuti du- rante il lungo assedio dei Messeni sul monte Ira, durato, secondo la testimonianza dello stesso Riano, 11 anni (1).

Diversa invece è la situazione per il frammento n. 2522 : anch'esso contiene parte di un discorso rivolto da una persona che si trova con l'uditorio nella stessa relazione del frammento precedente.

Il testo integrato dal Lobel, valendosi dei frammenti di due ma- noscritti, è il seguente:

]v où yàp 7coXXòv a7tó[7cpo6i ]ç öacrcToucnv £7ux6ov[

epiQV zi Sé (7<ptv èm 6póoc Í£stoc.[. ].[

(1) Paus., IV.17.11.

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5 xo]fA(jiou t' oi[i(úyr¡(; T£ Suct7]X¿oc ocotíx[ s TcapéacjovToct f¿áXa jupien oòSe X£v av[^p

oùSs ]8e¿ov cipiaToç áXei;Yj(me[v oXe6]pov. ]o yàp To[T]arSsacrLv ávoc.uvo.o

]OTpaXé(OÇ U7lèp aiTCUTa[TY]Ç StO

10 ]<xütaxoL' xpaSÍY]i S*1 evi xsúosts 7cs

]v ÔacTffovTSç e7CY)Xu<n[7]v. . . ]oua

]v £CTt' áv X£ 7COTI 7CXÓOV SVTUV6) [[JL£V

]a[i,£voi àç Sy) <j<pea:ç ap7tá^ac70a[t ajTctXaSecrcTLv èvtxpi(A^atev ás[XXai

aOTjix' £7l£LTa XaTà pÎOV 0Ct[t7î]Ù Xt7i:o[vT£Ç

15 ].£T£pY]V ^£ÍV7]V (S )l^7)aÓ(JL£6a

]ZIGLV ZTlì 7ipOT£pOtat[ 0£[JL£ÍX]otC

]... ]7rupY^^óti>s^[ l7^- ]

Dal frammento appare che un gruppo di persone, che deve es- sere stato sconfitto recentemente e su cui incombe un grave pericolo, è ammonito dal suo capo a non svelare la sua presenza ai nemici; questi infatti sono vicini in gran numero e se giungesse loro il suono del kommos li potrebbero annientare: nemmeno il migliore degli dei allora potrebbe tener lontana da loro la rovina. L'unica via di sal- vezza possibile consiste nella fuga per mare e nella deduzione di una colonia lontana dalla patria ormai nelle mani del nemico. « Tenete all'oscuro la nostra impresa» esorta la guida, e poi «facciamo i prepa- rativi per la navigazione ». I due verbi del v. 12 reggono un sostantivo : 11 Lobel suppone vocüv / vocucrív o uno simile; ossia il capo esorta i suoi ad allestire le navi e preannuncia le tempeste che inevitabilmente si abbatteranno su di loro durante il viaggio. Infine è annunciata l'im- presa ormai prossima : « Quindi subito lasciando l'alto promontorio cercheremo una terra straniera e alzeremo là le mura » di una nuova città « sulle antiche fondamenta ».

Per quanto riguarda il sostantivo plov del v. 15 il Lobel avanza l'i- potesi che il termine possa essere tradotto, oltre che nel senso di « promontorio », con il toponimo Rhion, poiché esistevano almeno due località nel Peloponneso, in Acaia e in Messenia, con questo nome.

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A PROPOSITO DI DUE FRAMMENTI DI SIANO 143

Pausania non nomina Rhion, ma, secondo Eforo (1), questa era la capitale di una delle cinque provincie in cui il mitico re Cresfonte aveva diviso la Messenia. Strabone poneva questo nokiapac nel golfo di Thurii di fronte al Tenaro, quindi, secondo il Valmin (2), il pro- montorio andava cercato nel golfo messenico sulla costa orientale della penisola dell'Akritas.

Il Lobel stesso però ha suggerito il nome di Riano quale autore del frammento n. 2522 dopo averlo accostato ad un passo della Periegesi dove Pausania ricorda la fuga di alcuni Messeni in Elide in seguito alla presa di Ira; in tal caso, poiché la partenza alla quale si allude nel papiro doveva avvenire dalle coste dell'Elide e non della Messenia, è meglio intendere piov nel senso generico di promontorio.

Il passo di Pausania in questione dice (3) : « Gli abitanti di Pilo e di Motone e quanti occupavano le zone costiere (rea 7iapa^ocXáaata) dopo la presa di Ira salparono (vocuatv a7caipouatv) alla volta di Cil- lene, il porto degli Elei. Di là mandarono dei messaggeri ai Messeni che si erano rifugiati in Arcadia, proponendo loro di cercare insieme, con una flotta comune (xoivû cttóXw), una terra dove andare ad abitare, ed incitavano Aristomene a guidarli nella fondazione di una colonia ». L'eroe messenico però rifiutò affermando che finché fosse vissuto avrebbe fatto guerra agli Spartani, ma inviò come capi al suo posto il figlio Gorgo e Manticlo, il figlio dell'indovino Teoclo. « Aristo- mene poi ordinò che chiunque dei Messeni volesse prender parte alla colonia raggiungesse pure i capi a Cillene. E tutti vi parteciparono, tranne quelli impediti dall'età o dalla mancanza di mezzi per andare all'estero ». Pausania continua dicendo che con l'arrivo della prima- vera si cominciò a discutere sul luogo dove andare; Gorgo era del parere che si dovesse occupare Zacinto per potere poi attaccare colle navi dal mare le coste della Laconia, Manticlo invece voleva che si dimenticassero Messene e l'odio verso Sparta e si andasse in Sardegna. L'allocuzione contenuta nel papiro doveva dunque essere quella di Gorgo o di Manticlo: è più probabile che fosse di quest'ultimo che aveva proposto di cercare una terra totalmente nuova.

Contemporaneamente ai progetti di colonizzazione dei due capi

(1) Eforo apud Strab., VIII.4.7. (2) M. N. Valmin, Études topographiques sur la Messenie ancienne, Lund,

1930, pp. 23-24. (3) Paus., IV.23.1-10.

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messenici, Pausania ricorda l'invito rivolto da Anassila ai Messeni perché lo raggiungessero in Italia. « Egli era tiranno di Reggio, ed era il quarto discendente da Alcidamida, che era emigrato da Messene a Reggio dopo la morte del re Aristodemo e la presa di Itome ». Guidati da Gorgo e Manticlo i Messeni accettarono la proposta e vennero in Italia; con il loro aiuto Anassila riuscì a sconfiggere gli Zanclei e colonizzò nuovamente la città cambiandole il nome in Messene. Man- ticlo fondò poi, fuori dalle mura di Messene, un tempio per i suoi compatrioti dedicato ad Eracle, che fu dal suo nome detto di 'Eracle Manticlo'. Le cronache locali del XVI e del XVII secolo pretende- vano che l'antica chiesa di San Michele Arcangelo fosse stata costruita sulle fondamenta del tempio ricordato da Pausania, ma per il Vallet (1) il problema rimane senza soluzione.

Pausania ha commesso in questo passo un grave anacronismo da- tando nel VII secolo a.C, al termine della II guerra messenica, Anas- sila, che visse in realtà nel V. Da Diodoro (2) sappiamo che egli fu tiranno di Reggio dal 494 al 476 a.C. : Tucidide (3) conferma la sua origine messenica e ricorda che occupò Zancle insieme a Cufx^elxTcov av&p<07i:6>velachiamò Messene dal nome della sua antica madrepatria: probabilmente tra le genti che lo accompagnarono c'erano anche dei Messeni che il tiranno, in ricordo della sua origine, invitò a parteci- pare all'impresa.

È interessante notare però che Pausania nel libro sull'Elide ha collocato correttamente Anassila nel V secolo basandosi su di un passo di Erodoto (4). Perciò la trasposizione anacronistica di Anassila nel passo precedente a prima vista appare inspiegabile in Pausania, che pure era a conoscenza del momento storico esatto in cui visse il tiranno di Reggio. La contraddizione si chiarisce ammettendo che il Periegeta abbia attinto l'errore di datazione da Riano stesso; con molta probabilità l'autore ellenistico si concesse la libertà poetica (e purtroppo non solo questa) di annoverare tra i personaggi della seconda guerra messenica arcaica anche il famoso Anassila di Reggio che doveva costituire un elemento di sicuro effetto nella sua narra- zione; del resto, essendo nota la sua reale origine messenica, lettori

(1) G. Vallet, Rhegion et Zancle, Paris, 1958, pp. 116, n. 2. (2) Diod., XI.48.2. (3) Thtjc, VI.4.5-6. (4) Paus., V.26.4; Herod., III.170.

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poco preparati non avrebbero forse nemmeno fatto caso ad un salto cronologico di quasi due secoli.

D'altra parte il racconto rivela quale fu molto probabilmente l'elemento storico sicuro sul quale si basava la manipolazione operata da Riano: al termine della rivolta capeggiata da Aristomene alcuni Messeni dovettero effettivamente essere accolti dai loro compatrioti che avevano fondato Reggio circa un secolo prima, quando stavano per scoppiare le prime ostilità con Sparta; il fatto che Anassila nel V secolo si sia ricordato della sua antica patria d'origine testimonia la saldezza dei legami che esistevano tra gli appartenenti a questa stirpe.

Il frammento di Riano n. 2522 testimonia dunque la fedeltà di Pausania nel seguire le sue fonti ma, come si è visto, ciò non significa di conseguenza che il racconto di Riano, dal quale quello del Periegeta deriva, sia del tutto attendibile ; diversi studiosi infatti hanno notato che Riano, per conferire maggior epicità al suo poema e nobilitare così l'argomento trattato, si era rifatto a famose opere letterarie pre- cedenti : oltre ad inserire nei Messeniaka reminiscenze erodotee, tu- cididee e delle Argonautiche di Apollonio Rodio, Riano aveva tratto ispirazione soprattutto dall'Iliade (1). Per tale motivo è evidente che il valore storico del suo racconto e di quello, da lui derivato, di Pau- sania è alquanto limitato e le notizie risultano accettabili solo quando siano confermate da altre fonti o da testimonianze archeologiche.

Da questo punto di vista il papiro n. 2522 presenta un notevole interesse in quanto fa intravedere la possibilità di nuovi sviluppi nella storia della seconda guerra messenica. L'importanza che l'aspetto navale assumeva secondo Riano nella lotta tra Sparta e i Messeni induce a riprendere le notizie offerte dalla tradizione su tale aspetto.

La testimonianza più antica al riguardo è costituita da un passo

(1) Già il Meineke (Analecta Alexandrina, Berlin, 1843, pp. 177 e 192) aveva osservato che sia per il racconto delle gesta di Eracle che per quello delle imprese di Aristomene, il poeta cretese aveva tratto del materiale da Omero; in particolare per quanto riguarda i Messeniaka interi episodi del poema erano stati creati sulla falsariga dell'Iliade. Per un esame delle remi- niscenze omeriche dei Messeniaka vedi l'articolo dell'AjLY, R.E., s.v. 'Ptavóc p. 784. Secondo lo Jacoby (F.Gr.Hist., Ili A Komm., pp. 162 e 265) l'Iliade, fino ad un certo punto, era nell'antichità il modello per qualsiasi poeta che volesse descrivere una guerra, e Riano, non bisogna dimenticarlo, aveva cu- rato un'edizione di Omero.

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di Erodoto nel quale lo storico ricorda la spedizione condotta dagli Spartani contro Policrate; i Samii, che erano stati cacciati dal ti- ranno e che cercavano con l'aiuto spartano di ritornare in patria, sostenevano che gli Spartani avevano esaudito la loro richiesta di aiuto eòepYealocc èxTÎvovTSç, cm a<pi ocòtoì vyjucti eßo7)$Yi<7av èmMea- <77]vtouç (1). Risulta da Tucidide che i Samii possedevano delle tri- remi già dal 704 a.C. quando Aminocle di Corinto ne costruì quattro per loro (2); la data tucididea permette di identificare il conflitto al quale si riferiva Erodoto con la seconda guerra messenica (3). Come giustamente ha osservato il Kiechle, che ha collegato la notizia di Erodoto con la fuga dei Pilii e dei Motonei a Cillene, se mai gli Spar- tani ebbero bisogno di aiuti navali contro i Messeni fu in questa se- conda guerra, per controllare gli abitanti della costa occidentale mes- senica (4).

(1) Herod., III.47. (2) Thuc, 1.13; non importa qui se le navi costruite erano veramente

triremi o non piuttosto un altro tipo di imbarcazione dato che le triremi co- minciano ad apparire nel mondo greco solo molto più tardi.

(3) II terminus post quern per eventuali scontri navali tra Spartani e Mes- seni è dato dal 664 a.C. anno in cui, secondo Tucidide (1.13.1), fu combattuta la prima battaglia navale (tra Corinzi e Corciresi) : la cronologia della seconda guerra messenica concorda con questa data. La questione della determina- zione temporale delle prime due guerre messeniche è molto complessa soprat- tutto perché sono poche le indicazioni cronologiche offerte dalle fonti antiche. La data fondamentale per impostare il problema è fornita dal Lessico Suda: alla voce TupToaoç è detto tra l'altro che il 640 a.C. è l'anno dell'áxfx^ di Tir- teo; poiché si parla del momento culminante dell'attività del poeta che era venuto in aiuto agli Spartani dopo un periodo iniziale di insuccessi da parte loro, si deve ammettere che anche la seconda guerra messenica, durata se- condo Pausania (IV. 15.1; 23.4) 17 anni, fosse nel 640 nella fase centrale del suo svolgimento. Tirteo stesso offre nel frammento 4 Diehl delle indicazioni per risalire alla data della prima guerra quando racconta che « i padri dei nostri padri » combatterono per 19 anni contro i Messeni e che nel 20° anno questi ultimi abbandonarono Itome. Per un esame approfondito della que- stione, discussa ampiamente dagli studiosi moderni, si vedano tra gli altri: A. R. Burn, Dates in early Greek History, in JHS, 55 (1935) pp. 130-146; W. Den Boer, Laconian Studies, Amsterdam, 1954; Id., Political Propagan- da in Greek Chronology, in Historia, 5 (1956) pp. 162-177; F. Mitchel, Hero- dotos9 Use of genealogical Chronology, in Phoenix, 10 (1956) pp. 48-69; J. Hejnic, Pausanias the Perieget and the arcaic History of Arcadia, Praga, 1961, pp. 111-118.

(4) F. Kiechle, Messenische Studien, Kallmunz Lassleben, 1959, pp. 32-33.

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A PROPOSITO DI DUE FRAMMENTI DI RIANO 147

Da Pausania infatti sappiamo (1) che, quando i Messeni incalzati dall'esercito spartano furono costretti a ritirarsi sul monte Ira, nel- l'estremo nord della regione al confine con l'Arcadia, e rimasero isolati dal resto del paese, gli abitanti di Pilo e di Motone custodivano per lo- ro le zone costiere. I Messeni però erano padroni della montagna e delle zone circostanti fino al fiume Neda, che sgorga dal monte Liceo in Arcadia, e forma, vicino alla costa, la frontiera tra la Messenia e l'Elide (2). È probabile che durante l'assedio, durato ben 11 anni, gli Spartani non fossero rimasti appostati proprio sotto le mura della fortezza di Ira ma avessero tenuto sotto controllo i nemici occupando dei punti strategici alla base del monte ; i Messeni non avrebbero po- tuto resistere così a lungo se Pilo e Motone non avessero mantenuto i collegamenti necessari per assicurare dei rifornimenti continui ai loro compatrioti assediati. Le due città si trovavano sulla costa occi- dentale della Messenia e la controllavano quasi totalmente, come si può arguire da Strabone (3), secondo il quale Motone, cioè il suo ter- ritorio, era confinante col promontorio montagnoso dell'Akritas, la punta più meridionale della Messenia, ossia comprendeva una regione che era delimitata da frontiere naturali.

L'importanza avuta da Pilo durante l'età classica aiuta a capire perché proprio questa zona dovette giocare un ruolo notevole anche nell'età arcaica. Tucidide (4) pone l'accento sull'ottima posizione stra- tegica di Pilo, abitata tò àpxaïov dai Messeni, quando racconta che Demostene per la campagna del 425 a.C. aveva scelto quel luogo perché era ben difeso naturalmente : con ogni probabilità la baia era adope- rata come porto sicuro anche al tempo della seconda guerra messe- nica.

L'esistenza di interessi navali degli antichi Messeni è attestata nello stesso V secolo da un frammento di Antioco di Siracusa relativo alla partecipazione dei Messeni stessi alla cosiddetta seconda colonizzazio- ne. Il frammento, tratto dall'opera StxeXixdc, si riferisce alla prima guerra messenica ; in esso lo storico narra la fondazione di Reggio, cui accennavo sopra, datandola appunto poco prima dello scoppio del primo conflitto messenico-spartano, cioè nella seconda metà dell'VIII se-

ti) Paus., IV.18.1. (2) Paus., IV.20.2-6. (3) Strab., VIII.4.4. (4) Thuc, IV.3.

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colo a.C. (1). Dal suo racconto si apprende che erano stati i coloni calcidesi di Zancle ad invitare i Calcidesi della madrepatria perché venissero in occidente a fondare una nuova città ed avevano presen- tato loro come ecista Antimnesto; come ha posto in luce il Bérard, è evidente che lo scopo fondamentale dei Calcidesi era quello di pos- sedere una testa di ponte sull'altra sponda dello stretto per control- larne meglio il traffico (2). Antioco aggiunge che alla deduzione della colonia calcidese avevano preso parte anche degli esuli messenici co- stretti ad emigrare dai loro stessi concittadini (3). Questi Messeni avevano ottenuto il permesso di interrogare l'oracolo di Delfi prima di lasciare il paese: il dio rispose loro di andare a Reggio insieme ai Calcidesi: in tal modo si sarebbero salvati, mentre la loro patria poco più tardi sarebbe caduta in mano degli Spartani. Da allora fino ad Anassila i governanti della città furono sempre scelti tra gli ap- partenenti alla stirpe messenica. Dopo Antioco tutte le fonti antiche sono concordi nel ricollegare la fondazione di Reggio col grande mo- vimento colonizzatore calcidese. Tucidide vi fa riferimento tre volte (4) ma non cita espressamente la partecipazione messenica; è vero però che egli ricorda l'antica origine messenica del tiranno di Reggio Anas- sila: nulla vieta di pensare che i suoi antenati fossero venuti in Italia proprio con i Calcidesi al momento della fondazione (5).

Diversi autori antichi tra quelli elencati in nota fanno intervenire nella fondazione di Reggio l'oracolo di Apollo, e la loro testimonianza,

(1) F.Gr.HisL, III B 555 F 9. (2) J. Bérard, La colonisation grecque de VItalie meridionale et de la Sicile

dans Vantiquité, Parigi, 1941, p. 110. (3) I Messeni avevano violato delle vergini spartane che si erano recate a

compiere dei sacrifici nel tempio di Artemide Limnate situato al confine tra la Laconia e la Messenia ed avevano ucciso le persone che erano accorse in loro aiuto. Quelli dei Messeni che erano disposti a riparare all'offesa furono costretti dai loro compatrioti a rifugiarsi a Macisto, donde mandarono a con- sultare l'oracolo.

(4) Thuc, III.86.2; VI.44.3;79.2. (5) Thuc., VI.4.5-6. Diversi autori antichi parlano della fondazione Reg-

gio. Eraclide Lembo nelle sue Costituzioni, ispirate a quelle di Aristotele, da un racconto particolareggiato della deduzione della colonia, che ripete nelle linee fondamentali quello di Antioco, ma nel quale si legge che i Calcidesi fu- rono costretti ad emigrare in seguito ad una carestia (De reb. pub. 25 = F HG II p. 219). E poi Strab., VI.1.6; Pseudo-Scimno, vv. 311-12; Diod., Vili fr. 23.2 ed. Vogel; XIV.40; Solino, ILIO; Dionigi d'Alicarnasso, R.A. Excerpt. XIX.2.

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come ricorda il Bérard (1), è convalidata da Timeo che conosceva l'origine « delfica » di Reggio. È riconosciuto che Delfi svolse una fun- zione importante nella colonizzazione greca: il Bérard addirittura avanza l'ipotesi che siano stati proprio i sacerdoti a mettere in con- tatto tra loro Messeni e Calcidesi che separatamente avevano con- sultato l'oracolo (2).

Mentre la presenza di un elemento messenico a Reggio è confer- mata dalle iscrizioni di questa città, nelle quali al dialetto ionico si mescolavano certe forme doriche, un particolare fornito da Antioco appare invece poco convincente: l'affermazione che fino ad Anassila i governanti della città erano stati tutti di stirpe messenica. Per il Vallet (3) tale conclusione è inaccettabile; da un passaggio di Ari- stotele infatti (4) si viene a sapere che fu Anassila a rovesciare il go- verno oligarchico per instaurare la tirannide e che fino ad allora l'oligarchia era costituita dai discendenti dei coloni calcidesi. Se- condo lo studioso è probabile che questo elemento messenico, che non si era fuso con quello calcidese di Reggio, sia stato ingrossato a più riprese da altri Messeni che fuggivano dalla loro patria, periódica- mente saccheggiata dagli Spartani.

Così dovette accadere anche al termine della seconda guerra mes- senica: il frammento di Riano allude alla prossima deduzione di una colonia, e Pausania, che dipende da esso, specifica che si pensò a Zacinto e alla Sardegna. Secondo lo stesso Pausania, come abbiamo già visto, gli esuli si indirizzarono poi a Reggio. È probabile però che essi si siano rivolti in quell'occasione anche in altre direzioni.

Dopo la sconfitta spartana di Leuttra i Tebani vittoriosi manda- rono dei messaggeri a tutti i Messeni che si trovavano in Italia, in Sicilia e in Libia, dove erano fuggiti in esilio al termine delle guerre, invitandoli a ritornare nella loro terra originaria. Questa e le altre testimonianze di Diodoro e di Plutarco (5) fanno capo ad una tradi-

(1) J. Bérard, I.e., pp.. 110-119; FHG, I, p. 206, fr. 64 e p. 207, fr. 65. (2) Non si deve escludere nemmeno la possibilità, sostenuta dal Defradas,

Les thèmes de la propagande délphique, Parigi, 1954, che tali ingerenze del- l'oracolo nella colonizzazione greca siano frutto della propaganda e della sto- riografia posteriore.

(3) G. Vallet, Rhegion et Zancle, Parigi, 1958, pp. 77-78. (4) Aristot., Pol., V.1316a. (5) Paus., IV.26.2. Diod., XV.66.1: auYxaTaTi$eifi.fzévG)v Sé tcocvtcov (JET:ajjt.eiva>vSaç) aveÇ-rç-

TTQae toùç a7roXeXet[jL[i.évouç Tcov Meacnqvtaìv.

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zione che risaliva allo stesso IV secolo e, in ultima analisi, alla precisa volontà propagandistica di Epaminonda di oscurare con il richiamo degli esuli messeni, destinato a colpire profondamente l'opinione pub- blica greca, il fatto reale che la popolazione della nuova Messene era costituita in massima parte dagli ex-schiavi degli Spartani.

Nel 369 infatti non si assistette ad un grandioso ritorno dei Mes- seni: furono pochi gli esuli che ritornarono nella loro antica patria, forse solo dei gruppi rappresentativi: le notizie degli antichi però pongono in luce un particolare molto importante. I messaggeri in- viati da Epaminonda ad annunciare ai Messeni sparsi nel bacino del Mediterraneo la ricostruzione ormai prossima della loro città, in- contrarono effettivamente della gente che ancora si qualificava col nome di « Messeni » e serbava il ricordo della terra d'origine. La men- zione in Pausania dei luoghi dove vivevano queste persone (Italia, Sicilia, Libia) e l'avverbio usato da Diodoro tcocvtocxo^sv, testimo- niano che oltre a Reggio altre città dovevano essere state colonizzate, durante l'età arcaica o in seguito, dai Messeni, soli o in unione con altri Greci.

L'affermazione di Riano relativa ad un progetto di colonizzazione messenica alla fine della seconda guerra, e la disponibilità da parte dei Messeni, che tale affermazione presuppone, di navi atte a trasportarli al di là del mare, non può esser considerata dunque un'invenzione poetica del III secolo, ma si rivela, alla luce delle testimonianze di Antioco e di Erodoto e della notizia del richiamo dei Messeni ad opera di Epaminonda nel IV, storicamente attendibile (1).

Milano Cristina Corbetta

Plut., Pel. 24.5 e Ages. 34.1: oi>uÇop(.£VY)ç 8è Meaarjvrjç utcò tcov rcepl 'E7ra[jt.eivcóv8av xaì tcov ápxaítov tttoXitcov 7ravTocxó&£V elç ocòtyjv au^Tropsu- O[i.évcov, . . .

(1) Può essere interessante notare che presso i Messeni rimasero vive delle tradizioni navali anche in età classica. Tucidide (1.103.1) racconta che al ter- mine della terza guerra messenica (455 a.C.) i Messeni assediati a Itome fu- rono costretti ad arrendersi agli Spartani dopo dieci anni di lotta e lasciati liberi a condizione che abbandonassero il Peloponneso; gli Ateniesi li accol- sero a Naupatto che avevano appena portato via ai Locresi Ozoli e che, du- rante la guerra del Peloponneso, divenne una delle basi navali più importanti per loro. Il fatto che gli Ateniesi avessero dato agli sconfìtti proprio Naupatto sul mare può essere casuale ma può anche denotare una continuità di interessi navali presso questa gente che in seguito avrebbe fornito un valido aiuto ad Atene proprio sul mare.

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